Tesi di Diploma Accademico Giorgia Pipitone nature shoes

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MINISTERO DELL’UNIVERSITA E DELLA RICERCA A.F.A.M. ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI PALERMO DIPLOMA ACCADEMICO PRIMO LIVELLO IN PROGETTISTA DI MODA

nature shoes

APPLICAZIONI DELL’ARTE NELLA MODA TESI DI DIPLOMA ACCADEMICO STUDENTESSA GIORGIA PIPITONE RELATORE PROF. SERGIO PAUSIG A.A. 2014/2015



“ Preziose ed imprescindibili compagne di viaggio. Riflettono la nostra storia, i luoghi che abbiamo visitato e ci accompagneranno verso quelli che sognamo di esplorare�

G.P



INDICE INTRODUZIONE P. 7 CAPITOLO PRIMO 1.1 Il progetto: P. 11 1.2 Frattale P. 15 1.3 Elaborazioni: Disegni e matrici P. 28 1.4 Collezione di scarpe S/S 2016 P. 63 1.5 Prototipi P. 84 CAPITOLO SECONDO 2.1 la scarpa: breve storia della calzatura 2.2 La scarpa: progettazione di un modello di calzatura

P. 95 P.103

CAPITOLO TERZO 3.1 Ricerca nella natura: la biodiversitĂ 3.2 Le cactacee

P.128 P.133

CAPITOLO QUARTO 4.1 Piante e fiori nella moda 4.2 La merceologia dei principali materiali: la concia e i tessuti

P.138 P.161



introduzione Fin dalla preistoria l‘uomo ha sempre avuto l’esigenza di fasciare i piedi soprattutto quando l’uomo era ancora nomade. La scarpa nel corso della storia ha avuto un ruolo fondamentale all’inizio come semplice oggetto funzionale , ma piano piano diventava un accessorio sempre più raffinato e considerato nella società uno “status symbol”. Solo nell’ultimo secolo si possono trovare delle innovazioni per quanto riguarda la scarpa considerato un elemento sempre ed esclusivamente funzionale. Dopo la guerra mondiale nascono diversi stilisti e la moda in generale viene espletata come esigenza del buon gusto, al contempo la visione del calzolaio non si ferma solamente a quella dell’artigiano, egli infatti acquisisce la funzione che oggi chiameremo designer . Ad oggi la lavorazione e la visione della scarpa ha acquisito un valore diverso, non esiste donna che non ami questo accessorio e non ne abbia di diversi nel suo guardaroba. Ed è cosi che nasce il mio progetto principalmente per la passione per la scarpa e ancor di più per tutto ciò che riguarda la sua evoluzione. La mia ricerca nasce in seguito al tirocinio conseguito in un calzaturificio Palermitano, dove mi sono formata ampliamente sulle tecniche base ed essenziali per la progettazione e costruzione di una scarpa, mi hanno permesso di sviluppare un progetto completo dalle fasi ideative a quelle di realizzazione . Il progetto prende forma a partire dall’osservazione di elementi naturali come i frattali da cui ho tratto ispirazione, per la mia collezione. La seconda parte del mio lavoro raccoglie prove di disegno, elaborazioni grafiche, stesure in disegno di tutto il progetto. Successivamente la mia ricerca si focalizza nella lavorazione dei prototipi realizzati in pasta polimerica utilizzando diverse tecniche di manipolazione per realizzare il disegno da cui essa stessa prende forma ovvero la tecnica “ a canne”. Questo lavoro si pone come punto di partenza per lo studio ed elaborazione completa di una calzatura soggetta a continua evoluzione dovuta al costante susseguirsi delle tendenze moda. 9


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Capitolo primo Progetto

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Progetto Le scarpe sono l’accessorio più amato dalle donne l’oggetto del desiderio che ci fa sospirare davanti alle vetrine dei negozi. Vi sono un’infinità i modelli che hanno segnato epoche diverse e caratterizzato l’evolversi della società. Hanno contribuito alla storia della moda, del costume e dello spettacolo. Questo progetto si contraddistingue per una ricerca stilistica dei modelli nelle forme e nelle fogge più richieste del momento; racchiude in se una crescita personale e l’elaborazione tecnica della costruzione della scarpa. L’aver seguito un accurato lavoro di tirocinio presso un calzaturificio, che produce scarpe da donna eleganti, mi ha permesso di formarmi ampiamente sul campo della calzatura, partendo dalle basi, dalla progettazione stilistica, alla modelleria nella forma in tutti i vari passaggi che spiegherò nel prosieguo. La mia ricerca nasce da un’attenta osservazione della natura, in particolare di alcune piante come le cactacee, anche chiamate “succulenti”. Queste piante che troviamo facilmente nel territorio della nostra Sicilia presentano forme davvero interessanti che da sempre mi hanno affascinata. Proseguendo in ricerche più accurate su queste meravigliose piante, ho avuto modo di cogliere elementi che ho esposto in alcuni bozzetti, estrapolando e stilizzandone le forme. Ho partecipato alla “Fiera internazionale Lineapelle” di Milano, dove ho potuto compiere la mia ricerca sulla tendenza moda e raccolto tutti gli elementi necessari per la mia collezione. Con l’ausilio di alcuni programmi come Adobe Photoshop, ho modificato i disegni preliminari, traendo delle stampe da cui estrapolare “stampe per tessuto” o per “pelli” per creare la mia collezione di calzature. Con ricerca stilistica personale sul materiale raccolto in precedenza ho poi, in seguito, effettuato una ricerca sulle tendenze moda del momento, tra modelli di forme, colori, tessuti, pelli e varie tipologie di stampa laser. 13


La prima parte è formata dalle immagini e foto di elaborazioni e ricerche. A seguire le rielaborazioni grafiche e texture da utilizzare sulla tomaia, poi la realizzazione delle tavole dei vari disegni definitivi della collezione. Infine la scelta e la realizzazione di un prototipo di scarpa.L’idea del mio progetto è iniziata durante la ricerca ed elaborazione di alcuni gadget che avrei dovuto preparare in collaborazione con l’accademia di belle arti di Palermo, per il CNR di Trapani. Insieme al professore Sergio Pausig ho estrapolato alcune idee, in riferimento alla biodiversità. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali. Partendo da questa idea ho iniziato a ricercare gli elementi in natura caratterizzati da forme tali da poter essere sfruttati al fine di realizzare bottoni, spille e ciondoli. Tutto ciò che ci circonda è natura, da sempre l’uomo ha sfruttato la natura e preso da essa tutto ciò che serviva, sia per vivere, sia per rendere il suo habitat migliore. La natura nella sua semplicità ci avvolge in un infinito mistero che nessuno può cogliere fino infondo, ci porta verso una continua ed instancabile ricerca di essa. L’aver raccolto foglie, rametti, conchiglie ed elementi di vario genere mi ha portato a provare ad estrapolarne le forme con vari procedimenti, imprimendo inizialmente l’oggetto nella paraffina. Nei vari tentativi di copiatura con della paraffina, mi sono resa conto di non riuscire a estrapolare perfettamente tutti i vari particolari che compongono l’oggetto; quindi ho deciso di riprovare un altro procedimento di copiatura, consistente nel creare un calco in gesso; materiale molto povero, ma che si presta abbastanza bene per questo tipo di lavoro. Dopo aver copiato alcuni di questi oggetti, notavo che la loro forma mi incuriosiva, tanto da portarmi a realizzare dei disegni, riproponendo varie forme di alcune piante che avevo scelto di riprodurre. Una volta realizzati i disegni con l’ausilio di programmi grafici, ho tentato di conferire agli stessi maggiore armonia e precisione, con particolare riferimentoai contorni, in modi da poter procedere con il calco in gesso. 14


