Incubi e Immagini. Racconti impossibili

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Incubi e Immagini Racconti impossibili

Enrico Grossi Nuova edizione

auto da fĂŠ


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torie di Incubi e Immagini nella gelida e laboriosa Bassa mantovana che raccontano di partite a scacchi che non sempre i protagonisti vincono. Episodi inquieti fra il noir e la fantascienza ambientati nel periodo di Halloween. La narrazione si snoda fra scene in sequenza alla John Carpenter e scenari ucronici e inospitali alla Bradbury, o come in Interceptor dal quale l’autore ha tratto ispirazione per l’ultimo racconto. La tensione emotiva che trattiene il lettore lascia senza fiato e porta con sé il terribile sospetto che l’impossibile sia assai più famigliare di quanto sembri.

Enrico Grossi abita a Suzzara ed è giornalista freelance, scacchista e autore di diversi racconti fantascientifici, gialli e horror. Coltiva, fra le molte passioni, l’interesse per Stephen King e il giardinaggio. Per le sue storie trae ispirazione dal mondo piccolo della Bassa, luogo ricco di zanzare e storie da raccontare.

€ 11,00


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… Licenziando queste cronache

l’impressione di buttarle nel fuoco Racconti hoimpossibili

e di liberarmene per sempre (E. Montale)

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Associazioni e Gruppi che hanno contribuito:

© Enrico Grossi, 2017 © FdBooks, 2017. Edizione 2. 0 L’edizione digitale di questo libro è disponibile su Amazon e altre librerie digitali. L’edizione cartacea è disponibile in tutte le librerie italiane e internazionali. In copertina:

Illustrazione di Elisabetta Bresciani ISBN 978-1533696458 Quest’opera è protetta dalla Legge sul diritto d’autore. È vietata ogni riproduzione, anche parziale, non autorizzata. Enrico Grossi sul web: Gruppo Facebook Incubi e Immagini https://www. Facebook. com/incubieimmagini Sito Internet: http://enricogrossi82. wixsite. com/enricogrossi Mail: enricogrossi82@yahoo. it


Enrico Grossi

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Nota dell’Autore

Questa antologia è una raccolta di racconti elaborata dai primi anni del 2000 a oggi. Un insieme di incubi e immagini che hanno costellato questo periodo della mia vita. Rappresentano una serie di partite a scacchi a tempo veloce che non sempre i protagonisti vincono. I generi presenti sono prevalentemente il noir, l’horror e la fantascienza (che ho sempre adorato), dove le persone si trovano loro malgrado in situazioni non certo volute. Tre racconti sono sulla festa di Halloween, ricorrenza di origine celtica festeggiata negli Usa, che ha qualcosa d’intrigante. Ho visto spesso i primi due film della serie di John Carpenter che mi hanno ispirato durante la loro stesura. Per quanto riguarda i racconti Il limite della paura e Io sono il problema: il primo è un omaggio, nel mio piccolo, ad autori degli anni d’oro come Ray Bradbury, Alfred Elton Van Vogt e Robert A. Heinlein (un titolo su tutti è Starship Troopers) che leggevo con avidità; per il secondo mi sono voluto calare nelle atmosfere di grandi film come Interceptor (Mad Max) e il seguito Interceptor - Il Guerriero della strada. Devo ringraziare una serie di persone che hanno contribuito a fare in modo che non gettassi all’aria tutto quello che avete letto, a partire da Adele Marini, autrice di noir e giornalista: grazie al suo workshop del Festival Nebbia Gialla per scrittori esordienti ha risvegliato la mia voglia di scrivere che pareva perduta. Filomena Cecere, scrittrice ed editrice di Formello,


per la segnalazione del racconto Halloween. Il contratto nel concorso Fantasya a Palazzo. Poi un grazie al personale della biblioteca di Suzzara: Irene Nicolis, Fiorella Provasi, Romy Tasca e altri che mi hanno sempre incoraggiato a non mollare la scrittura, come l’amico Stefano Vezzani, scacchista e scrittore, Virginia Faustinoni e Carmela Miano dirigenti del Roller Suzzara HC, che sempre hanno letto con spirito obiettivo quello che scrivo e Mauro Pinotti, pazzo giornalista freelance e amico d’infanzia. Inoltre ringrazio in particolare, per il sostegno e la stima: Franco Bigi (presidente della Pro Loco Città di Suzzara); Achille Ferrari; Eugenio Galafassi; Alberto Guiducci; Attilio Pignata (direttore del periodico «Cronache sanitarie») e Gilberto Zacchè (presidente dell’associazione Amici del Premio Suzzara). Infine, un ringraziamento va alla città dove vivo, Suzzara, che amo e anche un poco detesto; somiglia vagamente a Castle Rock di Stephen King le cui atmosfere si percepiscono nel racconto Vendetta. Non ultima Jessica Maccario, che ha curato l’editing di tutti i racconti di questa antologia, per i suoi consigli per il futuro: mi ha fatto capire la differenza tra scrivere per se stessi o per dei lettori che non ti conoscono. Scrivere è un lavoro duro e piacevole, ma di lavoro si tratta, ci vuole umiltà e rispetto per chi legge, occorre mettersi sempre in discussione. Molti scrivono, ma quando i loro prodotti vengono rifiutati pensano che il pubblico non li sappia apprezzare, come accade a quelle squadre che giocano male e sono fischiate: i giocatori ribattono con atteggiamenti inutilmente polemici contro gli spettatori, invece sono vittime della loro presunzione. Infine leggere molto e di tutto, ma questo l’ho sempre fatto.

