MGPCA
Master in Gestione del Progetto Complesso di Architettura
A.A. 2016/2017
Sapienza Università di Roma
Paris-Val de Seine Ecole Nationale Supérieure d’Architecture
Gianmarco Fornara
CRISI e RIGENERAZIONE: la riconnessione urbana come strategia di crescita sostenibile.
il caso
degli SCALI diMILANO
MGPCA
Master in Gestione del Progetto Complesso di Architettura
A.A. 2016/2017
Sapienza Università di Roma
Paris-Val de Seine Ecole Nationale Supérieure d’Architecture
Gianmarco Fornara
CRISI e RIGENERAZIONE: la riconnessione urbana come strategia di crescita sostenibile.
il caso
degli SCALI diMILANO
INTRODUZIONE
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SCALI MILANO
CRISI e RIGENERAZIONE la riconnessione urbana come strategia di crescita sostenibile 2 |3
INTRODUZIONE
4 |5
12 | 13 20 | 21
Ordine vs Disordine Connessione vs Cesura Crescita vs Consumo Rigenerazione vs Espansione Binari e tessuto: le quote della città Le grandi trasformazioni: ante e post
28 | 29 ANALISI: SCALI MILANO 30 | 31
Breve storia degli Scali
32 | 33
Una contrattazione lunga dieci anni
34 | 35
L’Accordo di Programma
38 | 39
Il processo partecipativo
40 | 41
Scalo per scalo
48 | 49
Primi esiti di progetto: i masterplan
54 | 55 BENCHMARKING 56 | 57
Paris Rive Gauche
64 | 65
Sagrera - Sant Andreu
72 | 73 CONCLUSIONI 74 | 75
Questionario: criticità e prospettive
82 | 83 Bibliografia
La rigenerazione urbana dei sette ex Scali di Milano è una della più importanti operazioni di trasformazione di un grande centro urbano degli ultimi decenni, coinvolgendo 1.25 mln di mq di aree nel cuore del tessuto consolidato. Il lungo percorso amministrativo di quest’’intervento, iniziato nel 2005, ha trovato esito nell’Accordo di Programma, siglato nel giugno 2017, con protagonisti Comune di Milano e Ferrovie dello Stato, che segna il vero e proprio inizio delle operazioni. Queste aree, già precedentemente assorbite ed abbandonate dalla città, sono fisiologiche ed imprescindibili alla prossima trasformazione urbana, offrendo ampi spazi predisposti al cambiamento, alla sperimentazione e alla ricerca architettonica. Le grandi infrastrutture sono e devono essere le vere occasioni di progetto urbano, nella ricerca dei nuovi significati di una trasformazione possibile, plausibile ed auspicabile: territori infinite volte percorsi ma mai davvero “esplorati”, dove il progetto contemporaneo può avere l’ambizione effettiva di restituire qualità al tessuto urbano. Il benchmarking con analoghe operazioni di successo su scala europea, nello specifico Paris Rive Gauche e Barcelona Sagrera, risulta certamente utile per fornire un quadro di raffronto su quali siano gli strumenti, gli indirizzi e le modalità di gestione che determinano la riuscita di un grande progetto di rigenerazione urbana di aree ferroviarie. Il questionario conclusivo parte proprio da quanto emerso durante le fasi di analisi e confronto, in una revisione essenziale e necessaria dell’impostazione attuale dell’intervento, per far emergere una nuova proposta di strategia a lungo termine dell’intervento sotto entrambi gli aspetti della gestione e dei contenuti. 5
INTRODUZIONE
Nel vertiginoso aumento dimensionale che ha caratterizzato le città europee dal secondo dopoguerra in poi, le infrastrutture ferroviarie sono certamente state tra i principali fattori determinanti le nuove forme della città, costituendo uno dei principali elementi di alterazione dell’equilibrio nel quale si andavano ad inserire. Se da un lato ogni città ha la sua storia, d’altro canto i fattori comuni che assimilano le trasformazioni urbane legate alle ferrovie sono molti: la rigidità della tecnologia dell’ingegneria ferroviaria, infatti, ha dettato, indipendentemente dalla collocazione geografica, i suoi invariabili principi, mentre le città reagivano di conseguenza. A questa realtà “meccanica”, inoltre, si sono affiancati altri fattori di natura economica. Le prime ferrovie erano infatti costruite e gestite ovunque da un certo numero di imprese private, che, nella logica d’impresa, prendevano decisioni (i cui effetti ricadevano su scala urbana) legate al profitto (ad esempio, scegliendo i tracciati ferroviari sulla base del costo dei terreni sui quali costruirle, o collocando le stazioni esclusivamente in risposta a specifiche domande di mercato). Già alla metà del 1800, l’ingegner Perdonnet aveva chiaro che, in una logica economica, “le stazioni possono essere avvicinate al centro urbano soltanto proporzionalmente al rapporto tra i costi, in genere elevati, che comporta una posizione così centrale, e i vantaggi che ne derivano”. Di conseguenza, tutte le prime stazioni ferroviarie urbane furono collocate ai margini del tessuto urbano consolidato, dove gli imprenditori trovavano il loro equilibrio fra domanda di mercato e costo dei terreni (alla stazione in sé, infatti, si accompagnavano inevitabilmente tutti quei servizi ad essa collegati, quali aree di sosta, depositi e magazzini e strutture per la manutenzione). Queste esigenze 6
ORDINE VS DIS
SCALI MILANO
E SORDINE
infrastrutturali, così ingombranti ed inevitabili, divennero immediatamente l’ossatura vera e propria della struttura del territorio delle grandi città: dalla Parigi dei Grand Travaux haussmaniani, che confermava il suo ruolo di centro finanziario e politico su scala europea con una “corona” delle principali sei stazioni nazionali, al “nodo” internazionale di Vienna, con ferrovie provenienti a raggiera da tutte le nazioni circostanti (ed un ulteriore ring di servizi infrastrutturali a separare il centro dai sobborghi periferici, in un perfetto schema a cerchi concentrici), molte città furono interessate dalle stesse sorti, con le ferrovie ad attestarsi sui bordi dei centri abitati. Questi punti di “ammorsamento” tra infrastrutture e città furono, nella fase immediatamente successiva, oggetti di stimolo per il miglioramento di quelli che erano i veri e proprio punti di accesso delle città, con interventi di risanamento e riqualificazione.
(1)
Vista l’importanza che stava assumendo il trasporto su ferro a livello nazionale, e i suoi grandi effetti sulla forma e sul funzionamento delle città, ovunque, presto o tardi, si rese necessario che lo Stato assumesse un ruolo di coordinamento ed efficientamento nella distribuzione e nello sviluppo del sistema ferroviario, fino a quel momento gestito in piena autonomia da privati, in un normale mercato concorrenziale. A questo fenomeno di accentramento si affiancò anche una naturale evoluzione del quadro infrastrutturale: sorsero ovunque una serie di “ferrovie anulari” o “passanti ferroviari”, che raccordavano fra loro le stazioni principali e servivano principalmente la scala urbana (la Petit Ceinture di Parigi, la Stadtbahn berlinese o la cintura ferroviaria di Milano). Attualmente questo tipo di ferrovie è spesso oggetto di attenzione, in quanto facilmente recuperabili e trasformabili in nuovi funzionali sistemi di mobilità. 7
INTRODUZIONE
Se in un primo momento la presenza di queste nuove entità infrastrutturali fece da fulcro per lo sviluppo delle aree della città sulle quali questo si inseriva, ben presto questo sistema lineare generò delle vere e proprie “cesure urbane”, che separavano fra loro tessuti consolidati o i centri urbani dai sobborghi periferici. La natura “lineare” delle ferrovie, infatti, andava spesso a rimarcare quei segni già presenti nel territorio (confini del tessuto urbano, cinte di mura medievali, segni naturali), creando quindi un “effetto barriera” ancor più amplificato da quella serie di servizi, legati al settore industriale e produttivo, che avevano bisogno di essere a ridosso delle vie di trasporto. A differenza dei grandi sistemi di viabilità urbana su gomma, infatti, i sistemi ferroviari non consentono, lungo il loro tracciato, alcuno scambio con l’esterno, concentrando la propria interazione con la città solo nei nodi di scambio delle stazioni, che invece si sono mantenuti nel tempo luoghi di grande concentrazione urbana. Le stazioni principali, divise in stazioni di testa e di diramazione (le secondarie sono di norma passanti), sono generalmente diverse dalle altre stazioni di linea, sia per dimensioni che per funzione, ed il loro ruolo urbano gli impone infatti una forte relazione con il contesto. A seconda dell’utilità strategica della stazione, infatti, il “fabbricato passeggeri” può essere affiancato da altre aree tecniche, che occupano a volte estese superfici all’interno del tessuto abitato. Queste aree fortemente specializzate, con funzioni di deposito merci o manutenzione del materiale rotabile, ospitano a volte numerosi edifici, organizzati attorno al fascio di binari che ne detta la posizione. Nella seconda metà del ‘900 la rete ferroviaria conobbe una importante evoluzione e fu 8
CONNESS VS
SCALI MILANO
SIONE CESURA
caratterizzata da una grande ristrutturazione della propria rete. Una serie di problematiche tecniche interne al sistema, quali la difficoltà di “adeguare” le tecnologie ferroviarie, che venivano spesso semplicemente sostituite (in particolare, nel passaggio da treni a carburante a treni elettrici, molti tratti vennero abbandonati e ricostruiti altrove) e la presenza di scenari ancora così fortemente influenzati dall’iniziale sviluppo privato della rete, portò infatti, a partire dal secondo dopoguerra, ad una progressiva chiusura “temporanea”, e poi all’abbandono, di un numero sempre maggiore di linee. Ovviamente a determinare la dismissione di molti tracciati fu anche l’evoluzione delle città, che ha creato un gap sempre più ampio rispetto al rigido e statico sistema ferroviario: ovvero, come per ogni servizio alla cittadinanza, è stata l’utenza a determinarne l’evoluzione, portando al rafforzamento dei tratti più utilizzati e alla sospensione del traffico dove non supportato da una sufficiente domanda. Infine, sempre considerando il trasporto su ferro come un qualunque servizio sottoposto a concorrenza, l’indebolimento della rete è sicuramente dovuto all’enorme popolarità raggiunta dal suo principale competitor, ovvero il trasporto privato su gomma.
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In generale, le ferrovie interessate da questa fase storica di riorganizzazione hanno generato esiti molto differenti fra loro: • trasformazione delle linee in servizi a livello locale, quali tranvie o metropolitane; • riconversione in infrastrutture per la mobilità su gomma o in greenways; • smantellamento dell’originario assetto lineare e trasformazione con nuove funzioni; • dismissione ed abbandono delle aree, lasciate senza destinazione d’uso ed in attesa di essere rigenerate. 9
INTRODUZIONE
Il consumo di suolo (riprendendo la definizione del “Primo rapporto nazionale sui consumi di suolo”) “in generale può essere definito come quel processo antropogenico che prevede la progressiva trasformazione di superfici naturali od agricole mediante la realizzazione di costruzioni ed infrastrutture, e dove si presuppone che il ripristino dello stato ambientale preesistente sia molto difficile, se non impossibile, a causa della natura del stravolgimento della matrice terra. Tale definizione si caratterizza in maniera negativa, poiché negativamente è percepito il problema della sottrazione di superfici naturali od agricole considerata la finitezza della superficie terrestre; e sarebbe dunque più corretto parlare di trasformazioni dei suoli”. Secondo le più recenti previsioni del Centro comune di Ricerca della Commissione Europea, entro il 2050 una superficie vasta quanto l’intera Pianura Padana sarà destinata alla cementificazione, con una perdita a carico prima di tutto dei seminativi, che perderanno, secondo le stesse stime, ben 11 milioni di ettari di superficie. A scala nazionale, la legge sul suolo, in fase di approvazione da lungo tempo, risulta un passo indispensabile per gestire il fenomeno: fermare il dilagare delle urbanizzazioni è indispensabile per far partire l’economia della rigenerazione del tanto patrimonio urbano già esistente, sottoutilizzato e comunque bisognoso di rivitalizzazione. Secondo l’ISPRA, risultano ad oggi cementificati ben 23.000 kmq, come dire la superficie equivalente di Campania, Molise e Liguria. La mancanza di una direttiva europea chiara impedisce infatti di sviluppare strategie efficaci e vincolanti per gli Stati membri: di riflesso, in quasi tutti i Paesi manca una disciplina per contenere il consumo e il degrado del suolo e, dove le leggi esistono, la discrezionalità dei 10
CRESCI VS
SCALI MILANO
ITA CONSUMO
criteri adottati non consentono di sviluppare efficaci sistemi di monitoraggio e controllo delle trasformazioni. Senza un quadro normativo prescrittivo chiaro, infatti, la tendenza diffusa è quella di dichiarare “consumati” suoli che allo stato dei fatti non lo sono, spesso perché vi insistono previsioni urbanistiche mai realizzate. Per rendersi conto dell’entità del fenomeno e delle sconsiderate modalità con cui si articola, basti pensare al caso di Messina: qui, negli ultimi dieci anni, a fronte di un aumento della popolazione di appena 200 abitanti, ha visto la produzione di oltre 8.300 edifici nuovi, concedendo addirittura spesso varianti al PRG per ampliare le superfici destinate all’edilizia. In Lombardia, la Regione italiana che (assieme alla Campania) ha consumato più suolo, dal 2012 al 2015 sono scomparsi quasi 1000 ettari di suolo regionale all’anno, coperti da urbanizzazioni e strade. Se da un lato alcuni terreni agricoli vengono semplicemente “abbandonati”, (suoli quindi marginali e poco fertili), dall’altro a scomparire sono anche molti suoli di alto valore produttivo, fondamentali per il patrimonio agricolo lombardo. Complessivamente il suolo continua a essere consumato, anche se a ritmi contenuti: prima della crisi, dal 1999 al 2007, i consumi annui erano più che tripli rispetto ad oggi.