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Frattale Un frattale “è un oggetto geometrico che si ripete nella struttura allo stesso modo su scale diverse, ovvero non cambia aspetto anche se visto con una lente di ingrandimento” e che “Questa caratteristica è spesso chiamata auto similarità oppure autosomiglianza”. Per comprendere appieno l’importanza delle figure frattali, occorre andare a ritroso nella storia, sino a Galileo Galilei, considerato universalmente il padre del metodo scientifico, che sintetizzava così il suo pensiero: “Il libro della natura è scritto in lingua matematica ed i suoi caratteri sono triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto”. Egli riteneva, dunque, che la Matematica fosse una disciplina indispensabile per interpretare i fenomeni naturali e per rappresentare le forme della natura. La nostra esperienza quotidiana, tuttavia, ci porta a ritenere che le figure geometriche più familiari nello studio (rette, cerchi, poligoni regolari ecc.) rappresentano l’eccezione in natura.. A più di 3 secoli di distanza, Benoit Mandelbrot, introdusse, nel 1975, i frattali come nuove figure geometriche in grado di rappresentare meglio la complessità della natura, scrivendo: “La geometria euclidea è incapace di descrivere la natura nella sua complessità, in quanto si limita a descrivere tutto ciò che è regolare. Tutti gli oggetti che hanno una forma perfettamente sferica …mentre, osservando la natura, vediamo che le montagne non sono dei coni, le nuvole non sono delle sfere, le coste non sono dei cerchi, ma sono oggetti geometricamente molto complessi”. Il termine frattale, da lui coniato, deriva dal latino fractus (rotto, frazionato). I frattali sono infatti figure strane, molto frastagliate, a volte ramificate, intricate, con tentacoli o protuberanze, proprio come le forme naturali. Nasce con Maldelbrot la geometria frattale, intesa come un nuovo linguaggio di descrizione delle forme complesse della natura. Mentre gli elementi 17


geometrici (linee, cerchi, triangoli ecc.) si possono visualizzare facilmente, quelli del nuovo linguaggio non si prestano all’osservazione diretta. Essi sono algoritmi, processi che possono essere trasformati in forme e strutture solo con l’aiuto del pc. In natura esistono numerosi esempi di forme molto simili ai frattali: pensiamo agli abeti, dove ogni ramo è approssimativamente simile all’intero albero e ogni rametto è a sua volta simile al proprio ramo, secondo il principio “cresci e dividiti”. Durante una passeggiata in campagna o in un bosco, immersi nell’indiscutibile bellezza della natura, è facile imbattersi nelle curiose forme geometriche di montagne, erbe, fiori dalle dimensioni più disparate. Osservando semplicemente un broccolo, un girasole, una felce, un fiocco di neve al microscopio, una pianta grassa, delle ammoniti, le nuvole, un fiume o un lago ghiacciato si scopre quanto tutto ciò che ci circonda assume forme non convenzionali. Anche molte strutture del corpo umano riproducono un’organizzazione frattale: pensiamo alla ramificazione del sistema respiratorio che permette una più ampia esposizione del sangue all’ossigeno e quindi una maggiore disponibilità di questo per i polmoni; pensiamo ai vasi sanguigni principali del cuore che si ramificano in una serie di vasi più piccoli, che a loro volta si distribuiscono in vasi di calibro ancora più ridotto. Nel mondo frattale delle coste marittime, delle cordigliere montuose, dei fiocchi di neve, delle nuvole o delle fronde degli alberi, la stessa trama ricorre indefinitamente e indipendentemente dal numero di ingrandimenti che facciamo. Si tratta di figure autosomiglianti. In ambito pittorico, sono a trama frattale le opere di Jackson Pollock, che rappresentano il primo caso scoperto e studiato di frattali generati da un essere umano, ossia non reperibili in natura, né generati da un computer. Jackson Pollock è forse il pittore del Novecento che più ha sollevato reazioni opposte nel pubblico, oscillando tra apprezzamenti entusiastici e il rigetto parziale o totale, considerato da alcuni “il più grande pittore americano del Novecento”, nonostante altri ritenessero le sue opere 18


“immagini che anche un bambino potrebbe produrre con successo”. Considerato che negli ultimi decenni i quadri di Pollock hanno raggiunto valori commerciali di milioni di dollari, la loro apparente facilità di realizzazione ha attivato un gran numero di imitatori e ha fatto sbucare dal nulla presunti dipinti di Pollock relegati in angoli di cantine. Col moltiplicarsi dei falsi, per poter individuare un parametro di riconoscimento dell’autenticità di un Pollock, Richard Taylor, professore dell’Università dell’Oregon, si chiese se quegli intricati tracciati di Pollock potessero essere trame con carattere frattale. Interponendo tra dipinto e reticolo filtri ottici passabanda che permettono di vedere ad una ad una le varie tinte, Taylor giunse ad una conclusione che lasciò tutti sbalorditi: le curve sgocciolate di Pollock avevano carattere di frattale statistico, come accade per gli scenari della natura. Fu lo stesso Taylor ad introdurre il termine espressionismo frattale, affermando che la tecnica di Pollock riflette in modo diretto il processo generativo delle figurazioni naturali, senza tuttavia rappresentare le cose naturali stesse. Ma la dinamica caotica dei frattali, quel miscuglio di regole e imprevedibilità, offre spunti anche in ambito musicale ed il concetto di musica automatica è meno nuovo di quanto si possa pensare, risalendo al geniale W. A. Mozart, che provò per primo a scrivere musica automatica associata al caso: nel 1787, basandosi sulle 176 possibili misure per un minuetto e 96 possibili forme ternarie, il genio austriaco compilò una tabella di regole per associare ai risultati delle giocate le rispettive note. Il primo algoritmo di composizione generativa è del 1787. Per ritrovare la generazione musicale spontanea però, si deve arrivare a Brian Eno, uno dei più famosi guru dell’elettronica che con uno dei suoi primi lavori, Discreet Music, nel 1975, si interessò alla produzione spontanea di esperienze musicali. In uno dei brani di questo suo album si ripetevano separatamente due semplici cicli melodici di diversa durata, che potevano così sovrapporsi in maniera arbitraria. I frattali sono esempi affascinanti, capaci di 19


una complessa bellezza…e la natura, così come la scienza, sono piene di essi!

Jack Pollock, 1950 In natura e, in particolare, nella fisiologia umana, si possono osservare diversi sistemi frattali I vasi sanguigni del cuore, ad esempio, presentano ramificazioni di tipo frattale. I vasi principali, infatti, si ramificano in una serie di vasi più piccoli, che si ramificano ulteriormente in vasi ancora più piccoli, e così via. Lo stesso accade nel caso delle sinapsi dei neuroni, così come per il grafico della frequenza cardiaca di un individuo che, registrata per 300, 30 e 3 minuti, mostra fluttuazioni simili: questo è un chiaro esempio di processo temporale di tipo frattale. Negli ultimi anni si è sviluppata una branca della geometria frattale che studia i cosiddetti frattali biomorfi, cioè simili ad oggetti presenti in natura. I risultati a volte sono stati stupefacenti: uno 20


dei frattali biomorfi più riusciti è la foglia di felce (a sinistra) i cui dettagli riproducono sempre la stessa immagine di partenza. L’immagine in questione, pur essendo creata a computer, è molto simile ad una felce reale. L’immagine di destra, invece, ricorda da vicino un salice piangente. Un altro esempio di frattale biomorfo è quello della foglia di platano: sotto sono presentate la sua costruzione (tramite una iterazione) e l’immagine di una vera foglia di platano. Abbiamo visto che i frattali rispondono all’esigenza di trovare un modello aderente alla realtà. È chiaro che i frattali presentano alcuni limiti, in particolare per quanto riguarda la loro eccessiva regolarità: per questo si utilizzano programmi che applicano strutture casuali ai frattali classici (è il caso delle raffiche di errori di Mandelbrot). L’altro grande limite degli oggetti frattali è il fatto che l’ingrandimento di un loro dettaglio può continuare all’infinito, fatto che non può avvenire nella realtà, dato che l’ingrandimento ha sempre termine o per caratteristiche degli strumenti utilizzati o per caratteristiche intrinseche dell’oggetto studiato (ad esempio nel caso degli errori di trasmissione o della costa della Bretagna). In ogni caso, è indubbio che gli oggetti frattali riescano a descrivere la natura nei suoi dettagli meglio di ogni altro modello matematico. È per questo che l’uso dei frattali si sta diffondendo in molti campi, dalla biologia all’astronomia (la disposizione delle galassie può essere descritta tramite i frattali), dalla meteorologia alla cartografia. Da alcuni anni, inoltre, i frattali sono stati introdotti in ambito economico per descrivere le fluttuazioni dei mercati finanziari.

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Le piante, i frattali e la ricerca della bellezza I frattali sono figure geometriche che ripetono la stessa struttura di base in un’ampia scala di ingrandimenti; in altri termini un frattale è un agglomerato di copie di se stesso in scale differenti. Queste entità erano già state studiate come ‘curve iterative’ da Gaston Julia (1893-1978) negli anni ’20, ma fu il matematico Benoît Maldenbrot, francese di origine polacca, a coniare – non molti anni fa, nel 1975 – il nome ‘frattale’, dalla radice latina ‘fractus’ – nel senso di frattura o frazione – e a studiarne i possibili campi di applicazione. Da allora i frattali hanno avuto una diffusione notevole e sono stati identificati in numerose strutture, del regno minerale, vegetale e animale. Molte piante hanno forme decisamente ‘autosimili’, sia nelle radici che nello sviluppo delle ramificazioni; dall’ingrandimento di una di queste parti si rileva la stessa configurazione più volte ripetuta. Anche se tali strutture, nelle piante e nel corpo umano, hanno differenti funzioni, la loro costituzione frattale consente di comprimere nel minimo spazio grandi estensioni di superficie. Basti pensare, come nell’immagine precedente, alle strutture bronchiali e alveolari dei polmoni che pur in volume limitato dispiegano, per sviluppo di superficie, uno spazio enorme: nell’uomo quasi la superficie di un campo da tennis. Alla ricerca di una spiegazione logica, l’anatomista austriaco Rupert Riedl (1925-2005), teorico dell’evoluzione, ha rilevato come la natura proceda con il massimo di economia, riproponendo la sequenza genetica di codifica di una certa struttura per un numero ‘n’ di volte; tali codici morfologici sono peraltro validi solo per le macro-strutture e non sono applicabili alla struttura microscopica (cellule e organuli cellulari). Ai successivi ingrandimenti della complessa struttura frattale, si può rilevare un punto di transizione, oltre il quale non è più possibile seguire la struttura di base, fino ad allora sempre ripetuta, che diventa confusa, ‘caotica’ nel vero senso della parola. Questo momento si chiama appunto 23


