La forma del riuso, Container e spazio abitativo_Giada chiavacci

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Se a vida lhe der um limão, faça dele uma limonada...ou uma caipirinha se la vita ti da un limone, fanne una una limonata...o una caipirinha Detto popolare Brasiliano



RE-THINKING THE EDGE Habitability in risk area Sustainable redevelopment in urban area

LA FORMA DEL RIUSO Container e Spazio Abitativo

Laureanda Giada Chiavacci Relatore Prof. Roberto Bologna

Correlatori Prof. Fernando Barth Prof. Paola Gallo Prof. Rosa Romano

Anno Accademico 2015/2016


_ INDICE

_ ABSTRACT

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1_ UOMINI E CASE Sopravvivenza e habitat Gli Architetti “ribelli” L’architettura (ri)scopre la povertà Il diritto alla casa e l’emergenza abitativa mondiale

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2_ GLI UOMINI E LE CASE DELLA SERRINHA Spazio pubblico, spazio privato e le tipologie residenziali L’autocostruzione familiare Il problema del ricollocamento Leis municipais

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3_ IL PROGETTO, NUOVE ABITAZIONI PER LA COMUNITÀ L’infrastruttura resiliente _riusare _conservare _rinnovare 4_ TRASFORMARE UNA SEMPLICE SCATOLA METALLICA IN UNA CASA Casistiche e risultati nel mondo

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30 38 42 50

52 54 58 60 61

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5_ IL CONTAINER L’invenzione,la standardizzazione e la diffusione Per definizione modulare, autoportante e resistente

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6_ COSTRUIRE CON I CONTAINER Una scelta sostenibile Punti di forza e punti di debolezza Le regole base

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7_ FASI E ASPETTI TECNICI DEL PROGETTO Fasi costruttive e materiali scelti Aspetti bioclimatici

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_ BIBLIOGRAFIA

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86 88 92

96 104

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ABSTRACT


Questo progetto è stato ideato dopo l’esperienza nella Serrinha, favela di Florianópolis, e trae i suoi principi guida dall’elaborazione del masterplan per la comunità stessa. Le varie visite si sono rivelate fondamentali e hanno messo in evidenza il grave problema legato all’abitazione che affligge questo contesto, da qui la decisione di progettare un sistema residenziale. Inizialmente sono state prese in analisi le varie complicanze presenti in tale contesto, sia di natura materiale, precarietà e rischi idrogeologici, sia di natura sociale come i nuclei familiari variabili. Ma quale tecnologia scegliere? quale materiale avrebbe permesso la necessaria modularità e variabilità, ma anche economicità e reperibilità? Il container ha rappresentato una valida risposta a queste domande e un interessante sfida, trasformare una scatola metallica in una casa accogliente e confortevole. Questa metamorfosi è stata possibile grazie all’utilizzo di materiali diversificati, come il legno di pino e l’acciaio, che rappresentano, in un certo senso, il tentativo di unire il rispetto e la salvaguardia dello stile di vita tradizionale con l’innovazione tecnologica, che non è altro che riuso di un elemento dalle grandi potenzialità. In fondo il container rappresenta un po’ la nostra società consumistica,viaggia per tutto il globo trasportando ogni sorta di merce per poi essere abbandonato nei terminali portuali di tutto il mondo, diventando così un ingombrante rifiuto; questo “rifiuto” è in realtà una struttura prefabbricata in acciaio Corten, resistentissima all’usura e alle condizioni più estreme, quindi perché gettarla via? Molti progettisti hanno dimostrato la validità di questo elemento nell’ambito edilizio ed architettonico, si tratta si un campo ancora in “sperimentazione” dove le fonti bibliografiche sono arricchite dalle esperienze dirette di persone che si sono cimentante nella costruzione di case in container, dimostrando l’estrema facilità di utilizzo di quest’ultimo che, con la sua forma e i sui colori, ricorda un po’ i mattoncini lego con cui giocavamo da piccoli. Informalità e formalità possono coesistere nella forma del riuso e nel tentativo di ideare ed elaborare un progetto radicato nel contesto, che sia singolare, ma anche ripetibile.

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This project was conceived after the experience in Serrinha, favela of FlorianĂłpolis, and draws its principles from the elaboration of the masterplan for the community. The various visits have proved to be important and have highlighted the serious housing problem plaguing this context, hence the decision to design a residential system. Initially the various complications from this context were examined, in terms of materials, lack of safety, hydrogeological risks and social issues. But which technology to choose? what material would allow the required modularity and variety, but also affordability and availability? The container was a valid answer to these questions and an interesting challenge, to turn a container into a cozy and comfortable home. This transformation was made possible by the use of different materials like pine wood and steel, which are, in a sense, trying to combine the respect and preservation of the traditional lifestyle with technological innovation, which is simply the reuse of an item with great potential. The container represents our consumer society, travels around the globe delivering all manner of goods before being abandoned in port terminals around the world, making it a bulky waste; This “wasteâ€? is actually a prefabricated structure of Corten steel, highly resistant to degradation and to the most extreme conditions, so why throw it away? Many designers have demonstrated the validity of this element, in the construction and architecture, a field still in its experimental phase where the references is completed by the richness of direct experiences of people who have taken up building houses out of containers. in the construction of houses in containers, demonstrating the ease of use of the latter with its shape and its colors reminds lego bricks with which we played as kids. Informality and formality can coexist in the form of re-use and in an effort to design and develop a project rooted in the context, which is singular, but also repeatable.

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UOMINI E CASE



SOPRAVVIVENZA E HABITAT L’architettura di sopravvivenza si è sempre fondata sull’azione di architetti e ingegneri “scalzi”, che esistevano ben prima della comparsa degli esperti Yona Friedman, L’architettura di sopravvivenza

Habitat è un termine latino che significa (egli) abita, e rappresenta il luogo in cui, grazie a determinate caratteristiche fisiche, una data specie può vivere, svilupparsi e riprodursi e la cui qualità di vita può diminuire o aumentare in funzione dei cambiamenti fisici, climatici o demografici. Come per gli altri esseri viventi la ricerca di un habitat adatto ha permesso alla specie umana di proliferare, ma solo quest’ultima tra tutte le specie vi ha operato modifiche e trasformazioni tali da plasmare l’ambiente circostante in maniera radicale; potremmo dire che questi sono i presupposti da cui, e per cui, è nata l’architettura che, secolo dopo secolo, ha compiuto trasformazioni sempre più grandiose (e quindi irreversibili) dell’ambiente, andando ben oltre il semplice sopravvivere. Proprio il superamento della soglia materiale di sopravvivenza ed il passaggio a bisogni così detti “superiori”, ha rappresentato il fattore di rottura con l’ancestrale rapporto con il luogo dove si abita, che non è più rifugio, ma diventa un elemento rispondente a fattori più complessi (status, confort, ecc...).

Progetto di arte partecipativa inside out project, Nairobi, Jr (pagina precedente) Hollow Tree in Pahalgam, Kashmir, Steve McCurry (sinistra)

In questa sede non ci si ripropone però di analizzare il fenomeno di “sviluppo” dell’abitazione dopo il superamento dei bisogni ancestrali (ben noto e osservabile nella nostra storia e società), ma piuttosto come è costruito e vissuto l’habitat in quei luoghi in cui la soglia della sopravvivenza non è ancora stata completamente superata e in cui il soddisfacimento dei bisogni primari è la preoccupazione quotidiana. Per fare maggiore chiarezza è utile utilizzare le parole di Yona Friedman che definisce L’architettura classica come trasformazione del mondo per renderlo favorevole al l’uomo, mentre l’architettura di sopravvivenza come tentativo di limitare le trasformazioni , conservando solo le più necessarie affinché l’uomo sia in grado di sopravvivere in condizioni sufficientemente favorevoli. 15


I termini bidonville, slums, favelas rappresentano tutti il prodotto nato dalla naturale lotta per la sopravvivenza che, benché ancestralmente legata all’ambiente e quindi inizialmente in un rapporto di coesistenza pacifica con esso, sfocia in gravi situazioni di degrado ambientale e sociale rendendo di fatto impossibile il superamento della soglia della povertà. E’ possibile osservare nelle megalopoli del Terzo mondo come si combatta giorno dopo giorno per la sopravvivenza e come avvenga la costruzione di un habitat che, a seconda dei diversi livelli di povertà, può assomigliare di più ad un rifugio o ad un abitazione (come è intesa dall’immaginario collettivo occidentale). Infondo gli insediamenti informali non sono nient’altro che habitat creati dall’uomo che, con i pochi mezzi che ha a disposizione, rende vivibili zone e luoghi estremamente inospitali; perciò in un certo senso rappresentano perfettamente la volontà di resistere ed abitare, e la rivendicazione alla creazione delle condizioni favorevoli alla propria sopravvivenza. E’ proprio nell’oscillazione tra soddisfacimento dei bisogni primari e aspirazione a modelli e ambizioni più alte che vengono costruite le case delle favelas; in questo caso l’analisi dei bisogni connessi all’habitat si articola su due piani diversi, ma estremamente connessi: da una parte vi sono i bisogni relativi alla casa come rifugio ( intesa come tetto, mura e volume ), dall’altra quelli connessi alla casa intesa come sistema di simboli e di strumenti di comunicazione (AMENDOLA, 1990) Non si deve pensare infatti che la povertà sia connessa esclusivamente alla sopravvivenza, vi è sempre un significato simbolico, anche (e soprattutto) nelle architetture senza architetti.

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Una tribù Indigena nella foresta amazzonica, Brasile

Bidonville “rurali”, Indonesia 17


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GLI ARCHITETTI “RIBELLI” Abbiamo già constatato più volte che le bidonville sono, da un certo punto di vista, i “laboratori del futuro” per un mondo che scivola verso la povertà generalizzata Yona Friedman, L’architettura di sopravvivenza

Nella foto a sinistra possiamo vedere Ricardo De Oliveira, un vero “architetto ribelle”. Ha costruito più di cento case utilizzando strumenti elementari e le sue conoscenze empiriche, tutto nella sua comunità locale di Rocinha, la più grande favela del Brasile, situato proprio nel centro di Rio de Janeiro. Lavorando su una serie di progetti in tutta la favela, compresa la propria casa, Ricardo afferma come questi edifici semplici soddisfino le esigenze sociali e di bilancio dei loro clienti; la sua testimonianza è stata raccolta , insieme a quelle di molti altri, dalla serie tv Rebel Architecture che si ripropone di raccogliere e testimoniare le opere degli “architetti” che ogni giorno sfruttano ciò che hanno per creare le proprie case e affrontano con i loro mezzi la crisi urbana, ambientale e sociale del mondo.

Ricardo De Oliveira, “architetto” di Rocinha, Rio de Janeiro (sinistra) Favela, Felipe Parucci (destra)

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Nei contesti informali avviene la ricongiunzione tra due ruoli fondamentali del costruire, l’architetto e l’abitante; due figure che l’evoluzione storica ha diviso e che sono potuti, e possono, coesistere solamente in contesti, marginali e poveri. Nelle favelas architetto e abitante anche se non sono la stessa persona sono perlomeno amici o parenti, vi è perciò un legame e uno scambio di informazioni perfetto, sicuramente più diretto e funzionale di quello che avviene nella nostra società tra committente e progettista, che permette il completamento di un edificio perfettamente rispondente alle richieste dell’abitante. Minacce, contesti e bisogni comuni hanno portato alla nascita di una sorta di “stile” tipico delle favelas dove, benché l’aspetto caotico sembri negarlo, sono riconoscibili caratteri ed elementi simili. Come già specificato non vi è solo sopravvivenza, l’abitazione è anche incaricata di emettere messaggi che parlano dello status e dalla condizione familiare; costruire la propria abitazione significa anche decorarla e questo compito spetta assolutamente all’abitante che diviene “autodecoratore” e si esprime attraverso la propria abitazione; potremmo dire perciò che queste case sono estremamente espressive e possiedono una loro anima. Spesso questi insediamenti vengono definiti brutti e inguardabili, questo è un “nostro” giudizio estetico, ma non solo per gli abitanti quelle case sono bellissime, essi hanno con la propria abitazione un rapporto strettissimo , quasi viscerale, quanti di noi possono invece affermare di aver visto nascere e crescere la propria casa?