(2)
In tal senso, la via più auspicabile per uno sviluppo urbano che sia sostenibile a scala territoriale ampia passa quindi per il recupero e la riconversione delle aree già assorbite e poi abbandonate dalla città, innestando fenomeni di crescita che prescindano da un ulteriore consumo di suolo. Questa impostazione è stata recepita anche dall’Unione Europea, che ha stabilito nella sua road map che il 2050 sia il limite massimo in cui il consumo di suolo in tutti gli stati dovrà essere ridotto a zero. 11
INTRODUZIONE
Questi spazi sono quindi fisiologici ed imprescindibili alla trasformazione urbana, offrendo aree predisposte al cambiamento, alla sperimentazione, alla ricerca architettonica. Le grandi infrastrutture urbane sono e devono essere le vere occasioni di progetto urbano, nella ricerca dei nuovi significati di una trasformazione possibile, plausibile ed auspicabile: territori infinite volte percorsi ma mai davvero “esplorati”, dove il progetto contemporaneo può avere l’ambizione effettiva di restituire qualità al tessuto urbano. Negli ultimi vent’anni, in tutta Europa, queste aree hanno visto numerosi ed efficaci progetti di architetture della mobilità, con la valorizzazione degli spazi vuoti e con una nuova attenzione alle percorrenze urbane. A partire dagli anni ‘80, infatti, si è verificato un radicale cambiamento di tutti quegli equilibri tra pubblico e privato, tra pianificazione e mercato, che si erano consolidati nel processo espansivo del secondo dopoguerra: il patrimonio ferroviario è diventato così oggetto di grande attenzione, per le opportunità che offre sia dal punto di vista economico che di riqualificazione urbana. In generale, questi progetti si pongono come grande obiettivo l’esigenza storica di coniugare il sistema della mobilità con quello urbano, in modo che sia un elemento di integrazione e non più di separazione, riorganizzando le intere porzioni di territorio su cui avvengono queste trasformazioni. Che l’infrastruttura sia dismessa (come negli scali di Milano), ancora attiva (come nella Rive Gauche a Parigi) o addirittura potenziata (come a Barcellona nella Sagrera), è evidente la necessità che gli interventi siano sempre inseriti in un quadro che guardi a scala molto ampia. In alcuni paesi, come Gran Bretagna, Spagna e Lussemburgo, si è diffusa una vera e propria cultura di una 12
RIGENERAZ VS
SCALI MILANO
ZIONE ESPANSIONE
particolare riconversione delle linee ferroviarie: quelle linee che un tempo servivano importanti insediamenti industriali sono state oggi infatti trasformate in una rete di piste ciclabili e percorsi pedonali, che, oltre ad essere di grande attrazione, turistica salvaguardano e valorizzano le risorse locali. D’altronde, le caratteristiche delle reti ferroviarie si prestano facilmente a questa logica, detta “Rails to Trails”: l’indipendenza dai percorsi carrabili; i percorsi rettilinei e le curve pianeggianti ad ampio raggio che aumentano visibilità e sicurezza; i manufatti ad intervalli regolari, perfetti punti di ospitalità e ristoro.
(2)
L’Italia, in questo preciso momento storico, si sta avvicinando alle fasi più cruciali dello sviluppo della grande operazione sugli scali di Milano, equiparabile alle grandi analoghe operazioni che hanno trasformato intere aree delle grandi città europee. Finora, nonostante la ricchezza di ferrovie dismesse sparse e scenari critici presenti sul nostro territorio, le operazioni di riconversione sono rimaste poche ed isolate. La prima risposta nazionale sul tema è stata, nel 1991, la creazione da parte di Ferrovie dello Stato S.p.a. della società Metropolis S.p.a., con il compito di curare gestione, valorizzazione e dismissione del “beni non più strategici” del patrimonio ferroviario. Nella stessa direzione è arrivato il Piano Generale dei Trasporti e della Logistica, redatto del Ministero dei Trasporti, che ha individuato nella trasformazione degli impianti ferroviari la priorità nella riqualificazione ambientale del paesaggio. Gli interventi più frequenti riguardano la creazione delle “greenways”, ovvero dei percorsi ciclo-pedonali immersi nel verde che riprendono gli antichi tracciati ferroviari. A questo scopo, FS si è spesso servita dell’ausilio dell’Associazione Italiana Greenways, portatrice della cultura di valorizzazione “verde” delle ferrovie. 13
INTRODUZIONE
binari e tessuto: le QUOTE della CITTÀ
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SCALI MILANO
Nella multi-stratificata complessità della città, i diversi livelli su cui interagiscono fisicamente città e sistema ferroviario sono essenzialmente schematizzabili, pur in una semplificazione estrema, in tre casi, con la ferrovia posta a quota inferiore, simile o superiore rispetto al tessuto urbano. Ognuna delle configurazioni spaziali può dar vita a situazioni e scenari completamente
differenti, ma è comunque possibile individuare alcuni interventi, realizzati o in via di realizzazione, che identifichino e rappresentino l’interazione altimetrica fra i due sistemi protagonisti dei progetti. Un’ulteriore classificazione del modello è costituita dal ruolo riservato alle ferrovie, ovvero il loro mantenimento in funzione o la loro dismissione.
BINARI ATTIVI
BINARI DISMESSI
Rive Gauche
Lowline
PARIGI
NEW YORK
CITTÀ SOPRA I BINARI
Via Sants
Spoor Noord
BARCELLONA
ANVERSA
CITTÀ A QUOTA BINARI
Cagnes-sur-Mer
High Line
PARIGI
NEW YORK
CITTÀ SOTTO AI BINARI 15
INTRODUZIONE
RIVE GAUCHE Il quartiere nuovo sulla “dalle”
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Paris Rive Gauche è un’operazione di riqualificazione di una grande area centrale di Parigi a ridosso della Senna. Il nuovo settore della città è sollevato rispetto al fiume, copre la ferrovia con una grande dalle, e si colloca ad una quota superiore rispetto al tessuto urbano dall’altra parte. Il concetto è quindi quello di creare una grande piastra edificabile, sulla quale stabilire un nuovo quartiere economico e di servizi. L’operazione è gestita con tutti i criteri classici di una ZAC, con la SEMAPA a gestire i diritti dei terreni e a coordinare i progetti sull’area dei vari architetti. Il posizionamento altimetrico della ferrovia è stato quindi sfruttato per collocare la “quota della città” ad un livello superiore, dando addirittura vita ad un intero nuovo quartiere. (4)
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SCALI MILANO
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LOW LINE Il giardino sotterraneo La Lowline è un nuovo, innovativo progetto che mira a utilizzare la luce solare per far crescere un vero e proprio parco sotterraneo negli spazi una volta occupati dal terminal della metropolitana, lungo la linea che attraversava il Williamsburg Bridge e durante la prima metà del ‘900 trasportava centinaia di passeggeri fra Brooklyn a Manhattan. Il progetto ha ricevuto l’ok della città e il parco dovrebbe aprire nel 2020, diventando “quattro chilometri quadrati di spazio verde, godibili in tutte le stagioni” (parole della vice-direttrice Robyn Shapiro). Per ora è possibile visitare il Lowline Lab, ricostruzione sperimentale di quello che sarà primo parco sotterraneo al mondo. L’auspicio, come per la High Line, è che il progetto sia fonte di ispirazione in tutto il mondo.
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INTRODUZIONE
VIA SANTS La copertura giardino Fin dalle prime ipotesi è stata scartata la possibilità di interramento del corridoio ferroviario, a causa di problemi tecnici ed economici, ed è stato scelto di posizionare l’infrastruttura all’interno di una “scatola trasparente”, la cui copertura potesse diventare una lunga passeggiata panoramica, sopraelevata dai 4 ai 12 m lunga 800 m, con l’idea di poter proseguire lungo le città vicine (Hospitalet, Esplugues e Cornellá), a creare un “corridoio verde” di 5 km di lunghezza. La struttura muraria di supporto in calcestruzzo prefabbricato è composta da una sequenza di travi diagonali tipo Warren, ad evocare i vecchi ponti ferroviari, e in grado di permettere di mantenere la visione del treno che passa attraverso la città, pur riducendo al minimo il suo impatto acustico.
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SCALI MILANO
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SPOOR NOORD “Villaggi e metropoli” L’intervento realizzato ad Anversa su progetto di Studio 03 (Bernardo Secchi e Paola Viganò) ha previsto la trasformazione di un’area ferroviaria abbandonata in un elemento importante per la città, come dice lo slogan scelto dai progettisti, sia a livello di quartiere che metropolitano. Il parco si presenta come uno spazio sociale, aperto, di relazione sia in senso urbano che umano, con alcuni oggetti architettonici a fare da riferimento: il verde diventa quindi l’elemento di raccordo fra tutti i quartieri circostanti, in una forma fluida che connette il quartiere di Schelda e i moli. L’operazione, che ha trasformato l’area in 17 ha di parco e 7 ha di edifici a destinazione varia, è costato 14 mln di euro e presenta un costo di mantenimento di 120.000 euro annui.
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INTRODUZIONE
CAGNES-SUR-MER Le funzioni sotto la ferrovia
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L’idea sviluppata da AREP per Cagnes sur Mer sfrutta l’occasione della progettazione della nuova stazione per porre rimedio ad una delle situazioni più problematiche della cittadina francese: la sopraelevata tagliava infatti il tessuto in due, senza lasciare altre connessioni che pochi passaggi insicuri e poco attrattivi. La nuova stazione si pone quindi l’obiettivo di ricucire la città al di sotto della ferrovia: innanzitutto tramite l’inclusione nel progetto degli grande piazzale antistante e di alcune aree alle spalle della stazione attuale, ed inoltre tramite l’inglobamento nel nodo di molti servizi differenti. La stazione diventa quindi un focus connettivo di tutti gli scambi, fino a quel momento solo desiderati, tra i due lati della ferrovia.
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SCALI MILANO
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HIGH LINE “Due passi sopra la città” L’idea della trasformazione della vecchia ferrovia abbandonata di New York nasce dal fortunato incontro tra Joshua David, scrittore e giornalista, e Robert Hammond, consulente di marketing, i quali insieme fondarono, nel 1999, la fondazione no profit “Friends of High Line” che, negli anni seguenti, sviluppò nei dettagli il piano di riuso della struttura in rovina come verde pubblico, grazie anche alla collaborazione di attivisti e abitanti del quartiere. Nel 2004 la Corner Field Operation, su progetto di Diller Scofidio+Renfro, iniziò i lavori di recupero sulla struttura, affiancata dal Comune di New York che finanziò tutte le spese di costruzione del parco. Friends of High Line, invece, insieme alle associazioni di quartiere, si occupa della manutenzione degli spazi verdi.
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INTRODUZIONE
le grandi
trasformazioni : ANTE e POST
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SCALI MILANO
Una rigenerazione urbana di successo può dar vita ad un circolo virtuoso, creando nuove centralità che propaghino il loro effetto su tutte le aree limitrofe. Il confronto visivo ante/post fra diversi scenari, in diverse città europee, rende immediatemente chiare le potenzialità di questo tipo di operazione. Nel primo esempio proposto, il rilancio dell’intero quartiere di Abandoibarra a Bilbao (e poi di tutta la città) trae spinta dal museo Gugghenheim di F.O. Gehry, che innescò una serie di effetti a catena portando Bilbao alla ribalta internazionale. La rigenerazione di King’s Cross, che si completerà nel 2020, creerà un grande hub ad uso misto, che punti al rilancio economico e mantenga il 20% delle aree come “total permissible land”, ovvero senza funzioni decise a priori. Stratford City, a est di Londra, ha iniziato il proprio processo di trasformazione in occasione dei Giochi Olimpici assegnati nel 2005, perseguendo la riqualificazione sociale attraverso l’integrazione con l’ambiente e il tessuto sociale circostante. A Madrid, il progetto del Distrito Castellana Nord mira a trasformare il distretto da ex area industriale in un nuovo centro finanziario, con un hub tecnologico internazionale. Il masterplan di Pasila, ad Helsinki, è diviso in tre fasi di sviluppo, che formeranno nei prossimi venti anni una nuova centralità, un quartiere moderno ad uso misto che riconnetta e attragga abitanti. A Parque Central, a Valencia, l’interramento dei binari ha liberato un grande spazio al centro della città, che ospiterà un parco urbano lineare con spazi culturali ed educativi. Multifunzionalità, sostenibilità e connessioni sono le parole chiave dell’operazione su Europaviertel a Francoforte, dove nel 2020 le infrastrutture affiancheranno residenze, commerciale e verde. 23
INTRODUZIONE
BILBAO - ABANDOIBARRA
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SCALI MILANO
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INTRODUZIONE
LONDRA - KING’S CROSS
LONDRA - STRATFORD CITY
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SCALI MILANO
MADRID - DISTRITO CASTELLANA NORTE
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INTRODUZIONE
HELSINKI - PASILA
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SCALI MILANO
VALENCIA - PARQUE CENTRAL
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FRANCOFORTE - EUROPAVIERTEL
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ANALISI
gli Scali
di Milano
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SCALI MILANO
31
ANALISI
breve STORIA degli SCALI
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SCALI MILANO
La storia degli scali inizia alla metà dell’800, quando sul territorio erano sparse una serie di linee realizzate da imprese ferroviarie private. Questo primo approccio di Milano al trasporto su ferro entrò però ben presto in crisi, e già intorno al 1880 i binari erano in stato di abbandono e dissesto. La prima grande svolta avvenne tra il 1880 e il 1905, quando lo Stato unitario rileva l’intero patrimonio ferroviario, indennizzando le società per l’acquisizione, rendendo il sistema un servizio pubblico. Quindi, oltre ai binari stessi, divennero di proprietà dello stato tutte le aree ad essi relative e le strutture annesse, andando a costituire il demanio ferroviario. La storia degli scali si svolge per quasi un secolo parallelamente alla storia della città, svolgendo i propri servizi di mobilità di linea, stazione, interscambio, deposito o manutenzione, e anche la loro conformazione si modifica di conseguenza, integrandosi o separandosi dalla città. Il valore dell’oggetto “scalo” rimane per tutto questo tempo un dato puramente nominale: pur spesso aumentando, vista la loro frequente posizione strategica nell’evoluzione del tessuto, la loro rigida destinazione funzionale vi impone i binari come protagonisti assoluti.
