Sotto un cielo pieno di stelle

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SE RENA BRUCCU LE RI

SOTTO UN CIELO PIENO DI STELLE

auto da fé


S

andy vive a New York ed è assunta dal ricco broker Phil, affascinante e allergico a ogni tipo di legame sentimentale. Tra lui e Sandy è antipatia a prima vista, ma grazie a una serie di fortunate coincidenze i due si avvicinano l’uno all’altra. L’attrazione tra loro è inevitabile e dà vita a un sentimento forte e profondo che la famiglia Miller, attenta all’etichetta e al prestigio sociale, tenterà in tutti i modi di ostacolare. Riuscirà l’amore a trionfare e a regalare ai due protagonisti il magico finale, come nelle migliori delle fiabe?

SERENA BRUCCULERI, nata a Mantova, lavora come insegnante alla scuola Primaria. È sposata, ha due figli maschi e un gatto persiano dal pelo arancione, maschio pure lui. È lettrice compulsiva di romanzi rosa e, come ogni donna, fa i salti mortali per cercare di conciliare famiglia e lavoro. Ha pubblicato nel 2017 Alla ricerca di te. Oltre il sentiero del cuore, questo è il suo secondo romanzo.

ISBN ISBN 9781985773943 978-1985773943

Elaborazione grafica cover by Romance Cover Graphic

€ 13,90

9 781985 773943


Auto da fé … Licenziando queste cronache ho l’impressione di buttarle nel fuoco e di liberarmene per sempre (E. Montale)


© Serena Brucculeri, 2018 © FdBooks, 2018. Edizione 1.1 L’edizione digitale di questo libro è disponibile online in formato .mobi su Amazon e in formato .epub su Google Play e altri store online.

Elaborazione grafica cover a cura di Romance Cover Graphic Sito: https://romancecovergraphic.wordpress.com/

ISBN 978-1985773943

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S E RSerena ENA BRUCCU LE RI Brucculeri

SOTTO UNcielo CIELO Sotto un pienoDI di stelle PIENO STELLE Romanzo



La vita di per sé è la favola più fantastica. Hans Christian Andersen



Capitolo 1

M

anhattan, che luogo affascinante! Quest’isola si estende per ottantasette chilometri quadrati, ed è circondata da fiumi e da diversi piccoli atolli adiacenti che la rendono un luogo ancora più attraente. Comprende più di un milione e mezzo di anime, che ogni giorno si svegliano e dopo il caffè iniziano a svolgere le loro attività frenetiche e talmente impegnative che non si accorgono che è già sera. Anche se l’intera New York è abitata all’incirca da otto milioni di persone, quelle concentrate a Manhattan vivono nella parte più famosa e importante della città, e molte di queste persone, al mattino, prima di recarsi al lavoro puntano la sveglia, indossano tuta e scarpe da ginnastica e partono da casa per correre nei lunghi sentieri di Central Park. Questo è sicuramente il più grande parco nel distretto di Manhattan, situato proprio nella Uptown, in mezzo ai due quartieri residenziali, Upper West Side e Upper East Side, a poche centinaia di metri dal lussuoso appartamento di Phil. Per lui Central Park, come per la maggior parte degli abitanti di New York, è una vera e propria oasi: “il polmone verde di New York” come viene soprannominato. All’interno si trovano due laghi artificiali, due piste di pattinaggio su ghiaccio, parchi giochi per bambini. Ciclisti, corridori, pattinatori a rotelle, transitano tutti in mezzo a quel verde, soprattutto quando nel fine settimana è vietato il passaggio delle auto. Phil ama correre ogni mattina, mentre il cielo albeggia e tutto intorno si risveglia. Per lui è un modo per rigenerare il suo corpo, e non vorrebbe ne riuscirebbe a farne a meno, perché lo prepara ad affrontare al meglio una nuova giornata. Percorre chilometri, il sudore gli imperla la fronte, le spalle, il petto. Controlla l’ora sul telefono ma appena lo afferra squilla, richiamandolo all’ordine. Dà uno sguardo allo schermo: è sua madre.