‘transizione al caos’, che è un concetto derivato dalla matematica frattale. Nel punto in cui la struttura da ordinata diventa confusa, non più riproducibile, aumenta di molto l’entropia del sistema. Nei termini della fisica, da cui il concetto è derivato, l’‘entropia’ esprime una misura del disordine di un sistema (o più in generale dell’universo); in termini più semplici l’entropia aumenta quando un sistema passa da uno stato di ordine ad uno di disordine. L’esempio del ghiaccio può servire a chiarire il fenomeno: nel processo di fusione, che ha un andamento irreversibile, di pari passo con la dissoluzione della struttura frattale (i cristalli di ghiaccio) si ha un aumento dell’entropia. Invertire il processo è innaturale e richiede un dispendio energetico. ‘Transizione al caos’ ed ‘entropia’, propriamente termini scientifici, sono per altro verso concetti affascinanti, che hanno avuto numerose estrapolazioni e applicazioni in letteratura e nell’arte in genere. Il successo dei frattali negli anni ’80, in coincidenza con lo sviluppo delle tecniche di generazione delle immagini al computer, ha anche favorito lo sviluppo di un’arte grafica frattale, e perfino di una musica frattale.

esempio di arte grafica frattale, ottenuta mediante l’applicazione di un algoritmo ripetitivo ad un programma informatico.

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Tutti, ciascuno a suo modo, apprezziamo la bellezza; attribuiamo l’attributo istintivo di ‘bello’, senza ulteriori specificazioni, ad alcune strutture e non ad altre; riconosciamo la ripetitività di alcune forme, osserviamo le fantasiose architetture naturali. Sembra che alcune caratteristiche percepite dai sensi siano particolarmente piacevoli per la gran parte degli umani; attraverso i secoli e in luoghi diversi. Un’ipotesi ricorrente è la supposta predilezione del cervello umano per la simmetria. Alcuni studi fatti su bambini, per esempio avrebbero dimostrato una preferenza non culturalmente indotta per oggetti simmetrici, piuttosto che asimmetrici. Ma qui l’argomentazione può diventare faziosa, avendo i due opposti concetti – simmetria e asimmetria – nel corso dei secoli costituito quasi le bandiere, rispettivamente, del conformismo e della libertà espressiva, in analogia con tante altre antinomie: apollineo/dionisiaco, ordine/caos, fino alle scempiaggini celentanesche lento/rock.

Mosaici e decorazioni moresche (arabe) dell’Alhambra di Granada (metà XIV sec.); da essi fu influenzato anche Cornelius Escher, con i suoi motivi grafici ricorrenti

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All’affermazione classica di Plotino (filosofo greco – 205-270 d.C.): “La bellezza visibile nasce dalla simmetria delle parti, l’una in rapporto all’altra, e ciascuna in rapporto all’insieme; dunque la bellezza di tutti gli esseri è la loro simmetria e la loro misura” - se ne possono opporre altrettante di segno contrario. Per rimanere a tempi recenti, la cultura occidentale, dalla seconda metà dell’‘800 in poi, è stata segnata dall’incontro con l’arte orientale di impronta taoista e zen, centrata sull’asimmetria come elemento destabilizzante e dinamico, essenza stessa del mutamento. D’altra parte simmetria e prevedibilità hanno sempre rappresentato per l’uomo la condizione per il controllo dell’universo intorno a lui; l’ordine era rassicurante, quanto il caos destabilizzante. Simmetria, dal greco syn, insieme e mètros, misurare, opposta a caos, dal greco chàos: baratro abisso – sono equamente rappresentati in natura. L’eroico e titanico sforzo umano, reiterato attraverso i secoli, ha sempre teso a penetrare i segreti meccanismi della natura; e bisogna ammettere che dalla comprensione delle sue leggi sono derivati i progressi delle scienze e della tecnica di cui attualmente fruiamo (inclusi i telefonini!).Un particolare esempio di simmetria, in quanto strutture geometricamente prevedibili e misurabili, sono le spirali.La spirale è una curva piana caratterizzata dalla proprietà di avvolgersi più e più volte intorno ad un punto, tenendo fissa o variando in maniera regolare la distanza tra i bracci. Le spirali sono molto diffuse in natura; nel modo vegetale, ma non solo. Nelle conchiglie, nelle corna e zanne di alcuni animali, dall’infinitamente piccolo, come nella struttura molecolare a doppia elica del DNA, fino alla forma dei cicloni e delle galassie. Nella spirale di Archimede le distanze fra i bracci della spirale sono costanti, mentre nella spirale logaritmica aumentano in progressione geometrica. Esempi di spirali logaritmiche (o spirali auree) si trovano anche nella struttura di alcune piante grasse, soprattutto nelle Cactacee. Le spine e a volte anche le coste delle piante, sono spesso disposte secondo delle spirali. Lo stesso andamento hanno le squame esterne dell’ananas (Ananas comosus 26


- Fam. Bromeliaceae) e le foglie giovani di alcune felci(Pteridophytae) nel loro srotolarsi durante lo sviluppo.

Ammonite fossile: conchiglia di mollusco cefalopode (estinto). Nello schema intermedio: spirale di Archimede (a sinistra) e spirale logaritmica a confronto. Sotto: sezione sagittale della conchiglia del Nautilus (Nautilus pompilius – Philum:Mollusca), portata ad esempio della perfezione di una spirale logaritmica esistente in natura.

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elaborazioni: disegni e matrici L’idea nasce dal contatto visivo con un oggetto, il quale spesso rievoca sensazioni appartenenti al nostro vissuto. Il disegno perciò rappresenta la sintesi di tutto ciò, permettendo di non perdere alcuni degli elementi chiave che servono per costruire un lavoro, che si sviluppa in diverse fasi. Ho quindi scelto di mostrare quelli che per me evidenziano la ricerca complessiva delle varie fasi di lavorazione, un’interpretazione personale di tutti gli elementi che ho ricercato in natura, studiato nella loro forma esteriore, cogliendo il loro fascino artistico. La tecnica dello stampo, consente di realizzare stampi che riproducono il modello completo in tutte le sue parti Nella costruzione di uno stampo, il modello originale da riprodurre, può essere una figura già esistente, oppure una creazione personale dell’artista. Per la realizzazione di un modello, possono essere impiegati svariati materiali, come legno, plastica, gesso, argilla, autoindurente, argilla rossa, argilla bianca, etc. Ma la plastilina è senza dubbio il materiale più adatto a questo scopo, perché offre la maggior libertà creativa e consente di realizzare la forma desiderata in breve tempo. Come già detto, i modelli da riprodurre possono essere costituiti da: poliestere, resine, schiume e gomme poliuretaniche, resine epossidiche, gesso, finto legno, cera, cemento, leghe bassofondenti, pietra sintetica, pasta di legno, metallo, vetro, ceramica, cartone, plastica, gomma sintetica e naturale, resine metacriliche, pietra naturale, legno, pelle, creta e altro. Superfici non porose (es. metallo, plastica) non richiedono l’impiego preliminare di agenti di distacco, mentre su quelle porose (legno, cemento, gesso, creta, ecc.) è consigliabile applicare uno strato isolante con vernice alla gommalacca, vernice alla nitro, oppure con cera in pasta, al fine di evitare che il gesso, fluido prima dell’indurimento, possa penetrare nei pori rendendo più difficoltose le successive operazioni di sformatura. E’ molto importante che i separatori siano molto fluidi, e vengano applicati (a spruzzo oppure a pennello) a strato molto sottile, in modo da 28


non interferire sulla precisione dei dettagli da riprodurre. Una volta evaporata la parte volatile contenuta nel separatore (acqua o solvente organico, secondo il tipo di separatore utilizzato), è consigliabile la successiva applicazione di un sottilissimo strato di distaccante ceroso. Una volta che si ha il modello originale da riprodurre, la prima cosa da fare è munirsi di gesso per stampi. E’ necessaria inoltre della plastilina e delle tavolette di legno di varie misure. Preparazione della prima parte dello stampo: Su una base di legno formare, aiutati dalla plastilina, una specie di scatolina della grandezza tale da poter contenere comodamente il modello da riprodurre. Colata e stampo: A questo punto, dopo aver preparato il gesso, colare lo stesso direttamente sopra il modello da riprodurre, precedentemente posizionato all’interno di un contenitore. Versare il gesso lentamente a intervalli, lasciando che si posizioni man mano e riempia tutti gli spazi, per favorire la fuoriuscita delle bolle d’aria che tendono a formarsi in questi punti. Colmare lo stampo in modo da ricoprire abbondantemente il modello. Comunque alla fine dare dei piccoli colpi ripetuti all’involucro in modo da far salire le eventuali bolle in superficie. Oltre alla tecnica monovalvola che abbiamo spiegato pocanzi, questa tecnica consente anche di riprodurre uno stampo bivalente, con delle differenze in alcuni passaggi fondamentali di alcune tecniche, perche da uno stampo già monovalvola esistente è impossibile riprodurre uno stampo bivalente. Il fine di produrre queste matrici è quello di poter avere un idea di come realizzare uno stampo di qualsiasi elemento e non solo. Una volta prodotto questo stampo un artigiano specializzato nella fusion dell’ottone ed altri metalli, riesce da qui ad elaborare uno stampo da poter utilizzare, ad esempio, sulla pelle, in maniera tale da poter imprimete con una pressa il disegno realizzato. 29


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Matrici realizzate in gesso caolino 10 x 10 cm.