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Halloween. Il contratto Per Paolo il rientro dalle ferie non era stato dei più felici. Aveva trascorso l’estate tra tuffi in piscina, una navigazione in rete e costantemente tra i suoi pensieri c’era la sua fissazione: Claudia. Da un anno era sua collega di lavoro. La incrociava quotidianamente negli uffici dell’azienda, la Green Mak, all’interno della quale si producevano e vendevano attrezzature, in particolare macchine per giardinaggio con i relativi componenti. I loro rapporti non andavano oltre il saluto e qualche breve conversazione, nella pausa caffè o in mensa. Alla fine del turno di lavoro, la vedeva salire su una grossa decappottabile e andarsene con un certo Ferruccio Treves, un uomo di famiglia ricca con un conto in banca molto lungo e un futuro da broker o dirigente d’azienda. Erano la coppia perfetta. Avevano trascorso l’estate ai tropici, lo sapeva perché lei raccontava la sua vacanza e le sue serate con il suo boy alle colleghe durante le pause serali, al momento dell’aperitivo o nel solito happy hour del sabato. Erano momenti che Paolo non sempre frequentava, li trovava vuoti e noiosi, anche se cercava di non darlo a vedere. Aveva provato a ignorare Claudia, ma non ci riusciva proprio. L’ambiente di lavoro non lo aiutava. L’immagine di lei, oltre che nella realtà, lo ossessionava nelle sue fantasie erotiche, l’aveva immaginata in mille situazioni diverse. Inoltre, quando con il muletto percorreva i labirinti aziendali, se la trovava sempre di fronte. In quel silenzio, rotto solo dal ronzio della trazione elettrica 11


e dallo scorrere delle ruote sul pavimento liscio, l’agitazione aumentava, si sentiva inseguito dalle sue angosce. Nella sua postazione di lavoro arrivavano mail e fatture, comunicazioni di ogni tipo. Ciononostante, il suo pensiero fisso era sempre lei. Fuori, oltre i vetri, le foglie degli aceri, dei pioppi e degli ontani cadevano trasportate dalla leggera brezza autunnale. Nella solita pausa del turno, Paolo sostò davanti alla bacheca aziendale. La sua attenzione fu colpita da una locandina in campo scuro, con la figura di una strega in primo piano, dal grande cappello, circondata da due nani con indosso la maschera di Lucifero. La cornice di quel poster era fatta da un susseguirsi per tutto il perimetro di zucche ridenti. Sabato 31 Ottobre Grande Festa di Halloween con Jak-Lantern Night presso la Discoteca Blu&Max. Per chi volesse l’invito, il numero al quale rivolgersi è… «È già tempo della festa di Halloween? Il costume dello scorso anno è da cambiare» alle sue spalle gli giunse la voce di Claudia, che stava conversando con la sua amica e collega Erika, entrambe davanti alla macchina del caffè. Paolo cercò di non farsi notare. «Se vuoi ci andiamo insieme, lo devo cambiare anch’io. Nel nuovo Outlet sulla tangenziale hanno di tutto» propose Erika. «Ci sono passata ieri. Bellissimo, ho visto anche delle vetrine con della roba molto graziosa. Va bene, ti chiamo in serata. Tanto questa sera Ferruccio è fuori, vengo con la mia auto». «D’accordo, allora aspetto il tuo squillo» a quel punto le due si separarono, una volta oltrepassata l’uscita per il fine turno. Paolo non disse nulla, restò immobile a osservare. Vide Claudia salire sulla macchina di sempre. Quello era un altro mondo, che odiava, ma in cui allo stesso tempo voleva entrare. 12