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La seconda grande svolta avviene con lo sviluppo, negli anni ’80 del ‘900, del nuovo processo di privatizzazione. Nel 1985, da Azienda Autonoma, le FS si trasformano in Ente Pubblico, dotato di personalità giuridica ed autonomia finanziaria, e con la legge del 1992 diventano Società per Azioni, con quote di capitale acquisibili da privati. Tutti i beni del demanio ferroviario, aree comprese, diventano patrimonio della nuova s.p.a., a cui la legge, non senza polemiche e controversie, concede di disporne nei modi previsti dal diritto privato. 33
ANALISI
una
L’AVVIO DEL PROCESSO
contrattazione di oltre DIECI ANNI 2005 Avvio del processo: accordo quadro fra il Sindaco di Milano ed AD di FS, definizione degli obiettivi 2006 2007 Accordo-intesa: definiti impegni delle parti 2008 2009 Gruppo Poste Italiane Spa aderisce ad AdP 2010 Il Consiglio Comunale adotta il PGT, in cui confluiscono i contenuti dell’AdP 2011 2012
Il Consiglio Comunale approva il PGT: sviluppo aree connesso a potenziamento nodo ferroviario
2013 2014 Conferenza dei Rappresentanti definisce diminuzione indici edificatori Gruppo Poste Italiane Spa esce dall’AdP 2015 La Conferenza dei Rappresentanti valida la Variante urbanistica Comune, Regione e FS sottoscrivono l’AdP, non ratificato da parte del Consiglio Comunale 2016 Scali inseriti dal nuovo Sindaco Sala nelle linee programmatiche di mandato Approvazione delle linee di indirizzo per la trasformazione da parte del Consiglio 2017 Il Consiglio Comunale ratifica l’AdP sottoscritto da Comune, Regione, FS (con RFI e Sistemi Urbani) e Savills Sgr 34
Nel 2005 per la prima volta si inizia a parlare in Italia della trasformazione delle aree ferroviarie milanesi dismesse (di un’area maggiore quindi dei 110 ha Santa Giulia e dei 97 ha di Expo, paragonabile alle aree ex Falck di Sesto San Giovanni), e Comune di Milano e Gruppo Ferrovie dello Stato s.p.a. decidono di sottoscrivere un “Accordo Quadro per la riqualificazione delle aree ferroviarie dismesse ed il potenziamento del sistema ferroviario milanese” (25 luglio 2005) con la volontà di integrare la valorizzazione urbanistica occasione per un potenziamento del sistema ferroviario tra città e territorio. Il Comune avrebbe quindi dovuto inserire nel quadro urbanistico allora vigente (la Variante Generale 1980) una variante urbanistica (con relativa V.A.S.) sulla destinazione infrastrutturale, con programmazione negoziata (appena introdotta dalla LR 12/2005). Nel 2007 l’Accordo di Programma viene formalizzato con la partecipazione della Regione Lombardia, e vi aderiscono anche le Poste, l’Agenzia del Demanio e il Fondo Immobili Pubblici, in qualità di proprietari di aree con termini da integrare nelle trasformazioni urbanistiche (principalmente nell’ambito Farini). L’Accordo di Programma assume i contenuti di Variante urbanistica al PRG 1980, definendo obiettivi, criteri generali e contenuti specifici delle trasformazioni urbanistiche, nonché indicando gli interventi di completamento e potenziamento della cintura ferroviaria. L’intervento comprendeva a questo punto una superficie urbana pari a 1.136.400 mq (di cui 651.139 mq solo nello scalo Farini), con un indice di edificabilità medio di 0,75 mq/mq sulla superficie totale (quindi un totale di 845.000 mq di slp a destinazione mista, di cui 236.000 per edilizia sociale e convenzionata), con varie
SCALI MILANO
ipotesi di copertura dei binari e realizzazione di aree verdi attrezzate. In questa fase, per la prima volta, venne ideato il progetto della Circle Line, espressione della volontà di potenziare l’accessibilità sia al centro milanese sia alle altre periferie.
agli scali della loro “natura infrastrutturale”, che li privava quindi di ogni diritto edificatorio in assenza di uno specifico Accordo di Programma. Il PGT non faceva quindi menzione di alcun indice di edificabilità fissando tuttavia alcuni principi da applicarsi alle trasformazioni urbane:
NUOVA AMMINISTRAZIONE, NUOVA FASE
• ricavare effettivi benefici per la città, condividendo le plusvalenze con FS, con bonifica dei suoli a carico degli operatori;
Nel 2011, con la nuova amministrazione della Giunta Moratti, l’ad di FS Mauro Moretti ed il nuovo Piano di Governo del Territorio (PGT), i sette scali vengono fatti rientrare negli Ambiti di Trasformazione Urbana (ATU) e, per il principio di indifferenza funzionale del Piano, le Schede di Indirizzo per l’assetto del territorio rinviano la destinazione funzionale delle aree alla fase di trasformazione, venendo meno quindi alla ferrea vocazione infrastrutturale delle stesse. In questa fase il 20% della slp (223.000 mq) era destinata a housing sociale, con 757.000 mq di verde pubblico in diverse percentuali da scalo a scalo. I limiti di questa proposta furono oggetto di grande dibattito pubblico: tra le osservazioni di maggior rilievo, oltre a quella sull’enorme quantità di slp attribuita allo scalo Farini, vi era la mancanza dell’inserimento, anche dal punto di vista normativo, di queste aree nel complesso sistema infrastrutturale milanese, in quanto la definizione dei singoli scali era svincolata da un accordo comune, in una prospettiva che avrebbe favorito squilibri tra carichi insediativi e servizi, e tra valorizzazione immobiliare e ricadute pubbliche. La cosiddetta delibera “Moretti – Moratti” fu presto revocata, e i contenuti della stessa rimessi in discussione. Dopo una lungo processo di revisione, durato circa un anno, il PGT venne nuovamente approvato nel 2012, con un cambiamento sostanziale: il riconoscimento
• ricavare benefici per le comunità locali e per la città tramite parchi e attrezzature, per una superficie di almeno il 50% delle aree: • garantire, tramite l’Accordo, una procedura unitaria, che eviti il frazionamento delle proprietà e una scarsa qualità complessiva dei progetti; • aprire percorsi di partecipazione e condivisione con la città e con le sue componenti attive di contenuti, scelte e ricadute locali. L’AdP SOTTOSCRITTO E NON RATIFICATO Dopo questo lungo percorso amministrativo, i rappresentanti di Comune di Milano, Regione Lombardia ed FS s.p.a. raggiungevano nel novembre 2015 la sottoscrizione di un AdP. Una volta giunto al Consiglio Comunale, questo Accordo non veniva però ratificato, dando il via alla ulteriore fase di contrattazione che portò all’AdP attuale. L’Accordo si basava sulla correlazione tra sviluppo delle aree e implementazione delle infrastrutture di trasporto, con meccanismi di finanziamento che prevedeva come priorità gli interventi strategici sulle ferrovie milanesi tramite le plusvalenze generate dagli Scali, in un quadro strategico futuro condiviso con Regione Lombardia e FS. L’Accordo prevedeva inoltre la realizzazione di opere di riconnessione tramite gli extra-oneri di urbanizzazione. 35
ANALISI
L’ACCORDO di PROGRAMMA Superficie complessiva
1.247.605 mq
Superficie territoriale
1.037.631 mq
Superficie strumentale
193.882 mq
Viabilità esistente
16.092 mq
Superficie lorda pavimento
674.460 mq
Verde attrezzato
676.867 mq
Promuovere la mobilità sostenibile e il trasporto pubblico su ferro Sostenere l’innovazione sociale e produttiva Accogliere funzioni di eccellenza Promuovere attività economiche ecosostenibili e nuovi posti di lavoro Contribuire alla rigenerazione urbana delle aree svantaggiate favorendo la coesione sociale Accrescere il riequilibrio ambientale e il miglioramento della qualità dell’aria e dei suoli urbani Generare nuove aree pubbliche, parchi e servizi per le cittadine e i cittadini di ogni età “Fare Milano attraverso gli scali”, tratto dal DVS
36
Il definitivo Accordo di Programma è stato firmato il 22 giugno 2017 da Comune di Milano, Regione Lombardia, Ferrovie dello Stato Italiane con Rete Ferroviaria Italiana e FS Sistemi Urbani, e Savills Investment Management Sgr (proprietaria di una porzione di area all’interno dello scalo Farini). L’intervento riguarderà una superficie di 1.250.000 mq, di cui circa 200.000 resteranno a funzione ferroviaria. Quanto segue è tratto direttamente dal comunicato pubblicato sul portale del Comune di Milano. VERDE E SPAZIO PUBBLICO L’Accordo prevede di destinare almeno il 65% della superficie territoriale totale, pari a oltre 675mila mq, ad aree verdi e spazi pubblici (circa 130mila mq in più rispetto alla precedente ipotesi di accordo), e circa 200mila mq di connessioni ecologiche lungo i binari ferroviari (compresi il progetto Rotaie Verdi sulla cintura sud della città e il percorso ciclopedonale lungo i binari in direzione Chiaravalle). Tutti gli scali dovranno avere almeno il 50% delle aree a verde. In particolare, verranno realizzati un grande parco unitario di oltre 300mila mq allo Scalo Farini, che diventerà così il terzo più esteso della città insieme a Parco Montestella dopo Lambro e Sempione, un parco di 90mila mq a Porta Romana e un’oasi naturalistica di 140mila mq (pari al 100% della superficie totale dello scalo) nello scalo di San Cristoforo. CIRCLE LINE La Circle Line è stata pensata come una grande rete di mobilità che comprenda sei nuove stazioni, un treno ogni sei minuti e dei nodi di scambio intermodale con la metro. La realizzazione della Circle Line è un elemento centrale per lo sviluppo sostenibile della Città Metropolitana. Secondo l’Accordo, FS si impegna a garantire un
SCALI MILANO
investimento di 50 milioni, che potrà arrivare fino a 97 milioni se le plusvalenze risultassero quelle previste: questi fondi serviranno sia a costruire nuove stazioni (nei luoghi che verranno indicati dallo Studio di Fattibilità per lo sviluppo della cintura nord), sia per l’adeguamento sulle stazioni già esistenti. Il 50% delle plusvalenze della quota eccedente i 50 milioni, inoltre, sarà destinato a ulteriori interventi sul sistema ferroviario della città. ONERI ED EXTRA-ONERI Le spese legate all’urbanizzazione degli scali saranno di 214 milioni di euro, divisi fra oneri di urbanizzazione da versare all’Amministrazione (133 milioni di euro) ed extra-oneri previsti (80 milioni di FS e 1 milione di Savills Sgr). Questi investimenti finanzieranno la riconnessione e la nuova accessibilità degli scali Farini (46 milioni), Romana (30 milioni) e Genova (5 milioni). VOLUMETRIE L’Accordo accoglie le istanze pervenute sul precedente modello distributivo delle volumetrie, cercando di garantire un migliore mix abitativo ove la dimensione degli scali lo consente e concentrando le funzioni residenziali nelle aree con maggiori servizi. L’indice di edificabilità medio di 0,65 conferma quello indicato nel 2015, portando però la percentuale delle volumetrie non residenziali (uffici, commercio, artigianato, servizi in generale esclusi i grandi centri commerciali e le grandi strutture di vendita) al 32%, innalzando notevolmente il vincolo del 6% precedentemente previsto. Almeno il 30% del costruito (di cui 40% in locazione, pari a circa 1.360 alloggi) sarà destinato ad housing sociale (23%) ed edilizia convenzionata ordinaria (7%). Per quanto riguarda l’housing sociale, saranno realizzati circa 2.600 alloggi per una superficie
97 mln di euro stimati per il finanziamento di interventi garantiti sulla Circle Line, di cui >50 mln € a carico delle plusvalenze
81
mln € di contributi aggiuntivi garantiti per nuove infrastrutture di connessione, oltre ai 133 mln € stimati per gli oneri di urbanizzazione
65% quota minima di superficie territoriale totale in cessione per verde, fruibile attrezzato e spazi pubblici, >50% della superficie di ogni area
307.000 m2 di aree in cessione per un grande parco attrezzato a Farini, >66% della superficie territoriale dell’area
140.000 m2 aree in cessione per un sistema naturalistico a S. Cristoforo, 100% della superficie territoriale dell’area
200.000 stima m2 di connessioni ecologiche lungo i binari, su modello Rotaie Verdi + cessione delle aree dismesse per una pista ciclopedonale per Chiaravalle
32% quota minima delle volumetrie complessive destinata a funzioni non residenziali a garanzia del mix funzionale, >70% della slp di Porta Genova
30% quota minima delle volumetrie complessive destinata a residenza sociale e convenzionata a garanzia del mix sociale, >44% delle volumetrie a uso residenziale
40% quota minima delle volumetrie a residenza sociale e convenzionata da destinare all’affitto
3.400 stima alloggi a residenza sociale e convenzionata di cui 3/4 a social housing (ca. 2600 alloggi), 1/4 a edilizia convenzionata ordinaria (ca. 800 alloggi)
37
ANALISI
VERSO UNA NUOVA INFRASTRUTTURA ECOLOGICA E SOCIALE
200.000 stima dei mq delle aree da rinaturalizzare lungo la Circle Line
81% specie di flora della città di Milano rinvenute nell’area di studio del progetto Rotaie Verdi.* * Progetto Rotaie Verdi 2012-2016, WWFElanta - Comune di Milano - RFI, supportato da Fondazione Cariplo
Quota di verde nelle aree urbane di Milano e quota di verde previsto negli scali Aree urbane
146 mln mq
FUNZIONI 14,6% 21,3 mln mq verde pubblico
Superficie territoriale degli scali
146 mln mq
676.867 mq verde pubblico previsto negli scali
Composizione del verde a Milano e incremento grazie al verde previsto negli scali Totale verde 57 milioni mq
+1%
Verde Pubblico
Parco Agricolo Sud 35,6
A Parco Nord B Parchi pubblici in Parco Agr. Sud C Parchi e giardini urbani
21,3
2,5
38
6,6
di 155mila mq, di cui 2/3 (100mila mq) realizzati negli scali centrali di Farini, Romana e Genova, di cui 370 alloggi a canone sociale (di cui 305 a Farini e Romana). L’edilizia convenzionata ordinaria, non presente nella precedente ipotesi di Accordo, comprende circa 800 alloggi destinati al ceto medio, in vendita, in affitto o in affitto a riscatto, concentrati a Farini e Romana. Negli scali di Lambrate e Greco l’housing potrà essere destinato a residenze universitarie. Il 44% del totale degli alloggi da realizzare rientrerà, quindi, nelle categorie di edilizia sociale o convenzionata, limitando la quota prevista per la realizzazione di edilizia residenziale libera ad un massimo del 38% .