Se n’era proprio scordato! Questa sera gli spetterà la solita cena mensile a casa dei genitori, dove gli toccherà sorbirsi i discorsi del padre sull’ultima acquisizione di clienti che ha decretato un ulteriore punteggio alla sua azienda già così tanto quotata in borsa. Per quanto riguarda sua madre, la donna si lancerà in un monologo il cui tema principale sarà il figlio e la sua sistemazione per la vita. Piuttosto che partecipare a quel momento conviviale Phil farebbe qualsiasi cosa; d’altronde non gli è concesso rinunciarvi o non presentarsi. La madre gli rinfaccia spesso che razza di figlio sia, per niente devoto e affettuoso, tutto dedito al lavoro e alle donne nel tempo libero. Questo potrebbe anche andare bene, se non fosse che nessuna di quelle ragazze le è mai stata presentata in qualità di futura nuora. La donna è convinta che il motivo è che il povero Phil non ha ancora incontrato la donna giusta, perciò si è impegnata a risolvere il problema in prima persona, cercando di accasarlo e annoverandosi il diritto di effettuare una selezione in prima persona, al posto del diretto interessato. Ultimamente si è incaponita con una certa Mary, che sta facendo praticantato come avvocato presso lo studio di suo padre. Fresca di laurea, sebbene fuori corso, è l’orgoglio dei suoi genitori e a quanto pare anche della madre di Phil, Rebecca, che non vede l’ora di vederli sull’altare. Phil non rallenta il passo per rispondere, semplicemente accetta la chiamata e parla con gli auricolari. «Pronto, mamma?» chiede con un sospiro volto a celare uno stato d’animo leggermente irritato. «Phil? Quando pensavi di richiamare?!». «Non sapevo che avrei dovuto richiamare… riguardo a cosa, poi?». «Non essere sempre scocciato quando ti parlo… ti aspettiamo stasera a cena, ricordi?». «Certo, come potrei dimenticarmene!». «Dove sei? Hai il fiatone… mai una volta che riesca a parlare con te al telefono per più di due minuti!». «Mamma, non c’è niente da dire in realtà… e sì, mi ricordo della cena, come potrebbe essere il contrario?!». Il tono della voce oscilla tra l’arrogante e il risentito. Fatto sta che quando sente sua madre succede sempre che gli sale il sangue al cervello e un certo sentore di bile gli raggiunge la lingua. «Phil, senti, riguardo a questa sera…». «No mamma, ascoltami. Non vedo come tu a quest’ora del mattino abbia voglia di intavolare una qualsiasi discussione».

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Phil attraversa il viale che costeggia il Jacqueline Kennedy Onassis Reservoir e scorge sopraggiungere dalla parte opposta una bella e giovane mamma che spinge il passeggino correndo. Lei lo saluta ammiccando più del dovuto e lui le risponde divertito con un cenno. Scuote la testa. Quel piacevole intermezzo lo ha distolto dagli sproloqui della madre, appena in tempo. Se la donna non avesse avuto quelle quattro ruote al seguito, sarebbe tornato certamente sui suoi passi per seguirla e finire la corsa insieme, magari con una bella doccia sul finale, nel suo appartamento. «Hai capito? Questa sera ti voglio al massimo della cordialità, ci sarà Mary con noi…». Phil alza gli occhi al cielo e rallenta l’andatura. Controlla l’ora, sono le sei e quarantacinque del mattino e deve rientrare per prepararsi a un’altra giornata in ufficio. Ora che ci pensa stamane aspetta la nuova signora delle pulizie, che si presenterà a casa sua nel giro di tre quarti d’ora al massimo. La vecchia signora Simpson ha dato forfait a quanto sembra, ma l’agenzia gli ha assicurato che la nuova domestica sarà all’altezza della situazione, anche perché da quanto ha capito deve essere parecchio più giovane della donna che l’ha preceduta. «Mamma ascolta, devo salutarti. E inoltre ti dico chiaramente che non mi interessa niente né di Mary né di chiunque tu pensi di propormi per infilarle un anello al dito. Ci vediamo!». Phil chiude la comunicazione e si immette sulla strada di ritorno verso casa. È proprio vero, sembra che New York non dorma mai. Di notte i rumori della strada sopraggiungono ovattati ma ininterrotti e ora, da quando è uscito di casa verso le sei, c’è già una colonna di macchine per strada e i taxi gialli sono schierati, pronti ad accompagnare a destinazione chiunque ne abbia bisogno. I clacson fanno il loro lavoro. Sembra mattino già inoltrato eppure Phil non è uscito da molto per effettuare la sua solita corsa: se si sbriga farà sicuramente in tempo a fermarsi per prendere un caffè da qualche parte prima di recarsi a casa, fare la doccia e accogliere la sua nuova donna di servizio. Alle otto e trenta ha già il primo cliente da incontrare. Lavora per la Cooper Brothers da diversi anni oramai, una società attiva in servizi finanziari, specializzata soprattutto in ricerche di mercato e trading e lui è la punta di diamante. Ha iniziato proprio lì la sua carriera, dopo aver conseguito una laurea con lode in Economia. Ignorando le richieste del padre di unirsi alla sua prestigiosa agenzia pubblicitaria, (tirandosi dietro le conseguenti