Uscito dal lavoro decise di trascorrere qualche ora al pub, aveva voglia di distrarsi. Tutto gli ricordava l’avvicinarsi della festa di Halloween. Non c’era vetrina di negozio che non avesse esposte zucche, cappelli da strega e altro armamentario. Quella era una festa importata da oltre oceano, divenuta una tradizione anche qui. Con l’immagine di Claudia stampata nella mente, entrò nel pub, raggiungendo la solita cerchia di amici e colleghi, in vista del relax serale. Spaziò con lo sguardo e vide Michele Gerini, il suo collega e dirimpettaio di postazione nonché compagno di conversazioni e battute. Con un cenno lo invitò al tavolo dove c’era il resto della solita compagnia. «Allora, ci vieni alla festa al Blu&Max? Ci andiamo quasi tutti…» gli chiese Michele. «Non lo so» rispose dopo aver ordinato una birra «Non è che mi attragga granché, queste feste non mi appassionano più di tanto». «L’organizzazione ha offerto alla Green Mak un bel numero di inviti, ne ho uno anche per te, si preannuncia una serata alla grande e il pezzo forte è la sfilata delle nostre colleghe, con vestiti a tema, zucche e abiti trasparenti, con tanto di quiz finale a premio per la “Strega Sexy”… Poi c’è anche lei con il suo danaroso boy…» parole condite da un’ironia latente. Paolo non rispose, ma si sedette al tavolo. «Molto danaroso, parlate di Ferruccio Treves e la bella Claudia… la coppia perfetta, uscita da «Notting Hill»: sembrano Julia Roberts e il suo Hugh Grant» intervenne una voce femminile, era Linda Chelli, un’altra sua collega. Li aveva raggiunti, con in mano il solito aperitivo. Posò il bicchiere di gin lemon sul tavolo e si sedette. «Ti piacerebbe essere al posto di lei vero?» replicò Paolo «I soldi non sono tutto nella vita però se ci sono è meglio» cercò di controbattere, in modo altrettanto canzonatorio. 13


«Tu invece cosa faresti per lei? Venderesti l’anima?» rispose Linda con un lampo di malizia negli occhi, mixato a un sorriso che era tutto un programma «Lei vincerà il premio strega sexy, visto come ti ha stregato». La battuta suscitò l’ilarità del gruppo di amici. «Non esageriamo, non sono Mickey Rourke in «Angel Hart - Ascensore per l’Inferno»». «Il film mi è piaciuto, anche se l’ho trovato inquietante e a tratti sconvolgente» rispose Linda e gli sorrise. «Già. Mickey Rouke, alias Harry Angel, aveva firmato il contratto con il demonio, Louis Cyphre, l’oscuro avvocato… De Niro. Povero Harry ha cercato di sfuggire all’accordo, cambiando anche identità in Angel Hart, grazie alla magia nera. Gli è andata male». Sorrise a sua volta. «Arrivare a vendere l’anima, per sesso, per lei, mi sembra esagerato, credici pure, se per te ne vale la pena. Hai già parlato con l’avvocato?» bevve un sorso del suo cocktail. «Allora ci vieni se lei c’è?» si intromise Michele «Nella festa di Halloween siamo tutti mascherati come a carnevale, facciamo il gioco dei party scolastici. Le Maschere nella loro ironia celano tutto. Non si sa mai nella confusione…» «Vedrò di venire» disse cercando di fare l’indifferente. «Su dai non fare il difficile. Non è poi questa fine del mondo» Linda si riportò il largo bicchiere di aperitivo alle labbra «Comunque senza impegno, senza vendere nulla… io ci sono». Paolo non disse altro, pensò a ad Angel Heart, al film di Alan Parker. All’opportunità di quel tipo. In fondo cosa gli costava? La serata proseguì in conversazioni varie, che per lui non risultavano interessanti, anche se non abbandonò la compagnia. La porta si aprì e Paolo entrò nell’ufficio per il colloquio, in un altro tempo di un’altra stagione. La luce era fioca. Sulla 14


parete c’era una lunga finestra rettangolare, oltre il vetro si distinguevano sagome di palazzi in apparenza lontanissimi, avvolti nell’umidità dell’estate torrida e afosa di fine pomeriggio. Appese al soffitto giravano le pale di una ventola e accanto alla finestra era collocato un grosso orologio dal quadrante bianco, con numeri romani, le lancette scandivano il tempo accompagnate da un ticchettio continuo. Paolo si sedette davanti alla scrivania, in attesa, qualche minuto dopo una porta scorrevole si aprì di fronte a lui. Ne uscì una sagoma femminile, portava una cartella sotto braccio, ma il buio le oscurava il viso. La donna posò la cartella e alzò lo sguardo verso Paolo, mostrando il suo volto: era Claudia, gli si fece incontro sorridente. Paolo cercò di dire qualcosa senza riuscirci, nello stesso istante il viso della donna mutò in un’immagine bianca glaciale, gli occhi, dapprima vitrei, si trasformarono in due globi di fuoco, la pelle del volto divenne giallo cadaverica. La mano sinistra di lei si allungò verso di lui, con al posto delle dita artigli appuntiti. Paolo sentì l’angoscia afferrarlo alla gola, il sudore colare abbondante sulla fronte e cercò di alzarsi, ma si accorse di essere immobilizzato alla sedia: mani, piedi e busto erano fissati ai braccioli e allo schienale da cinture di gomma, bloccate da un fermo automatico. Si divincolò senza successo, finché non sentì dolore, un’unghia l’aveva ferito al volto e il sangue colava dalla guancia. Cacciò un urlo disperato, seguito solo dal buio. «Ehi, ci sei ancora, cos’hai non stai bene?» era Linda, preoccupata «Pronto? Ci sei!» alzò il tono, facendolo ridestare. Paolo si accorse di essere ancora al pub. Erano passati soltanto alcuni minuti, anche se a lui parevano trascorse ore. «Scusa mi ero distratto un attimo» disse levando lo sguardo sul volto rassicurante di Linda, in piedi di fronte a lui, poi vide i bicchieri sparsi sul tavolo. 15