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L’ARCHITETTURA RI-SCOPRE LA POVERTÀ

E’ necessario specificare che l’attenzione verso queste problematiche risale a circa cinquanta anni fa; durante gli anni Sessanta e Settanta si verifica infatti un nuovo fenomeno nel mondo dell’architettura, per la prima volta una parte dell’architettura, si mostra disposta ad accettare che non tutte le società possano essere misurate secondo gli stessi modelli culturali e di sviluppo; ciò è legato all’interesse a recuperare il significato antropologico e fondamentale dell’architettura. Si vuole, in poche parole, riaffermare un architettura che non imponga modelli, ma che sappia apprendere da ogni situazione. In questo contesto sono fondamentali le teorie e proposte di Schumacher che afferma che per raggiungere una società a misura di uomo sia necessario trovare delle tecnologie intermedie basate su elementi prodotti industrialmente e in serie, ma pensati in modo che per forma , dimensione e costituzione materiale facilitino la loro manipolazione da parte della gente. Queste teorie trovano spazio negli anni in cui inizia ad affacciarsi la crisi nei Paesi più industrializzati, caratterizzati dal timore dell’esaurimento delle risorse e dalla presa di coscienza della imprescindibile necessità di riciclaggio dei materiali prodotti. Da citare lo studio di Philippe Boudon, Pessac de Le Corbusier (1967), che interpreta le trasformazioni che gli utenti esercitano sugli edifici progettati da Le Corbousier come un fenomeno positivo e vitale, come se una sorta di volontà appropriativa finisse sempre per riapparire. Questo movimento nei decenni successivi raggiungerà ambiti molto più ampi dell’architettura, dalle proposte di disegno partecipativo, realizzato con tecniche adatte ai paesi poveri, alle proposte di urbanistica di partecipazione ispirandosi agli interventi di autocostruzione delle abitazioni ai margini delle grandi città del Terzo Mondo. Interessante in questo contesto la critica di Turner (nata della sua osservazione delle grandi città latinoamericane) al Movimento Moderno colpevole di aver rivolto la sua attività architettonica ad un uomo universale non tenendo conto della diversità culturale e della capacità che gli utenti di molte culture mantengono per configurare i loro spazi esistenziali. Benché spesso contaminate da un carattere romantico di recupero di un autenticità originaria e vernacolare, l’interesse da parte dell’architettura per tematiche legate alle megalopoli, agli insediamenti

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informale e alle popolazioni svantaggiate di paesi lontani rappresenta una svolta epocale e inaugura un ramo dell’architettura lontano dalla teoria e dalla ricerca formale, ma vicino ai bisogni di milioni di persone. Un interessante alternativa è costituita dalla proposta dei supporti di N. John Habraken che si basa su una questione concettuale fondamentale: separare tutto quello che è fisso in un edificio (la struttura) da ciò che invece può essere mobile come le divisioni interne; questa proposta forniva e fornisce una delle più attuali soluzioni al problema residenziale in quanto permette un elevata intercambiabilità, flessibilità e scelta della disposizione. Si apre così la strada allo studio del sistema dei supporti che da allora ad oggi è stato rivisitato con disposizioni e materiali diversi. La divisione di struttura e sovrastruttura rimane ad oggi uno dei sistemi più efficaci e condivisi per intervenire in diversi ambienti sociali, ciò dimostra la grande lungimiranza delle proposte di Habraken.

Il sistema dei supporti di Habraken 22


E’ necessario citare anche la proposta che ha avuto maggiore importanza metodologica all’interno di questo contesto, quella di Christopher Alexander. Quest’ultimo fonda quello che viene definito pattern lenguage o linguaggio di modelli; la sua proposta si basava su una densa trama costituita dalla ripetizione di cellule abitative strette ed allungate che, a secondo della disponibilità di ogni famiglia, offrivano adeguate soluzioni. Ogni cellula disponeva di parti o patterns essenziali (ingresso, cucina, piccole camere ); il modello era applicabile ad ogni scala, a scale diverse corrispondevano parti diverse da assemblare, benché si sia rivelato un approccio eccessivamente funzionalista e frammentato rappresenta un interessante tentativo di recuperare la capacità individuale e collettiva dell’uomo di disegnare il suo ambiente e vivere armoniosamente gli uni con gli altri in un organizzazione generale nata da tante piccole parti decise individualmente.

I pattern di Alexander

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IL DIRITTO ALLA CASA E LA CRISI ABITAZIONALE MONDIALE

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Entro il 2030, circa 3 miliardi di persone, ovvero circa il 40% della popolazione mondiale, avrà bisogno di alloggi adeguati e accesso a infrastrutture e servizi come sistemi idrici e igienico-sanitari di base. Questo si traduce nella necessità di completare 96.150 unità abitative al giorno con terreni serviti da ora fino al 2030. (HUNABITAT,2014) Purtroppo, soprattutto nel mondo in via di sviluppo, l’offerta di alloggi è spesso limitata da sistemi inadeguati di amministrazione e dalle carenze di risorse, oltre che dalle istituzioni e dai regolamenti che sono obsoleti, privi di capacità e perciò inadeguati a far fronte a questa crisi mondiale. Finora, il fallimento della pianificazione urbana e del settore delle costruzioni in corrispondenza alla domanda di abitazioni ha portato allo sviluppo di baraccopoli in una grande varietà di contesti a livello globale. In alcune città, fino al 80% della popolazione vive in baraccopoli e sono 55 milioni le persone che dal 2000 ad oggi ne sono diventate nuovi abitanti. In Africa sub-sahariana la popolazione che vive in slum è di 199.5 milioni, in Asia meridionale 190.7, in Asia orientale 189.6, in America Latina e nei Caraibi 110.7, nel Sud-Est asiatico 88.9, in Asia occidentale 35 e in Nord Africa 11,8. Queste cifre quanto mai scoraggianti ci parlano di una crisi che non è solo localizzata a determinate città, paesi o aree geografiche, ma riguarda tutti noi poiché i cui effetti si ripercuotono a livello mondiale.

Favela di San Paolo

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L’alloggio è una di quelle condizioni sociali di base che determinano la qualità della vita e il benessere delle persone e dei luoghi; non si tratta di un semplice tetto sopra la testa, ma di qualcosa di più complesso capace di innescare processi migliorativi a molte scale. Quando le case, ben progettate e costruite, si trovano ben intrecciate nel tessuto ambientale, sociale, culturale ed economico delle comunità la vita quotidiana delle persone, la loro salute, la sicurezza e benessere risentono di un reale e tangibile miglioramento. Nonostante un alloggio sia un bene innegabile a qualsiasi essere umano è importante ricordare che ogni singola casa è parte dei rapporti tra la società e l’ambiente e perciò è una questione che necessita di considerazioni più ampie; da un lato, la costruzione e il mantenimento degli alloggi consumano grandi quantità di risorse naturali (suolo, energia, acqua, materiali da costruzione) e causano la produzione di rifiuti e l’inquinamento di aria e acqua; d’altra parte, l’alloggio stesso è esposto a una varietà di impatti e rischi ambientali, comprese quelle associate a disastri naturali e cambiamenti climatici. Questa complessa rete di interrelazioni tra la sostenibilità e l’alloggiamento è il punto di partenza imprescindibile per la progettazione di qualsiasi edificio, ciò si rivela particolarmente importante in ambito residenziale poiché le abitazioni superano numericamente qualsiasi altra destinazione funzionale. E’ importante valutare la sostenibilità complessiva (ambientale, sociale, culturale ed economica) di qualsiasi intervento edilizio; lo spettro di condizioni di base da considerare è estremamente vario: l’impatto sull’ambiente e il cambiamento climatico; la durata e la resistenza delle case; i legami delle abitazioni con l’economia in generale e il tessuto culturale e sociale delle comunità, tutto questo al fine di analizzare e prevedere i diversi impatti delle abitazioni sulla riduzione della povertà. A questo punto è doveroso fare una semplice, e forse banale, precisazione: sebbene l’edilizia sostenibile sia spesso associata alla ricchezza e al benessere non deve essere così, anzi tutt’altro; le case sostenibili sono quelle che sono alla portata di tutti. L’ accessibilità è quindi una condizione necessaria, forse la più importante, per la definizione di edilizia sostenibile. Ciò nonostante l’accessibilità non è sufficiente, poiché case a prezzi accessibili non possono essere considerate sostenibili se creano impatti negativi sull’ambiente o sulla vita sociale; unire convenienza con altre condizioni di sostenibilità è fondamentale. 26


Tutti questi principi servono a definire alloggi adeguati, ma quali sono le caratteristiche fondamentali per renderli tali? -privacy e spazio adeguato -accessibilità fisica -livello adeguato di sicurezza, stabilità strutturale e affidabilità -sicurezza della proprietà -illuminazione, riscaldamento e ventilazione adeguata -adeguate infrastrutture di base (approvvigionamento idrico, servizi igienicosanitari e di gestione dei rifiuti) L’urgenza crescente di fornire case a milioni di famiglie nel mondo in via di sviluppo e il tasso notevole di processi di costruzione e di produzione di abitazioni illegali richiede un cambiamento di paradigma nella politica abitativa, urbanistica e nelle pratiche edilizie. Questo diventa più urgente considerando anche il fenomeno del cambiamento climatico, dal momento che il settore edilizio è responsabile di quasi il 40 % delle emissioni di gas a effetto serra in città. Purtroppo benché si parli molto di questi argomenti nei paesi sviluppati, l’edilizia sostenibile deve ancora ottenere la dovuta importanza nei paesi in via di sviluppo dove è raro che gli aspetti sociali, culturali, ambientali ed economici delle abitazioni siano affrontati in una politica integrata; in questi contesti, i cosiddetti programmi di edilizia abitativa a favore dei poveri, spesso offrono una sistemazione standard, in località remote, con poca considerazione per lo stile di vita e per le strategie di sostentamento dei residenti. Attualmente, nella maggior parte delle città in via di sviluppo, un alloggio dignitoso e sicuro rimane un sogno per la maggior parte della popolazione, mentre il governo considera gli alloggi a prezzi accessibili semplicemente come un peso sociale, questo perché le politiche abitative nazionali non sono ancora viste come elementi risolutori della povertà e perciò non vengono armonizzate con gli altri aspetti di sviluppo, come gli interessi economici, sociali e ambientali. Al di là della mera fornitura di riparo, i progetti di edilizia abitativa dovrebbero essere intesi come elementi capaci di promuovere attivamente l’occupazione e l’economia, ridurre la povertà e migliorare lo sviluppo umano.