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Matrici realizzate in gesso caolino 10 x 10 cm.

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Disegni di alcuni prototipi di scarpa

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Elaborazioni plastiche di alcune applicazioni per la scarpa

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Elaborazioni di texture virtuali
















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Collezione di scarpe


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Collezione moda scarpe S/S 2016 La mia ricerca personale delle tendenza raggiungeva il suo apice durante il soggiorno a Milano, in occasione della Fiera internazionale Lineapelle . LINEAPELLE è la più importante rassegna internazionale dedicata ai settori pelli, accessori, componenti, sintetico, tessuti e modelli per calzatura, pelletteria, abbigliamento e arredamento. Il sistema fieristico rappresentato da Lineapelle e le rassegne ad essa collegate è imperniato sul primato delle aziende (italiane), portatrici di stile, qualità e servizio al cliente. Nel 1981 con LINEAPELLE, che ha assorbito la preesistente preselezione italiana moda, nasce la più qualificata rassegna internazionale di pelli, accessori, componenti, sintetici, tessuti e modelli per calzatura, pelletteria, abbigliamento e arredamento in pelle. Ha luogo due volte l’anno nel quartiere fieristico di Milano, in febbraio per le collezioni estive e a settembre per quelle invernali. Tratto distintivo nel suo sviluppo storico è il costante primato di innovazione stilistica e qualitativa, che la rende indispensabile per la domanda mondiale. Quindi ho raccolto una serie di informazioni e molti elementi indispensabili per poter continuare il mio lavoro, selezionandone diversi per la collezione estiva 2016. Molti sono gli elementi che caratterizzano la mia collezione. Prima di tutto la ricerca personale degli elementi raccolti in natura, con particolare riferimento alle piante grasse, che da sempre mi hanno affascinato, con le forme variegate delle loro foglie e la loro estensione, oltre che per la loro fioritura unica nel suo genere.Per l’estate 2016 si delinea uno scenario in cui si celebra il ritorno all’ottimismo e all’energia pura, lontani da schemi e convenzioni. Ho individuato grossomodo 4 temi fondamentali, attorno ai quali si svilupperanno le future collezioni di moda. Da ciò che ho potuto dedurre, le nuove tendenze per quelli che saranno i colori della moda femminile per la Primavera/Estate 2016 punteranno su colori più freschi e morbidi, dalle tonalità calde e delicate, che si rifanno al tema minimalista “en plein air” che prendono spunto 63


dalla natura. Eleganza e charme, infatti, sono le caratteristiche delle 10 nuance indicate in questa collezione come must have della bella stagione. 1. Tendenze colori primavera-estate 2016: Marsala Sensuale e audace, il marsala nuance è la più sofisticata tra quelle scelte da Pantone per la primavera/estate 2016: ispirato al calore del tipico vino liquoroso da cui prende il nome, questo bordeaux dai riflessi rosso-marrone è di un incredibile e naturale eleganza. 2. Tendenze colori primavera-estate 2016: scuba Blue Ispirata alle acque tropicali, questa nuance trasmette un senso di spensieratezza e la voglia di una fuga esotica. Il turchese intenso richiama il luccichio delle pallettes e trasmette una sferzata di energia che fa venir voglia di tuffarsi in acque cristalline. 3. Tendenze colori primavera-estate 2016: Lucite Green Un delicato verde salvia, dall’effetto estremamente rilassante e romantico, ideale per le bionde e le rosse dalla carnagione eterea in grado di esaltarne il senso di freschezza e leggerezza. 4. Tendenze colori primavera-estate 2016: Classic Blue Un blu cobalto intenso nella sua variante più semplice, elegante e sempre chic, ideale per chi ricerca un look sicuro e affidabile. Il richiamo delle tonalità del mare, ne fa una nuance ideale per ogni occasione, dal casual della mattina all’abito elegante da sfoggiare al calar del sole. 5. Tendenze colori primavera-estate 2016: Toasted Almond Un marroncino rosato, delicato e senza tempo, dall’aria romantica e chic. Estremamente versatile, è il colore perfetto da indossare nelle calde giornate di sole. 6. Tendenze colori primavera-estate 2016: Strawberry Ice Nella Top 10 per la primavera 2015 non poteva mancare questo rosa corallo rinfrescante e delicato, così morbido e giovanile da essere elegante su qualsiasi capo o accessorio . Perfetto con una carnagione baciata dal sole è l’ideale per la prossima stagione calda. 64


7. Tendenze colori primavera-estate 2016: Tangerine Un arancio pastello energizzante ma delicato, perfetto da indossare se si vuole attirare l’attenzione con eleganza e con un sorriso sbarazzino. 8. Tendenze colori primavera-estate 2016: Custard Un giallo senape pastello che dona subito a chi la indossa un’aria rilassata e confortevole. Se indossato con accessori come scarpe e borse di una tinta più scura, ne risalterà ancora di più la delicatezza 9. Tendenze colori primavera-estate 2016: acquamarine Un azzurro carta da zucchero, fresco e rilassante. Una tonalità eterea dal tocco acquoso, che si abbina perfettamente allo spettro di azzurri e verdi per la prossima primavera. Estremamente giovane, trasmette leggerezza e vaporosità. 10. Tendenze colori primavera-estate 2016: Glacier Gray Grigio argenteo e senza tempo che trasmette un senso di piacevole relax, è un pratico colore neutro abbinabile con qualsiasi altra nuance. Infine Oro che prevale nella mia collezione che riflette la luce facilmente indossabile e irrinunciabile in qualsiasi occasione. I sandali, invece, vengono adornati da borchie colorate, in tinta con la tomaia oppure iridescenti, per aggiungere un tocco di luce alla scarpa. Per quanto riguarda i sandali dell’estate 2016, un segno distintivo è la fibbia, sempre meno un accessorio esclusivamente funzionale, e sempre più un vero e proprio elemento. Un modello irrinunciabile anche per la prossima stagione è la decolleté a punta con tacco a stiletto. Un modello classico, sì, ma reso più audace da accessori come bottoni extra large o decorazioni riprese dal mondo della flora. Infatti, ho voluto ampliare la collezione con alcuni elementi decorativi, come fossero dei bottoni o dei gioielli-fibbia applicati in alcuni sandali semplici ma particolari allo stesso tempo; estrapolati da alcuni disegni, questi prototipi, realizzati in pasta ceramica vetrosa, presentano una resa simile all’ottone, ricoperti da una vernice laccata effetto oro. 65


A.

B.

C.

A. Blu intenso

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B. Blu cobalto

C. Celeste



A.

B.

C.

A. Ice coffee

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B. Fiesta

C. Buttercup


A.

B.

C.

A. fiesta

B. Peach

C. Rosa quarzo

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A.

B.

C.

A. Fiesta

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B. Fucsia

C. verde mela



A.

B.

A. Nero

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B. Grigio



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A.

B.

A. Marsala

B.bianco


A.

B.

B.

C.

A.Nero

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B.Fiesta

C. Curcuma


A.

A. nero /biamco


A.

B.

C.

A. Fucsia

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B. Fiesta

C. Curcum


A.

B.

C.

A. Carta da zucchero

B. Azzurro chiaro

C. Verde mela


A.

B.

C.

A. Blu intenso

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B. Blu cobalto

C. Verde mela


A.

B.

C.

A. Ice coffè

B. azzurro chiaro

C. Fumo

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A.

B.