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recriminazioni da parte del genitore) si è dato anima e corpo nella sua attività professionale, fino a scalarne ogni gradino e giungere alla vetta. I soci comproprietari, i fratelli Cooper, hanno una profonda stima in lui e si aspettano grandi cose, tanto che hanno già avanzato la proposta di includerlo a tutti gli effetti nella società; a giorni dovrebbero definire termini e condizioni. Accelera il passo e si affretta a raggiungere il suo appartamento. Deve fare in tempo per farsi una doccia prima che arrivi la signora delle pulizie. Phil entra e appoggia le chiavi nel vassoio, sul tavolino d’entrata. Il loft dove vive è il massimo del lusso e dell’eleganza; cinquecento metri quadri a disposizione solo per lui: ampio soggiorno con pavimenti in parquet di legno scuro, circondato da vetrate che danno proprio sul Central Park; gli infissi sono tutti in legno bianco, così come le pareti; i due divani in pelle nera a sei posti sono posati a elle intorno a un tavolino di vetro ampio e rettangolare. Di fronte, due maxi poltrone moderne sempre in pelle nera e dietro di esse un generoso mobile pieno di ripiani e cassetti, in legno bianco come le finestre. Il tappeto adagiato di fronte ai divani, oltre a essere notevole per dimensioni, di un color latte immacolato, pare adatto per sprofondarci i piedi dopo un’intera giornata vissuta in tensione a trattare di investimenti e migliori strategie di guadagno con i clienti più diffidenti. L’impianto stereo di ultima generazione della Bose, gli permette di ascoltare la musica in wireless con il sound touch, così che può azionarlo da qualsiasi camera desidera farlo. Il televisore invece consiste in uno schermo da 46 pollici che integra 16 altoparlanti e offre un suono Dolby Surround. Il massimo per un uomo che all’età di appena trent’anni è riuscito ad affermarsi in poco tempo come il migliore nel suo campo e nella società in cui lavora. Inoltre il suo stato di single gli permette di godere appieno dei vantaggi della sua vita agiata. Il suo non dover rendere conto a nessuno, i ritardi, le uscite, le cene, le vacanze e soprattutto gli incontri occasionali. Questo aspetto della sua vita non lo cambierebbe per niente al mondo. Alla faccia di sua madre. Esce dal bagno ancora gocciolante, con il telo di spugna avvolto intorno ai fianchi ed entra nella cabina armadio per scegliere il completo da indossare; ha avuto perfino il tempo di radersi. Ottimizzare i tempi, questo è uno dei suoi obiettivi. Questo lo rende vincente.

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Capitolo 2

H

ell’s Kitchen è un quartiere situato nella zona occidentale di Midtown Manhattan; è un quartiere ricco di attrattive turistiche e locali notturni. I ristoranti, da una parte e dall’altra della Ninth Avenue propongono specialità tipiche di ogni parte del mondo. Proprio in uno di questi ristoranti, “Bella Italia”, Sandy ha prestato servizio fino alla settimana prima. Purtroppo, a causa di un ridimensionamento del personale hanno dovuto fare a meno di lei. In realtà conosce la vera motivazione del suo licenziamento, cioè l’aver respinto le avances del figlio del proprietario. Sandy è rimasta senza lavoro e si è data da fare il più possibile per trovare alla svelta un altro impiego. L’agenzia di collocamento le ha consigliato di iscriversi presso un’impresa di pulizie di alto livello: la gamma di clienti da cui attinge è gente di tutto rispetto, danarosa e senza alcun pensiero su come arrivare a fine mese. Situazione opposta alla sua, in poche parole. Sandy si maledice per la sua irresponsabilità: ieri sera è andata a letto tardi e si è dimenticata di puntare la sveglia. Ora realizza che se non si sbriga ad alzarsi dal letto non arriverà mai in tempo all’appuntamento: sono le sette e dieci e deve essere dal cliente alle sette e trenta puntuali. Si prende la testa tra le mani. Fortunatamente il bisogno impellente di andare al bagno l’ha costretta a svegliarsi, altrimenti avrebbe dormito tranquillamente sino a mezzogiorno. Non ha tempo di fare la doccia. Scosta le coperte e scende dal letto ma impreca subito dopo per aver sbattuto il piede contro lo spigolo del comodino e si reca in bagno saltellando per gettarsi un po’ di acqua fredda sul volto. Risveglio d’urto. Si passa le mani tra i capelli: sono un disastro. Questa mattina sembrano impossibili da gestire, allora pensa che la soluzione migliore sia legarli in uno chignon


dietro alla nuca, un’acconciatura comunque molto professionale. Sandy riflette che non ha tempo per prendere la metropolitana, deve assolutamente chiamare un taxi. Ha venti minuti soltanto per raggiungere l’East Side e affrontare il colloquio. Che stupida, se ieri sera non fosse uscita per festeggiare il compleanno dell’amica Janet a quest’ora avrebbe riposato a sufficienza e sarebbe in viaggio per la sua destinazione, sicura di fare bella figura e superare il colloquio, ottenendo l’assunzione. Dieci minuti dopo è sul taxi. Indossa un paio di occhiali scuri, nonostante il sole non sia ancora alto nel cielo. Sandy ha ripiegato all’ultimo momento per un jeans e una maglia larga con la stampa di un viso di donna e sopra di essa indossa il suo inseparabile giacchino in pelle. Ripassa mentalmente il discorso che si è preparata per giustificare il suo imperdonabile ritardo mentre si stritola le mani per il nervosismo e la tensione. Da quello che ha capito comincerà oggi stesso e il suo operato verrà preso in esame in modo meticoloso da parte dell’agenzia che la assumerà, in base alle recensioni del cliente sul lavoro da lei svolto. Il taxi si ferma alle sette e trentacinque davanti a un grattacielo poco distante da Central Park. Sandy tira un sospiro di sollievo, paga la corsa e scende dall’auto che riparte nel giro di pochi secondi. Deve dare il massimo, deve fare buona impressione e giocare bene le sue carte. La ragazza alza il mento, raddrizza le spalle ed entra nell’immenso palazzo dove viene accolta dal portiere. Sandy gli si presenta come la nuova governante del signor Miller. L’uomo la studia percorrendola con lo sguardo da capo a piedi, l’occhio severo e professionale di chi non può permettersi di lasciare libero accesso a chiunque all’interno di quel lussuoso palazzo. Terminato l’accurato esame, il portiere in livrea la invita a seguirlo e le chiama l’ascensore che le permetterà di raggiungere l’appartamento. Lei controlla l’ora e nota che sono le sette e quaranta, così fa un profondo respiro e deglutisce a vuoto cercando di ripristinare un po’ di salivazione che ora è azzerata. La salita sembra interminabile; Sandy si ritrova a strizzare gli occhi e a incrociare le dita, sperando che vada tutto bene e pregando di non ritrovarsi davanti il solito signore anziano, fissato con la puntualità. Si rilassa un attimo e controlla la sua immagine allo specchio, si liscia la giacca e si passa una mano tra i capelli castani per sistemare l’acconciatura. Quando si è preparata quella mattina non ha fatto in tempo nemmeno a mettere un filo di trucco. Poco importa, d’altronde deve essere assunta come colf e non come ragazza immagine.