12,2
+3%
+5,5%
L’Accordo identifica per ogni scalo coinvolto una precisa vocazione funzionale sulla quale modellare i territori: l’oasi naturalistica di San Cristoforo, la moda e il design a Porta Genova, il grande parco con funzioni pubbliche di Farini, i servizi universitari di Lambrate e Greco e la cultura ed agricoltura innovative di Porta Romana. L’Accordo è stato accompagnato dalla redazione di numerosi studi e approfondimenti, tra cui in particolare il Documento di Visione Strategica (redatto in collaborazione con PoliMi), che ripercorre i temi oggetto di dibattito in sede consiliare e deliberativa e fornisce linee guida, sulla base dell’iter sviluppato e sulle esperienze analoghe, per la definizione di bandi di concorso e masterplan nelle prossime fasi attuative. L’Accordo definisce l’obbligo per gli operatori di sviluppare concorsi aperti in due gradi per i masterplan di Farini, Romana e Genova, oltre che per i parchi, gli spazi pubblici e gli edifici pubblici più rilevanti su tutte le aree. L’accordo fissa inoltre l’obiettivo di avviare le procedure concorsuali per il masterplan dello scalo Farini nei primi sei mesi
SCALI MILANO
dall’approvazione dell’Accordo. Si prevede infine il ricorso a bandi per gli usi temporanei degli scali, preferibilmente per funzioni ed attività legate ai giovani. La regia pubblica del processo di trasformazione urbanistica delle 7 aree sarà garantita anche attraverso la prosecuzione dell’importante percorso partecipativo finora realizzato. I SETTE SCALI FERROVIARI Le aree dei sette scali ferroviari dismessi rientrano tra i beni immobili trasferiti all’ente “Ferrovie dello Stato” (istituito con Legge n.210 del 17/05/1985), parte del patrimonio su cui l’ente ha piena disponibilità secondo il regime civilistico della proprietà privata. Nel perimetro delle stesse sono ricomprese sia aree ormai dismesse sia aree ancora strumentali all’esercizio ferroviario. La società FS Sistemi Urbani s.p.a., controllata al 100% da Ferrovie dello Stato Italiane s.p.a., ha il mandato di valorizzare le proprietà del gruppo non strumentali alle attività di trasporto in tutta Italia. Un tempo elementi fondamentali del funzionamento economico, sociale e infrastrutturale della città, oggi questa aree rappresentano elementi di discontinuità per il suo sviluppo, essendo per buona parte degradate e in stato di abbandono. A partire dal 2005 il Comune di Milano, Ferrovie dello Stato Italiane e Regione Lombardia hanno iniziato a definire gli obiettivi e il percorso per la trasformazione urbanistica degli scali dismessi connessa al potenziamento del sistema ferroviario milanese. La rigenerazione degli scali ricucirà i vuoti urbani tra centro e periferia, creando nuovi quartieri caratterizzati da un mix funzionale e abitativo, un’infrastruttura verde diffusa e un sistema di mobilità sostenibile capillare.
SCOMMETTERE SULLA QUALITÀ URBANA: PROGETTARE LA CITTÀ DI DOMANI
674.460 mq di superficie lorda di pavimento totale neli scali, 0,65 mq/mq indice di utilizzo del territorio
70% specie di flora della città di Milano rinvenute nell’area di studio del progetto Rotaie Verdi.* * Progetto Rotaie Verdi 2012-2016, WWF- Elanta Comune di Milano - RFI + Fondazione Cariplo
3.400 alloggi totali di residenza sociale e convenzionata, di cui 1.360 (40%) in locazione
FAMIGLIE FUNZIONALI MIX FUNZIONALE MIX ABITATIVO Sociale e convenzionata
Funzioni non residenziali
Residenza libera
≥32%
≥30%
Funzioni non residenziali
Residenza
≥32% Residenza libera
Residenza sociale e convenzionata
≥44% 23%
77% Residenza sociale
Tipologie di sociale
44% Convenzionata agevolata
In locazione
Residenza sociale e convenzionata
22%
11%
Canone Canone moderato sociale
≥40% In locazione
ALZARE LO SGUARDO. LE INFRASTRUTTURE FERROVIARIE AL CENTRO DELLA DIMENSIONE METROPOLITANA MILANESE
29,5 km lunghezza Circle Line
11 stazioni 4 esistenti, 5 nuove, 2 rifunzionalizzate, oltre alle 7 proposte dal PUMS del Comune di Milano
97 mln di € finanziamenti previsti per interventi trasportistici, di cui almeno 50 mln € dalle plusvalenze dell’AdP 39
ANALISI
il
processo PARTECIPATIVO La città delle CONNESSIONI (trasporti)
La città del VIVERE (architettura)
La città delle RISORSE (economia)
La città del VERDE (ambiente)
La città delle CULTURE (sociologia)
Il processo partecipativo si è svolto sin dall’inizio sotto la regia del DAStU (Dipartimento di Architettura e Studi Urbani) del Politecnico, e si è posto l’obiettivo di coinvolgere gli “stakeholder” locali (attraverso associazioni, comitati, cittadini attivi) nella definizione delle linee guida per i progetti di ciascuna area dismessa, cercando di dare un’impronta nuova al processo di progettazione di questa grande trasformazione. I risultati di questo lavoro hanno trovato il loro frutto in diverse pubblicazioni, tra cui “Trasformazioni degli scali ferroviari milanesi: esiti di un confronto su attese, esigenze e desideri dei soggetti locali”. La stessa delibera di indirizzo approvata nel novembre 2016 dedicava quasi un terzo del testo al processo deliberativo e progettuale, ponendo un forte accento sul tema della trasparenza, (2)
40
SCALI MILANO
della partecipazione e della coerenza collettiva. Il processo partecipativo è stato impostato dall’assessore Maran come un percorso a più tappe, con l’obiettivo di definire una strategia unitaria e lungimirante, che permettesse di guardare allo sviluppo di Milano anche in una prospettiva trentennale. Questo percorso è iniziato allo Scalo Farini a fine 2016, con un “workshop aperto alla città” di tre giorni, promosso da FS, Comune e Regione: il lavoro è stato diviso in cinque tavoli tematici, La Città del Verde, La Città del Vivere, La Città delle Connessioni, La Città delle Culture, La Città delle Risorse, con grande adesione dei partecipanti (circa un migliaio) in rappresentanza di una grande varietà di stakeholder (Associazioni, Comitati, Esperti, cittadini attivi). (2)
IDENTIFICAZIONE RETE DI STAKEHOLDER Come premessa necessaria, grazie al Consiglio di Zona, sono stati individuati 20-30 attori per scalo (divisi in ambiti socio-assistenziale; culturalelavorativo; sportivo; tempo libero; territoriale; ambientale; altro), ai quali si sono affiancati, per inquadrare le questioni anche in termini urbanistici e normativi, gli uffici del Comune di Milano responsabili dell’Accordo di Programma. COMPRENSIONE E RESTITUZIONE GRAFICA In un ascolto diviso scalo per scalo, l’approccio a scala locale ha permesso di ricostruire la complessità del quadro generale di immaginari, visioni e azioni, portando alla luce omogeneità e divergenze. Tale comprensione è stata poi trasferita su mappe e schemi, cercando non necessariamente una sintesi di tutti i contributi, ma un repertorio comprensivo di tutte le posizioni. LA PROSPETTIVA DEL DIALOGO Questa prima attività di ascolto è, almeno negli auspici, il preludio di un discorso più lungo, che possa proseguire in tutte le fasi successive. Si cercherà quindi di “rafforzare” questo network già definito, ma anche di renderlo più rappresentativo ed inclusivo, in modo da dare più voce anche a quelli che in questa fase sono stati “attori deboli”. CONOSCENZA PUBBLICA E COMUNICAZIONE Altro nodo cruciale di questo processo è stata la volontà di compensare la mancanza di una vera informazione pubblica delle fasi precedenti. L’aggiornamento continuo sul lavoro svolto, la produzione e messa a disposizione dei documenti, l’aggiornamento sul lavoro, hanno quindi il compito, oltre alla loro vocazione primaria di “ascolto”, anche di comunicazione su larga scala verso chi non è direttamente coinvolto nel processo. 41
ANALISI
SCALO per SCALO
Pur rientrando in un piano unitario a scala metropolitana, sia dal punto di vista del disegno urbano che infrastrutturale, ogni scalo è dotato di una forte individualità.
GRECO 73.526 m2
FARINI 618.733 m2
LAMBRATE 70.187 m2
PORTA GENOVA 89.137 m2 PORTA ROMANA 216.614 m2
SAN CRISTOFORO 158.276 m2
ROGOREDO 21.132 m2 42
SCALI MILANO
FARINI Superficie complessiva
618.733 mq
Superficie territoriale
468.301 mq
Superficie strumentale Viabilità esistente
140.167 mq 10.265 mq
Superficie lorda pavimento
402.460 mq
Verde attrezzato
307.808 mq
Lancetti
“Agevolare azioni volte a realizzare nuove connessioni e ricuciture urbane tra il sedime dello scalo e i quartieri interessati, consentendo le relazioni urbane tra i quartieri oggi separati dalla ferrovia, prevedendo collegamenti ciclopedonali... occorre ottimizzare i collegamenti tra i due Municipi e verso il centro città.”
Cimitero Monumentale
Consiglio di Municipio 9, Delibera 41/17 (17)
43
ANALISI
(17)
PORTA ROMANA Superficie complessiva
216.614 mq
Superficie territoriale
187.226 mq
Superficie strumentale
29.075 mq
Viabilità esistente
Lodi Tibb
Superficie lorda pavimento Porta Romana
Verde attrezzato
313 mq 164.000 mq 93.613 mq
“...sviluppo dell’imprenditorialità e dell’innovazione in relazione al progetto “Milano Smart City”... nel quale convergano le nuove tendenze dello sviluppo urbano e delle più recenti evoluzioni tecnologiche e sociali destinate a migliorare il funzionamento della città e della vita dei suoi abitanti / utenti (city users)” Consiglio di Municipio 5 Delibera n.32/17
44
SCALI MILANO
SAN CRISTOFORO Superficie complessiva
158.276 mq
Superficie territoriale
140.199 mq
Superficie strumentale Viabilità esistente Superficie lorda pavimento Verde attrezzato
13.303 mq
Giambellino
4.774 mq 0 mq 140.199 mq
Stazione
“...la grande area verde di San Cristoforo, consentirà… un’importante ricucitura urbana attraverso le aree verdi limitrofe, molto diverse tra loro… un parco produttivo e fortemente presidiato da operatori, in grado di disincentivare gli usi impropri degli spazi pubblici.” Consiglio di Municipio 6 Delibera n. 23/17 (17)
45
ANALISI
PORTA GENOVA Superficie complessiva Superficie territoriale Superficie strumentale Viabilità esistente Porta Genova
Superficie lorda pavimento Verde attrezzato
89.137 mq 88.397 mq 0 mq 740 mq 44.000 mq 44.199 mq
“La riqualificazione del piazzale principale della Stazione di Porta Genova, la permeabilità e agibilità di tutta l’area, il rapporto funzionale e paesaggistico tra lo scalo e il Naviglio Grande costituiscono gli obiettivi prioritari nel processo di riqualificazione di questo scalo ferroviario.” Consiglio di Municipio 6 Delibera n. 23/17 (17)
46
SCALI MILANO
(17)
GRECO-BREDA Superficie complessiva
73.526 mq
Superficie territoriale
62.189 mq
Superficie strumentale Viabilità esistente Superficie lorda pavimento Verde attrezzato
Bicocca Village Commercio Loisir
11.337 mq 0 mq 24.000 mq 37.313 mq
Università
“Attualmente una parte importante dello scalo da dismettere è occupata da orti urbani. Vista la loro carenza nel Municipio 2 sarà importante mantenere tale vocazione dell’area prevedendo interventi migliorativi... per promuovere l’aggregazione sociale, la cultura, lo sport e il tempo libero...”
Residenza
Centro terapeutico
Consiglio di Municipio 6 Delibera n. 23/17 47
ANALISI
(17)
Lambrate
Centro Crespi
LAMBRATE Superficie complessiva
70.187 mq
Superficie territoriale
70.187 mq
Superficie strumentale
0 mq
Viabilità esistente
0 mq
Superficie lorda pavimento Verde attrezzato
Verde S. Faustino
24.000 mq 42.112 mq
“... prevedere servizi e funzioni pubbliche per soddisfare i bisogni dei residenti… anche valorizzando le potenzialità seppur temporanee del Fuorisalone e la presenza di attività legate al design... soprattutto al piano terra degli edifici per... costruire porzioni di città permeabile a usi diversi.” Consiglio di Municipio 3 Delibera 28/17
48
SCALI MILANO
ROGOREDO Superficie complessiva
21.132 mq
Superficie territoriale
21.132 mq
Superficie strumentale
0 mq
Viabilità esistente
0 mq
Superficie lorda pavimento Verde attrezzato
16.000 mq 11.623 mq
“La cesura rappresentata dalla ferrovia crea delle sacche di emarginazione nel tessuto urbano e sociale che vanno contrastate tramite una migliore accessibilità... opportuno l’inserimento di spazi pubblici per gli adolescenti... iniziative volte allo sviluppo e al sostegno dell’imprenditorialità giovanile.”
