Martin mystere il codice dell'apocalissee

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I GRANDI ENIGMI DI

MARTIN MYSTÈRE DETECTIVE DELL’IMPOSSIBILE

IL CODICE DELL'APOCALISSE


MARTIN MISTÈRE Creato da Alfredo Castelli - © Sergio Bonelli Editore

IL CODICE DELL’APOCALISSE Feuilleton di Alfredo Castelli e Andrea Carlo Cappi

Un racconto esclusivo di Alfredo Castelli e Andrea Carlo Cappi 2


Un mistero sepolto Milano

Villa Simonetta, XIX

A

secolo

lla luce della torcia, gli occhi chiari di Giacomo “il Coltello” balenarono di malvagità. Si chinò sulla figura riversa sul pavimento della galleria. A giudicare dalle pietre che parzialmente coprivano il cadavere, doveva essere rimasto sepolto dal crollo della volta che aveva ostruito il passaggio per centinaia di anni. - Giacomo!- chiamò una voce, nel buio -. Che cos’hai trovato? - Un monaco, Gianni, solo un monaco... Giacomo rimosse la pesante pietra squadrata dalla nuca del cadavere e cercò di rivoltarlo. Il corpo si era mummificato. - Strano - mormorò Gianni Spagna, arrivandogli alle spalle -. Strano che con l’umidità che c’è qui in queste gallerie, si sia conservato così bene. - Qui non è passato un filo d’aria per secoli, prima che ti venisse la bella idea di metterci a esplorare le gallerie - gli fece presente Giacomo. L'idea era nata qualche mese prima, mentre Giacomo e Gianni si rimettevano da uno spiacevole scontro con la polizia. I due erano delinquenti, dapprima per diletto, poi per professione, e facevano parte della cosiddetta Compagnia della Teppa, un gruppo di criminali milanesi che era solito riunirsi nei sotterranei abbandonati dell'antica Villa Simonetta. Disposti a qualsiasi scelleratezza, purché ben retribuita, i due avevano accettato l'incarico di aggredire uno strano individuo col turbante in piazza della Scala. L'improvviso e inopportuno intervento della polizia li aveva costretti alla ritirata e alle cure di un medico compiacente. Giacomo si era lamentato per la forzata inattività, ma Gianni, che giaceva nel letto accanto al suo, aveva avuto modo di intrattenerlo con una sua stravagante teoria. - Perché rischiare la vita per le strade - aveva detto - quando chissà quali ricchezze ci attendono nei sotterranei della Villa? La Compagnia della Teppa aveva fatto il suo quartier generale nel primo tratto di un’antica galleria segreta che connetteva Villa Simonetta con il Castello Sforzesco. Si diceva che un tempo un sovrano milanese si servisse del passaggio per raggiungervi la propria amante. E si raccontava che Leonardo da Vinci avesse intessuto il sottosuolo del castello di un labirinto di cunicoli, per ragioni oscure. Ma Gianni intendeva riaprire le gallerie di Villa Simonetta, che all’epoca di Ludovico il Moro era di proprietà del Maestro delle Entrate Gualtiero Bascapé, sicuro di poter accedere a qualche camera piena di tesori. Giacomo si era lasciato convincere e, una volta rimessosi in salute, aveva provveduto a far saltare una parete dei sotterranei, avventurandosi nei tunnel. E tutto quello che avevano trovato fino a quel momento nelle loro peregrinazioni sotterranee era stato il corpo mummificato di un monaco, le cui dita scheletrite stringevano un grosso libro. Giacomo appoggiò a terra la fiaccola: la luce proveniente dal basso rendeva ancora più spaventoso il suo volto, deturpato da un’orrida cicatrice. Per quanto Gianni lo conoscesse da molti anni, a volte ancora si stupiva della mostruosità fisica e morale di colui che, a tutti gli effetti, poteva considerare il suo unico, vero amico. Con uno strattone, Giacomo si appropriò del libro. Il volume era rivestito in pelle e sul dorso si leggeva, a lettere dorate, CODEX BABYLONIENSIS. I due insoliti esploratori sotterranei, per quanto fossero dei criminali, provenivano da famiglie abbienti ed erano entrambi in grado di leggere e di scrivere. Tuttavia non avevano mai sentito parlare di un libro con quel titolo, né mai in vita loro avevano visto un libro in cui tutte le parole fossero scritte a rovescio, da destra verso sinistra. - Ci vorrebbe uno specchio per leggerlo - osservò Gianni - Già. Mi domando se questo misero bottino abbia qualche valore o serva solo come cibo per i topi Solo allora Giacomo notò l’oggetto che sporgeva dalla tonaca del monaco, all’altezza del cuore. Estraendo il pugnale finemente lavorato, aggiunse: - Ma di certo qualcuno non voleva che né il libro né il monaco rivedessero la luce per parecchio tempo.

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Prima puntata Il detective dell'impossibile arriva a Milano per una settimana di interviste e talk show. Ma a Malpensa, scampa a un attentato... Aeroporto della Malpensa, Milano

Giovedì 26 ottobre 2000

I

l display comunicò ai viaggiatori appena sbarcati dall’aereo che il tempo medio di attesa per il ritiro dei bagagli era di 21 minuti. Martin Mystère scosse il capo. Ventun minuti in attesa senza nemmeno poter accendere una sigaretta. D’altra parte, a quanto gli risultava, in tutto l’aeroporto della Malpensa non c’era nemmeno un’area ristretta destinata alla categoria dei fumatori . Probabilmente, con tutte le minacce di morte che venivano stampate sui pacchetti di sigarette, i legislatori di tutto il mondo dovevano ormai essersi convinti che i fumatori fossero ormai pressoché estinti. - Mmmghrrr - fece Java , spazientito. - Considera il lato buono, amico mio - gli disse Martin -. Per una settimana, niente “grandi enigmi”, niente sorprese, niente pericoli. Solo alberghi di lusso, limousine con autista, interviste, talk show... Almeno per pochi giorni non dovrò più presentarmi come il “detective dell’impossibile”, ma come “il celebre scrittore” Martin Mystère, a spese del mio editore italiano. Trascorsi 24 minuti, finalmente le due valigie fecero la loro comparsa sul nastro trasportatore. Java le recuperò entrambe e si incamminò verso l’uscita. - Un vero peccato che Diana non sia potuta venire... - riprese Martin, appena fuori dalle porte scorrevoli. - Professor Mystère? - fece una voce femminile. Una deliziosa brunetta con un sorriso accattivante lo stava aspettando, reggendo un cartello con la scritta MARTIN MYSTÈRE a pennarello. - ...d’altra parte aveva troppi impegni a New York per potermi seguire - concluse Martin, ricambiando il sorriso della ragazza. - Mghrrr - fece Java, in tono di disapprovazione. - Sono il capoufficio stampa del suo editore - si presentò la brunetta -. Se vuole seguirmi, l’accompagno alla stazione. - Stazione? - chiese Martin. - Il nostro budget è molto limitato, quest’anno. Non abbiamo potuto mandare una macchina a prenderla. Dovremo raggiungere la città a bordo del Malpensa Express. Martin rivolse uno sguardo a Java, che si strinse nelle spalle. Seguendo il passo deciso della ragazza, scesero al piano inferiore, oltrepassarono una porta a vetri e misero piede sul nastro trasportatore, che scorreva lungo una sorta di tunnel vetrato, verso la biglietteria. Martin stava per chiedere alla ragazza il suo nome, quando gli parve di cogliere dei movimenti sospetti intorno a loro. Nel tunnel vetrato, tre uomini in tuta da meccanico stavano estraendo dalle loro borse a tracolla degli oggetti metallici... A terra! - gridò Martin. Si gettarono tutti e tre sul nastro, nello stesso istante in cui il commando apriva il fuoco. Le MP5A3 rovesciarono una pioggia orizzontale di proiettili in ogni direzione, fracassando le vetrate, mentre Martin, Java e la ragazza continuavano a spostarsi con irreale lentezza attraverso il campo di battaglia...

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Seconda puntata Martin giunge in Italia con il suo assistente Java, per presentare il suo nuovo libro. Poco dopo l'arrivo alla Malpensa, sfugge a un attentato. Questura di Milano

Venerdì 27 ottobre 2000

M

artin Mystère tirò una boccata dalla sigaretta. Se non altro, il commissario gli aveva permesso di fumare. - Mi ascolti - disse -. Non vedo ragione per trattenerci ulteriormente in Questura Le abbiamo detto tutto ciò che abbiamo visto. Stavamo dirigendoci verso la stazione, quando un gruppo di uomini a noi sconosciuti ha cominciato a sparare. Hanno continuato fino a quando due agenti non sono intervenuti, rispondendo al fuoco. A quel punto sono scappati. Non sappiamo altro. Il commissario era un individuo corpulento che Martin aveva conosciuto cinque anni prima, durante l’indagine sui sotterranei di Milano . Tra i due era nata un’immediata e reciproca antipatia, che il tempo non aveva attenuato.- Ho già avuto modo di constatare - disse il commissario - che voi avete una particolare predisposizione a mettervi nei guai. Ma io non mi lascio intimidire dalla vostra fama, né da quello scimmione là fuori. - Signor commissario, sono reduce da un guaio, come dite voi, che mi è capitato di recente in Irlanda. Sono arrivato ieri sera da un lungo viaggio e non ho fatto a tempo nemmeno a godermi la vostra bella città, perché qualche suo concittadino ha deciso di spararmi addosso. Tutto quello che voglio è poter andare in albergo, fare una doccia e riposarmi, visto che questo pomeriggio devo partecipare a un programma televisivo. - Già, voi americani pensate di poter dare ordini a tutti. Ecco perché poi capitano certi incidenti. D’accordo, andate pure. Del resto, il vostro Dipartimento di Stato lo aveva annunciato tre settimane fa: i cittadini americani in Italia sarebbero potuti essere oggetto di rappresaglie , dopo l’esecuzione di Barnabei. Martin si alzò e si avviò alla porta. - Una cosa è certa: mentre sparavano quei tre non stavano gridando: “Abbasso la pena di morte”. Uscito dall’ufficio, Martin trovò gli altri in piedi a pochi passi dalla porta. Anche loro erano piuttosto provati, dopo la nottata passata in Questura. - Coraggio - li esortò lui -. Questa è l'ora ideale per fare colazione. Immagino che ci abbiate prenotato la solita stanza al Gallia... - Ehm, fece la ragazza - il budget è limitato e... - Ho capito - tagliò corto lui -. Passiamo a un altro argomento. Ieri sera, prima che quei tre terroristi ci interrompessero, stavo chiedendovi il vostro nome. Non ho ancora avuto il piacere... - Diana - disse la ragazza. - Uh? - disse Martin, inarcando un sopracciglio. - Diana La Porta - completò la ragazza -. Ho appena chiamato in ufficio. Un tale vi ha cercato, ieri pomeriggio: dice che deve parlarvi di un vostro antenato... - Me ne preoccuperò in un altro momento. Ora, Diana, portaci in un posto in cui si possa fare una sontuosa colazione. Non preoccuparti per il budget: offro io.

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Terza puntata In seguito all'attentato al suo arrivo a Malpensa, Martin viene interrogato alla Questura di Milano. Alla fine, arriva con Java in albergo. Milano, Admiral Hotel

Lunedì 30 ottobre 2000

M

mmghrrr - fece Java. - Lo so - rispose Martin - quello di ieri non è stato un programma memorabile. Ma dopotutto era per promuovere il libro.L’albergo si era rivelato un hotel moderno e accogliente, poco lontano dalla sede milanese della RAI. Martin aveva trascorso la mattinata nel salone al piano terra, rilasciando interviste ai giornalisti. Dopo pranzo era rientrato in camera, dove Java, in assenza di testimoni, aveva espresso il suo dissenso sul programma televisivo cui Martin aveva partecipato il giorno prima. Più di ogni altra cosa, l’assistente aveva deplorato il numero coreografico sull’arrivo dei Kundingas, con le ballerine travestite da omini verdi con le antenne. - Mmmghrr - ribadì l’uomo di Neanderthal, accompagnando il suono gutturale con alcuni gesti eloquenti in Ameslan. - Non c’è bisogno di fare dell’ironia. Dubito che le vendite de La storia segreta del mondo saliranno vertiginosamente, dopo questa trasmissione. Ma dopotutto i miei libri precedenti, come L’enciclopedia dei misteri, hanno goduto di un certo successo in Italia... All’improvviso Java si immobilizzò. Doveva avere percepito qualcosa. Senza fare rumore, si avvicinò alla porta. Con un gesto rapidissimo, la spalancò, afferrò una figura in nero appostata in corridoio e la gettò al centro della stanza, pronto al corpo a corpo. - Fermo! - esclamò Martin -. A dispetto dell’abbigliamento, non è un Uomo In Nero. Non riconosci il nostro vecchio amico, il Cacciatore di libri? - Si rivolse all’individuo dal vestito scuro, che stava raccogliendo il suo Borsalino nero da terra. - Che cosa diavolo ci facevi, dietro la porta della nostra camera? - Stavo semplicemente per bussare. Ma Java mi ha preceduto -. L’investigatore bibliofilo si accomodò su una sedia -. La tua casa editrice non ti ha detto che ti ho cercato? - Mi è stato accennato qualcosa, ma non sapevo che fossi tu. Di che si tratta? - Me lo sono trovato sotto il naso quattro giorni fa: un volume del primo Novecento, messo in bella vista su una bancarella che stavo esplorando - il Cacciatore si accese una sigaretta -. Appena ho cominciato a sfogliarlo, ho capito che lo avresti trovato molto interessante. Le memorie di un criminale milanese dell’Ottocento, che ha avuto a che fare con un tuo antenato - il Cacciatore estrasse il volume, piccolo ma piuttosto corposo, da una tasca della giacca -. Curioso: trovo un libro che ti riguarda proprio il giorno in cui leggo sui giornali che stai arrivando in Italia per un tour promozionale. Non so perché, ma io sono sempre diffidente quando vedo certe coincidenze. - Pensi che qualcuno abbia voluto fartelo trovare, sapendo che hai lavorato per me? - domandò Martin. - Ti consiglio di leggerlo - suggerì il Cacciatore -. Se solo la metà di quello che c’è scritto è vera, questo libro fa al caso tuo.