A. Bronzo

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B. Oro


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Prototipi I prototipi sono stati realizzati per rendere il progetto più tangibile e realistico, per toccare con mano il risultato finale dell’intero progetto e permettere altresì di comprendere e rilevare le fasi errate di tutti i vari passaggi; in modo tale da far risultare il lavoro completo nei minimi dettagli prima di consegnarlo al tecnico specializzato. Il referente in questo caso può essere una azienda o l’artigiano qualificato. Le diverse parti sono stare realizzate in un materiale plastico molto duttile che permette con estrema facilità di poter riprodurre diversi materiali quale pelle, ottone ecc. Le stesse per le loro differenti caratteristiche funzionali, vengono lavorate in maniera differente perché la loro resa finale è completamente opposta. La suddetta sostanza, se ben lavorata, fornisce una riproduzione realistica di ogni singola parte della scarpa, indipendentemente dal materiale (cuoio, pelle, metallo, plastica, ecc.) che si vuole rappresentare.

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Capitolo secodo La scarpa

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2.1 La scarpa: Breve storia della calzatura Sono più di cento le operazioni necessarie alla fabbricazione di una scarpa. Il primo e più importante passo è la creazione della forma da scarpe, una copia del piede umano intagliata a mano nel legno o realizzata in plastica a stampo. Con questo primo manufatto si definisce la curvatura dell’arco e il modo con cui il peso della persona verrà distribuito sulla pianta del piede. La realizzazione delle forme richiede una grande abilità da parte dell’artigiano. La sfida consiste nel tener conto di tutte le caratteristiche che garantiscono il comfort senza comprometterne la bellezza e lo stile del design. Andando a ritroso nella storia, si nota come le calzature abbiano sempre rivestito un ruolo di grande rilievo: le prime scarpe erano “fasciature” di pezzi di pelle legati in qualche modo al piede, e sono state il primo mezzo che ha consentito all’uomo di muoversi su percorsi impervi e terreni accidentati senza ferirsi. Il pezzo di pelle poi si è evoluto, diventando una suola sagomata con lacci intrecciati che la fermavano sul piede o sulla caviglia. Queste sono state le caratteristiche dei calzari di tutti i popoli dell’antichità. I “sandali” infatti sono stati il primo tipo di calzatura prodotto dalla tecnica umana, e tutte le civiltà antiche ne hanno dato una propria versione. L’uso della calzatura presso gli antichi popoli orientali, per condizioni soprattutto climatiche, era meno diffuso che altrove, ed era limitato alle classi più elevate. Tuttavia già nel 3500 a.C. gli antichi egizi producevano con papiro intrecciato una suola e vi applicavano legacci di pelle grezza. Questi sandali lasciavano i piedi quasi completamente scoperti, e le donne egizie ne approfittavano per adornarli con disegni e gioielli. I sandali egizi erano talvolta foderati internamente di tela, e sulla suola era dipinta, in segno di spregio, la figura di un nemico prigioniero perpetuamente calcato sotto i piedi. Le suole dei sandali delle imperatrici romane venivano realizzate con oro fuso e i cinturini tempestati di pietre rare. 95


I giapponesi usavano sandali di materiale intrecciato, mentre in Africa si cucivano alle ciabatte nastri di pelle colorati con pigmenti naturali. I Medi e i Persiani portavano calzature di cuoio rimontanti fino al ginocchio, lasciando alle donne le scarpette di stoffa o di cuoio leggero e adorno. Gli antichissimi infradito videro la luce nel vicino Oriente; in India, dove la religione induista proibisce l’uso della pelle di vacca, i sandali venivano realizzati in legno, talvolta rivestito di incisioni in argento finemente lavorato. I coloratissimi “Chappals”, diffusi nella calda e sabbiosa Valle dell’Indo, erano soprattutto molto funzionali, con i pon pon a proteggere le dita dei piedi, e una stretta parte posteriore che consentiva a chi li indossava di liberarsi facilmente della sabbia. Grande era la varietà di calzature presso i Greci: quella più antica era composta di una semplice suola in legno o di cuoio legata sul dorso del piede o alle gambe con corde incrociate e annodate; una seconda forma di calzatura era la scarpa: alla suola si aggiungevano dei quarti di cuoio che coprivano il tallone e i lati del piede, mentre l’allacciatura si faceva sul dorso di questo. Le “scarpe” servivano in modo particolare ai militari e ai cacciatori. Le calzature etrusche erano molto stimate presso i romani, i quali adottarono alcune delle loro forme. La forma più semplice usata dai romani fu quella delle suole allacciate, adoperata in casa e nelle visite amichevoli; per l’uscita si calzava una scarpa a guisa di stivale. Nelle solennità si usavano i sandali, ma non si portavano in pubblico, dato che essi erano adoperati dalle donne nell’uscir di casa. Era costume togliersi le calzature durante i pasti. Gli appartenenti alle classi meno facoltose usavano gli zoccoli di legno, mentre i campagnoli avviluppavano il piede in calzature di lana o di pelo di capra. Le calzature da donna erano naturalmente più ricche e ornate di ricami d’oro e anche di perle e di pietre preziose. Il colore era di preferenza bianco, qualche volta anche rosso, scarlatto, porporino o giallo. Nei tempi più raffinati dell’impero anche i cavalli e i muli ebbero vere e proprie calzature, generalmente in ferro, talora anche 96


d’oro e d’argento. Nel Medioevo i poveri portavano semplicissimi sandali in legno e i sacerdoti medievali e i frati francescani li indossavano in segno di umiltà e di povertà. In Europa nei primi secoli del Medioevo le calzature erano piuttosto rozze, specie nel nord, ma utili a proteggere il piede e la gamba dalle asperità e dalle intemperie. Nel secolo IX le calzature assunsero una forma simile alle nostre pantofole. Diventarono di moda anche delle scarpe dalla punta lunghissima, portate in un primo tempo solo dai nobili, poi rapidamente propagatesi e adoperate sia come calzature da guerra sia nelle città. La lunghezza delle punte cresceva però a tal punto che il sovrano Filippo IX, nel secolo XIV, dovette fissare dei limiti, distinguendo tre misure: per i nobili, per la borghesia e Per il popolo. Per secoli le scarpe sono state piatte: il tacco è apparso molto tardi, apportando, soprattutto per il gentil sesso, grandi cambiamenti nel modo di camminare e di incedere, divenuto da quel momento più sinuoso ed elegante. Fino a quel momento, gli attori dell’Antica Grecia e di Roma, le matrone romane, le signore eleganti del ‘500 di Venezia e Parigi, per sembrare più alte portavano un rialzo, pari a tutta la lunghezza della suola, con cui però riuscivano a camminare a fatica, servendosi di un bastone per stare in piedi! Le origini del tacco sono oscure, ma risalgono sicuramente a epoche precristiane. I macellai dell’antico Egitto portavano i tacchi per evitare di sporcarsi i piedi con il sangue che ricopriva il terreno, mentre i cavalieri mongoli calzavano stivali muniti di tacco per tenere ben salde le staffe. Ma la prima testimonianza relativa a una scarpa con tacco indossata per vanità risale al 1533, quando la minuta Caterina de’ Medici scelse un paio di scarpe col tacco per sposarsi, a Parigi, col Duca d’Orléans. Il modello fu immediatamente adottato dalla corte francese. Quando apparvero nel ‘500, i tacchi fecero sbizzarrire la fantasia dei calzolai, che ne inventarono di ogni sorta e colore, a cubo o a rocchetto

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a rocchetto, lisci o scolpiti, stravaganti e bellissimi nella loro originalità, ma certamente non comodi. Le scarpe infatti, erano spesso veri strumenti di tortura, come nel caso degli stivaletti di inizio secolo, portati strettissimi con lo scopo di far apparire minuto il piede, ornati da mille bottoncini, difficili da indossare e da allacciare. Poiché le classi meno abbienti non potevano permettersi scarpe così poco pratiche, i tacchi divennero un segno di privilegio. Le scarpe col tacco si andarono sempre più completando sia nei colori che negli ornamenti, (fibbie, fiocchi, ecc). Il tacco “Luigi”, largo alla base e rientrante, nacque alla corte di Luigi XV ed è tuttora usato da molti stilisti. I tacchi rossi, status symbol nell’Europa dei secoli XVII e XVIII, erano indossati solo dai membri delle classi privilegiate. La regina Maria Antonietta aveva una cameriera addetta esclusivamente alla cura delle sue 500 pantofole, catalogate per data, colore e modello. Un tacco ampio e solido era prediletto dai nobili inglesi, in contrasto con lo stile più aggraziato scelto dai loro pari continentali. Nel corso del tempo questa inclinazione verso un genere di calzatura comoda avrebbe reso gli inglesi famosi nel mondo per un tipo raffinato di scarpa su misura. Un elemento molto diffuso nel XVIII secolo era la “soprascarpa”, a forma di zoccolo, che veniva applicata a calzature delicate per proteggerle dal fango delle strade europee. Con la Rivoluzione Francese la calzatura si semplifica e diventa utilitaria. Sotto il Direttorio si impiegano stivali a risvolti gialli. Da allora lo stivale perdura, pur mutando via via di foggia e di ornamento. A metà del XIX secolo, dopo un periodo di grande entusiasmo per calzature piatte ed essenziali, la scarpa con il tacco torna in auge. Intorno alla metà del XIX secolo ebbe inizio una fase di rapidi mutamenti economici e sociali che cambiò anche la vita delle donne e, di conseguenza, il loro modo di vestire. Tutto il campo dell’abbigliamento femminile subì una rivoluzione che portò a dare più importanza alle esigenze di comodità, salute e bellezza. Con la loro emancipazione, le donne all’inizio del XX secolo privilegiarono scarpe 98


