Cent'anni di opportunità

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Mario Russomanno

Cent’anni di opportunità Il ruolo delle Casse Rurali a Santa Sofia per lo sviluppo della comunità

All’inizio del Novecento un ristretto gruppo di persone coraggiose e responsabili, guidate inizialmente da Sacerdoti illuminati, dettero vita a piccole istituzioni di credito, le Casse Rurali, in grado di garantire sostegno a popolazioni sprovviste di qualsiasi opportunità. Le donne e gli uomini del Credito Cooperativo di ispirazione cristiana seppero superare, a Santa Sofia, a Galeata e nella alta Valle del Bidente, avversità economiche e politiche, tragedie belliche e conflitti sociali fino ad ottenere il riconoscimento e la vicinanza delle comunità locali, favorirono in maniera decisiva lo sviluppo territoriale, la modernizzazione del sistema economico e la crescita di stimate classi dirigenti e propugnarono valori di solidarietà, di diffusione della piccola impresa, di coesione e di condivisione. A cento anni di distanza dalla costituzione della Cassa Rurale di Santa Sofia, questa è la storia di quelle persone e delle loro idee.



Mario Russomanno

Cent’anni di opportunità Il ruolo delle Casse Rurali a Santa Sofia per lo sviluppo della comunità


L’autore Mario Russomanno, autore di saggistica e narrativa, si è costantemente occupato di economia e di pubblicistica. Già Professore a contratto presso la Facoltà di Economia di Bologna, è attualmente Direttore della società Multifor. russomannomario54@gmail.com

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Indice Le Casse Rurali: una grande opportunità

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Fermenti nella Diocesi di San Sepolcro

pag. 9

Il Credito Cooperativo sorge a Isola

pag. 10

Don Pio Berni e la Cassa Rurale di Santa Sofia

pag. 19

Il clima è pesante

pag. 20

Un modello e una “governance” originali

pag. 22

Margini operativi ridotti

pag. 24

La missione

pag. 26

I cattolici non si arrendono

pag. 28

Il fascismo, avversario irriducibile

pag. 31

Un’anticipata ‘laicizzazione’

pag. 34

La guerra

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Il dopoguerra

pag. 37

La ricostruzione

pag. 38

Una classe dirigente al passo con i tempi

pag. 42

Si allarga la base sociale, cambiano le prospettive

pag. 44

Crollano i muri

pag. 48

Una donna sulla tolda di comando

pag. 54

Una diversa configurazione giuridica

pag. 56

Palazzo Giorgi, la nuova casa

pag. 61

Scenari di crescita

pag. 69

La Cassa Rurale, luogo di confronto e di elaborazione

pag. 72

La Cassa Rurale confluisce in BRC. L’intervento della Banca di Forlì

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Testimonianze:

pag. 79

Lavorare per il Credito Cooperativo è differente intervista a Rino Amadori

pag. 81

Dalla banchina dei preti alla moderna efficienza intervista a Claudio Bussi

pag. 83

Nessuno credeva in loro, seppero farsi apprezzare intervista a Luciano Foglietta

pag. 85

Conserviamo l’identità locale intervista a Jonny Grifoni

pag. 87

Lavorammo per la crescita intervista a Francesco Rossi

pag. 89

La Cassa Rurale fu il motore dello sviluppo intervista a Guido Sassi

pag. 91

Note dell’autore e ringraziamenti

pag. 93


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Orgogliosi di condividere questa Storia

Si festeggiano, nel 2015, i cento anni dalla Costituzione della Cassa Rurale di Santa Sofia. Si tratta di una ricorrenza molto importante per il territorio dell’alto Bidente, lo è anche per la nostra Banca perché siamo consapevoli di essere in contatto con una realtà nobile, densa di storia, di passioni civili e sociali, di tradizioni cristiane e solidali, di sostegno assicurato per un periodo lunghissimo alle popolazioni locali. Gli amici di Santa Sofia e di Galeata, giustamente, vanno fieri di quella Storia, del proprio impegno, di quello di coloro che li hanno preceduti, dei loro genitori, nonni, bisnonni. Anche noi, che pur non ne siamo stati protagonisti, ne andiamo fieri. Ecco perché abbiamo voluto, nei limiti di quanto oggi è possibile, ricordare, seppur sinteticamente, il percorso del loro Istituto di Credito. Ne abbiamo dato incarico a Mario Russomanno, esperto di economia e pubblicista, che già ha scritto a suo tempo la storia delle Casse Rurali di San Varano, di Malmissole e della nostra Banca. Ci ha riferito che il lavoro di ricerca è stato più impegnativo di quello della stesura del testo. Perché, per ragioni che non possiamo conoscere, non esiste più alcuna documentazione originale riferita alla Cassa Rurale di Santa Sofia. Verbali di Assemblea e di Consiglio, se si escludono gli ultimi quindici anni di attività, sono probabilmente andati definitivamente perduti. Ci si è quindi serviti di “fonti indirette”provenienti dai Tribunali, dalla Camera di Commercio, dalla soppressa Diocesi di San Sepolcro, dalla Diocesi di Forlì e Bertinoro. Ci si è basati sui giornali d’epoca, su testimonianze personali, su documenti e pubblicazioni di provenienze diverse. Comunque, il lavoro prodotto ci restituisce atmosfere e persone che


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valevano senz’altro la pena di essere riscoperte e regalate alle generazioni che non le conoscevano ed a quelle che verranno. Ritroviamo anche la storia della Cassa Rurale di Isola, di cui più nessuno ricordava l’esistenza e la cui vicenda fu determinante per la nascita e le scelte strategiche di quella di Santa Sofia. Siamo contenti di poter offrire questa storia alle comunità di Santa Sofia e di Galeata e alla Romagna perchè consente di riflettere ulteriormente su valori che in tanti condividiamo. E a noi della Banca di Forlì ci fa sentire ulteriormente orgogliosi di avere consentito, assieme agli amici di Santa Sofia e Galeata, ai soci e ai clienti, la continuità del Credito Cooperativo in quella terra splendida, ricca di economia, cultura, socialità e presidi ambientali. Domenico Ravaglioli

Presidente della Banca di Forlì Credito Cooperativo


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Le Casse Rurali, una grande opportunità Le ragioni per le quali, sul fare del Novecento, le comunità cattoliche attivarono un rilevante numero di Casse Rurali, particolarmente in Veneto, Lombardia, Toscana ed Emilia Romagna, sono così note da non necessitare di essere rivisitate. Ci limitiamo pertanto a ricordare che, sull’onda della Rerum Novarum, enciclica promulgata il 15 maggio 1891 da Papa Leone XIII con la quale la Chiesa prendeva posizione in ordine a questioni di giustizia economica e fondava, di fatto, la dottrina sociale, un vasto movimento di idee ed iniziative scosse le fila dei cattolici. Dopo che a lungo, su indirizzo delle autorità ecclesiastiche, essi si erano “astenuti” da quella rete di rapporti e comportamenti che, con linguaggio moderno, definiremmo impegno e partecipazione. Si trattò di una svolta epocale, decisa dalla Chiesa sia per uscire da un isolamento anacronistico, attribuibile al “sospetto” che si nutriva nei confronti dello Stato Unitario fin dai tempi della presa di Porta Pia, sia per non lasciare a movimenti anticlericali il monopolio della difesa dei ceti più deboli. Non c’era, alla base di questo nuovo atteggiamento, tuttavia, solo un disegno strategico ma anche una forte convinzione. Sull’argomento, fuori dalle consuetudini formali, Leone XIII esibiva idee assai ferme. Le parole da lui pronunciate nel corso di un’udienza ai Vescovi lo confermano: “Un piccolissimo numero di straricchi impone alla infinita moltitudine dei proletari un giogo poco meno che servile. Ciascuno faccia dunque la parte che gli compete e non s’indugi, il ritardo potrebbe rendere più malagevole la cura di un male già tanto grave”. Non meno


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determinato, su questi temi, si mostrò colui che gli successe al Soglio di Pietro, Pio X, che, scrivendo ad una congregazione di fedeli, affermò: “..occorre prendere sommamente a cuore gli interessi del popolo e particolarmente del ceto operaio ed agricolo, studiandosi di riasciugarne le lacrime, di raddolcirne le pene, di migliorarne la condizione economica con iniziative e provvedimenti…”. Insomma, nei primi anni del Novecento la Chiesa è in fermento, decisa a contrastare le disparità che si registrano nei processi economici, particolarmente nelle campagne, ove dilagano sfruttamento, usura, malattie. Molte cose, di conseguenza, s’avviano a cambiare. Perché la Chiesa è allora, tra le tante cose, una formidabile macchina organizzativa, in grado di trasferire in periferia i segnali provenienti dal Vaticano. E il terreno, nelle periferie rurali, si mostra fertile. I preti sono immersi nella difficile quotidianità della popolazione. Dunque le idee nuove che provengono da Roma risultano ben accette e, in Mons. Pompeo Ghezzi, Vescovo di San Sepolcro


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larga misura, attese. In questo scenario il modello delle Casse Rurali, propugnato in Italia dal visionario sacerdote don Luigi Cerruti, appare risposta efficace. Si ravvisa nella costituzione di quei “minuscoli” Istituti che vedono la luce all’interno delle canoniche e contano su una modestissima dotazione finanziaria, la rivoluzionaria possibilità di concedere credito a coloro che non hanno possibilità di ottenerne dalle banche “tradizionali”. Si offre ad un vasto numero di persone la speranza concreta di avviare un’esistenza decorosa in terra, nella attesa della pace promessa nel Regno dei Cieli. Per di più si opera in quelle campagne che, per millenaria tradizione, costituiscono bacino della fede cristiana. Rivitalizzando, dunque, mai sopiti sentimenti di appartenenza. Vescovi illuminati e un gran numero di sacerdoti si mettono al lavoro per promuovere, con entusiasmo miscelato a qualche dose di imprudenza, le Casse Rurali. Trasformando, talvolta troppo rapidamente, preti abituati ad avere a che fare con anime e liturgie in operatori del credito. E chiamando coloni e mezzadri ad assumere responsabilità illimitate nell’interesse collettivo.

Fermenti nella Diocesi di San Sepolcro Abbiamo raccontato, nel libro “Dalle Casse Rurali alla Banca di Forlì”, pubblicato nel 2011, come il Vescovo di Forlì Raimondo Jaffei avesse attivato un ciclo di iniziative, cominciando con la conferenza che don Luigi Cerruti tenne a Forlì il 4 Luglio del 1896 davanti a sacerdoti provenienti da Diocesi diverse, concretizzatesi nella costituzione, nel giro di un decennio, di quattordici Casse Rurali nell’area forlivese. Le cose procedettero, di lì a non molto, anche nella Diocesi di San Sepolcro, alla quale apparteneva Santa Sofia. Era una Diocesi importante, si estendeva per una superficie di 2.600 chilometri quadrati, comprendeva gli attuali comuni di Sansepolcro, Monterchi, Caprese Michelangelo, Pieve Santo Stefano, Badia Tedalda e Sestino in Toscana e quelli di Bagno di Romagna, Santa Sofia e Galeata in Romagna; inoltre varie parrocchie erano comprese nei comuni di Anghiari e Chiusi della Verna nella zona toscana, di Verghereto nella zona romagnola e di Borgo Pace nelle Marche. Contava ben 135 parrocchie all’interno delle quali operavano 216 sacerdoti. Alla guida della


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Diocesi viene chiamato, nel 1911, il milanese Pompeo Ghezzi. È uomo di studi teologici ma anche di azione. Ha per la testa il riscatto dei ceti sfruttati e crede nel modello cooperativo. Ha attivato a Treviglio una cooperativa tra contadini per la gestione in affitto di terra coltivabile che costituisce una delle prime esperienze del genere in Italia. Non stupisce dunque apprendere che, quando assume la guida della Diocesi nel clima surriscaldato che lui stesso descrive in una lettera ai familiari (“da queste parti è altissima la tensione tra i cattolici e i gruppi di area socialista e massonica”), si dedichi a iniziative sociali e alla promozione delle Casse Rurali. Il Vescovo si adoperò affinchè sorgessero Casse Rurali a Santa Sofia, Isola e Galeata. Di quel che successe a Santa Sofia diremo in seguito. Della costituzione di una Cassa Rurale a Galeata non abbiamo riscontro anche se non possiamo escluderla.

Il Credito Cooperativo sorge a Isola Siamo invece in grado di certificare la costituzione, avvenuta nel 1911, e la operatività protrattasi fino al 1930, di una Cassa Rurale a Isola di Santa Sofia. Allocata nel complesso della Chiesa di Santa Maria in Cosmedin che fu gravemente danneggiata dal terremoto che colpì Santa Sofia nel 1918 e riaperta al culto il 17 Giugno 1922 nel corso di una cerimonia patrocinata dal parroco don Vincenzo Ruscelli. Nel nostro racconto alcune figure risultano particolarmente importanti. Tra esse si stagliano quelle di don Vincenzo Ruscelli e di don Pio Berni. I due sacerdoti furono determinanti per ciò che si realizzò nella alta valle del Bidente, considerata la prudenza con cui si stava organizzando, in Toscana, il movimento cattolico. Basti pensare che nel 1911 l’Emilia Romagna contava già 218 Casse Rurali che vantavano una base complessiva di ben 15.000 soci mentre nella intera Toscana erano presenti solo 31 Casse Rurali con meno di 1800 soci. Aggiungiamo che la costituzione della Cassa Rurale a Isola, località anche allora periferica, costituì nel 1911 una sfida considerando che solo 28 Casse Rurali erano complessivamente operanti nella intera Romagna, dislocate, per di più, in centri popolosi come Faenza, Forlì, Cesena, Rimini e nelle limitrofe zone pianeggianti. Senza quei due sacerdoti il Credito Coope-


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Don Vincenzo Ruscelli

rativo a Santa Sofia e dintorni, dunque, non sarebbe nato. Anche perchè le condizioni politiche si presentavano ostili. Più avverse di quanto si registrasse altrove, detto che ovunque le Rurali dovettero affrontare inimicizie decise e preconcette, sia da parte della classe padronale sia, soprattutto, da parte di movimenti politici che perseguivano l’avvento di una giustizia sociale di stampo rivoluzionario. Movimenti che vedevano nella Chiesa un ostacolo al cambiamento e che giudicavano inaccettabile che essa “pretendesse” di occuparsi di qualcosa di di-

verso dalla cura delle anime. Sappiamo, dando la notizia della costituzione della piccola banca a Isola, di sorprendere i tanti che hanno a cuore la storia del Credito Cooperativo. Nessuno, infatti, tra coloro che abbiamo avuto il piacere di incontrare in questo periodo, ha mai saputo della esistenza della “Cassa Rurale dei Depositi e dei Prestiti di Isola di Santa Sofia”, costituita con Atto del Notaio Pietro Luigi Almerigi, professionista che provvederà anche alla stesura, nel 1915, dell’Atto Costitutivo della Cassa Rurale di Santa Sofia e consuocero del primo Presidente di quest’ultimo Istituto, Agostino Naldini. Non nutriamo, tuttavia, alcun dubbio: cercando negli archivi parrocchiali (grazie alla cordiale disponibilità dell’attuale parroco di Santa Sofia don Giordano Milanesi) ci siamo imbattuti in un “quaderno” degli anni Venti che riporta notizie sulle attività della Parrocchia di Isola, il cui estensore era molto probabilmente don Vincenzo Ruscelli. Gli appunti offrono informazioni sulle associazioni cattoliche, sui restauri della Chiesa e sull’attività della Cassa Rurale. Inoltre, abbiamo reperito presso il Tribunale di Forlì l’atto di scioglimento della Cassa


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Rurale di Isola, costituita il 15 Agosto 1911 per impulso dello stesso don Ruscelli, instancabilmente attivo nel campo sociale e del quale vale la pena approfondire la conoscenza. Lo facciamo usando il tempo presente. Don Vincenzo, nato a Monteguidi nel 1875, è uomo caritatevole. Ma è anche un poliedrico organizzatore, un agitatore di coscienze la cui attività pastorale sconfina frequentemente nel campo della politica. Ci pare illuminante, per darvi conto della sua personalità, un episoLa chiesa di Isola dio riportato dalle antiche cronache de “Il Momento”, settimanale cattolico forlivese. È il 17 Giugno 1922, si procede alla parziale inaugurazione della Chiesa. È un giorno di festa e di orgoglio per gli abitanti della zona, che i documenti del Comune, curiosamente, indicano come “popolo dell’Isola”. Partecipano alla cerimonia, tra gli altri, i responsabili della Cassa Rurale di Isola e di quella di Santa Sofia. Non possiamo affermare che i due Istituti abbiano contribuito alle spese per i lavori di ripristino della Chiesa. Di certo lo hanno fatto, con risorse personali, cattolici che hanno responsabilità all’interno delle due Casse Rurali. La cerimonia è allietata dalla esibizione della scuola di canto femminile diretta dalla Maestra Diamantina Bravi. Ebbene, di fronte alle autorità convenute, al termine della funzione religiosa, don Ruscelli annuncia di avere ricevuto un telegramma “dall’Onorevole Sottosegretario Martini che annuncia che la Corte dei Conti ha autorizzato il versamento al Comune di 320.000 lire” al fine di dare inizio ai lavori per la costruzione della strada che collegherà Santa Sofia a Stia, attraversando Isola, Corniolo, la Campigna. Strada attesa da tanto per sostituire le mulattiere sulle quali si avventura il


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traffico. Segue alla comunicazione un fragoroso applauso dei presenti, come prevedibile. Don Ruscelli annuncia poi la realizzazione a Isola, anche con il contributo della Cassa Rurale, di un asilo per bambini intitolato al Pontefice Pasquale II, salito al Soglio di Pietro nel 1099 e originario del castello di Bleda. L’asilo sorse effettivamente e rimase attivo per un periodo non breve visto che abbiamo riscontrato la notizia, sfogliando la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia del 13 Luglio 1933, della “Erezione in Ente Morale della Fondazione asilo infantile Pasquale II e della Scuola femminile di lavoro con sede a Isola di Santa Sofia”. Tornando alla strada, non sfugge la singolarità dell’evento: è un sacerdote a dare annuncio alla comunità del finanziamento statale di un’opera pubblica tanto importante. Un comportamento irrituale che testimonia la “esuberanza”, forse l’ingenuità, di don Ruscelli e che la dice lunga sul particolare clima: la presenza dei cattolici si va faticosamente affermando nel consesso civico tra dispute, tentativi di emarginazione e incidenti di protocollo. Ruscelli poi, detto con l’ammirazione che pur desta in noi la sua figura, non è uomo, nè amministratore, prudente: le spese per i lavori di ripristino della Chiesa e quelle per l’adattamento dei locali ove operavano le organizzazioni cattoliche risultarono fin troppo ingenti. Avrebbero dovuto essere coperte, nei programmi del sacerdote, da 75.000 Lire di fondi statali che arrivarono solo in parte. Don Ruscelli contava poi su 45.000 Lire che il Comune doveva alla Parrocchia a causa di espropri di terreni e che non si materializzarono mai. Cattolici benestanti come Agostino Naldini di Camposonaldo e Candido Michelacci di Corniolo (rispettivamente primo e secondo Presidente della Cassa Rurale di Santa Sofia), e probabilmente altri, supportarono personalmente, firmando anche cambiali, l’iniziativa di don Ruscelli. Il gentilissimo figlio di Candido, Mauro Michelacci, già Primario dell’Ospedale Sant’Orsola a Bologna, ci ha raccontato che il padre, con cadenza settimanale, si recava dopo cena ad aiutare don Vincenzo a “mettere a posto i conti” nella canonica semi buia di Isola, spesso portando con sé, in calesse, il piccolo Mauro. Ma la situazione finanziaria rimase a lungo delicata. Tanto che il cruccio per quei debiti condannò il sacerdote, che pur aveva impegnato in quell’avventura i propri beni, ad una esistenza di ristrettezze materiali. Che non minarono la vocazione sociale di quell’amatissimo sacerdote. Di cui tutto si può dire e


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scrivere meno che fosse un opportunista. Della Rurale di Isola non conosciamo i fondatori. Riportiamo tuttavia il verbale della Assemblea di scioglimento che si tenne il 30 Marzo 1930. Comprendente un elenco di amministratori e di soci attivi nel 1930. Tutti i nomi che compaiono in questo libro potranno suscitare emozioni e curiosità. E suggerire ai contemporanei riflessioni e ricerche che a noi non sono state possibili.

CASSA RURALE DI PRESTITI E RISPARMI DELL’ISOLA S. Sofia - Forlì. Costituita il 15 Agosto 1911 Verbale della 24a adunanza dell’Assemblea Ordinaria e Generale dei Soci, tenuta il giorno 30 Marzo 1930 alle ore 17 colle debite prescrizioni del Codice di Commercio e dello Statuto Sociale per discutere il SEGUENTE ORDINE DEL GIORNO: 1) Relazione dei Sindaci; 2) Approvazione del bilancio consuntivo precedente; 3) Scioglimento legale della società; 4) Nomina dei Liquidatori; 5) Proposte varie. Sono presenti i Sigg. Amministratori Geom. Lorenzo Versari, Afredo Calbi, Ellero Boscherini, Giovanni Fabbri, Francesco Cavallucci, Ruffillo Conficconi, don Vincenzo Ruscelli, Giuseppe Ruscelli, Paolo Fabbri, Sesto Grifoni. L’Assemblea nomina Presidente della Seduta il Sig. Geom. Lorenzo Versari, a Segretario Don Vincenzo Ruscelli, a Scrutatori Ellero Boscherini e Francesco Cavallucci. Il Presidente dichiara aperta la seduta e dà la parola al Capo Sindaco Ellero Boscherini il quale legge la seguente relazione: Egregi Soci il Bilancio consuntivo che vi presentiamo è quello stesso approvato l’anno scorso. Presa visione dei registri di Amministrazione vi diciamo che al 31 Dicembre 1929 nessuna operazione è stata fatta nell’anno scorso. Solamente a titolo di formalità legale vi esponiamo il seguente bilancio consuntivo che si chiude con un’attività di Lire 263,72 come appresso:


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ATTIVITÀ Numerario in cassa Denaro disponibile presso Banche Mobili e spese d’impianto Totale delle attività

Lire " " Lire

118,72 25,00 60,00 263,72

PASSIVITÀ Fondo di riserva e quote sociali Utile dell’esercizio precedente Totale delle passività

Lire " Lire

122,28 141,44 263,72

L’Assemblea prende visione e approva. Il Presidente pone in discussione lo scioglimento legale della Società. L’Assemblea dopo breve discussione approva lo scioglimento legale della Società e delibera di nominare a procuratore per le relative pratiche il Sig. Avv. Giovanni Braschi di Forlì. Finalmente, l’Assemblea passa alla nomina dei liquidatori. Sono eletti a unanimità i Sigg. Geom Lorenzo Versari, Don Vincenzo Ruscelli, Francesco Cavallucci. A sindaci effettivi Ellero Boscherini, Ruffillo Conficconi, Gaspero Ravaioli; a supplenti Giovanni Fabbri, Alfredo Calbi. Esaurito l’ordine del giorno la seduta è tolta. Letto, approvato, firmato.

