Hiram 2-2020 Mag-Ago 2020

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Marco Migliorini

Libera Muratoria e pandemia Ovvero la Libera Muratoria ai tempi del Covid-19

S

crivo queste poche righe ad aprile 2020, quando la pandemia Covid-19 è in corso e, se a livello italiano si cominciano a vedere i primi, timidi segnali positivi (raggiungimento del picco, stabilizzazione o contenimento dei contagi, aumento del numero dei guariti, allentamento della morsa nei reparti di terapia intensiva, costruzione di una exit strategy che prevede la fase 2 - convivenza col virus - e la fase 3 di graduale ritorno alla vita precedente), il virus dilaga negli USA e nella UE, dove, a differenza di qualche giorno fa, il dibattito istituzionale sembra orientato a prevedere strumenti finanziari non ordinari per consentire all’Europa di uscire dalla crisi sul piano socioeconomico. Siamo, dunque, ancora in medias res, e ciò serve non solo adesso, per contestualizzare il discorso, ma soprattutto in futuro, quando sarà inevitabile uno sguardo retrospettivo per verificare l’attendibilità delle previsioni e saggiare lo spettro delle reazioni e delle decisioni assunte. Cosa sta facendo la libera muratoria italiana, almeno quella schierata dietro i labari del GOI? Come stanno vivendo i Fratelli questo periodo, unico, inaspettato e imprevedibile? Sul piano della ritualità, il dispiacere profondo per l’impossibilità di effettuare le regolari tornate è stato, almeno in parte, lenito dalla possibilità di incontrarsi virtualmente grazie alle applicazioni offerte dalla moderna tecnologia. La tornata, va da sé, è insostituibile; non può esistere una “eggregore”1 virtuale né uno smart working libero muratorio.

1

Ndr. – Tale vocabolo non esiste nella lingua italiana, ma è stato

Gli architettonici lavori non tollerano il distanziamento sociale, esattamente come era per gli operativi. La costruzione del tempio interiore richiede la compresenza e la collaborazione ravvicinata, la presenza fisica simultanea; affinché il coacervo di effetti del lavoro rituale si possa produrre, è indispensabile la condivisione autentica e reale comunque più volte utilizzato negli ultimi anni. Su Wikipedia troviamo: Il termine odierno egregoro apparve nel 1857 in lingua francese negli scritti di Victor Hugo, che lo utilizzò nella sua Leggenda dei secoli (1859) sia come aggettivo che come sostantivo. In ambito ermetico-esoterico si deve invece a Eliphas Lévi l’uso di eggregore nel senso di forma-pensiero collettiva. René Guénon contestò il fatto che l’ambito psichico comunitario a cui si riferiva tale significato non comportava alcunché di spirituale, e ancor meno di iniziatico, ma consisteva in una semplice emanazione della psiche individuale in un’entità di gruppo. «In questa accezione si tratta di un termine che non ha niente di tradizionale e rappresenta soltanto una delle numerose fantasie del moderno linguaggio occultista. Il primo ad impiegarlo in questo modo è stato Eliphas Levi e, se i nostri ricordi sono esatti, è sempre lui che, per giustificare tale significato, ne ha dato un’inverosimile etimologia latina facendolo derivare da grex, «gregge», quando invece il termine è prettamente greco e in realtà ha sempre e soltanto avuto il senso di «colui che veglia». È noto d’altronde che questo termine si trova nel Libro di Enoch, ove designa certe entità di carattere piuttosto enigmatico, ma che in ogni caso sembrano appartenere al «mondo intermedio»: ecco tutto ciò che hanno in comune con le entità collettive cui si è preteso applicare lo stesso nome. Queste ultime in effetti, sono essenzialmente d’ordine psichico, ed è soprattutto questo che determina la gravità dell’equivoco da noi segnalato, perché, a questo proposito [...] ci appare in definitiva come un nuovo esempio di confusione tra psichico e spirituale.» (René Guénon, Iniziazione e realizzazione personale, Luni Editrice, 2003, pag. 29: Influenze spirituali ed eggregori).

Nella pagina successiva: Edvard Munch, autoritratto con la spagnola (1919), Galleria Nazionale, Norvegia


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