Giovanni Astengo

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Politecnico di Milano Scuola di Architettura e SocietĂ

Storia e Teorie dell’Architettura del Secondo Novecento Docente:

Federico Deambrosis

Studenti:

Stefano Salierno

Maria Sangaletti

Carolina Scarnati

Giacomo Treppo


1- Biografia...................................................................................................p.05 2- Il contesto culturale..................................................................................p.15

2.1 L’urbanistica italiana del dopoguerra

2.2 I collaboratori

2.2.1 Luigi Piccinato

2.2.2 Giuseppe Simonà

3- L’attività....................................................................................................p.21

3.1 L’impegno politico e legislativo

3.2 La rivista “Urbanistica”

3.3 Il corso di Laurea in Urbanistica allo IUAV

4- Il pensiero.................................................................................................p.25

4.1 L’idea di urbanistica

4.2 La ricerca del metodo scientifico

4.2.1 Le fasi

4.2.2 Gli strumenti

4.2.3 Schema strutturale

4.3 Metodo delle successive approssimazioni

5- Il piano urbanistico di Assisi.....................................................................p.33

5.1 Introduzione al piano regolatore comunale

5.2 Il piano completo di Assisi

5.2.1 Le analisi dello stato di fatto

5.2.2 La struttura urbana

5.2.3 Architettura e società

5.3 Il progetto

5.3.1 La questione del paesaggio

5.3.2 Restauro e nuova architettura

6- Confronto anni 40/60...............................................................................p.59

6.1 L’urbanistica razionalistica e l’urbanistica degli anni Sessanta

6.2 Cosa resta dell’idea originaria del piano di Astengo del ‘57

7- Eredità culturale e conclusioni.................................................................p.67 8- Bibliografia...............................................................................................p.69 Appendice....................................................................................................p.75



1-B

iografia


L’immagine più diffusa di Giovanni Astengo

è

quella

dell’urbanista

impegnato a costruire razionalmente la disciplina. Professionista, docente universitario, fondatore e presidente di uno specifico corso di studi, direttore di una illustre rivista, politico e

amministratore,

rappresentante

dell’Italia in organismi internazionali, relatore

a

componente il

Fig. 01 - Giovanni Astengo

importanti

convegni,

di

commissioni

per

rinnovamento

istituzionale

del

Paese, ricercatore intento a produrre

conoscenza.

Astengo ha lavorato in tutti questi diversi campi di attività prima per dotare l’urbanistica di un rigoroso statuto scientifico, poi per diffonderne i risultati nella società civile. Il suo ruolo è stato importante nella tradizione disciplinare del nostro paese: tentando di limitare il “libero arbitrio” di coloro ai quali spettano le scelte e strutturando il campo delle soggettività possibili, ha avviato una cruciale riflessone sul difficile rapporto tra “soggettività” e “verità” del progetto urbanistico. Giovanni Astengo nasce a Torino il 13 aprile del 1915 da una famiglia di industriali, primo di due figli. Dopo la maturità classica frequenta la Facoltà di Architettura, dove stringe rapporti d’amicizia e collaborazione con Nello Renacco e Lado Rizzotti, con i quali e con Mario Bianco, laureato in Ingegneria,

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costituirà il gruppo ABRR. Nel 1938 si laurea con Giovanni Muzio con il progetto di un museo per Torino. Dopo il servizio militare, nel 1943 inizia l’attività didattica al Politecnico della sua città, inserendosi col tempo nel clima culturale e politico della Torino del dopoguerra. Collabora con alcune riviste, locali e non, come Architettura italiana, Agorà, Atti e rassegna tecnica, L’unione, Cronache economiche, attraverso le quali sottolinea i problemi della ricostruzione, formule proposte in merito e auspica la necessità di una programmazione urbanistica su scala nazionale. Nel 1945 è tra i fondatori del Gruppo architetti moderni torinesi “Giuseppe Pagano”, che nel 1947 diventa sezione regionale dell’Associazione per l’architettura organica (APAO). Lavora anche alla ricostruzione della sezione piemontese dell’Istituto nazionale di Urbanistica. Il primo importante lavoro di Astengo è lo studio per un Piano Regionale che dopo la guerra lo farà conoscere anche al di fuori della sua città. Il piano per il Piemonte, elaborato con Bianco, Renacco e Rizzotti, è uno dei primi piani territoriali redatti in Italia durante la ricostruzione. Scopo e contenuti di questi studi dimostrano come soltanto “su fondamento etico potevano riconoscersi solidali gli architetti tesi a introiettare i valori della Resistenza, compatti almeno nel perseguire un programma di verità”. Il gruppo Abrr avvia gli studi per il piano del Piemonte e in particolare dell’area torinese nell’autunno del 1944 in un’atmosfera di speranza e di rinnovamento. L’obiettivo del lavoro era anche più generale e ambizioso: mostrare come risolvere la disorganica situazione dell’attività urbanistica nazionale attraverso la compilazione di un piano dimostrativo, convinti che la fine del conflitto avrebbe fornito l’occasione, veramente unica, di poter dare inizio ad una seppur lenta ma graduale ed integrale organizzazione urbanistica. Tuttavia, a causa dello scioglimento del

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gruppo e di altri problemi, questo progetto non arriverà a conclusione. Nel 1950 l’incarico in qualità di capogruppo della progettazione del quartiere Ina-Casa Falchera sembra dargli finalmente l’occasione di sperimentare la sua idea di espansione di Torino, articolando attraverso unità organiche lungo un “nastro produttivo padano”. Il quartiere resterà episodio unico di quell’ipotesi urbanistica, ma sarà considerato dalle storie disciplinari uno dei più importanti esempi di quartiere realizzati in Italia negli anni Cinquanta. E’ il Congresso nazionale dell’Inu del 1948, svolto a Roma in Campidoglio, a rappresentare la prima vera opportunità per Astengo e per gli urbanisti italiani di ritrovarsi dopo la conclusione della guerra e avviare importanti comuni progetti di lavoro. In quell’occasione l’Inu decide anche di riprendere con modalità nuove la pubblicazione della sua rivista “Urbanistica”. Con l’elezione nel 1948 nel consiglio direttivo, Astengo avvia la sua attività, che sarà ventennale, nell’organismo che aspira a rappresentare gli urbanisti italiani. Tra il 1950 e il 1951 ne sarà vicepresidente e in quel periodo promuoverà il Convegno di Siena sull’insegnamento dell’urbanistica; parteciperà poi ai lavori delle Commissioni per lo studio della riforma della legge 1942, ma soprattutto diventerà prima redattore capo poi direttore della rivista dell’Istituto. Dirigere una rivista autorevole e prestigiosa gli ha consentito per quasi trent’anni di rivolgersi alla comunità degli urbanisti, ma anche più in generale, agli uomini di cultura, agli amministratori, ai politici, tentando di allargare l’interesse per la disciplina, diffonderne i risultati, promuovere l’evoluzione degli strumenti legislativi, elevare il livello dell’informazione del territorio. Il Congresso del 1948 rappresenta un’importante occasione anche per la sua carriera di docente; infatti Giuseppe Samonà lo invita a trasferirsi all’Istituto universitario di architettura di

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Venezia,dove insegnerà per trentasei anni. Nel 1950 ottiene la libera docenza in Urbanistica da una commissione presieduta da Marcello Piacentini. A quarant’anni, con il primo incarico per la redazione di un piano regolatore, quello di Assisi, inizia una fase centrale dell’attività di Astengo, che può dirsi conclusa con l’esperienza del piano di Bergamo. In questi anni di intenso lavoro professionale, ma anche di elaborazione e verifica della sua teoria urbanistica, in particolare dell’idea di piano, il

suo

impegno viene

riconosciuto dalla “comunità scientifica”, con il conseguimento della cattedra universitaria, il coinvolgimento nelle istituzioni, i premi. Ma sono anche gli anni più difficili, segnati dai contrasti con le amministrazioni pubbliche per le quali lavora. Nel 1955 gli viene offerto di redigere il PRG di Assisi, lavora intensamente e lo elabora in poco più di due anni insieme a due piani particolareggiati di “primo intervento” per la città storica e per l’espansione fuori Porta Capuccini, e nel dicembre del 1957 li presenta al consiglio comunale. Il piano generale è adottato nel marzo dell’anno successivo. Tuttavia con il cambiamento dell’amministrazione e con l’emanazione della legge speciale, matura ad Assisi un’ostilità al nuovo strumento urbanistico che si concretizza nel febbraio del 1959 con l’accettazione da parte del consiglio comunale di tutte le osservazioni del piano, annullando così la precedente adozione. In ogni caso, l’urbanista riceve dei riconoscimenti in quanto autore di questo lavoro: Il premio Olivetti del 1958 per l’urbanistica e tre anni dopo il premio regionale dell’InArch-Umbria. Anche dopo l’annullamento del piano, Astengo continua a frequentare Assisi e a occuparsi di altri problemi per altri incarichi nel frattempo ricevuti, ed esattamente a dieci anni di distanza, nel 1965, verrà reincaricato da una nuova giunta della redazione di un nuovo piano.

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La sua attività nella Regione Umbria prosegue nel 1956 con l’incarico del piano regolatore di Gubbio. Qui inizialmente la situazione sembra migliore di quella di Assisi, ma presunte irregolarità nella procedura della redazione del piano provocano una lunga e complicata vicenda, anche con strascichi giudiziari. Anche questo piano ottiene riconoscimenti: nel 1961 l’InArch attribuisce alla città di Gubbio il premio nazionale per il nuovo PRG . Inoltre nel settembre del 1960 Gubbio è luogo di importanti coincidenze: la presenza del piano in consiglio comunale e lo svolgimento del Primo Convegno nazionale sulla salvaguardia e il risanamento dei centri storico-artistici che si conclude con una dichiarazione finale nota come “Carta di Gubbio” e con la fondazione dell’ ANCSA. Con l’incarico dell’ Inu di studiare la proposta di un Codice dell’urbanistica, alla fine degli anni Cinquanta si concretizza

il suo

interesse per il rinnovamento legislativo del paese. Astengo farà poi parte tra il 1961 e il 1964, come rappresentante dell ’Inu, con Piccinato e Samonà, delle commissioni istituite per lo studio della riforma urbanistica. Nel 1962 torna a lavorare a un progetto di architettura urbana per Torino, partecipando al concorso per il centro direzionale e classificandosi al terzo posto. L’attività urbanistica prosegue intanto con l’incarico del piano regolatore di Genova, dal quale avrà origine un altro complesso e contrasto rapporto con un’amministrazione pubblica. Ma alcuni mesi prima della infelice conclusione dell’esperienze genovese Astengo era stato incaricato da un’altra amministrazione, quella di Bergamo, di redigere con Luigi Dodi il nuovo piano regolatore: finalmente un piano non segnato da contrasti. Il 1966 è un anno importante per lui, con l’ottenimento della cattedra di Urbanistica e la nomina nella Commissione d’indagine su Agrigento, istituita