Il Presidente F.to Geom Lorenzo Versari

Il Segretario F.to D. Vincenzo Ruscelli

I Sindaci Ellero Boscherini Giovanni Fabbri Ruffillo Conficconi

Gli Scrutatori Ellero Boscherini Francesco Cavallucci

ELENCO DEGLI AMMINISTRATORI PRESENTI ALLA ASSEMBLEA: Lorenzo Versari di Luigi, S. Sofia 6/03/1900, Giuseppe Boscherini fu Alberto, S. Sofia 22/12/1870, Sebastiano Calcini fu Giuseppe, S. Sofia 22/02/1863, Gaspero Ravaioli fu Natale, S. Sofia 18/08/1878, Domenico Ghirelli fu Giuseppe, S. Sofia 26/07/1882, Francesco Cavallucci fu Giovanni, S. Sofia 5/04/1885, Agostino Fabbri fu Marco, S. Sofia 19/02/1898, Carmelo Battistoni fu Paolo, S. Sofia,


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don Vincenzo Ruscelli, Marco Sassi, di Ettore, nato a Bagno e domiciliato a S. Sofia, Giovanni Ruscelli fu Innocenzo, Bagno di Romagna, don Lorenzo Portolani fu Francesco, Bagno di Romagna, Vincenzo Romualdi fu Ottavio, S. Sofia, Anselmo Agnoletti fu Francesco, S. Sofia, Giovanni Grifoni fu Michele, Bagno di Romagna, Giuseppe Nanni fu Guglielmo, S. Sofia, Giuseppe Ruscelli fu Innocenzo, nato a Bagno e domiciliato a S. Sofia, Alfredo Calbi di Ignoti, nato a Figline e domiciliato a S. Sofia, Italo Stradaioli fu Giuseppe, S. Sofia, Giuseppe Nobili fu Enrico, S. Sofia, Ignazio Grifoni fu Ignazio, S. Sofia, Giulio Schiumerini fu Morenzo, S. Sofia, Sesto Grifoni fu Michele, Bagno di Romagna, Andrea Fabiani fu Luigi, S. Sofia, Alcide Stradaioli fu Giuseppe, S. Sofia, Rufillo Conficoni di Bartolomeo, S. Sofia, Benvenuto Cavalucci fu Giovanni, S. Sofia, Rinaldo Boscherini fu Alberto, S. Sofia, Domenico Mariotti fu Sebastiano, S. Sofia, Paolo Fabbri di Stefano, S. Sofia, Giovanni Fabbri di Stefano, S. Sofia, Francesco Cavallucci fu Giovanni, S. Sofia, Ellero Boscherini di Giuseppe, S. Sofia, Giamberto Ferrosi di Ignoti, nato a Firenze e domiciliato a S. Sofia, Giovanni Boscherini fu Alberto, S. Sofia.

Rilevato che il verbale parla di amministratori ma che è probabile si tratti, in realtà, di un elenco di soci; che Lorenzo Versari fu l’ultimo Presidente della società e che don Vincenzo Ruscelli ne era il Segretario, che le pratiche legali venivano affidate a Giovanni Braschi, avvocato forlivese che, dopo il fascismo, sarà eletto Senatore della Democrazia Cristiana, azzardiamo qualche considerazione in ordine allo scioglimento della cooperativa. L’attività dell’Istituto risultava, nell’ultimo anno, azzerata. C’è da considerare che due Istituti simili (nel 1915 era sorta la Rurale di Santa Sofia) difficilmente avrebbero potuto sostenersi in un ambito limitato, nel quale per di più operavano, con ben maggiore capacità di penetrazione nel mondo della borghesia e degli affari, il Credito Romagnolo e la Cassa dei Risparmi. Ma le ragioni dello scioglimento non furono esclusivamente di natura economica. Il fascismo osteggiava apertamente le Rurali, nelle quali ravvisava uno spirito identitario e una autonomia che reputava intollerabili. Inizialmente il regime provò a controllarne l’iniziativa, tanto che nel 1926 il Governo, emanando i “Decreti a Difesa del Risparmio”, indicò che nei Consigli di Amministrazione delle Casse Rurali fossero inserite “persone di provata fede fascista”. Poi passò a modi più bruschi. Le pressioni a chiudere


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bottega divennero intense e si sommavano alle perturbazioni economiche e alla difficoltà della gestione bancaria, talvolta affidata a persone non all’altezza. Non dobbiamo dimenticare che la “governance” di tante Rurali era costituita da contadini e preti digiuni di cultura amministrativa. Con il risultato che le Casse Rurali, che in Emilia Romagna nel 1922, erano 388, nel 1935 si ridurranno a 188. Nel 1950 nella nostra Regione se ne L’avvocato Giovanni Braschi in una immagine contavano in tutto 61. Abbiamo descritto nel libro degli anni ‘50. “Dalle Casse Rurali alla Banca di Forlì” come oggetto delle pressioni esercitate dai fascisti fossero stati anche i piccoli Istituti di San Varano e di Malmissole. Negli anni Trenta don Michele Alessandrini, fondatore della Rurale di San Varano, e don Guglielmo Prati, uomo forte di quella di Malmissole, furono costretti a dimettersi dai loro incarichi in seno alle Rurali per decisione delle autorità ecclesiastiche sulle quali si esercitava l’insistenza del regime. Entrambi i sacerdoti, di nascosto, continuarono tuttavia a sostenerne l’attività ed è questa la principale ragione per cui esse sopravvissero. Non ci sentiamo di escludere che qualcosa del genere sia successo a Isola. La Cassa Rurale formalmente scomparve, come abbiamo constatato. Circostanza che non deve stupirci, visto che alla già descritta avversione del regime per le Rurali si aggiungeva quella, specifica, per il modo di fare di don Ruscelli. Non era uomo capace di coltivare buoni rapporti con il potere politico. Infatti era riuscito, dieci anni prima, a farsi altrettanto malvolere dall’universo socialista: nel 1920, in presenza di due “leghe rosse” da tempo operanti a Isola, una di operai, l’altra di contadini, il sacerdote aveva organizzato una Cooperativa di lavoro ed un Circolo popolare che contava ben 48 soci. Suscitando ire e minacce. Quello stesso nucleo


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di persone che lo seguiva con fiducia gli venne rinfacciato più avanti anche dal regime fascista che inserì don Ruscelli nella lista degli epurandi. Tanto che nel 1931 Candido Michelacci, rispettato nella intera Romagna toscana, dovette prendere carta e penna per scrivere al Prefetto di Forlì, al Vescovo ed al Segretario Provinciale del Fascio: “con vivo dolore debbo comunicare che la locale sezione del Partito Fascista ha proposto alle autorità di Pubblica Sicurezza di allontanare dalla Parrocchia dell’Isola il reverendo don Vincenzo Ruscelli accusandolo di essere antifascista perché in quella parrocchia poco ha attecchito il fascismo e perché gli hanno trovato 40 tesserati tra uomini e giovani cattolici”. La perorazione ebbe il suo effetto e scampò a don Ruscelli l’allontanamento. A suo favore si mosse anche il Vescovo di Forlì, Raimondo Jaffei, che aveva caldeggiato la nascita delle Casse Rurali forlivesi e che continuava a propugnarne il modello. Jaffei scrisse al Prefetto di Forlì chiedendo che “potessero continuare la loro attività la cooperativa di consumo di Biserno, la Cassa Rurale di Isola e la attigua cooperativa di lavoro”. Ciò nonostante il 31 Maggio 1931 i Carabinieri si presentarono a Isola e verbalizzarono che don Ruscelli era “notoriamente alla guida di 20 fanciulli e 20 uomini cattolici i quali si riunivano in canonica”. Sequestrarono i gagliardetti e intimarono lo scioglimento della associazione, diffidando don Ruscelli dall’occuparsene. Poiché la Cassa Rurale era parte di quel mondo così pesantemente messo in discussione capiamo meglio perché l’anno precedente fosse stata posta in liquidazione. Ma ritornava l’antica questione: i mezzadri, i coloni, gli operai venivano ricacciati nella impossibilità di accedere al credito. E allora azzardiamo un’ipotesi: sotto traccia, lì come altrove, preti coraggiosi e cattolici inossidabili continuarono l’attività della Rurale. Lo diciamo avendo riscontrato che la Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, il 2 Giugno 1934, darà notizia della “inflizione di una pena pecuniaria ai liquidatori della Cassa Rurale di Isola di Santa Sofia”. In quegli anni le sanzioni comminate agli Amministratori delle Casse Rurali erano frequenti ma riferite alle attività d’istituto. Pertanto una sanzione inflitta ai liquidatori ben quattro anni dopo lo scioglimento della società, lascia aperta una suggestione: che l’attività del piccolo istituto non fosse del tutto cessata. Sparute, clandestine iniziative creditizie potrebbero essere continuate, governate dalla testardaggine di don Vincenzo Ruscelli e dalla tenacia degli amministratori.


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Don Pio Berni e la Cassa Rurale di Santa Sofia È in questo clima che si muoveva anche, in quegli stessi anni, l’iniziativa della Cassa Rurale di Prestiti e Risparmi di Santa Sofia, costituita il 7 Gennaio 1915 per impulso di un sacerdote che profonde tracce di sé ha lasciato nella Santa Sofia del Novecento, don Pio Berni. Per capire quale tempra d’uomo fosse ci affidiamo alla magistrale penna di Luciano Foglietta, giornalista e scrittore scomparso nel 2015, una delle voci più autorevoli che Santa Sofia abbia vantato nel Novecento. Foglietta, nel 1980, tracciò un nitido ritratto di Pio Berni per il Resto del Carlino, quotidiano di cui resse, in periodi diversi, le redazioni di Forlì e di Cesena. “A Santa Sofia i più anziani lo ricordano ancora quel prete alto dal viso severo e dagli occhi buoni. Don Pio Berni era un uomo tutto di un pezzo, addirittura granitico nel campo morale e della fede. Era nativo dell’Alta Val Savio. Resse la parrocchia di Santa Sofia per ben 38 anni. Fu lui, nel 1915, ad aprire lo sportello della Cassa Rurale ed a stimolarne la crescita per favorire la classe dei rurali. Morì nel 1936 per una grave forma di diabete. Lasciò tutto quel che possedeva alla sue “istituzioni”. Dopo tre anni di cappellania a Pieve Santo Stefano, venne mandato a reggere la parrocchia più turbolenta ed anticlericale della Diocesi: Santa Sofia. Era l’anno 1898. Proprio in quel periodo il paese era stato posto in Stato d’Assedio. Vi era stato inviato un battaglione dell’Esercito Italiano che aveva disarmato la popolazione e aveva proceduto ad una ventina d’arresti tra anarchici e socialisti. Il tutto in concomitanza con i fatti di Milano, quando Bava Beccaris fece sparare sulla folla dei dimostranti Mons. Pio Berni provocando una strage. I preti, per


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i cosiddetti “sovversivi”, erano alleati dell’odiata borghesia e quindi anche Don Pio Berni fu isolato, messo in croce. Ma lui non conosceva la paura. Superò infinite bufere, collettive e personali. Venne più volte calunniato. Si disse perfino che aveva barattato, a scopo di lucro, una statua antica e preziosa della Madonna con una di cartapesta. È la stessa statua della Vergine che, una volta, gli iconoclasti buttarono nel fiume durante una processione mentre un’altra volta, da una finestra, gli fu gettato un cane sopra il baldacchino. Ma lui non mollava. Fece partire la processione anche quando, di notte, per la festività del Corpus Domini, trovò che il portone della chiesa era stato inchiodato. E ogni volta erano botte. Intervenivano i carabinieri per dividere i contendenti. I fedeli si difendevano e a volte attaccavano, le donne infatti brandivano i grossi ceri che portavano in mano. E lui, don Pio, duro, coriaceo. Continuò imperterrito nella sua opera di apostolato aiutando vedove e orfani durante i tre anni della prima guerra mondiale. Curò, da Vice Presidente, l’Opera Pia che gestiva l’Ospedale Nefetti. Poi una nuova prova. Il terremoto del 10 novembre 1918 che fece crollare la chiesa di Santa Lucia. Morti e feriti, nel tempio, tra cui diversi bambini. Ma lui non si perse d’animo, fu tra i primi soccorritori. Poi fu in prima linea per la ricostruzione. Riedificò la parrocchiale ma anche decine di chiese e canoniche del contado. Lui s’era stabilito in una baracca e lì celebrava le Messe. Poi fece risorgere, più belli di prima, gli edifici dell’asilo infantile, della casa di riposo, dell’ospedale. Il suo ritratto campeggia tuttora nello scalone che mena alla grande sala delle riunioni nella sede della Banca di Credito Cooperativo”.

Il clima è pesante Questo, dunque, il personaggio, don Pio Berni. E quelli i tempi. Aggiungiamo che quando nasce la Cassa Rurale le cose, in quanto a inquietudini politiche e avversione al cristianesimo, non vanno meglio. Ha visto la luce a Santa Sofia, il 31 gennaio 1909, La scopa, “giornale anticlericale della romagna appenninica”, diretto da Torquato Nanni. Il giornale propone ai lettori di ispirazione socialista e anarchica, divisi abitualmente su tutto, un obiettivo condivisibile: “uniamoci contro il nostro comune nemico, la dominazione pretina”. Il periodico otterrà largo seguito anche oltre i confini comunali. Insomma se c’è un luogo dichiaratamente ostile alla chiesa, quello


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è Santa Sofia. Ove tuttavia, va riconosciuto, sussistono buone prassi indirizzate alla diffusione di opportunità. A inizio Novecento l’associazionismo è infatti diffuso a Santa Sofia. Le leghe fra contadini e braccianti, le società di mutuo soccorso e di produzione e lavoro costituiscono esperienze sperimentate in anticipo rispetto ad altri territori. Gli indirizzi di chi ha in mano le leve pubbliche risultano conseguenti. Sfogliando registri dei Comuni di Mortano e Santa Agostino Naldini Sofia abbiamo infatti riscontrato iniziative a favore dei minori, dei meno abbienti, del lavoro femminile etc, che caratterizzano quelle Amministrazioni in senso decisamente moderno. Insomma, coloro che reggono la Cosa pubblica sono convinti delle proprie scelte. Di dare spazio alla Dottrina Sociale non ci pensano perché, anche al di là delle divisioni ideologiche, non ne ravvisano la necessità. Stati d’animo di cui don Berni è consapevole ma che giudica frutto di un modello politico aprioristicamente ostile al cattolicesimo. Don Pio alza frequentemente la voce dal pulpito, pronunciando frasi come questa “siamo tacciati di fanatismo e istigazione. Mentre i partiti combattono qualsiasi principio religioso al fine di condurre l’operaio all’ateismo e al disordine”. Berni, che ha fondato l’Azione Cattolica in una vasta area che va da Borgo San Sepolcro fino a Bertinoro, capisce tuttavia che solo la realizzazione di iniziative concrete permetterà di dare voce alla Chiesa presso gli strati più deboli della popolazione. Nel 1913 propone ai cattolici una assicurazione per gli infortuni sul lavoro a favore dei coloni e una commissione di arbitrato. Ha dunque, nel giro di alcuni anni, valutato quale possa essere l’impatto di iniziative sociali di ispirazione cristiana. Quando programma la realizzazione della Cassa Rurale sa dunque di non potere contare sul consenso cittadino: la povera gente è impegnata in altre


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beghe, mentre i ceti istruiti sono concentrati sulle accese dispute politiche in atto. Nel 1914, anno che precede quello della costituzione della banca, l’Amministrazione comunale è stata commissariata dal Prefetto. Si parla di irregolarità, s’adombrano illeciti comportamenti degli Amministratori. Nel paese, luogo di transito fra regioni e culture diverse, affollato di luoghi di ritrovo e di osterie, la discussione è accesa. Di certa c’è solo la proverbiale irrequietezza del confronto politico. Il Commissario, Umberto Petrognani, quindi, dopo un breve periodo di gestione, non può che indire nuove elezioni che si tengono il 29 Novembre 1914 e che decretano una ulteriore vittoria socialista. Nel nuovo consiglio comunale guidato da Torquato Nanni, non figura alcun esponente del pensiero cattolico. Questi i consiglieri eletti: Giovanni Fabbri, Ottorino Cenni, Angiolo Satanassi, Orazio Lotti, Domenico Barzanti, Stefano Castellucci, Giovanni Romualdi, Benvenuto Biondi, Angelo Berni, Alfonso Framattei, Antonio Ambrongi, Marco Sassi, Tullio Mosconi, Giuseppe Nanni, Giulio Fabbri, Alcide Stradaioli, Carmelo Battistoni, Giovanni Agnoletti, Giuseppe Galeotti. Insomma, la Cassa Rurale, costituita il 7 Gennaio 1915 con l’obbiettivo prefissato nello statuto di rimanere operativa fino all’anno 2000, non è salutata con favore dalla maggioranza dei santasofiesi, tanto meno dalle elites culturali e politiche. Ecco perché don Berni si affida a uomini di Camposonaldo, Corniolo e di altre località periferiche.

Un modello e una “governance” originali Cerchiamo di capire, avendo appurato l’esistenza della Cassa di Isola, se tra le due Rurali intercorressero rapporti. Molto probabilmente sì, anche se i gruppi dirigenti avevano provenienze diverse. A Isola gli Amministratori erano quasi tutti del luogo. Coloro che guidavano la Rurale di Santa Sofia provenivano invece in maggioranza da Camposonaldo e da Corniolo, altri da Santa Sofia, da Bagno di Romagna, da Premilcuore. È però da escludere che i rispettivi gruppi dirigenti, almeno occasionalmente, non si frequentassero. Tra Isola, Camposonaldo, Sasso, Corniolo, etc c’erano pochi chilometri di distanza e, anche se la mobilità era limitata, si trattava di persone che condividevano valori e occasioni di ritrovo festivo o liturgico. Senza contare che i


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ragazzi che superavano la scuola elementare convergevano in un istituto scolastico allocato a Santa Sofia nello stabile ove oggi ha sede la Guardia Forestale. In qualche occasione i dirigenti collaborarono, come riporta nelle proprie cronache “Il Momento”; non possiamo affermare che ciò avvenisse sistematicamente. Siamo invece certi che Naldini e Michelacci, pilastri della Rurale di Santa Sofia, interagirono con quella di Isola offrendo sostegno a don Il notaio Almerigi Vincenzo Ruscelli. E qui s’innesta la principale differenza, in quanto a compagine sociale, tra i due Istituti. La Rurale di Isola ha una base composta in maggioranza da coloni e mezzadri. Quella di Santa Sofia è invece guidata fin dall’inizio da uomini che sanno “fare di conto”, abituati a intrecciare rapporti e a cogliere opportunità. Per quel che sappiamo delle origini delle Casse Rurali si tratta di circostanza rara, frutto di una ponderata scelta di don Berni. Che è, non dimentichiamolo, il Proposto, una sorta di Vicario del Vescovo nella vasta comunità cristiana di Santa Sofia e dintorni, che conosce a fondo le 27 parrocchie su cui ha responsabilità, che ha presenti realtà sociali ed economiche. Tanto più che è vice Presidente dell’Ospedale, della Casa di Riposo e dell’Asilo infantile. Ha seguito da vicino l’esperienza della Cassa di Isola, ne ha percepito la difficoltà. Si è reso conto che per guidare una banca servono conoscenze adeguate. È riflessivo e colto, immagina le difficoltà che potrà incontrare la costituenda Cassa Rurale di Santa Sofia. E, dunque, ne condivide il progetto con uomini che giudica attrezzati per affrontarle. Che, aggiungiamo, non sono pochi. Fonti documentali della Diocesi di San Sepolcro riferiscono di 48 soci fondatori. Un numero consistente, più alto di quanto succedesse abitualmente nelle Casse Rurali, che fa pensare ad un’attenta preparazione dell’iniziativa.


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Nell’Ottobre dello stesso 1915 è convocata l’Assemblea dei soci che procede alla elezione del primo Consiglio di Amministrazione, guidato dal Presidente Agostino Naldini. Il vice Presidente è un sacerdote, don Agostino Cavallucci. I consiglieri sono Domenico Boscherini, Giovanni Bovicelli, don Pietro Gigli, Gabriello Mordenti, Vittorio Zanobi. I Sindaci sono don Sante Casamenti, Vincenzo Naldini e don Giovanni Spighi. I loro supplenti don Giovanni Spighi sono Giovanni Arpinati e Lorenzo Cavallucci. Don Berni sa di chiedere loro molto, anche considerando la natura del contratto sociale, esteso non solo agli amministratori, che prevede la responsabilità illimitata e personale. Non si tratta di contadini poveri ma di persone che di qualche capitale dispongono e che dunque mettono in gioco la serenità familiare acquisita.

Margini operativi ridotti Agostino Naldini incarna l’idea “manageriale” che ci siamo fatti della piccola banca. Di lui abbiamo potuto parlare con la figlia, la deliziosa Olga Naldini Almerigi, che vive a Forlì nella casa della gentilissima figlia Franca. Agostino era nato il 25 Aprile del 1877, aveva 18 fratelli ed era sempre vissuto a Camposonaldo, piccolo centro a quattro chilometri da Santa Sofia, ove conduceva l’azienda agricola che insisteva sul Podere Ronco di Pesco. Con fiuto per gli affari e occhio rivolto alle innovazioni, compresa la bachicoltura. Sua madre era una Drei e poteva fregiarsi del titolo di Contessa. Lui era di convinzioni liberali. I grandi giornalisti Alberto e Giancarlo Mazzuca, figli di


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La famiglia Naldini. La piccola di casa è Olga, alla sua destra la sorella Maria, madre di Alberto e Giancarlo Mazzuca. Alle sue spalle la sorella Agnese madre di Francesco Rossi.

una delle figlie, ne conservano ricordi affettuosi legati a quando nonno Agostino dispensava principi elementari di cultura economica ai nipoti bambini. Metterà al mondo tre figlie, sopravviverà alla moglie per circa vent’anni. Conoscerà vicissitudini, basti pensare che nel 1916, a 39 anni, con una famiglia sulle spalle e già Presidente della Rurale, sarà richiamato al fronte ove vivrà per quasi due anni in trincea. Quando assume la Presidenza sa che la vocazione dell’Istituto è quella di dare credito a coloro che portano in garanzia non altro che buona volontà e rispetto della parola data. Ma, come don Berni, vuole che la banca non costituisca un esperimento velleitario. Si batterà affinchè essa trovi un proprio mercato, anche all’interno dei ceti produttivi. Obbiettivo non facile. La Rurale deve limitarsi a effettuare, per disposizioni normative, solo un ridotto numero di operazioni tra quelle che appartengono


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alla prassi bancaria. Inoltre sulla “piazza” di Santa Sofia sono insediate almeno due banche di consolidate tradizioni: la Cassa dei Risparmi, cui si rivolgono i ceti commerciali (perfino a Camposonaldo, ove la famiglia Rossi, la più autorevole assieme a quella Naldini, ne è cliente e dei servizi offerti dalla piccola Rurale non vuole saperne) e il Credito Romagnolo, riferimento della gerarchia ecclesiale nell’area che va da Bologna a Rimini e che a Santa Sofia, lo abbiamo appurato sfogliando i faldoni dell’archivio municipale, assicura il servizio di tesoreria al Comune. Scorrendo “Il Momento”, poi, ci siamo accorti dell’importanza che la banca guidata dal Conte Giovanni Acquaderni attribuiva a Santa Sofia. Tra gli anni Dieci e Venti è costantemente presente, nel settimanale della Diocesi forlivese, la pubblicità del Credito Romagnolo: tra le “réclames” delle macchine da scrivere Olivetti, del Ferrochina Bisleri, dell’innovativo grafofono Columbia acquistabile ad una lira al giorno, del liquore Laville utile contro gotta e reumatismi, delle stufe in cotto Becchi, si segnala per continuità quella della banca bolognese che ribadisce di avere insediato in Romagna “stabilimenti” (sedi strutturate, non semplici filiali) esclusivamente a Forlì, Cesena, Rimini, Ravenna, Faenza, Riccione, San Pietro in Vincoli, Savignano e, per l’appunto, Santa Sofia. Il paese è infatti non solo politicamente ma anche economicamente vivace ma la strada, per la Rurale, è in salita. La piccola banca non è il riferimento della borghesia, non lo è per quei contadini e operai che guardano con sospetto alla Chiesa e che costituiscono la maggioranza dei lavoratori. Per di più, i primi anni di attività coincidono con la Grande Guerra e con il terribile terremoto che scuote Santa Sofia nel 1918.

