La donna vista attraverso la lente dell'uomo

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MARCEL LE BLANC

La donna vista attraverso la lente dell’uomo


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uando vedete una donna che si interessa a voi, diffidate! Detterà lei le regole del gioco, non saprete resistere al suo fascino. È un dato di fatto la sua superiorità. Questo scritto porta consapevolezza all’uomo consentendogli di ridurre il potere predatorio della donna. MARCEL LE BLANC nasce a Nizza nel 1965. Matura notevole interesse per argomenti di economia, storia e prasseologia. Poco dedito ad attività sportive, affascinato dalla donna, appassionato di auto, cultore della buona cucina italiana, scrive brevi racconti. Le donne scandiscono la maggior parte del suo tempo e gli hanno dato l’impulso a scrivere questo libro.

ISBN ISBN 9781798111758 978-1798111758

€ 13,90

9 781798 111758


Auto da fé … Licenziando queste cronache ho l’impressione di buttarle nel fuoco e di liberarmene per sempre (E. Montale)


© Marcel Le Blanc, 2019 © FdBooks, 2019. Edizione 1.0 L’edizione digitale di questo libro è disponibile online in formato .mobi su Amazon e in formato .epub su Google Play e altri store online. Illustrazioni in copertina e all'interno di: © Tacox, 2019.

ISBN 978-1798111758

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MARCEL LE BLANC

La donna La donna vista vista attraverso attraverso la lente la dell’uomo lente dell’uomo



Commento a cura di Graz Doorsan

La traccia che Marcel Le Blanc lascia nelle parole che trasporta al lettore, anche se modo criptico o impersonale, segna una linea, anche se in questo caso può risultare confusa. Ma è pur sempre il risultato dell’argomento trattato, dopotutto non è ancora stato trovato nulla di più confuso al mondo del cervello femminile. Marcel Le Blanc è un amico e collega, forse pochi come lui hanno avuto modo di frequentare e subire le donne e allo stesso tempo trarne benefici. Questo è uno scritto velenoso e sarcastico, a tratti demenziale, ma che rimarca in modo umoristico il lato più nascosto e occulto delle donne e quello passivo degli uomini. Se letto fra le righe colpevolizza più l’uomo per apatia, che la donna per furbizia. Marcel è cresciuto in un contesto conflittuale, una madre emancipata, con un’apertura mentale evoluta, che aveva lavorato come


bambinaia a Palermo e Roma, donna di grande carattere, che entrava in conflitto con la mentalità paesana del Nord Italia contadino delle zie e delle cognate, di ristrette vedute. L’eterna conflittualità con la moglie – devota a una cultura medioevale e poco incline al cambiamento, recalcitrante a ogni forma di rapporti con il mondo esterno – posiziona Marcel Le Blanc di fronte a una barriera insormontabile e lo retrocede a uno stadio evolutivo postrinascimentale ben lontano dai propri canoni. Inizialmente mi ero rifiutato di scrivere una prefazione, rimasi perplesso un giorno seduti a tavola alla fine di un pranzo alla piemontese innaffiato con barbera docg, quando Marcel rivolto a una sua amica disse: «Di tutte le donne che ho avuto modo di conoscere ne ho deluse l’80%; il rimanente che ho avuto modo di frequentare le ho deluse solo dell’80%, quindi ho pensato di completare l’opera di svilimento con queste righe». La sua collega Maria, anziché contestarlo, si mise a disposizione per aiutarlo.

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Commento a cura di Maria

Anche se non condivido il pensiero del mio collega e ancora meno ciò che intende pubblicare, non posso negare di provare una certa tenerezza nei suoi confronti. Una persona che si organizza in modo machiavellico per dimostrare in chiave umoristica alla donna che l’uomo dovrebbe esserle superiore. Il motivo per il quale ho assecondato Marcel Le Blanc per la stesura di questo manoscritto è che lo credo una persona intelligente, sempre considerando che di un uomo si tratta. Anche se in alcuni passaggi è biasimevole il modo in cui dipinge la donna, è evidente che l’individuo in questione comprende perfettamente di essere vinto dal fascino femminile e che per raggiungere il suo obiettivo non può assolutamente contare sui propri simili.