«Sì lo immagino» sorrise lei più sollevata «Certo che è proprio un’ossessione questa Claudia!» Nel locale intorno a lui, in una serata come tante, la vita proseguiva, sul tavolo arrivarono altre ordinazioni di aperitivi e cocktail di ogni genere. A un certo punto alzò lo sguardo verso il calendario contro la parete e notò che mancava solo una settimana alla festa delle zucche e del dolcetto scherzetto. Paolo cercò di non pensare ancora lei. Afferrò il tablet posato sulla poltrona, si mise comodo, l’accese ed entrò in rete. Digitò su Google «Un’idea per la notte di Halloween», apparvero una serie di link a tema e ne esplorò alcuni. Oltre alle solite pubblicità di feste, con tanto di zucche e fantasmi, non trovò nulla che potesse interessarlo. Fino a quando uno non lo incuriosì: «Halloween: Un’idea. Manda un sms al 369999666999, via Skype». Il numero del diavolo ripetuto dritto e capovolto. In un primo tempo pensò di lasciare perdere, la curiosità era però stranamente forte. Così si decise: aprì Skype, digitò il numero e la funzione di chiamata. La risposta fu positiva. In quel momento non pensò a Claudia. Alcuni giorni prima della festa, in una serena serata di ottobre, Paolo si trovava sulla tangenziale, a venti km da casa. Aveva percorso molte volte quella strada, vedendo attorno a sé solo piante e campi coltivati, interrotti da qualche casa isolata. La ragazza della video chiamata, Mirka, era molto attraente. Aveva i capelli neri che facevano da contorno a uno sguardo profondo, gli occhi azzurri, le labbra sensuali ma non troppo, la voce gentile, e il modo di esporsi infine l’aveva convinto. L’appuntamento era al Devil Club, dove si vendevano idee e costumi per l’horror in serate a tema. Aveva messo sulla chiavetta in un file di note l’indirizzo: «tangenziale ovest, rotonda km 34, prima strada a sinistra». 16


L’auto arrivò alla rotonda al km 34 e la voce del navigatore pronunciò: «A trenta metri svolta a destra poi seconda strada a sinistra…» non disse altro. Paolo lasciò la superstrada infilando una piccola carreggiata sterrata. Ai bordi, oltre alle piante, a distanza regolare erano siti dei tripodi, con sopra delle lampade bianche e rosse, che illuminavano il percorso. Sul primo di questi tripodi, era fissato un pannello freccia, con scolpita in rilievo la scritta in gotico Devil Club. Seguì il percorso fino in fondo alla strada e giunse nel parcheggio, uno spiazzo lastricato in porfido, dove c’erano diverse auto ferme. Scese dalla vettura e si avviò verso l’edificio. Era una villetta in stile liberty, con un ingresso formato da un cancello sovrastato da un arco in pietra a vista. Il cancello era aperto e sopra di esso c’era la scritta luminosa Devil Club. Oltrepassò l’entrata. Fu superato da altre persone, qualche coppia che parlando e ridendo correva verso l’interno. Da dentro filtrava della musica, un sax diffondeva le note di un sottofondo jazz, e il brusio delle conversazioni. Salì la piccola scalinata in marmo e giunse all’ingresso. La porta era formata da due ante in legno, divise in riquadri di cristallo colorato. Dentro c’era gente che si divertiva. Il bancone del bar occupava in lungo tutta la sala. Oltre, una serie di stand formavano uno store, dove c’era in vendita tutto ciò che riguardava Halloween: costumi, cappelli da strega, zucche che ridevano, lanterne con l’effige della zucca. Tutti gli stand erano disposti in un’unica fila e la serie finiva all’inizio di una larga scala a chiocciola, che portava a sua volta in un terrazzo rialzato, la cui parete era dominata da un grosso dipinto murale ispirato a Hieronymus Bosch, intitolato: l’Inferno. Era un demone enorme, dalla grande testa ovale, con un’enorme bocca incastonata sotto il naso e gli occhi solcati da uno sguardo famelico; aveva sotto il suo controllo delle anime dannate, alcune si prostravano al suo 17