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La corsa si arresta e le porte si aprono, permettendole di uscire e raggiungere l’atrio dove troverà la porta del signor Phil Miller. Sandy trattiene il respiro, poi lo rilascia e suona il campanello. Nella camera da letto l’immagine riflessa dallo specchio rimanda quella di un uomo sicuro di sé. Phil sistema il nodo alla cravatta. Il completo scuro che indossa questa mattina è perfetto per affrontare il cliente che lo attende da lì a un’ora scarsa. Guarda il Rolex al polso e sospira passandosi le mani tra i capelli: il ritardo della nuova governante non ci voleva proprio, è un inconveniente che rischia di ripercuotersi sulla sua giornata lavorativa. Ha poco tempo per raggiungere la Cooper Brothers e visto il traffico di Manhattan a quell’ora sarà un’ardua impresa. Si chiede spazientito dove sia mai finita la signora inviata dall’agenzia. Pensa di afferrare il cellulare e contattare la Cleaned Now a cui si è rivolto, quando sente suonare il campanello. Si affretta a raggiungere la porta ma appena la apre rimane un attimo interdetto: quella che ha di fronte non è di certo la classica signora delle pulizie di mezza età. Apre la bocca senza emettere alcun suono, come preso alla sprovvista, poi si ricompone e alza il sopracciglio verso l’alto, accompagnando il gesto con uno sguardo freddo e distaccato che non fa presagire nulla di buono. Sandy trattiene il respiro. Il discorso che si è mentalmente preparata per giustificare il suo ritardo svanisce all’istante dalla sua mente. Non se lo aspettava così il signor Miller: pensava di ritrovarsi davanti un signore attempato, avanti con gli anni e non un ragazzo che all’apparenza sembra avere su per giù la sua età, oltre che a essere appena uscito direttamente da una copertina di «GQ». Alto, spalle larghe che riempiono perfettamente la giacca del completo che indossa. I capelli sono scuri e mossi, gli occhi di un blu intenso e la bocca carnosa al punto giusto, ma tirata in una linea di disappunto nella sua direzione. Sandy si ritrova ad allungare una mano tremante verso Phil e balbetta qualcosa che ha il sapore di una richiesta di scuse ma che si disperde come un soffio nell’aria. Lui ricambia la stretta in modo deciso e gliela rilascia, infilandosi poi le mani nelle tasche. «Lei è la signora dell’agenzia? Lo sa che è in ritardo vero?! In forte ritardo, per essere precisi». L’occhiata di Phil è tagliente ma è in netto contrasto con la sua voce che perde un colpo verso le ultime battute della frase, incrinandosi leggermente e lasciando trasparire un fugace senso di smarrimento. Phil non si aspettava che la nuova governante fosse così e