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GLI UOMINI E LE CASE DELLA SERRINHA



SPAZIO PUBBLICO, SPAZIO PRIVATO E LE TIPOLOGIE RESIDENZIALI Nel tessuto urbano della Serrinha sono facilmente individuabili due elementi, le strade e fra di esse le abitazioni. Poiché le abitazioni sono state costruite in tempi differenti e in maniera completamente autonoma, adattandosi al terreno e alle preesistenze, non vi è stata attenzione nel conservare aree da adibire a spazi pubblici, perciò questo ruolo è ricoperto dalla strada stessa. E’ interessante notare il diverso ruolo che la strada svolge nei diversi contesti dell’isola di Florianópolis, infatti nelle zone più ricche e moderne, quelle definite formali, è un semplice elemento di collegamento che permette lo spostamento dalla casa a diverse destinazioni; nei quartieri informali ciò è completamente diverso e il transito sulla strada di estranei alla comunità è motivo di fastidio per gli abitanti della stessa. Abbiamo potuto constatare questo atteggiamento grazie ad un evento avvenuto durante la nostra permanenza: alcuni abitanti della Serrinha hanno infatti più volte manifestato il loro disaccordo per la risistemazione della strada che percorre le ripide pendici del Morro; questi interventi di risistemazione hanno incentivato l’utilizzo della strada dagli abitanti dell’intera città, mentre prima a causa della sua incuria era utilizzata solo dagli abitanti della comunità; ciò dimostra la complessità legata agli interventi in contesti informali dove non sempre un miglioramento è considerato tale; gli abitanti della Serinnha rimpiangono la piccola strada sterrata di cui erano padroni e dove i bambini potevano giocare in pace al sicuro dal traffico.

Abitazione nella Serrinha (pagina precedente) Alcune case della Serrinha (sinistra) Bambini che giocano nell’unica area libera della Serrinha, il campo da calcio (destra)

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Lungo le strade principali si affacciano negozi e attività commerciali, mentre le piccole strade secondarie sono vissute con maggiore intimità dagli abitanti delle case vicine; lo spazio pubblico si limita dunque alle strade principali, tranne alcune rare aree rimaste inedificate per vari fattori. E’ necessario riflettere su come il rapporto tra spazio pubblico e spazio privato abbia influenzato lo sviluppo della comunità; come già specificato infatti sin dalle prime fasi dell’occupazione del Morro gli abitanti sono sempre stati guidati dalla ricerca di terreni in cui costruire la propria abitazione, man mano che i terreni più agevoli (lungo strade già esistenti) venivano occupati le abitazioni andavano ad essere costruite in zone sempre più scomode, determinando la nascita di una rete di vie, pedonali e non, sulle ripide pareti della montagna; per questi motivi la Serrinha presenta un “pattern” dove spazio pubblico e privato sono nettamente separati e dove il primo è stato creato nelle zone residuali dello sviluppo abitativo privato.

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Strada principale pavimentata

Strada “secondaria� negli interstizi tra le abitazioni

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Parlando di spazio privato nella Serrinha è presente essenzialmente un unica tipologia residenziale, declinata in forme e disposizioni leggermente diverse; si tratta di case monofamiliari destinate quindi ad un unico nucleo familiare che, ampliate negli anni, si adattano ad ospitare altri membri della famiglia. Sono abitazioni solitamente a due piani che, in cerca di spazio, occupano tutto il lotto di pertinenza; è interessante notare come una rapida occhiata all’abitazione possa dirci molto della famiglia che vi abita, per esempio un casa grande e ben rifinita non indica solamente un nucleo familiare con buone disposizioni economiche ma soprattutto che si tratta di una famiglia che vive lì da molti anni, durante i quali ha potuto migliorare la propria abitazione; un abitazione piccola e precaria indica una famiglia che si è trasferita recentemente e il cui inserimento nella comunità è ancora in corso. E’ possibile individuare alcune tendenze caratteristiche della comunità valide per il tessuto urbano dell’intera Serinha: _attività commerciali concentrate lungo la strada principale e al piano terra _ai piani superiori sono presenti esclusivamente abitazioni _utilizzo di materiali a baso costo leggeri da trasportare manualmente _costruzioni prevalentemente in cemento armato con tamponamenti in laterizio

Abitazioni in legno nella zona di più recente espansione 34


Casa in legno costruita con materiali di fortuna

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Abitazioni in mattoni nella parte più “antica” della Serrinha, si può notare la tipica conformazione a due piani che caratterizza tutte la ebitazioni della comunità

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Abitazioni che hanno raggiunto l’aspetto finale, si nota una maggiore attenzione per le rifiniture

Maggiore livello di cura e finitura nelle case lungo la strada principale (punto di partenza dello sviluppo urbano della comunitĂ )

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L’ AUTOCOSTRUZIONE FAMILIARE Mutevolezza e informalità sono caratteristiche tipiche degli insediamenti come la Serrinha; trattandosi per la maggior parte dei casi di edifici residenziali, analizzare l’evoluzione dell’abitazione significa anche comprendere l’evoluzione sociale, economica e culturale di un nucleo familiare. La costruzione è un processo lungo e lento poiché si procede in base alle disponibilità del momento, così pezzo dopo pezzo la casa prende forma e solo dopo molti anni assume le sue caratteristiche “definitive”. Per prima cosa, si provvede alla delimitazione della propria proprietà, questo permette a una famiglia di entrare a far parte della comunità e di ottenere la libertà di costruzione. Inizialmente, trattandosi molto spesso di famiglie con scarse possibilità economiche, viene costruita una casa in legno che è un materiale estremamente economico e reperibile, essendo stato da sempre scelto dagli abitanti più poveri per costruire le proprie semplici abitazioni ancora oggi è visto come un materiale da disprezzare perciò, appena la disponibilità economica lo permette, viene sostituito da quelli che sono ritenuti i materiali più pregiati: cemento armato e mattoni, tipici delle costruzioni della “città formale”.

Famiglia impegnata nella costruzione della propria casa (sinistra) Casa in espansione, il piano inferiore in mattoni e quello superiore in legno (destra)

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Nonostante sia presente questo atteggiamento di imitazione verso la vicina città formale è presente una grande consapevolezza e dignità comunitaria, infatti nessun abitante desidera uscire dalla comunità per vivere nella vicina città formale, ma tendono all’imitazione di quest’ultima cercando di replicare comportamenti tipici della “società del benessere” nella loro comunità senza rinunciare quindi alla libertà che godono all’interno di essa; questa ambizione ai modelli e all’estetica della città formale ha, ad esempio, determinato la scelta tecnologica e dei materiali. Come sopracitato la grande maggioranza degli abitanti (56,99%) costruisce la propria casa comprando i materiali da costruzione e impegnandosi in prima persona, insieme ai membri della famiglia, nella costruzione; solo l’11% comprano un terreno con una casa già pronta. Si tratta di una forma di autocostruzione familiare che coinvolge anche alcuni membri della comunità che, lavorando nei cantieri nella città, hanno competenze costruttive nate dall’esperienza e durante il week-end si dedicano alla costruzione degli edifici nella Serrinha; a tele proposito è interessante notare che il 72,4% degli abitanti afferma di avere competenze nella costruzione edilizia, ciò ovviamente è ristretto alla padronanza di tecniche costruttive legate al cemento armato, poiché vengono utilizzate tecniche ormai assodate e conosciute non lasciando spazio all’innovazione in materia di costruzione e materiali. Ogni aspetto della costruzione è gestito a livello familiare e viene svolto tramite i mezzi e le conoscenze della comunità; per quanto questo sia un fenomeno estremamente interessante la sua informalità determina una scarsa attenzione agli aspetti legati alla sicurezza sia di chi vi lavora sia dell’edificio stesso. Se perciò è apprezzabile l’autocostruzione come iniziativa dal grande valore sociale e comunitario è anche necessario che quest’ultima venga accompagnata da una maggiore consapevolezza e sicurezza costruttiva e da un arricchimento anche in termini di metodi costruttivi e materiali.

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Abitanti imegnati nella costruzione di un abitazione

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IL PROBLEMA DEL RICOLLOCAMENTO

Come già evidenziato la Serrinha presenta una situazione decisamente dinamica e variegata che può essere riassunta e semplificata in tre diverse “fasi” o “stadi” : l’espansione nelle aree ancora libere (estremamente ripide), l’addensamento delle aree già edificate tramite lo sviluppo in altezza (che difficilmente supera i tre piani) e la saturazione e occupazione di tutti gli spazi liberi ed edificabili. Questa crescita, che segue ritmi diversi a seconda del momento storico, si è sempre tradotta e si tradurrà sempre in costruzione di nuove abitazioni. Sebbene il mercato degli affitti offra ad oggi la principale forma di inserimento nella comunità, resta comunque presente la tendenza a costruire nuove abitazioni spesso in aree inadatte; attualmente sono in corsi tentativi di controllo e di messa in sicurezza dell’edificato andando ad individuare gli edifici esposti ad alto rischio, ma quali sono le caratteristiche che determinano quest’ultimo? Un edificio (quasi sempre si tratta di abitazioni) è definito a rischio per due ragioni principali: -la costruzione in zone di rischio idro-geologico -la precarietà e inadeguatezza delle tecniche e dei materiali costruttivi E’ facile intuire come la combinazione di questi due fattori determini una situazione allarmante e un elevatissima possibilità che si verifichi un crollo (da ricordare che il clima estremamente piovoso causa spesso fenomeni di smontamento del terreno). Inoltre è da considerare che l’espansione della comunità, come già detto, esula dalle leggi formali e segue piuttosto principi e tendenze tipiche della “città informale”; per quanto riguarda la scelta del luogo di edificazione si ignorano le indicazioni di rischio idrogeologico e si va a costruire in tutti i luoghi in cui sia possibile farlo e per questo motivo molte costruzioni si spingono in aree estremamente ripide che, proprio a causa della loro posizione svantaggiata e di difficile accesso, sono le uniche rimaste libere. Un edificio nella parte a rischio idrogeologico

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Se da un lato è necessario frenare l’edificazione incontrollata nelle zone di rischio idro-geologico, dall’altro sono ormai molte le abitazioni che vi si trovano e che versano attualmente in condizioni di estremo pericolo; per quest’ultime, la prefettura ha deciso di attuare una rimozione delle abitazioni più a rischio, ciò significa ricollocare circa 40 famiglie della comunità. Molti degli edifici destinati alla demolizione si trovano nelle due aree della Serrinha che presentano la maggiore urgenza di messa in sicurezza, in queste zone l’edificazione è avvenuta negli ultimi anni e si tratta perciò di famiglie piuttosto povere che vivono in piccole abitazioni in legno. Il ricollocamento è un processo estremamente delicato soprattutto a livello sociale; se la distruzione della propria abitazione è un evento traumatico per chiunque a maggior ragione lo è per chi si è costruito la casa con le proprie mani investendovi non solo denaro, ma anche tempo. Dobbiamo anche ricordare che si tratta di una realtà in cui leggi e figure professionali della “città formale” (Prefettura e Municipalità) non sono sempre rispettate in quanto esterni alla comunità, perciò difficilmente una decisione calata dall’alto come quella di rimuovere determinate abitazioni sarà accettata, benché si tratti di un azione necessaria.