Porto di Mare
Rogoredo
Consiglio di Municipio 4 Delibera n. 44/17 (17)
49
ANALISI
primi
esiti di progetto: i MASTERPLAN
Il workshop ha visto la presenza anche di cinque grandi studi di architettura internazionali (Studio Boeri, Mecanoo, Studio Zucchi, Mad Architects, Embt), che sono stati chiamati tramite incarichi diretti a presentare pubblicamente (nel marzo 2017, in foto) le proprie “visioni strategiche�. (18)
50
SCALI MILANO
“Una visione del territorio che guarda in primo luogo ai grandi sistemi ambientali legati all’acqua e al verde, alla ruralità, ma anche alla dimensione urbana.” Stefano Boeri
(19)
STEFANO BOERI Architetti “Fiume Verde per Milano” La proposta “Fiume Verde per Milano”, formulata dal team coordinato da Stefano Boeri, parte da un grande piano di riforestazione urbana. Per l’architetto milanese, il 90% degli scali sarà coperto da un sistema continuo di boschi, giardini, frutteti pubblici e oasi, collegati fra loro dai corridoi verdi ciclabili realizzati sulle fasce di rispetto dei binari. Il restante 10% sarà costruito da bordi urbani ad alta densità, ove troveranno spazio attività di cui oggi la città è carente. Nel render, lo scalo di Porta Romana, che dovrebbe diventare un Arboretum di 170mila metri quadrati: un inventario a cielo aperto delle specie vegetali lombarde.
(19)
51
ANALISI
MECANOO “Catalizzatori di vita sostenibile” Il team di Mecanoo, guidato Francine Houben, ha invece identificato nel radicale cambiamento della mobilità urbana la chiave di questa trasformazione urbana, stabilendo cinque principi guida fondamentali. Il primo pone lo scalo come catalizzatore di vita sostenibile, ovvero un grande nodo di scambio per tutte le mobilità, escluse le auto private. Il secondo prevede, di conseguenza, la chiusura al traffico dell’area attorno allo scalo. Il terzo che la ferrovia sia integrata al tessuto urbano, con la circle line come luogo capace di connettere e non di dividere. Il quarto vuole fare di Milano una città inclusiva e accessibile, con spazi attraenti e sicuri per i giovani e i residenti di seconda generazione. Infine, l’ultimo base pone gli scali come landmark della mobilità lungo la circle line. Nei render, viste dello scalo Farini.
(20)
“Se vogliamo davvero cambiare i paradigmi della mobilità dobbiamo essere coscienti delle sue nuove forme. Dobbiamo essere coscienti dei nuovi bisogni.” Francine Houben
(20)
52
SCALI MILANO
(21)
“Scali Milano è il primo passo verso un progetto collettivo che potrà rendere migliore la vita dei cittadini, in un rituale quasi catartico.” Benedetta Tagliabue
(21)
EMBT - Mirelles Tagliabue “Miracoli a Milano” La visione di Milano di Benedetta Tagliabue (Embt) punta invece sull’acqua, che sarà il veicolo per l’intero processo di rigenerazione: l’elemento che riconnetterà città, natura e storia e renderà il contesto urbano un luogo più confortevole e felice. Ciascuna area avrà una propria identità, che si affiancherà alla parola scalo. Farini (a sinistra) sarà quindi lo scalo dell’acqua, Porta Genova sarà lo scalo della creatività, San Cristoforo sarà lo scalo dell’agricoltura con un grande giardino botanico didattico, Greco-Breda (in alto) sarà lo scalo della luce (con passerelle pedonali a diverse quote che diventeranno installazioni luminose a grande scala). Porta Romana diventerà lo scalo dell’innovazione per giovani imprese e startup, Rogoredo sarà lo scalo dei giovani, infine Lambrate sarà lo scalo del design. 53
ANALISI
MAD Architects
(22)
“Catalizzatori di vita sostenibile” La visione progettuale elaborata dall’architetto di Pechino Ma Yansong di Mad Architects propone cinque dimensioni urbane. La città delle connessioni, vale a dire la ricucitura urbana attraverso una mobilità sostenibile dalla piccola scala (piste ciclabili, percorsi cittadini, filari alberati e aree a traffico limitato) fino alla reti di trasporto infrastrutturale e di lunga percorrenza. Poi, la città del verde, fatta di parchi, giardini, piazze, filari di alberi, corridoi ecologici, corsi d’acqua che diventano l’ossatura su cui si innestano le idee progettuali. Terza dimensione la città del vivere, per potenziare il mix sociale e per generare nuove relazioni multiculturali. Quarto, la città della cultura per costruire un contesto innovativo e multiculturale. Infine, la città dell’economia, per potenziare l’offerta esistente e per creare nuove occasioni di sperimentazione. Nelle immagini, le viste di Porta Genova (destra) e Farini (in basso). “Vogliamo, e dobbiamo, creare un futuro di nuova cultura, che ci permetta di parlare di eredità culturale guardando non solo alla storia, ma anche al contesto contemporaneo.” Ma Yansong
54
(22)
SCALI MILANO
“Nella città di una volta i luoghi emergenti erano quelli architettonicamente più forti. Oggi sono invece quelli in cui si concentrano grumi funzionali importanti.” Cino Zucchi
(23) (23)
CINO ZUCCHI Architetti “Sette bellissimi broli” Cino Zucchi immagina gli scali come luoghi ospitali della nuova città: sette “broli” (termine lombardo antico che indica un frutteto recintato), sette nuovi parchi per Milano capaci di connettere parti di città separate, con nuovi servizi e spazi aperti di qualità, visti come la chiave più efficace per il governo della forma urbana. Per Zucchi lo scalo Farini (in alto) potrà diventare un grande parco dai percorsi sinuosi con passerelle pedonali che scavalcano la ferrovia, Porta Romana (a sinistra) un vasto prato in pendenza aperto verso la Fondazione Prada e una piazza-mercato tra la stazione ferroviaria e il capolinea dei bus, Lambrate un grande crescent verde. 55
BENCHMARKING
Benchmarking: CASI STUDIO di successo King’s Cross Stratford City The Goodsyard Broadgate
Zuidas
AMSTERDAM
LONDRA
Pa Saint-Sauver
Promenade Plantée Clichy-Batignolles
LILLE
RIVE GAUCHE PARIGI
La Confluence Euratlantique Abandoibarra
LIONE
BORDEAUX
BILBAO
Antigua Estación
SAGRERA
BURGOS
BARCELLONA
LO
Distrito Castel Antigua Estación BURGOS
56
Alta Velo
MA
M
SCALI MILANO
Central Pasila HELSINKI
Rail Area
NaturPark Südgelände
DELFT
BERLINO
ark Spoor Noord ANVERSA
Europaviertel Europaviertel
FRANCOFORTE
STOCCARDA
Porta Nuova MILANO
ocidad
OGRONO
llana
ADRID
57
BENCHMARKING
Paris:
RIVE GAUCHE
Superficie totale
130 ha 26-30 ha
Area ferroviaria coperta (dalle) Nuovi abitanti
50-60.000 8 ha + 2.800 alberi
Spazi verdi Servizi pubblici
20 ha
Viabilità
14.9 km
privata pubblico
privato
singola
multipla
8 ha pubblica
Proprietà
Governance
1991 Affidamento a SEMAPA
Aree verdi
2007 Completamento infrastrutture
1994 Primi concorsi, primi lavori
2012 SEMAPA diventa 100% pubblica
2003 Modifica piano ZAC: meno uffici, più servizi
2020 Conclusione operazioni
Durata prevista dell’operazione = 29 anni 58
Il programma ZAC di Parigi sulla Rive Gauche della Senna, per importanza e dimensione fisica, funzionale ed economica, dimostra l’importanza delle politiche di sviluppo urbano europee, e ben evidenzia i complessi caratteri dei programmi che hanno attuato queste politiche. Il progetto riguarda un’ampia area (130 ha) che comprende il XIII arrondissement, con i quartieri Austerlitz, Tolbiac e Masséna, omogenei per dislocazione di funzioni e servizi di base.
BACKGROUND I primi interessi per lo sviluppo e la rigenerazione dell’area a sinistra della Senna risalgono al 1965,
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quando tuttavia si preferì rivolgere l’interesse operativo sulla Rive Droit, che vantava già in partenza un miglior livello di urbanizzazione. Nel 1986, in vista delle possibili olimpiadi del 1992, la SNCF (Société National Chemin de Fer) espresse la propria volontà si cedere alla Città di Parigi le aree in questione, col fine di realizzarvi delle infrastrutture. Tale opportunità, confermata da SNCF anche a candidatura olimpica decaduta, offrì alla Città di Parigi la possibilità di concretizzare la grande riqualificazione di cui si parlava da decenni. Il sito presentava grandi potenzialità: efficienti
infrastrutture di trasporto su ferro (metropolitana, RER, Gare de Lyon, Gare d’Austerlitz) che su acqua; localizzazione eccezionale a solo 1,5 km dal centro urbano, che potesse contrapporsi all’isolata mono-funzionalità della Défence; ottima accessibilità e suscettività produttiva. La proprietà dell’area era un altro grande elemento facilitatore dell’operazione: apparteneva infatti quasi totalmente a pochi soggetti con finalità pubbliche, ovvero SNFC (per la maggior parte), porto fluviale, Ville, Grands Moulins, Assistance Publique. Tuttavia, le funzioni dell’area avevano progressivamente perso di importanza, lasciando gravi segni di degrado e disuso.
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PROGETTO
Uffici - 745.000 mq Molte compagnie internazionali - Merck, Natixis, Accenture, BPCE, Flammarion, the Caisse des Dépots et Consignations e Le Monde Group - hanno deciso di stabilire qui i propri headquarters.
Servizi pubblici urbani - 665.000 mq Come priorizzato nel 2001, oggi l’hub della conoscenza di Paris Rive Gauche comprende l’Università Paris Diderot, la Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris-Val de Seine e i Language and Civilization Hubs, con oltre 210.000 mq di aree di didattica e ricerca.
Il grande progetto d’aménagement urbano Seine Rive Gauche fu approvato nel 1991 dal Conseil de Paris, puntando a rigenerare un’ampia are industriale ormai dismessa e degradata, a preservare la funzione delle importanti strutture esistenti e a inserire nuovi servizi di alto profilo metropolitano e nazionale. In generale, l’obiettivo era creare una zona urbana con usi misti e un insieme di interventi diversi ma integrati, che aprisse il XIII arrondissement verso la Senna e creasse un unico sistema tra il fiume e le due sponde.
Servizi pubblici locali - 55.000 mq
Austerlitz
Già completati, tra gli altri: la scuola media Thomas Mann, quattro istituti comprensivi, un centro per la comunità, la Casa per le iniziative degli studenti, la piscina Joséphine Baker, il Théatre 13/Seine e cinque centri di protezione per madri e figli.
Residenze - 585.000 mq 6.000 unità abitative per famiglie, 1.500 per studenti, equamente divise fra pubbliche e private.
Commerciale e servizi - 405.000 mq Sono state inserite attività artigianali, per liberi professionisti, commerciali, scientifiche, riferite al fiume, di produzione, artistiche e di accoglienza. Tra queste, la biblioteca e multisala MK2, l’Università di Chicago, il Museo delle Arti Ludiche (a Les Docks dal 2013) e l’incubatore digitale di Halle Freyssinet.
Aree verdi Gli spazi verdi, ancora non computati definitivamente, comprendono 10 ha di superficie verde ed oltre 2.000 alberi fra le vie di Paris Rive Gauche.
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La prima scelta determinante fu quella di mantenere in funzione la Gare d’Austerlitz, potenziandola con la TGV (alta velocità) e con la connessione alla Gare de Lyon, tramite infrastrutture leggere sul ponte De Gaulle. La seconda decisione fondamentale fu quella di coprire l’intero fascio di binari e la stazione con una dalle (piastra), che permettesse di mantenere la funzioni nel sottosuolo e di “ricucire” l’inevitabile frattura che generavano nel tessuto urbano e di guadagnare una grande superficie di suolo urbano. In generale, Rive Gauche mantenne tutte le Tolbiac
importanti funzioni che ospitava, inquadrandole in una nuova prospettiva di sviluppo e crescita su una scala più ampia. La presenza della pur criticata nuova Bibliothèque de France di Perrault sul vecchio scalo merci di Tolbiac (uno dei grandi progetti dell’era Mitterand) aveva già attribuito all’intera area dei caratteri di qualità ed eccellenza. Oltre alla biblioteca, molte altre funzioni andavano a rafforzare il carattere di identità culturale dell’area: la Città del Suono e dell’Immagine, la Città per l’Industria e le Arti Grafiche, la gallerie d’arte e gli atelier dei Grands Moulins, i numerosi teatri e spazi culturali sparsi. Da un punto di vista infrastrutturale, ai Masséna
Bruneseau
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già presenti importanti collegamenti urbani rafforzati (potenziamento di Gare d’Austerlitz e RER) si aggiungeva anche la Méteor (Métro Est – Ouest Rapide) che collegava l’arrondissement a Saint-Lazare. Da un punto di vista direzionale, si distinguevano fra gli interventi il Ministero degli Interni, la sede centrale regionale dell’Île de France; le attività principali del porto autonomo venivano mantenute e spostate nella nuova sede, in prossimità del ponte di Tolbiac. A queste grandi opere, ovviamente, si aggiungevano tutti gli interventi di urbanizzazione ordinari, quali scuole, asili nido, piccole biblioteche e parchi. Grande attenzione fu inoltre rivolta alla viabilità, nelle sue doppie chiavi sotterranea e di superficie, con la grande Avenue de France a sdoppiarsi sui due livelli della promenade lungo-fiume e della rete ferroviaria interrata. Nel 2003 il Conseil de Paris aggiunse dei nuovi orientamenti all’intervento, approvando il dossier de création della ZAC Paris Rive Gauche. Tramite l’adozione delle politiche di concertazione inaugurate dal Ministero dell’Ambiente nel 1996, l’intera operazione fu fortemente contestualizzata in uno scenario di sviluppo sostenibile. Furono individuati quindi, tramite il dossier, una serie di obiettivi specifici: • accentuazione della mixité funzionale e sociale • rafforzamento dell’orientamento culturale dell’area, con il potenziamento del ruolo urbano dell’Università • conservazione del patrimonio culturale • creazione di un sito esemplare sotto il profilo ambientale • sviluppo della mobilità leggera • miglioramento dell’integrazione urbana (flussi e connessioni) e sociale 62
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AUSTERLITZ: il cuore del terziario (28)
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GESTIONE L’attuazione vera e propria dell’operazione inizia quindi nel 1991 con l’approvazione della ZAC Paris Rive Gauche (e del conseguente PAZ) da parte del Conseil de Paris. L’intervento era promosso dal partenariato tra Ville de Paris, Société National Chemin de Fer (SNCF) e Reseau Ferré de France (RFF). SNCF e RFF promuovevano l’intervento non solo per valorizzare le ampie superfici di loro proprietà, ma anche per potenziare la Gare d’Austerlitz e le sue linee interurbane e nazionali.
