a cura di Eileen Ghiggini
LUCA BELLANDI Gentle storm testi di Alberto Gavazzeni Gian Ruggero Manzoni
GHIGGINI EDIZIONI
LUCA BELLANDI Gentle storm periodo mostra 30 settembre - 22 ottobre 2017 GHIGGINI 1822 - Galleria d'arte - Via Albuzzi 17 - Varese 0332.284025 - galleria@ghiggini.it - www.ghiggini.it Edizione realizzata nel mese di settembre 2017 Tutti i diritti di riproduzione sono riservati a Š GHIGGINI 1822
ALBERTO GAVAZZENI
“I FIORI VIVENTI” DI LUCA BELLANDI
Kadò o Ikebana: “Fiori viventi”, ma anche “Via dei Fiori”, ovvero cammino di elevazione spirituale secondo i principi dello zen verso un nirvana dove le cose finiscono con l’equilibrarsi nello spazio senza alcuno sforzo apparente. Tanti anni fa ero a Lerici, nella casa dello scultore giapponese Yoshin Ogata, un artista minuto che, con mazza e scalpello, crea le sue opere estraendole dal marmo bianco di Carrara. In sala, su un tavolo, una grande coppa di cristallo piena d’acqua ricoperta di petali di rosa. “E’ il mio mini-giardino visto che non ho lo spazio per averne altri”. Ed è proprio seguendo questa logica che il potere dell’immagine, chiamando a raccolta le cose disperse nel vissuto, riesce a rendere presente quello che, in realtà, è assente. Crea un piccolo Eden personale e ti permette di dare vita ad un mondo che esiste forse solo nella tua immaginazione. Ho vissuto un’identica emozione e rivisto un piccolo Eden nei quadri di Luca Bellandi, un artista che possiede una voglia terribile di sperimentare e che ha la bramosia di esplorare materiali, metodi e tecniche nuove e mai tentate. Una tendenza che scaturisce da senso di curiosità e d’avventura. Entrando nel suo studio-rifugio, nascosto fra i palazzi della settecentesca zona della “Venezia Nuova”, a Livorno, ti rendi conto che hai di fronte un artista che porta avanti in contemporanea cinque o sei filoni artistici e passa dall’uno all’altro con sorprendente disinvoltura. “Quando mi metto davanti al cavalletto ho bisogno di dipingere quello che la mia mente immagina in quell’istante”. Così nelle sue tele risulta evidente la volontà di rifiutare le tradizionali e scontate definizioni dell’arte in quanto “creazione della bellezza ideale” o “imitazione della natura”.
DI GRAZIA FLUTTUANTE Scrive di lui, fra l’altro, Chiara Strozzieri: “Con l’affascinante dono di proiettare lo spettatore in un microcosmo mai neanche intuito prima, l’artista dimostra innanzitutto di essere un creatore di atmosfere. La grazia con cui riesce a disgregare il mondo reale e a far percepire l’esistenza di un luogo emotivo parallelo, annulla ogni freno inibitorio dell’occhio che osserva la sua pittura e accetta la conoscenza dell’ignoto”. Dicevamo che il potere dell’immagine rende presente ciò che è assente. Non sul piano dell’evocazione, ma su quello della sostituzione oggettiva. Perché la rappresentazione, lungi dall’esaurirsi in una pura imitazione del reale, consegna ai nostri occhi qualcosa di altrettanto reale. Il senso di qualcosa che esiste per il solo fatto che la pittura ne ha creato l’immagine. Maestro ma i suoi sono micro o macrocosmi? “Credo l’uno e l’altro. Parlerei di piccole pièces teatrali che inserisco in quella grande commedia che è la vita. Ognuno di noi si ritaglia un territorio dove agire, da avvolgere e stravolgere. E’ un recupero dei frammenti che stanno in un grande cassetto che riapro ogni volta che sento un’idea riemergere alla superficie del mio io”.