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deve ammettere suo malgrado che d’aspetto è molto carina, anzi è bella nel vero senso del termine. Il ragazzo riacquista un po’ del risentimento che ha provato fino a poco prima di aprire la porta, si schiarisce la gola e la squadra dall’alto al basso con gli occhi blu chiusi a fessura nel tentativo di identificarla, o addirittura di farsi un’idea di lei nel minor tempo possibile. Sandy, data l’agitazione, non coglie la fugace titubanza del suo potenziale datore di lavoro e si limita a presentarsi. «Salve, sì sono io. Mi chiamo Sandy Brown, sono la sua nuova colf. Mi scuso per il ritardo, purtroppo ho avuto un piccolo contrattempo ma le prometto che non si ripeterà più, può starne certo». Sandy accompagna la presentazione con un sorriso forzato che lui apertamente non ricambia. «Lo spero vivamente per lei. Dovrei già essere su un taxi a quest’ora. Venga dentro, le faccio vedere l’appartamento». Sandy lo segue come un cane bastonato; Phil le volta le spalle dando per scontato di averla dietro di lui e comincia a mostrarle sommariamente le stanze della casa. Lei le osserva a occhi sgranati ma per farlo deve guardare oltre quelle ampie spalle e le risulta un’impresa ardua. «Questa è la sala; l’aspirapolvere va passata una volta al giorno in tutte le stanze ma qui in particolare, poiché come può vedere, c’è un enorme tappeto. I mobili devono essere spolverati e i vetri puliti. Troverà i prodotti necessari nello sgabuzzino. Mi segua ora, le mostrerò la cucina». Sandy ubbidiente segue il ragazzo e si ritrova talvolta a inciampare nei suoi stessi piedi, così ringrazia la sua buona stella che lui le stia dando le spalle. La ragazza strabuzza gli occhi: non ha mai visto una cucina come quella, se non nelle più prestigiose riviste di arredamento. È grossa quanto il suo intero appartamento; al centro troneggia un’enorme penisola contornata da alcuni sgabelli in acciaio, il piano cottura a sei fuochi si trova sulla sinistra e un enorme frigo americano, sempre color acciaio, ricopre quasi metà della parete di fronte. Sospesi ci sono ogni tipo di utensili utili in cucina; un enorme mobile con le ante di vetro satinato conserva in sé ogni tipo di pentole e tegami. Alcuni piatti e bicchieri sono riposti sulla parte destra. «Se mi segue le mostrerò la camera da letto. Sono in ritardo e non ho molto tempo» prosegue il padrone di casa. Sandy è più che mortificata. L’austerità dell’appartamento e la rigidità del signor Miller la

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fanno sentire fuori luogo e inadatta. Deve darsi un contegno e alla svelta se vuole ottenere quel posto. Segue l’uomo lungo un corridoio che pare interminabile. Giungono nella stanza, Phil spalanca la porta e Sandy rimane per l’ennesima volta a bocca aperta: il letto al centro della parete è immenso, con la testiera in pelle nera e le coperte color crema. Davanti a esso un tappeto dello stesso colore. Tutto è asettico e impersonale. Più in là, al fianco dell’ampia finestra, scorge la cabina armadio. Il comodino è un semplice ripiano con un’enorme lampada posata sopra. Non vi sono lampadari in nessuna delle stanze che ha potuto visitare, solo faretti appesi al soffitto che creano una luce soffusa. «Ha qualche domanda? Mi aspetto di trovare tutto in ordine al mio rientro. Contatterò l’agenzia e dirò loro se potrà tornare domani o se sarà il caso di cercare qualcun altro dal loro elenco di impiegati». «Non avrà di che lamentarsi signor Miller, rimarrà più che soddisfatto, questo è il mio lavoro». La risolutezza di Sandy cattura lo sguardo del ragazzo e lo trattiene in ostaggio per qualche istante; Phil irrigidisce la mascella: lei non è stupida e comprende di non aver sortito un effetto positivo su di lui. Alza comunque il mento nella sua direzione e lo sfida a controbattere. «Perfetto… lo spero per lei. Arrivederci allora e buon lavoro». Detto questo l’uomo lascia la stanza e lei può tirare un sospiro di sollievo. Sandy attende di sentire il rumore della porta d’ingresso che si chiude, si toglie la giacca e l’appende sull’appendiabiti, poi si rimbocca le maniche e va alla ricerca dello sgabuzzino per conquistarsi la fiducia del ragazzo: Phil Miller sarà più che soddisfatto del suo operato. Il taxi sfreccia lungo le vie trafficate di Manhattan per portarlo a destinazione nel minor tempo possibile. Phil controlla l’ora mentre si appresta a rispondere all’ennesima telefonata da quando è salito su quel mezzo. Tutti i maggiori investitori del paese lo cercano e lo contattano per avere un consulto su alcuni investimenti o su quali siano le migliori strategie finanziarie. Questo è il suo lavoro e lui lo sa fare bene, anzi meglio di tutti. Il giovane Miller si passa una mano tra i capelli e guarda fuori dal finestrino, imprecando per l’ennesima sosta all’ennesimo semaforo. «Pronto, signor Smith? Sono Phil Miller, la informo che nel giro di quindici minuti al massimo sarò seduto davanti a lei per discutere della sua attuale situazione finanziaria».