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dal ministro dei Lavori pubblici dopo la frana del 19 luglio. Sul finire degli anni Sessanta Astengo svolge parte della sua attività all’estero: viene incaricato dalla Comunità economica europea di coordinare un gruppo di lavoro per la definizione di un’ipotesi di sviluppo economico e territoriale di Mogadiscio e dal 1969, per una decina d’anni, è consulente del piano per l’area metropolitana di Ankara. In Italia la sua attività professionale prosegue con la nomina nel 1971 nella Commissione per la revisione del piano regolatore di Firenze, con la redazione a Pavia, tra il 1973 e il 1976, assieme a Giuseppe Campos Venuti, prima del piano dei servizi di quartiere, poi del piano regolatore, infine dei piani per l’edilizia economica e popolare e per gli insediamenti produttivi. Nella seconda metà degli anni Settanta Astengo è tra i promotori e protagonisti del dibattito che si sviluppa all’Istituto universitario di architettura di Venezia sulla necessità del nostro Paese di uno specifico corso di studio per la formazione di una figura di urbanista pianificatore con competenze proprie diverse da quelle dell’architetto, così come avveniva già da tempo negli altri paesi europei. Lo IUAV nel 1970 istituisce al proprio interno, primo in Italia, il corso di laurea in Urbanistica; fin dalla sua nascita Astengo ne è presidente. Dalla metà degli anni Settanta riprende anche il suo interesse per i temi della pianificazione regionale, questa volta in veste di amministratore, avviando una nuova esperienza di governo locale. Con le elezioni del 1975 entra a far parte del consiglio regionale del Piemonte e viene nominato assessore alla Pianificazione e gestione urbanistica nella giunta composta dai partiti comunista e socialista. Il congedo dall’insegnamento universitario a metà degli anni Ottanta non

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coincide con l’interruzione della sua attività; infatti Astengo lavora ancora intensamente e la sua fortuna professionale torna a crescere. Si impegna soprattutto per i piani di area vasta nei quali elabora ipotesi di pianificazione di tipo “strutturale” che, fin dal piano di Bergamo, ha avuto come modello l’ordinamento della pianificazione inglese e francese. Sono di questi anni gli schemi strutturali per i comprensori trentini della Valle dell’Adige, della Valsugana, della Val di Non e per l’area metropolitana FirenzePrato-Pistoia. Dopo l’attenzione dedicata nel corso del tempo alle regioni Piemonte e Umbria, sul finire degli anni Ottanta Astengo, chiamato a succedere ad altri prestigiosi urbanisti, instaura rapporti privilegiati con un’altra regione. Proprio per il lavoro fatto per l’area metropolitana Firenze-Prato-Pistoia a metà dell’87 il Comune di Pisa lo incaricò come consulente per la revisione del PRG vigente, che portava le firme di Dodi e Piccinato. È consulente inoltre del piano di Pistoia dal 1986, quando subentra, anche in questo caso, a Edoardo Detti; si occupa con Luigi Airaldi del coordinamento dei piani urbanistici dell’area pisana e con Campos Venuti della valutazione di impatto ambientale dell’autostrada Livorno-Civitavecchia per il tratto che interessa il comune di Pisa. Nel maggio del 1987 presenta al consiglio comunale il progetto preliminare del piano regolatore di Firenze. Astengo, dopo gli anni dell’”impopolarità”, si avvia verso la conclusione della carriera assistendo al riconoscimento, contrassegnato anche da onorificenze, del suo ruolo nella costruzione dell’urbanistica italiana. L’Istituto nazionale di urbanistica, del quale dal 1968 non aveva più fatto parte, durante lo svolgimento del suo XVIII Congresso lo elegge presidente onorario. L’Università degli

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Studi di Reggio Calabria nel marzo del 1990 gli conferisce la laurea ad honorem in Pianificazione territoriale e urbanistica e, su richiesta dell’Istituto universitario di architettura di Venezia, il ministero di Ricerca scientifica e dell’università gli attribuisce la medaglia d’oro come benemerito delle arti e delle scienze; per questa occasione l’università veneziana organizza una mostra itinerante sulla sua attività urbanistica, che verrà però inaugurata a Venezia nell’autunno del 1990 dopo la sua scomparsa. Le ragioni della rinnovata fortuna dipendono non soltanto dall’essere Astengo l’ultimo tra coloro che vengono riconosciuti come “maestri” dell’urbanistica italiana del dopoguerra, ma dalla sua intensa attività e dal suo ruolo non secondario nel dibattito disciplinare degli anni Ottanta, convinto che fosse necessario “cambiare le regole per innovare”. Astengo, ancora così immerso nel lavoro, in uno dei tanti viaggi di ritorno dalla Toscana a Venezia, dove ormai risiedeva, colto da un grave malore sul treno, muore a San Giovanni in Pesiceto il 26 luglio del 1990.

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2-I

l contesto culturale


2.1 L’urbanistica italiana del dopoguerra

Il dopoguerra è stato caratterizzato in Italia da rilevanti trasformazioni, nella società e nella cultura. La pianificazione territoriale nasce in seno all’urbanistica. La prima legge urbanistica in Italia risale al 1942 ma dopo solo tre anni viene abbandonata a causa della fine della guerra mondiale. Uno dei principali problemi da affrontare era quello abitativo che già prima della guerra era assai grave. Mentre in molti paesi europei la ricostruzione è stata utilizzata per impostare su basi nuove e razionali i problemi dello sviluppo urbano e territoriale, in Italia, viceversa, è stata utilizzata per far marcia indietro rispetto agli strumenti di cui già si disponeva: con l’alibi di “superare rapidamente la fase contingente della ricostruzione dei centri abitati” attraverso “dispositivi agili e di emergenza”, fu accantonata la legge urbanistica e fu varata la legge sui piani di ricostruzione, disciplinati da norme speciali, estesi solo a porzioni del territorio comunale. Con questo sistema infatti il problema non era risolto ma accentuato dalla totale disorganizzazione e dalla edilizia selvaggia che puntava solo alla mera edificazione senza tenere conto delle necessità sociali economiche e paesistiche che in una nazione appena uscita da un conflitto sono più accentuate che mai. Nei quindici anni che vanno dal 1955 al 1970 cambiano residenza 17 milioni di italiani. Gli spostamenti avvengono prevalentemente: dal Mezzogiorno verso il triangolo Milano,Torino,Genova; dalle zone interne verso la fascia costiera; dai centri minori verso le città più grandi. Lo sviluppo dei fenomeni migratori è assolutamente spontaneo e contrasta vistosamente con gli obiettivi previsti dalla legge sui piani di ricostruzione.

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Intanto, l’intervento statale di gran lunga prevalente, specialmente nel Mezzogiorno, continua ad essere la costruzione delle strade e, soprattutto, delle autostrade. Solo dagli anni Settanta, con la messa in atto del decentramento regionale, in Italia si inizia a porre la necessaria attenzione alle dinamiche della trasformazione territoriale extra-urbana, specificando un autonomo approccio disciplinare verso la pianificazione del territorio. Il clima politico italiano del ventennio del primo dopoguerra in avanti era molto acceso e spesso si preferiva dare la precedenza al guadagno personale che al bene comune. E’ in questo clima di tensioni politiche che si trovò Giovanni Astengo a dover combattere la sua battaglia per la nascita di un nuovo ordine di urbanisti. Infatti egli fece parte di un gruppo di urbanisti, tutti legati all’INU, l’istituto nazionale di urbanistica, diedero vita al dibattito sulla disciplina, deciso a darle basi più solide a partire da quelle legislative.

2.2 I collaboratori

Giovanni Astengo ha fatto parte di una generazione di urbanisti riconosciuti come i maestri della disciplina in Italia. Tra questi i due che più direttamente hanno collaborato con Astengo sono stati forse Luigi Piccinato e Giuseppe Samonà, con i quali ha elaborato progetti ma soprattutto con cui ha più volte formulato una nuova proposta di legge urbanistica. Sono figure diverse da Astengo nei loro tratti professionali, ma accomunati dall’impegno per un’affermazione più forte della loro disciplina.

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2.2.1 Luigi Piccinato (1899-1983)

Piccinato

si

distinse

per

il

grande

pragmatismo, per l’idea del fare urbanistica, cioè costruire città. Elaborò infatti un enorme numero di piani nella sua carriera. A questo accompagnò un’intensa attività pubblicistica e un grande impegno nell’INU. Era mosso da una fortissima fiducia nella necessità della disciplina e questo lo spinse a voler dilatare con i suoi piani la disciplina, Fig. 02 - Luigi Piccinato

convinto di dover dare una soluzione, con i

suoi interventi, al maggior numero di casi possibile. Questo grande ottimismo lo portò a ritenere l’urbanistica quasi onnisciente. Fu ripetutamente impegnato nel sostenere la lotta contro la mancanza delle leggi in materia e per questo si unì a Samonà ed Astengo per la formulazione di una nuova legge urbanistica.

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2.2.2 Giuseppe Samonà (1898-1983)

Samonà

fu

una

figura

polivalente,

difficilmente riassumibile in schemi definiti per via della molteplicità dei ruoli che ricoprì e della eterogeneità dei suoi interessi. Fu costantemente volto all’esplorazione di nuove strade, rifiutando soluzioni tecniche codificate o universalizzate, in particolare perché Fig. 03 - Giuseppe Samonà

attribuiva

ad

ogni

situazione

territoriale una propria specificità. Anch’egli

fu

al

centro

del

dibattito

sull’urbanistica, sostenne la necessità della riflessione teorica e in prima persona si concentrò sulla definizione del dominio dell’urbanistica, cioè sui limiti entro i quali la disciplina ha ragione d’essere. Collaborò con Astengo non solo in materia legislativa ma anche operativa, oltre ad aver orbitato, come Astengo e Piccinato, intorno allo IUAV per molto tempo.

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3-L

e attivitĂ


3.1 L’impegno politico e legislativo

Astengo, legato al PSI, ha coperto le cariche di consigliere comunale di Torino dal 1964 al 1975 e assessore alla Pianificazione urbanistica dal 1966 al 1967. In seguito, è stato consigliere regionale della Regione Piemonte dal 1975 al 1985 e assessore alla Pianificazione e Gestione urbanistica dal 1975 al 1980 facendo approvare la Legge regionale n. 57 del 1977, su Tutela ed uso del suolo. È stato membro di diverse commissioni parlamentari e ministeriali. Combatté per promuovere un’organica programmazione della ricostruzione italiana e, a questo scopo, si impegnò in prima persona nel preparare per il Governo delle proposte legislative di supporto alla pianificazione. Nel 1962 aderisce al programma del centrosinistra del Governo Fanfani che ha tra i suoi impegni di governo una nuova legge urbanistica. Astengo partecipa alla commissione per il nuovo progetto di legge insieme a Piccinato e Samonà. Una crisi politica fa sì che però la legge non venga presentata in parlamento. Dal 1968, inizia una denuncia al nuovo testo della legge, troppo favorevole a premiare le iniziative imprenditoriali, e una forte critica alla legge urbanistica n. 1150 del ’42 e in particolare alla Circolare ministeriale 1440 del ‘68. Questa circolare nacque dalla “Legge ponte” del 1967, che istituiva le “zone omogenee” e degli standard urbanistici, nata in seguito alle conseguenze della frana di Agrigento del 1966. Astengo si impegnò a far notare l’inadeguatezza alle situazioni contemporanee di leggi vecchie e nate da situazioni di emergenza. In ogni caso Astengo, come gli altri urbanisti impegnati con lui in queste battaglie, si dovette scontrare con la politica che immancabilmente modificò o corruppe le proposte urbanistiche inseguendo interessi individuali.