volere, altre cercavano di sfuggirgli. Quel mostro era il soggetto centrale del dipinto, seduto su un trono al centro della scena, sopra al capo una corona a disco che faceva da supporto a una tenda da campo militare, all’interno attorno a un tavolo stavano seduti i dannati in attesa di giudizio. Aveva la bocca spalancata, le fauci erano tenute aperte dalle mani dello stesso, ed era senza spalle, con le estremità delle braccia che iniziavano da sotto le orecchie e, formando un angolo acuto con i gomiti, arrivavano fino alle dita. L’essere ingoiava i dannati e questi bruciavano nel fuoco all’interno della gola. Attorno c’era un immenso scenario di orrore, tutto era buio e il colore dominante era il nero tenebra, rotto soltanto da pennellate rosse di fuoco, mentre sullo sfondo c’erano scene di guerra e città distrutte, anime nude che bruciavano in grossi pentoloni ardenti, dannati appesi a ganci come animali macellati e spiriti seviziati con violenze di ogni tipo da parte di demoni mostruosi dall’aspetto grottesco e bestiale. Un’immagine in particolare attirò l’attenzione di Paolo, era nell’angolo in basso del dipinto, rappresentava una sorta di studio legale, dove un’anima dannata era seduta a un tavolo ricoperto di panno verde sul quale erano sparse monete d’oro, forse cercava di riscattarsi davanti al notaio che, con una penna d’oca tra le dita, stava stilando un documento. Infine, notò che quell’affresco mascherava un portale dalle ante circolari che arrivava fino al soffitto. Si avvicinò al bancone ordinando una birra scura, portandosi poi al tavolo che la ragazza nella video chiamata gli aveva suggerito. Non dovette aspettare molto; una voce conosciuta attirò la sua attenzione. Paolo si girò e alle sue spalle comparve una sagoma femminile mascherata da zucca di Halloween. «Ciao sei arrivato… ti piace l’ambiente?» La ragazza si tolse la maschera, mostrando il volto di Mirka: era cento volte più sensuale che nell’immagine della video chiamata. 18


«Sei tu Mirka?» chiese «Quella che mi darà un’idea…» «Sì sono io. Sediamoci, siamo appena all’inizio di una lunga serata». Paolo la osservò, il suo sorriso era accattivante, come i suoi occhi azzurri, incastonati in quel volto bellissimo. Tutto il resto poi era un mix di seduzione. «Vuoi qualcosa da bere?» Non poté fare a meno di notare la scollatura lunga, lo spacco laterale sul vestito a tubino che l’avvolgeva, scoprendo il tanto che bastava. «Ti va un gin lemon?» «Ho già preso una birra». Si accomodarono al tavolo. Sul piccolo palco il sax continuava nel suo sound-jazz. «Vedo che siamo già in atmosfera Halloween, la notte delle streghe e delle zucche. Tu che parte hai in tutto questo?» «Diciamo che sono una P.R., questo è il mio secondo lavoro. Qui dentro siamo sempre in tema: l’onirico, il demoniaco, il gotico; c’è tutto quello che spaventa, muove emozioni forti, come quel murale lassù» sorrise alludendo a Bosch. «Il primo lavoro qual è? Se non sono indiscreto» chiese Paolo. «Nulla di particolare, sono una commessa in un centro commerciale, forse può sembrare banale… poi organizzo questi happening…» Il gin lemon assieme alla birra che Paolo aveva ordinato prima, furono serviti dalla ragazza del banco, che con attenzione posò i bicchieri sul velluto del tavolo, sorrise e tornò al bar. Mirka estrasse un tablet rivestito con una custodia in pelle, di colore rosso cupo, e lo posò sul velluto. «Mi diverto, con Skype, Facebook e altri social network in locali di questo tipo. È un mondo diverso, mi serve per dare un’alternativa alla monotonia di tutti i giorni, coinvolge le persone nella loro totalità. La vita è un gioco d’azzardo continuo, senza scariche di adrenalina, sai che noia sarebbe». «Il gioco della serata come si chiama?» domandò incuriosito. 19


«Il Contratto con il Diavolo… La vendita della così detta anima, una entità che va oltre la vita, di cui non è provata l’esistenza». «Ne so qualcosa, chi ha partecipato a questo gioco in passato? Jack Lantern, Angel Hart e Michel Mayers tanto per stare in tema, anche loro erano del club; hanno fatto parte del giro? Hanno stipulato il contratto? Peccato che due siano personaggi del cinema… uno è una leggenda popolare di origine celtica» finì la birra che aveva ordinato, lasciandosi andare contro lo schienale. «Oppure Faust. Questo gioco ha affascinato anche uno scrittore come Goethe» continuò lei sullo stesso tono «Il mio datore di lavoro è l’imperatore del doloroso regno… l’angelo ribelle portatore di luce, di cui molti negano l’esistenza, in quanto lo temono. Quelle che nel Medioevo chiamavano streghe, che lo evocavano, vennero bruciate sul rogo, dalla paura di fautori di un bene presunto… però loro ritornano a Halloween. Vedo che questa parte oscura ti attrae». «Sì ammetto il fascino della cosa, ma trovo il tutto molto letterario nulla di più…» Paolo sorrise divertito e ordinò un’altra birra «La serata si fa in ogni modo interessante, sembra un gioco intrigante». Pensò che il giorno dopo quello sarebbe stato solo un confuso ricordo. «Sì anche stare con te è piacevole» rispose Mirka squadrandolo con uno sguardo profondo «Se tutto questo è davvero soltanto un gioco di una sera, il rischio è minimo». Il sax si lasciò andare in un assolo prolungato, cullando le luci del locale, lente e soffuse. Paolo allungò la mano verso lo spacco, lei lo fermò, allontanandogli dolcemente il braccio. «Per questo c’è ancora tempo… il gioco deve ancora iniziare». «E il contratto dove sta? Tanto per andare al sodo». «Hai una vita che ti piace poco e vorresti migliorare? Questo contratto te la può dare. Scegli un desiderio tra tutti quelli che 20