Abitazione recente costruita in legno

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Queste azioni di rimozione sono sempre precedute da attente analisi e sopralluoghi dove si cerca prima di tutto di attribuire ad ogni edificio il rispettivo proprietario; questa fase è estremamente importante poiché verrà fornita una nuova abitazione nella comunità solamente a chi ne fa parte da almeno cinque anni. Tutto il processo di accatastamento è sorprendentemente accurato e segue spesso iter non convenzionali; poiché non vi sono molti documenti a cui fare riferimento si cerca di risalire ai proprietari tramite informazioni e indicazioni che potremmo definire “informali” (passa parola, confronti fra le dichiarazioni degli abitanti, ecc). Questo processo, che consiste essenzialmente nell’indagine porta a porta, può sembrare poco ortodosso per i nostri canoni, ma è l’unico metodo ce permette di avere una descrizione delle proprietà della comunità realistica e accurata; è interessante e stupefacente notare come un mezzo estremamente burocratico e regimentato da leggi sia stato adattato ad un contesto estremamente informale e, proprio al fine di favorire uno scambio costruttivo delle informazioni, il geometra e gli addetti della prefettura sono sempre affiancati nelle loro operazioni dal rappresentante della comunità e da una sociologa. Questi accorgimenti hanno permesso la messa a punto di una metodologia che si sta rivelando estremamente efficace non solo nel completamento del catasto, ma anche nell’abbattimento degli atteggiamenti di sospetto e sfiducia da parte degli abitanti della Serrinha nei confronti del potere formale della città.

Il geometra e la sociologa durante le indagini catastali

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Purtroppo spesso la costruzione delle nuove abitazioni per gli abitanti da ricollocare si traduce nella costruzione di edifici condominiali i cui appartamenti tutti identici non sono minimamente adeguati alle necessità diversificate dei vari nuclei familiari; così le ricollocazioni vengono affrontate con rifiuto dagli abitanti che non accettano di vivere in un ambiente così diverso dalla loro casa originaria. E’ interessante notare come la tipologia residenziale condominiale sia in realtà tipica della città formale dove ogni blocco residenziale rappresenta una sorta di “cittadella” protetta da recinzioni e fornita di tutti i confort al suo interno; attualmente la tipologia utilizzata nell’espansione della città è questa, perciò le zone residenziali formali sono costituite da una grande quantità di condomini rigidamente separati gli uni dagli altri dove non esiste spazio pubblico comune. Spesso questa tipologia è stata scelta per l’edilizia popolare fallendo miseramente poiché si tratta di uno stile di vita non tipico delle comunità informali dove ogni famiglia ha la propria abitazione di cui prendersi cura e dove vi è un rifiuto a vivere in edifici condominiali (dove mancherebbe la cura degli spazi comuni). Quella che potrebbe essere un ottima occasione per studiare nuove risposte al problema della residenza viene in molti casi affrontata con l’ennesima costruzione di blocchi di edifici sempre identici e sempre odiati dalla comunità.

Colpesso residenziale a blocchi, modello utilizzato per molte abitazioni destinate alle famiglie più povere

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Edifici residenziali tipici della cittĂ fomrale

Abitazioni tipiche delle comunitĂ informali

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Complesso residenziale Chico Mendes, Florianopolis

Esempi di modifiche attuate sulle abitazioni (balconi, ampliamenti, sviluppo in altezza)

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E’ necessario evidenziare che vi sono stati anche tentativi di incontrare le esigenze e preferenze delle comunità rispondendo alla richiesta di abitazioni con una tipologia edilizia in linea, ma in questi casi le famiglie, una volta trasferite, hanno modificato pesantemente l’abitazione, in alcuni casi rimuovendo le pareti o il tetto rendendo vano il tentativo da parte della Municipalità di fornire abitazioni sicure e certificate. Questo è ben visibile nel progetto Chico Mendes, che consiste in un complesso residenziale di case monofamiliari in linea, in tutto sono state costruite più di 400 unità abitative; benché questo intervento rappresenti un notevole passo avanti rispetto agli enormi palazzi utilizzati in precedenza per l’edilizia popolare, gli abitanti hanno da subito attuato opere di modifica della nuova abitazione fornita chiaro segnale che qualcosa nel processo di progettazione di questi alloggi non ha funzionato. Probabilmente l’elemento fallimentare nelle abitazioni di Chico Mendes consiste nell’aver progettato solamente abitazioni per famiglie composte da quattro membri, ignorando la possibilità di famiglie meno numerose (come anziani e giovani coppie) e di famiglie più numerose. A questo punto è doveroso chiedersi perché fornire a famiglie diverse un modello standardizzato e rigido destinato ad essere stravolto? Come fornire un risposta attenta alla sostenibilità sociale, economica e ambientale? Queste domande sono il punto di partenza necessario per elaborare una proposta di abitazione diversa, capace di adattarsi a diverse realtà, luoghi e famiglie così da permettere un nuovo tipo di sviluppo e crescita della comunità.

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LEIS MUNICIPAIS Le Leis Municipais costituiscono il quadro normativo edilizio ed urbanistico di Florianópolis. E’ interessante evidenziare che tali norme subiscono variazioni per le ZEIS definite zone speciali di interesse sociale; per quest’ultime infatti le norme sono meno stringenti per andare incontro alle particolari condizioni che le caratterizzano. Per il dimensionamento è stato tenuto conto in particolar modo della Lei complementar nº 278 del 4 aprile 2007 “CRIA PARÂMETROS CONSTRUTIVOS MÍNIMOS PARA UNIDADES HABITACIONAIS DE INTERESSE SOCIAL DOS PROJETOS QUE ESPECIFICA, DE ACORDO COM ART. 260 DA LEI COMPLEMENTAR Nº 060 DE 2000”. Questa norma prevede le dimensioni minime per le stanze degli alloggi di interesse sociale: _Area minima di 34 mq _Camera doppia di almeno 8 mq, con lato minore di 2,40 m _Camera singola di almeno 6,50 mq, con lato minore di 2,30 m _Sala di ameno 10 mq, con lato minore di 2,40 m _Cucina e area di servizio di almeno 5 mq, con lato minore di 1,60 m _Bagno di almeno 2,50 mq con un lato minore di almeno 1,20 m E’ necessario specificare che il lato minore del container misura esternamente 2,40 m, perciò è impossibile rispettare parte della norma, ciò non è stata ritenuta una grave mancanza poiché molte abitazioni ,anche di lusso, vengono costruite con i container dimostrando la perfetta abitabilità degli spazi di un container; inoltre è la misura del lato minore a non poter essere sempre soddisfatta mentre, con la sua area di circa 13 mq, il container rappresenta uno spazio più che sufficiente per poter essere trasformato in ognuna delle stanze sopracitate. Il progetto terrà quindi conto del quadro normativo cercando di pensare ad ambienti compatti, che siano tuttavia più di semplici alloggi minimi ed essenziali, ma abitazioni dove il risparmio di spazio viene ricercato in una migliore organizzazione spaziale.

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Parte della Lei complementar nยบ 278 del 4 aprile 2007

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IL PROGETTO NUOVE ABITAZIONI PER LA COMUNITÀ


L’INFRASTRUTTURA RESILIENTE Solo l’architettura che considera la scala umana e le interazioni è un architettura di successo Jan Ghel

Lo scopo prefissato è l’elaborazione di un modello di abitazione che risponda a esigenze diversificate e tipiche del contesto preso in analisi: _Nuclei familiari variabili _Attenzione alla sostenibilità economica, sociale e ambientale _Versatilità legata a terreni irregolari e diversi Questi riferimenti, che assumeremo come punti fermi essenziali nella ricerca progettuale, sono il punto di partenza per una riflessione legata al processo costruttivo dell’abitazione e al risultato finale. Come già detto l’abitazione in contesti di questi tipo è vissuta in maniera dinamica, si apportano modifiche fino ad ottenere il risultato desiderato, spesso si tratta di veri e propri cantieri in continua evoluzione; ciò manifesta il forte desiderio da parte dell’abitante di svolgere un ruolo decisionale fondamentale nella costruzione della propria casa (jona friedman); questo atteggiamento, estremamente radicato nella cultura degli abitanti, non deve essere inibito ma bensì considerato come un importante necessità da rispettare. Se da un lato l’autocostruzione è quindi da considerarsi una volontà pregevole e di estrema dignità, dall’altro è spesso fonte di inadeguatezza strutturale. Al fine di progettare una soluzione adeguata è necessario un approccio nuovo al problema abitazionale da entrambe le parti coinvolte; è stato riscontrato infatti che un intervento calato completamente dall’alto non riesca minimamente a soddisfare gli abitanti, d’altro canto una costruzione completamente autonoma si rivela non solo insostenibile dal punto di vista ambientale, ma spesso pericolosa e incontrollata. In poche parole utilizzare, a prescindere dalle situazioni e dai contesti, un progetto standard, è insostenibile (socialmente) come lo è lasciare completa libertà alle costruzioni autonome e spontanee. 54

Illustrazione, Leewardists (pagina precedente) Estratto tavola 1



Alla luce delle precedenti considerazioni è necessario elaborare un modello residenziale che racchiuda in se la sicurezza e il controllo di un elemento standardizzato, lasciando spazio decisionale al futuro utente in ambito distributivo e quantitativo; serve perciò un modello che sia flessibile e personalizzabile, ma allo stesso tempo pratico, semplice e modulare. Come creare quindi un sistema che sia sicuro e controllato (standardizzato) e allo stesso tempo flessibile? Dalla ricerca di una risposta per questa domanda deriva la scelta strategica per il progetto legata al tema della infrastrutturalizzazione. Questo approccio, attualmente usato in molti progetti in contesti diversi, si divide essenzialmente in due momenti principali ai quali sono legati soggetti diversi: _Fornire una struttura, da parte della Municipalità _Personalizzare lo spazio abitativo, da parte degli utenti Questa struttura non deve essere rigida, ma nella sua standardizzazione deve dimostrare flessibilità non solo a contesti diversi, ma anche ai cambiamenti di uno stesso contesto nel tempo; è questo essenzialmente che si intende per resilienza ovvero la capacità di un sistema di poter recuperare velocemente le condizioni di funzionalità che aveva prima di cambiamento (traumatico o repentino) adattandosi ad esso in maniera efficiente.

Estratto tavola 1 56



_RIUSARE Upcycle: Reuse (discarded objects or material) in such a way as to create a product of higher quality or value than the original (Oxford dictionares) “ riutilizzare (oggetti di scarto o materiale) in modo tale da creare un prodotto di alta qualità o valore rispetto all’originale ” Il termine upcycle, coniato negli anni ’90, indica la trasformazione di un rifiuto in un nuovo oggetto tramite la creatività e l’inventiva; questo processo è ben diverso dal recycle che indica invece una rielaborazione e trasformazione totale del rifiuto; la differenza tra i due processi non è sottile e si basa sullo sforzo industriale che viene compiuto nel processo di riciclo, diversamente dal semplice riuso che non prevede grandi trasformazioni dell’elemento. E’ infatti importante considerare che il riciclo, per quanto nobile e necessario, in alcuni casi può rappresentare un grande dispendio di “energie”; in questa ottica sarebbe auspicabile tentare di riusare un elemento prima di provvedere al suo riciclo (quindi alla sua distruzione). Questo ragionamento è ancor più valido per un elemento dalle grandi potenzialità come il container. Quest’ultimo presenta già le forme ed i materiali adatti all’uso in edilizia, perciò perché costruire e comprare una struttura in acciaio nuova quando è possibile riutilizzarne una già pronta? Si tratta per di più di strutture non solo collaudate e sicure, ma anche estremamente economiche; si può in questo modo evitare la produzione di altro materiale nuovo e lo smaltimento o l’abbandono di materiale di qualità. Sarebbe auspicabile che la sperimentazione e l’innovazione possano crescere soprattutto nella direzione del riuso dei beni; invece di produrre da zero sempre nuovi oggetti, impiegare prodotti e beni già usati, così da innescare processi sostenibili e virtuosi che, sommati gli uni agli altri, avrebbero il potere di diminuire notevolmente gli sprechi. E’ possibile rivisitare un elemento utilizzandolo in maniera inedita e insolita, così da creare nuove soluzioni innovative partendo però da elementi di uso quotidiano presenti in ogni angolo della terra. Estratto tavola 1 58