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3.2 La rivista urbanistica

Astengo fu direttore della rivista “Urbanistica” dal 1953 al 1976. Durante questo periodo, diede una precisa fisionomia alle pubblicazioni in relazione al suo pensiero e ai sui intenti. Creò una rivista in cui il disegno prevaleva sui testi e in cui le indicazioni e le prescrizioni dei Piani fossero comunicate attraverso un’accuratissima forma grafica. La rivista fu concepita a scopo divulgativo. Cercò di diffondere le soluzioni progettuali più attendibili per formare nei cittadini una precisa coscienza urbanistica. Tutto questo, quindi, con un intento preciso: quello di sprovincializzare l’orizzonte italiano, attraverso l’esemplificazione dei più riusciti casi esteri. Fu allo stesso tempo una rivista di urbanisti che si rivolgevano a se stessi e al governo, i quali propongono una politica riformista in materia. Nello specifico, per quanto riguarda il piano urbanistico di Assisi, il numero doppio 24-25 di “Urbanistica” dedicato al lavoro di stesura del piano costituisce un monumento dell’urbanistica italiana ed europea. È un insieme coordinato di documenti di pianificazione; è un saggio straordinario di progettazione urbanistica, testimonianza del ruolo decisivo che Astengo attribuiva all’invenzione, drammatico e indispensabile momento di discontinuità creativa nel processo di conoscenza e costruzione dello spazio; è un appassionato omaggio al paesaggio umbro e ad Assisi ma anche, attraverso essa, alla città italiana e a quella medievale in particolare, assunta come paradigma della qualità della casa dell’uomo in questa terra e della dignità del

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lavoro dell’urbanista. È, infine, un sincero richiamo al fascino di Francesco e del francescanesimo che nell’Assisi di allora, appartata e povera, si poteva certo cogliere più di quanto sia possibile oggi.

3.3 Il corso di Laurea in Urbanistica allo IUAV

Nel sottolineare l’importanza e l’esigenza di formare tecnici specifici nel campo, Astengo si adoperò per la creazione del primo corso di laurea in Urbanistica. Questo venne approvato allo IUAV nel 1970. Fu una grande operazione politica e culturale, in cui si proponeva di fondare una nuova forza d’urto per dare fondamento scientifico alla disciplina e affrontare le questioni territoriali lungo una linea riformatrice. Il corso partì nel 1971 con il III anno rivolto a studenti già laureati. I temi fondamentali sviluppati in questa nuova scuola furono il ruolo portante della progettazione urbanistica e l’attenzione alla natura istituzionale di ogni intervento. Dal 1972 avviò un programma di ricerche rivolto all’analisi e alla risoluzione dei principali problemi della situazione italiana.

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4-I

l pensiero


4.1 L’idea di urbanistica

“L’urbanistica è la scienza che studia i fenomeni urbani in tutti i loro aspetti avendo come proprio fine la pianificazione del loro sviluppo storico, sia attraverso l’interpretazione, il riordinamento, il risanamento, l’adattamento di aggregati urbani già esistenti e la disciplina della loro crescita, sia attraverso l’eventuale progettazione di nuovi aggregati, sia infine attraverso la riforma e l’organizzazione ex novo dei sistemi di raccordo degli aggregati con l’ambiente naturale.[…] Come attività specificamente intenzionata alla progettazione degli sviluppi urbani, l’urbanistica è interessata alle componenti geografiche, storiche, ideologiche, culturali, economiche, etc. del fatto urbano, nonché a tutte le esigenze tecnologiche, igieniche, educative, assistenziali ad esso connesse. Sotto l’aspetto estetico, l’urbanistica è particolarmente in rapporto con la progettazione, con l’architettura, e le sue tipologie, nonché con la funzione ideologica e rappresentativa degli edifici.” Cit. dalla Definizione di urbanistica di G. Astengo in Enciclopedia Universale dell’Arte, vol. XIV, Venezia, Sansoni, 1966 Giovanni Astengo fu un forte promotore dell’idea che l’urbanistica dovesse configurarsi come una vera e propria scienza autonoma. Gran parte della sua produzione e riflessione teorica fu infatti orientata alla ricerca di una vera e propria metodologia scientifica su cui fondare la pratica della pianificazione territoriale. Avvertì profondamente l’esigenza di giungere alla formazione di un linguaggio omogeneo e ad una uniformità di metodo e procedure per la pianificazione urbanistica.

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Attraverso un forte impegno politico e democratico, tentò in tutti i modi di rendere la disciplina diffusa e molto più forte di quanto non lo fosse allora. Obiettivo principale dell’urbanistica era, secondo lui, migliorare la qualità del territorio e insieme della società che lo abita. Per arrivare a questo, però, riteneva necessario porre le basi teoriche per dimostrare univocamente la valenza e l’indispensabilità della pratica urbanistica. Si dedicò così a dimostrare la necessità e l’autonomia della disciplina, a dotarla di strumenti scientifici e a codificarne il linguaggio, oltre che a diffonderne il sapere e i risultati. Il tutto sostenendo la formazione di tecnici specialistici e ripudiando il dilettantismo nel campo.

4.2 La ricerca del metodo scientifico

“Il coordinamento programmato degli interventi di pianificazione […] presuppone la presenza di un ragionamento sistematico che presieda alla valutazione e alla scelta dei singoli interventi e di una contemporanea ricerca di ordine, di armonia e di integrazione: la presenza cioè di un metodo scientifico e di una attività creatrice.” Tratto da “La ricerca di un metodo scientifico”, scritto di G. Astengo Astengo sostiene fortemente la necessità di un metodo scientifico come base dell’urbanistica, la ricerca cioè di procedure scientifiche e razionali su cui costruire la disciplina. Questo metodo, però, non è in grado da solo di far fronte alla complessità della pianificazione. Per avere successo deve essere legato ad altri due elementi altrettanto importanti: l’attività creatrice e gli istituti giuridici. Ciascuno di questi

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elementi è impotente da solo, ma è la loro unione che permette la corretta programmazione e realizzazione degli interventi. Il metodo scientifico fornisce gli elementi analitici, l’atto creativo formula la sintesi e orienta la scelta degli interventi, mentre gli istituti giuridici pongono le basi legislative che permettono la realizzazione degli stessi interventi.

4.2.1 Le fasi

Il metodo si compone di 4 fasi:

- Conoscere: E’ lo stadio iniziale di tutte le scienze. L’unica attività

consentita a questa fase è la raccolta e classificazione dei dati

oggettivi.

- Comprendere: Questa fase richiede che gli elementi raccolti ricevano

una elaborazione, col fine di individuare la distribuzione e le relazioni

tra i diversi fenomeni.

- Il giudizio: A questo punto è necessario giudicare la situazione che

si è delineata cogliendo le esigenze chiave lungo cui indirizzare

l’intervento. Questo sarà spesso indicato, più che dal ragionamento

logico, dall’atto creativo.

- L’intervento: E’ l’ultima fase, quella della pianificazione attiva.

Si presenta come un programma cosciente e armonico, tanto più

valido ed efficiente, quanto più moralmente e socialmente validi sono

i giudizi formulati nella fase precedente.

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4.2.2 Gli strumenti

Il metodo di Astengo si basa su alcuni principi chiave ricorrenti nella sua teorizzazione. Questi elementi sono degli strumenti attraverso cui prende forma la sua attività urbanistica. Piano programmatico operativo Con il piano programmatico operativo Astengo indica un piano che intende prefigurare un insieme ordinato e coerente di interventi volti a raggiungere specifici obiettivi, i quali sono in grado di trasformare la situazione presente di insediamento in una futura migliore. E’ incentrato su precise e preordinate finalità di sviluppo e atto a far emergere i principali nuclei problematici, oltre che

a produrre schemi di nuova

organizzazione territoriale. La sua natura è quindi trasformativa e deve integrare gli aspetti territoriali a quelli socio-economici per far sì che la sua azione sia il più esaustiva possibile. Per trasformare i suoli in conformità agli obiettivi previsti, deve servirsi di prescrizioni specifiche per l’uso dei suoli e di operazioni concrete per poter operare sul territorio, tra cui anche l’esproprio.

4.2.3 Schema strutturale

Lo schema strutturale è uno dei principi cardine della pratica di Astengo. Si tratta di uno strumento di natura relazionale, che deve convertire gli indirizzi politici in vie di sviluppo lungo cui incanalare la programmazione e la pianificazione territoriale. Non è quindi immediatamente operativo, ma costituisce una

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fase intermedia in cui si definiscono in maniera diagrammatica gli elementi essenziali, portanti del futuro piano operativo. In particolare deve definire:

1. il dimensionamento complessivo del piano;

2. la definizione dei rapporti tra aree residenziali, commerciali e di

servizio;

3. gli schemi delle reti di trasporto e degli impianti;

4. i principali progetti di intervento;

5. i messaggi utili alla formazione del piano.

4.3 Metodo delle successive approssimazioni

Il metodo delle successive approssimazioni è un iter progettuale, proposto da Astengo, rivolto a conferire un carattere ricorsivo della pianificazione, in quanto inevitabilmente costretta a sottoporsi a nuove verifiche per via del carattere mutevole degli assetti politico-economici con cui si confronta. Il metodo prevede 10 passaggi:

- 1. formulazione di schemi strutturali rappresentativi di differenti

ipotesi di sviluppo

- 2. scelta delle ipotesi piĂš attendibili ed auspicabili;

- 3. Individuazione dello schema migliore;

- 4. sviluppo dello schema in un progetto preliminare;

- 5. verifica della validitĂ e attuabilitĂ del progetto;

- 6. eventuali correttivi da apportare al progetto;

- 7. discussione pubblica del progetto preliminare

- 8. stesura del progetto;;

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- 9. ultime verifiche tecniche, economiche e finanziarie;

- 10. adozione consiliare del progetto di piano.

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5-I

l piano urbanistico di assisi


5.1 Introduzione al piano regolatore comunale

Dal lavoro operato da Astengo per la stesura di questo Piano regolatore, è possibile riconoscere alcuni dei suoi capisaldi intorno al “fare urbanistica”. In primo luogo, vi è la definizione degli strumenti e delle procedure di conoscenza del contesto; la realtà di Assisi nei suoi “aspetti straordinari, multiformi e contraddittori” ha sollecitato una “confacente metodologia di indagine e pianificazione”. Lo studio operato, che si estende in una molteplicità di settori e variabili, è stato condotto quasi interamente in loco con continue indagini e verifiche, ed è stato fin dal principio impostato in modo tale da individuare, per ogni settore della vita urbana e del territorio, quelli che sarebbero stati gli strumenti più adatti per rivitalizzare l’ambiente. Lo scopo delle azioni di Astengo è quello di servire due obiettivi fondamentali: la conservazione e il rinnovamento, che in continuo contrasto, ma anche in continua indissolubile relazione, avrebbero sostanziato tutto il Piano di Assisi. Il Piano richiede pertanto la conoscenza dei valori architettonici dell’ambiente urbano per caratterizzare i vincoli conservativi, ma anche, colta anticipazione di un compito che gli urbanisti impiegheranno ancora decenni a far proprio, l’inserimento nel piano regolatore generale della salvaguardia, a grandi linee, del paesaggio. Per Astengo, lo sviluppo si basa sull’equilibrio fra il controllo della conservazione ed un audace e totale rinnovamento, un proposito che troverà piena realizzazione nel Piano ma che non è stato sufficientemente apprezzato dai suoi colleghi accademici. Astengo apre una questione centrale del processo di costruzione della città e

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nella responsabilità della cultura contemporanea. L’affronta principalmente su due livelli:

- Definendo il concetto di “restauro” architettonico e proponendo di

adottare il linguaggio dell’architettura contemporanea per le eventuali

integrazioni.

- Predisponendo i dettagliati piani particolareggiati in cui assegna alla

responsabilità dell’amministrazione comunale il compito di indicare le

opere da edificare e le modalità per farlo.