vorresti. Tu devi solo fare il tuo gioco, valutare per bene l’azzardo. Una volta che la pallina gira sulla ruota, andrà sul rosso o sul nero, indietro non si torna». «Così, siamo tornati alla vendita dell’anima al diavolo» Paolo bevve ancora finendo il liquido nel bicchiere, rilassandosi. «Sì quella è la parte fondamentale del gioco» rispose Mirka «D’altra parte, se uno non si pone il problema è come se vivesse da ateo. Non dovrebbe avere timori di sorta. La vita è piena di angosce, ma chi ha firmato ha vissuto la vita che desiderava, in compenso nessuno è tornato a raccontare il dopo della fine. Quell’inferno di cui si parla, che vedi rappresentato in quel dipinto, è solo un’immagine» indicò il murale «L’ascensore per arrivarci ha passeggeri in una sola direzione, il basso, in alto torna solo vuoto. Pronto per il prossimo giro». Paolo ripensò ad Angel Heart. «Cosa ottengo in cambio se firmo, bellissima Mirka?» «Tutto quello che vuoi. Basta che lo pensi, lo desideri». sorrise e sorseggiò un cocktail azzurro. Poi posò il bicchiere. «Io sono ateo al novanta per cento… la cosa mi diverte». Altre ordinazioni seguirono, i bicchieri si succedevano sul tavolo, svuotandosi rapidamente. Il volto di Mirka, la sua espressione intensa, la scollatura profonda, l’avevano ormai definitivamente sedotto, eppure Paolo non voleva lasciarsi andare del tutto, nonostante il caos della sua mente, dovuto ai fumi dell’alcool. «…poi l’inferno cos’è se non Paolo e Francesca, Farinata Degli Uberti, quel cannibale del conte Ugolino… la fantasia vendicativa di un poeta del Trecento come Dante…» bisbigliò a mezza voce. Tornò ad alzare lo sguardo alle immagini di Bosch, quello era l’inferno orribile, o solo un quadro di un pittore olandese del Quattrocento, pure lui visionario e pazzoide. 21


«Allora iniziamo…» Paolo si tolse ogni dubbio «Cominci pure il giro d’azzardo». Mirka sorrise, gli occhi di lei in quell’attimo emanavano una luce azzurra bellissima, ammaliante e irresistibile. «Sì. Come vuoi». Accese il tablet, sul video apparve una pagina web su sfondo rosso, con delle stringhe dove inserire i dati. Paolo toccò la tastiera, compilando tutte le stringhe del file, poi bevve ancora. «Ora il tocco finale» disse Mirka. Estrasse dalla custodia laterale un pennino «Firma qua…» Paolo obbedì e lei aggiunse: «Benvenuto tra noi!» Sul tablet a tutto schermo apparve la sua firma, sullo sfondo la sua immagine. Il resto della nottata fu un mix di immagini, musica e luci azzurre, lui che le sfiorava i capelli, carezzandole il viso: non erano più al tavolo, ma in un’altra sala, lei nuda stesa sulla moquette. Alle spalle c’era un camino crepitante, mentre il vestito di lei era sul pavimento in un angolo. Paolo prima le sfiorò delicatamente il viso poi giù fino al collo, in un susseguirsi di effusioni continue fino a raggiungere il punto di massima eccitazione. La lasciò dormiente distesa davanti al fuoco morente. Il ritorno in auto sulla tangenziale deserta, nella notte limpida d’autunno, fu senza sorprese. Nonostante l’emicrania e la turba mnemonica di immagini confuse, il giorno successivo Paolo si presentò al suo posto di lavoro, cercando di nascondere i segni esteriori di una notte non certo facile. Tenne duro fino alla prima pausa caffè, che arrivò come una boccata d’ossigeno. «Buongiorno, ti vedo un poco stravolto…» la voce era quella di Claudia che, al contrario delle altre volte in cui si fermava alla prima parola, ora aveva nei suoi confronti un atteggiamento più aperto. «Salve ho avuto una notte difficile…» rispose sorpreso. «Vuoi un altro caffè?» lei gli porse la chiavetta aziendale. 22