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«Ah, signor Miller che piacere! In effetti mi stavo giusto chiedendo dove fosse finito». L’uomo al di là del ricevitore palesa la sicurezza propria di chi di soldi da investire ne possiede parecchi e dalla voce rauca Phil lo immagina trattenere tra le labbra un enorme sigaro. «Sono in viaggio, non si preoccupi. Sicuramente anche lei sa cosa significa muoversi tra le strade di New York a quest’ora, ma sto arrivando: ho attuato un piano di intervento per gestire al meglio i suoi fondi di investimento, non vedo l’ora di mostrarglielo». «Di questo ne sono certo. Infatti ho chiesto proprio di lei alla Cooper Brothers, perché pretendo il meglio!». Phil riattacca con un ghigno soddisfatto stampato sul viso: la sua autostima non potrebbe venire intaccata per nessun motivo, tranne da quel senso di oppressione e fastidio che lo coglie d’improvviso ogni qualvolta si presenta a casa dei suoi per la fatidica cena mensile. Sostenere le recriminazioni del padre per il suo rifiuto a una proposta di collaborazione lavorativa con lui e il tentativo della madre di sistemarlo lo trasformano in un uomo insicuro, sottoposto a un continuo esame e di certo pronto alla fuga. Non ci vuole pensare ora, così relega l’idea in un angolo remoto della sua mente e si appresta a scendere dal taxi, che nel frattempo ha accostato al marciapiede, davanti al complesso dove si trova l’ufficio del Signor Smith. Si sistema la cravatta e si abbottona la giacca per poi dirigersi verso l’ampia porta d’ingresso che troneggia di fronte a lui. Quando Phil rientra nel suo appartamento è sera, sono le venti passate da qualche minuto. Ha tempo per una doccia veloce prima di raggiungere la casa dei suoi genitori. Si guarda intorno e alza un sopracciglio, rimanendo a fissare davanti a sé una sala tirata a lucido impeccabilmente. Passa un dito sul mobile per controllare se c’è un po’ di polvere inavvertitamente lasciata lì a riposare, ma non ne trova alcuna traccia. Si sposta verso la camera da letto: la ragazza deve aver sostituito le lenzuola, il profumo di vaniglia aleggia nell’aria e sulla sua testa. Il tappeto sembra essere stato aspirato a dovere. Controlla in bagno e nota che il box doccia in vetro trasparente è stato completamente tirato a lucido, è così limpido che è possibile dubitare della sua presenza. Alcuni asciugamani puliti sono ripiegati con cura di fianco al doppio lavello. Phil deve ammettere che il lavoro è stato svolto in maniera impeccabile. Ripensa alla concitazione di quella mattina e alla tensione nata dall’idea di essere in ritardo con il cliente, ma se il giorno dopo

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il problema non si ripresenterà, pensa proprio di confermare l’assunzione di Sandy. L’immagine dell’espressione imbarazzata della signorina Brown lo fa sorridere per un attimo. Di certo lui, arrabbiato com’era, non ha contribuito a metterla a proprio agio. Ricorda vagamente le ciglia folte e lunghe disposte come una cornice intorno agli occhi verdi della ragazza. La bocca dischiusa gli è parsa morbida e piena e la pelle chiara si è colorata di un rosa acceso ogni volta che lui ne ha incrociato lo sguardo. Phil conosce l’effetto che ha sulle donne, non può esimersi dall’ammettere di avere un bell’aspetto e di fare colpo su di loro, non sarebbe onesto con se stesso. Non riesce a comprendere l’ansia della madre nel vederlo incatenato a una sola di loro, visto che può avere tutte le ragazze che vuole senza troppe complicazioni sentimentali. Scuote la testa, è una cosa da non credere. Durante la settimana è impegnato con il lavoro fino a tardi, ma nel week end ha modo di svagarsi con Mark, suo amico di vecchia data, in giro per i locali più in di New York, frequentati da donne bellissime e sempre pronte a concludere la serata con lui. Phil si spoglia ed entra nella doccia. L’acqua calda lo rilassa sempre. Regola il getto in modalità idromassaggio e si volta di schiena per farsi colpire in modo deciso dove sente più tensione. Purtroppo non ha molto tempo, rimarrebbe sotto a quel flusso potente per un’altra mezz’ora ma deve raggiungere la dimora dei Miller nel giro di pochi minuti. D’altronde prima arriverà, prima tornerà a casa.

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Capitolo 3

D

ire che questa sera Sandy è distrutta è un eufemismo. Ha passato l’aspirapolvere, lucidato mobili e pavimenti, lustrato vetri e rifatto il letto. Ha ripiegato ogni cosa possibile e immaginabile. Esausta si butta di peso sulla poltrona della cucina di sua madre, coprendosi le orecchie per non sentire oltre il pianto di Sean. È stanca e non riesce a sopportarlo ancora per molto. Sembra che quando scatta l’ora di cena, un allarme nascosto in lui da qualche parte gli avverta direttamente lo stomaco, per cui comincia a strillare come un’aquila finché qualcuno non si decide a riempirgli la bocca con delle abbondanti cucchiaiate di cibo. Il figlio di sua sorella è un bambino tenero e caro, ma c’è un limite a tutto. «Cara, mi sembri nervosa. Come è andata oggi come primo giorno?» le chiede la madre solerte intanto che preleva Sean dal seggiolone; con un braccio lo regge cullandolo e con la mano libera rimesta la pappa del nipote che sta ultimando la cottura sul fuoco. «Mamma in realtà non lo so» sospira allargando le braccia e buttando all’indietro la testa sullo schienale della soffice seduta. «Spiegati meglio cara… cosa potrebbe essere andato storto?». Sandy adora sua madre e il suo atteggiamento sempre pacato e rivolto a una imminente risoluzione del problema in qualsiasi circostanza. Pensa che riuscirebbe a mantenere la calma anche se scoppiasse un incendio lì, davanti a loro. «Mamma, questa mattina ero in ritardo, ho fatto una brutta figura a presentarmi oltre l’orario stabilito, proprio oggi, il primo giorno!». «Oh Sandy, può capitare a tutti una giornata no… sicuramente quel caro signore a cui hai sistemato l’appartamento avrà capito la situazione… l’ora di punta, i mezzi pubblici perennemente fuori orario… a