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Quarta puntata In Italia per il suo nuovo libro, Martin scampa a un attentato. È il primo atto di un complotto che ha le sue origini nei sotterranei di Milano... World Trade Center, New York

Martedì 31 ottobre 2000

A

lice si alzò dalla scrivania e andò alla finestra. C’era qualcosa di inquietante in quel pomeriggio: avvertiva una sorta di minaccia incombente. Come se da un istante all’altro dovesse sbucare Godzilla, pronto a calpestare i grattacieli della città. Sorrise. Un tempo le bestie che uscivano dal mare per scatenare l’apocalisse si trovavano nelle pagine della Bibbia, mentre nel secolo che volgeva al termine erano state relegate alle produzioni a basso costo del cinema nipponico. Malgrado il fugace sorriso, l’inquietudine non passò. Forse era la tensione per l’imminente realizzazione del progetto. Di lì a poche settimane, la Rete non sarebbe stata più la stessa. Il megaportale della Azultown avrebbe sconvolto l’ordine costituito e introdotto nuove leggi nell’universo di Internet. E non solo di Internet: sarebbe cambiato il modo di fare la spesa, di guardare la televisione, di comunicare col resto del mondo. In caso di successo, peraltro estremamente probabile, le azioni della Azultown sarebbero state proiettate verso la stratosfera. Alice non osava nemmeno contemplare l’eventualità di un insuccesso. Ma era inutile tentare di ingannarsi: il vero motivo dell’inquietudine di Alice era la morte del suo ex marito, drammatica e inaspettata. Erano trascorsi più di tre mesi e, del resto, erano passati due anni dal loro divorzio, eppure quella tragedia la tormentava. Non avrebbe dovuto soffrirne fino a quel punto. Ma Roy faceva ancora parte della sua vita: dopotutto, il mondo la conosceva col cognome di lui. Alice Liddell, la regina della rete. Quando il fulmine colpisce così vicino, diventa difficile fare finta di niente. Come quando il top manager con cui Alice lavorava era morto nell’attentato al WTC. Mors tua, vita mea: la morte di quell’uomo le aveva permesso di prenderne il posto e di cominciare la folgorante carriera che le aveva permesso, nel maggio del 1997, di fondare la propria società, la Azultown. Il principio del trionfo. E il principio della fine del suo matrimonio con Roy Liddell. Ancora si domandava il senso di quell’ultima, concitata telefonata di Roy da Parigi... Un segnale dal computer attirò la sua attenzione. Tornò alla scrivania. Le era appena arrivato un email dalla sua bisnonna, l’unico parente ancora vivo rimastole. Doveva avere come minimo cent’anni, ma si era appropriata delle nuove tecniche con incredibile abilità. “Felice Halloween” diceva il messaggio. Alice Liddell fece un rapido calcolo: in quel momento; in Riviera, erano sei ore più avanti. Era già Halloween. La notte delle streghe.

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Quinta puntata Un evento spaventoso minaccia il mondo. Il primo atto: un attentato cui Martin, appena giunto in Italia, scampa assieme a Java e a Diana La Porta. Aeroporto di Heathrow, Londra

Mercoledì 1 novembre 2000

I

l signor Bleuchamp detestava quel giorno. La festa di Ognissanti. Non l’odiava quanto il Natale, naturalmente, quando tutti “sono più buoni”. Niente di più disgustoso! L’unica cosa che lo rassicurava era il fatto che il Natale del 2000 sarebbe stato molto diverso dal solito. Dall’oggi al domani, tutto sarebbe cambiato. E solo chi avesse aderito al nuovo ordine mondiale sarebbe riuscito a comprare i tradizionali regali di stagione. O a comprarsi da mangiare e da bere. O a sopravvivere. Il signor Bleuchamp aveva invece una certa simpatia per il Giorno dei Morti, soprattutto per come veniva celebrato in alcuni paesi, come il Messico. Tutti quei teschi, quegli scheletri, lo mettevano di buon umore. Lo facevano sentire a casa propria. Ma il Messico era lontano. Bleuchamp aveva appena passato la notte di Halloween a Londra, fondamentalmente per controllare che l’uomo che si faceva chiamare “indagatore dell’incubo”, il detective privato Dylan Dog, non stesse interferendo coi suoi piani. Già in un’occasione quell’individuo, insieme a Martin Mystère, aveva impedito l’apertura delle porte dell’Inferno. Ironia della sorte, mentre Bleuchamp verificava che stavolta il detective di Craven Road si stesse occupando di tutt’altro, a intromettersi nel suo progetto era stato Martin Mystère. Grossetti, il capo degli assassini professionisti arruolati da madame Bleuville, ne aveva segnalato la presenza all’aeroporto della Malpensa. Ma, tutto sommato, anche quell’imprevisto poteva giocare a suo favore. E poi, chi doveva occuparsi di Mystère era già all’opera. Bleuchamp guardò l’orologio. Se tutto andava come previsto, sarebbe stato a Torino entro sera. Forse avrebbe potuto arrivarvi più rapidamente con altri mezzi, ma sotto sotto lo divertiva viaggiare coi comuni mortali. E in ogni caso, i suoi poteri erano relativamente limitati, fintanto che manteneva una forma umana. Faceva parte delle regole, quelle strabenedette regole: perché il suo regno potesse arrivare sulla Terra, era necessario che fosse un essere umano a preparargli il terreno. Era molto tempo che non andava a Torino: benché la città brulicasse di suoi adoratori, a lui personalmente procurava un certo malessere. Colpa di quella cosa. L’ultima volta che si era trovato a proprio agio in quella città era stato oltre un secolo prima, quando monsieur Bleuville aveva neutralizzato l’Ostacolo. Un piacere temporaneo, dal momento che all’epoca il piano era fallito. Ma questa volta tutto era stato previsto nel dettaglio. L’Ostacolo sarebbe stato rimosso e nessuno, assolutamente nessuno, avrebbe potuto ripristinarlo. Il Male avrebbe trionfato, una volta per tutte.

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Sesta puntata Quattro giorni dopo il suo arrivo in Italia un amico, esperto di libri, consegna a Martin un misterioso e sorprendente volume. Intercity Milano-Venezia

Giovedì 2 novembre 2000

V

i sono due tipi di lettura ferroviaria. La letteratura ritenuta appunto “ferroviaria”, di facile consumo, induceva solitamente Martin Mystère a guardare il panorama fuori dal finestrino, anche in galleria. Al contrario, c’erano letture in grado di catturare la sua attenzione al punto che, se non fosse stato solito viaggiare insieme a Java, con tutta probabilità si sarebbe dimenticato di scendere alla sua stazione d’arrivo. Il volume che il “Cacciatore di libri” gli aveva consegnato tre giorni prima apparteneva alla seconda categoria. Si intitolava I sotterranei di Villa Simonetta-Confessioni di un criminale milanese, di tale Giovanni Rodrigues, detto “Gianni Spagna”, ed era stato pubblicato ai primi del ‘900. L’autore, che in gioventù aveva fatto parte della banda criminale conosciuta come “Compagnia della Teppa”, vi raccontava tanto le origini della banda, quanto alcune delle sue malaugurate imprese. Il nomignolo del protagonista narratore, più che dal cognome di risonanza iberica, derivava dalla sua abitudine di portare con sé una affilata navaja di fabbricazione spagnola, che sapeva maneggiare con particolare maestria. Gianni Spagna si accompagnava a un delinquente suo pari, che andava sotto il nome di Giacomo il Coltello. I due erano ben noti nei bassifondi milanesi come spietati assassini a pagamento. Il capitolo che aveva attirato l’attenzione del Cacciatore riferiva l’incontro tra un gruppo di sicari comprendente Giacomo e Gianni, e il Docteur Mystère: gli assassini erano stati infatti incaricati da un individuo misterioso e potente di uccidere lo stravagante uomo col turbante, ma l’intervento della polizia milanese, che aveva aperto il fuoco sui criminali, aveva salvato la loro vittima designata. Martin trovava così una sorprendente conferma alle affermazioni fatte dal Docteur Mystère in un diario che gli era capitato di leggere tempo prima. Ma ancora più sorprendente, come promesso dal Cacciatore, era il seguito della vicenda: decisi ad arricchirsi senza altri rischi, i due complici avevano deciso di improvvisarsi archeologi, convinti di trovare qualche tesoro nascosto nelle gallerie sotterranee che collegavano Villa Simonetta, l’antica casa milanese in cui avevano fatto il loro quartier generale, al Castello Sforzesco. Anziché tesori, avevano scoperto un mistero sepolto. -Professor Mystère- lo chiamò Diana La Porta, costringendolo ad alzare lo sguardo dal volume. Fuori dal finestrino si stendeva la laguna. Ma i pensieri di Martin erano ancora inchiodati a ciò che aveva appena letto. Che cosa poteva essere quel misterioso Codex Babyloniensis, dalle pagine erano scritte a rovescio? Che lui sapesse, alla corte degli Sforza c’era solo un uomo che avesse l’abitudine di scrivere in quel modo.

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Settima puntata Mentre prosegue il suo viaggio in Italia, Martin legge lo strano libro procuratogli dal "Cacciatore": le memorie di un criminale milanese dell'800. Hotel Bologna, Venezia-Mestre

Venerdì 3 novembre 2000

C

onsiderando quello che ci è capitato durante le nostre ultime visite a Venezia - disse Martin premendo il pulsante dell’ascensore - tutto sommato sono lieto che l’editore ci abbia prenotato un albergo fuori città. In un certo senso, mi sento più tranquillo. Dal suo arrivo sulla Laguna, Martin aveva sostenuto incontri coi lettori in tre diverse librerie e una conferenza organizzata presso la Biblioteca Marciana di Venezia. Fortunatamente, tutto si era svolto senza incidenti. - Mmmghrrr - commentò Java. - Certo, l’attentato all’aeroporto. Ma non possiamo essere sicuri al 100 per cento che i bersagli fossimo noi. Se avesse ragione il commissario, potevano colpire qualsiasi cittadino americano. Poteva capitare a chiunque. I due uscirono dall’ascensore e si diressero verso il ristorante, dove li aspettavano Diana La Porta e la dottoressa Bruni della Biblioteca Marciana. Fra i vari piatti consigliati, il maître segnalò le cicale, cosa che destò la curiosità di Martin. - Crostacei, professor Mystère - spiegò la Bruni -. Hanno lo stesso nome degli insetti, ma vi garantisco che sono ottimi. - Non lo metto in dubbio. Del resto, anche un mio antenato si chiamava Cigale - un’improvvisa associazione di idee lo colpì -. Scusate se approfitto della vostra cortesia, ma... avete mai sentito parlare di un libro chiamato Codex Babyloniensis? La bibliotecaria inarcò un sopracciglio. -Il titolo non mi dice nulla. Di che cosa si tratta? - Di un manoscritto risalente al XV secolo, con tutta probabilità attribuibile a Leonardo da Vinci rispose Martin. - Non ne ho mai sentito parlare. Perché dice... “attribuibile”? - Si dice che fosse scritto a rovescio, da destra a sinistra. Vorrei sapere se ne esistono edizioni successive, o se invece ne esisteva un unico esemplare. - Capisco: dalla grafia ha pensato a un codice leonardesco. Posso fare una ricerca. Vi farò sapere se riesco a scoprire qualcosa in proposito. - Grazie - disse Martin. - Oh - fece Diana La Porta, maneggiando il cellulare -. Si è scaricato. Scusatemi, devo telefonare a Vicenza, per organizzare la presentazione di domani alla Libreria Galla -. La ragazza si alzò in piedi e uscì dalla sala ristorante. Nella saletta del bar, anziché dirigersi verso il telefono, si avvicinò a un uomo seduto su una poltrona, nascosto dietro a una copia del Messaggero veneto. Per non dare nell’occhio, la ragazza finse di parlare al microfono del suo telefono cellulare, che non era affatto scarico. - A che punto siamo?- domandò l’uomo col giornale. - Sta già interessandosi al Codex - rispose lei. - Bene - approvò l’uomo -. Dunque, Mystère ha abboccato all’amo. Dobbiamo solo sperare che il tempo giochi a nostro favore.