La missione Ma quali erano gli obbiettivi dei dirigenti? Non essendoci un modello consolidato cui riferirsi, cosa pensavano di proporre alla propria gente? A capirlo ci aiuta un libretto di cui abbiamo trovato traccia negli archivi parrocchiali di Santa Sofia. Ne avevamo riscontrato l’esistenza anni addietro, al momento di occuparci della storia delle Casse Rurali di Meldola, Malmissole, San Varano.


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Si tratta di un manuale, stampato dalla Buffetti nel 1920 per conto della Federazione Nazionale delle Casse Rurali. Appare evidente che la Chiesa si preoccupa di assicurare alle piccole banche, lontane l’una dall’altra, strumenti di conoscenza comuni, utili a trasferire note operative ma, anche e soprattutto, principi ispirativi e di comportamento. La pubblicazione, oggetto di consultazione da parte degli Amministratori Il manuale operativo delle Casse Rurali. dell’epoca, spiega che la missione delle Rurali è “far affluire il capitale alla campagna, distribuirlo in prestiti accordati con facilità di modi, a un tasso di cristiano. Per maniera che tanti piccoli proprietari, tanti affittuari e tanti mezzadri, non provvisti convenientemente di mezzi finanziari, possono elevare di quantità e qualità il prodotto delle loro terre e risolvere la crisi rurale:”. Indirizzi che, a dar retta al manuale, non potranno che generare vantaggi di natura anche spirituale. “Quale vantaggio non deriverà a ciascun socio dal trovare nella Presidenza una guida paterna per ogni lume e consiglio?Conseguentemente si avrà l’affratellamento delle famiglie nell’aiuto reciproco che esse si prestano e nell’appoggio fraterno che un socio deve dare all’altro. Non deve far parte della Cassa l’ozioso che è dedito al giuoco, chi non sente l’amore della famiglia. Cosicchè, effetto della benefica istituzione oltre al miglioramento economico è il miglioramento morale. Come conseguenza, anche lo spirito religioso germoglierà di nuova vita.” Il suggestivo documento ci svela cosa le Casse Rurali si prefiggessero: una presenza che, oltre all’iniziativa creditizia, comprendesse un ruolo di indirizzo etico e un luogo di scambio di esperienze, palestra per la formazione di uomini che potessero proporsi a esempio. Non si trattò di intendimenti utopistici: a Santa Sofia, e ovunque le Casse Rurali poterono proseguire la propria esperienza, amministratori e dirigenti divennero risorse per la società civile,


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economica e politica. Molti di loro ricoprirono, dal secondo dopoguerra, ruoli nel mondo associativo, altri assunsero responsabilità all’interno delle Pubbliche Amministrazioni. Altri ancora attivarono imprese e professioni sulle cui fortune incisero positivamente le esperienze maturate all’interno delle compagini di Credito Cooperativo.

I cattolici non si arrendono Proviamo a capire allora quali fermenti agitassero quel mondo cattolico che costituiva il terreno di coltura della neo nata istituzione di credito. Lo facciamo scorrendo le raccolte de “Il Momento”, settimanale diocesano fondato da Don Giuseppe Prati (don Pippo) nel 1919. Possiamo farlo perché, meritoriamente, le raccolte sono state conservate dalla Curia forlivese e perché, con la consueta gentilezza, il curatore dell’archivio, Don Paolo Giuliani, ci autorizza e ci accoglie. Il corrispondente che trasmette “pezzi” da Santa Sofia si firma con uno pseudonimo, Nisteno Larenghi, utilizzato perchè le affermazioni trancianti che si concede suggeriscono una prudente esposizione. O perché dietro lo pseudonimo si cela qualcuno che ha responsabilità pastorali a Santa Sofia. “Il Momento” era da considerarsi foglio di opposizione al potere che governava le città della Romagna. Era forte il messaggio di fede trasmesso dal settimanale, ma lo era altrettanto la vocazione a sollevare le coscienze contro i modelli politici cui si orientavano le amministrazioni locali. Con tutto ciò, non era comunque opportuno che un uomo di Chiesa firmasse apertamente articoli “sconvenienti”. Azzardiamo, avendo confrontato la prosa di Larenghi con quella di don Pio Berni, che dietro lo pseudonimo si celasse il Proposto. Deciso ad affermare le ragioni cristiane in una società che gli appare sconsacrata e lontana. Apprendiamo per esempio da Larenghi che, nel Settembre 1919, “operai e braccianti a Santa Sofia sono costretti ad una vita di stenti e di lacrime, vissuta con le proprie famiglie all’interno di case che sono in realtà tuguri affumicati ed umidi”. E che tale situazione è imputabile al disinteresse della Provincia di Firenze nei confronti delle comunità bidentine e a “certa classe borghese”. È il comune sentire dei credenti che si trovano in uno stretto sentiero, recintato da una parte dalle posizioni socialiste


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e dall’altra da quelle di coloro che tutelano rendite e privilegi. Insomma i cattolici “non ci stavano” e, secondo le cronache di Larenghi, si assiepavano all’interno delle Associazioni di riferimento e della piccola banca che costituiva la più importante realizzazione operativa del pensiero cattolico-sociale. Un riferimento costante è l’avvocato Giovanni Braschi che, quando si reca a Santa Sofia, trova il tempo di tenere comizi con le più diverse motivazioni. Tra Il chirurgo Germano Giovannetti esse la protesta del Partito Popolare, che denuncia come “da troppo tempo Santa Sofia non disponga di medici condotti”. Larenghi loda tale iniziativa e “bolla” invece un’assemblea guidata negli stessi giorni da Torquato Nanni, socialista e Sindaco, nel contesto di uno sciopero indetto dai lavoratori impegnati nelle ricostruzioni successive al terremoto. Larenghi spiega che i cattolici considerano tale iniziativa “educazione rossa alle dolcezze bolsceviche”. Il clima è teso, qualsiasi circostanza diventa occasione di scontro. Come le dimissioni, poi ritirate, del chirurgo ospedaliero Germano Giovannetti. Date per contrasti con l’amministrazione e che diventano motivo di polemica tra il Comune ed il mondo cattolico. Poiché in una piccola comunità nulla appare completamente casuale, segnaliamo che il “fattore” che a lungo amministrò l’azienda agraria di Giovannetti era Candido Michelacci che succederà a Naldini alla guida della Cassa Rurale nel 1949. Responsabilità che mantenne fino alla morte, avvenuta nel 1972. Fu, Michelacci, uomo di grandi capacità e di rigore. Rappresentò per Santa Sofia, e non solo, riferimento per un lunghissimo periodo. Fu Presidente della Casa di riposo e dell’Ospedale Nefetti, docente di materie agrarie. Vicino alla Democrazia Cristiana nel secondo dopoguerra, si tenne costantemente a disposizione della collettività.


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La famiglia Michelacci. Il padre è Candido, il bambino piÚ piccolo è Mauro, celebre medico.


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Un testimone come il pubblicista Oscar Bandini, scherzosamente oggi afferma: “in paese chi aveva bisogno di un consiglio, di una raccomandazione, di un indirizzo, se era di sinistra si rivolgeva a Lorenzone (il Sindaco Lorenzo Lotti), se non era di sinistra si rivolgeva a Michelacci”. Luciano Foglietta ed uno dei figli di Michelacci, Mauro, celebre medico, hanno ricordato la figura di Candido, e la Santa Sofia dell’epoca, scrivendo un bel libro uscito nel 2014. Giudichiamo la lettura di quel libro imperdibile e la consigliamo a tutti.

Il fascismo, avversario irriducibile Per la Rurale il clima non migliora con l’avvento del fascismo. Che fa registrare, tra tanti altri effetti, il silenzio imposto al Momento. Il periodico da quel momento si disinteressa della politica. Diventa ciò che non era stato: un settimanale di informazione cattolica, interessato esclusivamente ad approfondire i temi della Fede e del cristianesimo. Tra le cose che cambiano c’è la scomparsa delle cronache da Santa Sofia. D’altra parte il regime ha “consigliato” a don Berni di non esporsi. Intanto, con il cambiamento della geografia istituzionale voluto da Mussolini, Santa Sofia diviene territorio forlivese e, con atto del 6 Maggio 1925, la banca viene registrata presso il Tribunale di Forlì come Cassa Rurale ed Artigiana di Santa Sofia, società cooperativa a responsabilità illimitata. Avente come oggetto sociale quello di “procurare il credito in primo luogo ai soci e di compiere operazioni e servizi prevalentemente a favore di agricoltori ed artigiani.” Ma è la cronaca politica a incidere sull’attività bancaria: nel 1931 interviene la intimazione del fascio a chiudere le Associazioni cattoliche di Santa Sofia. Tra esse il circolo intitolato a Carlo Borromeo, che il Proposto aveva inaugurato il 10 Ottobre del 1922 e che era diventato luogo d’incontro delle migliori intelligenze giovanili. Il provvedimento non è apprezzato da don Berni che lo commenta con l’abituale sagacia “a Santa Sofia secondo il censimento ci sono 7779 cattolici e solo venti atei ma contro la prepotenza ragion non vale”. La libertà operativa si riduce anche per la Rurale e la circostanza si riflette nei ricordi della allora bambina Olga Naldini Almerigi, che rammenta come il babbo organizzasse riunioni con gli “amici” della Cassa Rurale direttamente a casa, a Camposonaldo. La


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canonica di Santa Sofia non è luogo prudente per riunioni di Consiglio. Chi e quanti siano gli “amici” che ricorda Olga Almerigi non lo possiamo sapere, sappiamo però da chi è composto il Consiglio di Amministrazione nel 1936 quando la piccola banca, in forza del Testo Unico entrato in vigore due anni prima, assume la dizione di Cassa Rurale ed Artigiana. Alla quale possono affiliarsi esclusivamente, oltre agli agricoltori, “artigiani rappresentati dalla federazione fascista”: il Presidente è Agostino Naldini, il vice è Domenico Boscherini, i Consiglieri sono Quinto Rossi, Nicolò Cerofolini, Alberto Caselli, Angelo Castellucci, Antonio Cucchi. È questa l’unica notizia sulla “governance” dell’Istituto di cui disponiamo. Essa conferma la natura “imprenditoriale” della classe dirigente e la sua provenienza dai centri del forese, Camposonaldo e Corniolo in primis. Chi ha a cuore il Credito Cooperativo nutre sentimenti di riconoscenza nei confronti di queste persone e delle altre di cui non siamo in grado di offrire i nominativi. Furono infatti, quelli, gli anni peggiori per le Casse Rurali. Una ulteriore difficoltà che esse dovettero affrontare fu determinata dalla “crisi di Wall Street” del 1929 che, contrariamente a quanto l’uomo d’oggi potrebbe pensare, ebbe pesanti ripercussioni nelle campagne italiane. Ci fu una irragionevole ma destabilizzante corsa a ritirare i soldi depositati, per quanto pochi essi fossero. In Emilia Romagna, e dunque anche nel forlivese, quasi tutte le Rurali scomparvero. Per fare un esempio, a Meldola, località che dista poco più di venti chilometri da Santa Sofia e che era centro importante grazie alla presenza di numerose filande, la locale Cassa Rurale fu messa in ginocchio dalla “fuga” dei correntisti. La sopravvivenza della Cassa di Santa Sofia è da segnalarsi come circostanza rara. Probabilmente determinata non solo dalla tenacia e capacità dei preti e dei laici che la animavano, ma anche dalla messa a disposizione di risorse finanziarie personali. È una possibilità i familiari degli amministratori di allora adombrano: sottovoce ma con la convinzione che deriva dalla trasmissione orale, attraverso le generazioni, delle esperienze vissute in quegli anni. La banca, peraltro, ha procedure operative definite: s’impegna a effettuare operazioni prevalentemente rivolte ai soci, quelle riferite a soggetti diversi non possono infatti superare il quaranta per cento del totale. È autorizzata a effettuare le normali operazioni bancarie ma a concedere mutui che non superino i cinque anni di durata. Svolge acquisti, per conto dei soci, di mac-


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chine e attrezzi agricoli. Risconta cambiali agrarie e destina nove decimi degli utili alle riserve. Ulteriori informazioni le possiamo attingere scorrendo il verbale dell’Assemblea che si tiene il 24 marzo 1938, con la quale la banca procede alla modifica dello Statuto, come previsto dalla normativa introdotta l’anno precedente. L’Assemblea è condotta dal Presidente Naldini che constata, assieme al segretario della riunione Candido Michelacci e agli scrutatori Giuseppe Riciputi e don Paolo Aguzzoni, la presenza di 31 soci sui 51 iscritti all’albo. I lavori si aprono e chiudono con la preghiera. Non deve stupire la modesta partecipazione, in termini numerici, da parte degli aventi diritto: durante il periodo fascista molti soci delle Casse Rurali disertano le occasioni di riunione. Peraltro è il rappresentante “dell’Ente Fascista di zona”, Camporesi, a leggere ed illustrare il progetto del nuovo Statuto, garantendo che esso “consentirà sviluppo alla banca”. La circostanza, quella di un “politico” esterno che guida i lavori, oggi impensabile, non risulta nuova a chi conosce la storia delle Rurali. Allora le cose andavano così, ovunque. Avevano scarsa rilevanza la vicinanza o lontananza di questo o quell’altro Presidente al fascismo e alle sua dottrina. Quella era la prassi comune; che una compagine sociale la vivesse come imposizione oppure no risultava irrilevante. Lo Statuto chiarisce che la società ha sede in S. Sofia ed esercita la sua attività nel territorio del Comune: l’Assemblea può tuttavia deliberare che sia richiesta l’autorizzazione ad operare in uno o più comuni limitrofi. Novità che, nel dopoguerra, gli Amministratori avranno presente quando cercheranno ripetutamente di allargare il raggio di azione della Cassa anche chiedendo di potere aprire sedi periferiche. La banca potrà compiere operazioni di credito agrario, assumere la rappresentanza dei Consorzi agrari provinciali per la fornitura di macchine agricole, di attrezzi, di merci di uso agrario e, in genere di materie utili all’esercizio dell’agricoltura. E fin qui nulla di nuovo. Il Consiglio di amministrazione si compone di un Presidente, e di 6 Consiglieri, esonerati dall’obbligo di prestare cauzione. Il Presidente dura in carica quattro anni: gli altri membri del Consiglio si rinnovano per metà per ogni biennio. Insomma, si presta attenzione alla democrazia interna e all’idea di alternanza nelle cariche. Disposizioni che saranno disattese. Soprattutto perché la responsabilità personale sulle operazioni bancarie scoraggerà per molto tempo il ricambio della “go-


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vernance”. Ma la vera novità statutaria, quella che interessa al regime, è la composizione del Collegio. Infatti il nuovo Statuto recita: “il Collegio Sindacale è composto di tre membri effettivi e di due supplenti, di cui due effettivi e uno supplente di nomina dell’assemblea dei soci, ed uno effettivo ed uno supplente di nomina governativa. Il sindaco di nomina governativa presiede il Collegio sindacale. La società è iscritta in qualità di socio nella Federazione Nazionale di categoria ed aderisce all’Ente Fascista da questa costituito.” Risiede in quest’ultima disposizione la ragione della convocazione; il fascismo impone alle Rurali un controllo d’esercizio. Ai fini della nostra ricerca, comunque, il documento ci svela i nomi dei soci presenti all’Assemblea. Eccoli: Vincenzo Naldini (è il fratello del Presidente, era componente il primo Consiglio nel 1915), Vittorio Zanobi (anche lui consigliere nel 1915), Pietro Biondi, Domenico Boscherini (consigliere nel 1915), Agostino Naldini, Egildo Stefanelli, Don Ferdinando Giovanetti, Giovanni Bovicelli, Federico Mariani, don Antonio Macherozzi (è il prete di Raggio), Don Giovanni Spighi (è il prete di Biserno, era Sindaco nel 1915), Giovanni Montini, Pietro Leoni, Alberto Caselli ( è il padre di Mario Caselli, di cui parleremo), Angelo Castellucci, Sisto Boscherini, Candido Michelacci, Luigi Casamenti, Don Paolo Aguzzoni, Don Domenico Zanchini (è il parroco di Camposonaldo), Pasquale Andreani, Nicolò Cerofolini, Giuseppe Reciputi, Virgilio Mazzolini, Pietro Michelacci, Olinto Fabbri, Anselmo Agnoletti, Alfredo Andreani, Quinto Rossi, Don Carmelo Biondi (è Parroco a San Martino in Villa), Pietro Talenti.

Un’anticipata “laicizzazione” Confermiamo che la provenienza degli amministratori è prevalentemente periferica rispetto al centro di Santa Sofia. E annotiamo che il Consiglio di Amministrazione, lo stesso di due anni prima, non registra la presenza di alcun sacerdote. Don Pio Berni è morto nel 1936 ma nessun uomo di chiesa gli è subentrato. Neppure il successore in Parrocchia, don Ermenegildo Montini, che pur assunse guida morale sulla Cassa Rurale, intese rivestire incarichi. I processi di laicizzazione si confermano più rapidi che altrove. Non


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a caso quando, nel 1938, in occasione di un Congresso a Roma che si conclude con un’udienza dei dirigenti nazionali del Credito Cooperativo presso il Quirinale, a rappresentare l’Istituto bidentino sono Agostino Naldini e Candido Michelacci. È noto che la delegazione venne ricevuta dal Re d’Italia ma non dal Duce. A ribadire la freddezza del fascismo nei confronti dell’esperienza del Credito Cooperativo. Il Prof. Mauro Michelacci che, bambino emozionato, accompagnò il padre nel viaggio in treno e alla cerimonia, conforta oggi con la sua opinione la nostra “lettura” di quell’’avvenimento. Informazioni sull’andamento economico ce le offre il verbale dell’Assemblea che si tiene il 16 Marzo del 1939, nel corso della quale Naldini presenta il bilancio che è stato in precedenza sottoposto alla verifica del Collegio Sindacale, don Ermenegildo Montini composto da Giuseppe Greggi, Vincenzo Naldini e dal Presidente Nicola Arpinati. Funge da Segretario dell’assemblea, come d’abitudine, Candido Michelacci, gli scrutatori sono Pietro Talenti e Francesco Cerofolini. Apprendiamo che il patrimonio sociale ammonta a 6.039 Lire, che attivo e passivo della gestione si attestano a 144.000 Lire e che l’utile netto è di 1.093 Lire; che è di 5000 Lire il massimo di esposizione consentito ad una sola persona, che l’interesse sui depositi è fissato al 2,25%, quello sui prestiti è l’8% per i non soci, il 6,50% per i soci. Che “le cambiali rimaste in sofferenza nel 1937 sono state interamente riscosse”, sintomo della fedeltà agli impegni presi da parte dei clienti. Si registra però un mutuo ipotecario, contratto da persona il cui nome è riportato dal verbale, che preoccupa gli amministratori. Il dottor Camporesi, Presidente dell’Ente fascista di zona, tranquillizza i presenti asserendo che “spera di giungere, con il proprio intervento, ad un concordato sufficiente per la Cassa”. Le votazioni per le


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cariche sociali che si tengono al termine della riunione hanno come esito la seguente composizione del Consiglio: Agostino Naldini è confermato come Presidente, Domenico Boscherini è il vice Presidente, Angelo Castellucci, Quinto Rossi, Nicolò Cerofolini, Alberto Caselli e Pietro Michelacci sono i Consiglieri.

La guerra Gli anni del secondo conflitto bellico mondiale sono difficili non solo per la popolazione di Santa Sofia ma anche per la Cassa Rurale. A guidarla è ancora Agostino Naldini, che presiede un Consiglio composto dal vice Domenico Boscherini e dai Consiglieri Angelo Castellucci, Nicolò Cerofolini, Pietro Michelacci, Alcide Stradaioli. Nonostante le difficoltà la Cassa continua il proprio cammino, rispettando le regole di diritto societario e di democrazia interna. Tanto che il 25 marzo del 1944 si riunisce l’Assemblea dei soci pur nella drammatica contingenza che vive Santa Sofia. Rispondono al richiamo del Presidente solo 25 soci sui 61 iscritti all’albo. Fungono da scrutatori Marco Sassi e Giuseppe Reciputi. Del Collegio sono presenti Gaspero Olivetti e Pasquale Andreani. Il Presidente pone in votazione un bilancio che presenta un utile di Lire 1190 a fronte di entrate per 9138 Lire e di uscite per 7980 Lire. Il Patrimonio sociale e di Lire 10276. Soci e non soci potranno depositare un massimo di Lire 50.000 pro capite, Lire 25.000 è il tetto del possibile affidamento personale. Il tasso d’interesse concesso è al 2,25% per i depositi liberi, il 3,25% per quelli vincolati. Il tasso per gli affidamenti è del 6,50% per i soci, del 8% per i non soci. Pur considerando l’oscillazione del valore della moneta, il confronto tra i numeri del 1939 e quelli del 1944 consente di affermare che, anche nel pieno dell’emergenza bellica, la Rurale ha mantenuto una dignitosa operatività rendendosi utile alla comunità. Il consolidamento del patrimonio risulta evidente e lascia pensare che sia intervenuto un aumento del capitale sociale, forse su indicazione degli Organi di Vigilanza. Sappiamo del resto che Agostino Naldini, che forse non fu il solo tra gli Amministratori, offri il proprio patrimonio a garanzia della operatività della banca negli anni della Seconda


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Guerra. È con gesti del genere, di alto valore simbolico oltre che pratico, che si conclude la fase pionieristica dell’esperienza della Cassa Rurale, vissuta tra orgogliose e talvolta temerarie prese di posizione, tradizioni identitarie, avversità economiche, ostilità politiche, pragmatiche strategie dense di saggezza contadina. Don Pio Berni, i coraggiosi soci ed amministratori consentirono al piccolo Istituto di traguardare gli anni più difficili. Quelli, ci ripetiamo, che registrarono la chiusura della maggior parte delle Casse Rurali che erano sorte a inizio Novecento. Quegli uomini consentirono a Santa Sofia di avere a disposizione una risorsa, la Cassa Rurale, che si rivelerà preziosa per lo sviluppo che gli anni della ricostruzione faranno registrare. Andando per di più, come vedremo, anche oltre gli steccati sociali del cattolicesimo orgoglioso delle origini.

Il Dopoguerra Il secondo dopo guerra del Novecento è stato scandagliato a fondo dalla pubblicistica. I drammatici fatti conseguenti alle operazioni militari, alla lotta partigiana, al coinvolgimento della popolazione nelle laceranti divisioni politiche sono così noti da non necessitare approfondimenti. Ci limitiamo a registrare che tali avvenimenti, che pur segnarono i destini di persone e famiglie, non ebbero ripercussioni decisive all’interno della base sociale della Cassa Rurale. Compagine che, del resto, deve alla propria impermeabilità ai fattori esterni la principale ragione dell’essere riuscita a superare le eccezionali difficoltà incontrate dalla fondazione in poi. Compagine che negli anni Cinquanta si presenta compatta e solidale, rappresentativa del mondo rurale che l’ha originata. Non molto di più, sappiamo di quanto accade in quegli anni. Del resto, anche dopo la caduta del fascismo, non è che le Casse Rurali siano risultate oggetto di particolari attenzioni sotto il profilo della analisi storica. Anzi. Fino agli anni Ottanta nè studiosi, nè Istituzioni, hanno attivato in Italia una seria ricerca sul “fenomeno” delle Casse Rurali. A causa della “debolezza” del sistema nazionale di rappresentanza. Mentre, infatti, con il dopo guerra, si riaffacciano alla pubblica opinione i partiti politici, i sindacati, le associazioni d’impresa, soggetti che “costruiscono” in


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breve tempo una capacità di rappresentazione della propria storia e dei valori di riferimento, ciò non avviene per le Casse Rurali, che, invece, ironia della Storia, grazie alla granitica convinzione di essere nel giusto, avevano saputo resistere all’invadenza del regime mussoliniano. Tant’è. La mistica e la retorica dei partiti, dei sindacati, delle rappresentanze d’impresa sviluppate per decenni nel dopoguerra non hanno riguardato le Rurali. Possiamo solo prenderne atto. Non stupisce dunque che risulti oggi difficile riscontrare tracce dell’iniziativa del- Mario Caselli, a sinistra. A destra Giuseppe Almerigi. la Cassa Rurale di Santa Sofia. Ci si può affidare esclusivamente ai documenti disponibili, rari e strettamente riferiti all’attività bancaria e societaria.