Su quest’ultimo punto in particolare, ad Astengo fu chiaro fin da subito che il Piano regolatore generale sarebbe dovuto essere integrato dai piani particolareggiati che avrebbero codificato in modo preciso la trasformazione e la conservazione dei singoli elementi costitutivi dell’ambiente urbano esistente e che, anzi, per alcuni versi, sarebbe stato preceduto da questi stetti piani particolareggiati. Purtroppo, gli sbandamenti e le incertezze riscontrate nella popolazione al momento dell’attuazione del piano, lo spingono a ribadire la necessità del piano come unico e possibile strumento di rinascita e a fare appello alla coscienza dei cittadini più responsabili evocando nelle loro menti una specie di ideale repubblica platonica in cui il governo è affidato ai più colti.

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5.2 Il piano completo di Assisi

Quando venne affidato ad Astengo il compito di redigere il Piano Regolatore di Assisi nel 1955, non ha alle spalle grandi esperienze professionali in campo urbanistico (come lui stesso ricorda in Assisi un’esperienza). Sa però tutto del suo lavoro, ha già elaborato le sue teorie, ha ben presente i suoi riferimenti culturali, ha filtrato attraverso il lavoro come direttore della rivista “Urbanistica” il dibattito italiano ed europeo e perciò le varie tecniche progettuali adottate e ha come riferimento vivo l’opera di alcune figure importanti come quella di Luigi Piccinato (cui guarda come ad un maestro). Si sente perciò pronto e si lancia su quella che vuole essere una singolare esperienza completa per dar vita ad un “piano completo” e che dura senza sosta per circa due anni. È un’immersione totale, Astengo prende casa ad Assisi e si dedica a capire lo spazio, le attività, le risorse, i monumenti ed ogni singolo edificio. Assisi sembra proprio essere il contesto perfetto per la sfida nella quale Astengo intende cimentarsi, questo per la sua straordinaria ricchezza contenuta in una dimensione ancora dominabile.

5.2.1 Le analisi dello stato di fatto

Il territorio assisiano copre una superficie di 18.000 ettari a forma grossolanamente circolare con centro nel capoluogo e raggio medio di 8 km.; è per un terzo pianeggiante (tra q. 190 e 250 s.l.m.) e per i restanti due terzi collinare e montano.

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Fig. 04 - I confini amministrativi assisani la linea continua indica i confini attuali, quella punteggiata i confini comunali tra il 1100 e il 1200

Fig. 05 - Pianta di Assisi nel 1820

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Sorprendente è l’estensione dei settori affrontati, il dettaglio delle rilevazioni, la coerenza e l’acutezza delle elaborazioni. Un esempio ne è lo studio della popolazione in cui il progettista ricostruisce la struttura per età della popolazione e la dinamica demografica riferita alle varie frazioni, classificate per fasce altimetriche; studia la correlazione fra queste variabili e i diversi comportamenti dei gruppi residenti. Il capitolo sull’economia, poi, riserva alcune sorprese importanti. L’analisi del

Fig. 06 - Confronto fra la struttura della popolazione italiana al 1901 e quella assisiana nel 1901 e 1956, mediante piramidi omotetiche di uguale altezza.

Fig. 07 - Confronto fra la struttura dei gruppi demografici più importanti

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settore primario è penetrante e ricchissimo di informazioni raccolte ed elaborate dal gruppo di lavoro ed ha il dichiarato intento di consentire la valorizzazione in sede di piano del territorio rurale. Astengo predispone un rilevamento della distribuzione delle colture agrarie, esteso all’intero territorio comunale che, articolato in nove diverse categorie, consente un’accurata descrizione del paesaggio rurale; farà di questo tema una complessa rielaborazione in sede di piano. Altrettanto penetranti sono le indagini dirette dei settori artigianali e industriali, del commercio e del settore turistico, sia come consistenza e strutture sia come attrezzature. Le attività industriali vere e proprie sono tutte localizzate in pianura e quasi esclusivamente in S. Maria degli Angeli e costituiscono una piccola percentuale rispetto agli altri settori. Nel complesso le aziende industriali funzionanti occupano stabilmente da 400 a 500 addetti, cui vanno aggiunti i 321 disoccupati nel settore dell’industria, i 540 disoccupati come mano d’opera generica ed il numero imprecisato di temporaneamente emigrati o stagionalmente emigranti in Svizzera, Francia, Belgio. Le osservazioni sulle caratteristiche dei flussi turistici che interessano Assisi e sulle ricadute positive e negative sulla città sono profetiche e solleciteranno anch’esse una risposta progettuale nel piano. Durante tutto l’anno, infatti, Assisi è visitata da un flusso continuo di turisti e di pellegrini, che nelle ricorrenze religiose, nelle festività e nei giorni di fiera, raggiungono punte altissime. La maggior parte dei visitatori è di «transito»; arriva e parte in giornata alla spicciolata o in comitiva, in massima parte con proprio automezzo o pullman.

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Questi visitatori «veloci» portano un attivo alla economia cittadina unicamente attraverso la consumazione di pasti e di bevande, o l’acquisto di oggetti ricordo, ma richiedono, per contro, grande spazio per posteggi ed incidono sia sugli impianti e servizi igienico-sanitari della città, sia sulle spese di manutenzione e di disciplina stradale. Il loro numero è difficilmente valutabile, ma è senza dubbio cospicuo e, a parte le oscillazioni che al movimento turistico provengono di anno in anno dalla situazione generale economica ed internazionale, si può con certezza affermare che in quest’ultimo decennio esso è andato gradualmente aumentando. I problemi di viabilità e di sosta che essi pongono hanno formato oggetto di particolare attenzione nelle proposte di intervento ed in quella sede saranno trattati. Ulteriori problemi sono posti dai turisti che si trattengono a pernottare, anche solo per una notte (che è poi la durata di sosta più frequente) e che si riferiscono essenzialmente alla ricettività alberghiera, sia sotto l’aspetto quantitativo sia sotto quello qualitativo.

5.2.2 La struttura urbana

Quando Astengo affronta lo studio della struttura urbana, compone anzitutto un grande affresco del processo evolutivo della città ancorato alla storia ed alla interpretazione dei caratteri morfologici della città. La descrizione delle piazze medievali e della relazione fra queste, le vie piane, le strade ascensionali, le rapide scorciatoie a scala, consentono di ricostruire la forma della struttura urbanistica di Assisi, entro la quale Astengo, che riconosce ormai ogni elemento compositivo e ogni dettaglio, ci accompagna. Possiamo allora cogliere, con la sua guida, l’irrompere del paesaggio (la montagna

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e la piana assisiana) negli scorci che l’urbanistica medievale, interrompendo in misura mirata la continuità della cortina muraria, ogni tanto consentono per saldare Assisi al suo territorio e sancire indissolubilità del rapporto fra le città e il paesaggio che si apre oltre le mura urbiche; per la prima volta leggiamo i caratteri costruttivi, tipologici e stilistici degli edifici, i singoli elementi costitutivi dell’ambiente urbano che conservano con purezza gli originari caratteri medievali. Un esempio sono i quartieri più poveri e appartati verso porta Perlici e la montagna, sono le vie nascoste, i selciati, i muri antichi, gli orti.

Fig. 08 - Le tre cerchia di mura secondo lo studio di P. Bracaloni Fig. 09 - Il sistema ad “X” delle piazze

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Fig. 10 - I confini amministrativi assisiani la linea continua indica i confini attuali, quella punteggiata i confini comunali tra il 1100 e il 1200

Fig. 11 - sx Via del Comune Vecchio - dx Via S. Gregorio

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Fig. 12 - Porta di Mojano (Sud-Est) dall’esterno

Porta S. Giacomo (Nord-Ovest) dall’esterno.

Fig. 13 - Porta S. Pietro (Sud-Ovest) dall’interno - Vicolo Rocchi

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Ma Astengo rileva le superfetazioni, i rimaneggiamenti post-medioevali, i criteri di consolidamento statico e le scelte di abbellimenti e decori operate in periodo barocco. La lettura della struttura urbana di Assisi è coltissima e penetrante, capace di esplorare i singoli elementi che la compongono, di decifrarne le stratificazioni e, infine, di ricomporlo in unità. Alla fine del 1300 si conclude l’epoca dell’Assisi medioevale ed Astengo interpreta le vicende che seguirono come una progressiva erosione di quello straordinario equilibrio fra società, cultura e sue espressioni fisiche formali. Cosicché il trascorrere del tempo, porta, prima le distruzioni conseguenti alle lotte interne ed esterne del XV secolo, poi, a nuovi edifici religiosi ed agli interventi urbanistici su contesti di margine, nell’ambito dell’ordinamento amministrativo conseguente all’affermarsi del potere pontificio su Assisi, ed infine agli edifici costruiti in periodo barocco, di cui Astengo sottolinea il comune difetto, quello della grande mole. Questo costituisce un punto importante dell’analisi, centrale nel processo di maturazione delle scelte del piano. Astengo stesso, in modo implicito, affermerà che una delle sue idee guida sarà quella di privilegiare l’immagine del medioevo per tutelarla e valorizzarla. “Non molto estese sono in verità le zone che abbiano conservato con purezza gli originari caratteri medioevali resistendo a successive trasformazioni e all’intrusione turbativa di recenti corpi di fabbrica. Resta di eccezionale importanza il rione di Porta Perlici, che coincide con il più antico insediamento medioevale, e che è tuttora il rione più popolaresco, più povero e più vivo di tutta la città, ancor oggi a stretto contatto con l’economia montana. Via di Porta Perlici, via del Comune Vecchio e via Montecavallo costituiscono percorsi suggestivi, di altissimo valore ambientale, ricchi di co-

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struzioni autentiche, ottimamente conservate, se pure in stato di degradazione e di abbandono. Il rione di Porta Perlici non è, tuttavia, l’unica testimonianza dell’atmosfera medioevale; essa si ritrova nel percorso di via S. Rufino e di via Bernardo da Quintavalle, ma soprattutto nei vicoli trasversali a quest’ultima, in via S. Gregorio e in vicolo Rocchi.” Quando passa poi ad analizzare le trasformazioni del tessuto urbanistico negli ultimi decenni, intitola in modo significativo il capitolo “La rovina recente di Assisi”. Documenta caso per caso quelli che sono stati gli edifici che hanno alterato la scala edilizia (si riferisce in particolare agli hotel, al Convitto nazionale e le sopraelevazioni degli edifici antichi). Rileva in questo inserimento di edilizia “in stile” un “attentato al patrimonio urbano”, tanto nelle piccole alterazioni degli edifici con elementi “pseudo-stilistici”, quanto nei nuovi complessi ecclesiastici e civili sulle pendici delle colline, e anche l’espansione fuori Porta Nuova attuata con massicci e compatti blocchi edilizi di pietra, estranei alla dolcezza del paesaggio ed alla vegetazione della circostante natura. È proprio quest’ultima affermazione che apre la questione della compatibilità dello sviluppo edilizio. Alcuni dei principali temi da sviluppare nel piano sono così stati posti, ed Astengo fa sì che vengano individuati e condivisi con questa analisi critica delle vicende urbanistiche.

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Fig. 14 - Borgo S. Pietro con le moli del Giotto, in alto, e, in basso, quelle delle monache francesi e dell’auditorium della Pro Civitate

Fig. 15 - L’urtante parallelepipedo dell’albergo Giotto (1900) e della sua autorimessa.

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Fig. 16 - La mole del Windsor-Savoia, frutto di una edificazione abusiva (1911), e le sue dependances.

Fig. 17 - La mole dell’albergo Subasio (1870).