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proposito, è molto anziano? In quel caso devi armarti di una certa dose di pazienza tesoro». La madre di Sandy, Carla, spegne il fuoco dopo aver tastato la pappa di Sean. È pronta e può essere servita al bimbo famelico. «Tutt’altro mamma. Anzi è un tipo giovane, avrà sì e no la mia età… oltretutto è molto attraente » si affretta a spiegarle Sandy. «Chi è attraente?» chiede Tiffany, la sorella che fa capolino dalla porta dopo essere rientrata dal suo turno di lavoro al supermercato dietro l’angolo. «Cara, tua sorella mi stava spiegando che il signor Miller, l’uomo per cui lavora, non è affatto un ottantenne solo e in difficoltà…». Sandy alza gli occhi al cielo, poi comincia a tremare. Sua sorella è una mina vagante: se le dai un dito si prende l’intero braccio ed è quello che succederà ora: per un piccolo dettaglio piccante che la madre le ha fornito, si starà facendo sicuramente dei castelli in aria, immaginando la sorella avvinghiata nel letto con uno scapolo bello e miliardario, all’interno del lussuoso appartamento di lui. «Calma Tiffany, rallenta la corsa…» si raccomanda Sandy dopo aver notato un guizzo luminoso negli occhi della sorella. «E perché mai dovrei rallentare, sentiamo?! Solo a nominare il fatto che non si tratta di un vecchio ma di un giovane rampollo per di più attraente, sei diventata del colore delle bistecche che mamma preparerà da qui a pochi minuti a papà». Sandy si copre il viso con la mano. «Uffa, non è per l’idea del giovane rampollo… è per quello che pensi tu che mi sento imbarazzata accidenti!» spiega allargando le braccia in un gesto esasperato. «Sandy, per l’amor del cielo, lasciati un po’ andare. Alla tua età io uscivo già con Robert, ti ricordi? E me la spassavo pure alla grande!». Carla si volta e le lancia uno sguardo di rimprovero. «Già, povero Robert! Dubito che ti sposerebbe ancora con il senno di poi!». «Guarda che Robert è felicissimo, anzi, se esistesse una gara vincerebbe il premio come marito più felice dell’anno!». «Sì, come no!». Sandy invece pensa spesso che dovrebbero intraprendere un processo di beatificazione direttamente dalla Santa Sede per quell’uomo, ma lascia perdere e non commenta oltre. «Tiffany, ti fermi a cena anche tu?» le chiede Carla mentre continua a imboccare Sean che come previsto, al primo cucchiaio di pappa infilato in bocca, smette di piangere e urlare.

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«Grazie mamma ma preferisco andare a casa… sono stanca e voglio mettere Sean a letto presto… è da un po’ che io e Robert non passiamo del tempo da soli». La ragazza spiattella queste parole direttamente in faccia alla sorella, come a rimarcarle il suo stato di solitudine, che invece a Sandy non pesa affatto. Quest’ultima, ancora abbandonata sulla poltrona, alza gli occhi al cielo. «Hai ragione cara… occorre mantenere vivo il rapporto!» la sostiene la madre con fare convinto. A Sandy ora viene il vomito. Tutte quelle smancerie e sdolcinatezze non fanno per lei. «Oh tesoro, vieni qui… vieni dalla mamma! Mi sei mancato». Tiffany estrae Sean dal seggiolone, dove Carla lo aveva appena fatto sedere e lo prende in braccio; preme la bocca sulle guance paffute e comincia a liberare delle pernacchie sulla sua pelle che lo fanno ridere e contorcersi come un piccolo vermiciattolo. Carla si commuove come al solito; Sandy ride e si alza dalla poltrona per avvicinarsi al frigorifero in cerca di qualcosa da bere. In quel mentre entra Robert insieme al suocero, Ralph. «Cosa succede qui?» chiede Robert cingendo la moglie da dietro e baciandole il collo. Sandy alza nuovamente gli occhi al cielo e sospira. «Niente di che, c’è stato solo un breve episodio di regressione alla fase orale da parte di Tiffany, ma ora è tutto sotto controllo» ribatte Sandy. Robert ride alla battuta della sorella della moglie, lui e Sandy vanno d’accordo. Sono stati perfino complici nella fase di corteggiamento del ragazzo nei confronti di Tiffany. Sandy volentieri gli ha prestato soccorso e ne hanno tratto beneficio entrambi: la ragazza si è liberata nel giro di poco della sorella (visto che solo pochi mesi dopo che si erano messi insieme, quei due condividevano l’appartamento) e lui ha trovato il grande amore della sua vita. «Com’è andata la prima giornata di lavoro?» le chiede il padre dopo aver salutato Carla con un bacio sulla guancia. Sandy li guarda e si chiede se pure lei un giorno avrà tutto questo: un amore che dura da sempre, nonostante tutto. «Beh, penso bene… in effetti mi sono fatta in quattro e ora sono distrutta. L’appartamento è enorme, venti volte questa cucina e oltre». «Accidenti! Dove hai detto che si trova?». «Nella East Side di Manhattan, papà… roba grossa». Ralph lancia un fischio poi saluta tutti e raggiunge il bagno per una doccia.