La ricostruzione Il primo riferimento documentale di cui disponiamo è del 1958, anno nel quale, il 20 Marzo, è convocata l’Assemblea straordinaria dei soci. In quel periodo l’Istituto ha la propria sede operativa in un piccolo ufficio nella Via Pisacane, inizialmente preso in affitto e successivamente acquisito a titolo


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L’abitazione di Mario Caselli in via Alighieri che fungeva da ufficio.

definitivo, limitrofo allo studio professionale di Candido Michelacci che è divenuto, nel 1949, Presidente subentrando all’amico Agostino Naldini, che continua ad affiancarlo in qualità di vice Presidente. In precedenza soci e clienti si recavano, per l’espletamento delle pratiche, in via Dante Alighieri numero 6, presso l’abitazione di Mario Caselli, un piccolo proprietario terriero riservato e sorridente che aveva ricevuto l’incarico, dietro una modesta remunerazione, di “tuttofare” (in termini fiduciari) della Cassa Rurale. Con Caselli non c’erano orari da dovere o potere rispettare: la piccola banca era, di fatto, casa e bottega per l’attivissimo responsabile operativo. A parte il Giovedì, tradizionale giorno di mercato a Santa Sofia, nel quale era previsto


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un orario di apertura e chiusura dell’ufficio, per il resto della settimana ci si recava da Caselli quando lui era presente, frequentemente anche di sera. Un modello embrionale di organizzazione tipico delle Casse Rurali nel dopoguerra. A Malmissole un ruolo analogo lo svolse Ferdinando Fabbri di Villafranca, unico impiegato “full time”, del quale si diceva conservasse nella borsa, spesso legata al cannone della bicicletta, averi e affari della Rurale. Mentre a San Manola Agatensi Varano un volonteroso giovane del luogo, Antero Boschi, scelto dal parroco don Mario Pilotti, svolse identico ruolo, seppur operando “in sede fissa” nei locali attigui alla Chiesa. Boschi divenne poi, dal 1971, vice Direttore della Cassa Rurale ed Artigiana allocata a Forlì nell’attuale sede di Corso della Repubblica. Più avanti Mario Caselli sarà prima affiancato e poi guidato da Manola Agatensi. Lui lascerà il proprio incarico nel 1973, quando gli subentrerà il giovane Rino Amadori nei confronti del quale funse da “istruttore” per circa sei mesi. Amadori sarà il Direttore dell’Istituto dal 1982 fino alla fusione con le banche di Forlimpopoli e Martorano, avvenuta negli anni Novanta. Terminerà la propria carriera nel 2009, come vice Direttore Vicario di Banca Romagna Cooperativa. L’Assemblea del 20 marzo 1958 si apre con la relazione del Consiglio di Amministrazione, composto da Pietro Michelacci, Presidente, Ezio Moracci, vice Presidente, Angelo Castellucci, Agostino Naldini, Giustino Guidi e Olinto Montini. Sindaci revisori sono Giulio Giorgi e Giovanni Sozzani. Gli scrutatori sono Nicola Agatensi e Giuseppe Almerigi. Il Presidente spiega che la Gazzetta Ufficiale del 19 Agosto 1955 ha pubblicato la Legge 4 agosto 1955 n. 707 recante modifiche e innovazioni al Testo Unico sull’ordina-


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Un’assemblea. Il primo a sinistra è Alfredo Sassi. Alle spalle del parroco di Corniolo don Sabino Roverelli, con gli occhiali si riconosce Giovanni Sanpaoli.

mento delle Casse Rurali ed Artigiane. La lettura del verbale dell’Assemblea, che registrerà l’approvazione unanime delle nuove disposizioni statutarie, ci permette di “respirare” la convinzione che animava Michelacci e gli altri amministratori, fiduciosi in nuove prospettive operative: “il provvedimento è venuto a soddisfare le aspirazioni dei rurali e degli artigiani per il possibile di sviluppo dei nostri organismi finanziari. Le innovazioni riguardano l’importo delle quote sociali, la riforma del Collegio Sindacale, il limite degli investimenti a favore dei non soci, il fido massimo da concedersi a un singolo, il credito agrario di esercizio e miglioramento, il prestito a medio termine alle imprese artigiane, la fornitura di merci a soci e non soci, i servizi di esattoria e di tesoreria, i rapporti con altri Istituti di credito, la destinazione degli utili e il divieto di cessione dell’Azienda ad altri Istituti”. In sostanza, appoggiandosi sulla nuova normativa voluta dalla Democrazia Cristiana, tradizionalmente vicina alla cooperazione “bianca”, la Cassa Rurale tende a darsi una dimensione operativa più moderna. Le condizioni economiche e il livello qualitativo della “governance” la incoraggiano. Siamo agli albori degli anni Sessanta, quelli del “boom”, della fiducia nel futuro,


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delle opportunità professionali e imprenditoriali. E se è vero che è iniziato l’esodo dalle località più disagiate con il conseguente abbandono dei terreni lo è anche che, di lì a poco, la diffusione dell’impresa agricola prenderà decisamente piede. Favorita da legislazioni promosse dalle Associazioni d’impresa, in primis Coldiretti, e recepite dai parlamentari della Democrazia Cristiana che hanno nel mondo rurale riferimento e bacino elettorale. Legislazioni che tendono al superamento della mezzadria e degli altri contratti agrari che per un lunghissimo periodo hanno confinato i lavoratori della terra ad un ruolo marginale. Cosa successe allora venne, più avanti nel tempo, efficacemente sintetizzato nella relazione che propose ai soci nel 1990, Francesco Rossi, ultimo Presidente della Cassa Rurale: “la nostra vallata vide negli anni Cinquanta l’esodo massiccio dei propri abitanti. Fu allora che la nostra Cassa cominciò a crescere: coloro che rimasero s’aggrapparono al piccolo credito per finanziare modeste attività. Agricoltura e artigianato costituirono la immediata, ancora di salvezza. Successivamente si svilupparono l’avicoltura, il commercio, il turismo. La Cassa rurale fu attenta e vicina ad ogni mutamento dell’economia locale e crebbe con essa”.

Una classe dirigente al passo con i tempi Le banche a Santa Sofia costituiscono, negli anni Cinquanta e Sessanta, pilastro del rinnovamento. E perché, tra esse, non dovrebbe rappresentare efficace volano la Cassa Rurale? All’interno delle piccole comunità la fiducia nelle persone conta più che altrove. E la “governance” della Rurale, interamente locale, ispira fiducia. Di Mario Caselli abbiamo detto. All’interno del Consiglio c’è ancora Agostino Naldini. Ci sono uomini conosciuti per capacità e serietà, uno di loro, Ezio Moracci diverrà più avanti Presidente. Alla guida della compagine c’è Candido Michelacci, una delle personalità più spiccate di Santa Sofia. Certo, la Cassa è ancora “la banchina”, i clienti sono per lo più contadini e piccoli artigiani, il confronto con gli Istituti di Credito più consolidati è ancora impietoso. Certo, la base sociale è ancora ristretta e riferita agli indirizzi ideologici di un tempo. Ma le cose stanno cambiando. Tanto che, nel 1961, si può procedere all’inaugurazione della nuova sede, acquisita in proprietà e allocata in via Carlo Pisacane. Avvenimento descritto


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nel libro, di cui abbiamo detto, dedicato a Candido Michelacci. Gli autori raccontano che alla manifestazione “parteciparono il Vescovo di San Sepolcro Monsignor Bornigia, gli Onorevoli Mattarelli e Babbi, il dottor Badioli, Presidente nazionale delle Casse Rurali, il ragionier Cacciaguerra, Presidente provinciale delle Casse Rurali. Fece gli onori di casa Michelacci che ricostruì la storia della Cassa ricordando i padri fondatori, don Pio Berni e Agostino Naldini. Oltre ad un notevole impatto mediatico l’ evento segnò una svolta nell’organizzazione. Si ebbe infatti l’assunzione della signora Manola Agatensi che veniva affiancata a Mario Caselli.” Le cose stanno dunque cambiando, in meglio. È opportuno ricordare che l’isolamento politico di cui la Rurale ha sofferto tra le due Guerre è finito. La Democrazia Cristiana, partito di maggioranza relativa nel Paese seppur minoritario in Emilia Romagna, ha attorno un vasto arcipelago che annovera associazioni d’impresa, consorzi, banche. Il Credito Cooperativo fa parte di tale universo, quel fenomeno è chiamato “collateralismo”. Non esiste un rapporto gerarchico tra partito ed enti ma gli interessi coincidano, i principi ispirativi e le scelte sono sovrapponibili. Per chi non è di sinistra è naturale riconoscersi nella Democrazia Cristiana, tanto più a Santa Sofia, ove (come rammenta il pubblicista Oscar Bandini) la presenza repubblicana, che nel resto della Romagna raccoglie consensi elettorali che superano il 20%, è quasi impalpabile. Il mondo cattolico, assieme a quello che con linguaggio odierno chiameremmo blocco moderato, appoggia la Democrazia Cristiana. La Cassa non fa politica, ma non è più sola e ciò tranquillizza soci e clientela. Nel 1963, il 28 Marzo, si convoca l’Assemblea alla presenza di 72 dei ben 126 soci iscritti all’Albo. La compagine sociale si è ampliata e presto ne constateremo la variegata, in termini di provenienza geografica e professionale, composizione. Sono presenti ai lavori il Dottor Giuseppe Manganelli e il Commendator Piero Giannini, rispettivamente Presidente e Direttore Provinciale delle Casse Rurali ed Artigiane. Al tempo non esiste una organizzazione regionale. Antiche rivalità, figlie della disomogenea dislocazione territoriale delle Casse in Emilia Romagna, non lo consentono: sussistono due federazioni di cui una fa capo a Bologna ed una a Forlì. E comunque, gli amministratori di Santa Sofia, terra di caratteri forti e discussioni animate, troveranno il modo di avere rapporti “estremamente dialettici” sia con i dirigenti forlivesi sia, in seguito, con quelli della Federazione Regionale.


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Si allarga la base sociale. Cambiano le prospettive Il verbale dell’Assemblea del 1963 ci consente uno sguardo alla situazione patrimoniale, la seguente: ATTIVITÀ PASSIVITÀ UTILE D’ESERCIZIO

L. 233.958.817 L. 233.056.384 L. 902.433

E ci consente una occhiata alla situazione economica: PROFITTI L. 14.877.279 SPESE E PERDITE L. 13.974.846 UTILE D’ESERCIZIO L. 902.433

L’operatività è modesta ma crescente. Risultano ancora al loro posto Amministratori di grande esperienza. Infatti il Presidente è Candido Michelacci, il vice è Agostino Naldini. Consiglieri sono Ezio Moracci, Antonio Cavallucci, Angelo Castellucci, Giustino Guidi, Olinto Montini. Tutti confermati con il voto di 70 dei 72 soci presenti, sintomo della fiducia che riscuotono e della compattezza della base sociale. Il Collegio Sindacale ha come Presidente Giulio Giorgi, con lui ci sono Paolo Zannetti, Giovanni Sozzani, Francesco Talenti e Antonio Zanobi che è sindaco supplente. Nel 1965, due anni dopo, i soci sono 132, abbiamo la possibilità di scorrerne i nomi, la provenienza, la professione. Ecco l’elenco. Agatensi Nicola - S. Sofia - Agr. Agnoletti Francesco - S. Sofia - Agr. Almerigi Giuseppe - S. Sofia - Agr. Alocchi Giovan Battista - S. Sofia - Impiegato Amadori Giovani - S. Sofia - Fornaio Amadori Giovanni - S. Sofia - C. D. Agnoletti Giovanni - S. Sofia - Avv. Amadori Tiberio - S. Sofia - Autista Arnesei Ottavio - S. Sofia - Universitario Arpinati Nicola - S. Sofia - Pensionato

Arrigoni Roberto - S. Sofia - Mugnaio Bartolomei don Fabio - S. Sofia - Parroco Barzanti Alberto - Galeata - C.D. Batani Ines - S. Sofia - Casalinga Batani Antonio - S. Sofia - Cartolaio Batani Giovanni - S. Sofia - Muratore Bellini Mario - S. Sofia - Commerciante Bellini Cesare - S. Sofis - Pens. Benericetti Livia - S. Sofia - Pens. Benericetti Ottavio - S. Sofia - Pens.


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Bertelli Primo - Bagno - C.D. Bettedi Primo - S. Sofia - Eviratore Bettedi Giuseppe - S. Sofia - C.D. Bombardi Angelo - S. Sofia - Falegname Boscherini Ellero - S. Sofia - C.D. Boscherini Giuseppe - S. Sofia - ???? Boscherini Olinto - S Sofia - Edile Bovicelli Antonio - S. Sofia - C.D. Bovilcelli Luigi - S. Sofia - C.D Buscherini Decio - Galeata - Geometra Bruschi Don Adriano - S. Sofia - Parroco Casamenti Ferdinando - S. Sofia - Imp. Caselli Mario - S. Sofia - Agr. Castellucci Angelo - S. Sofia - Pens. Cavalucci Antonio - S. Sofia - Ag. Catani Giovanni - S. Sofia - Per. Agr. Cerofolini Nicolò - S. Sofia - Geom. Ceccarelli Giovanni - S. Sofia - Alimentari Cocchi Vincenzo - S. Sofia - C.D. Conficconi Armando - S. Sofia - Rappres. Cocchi Giuseppe - S. Sofia - C.D. Crociani Giuseppe - Bagno - Colono Cucchi Antonio - S. Sofia - Pensionato Della Casa di Dio Vincenzo - Galeata - Tabaccaio Facibeni Egidio - Galeata - Imp. Fabbri Elidio - S. Sofia - Ambulante Fabbri Alberto - S. Sofia - Edile Fabbri Antonio - S. Sofia - Mecc. Fantini Lindo - S. Sofia - C. D. Fabbri Giuseppe - S. Sofia - Camionista Foglietta Luciano - S. Sofia - Giornalista Foglietta Pietro - S. Sofia - Pens. Garulli Natale - S. Sofia - Pens. Gentili Maria - S. Sofia - Casalinga Giorgi Giulio - S. Sofia - Agr. Graziani Antonio - S. Sofia - Comm. Graziani Francesco - S. Sofia - C.D. Gregori Giuseppe - S. Sofia - C.D. Guidi Giustino - S. Sofia - Agr. Innocenti Guido - S. Sofia - Mecc. Landi Corrado - Civitella - Ins. Leoni Pietro - S. Sofia - C.D. Lotti Dedi - S. Sofia - Rappresentante

Magnani Armando - S. sofia - Sarto Mambelli Massimiliano - Galeata - Agr. Marianini Giovanni - Bagno R. - C.D. Martini Alfonso - Galeata - C.D. Margheritini Giovanni - S. Sofia - C.D. Margheritini Sergio - S. Sofia Mariannini Giovanni - S. Sofia - C.D. Mengozzi Piero - S. Sofia - Rappresentante Michelacci Prof. Candido - S. Sofia - Pens. Michelacci Giovanni - S. Sofia - Agr. Michelacci Pietro - S. Sofia - Agr. Milanesi Remo - S. sofia - Muratore Milanesi Domenico - Bagno R. - Agr Milanesi Gino - S. Sofia - Colono Montini Enzo - S. Sofia - C.D. Montini Giovanni - S. Sofia - Pens. Montini Olinto - S. Sofia - C.D. Moracci Ezio - S. Sofia - Agr. Mordenti Gabriele - Alimentari Mordenti Aldo - Alimentari Mordenti Giovanni - C.D. Morelli Armando - Bagno R. - Imp. Mosconi Agrario - S. Sofia - Macellaio Mugnai Carlo - S. Sofia - Autista Naldini Agostino - S. Sofia - C.D. Nanni Daniele - S. Sofia - Alimentari Nanni Francesco - S: Sofia - C.D. Nanni Agostino - S. Sofia - Agr. Nanni Giuseppe - S. Sofia - meccanico Nanni Giovanni - S. Sofia - Fornaio Olivetti Nevio - S. Sofia - Imp., Pini Lidia - S. Sofia - Ins. Pini Alberto - S. Sofia - Barbiere Pini Augusto - S. Sofia - Comm. Pini Italo - S. Sofia - Comm. Pondini Luigi - Galeata - Agr. Pondini Don Vincenzo - S. Sofia - Parroco Perugini Alfio - S. Sofia - Tipografo Pretolani Giovanni - S. Sofia - Orefice Pretolani Arturo - S. Sofia - Imp. Pretolani Celso - S. Sofia - Autotrasport. Pretolani Romolo - S. Sofia - Autista Protonotari Davide - Galeata - Avv


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Ranieri Mauro .- S. Sofia - Mugnaio Ravaioli Corrado - S. Sofia - Calzolaio Ravaioli Gino - S. Sofia - Ins. Ravaioli Don Giuseppe - Bagno R. - Parroco Rinaldini Armando - S. Sofia - C.D. Renzi Ugo - S. Sofia - Imp. Agricolo Rosetti Italo - S. Sofia - Imp. Rossi Lorenzo - Galeata- C.D. Roverelli Don Sabino - S. Sofia - Parroco Sampaoli Giovanni - S. Sofia - agr. Sassi Alfredo - S. Sofia - Commerciante Sozzani Giovanni - S. Sofia - Pens. Stradaioli Tomaso - S. Sofia - Agr.

Samorani Antonio - Galeata - Rappresent. Talenti Francesco - S. Sofia - Imp. Tedaldi Germano - S. Sofia - Muratore Valbonesi Amerigo - S. Sofia - Agr. Valbonesi Giovanni - S. Sofia - Fotografo Valbonesi Caterina - S. Sofia - Commerciante Valli Dr. Roberto - Galeata - Meccanico Venturi Giovanni - Galeata - Orefice Versari Ero - Civitella - Commerciante Zanchini Don Domenico - S. Sofia - Parroco Zadra Carlo - S. Sofia - Falegname Zannetti Paolo - Galeata - Agr. Zanobi Antonio - S. Sofia - C.D.

L’elenco suggerisce alcune considerazioni. La base sociale si è decisamente allargata e la banca non è più così piccola, pur operando in un territorio ristretto e ormai lontano dai grandi flussi di traffico che, progressivamente, trovano soluzioni di collegamento tra Romagna e Toscana più comode rispetto alla strada che collega Santa Sofia alla Calla e a Stia realizzata negli anni Venti. Per continuare il raffronto con le Casse forlivesi segnaliamo che, nel 1965, il numero dei soci delle singole Casse Rurali di San Varano e Malmissole risulta più modesto di quello indicato dal Libro soci di Santa Sofia. Sono entrate nella compagine sociale diverse donne, circostanza non usuale nel Credito Cooperativo e che la dice lunga sulla capacità di visione moderna della dirigenza. I soci, che originariamente erano quasi tutti di Camposonaldo, Corniolo e zone limitrofe, provengono ormai non solo da Santa Sofia ma anche da altri Comuni. Per finire, le attività professionali praticate dai soci sono decisamente variegate e suggeriscono l’idea di una base sociale, e a maggior ragione di una clientela, composte da quella piccola borghesia produttiva, impiegatizia e delle professioni che va sostituendo l’originario nucleo rurale. Un rilevante fenomeno che riguarda la Santa Sofia di quegli anni, e di conseguenza la banca, è la progressiva scomparsa del grande latifondo. Lo descrive per noi Guido Sassi, Presidente della Cooperativa Pollo del Campo e acuto osservatore delle evoluzioni economiche: “in zona c’erano da sempre famiglie di antico lignaggio che disponevano della proprietà di vaste estensioni di


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Il presidente Michelacci interviene. Alla sua sinistra ci sono l’on. Gino Mattarelli e il sindaco Lorenzo Lotti.

terreno, sulle quali operavano mezzadri e coloni. Citerei le famiglie Giorgi, Gentili, Bianchini - Mortani, Pagani, Crisolini e altre. Il superamento della mezzadria e la mancata abitudine di tali famiglie a occuparsi direttamente delle conduzioni aziendali favorì la cessione di quei terreni a tanti piccoli proprietari. Che sono, di conseguenza, diventati imprenditori ravvisando immediatamente nella Rurale un approdo naturale”. Cambia, dunque, la prospettiva. Si configura una stagione nuova che presuppone anche un diverso rapporto con la comunità locale. Ci si apre, dagli anni Sessanta in poi, a soci di quella estrazione laica e di sinistra un tempo giudicata ostile. Un’occasione pubblica finirà per “consacrare” tale tendenza. È anch’essa descritta nel libro dedicato alla figura di Candido Michelacci: “nel gennaio del 1966 si festeggiò il cinquantesimo anniversario della fondazione; vi fu grande concorso di pubblico con la partecipazione di oltre cento soci provenienti dai paesi della alta val Bidente. Erano presenti il Vescovo di San Sepolcro Monignor Conigli, l’on Gino Mattarelli, il Presidente provinciale delle Rurali, Comm. Giannini ed il Sindaco di Santa Sofia Lorenzo Lotti che, in seguito, diventerà socio ed estimatore della Cassa Rurale”.


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Si festeggia il cinquantennale: al centro il Vescovo di San Sepolcro Mons. Abele Conigli.

Crollano i muri Detto che l’on. Gino Mattarelli, uno degli uomini più importanti della Democrazia Cristiana nel dopoguerra, fù anche Presidente Nazionale di Confcooperative, ragioniamo su quel che andava succedendo. Fin dagli anni Cinquanta la Cassa era cresciuta, nei numeri e nella presenza in paese. Aveva mantenuto tuttavia quel distacco, quel sospetto, nei confronti dell’Amministrazione comunale che era figlio dell’ostilità che la politica aveva mostrato alla Rurale negli anni pionieristici. I movimenti di sinistra di inizio Secolo avevano generato, nel frattempo, le Giunte municipali a guida comunista e socialista. Al di là degli obblighi formali, tra Rurale e “governance” politica i rapporti erano tradizionalmente freddi. Ma pragmatismo e percezione delle evoluzioni storiche stavano prendendo piede. Se negli anni Sessanta la partecipazione alla base sociale di esponenti di sinistra avrebbe costituito ipotesi poco più che scolastica in gran parte delle Casse Rurali della Emilia Romagna, così non fu per Santa Sofia, ove i “vecchi leoni” Michelacci e Naldini,


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Una veduta attuale dell’antica sede di via Pisacane. Sulla sinistra l’entrata che portava all’unico ufficio.

e con loro i più giovani amministratori, riflettevano sul fatto che i tempi stavano cambiando. Gli antichi valori della cooperazione cristiana rimanevano riferimento imprescindibile, ma essi non potevano esplicitarsi nella separazione aprioristica dalla maggioranza della comunità locale. Visto anche che la banca intendeva costituire approdo per una clientela più vasta. Testimoni ci hanno riferito ciò che avevano ben chiaro in testa i dirigenti della Rurale. Invece non sappiamo cosa pensassero gli amministratori comunali: azzardiamo che accompagnarsi ad un fenomeno in crescita come la Cassa Rurale rappresentasse, oltre che il dovere di un pubblico Amministratore, il viatico per nuovi contatti e consensi. Una intelligente lettura ce la offre oggi Emilio Nanni, socio della Rurale, acuto osservatore dei fatti politici e uomo, va detto, non vicino alle posizioni del Partito Comunista: “bisogna riconoscere che il rapporto instaurato con Lotti e in generale con il mondo di sinistra, fu lungimirante. Il Sindaco possedeva forte personalità, era anche un imprenditore che disponeva di leve privilegiate. Le iniziative di sviluppo di Santa Sofia erano, di fatto,sotto la sua egida e quella del suo partito. Per la Rurale quel dialogo costituì una opportunità”.