«Ne ho già presi due… senza alcun risultato apparente, ma grazie» accettò. Afferrò la chiavetta, la inserì e pigiò il tasto dell’ordinazione per un caffè forte. Guardò incerto Claudia, non gli pareva vero che fosse lì con lui, forse stava sognando, si sentiva confuso, cercò di non darlo a vedere. «Ora vado al box» riprese lei «Oggi mi fermo in mensa, ci sei?» «Ma non ti viene a prendere…?» domandò con discrezione lasciando intendere a chi si riferisse. «No oggi no. Con Ferruccio siamo in rotta. Per Halloween, ti andrebbe di accompagnarmi al Blu&Max?» era il desiderio recondito di sempre, inseguito da tempo, finalmente si avverava. Paolo estrasse il caffè dal distributore e lo sorseggiò. «Ne parliamo a pranzo in mensa. Anch’io devo correre oggi», disse ancora incredulo. «Va bene a dopo. Tieni pure la chiavetta, me la ridarai in sala mensa, ciao a dopo!» Paolo la osservò uscire nel corridoio, non riusciva ancora a credere che quella conversazione fosse stata reale. Ingoiò in un lampo il caffè, dal sapore fin troppo forte, più di quanto si aspettasse. Cercò di concentrarsi sul lavoro, non senza difficoltà. Un’ora dopo la ripresa del turno, fu destato dallo squillo della linea interna aziendale. Aprì il microfono di fianco al monitor. «Ciao Paolo sono Michele, ho dei componenti da recuperare nel capannone d21, è una situazione arretrata che devo sbrogliare e adesso non ho tempo». «Ma è la zona vecchia, cosa cerchi là?» si passò una mano sul volto, esausto. «Una seccatura anche per me, sono clienti della Green Mak, hanno vecchi trattori da giardino e ci hanno chiesto dei pezzi 23


di ricambio, che non sono più a listino» Paolo percepì l’aria seccata del collega. «Là c’è roba che non si usa da anni» replicò. «Lo so, ma sono clienti di vecchia data, oggi hanno prenotato nuovi ordini sui prodotti del GP-09, che andrà in produzione tra un mese, la direzione se li vuole tenere buoni». «Per il recupero hai pensato proprio a me, grazie, sei un amico» disse ironico. «Io non ci posso andare, non ho trovato altre persone, rimani tu. Ti mando la sigla dei contenitori sul terminale, un muletto ha i sensori e i fari doppi… una faccenda di mezz’ora dai, fammi un favore, ti pago da bere…» «Va bene mandami tutto…» cedette. In fondo ci voleva un diversivo. «Adesso arriva… complimenti comunque, bel colpo!» «Per cosa scusa?» rispose sorpreso dalla frase del collega. «Dai la più bella ti offre un caffè, siamo morti tutti dietro a lei, solo un tipo con una carta di credito lunga come un’autostrada riesce a portarla fuori. Poi tu una mattina di autunno lo sorpassi… bravo complimenti…» «Tu come fai a saperlo?» si sentì come se un pugno l’avesse appena colpito in pieno petto. «Le donne negli uffici parlano poco di calcio e sport, lo sai, non fare l’ingenuo. A dopo play-boy» Michele chiuse la comunicazione. In quel momento la porta si aprì ed entrò un carrellista. Posò le chiavi sul tavolo. «Il muletto è pronto, il rilevatore l’ho messo sul sedile collegato al navigatore e il resto lo sai. Attento che la zona è in disordine» precisò. «Grazie Antonio ora vado…» disse e l’uomo uscì con passo svelto. 24


Paolo stampò le sigle e salì sul mezzo dirigendosi verso la zona indicata, accese le luci del muletto sul percorso di entrata, infine oltrepassò la porta. Entrò nel dedalo delle corsie. La luce era fioca, ma trovò facilmente lo scaffale che cercava. Fermò il carrello e inserì il codice degli articoli, digitando sulla tastiera del tablet. Il braccio si alzò, arrivando lento fino alla meta. Di colpo la luce si spense e Paolo venne avvolto dal panico. In piena mattina, intorno a lui era sceso il buio. Smontò dal carrello confuso, tutto era fermo. Girandosi, alle sue spalle, raggiunse a tentoni la porta scorrevole in telo, che da tempo non veniva aperta: d’un tratto divenne fosforescente e si ritirò di scatto verso l’alto, scoprendo alla sua vista una zona di capannone sconosciuta, per fortuna illuminata. All’interno vide una sagoma, quella figura l’aveva già vista. Paolo si sentì bloccare, le sue gambe parevano marmo, trovò oltre modo la forza di fare qualche passo in avanti. A quel punto la riconobbe: era Mirka, la ragazza del contratto. Ferma, in piedi al centro del corridoio, silente e sorridente, i suoi occhi non erano azzurri, bensì pupille rosso fuoco. Indietreggiò cercando di raggiungere il muletto, corse via turbato, stava quasi per risalire sul mezzo, quando all’improvviso si presentò alla sua vista l’inferno rappresentato da Bosch, sentiva le urla della gente bruciata, tutti si contorcevano e quella grande bocca del demone ingoiava con voracità i dannati. La sua mano sinistra si bloccò sulla maniglia del muletto, con l’altra reggeva con forza il tablet, il sudore colava sulla fronte e le gambe gli tremavano. «Che fai Paolo, allora, i componenti arrivano?» la voce del collega giunse inaspettata sul ricevitore del walkie talkie della linea interna. Le immagini scomparvero di colpo, l’ambiente tornò tranquillo, qualche debole raggio solare entrò dalle alte finestre a 25