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«Mi raccomando sorellina, cerca di arrivare puntuale domani, altrimenti quello ti sbatte a calci in culo in mezzo alla strada rischiando di mandarti sotto un taxi! Lo sai, quei miliardari sono maniaci del controllo e della puntualità». «Ah sì? Sentiamo, chi te l’avrebbe detto?». «Io leggo cara… ne ho letti a bizzeffe di romanzi con protagonisti maschili in carriera frustrati e miliardari». «Ma dai, ma non mi dire! Non sembra certo una situazione allettante!». «Cosa? Che siano miliardari?». Sandy alza nuovamente gli occhi verso l’alto. «Ma no, intendo la loro frustrazione». «Di questo non ti devi preoccupare… hanno donne a valanga che si prodigano per curare il loro stress». Sandy arrossisce al pensiero di Phil Miller che si rotola nudo con le sue possenti spalle tra le lenzuola, insieme a una salvatrice dell’umanità non ben identificata. Dopo cena Sandy saluta i suoi e si dirige al proprio appartamento. Quando è pronta per andare a letto, dopo essersi fatta una doccia e avere infilato il suo maxi pigiama, si premura di puntare la sveglia per la mattina dopo. Questa volta non deve assolutamente sbagliare. La sua mente corre all’appartamento nell’East Side di Manhattan. Non ha mai messo piede in un luogo così lussuoso e non riesce a spiegarsi cosa se ne faccia il signor Miller di tutti quei metri quadri, visto che vive da solo. Deve ammettere che è stata dura riordinare tutto quello spazio ma è pronta ad affrontare la medesima situazione il giorno dopo e l’altro ancora. Terminato il liceo e una volta diplomata, si era iscritta alla facoltà di Letteratura ma il periodo di ristrettezze economiche della famiglia l’aveva obbligata a cercarsi un lavoro per mantenersi gli studi. Con il passare del tempo la sua vita era diventata troppo pesante; i turni alla pizzeria erano estenuanti e non era più riuscita a conciliarli con l’impegno necessario da dedicare ai libri. Era subentrata una sorta di demotivazione, per cui nel giro di poco tempo si era ritrovata fuori corso, così a lungo andare aveva deciso di abbandonare. Inoltre, nel periodo successivo, il padre era rimasto senza lavoro, perciò anche lei aveva dovuto rimboccarsi le maniche per aiutare la madre a incrementare le entrate finanziarie della famiglia; a quei tempi Carla lavorava nella fabbrica in cui il padre è impiegato

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tutt’ora; in quel periodo pure Tiffany contribuiva come poteva lavorando alla cassa del Multisala. Con tre esigui stipendi sopravvivevano dignitosamente. Con il senno di poi Sandy non si pente delle scelte prese. Non ha più pensato di riprendere gli studi, preferisce lavorare e stancarsi fisicamente piuttosto che mentalmente. Quando il periodo buio è passato, il padre è riuscito a farsi assumere nella ditta in cui lavorava la moglie e nel giro di poco è diventato persino capo reparto. Nel momento in cui le cose si sono messe per il meglio, Sandy ha potuto accumulare un po’ di risparmi e andare a vivere per conto suo, prendendosi un piccolo appartamento in affitto non troppo distante dai suoi. La madre qualche anno fa è riuscita a ottenere l’orario del mattino, tra le sette e le due, per cui ha la giornata libera per badare al nipote quando la sorella inizia il turno al supermercato. Per quanto riguarda Sandy, tutto filava liscio finché lavorava al ristorante italiano. Un giorno però il figlio del proprietario l’aveva chiamata nel suo ufficio, uno stanzino al piano rialzato del locale, e le aveva gentilmente chiesto di levare le tende poiché c’era un problema di esubero del personale. Lei aveva capito subito che si trattava solo di un gesto vendicativo nei suoi confronti, perché pochi giorni prima non aveva ceduto ai tentativi di seduzione di quel maiale. In poche parole quel porco di Tony voleva portarsela a letto e lei gli aveva risposto per le rime. Purtroppo nel giro di una settimana si era ritrovata in braghe di tela, ma lo rifarebbe cento volte, la sua coscienza è a posto e può dormire sonni tranquilli. Ai suoi aveva accennato qualcosa dopo l’accaduto. Ricorda ancora il momento in cui lei, sua madre e Tiffany avevano dovuto trattenere il padre con la forza per impedirgli di andare a rifare i connotati a Tony. Il ragazzo non le aveva mosso nessun tipo di violenza, di conseguenza non avevano sporto denuncia. Sandy aveva semplicemente deciso di cancellare dalla sua vita sia lui che il suo locale. Tutto era successo perché le aveva chiesto, neanche poco velatamente, se volesse attardarsi nel retro per degli straordinari con lui. Per tutta risposta lei gli aveva pestato un piede con il tacco, si era tolta il grembiule ed era tornata a casa. Sandy si porta le mani alla bocca e copre una risata che le esce spontanea. Impossibile rimanere indifferenti all’immagine di quel viso paonazzo e urlante di dolore. Lo ricorda come se fosse ieri. Povero meschino Tony. Che vada al diavolo.

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