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Fatto sta che la partecipazione del Sindaco e leader comunista alla cerimonia di celebrazione del cinquantennale venne considerata uno spartiacque nei rapporti tra una parte del paese e la Rurale. Un’apertura che consentirà negli anni successivi, ad altri uomini di sinistra, seppur non comunisti, di partecipare attivamente alla vita della banca e di assumere delicate responsabilità al suo interno. È il caso dell’avvocato Ottavio “Tallo” Arnasei, leaL’avvocato Ottavio “Tallo” Arnasei der socialista, socio della Rurale fin da quando era studente, che porterà per molti anni in dote un rilevante contributo di idee, oltre a un carisma indiscusso, all’interno del Consiglio di Amministrazione. Grazie alla cortesia dell’amico Piero Valentini, socio dagli anni Settanta, attivo e vicino alla banca anche nelle transizioni più recenti dell’Istituto, possiamo raccogliere stralci delle riflessioni di Arnasei il quale, dopo avere esercitato la professione a Bologna, vive a Santa Sofia, ove fu apprezzato come Sindaco nel decennio 1975-1985 e dove è considerato una delle figure politiche e culturali importanti della seconda metà del Novecento: “la banca dei preti, come era allora chiamata, aprì le porte a tutti coloro che preferivano servirsi di una banca locale, benché piccola, in un rapporto diretto e quasi familiare”. Tornando alle questioni strettamente bancarie, in quel 1966 in cui si festeggia il cinquantennale (con un anno di ritardo, annotiamo scherzosamente, immaginiamo per problemi organizzativi), il Consiglio è così composto: ne è Presidente Candido Michelacci, il Vice è Agostino Naldini, sono Consiglieri Ezio Moracci, Antonio Cavallucci, Angelo Castellucci, Giustino Guidi, Olinto Montini. Quando, il 17 Marzo, si celebra l’Assemblea annuale (cui fungono da scrutatori Italo Rosetti e Armano Morelli), il Presidente annuncia un utile di Lire 1.769.176 ed elenca ben 17 nuovi soci.


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Si tratta di: Giovannetti Albertina - S. Sofia Fiorini Arturo fu Luigi - S. Sofia Betti Bruna di Antonio - S. Sofia Satanassi Marino di Giuseppe – Civitella Rossi Ellero fu Quinto - S. Sofia Bernardini Sergio fu Domenico - Civitella Olivi Bruno di Cesare - S. Sofia Malmesi Rino di Francesco - S. Sofia Monaldi Irmo di Fortunato - S. Sofia

Erbacci Pier Luigi di Nello - S. Sofia Lippi Luigi di Giuseppe - S. Sofia Fabbri Ezio fu Agostino - S. Sofia Bordignon Don Raffaello fu Pietro - Galeata Flamigni Paolo fu Domenico - Civitella Conficconi Antonio fu Giuseppe - S. Sofia Facciani dr. Ezio fu Matteo - S. Sofia Magli Adriana fu Luigi - Galeata

Mentre l’anno successivo, Michelacci può affermare: “la relazione non vuole essere solo una filza di numeri ma vuole illustrare ai soci leggi e nuove disposizioni di cui gli associati e i clienti possono beneficiare: la Cassa è autorizzata ad operar a favore di una classe benemerita, gli artigiani, concedendo loro prestiti al tasso del 3% per 5 anni e un importo massimo di lire 10.000.000. Così gli artigiani possono ampliare i loro laboratori con macchine e fabbricati. Anche per i prestiti agrari abbiamo potuto favorire i soci in quanto abbiamo concesso prestiti per 20.000.000. L’utile della Banca, rispetto al 1965 è di Lire 346.553, rappresenta un indice sicuro del buon andamento”. Nel Marzo del 1968, poi, Michelacci rammenta ai soci che: “è nota la crisi nel campo economico ed imprenditoriale nelle nostre vallate. Quasi tutto è basato sulle iniziative private, allevamento polli e suini, costruzione di edifici, quindi il Consiglio si è trovato spesso in difficoltà che ha cercato di superare, non impegnando la Cassa in operazioni aleatorie, per cui il risultato è stato buono per non dire ottimo. (…) L’utile è passato dal 1966 al 1967 da Lire 2.115.995 a L. 2.462.251. I depositi sono passati da L. 337.019.338 a L. 417.448.738, con un aumento di L. 346.256 e un aumento di depositi di L. 80.429.400. (…) è stato fatto ogni sforzo per aiutare tutti coloro che hanno avuto bisogno di noi al di sopra di qualsiasi ideologia politica perché questi sono i principi cristiani, principi su cui sono state fondate le Casse Rurali. L’utile netto di L. 2.462.251”. In sostanza, mentre la dirigenza ribadisce orgogliosamente l’attualità di antichi valori, la banca cresce. Nei numeri e nella “presa” sul territorio. Lo testimonia l’evoluzione della base sociale che annovera, nel Dicembre 1968, 169 soci. Ci limitiamo ad elencarli, senza ripetere considerazioni già fatte sulla crescente rappresentatività professionale, territoriale e politica.


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Agatensi Nicola - S. Sofia - Agr. Agnoletti Francesco - S. Sofia - Agr. Almerigi Giuseppe - S. Sofia - Agr. Alpresti Carlo - Galeata - Colt. diretto Alocchi Giovan Battista - S. Sofia - Impiegato Amadori Giovani - S. Sofia - Fornaio Amadori Giovanni - S. Sofia - C. D. Agnoletti Giovanni - S. Sofia - Avv. Amadori Tiberio - S. Sofia - Autista Arnesei Ottavio - S. Sofia - Agricoltore Arrigoni Roberto - S. Sofia - Mugnaio Balzani Lorenzino - S. Sofia - Direttore Didatt. Barducci Ademaro - S. Sofia - Meniscalco Bartolomei don Fabio - S. Sofia - Parroco Barzanti Alberto - Galeata - C.D. Batani don Angelo - S. Sofia - Parroco Batani Ines - S. Sofia - Casalinga Batani Antonio - S. Sofia - Cartolaio Bellini Cesare - S. Sofis - Pens. Bellini Mario - S. Sofia - Commerciante Bernardini Sergio - Civitella - mugnaio Betti Bruna - S. Sofia - Commerciante Benericetti Livia - S. Sofia - Pens. Benericetti Ottavio - S. Sofia - Pens. Benilli Tullio - S. Sofia - Commerciante Bertelli Primo - Bagno - C.D. Bettedi Giuseppe - S. Sofia - C.D. Berti Fausta - S. Sofia - casalinga Bettedi Primo - S. Sofia - Operaio agr. Bombardi Angelo - S. Sofia - Falegname Bordignon don Raffaello - Galeata - Parroco Boscherini Ellero - S. Sofia - C.D. Boscherini Dr. Enrico - S. Sofia - Medico Boscherini Giuseppe - S. Sofia - Meccanico Boscherini Olinto - S Sofia - Edile Bovicelli Antonio - S. Sofia - C.D. Bovilcelli Luigi - S. Sofia - C.D Buscherini Decio - Galeata - Geometra Bruschi Don Adriano - S. Sofia - Parroco Casamenti Ferdinando - S. Sofia - Imp. Caselli Mario - S. Sofia - Agr. Castellucci Angelo - S. Sofia - Pens. Castellucci Benvenuto - S. Sofia - Colono Cavalucci Antonio - S. Sofia - Ag. Catani Giovanni - S. Sofia - Per. Agr. Cerofolini Nicolò - S. Sofia - Geom. Ceccarelli Giovanni - S. Sofia - Alimentari Cisterni Pier Luigi - Premilcuore - Agricoltore

Cristofani Paolo - Galeata - Scalpellino Cocchi Vincenzo - S. Sofia - C.D. Conficooni Antonio - S. Sofia - Impiegato Conficconi Armando - S. Sofia - Rappres. Cocchi Giuseppe - S. Sofia - C.D. Crociani Giuseppe - Bagno - Colono Cucchi Antonio - S. Sofia - Pensionato Erbacci Pier Luigi - S. Sofia - Insegnante Fabbri Alberto - S. Sofia - Edile Fabbri Antonio - S. Sofia - Mecc. Fabbri Ezio - S. Sofia - Insegnante Fabbri Elidio - S. Sofia - Ambulante Fabbri Giuseppe - S. Piero in B. - Camionista Fabbri Adelina - S. Sofia - Insegannte Facciani Dr. Ezio - S. Sofia - Medico Chirurgo Facibeni Egidio - Galeata - Imp. Fantini Linto - S. Sofia - C. D. Flamini Paolo - Civitella - Geometra Fiorini Arturo - S. Sofia - Falegname Fontana Benito - S. Sofia - Fabbro Fontana Giovanna - S. Sofia - Casalinga Foglietta Luciano - S. Sofia - Giornalista Foglietta Pietro - S. Sofia - Pens. Gentili Maria - S. Sofia - Casalinga Giorgi Giulio - S. Sofia - Agr. Giorgi Italico - S. Sofia - Rappresentante Garulli Natale - S. Sofia - Pensionato Giovannetti Albertina - S. Sofia - Colt. diretto Graziani Antonio - S. Sofia - Comm. Graziani Francesco - S. Sofia - C.D. Gregori Giuseppe - S. Sofia - C.D. Guidi Giustino - S. Sofia - Agr. Imolesi Pia - S. Sofia - Agrcoltore Innocenti Guido - S. Sofia - Mecc. Landi Corrado - Civitella - Ins. Leoni Pietro - S. Sofia - C.D. Lippi Luigi - Galeata - Insegnante Lotti Dedi - S. Sofia - Rappresentante Magli Adriana - Galeata - Insegnante Magnani Armando - S. sofia - Sarto Malmesi Rino - S. Sofia - Impegato Mambelli Massimiliano - Galeata - Agr. Marianini Giovanni - Bagno R. - C.D. Mariannini Giovanni - S. Sofia - Colt. diretto Mariannini Flavio - S. Sofia - Colt. diretto Martini Alfonso - Galeata - C.D. Margheritini Giovanni - S. Sofia - C.D. Margheritini Sergio - S. Sofia -


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Mengozzi Piero - S. Sofia - Rappresentante Mescolini Alessandro - Galeata - Commerciante Michelacci Prof. Candido - S. Sofia - Pens. Michelacci Giovanni - S. Sofia - Agr. Michelacci Pietro - S. Sofia - Agr. Milanesi Remo - S. sofia - Muratore Milanesi Domenico - Bagno R. - Agr Milanesi Gino - S. Sofia - Colono Milanesi Pietro - S. Sofia - Colt. diretto Monaldi Irmo - S. Sofia - Perito Industriale Montini Enzo - S. Sofia - C.D. Montini Maddalena - S. Sofia - Casalinga Montini Olinto - S. Sofia - C.D. Moracci Ezio - S. Sofia - Agr. Mordenti Gabriele - Alimentari Mordenti Aldo - Alimentari Mordenti Giovanni - C.D. Morelli Armando - Bagno R. - Imp. Mosconi Agrario - S. Sofia - Macellaio Mugnai Carlo - S. Sofia - Autista. Nanni Daniele - S. Sofia - Alimentari Nanni Francesco - S: Sofia - C.D. Nanni Agostino - S. Sofia - Agr. Nanni Guiuseppe - S. Sofia - meccanico Nanni Giovanni - S. Sofia - Fornaio olivi Bruno - S. Sofia - Fattorino Olivetti Nevio - S. Sofia - Imp., Peperoni Gioberto - S. Sofia - Collocatore Pini Lidia - S. Sofia - Ins. Pini Alberto - S. Sofia - Barbiere Pini Augusto - S. Sofia - Comm. Pini Italo - S. Sofia - Comm. Pierottini Giovanni - S. Sofia - Colt. diretto Perugini Alfio - S. Sofia - Tipografo Pretolani Giovanni - S. Sofia - Orefice Pretolani Arturo - S. Sofia - Imp. Pretolani Celso - S. Sofia - Autotrasport.

Pretolani Romolo - S. Sofia - Autista Pondini Luigi - Galeata - Agr. Pondini Don Vincenzo - S. Sofia - Parroco Protonotari Giuseppe Davide - Galeata - Avv Ranieri Mauro .- S. Sofia - Mugnaio Ravaioli Don Giuseppe - Bagno R. - Parroco Ravaioli Gino - S. Sofia - Ins. Ravaioli Corrado - S. Sofia - Calzolaio Rinaldini Armando - S. Sofia - C.D. Renzi Ugo - S. Sofia - Imp. Agricolo Renzi Celestino - S. Sofia - Commerciante Rosetti Italo - S. Sofia - Imp. Rossi Ellero - S. Sofia - Colt. diretto Rossi Lorenzo - Galeata- C.D. Rossi Francesco - S. Sofia - Agricoltore Roverelli Don Sabino - S. Sofia - Parroco Sampaoli Giovanni - S. Sofia - agr. Sassi Alfredo - S. Sofia - Commerciante Samorani Antonio - Galeata - Rappresent. Santandrea don Andrea - S. Sofia - Parroco Satanassi Marino - Civitella Meccanico Sozzani Giovanni - S. Sofia - Pens. Stradaioli Tommaso - S. Sofia - Agr. Talenti Francesco - S. Sofia - Imp. Tedaldi Germano - S. Sofia - Muratore Valbonesi Amerigo - S. Sofia - Agr. Valbonesi Giovanni - S. Sofia - Fotografo Valbonesi Caterina - S. Sofia - Commerciante Valli Roberto - Galeata - Meccanico Valli Valeriana - Galeata - Insegnante Venturi Giovanni - Galeata - Orefice Versari Ero - Civitella - Commerciante Zanchini Don Domenico - S. Sofia - Parroco Zadra Carlo - S. Sofia - Falegname Zannetti Paolo - Galeata - Agr. Zanobi Antonio - S. Sofia - C.D.

Nel corso dell’Assemblea del 1969, il Presidente Michelacci fa affermazioni significative in relazione alla missione della banca, alla responsabilità degli Amministratori e ai rapporti con la Federazione: “chi ha l’onore o la sfortuna di amministrare aziende bancarie, soprattutto chi amministra Casse Rurali che sono state costituite con fini del tutto speciali e cioè aiutare coloro che bussano ai nostri sportelli al di sopra di ogni ideologia politica, per sollevare moralmente e materialmente famiglie che spesso si trovano in difficoltà economiche, porta con sé


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gravi responsabilità. D’altra parte il Consiglio ha il dovere sacro e santo di tutelare il patrimonio della Cassa e spesso deve lottare tra queste due esigenze inderogabili. Nonostante non siano mancate serie difficoltà oltre il 95% delle richieste è stato soddisfatto e tutte le operazioni sono andate a buon fine, le spese sono state contenute nel limite strettamente necessario tranne quelle a cui non può sfuggire nemmeni una lira come le imposte e le tasse di L. 7.047.245 e la quota associativa alla Federazione di L. 397.448. Per quest’ultima il Consiglio è unanime nel considerarla troppo elevata”. Parole che fanno riflettere sulla loro attualità. Ci riferiamo alla costante missione del Credito Cooperativo, sempre in bilico tra la missione di sostenere chi merita e la necessità di salvaguardare la saldezza patrimoniale. Per quanto riguarda poi la Federazione, registriamo che l’anno successivo, il 25 gennaio 1970, in Corte Galluzzi a Bologna, nascerà finalmente la Federazione Regionale, grazie all’accordo tra 29 Casse Rurali. È circostanza non di poco conto: la Rurale di Santa Sofia si trova a pieno titolo tra i firmatari di un progetto atteso da tanto, assieme a banche più grandi che operano in territori più vasti e più competitivi. Il Consiglio che prende la decisione di aderire alla Federazione Regionale è quello già in carica da tempo, con una novità: Luciano Foglietta. Si tratta della prima figura non legata al “ceppo” ideologico storico che entra in Consiglio, la sua presenza è sintomo del cambiamento in corso. Di Luciano, laico e di idee progressiste, lontano dai partiti, tutto si sa: scrittore emerito, forse il più grande cantore della Santa Sofia del Novecento. In quel periodo esercita anche un’attività commerciale. Mentre qualcosa dobbiamo senz’altro dire della signora Manola Agatensi, presente all’incontro di Bologna, la cui attività professionale, prestata fino al momento della prematura scomparsa, avvenuta nel 1981, introduce due rilevanti novità.

Una donna sulla tolda di comando La prima è data dall’entrata in scena di una figura professionale individuata e riconosciuta come tale. Fino all’assunzione di Manola il disbrigo delle pratiche era affidato a Mario Caselli con le modalità estemporanee de-


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Anni ‘70: una gita sociale. Al centro, in bianco, Manola Agatensi.

scritte in precedenza. Manola sarà, invece impiegata prima e direttrice poi, a tempo pieno. Serve qualcuno che conosca tecnica e prassi, che ammoderni le procedure. Lei viene da studi specifici e non tralascia occasioni di formazione per sé e per altri. Non a caso Rino Amadori, che fu suo collaboratore, ricorda con riconoscenza in quante e quali occasioni lei favorisse occasioni di aggiornamento, per se stessa ed altri, da effettuarsi presso la Federazione Regionale o presso le Casse Rurali di Forlì e Forlimpopoli. Amadori si reca, su impulso di Manola, in Federazione a Bologna per studiare le procedure di Artigiancassa o presso la Rurale di Santa Giustina, nel riminese, per approfondire tematiche relative ai crediti agrari agevolati. Manola è lì perchè la banca che cresce necessita di continuità e di cultura. Lei assicura entrambe e aggiunge quella cortesia e conoscenza diretta delle persone che marcano la differenza con altri Istituti. Tra i testimoni del suo atteggiamento citiamo Piero Rondoni, uomo di vaste conoscenze culturali che, in seguito, diverrà uno dei riferimenti per la base sociale della banca: “Manola mi avvicinò e con garbo mi convinse a diventare socio della Cassa Rurale, c’era in lei una volontà evidente di allargarne gli orizzonti e la presenza all’interno della comunità”. Alla


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rapidità delle decisioni Manola assomma capacità di confronto con realtà diverse. Conosce come pochi la base sociale: è figlia di un socio, per parte di madre è imparentata con quel Domenico Boscherini che fu Consigliere nel 1915 e poi a lungo vice Presidente. Suo marito, per giunta, è Armando Rinaldini, imprenditore stimato che sarà tra i fondatori della cooperativa Pollo del Campo. Ma lei guarda anche oltre: tiene rapporti con la Cassa Rurale di Forlì e quella di Sarsina, supporta gli Amministratori nelle scelte che vengono discusse il Giovedì pomeriggio, quando il Consiglio si riunisce. La seconda novità risiede nel fatto che mai le Casse Rurali della Romagna, e non solo, hanno affidato, fino ad allora, responsabilità operative a una donna. Non sta a noi spiegare il perchè. Fatto sta che Manola è efficiente, disponibile, sorridente. In tanti rimane il ricordo di quella ragazza, nel tempo diventata signora, che accoglieva i clienti dietro il bancone collocato al centro della stanza-ufficio di via Pisacane. Rammentano la sua disponibilità, specialmente le donne che, per naturale confidenza, si sentivano autorizzate a fermarla, nel suo poco tempo libero, per chiederle consigli per qualsiasi tipo di pratica anche personale, magari di natura fiscale o pensionistica. Licia Magnani, commerciante e profonda conoscitrice di Santa Sofia, racconta di avere visto frequentemente Manola compilare documenti per strada, in mezzo alla gente. Non fu un caso se proprio a Santa Sofia, terra di rivoluzioni, venne affidata ad una signora una responsabilità di quel tipo.

Una diversa configurazione giuridica Gli anni Settanta si aprono con la crisi economica determinata dall’aumento del costo dei prodotti petroliferi conseguente alla crisi arabo-israeliana. Chi non è più giovane ricorda il periodo di austerity, la circolazione delle auto a targhe alternate, i blocchi domenicali del traffico. La crisi “morde” anche nel Bidente e induce il nuovo Presidente Ezio Moracci, succeduto a Michelacci, ad affermare di fronte all’Assemblea dei soci, nel 1972: “Voi sapete quale andamento ha l’economia nazionale e ancora meglio conoscete le gravi difficoltà che si sono registrate nel nostro comprensorio. L’industriale, l’artigiano e l’agricoltore si sono trovati di fronte ad un aumento dei costi, a difficoltà nelle ven-


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Una occasione sociale: il terzo da destra è il presidente Ezio Moracci.

dite ed a una considerevole diminuzione di utili. L’edilizia è entrata nella crisi più acuta. La Cassa Rurale si trova ad operare in questo clima di sfiducia, cercando di venire incontro alle esigenze di soci e clienti. Le caratteristiche della nostra Cassa sono appunto queste: operare a tassi inferiori degli altri Istituti, rispondere alle chiamate urgenti dei soci e appoggiare quelle iniziative che molte volte sono fondate sulla buona volontà, sulla serietà e capacità di chi le intraprende”. Le parole del nuovo Presidente indicano che, crisi o no, la Cassa Rurale “non molla”. E la politica di sostegno a chi ha idee, da lui descritta, darà frutti copiosi di lì a poco. Lui, Ezio Moracci, del resto, è un altro tipo tosto. È stato fattore della prestigiosa azienda aeronautica Caproni, viene da San Giovanni Valdarno. Abita a Capaccio, è robusto, conserva un accento cordialmente toscaneggiante, coloro che lo hanno conosciuto ne rammentano il carisma. È uomo di azione e di cuore: nel 1961, assieme a Michelacci, si è assunto l’onere economico di sostenere la Scuola Artigiana che il parroco, don Ermenigildo Montini, ha fondato nei locali della Casa della Gioventù. È stato a lungo Consigliere, conosce a fondo la Rurale, la storia, i valori. Ma guarda avanti. Tanto che l’anno successivo si presenta ai soci così: “il Consiglio di Ammini-


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strazione ha chiesto alla Banca d’Italia l’autorizzazione ad aprire uno sportello al Corniolo ed a trasformare la nostra società da cooperativa a responsabilità illimitata a cooperativa a responsabilità limitata per azioni. Per la prima richiesta non abbiamo avuto disposizioni, mentre per la seconda in data 13.04.1973 la Banca d’Italia ci ha comunicato che possiamo sottoporre all’Assemblea dei Soci la approvazione.” Di lì a non molto ci sarà la storica trasformazione statutaria. Mentre i tentativi che Moracci, e successivamente i Presidenti Alocchi e Rossi, fecero insistentemente per ottenere l’autorizzazione ad aprire filiali non otterranno a lungo ascolto. Il Consiglio che prende queste iniziative, nel 1973, è composto da: Ezio Moracci, Presidente, Giulio Giorgi, Vice Presidente, Angelo Castellucci, Antonio Cavalucci, Paolo Zanetti, Giovanni Valbonesi, Ottavio Arnasei consiglieri. Il Collegio Sindacale, guidato, da Francesco Rossi, annovera Francesco Talenti, Giovanni Catani, Gioberto Peperoni. Sindaco Supplente, è il professor Lorenzino Balzani, altra figura di rilievo a Santa Sofia, è Direttore negli Istituti scolastici e avrà ruoli importanti in banca, ed anche nella Democrazia Cristiana, negli anni Ottanta e Novanta. È una compagine autorevole. Che però, in quello stesso 1973, deve registrare la prematura scomparsa di Ezio Moracci. Giulio Giorgi gli subentra per qualche mese, rendendosi disponibile esclusivamente per dovere etico. Il 22 Novembre viene convocata quindi un’Assemblea straordinaria che si conclude con l’elezione a Presidente di Giovan Battista Alocchi, amichevolmente ricordato come “Bistino”. È stato il responsabile dell’Ufficio anagrafe del Comune, dunque è il primo Presidente che non si occupa di agricoltura. È alto, vicino alla sessantina, cattolico fervente. Non difetta di carattere: nel 1960, da Presidente di Azione Cattolica non ha esitato a dare le dimissioni per protesta contro la difficile situazione organizzativa in cui versa la Parrocchia, rientrerà nell’incarico solo quando riceverà assicurazioni da parte del Vescovo di San Sepolcro, Bornigia. Orfano di padre, ha studiato grazie alla Madonnina del Grappa. Circostanza, quest’ultima, che si rivelerà risolutiva per rendere possibile l’acquisto di Palazzo Giorgi, di lì a qualche anno. “Bistino”, come lui stesso si firmava nelle comunicazioni agli amici e ai soci, è animato da profondo senso del dovere. Scrive con prosa rapida ed efficace, con la sua Presidenza si apre, per la Rurale, la stagione della comunicazione


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Al tavolo della presidenza, da sinistra: Manola Agatensi, Giovan Battista Alocchi, il direttore regionale Mottaran, Francesco Rossi. Il penultimo è Giulio Giorgi.

in senso moderno e della presenza nel palcoscenico politico cittadino. Un arguto testimone come “Lillo” Nanni racconta un retroscena: “Era uomo inattaccabile sotto qualsiasi punto di vista. La sua indicazione a Presidente venne caldeggiata anche dalla Democrazia Cristiana. Si temeva che il nuovo corso intrapreso con l’apertura a sinistra portasse ad una Presidenza lontana dalla tradizione cattolico sociale. La sua fu comunque una presidenza che oggi definiremmo di garanzia, equidistante dalla politica”. Lettura dei fatti totalmente verosimile. Per contro Ottavio Arnasei, che di lì a un paio di anni diverrà Sindaco di Santa Sofia, rammenta come la collaborazione tra la Rurale e l’Amministrazione Comunale, sospetti politici a parte, dette frutti copiosi: “una politica comunale attiva e di larghe vedute, accompagnata dalla disponibilità di denaro della banca garantì sviluppo alla Rurale e alla intera comunità. Imprenditori capaci avviarono nuove aziende e ne consolidarono altre assicurando benessere a Santa Sofia e alle zone limitrofe; basti considerare che quasi tutte le famiglie divennero in quel periodo proprietarie della casa di abitazione. La Cassa Rurale, per giunta, registrò pochissime sofferenze, peraltro estranee alla clientela locale”.