La Convenzione Ville De Paris – SNCF
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TOLBIAC: la “terra dei giganti” (30)
Il rapporto SCNF – Ville de Paris era regolato da una convezione, secondo la quale gli immobili alienabili della società erano venduti seguendo un piano di cessione a scadenze concordate. Tale piano prevedeva un prezzo base variabile, che tenesse in considerazione sia le diverse funzioni nella ZAC che i volumi vendibili e la posizione (in superficie e nel sottosuolo). Secondo questa convenzione quindi l’aménageur avrebbe potuto programmare le acquisizioni secondo necessità, modellando il programma col progredire dell’intervento. Sempre secondo la convenzione, la maîtrise d’ouvrage della piastra di copertura era affidate all’aménageur (la SEMAPA) e da questo delegata alla SNCF. I finanziamenti per l’operazione furono invece ottenuti tramite due prestiti bancari a basso interesse, concessi nel 1992 e nel 1996 da un Pool bancario.
Soggetti coinvolti Numerosi soggetti erano coinvolti, direttamente o indirettamente, nel progetto Paris Rive Gauche: • Régie Autonome des Transports Parisiens (RATP), con l’obiettivo di realizzare la linea 14 della metro e di riorganizzare il nodo d’Austerlitz; 63
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• Bibliothèque Nationale de France, il cui recupero d’investimento avviene attraverso una tassa nazionale, mentre con il costo d’ingresso si provvede alla manutenzione; • Assistance Publique – Hôpitaux de Paris, per l’Hôpital Universitaire Pitié-Salpêtrière; • Université Paris 7 Denis – Diderot ed Ecole Nationale Supérieure d’Architecture Paris-Val de Seine, in un nuovo grande polo universitario; • Port Autonome de Paris, per rifunzionalizzare gli scali portuali di zona ed i 3 km di riva; • France Télécom, in partenariato con la SEMAPA, per assistere nel settore delle telecomunicazioni.
Il ruolo degli architetti coordinatori L’operazione Paris Rive Gauche nasce come un insieme di funzioni, esigenze e soluzioni diverse all’interno della stessa area. Per far fronte a questo quadro operativo, era necessario creare anche una struttura di progettazione urbanistica e architettonica adeguata e diversificata al suo interno: furono quindi affidati gli incarichi a più architetti-coordinatori, ognuno responsabile di un quartiere o di parte di esso: R. Schweitzer per Tolbiac nord e le aree a ridosso della BnF; P. Andreu per l’Avenue de France; C. de Portzamparc e T. Huau per Masséna – Grands Moulins e Lasséna nord; B. Fortier per Rue de Chevaleret; C. Devillers per Austerlitz. Allo stesso modo, all’interno delle singole opere, si è cercato di diversificare, sia nella progettazione che nelle procedure di affidamento (nomina diretta, tramite concorso aperto, tramite concorso su invito…).
La conduzione del progetto di SEMAPA Nel 1991 la Città di Parigi affidò la gestione e la conduzione del progetto a SEMAPA (Société d’Economie Mixte d’Aménagement 64
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MASSÉNA: la fucina della città di domani (32)
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BRUNESEAU: il nuovo quartiere metropolitano (34)
de Paris). Costituita nel 1985, la SEMAPA nacque come società privata a maggioranza di capitale pubblico con l’agilità e la flessibilità di un’azienda privata e l’autorevolezza ed il controllo del settore pubblico (57% da Ville de Paris, 20% SNCF, poi RIVP, Stato e Regione). Con i suoi circa 60 tecnici, SEMAPA comprende tutte le competenze e capacità necessarie per una un’operazione di management urbano (consulenti finanziari e giuridici, architetti ed ingegneri, commerciali). Nel 2012 SEMAPA diviene completamente pubblica: 66% comune di Parigi, 26% dipartimento di Parigi, 8% regione dell’Île-de-France. La sua attività di aménageur ha previsto negli anni: l’approntamento dei piani urbanistici; l’acquisizione dei terreni della ZAC e la loro urbanizzazione; la vendita dei diritti edificatori e dei terreni edificabili; l’attivazione delle procedure di consultazione pubbliche; il coordinamento degli interventi ordinari e delle grandi opere infrastrutturali.
Le procedure di concertazione Paris Rive Gauche è stata la prima operazione di riqualificazione urbana in cui si sia applicata la Carta della Concertazione del Ministero dell’Ambiente del 1996. La procedura prevedeva l’istituzione di un Comitato Permanente, che esaminasse tema per tema gli aspetti principali del progetto (edilizia, viabilità, sostenibilità…) sulla base di un quadro informativo esaustivo. La sua funzione principale era quella di creare un confronto, un contraddittorio in grado di suscitare sviluppo e riflessioni costruttive, nonché di garantire trasparenza tramite riunioni pubbliche divulgative. Il Comitato, dotato di bilancio autonomo, è composto da Sindaco di Parigi, Presidente del XIII arrondissement, Presidente della SEMAPA, esperti e tecnici, associazioni e rappresentanti dei vari interessi. 65
BENCHMARKING
Barcellona:
SAGRERA SANT ANDREU Lunghezza del parco
3.7 km
Superficie territoriale
164 ha
Area ferroviaria coperta
38 ha
Area di nuovo parco
48 ha
Servizi pubblici
20 ha
Viabilità
44 ha
privata pubblico
privato
singola
multipla
48 ha
pubblica
Proprietà
Governance
2002 Accordo per lo sviluppo
Aree verdi
2009 Aggiornamento accordo
2003 Costituzione BSAV 2004 Approvazione piano metropolitano 2007 Inizio lavori demolizione
2013 Inaugurazione AV 2019 Conclusione lavori stazione
Durata prevista dell’operazione = 17 anni 66
L’operazione di trasformazione del quartiere della Sagrera di Barcellona, ancora in corso, prevede la realizzazione della copertura con un grande parco lineare verde dei binari della ferrovia esistente, alla quale si affianca la nuova stazione per l’Alta Velocità. L’intero intervento comprende un’area lunga quasi 4 km, che si estende dal paseo di Santa Coloma, per oltre 164 ha, fino a ridosso del centro storico nella zona del 22@, attraversando Sant Andreu, Sant Martì, la Sagrera.
BACKGROUND Alla fine dell’ottocento, al fine di rafforzare i servizi di trasporto con la Francia, venne realizzata tra i quartieri di Sant Martì e Sant
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Andreu una grande infrastruttura del ferro, con un fascio di binari che pose una grande cesura fra i due quartieri, condizionandoli fortemente. Cesura che, come negli analoghi casi europei, venne presto rafforzata dall’addossamento alla stessa di tutti quei servizi industriali e produttivi che necessitavano del supporto infrastrutturale: così, fra gli altri, vi trovarono posto grandi insediamenti, come “La Maquinista Terrestre y Maritima” con i suoi 25 ettari di superficie. Lo scenario rimase quasi inalterato fino all’ultimo trentennio del XX secolo, quando, con la fine della dittatura franchista, la città si indirizzò verso un rilancio della propria immagine che passava attraverso la riqualificazione delle aree degradate e la rigenerazione dei propri tessuti più deboli.
Sempre negli stessi anni, il processo di dismissione delle grandi strutture industriali (gli stessi processi che portarono alla creazione di 22@ dove sorgeva il Poblenou) diede vita ad un’enorme riserva fondiaria, cruciale per la crescita a cui puntava la città. La proposta di masterplan di Norman Foster nel 1988, realizzata su sollecitazione di un gruppo di cittadini ed architetti catalani, esponeva le grandi potenzialità dell’area proponendo l’assimilazione, nell’ottica rigenerativa, di aree industriali e ferroviarie, con la realizzazione di un “fiume artificiale” ed un parco attraverso i quartieri della Trinitàt e di Las Glories. Questa proposta, mai realizzata, già annunciava quella sequenza di ambiti urbani che avrebbe caratterizzato gli sviluppi urbani successivi.
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Nel 1996 una variante del PGM stabilì la trasformazione dell’area Sagrera – Sant Andreu con una copertura ferroviaria ed un parco lineare, secondo il principio dell’irrealizzabile “fiume artificiale” di Foster. La spinta definitiva alla realizzazione del progetto, fino a quel momento rimasto solo su carta, venne dalla costruzione della rete di alta velocità che collegava Barcellona a Madrid e alla Francia, e venne concretizzato nel 2001-2002 tramite accordi tra Ministero dello Sviluppo, municipalità di Barcellona e Generalitat. La creazione nel 2003 della Societat Barcelona Sagrera Alta Velocitat (BSAV), con lo scopo di coordinare gli interventi relativi all’AV a Barcellona,
sancisce l’inizio del vero e proprio processo di trasformazione del territorio. La serie di interventi, ancora in corso di realizzazione, porterà la città a rafforzare ancor più il suo ruolo di primo piano nel panorama europeo, assestandola come uno dei dodici nodi dell’Alta Velocità europea. L’operazione rientra in una serie di progetti di ristrutturazione urbani previsti a est di Barcellona, in zone industriali obsolete, grandi aree dedicate alla ferrovia e infrastrutture per l’energia e la sanità: il recupero della linea costiera, il consolidamento dell’area di Glories e la trasformazione di Poblenou nella città della conoscenza tecnologica 22@.
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PROGETTO Il progetto presenta il suo punto focale, per dimensioni ed importanza, nel grande parco lineare che si sviluppa nella sequenza dei cinque ambiti urbani in cui si svolge l’intervento, con una scelta di totale apertura e permeabilità che costituisce una forte risposta alla profonda cesura che la ferrovia aveva portato fra i quartieri che vi confinavano. Le cubature, pur ridotte, sono quindi concentrate in pochi edifici, perlopiù uffici e servizi, mentre solo una piccola percentuale diventerà residenze: questi avranno
una funzione di riferimento visivo (come nella proposta di grattacielo di Gehry, che ambiva ad essere una vera e propria icona) all’interno della grande distesa verde. L’intero intervento anticipa quindi alcuni dei temi fondamentali per il futuro prossimo di tutte le grandi città, stabilendo un nuovo tipo di relazione fra sistema infrastrutturale della mobilità e tessuto urbano, e dando all’architettura uno specifico e fondamentale ruolo nell’intero processo. Il rapporto altimetrico fra parco e stazione, con quest’ultima completamente interrata che
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SANT MARTÍ AGORA
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emerge solo in alcuni punti, è infatti sintomatico delle relazioni di forza che si vogliono stabilire fra i due sistemi: la ferrovia stessa va a “scomparire” sotto il tessuto urbano, re-identificando la propria immagine urbana nel verde stesso del parco, sul quale la stazione trasferisce la propria dimensione monumentale rappresentativa.
Il parco lineare agisce quindi principalmente come un elemento di riconnessione: tra i tessuti che attraversa, tra centro urbano e natura, tra Pirenei e mare.
A differenza di quanto avvenuto nella maggior parte di operazioni simili, tuttavia, la trasformazione non va a creare un nuovo grande mercato fondiario, in cui inevitabilmente si inseriscono logiche di valorizzazione economica.
Idealmente, secondo gli autori del progetto dello studio West 8, attraversare il parco diventa un percorso di scoperta degli ambienti che caratterizzano l’area geografica di Barcellona. E gli edifici costruiti ai bordi del parco rafforzano la rete di nuovi legami: le giaciture ed i materiali delle residenze, degli uffici e dei servizi, ricuciono infatti con i quartieri con cui si relazionano.