5.2.3 Architettura e società

Astengo organizza le analisi per la città in due grandi sistemi:

- Il primo mira a riconoscere i valori architettonici ed urbanistici

ed a raggruppare i documenti edilizi in classi.

- Il secondo si concentra sul contesto economico e sociale delle

famiglie residenti ed il loro rapporto con le abitazioni; l’obiettivo è

quello di trovare soluzioni a situazioni di disagio abitativo.

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Fig. 18 - Indagine sulle abitazioni e le famiglie del capoluogo

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È il primo centro storico ad essere studiato in modo così approfondito. La città antica, le indagini e le categorie analitiche predisposte si configurano come l’applicazione di un “manuale” che illustra le fasi di una ricerca ordinata per la progettazione. I giudizi critici su edifici e su singoli elementi componenti sono articolati ed equilibrati. Pur ponendo, come abbiamo detto, all’apice la componente medioevale, Astengo rilegge tutta la storia successiva con rispetto, riportando sempre la valutazione di ogni singolo elemento e del suo rapporto col contesto. La tavola che riassume questi risultati del censimento comunica perciò un’immagine virtuale di Assisi particolarmente dettagliata. Le analisi socio-economiche sui residenti sono a loro volta condotte sul campo. L’indagine è condotta incrociando i dati ricavati dalle 1120 famiglie che hanno compilato il questionario e dall’analisi delle 1134 abitazioni, visitate e valutate dai ricercatori da un punto di vista statico, igienico-sanitario e di manutenzione. Dallo spoglio delle schede, si è ottenuto il quadro della situazione edilizia e sociale del capoluogo. Gli alloggi occupati, classificati a seconda del numero di vani abitati, sono risultati i seguenti:

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Gli alloggi dotati di orto sono 120 e di giardino 51 e di terrazzo o spiazzo aperto 195. Le famiglie in coabitazione sono risultate 10, tutte concentrate negli alloggi da 2 vani e mezzo, indice questo della massima indigenza per tale gruppo di famiglie. L’affollamento degli alloggi è risultato il seguente: Alloggi non affollati

491

pari al

43,8%

Alloggi affollati con 1 persona a vano

256

pari al

22,9%

pari al

Alloggi sovraffollati: - da1,1ab.a2ab.pervano

297

26,5%

- da2,1ab.a3ab.pervano

56

5%

20

1,8%

- +di3ab.pervano TOTALE

1.120

100

Le condizioni di affollamento non sono quindi da ritenersi tragiche. Fuori dalla città murata, Astengo applica le stesse categorie analitiche per analizzare i centri frazionati.

5.3 Il progetto

La prima parte della stesura del piano di Assisi (l’apparato analitico) aveva destato grande interesse. Ma altrettanto innovativo è il progetto vero e proprio e risulta essere più corretto valutare l’apparato analitico alla luce delle soluzioni progettuali. Con l’analisi della struttura urbana, dalla sua antica formazione alle mutazioni subite per gli interventi recenti con la valutazione architettonica dei singoli edi-

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fici e con l’indagine sulla situazione delle abitazioni e delle famiglie, i principali elementi di giudizio occorrenti per l’impostazione del piano di interventi possono dirsi posseduti. La superficie della città entro le mura, valutata attraverso la documentazione catastale in proiezione piana, misura mq. 736.080. Essa è ripartita, a seconda delle destinazioni, nelle seguenti classi: strade, piazze e spazi pubblici

mq. 106.340

superficie costruita

mq. 193.006

orti e giardini

mq. 416.454

superficie demaniale

mq. 18.280

5.3.1 La questione del paesaggio

Astengo propone un assetto del paesaggio che integra le categorie della salvaguardia e della tutela che provengono dalla percezione dei suoi caratteri storici con quelle dell’equilibrio dell’uso produttivo. Predispone perciò un progetto volto a valorizzare il territorio rurale e delle aziende con diverse strategie a seconda che si tratti di collina, montagna o pianura e con il fine comune di sostenere l’attività agricola con investimenti in infrastrutture e provvedimenti rivolti alle aziende. In particolare, le questioni dell’amministrazione e gestione del paesaggio, sono state prese con particolare lucidità. Astengo pone infatti alcuni criteri e limiti da assumere, in sede di progetto urbanistico, per definire la localizzazione, la dimensione e i caratteri morfologici

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delle espansioni urbane. La distinzione fra città e campagna viene esaltata nella scelta della localizzazione mentre, al tempo stesso, la dimensione dell’espansione viene contenuta all’interno della collina in modo tale da non disturbare la dominante Assisi. Fuori Porta Nuova posiziona perciò un piccolo quartiere che ricuce le precedenti e disordinate espansioni . Per Astengo non sono sufficienti generiche zonizzazioni, norme e regolamenti edilizi; viene presentato anche qui un piano particolareggiato molto dettagliato in cui:

- Lo sviluppo è previsto in pianura.

- Pone una rigorosa difesa dalle nuove costruzioni della collina su cui

poggia Assisi (decisione fra le più contestate).

Fig. 19 - Distribuzione delle colture

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Fig. 20 - AttivitĂ economiche, attrezzature collettive, proprietĂ e destinazione degli edifici

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Fig. 21 - Distribuzione delle colture agrarie sul territorio comunale

5.3.2 Restauro e nuova architettura

Un’altra questione su cui si concentra Astengo riguarda la modalità di intervento nel contesto antico e i criteri da adottare per il risanamento e restauro edilizio e urbano. La compresenza fra conservazione e rinnovamento trovano qui il loro banco di prova. Per quanto riguarda la conservazione, predispone un piano particolareggiato (in scala 1:1000) della città entro le mura.

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Da sottolineare, in questo caso, è la ricerca e classificazione degli elementi costruttivi delle varie epoche presentati in un repertorio fotografico fra cui individua quelli che vanno salvaguardati. Nel comparto di Porta Perlici il rilievo degli edifici apre la strada alla produzione successiva sui temi del risanamento della città storica. Lo studio comprende anche riflessioni e proposte sulla questione delle abitazioni, con il richiamo ai problemi sociali e a una eventuale ricollocazione delle famiglie. Non manca peraltro la valutazione del lavoro materiale che il risanamento comporta e della necessità di personale esperto sui problemi del restauro.

Fig. 22 - Stato delle strade nel territorio comunale

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Per Astengo, inoltre, la conservazione della città antica comprendeva anche il problema del traffico. A questo proposito, predispone un piano di circolazione in cui progetta le autorimesse come opere complementari, e lo spostamento fuori le mura di alcune funzioni che richiamano necessariamente il traffico pesante. È qui che si pone il tema della nuova architettura. Astengo predispone tre progetti con dimensioni consistenti per dimensioni ed allora inusuali per tipologia. Ma dove farle e come? Si orienta su due siti: uno fuori porta S. Pietro, l’altro nella conca di Maiano. Il piglio progettuale è deciso e integra la sistemazione definitiva delle piazze e degli spazi pubblici, con nuove pavimentazioni, alberature ecc. e con la costruzione di nuovi manufatti. Il linguaggio architettonico si affida a materiali e caratteri compositivi della scuola moderna.

Fig. 23 - Stato delle strade nel territorio comunale

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La sfida progettuale per Astengo si spinge al limite quando affronta il tema progettuale, da lui stesso individuato, dallo sperone che separa le due piazze di S. Francesco. L’intento è quello di liberare dal traffico delle automobili e offrire uno spazio di grande qualità nella piazza inferiore, così da consentire la visita di questa da quella superiore. Decide di abbattere la settecentesca scala del Pellegrino (scuderia del convento). La soluzione che adotta nel progetto è quella di gradinate aperte per accogliere le automobili realizzare in cemento armato e integrate da filari e superfici a giardino. I progetti non furono però realizzati. Ciò che però Astengo intendeva come corretto restauro e inserimento di nuovi volumi in Assisi è testimoniato dall’unica architettura da lui realizzata in quel contesto: l’edificio destinato a convitto per la Pro civitate cristiana. L’opera prende spunto dal rudere di una casa medioevale diroccata di cui rimane solo un angolo, che Astengo conserva e consolida ed a cui, con una netta linea di distinzione, si raccorda per dar luogo al nuovo organismo che si sviluppa a gradoni sul pendio retrostante, senza mai far apparire la sua intera volumetria. Questa architettura consente di esemplificare tanti concetti presenti nel Piano regolatore e di illuminare quell’aspetto dell’attività di Astengo (di costruttore), che ha in quest’opera uno dei pochi esempi compiuti.

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Fig. 24 - Censimento dei valori architettonici ed urbanistici

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6-C

onfronto anni

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In questo capitolo, il nostro obiettivo sarà quello di sviluppare una relazione critica confrontando inizialmente, l’urbanistica razionalistica sviluppata dopo la secondo guerra mondiale con l’urbanistica di Giovanni Astengo e quella tipica degli anni Sessanta e, successivamente, paragonare il piano redatto da Astengo nel ‘57 con quello definitivo, approvato circa dieci anni dopo.

6.1 L’urbanistica razionalistica e l’urbanistica degli anni Sessanta

Il Movimento Moderno, nonostante la forte critica alla sua ortodossia, ha lasciato stabiliti una serie di concetti importanti: l’utilizzazione di un sistema progettuale avente come principi basilari il metodo e la ragione, la certezza che i nuovi mezzi tecnologici trasformino positivamente lo scenario della vita umana e l’affermazione del valore sociale dell’architettura e dell’urbanistica. A partire dal secondo dopo guerra, nel 1945 si manifestò il tentativo di sviluppare alcuni dei postulati fondamentali del Movimento Moderno. Questo avvenne nei paesi sviluppati come Francia, Germania, Inghilterra, Olanda, Giappone e Stati Uniti in cui predomina, nell’ambito dello Stile Internazionale, un’architettura di impostazione razionalistica. Nello specifico, analizzando l’architettura ad una scala più ampia, quella dell’urbanistica, possiamo affermare che la ricostruzione delle città europee nel dopoguerra e la realizzazione di nuovi quartieri residenziali nelle periferie dei grandi agglomerati urbani, sia avvenuta attraverso il modello dell’urbanistica razionalistica. I principi espressi nella Carta di Atene sono particolarmente utili allo sviluppo del modello neocapitalistico di città: essi facilitano il controllo, la frammentazione, la segregazione, la produzione in serie, la prefabbricazione,

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e fanno sì che i progetti urbani rientrino tra gli obiettivi dell’impresa capitalistica. L’idea di divisione in zone, fortemente sostenuta dal Movimento Moderno, aveva una sua logica intrinseca: si sfrutta e si controlla meglio ciascuna area della città se questa è costituita da zone monofunzionali. Esempi di questo tipo di urbanistica sono le New Town inglesi, il modello della Ville Radieuse di Le Corbusier e il caso curioso della città di Brasilia nel ‘57, progettata da Lucio Costa secondo i principi della città razionalistica proprio quando gli stessi entrano in crisi, mostrando la loro mancanza di funzionalità. L’idea di città razionalistica espressa, per esempio, da Ernest May, si basava su una concezione meccanicista e riduttiva, sviluppata secondo un processo addizionale e lineare: varie stanze formano una cellula d’alloggio, più cellule d’alloggio formano un’unità tipologica o edificio, più edifici formano un quartiere, più quartieri rappresentano la città. La pretesa di questo tipo di urbanistica razionalistica era quello di creare un modello tipologico da ripetere indistintamente dal sito di progetto, dalla cultura del luogo, dalle tradizioni delle persone. L’applicazione rigorosa dei principi dell’housing, dello zoning, delle tipologie di blocchi, del monofunzionalismo degli spazi tipici dell’urbanistica razionalistica, sono stati oggetto di una forte critica avvenuta degli anni Cinquanta e Sessanta in cui nuove proposte formali, distanti dai principi ortodossi del Movimento Moderno, iniziarono a manifestarsi nel campo dell’architettura e dell’urbanistica. E’ in questa categoria che rientra il progetto di Giovanni Astengo per la realizzazione del piano urbanistico della città di Assisi. Un forte cambiamento di paradigma in cui l’essere umano ritorna al centro del progetto, fulcro fondamentale per la progettazione di spazi pubblici e privati. Per la prima volta una parte della cultura in generale, e dell’architettura in par-