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In effetti, al di là delle aspirazioni dei partiti a controllarne la “governance”, la banca cresce e, come ricorda Rino Amadori, può permetteersi di supportare iniziative di natura sociale o benefiche in collaborazione con la parrocchia, la pro loco, il mondo associativo e culturale. Tra le iniziative di


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maggior respiro, Piero Rondoni e “Lillo” Nanni segnalano quelle del comitato che si occupa della figura del Pontefice Pasquale Secondo o il prestigioso Premio Campigna e le rassegne di pittura che consentirono ad artisti locali vetrine importanti. Oltre a iniziative come il dono di un pulmino per trasporti di bambini e di portatori di handicap. Di lì a poco la banca bandirà poi una decina di borse di studio per bambini delle scuole di Santa Sofia, Galeata, Civitella, Bagno di Romagna, Verghereto e Premilcuore, definendo così anche la propria abituale giurisdizione territoriale. Cambia anche l’universo di riferimento di quella che era stata la banchina dei preti: il mondo rurale e cattolico non potrà più essere l’esclusivo ambito operativo. Rino Amadori, con la sintesi di chi è cresciuto a Corniolo, racconta che quando era entrato in banca, negli anni Settanta, nel comprensorio di Santa Sofia operavano ben 23 sacerdoti contro i 4 che si contano ai giorni nostri. Si allargano rapporti ed alleanze. Citiamo in proposito una lettera che il Presidente Alocchi scrisse ai Consiglieri con la quale li “avvertiva” della opportunità che diverse categorie economiche, non solo gli agricoltori, fossero chiamate organicamente a fare parte della base sociale della banca. Ciò anche in virtù di un indirizzo espresso dal Direttore della Federazione Regionale Mottaran. La banca, dunque, sul finire degli anni 70 deve allargare i propri orizzonti. Le novità, in questo senso, non tardano ad arrivare.

Palazzo Giorgi, la nuova casa Alla fine del 1981 il nuovo Presidente è Francesco Rossi, il vice è Lorenzino Balzani, consiglieri sono Giovan Battista Alocchi, Ottavio Arnasei, Antonio Cavallucci, Pietro Cocchi, Paolo Zannetti. Annotiamo che, nel rispetto di una virtuosa tradizione, il Presidente uscente Alocchi non abbandona la banca ma rimane, almeno per un mandato, in Consiglio, offrendo vicinanza al nuovo Presidente e percezione di continuità a soci e clientela. Il Collegio Sindacale è presieduto da Giancarlo Boschi, i Sindaci sono Giovanni Catani e Francesco Talenti. In qualità di Sindaco supplente, assieme a Gioberto Peperoni, spunta Guido Sassi, imprenditore la cui iniziativa risulterà determinante per l’economia di Santa Sofia e della vallata. Sono coloro


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Una veduta attuale di Palazzo Giorgi.

che imprimeranno la spinta finale alla crescita dell’Istituto, tra essi la figura di riferimento è quella del nuovo Presidente, Francesco Rossi. Possiede vasta esperienza del Credito Cooperativo per essere stato Presidente del Collegio Sindacale a Santa Sofia e Sindaco Revisore della Cassa Rurale ed Artigiana di Forlì. Suo nonno materno è Agostino Naldini, il primo storico Presidente. Rossi viene da Camposonaldo, culla della Rurale, si è trovato da studente ad amministrare le proprietà di famiglia a causa della prematura scomparsa del babbo. Tanto che se scorrete un elenco di soci lo trovate indicato come agricoltore. È uomo alto, elegante, di radicata cultura economica, ancora oggi titolare di uno dei più importanti studi tributari forlivesi. All’inizio degli anni Ottanta è già commercialista stimato, si occupa di affari importanti, la sua in-


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dicazione a Presidente risulta naturale. È il primo Presidente che non risiede a Santa Sofia ma a Forlì. E si rende subito, assieme agli altri Amministratori, protagonista del passo che smarca definitivamente la Rurale dal ruolo periferico che la Santa Sofia di inizio Novecento le aveva attribuito: lo spostamento della sede a Palazzo Giorgi. Ecco come Rossi descrive gli avvenimenti: “Il Presidente Alocchi volle chiamarmi a guidare la banca, per me si trattava di un onore, ma anche di una responsabilità particolare, visto il ruolo che mio nonno aveva avuto in passato. Si profilò di lì a poco la possibilità di comprare Palazzo Giorgi, allora di proprietà della Fondazione Madonnina del Grappa con la quale “Bistino” conservava rapporti privilegiati per via della sua esperienza infantile. Quando si seppe delle nostre intenzioni si mosse la Cassa dei Risparmi che rilanciò l’offerta di


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acquisto. Eravamo preoccupati di non potercela fare, oltretutto la Banca d’Italia era dell’opinione che la Cassa Rurale non disponesse di patrimonio sufficiente per acquisire l’intero immobile e ci concesse la possibilità di comprare esclusivamente il piano terra ove allocare gli uffici. Costituimmo allora una “srl” con consiglieri e soci, in quel modo acquisimmo la parte superiore dello stabile. In seguito la banca, che aveva proceduto all’acquisto del piano terra, crescendo in termini di volume d’affari potè fare proprio l’intero immobile, cedendo al Comune il parco adiacente.” La piccola Cassa Rurale s’insedia nel palazzo più prestigioso di Santa Sofia. Occupando inizialmente solo il piano terra, come da tassative indicazioni della Banca d’Italia che ha autorizzato l’acquisto per la somma di 280 milioni di Lire a condizione che risultasse certa l’alienazione, da parte della Rurale, del piccolo immobile occupato in precedenza. Comunque, la banca che era stata in origine maltrattata dai poteri politici locali trova allocazione a fianco del Palazzo Municipale, ne condivide le pertinenze. Al buon esito dell’iniziativa, favorito dalla inclinazione della Madonnina del Grappa per la Rurale e in particolar modo per “Bistino”, non è estraneo il polso fermo mostrato da Ottavio Arnasei, che è il Sindaco del paese ed al quale, come talvolta capita in circostanze simili, sono pervenute calde sollecitazioni affinchè l’operazione non giunga a buon fine. Ma tutto va per il meglio. Aggiungiamo, in questo 2015 in cui scriviamo questo libro, che da circa quattro anni il Consiglio Comunale si riunisce nel salone sito al secondo piano di Palazzo Giorgi, in virtù di un cordiale accordo tra la banca e l’Amministrazione. Ciò a causa dei lavori di ripristino della sede municipale, danneggiata da recenti scosse di terremoto. La circostanza, a cento anni di distanza, apparirebbe sorprendente ai protagonisti degli anni pioneristici dell’Istituto. E anche a coloro che, a inizio Novecento, erano animati da passioni politiche ostili al cristianesimo sociale. A ennesima dimostrazione di come la Storia, nel suo imperscrutabile evolversi, proceda con totale indifferenza delle nostre più radicate convinzioni. La banca, oltre a Manola Agatensi, annovera come dipendenti Rino Amadori, Bruno Bucci, Franco Barchi, Mauro Cambrelli, Alberto Greggi, Rosella Marianini. La fiducia nelle persone che vi lavorano e negli Amministratori è tutt’uno con l’idea di autorevolezza che la nuova sede trasmette al pubblico. Alla inaugurazione, celebrata nel “ponte” festivo del 25 Aprile


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del 1983, tra gli altri, presenziano il Presidente Nazionale della Federazione delle Casse Rurali, Enrico Badioli e il prestigioso economista, fino a pochi mesi prima Ministro del Tesoro, Nino Andreatta. Un opuscolo stampato dalla banca, oltre a rammentare principi e valori del Credito Cooperativo, descrive una crescita esponenziale degli indicatori bancari registrata nell’ultimo decennio. Gli impieghi, per la Cassa Rurale, sono passati da un miliardo di lire, registrato nel 1970, ai quasi otto miliardi a fine 1981. Il patrimonio nello stesso periodo è cresciuto dai circa 10 milioni di Lire a oltre 325 milioni. Anche la base sociale si è ulteriormente allargata: lo riscontriamo scorrendo l’elenco dei soci all’inizio degli anni Ottanta, che ne comprende nomi, professioni, provenienze.

Il taglio del nastro: il presidente nazionale Enrico Badioli, il presidente Francesco Rossi, il professor Beniamino Andreatta.


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Soci e clienti in piazza Matteotti mentre il presidente Rossi promuncia il discorso inaugurale.


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Agatensi Manola, S. Sofia, Impiegata Agatenzi Nicola, S. Sofia, Agricoltore Agnoletti Leonardo, S. Sofia, Artigiano Agnoletti Maria Angelica, S. Sofia, Colt. Diretto Aleotti LibertĂ , S. Sofia, Commerciante Aleotti Francesco, S. Sofia, Commerciante Alessandrini Franco, S. Sofia, Agricoltore Almerigi Giuseppe, S. Sofia, Agricoltore Alpestri Carlo, Galeata, Colt. Diretto Allocchi Giovan Battista, S. Sofia, Pensionato Amadori Giovanni, S. Sofia, Artigiano Amadori Rino, S. Sofia, Impiegato Amadori Stanislao, Bagno di R., Colt. Diretto Amadori Tiberio, S. Sofia, Artigiano Andreani Giuseppe, Galeata, Artigiano Arnasei Angiolina, S. Sofia, Commerciante Arnasei Ottavio, S. Sofia, Agricoltore Arniani Gioberto, S. Sofia, Artigiano Arrigoni Enrico, S. Sofia, Agricoltore Arrigoni Roberto, S. Sofia, Agricoltore Balzani Albano, S. Sofia, Colt. Diretto Balzani Lorenzino, S. Sofia, Dir. Didattico Barchi Franco, S. Sofia, Impiegato Barducci Ademaro, S. Sofia, Artigiano Bartolucci Pietro, S. Sofia, Artigiano Barzanti Aldo, Galeata, Colt. Diretto Barzanti Giovanni , S. Sofia, Artigiano Barzanti Lorenzo, S. Sofia, Commerciante Batani Angelo, S. Sofia, Agricoltore Batani Antonio, S. Sofia, Giornalaio Batani Giuseppe, Bagno di R., Agricoltore Batani Ines, S. Sofia, Casalinga Batani Sante, Bagno di R., Colt. Diretto Battistini Gilberto, Galeata, Artigiano Bellini Aulo, S. Sofia, Artigiano Bellini Mario, S. Sofia, Commerciante Benilli Tullio, S. Sofia, Commerciante Bernardini Sergio, Civitella di R., Artigiano Berti Faustina, S. Sofia, Casalinga Berti Franco, S. Sofia, Artigiano Berti Gaspero, S. Sofia, Artigiano Bertini Germano, S. Sofia, Agricoltore Bertini Lamberto, S. Sofia, Agricoltore Bettedi Giovanni, S. Sofia, Colt. Diretto Bettedi Primo, S. Sofia, Operaio Agricolo Betti Bruna, S. Sofia, Artigiana Bianchini Mortani P. Luigi, S. Sofia, Agricoltore Bigiarini Aurelio, Bagno di R., Artigiano

Bombardi Angelo, S. Sofia, Artigiano Bombardi Idamo, S. Sofia, Artigiano Bordignon Raffaello, Galeata, Parroco Boscherini Angelo, S. Sofia, Agricoltore Boscherini Ellero, S. Sofia, Pensionato Boscherini Enrico, S. Sofia, Medico Boscherini Giuseppe S. Sofia, Artigiano Boscherini Lorenzo, S. Sofia, Colt. Diretto Boscherini Roberto, S. Sofia, Agricoltore Bovicelli Antonio, S. Sofia, Colt. Diretto Bovicelli Luigi, S. Sofia, Colt. Diretto Braccesi Giuseppe, S. Sofia, Artigiano Bresciani Carmelo, Bagno di R., Colt. Diretto Bruschi Brusco, S. Sofia, Artigiano Bucci Bruno, S. Sofia, Impiegato Buscherini Paolo, Galeata, Atigiano Canestrini Liliana, Galeata, Agricoltore Canestrini Orazio, Civitella di R., Commerciante Cangialeoni Mauro, Galeata, Artigiano Cangialeoni Silvano, Galeata, Colt. Diretto Carcupino Giovan Battista, S. Sofia, Artigiano Casamenti Ferdinando, S. Sofia, Impiegato Casamenti Germano, S. Sofia, Artigiano Caselli Mario, S. Sofia, Agricoltore Caselli Giacomo, S. Sofia, Colt. Diretto Castellucci Benvenuto, S. Sofia, Agricoltore Catani Giovanni, S. Sofia, Agricoltore Cavallucci Antonio, S. Sofia, Agricoltore Cavallucci Fabio, S. Sofia, Artigiano Ceccarelli Giovanni, S. Sofia, Operaio Agricolo Cerofolini Nicolò, S. Sofia, Agricoltore Cisterni Pier Luigi, Premilcuore, Agricoltore Cocchi Giuseppe, S. Sofia, Colt. Diretto Cocchi Mauro, S. Sofia, Colt. Diretto Cocchi Piero, S. Sofia, Colt. Diretto Cocchi Verano, S. Sofia, Operaio Cocchi Vincenzo, S. Sofia, Colt. Diretto Conficconi Antonio, S. Sofia, Impiegato Conficconi Armando, S. Sofia, Artigiano Cristofani Paolo, Galeata, Artigiano Crociani Giuseppe, Bagno di R., Colono Eneidi Delvis, S. Sofia, Artigiano Erbacci Pier Luigi, S. Sofia, Insegnante Fabbri Adelina, S. Sofia, Insegnante Fabbri Antonio, S. Sofia, Artigiano Fabbri Ezio, S. Sofia, Insegnante Fabbri Elidio, S. Sofia, Commerciante Fabbri Giuseppe, S. Sofia, Artigiano


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Fabbri Giuseppe, Bagno di R., Artigiano Fabbri Giuseppe, S. Sofia, Artigiano Fabbri Leandro, S. Sofia, Artigiano Fabbri Mario, S. Sofia, Artigiano Fabbri Ovilio o Duilio, S. Sofia, Artigiano Facibeni Egidio, Galeata, Impiegato Fantini Fernando, S. Sofia, Artigiano Fantini Lindo, S. Sofia, Colt. Diretto Feresi Adorno, S. Sofia, Operaio Fiorini Elio, S. Sofia, Laureato Fiorini Luigi, S. Sofia, Artigiano Flamigni Paolo, Civitella di R., Geometra Foglietta Luciano, S. Sofia, Giornalista Fontana Benito, S. Sofia, Artigiano Fontana Giovanna, S. Sofia, Casalinga Fucci Piero, Bagno di Romagna, Artigiano Garulli Natale, S. Sofia, Agricoltore Gentili Maria, S. Sofia, Agricoltore Gherardi Giovanni, S. Sofia, Segretario Comunale Ghini Giuseppe, Galeata, Ingegnere Giorgi Giulio, S. Sofia, Agricoltore Giorgi Italico, S. Sofia, Agricoltore Giovannetti Albertina, S. Sofia, Colt. Diretto Graziani Antonio, S. Sofia, Artigiano Graziani Giorgio, S. Sofia, Agricoltore Gregori Guerrino, S. Sofia, Avicoltore Grilli Riccardo, Galeata, Agricoltore Grilli Giuseppe, S. Sofia, Medico Imolesi Pia, S. Sofia, Insegnante Innocenti Gianfranco, S. Sofia, Artigiano Innocenti Guido, S. Sofia, Artigiano Landi Corrado, Civitella di R., Artigiano Lanzarini Greco, S. Sofia, Commerciante Leoni Giovanni, S. Sofia, Agricoltore Leoni Lodovico, Civitella di R., Colt. Diretto Lippi Augusto, Galeata, Artigiano Lippi Luigi, Galeata, Insegnante Lombardi Bruno, S. Sofia, Operaio Lotti Dedi, S. Sofia, Impiegato Lotti Lorenzo, S. Sofia, Agricoltore Lotti Silvano, S. Sofia, Artigiano Magli Adriana, Galeata, Insegnante Magnani Armando, S. Sofia, Artigiano Mainetti Terzo, S. Sofia, Colt. Diretto Malmesi Rino, S. Sofia, Impiegato Manfredi Rino, S. Sofia, Colt. Diretto Marchi Ferruccio, Civitella di R., Agricoltore Marianini Alessio, Bagno di R., Colt. Diretto

Mariannini Berno, S. Sofia, Colt. Diretto Mariannini Flavio, S. Sofia, Colt. Diretto Mariannini Giovanni, S. Sofia, Colt. Diretto Margheritini Michele, S. Sofia, Artigiano Margheritini Sergio, S. Sofia, Pensionato Masini Franco, S. Sofia, Colt. Diretto Mazzoli Giuseppe, S. Sofia, Agricoltore Mazzoni Lino, Galeata, Artigiano Mazzoni Luigi, Galeata, Colt. Diretto Mazzoni Mario, Galeata, Artigiano Mengozzi Piero, S. Sofia, Impiegato Mengozzi Romano, S. Sofia, Artigiano Michelacci Adriano, S. Sofia, Agricoltore Michelacci Giovanni, S. Sofia, Agricoltore Michelacci Romeo, S. Sofia, Artigiano Milanesi Candido, S. Sofia, Colt. Diretto Milanesi Leandro, S. Sofia, Artigiano Milanesi Gino, S. Sofia, Colono Milanesi Pietro, S. Sofia, Colt. Diretto Milanesi Remo, S. Sofia, Artigiano Minotto Colombo, Civitella di R., Colt. Diretto Monaldi Irmo, S. Sofia, Impiegato Montini Gian Michele, S. Sofia, Colt. Diretto Montini Maddalena, S. Sofia, Casalinga Montini Olinto, S. Sofia, Colt. Diretto Montini Pietro, S: Sofia, Colt. Diretto Montini Sante, S. Sofia, Agricoltore Mordenti Aldo, S. Sofia, Colt. Diretto Mordenti Gabriele, S. Sofia, Colt. Diretto Mordenti Giovanni, S. Sofia, Colt. Diretto Morelli Armano, Bagno di R., Impiegato Morelli Tommaso, S. Sofia, Agricoltore Moretti Gilberto, Galeata, Artigiano Mosconi Agrario, S. Sofia, Artigiano Mugnai Piero, S. Sofia, Artigiano Nanni Agostino, S. Sofia, Agricoltore Nanni Emilio, S. Sofia, Impiegato Nanni Francesco, S. Sofia, Colt. Diretto Nanni Giancarlo, S. Sofia, Artigiano Nanni Giulio, S. Sofia, Agricoltore Nanni Giuseppe, S. Sofia, Agricoltore Nanni Luigi, S. Sofia, Colt. Diretto Nanni Rosanna, S. Sofia, Artigiana Nanni Rosina, S. Sofia, Commerciante Nanni Torquato, S. Sofia, Agricoltore Nanni Vera, S. Sofia, Colt. Diretto Olivetti Enzo, S. Sofia, Artigiano Olivi Bruno, S. Sofia, Operaio


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Ori Terenzio, S. Sofia, Agricoltore Panciatichi Modesto, S. Sofia, Artigiano Pani Goffredo, S. Sofia, Agricoltore Peperoni Gioberto, S. Sofia, Impiegato Perini Divo, S. Sofia, Colt. Diretto Perugini Alfio, S. Sofia, Rappresentante Petretti Claudio, Galeata, Impiegato Pierottini Giovanni, S. Sofia, Colt. Diretto Pini Augusto, S. Sofia, Artigiano Pini Augusto, S. Sofia, Impiegato Pini Giuseppe, S. Sofia, Artigiano Pini Italo, S. Sofia, Artigiano Pini Lidia, S. Sofia, Insegnante Pini Pier Giovanni, S. Sofia, Artigiano Pini Pier Luigi, S. Sofia, Artigiano Pini Vincenzo, S. Sofia, Geometra Pondini Luigi, Galeata, Agricoltore Pondini Vincenzo, S. Sofia, Sacerdote Prati Eugenio, S. Sofia, Commerciante Pretolani Arturo, S. Sofia, Consulente Tributario Pretolani Celso, S. Sofia, Artigiano Pretolani Gauro, S. Sofia, Artigiano Pretolani Giovanni, S. Sofia, Artigiano Pretolani Romolo, S. Sofia, Artigiano Ranieri Mauro, S. Sofia, Artigiano Ravaioli Franco, S. Sofia, Agricoltore Ravaioli Gino, S. Sofia, Pensionato Ravaioli Luciano, S. Sofia, Artigiano Renzi Alfredo, S. Sofia, Colt. Diretto Riccardi Giovanni, S. Sofia, Colt. Diretto Riccardi Guido, S. Sofia, Agricoltore Rinaldini Antonio, S. Sofia, Colt. Diretto Rinaldini Armando, S. Sofia, Colt. Diretto Rossi Dino, S. Sofia, Colt. Diretto Rossi Ellero, S. Sofia, Colt. Diretto