SANT ANDREU MOSAIC
VERGER ESTADELLA
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GESTIONE Barcelona Sagrera Alta Velocitat (BSAV), nata nel 2003, è una società pubblica la cui missione si compone di molti obiettivi strategici: coordinare e ristrutturare il sistema infrastrutturale ferroviario e della mobilità in generale; sviluppare e gestire la trasformazione, legata alla mobilità, delle aree di Sagrera, Sant Andreu e Sant Martì; redigere i progetti e implementare la costruzione che i soggetti coinvolti dovranno realizzare. L’azionariato di BSAV è composto dal 30 % di Administrador de Infraestructuras Ferroviarias (ADIF), il 7.5% di ADIF Alta Velocidad e il 12.5% di Renfe Operadora, mentre la Catalunya e l’Ayuntamiento de Barcelona detengono ciascuna il 25% (mentre ADIF è la società deputata in monopolio all’amministrazione, mantenimento e implementazione delle ferrovie, Renfe si occupa del servizio di trasporto di persone e merci sulle reti ferroviarie ADIF). La complessità del processo in corso in quest’area, dovuto alla compresenza di così tanti fattori diversi, pone in primo piano anche la necessità di garantire la compatibilità tecnica tra progetto e lavori sia in termini spaziali che temporali. Il compito della società è quindi quello di avere la visione globale dell’intera operazione, coordinando e efficientando i compiti di tutti i professionisti coinvolti: si è occupata quindi (e si occupa) della progettazione preliminare, stabilendo criteri e parametri, oltre ad assumersi tutti i compiti che risultino necessari. Tutta l’operazione, tra infrastrutture, stazione centrale ed urbanizzazione, ha richiesto un investimento totale di 2.250 milioni di euro. Per quanto riguarda il finanziamento dell’operazione, parte del budget inizialmente messo a bilancio sarebbe dovuta essere finanziata dalla 72
valorizzazione immobiliare di alcuni terreni pubblici presenti all’interno dell’area di progetto, valorizzazione che rientrava fra i doveri della stessa società. Proprio questo meccanismo portò, tra il 2008 ed il 2009, a forti rallentamenti dell’operazione, in quanto le aspettative sul valore degli immobili furono fortemente ridimensionate dalla crisi economica e immobiliare: ciò portò al “congelamento” a tempo indeterminato del progetto del grattacielo disegnato da Frank Gehry per il Consorci de la Zona Franca (CZF ha, per un lungo periodo, continuato a cercare finanziatori per il 250 milioni di euro necessari per l’edificio), e al ridisegno del progetto della stazione, semplificato e reso meno economicamente oneroso (da 820 a 650 milioni di euro, da 180.000 a 140.000 mq di superficie). In generale, molti dei meccanismi di finanziamento previsti si sono rivelati disfunzionali in corso d’opera: tra gli altri, il piano che prevedeva un introito di circa 300 milioni di euro dalla concessione in uso per 60 anni della sala principale (di 6.000 mq) della stazione, oggetto di numerose revisioni nei numeri e nelle modalità durante gli anni. Ma le difficoltà legate alla gestione dell’operazione sono proseguite nel corso di tutto il processo: l’ICV (Iniciativa per Catalunya Verds) si è addirittura spinta a chiedere il commissariamento trasversale di tutta l’operazione, sostenendo che la struttura finanziaria ipotizzata inizialmente fosse basata sullo sfruttamento della bolla speculativa creata dalla stessa operazione. Nel luglio 2017 i leader spagnoli hanno firmato un nuovo accordo sulle nuove modalità di finanziamento, che coinvolgeranno maggiori capitali privati. Altre critiche alla gestione del progetto hanno riguardato anche l’aspetto partecipativo della progettazione. Già nelle fasi elaborative le comunità di quartiere si erano impegnate
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a presentare delle proposte migliorative, richiedendo ad esempio l’inserimento di strutture per i giovani, frutteti urbani ed aree gioco per bambini, proposte che tuttavia, con rimostranza espressa dalle stesse comunità, sono rimaste perlopiù inascoltate. Anche per quanto riguarda il processo di urbanizzazione stradale, il processo di ascolto e partecipazione è stato impostato già da principio. Tuttavia anche in questo caso
le associazioni coinvolte (la Sagrera, Sant Andreu de Palomar, il Bon Pastor - del distretto di Sant Andreu- e la Verneda Alta - del distretto di Sant Martí), hanno espresso delusione per la scarsa considerazione riservata dall’amministrazione ai contributi prodotti, in particolare riguardo alla predilezione (in molti tratti, come a Garcilaso) dei percorsi carrabili rispetto a quelli ciclabili e pedonali.
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CONCLUSIONI
questionario : CRITICITÀ e PROSPETTIVE
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Cosa ci racconta la dismissione di strutture inizialmente deputate alla mobilità e l’immissione di nuove funzioni e servizi, ed in che modo possiamo sfruttarne la lezione nella prospettiva di una città che sia sempre più smart e sostenibile? L’Accordo di Programma è lo strumento adatto per evitare che l’intero intervento diventi una grande operazione di valorizzazione speculativa hic et nunc, orientandosi invece su un arricchimento di valore per la città? Le forme di partecipazione alla progettazione sinora utilizzate sono adatte ed efficaci, considerata l’importanza del riconoscimento immediato della cittadinanza in una trasformazione così radicale del paesaggio della città? Nella dinamica che coinvolge Comune di Milano e FSSU, chi rivestirà effettivamente il ruolo di project manager dell’operazione? In che modo l’intervento, per come è finora previsto, affronta i temi della mixité, dell’incontro, della giustizia sociale e dell’equo progresso urbano? Anche sulla base del benchmarking con le analoghe esperienze europee, quali sono quindi gli indirizzi programmatici e gli strumenti gestionali da adottare? 75
CONCLUSIONI
Cosa ci racconta la dismissione di strutture inizialmente deputate alla mobilità e l’immissione di nuove funzioni e servizi, ed in che modo possiamo sfruttarne la lezione nella prospettiva di una città che sia sempre più smart e sostenibile? La prima riflessione da porsi è quella su quale futuro vogliamo per Milano, superando l’ottica amministrativa della Città Metropolitana e ampliandola fino a comprendere tutta l’Area territoriale circostante. Quest’area, che conta oltre 7 milioni di abitanti, è forse l’unica in grado di competere con le grandi realtà europee e mondiali. E la responsabilità di un’operazione di questa portata, inquadrata nel giusto scenario spaziale e temporale, deve rientrare nella consapevolezza di tutti gli attori protagonisti di questo processo. Nell’attuare una pianificazione affrettata o subordinata ad interessi privati, infatti, il consumo delle aree e delle risorse innesca comunque su scala urbana un processo enorme ed irreversibile, da gestire con responsabilità e lungimiranza. Nella consapevolezza che il modello spaziale del trasporto su ferro entra in crisi quando la città si sviluppa in una nuova direzione, la grande possibilità è quella, tramite interventi così strategici, di far rinascere l’intero sistema urbano milanese. Il verde, ma l’ecologia in generale (anche, ad esempio, il sistema dell’acqua), può usare questi spazi improvvisamente disponibili per diventare la nuova infrastruttura urbana. D’altro canto, l’approccio solamente quantitativo rispetto al verde urbano, come finisce inevitabilmente per essere quello di uno strumento di contrattazione come l’Accordo di Programma, è riduttivo e controproducente: va quindi da subito impostato e trattato non come la riproposizione di un alieno 76
“modello Central Park” (verso cui sembra ci si stia progressivamente avvicinando), ma come un sistema diffuso, in grado di migliorare le condizioni acustiche ed atmosferiche della città, da integrare nelle progettazione degli edifici sia come schermatura che come “materiale” vero e proprio. L’importanza del verde come “fattore urbano” ha portato, di recente, il sindaco di Parigi Anne Hidalgo a firmare un accordo (con aziende private e pubbliche) per far sì che entro il 2020 almeno 250 ha di superficie urbana (facciate, tetti, parcheggi...) siano coperti di verde. Se infatti il tema della salubrità viene approfondito nella VIS (Valutazione Impatto Sanitario, parte della VAS, Valutazione Ambientale Strategica), d’altro canto è di certo auspicabile che i principi di cui questa si fa portatrice siano posti realmente al centro delle fasi successive di pianificazione. L’Accordo propone inoltre una visione di Milano “smart city” che sembra decisamente ancorata all’approccio “tecnologico”, dove appunto l’intelligenza è (quasi) esclusivamente ancorata a tecnologie e strumenti digitali. La vera “smart city” è in realtà una città che genera conoscenza, innova velocemente, mette a sistema il proprio capitale sociale e relazionale per dar vita ad un’innovazione non solo tecnologica ma anche sociale, in un ampio paradigma che accolga (riprendendo il World Economic Forum 2014, The competitiveness of cities) istituzioni, politiche economiche, hard connectivity (infrastrutture materiali chiave) e soft connectivity (capitale sociale). Mantenendo la propria funzione di stazioni, inoltre gli Scali continueranno ad essere “porte” di accesso ed uscita dalla città: la pianificazione, in questo senso, diventa l’unico potente strumento per potenziare il trasporto su ferro e implementare le alternative al trasporto su gomma.
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L’Accordo di Programma è lo strumento adatto per evitare che l’intero intervento diventi una grande operazione di valorizzazione speculativa hic et nunc, orientandosi invece su un arricchimento di valore per la città? L’Accordo di Programma, strumento tipico dell’urbanistica deregolamentata degli anni ’80, si configura come un vero e proprio contratto tra una parte pubblica ed una privata, nel quale entrambe si accordano su un piano di intervento. Nel lungo dibattito che ha accompagnato tutte le fasi dell’operazione, proprio la natura dell’AdP ha dato adito a dibattiti ed analisi che hanno posto l’attenzione su numerose criticità. La stessa adozione dello strumento, che ha posto le basi per il dialogo nei termini su cui poi si è sviluppato negli anni, risulta controversa: l’approvazione di un AdP, ai sensi del comma 6 dell’art. 34 del D.Lgs. n. 267/2000, è inscindibile dai requisiti di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere. Se per la pubblica utilità non vi è alcun dubbio, l’indifferibilità e l’urgenza sono tuttavia “opinabili”, soprattutto nel mercato edilizio attuale e nella lunga prospettiva temporale dell’opera. L’Accordo di Programma è del resto un’espressione del “ voler fare”, ma i contrasti e le resistenze creati da questa “scorciatoia” porteranno inevitabilmente a revisione e modifiche, che allungheranno i tempi compromettendo anche l’unico vantaggio che fornisce questo strumento. Lo stesso possesso delle aree da parte di FS è conseguenza dei presupposti funzionali dell’esproprio per pubblica utilità di fine ‘800. Queste aree non nascono infatti come aree edificabili, la concessione è avvenuta con una inscindibile correlazione con il loro scopo e
FS non ha, in partenza, alcun diritto sulla loro trasformazione. Una volta cessata la funzione di pubblica utilità delle aree, le aree sarebbero nella logica dovute immediatamente tornare sotto la gestione della comunità, e quindi dell’amministrazione, senza alcun compenso per FS. Allo stesso modo, la trasformazione dovrebbe generare un “valore aggiunto” per gli interessi della comunità e non un “valore finanziario” per il developer. Inoltre, come sottolineato dal prof. Cappellin nella sua relazione economica sull’operazione, lo stesso valore potenziale delle aree, dato dalla centralità nell’assetto urbano, nasce dagli investimenti fatti dai privati e dall’amministrazione comunale. Considerare, solo i costi e i ricavi dei due operatori principali (FS e Comune) significa sottrarre alla comunità (a cui, di nuovo, le aree appartengono) il valore che essa stessa ha generato come “economia esterna”. Valore che, in primo luogo, potrebbe generare un beneficio sociale. Inoltre, di norma l’AdP potrebbe essere di norma adottata solo tra p.a., mentre in questo caso coinvolge società private (che potrebbero aderire, ma non partecipare). La revisione del 2012 del PGT, va sottolineato, ha demandato all’AdP tutte le prescrizioni in termini di funzioni, superfici edificabili, standard e impegni, rendendolo di fatto il solo e unico strumento di pianificazione per le aree degli Scali. Ma altre grosse criticità dell’Accordo, sotto i profili economico e giuridico, sono già emerse e dovranno necessariamente essere chiarite. Tra queste spicca il nodo relativo al “maggior valore generato da interventi in variante urbanistica”, che dovrà essere diviso, come chiarito nell’Accordo stesso, al 50% fra Comune e developer (articolo 16.4 del testo unico dell’edilizia. Questo “maggior valore”, che dovrebbe essere la differenza tra 77
CONCLUSIONI
valore netto di trasformazione (generato dalle nuove volumetrie) e valore attuale delle aree (da “servizi ferroviari”, o anche da terreno agricolo al netto delle bonifiche, pari a 0), mentre è stato ormai accettato anche dal comune il valore attuale proposto da FS (come iscritto nel bilancio della società) di 222 milioni di euro. Ovviamente, una valutazione delle plusvalenze coerente permetterebbe al Comune di impostare una strategia realistica per la realizzazione della Circle Line (il cui finanziamento è già a bilancio) e di gran parte dell’edilizia convenzionata e agevolata prevista nell’intervento. Se il valore totale delle aree ammonta, secondo stime, a un miliardo di euro, l’impostazione dell’AdP porta la maggior parte dei profitti fuori dalla disponibilità pubblica. Il rapporto tra FS e Savills Investment Management, in questo scenario di ruoli ancora indefiniti, rappresenta a pieno il rischio al quale si sta esponendo la città. Nel 2016 fu infatti Invimit Sgr (la società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia, negli interessi di FS) a vendere a Savills (un fondo immobiliare speculativo) i 60.000 mq dello scalo Farini con cui oggi quest’ultima partecipa all’AdP. E questo stesso terreno, secondo fonti finanziarie sembra essere già stato oggetto di un offerta (sull’ordine dei 70 mln di euro) da parte del fondo finanziario sovrano di Abu Dhabi (pur dovendo restare Savills, a termini di Accordo, l’interlocutore del Comune e di FSSU). Una dimostrazione di quanto Milano sia attraente a livello internazionale certo, ma anche la dimostrazione di quanto concreta sia la possibilità di una semplice “svendita” delle aree cruciali per il futuro della città, che consegna nelle mani di FS (che, con il 1,25 mln degli Scali avrà 4 mln di mq di aree edificabili in Italia) il ruolo di dominus sul mercato immobiliare di Milano, in un quadro quasi monopolistico. 78