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_CONSERVARE Qualsiasi intervento che aspiri al rispetto della sostenibilità dovrebbe porsi come primo problema quello dell’impatto che esso può causare nel sistema in cui si inserisce. Ogni oggetto, quindi anche ogni edificio, ha un ciclo di vita utile che può essere influenzato sia dal mantenimento e dalla buona costruzione, ma anche dal cambiamento di disposizioni e destinazioni di una certa area; è quindi estremamente utile prevedere una reversibilità del progetto che sia perciò facilmente rimovibile lasciando il suolo su cui era inserito il più possibile fedele alle condizioni precedenti la costruzione, ciò richiede ovviamente una struttura estremamente leggera che sia appoggiata a terra sulla minor superficie possibile. Questa idea non è una novità, ma si fonda sulle famose teorie del gruppo avanguardista architettonico Archigram che negli anni sessanta ideava progetti futuristici legati a enormi strutture “robotiche” in grado di ospitare migliaia di abitanti e di appoggiarsi e spostarsi sul suolo grazie a “gambe telescopiche” e mobili adattabili a qualsiasi contesto. “È previsto che la nuova forza sociale sia il nomadismo” David Greene (membro del gruppo Archigram)

Benché siano teorie utopistiche e avanguardiste sono dotate di un approccio infrastrutturale focalizzato in un certo senso verso la tecnologia di sopravvivenza, ipotizzando che la vita sia permessa adoperando una tecnologia modulare (a vastissima scala) che sia adattabile ad ambienti diversi, in questo senso sono teorie quanto mai attuali la cui reinterpretazione è alla base di molti progetti. La struttura deve essere quindi leggera così che l’insediamento non comporti eccessivi smontamenti di terreno; deve essere anche flessibile in modo da potersi adattare a terreni diversi, anche impervi come nel caso della Serrinha.

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_RINNOVARE Per innovazione progressiva si intende la ricerca di un equilibrio tra ritorno a tecniche e materiali tradizionali e evoluzione tecnologica che non deve essere mai fine a se stessa, ma sempre ricerca del benessere umano. E se il raggiungimento del benessere umano potesse coincidere con la riduzione degli sprechi e la diminuzione dei rifiuti? La costruzione di un riparo è sempre stata una delle prime preoccupazioni dell’essere umano, benché oggi per molti non sia più da considerarsi una mancanza, per molti altri rimane un bisogno primario da soddisfare con i propri mezzi; la necessità stimola l’ingegno e l’essere umano è capace di ricavare da poco soluzioni strabilianti. Una volta soddisfatto il bisogno impellente di un riparo questo atteggiamento si trasforma, almeno nel caso della comunità della Serrinha, in una volontà di miglioramento continuo della propria abitazione; questo atteggiamento non è in realtà tipico degli insediamenti informali di tutto il mondo, ma trova particolare sfogo in quei paesi dove il confronto con la città formale si traduce in un desiderio di assomigliarvi e di godere degli stessi beni di consumo (tv, climatizzatori, macchine). E’ necessario specificare che nel particolare caso della Serrinha non si tratta di una comunità in completo degrado poiché gode di un ottima posizione centrale che ha sempre favorito il lavoro degli abitanti in quest’ultima; inoltre ha una fondazione piuttosto “antica” e in molte zone l’emergenza iniziale è stata superata per lasciar spazio all’atteggiamento migliorativo sopracitato. Trattandosi quindi di una situazione relativamente stabile e dove gli edifici, per quanto auto-costruiti, sono spesso più di semplici ripari di fortuna, la nuova proposta dovrà produrre un modello abitativo in grado di soddisfare una popolazione essenzialmente già soddisfatta delle proprie case, ma che ovviamente ignora i rischi, i pericoli e l‘insostenibilità che suddette abitazioni rappresentano per loro e per l’intera città. Presentare quindi nuove tecniche e nuovi materiali come soluzioni ai problemi della comunità potrebbe innescare miglioramenti tangibili, rappresentando un ulteriore passo avanti del processo di perfezionamento che diventerebbe così vera e propria innovazione progressiva, intesa come un diversa e innovativa risposta alle necessità degli abitanti.

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TRASFORMARE UNA SEMPLICE SCATOLA METALLICA IN UN CASA


CASISTICHE E RISULTATI NEL MONDO La scatola magica Marc Levinson, The Box. How the Shipping Container Made the World Smallet and the World Economy Bigger


I progettisti di oggi si trovano di fronte a una sfida: costruire un ambiente migliore e più sostenibile malgrado la crisi che stiamo attraversando (che è inanzi tutto culture e sociale); tutto ciò cercando di creare e salvaguardare un patrimonio per le prossime generazioni. Tra le varie strade intraprese negli ultimi decenni, quella dell’utilizzo dei container in campo architettonico è forse una delle più inaspettate e promettenti; permette infatti di ottenere risultati creativi e sempre vari utilizzando un elemento standardizzato e modulare la cui semplicità ne facilita l’assemblaggio. Dalle abitazioni alle strutture temporanee e post-catastrofe i container godono di qualità estremamente vantaggiose: velocità costruttiva ed economicità. Sempre più architetti utilizzano queste “scatole metalliche” per i loro progetti evidenziando l’interesse crescente per questo campo e che, in un certo senso, adottano la filosofia di Fuller secondo cui “non si cambiano le cose combattendo la realtà esistente, per cambiare qualcosa, si deve costruire un modello nuovo che renda la realtà obsoleta”. E’ importante precisare che l’approccio a questo tipo di costruzione fino ad ora è stato intuitivo; trattandosi di un fenomeno recente la penuria di testi e codici specifici è compensata dalla quantità del materiale online che spesso riguarda esperienze dirette e quasi mai dati scientifici e tecnici, ma probabilmente è proprio questo il bello, non stiamo parlando di architetture patinate e ricercate o di tecnologie assodate, ma di architetture creative e sinergiche ricche di inventiva e personalizzazione. Il fatto che numerosissime persone testimonino l’autocostruione della propria casa con i container dimostra l’estrema semplicità di questo sistema, un po’ come giocare con le lego.

Women Are Heroes, Le Havre, Jr (pagina precedente) Mattoncini LEGO, elementi modulari e componibili

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Container City™ E’ doveroso iniziare con un caso simbolo della costruzione con i container, la “città di container”; si tratta di un progetto a vastissima scala Ideato dall’Urban Space Management Ltd di Londra che si impegna nella costruzione di edifici in container nell’intera città. Il sistema si basa sul riuso di container, che collegati tra loro, permettono di creare un’ampia varietà di forme di costruzione dimostrando la loro versatilità nel soddisfare le varie esigenze relative alla pianificazione. Questa tecnologia modulare consente tempi di costruzione ridotti (fino alla metà rispetto alle tecniche tradizionali) pulizia del cantiere e rispetto per l’ambiente. Fino ad ora l’Urban Space Management Ltd ha usato con successo il sistema di Container City™ per creare aule, uffici, palazzetti dello sport, vivai, centri comunitari, studi di artisti, spazio lavoro, studi di registrazione sonora e molto altro. Edificio dopo edificio sono stati abbattuti ogni reticenza e dubbio ed in breve tempo questo sistema è stato accettato e apprezzato dai cittadini, è doveroso specificare che si tratta di una città che è sempre stata aperta verso le novità e la sperimentazione dal punto di vista architettonico e perciò terreno di prova perfetto per il sistema in container. Gli edifici sono stati lodati dal governo e dal settore privato per la loro economicità, la loro sostenibilità e per il design.

Container Learn, aule Container City I, abitazioni The Riverside Building, abitazioni Dunraven School, palestra (sinistra) Vista di insieme di alcuni edifici (destra) 67


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Maison Container Questa abitazione è stata costruita da Patric Partouche a Lille, in Francia, la struttura, composta da 8 container, crea uno spazio di ben 240 mq. La casa è stata completata nel 2010 e altro non è che il preciso e studiato assemblaggio di diversi container, sistemati uno sopra l’altro in modo sfalsato. Le pareti sono state tagliate per consentire di installare finestre e porte, l’esterno è stato in parte dipinto in rosso ciliegia e in parte rivestito, è interessante notare la particolare trama del tetto che è stato pensato per schermare l’abitazione dai raggi del sole ed evitare il surriscaldamento degli ambienti che rappresenta probabilmente uno dei maggiori problemi legati all’utilizzo dei container. Rimuovendo alcune pareti divisorie è stato possibile ricavare al pian terreno un box auto, un ripostiglio e un ampia zona giorno; la zona notte si trova al primo piano dove vi sono tre stanze da letto, il bagno e lo studio. Le porte originali dei container sono state mantenute e possono essere controllate manualmente per schermare le ampie finestre. Coerentemente con lo spirito di riuso e riciclo i materiali scartati durante la costruzione della casa, come le parti dei container, sono stati riutilizzati per creare complementi d’arredo, come un letto e un tavolo, o vere e proprie opere d’arte contemporanea ed elementi decorativi.

Risultato finale, trasporto e asseblaggio (sinistra) Piano terra e primo piano (destra)

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Containers of Hope Questa casa sorge su un terreno vicino San Jose (Costa Rica) ed è stata commissionata allo studio di Benjamin Garcia Saxe che ha progettato questa abitazione seguendo le specifiche richieste dei proprietari “ poter godere dell’alba, del tramonto e della splendida vista sul panorama circostante, ma soprattutto fornire la sensazione e il confort di una casa”. Per raggiungere questi obbiettivi hanno scelto di utilizzare i container; il tetto fra i due container è stato costruito riutilizzando le parti tagliate dai container , è sopraelevato favorendo la ventilazione naturale e dando più ampio respiro agli ambienti interni. A questo punto è necessario evidenziare un particolare non trascurabile, l’abitazione è costata circa 40.000 dollari, questa somma è inferiore a quella utilizzata da governo della Costa Rica per costruire alloggi sociali da destinare ai poveri. E’ possibile creare un progetto bello e confortevole anche con un budget strettissimo e utilizzando soluzioni alternative che permettano il riuso e la reinterpretazione di quello che abbiamo già a disposizione.

Esterno, strategie bioclimatiche (sinistra) Organizzazione interna (destra)

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Two-Tree House Progettata dallo studio Golany Architects a Gerusalemme questa abitazione è perfettamente integrata nel paesaggio; due grossi pini sorgevano la dove sarebbe stata costruita la casa, perciò è stato deciso di integrarli nella costruzione, per questo motivo seppur si sia trattato di un edificio di modeste la progettazione e soprattutto la costruzione sono state particolarmente delicate. Ciò che stupisce di questa casa è che sembra sia lì da sempre, la naturalezza con cui coesiste fra gli alberi è impressionante ed è difficile immaginare che un edificio così leggero e in un certo senso “rustico” sia nato dal riciclo di due container da 20 piedi. Come per gli altri casi i container sono arrivati in sito già modificati, è stato necessario quindi solo assemblarli; le finiture e il rivestimento sono stati applicati in sito quando la casa era già abitata. Grazie all’utilizzo di questi elementi prefabbricati è stato possibile non solo rispettare un budget estremamente contenuto, ma anche ottenere un edificio abitabile in pochissimo tempo e salvaguardare gli alberi che oggi identificano la casa. Tutto ciò dimostra come i container possano prestarsi a tantissimi stili e composizioni e diventare da semplici scatole metalliche edifici estremamente caldi e accoglienti.