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ticolare, si mostra disponibile ad accettare fino in fondo le conseguenze del relativismo culturale ed antropologico, comprendendo che non tutte le società possono essere misurate secondo gli stessi modelli culturali e di sviluppo, ammettendo il fatto che la cultura occidentale non è né il centro del mondo né superiore alle altre culture, accettando la pluralità e la diversità culturale. Durante gli anni Sessanta, lo sforzo di riformulare l’architettura europea dopo la secondo guerra mondiale trova la sua espressione nelle teorie e nell’attività di una nuova generazione di architetti italiani. Ernesto Nathan Rogers fu capace di costruire una necessaria teoria dell’architettura contemporanea schierata a favore degli obiettivi sociali, culturali e politici dell’opposizione di sinistra contro la crescita speculativa del capitalismo del dopoguerra. Aldo Rossi, discepolo di Rogers, seguì i concetti proposti dal suo maestro: le preesistenze ambientali, il ruolo cruciale della storia dell’architettura, l’importanza della discussione riguardo alla tradizione nella città europea, l’idea di monumento, la responsabilità dell’artista e dell’intellettuale nella società moderna così come il dovere di continuare gli insegnamenti dei maestri del Movimento Moderno. Oltre a perseguire negli obiettivi del suo maestro, Rossi vuole fare intendere l’architettura come una disciplina basata sull’analisi storica e sul meccanismo della tipologia, superando il concetto di preesistenza ambientale per quello, di maggiore pretesa scientifica ma nello stesso tempo più rigido e accademico, di analisi sia dei tessuti urbani che dello strumento della tipologia architettonica. Nel 1966, Aldo Rossi pubblicò uno dei libri più influenti dell’architettura del XX secolo, “L’architettura della città”. Nello scritto esprime la volontà di intendere

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sempre l’architettura in relazione alla città, alla sua gestione politica, alla memoria, alle ordinanze, al tracciato ed alla struttura della proprietà urbana. La città deve essere intesa come un bene storico e culturale, come la familiare città europea del XIX secolo. E’ importante sottolineare come, tutte queste teorie - da quelle di Rogers fino a quelle di Rossi, passando per gli apporti di Grassi - e i progetti urbanistici di Astengo, in particolar modo quello di Assisi, abbiano contribuito a determinare un modo di pensare all’urbanistica opposto a quello del Movimento Moderno, determinando un’architettura basata sullo storicismo, sull’antropocentrismo, sull’organicità e sulla partecipazione degli utenti.

6.2 Cosa resta dell’idea originaria del piano di Astengo del ‘57?

Nel 1955, Giovanni Astengo ebbe inaspettatamente il suo primo incarico professionale da urbanistica con il Prg di Assisi. Iniziò un’avventura durata 17 anni fra alterne vicende, vissuta con intensità eccezionale. La terra umbra stava appena uscendo da un sonnacchioso periodo di stasi, caratteristica che spinse l’architetto ad accettare l’incarico di redigere il Prg ed i Pp del capoluogo per la risibile cifra forfettaria di 1200000 lire. In soli due anni di lavoro, come specificato precedentemente, furono condotte minuziose indagini sulla città, sulla popolazione, sulle attività economiche e sul territorio furono composte le carte di base ed approntati sia il piano regolatore generale sia i due Pp di primo intervento. Il primo progetto fu presentato in consiglio comunale nel ‘57 ed accolto con ovazione, adottato all’unanimità, con una sola astensione. Il 21 febbraio ‘59,

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solamente due anni dopo, venne ripudiato con una deliberazione consiliare, votata a maggioranza, che rigettava il piano. Cosa ha fatto cambiare così radicalmente idea ai cittadini e alla stampa nazionale che intitolava “Assisi liberata da un incubo”? La risposta, dice Astengo, è da leggere nei principi su cui era basato il piano: una duplice politica di rigorosa difesa ambientale, con vincolo a non aedificandi sulle aree libere attorno e dentro le mura e ad altius non tollendi nell’ambito storico, strettamente interconnessa ad un programma di precise operazioni strutturali, tecnicamente definite, almeno nei loro aspetti essenziali. Questa politica, inizialmente accolta in modo entusiastico, fu messa in crisi quando venne a contatto con due fattori concorrenti: da un lato i piccoli e grandi interessi puntualmente localizzati che reclamavano una maggiore flessibilità delle prescrizioni e delle norme; dall’altra le possibilità offerte dall’entrata in vigore della legge speciale per Assisi del 9 ottobre 1957 n. 976. Questa legge, stanziando fondi per opere di viabilità e di restauro di monumenti a carico dello Stato, concedendo mutui agevolati al Comune e ai privati e prevedendo agevolazioni fiscali per impianti produttivi, avrebbe ben potuto fornire le risorse per porre in atto le prime, più urgenti, previsioni di piano, così come aveva dimostrato nella stessa relazione del Prg. A completare il quadro si aggiunga il sindaco incline, anche in coerenza con le tendenze che si andavano manifestando, ad una più tradizionale impostazione del piano, accusato di uscire fuori dagli schemi concettuali correnti di pura regolamentazione edilizia e di pretendere, come aveva dichiarato l’architetto, di diventare “la piattaforma degli interventi pubblici e privati, proiettati in un futuro prossimo lontano, con un compito, quindi, paragonabile ad una moderna versione degli statuti comunali”.

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Il piano, evidentemente, era diventato ingombrante e si fece di tutto per farlo saltare. Giovanni Astengo, testardo e cocciuto per sua definizione, decise di restare sul posto e con una lenta persuasione durata anni riuscì a recuperare la fiducia della rinnovata amministrazione ricevendo l’incarico, esattamente 10 anni dopo dal primo, di redigere un nuovo piano urbanistico. La realtà era profondamente mutata. Le maglie del piano del ‘57, entro cui avrebbe potuto tranquillamente ed ordinatamente essere contenuta la crescita edilizia e produttiva di quegli anni non fu seguita. Dal ‘60 al ‘64 ci fu un’esplosione edilizia e industriale notevole che manomise l’intero paesaggio. Il nuovo piano non poteva dunque tener conto delle trasformazioni intervenute che, per essere in qualche modo comprese e ricomprese, chiesero una notevole dilatazione dimensionale dell’area urbanizzabile. Il nuovo piano, presentato nel ‘66, ricevette ancora, in sede di adozione del ‘69, sostanziali modiche ad opera del consiglio comunale, che applicava per quell’occasione, una nuova tecnica di aggiramento: quella di adottare prioritariamente una dopo l’altra e anche senza disegni, modifiche varie, in parte in accoglimento di osservazioni, in parte su proposta degli stessi consiglieri, quasi che si ritrattasse di emendamenti verbali e del piano presentato senza aver predisposta la visualizzazione non solo delle modiche, ma soprattutto del piano che ne sarebbe risultato. Cosa restava e cosa resta tuttora in concreto dell’idea originaria del piano del ’57? Giovanni Astengo a questa domanda ha risposto in un suo scritto: “quasi nulla, salvo una sostanziale ed ormai acquisita accettazione della salvaguardia del colle, tra la pianura e le mura, ed una più matura conoscenza del

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valore dell’ambito storico, anche se molti dei restauri, messi in atto ad opera della legge speciale, non sono stati condotti in modo del tutto esemplare e se l’espansione fuori Porta Nuova ha continuato ad essere una caricatura del piano. Ma sul piano delle idee, qualcosa forse resta di quel lungo e tormentato periodo, se non altro come testimonianza di una consapevole costruzione progettuale.

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7-E

reditĂ culturale e conclusioni


Giovanni Astengo ha ricoperto un ruolo importante nella tradizione disciplinare dell’Italia. E’ stato l’ultimo dei maestri riconosciuti dell’urbanistica italiana del dopoguerra, uno di quelli che hanno partecipato attivamente al dibattito che ha formato la disciplina urbanistica del nostro Paese. All’interno di questo dibattito, è stato esponente di una precisa via, dedito alla teorizzazione e alla costruzione di un linguaggio specifico del settore, volti a creare una vera e propria scienza. E’ stato fondamentale con i suoi contributi scientifici e con l’idea di una rifondazione disciplinare necessaria all’evoluzione in positivo dell’urbanistica. Fondamentale anche nella spinta decisiva verso l’apertura del nuovo corso di laurea in Urbanistica, voluto all’interno del programma di formazione di una nuova classe di tecnici specializzati in materia. Il contributo maggiore lo si deve forse all’esempio della tenacia con cui si è battuto per dare un fondamento giuridico alla sua attività, per strapparla ad ogni tipo di compromesso, soluzione di comodo o interesse individuale che potesse allontanarla dall’obiettivo di giovare alla collettività. Rileggere oggi il piano di Assisi non è opera che ci lascia tranquilli. Il Maestro continua ad insegnarci tanta parte dell’urbanistica ed a chiederci di misurarci con l’etica del fare e dal lavoro senza risparmi e senza troppi calcoli. Quel numero di “Urbanistica” fa emergere la componente epica del suo carattere, quella che gli fa affrontare e ricercare il confronto con un compito “quasi impossibile” per gli altri; quella che lo fa agire da solo, con la cura e la determinazione di un artigiano dell’urbanistica come arte, senza poter dividere con altri le fatiche, i dubbi.

68


8-B

ibliografia


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72




Appendice


Norme urbanistico edilizie di attuazione del Piano Regolatore Generale Titolo I - Parte generale

data di adozione del P.R.G. o da questo

Art. 1 - Tutto il territorio comunale si inten-

soggette a destinazione d’uso « prescritto»

de interessato, o per allineamenti strada- li

ed in particolare:

o per destinazione d’uso, o per vincoli del

– per il territorio di espansione della città

Piano Regolatore Generale, nei modi in-

murata;

dicati nelle corrispondenti planimetrie alla

– per il risanamento ed il restauro dei ca-

scala 1: 10.000 ed 1: 2.000.

stelli; – per le zone residenziali od industriali di

Art. 2 - Le destinazioni d’uso del territorio

nuovo impianto;

contenuto nel presente piano sono di tre

– per le zone di intervento agri colo, turisti-

specie:

co ed industriale sul monte Subasio.