Il livore è cagionato proprio da questo, il diniego da parte dei suoi colleghi uomini di limitare l’egemonia della donna nell’unico modo possibile: assumere un numero maggiore di responsabilità. Sosteneva Brecht: «Al momento di marciare / molti non sanno / che alla loro testa marcia il nemico. Per ciò che riguarda le donne, il punto di vista di Marcel Le Blanc lascia libera interpretazione al tipo di soggetto che legge il libro; in due parole chi ha orecchie per intendere intenda.

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Marcel Le Blanc

La donna vista attraverso la lente dell’uomo

Ci sono due modi per schiavizzare una nazione, uno è con il debito l’altro con la donna John Adams



Sottomettere le donne non è difficile, è inutile

Convivere a stretto contatto con le donne significa dover abituare il cervello a un grande flusso di parole, quindi è chiaramente meglio evitarle. Lo posso garantire io, che sono costretto a conviverci fin da quando sono nato. Ognuno ha la sua croce da portare, la mia è stata vivere accanto a donne di qualsiasi categoria, che hanno messo a dura prova il mio sistema nervoso. È un principio paretiano: il 20% delle donne mi ha causato l’80% di tutti i problemi, e per usufruire del 20% dei loro servigi i costi hanno superato l’80%. Sarebbe nulla se in più non si subisse il loro fascino o si comprendesse il loro lato più subdolo, evitando di lasciarsi annichilire. Il problema nasce quando comprendi e cerchi di sottrarti al giogo; potresti anche riuscirci, ma le donne sono scaltre e in numero di gran lunga superiore all’uomo! Ovunque


vai o ti giri, ormai occupano tutti i livelli della società, dalla politica all’industria; sono lo strumento perfetto nelle mani del potere, già lo comprese Bernays, nipote di Freud: Il rapporto con lo zio Freud lo portò a concepire un’idea diversa, rispetto ai colleghi, di pubblicità applicata alla società di massa industrializzata, nella quale l’informazione può guidare il comportamento attraverso lo stimolo dell’emozione irrazionale della gente. Le intuizioni di Bernays lo portarono a diventare il fiore all’occhiello delle corporations che volevano trasformare il lavoratore americano in consumatore americano. L’iniziativa nota come Le fiaccole della libertà (1929) mostrò la genialità di Bernays: mise in moto una macchina pubblicitaria che spezzò l’allora tabù del fumo per le donne1.

1. Cfr. A. Graziano, Donne e sigarette? Sexy, ribelli grazie al nipote di Freud, Ilcaffequotidiano.com, 23/12/2016; http://www.ilcaffequotidiano.com/2016/12/23/ edward-bernays/.

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Quando un uomo vede un essere della propria specie di sesso femminile, viene pervaso dall’istinto primordiale di appropriarsi di quell’effimera creatura, di farne la propria compagna. In particolar modo è tratto in inganno da tanta sensualità, resta estasiato dalla bellezza, dai delicati lineamenti del viso, dalle curve del corpo che nemmeno Michelangelo riuscì definitivamente a scolpire. Non sa che in realtà tra quelle spoglie di perfezione giunonica si nasconde un predatore con l’obiettivo di depredare l’anima dell’uomo e piegarlo ai suoi dettami per sbarazzarsene non appena finiscono i vantaggi. Ma l’individuo maschio – inteso come essere umano – è fortunato se paragonato ad altri maschi del mondo animale: la mantide femmina non è la sola a divorare il partner dopo l’accoppiamento; anche i polipi riservano questo macabro e discutibile rituale al maschio. I biologi ipotizzano che potrebbe trattarsi di un comportamento opportunistico per cibarsi della prima preda capitata sotto i tentacoli, soprattutto se ha dimensioni tali da garantire una cospicua scorta di energie per la