diradare il buio, la porta a telo era chiusa come sempre. Paolo guardò il carrello, il braccio aveva già prelevato i contenitori. Non gli restava che rientrare nel blocco centrale e dimenticare l’accaduto. Per il calendario era il 30 ottobre. Nel tornare a casa, in quel pomeriggio d’autunno, Paolo incontrò dei gruppetti di ragazzi e di ragazze con indosso i costumi di Halloween, che suonavano alle porte chiedendo «Dolcetto o Scherzetto». Si era preso un pomeriggio di permesso. Aveva pranzato in mensa con Claudia, ora era tutto perfetto tra di loro, a pensarlo un mese prima, aveva dell’incredibile. La sera sarebbe stata quella decisiva, il momento che aveva sognato e desiderato molte volte, mancavano poche ore. Eppure si sentiva ancora sconvolto. La visione avuta nel magazzino non lo lasciava mai in pace, come il ricordo di quella serata nel Club. Aveva cercato Mirka su Skype chiamando e video chiamando, ma a quel numero 369-999666999 rispondeva uno schermo vuoto. Uscì per rilassarsi e percorse il vialetto alberato. Il sole riusciva solo in parte a penetrare le nuvole con i suoi raggi e i bagliori che passavano modificavano in modo tenue i colori della natura. Paolo entrò in un bar, ordinò un caffè, c’era poca gente e contro la parete uno schermo TV sul quale scorrevano le notizie da tutto il mondo. D’un tratto il cellulare squillò, era Claudia. «Ciao sono io» percepì il tono della sua voce, era malinconico. «Ciao cosa c’è?» un presentimento lo assalì «È accaduta una cosa grave? Dimmi pure…» insistette mentre sentiva il panico emergere. «Si tratta di Ferruccio, il mio ex. Oggi verso le 14.00 è uscito di strada, è in coma irreversibile» gli spiegò, poi divenne silenziosa. «Dov’è accaduto?» Paolo fu colto da un brivido quando lei rispose: 26


«Tangenziale ovest, km 34». Claudia non fece in tempo a finire la frase che lui era già fuori dal bar. Adesso non era più un gioco. L’auto correva verso la rotonda al km 34 con alla guida Paolo. Giunse nel luogo dell’incidente, già presidiato, il traffico rallentava, al centro della strada un carabiniere con una paletta in mano invitava le auto a passare avanti. Paolo oltrepassò il blocco stradale e vide che la decappottabile di Treves era ridotta a un ammasso di rottami. Percorse un altro pezzo di carreggiata finché si ritrovò a un incrocio con una strada a lui famigliare. Vi svoltò fermandosi all’ingresso del viale sassoso e nell’intrico dei rami notò una scritta su un pannello rovinato dal tempo: Devil Club. Si rese conto che solo proseguendo sarebbe arrivato alla risposta che cercava. Il parcheggio era ancora in porfido, ma le erbacce l’avevano quasi totalmente coperto. Scese dall’auto, lo spettacolo che si presentò davanti a lui era desolante: la villetta in stile liberty era interamente circondata dal degrado, l’edera e gli altri rampicanti cresciuti selvaggiamente arrivavano fino ai davanzali delle finestre. Paolo salì le scale fino alla porta a vetri d’ingresso, che era chiusa. Restò fermo qualche istante a osservare l’entrata, poi spinse premendo contro la maniglia impolverata. L’uscio si aprì mostrando l’ingresso scuro. Anche l’interno lo era, la sola luce che c’era proveniva dal sole che passava attraverso i vetri dei lucernari del tetto, divelti e gocciolanti. Fece qualche passo in avanti, incerto. Il locale, a parte il degrado, era come se lo ricordava. Sopra la scalinata, coperta dalla polvere del tempo, si stagliava il grosso dipinto murale, di cui distingueva alcune delle immagini spettrali de «L’Inferno» di Bosch. Non trovando nessuno si girò per uscire, ma una voce ruppe il silenzio. «Ci si rivede, Paolo, sei venuto per verificare se le clausole sono state rispettate? Ormai sei nel gioco, ricordi la pallina 27


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