Le forme di partecipazione alla progettazione sinora utilizzate sono adatte ed efficaci, considerata l’importanza del riconoscimento immediato della cittadinanza in una trasformazione così radicale del paesaggio urbano? L’adozione, sin dalle prime fasi, di un percorso di partecipazione forte ed inclusivo è un fattore determinante e sottovalutato nella riuscita di una grande operazione urbana come quella che si appresta a compiere Milano. Generalmente, una trasformazione di questo tipo è sottoposta alle normali procedure di Variante di PGT. Se così fosse, il processo di partecipazione sarebbe stato una tappa obbligatoria a termini normativi sin dal momento di informazione pubblica dell’inizio del procedimento; le specifiche modalità gestionali rendono invece l’operazione Scali un procedimento anomalo da questo punto di vista, e la consultazione della cittadinanza ricade nell’impostazione generata dalla collaborazione tra Assessorato e FSSU. Il momento finora di maggior risalto mediatico è stato senz’altro il workshop “Dagli scali, la nuova città”, promosso dalla stessa FSSU e svoltosi presso lo scalo Farini il 15-16-16 dicembre 2016. Tuttavia, la veridicità e la reale considerazione di quanto avvenuto risente pesantemente della sua applicazione sul piano temporale, ovvero praticamente a valle dell’intero dibattito sulla pianificazione. Se infatti il Comune si era prodigato più volte nel garantire che sarebbe stato assunto un modello milanese di “Débat Public”, l’evento ha avuto più che altro l’apparenza di una tappa di un vero processo partecipativo: la causa di ciò è probabilmente da ricercare nella “novità” della riconosciuta importanza dei contributi sociali alla pianificazione (perlomeno
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in un ambiente come quello degli uffici tecnici comunali), che generalmente in Italia vengono relegati ad un ruolo secondario e “deformato”. La vera funzione della partecipazione, secondo le oramai innumerevoli esperienze maturate sul campo in tutto il mondo, è quella di “accompagnare” la pianificazione: citando l’architetto Davide Fortini, esperto di programmi orientati alla condivisione dei saperi e alla coprogettazione delle politiche urbane, “nella pratica della partecipazione importante è il percorso, tanto quanto il fine da raggiungere. […] La valutazione di come le opere pubbliche interagiscono con la cittadinanza, la progettazione dello spazio insieme all’idea di gestione dello stesso, il passaggio da spazio pubblico a luogo condiviso; in ciò si attua un programma di progetto partecipato che riassegna alla cittadinanza un ruolo attivo”. Lo stesso workshop, per le modalità e le tempistiche in cui si è svolto, si è configurato quindi più come un momento “informativo” delle imminenti trasformazioni delle aree e di “presentazione” dei team incaricati di redigere la visioni – masterplan di ogni area. L’evento, momento principale (almeno finora) dell’intero processo, ha presentato alcune ambiguità non trascurabili proprio in quelli che sono i nodi cruciali dei processi di partecipazione, presentando diversi punti critici: • la mancanza di un accordo iniziale chiaro su oggetto, finalità, obiettivi e strumenti (essenziale per creare una base comunicativa tra proponente ed invitati); • la definizione del quadro dei soggetti interessati (per individuare e colmare le assenze); • la gestione del dialogo da parte di un soggetto
terzo (era lo stesso promotore FSSU a gestire processo e dialogo); • l’individuazione delle funzioni degli scali come base di discussione (ai partecipanti è stato semplicemente consegnato a fine seduta un foglio bianco su cui scrivere le proprie generiche indicazioni). Anche in questo caso è di grande supporto il confronto con le esperienze europee, in particolare con quelle francesi, dove il débat public è storicamente e tradizionalmente un elemento di grande coinvolgimento da parte di tutta la cittadinanza attiva: qui durante le sedute i presenti sono posti a confronto con delle proposte reali, entrando nel merito delle decisioni prese (basti pensare ai confronti sulle presentazioni di piani di interventi e progetti preliminari) e proseguono sia durante tutta la pianificazione che durante le fasi successive, favorendo davvero la condivisione del futuro della città con coloro a cui la città appartiene. La via dell’adozione di un modello che approssimi quello francese, del resto, era stata già annunciata dalla stessa amministrazione milanese, in una prospettiva che finora si può senza esitazioni definire disattesa. Rispetto a quanto avvenuto finora, quindi, sarà essenziale sia impostare un piano partecipativo a lungo termine, un riferimento definito e chiaro, sia modellare di conseguenza una struttura (che scenda alla definizione del singolo evento) che permetta un reale coinvolgimento degli attori durante tutte le prossime fasi di progettazione. Ma il cambiamento più radicale dovrà avvenire nella sensibilità di coloro che si trovano a gestire l’operazione, e nella riconosciuta centralità che questa fase dovrà avere nelle prossime fasi della trasformazione. 79
CONCLUSIONI
Nella dinamica che coinvolge Comune di Milano e FSSU, chi rivestirà effettivamente il ruolo di project manager dell’operazione? L’aspetto più importante nella politica urbanistica adottata è che la PA conservi durante tutto il processo un saldo ruolo di “regia”: se infatti tecnicamente finora il solo compito del Comune di Milano è stato quello di consentire il cambio di destinazione delle aree, “materializzando” e di fatto rendendo possibile la trasformazione, è fondamentale che lo sviluppo dei processi e dei progetti non venga lasciato completamente nelle mani di FSSU (Sistemi Urbani, controllata da FS), che si troverebbe nella condizione di comportarsi come un qualunque imprenditore privato, che gestisce liberamente i propri possedimenti nel proprio interesse e non in quello della città. Bisogna inoltre tenere in considerazione che FS debutterà presto in borsa, configurando una effettiva uscita dal pubblico e la trasformazione in un ente privato che risponderà ai propri azionisti. In altre parole, sembra che l’intenzione del Comune (almeno, per quanto emerso finora) sia di delegare all’azienda il ruolo di project manager dell’intera operazione: un comportamento questo sintomatico della difficoltà (in primo luogo strutturale) che caratterizza oggi tutte le pubbliche amministrazioni nel mantenere il ruolo di regia in operazioni immobiliari di questo tipo, sia dal punto di vista imprenditoriale che logistico. La strada sembra quindi ripercorrere quanto già accaduto a Milano per altri interventi cruciali, in cui è stato l’incarico di progettazione è stato direttamente affidato dai vari operatori immobiliari, in una serie di esperienze che parte da Bicocca e arriva a Porta Vittoria, Innocenti, Om, Montedison – Rogoredo, e le stesse Porta Nuova e Citylife. Per quanto occorra sottolineare, in questo scenario, alcuni esiti virtuosi (almeno 80
alla scala del singolo edificio), quella degli Scali è una delle rare occasioni di questa portata che capitano nella vita di una città, ed in quanto tale deve essere sfruttata al massimo della sua potenzialità, nella via del miglioramento della qualità urbana. Se infatti, nelle normali procedure, il Comune sarebbe stato comunque obbligato a muoversi tramite procedura concorsuale (e si era ripetutamente esposto a proposito, ribadendo che qualsiasi progetto sarebbe stato prodotto in questo modo), i cinque masterplan - visioni finora realizzati sono frutto di affidamento diretto a grandi studi internazionali (che hanno partecipato e “raccolto dati” al workshop di dicembre 2016). L’ambiguità di questo “inizio” progettuale, che già proietta prospettive di medio – lungo termine, del resto si riflette anche nella posizione che i cinque progettisti si trovano ad assumere, e nell’indefinito ruolo che i masterplan avranno nelle prossime fasi (progetti preliminari, progetti di idee, soluzioni possibili non vincolanti…). In ogni caso, la mancanza di una definizione chiara rischia di portare a controversie in tutte le fasi successive, sia che la direzione indicata venga recepita, sia che si producano esiti completamente diversi. E, se questi progetti fossero posti a base di gare successive, i redattori dei progetti (qualora potessero partecipare) si troverebbero di fatto avvantaggiati dalla conoscenza approfondita del proprio stesso progetto. Il percorso finora intrapreso, in cui i ruoli e le competenze non sono chiaramente definiti, rischia inoltre di innescare delle dinamiche di opposizione, da parte dell’opinione pubblica, all’intera operazione, dinamica peraltro già in atto (sono già numerosi gli scambi di richieste e chiarimenti avvenuti tra Ordine degli Architetti di Milano ed amministrazione).
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In che modo l’intervento, per come è finora previsto, affronta i temi della mixité, dell’incontro, della giustizia sociale e dell’equo progresso urbano? Come già sottolineato, gli effetti della rigenerazione degli scali si rifletteranno su una porzione enorme di territorio e su milioni di persone: per questo motivo, rappresenta anche un’occasione fondamentale in cui la città può farsi veicolo di quell’insieme di valori sociali auspicabili per un futuro sostenibile sotto ogni aspetto. In tal senso, è essenziale che il progetto intero sia rivolto innanzitutto ai cittadini, di tutte le generazioni che vivranno sia la trasformazione in sé che i suoi risultati, superando l’ottica in cui il successo dell’operazione si valuterà solamente da equilibrio finanziario ed ampiezza delle superfici verdi. I sette Scali possono quindi essere il punto di incontro reale e significativo tra centro e periferie, con la profonda motivazione sociale di non sottostare (o almeno, a questo punto, non completamente) alle logiche speculative che hanno dominato anche le recenti trasformazioni milanesi, rispondendo in primo luogo alla domanda abitativa di chi non può accedere all’attuale mercato immobiliare di Milano. La sensazione condivisa è che il developer sia intenzionato a perseguire in primo luogo una strategia di plusvalenza a breve termine (e la plusvalenza ha una funzione essenziale non solo ovviamente per FS, ma anche per la stessa PA), sulla base della quale poi il resto delle aree andranno a modellarsi. Ed in questo senso, il progetto riflette davvero la scelta politica dalla quale nasce, ovvero una così forte delega dell’aspetto gestionale nei confronti del privato. Se infatti si seguirà la falsariga della recente Citylife, portandola su questa scala così
ampia, il prodotto finale saranno quartieri di segregazione ed esclusività, ghetti abitati e vissuti solamente da “chi può permettersele”, in una prospettiva che nel medio – lungo termine non può che accrescere ed estremizzare le dinamiche di polarizzazione sociale già in corso a Milano come nella maggiori città mondiali. Ma, d’altro canto, è anche pura retorica inseguire un modello che persegua la un ruolo marginale dell’edilizia residenziale ed una bassa densità. Riprendendo le parole di Richard Burdett, “la giustizia sociale si realizza con il trasporto pubblico”. Nel modello di “ridensificazione” applicato a Londra, ad esempio, l’uso delle macchine è in diminuzione dal 2001, con i trasporti pubblici sempre più utilizzati da tutte le fasce sociali, comprese le più alte. E l’unica via per creare un sistema di trasporto pubblico funzionale e funzionante è quella della città compatta, che imposti quindi i nuovi nodi di interscambio degli ex Scali come punti focali per il grande flusso dei nuovi abitanti che Milano accoglierà nei prossimi decenni. Gli Scali rientrano proprio, assieme a tutto ciò che all’interno del tessuto urbano è abbandonato o inutilizzato (dai singoli appartamenti alle grandi aree industriali dismesse), in quelli che devono essere i veri ambiti di sviluppo e crescita della città. L’intervento all’interno delle aree degli ex Scali deve essere quindi rivolto anche a tutto ciò che, in quelle aree, non rientra, accompagnando ed indirizzando virtuosamente la crescita. E se Milano vuole confermare le tendenze positive in atto, che la vedono crescere demograficamente grazie alla sua attrattività per i giovani, sarà necessario non solo dare risposta alla esigenze abitative sociali effettive, ma anche a tutte quelle strutture con le quali si stimolano nuovi percorsi di sviluppo per le “eccellenze” che vi trovano terreno fertile. 81
CONCLUSIONI
Sulla base del benchmarking con le analoghe esperienze europee, quali sono quindi gli indirizzi programmatici e gli strumenti gestionali da adottare? Nel ragionare sulle prospettive di questa grande operazione, bisogna innanzitutto uscire dalla logica del “troppo tardi”: se infatti l’Accordo di Programma è stato sottoscitto e ratificato, il ruolo strategico di questa rigenerazione impone una strategia di lungo termine che possa perseguire al meglio gli interessi della comunità, non solo nelle prospettive ma anche nel porre rimedio a posizioni incongruenti già prese. L’impostazione dell’intervento necessita quindi una revisione essenziale e profonda, sotto entrambi gli aspetti della gestione e dei contenuti. Da un punto di vista gestionale, quello che emerge è l’incapacità strutturale dell’amministrazione a gestire l’operazione al proprio interno, ma anche l’incompatibilità deli interessi di un’ente privato con un’operazione che coinvolge un’area così ampia e rilevante. Come emerso in tutti gli studi effettuati sui casi simili a Scali Milano, la riqualificazione delle ex aree ferroviarie è sempre stata affidata negli ultimi decenni a società pubbliche o pubblico-private, specializzate (o costituite ad hoc) per operazioni di pianificazione e costruzione su lara scala. La natura dell’ente che si assume queste responsabilità deve essere infatti orientata all’interesse pubblico in generale, intervenendo a favore di Comune, Regione e Stato: non è un caso che tali società abbiano sempre il dovere di chiudere i propri rendiconti con bilancio zero. Come avvenuto con BSAV a Sagrera e a Paris Rive Gauche (la SEMAPA è diventata nel 2012 una SPLA, Société Publique Locale d’Aménagement) tale società deve avere il compito ed il potere di acquisire i terreni e definire 82
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una strategia generale sia di pianificazione che di valorizzazione immobiliare per conto delle istituzioni partecipanti, avvalendosi delle migliori competenze del settore. Ponendosi quindi come un’estensione del pubblico, lo stesso ente dovrà provvedere alla messa in gara concorrenziale delle aree che compongono l’intervento. Sempre in riferimento a quanto avviene normalmente all’estero, le SPV (Special Purpose Vehicle) potranno svolgere i compiti puramente operativi, e quindi essere calibrate di volta in volta (e di scalo in scalo) a seconda dello specifico progetto o investimento per il quale verranno create. Questa struttura di gestione, sicuramente più adatta a promuovere una rigenerazione che possa davvero coinvolgere tutto il territorio attorno alla metropoli, porterebbe con sé inevitabilmente anche un radicale cambiamento di contenuti finora previsti per i singoli terreni. La trasformazione deve infatti partire dagli investimenti di istituzioni pubbliche ed imprese private innovative, con un ruolo strategico ed un respiro che ambisca a raggiungere la dimensione regionale e nazionale: in questo modo l’edilizia andrà, in conseguenza al circolo virtuoso innescato, ad accompagnare queste nuove attività, sviluppando attorno ad esse residenze, uffici ed aree commerciali. Allo stesso modo, la riqualificazione del trasporto metropolitano e interregionale, associata alla rigenerazione delle aree urbane, potrà creare una struttura territoriale ampia e policentrica, in un omogeneo e funzionale ambito metropolitano articolato. Solo così la rigenerazione degli Scali potrà essere la chiave di volta per permettere a Milano di diventare la piattaforma di innovazione di livello europeo che ambisce ad essere, integrata con gli altri nodi territoriali ed economici a livello regionale, nazionale ed europeo. (2)
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BIBLIOGRAFIA
bibliografia & sitografia
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MGPCA
Master in Gestione del Progetto Complesso di Architettura
A.A. 2016/2017
Sapienza Università di Roma
Paris-Val de Seine Ecole Nationale Supérieure d’Architecture
Gianmarco Fornara
CRISI e RIGENERAZIONE: la riconnessione urbana come strategia di crescita sostenibile.
il caso
degli SCALI diMILANO