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riproduzione. Anche le femmine di tarantole e ragni si cibano del maschio dopo l’accoppiamento, ne sfruttano le calorie e le proteine per produrre il 30% in più di uova. Il maschio delle api, il fuco, muore subito dopo aver fecondato la regina e quelli sopravvissuti sono scacciati dall’alveare dalle api femmine non appena la regina inizia la deposizione; dato che non sono in grado di nutrirsi da soli, muoiono nel giro di poche ore. Quindi, cari colleghi uomini, è vero che in parte siamo fortunati, ma restiamo prede. Tanto per avere qualche parametro che delinei il suo ruolo nella società – e per sottolineare cosa concede in cambio all’uomo – direi di leggere queste considerazioni in modo da comprendere meglio quale ruolo ricopre la donna e quali sono le insidie che costellano la vita dell’uomo.

La donna

È un essere umano di sesso femminile, della specie Homo sapiens. L’etimologia della parola

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donna si riallaccia senza dubbio alla forma sincopata dŏmna del latino domĭna (femminile di dominus) ovvero signora, padrona. Interessante osservare che anche il termine corrispondente in francese, dame, deriva da domne, parimenti derivato da domina. La donna è un esemplare imperialista e considera l’uomo un protettorato. La sottomissione può avvenire per motivi in larga misura

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di gelosia o potere oppure per evitare che il proprio dominio sia minacciato. La dipendenza attraverso la quale la donna assoggetta e governa l’uomo non solo è lo strumento per gestire e accaparrarsi le sue risorse finanziarie e mentali, ma anche per schiavizzarlo fisicamente. Di certo la donna possiede un sistema neuronale autonomo complesso che nemmeno lei riesce a gestire in modo razionale. Il primo persecutore della donna è se stessa. La sollecitazione neuronale a cui è sottoposta accentua la conflittualità interna tra il sistema nervoso centrale e quello periferico, condizionando l’intero sistema nervoso autonomo. I ricettori sensoriali vengono inibiti e di conseguenza disorientati innescando un circolo vizioso che mistifica l’autonomia di pensiero e azione, scambiando l’unico essere a lei devoto per uno strumento da sfruttare. Nei capitoli successivi metteremo in evidenza la perniciosità della donna per se stessa e analizzeremo come sia riuscita a causa del proprio conflitto neuronale a calpestarsi ambedue i piedi contemporaneamente.

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Tra le sue qualità intrinseche più diffuse c’è la parola, strumento del quale si serve abbondantemente, indipendentemente dal reale contenuto dei dialoghi. La donna ha sempre l’ultima parola, non importa il motivo, la esige e basta; è quindi evidente che la lingua è tra gli organi che maggiormente utilizza. La donna è stata bloccata per secoli. Quando ha accesso alla cultura è come un’affamata. E il cibo è molto più utile a chi è affamato rispetto a chi è già saturo. Rita Levi Montalcini

I decibel della voce della donna sono altissimi, in particolare con i mariti. Esistono due atteggiamenti in merito: chi utilizza un alto volume nella vita lavorativa, scaricando così l’ira per doversi ammansire a casa con il marito; oppure chi, al contrario, è un agnello in pubblico per sfogarsi poi entro le mura domestiche. Un’altra peculiarità è l’invidia che ostenta ogni giorno, in particolar modo con altre donne, quasi sempre con l’aggiunta di una buona dose

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di competitività; ma in effetti tanta brama di potere la porta a desiderare il controllo su ambo i sessi. Non dimentichiamo che queste caratteristiche sono innate in tutte le donne, ma poche riescono ad andare oltre il controllo sull’uomo. Esercitare potere sull’uomo non è che il minimo sindacale; sia che lui la veda sottoforma di mamma o come partner sessuale. Oltre che essere dotata di un’infinità di virtù, la donna ha anche a disposizione lo strumento più cloroformizzante per l’uomo: l’organo sessuale femminile, comunemente detta patata, della quale si avvale per inibire l’apparato sensoriale dell’uomo. È l’organo meno impiegato ma più remunerativo: a fini procreativi viene utilizzato per circa il 20%; per appagare gli appetiti dell’uomo per circa l’1%; per scopi tendenziosi il 79%. Tra le abilità intellettive femminili la scaltrezza è forse quella più efficace; Montaigne aveva visto lungo asserendo che: «Il bene è incerto e finito, la scaltrezza della donna è certa e infinita».