UNO SPLENDORE DISTRATTO Per Alessandro Tempi ”L’adesione di Bellandi al genere della natura morta è, più implicita che esplicita; ma di questo genere egli dimostra di saper ripercorrere la parte più intima, dimenticata, ma non perduta, che attraversa tutta la storia della rappresentazione delle cose chiarendo come l’autentico oggetto sia l’essere stesso. La verità delle cose è, infatti, ciò che a prima vista colpisce di questi quadri: non l’aderire ad una qualche verità prestabilita, ma essere essi stessi disvelamento delle cose. Insomma una sorta di serena ostensione dell’esteriorità in cui si esprime la trascrivibilità della forza simbolica e iconica che emana dalle cose”. Molti hanno scritto che la pittura di Luca Bellandi fluttua, va alla deriva fra desiderio e ironia, sospesa nelle ineffabili profondità delle superfici. A mio parere l’artista, partito dalla lezione degli americani (sintesi delle immagini, immediatezza formale, forza d’impatto data dai colori accesi e contrastanti) cerca di creare nello spettatore un riadattamento percettivo forzato verso una nuova forma estetica. Ciò comporta una nuova lettura della realtà, una visione critica di essa. Donne, fiori e musica. Qual è il legame? “Forse l’Underground, ma anche una canzone di Tom Waits. Viaggio, racconto, erotismo sono forme classiche che attraversano le spiagge del moderno e vi si fondono sul filo della musica. La mia è una continua colonna sonora che accompagna i ritmi del colore sulla tela e gli impulsi del mio pensiero”. La sua è comunque capacità emotiva, attraverso i tralci di fiori, i pappagalli variopinti o i pesci, di cogliere l’incanto momentaneo della natura e della sua risplendente provvisorietà. A questi elementi spesso aggiunge sulle tele parole, lettere, segni grafici. Qui ha i suoi precursori nella scomposizione cubista e futurista ma, soprattutto, nella pittura nord americana dei Cy Twombly, Basquiat e Schnabel. L’uso dell’alfabeto appare coestensivo dell’immagine trasmettendoci l’idea della scrittura come forma e della parola come elemento pittorico. Insomma la parola può diventare immagine e quindi il punto focale del dipinto. Sono elementi di un sistema narrante dove l’innesto della parola va visto come portatore di una simultaneità che informa la percezione del nostro tempo. Insomma scrittura come fare ed elaborato pittorico perché possa dilatare la magia che promana dagli altri soggetti del quadro.
GIAN RUGGERO MANZONI
PITTURA D'ATMOSFERA: LUCA BELLANDI
Su Luca Bellandi è stato detto molto, perché, in arte, lui stesso è molto, del resto un pittore che non suscita parole è come un mago che non fa “miracoli”, mentre proprio questo seguire l'impossibile la sua prima dote, che non si ferma davanti a nulla per inventare, e l'invenzione è pur sempre miracolosa, nonché frutto di grande sicurezza e maestria gestuale. Con gli anni, tramite il suo creare, Bellandi ci ha abituati allo svolgimento di cicli tematici in chiavi compositive e tonali diverse, seppure la sua fluidità pittorica resti inalterata, questo quasi per saggiare, sperimentare, verificare, successivamente, su una base fissa, le infinite eventualità e le tante varianti della forma … di quella forma che sgorga dal suo intimo, dal suo inatteso inconscio. Nella indubbia effervescenza e ricchezza dei partiti e degli elementi figurativi, nella vivace estrosità di una fantasia che non sembra appagarsi se non quando abbia risolto ogni momento di staticità nella scena, nei suoi quadri si denota l'aspirazione di trovare, per via di successive approssimazioni e confronti, sia tra opere diverse che all'interno della stessa opera (e cioè all'interno di un singolo percorso creativo), la risoluzione architettonica e di senso più unitaria e compiuta. Tale metodologia (se così possiamo chiamarla) è assai significativa in ragione della estrema analiticità di una pittura in cui le impostazioni di base non hanno minore pregio delle definizioni di dettaglio. Infatti la sua è un'espressività che non si determina e non si qualifica se non