Esterno, Interno, particolare schermature (sinistra) Pianta (destra)

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IL CONTAINER


L’INVENZIONE, LA STANDARDIZZAZIONE E LA DIFFUSIONE L’origine del container è legata alla necessità di spostare gli oggetti più diversi in modo sicuro, veloce e poco costoso; da questo punto di vista il container è la chiara espressione della società consumistica che, per varie ragioni, ha avuto, ed ha tutt’ora, il bisogno di trasportare le merci da un luogo ad un altro del pianeta. I primi predecessori dei moderni container furono utilizzati negli ultimi anni del 1700 nelle regioni minerarie di carbone in Inghilterra e in Germania, questi elementi erano chiamati loose boxes o tubs ed erano utilizzati per contenere e spostare il carbone; inizialmente in legno dal 1840 si inizia a fare uso di scatole o involucri in ferro. All’inizio del ventesimo secolo diverse compagnie ferroviarie iniziano ad utilizzare appositi contenitori metallici per il trasposto. Nel 1920 inizia il processo di standardizzazione delle dimensioni che rappresenterà la tappa fondamentale nello sviluppo del moderno container e una delle rivoluzioni epocali dello scorso secolo. Le prime norme sulle dimensioni di questi elementi (chiamati RCH) furono britanniche e stabilivano la lunghezza di 5 o 10 piedi (1,5 m o 3 m) , erano ancora in legno e non accatastabili. Da questo momento in poi molte compagnie di merci apportarono modifiche a questi contenitori contribuendo a migliorarne la manovrabilità. Ciò nonostante la vera rivoluzione si deve all’imprenditore Malcolm McLean che ,insieme all’ingegnere Keith Tantlinger, sviluppo il container intermodale così come lo conosciamo oggi.

Container in un terminale portuale (pagina precedente) Foto storiche dei primi container (sinistra)

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In origine era un autotrasportatore del Nord Carolina e, durante la Grande Depressione, iniziò la sua attività al volante di un pick-up usato; Negli anni Cinquanta aveva la seconda società statunitense d’autotrasporti, una flotta di 1.700 camion e 32 terminal in tutti gli Usa. Lo stesso McLean (scomparso nel 2001) ricorda così il momento in cui, nel 1937, ebbe l’intuizione di creare un sistema più rapido di carico e scarico delle merci. “Stavo portando col mio camion un carico di balle di cotone al porto. Dovetti aspettare due giorni per lo scarico e mentre vedevo gli uomini trasferire una balla alla volta, dal cassone alla stiva della nave, mi resi conto dell’enorme perdita di tempo e di denaro che questo sistema comportava per tutti. Non sarebbe stato meglio caricare l’intero veicolo sulla nave, senza toccare le merci?”. Questa intuizione permise la standardizzazione inaugurando una metodo rivoluzionario per lo spostamento, il carico e lo scarico delle merci.

Foto storiche dei primi utilizzi dei container

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A prescindere dal tipo di merce, è possibile da questo momento in poi caricate e scaricare rapidamente questi contenitori sui camion o sui vagoni; il container era lungo e alto 8 piedi (2,4m) e largo 10 piedi (3m), era costruito a partire da una lamiera in acciaio ondulata di 25 mm. Innovativo il meccanismo ai quattro angoli chiamato twist-locks che permetteva di fissare rapidamente il container su una gru e quindi spostarlo con estrema facilità. Tantlinger convinse Mclean a brevettare il suo container dando così inizio alla produzione industriale dei container e ,cosa estremamente importante, alla emanazione di norme internazionali che regolassero le caratteristiche dei container e di conseguenza il trasporto delle merci. I container furono utilizzati già alla fine della seconda guerra mondiale dall’esercito americano per la spedizione delle forniture militari. L’approvvigionamento ha sempre rappresentato uno dei fattori più importanti durante una campagna militare e l’utilizzo dei container permise di ridurre i tempi di spedizione delle merci da 55 a 27 giorni, limitando anche i danni e i furti.

Nave da guerra durante la guerra nella Falklands

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Provata la loro efficacia furono usati sempre a maggiore scala, in operazioni di guerra e non solo; non rappresentarono solamente un contenitore, ma vennero utilizzati anche come posto di comando, ambulatori e deposit. Così i container iniziarono ad essere utilizzati non solo per i trasporti, ma anche come spazi funzionali. “Vorrei estendere le mie più sentite condoglianze alla famiglia di Malcolm McLean. Un vero gigante, Malcolm ha rivoluzionato l’industria marittima nel ventesimo secolo. La sua idea per modernizzare il carico e lo scarico di navi, che in precedenza era condotta in modo molto simile agli antichi Fenici di 3.000 anni fa, ha portato nel settore dei trasporti più sicurezza e riduzione dei costi delle merci, la consegna più veloce ed un servizio migliore. Dobbiamo così tanto ad un uomo lungimirante, ‘il padre della containerizzazione’ Malcolm P. McLean”. Questo discorso tenuto da Norman Y. Mineta alla morte di Malcom McLean racchiude in poche parole l’enorme contributo di McLean. Le normative sui container da trasporto furono stabilite nel 1967, ma quest’ultimi continuavano ad avere dimensioni e meccanismi diversi a seconda dei paesi di produzione. L’elemento fondamentale dei container è il fissaggio ad angolo. L’ISO (International Organization for Standardization) ha riconosciuto l’importanza dei blocchi d’angolo ed ha approvato una versione testata e migliorata del progetto di Tantlinger nel giugno del 1967. Fissati questi raccordi, anche con lunghezza o altezza del contenitore differente, gli angoli si incastrano in modo sicuro a qualsiasi mezzo do trasporto. E’ comprensibile come Il sistema dei container sia uno dei principali promotori della crescita e della vitalità del mercato e degli scambi di merci globali, ricoprendo un ruolo fondamentale nell’economia di paesi in via di sviluppo e in progressiva crescita come la Cina, l’India e il Brasile. Spesso non ci pensiamo, ma ogni oggetto presente nelle nostre case è stato probabilmente dentro ad un container; la loro universalità è racchiusa nei viaggi intercontinentali che compiono. Basti pensare che nel mondo esisterebbero più di 47 milioni di container e più di 10.000 container verrebbero persi in mare ogni anno per cadute accidentali o tempeste; ogni anno vengono trasportati più di 100 milioni di container. Queste cifre danno un idea concreta dei flussi e degli scambi commerciali mondiali che avvengono in ogni momento senza che noi ci pensiamo minimamente. 79


PER DEFINIZIONE AUTOPORTANTE, RESISTENTE E MODULARE _AUTOPORTANTE Il container è essenzialmente una scatola metallica; la parte portante è costituita da longaroni in acciaio che costituiscono lo “scheletro” dell’elemento; a questa struttura è saldata la lamiera grecata che conferisce ulteriore resistenza. La struttura dei container non è solamente autoportante, ma è in grado di sostenere anche carichi molto ingenti, infatti vengono trasportati impilati gli uni sugli altri. Le norme DIN/ISO, che definiscono alcune norme per ciò che concerne la capacità e l’accatastamento di un container sull’altro, ammettono la possibilità di impilare fino a sei ISO container l’uno sopra l’altro, in realtà le caratteristiche dei nuovi modelli consentono il superamento di questi limiti (sino a otto o nove unità). La parte essenziale del container è costituita dagli angoli alle estremità, in corrispondenza di essi sono inglobati dei cubi in acciaio forati sulle tre facce visibili, le cui dimensioni sono stabilite da normativa al fine di garantire l’universalità degli agganci in ogni mezzo di trasporto (carrelli elevatori, navi, vagoni ferroviari); questi cubi corrispondono ai punti di appoggio tra un container ed un altro che per il resto della superficie sono sempre leggermente staccati. La semplicità e resistenza strutturale non solo garantiscono al container una vita estremamente lunga (più di molti materiali da costruzione), ma lo rendono un elemento estremamente versatile per altri usi.

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Elementi strutturali container

Elementi di lamiera grecata saldati alla struttura 81


_RESISTENTE I container compiono viaggi lunghissimi in condizioni spesso avverse (come le tempeste in alto mare) dando prova di una grandissima resistenza; ammaccature o danneggiamenti sulla lamiera non comportano una perdita di capacità e, a patto che la struttura sia in buone condizioni, un container può essere facilmente riparato. Il materiale che compone i container è l’acciaio Corten noto non solo per le ottime caratteristiche di resistenza, ma anche per la resistenza a corrosione, infatti tende a ricoprirsi naturalmente di una patina resistente agli agenti atmosferici rendendo minima ogni manutenzione. _MODULARE Il TEU o l’unità equivalente a 20 piedi è l’unità di misura approssimativa usata per stimare la quantità di container stivati in una nave porta-container o la capacità di container stoccati nei terminali. Questa unità si basa sulle dimensioni di un container lungo 20 piedi (circa 6,1 m) e largo 8 piedi (2,4 m), manca invece una standardizzazione per quanto riguarda l’altezza, compresa tra 4,25 e 9,5 piedi (1,30 e 2,9 m), che in media è di 8,5 piedi (2,6 m). Esistono anche i container con una altezza di 9,5 piedi (2,9 m) chiamati High Cube. I container con lunghezze diverse sono considerati come multipli o sottomultipli del container di 20 piedi; un container da 40 piedi corrisponde a un 2 TEU ed cioè 2 container da 20 piedi.

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Nave cargo porta-container

Immagine che suggerisce la modularitĂ del container

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COSTRUIRE CON I CONTAINER


UNA SCELTA SOSTENIBILE Il container è utilizzato per i trasporti di merci in tutto il mondo; per ragioni economiche viaggia sempre pieno perciò raramente un container torna al luogo di origine, ma compie sempre nuove tratte portando con se sempre un nuovo carico; questo dovrebbe comportare un continuo movimento dei container, ma in realtà non è così. A causa degli squilibri commerciali mondiali in molti paesi si verifica un accumulo di container; ciò è dovuto alle oscillazioni tra importazioni ed esportazioni; ad esempio l’ingente importazione dalla Cina verso l’Europa e l’America, porta un impressionante afflusso di container verso queste ultime, con conseguente accumulo nei terminali poiché non è sufficientemente presente un’esportazione nel senso opposto che sia in grado di equilibrare l’afflusso di questi container. Rispedire il container vuoto al mittente potrebbe sembrare un alternativa, ma per una logica produttiva ed economica, ovviamente totalmente disinteressata allo spreco che comporta, è più conveniente la produzione di un nuovo container piuttosto che farli rientrare vuoti; così immense quantità di “scatole vuote” rimangono stipate nei terminali portuali di tutto il mondo anche per anni. Questo inutilizzo e abbandono rappresenta un problema ecologico non indifferente e data la grande disponibilità non vi è interesse a recuperare i container caduti in mare o ad assicurarsi che non diventino fonte di inquinamento. Un team di ricercatori del MBARI e del Monterey Bay National Marine Sanctuary (MBNMS) ha utilizzato un sottomarino robot per studiare gli effetti dell’impatto biologico di un container appoggiato sui fondi marini a circa 20 chilometri (12 miglia) al di fuori di Monterey Bay, così è stato riscontrata che container dopo 7 anni di permanenza negli abissi sembra esternamente in buone condizioni dimostrandone da un lato l’eccezionale resistenza, ma sono stati riscontrati cambiamenti nella flora e fauna nella prossimità del container; anche se i danni ecologici non sono gravi essi vanno moltiplicati per tutti i container dispersi in mare le cui compagnie proprietarie non sono legalmente obbligate a segnalarne la perdita; questo atteggiamento dimostra come il container venga utilizzato dalle compagnie proprietarie quasi un elemento usa e getta da abbandonare nei terminali portuali.