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Ottava puntata Strani eventi capitano a Martin Mystère, da poco in Italia: sfugge a un attentato e viene a sapere di un antico codice. Qualcuno lo tiene d'occhio. Stazione centrale, Milano

Lunedì 6 novembre 2000

D

a qualche parte, un altoparlante diffondeva le note pucciniane di Nessun dorma. Diana La Porta si mise in coda sulla scala mobile della Stazione centrale, seguita da Martin Mystère e da Java, con l’unica valigia portata nella breve trasferta in Veneto. -Mmmghrr- mormorò questi, mentre discendevano lentamente verso il salone. -L’ho notato anch’io- sussurrò Martin. Java ammiccò all’indietro. Alle sue spalle c’era un altro individuo conosciuto. Ora non c’era più possibilità di equivoco: uno dei tre killer dell’aeroporto era davanti alla ragazza, mentre un altro era proprio dietro di loro. Era un agguato. La stazione milanese era sempre stata fonte di sorprese per Martin, che qualche anno prima vi aveva trovato, nel deposito bagagli, nientemeno che l’amuleto di Tin Hinan. Ma ora si stava esagerando. -Java, passami la valigia. L’assistente porse il bagaglio a Martin, che finse di perdere l’equilibrio, spinse da parte la ragazza e fece deliberatamente calare la pesante valigia addosso al primo uomo. -Ehi!- protestò questi, voltandosi di scatto. Martin vide la mano che correva a una pistola infilata nella cintura. Senza perdere un secondo, gli gettò addosso la valigia. L’uomo cadde all’indietro e rotolò lungo i gradini, mentre Java colpiva l’altro avversario con una possente gomitata allo stomaco. L’uomo di Neanderthal gli sfilò la pistola dalla cintura, gettandola via, quindi lo afferrò saldamente per le braccia, immobilizzandolo. Martin raggiunse il primo killer, che, steso a terra sul pavimento del salone, aveva sfoderato la propria arma. Con un calcio, il detective dell’impossibile gliela fece volare di mano. La folla, confusa e spaventata, cominciava a rumoreggiare, sovrastando la voce del tenore: Ed il mio bacio scioglierà il silenzio... Un altro uomo, il terzo killer che mancava all’appello, uscì dalla coda alla biglietteria e puntò a sua volta una pistola contro la ragazza. Non fece in tempo a premere il grilletto: sulla camicia gli fiorirono all’improvviso due macchie rossastre, mentre l’impatto dei proiettili lo gettava all’indietro. Martin si tuffò su Diana e la spinse a terra, proteggendola col proprio corpo. Chi aveva sparato? Da dove? E perché? All’alba vincerò... Intanto il primo killer si rialzava da terra, sfilando un oggetto da una tasca: la lama di un coltello a serramanico luccicò nell’aria. Vincerò... Il killer rimase immobile e poi crollò di nuovo a terra. Un colpo preciso e silenzioso lo aveva centrato alla schiena. Chiunque stesse sparando, doveva avere un fucile di precisione e un’ottima mira. Vinceròòòò! Due agenti della polizia attraversarono la sala con le pistole spianate. -Fermi!- gridò uno dei poliziotti. Java spinse in avanti il killer superstite, che cadde ai piedi degli agenti, mentre Martin e la ragazza alzavano lentamente le mani.

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Nona puntata Alla stazione di Milano, Martin si scontra coi tre killer che lo avevano attaccato alla Malpensa. Ma interviene un tiratore che ne elimina due. Questura, Milano

Martedì 7 novembre 2000

E

la prossima volta dove avete intenzione di far scatenare una sparatoria?- esplose il commissario. -A una fermata del tram? Possibile che, ovunque voi andiate, capiti sempre qualche guaio? Martin Mystère avrebbe voluto rispondergli citando una frase dello scrittore Leslie Charteris: “Le avventure capitano ai tipi avventurosi”. Ma preferì tacere e accendersi un’altra sigaretta. -Proprio voi- riprese il commissario -che qualche anno fa facevate da testimonial per le ferrovie italiane! Non vi rendete conto di quali danni può portare tutto questo all’immagine del nostro paese? -Non è colpa mia se i vostri concittadini decidono di uccidersi a vicenda negli aeroporti o nelle stazioni. -E invece è proprio colpa vostra! Perché questi killer erano gli stessi dell’aeroporto. E sapete benissimo che eravate voi il loro bersaglio. -Questo, forse, dovreste chiederlo all’uomo che vi abbiamo consegnato- gli fece presente Martin. -Non ho bisogno che siate voi a insegnarmi il mestiere!- proruppe il commissario. -Certo che glielo abbiamo chiesto. Purtroppo dice di non sapere niente. E temo che sia vero. -Come sarebbe a dire che non sa niente? -Abbiamo identificato i tre killer. I due abbattuti dal cecchino si chiamavano Grossetti e Broggi, due noti assassini a pagamento. Il terzo, Dell’Acqua, è un criminale da quattro soldi che faceva da spalla agli altri due. Dei tre, chi gestiva gli affari era Grossetti. E lui non possiamo interrogarlo.- Il commissario lanciò a Martin un’occhiata severa. -Non guardatemi così. Io e Java non abbiamo fatto altro che difenderci a mani nude. Piuttosto, siete riusciti a scoprire qualcosa sul cecchino? -Nessuno lo ha visto. Siamo solo riusciti a stabilire che ha sparato proiettili calibro 7,63 e che si era appostato su una balconata, in un punto strategico. Si direbbe che sapesse dove i killer avrebbero colpito e li stesse aspettando- ragionò il commissario. -Non era difficile indovinare- obiettò Martin. -Il modus operandi era simile: all’aeroporto ci hanno assaliti mentre eravamo sul nastro trasportatore, questa volta hanno scelto l’unica scala mobile di tutta la stazione. Mi stupisce soltanto che nessuno abbia notato un uomo con un fucile. Il commissario si strinse nelle spalle: -Con la confusione creata da voi e dal vostro... assistente, gli sguardi di tutti erano rivolti verso la scala mobile, non certo verso la balconata. Ma lasciate che vi dica una cosa: sono sicuro che voi sapete più di quanto mi dite e che in tutta questa storia ci sia una delle vostre diavolerie magico-esoteriche. Bene, io non credo a quel cumulo di idiozie e non posso permettere che la gente si ammazzi per le strade di questa città perché voi state cercando l’Arca perduta! Vi avverto: se scopro che mi state nascondendo qualcosa, dovrete proseguire le vostre ricerche a San Vittore!

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Decima puntata Sopravvissuto agli attentati all’aeroporto della Malpensa e alla Stazione centrale di Milano, Martin Mystère deve dare spiegazioni alla polizia. Admiral Hotel, Milano

Mercoledì 8 novembre 2000

D

i fronte al televisore, Java sembrava stranamente affascinato da un programma di video musicali in cui la cantante Madonna si esibiva in un successo di qualche tempo prima, Frozen. Martin Mystère chiuse il suo computer portatile e si appoggiò allo schienale della sedia. Per quanto si sforzasse di concentrarsi sull’articolo che avrebbe dovuto scrivere, il suo pensiero tornava invariabilmente alla strana storia in cui si erano trovati coinvolti. -Comincio a pensare che ci sia qualche collegamento tra il ritrovamento delle memorie di Gianni Spagna e i due attentati che abbiamo subito- disse, ragionando a voce alta. Java abbassò il volume del televisore e spostò la sedia vicino a quella del suo datore di lavoro, -Ricordi quello che ci ha detto il “Cacciatore di libri”? Aveva avuto la sensazione che qualcuno volesse fargli trovare le memorie di Gianni Spagna. Neppure io credo che si tratti di una coincidenza. Forse qualcuno sta cercando di spingermi a indagare su una certa pista. Mi domando se il rinvio del programma televisivo a cui avrei dovuto partecipare a Roma ieri sera non faccia parte del complotto. -Ughrrr- fece Java. -Non sto diventando paranoico- lo rassicurò Martin. -Non più del solito, almeno. Quello che è certo è che secondo la tabella di marcia originale, a quest’ora dovremmo essere in viaggio verso New York. E in realtà siamo ancora in Italia, con un bel mystero tra le mani. -Mmmghrrr- aggiunse Java, sospettoso. -Be’, certo- ammise Martin -la signorina La Porta è molto graziosa, ma questo non significa nulla. Quello che mi incuriosisce è quel Codex Babyloniensis di cui parla Gianni Spagna: un libro scritto di suo pugno da Leonardo da Vinci. Secondo Gianni, dopo avere ritrovato quel libro nei sotterranei di Villa Simonetta, il suo complice Giacomo ha cominciato ad avere strane visioni che lo hanno indotto a comportarsi come una sorta di stregone. Purtroppo Gianni è molto vago sulla conclusione di questa vicenda. Dev’essere accaduto qualcosa di grave che ha posto fine alla loro amicizia. Dopodiché ognuno è andato per la propria strada: Gianni è rimasto a Milano, con l’intenzione di ritirarsi dal crimine e scrivere le proprie memorie, mentre Giacomo partiva per Torino, la Città Magica per eccellenza. Java fece un’espressione incuriosita. -Urghhh? -Infatti- confermò Martin. -Non potrei certo dimenticare la nostra scoperta nel sottosuolo di Torino. Martin fu interrotto dal trillo del telefono. Scambiò due parole con la reception e, dopo avere riagganciato, si rivolse nuovamente Java. -Interessante. È appena arrivato un fax per me dalla Biblioteca Marciana di Venezia. Spero proprio che ci siano novità sul Codex di Leonardo!

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Undicesima puntata Martin prolunga la sua permanenza in Italia, per scoprire se esista un legame tra gli attentati cui è sfuggito e un misterioso libro maledetto. Palazzo Sormani, Milano

Giovedì 9 novembre 2000

L

’uomo dietro al banco porse il libro a Martin. -Il capobibliotecario vi rammenta le condizioni per consultare le memorie di mister Thatcher. Non potete citarne nessuna frase. Leggete solo le pagine che riguardano Traiano Boccalini, da 163 a 225. Vi rammento che la biblioteca chiude alle 16,30 e il diario è a disposizione solo per oggi. Il fax arrivato il giorno prima da Venezia portava buone e cattive notizie al tempo stesso. Esisteva, negli archivi della Biblioteca Marciana, un riferimento a un Codex Babyloniensis di Leonardo: era citato in alcuni passi in un’opera di Traiano Boccalini del 1613, Apocalisse delle Muse. Disgraziatamente, l’unico esemplare del testo boccaliniano si era stato dissolto per le infiltrazioni di umidità verso la fine del secolo XIX. Tuttavia un erudito inglese del primo ‘800, tale Aloysious Thatcher, aveva avuto modo di consultare l’Apocalisse delle Muse e ne aveva parlato nel proprio diario. E, per fortuna, l’unica copia conosciuta del diario era conservata proprio a Milano, nella Sezione Manoscritti della Biblioteca comunale centrale. Martin sfogliò le pagine riempite dalla minuta grafia del signor Thatcher, fino alla parte indicatagli dall’antipatico bibliotecario. L’autore del diario era il classico gentiluomo inglese partito per il grand tour, che aveva finito per innamorarsi dell’Italia e della sua antica cultura. Passione che Martin poteva comprendere e condividere, avendo trascorso lunghi periodi della propria vita in Italia. Senonché il Thatcher, attribuendosi una padronanza della lingua che non gli apparteneva, si ostinava a scrivere in un idioma delirante fatto di italiano semiarcaico e di confusi anglicismi. Dopo alcune noiose descrizioni del tempo sulla Laguna il 12 aprile del 1802, il Thatcher arrivava finalmente al sodo. Pur nella sua prosa incomprensibile, un passo del diario lasciava intendere che il Boccalini si fosse ispirato a una leggenda sull’introvabile Codex Babyloniensis di Leonardo, cui si attribuiva addirittura il potere di scatenare l’Apocalisse. Leonardo, per impedire che il Codex venisse usato a fin di male, aveva costruito un meccanismo mortale in una camera sotterranea: ne aveva fatto le spese un certo monaco Ildegardo, colpito al cuore da un pugnale e sepolto dal crollo della volta mentre cercava di appropriarsi del libro. Un vero e proprio delitto nella camera chiusa. La descrizione corrispondeva a quella del cadavere ritrovato da Giacomo e Gianni nei sotterranei. Martin voltò la pagina e una piccola busta scivolò fuori dal volume. Era vecchia e ingiallita: doveva essere lì dentro da un paio di secoli. Martin rimase a bocca aperta quando lesse il nome del destinatario: Martin Mystère, esq.

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Dodicesima puntata A Milano, nella Biblioteca Sormani, Martin trova nel diario di un erudito inglese alcuni indizi sugli attentati subìti. Cenacolo Vinciano, Milano

Venerdì 10 novembre 2000

S

e volevano incuriosirmi, ci sono riusciti- mormorò Martin Mystère. -Mi fanno trovare un biglietto apparentemente scritto due secoli fa, dandomi appuntamento per oggi davanti all’Ultima Cena. Dopodiché risulta che la prenotazione per una nostra visita privata al Cenacolo è stata fatta ieri da un telefono cellulare! L’istinto di Java percepì qualche cosa di anomalo. L’uomo di Neanderthal si voltò di scatto. In quello stesso momento, l’addetto alle pulizie che stava spazzando un angolo del refettorio stava deponendo la scopa. -Scusatemi per la messinscena- disse lo sconosciuto, un uomo sui trent’anni dai capelli precocemente ingrigiti. -Ma dovevamo entrare in contatto con voi senza farci notare. Sapete, siete sorvegliati. -Chi siete?- domandò Martin, sospettoso. -Il vostro angelo custode- rise lo sconosciuto. -Mi chiamo Jaroslav e vi ho salvato la vita alla stazione, qualche giorno fa. -La lettera nel diario è opera vostra? -Un grazioso falso, non è vero? Ho rubato l’idea a lui- Jaroslav indicò la seconda figura da destra nell’affresco. -Ho preso busta e carta dal nostro archivio e ho scritto un messaggio che uno dei nostri affiliati ha provveduto a inserire nel libro di Thatcher. Sapevo che non avreste resistito alla curiosità. Così possiamo parlare liberamente: i nostri avversari penseranno che stiate solo facendo turismo. Volevo avvisarvi. Siete sulla pista giusta e presto anche voi sarete nel mirino. Ma non per questo dovrete arrendervi. -Credevo di essere già nel mirino- obiettò Martin. -Perché non parlate chiaramente? In che cosa mi avete coinvolto? -Posso dirvi solo che il mio superiore vi ha giudicato l’unico adatto a questa missione.- Jaroslav guardò l’orologio. -Ora devo andare. E anche voi, altrimenti perderete il treno per Roma. Spero solo che sia prudente partire di venerdì 13. -Come sapete che devo partire per Roma? -Siamo stati noi a far spostare la data del vostro programma tv. Un altro dei piccoli favori chiesti ai nostri affiliati, semplici pedine che si credono legate a una qualunque loggia della Massoneria, e non sono stati illuminate dalla luce dei Rosa-Croce. -Diavoli dell’Inferno, che cosa...?- fece lui, ma l’uomo se era già uscito dalla sala. Massoneria? Rosa-Croce? Missione? Anziché dare risposte, Jaroslav aveva aperto altri interrogativi. Un perfetto Gola Profonda . Martin rivolse lo sguardo verso la figura che l’uomo aveva indicato sull’affresco: San Taddeo, raffigurato da Leonardo a propria immagine e somiglianza. Dunque Jaroslav considerava Leonardo l’autore di un falso. E Martin sapeva quale falso fosse stato attribuito al genio di Vinci. Il solo pensiero che anche quello potesse essere un frammento del mosaico bastava a preoccuparlo.