comode e resistenti, ma negli anni ‘20, con l’accorciarsi delle gonne, gambe e piedi si ritrovarono improvvisamente in evidenza, e le calzature cominciarono a dover essere anche belle, oltre che comode. Anche i sandali, caduti in disuso dopo il Medioevo, simbolo in epoche diverse, di ricchezza e di povertà, di castità e di civetteria, sono ricomparsi dopo quasi mille anni all’inizio del XX secolo. Verso la fine degli anni ‘20, le unghie smaltate di rosso, cominciarono a far capolino dai sandali a tacco alto. Alla fine della seconda guerra mondiale, gli europei, che dovevano ancora fare i conti con il razionamento, cercarono un modo per concedersi qualche lusso. Due stilisti, Christian Dior e Salvatore Ferragamo, fornirono loro qualche splendida e strana creazione per rispondere a questa esigenza! A Dior si devono le ampie gonne in crinoline lunghe fino al polpaccio, mentre Ferragamo inventava l’audace “sandalo invisibile”, creato con una tomaia da cui venivano fatti passare dei Fili di nylon. Un diverso genere di scarpa, al contempo pratica e raffinata, distinta e austera, inizialmente destinata ad un pubblico maschile, è la “décolleté”. Oggi scarpe tipicamente femminili, all’inizio del XVI secolo facevano parte dell’uniforme dei soldati di fanteria. Verso la metà del XVIII secolo, le donne cominciarono a indossare queste scarpe nella versione senza tacco, quando erano diffuse tra i damerini come scarpe da passeggio. Verso la fine del secolo le décolleté ebbero grandissima diffusione sia in Europa che in America, ai piedi di dame e gentiluomini, che iniziarono a considerarle scarpe da ballo per antonomasia. Quando il design è dettato da un’esigenza di praticità e di comfort, anziché dalla sola estetica, nasce la scarpa comoda. La maggior parte delle scarpe femminili comode, nascono da modelli maschili. Fu da un’idea di praticità che nacque l’idea del mocassino indiano in pelle di daino, una delle prime scarpe unisex, antenato degli odierni mocassini . Le donne dei primi coloni americani, abituate alle scomodissime scarpe europee, apprezzarono subito i benefici dei mocassini, 99


e cominciarono a portarle, mentre in Europa le calzature continuavano a riflettere distinzioni di ceto. Le suole di gomma furono applicate intorno al 1860 a un modello di scarpa di tela alta alla caviglia e allacciata al collo del piede, che avrebbe preso il nome di “sandalo da croquet”. Il primo tipo di scarpa da tennis abbordabile anche come prezzo, apparve sul mercato nel 1917 col nome di “Ked” (una combinazione della radice latina “ped” - piede, e della lettera “k” che sta per “kid” - ragazzo), prodotte dalla U.S.Rubber. Nel 1919 fecero la loro comparsa le “All Star”, vere antesignane della scarpa sportiva maschile e femminile. Di origine antichissima sono gli stivali. Alcuni dipinti rupestri scoperti in Spagna e risalenti al 13.000 a.C., ritraggono figure maschili e femminili che indossano stivali realizzati con pelli di animale. Nel tempo questo tipo di calzatura divenne prerogativa esclusivamente maschile, mentre alle donne erano riservate scarpine più minute e delicate. Solo intorno al 1830 le donne non lavoratrici cominciarono a calzare comunemente gli stivali. Per ingentilire il piede femminile, questi stivaletti alla caviglia avevano forme molto strette e venivano indossati ben allacciati e abbottonati. Quando ebbe inizio la produzione industriale, intorno al 1850, gli stivali furono accessibili a tutti tanto che divennero in breve tempo simbolo di uguaglianza tra i sessi e le classi sociali. Tra i maestri della calzatura, prima di Manolo Blahnik e Robert Clergerie, fu André Perugia il più importante creatore di scarpe per le dive. Egli divenne ben presto celebre grazie all’introduzione di nuove forme di tacchi e tomaie. La ricerca del bello era il suo primo scopo nella creazione di décolleté alte e sandali su misura in pelle di serpente, capretto o coccodrillo. Egli conobbe il culmine del successo quando divenne disegnatore per il grande stilista Paul Poiret, alla fine della prima guerra mondiale. Fu invece nel 1953 che ebbe inizio il sodalizio professionale tra Roger Vivier, un altro maestro di stile, e Christian Dior. Questa felice collaborazione diede vita a una sorta di età dell’oro nella moda delle calzature. 100


Creatore per la Regina Elisabetta, di cui disegnò le scarpe per l’incoronazione nel 1953, è famoso per i tacchi innovativi, e viene ricordato per quelli “a virgola”, tuttora realizzati. Caratterizzate dalla tomaia affusolata, sono le scarpe di Manolo Blahnik, disegnatore svizzero che vanta tra le sue clienti Paloma Picasso, Madonna, Bianca Jagger. Passando per oltre cinquanta fasi di lavorazione, le sue scarpe vengono controllate personalmente da Blahnik, che ne cura ogni disegno e ogni fase di lavorazione. La sue scarpe trovano posto nelle più importanti collezioni di scarpe, che sono quelle di Isaac Mizrahi, Todd Ildham e Badgley-Mischka. Creatore per tutte le first ladies americane, nonché per le dive del cinema e persino per l’elegantissima duchessa di Windsor, David Evins nel corso della sua quarantennale carriera ha creato scarpe classiche, confortevoli e alla moda. Dalle lussuosissime ciabattine per Ava Gardner, alle deliziose décolleté per Judy Garland, agli stivaletti di leopardo per Marlene Dietrich, alle scarpe di Grace Kelly per il suo matrimonio. Forte del suo stile e della sua “semplicità”, venne eletto nel 1949 “re delle décolleté”. Approdato a Hollywood a sedici anni, Salvatore Ferragamo creò il suo primo paio di scarpe a nove anni. I registi adottavano i suoi stivali da cow-boy e i sandali romani per i propri film, le dive, la Swanson, la Dietrich, la Garbo, affollavano il suo negozio in Hollywood Boulevard. La competenza tecnica era il punto forte della sua attività. La sua invenzione più famosa fu probabilmente la zeppa di sughero, e negli anni ‘40 e ‘50 i suoi modelli erano su tutte le pagine delle riviste di moda. Alla sua morte lasciò 350 brevetti, che avevano rivoluzionato la moda delle calzature. Oltre che parte dell’abbigliamento, simbolo di eleganza, accessorio di moda, è innegabile il potere delle scarpe come oggetto del desiderio. Le loro virtù carismatiche sono più legate al possesso che alle ragioni del loro utilizzo, è per questo che molte donne continuano a comprare e collezionare scarpe, che probabilmente non indosseranno se non poche volte. 101


Le scarpe da sempre sono un elemento caratterizzante dello status sociale di chi le porta, ma soprattutto sono un segno particolare della vita personale. L’indefinibile fascino di un nuovo paio di scarpe scatena quell’impulso all’acquisto che poco ha a che fare con la necessità e che riflette piuttosto l’emozione di indossare una scarpa nuova, capace di donare una nuova identità. Forse non è un caso che l’unico indizio lasciato al Principe per ritrovare Cenerentola fosse proprio una scarpina...