quando tutta la superficie del supporto abbia avuto l'ultimo sigillo da quella pennellata, di chiusura, sensitiva e imprevedibile, che da sempre gli è tipica. Seppure nella indubbia facilità con cui è sempre riuscito ad addomesticare la tecnica, l'esecuzione (a questo punto oserei quasi musicale) infine rientra nell'estremamente meditativo e nel raffinato, nel mobile, nella variazione, eccezionalmente ricca per tinte, non di rado ripassate tramite il percorso liquido, sinuoso, di un colore che, sulla preparazione sottostante, distende un velo ricamato, attento ai valori tramite i quali si sviluppa la linea, che si scopre
a momenti lasciata e a momenti inaspettatamente ripresa, tramite minuti graffi, tramite corsivi di misterioso significato, quasi ideogrammi, inevitabilmente simboli, come fu anche del grande Giovanni Boldini. Considerati questi aspetti, non si può che sottolineare come Bellandi abbia in sé una incredibile capacità di “affabulatore” per immagini. I suoi quadri non si finirebbe di scrutarli, perché sempre ci rivelano componenti nuove e nuove flessioni del sentimento, organizzate da una impaginazione di grande efficacia suggestiva, sostenuta, come già avrete inteso dal mio dire, da un mestiere di rara sapienza. Quindi - come ha già scritto di lui la brava Marta Mai - “l'artista Luca Bellandi si distingue per l'originale rivisitazione della sua preparazione classica, cui affida il compito di aderire alle istanze della contemporaneità. Supera la figura statica e, attraversando la storia, con personale azione dinamica, impressiona soggetti acefali o celati da improbabili copricapi. Nel loro anonimato, per l'abbigliamento, gli accessori, le suppellettili e tutto ciò che fa da cornice - comprese le parole che dialogano sullo sfondo - richiamano personaggi di una particolare epoca e il loro vissuto”. Perciò storia, tradizione, così che non necessita più di tanto andare alla ricerca di quei nomi illustri che lo abbiano suggestionato, e molteplici allettamenti subiti, resta che la botanica, l'ornitologia, l'ittiologia, l'esotismo, la moda, la flessibilità dei suoi corpi femminili, protetti da guardiani maestosi, da fedeli cani o da oggetti mutati dalle altre arti, nonché un certo “gusto all'americana”, proprio di una Natalia Fabia, di un Michael Hussar o di una Bryce Cameron Liston, lo avvicinino agli incisori giapponesi del Settecento o ai fini illustratori del fantastico, sia francesi sia inglesi che tedeschi della fine Ottocento e inizi Novecento. Infatti inutile dire che la realtà, in quanto trama o tessuto ordinario, considerata cioè nel suo esistere esterno e oggettivo, non lo ha mai interessato, essendo, per lui solitamente insignificante, amorfa, banale, se considerata in superficie. Infatti il fascino dell'arte di Bellandi sta ben nascosto dietro la facciata, oltre la quale bisogna appunto scoprirlo. Del resto le verità più segrete, gli aspetti più suggestivi, gli incanti più magici si colgono e si capiscono violandola, alternandone i connotati, rovesciandone le regole e l'ordine, sovvertendone i rapporti. Innegabile, quindi, che le sue immagini enigmatiche, i suoi “giochi”, i suoi “teatri” fanno di quest'artista livornese un interessante caso nell'attuale panorama della figurazione italiana. Come ho detto Bellandi non solo dipinge, ma narra, in modo che anche i colori si
declinano secondo una degradazione di toni che recano in loro il presentimento di quelli che poi verranno. In ogni suo quadro-racconto ci trasmette miniature lavorate con sapienza, sonetti da godersi nel chiuso della propria stanza, poesie da centellinarsi nella quiete di un'alba o di un tramonto, e in questi episodi non è tanto il soggetto a contare, ma la raffigurazione nella sua interezza, facendo sì che le immagini risultino parole equivalenti a eterni e validi aforismi sull'essere è sul divenire. Sempre Marta Mai: “La scena intriga il fruitore dell'opera, che, indotto a riflettere per ipotizzare un 'suo' racconto legato a un 'suo' ipotetico volto, non è più passivo spettatore, ma