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Tredicesima puntata Scampato a due attentati, Martin apprende da Jaroslav, membro dei Rosa-Croce, di essere stato prescelto per una “missione”. Via dei Mille, Roma

Lunedì 13 novembre 2000

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er tutto il week-end, il turbine di programmi tv e interviste aveva impedito a Martin Mystère di riflettere sulla situazione. Ma una delle frasi di Jaroslav aveva continuato a tormentarlo. Una cosa non mi convince- disse a Java. -Ci hanno sparato addosso fin dal primo giorno, eppure secondo Jaroslav non eravamo “nel mirino” di nessuno... Oh, ecco la nostra amica. Martin e Java erano stati alloggiati all’Hotel Alpi, mentre Diana La Porta, per la solita questione del budget limitato, aveva preso una camera al Continentale. Quella mattina si erano dati appuntamento in via dei Mille, prima di raggiungere la Stazione Termini e ripartire per Milano. -Avete già fatto colazione?- chiese la ragazza. -In ogni caso, se volete assaggiare un vero caffè all’italiana, vi porto in un bar in piazza dei Cinquecento. Dieci minuti dopo, erano seduti a un tavolino a bere caffè e a osservare il traffico della capitale, mentre un altoparlante diffondeva le note di Clandestino. Allo sguardo attento di Java non sfuggì l’uomo che li aveva seguiti e che ora li stava osservando da lontano. -Ughrr- fece l’uomo di Neanderthal, scambiando un’occhiata con Martin. -Qualche problema?- domandò la ragazza. -Java voleva sapere cos’è quello- disse Martin, indicando lo strano oggetto che si innalzava in mezzo alla piazza: un cilindro trasparente che sembrava un incrocio tra una gigantesca siringa puntava verso l’alto e un razzo in un film schlock degli anni ‘50. -È una clessidra simbolica- spiegò Diana La Porta. -Misura il numero di armi nucleari che vengono disattivate nel mondo. Nella speranza che un giorno scompaiano tutte. -Uhmmm- fu il commento di Martin. -Il genere umano ha un particolare talento nel creare mezzi di distruzione globale. Quando non ci saranno più i missili, di sicuro inventeremo qualcos’altro.Tacque per un istante, poi aggiunse: -C’è una cosa che devo dirti, Diana. Da quando ho cominciato a occuparmi dei misteri insoluti della storia, non ho fatto altro che trovare persone pronte a uccidermi pur di tenere nascoste le tracce dei misteri del passato. Ma nessuno ha mai tentato di sopprimermi prima che cominciassi un’indagine. -Non capisco che cosa intendi dire- replicò Diana. -Intendo dire che forse ho peccato di presunzione pensando di essere io il bersaglio degli attentati all’aeroporto e alla stazione. La verità è che i killer volevano uccidere te. E Jaroslav, che ci sta tenendo d’occhio anche ora credendo di passare inosservato, è la tua guardia del corpo. Lei chiuse gli occhi e fece un cenno di assenso. -Immaginavo che prima o poi avresti capito. Credimi, Martin, ancora non posso spiegarti nulla. Ti chiedo solo di fidarti di me, ancora per qualche giorno.

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Quattordicesima puntata A Roma, Diana La Porta ammette di essere stata lei il vero bersaglio degli attentati in cui Martin e Java sono stati coinvolti. Milano, viale dei Mille

Martedì 14 novembre 2000

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a un’auto parcheggiata nel viale, uno stereo ripeteva ossessivamente Sono come sono, sovrastando il frastuono del traffico milanese. Martin Mystère e Java erano puntuali all’appuntamento. -Una volta tanto, non hai trascorso la nottata in Questura- li salutò il Cacciatore, comparendo con una borsa carica di libri. -Per evitare guai, ieri il commissario è venuto a prenderci alla stazione- spiegò Martin. -Nel tuo messaggio dicevi di avere qualcosa di urgente da mostrarmi... Il Cacciatore si frugò nelle tasche e dopo qualche secondo porse a Martin una decina di fogli ripiegati. -Ricordi il passaggio della cometa Hale-Bopp? -Certo- rispose Martin. -È stato nella primavera del 1997. -In quel periodo, mi occupavo della biblioteca di un appassionato di esoterismo convinto che la cometa avrebbe segnato il nuovo avvento di Iside. Ho conservato le fotocopie del suo materiale. Tre giorni fa, mi sono improvvisamente ricordato che, da qualche parte, vi avevo letto un riferimento a un codice leonardesco. Ho passato tutto il week-end a cercare tra le mie carte fino a quando l’ho trovato: il resoconto di un convegno dei Rosa-Croce tenuto in Francia nel XIX secolo. Martin esaminò i fogli: nell’illustrazione della copertina, sotto la scritta Rose Croix, figuravano a sinistra Dante Alighieri vestito da crociato, a destra Leonardo da Vinci, in mezzo la figura di un angelo che reggeva il Santo Graal. -Non me la cavo troppo bene col francese- riprese il Cacciatore -ma da quanto ho capito l’oggetto del convegno era un antico testo che nessuno dei presenti aveva potuto mai esaminare di persona: “il libro di Babilonia”. Una delle ultime persone a esaminarlo sarebbe stato Leonardo, che ne aveva trascritto il testo in uno dei suoi codici prima di distruggere l’originale. Accortosi che un certo Ildegardo aveva accesso al codice e se ne serviva per compiere atti di magia nera, Leonardo fece in modo che né lui né il libro potessero mai più vedere la luce. -Coincide perfettamente con la storia che sono riuscito a ricostruire finora- confermò Martin. -La relazione collega il passaggio di una cometa all’avvento di una nuova regina e si chiude affermando che... ehm, se MM non vedrà il trionfo di Iside, Babilonia regnerà sulla Terra- concluse il Cacciatore. -Naturalmente, non è detto che la simbologia dei Rosa-Croce vada presa alla lettera. -Lo penso anch’io- disse Martin, banché il riferimento a “MM” lo incuriosisse e lo inquietasse al tempo stesso. -Devo ringraziarti. Questa relazione potrebbe essere un importante pezzo del mosaico. La leggerò durante il viaggio. -Viaggio? Partite di nuovo? -Sì- rispose il detective dell’impossibile. -Sulle tracce di Giacomo “il coltello”.

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Quindicesima puntata Diana La Porta ammette di far parte dell’intrigo; il Cacciatore consegna a Martin la copia degli atti di un convegno dei Rosa-Croce di Parigi. Torino, via dei Mille

Mercoledì 15 novembre 2000

Q

uesta casa è stata costruita nel 1842 - stava spiegando Diana La Porta, facendo strada a Martin Mystère, Java e Jaroslav tra puntelli e impalcature, fino alle scale. -Negli ultimi trent’anni vi hanno vissuto occultisti, satanisti, un killer mafioso e persino un gruppo di terroristi che si nascondeva nelle soffitte. -Un vero Dakota Building alla torinese- commentò Martin. -I palazzi misteriosi non mancano, in questa città- disse la ragazza. In cima alle scale, Diana prese un mazzo di chiavi dalla borsetta e aprì la porta. Martin la seguì in salotto. Dalle finestre poteva intravedere il corso del fiume Po. -Ci hai chiesto di pazientare per un paio di giorni. Non pensi che sia ora di darci spiegazioni? -D’accordo- rispose lei, invitando gli ospiti a sedersi intorno al tavolo. -Lavoro per il tuo editore da quattro anni, prima come consulente new age, poi come ufficio stampa. Il mio scopo non era solo accompagnarti nel tour promozionale del tuo libro. -Che doveva durare solo una settimana- ricordò Martin. Lei annuì, mentre inseriva nello stereo un cd de Il clavicembalo ben temperato. -Era necessario. Il tuo interesse per certi argomenti è noto a tutti, ma per stimolare ulteriormente la tua curiosità ho fatto in modo che il tuo abituale fornitore di libri a Milano trovasse “casualmente” le memorie di Gianni Rodrigues dove viene citato il tuo antenato. Naturalmente, non avevo previsto che saresti stato coinvolto in due attentati alla mia vita. Dopo l’episodio all’aeroporto, ho dovuto chiamare Jaroslav perché mi facesse da guardia del corpo. -Siete due Rosa-Croce? -Un termine molto generico, ma per ora diciamo di sì- rispose lei. -Quello che conta è che in questo momento siamo chiamati a svolgere un’importante missione. Sai che a Torino viene conservata una reliquia di grande valore per il mondo cristiano... -La Sacra Sindone!- esclamò Martin, che trovava conferma ai suoi sospetti. A Milano, Jaroslav aveva fatto cenno a un falso di Leonardo. E alcuni saggisti affermavano che la Sindone conservata a Torino fosse in realtà un falso realizzato da Leonardo con tecniche impensabili per la sua epoca. D’altra parte, dopo avere scoperto la beffa della Gioconda, Martin non si stupiva più di nulla. -In occasione del Giubileo, fino al 22 ottobre, ha avuto luogo l’Ostensione della Sindone.- riprese Diana -Ora il telo è stato trasferito in un nuovo contenitore iperprotetto. Ma esiste una tecnica... esoterica per annientare la Sindone e ci è giunta notizia che qualcuno la metterà in atto nella notte tra giovedì e venerdì. -Perciò domani notte- intervenne Jaroslav -scenderemo nei sotterranei del Duomo e intrappoleremo il responsabile, costi quello che costi!

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Sedicesima puntata Giunti a Torino, Diana La Porta annuncia a Martin e Java che qualcuno intende danneggiare la Sacra Sindone. Torino, sotterranei del Duomo

Giovedì 16 novembre 2000

I

l sottosuolo di Torino è un vero labirinto- disse Diana La Porta, seguendo alla luce di una pila una mappa che solo lei sapeva interpretare. Indossava una tuta di stile militare, completa di fondina. Al suo fianco, Jaroslav era attrezzato come un guerrigliero: tuta mimetica, alla cintola due pistole Makarov, in braccio un Kalashnikov con un faretto montato alla canna. In retroguardia, armati solo di pazienza e di torce, venivano Martin Mystère e Java. A terra c’era un buon centimetro d’acqua, conseguenza dell’allagamento di ottobre. Mancavano pochi minuti a mezzanotte. -Questa galleria era stata progettata da Guarino Guarini come “uscita di sicurezza” dalla Cappella della Sindone- riprese la ragazza. -A Chambéry era già capitato che qualcuno tentasse di distruggere la reliquia in un incendio, nel 1532. Purtroppo, temendo che qualche malintenzionato scoprisse il tracciato della galleria e se ne servisse per danneggiare la Sindone, lo stesso progettista decise poi di mantenerlo segreto. Perciò quando un incendio, nel 1997, danneggiò gravemente la Cappella, la Sindone si salvò per miracolo. Se fosse andata distrutta, l’alone protettivo generato dalla reliquia sarebbe svanito per sempre.- Entrarono in un grande spazio aperto. -Ecco... ora ci troviamo sotto la Cappella in cui la Sindone era custodita fino al ‘97. Procedettero lungo un corridoio secondario, fino a una grotta più piccola e angusta. Si fermarono ai piedi di una ripidissima scala intagliata nella roccia. -In questo momento, la Sindone si trova qui sopra: protetta dagli agenti atmosferici, ma vulnerabile a quelli esoterici.- Diana salì la scala e nella semioscurità tastò la parete in cerca di una leva nascosta. Una sezione del soffitto si spostò lentamente, obbedendo a un meccanismo vecchio di tre secoli. -Grazie, Diana!- esclamò Jaroslav, puntandole contro il Kalashnikov. -Mi hai condotto esattamente dove volevo. La soffiata su un attacco alla Sindone questa notte era corretta, dal momento che sarò io a farlo! Sei caduta nella mia trappola. Ora scendi con le mani in alto. Java avrebbe voluto reagire, ma si trattenne: finché Diana era sotto tiro, non poteva intervenire. La ragazza obbedì agli ordini e scese lentamente le scale. Jaroslav le si avvicinò e la schiaffeggiò violentemente. Lei cadde a terra, battendo la testa e perdendo i sensi. -Maledetto!- esplose Martin, ma Jaroslav gli puntò contro il mitragliatore. -Calmo, Mystère. Non ho tempo da perdere con voi. Ho un lavoro da compiere. Cagnazzo, Ciriatto... sapete cosa fare! Mentre Jaroslav saliva la scala, dal nulla apparvero due sottili lingue di fumo che lentamente presero corpo, trasformandosi in due sosia perfetti di Martin e Java.