– destinazione d’uso prescritto, contrasse-

2 - Mediante il rispetto delle prescrizioni

gnato nelle legende con lettera «p» e che

di zona, di linea o di vincolo, indicate sulle

hanno carattere di inderogabilità;

planimetrie del P.R.G.: a per tutte le lottizzazioni autorizzate

– destinazione d’uso ammesso, contrassegnato nelle legende con lettera «a», e che

in atto; b per tutte le aree già urbanizzate o

hanno carattere di possibilità; – destinazioni d’uso indicativo, contrasse-

compromesse da costruzioni esistenti per

gnato nelle legenda con lettera «i» e che

un volume complessivo pari ai 2/3 del vo-

hanno carattere di indicazione di larga

lume massimo consentito; c per tutte le aree soggette a destina-

massima per previsioni future, suscetti- bili di ulteriori precisazioni.

zione di uso « ammessa» previa presentazione ed approvazione di piano di lottizza-

Art. 3 - L’esecuzione del Piano Regolatore

zione da parte dei proprietari.

avverrà: 1 - Esclusivamente mediante piani partico-

Art. 4 - All’adozione del P.R.G. farà imme-

lareggiati:

diatamente seguito l’adozione dei seguen-

a per il territorio urbano entro la cerchia

ti piani particolareggiati di primo intervento:

delle mura;

P.P. n. 1, relativo alla città entro le mura;

b per tutte le aree non urbanizzate alla

P.P. n. 2, relativo alla zona di espansione

76


della città fuori porta Nuova.

nelle prescrizioni «indicative» e di delimita-

Ad essi seguiranno i:

re esattamente i contorni della zona.

P.P. n. 3, relativo al cavalcavia in progetto a lato del passaggio a livello ad occidente

Art. 7 - Al Consiglio Comunale compete

della stazione ferroviaria ed alle sue adia-

pure la facoltà di deliberare l’utilizzazione

cenze;

delle zone di «riserva», quando si preveda,

P.P. n. 4, relativo al nuovo centro civi- co di

con un anticipo di almeno due anni, che

S. Maria degli Angeli;

la disponibilità di aree nelle vicine zone ad

P.P. n. 5, relativo al nuovo quartiere resi-

identica o simile destinazione d’uso aper-

denziale di S. Maria degli Angeli, compre-

te all’attuazione stia per esaurirsi.

so fra via Tescio e la ferrovia.

In base a detta deliberazione le aree di

Faranno quindi seguito i piani particolareg-

riserva ricevono l’esatta delimitazione di

giati per zone residenziali, industriali e di

peri- metro in relazione alle esigenze ed

intervento agricolo, la cui formazione verrà

ai programmi del momento e la destina-

annualmente deliberata dal Consiglio Co-

zione d’uso passa obbligatoriamente dalla

munale in relazione agli sviluppi dell’attua-

primitiva classe di prescrizione a caratte-

zione del Piano Regolatore Generale.

re indicativo alla classe delle destinazioni «prescritte».

Art. 5 - Le aree soggette a destinazione d’uso «indicativo» e le aree di «riser-

Art. 8 - I passaggi di categoria previsti agli

va» non potranno ricevere trasformazioni

art. 6 e 7 dovranno essere considerati a

dall’uso attuale fin tanto che non sarà stato

tutti gli effetti come variante al piano gene-

delibe- rato il loro passaggio ad una desti-

rale e seguire la modalità di approvazione

nazione d’uso «prescritta» o «ammessa».

stabilita dall’ultimo capoverso dell’art. 10 della legge urbanistica, se la precisazione

Art. 6 - Il Consiglio Comunale ha facoltà

dei perimetri delle aree comporterà una

di deliberare il passaggio da prescrizioni

variazione del 10% della superficie, indi-

«indicative» a prescrizioni «ammesse» o

cata in Piano Generale, e traslazione di

«prescritte» quando si siano determinate

punti del perimetro superiori al 10% della

situazioni tali che consentano di precisare

larghez- za dell’area, computata sul pro-

le indicazioni di larga massima contenute

lungamento dei punti considerati.

77


In ogni caso, il passaggio da destinazione

dalla data di presentazione della doman-

d’uso «indicativa» o da «area di riserva» a

da di licenza, dichiari di formare l’ineren-

destinazione «prescritta» implica l’obbliga-

te piano particolareggiato di esecuzione,

toria formazione dell’inerente piano parti-

sempre che del piano stesso venga deli-

colareggiato esecutivo.

berata l’esecuzione entro 180 giorni dalla

Le aree ricadenti in suddette zone non

data suddetta.

potranno pertanto essere utilizzate per usi diversi dagli attuali prima dell’avvenuta

Art. 11 - Per tutte le aree ricadenti in zona

approvazione della variante di piano gene-

di espansione del capoluogo e delle fra-

ra- le e del relativo piano particolareggiato,

zioni, per tutte le aree a destinazione in-

mentre per le aree ricadenti in zone per le

dustriale e per tutte le aree di riserva il Co-

quali è consentito il passaggio da prescri-

mune ha facoltà di applicare l’art. 18 della

zione indicativa a prescrizione ammessa è

legge urbanistica.

sufficiente l’approvazione della variante di piano generale.

Art. 12 - Enti pubblici, proprietari di aree riuniti in consorzio, cooperative od anche

Art. 9 - Successivamente alla deliberazio-

privati cittadini possono ottenere dalla

ne di utilizzare un’area di riserva, è facoltà

Amministrazione Comunale la concessio-

del Consiglio Comunale di deliberare la

ne per l’attuazione completa o parziale di

formazione di nuove aree di riserva.

piani particolareggiati precedentemente

Tale deliberazione costituisce variante al

approvati. Ogni concessione di attuazione

piano e dovrà pertanto essere approvata

di piani particolareggiati approvati dovrà

a norma dell’ultimo capoverso dell’art. 10

contenere l’impegno da parte del conces-

della legge urbanistica.

sionario, ad eseguire, entro un prefissato ter- mine di tempo, tutte le opere e gli im-

Art. 10 - Per tutte le aree per le quali l’e-

pianti pubblici di urbanizzazione fornendo

secuzione del P.R.G. è consentita senza

garanzia sul carattere non speculativo

l’ob- bligatoria formazione dei piani par-

dell’operazione, nel caso in cui sia prevista

ticolareggiati (articolo 3, II) il Comune ha

la vendita a terzi dei lotti e degli edifici pre-

facoltà di negare la licenza di costruzione

visti dal piano.

o di lottizzazione qualora, entro 60 giorni

A tal fine i concessionari dovranno consen-

78


tire tutte quelle forme di pubblico control- lo

garanzie circa l’esecuzione delle predette

tecnico ed economico che saranno stabili-

opere, contemporaneamente alla costru-

te per assicurare l’esito tecnico e sociale

zione, entro il termine che sarà fissato dal

dell’operazione.

Comune e che sarà riportato nella licenza stessa. Il mancato adempimento agli impe-

Art. 13 - I proprietari che intendono lottiz-

gni presi comporterà la negazione della li-

zare aree inedificate, dal P.R.G. dichiarate

cenza di abitabilità.

residenziali con destinazioni d’uso «ammessa», dovranno, prima di procedere

Art. 15 - Dato il preminente carattere sto-

alle operazioni di frazionamento, chiedere

rico, ambientale, monumentale, tutti i pia-

licenza di lottizzazione. A tale scopo dovrà

ni particolareggiati e tutti i progetti di una

esse- re presentato un progetto alla scala

nuova costruzione o di ricostruzione, ri-

1: 500 con indicate le strade residenziali, i

sana- mento e restauro di edifici esistenti

lotti previsti, la volumetria e la destinazione

degli edifici pubblici privati, urbani, rurali ed

dei fabbricati, le aree verdi pubbliche e i

industriali saranno sottoposti al preventivo

tipi edilizi previsti. Il progetto dovrà essere

benestare della Soprintendenza ai Monu-

accompagnato da proposte per l’attuazio-

menti dell’Umbria.

ne delle opere degli impianti di urbanizzaTitolo II - Parte Speciale

zione, ammettendosi la duplice possibilità: a che il richiedente intenda eseguire a

Capitolo 1 - Norme speciali per le zone

suo carico le opere di urbanizzazione; b che il richiedente ne invochi l’esecu-

residenziali

Art. 16 - Destinazione

zione da parte del Comune, impegnandosi

Le zone residenziali devono essere de-

al versamento di un compenso a copertura

stinate prevalentemente ad abitazioni. In

del costo delle opere.

esse potranno essere consentiti: – negozi e botteghe;

Art. 14 - In ogni caso non potrà essere

– studi professionali e commerciali;

concessa licenza di fabbricazione per civili

– magazzini, depositi, limitatamente ai fon-

abi- tazioni in aree non dotate dei servizi e

di e al piano terreno;

degli impianti pubblici primari o per le qua-

– laboratori artigiani, le cui installazioni non

li non saranno state fornite dai proprietari

producano rumori nè odori molesti e noci-

79


vi, limitatamente ai fondi ed al piano terre-

delle zone verdi pubbliche. Nel computo

no. Potranno essere consentiti, in edifici a

delle cubature ammissibili non verranno

sè stanti:

conteggiate quelle relative alle costruzioni

– autorimesse pubbliche e private;

e autorimesse private annesse in edifici a

– banche;

sè stanti.

– alberghi;

La densità edilizia è espressa in mc. di

– luoghi di divertimento o svago;

fabbricato fuori terra, calcolando l’altezza

– sale da spettacolo.

del- l’edificio misurata dal piano dello spic-

Dalle zone residenziali sono escluse:

cato fino alla quota di intradosso dell’ultimo

– industrie;

solaio; per gli edifici su terreno acclivo si

– macelli;

assumerà per quota di base la media fra

– ospedali;

massima e minima quota degli spiccati.

– stalle e scuderie;

Le densità di fabbricazione sono indicate

tutte quelle attività che a giudizio dell’am-

nelle planimetrie alla scala 1: 2.000 me-

ministrazione comunale siano in contrasto

dian- te apposita dicitura.

con il carattere residenziale della zona.

Le zone residenziali delle frazioni indicate unicamente sulla planimetria 1: 10.000 devono intendersi tutte di tipo estensivo.

Art. 17 - Densità di fabbricazione. Nelle zone residenziali vengono stabilite le seguenti densità di fabbricazione:

Art. 18 - Tipi edilizi

Intensiva: da 2 a 2,5 mc. di volume costru-

Per le principali zone residenziali del ca-

ito per mq. di area utile.

poluogo e delle frazioni sono prescritti i tipi

Estensiva: da 1,5 a 2 mc. di volume costru-

edilizi ammessi.

ito per mq. di area utile.

Essi sono indicati sulle planimetrie me-

Ai fini del computo del volume di fabbrica-

diante lettera corrispondente ai seguenti

zione massima consentibile dovrà consi-

tipi e prescrizioni: a abitazioni unifamiliari, isolate o binate,

derarsi area utile quella dei comparti o del lotto edilizio, aumentata della superficie di

a due piani fuori terra, con distacco

metà delle strade in margine al comparto,

minimo laterale di m. 6 e frontale di m. 12; b blocchi edilizi lineari a tre piani fuori

fino a un massimo di m. 15, ma verranno escluse dal computo le aree facenti parte

terra di lunghezza non superiore a m. 50

80


con distacco minimo laterale di m. 8 e fron-

conside- rare come edifici di transizione fra

tale di m. 15;

lo stato di fatto e di progetto del piano.

c case a schiera, a due piani fuori terra, di lunghezza non superiore a m. 50 per

Art. 21 - Edifici da risanare

schiera, con distacco minimo laterale di m.