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Gli strumenti più utilizzati per affascinare l’uomo allo scopo di imbrigliarlo sono la bellezza e la sensualità, che la donna amministra con sagacia riuscendo a dare di sé una visione bidimensionale all’occhio dell’uomo «Inutile chiedere a un uomo di guardare lontano quando che non riesce a vedere da vicino». Sono questi i principi cardine con i quali l’essere in questione si certifica donna a tutti gli effetti. La quantità smisurata di neuroni non sempre giova alla donna, in molti casi la confusione è tale da disorientare anche lei stessa. L’apice del conflitto fra neuroni in alcuni casi si manifesta in modo al quanto atipico, particolarmente in quelle donne che in giovane età vantano certe virtù: essere superiori di fronte alla dolce vita; privarsi del piaceri sessuali; utilizzare bellezza e sensualità al solo scopo di infondere desiderio, senza concedersi se non quando hanno la certezza del matrimonio. Le più soggette arrivano a quarant’anni, mandano a puttane il matrimonio e si reimmettono sul mercato rispolverando minigonne utilizzate venti anni prima per ritrovare l’ebrezza di essere desiderata.

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Area di ricerca dei maschi sono mediamente le discoteche, dove a volte certune si ritrovano a competere con le proprie figlie ventenni per la ricerca di un partner; dal canto loro i maschi se fiutano la competizione parricida con pochi sforzi si possono concedere a madre e figlia. Per la donna quarantenne sottrarre il maschio alla figlia ventenne è una glorificazione di se stessa. D’altronde durante l’esistenza è necessario soddisfare una certa quantità di doveri e di piaceri anche sessuali; se non si pratica in gioventù, statene certi che si porrà rimedio dopo, con tanto di interessi. Queste sono le donne che danno maggiori soddisfazioni a letto: con quarant’anni di esperienza e la brama di essere desiderate al pari di una ventenne si rivelano le più performanti nell’appagare i desideri sessuali dell’uomo. In questo caso chiaramente non è l’uomo ad abusare della situazione, ma i neuroni della donna a indurlo a confondere una ragazza di venti anni con una signora di quaranta; ma con le donne, parafrasando Giuseppe Prezzolini, «non vi è nulla di stabile fuorché il provvisorio».

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La donna nella storia

Ma non fermiamoci ad Adamo ed Eva e ai miti che si sono creati nei secoli, andiamo indietro nel tempo e vedremo che la storia trabocca di eventi funesti generati dalle donne. Tra i finanziatori di Adolf Hitler ci furono delle nobildonne provenienti da ambienti benestanti e con fitti rapporti, come quelli intercorsi con la principessa Elsa Bruckmann, moglie del direttore Hugo Bruckmann, e con Helene Bechstein, moglie dell’industriale Edwin Bechstein, che ben presto produssero rilevanti fonti di finanziamento per il Partito nazista. Per esempio Gertrud von Seidlitz, vedova di nobile famiglia, che donò 30.000 marchi nel 1923. Ed Helene Bechstein, la quale aveva una tenuta sull’Obersalzberg e ne facilitò l’acquisizione da parte di Hitler, lo stesso terreno dove sorse in seguito il Berghof, la dimora personale del dittatore. Fu ancora Margit Thyssen-Bornemisza che istigò quaranta stupidi a massacrarne duecento nella notte tra il 24 e il 25 marzo 1945,

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