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Diciassettesima puntata Jaroslav fa il doppio gioco e, dopo avere colpito Diana, scatena contro Martin e Java due demoni che assumono il loro aspetto. Torino, interno del Duomo

Venerdì 17 novembre 2000

I

n piedi di fronte al nuovo contenitore della Sindone, Jaroslav stava leggendo da un foglio frasi in una lingua a lui ignota. Non conosceva la natura dell’incantesimo, né gliene importava. Per tutta la vita non aveva fatto altro che difendere “il Bene” e non ne aveva mai ricavato assolutamente nulla. L’offerta che aveva ricevuto gli era parsa generosa e aveva ceduto alla tentazione. Per quanto lo riguardava, il mondo poteva anche andare all’Inferno. Il che, forse era ciò che sarebbe effettivamente accaduto. Ancora confusa per il colpo subito, Diana La Porta era riuscita ad arrampicarsi nuovamente lungo la scala. Era stata ingannata: Jaroslav si era venduto al nemico e si era servito di lei, una delle poche a conoscere l’accesso segreto al Duomo. Diana sentiva la voce di Jaroslav salmodiare in una lingua antica... aramaico! Dubitava che lui lo sapesse parlare. Questo significava che stava leggendo un brano del Libro di Babilonia. Doveva fermarlo! Diana si trascinò faticosamente lungo i gradini, fino ad affacciarsi sul pavimento. Si fece coraggio e portò la mano alla fondina. Nella grotta, Cagnazzo e Ciriatto stavano lottando con Martin Mystère e Java, di cui avevano assunto le sembianze. Martin valutò che il suo avversario fosse molto più agile di lui: non poteva fare altro che cercare di schivarne i colpi. Dal canto suo, Java non se la passava meglio: benché identico a lui, il demone sembrava più forte. Quando Java riuscì a mettere a segno un paio di colpi, si trovò a fendere l’aria, come se il demone fosse incorporeo. Non così quando era questi a colpire lui. Diana non voleva uccidere, ma la causa era troppo importante. Con la vista annebbiata, cercò di prendere la mira con la sua pesante Beretta 92. All’improvviso, l’urlo di gioia di Jaroslav riecheggiò nel Duomo. -Ce l’ho fatta! Ho rimosso l’Ostacolo! In quello stesso istante, i due demoni sorrisero e abbandonarono la lotta. Di fronte agli sguardi attoniti di Martin e Java, si trasformarono in due alte lingue di fuoco. Rapidi come il vento, ascesero verso l’apertura e si avventarono contro Jaroslav. -No!- gridò questi. -Ho obbedito a madame Bleuville, ho fatto quello che voleva... Diana lo vide avvolto dalle fiamme, che gli lambirono i vestiti e arsero il foglio che ancora reggeva tra le dita. Ben presto le urla spaventose si smorzarono e i demoni si dissolsero nelle tenebre del Duomo, lasciando a terra un cadavere carbonizzato e nell’aria il fetore della carne bruciata. Il rituale era compiuto. Dietro alla protezione di cristallo, la Sindone era apparentemente intatta, ma irrimediabilmente privata del suo potere. Ora il Male aveva via libera.

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Diciottesima puntata Jaroslav, guardia del corpo di Diana La Porta, ne tradisce la fiducia e compie il rituale per annientare il potere della Sindone Bologna, via Boldrini

Lunedì 20 novembre 2000

D

ev’esserci un indizio- ripeteva Diana Della Porta, guardandosi intorno nell’appartamento di Jaroslav. Le chiavi di casa erano tutto quanto erano riusciti a recuperare dal suo corpo carbonizzato, trascinato fuori dal Duomo e abbandonato in una delle gallerie sotterranee. Nei giorni seguenti, Diana aveva finalmente raccontato a Martin Mystère e Java parte dei retroscena. Tutto risaliva alla fine del XV secolo, quando Leonardo da Vinci aveva ricevuto a Milano la visita di alcuni religiosi, preoccupati per la sicurezza della Sindone: a loro avviso, la reliquia doveva essere conservata in un luogo protetto. Ma, giacché era ingiusto privare i fedeli della possibilità di adorarla, l’unica alternativa era fabbricare una pseudo-Sindone da sostituire in segreto all’originale. Non era impresa facile, poiché il telo portava impressa, anche se in modo appena percettibile, l’effigie dell’uomo che vi era stato avvolto. L’unico a poter replicare artificialmente il processo che aveva prodotto quell’immagine era Leonardo, pittore di arte sacra, ma soprattutto detentore del segreto della camera oscura, che aveva appreso dal Libro di Babilonia, ricavato a sua volta da un testo sacro di Atlantide. Tuttavia il genio di Vinci non realizzò una semplice copia dell’originale, bensì un oggetto dotato a sua volta di una valenza sovrannaturale: grazie a un incantesimo del Libro, infatti, Leonardo trasformò la pseudo-Sindone in un Ostacolo contro il Male. Perciò, due volte, qualcuno aveva tentato di distruggerla col fuoco. Ma il modo più sicuro per annullarne il potere era recitare la contro-formula. Pur avendo sepolto l’unico esemplare del Codex, Leonardo aveva trasmesso il segreto della fotografia ad alcuni allievi, che a loro volta lo tramandarono ai Rosa-Croce: si sa che nel 1623 il pittore rosacrociano Torrentius ne faceva uso. La Sindone di Leonardo , realizzata su un telo del XIII secolo, si sarebbe tradita solo dopo 500 anni, quando la datazione al carbonio avrebbe dimostrato che il lino non risaliva all’epoca di Cristo. Nell’agosto 2000 il Codex, custodito in un luogo segreto, era stato rubato. Diana La Porta era stata incaricata della sua ricerca. Quando qualcuno aveva tentato di ucciderla, aveva chiamato Jaroslav, sua guardia del corpo abituale. In realtà, i due attentati dovevano essere stati organizzati a bella posta dagli avversari, affinché il traditore Jaroslav potesse seguirla e carpirle il segreto del tunnel sotterraneo. Ora l’unica speranza era ritrovare il Codex prima che le forze del Male facessero la prossima mossa. E l’appartamento del defunto Jaroslav era l’unico punto da cui cominciare le indagini. -Ecco!- esclamò Diana estraendo uno scontrino da una giacca in un armadio.

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Diciannovesima puntata La barriera magica della Sindone è stata neutralizzata dal traditore Jaroslav. Martin, Java e Diana trovano una nuova pista... Imperia, Caffè Piccardo

Martedì 21 novembre 2000

N

on pensi che lo scontrino di un bar di una città ligure sia una traccia piuttosto esigua?domandò Martin Mystère, mentre con Diana La Porta e Java si accomodava a un tavolino. Martin riconobbe la musica diffusa dagli altoparlanti: Eine kleine nachtmusik, di Wolfgang Amadeus Mozart, che gli riportò subito alla mente una sua avventura di nove anni prima, in compagnia di Angie. -Prima di tradirci, Jaroslav lavorava per noi- ragionò la ragazza. -Non poteva lasciare Bologna senza l’autorizzazione del superiore: doveva essere pronto a intervenire in caso di emergenza. Naturalmente, lui sapeva che “l’emergenza” non si sarebbe verificata prima del vostro arrivo alla Malpensa. Nel week-end precedente, senza avvisare nessuno, è venuto qui, come testimonia lo scontrino che ho trovato nel suo armadio. Se si è spostato senza informare il superiore, era perché aveva qualcosa da nascondere. E Jaroslav non era il tipo da tè coi pasticcini in un caffè del centro. Quindi aveva appuntamento con qualcuno. “Noi... superiore...” pensava Martin. “Quando si deciderà a spiegarmi che cosa c’è dietro?” In quel momento un giovanotto vestito di nero si fermò davanti al tavolino. -Ma voi siete... il professor Mystère!- esclamò. -Vi ho visto in televisione. Martin assentì. -A quanto pare la mia fama mi precede. E voi siete...? Il ragazzo gli tese la mano, pieno di entusiasmo. -Mi chiamo Vallarino- disse. -Anch’io, nel mio piccolo, faccio lo scrittore. Organizzo conferenze sul mistero, in una sala di questo locale. Siete qui per lavoro? Martin gli fece cenno di accomodarsi. Qualcosa gli diceva che il giovanotto poteva fornire qualche informazione utile. -Perché, ci sono mysteri interessanti da queste parti? -Non certo a Imperia- disse Vallarino. -Qui non succede mai niente. Ma poco lontano, ad Alassio, accadono strane cose.- Vedendo che aveva catturato l’attenzione dei suoi interlocutori, il giovanotto proseguì: -Pare che si celebrino messe nere... -E voi come lo sapete?- chiese Diana. -Un mio amico che si fa chiamare Asta Roth ha fondato un gruppo di rock satanico. La ragazza estrasse una foto di Jaroslav dalla borsetta e la mostrò a Vallarino. -Avete mai visto quest’uomo? Il giovane esaminò la foto per qualche minuto. -Quando si parla del diavolo...- commentò. -Sarà stato tre settimane fa... durante un week-end. L’ho visto parlare col mio amico Asta Roth. -Ughrrrr- fece Java. -Uhmm- gli fece eco Martin -credo che dovremmo fare due chiacchiere con questo Asta Roth. Dove lo possiamo trovare? -Non l’ho più visto da allora. So che abita dalle parti di San Remo. Se volete posso chiedere in giro. Ma vorrei qualcosa in cambio. -Che cosa?- domandò Martin. -Un autografo sul vostro ultimo libro!

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Ventesima puntata Le tracce del libro maledetto conducono Martin a Imperia, dove tempo prima Jaroslav si è incontrato con un musicista rock satanico. San Remo

Mercoledì 22 novembre 2000

L

a strada, umida e fangosa dopo le recenti piogge, si inerpicava su una collina, lontano dalle luci della città. Diana La Porta trovava una certa ironia in tutto questo: se il centro della cittadina ligure era, almeno una settimana all’anno, l’epicentro del Festival della Canzone Italiana, era ovvio che un cantante di rock satanico dovesse andare a nascondersi in un cascinale diroccato nell’entroterra. Martin fu ben lieto di scendere dalla Micra di Vallarino, che guidava in modo piuttosto avventuroso. -È questo il posto?- chiese. -Così mi hanno detto?- rispose il giovane. -Non è stato facile trovarlo: da tre settimane a questa parte non vuole più vedere nessuno, nemmeno gli amici. -Mmmgrrr- fece Java, sentendo il brano musicale che proveniva dall’interno del cascinale. -Già- confermò Martin. -Non sembra musica da rocker satanico. -Grazie dei fior- disse Diana La Porta, riconoscendo la canzone. Vallarino bussò alla porta. -Asta?- chiamò. -Sei in casa?- Non ci fu nessuna risposta. Il giovane spinse la porta, aperta. Il gruppo entrò nel cascinale diroccato: la debole illuminazione proveniva da nude lampadine pendenti dal soffitto, collegate a un filo elettrico che si perdeva fuori dalla finestra. All’improvviso, Java avvertì qualcosa e si voltò di scatto verso la porta. -Non muovetevi!- gridò una voce. Il padrone di casa, un ragazzo dai capelli lunghi e dallo sguardo allucinato, li stava minacciando con un fucile da caccia. -Chi siete? Che cosa volete? -Asta, sono io- disse Vallarino. -E questi sono tre miei amici. Che cosa ti succede? Asta abbassò il fucile. -Scusate. Temevo che fossero loro. -Loro chi?- volle sapere Martin. -Quelli di Villa Celeste. La vecchia signora e quel branco di pazzi! -Calmati- disse Diana. -Raccontaci che cosa è successo. -Io... non pensavo che il satanismo fosse quello. Quando mi hanno invitato a partecipare a un loro rito pensavo alle solite storie di orge e messe nere, roba da ridere. Ma poi... alla villa: ho visto che cosa facevano veramente. Quelli evocano demoni veri! Sono dei mostri! Il pensiero di Martin corse al diabolico Mabus: il ragazzo non sapeva quali e quanti tipi di satanismo esistessero al mondo. -Jaroslav non controllava Cagnazzo e Ciriatto- rammentò Diana. -I due demoni obbediscono a chi possiede il libro maledetto. -Allora forse il libro è alla villa- concluse Martin Diana mostrò la foto di Jaroslav ad Asta. -Lo riconosci? -Si chiama Jaroslav. Mi avevano chiesto di accompagnarlo a Villa Celeste. È uno di loro. -Puoi portarci alla villa?- chiese Diana. -Neanche per tutto l’oro del mondo. Ho chiuso col satanismo! -Puoi almeno dirci dov’è?- domandò Martin. Non poteva fare a meno di notare che Villa Celeste era una passabile traduzione dal francese di Bleuville, il nome che Jaroslav aveva pronunciato prima che i demoni lo bruciassero vivo.

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Ventunesima puntata Seguendo le tracce di Jaroslav, Martin giunge a Villa Celeste, probabile nascondiglio di chi possiede il “libro maledetto”. Alassio, Villa Celeste

Giovedì 23 novembre 2000

L

a casa aveva qualcosa di sinistramente familiare, con quella sua torretta gotica. A Martin rammentò la drammatica esperienza vissuta molti anni prima a Providence, sulle tracce di H. P. Lovecraft. A dispetto del nome, quel luogo a tutto poteva far pensare, fuorché a qualcosa di celestiale. Secondo Asta Roth, tranne quando si celebravano i riti, nella casa abitava solo una vecchia signora. In quel momento, a dire il vero, sembrava assolutamente deserta. Nel corso della giornata, Diana La Porta aveva cercato di raccogliere informazioni sui proprietari, ma al catasto sembravano essere andate perdute tutte le informazioni in proposito. Era solo riuscita a sapere, dal proprietario di un ristorante, che fin dai tempi di suo nonno la casa era di proprietà di una famiglia francese, i Bleuville, che ogni tanto davano ricevimenti, ma non amavano farsi vedere in città. E prima di morire, Jaroslav aveva parlato di una madame Bleuville... Era stata la stessa Diana, che mostrava qualità sorprendenti e inaspettate, a scassinare seza far rumore la serratura del portone. Silenziosamente, Martin, Java e la ragazza si erano introdotti nella casa. Martin si augurava che non fosse tutto un equivoco: non si sarebbe mai perdonato se avessero fnito col terrorizzare un’innocente vecchietta. Da qualche parte, qualcuno stava ascoltando della musica. A quanto pareva, l’anziana proprietaria tirava mezzanotte ascoltando De temporum fine comoedia. Martin inarcò un sopracciglio, quando vide Diana estrarre la Beretta. Da dietro una porta giunse improvvisamente una sgradevole voce femminile. -Entrate pure! Martin abbassò la maniglia e spinse la porta. All’interno della sala, una donna anziana sedeva su una poltrona. Aveva l’aspetto di una tranquilla, vecchia signora dai capelli bianchi, ben vestita, ben pettinata. Da un tavolino accanto alla poltrona, un computer portatile le proiettava sul viso una luce azzurrina. -Sono Caroline Bleuville- si presentò la donna. -Lei dev’essere il professor Mystère, accompagnato dal suo servo.- Java ringhiò, ma Martin gli fece cenno di lasciar proseguire la vecchia. -E lei è Diana La Porta, suppongo- concluse madame Bleuville. -La sua bisnonna aiutò un uomo a uccidere mio marito Jacques, oltre un secolo fa. Martin e Diana si scambiarono uno sguardo perplesso, mentre una pendola batteva i dodici colpi della mezzanotte. -Oui, ho più di cento anni... non ricordo più neppure quanti. Fare un patto col diavolo può avere i suoi vantaggi, uh, uh, anche se lui non aveva precisato che avrei vissuto non un’eterna giovinezza, ma una vecchiaia interminabile! Ma questo non è un vostro problema, dato che state per morire.- La donna schioccò le dita e dal nulla parvero materializzarsi due lingue di fumo. -Cagnazzo, Ciriatto... levatemeli di torno!