attivo coprotagonista, che racconta l'uomo storico. Luca Bellandi, mettendo d'accordo mondo classico e contemporaneo, con equilibrio ammiccante fa avanzare una pittura leggiadra e colorata, che occhieggia con complicità tutte le espressioni artistiche, spargendo fiori. Ciò è un inno alla creatività ed è altresì un invito a coltivarla nel rispetto del mondo classico, che 'tanta ala' ha steso nella storia dell'Umanità”. L'interpretazione della sua opera perciò diviene sempre specola motivata, indagine insistita la quale, presumendo un possibile “oltre”, abbraccia il lemma. Non a caso il lemma, l'argomento, il tema, la citazione di Bellandi, quale verità che non necessita di dimostrazione, è infine il concetto primo e straordinario della vita, e il tutto va scavato, ricercato, quasi intuito nell'ideale che lo rende artista, cioè quello rivolto all'armonia, al piacere, alla beatitudine dei sensi, nonché al candore tipico dell'infanzia. Quindi tante storie, di uomini, di animali, di donne esili e svagate, di doni della matrigna natura, tra le quali, l'artista, ha scelto quelle a lui più vicine, e le ha reinventate secondo una sceneggiatura del tutto personale, concedendosi persino il lusso di aggiungere nuovi episodi, frutto della sua immaginazione o, per meglio dire, del suo amore per il bello, per il sano stordimento, per l'elevazione lirica. Il risultato di tanto “sognare” risulta alto per impegno compositivo e per qualità, così che nella selva di immagini create da Bellandi è possibile perdersi, girare in tondo, cavalcare una carpa, penetrare in un fiore, indossare un abito non proprio, rimanendo, quale unico ausilio per non smarrire il sentiero che si allontana nel folto dell'inventiva o nei vari piani di sviluppo espressivo, l'affidarsi ai segni che l'artista ci lascia lungo il cammino, a quegli indizi che sembrano voler rivelare qualcosa d'altro, a quei richiami che rimandano a luoghi e tempi nascosti nel fondo della mente e del cuore ... nonché a quelle imperturbabili e nobile atmosfere da lui create.
Fotografia di Giancarlo Uccella
Luca Bellandi (Livorno 1962) ha frequentato l’istituto d’arte a Pisa e nel 1985 ha conseguito la laurea all’Accademia d’arte di Firenze. Inizia dai classici, poi successivamente scopre l’arte e l’underground americano. L’artista si è imposto con una fitta serie di mostre in Europa e negli Stati Uniti che l’hanno visto collezionare successi e consensi di pubblico e critica che lo hanno riconosciuto come uno degli artisti più interessanti nel panorama artistico contemporaneo. Dal 2006 è direttore artistico del settore arti visive presso l'Associazione ARTI EVASIVE di Livorno dove insegna pittura e disegno. Da citare la personale presso il MUMI Museo Michetti di Francavilla nel 2007 e la mostra presso il Palazzo Ducale di Urbino nel 2013.
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Gentle storm
BIG BLUE tecnica mista su tela, 120x100 cm
GOLDEN SURPRISE tecnica mista su tela, 120x100 cm
B. WATER tecnica mista su tela, 120x120 cm
ROSES CONTAMINATION 78 tecnica mista su tela, 120x100 cm
Y. STORM tecnica mista su tela, 120x120 cm
PURPLE STORM tecnica mista su tela, 80x60 cm
SING A SONG tecnica mista su tela, 80x60 cm
ALMOST GHOST tecnica mista su tela, 120x100 cm
RED GHOST 71 tecnica mista su tela, 100x80 cm
VENUS GARDEN tecnica mista su tela, 120x100 cm
MORNING IN A SILV FLOW ROOM tecnica mista su tela, 120x100 cm
IN E' OUT tecnica mista su tela, 120x100 cm
PERSONAL FILE 1 tecnica mista su carta, 100x70 cm
PERSONAL FILE 2 tecnica mista su carta, 100x70 cm
PERSONAL FILE 3 tecnica mista su carta, 100x70 cm
FLOWERS FROM MY GARDEN tecnica mista su tela, 100x150 cm
IN THE GARDEN tecnica mista su tela, 100x100 cm
SILVER GARDEN 1 tecnica mista su tela, 100x100 cm
SILVER FLOW 2 tecnica mista su tela, 100x100 cm
PERSONAL FILE 2
Stampa tratta da un disegno di Luca Bellandi realizzata in occasione della mostra presso GHIGGINI 1822 in cento esemplari numerati da 1 a 75 e da I a XXV abbinata alle prime cento copie del catalogo copia n.