Rossi Francesco, S. Sofia, Agricoltore Rossi Lorenzo, S. Sofia, Colt. Diretto Rossi Vito, Bagno di Romagna, Artigiano Samorani Antonio, Galeata, Artigiano Sampaoli Giovanni, S. Sofia, Agricoltore Sampaoli Giuseppe, S. Sofia, Agricoltore Santandrea Andrea, S. Sofia, Sacerdote Sassi Alfredo, S. Sofia, Agricoltore Sassi Angelo, S. Sofia, Avicoltore Sassi Guido, S. Sofia, Artigiano Satanassi Marino, Civitella di R., Artigiano Sozzani Giovanni, S. Sofia, Agricoltore Sedioli Primo, Bagno di R., Colt. Diretto Stefanelli Altea, S. Sofia, Artigiano Stradaioli Tommaso, S. Sofia, Agricoltore Talenti Francesco, S. Sofia, Impiegato Tedaldi Germano, S. Sofia, Artigiano Tontini Lino, S. Sofia, Artigiano Torricelli Francesco, S. Sofia, Operaio Toschi Ernesto, Civitella di R., Agricoltore Toschi Filemone, S. Sofia, Agricoltore Valbonesi Argia, S. Sofia, Commerciante Valbonesi Caterina, S. Sofia, Casalinga Valbonesi Giovanni, S. Sofia, Artigiano Valli Roberto, Galeata, Artigiano Valli Valeriana, Galeata, Insegnante Venturi Enrico, S. Sofia, Artigiano Venturi Giovanni, Galeata, Artigiano Versari Ero, Civitella di Romagna, Artigiano Zadra Virgilio, S. sofia, Commerciante Zanetti Giuseppe, Galeata, Agricoltore Zanetti Paolo, Galeata, Agricoltore Zannotti Adriano, S. Sofia, Artigiano Zannotti Elvio, S. Sofia, Agricoltore

Scenari di crescita Sono gli anni in cui a Santa Sofia si sviluppa l’iniziativa della cooperativa avicola Pollo del Campo, guidata da Guido Sassi, che diventerà l’impresa economica più importante della vallata e, in termini d’assorbimento di mano d’opera, dell’intera area forlivese. La Rurale ne risulta fin da subito, con intuizione meritoria dei dirigenti, riferimento creditizio. Come siano andate le cose ce lo spiega direttamente Sassi: “in paese, alla fine degli anni Settanta c’e-


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rano parecchi allevatori, parliamo di 20-30 aziende. Ma il problema era quello della collocazione dei prodotti su un mercato che risultava ristretto e troppo sbilanciato a favore dei commercianti rispetto alle legittime aspirazioni dei produttori. C’era necessità di una iniziativa di respiro, innovativa, che aprisse prospettive, magari anche differenziando le produzioni. Nel 1979 ci mettemmo insieme in 21 soci, fondammo, con il supporto determinante dell’amico Armando Rinaldini, la Sapar srl, ciascuno di noi impegnò un milione di lire. I soldi erano pochi non per un nostro vezzo, ma perché di più non ne avevamo. Servivano risorse finanziarie, ci rivolgemmo alle banche e quella che fu più sensibile, più lungimirante, più rapida a decidere fu la Cassa Rurale. Lo stesso avvenne un anno dopo quando fu costituita la cooperativa Pollo del Campo e anche, successivamente, negli anni a venire. Andavamo in quei piccoli uffici, facevamo serie e credibili richieste ed ottenevamo risposte immediate dagli uffici. Presidente e Consiglieri, poi, parlavano la nostra lingua, ci capivano e avevano fiducia in noi. Alla Rurale ci sentivamo a casa. Facevamo richieste che in una settimana venivano esaudite. Crescendo le dimensioni aziendali, avemmo poi necessità che il flusso finanziario fosse continuo, servivano mutui e affidamenti. Questioni che da parte nostra erano seguite con grande competenza dal ragioniere capo Giancarlo Boschi. Eravamo l’azienda del settore avicolo che valorizzava maggiormente il prodotto conferito dai soci allevatori in quanto disponevamo delle migliori tecnologie disponibili in Europa. Avevamo, di conseguenza, importanti richieste da fare alle banche. La Rurale non ci ha mai lasciati soli. Mi sento di dire che, senza la Cassa Rurale, Pollo del Campo non sarebbe esistita”. Parole che destano impressione, considerando ciò che rappresenta quell’azienda a Santa Sofia e in Italia. Quella strategia operativa, comunque, per la Rurale risulta determinante. La clientela si allarga alle imprese che conferiscono prodotti alla Pollo del Campo, gli stessi dipendenti della azienda, che oggi sono 1200, prendono come riferimento la piccola banca. Il volano economico si allarga. Nascono nuove imprese grazie alla capacità della Rurale di valutare persone e progetti cui si assomma la nuova, decisiva, disponibilità di risorse. Ai giorni nostri diversi imprenditori possono raccontare storie come quella che ci descrive Claudio Bussi, titolare di un’impresa di avanguardia nell’artigianato di qualità e attualmente Consigliere della Banca di Forlì: “all’inizio degli anni Ottanta mi metto in testa di fare l’imprenditore. In paese c’è fiducia, l’atmosfera è positiva grazie alla nascita della Pollo del Campo e ai lavori


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per la realizzazione della diga di Ridracoli, iniziative che aprono scenari nuovi per l’economia locale. Dispongo di una discreta pratica nella falegnameria per avere, fin da ragazzo, appreso il mestiere. Incomincio l’attività, mi accorgo che le possibilità operative esistono ma serve un minimo di struttura logistica e un capannone, ma le risorse finanziarie di cui dispongo non sono sufficienti. Fortunatamente mia moglie, che ha già un lavoro stabile, mi aiuta e mette a disposizione ben 14 milioni di lire, una somma importante. Faccio i conti, serve qualcosa di più. Di banche non so quasi nulla, mi rivolgo ad un istituto importante ma il tempo passa, a distanza di mesi non ottengo risposta. Decido allora di presentarmi alla Cassa Rurale, quella che conoscevo come la banchina dei preti. A darmi l’indicazione è mio suocero, Germano Tedaldi che è socio da tanto tempo della Rurale e crede in quell’Istituto. Parlo con Rino Amadori. In pochi giorni, con mia sorpresa, ottengo un finanziamento di circa 15 milioni e comincia l’avventura, che dura tutt’oggi, della nostra impresa. Che molto probabilmente non sarebbe sorta, senza la Cassa Rurale e la sua tradizione di “scommettere” sulle persone.” Vicende come quelle raccontate da Sassi o Bussi, annotiamo, spiegano perché la storia del Credito Cooperativo venga con fondamento definita “differente”. Intanto arrivano le autorizzazioni da tanti anni richieste all’Organo di Vigilanza, si possono aprire filiali a San Piero in Bagno e a Galeata. Ci si dota anche di uno sportello automatico a Civitella di Romagna. Crescono volumi, impieghi, raccolta. La banca accompagna la crescita economica territoriale che sarà costante fino ai primi anni duemila e caratterizzata anche da una modificazione degli assetti sociali e demografici, in essi comprendendo l’immigrazione da Paesi dell’Est Europeo e Africani, attratta dalla ricerca di mano d’opera praticata da Pollo del Campo (che assorbe, oltre a più di cinquecento locali, lavoratori di 35 diverse nazionalità) e da altre imprese in espansione. L’edilizia e il commercio, su tale abbrivio, programmano nuovi investimenti. Sono anche anni di svolte politiche per Santa Sofia. Tra esse l’evoluzione del rapporto tra i cattolici e la componente comunista. Lo spiega Jonny Grifoni, dirigente del volontariato che con il proprio impegno ha contribuito a mantenere intatta la vocazione localistica della Cassa Rurale dopo le svolte degli anni Novanta: “nella seconda metà degli anni Ottanta ero Segretario della Democrazia Cristiana a Santa Sofia. A fine del 1985, con concretizzazione nel 1986, venne a maturazione una svolta politica epocale. Quella del


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sostegno della DC alla Giunta municipale retta dal Partito Comunista, prima con un appoggio esterno e successivamente con un accordo di legislatura che portò alla individuazione del vice Sindaco Giuseppe Mazzoli, espresso dalla DC. Il linguaggio della politica di allora definiva “compromesso storico” tale scelta, i giornali scrissero che era la prima volta in Italia che un accordo del genere si realizzava. Ovviamente, non era processo che riguardasse la Cassa Rurale ma la decisione, va detto, maturò in ambienti non indifferenti alla base sociale della banca. Nessun amministratore o dirigente della Rurale se ne occupò direttamente, non posso affermare neppure che fossero d’accordo ma il mondo cattolico, va detto, non fu affatto estraneo a quella decisione”.

La Cassa Rurale, luogo di confronto e di elaborazione La banca diventa luogo di confronto tra le componenti più evolute della comunità locale. Le Assemblee, i Consigli, le occasioni pubbliche promosse dalla banca coinvolgono le migliori intelligenze del territorio. Lo sbriciolarsi dei partiti sorti nel dopoguerra, che si realizza bruscamente nei primi anni Novanta in seguito a “tangentopoli”, favorisce il crearsi, all’interno della Cassa Rurale, di un cenacolo di passioni e capacità. Se negli anni Settanta e Ottanta il confronto era tra la componente democristiana e quella di sinistra, negli anni Novanta il dibattito, a volte aspro, s’incentra sulle diverse visioni strategiche. Spesso da una parte c’è il Presidente Rossi, manager e aziendalista esperto, dall’altra c’è “Tallo” Arnasei con il carisma riconosciuto e l’esperienza di giurista. Ma sono in tanti a prendervi parte, tra i dirigenti che non abbiamo ancora citato ci sono senz’altro, ad esempio, Antonio Cavalucci, Roberto Valli, Paolo Cristofani, e, come rammenta, Emilio Nanni, talvolta il confronto, puntuto, è tra la componente di Santa Sofia e quella di Galeata. Ma l’obiettivo è comune e le decisioni convergono. Non sono più i partiti a pretendere di indirizzare la banca, ammesso che mai siano riusciti nel loro intento e la cosa ci pare improbabile, è invece la banca ad essere luogo ove si progetta parte di quel che accadrà all’esterno. È, in proposito, significativo un documento che abbiamo rinvenuto tra le carte di “Bistino” Alocchi,


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delle quali disponiamo grazie alla cortesia della famiglia e alla amichevole collaborazione di Jonny Grifoni. Si tratta di una lettera che il Presidente Francesco Rossi scrive all’Ospedale Nefetti, al Comune di Santa Sofia e alla USL di Forlì nel Settembre del 1988. Con la quale afferma che la Rurale è disposta a sovvenzionare con 11 milioni di lire l’acquisto di macchinari indispensabili al reparto di Chirurgia, come richiesto. Ma poiché in paese si mormora che Giovan Battista Alocchi il reparto possa essere trasferito altrove, Rossi avverte: “il nostro impegno resterà valido se verrà fornita garanzia, dagli enti in indirizzo, che gli strumenti resteranno all’Ospedale di Santa Sofia e lì utilizzati. Precisando che il contenuto di questa lettera sarà reso noto a soci e clienti della nostra Banca”. È racchiusa a nostro giudizio, in questa comunicazione, una sintesi della esperienza delle Rurali a Santa Sofia: l’irritualità che era stata propria, ai tempi pioneristici, di don Vincenzo Ruscelli e di don Pio Berni. Il localismo orgoglioso di sempre. E il senso di responsabilità di un Istituto ormai consapevole di costituire risorsa non secondaria per la comunità locale. E dunque “obbligato” a indirizzarne talvolta le scelte. Lo spirito antico aleggia anche nelle suggestive parole con cui “Bistino” Alocchi il 5 Aprile 1988 saluta i soci e rimette volontariamente il proprio mandato di Consigliere: “ho sempre inteso ogni chiamata come un servizio da rendere alla comunità. È logico, pertanto, che mi adoperi per favorire il ricambio. Un organismo che non ha ricambio può solo vegetare in attesa della morte e la nostra Cassa Rurale non può morire”. Commentare affermazioni del genere sarebbe superfluo: è a persone di tale pasta che la Rurale di Santa Sofia deve la propria lunga storia. Intanto i numeri crescono ulteriormente. Non stiamo a snocciolare cifre. Ci limitiamo a registrare l’affermazione di Rino Amadori: “nelle comunità di


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riferimento detenevamo circa il 50% del mercato bancario”. Un’enormità, se si confronta il dato alle “performance” abituali delle banche di Credito Cooperativo, quasi mai attestate oltre il 20% di quota di mercato. Una situazione che mette l’Istituto sotto la lente d’ingrandimento dell’opinione pubblica, e degli organi di controllo. Nascono nuovi obblighi, energie sono profuse nella organizzazione interna, nei controlli, nella razionalizzazione dei processi, nel consolidamento. E si ragiona sul sistema nazionale, sulla utilità di mettere in comune disponibilità e risorse. Mentre gli amministratori prendono impegni, economicamente anche gravosi, per il fondo di garanzia e di salvaguardia comune tra le Casse Rurali che, con gli anni Novanta, cominceranno a chiamarsi Banche di Credito Cooperativo, Direttore e dipendenti definiscono accordi per condividere, all’interno del sistema di ICCREA, conoscenze e professionalità. La costante partecipazione dei dirigenti a convention e seminari lo testimonia. Quella che era “banchina di paese” si affaccia al confronto regionale e nazionale del sistema di Credito Cooperativo.

La Cassa Rurale confluisce in BRC. L’intervento della Banca di Forlì. Qui finisce, per quanto ci riguarda, la storia che abbiamo avuto l’ambizione e l’onore di raccontare. Quella della Cassa Rurale di Santa Sofia che, dal di li in poi, nel giro di una decina d’anni, esaurirà la propria esperienza. Infatti cominceranno, negli anni Novanta, le stagioni delle partnership con altri Istituti. Che si concretizzeranno nelle fusioni, intervenute prima con la BCC di Forlimpopoli e con quella di Martorano, nel 1996. Assumendo, il nuovo istituto, la dizione di Romagna Centro-Credito Cooperativo. Successivamente, nel 2000 ci si aprirà anche alla BCC di San Giorgio, con la dizione di Banca Romagna Centro Credito Cooperativo. Nel 2008 si concretizzerà poi fusione con la BCC di Macerone, facendo propria la definitiva dizione di Banca Romagna Cooperativa. Ci siamo chiesti se quelle scelte fossero obbligate, ne abbiamo parlato con il Presidente Rossi ed il Direttore Amadori. Ci hanno confermato quel che, nei Consigli e nelle Assemblee di allora, era noto e che altri amministratori


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Atto di acquisizione delle Filiali di Santa Sofia e Galeata da parte della Banca di Forlì. Seduto il notaio Marco Maltoni. Alle sue spalle, da sinistra, il Presidente del Collegio Sindacale Laura Campri, il Vice Direttore Pierluigi Mugnai, il Direttore Daniele Boattini, il Presidente della Banca di Forlì Domenico Ravaglioli, il Presidente della BRC Nazario Sintini e il vice-direttore della BRC Davide Valzania.

ricordano: Banca d’Italia e Federazione Regionale delle BCC erano orientate in quella direzione. In proposito dice Francesco Rossi: “ricordo una convocazione della Banca D’Italia ai Presidenti delle Rurali di Sarsina, S.Giorgio e Santa Sofia durante la quale si insisteva sulla necessità di una fusione per consolidare i patrimoni e fare fronte ai crescenti adempimenti voluti dall’Europa. Non se ne fece nulla, ma dopo un anno il problema tornò di attualità. Allora facemmo una lunghissima trattativa con la Rurale di Martorano nel corso della quale si cercò una mediazione su quelli che erano i punti salienti dell’aggregazione che si andava prospettando: sede, direzione e composizione del Consiglio di Amministrazione. Riuscimmo a trovare un accordo con l’inserimento nella fusione della Cassa Rurale di Forlimpopoli, ove stabilimmo avesse sede legale il nuovo Istituto. La Banca di Credito Cooperativo di Martorano era molto più grande di quella di Santa Sofia perché dislocata in un territorio più ricco; l’inserimento della consorella di Forlimpopoli risultò utile per distribuire più equamente la “governance”. Non fu, dunque, un’iniziativa presa a cuor leggero. Francesco Rossi e Rino Amadori avevano entrambi, va detto, rapporti di stima con la Cassa Rurale ed Artigiana di Forlì e lasciano traspa-


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rire che non fu possibile realizzare una fusione con quell’Istituto, operazione che entrambi avrebbero visto favorevolmente. E che, dunque, le altre furono scelte conseguenti. Peraltro anche i dirigenti della Cassa Rurale di Santa Sofia di quegli anni, che abbiamo sentito su questo argomento, affermano che quella di “fondersi” con altri Istituti pareva al tempo scelta ineluttabile. Nasce, negli anni successivi, un comitato locale di soci con il compito di costituire collegamento tra la base sociale e gli organi direttivi del nuovo sistema bancario di riferimento, la cui giurisdizione territoriale è estesa. A farne parte, anche in momenti diversi, sono chiamati: Franco Aleotti, Luca Boattini, Massimiliano Cocchi, Paolo Cristofani, Massimo Fabbri, Giuseppe Gambineri, Jonny Grifoni, Milena Landi, Fleana Lombardi, Delvis Lorenzoni, Francesco Marianini, Leandro Milanesi, Daniele Naldini, Giancarlo Nanni, Adalberto Pallotta, Piero Rondoni, Paolo Rossi e Antonio Valgiusti. Il comitato, ovviamente, non ha poteri d’indirizzo bensì di salvaguardia delle tradizioni, della cultura, del localismo alto bidentino. Altrettanto è chiaro che le decisioni fondamentali sono prese, nel nuovo Millennio, lontano da Santa Sofia. Fatto sta che, è storia recente, l’avventura complessiva della Banca Romagna Cooperativa non si è rivelata fortunata, indipendentemente dall’apporto fornito da dirigenti ed amministratori provenienti da Santa Sofia. Tanto che, nel 2011, a seguito della delicata situazione in cui si trovava quell’Istituto, la Banca di Forlì, presieduta da Domenico Ravaglioli, acquisì a titolo oneroso, su suggerimento della Banca d’Italia e della Federazione Regionale della BCC, quelle che, a quel punto, erano due filiali della BRC, le sedi di Santa Sofia e di Galeata. Il comitato di soci di cui abbiamo detto intrecciò proficui rapporti con gli amministratori della Banca di Forlì, impegnata a garantire la continuità del Credito Cooperativo in quell’area territoriale che è tutt’ora densa di imprese, di vitalità culturale, di energie sociali, di attese nei confronti del sistema bancario. Particolarmente nei confronti del Credito Cooperativo che tanto di buono ha realizzato negli ultimi cento anni a Santa Sofia e nelle zone limitrofe. L’intervento della Banca di Forlì, a qualche anno di distanza, viene oggi giudicato a Santa Sofia e Galeata, dai soci, dai clienti, dalle associazioni e dalle istituzioni, decisivo nell’assicurare continuità a quell’esperienza, rispettoso delle sensibilità locali, utile a promuovere lo sviluppo delle comunità.


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Testimonianze



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Rino Amadori Lavorare per il Credito Cooperativo è “differente” Rino Amadori è uomo franco, giovanile e può essere considerato la memoria “storica” della Cassa Rurale dagli anni ’70 in poi. Era infatti un ragazzo di Corniolo che si muoveva negli ambiti cattolici quando fu chiamato alla sua prima mansione professionale nel piccolo ufficio di via Pisacane. La naturale cordialità che non ha mai perso, nemmeno quando ha assunto importanti responsabilità in un sistema complesso come Banca Romagna Cooperativa, favorì il suo ingresso nell’ambiente della Rurale. Prima di incontrarlo avevamo parlato con imprenditori che ci avevano spiegato come la sua capacità di valutare situazioni e persone, unita alla politica localistica della Banca, avevano consentito, a Santa Sofia, ad imprese importanti di nascere e prosperare. Lui conserva ricordi nitidi e intrisi di affetto: “arrivai in banca nell’ultimo periodo della Presidenza di Ezio Moracci. In ufficio c’era Mario Caselli che mi affiancò per un pò e che aveva già lasciato le responsabilità dell’ufficio a Manola Agatensi, alla quale devo molto. Fin da subito volle che acquisissi cultura tecnica. Per fare un esempio, passai un mese presso la Cassa Rurale ed Artigiana di Forlì che allora contava diciassette dipendenti. Quando Manola, nell’81, venne a mancare, mi venne affidata la responsabilità dell’ufficio. Fu un periodo di grande crescita della Banca determinato dallo sviluppo delle attività avicole, dai lavori per la diga di Ridracoli e anche in conseguenza del nostro trasferimento presso Palazzo Giorgi”. Amadori ci ha raccontato tante cose importanti sulla Rurale e sul mondo che la circondava, le troverete nel testo di questo libro. Qui ci riferiamo esclusivamente ai fatti d’ufficio. “È vero che costituivamo riferimento per il mondo cattolico ma la concorrenza, anche in quell’ambito, ci veniva dal Credito Romagnolo che aveva la nostra stessa origine. Tanto per riferire un episodio curioso ricordo che qualche collega che lavorava in quella banca, negli anni ’70, veniva in-


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viato a fare ritiri spirituali presso luoghi di culto. Noi lavoravamo a testa bassa, tra colleghi si era amici, cito Bruno Bucci, Franco Barchi, Mauro Cambrelli, Alberto Greggi, Rosella Mariannini. La crisi economica dei primi anni ’80 ci consentì di fare un gran numero di operazioni a tasso agevolato, avemmo anche un’ispezione da parte di Artigiancassa. Ma sotto il profilo ispettivo la circostanza più rilevante fu “la visita” di Banca d’Italia nel 1983, guidata dal Dr. Pizzarrotti di Parma. Durò diverse settimane, eravamo intimiditi. Ma Pizzarrotti finì non solo per esercitare un controllo ma anche per offrirci consulenza, divenne per noi una sorta di maestro”. Ci soffermiamo sulle fusioni degli anni ’90, al termine delle quali si è conclusa la sua carriera, nel 2009, con l’incarico di vice Direttore Vicario di Banca Romagna Cooperativa. “Contavamo dodici dipendenti tutti del luogo, era un vantaggio in un contesto che ci vedeva detenere circa il 50% del mercato bancario. Sia Banca d’Italia sia la Federazione Regionale spingevano per un’aggregazione. Se ne parlò a lungo in Consiglio e nelle Assemblee. Prendemmo i i primi contatti con la Rurale di Forlimpopoli, con il Direttore Fiumi e il Presidente Zambianchi. Poi il discorso si allargò a Martorano, al presidente Giordani e al Direttore Biondi. Fu un processo che giudicammo inevitabile”. Una esperienza di quaranta anni che rimane: “chi ha lavorato per il credito cooperativo lo ha fatto con valori e principi che rimangono nella pelle e indirizzano la vita”.