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Ventiduesima puntata Seguendo le tracce di Jaroslav, Martin giunge a Villa Celeste, probabile nascondiglio ligure di chi possiede il “libro maledetto”. Alassio

Venerdì 24 novembre 2000

Q

uesta volta Martin non intendeva farsi cogliere di sorpresa, come era avvenuto una settimana prima nei sotterranei di Torino. Appena entrato nella sala aveva studiato l’ambiente, facendo caso alla grande specchiera appesa a una parete della sala. Non si era dimenticato del trucco esibito dai due demoni quella notte, quando Jaroslav li aveva aizzati contro di loro: Cagnazzo e Ciriatto si erano trasformati in due pericolosissimi sosia di Martin e Java. E poiché Asta Roth aveva parlato dei demoni evocati in casa della vecchia signora Bleuville, questa volta il detective dell’impossibile e il suo assistente erano preparati ad affrontare la situazione. Prima ancora che la pendola battesse i dodici colpi della mezzanotte, come nell’incipit della Danse macabre, i due si erano scambiati uno sguardo d’intesa. E nel momento in cui Caroline Bleuville aveva chiamato in suo aiuto le due creature degli Inferi, Martin e l’uomo di Neanderthal sapevano perfettamente che cosa fare. Afferrarono la specchiera e, staccatala dal muro, vi si nascosero dietro insieme a Diana La Porta, sottraendosi allo sguardo dei demoni. Cagnazzo e Ciriatto si trovarono di fronte al loro stesso riflesso. Nel momento in cui toccò il pavimento, la specchiera vibrò, incrinandosi, come nella poesia di Tennyson. Il vetro di suddivise in decine di schegge, ognuno dei quali rimandò l’immagine frammentata dei demoni. Di fronte al proprio riflesso, le due figure semitrasparenti si suddivisero a loro volta in decine di lingue di fumo, che in un istante si incendiarono, convertendosi in fiammelle che inondarono il pavimento ligneo, i tendaggi, la tela di divani e poltrone. -Hah!- gridò Caroline Bleuville, improvvisamente avvolta dalle fiamme: sembrava un grido d’aiuto distorto in una risata, come se non le importasse di essere salvata dalla distruzione. -Non vi illudete. Il libro non è qui. Il destino si compirà entro due settimane, che lo vogliate o nooooo! Mentre la figura di madame Bleuville veniva avvolta dalle fiamme, Java si lanciò verso il suo computer, attraversando le fiamme e sottraendolo alla furia devastatrice del fuoco. -Ben fatto, Java! Ora usciamo di qui!- gridò Martin. Il terzetto si precipitò verso la porta da cui era entrato. In pochi minuti furono fuori dalla casa, che bruciava implacabilmente. Ansanti, dalla strada, contemplarono la distruzione. Java teneva ancora sottobraccio il computer portatile della vecchia signora. -Francamente, non ne posso più di fuggire da case, laboratori, templi o altro, prima dell’autodistruzione- disse Martin. -E visto che tutti sembrano sapere tutto quanto, credo che sia venuto il momento che tu ci spieghi in che cosa siamo coinvolti, prima che dobbiamo affrontare altri pericoli senza conoscerne il motivo!

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Ventitreesima puntata Martin incontra la malefica Caroline Bleuville, che scatena contro di loro due demoni. Questi, ingannati da Martin, incendiano la villa. Genova-Cornigliano

Lunedì 27 novembre 2000

D

a venerdì pomeriggio, il loro quartier generale era all’ultimo piano di una vecchia casa poco lontano dalla stazione. Diana La Porta l’aveva definita “una foresteria dell’organizzazione”. Il loro unico contatto con l’esterno era una pizzeria italo-cubana con servizio a domicilio. Era Diana La Porta ad aprire al ragazzo delle consegne, che saliva le scale canticchiando Comandante Che Guevara: Java avrebbe dato troppo nell’occhio e Martin era troppo noto, dopo le sue recenti apparizioni in tv. Per il resto, si erano dedicati a cercare invano di esaminare il computer di Caroline Bleuville, protetto da password apparentemente invalicabili, e a ricostruire quanto era avvenuto. Diana, finalmente, aveva parlato. Solo ora Martin poteva capirne le esitazioni: quello che la giovane donna aveva da dire sfiorava l’incredibile. -Conosci il significato della carta della Papessa?- aveva esordito la ragazza. Naturalmente Martin sapeva tutto sui Tarocchi, dopo la sua indagine a Creta. Ciò che non sapeva era che da duemila anni esisteva un’organizzazione segreta costituita solo da donne, che si tramandavano una conoscenza segreta risalente a Maria Maddalena, la loro prima “papessa”. Da semplice “sorella”, Diana era stata eletta frettolosamente capo dell’organizzazione nel settembre 1997, a seguito della morte improvvisa della papessa in carica. Le Sorelle operavano spesso in collaborazione con varie società segrete di ispirazione rosacrociana (come quella cui apparteneva Jaroslav), che tuttavia non conoscevano tutta la verità. Da tre anni accadevano fatti molto strani inquietanti, culminati col furto del Codex, che aveva permesso alla Bleuville di assumere il controllo dei due demoni e a Jaroslav di neutralizzare il potere della Sindone. Qualcosa di simile era accaduto oltre un secolo prima, con Giacomo “il Coltello”. Chi deteneva il libro poteva scatenare forze malefiche indicibili. Per questo Leonardo aveva preferito farlo sparire. -E Leonardo come aveva avuto l’originale?- chiese Martin. -Il libro era già a Milano: nel 1321 ne aveva fatto uso Matteo Visconti, signore della città, che forse lo aveva a sua volta ereditato dai Templari. Un prete di nome Bartolomeo Cagnolato fece un rapporto completo a Giovanni XXII, papa di Avignone, che provvide a scomunicare Matteo Visnonti. Questi preferì ritirarsi e nascondere il libro, piuttosto che mettersi in guerra col papa. Nessuno osò più toccare il libro, fino a Leonardo. Erano ormai le dieci di lunedì sera quando suonò il campanello. La ragazza andò ad aprire. -È Alessandra C.- annunciò -un’amica che forse può darci una mano. -Ughrrr!- esclamò Java, vedendo entrare una giovane donna alta, snella, con un lunga giacca nera di pelle sul fisico da indossatrice e i neri capelli a caschetto. -Allora- disse Alessandra C, in tono di sfida -dov’è questo “impossibile” computer?

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Ventiquattresima puntata Diana La Porta rivela di essere la “papessa” di un’organizzazione segreta chiamata “Le Sorelle”. Genova-Cornigliano

Martedì 28 novembre 2000

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iana La Porta aveva garantito che si trattava di una linea telefonica sicura. Martin ne aveva approfittato per chiamare la “sua” Diana, Diana Lombard, a New York. Era più di un mese che non la vedeva e le occasionali telefonate non erano più sufficienti ad alleviare la lontananza. Fugato il sospetto che il sentimentalismo procedesse di pari passo con l’età, le aveva promesso che sarebbe tornato presto. Tanto più che l’ispettore Travis aveva bisogno di lui per una consulenza urgente. -L’ho aperto- comunicò in quel momento Alessandra C., togliendosi gli occhiali dopo un’intera notte sul computer di Caroline Bleuville. Java le appoggiò una tazza di caffè sul tavolo, accanto al computer. Lei rispose con un sorriso di ringraziamento. -I software della Azultown non sono poi così impenetrabili. Che cosa volevate sapere? -Vediamo la posta elettronica- suggerì Martin. -Cerchiamo di capire con chi era in contatto. Alessandra cominciò a esplorare i messaggi e-mail. Tra i corrispondenti figuravano shoot2@azultown.com, grossetti@alosi.it (il capo dei killer dell’aeroporto), aliddell@azultown.com e rliddell@azultown.com. -Molto interessante- giudicò Alessandra. -La vostra amica era in contatto con tre persone alla Azultown. Questo “shoot2” non mi dice niente. Ma “aliddell” potrebbe essere Alice Liddell, la fondatrice dell’Azultown. Un dato molto significativo: anche se lei lo ha sempre negato, su certi website di controinformazione corre voce che dietro all’Azultown, nata dall’oggi al domani tre anni e mezzo fa, ci siano capitali di dubbia provenienza. -Una quota della Azultown appartiene al Gruppo Bluetime- intervenne Diana La Porta. -cui si ricollegano altre sei compagnie, differenziate tra industria e comunicazione. Una di queste è la Blaufluss, che fabbrica mine antiuomo. Una delle compagnie contro cui si era impegnata lady Diana Spencer. Martin inarcò un sopracciglio: la ragazza gli aveva detto che ai primi di settembre 1997 aveva dovuto rimpiazzare la precedente leader delle Sorelle, morta all’improvviso. Che la precedente papessa fosse...? Allontanò il pensiero: quello non era il momento di approfondire la questione. -E questo “rliddell”? -In un e-mail a shoot2- valutò Alessandra. -si dice che Liddell ha preso il libro ed è partito per Parigi senza riconsegnarlo. -Il Codex?- ipotizzò Diana. -Forse “rliddell” è il marito di Alice Liddell- aggiunse Alessandra. -Liddell è il cognome da sposata. Da ragazza si chiamava... Blue-qualcosa... -Bleuville!- esclamò Martin. -Ma certo: azul in spagnolo significa “blu” mentre town è la traduzione inglese di ville, “città” in francese! Mmm, se il Codex è laggiù, credo che dovremmo seguire questa pista fino in Francia. Ho un amico a Parigi che potrebbe esserci d’aiuto. -Potete lasciarmi qui Java?- chiese Alessandra C. -Adoro gli uomini di poche parole. -Mmmghrrr- fece l’uomo di Neanderthal, lusingato.

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Venticinquesima puntata Dal computer di Caroline Bleuville emerge l’ipotesi che il Codex sia in mano a un certo Liddell. Martin decide di seguire la pista fino a Parigi. Parigi, Quai des Orfevres

Mercoledì 29 novembre 2000

N

on è stato difficile trovare il vostro Liddell, mes amis- annunciò il commissario Charlier, destando per un attimo le speranze di Martin, Java e Diana La Porta. -Ma dubito che riuscirete a parlargli, a meno di utilizzare un tavolino a tre gambe. Da Genova Martin aveva chiamato Charlier, che conosceva ormai da otto anni, per chiedergli di svolgere alcune indagini. Lasciata Alessandra a esaminare uno a uno i file del computer di Caroline Bleuville, il detective dell’impossibile e i suoi amici erano partiti in treno per Parigi, arrivandovi al mattino presto. Raggiunta la centrale di polizia, avevano sbrigato in pochi minuti le presentazioni e i convenevoli del caso e ascoltato una breve lamentazione di Charlier a proposito della sua prostatite, prima di affrontare l’argomento. -Roy Liddell era uno dei passeggeri a bordo del Concorde esploso il 25 luglio 2000- spiegò il commissario. -Volevate sapere se aveva con sé quel libro, vero? Immagino che fosse un testo prezioso. Be’, sono spiacente di dirvi che anche il libro è andato distrutto: l’impiegata del check-in ricorda perfettamente che Liddell ha portato un libro antico a bordo, come unico bagaglio a mano. Sapete, quello è un giorno difficile da dimenticare. -Già- fece Martin. -Dunque Liddell ha tentato di trafugare il libro con l’intenzione di portarlo a New York, ma è morto nell’incidente aereo.- Martin ricordava la sconvolgente fotografia del disastro: il Concorde che si lasciava dietro una scia di fuoco... -Ma allora, se il libro è distrutto, nessuno può più compiere gli incantesimi- osservò Diana La Porta. -Forse, siamo fuori pericolo... Martin era poco convinto. -Jaroslav aveva una trascrizione di un incantesimo, a Torino. Nulla esclude che siano stati copiati altri brani del volume. Del resto, Caroline Bleuville sembrava certa i suoi piani sarebbero andati in porto entro la prima settimana di dicembre. -Recitati in un senso- aggiunse la ragazza -gli incantesimi producono un effetto, recitati all’inverso procurano l’effetto opposto. Senza il Codex non potremo ripristinare l’incantesimo di Leonardo, né controbilanciare le loro azioni. -Forse- riprese Charlier -può esservi utile sapere che prima di partire il signor Liddell ha fatto due telefonate dal suo albergo. La prima a un numero di New York, la seconda in Francia, ad Avignone. Abbiamo verificato: quest’ultimo numero è intestato a un certo Pierre Rodiac. -Credo che faremo bene a dividerci- propose allora Martin. Si rivolse alla donna: -Tu potresti seguire la pista francese, mentre io seguo quella di New York. -Se ti affretti, puoi trovare un volo oggi stesso, mon ami- consigliò Charlier. -Potresti essere laggiù nel pomeriggio, considerando il fuso orario. Martin ripensò con inquietudine al disastro del Concorde. E se non fosse stato un incidente?