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2.2 progettazione di un modello di calzatura Premessa La costruzione di una calzatura rappresenta una complessa operazione di montaggio e di assemblaggio di una serie di componenti semilavorati. Sono poche le aziende calzaturiere che svolgono al proprio interno l’intero ciclo di produzione; la maggior parte si avvale di una serie di attività produttive, principalmente strutturate in piccole dimensioni, che si dedicano alla realizzazione dei singoli componenti o di specifiche fasi di lavorazione. Queste strutture possono essere ricondotte a quattro differenti tipologie: le imprese specializzate nella realizzazione e lavorazione della parte superiore della calzatura (tomaia); 2) le imprese specializzate nella realizzazione e lavorazione di componenti del fondo come suole o tacchi; 3) le imprese che forniscono le parti accessorie (come speroni, fibbie, puntali etc.) che contribuiscono a completare ed arricchire il prodotto finito; 4) le imprese che vendono sul mercato il prodotto finito, ossia, che svolgono sostanzialmente le fasi essenziali del ciclo produttivo, cioè quelle di montaggio e di assemblaggio del prodotto, utilizzando semilavorati, componenti ed accessori che in larga misura acquistano sul mercato. Immaginando, per semplicità, una struttura produttiva più integrata verticalmente rispetto alla media, si possono sintetizzare in sei marco famiglie: fase di taglio dei materiali; fase di preparazione della giunteria; fase di orlatura; fase di preparazione al montaggio o all’iniezione; fase di montaggio / iniezione; fase di applicazione suola e finissaggio. Queste non sono operazioni che si esauriscono nella realizzazione di un’unica lavorazione, ma rappresentano un complesso di 103


fasi, spesso collegate tra loro, che portano alla creazione di componenti, parti o semilavorati della calzatura. Riguardo l’importanza ed il valore della prototipazione Si passa ora alla descrizione delle varie fasi di lavorazione. Taglio Questa fase, anche se a prima vista può apparire relativamente semplice, è in realtà tra le più complesse e delicate. La sua corretta impostazione e la sua successiva esecuzione influenzano diversi aspetti del sistema produttivo, con valenze non solo di carattere qualitativo, ma anche tecnico ed economico. La fase di taglio del pellame comprende le operazioni relative alla realizzazione delle parti di tomaia che completano la calzatura. Per ottenere una corretta esecuzione dei vari passaggi del processo, l’operatore deve avere una solida esperienza, un buon colpo d’occhio e una certa sensibilità manuale, al fine di garantire la massima coerenza fra le caratteristiche del materiale da tagliare e la qualità del prodotto finito. Il tagliatore deve utilizzare al meglio il materiale che ha a disposizione, cercando di ottenere da ogni dimensione di pellame il miglior risultato con il minore scarto possibile. . Deve fare attenzione nel comporre lo schema di taglio attraverso il piazzamento dei modelli, tenendo sempre presente la relazione esistente tra le caratteristiche delle specifiche parti del pellame e le esigenze di lavorazione delle diverse sezioni della tomaia: nella calzatura, infatti, i punti di maggiore sollecitazione devono essere realizzati con la parte migliore del pellame. Per questo motivo il tagliatore non deve limitarsi alla conoscenza dei problemi che riguardano il suo reparto, ma deve rendersi conto di come i difetti del pellame possano incidere sulle varie fasi di lavorazione ed, in ultima analisi, anche sul prodotto finito. L’operazione di taglio può essere realizzata sia manualmente, seguendo il profilo del cartoncino del modello, che con l’ausilio di fustelle sagomate e di specifici macchinari (trance) 104


Al posto del pellame si possono utilizzare anche materiali diversi, come i tessuti con fibre naturali o sintetiche. Anche in questo caso il tagliatore deve fare attenzione nel tagliare il materiale posizionando i modelli seguendo la disposizione dei filati in trama e ordito. Le principali tecnologie di taglio sono:taglio a mano tradizionale, attraverso l’utilizzo di un coltellino o trincetto. Questa tecnica risponde ad esigenze di realtà produttive caratterizzate da un prodotto di alta qualità, che riguardano principalmente piccoli lotti e varie tipologie di modelli. Tra i vantaggi ci sono un investimento di modesta entità, una grande flessibilità e la possibilità di controllare meglio la qualità del taglio; d’altra parte questo produce un’esecuzione piuttosto lenta, una bassa produttività, alcune imprecisioni nel taglio e un maggiore consumo di materiale; taglio in continuo, senza fustella, attraverso l’aiuto di sistemi computerizzati che permettono la realizzazione automatica di tutte le operazioni del processo di taglio con un controllo digitale. Sono un’alternativa al taglio manuale, ma nei casi in cui modelli sviluppati sono sempre nuovi e diversi non sono molto convenienti;taglio con fustella, consiste nella pressione esercitata sulla superficie del pellame mediante un utensile di taglio, detto fustella, realizzato con un nastro tagliente sagomato sulla geometria del pezzo da tagliare. La compressione della fustella sul materiale viene normalmente ottenuta utilizzando delle presse (o trance) che permettono una accelerazione dei tempi di taglio e la riduzione dello sforzo fisico dell’operatore. La fustellasi compone di un nastro in acciaio a doppio taglio, il che permette, ribaltandola, di tagliare sia la tomaia destra che la sinistra. Questo sistema garantisce un taglio rapido e veloce, ma è impossibile apportare modifiche o correzioni durante la produzione. Per ammortizzare i costi dell’investimento del taglio a fustella il calzaturificio deve valutare e stabilire il numero minimo di paia da tagliare. 105


stabilire il numero minimo di paia da tagliare. Preparazione alla giunteria e orlatura Dopo la fase di taglio si passa alla preparazione della tomaia che comporta le seguenti operazioni: assottigliamento del pellame; ripiegatura degli orli; spianatura e martellatura delle cuciture della tomaia; profilatura; bordatura; risvoltatura; dentellatura; marcatura e timbratura delle tomaie. Le varie parti della tomaia vengono quindi assemblate alla fodera attraverso l’operazione di orlatura. Consiste nel cucire con ago e filo le varie parti insieme. Esistono diversi tipi di cucitura che vengono scelti generalmente per ragioni tecniche; a differenti tipi di cucitura corrispondono differenti tipi di ago e filo utilizzati. Preparazione (al montaggio) e montaggio Un’adeguata preparazione al montaggio della tomaia sulla forma consiste nel definire e raccogliere gli elementi ritenuti piÚ idonei per la tipologia di prodotto che si vuole realizzare. La forma E’ la rappresentazione geometrica della sagoma e delle dimensioni del piede e come tale viene utilizzata durante le diverse fasi del ciclo produttivo della calzatura. Viene realizzata in legno o in plastica e riprodotta in due pezzi (destro e sinistro) tra loro perfettamente simmetrici. A secondo della lavorazione e del genere di calzatura da realizzare si utilizzano differenti tipologie di forme (con ferratura completa, a snodo, etc.).

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La tomaia Nelle fasi di realizzazione della tomaia l’operazione di giunteria è quella che ricopre il ruolo centrale. Come si è detto, essa consiste nell’incollaggio delle varie parti della tomaia prima che vengano fissate dalle cuciture segue la messa in forma della tomaia e della fodera e la rifilatura delle parti di materiale eccedenti la cucitura. Il sottopiede Si tratta di una componente che richiede una specifica struttura, leggera e morbida nella parte centrale della pianta, rigida nella parte della punta (per facilitare il montaggio della tomaia) esolidissima nella parte del fiosso e del calcagno, al fine di mantenere ben in asse il tacco. E’ composto da una soletta in frassame di cuoio, irrigidita da un rinforzo nella parte della punta corredata, nella parte posteriore, da una tallonetta in cartone fibrato, armata di un cambriglione in acciaio temperato che ha la funzione di ancorare il tacco al sottopiede e mantenerlo in asse. La soletta può essere realizzata anche con materiali a base di fibre di cuoio o con materiali sintetici, più economici e più facili da lavorare. Il puntale Esso viene inserito nella parte anteriore della tomaia tra il dritto e la fodera. Questi materiali, se sollecitati termicamente, permettono all’operatore di plasmare la tomaia sulla parte anteriore della forma; una volta raffreddatisi, rendono il puntale irrigidito. Il contrafforte E’ un supporto che viene inserito nella parte posteriore della tomaia e che serve da sostegno e da tenuta del tallone. Tutti questi componenti vengono poi montati insieme con tecniche di montaggio diverse a seconda del tipo di lavorazione e del genere di calzatura (montaggio a corda, a 107


semenza, girato,Strobel, etc.). Elementi del fondo Per quanto concerne la preparazione dei componenti che concorrono all’assemblaggio del fondo è necessario stabilire a priori la tecnica con cui esso verrà applicato. Tale tecnica dipenderà dalla tipologia di lavorazione che l’articolo richiede. La suola Nel caso in cui la suola in cuoio venga applicata e lavorata sulla forma montata, la tecnica di preparazione è piuttosto semplice: la suola arriva dall’operazione di tranciatura con un bordo di margine che sarà poi asportato nella successiva operazione di fresatura. Questo sistema viene oggi utilizzato solo per scarpe su misura o di alta qualità; in generale si preferisce utilizzare suole prefinite, con eventuale guardolo già applicato, che vengono poi incollate sulla forma e quindi rifinite, realizzando così una notevole economicità, nonché un’uniformità quasi assoluta. La preparazione del fondo si riduce in tal caso ad un semplice sviluppo di prototipi da parte dell’operatore, che verranno poi passati ai suolifici per l’approntamento della fornitura. Un’ulteriore estensione del concetto di prefinito riguarda il monoblocco, ossia l’insieme suola tacco. Si tratta di un gruppo completo, fornito dal suolificio completamente rifinito e che quindi non necessita di ulteriori interventi da parte dell’operatore. Le suole possono essere: incollate con lavorazione AGO cucite con spago impregnato di pece (per renderlo imputrescibile e più consistente). Esistono vari tipi di cucitura (Rapid, Blake, Ideal, mocassino); inchiodate, con doppia fila di chiodi;inchiodate e cucite;inchiodate ed avvitate; vulcanizzate (attraverso stami la suola ed il tacco vengono saldati direttamente sulla tomaia montata); iniettate (il sottopiede viene cucito alla tomaia che viene montata su una forma di alluminio ed appoggiata a stampi di suola che 108


