2 minute read
Carmelo Bene
from Carmelo Bene
gli ambiti disciplinari sono ammessi e in cui entra in crisi il paradigma del medium (in quanto non più coincidente con un particolare supporto e non più corrispondente a una peculiare tecnica esecutiva) a Roma, dove dal 1967 è attiva la Cooperativa del Cinema Indipendente, lavora Carmelo Bene, pressato da varie urgenze di ricerca interlinguistica non disgiunte da altre di natura economica a sostegno delle prime. Di ciò che si dice “arte” Carmelo Bene rifiuta polemicamente ogni dimensione consolatoria, accetta la logica mercificata che la sottende e la muove affrontando lo snodo ideologico della sua autonomia e eteronomia: il mercato è una forma nella quale si esprimono i rapporti sociali secondo una logica culturale di equivalenza e di intercambiabilità valoriale, nell’evidenza fattuale che l’opera d’arte è merce e attività (lavoro) e che l’attività artistica
Advertisement
è una modalità della forza-lavoro. È un punto di emersione, questo, della forza politica ed estetica della pratica beniana quale effetto specifico di un complesso legame con molteplici processi storici del contemporaneo (e non solo), la cui inerenza biopolitica è ravvisabile nella centralità assunta dal corpo che,
Hermitage 1968 (flm 25’). Video stll. Courtesy Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografa, Cineteca Nazionale di Roma
“Io sono nell’immagine”/ Memorie del corpo
Il processo di trasformazione che investe l’opera e il suo testo nel passaggio dal linguaggio letterario a quello cinematografico, nonché le differenti modalità di esteriorizzazione della dimensione mentale che ne discendono pongono a tema la morfologia dell’immagine filmica, la non corrispondenza tra l’immagine sonora e l’immagine visiva (non oculare) nelle loro modalità/potenzialità rispetto alle loro concretizzazioni sulla scena e/o sul set. Emergono problemi relativi alla figura, o meglio, alla possibilità della figura, ossia alla figuralità. Detto altrimenti, è soprattutto la configurazione dell’immagine filmica a fare problema, in quanto essa implica non un fare vedere gli oggetti e i corpi, ma la loro stessa visibilità; più precisamente, si tratta di far vedere la visibilità delle immagini. Il “visibile” non è questione ottica o uso empirico dell’occhio, ma è costituzione di visibilità: un vedere e un far vedere che concerne anche il vedere o il non vedere ciò attraverso cui si vede (il diafano).
Il film Nostra Signora dei Turchi si apre silenziosamente allo sguardo attraverso immagini dalle cui velature si intravedono in dettaglio e in campo lungo uno spazio architettonico e il paesaggio d’intorno, la cui dimensione iconica viene deformata; si tratta di immagini erranti, notturne e diurne, sulle quali, distaccandosi, entra in sovrapposizione la parola nella voce over di Carmelo Bene.