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Ventiseiesima puntata A Parigi, Martin scopre che il Codex è andato distrutto. Diana La Porta segue la pista di Roy Liddell ad Avignone. Avignone, Place du Palais

Giovedì 30 novembre 2000

M

onsieur Pierre Rodiac?- chiese Diana La Porta, avvicinandosi a un uomo snello ed elegante, con un paio di occhiali dalla sottile montatura, che l’attendeva nella grande piazza, davanti al Palazzo costruito nel XIV secolo per i Papi avignonesi. Dopo la partenza di Martin e Java per New York, Diana aveva chiamato il numero di Avignone fornitole da Charlier. Rodiac, destinatario dell’ultima telefonata di Roy Liddell, aveva acconsentito all’incontro. -Sì, il signor Liddell mi ha chiamato prima di prendere quell’aereo maledetto- raccontò Rodiac, conducendo la ragazza verso i vicini giardini dei Rochers des Doms. -Voleva ringraziarmi per una consulenza che gli avevo prestato alcuni giorni prima. Come lei saprà, il signor Liddell era un giornalista piuttosto apprezzato... -Di che cosa si stava occupando?- chiese Diana. Rodiac sorrise. -Di una questione che potrà sembrarle futile: del personaggio storico che ha ispirato a scrittori e sceneggiatori le figure di Simon Templar, James Bond e Brett Sinclair. -Oh?- fece Diana. Sapeva dove Rodiac volesse andare a parare, ma preferì lasciarlo parlare. -Nel XIX secolo visse un avventuriero chiamato Jacques Bonde de Saint-Croix. Era imparentato con la famiglia Saint-Claire Bonde, nota in Scozia come Sinclair, da cui provenivano alcuni tra i primi Cavalieri Templari. Inoltre era imparentato coi Saint-Croix Rose, fondatori invece della società dei Rosa-Croce. -Un bel pedigree- osservò Diana. -Saint-Croix fu anche un vero agente segreto al servizio della regina Vittoria, così come John Dee lo era stato per la regina Elisabetta. Avventuriero, furfante e donnaiolo, benché fornito di un preciso codice morale, sembrava il personaggio di un romanzo d’avventure, ma solo nel secolo successivo alcuni scrittori trasposero sulla carta alcune sue vicende. Il primo fu Leslie Charteris, che lo ribattezzò Simon Templar “Il Santo” ed ebbe l’idea di rimodernarne le vicende ambientandole ai suoi tempi. Poi venne il più famoso, Ian Fleming, discendente dai Saint-Croix Rose, che partendo da Jacques Bonde creò il suo James Bond. E infine gli sceneggiatori della serie tv Attenti a quei due, che vi si ispirarono per lord Brett Sinclair. Non c’è da sorprendersi che a interpretare tutti e tre i personaggi sia stato Roger Moore, la cui somiglianza con il vero Saint-Croix era sconcertante. -E perché Liddell si interessava a questa storia?Rodiac rivolse lo sguardo verso il Rodano e verso ciò che restava dell’antico Pont d’Avignon. -Indagava su un episodio avvenuto ad Anet nel XIX secolo, quando Saint-Croix e una vostra antenata recuperarono il Codex. Francamente, signorina La Porta, speravamo che voi Sorelle non ve lo faceste rubare sotto il naso.

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Ventisettesima puntata Mentre Martin e Java sono negli USA, Diana La Porta segue una pista che la conduce ad Avignone. Tresque

Venerdì 1 dicembre 2000

C

’è qualcuno che le vuole parlare- aveva detto Rodiac a Diana La Porta il giorno precedente, al termine del loro colloquio ai Rochers des Doms. Intuendo che Rodiac fosse dalla sua parte, la ragazza aveva accettato di farsi accompagnare, l’indomani, nella tranquilla cittadina di Tresques, 35 chilometri a nord di Avignone. Scesero dall’auto nei pressi della chiesa e proseguirono a piedi fino al castello, una costruzione del XVII secolo. Sopra il portone si distingueva a malapena uno scudo araldico consumato dal tempo, sorretto da due leoni di pietra. Attraversato un grande giardino in cui predominavano gli ulivi, salirono una scala fino all’ingresso. -Dicono che sia un castello maledetto- raccontò Rodiac. -Degli ultimi proprietari, la maggior parte è morta in manicomio o suicida. Madame Rollin, per esempio, si è buttata dalla torre nel 1981. L’ingresso dava su una grande cucina, con le pareti fatte di pietre del fiume Gard, dal colore marroncino rosato. Un cane dal pelo rossiccio stazionava poco lontano dal caminetto. Mentre Diana guardava le grosse colonne che sorreggevano il soffitto e i piani superiori, una voce stranamente familiare risuonò alle sue spalle:-Buongiorno. Dunque lei è la... Papessa.- Diana si voltò. Il volto corrispondeva alla voce, anche se l’uomo non aveva più i capelli lunghi ma portava gli stessi occhiali dalle lenti circolari di vent’anni prima. -Sì, lo so che cosa state pensando- riprese l’uomo. Mi credevate morto assassinato nel dicembre ‘79. In realtà mi salvai per miracolo. Era difficile conciliare il mio ruolo di rockstar con la mia attività segreta, sicché ne approfittai per far credere ai miei avversari che fossero riusciti nell’intento. Anche se ogni tanto incido qualche nuova canzone facendo credere che si tratti di vecchie registrazioni “riscoperte” da mia moglie. -Chi siete veramente?- volle sapere Diana. -Sono l’ultimo degli “antipapi”. I pochi che ne sono al corrente mi conoscono come Giovanni XXXII. Da secoli non siamo più un’organizzazione religiosa in concorrenza con la Chiesa. Siamo laici assunti per svolgere un compito preciso: identificare e neutralizzare i vari “anticristi” che si manifestano nel corso della storia. -Roy Liddell è venuto a cercarci- intervenne Rodiac. -Per fare carriera come giornalista aveva accettato di affiliarsi agli adepti di madame Bleuville, che gli aveva fatto sposare sua nipote Alice. Ma dopo il fallimento del suo matrimonio, Roy si era lasciato prendere da scrupoli. Era convinto che la Bleuville avesse un piano per scatenare l’Apocalisse servendosi del Codex. Fingendosi ancora suo adepto, Roy riuscì a rubarle il libro, pensando di portarlo all’ex moglie a New York. Purtroppo, non lasciò vivo la Francia. -Ho una teoria- disse Giovanni XXXII. -L’Anticristo peggiore è quello che non sa di esserlo. E anche se non so come, temo che Alice Bleuville Liddell sia la persona che scatenerà l’Inferno n Terra. -A meno che lei- concluse Rodiac -e il suo professor Mystère non riusciate a impedirlo.

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Ventottesima puntata Diana La Porta indaga sui movimenti del defunto ex marito di Alice Liddell, che aveva rubato il Codex sperando di salvare il mondo. New York

Lunedì 4 dicembre 2000

Volo New York-Milano

Lunedì 4 dicembre 2000

M

mmghrrr- fece Java. -Già altre volte siamo stati tratti in inganno da falsi indizi. Nemmeno io credo che la profezia dei Rosa-Croce su MM e il trionfo di Iside riguardi me, ma questo non ci esime dall’intervenire, non credi? Gli impegni newyorkesi non avevano impedito a Martin di raccogliere, con l’aiuto di Diana Lombard e dell’ispettore Travis, alcune informazioni sul conto di Alice Liddell. A queste si erano aggiunte quelle che Diana La Porta gli aveva comunicato per telefono durante il week-end. Durante il volo che lo riportava a Milano insieme a Java, Martin aveva il tempo di riesaminare il dossier. Per secoli l’Anticristo era stato associato a figure maschili, ma nulla escludeva che a incarnarlo potesse essere una donna. Accettata l’ipotesi, tutto coincideva in modo impressionante. Secondo l’interpretazione più diffusa delle profezie, l’Anticristo era nato nel 1967, anno di nascita di Alice. Nella tradizione, l’Anticristo coincideva con la Bestia dell’Apocalisse di Giovanni: creatura dalle 7 teste, come la multinazionale costituita da 7 compagnie su cui si reggeva l’Azultown di Alice. La tradizione prevedeva inoltre che l’Anticristo fosse adottato e uccidesse il padre. Non risultava niente del genere nella vita di Alice, ma era noto che la giovane donna era stata “adottata” professionalmente dal top manager Wainwright, la cui morte nell’esplosione al WTC le aveva permesso di prendere le redini della Wainwright Ltd., riformarla e trasformarla poi nella Azultown: un’uccisione simbolica. Secondo l’Apocalisse di Giovanni, l’Anticristo doveva regnare per 42 mesi. Se si considerava che l’Azultown, fondata nel maggio 1997, aveva reso Alice Liddell “la regina della rete”, i 42 mesi stavano ormai per scadere. Lo stesso risultato si otteneva in base all’Ascensione di Isaia, che attribuiva al regno dell’Anticristo una durata di 3 anni, 7 mesi e 27 giorni: bastava far partire il conteggio, come aveva suggerito il Cacciatore di libri, dal passaggio della cometa Hale-Bopp. Poteva esserci uno scarto di qualche giorno, ma, si sa, quella delle profezie non è mai una scienza esatta. Quello che era certo era che la rimozione dell’Ostacolo, il 17 novembre, preludeva alla fase finale. Alle sei del pomeriggio di mercoledì 6 dicembre, ora di New York, l’Azultown avrebbe aperto il suo nuovo portale su Internet, un evento che, a detta degli operatori, avrebbe rappresentato un grande passo per la new economy. In Italia sarebbero state le ore zero del 7 dicembre. Mezzanotte. Che fosse quello il momento cruciale? Prima di partire, Martin aveva messo in allarme i suoi amici della base di Altrove, perché monitorizzassero ogni aspetto magico-tecnologico della situazione negli USA. Lui, invece, doveva tornare a Milano. Non esistevano fotografie di Alice Liddell, ma Travis era riuscito a procurare un’immagine scattata il giorno dell’esplosione del WTC. Vi si intravedeva una donna identificata come Alice Liddell. E nel momento in cui Travis gliel’aveva mostrata, Martin aveva capito che, qualsiasi cosa stesse per accadere, Java e lui avrebbero dovuto affrontarla in Italia.

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Ventinovesima puntata Martin torna a Milano da New York, dopo aver raccolto indizi che identificano Alice Liddell, proprietaria dell’Azultown, come l’Anticristo. New York

Martedì 5 dicembre 2000

Milano, via Guerrazzi

Martedì 5 dicembre 2000

L

’atmosfera della riunione, in un appartamento di proprietà delle Sorelle che di giorno ospitava lo studio di un commercialista, era quella di un consiglio di guerra. Dopo che Martin ebbe esposto le sue scoperte sull’Azultown, fu il turno di Alessandra: -Ho esplorato il computer in lungo e in largo e ho trovato qualcosa che potrebbe interessarvi: fino a poco tempo fa c’era un documento intitolato “codex”, poi irreversibilmente cancellato. Probabilmente era il testo del libro che stavate cercando. In giugno la Bleuville lo ha inviato come allegato di posta elettronica al solito indirizzo: shoot2@azultown.com. Ho controllato su Internet il direttorio della Azultown: un certo Jonathan Schutu è il vice di Alice Liddell. Sono certa che sia lui. -Quindi loro hanno una trascrizione del Codex e noi no- commentò Diana La Porta. -E senza di esso non potremo mai neutralizzare i loro incantesimi. Purtroppo, in tutti gli anni in cui le Sorelle lo hanno conservato, non abbiamo mai voluto ricopiarlo: era già troppo pericoloso che ne esistesse una copia, ma era un documento troppo importante perché potessimo distruggerlo. -Peccato che i distruttori di biblioteche non la pensino come voi- si lamentò Martin. -Ma se riuscissimo ad avere accesso al computer di Schutu, forse potremmo recuperare il testo. -Posso farlo- garantì Alessandra. -Posso entrare nei computer della Azultown e sottrarre il testo. -Davvero?- chiese Diana La Porta. -Certo. Ho imparato un po’ di trucchi del mestiere da un cyber-anarchico di Chicago che nel ‘79 fece credere al Pentagono per ben 8 minuti di essere un attacco missilistico russo. -Ma nel frattempo- intervenne Martin, estraendo di tasca una fotografia. - vorrei chiarire una cosa. Questa foto è stata scattata dalla polizia di New York nel ‘93. Riconoscete qualcuno? Diana guardò la foto e disse: -Sono io!- Poi aggiunse. -Ma io non sono mai stata a New York nel ‘93. -Infatti la donna nella foto è Alice Liddell- spiegò Martin. -Quello che mi domando è: come fa Alice a essere identica a te? -Io... io non lo so. -Se questo fosse un feuilleton- commentò Martin -direi che gli autori sono a corto di idee. Ma ieri, grazie a un paio di telefonate al commissario Charlier, ho saputo che il 28 dicembre 1967, a Le Havre, una certa Catherine Bleuville è morta nel dare alla luce due gemelle: Alice e Deva. Apparentemente, quest’ultima è vissuta solo poche ore. Io invece sospetto che Deva sia ancora tra noi. Vero, Diana? -Io... io so solo di essere stata adottata da una delle Sorelle, quando ero appena nata. Ho sempre creduto di essere stata abbandonata da una ragazza madre e sono stata chiamata Diana in memoria di Diane de Poitiers... In quel momento un vecchio apparecchio telefonico scampanellò rumorosamente, facendo trasalire i presenti. -Ho dato questo numero all’ispettore Travis di New York, nel caso ci fossero sviluppi su un caso che sto seguendo- spiegò Martin, sollevando il ricevitore. -Pronto, Travis... no! Che cosa le è successo?

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Trentesima puntata Martin rivela a Diana che è la gemella di Alice Liddell, sospettata di essere l’Anticristo. A New York Jonathan Schutu rapisce la donna di Martin. New York

Mercoledì 6 dicembre 2000, ore 4:30 p.m.

New York

Mercoledì 6 dicembre 2000, ore 5:00 p.m.