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Vecchi container utilizzati per sperimentare tecniche e macchinari per il loro uso in edilizia (pagina precedente)


Diventando elementi ingombranti e indesiderati i container usati, che ricordiamo vengono venduti non per danni o malfunzionamenti ma per inutilizzo, sono acquistabili a prezzi estremamente vantaggiosi, tanto da rappresentare un allettante alternativa alle costruzioni tradizionali anche per la sua economicità soprattutto paragonati a quanto costerebbe una struttura in acciaio ex novo. Quindi riutilizzare i container rappresenta una scelta sostenibile nelle tre direzioni: _Sostenibilità ambientale, poiché si reimpiega un elemento dalle ottime capacità che altrimenti rimarrebbe inutilizzato rappresentando un notevole spreco e rifiuto. _Sostenibilità economica, data dai vantaggiosi prezzi di vendita dei container usati che non vengono più utilizzati. _Sostenibilità sociale, introducendo una nuova tecnologia attraverso la contaminazione con materiali di uso quotidiano e comune come il legno, dimostrando la validità di altre tecnologie come alternative alle costruzioni in cemento e laterizio. Data la diffidenza esistente da parte degli abitanti della comunità della Serinha nei confronti di tecnologie alternative a quella attualmente utilizzata vi è la necessità di veicolare la proposta dell’utilizzo dei container per le abitazioni tramite materiali conosciuti e tipologie utilizzate dagli abitanti. L’introduzione di innovazioni deve essere graduale andando a informare e formare gli abitanti riguardo alla sostenibilità, tema scarsamente affrontato e conosciuto in questo tipo di comunità.

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PUNTI DI FORZA _Grande flessibilità architettonica Come già detto in precedenza i container costituiscono una valida alternativa in campo architettonico, ciò grazie alla loro forma semplice; inoltre è possibile sfruttare la loro vocazione naturale per l’assemblaggio per costruire strutture formate da più elementi. E’ ovvio che la stessa struttura sarebbe realizzabile anche con altri materiali, non raggiungendo però le stesse caratteristiche tecniche qualitative. Per flessibilità si intende anche la semplicità la combinazione con tecniche e materiali diversi, così da poter ottenere risultati estremamente vari a partire dallo stesso elemento. _Economicità, Velocità, Pulizia del cantiere I tempi e costi di costruzione sono notevolmente ridotti poiché gran parte dei lavori più pesanti viene eseguita in officina e non più in cantiere dove avviene solo l’installazione definitiva. La lavorazione in officina, permette una maggiore precisione, sicurezza e professionalità difficilmente ottenibili in cantiere, ciò fa si che non sia necessaria una manodopera numerosa e che al muratore venga sostituito il saldatore che provvederà all’istallazione delle parti accessorie in cantiere. Queste strutture abitative sono realizzate per la maggior parte in cantieri a secco e tutte le risorse vengono ottimizzate, in particolare l’uso d’acqua è notevolmente ridotto. Non è da trascurare il fatto che non si debba aspettare i lunghi tempi di asciugatura e stabilizzazione delle costruzioni tradizionali in cemento, ma basta montare le diverse parti insieme e si ha da subito un elemento pronto; in realtà il container è, in un certo senso, da subito “abitabile” in quanto scatola, è infatti già riparato e sicuro permettendo uno svolgimento dei lavori molto semplice anche in caso di condizioni metereologiche avverse. _Precisione E’ necessario considerare che spesso il livello di precisione nelle costruzioni di edifici è variabile a seconda si riferisca all’uno o all’altro elemento o materiale che li compongono. Ciò vale per tutti i materiali poiché possono avere provenienze diverse e il risultato finale può presentare differenze rispetto a quello preventivato, con i container ciò non avviene e, se utilizzati secondo la loro “natura”, permettono un assemblaggio e un risultato finale precisissimo. 88


_Fondazioni ridotte Essendo le costruzioni con i container particolarmente leggere è necessario una fondazione conseguentemente esigua, infatti può essere significativamente ridotta; ovviamente questo mantenendo robustezza e duttilità della struttura. Un materiale come il cemento armato è invece penalizzato dal suo peso, per questo motivo, a parità di resistenza, gli elementi costruttivi sono più leggeri se realizzati in acciaio o in legno. Perciò l’utilizzo del container permette di ottenere ottime prestazioni strutturali pur avendo un peso complessivo estremamente ridotto. _Buona resistenza ai movimenti tellurici Per le motivazioni sopracitate questo tipo di costruzioni sono leggere, flessibili e duttili ciò permette di assorbire ed ammortizzare le forze e i carichi dovuti ai movimenti sussultori e ondulatori, tipici di un sisma. _Sicurezza A differenza delle costruzioni tradizionali, i container sono delle strutture già collaudate prima della costruzione vera e propria. Nella costruzione con i container non si utilizzano i materiali “tradizionali” che vengono sostituiti da moduli le cui caratteristiche qualitative e tecniche sono state già provate; si tratta quindi di assemblare una struttura già esistente e consolidata. Mentre la costruzione tradizionale potrà essere valutata empiricamente alla fine dei lavori e dopo un certo periodo di invecchiamento, le strutture dei container sono delle strutture già collaudate prima della messa in costruzione dell’abitazione. Inoltre questa severa certificazione non riguarda solo l’origine e la produzione, ma anche tutta la “vita” e tutti i viaggi del container; quest’ultimo ha infatti un numero di serie con il quale può essere rintracciato e ogni sua attività viene registrata nonché le eventuali riparazioni, modifiche, e controlli subiti. A causa della rigorosità delle regole del mondo marittimo, più severe di quelle delle costruzioni civili, questi container durante tutto l’arco della loro attività vengono regolarmente ed obbligatoriamente controllati da compagnie specializzate nell’ispezione e collaudo. Tutto ciò per evidenziare che nella costruzione tradizionale viene valutata la struttura complessiva, mentre in quelle con i container viene controllato ciascun elemento singolarmente e ciò garantisce ovviamente una sicurezza dell’intera struttura.

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PUNTI DI DEBOLEZZA _Scarsa inerzia termica L’assenza quasi totale di inerzia termica è dovuta alla mancanza di massa presente nelle pareti in quanto costituite da lamiere grecate; e di conseguenza per beneficiare dell’apporto dell’inerzia termica è necessario intervenire con altri materiali che vadano ad ispessire la parete al fine di migliorare le capacità di isolamento ed evitare un eccessiva dissipazione energivora. E’ possibile comunque interpretare questo “limite” come un opportunità, infatti l’isolamento termico, da effettuarsi rigorosamente all’esterno, può essere progettato e adattato alle condizioni climatiche di ciascuna regione. Il container ci da il punto di partenza a cui aggiungere vari strati a seconda del contesto in cui si sta progettando. _Ermeticità Trattandosi di un elemento progettato per il trasporto per le merci è ovviamente estremamente ermetico, ciò deve essere compensato prevedendo opportuni elementi di ventilazione naturale che permettano il ricambio di aria e lo smaltimento di vapore e umidità dovute alle attività umane presenti all’interno. _Scelta accurata Poiché si tratta di elementi usati è necessario avere cura nella scelta e nell’acquisto, grazie alla apposita targa e agli appositi codici è possibile risalire ai viaggi compiuti e addirittura rintracciare le merci trasportate, è possibile perciò individuare se ha contenuto materiali dannosi o nocivi. E’ necessario pulire ed igienizzare il container che a questo punto può essere utilizzato.

Hive-Inn, OVA Studio

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In definitiva si tratta di costruire un edificio con una o più scatole in acciaio, ad un costo relativamente basso con una risorsa efficiente, disponibile, incredibilmente robusta, modificabile facilmente e molto leggera. È stupefacente la facilità con cui si può progettare e costruire abitazioni e costruzioni di qualsiasi tipo. L’importante è di ricordarsi che è una scatola e, in quanto tale, deve essere rispettata dal punto di vista strutturale (Del Forte, pag 67). Riassumendo l’utilizzo dei container nelle costruzioni permette di beneficiare dei seguenti vantaggi: _Flessibilità architettonica _Competitività _Efficienza _Economicità _Salubrità _Leggerezza _Resistenza _Sicurezza


REGOLE BASE _Scelta accurata dei container usati Come già specificato è necessario utilizzare container in buone condizioni, soprattutto è necessario indagare sulle condizioni delle parti strutturali per assicurarsi che non siano danneggiate; infatti lesioni al rivestimento, cioè alla lamiera, sono facilmente riparabili e non compromettono la resistenza strutturale, crepe, rotture, tagli, lacerazioni se superficiali non rappresentano un problema. Deformazione sulle traverse o fessure sulle saldature possono essere invece indice di stress subito dalla struttura oppure riparazioni inadeguate. E’ importante controllare i dispositivi di fissaggio e verificare se sono allentati o mancanti; quest’ultimi rappresentano un importante elemento e il loro danneggiamento potrebbero indicare l’avvenimento di incidenti strutturali importanti. Sarebbe preferibile scartare i container che presentano sulle parti strutturali, longaroni e traverse del pavimento, anomalie o riparazioni poiché queste parti rappresentano la struttura principale del container. Un metodo per avere ulteriori conferme consiste nell’indagine sulle forme geometriche di un container, infatti gli stress subiti lasciano tracce proprio su queste ultime; si deve quindi procedere alla misurazione delle diagonali di ogni parete, degli assi mediani e di tutti i lati che compongono il container. Una volta controllata la simmetria, se verificata, si può escludere che il container abbia subito deformazioni eccessive (differenze superiori ai 4 cm indicano una deformazione consistente e sono indice di stress strutturale). _Non intervenire sulla struttura E’ molto semplice effettuare modifiche ai container, ma è essenziale non intervenire sugli elementi strutturali, quindi sui longaroni e sulle traverse del pavimento. _Per le aperture laterali superiori a un terzo della superficie usare dei rinforzi Anche se la lamiera non rappresenta un elemento strutturale in se ha, nel complesso, una funzione di irrigidimento soprattutto grazie alla forma grecata; perciò eventuali rimozioni di essa superiori ad un terzo della stessa devono essere accompagnate dall’uso di rinforzi.

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_Seguire il più possibile le conformazioni di incastro naturali Per conformazione di incastro naturale si intende al modo in cui vengono impilati, solitamente sono impilati gli uni sugli altri rispettando la medesima direzione per permettere un incastro perfetto, perciò anche nelle costruzioni è preferibile rispettare questa disposizione. Disposizioni diverse sono possibili, ma richiedono maggiori indagini strutturali e l’utilizzo di altri elementi di sostegno andando, a mio modesto parere, a vanificare parte dei vantaggi derivanti dalla prefabbricazione dell’elemento. _Per modifiche e disposizioni particolari usare ulteriori rinforzi In accordo al discorso precedente ogni modifica consistente all’elemento comporta l’uso di rinforzi al fine di garantire una solidità dell’edificio. Grazie alla flessibilità di questo sistema è possibile ottenere una grande varietà di risultati permettendo ai progettisti di combinare l’elemento secondo diverse conformazioni; ovviamente assemblaggi particolari richiedono un maggiore dispendio di energie e materiali; è doveroso chiedersi perciò se in questo caso sia sensato utilizzare un elemento per andare poi a denaturarlo aggiungendo eccessivamente ad esso materiali e parti “estranee”. Cogliere a pieno le opportunità e potenzialità della costruzione con i container significa anche impiegare quest’ultimi in maniera da poter utilizzarle il più possibile le loro inclinazioni “naturali” senza rinunciare alla creatività e agli aspetti architettonici.