Gli edifici esistenti da risanare, ricadenti

4 e frontale di m. 6;

all’interno della cinta delle mura urbiche

d ville unifamiliari isolate, a due piani

e dei castelli, dovranno seguire le prescri-

fuori terra, con distacco minimo di m. 10

zioni di dettaglio che saranno stabilite nei

dal confine.

piani particolareggiati, obbligatori per dette zone. Gli edifici da risanare, esistenti al di

Art. 19 - Edifici a volumetria definita

fuori dei limi- ti predetti, seguiranno le pre-

Per gli edifici in progetto di particolare im-

scrizioni indicate per essi nella planimetria

portanza architettonica, o per preesistenze

alla scala 1: 2.000.

ambientali e per la creazione di uno spazio

Per essi è previsto o l’abbattimento, in casi

urbanistico, è stata specificata nella pla-

di tuguri o baracche, con sostituzione di

nimetria alla scala 1: 2.000, la superficie

nuove abitazioni da edificare nelle zone

coperta e l’altezza massima dei piani. La

residenziali secondo le norme stabilite per

superficie coperta indicata ha valore ap-

esse, o la trasformazione interna, o la rie-

prossimativo e dovrà essere successiva-

dificazione in sito secondo i tipi edilizi e le

mente specificata in piano particolareggia-

norme stabilite per le zone residenziali in

to mediante grafici di dettaglio alla scala 1:

cui essi ricadono.

200.

Per tutti gli edifici esistenti da risanare e ricadenti in nuclei o in casati esistenti o in

Art. 20 - Edifici ricadenti in lottizzazioni in

progetto è prescritta la formazione di piani

atto

particolareggiati e di comparti di risana-

Analogamente

agli

edifici

dell’articolo

mento.

precedente, anche gli edifici ricadenti in lottizzazioni in atto, e previsti a specifi-

Art. 22 - Edifici storici e monumentali isolati

co completamento di lottizzazioni in atto,

Gli edifici storici e monumentali isolati sul

sono stati contrassegnati nella planimetria

territorio o facenti parte di nuclei e frazio-

1:2.000 con la loro volumetria, essendo da

ni minori, siano essi edifici religiosi, civili

81


o rurali integri o degradati, ma comunque

Monumenti, ricevere la conferma alla de-

formati da elementi murari ed architettoni-

stinazione d’uso industriale e la precisazio-

ci autentici, devono essere tutelati e sal-

ne dei rispettivi perimetri entro il 9 ottobre

vaguardati per quanto concerne l’integrità

1959 secondo quanto stabilito dall’art. 14

degli elementi autentici, sia all’esterno

della legge speciali per Assisi.

che all’interno. Tutti i progetti di consoli-

Le zone industriali a destinazione indica-

damento o trasformazione, sia interna che

tiva o le aree di riserva una volta confer-

esterna, dovranno pertanto essere auto-

ma- te e delimitate con detta deliberazione

rizzati dalla Soprintendenza ai Monumenti

assumeranno il carattere di destinazione

dell’Umbria.

d’uso «prescritta» e pertanto dovranno essere soggette a piano particolareggiato

Capitolo 2 - Norme speciali per le zone

esecutivo secondo le prescrizioni generali

contenute all’art. 8 delle presenti norme.

industriali ed artigianali

Art. 23 - Le zone industriali ed artigianali previste dal piano si distinguono in tre ca-

Art. 24 - Le zone industriali si distinguono

tegorie:

in: a zone ospitanti stabilimenti per lavora-

1 zona a destinazione prescritta, 2 zona a destinazione indicativa,

zioni che non producono esalazioni noci-

3 aree di riserva.

ve nè moleste; b zone ospitanti stabilimenti per lavora-

Le zone della prima categoria si riferiscono:

zioni nocive e moleste.

a a zone industriali esistenti che si man-

Attorno a queste ultime per un raggio di

tengono a tali destinazioni ed alle aree pre-

200 metri non sarà consentita l’edificazio-

viste per la loro espansione,

ne di alcuna costruzione di tipo residenzia-

b a zone di nuovo impianto, per le quali

le.

dovrà essere approntato l’inerente piano particolareggiato prima di ricevere trasfor-

Art. 25 - Per le singole zone industriali ed

mazioni dall’uso attuale.

artigianali sono fissate le seguenti prescri-

Le zone della seconda e della terza cate-

zioni:

goria dovranno con deliberazione consi-

a rapporto di copertura;

gliare, d’intesa con la Soprintendenza ai

b altezza massima degli edifici.

82


Il rapporto di copertura misura la superfi-

tigianali saranno predisposte aree a verde

cie coperta degli stabilimenti, laboratori e

o piantati filari di alberi, di preferenza piop-

magazzini e la superficie dei singoli lotti in-

pi cipressini, formanti cortina di protezione.

dustriali, misurata al netto di strade e di superfici verdi contigue alla zona industriale.

Capitolo 3 - Norme speciali per i centri

L’altezza massima degli edifici s’intende

di vita associata e per zone

misurata dal piano medio di campagna al

ed edifici destinati ad attivi

colmo della copertura; da essa non pos-

tà commerciali e turistiche

sono derogare né serbatoi né camini né

Art. 28 - Sulla planimetria alla scala 1:

appa- recchiature isolate.

10.000 è indicata col simbolo l’ubicazione dei centri civici in progetto per i nuovi

Art. 26 - Nelle zone industriali per lavora-

nuclei residenziali o ad integrazione dei

zione non nociva sono ammessi esclusiva-

nuclei esistenti. Essi formeranno, di nor-

mente stabilimenti o laboratori industriali

ma, un complesso comprendente i princi-

ed i relativi uffici, magazzini, mense ecc.

pali servizi occorrenti per la vita associata,

È ammessa una abitazione per custode

quali: negozi, mercato coperto o all’aper-

per ogni singolo lotto. Nelle zone industria-

to, locali per riunioni a scopo educativo o

li per lavorazioni nocive e moleste non è

culturale, sale da spettacolo e da diverti-

consentita la costruzione di abitazioni per

mento, farmacia, ambulatorio, ecc. La loro

custo- de nell’interno dei lotti.

attuazione avverrà esclusivamente me-

Nelle zone artigianali è consentita la co-

diante la formazione di piani particolareg-

struzione, oltre che dei laboratori artigia-

giati planivolumetrici che comprendano gli

nali, anche di fabbricati per magazzini,

edifici del centro e quelli ad essi contigui.

depositi, silos, autorimesse pubbliche e simili. È ammessa in essi la coesistenza,

Art. 29 - Le zone a carattere commerciale

anche nello stesso edificio, di abitazioni e

o turistico e gli edifici commerciali o turi-

di attività artigianali, purché vengano, con i

stici di preminente interesse architettonico

necessari provvedimenti, eliminate le cau-

sono indicati nella planimetria 1: 2.000 con

se di molestia.

specificazione della volumetria di massima.

Art. 27 - Attorno alle zone industriali ed ar-

Zone od edifici commerciali e turistici

83


ospiteranno essenzialmente: uffici privati,

giardino;

banche, magazzini di vendita, negozi, ma-

b parchi pubblici, comprendenti zone

gazzini o depositi, laboratori per abbiglia-

da mantenere allo stato naturale e su cui

men- to e confezioni, trattorie, ristoranti,

è vietata qualsiasi costruzione stabile o

pensioni, alberghi.

provvisoria;

È ammessa la coesistenza di dette attività

c boschi pubblici, nei quali saranno

in un medesimo edificio ed è pure ammes-

creati sentieri pedonali, con assoluta inter-

sa la presenza di alloggi di abitazione.

dizione di qualsiasi tipo di costruzione; d prati, a carattere ambientale per la

Capitolo 4 - Norme speciali per le

valorizzazione dei monumenti, e su cui

è vietata qualsiasi costruzione stabile o

istituzioni religiose

Art. 30 - Gli edifici adibiti ad istituzione reli-

provvisoria;

giosa esistente e l’area ad essi pertinente

e piazzali per fiere e mercati, da man-

sono specificati nella planimetria 1: 2.000.

tenere a prato, e su cui è ammessa la co-

Le aree per espansioni future di istituzioni

stru- zione di pensiline in ferro od in calce-

religiose e per impianto di nuove costruzio-

struzzo armato; f zone sportive, con attrezzature per i

ni sono indicate nella stessa planimetria unitamente alla massima densità edilizia

giochi e per l’atletica leggera.

consenti- ta da valutarsi secondo le norme dell’art. 14 ed il numero massimo dei piani

Art. 32 - Verde privato

ammesso.

In queste zone è vietata qualsiasi costruzione in superficie; esse saranno sistema-

Capitolo 5 - Norme speciali per le zone

te a prato con fiori e cespugli e con alberi

ad alto fusto.

destinate a verde

Art. 31 - Verde pubblico.

I piani particolareggiati fisseranno norme

Le zone destinate a verde pubblico com-

relative ai tipi di recinzione ammessi.

prendono le seguen- ti classi: a giardini pubblici, con o senza attrez-

Art. 33 - Zone agricole

zature da gioco e chioschi per i bar, da

Le zone agricole, sottoposte ad intervento

concedersi nel limite massimo di 2 mq. di

per il miglioramento e per la trasformazio-

superficie costruita per ogni 1000 mq. di

ne delle colture, dovranno formare oggetto

84


di piani di bonifica, aventi valore di piani

è indicata anche la sommaria volumetria in

particolareggiato esecutivo.

progetto.

Art. 34 - Nelle zone agricole è consentita

Art. 37 - Sulla planimetria alla scala: 2.000

la costruzione di edifici ad uso essenzial-

sono indicate alcune aree di riserva per

men- te agricolo: case coloniche, stalle e

attrezzature pubbliche; la loro utilizzazione

porcilaie, ricoveri per carri ed attrezzi ecc.

sarà deliberata dal Consiglio Comunale

con la densità di 1000 mc. per ha. sui terre-

quando essa si sarà resa necessaria per

ni di pianura e di 500 mc. per ha. sui terreni

pubbliche esigenze.

di col- lina (compresi fra quota 250 e 500 metri s.l.m.) e 100 mc. per ha. sui terreni

Capitolo 7 - Norme per zone e vincoli

montani.

speciali

Art. 38 - Sulle planimetrie 1: 10.000 e 1: Art. 35 - Ai lati delle strade statali e provin-

2.000 sono indicate tra le zone speciali: a le zone di ampliamento di cimiteri ed i

ciali i fabbricati agricoli in progetto dovranno sorgere ad una distanza non inferiore ai

relativi vincoli; b le zone per pubblica discarica;

50 metri dall’asse della strada.

c la nuova delimitazione dell’azienda foCapitolo 6 - Norme speciali delle zone o

edifici destinate ad

attrezzature pubbliche in

progetto

restale demaniale; d le zone soggette a rimboschimento. Art. 39 - Tutto il territorio attorno alle mura

Art. 36 - Le attrezzature pubbliche in pro-

urbiche, per un raggio di 2 km. dal peri-

getto sono contrassegnate in uno dei se-

metro delle mura verso occidente e setten-

guenti modi:

trione (da ponte S. Vetturino alla valle del

a sulla planimetria 1: 10.000 è indicata

Tescio), tutto il monte Subasio ad oriente,

mediante simbolo l’ubicazione di massi-

e tutte le pendici del colle fino a 50 me-

ma delle principali attrezzature pubbliche;

tri al di sotto della nuova strada di grande

b sulla planimetria 1: 200 è indicata, per

circolazione (da Osteriola a S. Giovanni in

le singole attrezzature pubbliche, l’area ad

Campiglione) è soggetto a vincolo assolu-

esse destinata mentre, per alcune di esse,

to «non aedificandi».

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Art. 40 - Tutti gli alberi ad alto fusto esistenti entro tale perimetro non potranno essere abbattuti, e saranno sostituiti in caso di essicamento. Capitolo 8 - Regolamento edilizio Art. 41 - Entro 6 mesi dall’adozione del presente P.R.G. dovrà essere predisposto ed adottato un regolamento edilizio che tenga conto dei disposti agli articoli 31, 32, 33 della legge urbanistica e delle presenti norme di attuazione.

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