Milano, Piazza Lima

Mercoledì 6 dicembre 2000

M

ilano sembrava più fredda che mai, da quando Martin aveva saputo del rapimento di Diana e del messaggio di “Mister B.” che Travis aveva trovato sul divano di casa Mystère. Radunati intorno alle cabine telefoniche, Martin, Java, e Diana La Porta aspettavano con impazienza che accadesse qualcosa. Finalmente alle 23.30, dopo mezz’ora di attesa, squillò uno dei quattro apparecchi telefonici. Fu Martin a rispondere: -Sì? Buonasera, Mystère- disse il misterioso interlocutore. -Chi siete? Che cosa volete? -Che cosa voglio io? Chiedetevi piuttosto che cosa vogliano gli uomini. Vedete, Mystère, alla notte dei tempi il mio avversario ha stabilito regole molto fastidiose, come il libero arbitrio. Il Male deve essere scelto liberamente da voi esseri umani. E purtroppo la propaganda del mio avversario non fa altro che promuovere il Bene. Ci si è messo anche Leonardo quando, con il suo sadico umorismo, eresse l’Ostacolo: immaginate un oggetto che viene creduto da tutti la Sindone originale ed è adorato da tutto il mondo cattolico! Un oggetto che si alimenta e si carica di bontà, irradiandola tutt’intorno! Per anni non sono riuscito nemmeno ad avvicinarmi a Torino senza provare un senso di nausea. Io vivo di odio, di violenza! Ecco cosa voglio!- Fece una pausa. -Perché non lavorate per me, Mystère? Posso rendervi eternamente giovane... -Come avete fatto con Caroline Bleuville? -D’accordo, allora, se preferite pensare alla vecchiaia, posso rendervi infinitamente ricco... -Ho già tutto quello che mi serve. -Tranne la vostra donna. Quella è in mano mia! Piuttosto, perché non la lasciate al suo destino? Vi consiglio la signorina La Porta: è un ottimo partito, credetemi. -Spiacente per voi, ma sono monogamo. -Come preferite! Ma ora passatemi la signorina La Porta- ordinò l’altro, spazientito. Diana La Porta prese il ricevitore. Scambiò alcune parole, fece un cenno di assenso e rivolse lo sguardo verso via Plinio. Una Chrysler nera stava aspettando sull’angolo, poco lontano dal semaforo. -Vuole che vada da lui- disse la ragazza. Martin tentò di dire qualcosa, ma lei lo zittì. -Lo so, è pericoloso. Ma se non obbedisco la tua Diana morirà.- E senza dire altro salì a bordo dell’anonimo autoveicolo, che partì subito dopo. In quello stesso istante, sull’angolo opposto dell’incrocio, una figura in Borsalino nero e trench grigio fermò con noncuranza un taxi di passaggio: la Mercedes gialla partì nella stessa direzione della Chrysler nera. Martin e Java scambiarono uno sguardo d’intesa. Sapevano entrambi che il Cacciatore e un altro loro vecchio amico, il taxista Franco Ferretti, avrebbero seguito la Chrysler fino in capo al mondo. Martin prese di tasca il cellulare che gli era stato prestato da Alessandra e compose il numero dell’agente FBI Sal Lombino. Quando sentì la sua voce dirgli -È salva!- tirò un sospiro di sollievo. Quindi compose il numero dello studio del commercialista, in cui Alessandra stava lavorando al computer. -Sono dentro- rispose lei. A quel punto non restava che aspettare. Dieci minuti più tardi, il cellulare squillò. Era il Cacciatore. -È scesa dalla Chrysler. L’autista l’ha accompagnata all’interno di Palazzo Acerbi, in Corso di Porta Romana. E sai che cosa ti dico? Nel XVII secolo a Milano si raccontava che a quell’indirizzo abitasse il diavolo! Abbiamo trovato il quartier generale delle forze del Male! Franco sta tornando a prendervi. Con un po’ di fortuna sarete qui per mezzanotte.

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Trentunesima puntata A Milano, per salvare la vita a Diana Lombard, Diana La Porta si consegna al Signore del Male. Intanto Martin riescono a tornare in azione. New York

Mercoledì 6 dicembre 2000, ore 5,55 p.m.

Milano

Mercoledì 6 dicembre 2000, ore 23,55

Milano, Palazzo Acerbi

Giovedì 7 dicembre 2000

V

edi- disse Bleuchamp, appena passata la mezzanotte -da duemila anni a questa parte, tutti si sono affannati a cercare di decifrare il numero della Bestia, il 666 citato nell’Apocalisse. Nessuno ha mai considerato un’interpretazione molto più elementare... ma dopotutto Internet è una scoperta recente dell’uomo moderno. In fondo è solo un equivoco di traduzione: in greco il numero 6 era rappresentato dal segno digamma, equivalente alla lettera W. Lo stesso in ebraico dove il 6 era indicato dalla lettera waw, anch’essa equivalente alla W. Quindi, tanto in greco antico quanto in ebraico, le lingue della Bibbia, 666 altro non è che www: la sigla di “world wide web” con cui cominciano gli indirizzi Internet. -Che cosa intendete dire?- domandò Deva, preoccupata. -Che il nuovo portale della Azultown contiene un codice tratto dal Libro di Babilonia, una straordinaria fusione di magia e tecnologia atlantidea. Appena gli utenti di Internet si collegheranno al portale, il codice dell’Apocalisse entrerà in azione, molto più subdolo di un virus. Entro pochi giorni, i computer di tutto il mondo dovranno obbedire alla Azultown. Entro una settimana, chiunque voglia comprare, mangiare o lavorare, dovrà pagare il proprio tributo a tua sorella... cioè a me! Ci sarà chi tenterà di opporsi e inevitabilmente si scateneranno conflitti. Il sangue scorrerà a fiumi. -Perché tutto questo? -C’è un mito della Santeria cubana che rende bene l’idea. Il Male, invidioso del Bene che trionfava tra gli uomini, inventò il denaro: così gli uomini cominciarono a odiarsi e a uccidersi tra loro. Io ho perfezionato l’invenzione. Con la mia personale versione della new economy sarà... la guerra civile globale, fino a quando un nuovo ordine mondiale non creerà una nuova dittatura basata anch’essa sull’odio e sul terrore: le mie regole! Io e quelli della mia razza...- fece uno strano cenno alle proprie spalle, in direzione della specchiera, come se dietro di essa fosse nascosto qualcuno. ...viviamo di questo, fin dalla notte dei tempi. È il nostro unico alimento. E ora finalmente potremo soddisfare la nostra fame. Bleuchamp digitò l’indirizzo sulla tastiera. Ma quando ebbe completato l’operazione, il computer gli comunicò che era impossibile connettersi al sito. -Non è possibile! A quest’ora dovrebbe essere aperto...- Riprovò ancora, fino a quando non ebbe la drammatica certezza. Il portale non si era attivato. Qualcosa di simile a un’esplosione fece tremare il pavimento. Un attimo più tardi, le porte semifracassate del salone erano distese sul pavimento, mentre Java emetteva un ringhio aggressivo. -La signorina viene con noi- disse Martin Mystère, in un tono che non ammetteva repliche. -Il vostro piano è fallito: a New York i maghi di Altrove hanno isolato il WTC. E qui a Milano una nostra hacker si è infiltrata nei computer dell’Azultown e ha recuperato il testo del Codex, che verrà utilizzato per neutralizzare i vostri incantesimi. Avete perso. Bleuchamp non sembrava gradire l’idea. -No! Ho atteso questo momento per secoli, non potete rovinarmelo così!- Alle sue spalle, la specchiera cominciava ad assumere toni rossastri e strane figure sembravano brulicare nella semioscurità. Bleuchamp si girò. Sembrava terrorizzato. -Che siate maledetto, Mystère: il vostro Terzo Occhio! Lo state usando per aprire il passaggio! Martin non disse nulla, concentrato su quello che Bleuchamp aveva chiamato “passaggio”. Sulla fronte del detective dell’impossibile si era delineato un piccolo cerchio luminescente. Il vetro della specchiera si dissolse, mentre le figure dietro di essa apparivano ancora più minacciose, Mani come artigli si protendevano per raggiungere Bleuchamp, senza riuscire tuttavia a oltrepassare la parete invisibile che si era creata dove prima c’era la specchiera. 34


-L’avete aperto solo in un senso!- esclamò il signore del Male. Voci tenebrose dietro di lui sembravano chiamarlo: -Beeeliaaal... In quel momento, Java si avvicinò a Bleuchamp, lo afferrò per le spalle e lo spinse violentemente all’indietro, lanciandolo attraverso la parete invisibile. Fecero appena in tempo a vedere le mani che ghermivano Bleuchamp e lo trascinavano all’Inferno, prima che la specchiera ridiventasse una barriera solida e invalicabile. -Diavoli dell’Inferno- esclamò Martin Mystère. -Ho la sensazione che il signore del Male sia appena stato destituito!

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Trentaduesima puntata Il piano di Bleuchamp di scatenare l'Apocalisse attraverso i computer di tutto il mondo fallisce e Martin lo rimanda all'Inferno. Tuttavia... New York

Venerdì 8 dicembre 2000

Milano, Admiral Hotel

Venerdì 8 dicembre 2000

D

eposto il ricevitore, Martin rivolse lo sguardo al Cacciatore di libri, che era venuto a salutarlo in albergo, prima della partenza. -E così, ancora una volta, hai evitato la fine del mondo!- disse questi. Martin sorrise. -A quanto pare, devo farlo almeno una volta all’anno. -Il secondo millennio sta per finire- lo rassicurò il Cacciatore. -Speriamo che la profezia “mille e non più mille” sia stata smentita una volta per tutte. Come sua abitudine, il Cacciatore aveva rifornito Martin di vagonate di libri da portare a New York. Java sollevò i bagagli, praticamente raddoppiati rispetto al viaggio di andata, e, sbuffando come una vaporiera uscì dalla stanza e si diresse verso gli ascensori. -Alla prossima, Martin- disse il Cacciatore. -Alla prossima. Rimasto solo nella stanza, Martin ripensò per un istante a Diana La Porta... anzi, “Deva”. Non doveva essere facile per lei convivere con la scoperta di essere discendente dei Bleuville. Senza contare che, con la morte di Caroline Bleuville e l’arresto di Alice Bleuville Liddell per omicidio, la multinazionale di famiglia passava in eredità proprio a lei. Ma Martin non aveva dubbi: la ragazza sarebbe riuscita a riconvertire “la Bestia dalle sette teste” in una società legale e moralmente accettabile. La Azultown, dopo avere quasi scatenato l’Apocalisse, avrebbe potuto portare benefici all’umanità. Dopotutto, gli incantesimi del Codex, se pronunciati in un senso seminavano rovina e distruzione, ma se recitati a rovescio erano forieri di pace e prosperità. Nel corridoio, un carrello della biancheria si fermò di fronte alla porta aperta della camera. Una voce femminile disse: -Posso rifare la stanza, professor Mystère? -Certo. Entrate pure. Io sto per... La voce gli era parsa troppo vecchia per appartenere a una delle cameriere dell’hotel, ma solo quando Martin alzò lo sguardo si rese conto di avere di fronte Caroline Bleuville, che da sotto il cumulo della biancheria aveva estratto una Miniuzi silenziata. Se la situazione non fosse stata drammatica, Martin avrebbe potuto trovarla surreale: un’orribile vecchia dal viso parzialmente ustionato, in uniforme da cameriera, con un piccolo e letale fucile mitragliatore puntato su di lui. -Voi... dunque non siete morta ad Alassio! -La prossima volta controllate tra la cenere. Che siate maledetto, Mystère! Ho vissuto oltre un secolo solo per vedere il fallimento di un piano preparato meticolosamente in ogni dettaglio! Me la pagherete! Ma prima che la vecchia potesse premere il grilletto, si udì uno scoppio attutito. La donna fu proiettata in avanti e ricadde sul carrello, che sotto la spinta del corpo di Caroline Bleuville percorse qualche metro del corridoio. Un istante dopo, Diana La Porta, la mano ancora stretta intorno alla Beretta 92 con silenziatore, si chinava sul cadavere della malefica vecchia, sospirando: -Questa volta è proprio morta. -Diana!-esclamò Martin. -Deva- lo corresse lei. -Devo accettare la mia identità. E se davvero in me c’è una parte crudele, devo imparare a usarla a fin di bene.- Rivolse lo sguardo al corpo disteso sul carrello, sopra le lenzuola imbrattate di sangue. -Ero venuta a salutarti, ma ho visto la Chrysler nera dell’altra notte parcheggiata davanti all’albergo e mi sono insospettita. Java ha immobilzzato l’autista. Ora dovrò chiamare le Sorelle per far sparire il cadavere. Quanto all’autista, lo interrogheremo e lo lasceremo andare: ora che i suoi padroni sono fuori causa, dubito che possa creare problemi. -Mi hai salvato la vita. -Tu hai salvato la mia e, probabilmente, quella di milioni di altre persone, l’altra notte. 36


Martin si strinse nelle spalle, quasi imbarazzato. Deva gli si avvicinò e gli diede un casto bacio su una guancia. -Mi spiace doverti dire addio, Martin... ma né tu né io siamo persone che possano cedere alle tentazioni... giusto? -Giusto- confermò lui, sorridendo. Deva aveva sconfitto la parte malvagia della sua famiglia di origine: la parte buona della sua famiglia di adozione, le Sorelle, aveva avuto la meglio. La stirpe di Iside e Maria Maddalena, la Papessa dei tarocchi, aveva trionfato. E finalmente Martin comprese il senso della profezia dei Rosa-Croce. Per evitare l’Apocalisse, MM doveva vedere il trionfo di Iside. MM non erano le iniziali di Martin Mystère: in numeri romani, le due lettere non significavano altro che “2000.” -Devo andare- si scusò Martin. -C’è qualcuno che mi aspetta a New York.

FINE

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