Construction d’une maison individuelle, SPRAY architecture 93



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FASI E ASPETTI TECNICI DEL PROGETTO


FASI COSTRUTTIVE E MATERIALI SCELTI Dopo l’acquisto i container devono subire una serie di passaggi In officina: _Sabbiatura ed eventuali riparazioni _Aperture porte e finestre _Verniciatura In cantiere arriveranno elementi già lavorati pronti per l’assemblaggio. A questo punto le varie fasi (semplici e veloci) trasformeranno queste semplici scatole metalliche in abitazioni vere e proprie. _FASE 1: FONDAZIONI Come già specificato in precedenza, le fondazioni possono essere molto esigue grazie alla leggerezza del container. Ci troviamo in una zona granitica, quindi composta da una roccia con buone caratteristiche di resistenza, inoltre trattandosi di aree con pendenze piuttosto elevate non è presente molto strato terroso e sabbioso poiché le numerose e forti piogge hanno portato a valle i materiali più leggeri. Queste informazioni e considerazioni, suggeriteci da esperti del posto, sono state preziose nella scelta e nel dimensionamento, semplificato per uno studio generale ed indicativo, delle fondazioni; si è optato dunque per un sistema di fondazioni puntuale coincidente con i quattro punti di appoggio del container. Sono stati utilizzati dei tubi in cemento prefabbricati, solitamente utilizzati per le strade, le fognature o altre opere edilizie; dopo varie considerazioni sui carichi è stato scelto di utilizzare tubi con un diametro interno di 60 cm ed esterno di 70 cm; l’elemento prefabbricato ha un altezza standard di 1 m , più che sufficiente per raggiungere una buona profondità nel terreno. A queste fondazioni sono ancorati saldamente le travi in acciaio HEA (152x160x6x9 mm) che costituiscono i pilastri su cui andranno ad appoggiarsi i container.

Estratto tavola8 (pagina precedente) Estratto tavola 3 (destra)

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_FASE 2: POSIZIONAMENTO DEI CONTAINER Una volta scelti, controllati e modificati, i container arrivano in cantiere e sono pronti per essere posizionati sui pilastri. Per la giunzione fra i pilastri e gli stessi container si è deciso di utilizzare gli elementi di ancoraggio impiegati nel trasporto sui mezzi porta container; si tratta di due elementi standardizzati: l’elemento Raised Decks, un cubo metallico uguale a quello presente agli angoli del container, che viene saldato sul pilastro così da permettere la giunzione della struttura con i container, questo è permesso anche grazie al secondo elemento, il Twist-Locks, un sistema di aggancio manuale che unisce saldamente il container con i Raised Decks. Questo sistema di giunzione sarà utilizzato in tutta la struttura e unirà gli elementi principali: Struttura della copertura - container container - container container - struttura di appoggio

Estratto tavola 7 (sinistra) Estratto tavola 3 (destra) 98



_FASE 3: PARTI DI COMPLETAMENTO, INFISSI E STRUTTURA DELLA COPERTURA Una volta sistemata la struttura, formata dai container uniti fra loro sulla struttura di appoggio, si può procedere con l’istallazione delle parti di completamento. Molto importane in questa fase è l’assemblaggio delle chiusure tra i container al fine di creare maggiore superficie per le future abitazioni. Infatti i container non sono solamente eccellenti strutture, ma possono essere utilizzati anche come appoggi per altre strutture “accessorie” così da poter ottenere maggiore spazio con un intervento e una spesa minima, si va infatti a completare la struttura già esistente per chiudere in vuoti tra gli elementi. Altri parti da istallare in questa fase sono gli infissi, specialmente se scelti con telaio metallico questo procedimento risulta estremamente facile e veloce. Chiaramente non è più richiesta la presenza di muratori, ma bensì di saldatori che provvedano all’unione delle parti metalliche con i container; a questo punto l’abitazione sta già prendendo forma.

Estratto tavola 9 (sinistra) Estratto tavola 3 (destra) 100



_FASE 4: RIVESTIMENTO E COPERTURA A questo punto lo “scheletro” dell’edificio è completo e si deve solamente procedere al suo rivestimento. Per ragioni bioclimatiche e di spazio è stato necessario preveder un rivestimento esterno. Per manifestare la presenza del container, elemento principale della struttura, le porte sono state lasciate aperte così da permettere la creazione di piccoli balconi aperti sul parco retrostante. Il rivestimento consiste in una facciata ventilata, le doghe di legno di pino conferiscono l’aspetto finale; questo scelta è stata guidata dalla volontà di conferire nuova dignità al legno, che è il primo materiale impiegato per le abitazioni precarie e per questo considerato povero e temporaneo. Si vuole dimostrare che può essere reinterpretato come transizione tra la tradizionale abitazione precaria e un abitazione sicura e dignitosa. L’uso di materiali tipici della tradizione costruttiva del luogo e il riuso di elementi prefabbricati hanno prodotto un abitazione semplice, economica e confortevole le cui dimensioni variano in base ai nuclei familiari e alle disponibilità degli abitanti.

Reinterpretazione dell’abitazione in legno (sinistra) Estratto tavola 3 (destra)

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ASPETTI BIOCLIMATICI _ISOLAMENTO Come già detto una casa deve essere prima di tutto confortevole, e l’aspetto più complicato legato al confort nella costruzione di un edificio con i container è relativo alle condizioni termiche. I container sono infatti elementi metallici praticamente privi di massa e di conseguenza privi di capacità di isolamento. Come detto altre volte il clima di Florianopolis è subtropicale con una temperatura media annuale di 21ºC, data da un periodo più caldo in cui la temperatura massima media è compresa tra 28 e 33°C, ed uno più mite con temperature dai 7,5 ai 12°C. Se da un lato non vi è necessità di riscaldarsi, dall’altro c’è bisogno di isolamento adeguato nei confronti delle temperature più elevate che rischierebbero di rendere il container estremamente invivibile. Per fare ciò si è optato per un isolamento esterno che impedisca ai raggi del sole di entrare in contatto con la lamiera del container andando quindi a surriscaldarla. Per migliorare il potere isolante è stata utilizzata una parete ventilata così da creare sempre un flusso di aria tra il rivestimento e l’isolante, così da aumentare ulteriormente lo sfasamento. In questa fase è stato necessario l’utilizzo di TerMus-G per verificare quale strategia fosse migliore nell’assemblaggio degli strati della facciata. E’ stato riscontrato che un aumento della massa all’interno della parete coincide con un miglioramento del potere isolante della stessa; proprio per la necessità di aggiungere massa ad un elemento altrimenti leggerissimo sono stati riscontrati migliori valori di sfasamento nell’utilizzo di materiali isolanti ad alta densità. Per i sopracitati motivi è stata ipotizzato l’utilizzo di pannelli isolanti in fibra di legno ad alta densità; questi uniti allo strato di aria hanno permesso di ottenere un buon valore di sfasamento, soprattutto considerando l’elemento di partenza: una lamiera in acciaio.

Prove su TerMus-G (destra e pagine successive)

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_VENTILAZIONE Oltre ad un buon isolamento è necessario prevedere una ventilazione trasversale tale da rendere inutile l’utilizzo di condizionatori; infatti in questa area geografica le condizioni climatiche sono particolarmente favorevoli, tanto da far si che la ventilazione naturale ed un buon isolamento possano provvedere al mantenimento di un buon confort interno durante tutto l’anno. Una buona ventilazione è stata ottenuta grazie alle aperture poste alle estremità dei container; da un lato questo è stato possibile semplicemente aprendo o rimuovendo le porte vengono, dall’alto si procede con la rimozione della lamiera e l’istallazione di finestre o porte a seconda dell’uso della stanza. E’ stato possibile ottenere un eccellente ventilazione ed illuminazione semplicemente lavorando sulle superfici minori del container, andando ad intaccare minimamente il resto della superficie evitando inutili sprechi di materiale. Anche la copertura è ventilata così da minimizzare l’influenza dei raggi solari; inoltre la sua inclinazione permette di prevedere sotto di essa una cisterna, elemento estremamente utilizzato in Brasile per evitare di rimanere senza acqua durante i periodi in cui scarseggia. L’inclinazione della copertura risponde quindi a più funzioni: _Allontanamento dell’acqua piovana _Ventilazione naturale _Posizionamento della cisterna per l’acqua

Estratto tavola 1 (sinistra, destra) 108


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_RIDUZIONE CONSUMO DEL SUOLO Ogni insediamento informale (e spesso anche quelli formali) risulta estremamente invasivo, soprattutto dal punto di vista del consumo del suolo. Le aree verdi sono spesso “consumate” dall’espansione informale che nella sua avanzata occupa ogni centimetro a sua disposizione; è necessario fermare questa tendenza e cercare di minimizzare l’impatto ambientale degli edifici, anche in questo caso il sistema infrastrutturale scelto permette di salvaguardare gran parte del suolo su cui va ad insediarsi, ma non solo, le dimensioni delle abitazioni sono misura di uomo, o meglio di famiglia, gli spazi sono confortevoli e permettono un movimento libero all’interno delle stanze pur essendo contenuti. Il sistema risulta compatto sia nella sua dimensione monofamiliare che in quella plurifamiliare dimostrando che anche piccoli spazi, se ben sfruttati possono garantire uno svolgimento comodo e libero delle attività umane. Non si è trattato di ideare un abitazione minima, per gli abitanti più poveri e disagiati, ma di pensare ad un modello di casa che possa rispondere alle esigenze di più utenti diversificati in diverse parti del mondo, ovunque e per chiunque desideri una casa ecologica, comoda, sicura ed economica.

Il volo ci ha regalato gli occhi degli uccelli, un punto di vista prezioso per osservare tanto mondo tutto insieme e lo scempio che ne stiamo facendo. Le Corbusier

Rocinha, Rio de Janeiro

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BIBLIOGRAFIA Amendola G., Uomini e case. i presupposti sociologici della progettazione architettonica, Bari, Edizioni Dedalo, 1990. Architecture for humaity, Design like you give a damn 2. Building Change from the Ground up, New York, Abrams, 2012. Bergamaschi M., Castrignanò M., La città contesa. Popolazioni urbane e spazio pubblico tra coesistenza e conflitto, Milano, FrancoAngeli, 2014. Bologna R., Terpolilli C., Emergenza del progetto. progetto dell’emergenza: architetture Con-Tempraneità, Milano, Motta Editore, 2005. Boni F., Poggi F., Sociologia dell’architettura, Urbino, Cartocci Editore, 2011. Boundaries, Container Architecture, n. 6, 2012. Boundaries, Free Architecture, n. 7, 2013. Boundaries, Architecture and utopia, n. 8, 2013. Boundaries, Do-it-yourself Architecture, n. 9, 2013. Boundaries, Architectures for Emergencies II, n. 10, 2013. De Castro M., Pimenta A., Florianópolis do outro lado do espelho, Florianópolis, Editoria da UFSC, 2005. De Garrido L., Sustainable architecture containers, Barcellona, Monsa, 2011. Fossoux E., Chevriot S., Construire sa maison container, Paris, Editions Eyrolles, 2011. Friedman Y., L’architettura di sopravvivenza. Una filosofia della povertà, Torino, Bollati Boringhieri editore, 2009. 112


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