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Claudio Bussi Dalla “banchina dei preti” alla moderna efficienza Abbiamo incontrato Bussi nella elegante e funzionale sede della impresa artigianale che guida assieme ai familiari, la moglie Caterina e i figli Elena e Marco, che sono qualcosa di molto diverso da semplici collaboratori. Di più: la sala riunioni aziendale, grazie alla cortesia della intera famiglia Bussi, si è trasformata per un giorno in accogliente luogo d’incontro con amici e testimoni della gloriosa avventura della Cassa Rurale. Oggi Bussi è a capo di un gruppo di lavoro che produce e installa manufatti per l’edilizia di alta qualità, attraverso processi d’avanguardia sotto il profilo tecnologico e delle condizioni di lavoro. Ma lui è stato, non moltissimo tempo fa, un giovane di paese come tanti, incerto sul proprio avvenire. A cambiare la sua vita è stata, in parte, la Cassa Rurale. Bussi racconta volentieri come andarono le cose: “all’inizio degli anni Ottanta mi metto in testa di fare l’imprenditore. In paese c’è fiducia, l’atmosfera è positiva grazie alla nascita della Pollo del Campo e ai lavori per la realizzazione della diga di Ridracoli, iniziative che aprono scenari nuovi per l’economia locale. Dispongo di una discreta pratica nella falegnameria per avere, fin a ragazzo, appreso il mestiere. Incomincio l’attività, mi accorgo che le possibilità operative esistono ma serve un minimo di struttura logistica e un capannone ma le risorse finanziarie di cui dispongo non sono sufficienti. Fortunatamente mia moglie, che ha già un lavoro stabile, mi aiuta e mette a disposizione ben 14 milioni di lire, una somma importante. Faccio i conti, serve qualcosa di più. Di banche non so quasi nulla, mi rivolgo ad un istituto importante ma il tempo passa, a distanza di mesi non ottengo risposta. Decido allora di presentarmi alla Cassa Rurale, quella che conoscevo solo come la banchina dei preti. A darmi l’indicazione è mio suocero, Germano Tedaldi che è socio da tanto tempo della Rurale e crede in quell’Istituto. Parlo con Rino Amadori. In pochi giorni, con


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mia sorpresa, ottengo un finanziamento di circa 15 milioni e comincia l’avventura, che dura tutt’oggi, della nostra impresa. Che molto probabilmente non sarebbe sorta, senza la Cassa Rurale e la sua tradizione di “scommettere” sulle persone.” Una storia suggestiva, non diversa da quelle che potrebbero raccontare imprenditori le cui aziende sono sorte in quel periodo. Bussi non ha mai dimenticato l’appoggio che ottenne e il suo rapporto affettivo con la Rurale non è, di conseguenza, mai venuto meno. Tanto da accettare, in anni recenti, delicate responsabilità. “Conosco l’iter che ha portato negli anni ‘90 la Cassa Rurale alle fusioni che tutti conosciamo e sulle quali non esprimo un giudizio anche perché molto probabilmente esse furono rese quasi obbligatorie dagli indirizzi degli Organi di Vigilanza. Ho invece sofferto le vicende che hanno riguardato e riguardano Banca Romagna Cooperativa di cui le sedi di S. Sofia e Galeata finirono per essere semplici filiali. Di conseguenza ho apprezzato fin dall’inizio l’interesse che la Banca di Forlì ha manifestato per il nostro territorio e ho capito che quando, nel 2011, Banca di Forlì ha acquisito a titolo oneroso le due filiali lo ha fatto con senso di responsabilità. È per questa ragione che quando mi è stato chiesto di entrare in Consiglio di Amministrazione, anche in rappresentanza della comunità santasofiese, ho accettato senza indugio. E nel tempo mi sono reso conto che l’operato della Banca di Forlì, pur considerando la crisi economica in atto e la vasta giurisdizione territoriale dell’Istituto, non è dissimile da quello che caratterizzava la nostra Cassa Rurale a S. Sofia. Ecco perché sono fiducioso che il Credito Cooperativo continuerà ad essere un riferimento per la nostra gente e le nostre imprese.”


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Luciano Foglietta “Nessuno credeva in loro, seppero farsi apprezzare” Luciano, antico amico, non ho fatto in tempo a intervistarlo. L’avevo lasciato per ultimo, contavo astutamente di fargli leggere la bozza del libro e di scroccare pareri e suggerimenti. Sapete, invece, com’è andata. Luciano è stato tuttavia il primo che sono andato a tormentare appena il Presidente Ravglioli mi ha dato incarico di scrivere questa storia. Sono stato ospite suo e della squisita nipote Licia ( impagabile collaboratrice) in un intenso pomeriggio dello scorso Giugno. Lui sapeva un bel po’ di cose, si era preso la briga di scrivere della Rurale, con acutezza ed affetto, molti anni fa, quando non andava di moda farlo. Non sapeva della esistenza della Cassa di Isola ma, di fronte a inoppugnabili documenti, da vecchio e vero giornalista, ha incassato la notizia ed è diventato subito curioso, mettendo in moto la memoria enciclopedica. Gli ho letto i nomi degli Amministratori di Isola, di parecchi di loro mi ha offerto riferimenti familiari. Poi mi ha confortato nell’idea che la dirigenza iniziale della Cassa Rurale di Santa Sofia fosse periferica, scrutando con attenzione nomi e parentele che emergevano da un verbale degli anni Trenta. Mi ha aiutato a capire il contesto del primo Novecento, mi ha parlato del paese rivoluzionario, diviso tra Mortano e Santa Sofia, diviso tra Toscana e Romagna, diviso e appassionato. Mi ha confidato, lui non credente, l’ammirazione umana per don Pio Berni. Mi ha detto di pensare che don Luciano Ruscelli fosse vicino ai fascisti ma, qualche giorno dopo, ho trovato carte che spiegano come il sacerdote fu, invece, perseguitato dai fascisti. Non ho fatto in tempo a fargliele leggere. Come non ho fatto in tempo a chiedergli perchè negli anni Sessanta Luciano accettò, primo non cattolico praticante e di idee progressiste, di entrare nel Consiglio della Rurale. Né a chiedergli perchè nell’ultimo ventennio se ne era allontanato. È stata Licia a descrivermi per prima la figura di Manola Agatensi e a suggerirmi di mettermi sulle tracce della signora Olga Naldini. Licia era con noi anche


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un mese o poco più dopo quel pomeriggio, a Cesenatico. Luciano presentava in pubblico, assieme ad Alberto Mazzuca, il loro magnifico libro sulla amicizia tra Mussolini e Nenni. Quella sera mi disse, con il sorriso eterno, specchio della sua gentilezza: “nel libro sulla Rurale di Santa Sofia fà capire che la banchina dei preti, all’inizio, non la considerava nessuno”. Chi sa se ci sono riuscito? È stata l’ultima volta che ho parlato con Luciano. Grazie di tutto.


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Jonny Grifoni Conserviamo l’identità locale Jonny è un testimone attento non solo delle vicende che riguardano la Cassa Rurale ma di ciò che concerne l’intera comunità santasofiese. Lo incontriamo nel suo ufficio a Forlì e come sempre è cortese, disponibile, sorridente. Non stupisce che i suoi concittadini, fin da giovane, pur essendo fondamentalmente impegnato nel volontariato a favore del prossimo, gli abbiano affidato responsabilità nell’ambito politico e sociale. Non a caso fu uno dei protagonisti di una svolta politica storica che cambiò la geografia istituzionale di Santa Sofia e, di conseguenza, le prospettive della Cassa Rurale. È lui che ci racconta come andarono le cose: “nella seconda metà degli anni Ottanta ero Segretario della Democrazia Cristiana a Santa Sofia. A fine del 1985, con concretizzazione nel 1986, venne a maturazione una svolta politica epocale. Quella del sostegno della DC alla Giunta municipale retta dal Partito Comunista, prima con un appoggio esterno e successivamente con un accordo di legislatura che portò alla individuazione del vice Sindaco Giuseppe Mazzoli espresso dalla DC. Il linguaggio della politica di allora definiva “compromesso storico” tale scelta, i giornali scrissero che era la prima volta in Italia che un accordo del genere si realizzava. Ovviamente, non era processo che riguardasse la Cassa Rurale ma la decisione, va detto, maturò in ambienti non indifferenti alla base sociale della banca. Nessun amministratore o dirigente della Rurale se ne occupò direttamente, non posso affermare neppure che fossero d’accordo ma il mondo cattolico, va detto, non fu affatto estraneo a quella decisione”. E se non fu estraneo il mondo cattolico difficile pensare che non ne sapessero nulla i “quartieri” di riferimento della Rurale. Ma questo lo diciamo noi. Ci spostiamo più avanti nel tempo, in un periodo che Grifoni ricorda altrettanto bene. “Erano gli anni delle fusioni con altri Istituti. Il pericolo era che lo spostamento territoriale dei livelli decisionali finisse per


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azzerare l’attenzione ai problemi locali, alla nostra cultura, alle nostre tradizioni. Si costituì, allora, un Comitato di persone, rappresentativo di S. Sofia e Galeata, del quale ho avuto l’onore di far parte fin dall’inizio. Non avevamo voce in capitolo, ovviamente, sulle scelte strategiche ma cercammo di tenere viva la presenza della nostra comunità. Il nostro ruolo prese vigore ulteriore nel momento in cui ci furono gli accordi con la Banca di Forlì. Inizialmente la circostanza ci lasciò un po’ sconcertati, l’acquisizione da parte di un altro Istituto poteva rischiare di sradicare la nostra Banca. Ciò, adesso, lo affermiamo serenamente, non è avvenuto. I rapporti con il Presidente Ravaglioli e con il Consiglio della Banca sono sempre stati improntati alla massima fiducia e gli uffici hanno continuato ad essere, dal punto di vista operativo, assolutamente vicini alla nostra gente. L’intervento della Banca di Forlì era necessario e si è sviluppato positivamente”. Grifoni conosce la Rurale fin da quando condivideva l’attività in parrocchia con Rino Amadori e Mauro Cambrelli, e successivamente Rosella Marianini, dirigenti, funzionari e dipendenti della Banca. E oggi la sua aspirazione è che quei principi non vengano meno. “È questa la scommessa: fare in modo che un Istituto moderno possa agire con funzionalità bancaria ma con i principi e i valori che ispiravano un tempo la Cassa Rurale, perché è di questo che ha bisogno la nostra comunità, che è molto cambiata in questi ultimi venti anni, ma che conserva fondamentali tradizioni solide”.


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Francesco Rossi Lavorammo per la crescita Rossi è un predestinato se si parla di Credito Cooperativo, sperando che lui ci consenta la scherzosa immagine. Era infatti inevitabile, a nostro giudizio, che prima o poi la Cassa Rurale di Santa Sofia bussasse alla sua porta per attribuirgli importanti responsabilità. Il suo percorso esistenziale quasi lo pretendeva. È infatti nipote per parte di madre del primo Presidente Agostino Naldini e come quest’ultimo è cresciuto a Camposonaldo, culla della Rurale sorta nel 1915. Diventa già in età giovanile un affermato tributarista e in, quella veste, entra a far parte di importanti collegi sindacali: tra gli altri quello della stessa Rurale di S. Sofia, della Cassa Rurale ed Artigiana di Forlì, della nascente Pollo del Campo. Aggiungiamo che è alto, elegante, pacato, è un profondo conoscitore della economia: ha le stimmate del Presidente. Appena lo diventa, col fare degli anni Ottanta, si trova a condividere con i consiglieri ed i soci una scelta della quale ci parla con entusiasmo: “Si profilò di lì a poco la possibilità di comprare Palazzo Giorgi, allora di proprietà della Fondazione Madonnina del Grappa con la quale “Bistino” conservava rapporti privilegiati per via della sua esperienza infantile. Quando si seppe delle nostre intenzioni si mosse la Cassa dei Risparmi che rilanciò l’offerta di acquisto. Eravamo preoccupati di non potercela fare, oltre tutto la Banca d’Italia era della opinione che la Cassa Rurale non disponesse di patrimonio sufficiente per acquisire l’intero immobile e ci concesse la possibilità di comprare esclusivamente il piano terra ove allocare gli uffici. Costituimmo allora una “srl” con consiglieri e soci, in quel modo comprammo la parte superiore dello stabile. Poi la nostra banca, che aveva proceduto all’acquisto del piano terra, crescendo in termini di volume d’affari, potè successivamente acquisire l’intero immobile. Cedendo al Comune il parco adiacente.” Fu una scelta decisiva che, assieme a quella di supportare l’iniziativa della cooperativa Pollo del Campo, cambiò in meglio i destini di tante persone a S. Sofia e le prospettive della CassaRurale. Seguirono anni


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di lavoro intenso e di dibattiti accesi: “Eravamo impegnati su più fronti ma c’era d’aiuto una forte condivisione degli obiettivi. Intanto una collaborazione intensa con il Direttore Rino Amadori e con le persone che lavoravano con lui. Poi una visione strategica complessiva condivisa all’interno degli organi elettivi. Non mancavano le distinzioni dialettiche e di principio, spesso mi trovai a discutere all’interno del Consiglio. Ad esempio con Ottavio Arnesei, uomo che ho sempre stimato molto e con il quale, pur talvolta avendo idee diverse, trovavamo sempre un accordo nell’interesse della Banca e della comunità locale”. Ma la responsabilità maggiore, quella che abbiamo ritenuto di leggere nello sguardo di Francesco Rossi quando ci ha ricevuti, con la consueta signorilità, nel suo studio a Forlì, è quella di avere condotto la Cassa Rurale alle fusioni degli anni novanta. Una scelta che, per quello che abbiamo appurato ascoltando tante persone, si rivelò quasi obbligata. Come lui spiega: “ricordo una convocazione della Banca D’Italia ai Presidenti delle Rurali di Sarsina, S.Giorgio e Santa Sofia durante la quale si insisteva sulla necessità di una fusione per consolidare i patrimoni e fare fronte ai crescenti adempimenti voluti dall’Europa. Non se ne fece nulla ma dopo un anno il problema tornò di attualità. Allora facemmo una lunghissima trattativa con la Rurale di Martorano nel corso della quale si cercò una mediazione su quelli che erano i punti salienti della aggregazione che si andava prospettando: sede, direzione e composizione del Consiglio di Amministrazione. Riuscimmo a trovare un accordo con l’inserimento nella fusione della Cassa Rurale di Forlimpopoli, ove stabilimmo avesse sede legale il nuovo Istituto. La Banca di Credito Cooperativo di Martorano era molto più grande di quella di Santa Sofia perché dislocata in un territorio più ricco, l’inserimento della consorella di Forlimpopoli risultò utile per distribuire più equamente la governance.” Rossi maturò importanti responsabilità all’interno del nuovo, articolato, sistema bancario che quelle fusioni generarono. Ma, se osservi il suo sguardo, capisci che per lui la parte migliore di quella lunga esperienza si è consumata a Santa Sofia, tra la sua gente. Contribuendo in maniera decisiva a fare crescere la Cassa Rurale e garantendo un appoggio decisivo allo sviluppo economico e sociale che la comunità visse in quegli anni.


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Guido Sassi La Cassa Rurale fu il motore dello sviluppo Abbiamo incontrato Guido Sassi nel suo ufficio alla “Pollo del Campo”, azienda di cui è Presidente. Sassi è uomo pratico, energico ma che non dimentica i toni di quella educazione, di quella cordialità che, assieme alla schiettezza, contraddistinguono coloro che devono quotidianamente intrecciare rapporti sociali in collina. Ha girato il mondo per apprendere e conoscere il settore avicolo, è stato Presidente della Unione nazionale degli avicoltori e di Avitalia, ha frequentemente detto la sua, molto ascoltato, all’interno delle Commissioni Europee del ramo, guida l’azienda forlivese che assorbe il maggior numero di dipendenti ma alla Pollo del Campo tutti, ma proprio tutti, gli danno del tu. Forse sono cose che possono succedere solo in una terra di rivoluzioni come è sempre stata Santa Sofia. Sa che lo abbiamo cercato per parlare della Cassa Rurale e, poiché l’argomento gli sta a cuore, ci ha dato, con estrema cortesia, appuntamento immediatamente. Il perché lo scopriamo subito. “Vuoi sapere cosa penso della cassa Rurale di Santa Sofia? Te lo dico subito. Penso che senza la Rurale la nostra azienda non ci sarebbe. E ti racconto come andarono le cose. In paese, alla fine degli anni Settanta c’erano parecchi allevatori, parliamo di 2030 aziende. Ma il problema era quello della collocazione dei prodotti su un mercato che risultava ristretto e troppo sbilanciato a favore dei commercianti rispetto alle legittime aspirazioni dei produttori. C’era necessità di una iniziativa di respiro, innovativa, che aprisse prospettive, magari anche differenziando le produzioni. Nel 1979 ci mettemmo insieme in 12 soci, fondammo la Sapar srl, con il supporto determinante dell’amico Armando Rinaldini, ciascuno di noi impegnò un milione di lire. I soldi erano pochi non per un nostro vezzo ma perché di più non ne avevamo. Servivano risorse finanziarie, ci rivolgemmo alle banche e quella che fu più sensibile, più lungimirante, più rapida a decidere fu la Cassa Rurale. Lo stesso avvenne un anno dopo quando fu costituita la


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cooperativa Pollo del Campo e anche, successivamente, negli anni a venire. Andavamo in quei piccoli uffici originati tanti anni prima dal pensiero cattolico e rurale, ci rivolgevamo a Manola Agatensi o a Rino Amadori ed ottenevamo risposte immediate. I Presidenti e i Consiglieri della banca parlavano la nostra lingua, ci capivano e avevano fiducia in noi. Francesco Rossi era poi il Presidente del nostro Collegio Sindacale. Alla Rurale ci sentivamo a casa. Facevamo richieste che in una settimana venivano esaudite. Crescendo le dimensioni aziendali, avemmo poi necessità che il flusso finanziario fosse continuo, servivano mutui e affidamenti. Questioni che da parte nostra erano seguite con grande competenza dal ragioniere capo Giancarlo Boschi. Eravamo l’azienda del settore avicolo che valorizzava maggiormente il prodotto conferito dai soci allevatori in quanto disponevamo delle migliori tecnologie disponibili in Europa. Avevamo, di conseguenza, importanti richiesta da fare alle banche. La Rurale non ci ha mai lasciati soli”. Parole che si commentano da sole e che testimoniano il ruolo storico svolto dalla Rurale. Una banca piccola ma alla quale la famiglia di Guido è sempre stata legata considerando che il padre, Alfredo, ne era da sempre socio. Guido ricorda bene quei tempi: “Mio babbo era titolare di uno dei primi conti corrente dell’Istituto e io frequentavo l’ufficino in via Garibaldi, ove operava Mario Caselli in totale solitudine, fin da quando avevo quindici anni. Ci occupavamo, con un negozio, della vendita di generi per l’agricoltura, della vendita di pulcini e avevamo anche un piccolo mangimificio, la Rurale era già allora vicina aspettative della gente. Fin da allora la mia famiglia è legata a quell’Istituto.” Ci sentiamo di dire che la stima, e il legame, siano reciproci. Tutti gli Amministratori con cui abbiamo parlato riconoscono che per lo sviluppo della Rurale fu determinante il rapporto instaurato negli anni Ottanta con Pollo del Campo, azienda che oggi conta milleduecento dipendenti di trentacinque diverse nazionalità e fattura circa centocinquanta milioni di Euro in un anno. Senza dubbio l’azienda più importante della zona e di un’area anche ben più vasta. E si tratta di un’amicizia destinata a continuare. “Ho visto con favore l’intervento effettuato dalla Banca di Forlì a S. Sofia e Galeata. Conosco la tradizione operativa e gli Amministratori di quell’Istituto e ho nei loro confronti massima fiducia. Sono convinto che continueranno ad operare, pur in chiave adeguata ai tempi, con i principi che hanno sempre caratterizzato il Credito Cooperativo a S. Sofia.”


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Note dell’autore e ringraziamenti Note dell’autore e ringraziamenti

Un gruppo di amici e testimoni al lavoro. Da sinistra Emilio Nanni, Jonny Grifoni, Piero Valentini, Mario Russomanno, Oscar Bandini, Piero Rondoni, Claudio Bussi.

Ho, per facilità di esposizione, utilizzato frequentemente la dizione Credito Cooperativo. In realtà essa nasce negli anni Ottanta e diventa d’uso comune successivamente. Lo stesso vale per l’espressione “governance” riferita ad amministratori e gruppi dirigenti. Mi scuso con le persone non citate ed, eventualmente, con i parenti o discendenti. Ho inserito tutti i nominativi presenti nei documenti disponibili e i nomi di tutti coloro di cui ho avuto notizia. Quasi certamente persone, e avvenimenti, non hanno avuto, in questo libro, lo spazio che avrebbero meritato. Ma probabilmente le curiosità che questo testo farà nascere invoglieranno altri a svolgere ricerche e a raccontare storie. È un circuito positivo, poterlo alimentare è un dovere e un privilegio. Sono debitore a un gran numero di persone per il sostegno, la collaborazione,


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le informazioni, i suggerimenti e le immagini messi a disposizione. Senza il loro aiuto questo libro non esisterebbe. Provo ad elencarle, in ordine casuale, sperando di non dimenticare nessuno. Grazie, dunque, a Luciano Foglietta, a Licia Magnani, a Olga Naldini Almerigi e a sua figlia Franca, a Mauro Michelacci, un celebre medico che si è dimostrato più paziente di un paziente, ai familiari di Giovanbattista Alocchi, a Piero Valentini (cui debbo, oltre alla costante vicinanza, i nomi dei Consiglieri della Rurale nel 1915) a Jonny Grifoni, principale complice di questa avventura, a Piero Rondoni, che avrebbe scritto questo libro meglio di me, a Claudio Bussi ed alla sua famiglia, a “Lillo” Nanni, a Oscar Bandini, a Marco Casamenti, alla signora Maria Pia Ghirardi, al Segretario generale della Camera di Commercio di Forlì-Cesena Antonio Nannini e a Luciano Ravaioli che mi ha spalancato gli archivi camerali assieme a Eleonora Zaccheroni, a Pierfrancesco Matteini per la “rilettura” della terminologia bancaria, ad Antonella Como, a don Giordano Milanesi che mi ha “trasmesso” la storia dei sacerdoti scomparsi, a Francesco Rossi, a Guido Sassi, a Rino Amadori, a Claudio Casadei che mi ha consentito di accedere agli archivi della BRC, al Vescovo Lino Pizzi e a don Paolo Giuliani, a Roberto Livio Sansavini per il risolutivo aiuto di sempre, ad Alessandra Giorgini per la revisione ortografica, al Sindaco di Santa Sofia Daniele Valbonesi, a Francesca Renzi e Fabio Michelacci che mi hanno accompagnato negli Archivi Comunali. Grazie, particolarmente, a Domenico Ravaglioli che ha voluto questo libro e ha pensato a me per scriverlo e grazie al Consiglio di Amministrazione e alla Direzione della Banca di Forlì. L’incarico che mi hanno dato è un onore, mi ha consentito di scandagliare una storia e di frequentare persone che mi rimarranno nel cuore.



L’attuale gruppo dirigente della Banca di Forlì Credito Cooperativo

Seduti, da sinistra Giuliana Cortini - Consigliere, Daniele Boattini - ex Direttore, Domenico Ravaglioli - Presidente, Edgardo Zagnoli - Vice Presidente, Laura Campri - Presidente Collegio Sindacale. In piedi, da sinistra Amedeo Scozzoli - Consigliere, Cleonildo Bandini - Consigliere, Gianni Lombardi - Consigliere, Claudio Bussi - Consigliere, Gabriele Brunelli - Consigliere, Girolamo Giorgio Rubini - Sindaco, Nicola Maria Baccarini Sindaco, Pierluigi Mugnai - Vice Direttore Vicario, Luciano Piallini - Dirigente, Fausto Poggioli - Direttore, Roberto Lega - Segretario Generale.”



Mario Russomanno

Cent’anni di opportunità Il ruolo delle Casse Rurali a Santa Sofia per lo sviluppo della comunità

All’inizio del Novecento un ristretto gruppo di persone coraggiose e responsabili, guidate inizialmente da Sacerdoti illuminati, dettero vita a piccole istituzioni di credito, le Casse Rurali, in grado di garantire sostegno a popolazioni sprovviste di qualsiasi opportunità. Le donne e gli uomini del Credito Cooperativo di ispirazione cristiana seppero superare, a Santa Sofia, a Galeata e nella alta Valle del Bidente, avversità economiche e politiche, tragedie belliche e conflitti sociali fino ad ottenere il riconoscimento e la vicinanza delle comunità locali, favorirono in maniera decisiva lo sviluppo territoriale, la modernizzazione del sistema economico e la crescita di stimate classi dirigenti e propugnarono valori di solidarietà, di diffusione della piccola impresa, di coesione e di condivisione. A cento anni di distanza dalla costituzione della Cassa Rurale di Santa Sofia, questa è la storia di quelle persone e delle loro idee.


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