vengono riempiti di materiale PVC o poliuretano). L’intersuola E’ un supporto avente la stessa geometria della suola e viene inserito tra il guardolo e la suola in cuoio. Realizzato in materiali termici o impermeabili, serve per isolare il piede dall’umidità e dal freddo. Il guardolo E’ una striscia di cuoio lavorata con smussature e cuciture varie od anche particolari stampigliature marcapunto. Ha una funzione decorativa e di ancoraggio della suola. Viene inserito sul profilo della forma montata oppure direttamente sulla suola mediante cucitura o incollaggio. Il tacco E’ un rialzo realizzato in diversi spessori ed applicato sotto il tallone; serve per dare alla scarpa un determinato assetto. La struttura del tacco è sempre riferita al tipo di scarpa ed al sistema di lavorazione adottato. Per un prodotto di alta qualità viene utilizzato il sistema caratterizzato dall’applicazione a strati di un numero di elementi in cuoio dimensionati in base alla tipologia del tacco e uniti tra loro con interposizione di colle. Tacco e suola dovranno perciò essere necessariamente rifiniti, direttamente sulla scarpa montata sulla forma, da abili ed esperti operatori. Nel caso di suole monoblocco il tacco è realizzato con succedanei di cuoio ed unito alla suola direttamente prima di venire applicato alla tomaia. Esistono anche altre tipologie di tacchi: tranciati in gomma, torniti da blocchetti di legno o plastica,in polistirolo e stampati in gomma. Il tacco, precedentemente incollato alla sua sede con materiali termoplastici, viene poi fissato al sottopiede dall’interno della scarpa per mezzo di viti, chiodi o caviglie (chiodi senza testa), sufficientemente lunghi, al fine di assicurarne l’ancoraggio nel tempo. 109


Il soprattacco Consiste in uno strato dello spessore di circa 4 mm, in gomma molto dura oppure in materiale plastico, applicato sulla parte alta del tacco e cioè a diretto contatto con il suolo a pressione o mediante perni o chiodi, al fine di proteggere il tacco ed evitare che si consumi durante l’uso. Finissaggio Questa fase di lavorazione consiste in una serie di operazioni che vengono effettuate alla fine del ciclo produttivo e che hanno lo scopo di preparare il prodotto per la vendita. Al fine di recuperare le caratteristiche originali del pellame che durante la lavorazione si sono inevitabilmente alterate, si procede al lavaggio della tomaia con un prodotto speciale a base di sapone neutro ed alla spalmatura di una crema lucidante che avrà anche l’effetto di ammorbidire il pellame. Una volta tolta la forma dalla scarpa, viene applicato il sottopiede di pulizia realizzato nello stesso colore e materiale della fodera e corredato dall’etichetta prevista. Si procede poi all’eliminazione di eventuali grinze o pieghe all’interno della scarpa mediante la stiratura della fodera e del sottopiede. A questo punto si possono applicare gli eventuali accessori previsti (stringhe, nastri, etc.) e passare alla sistemazione del paio nell’apposita scatola. Non essendo possibile, trattare diffusamente degli aspetti tecnici relativi alla progettazione di tutti i principali modelli di calzature, nel prossimo paragrafo vengono esaminati i metodi e le tecniche per il ricavo di un modello. la sequenza è logica per la realizzazione tecnica di un modello di calzatura, dopo la concretizzazione dell’idea in un disegno, prevede per prima cosa la realizzazione della forma. Questa viene sviluppata da tecnici esperti, in stretta collaborazione con lo stilista, al fine di armonizzare le esigenze geometriche, 110


che, anatomiche e funzionali che il prodotto deve mantenere con quelle che riguardano la linea, la moda e la fantasia creativa del designer. Per esigenze di sintesi, negli esempi di seguito riportati si spiegheranno in dettaglio le tecniche di realizzazione di modelli a mano partendo da un disegno e da una forma data. Va ribadito comunque che, prima di procedere allo sviluppo di una collezione di calzature, è indispensabile avere approntato i vari tipi di forma necessari per i diversi modelli. Le forme si differenzieranno pertanto fra loro per genere, funzione e, specialmente nelle calzature femminili, per altezza del tacco. Passando alla progettazione dei modelli su forma, bisogna sempre tener presente le caratteristiche alle quali la calzatura dovrà rispondere: dovrà essere valida esteticamente nella tomaia, rispettare le tendenze della moda o gli aspetti classici a cui l’immagine aziendale è improntata; dovrà avere un fondo adatto, in armonia con la linea e le caratteristiche del modello della tomaia; dovrà essere fedelmente riproducibile in serie e senza problemi con i mezzi disponibili reperibili dall’impresa per la quale il modello è stato ideato. Inoltre, prima di iniziare il disegno di un modello, è bene che il modellista effettui un esame della forma, verificando lo stato della superficie, per assicurarsi che sia priva di difetti, e quindi controllando le sue misure: lunghezza, calzata, circonferenza del collo, larghezza del sottopiede. Tutto ciò per avere sicurezza che la forma utilizzata sia idonea per il modello che andrà a disegnare.Ciò fatto, può procedere alla realizzazione di una serie di opera zioni che consentono la creazione del modello, e che elenchiamo zsinteticamente per poi descriverle in dettaglio nelle successive. Tutto ciò per avere sicurezza che la forma utilizzata sia idonea per il modello che andrà a disegnare. Ciò fatto, può procedere alla realizzazione di una serie di operazioni che consentono la creazione del modello, e che elenchiamo sinteticamente per poi descriverle in dettaglio nelle successive 111


esemplificazioni: preparazione della cosiddetta “camicia” della forma; disegno delle linee di stile sulla forma (o riproduzione del modello su forma); ); riporto del modello in piano; ricavo dei pezzi; sviluppo graduato del modello (o sviluppo delle taglie). Va detto che gli esempi di ricavo del modello della scarpa che verrà mostrato descrive pratiche in uso in alcune aziende calzaturiere. Esistono però numerose varianti ai processi illustrati, e soprattutto nelle misure dei margini (di ripiegatura, di rifilatura, di montaggio, etc.) che verranno successivamente indicate. Tali varianti dipendono dalle diverse esperienze dei modellisti e dalle diverse pratiche adottate dalle aziende (nel proseguimento del capitolo non si descriveranno quindi tutte le tecniche adottabili per il ricavo dei modelli, ma uno tra i processi in uso nel settore calzaturiero italiano). Il processo di progettazione e produzione di una calzatura è molto complesso e articolato. Come si è già descritto nel precedente capitolo, vede la partecipazione di svariate professionalità e lo scambio di informazioni, prototipi, materiali e componenti tra un insieme di aziende. Protagonista principale è il calzaturificio, che si relaziona in primo luogo con la conceria per quanto concerne la materia prima, e con il formificio, il solettificio, il tacchificio e il suolificio per la realizzazione dei tradizionali elementi di struttura. Ciò vale ovviamente nel caso si producano scarpe in pelle. Numerosissimi sono comunque i materiali e gli accessori che possono essere utilizzati per la produzione delle calzature (ad es.: tessuti, fibbie, cerniere, zip, occhielli, decorazioni, minuteria varia, etc.). Il calzaturificio si relaziona perciò con una varietà di fornitori, non solo con quelli sopra citati. La fase di progettazione è poi particolarmente strategica per le aziende che operano nell’ambito dell’alta moda, perché i tempi per la preparazione dei prototipi sono anticipati rispetto alle canoniche stagioni e devono essere quindi realizzati più velocemente. Il ciclo di sviluppo della scarpa, prende avvio dal lavoro dello stilista, che, a partire da un’attenta valutazione del mercato (ten 112


denze moda nell’ abbigliamento,evoluzione dei materiali e delle linee stilistiche), definisce gli orientamenti della collezione e prepara le proposte che potranno concretizzarsi in disegni o prototipi. Nella progettazione e costruzione dei prototipi lo stilista ricorre alla collaborazione di una serie di fornitori esterni, in particolare di quelli che detengono le competenze per la realizzazione delle strutture e delle componenti: forme, tacchi, solette o sottopiedi, suole, fondi in genere. Con riferimento alla costruzione di un décolleté, analizzeremo, ora, ognuno dei componenti necessari alla realizzazione di questo modello di calzatura. FORMA Una volta disegnato il décolleté da fabbricare, il processo di sviluppo della calzatura prosegue con La progettazione della “forma” (Figura 12). Si tratta di un oggetto che rappresenta l’interpretazione del volume destinato al piede all’interno della calzatura, ne descrive la sagoma anatomica, ed è la base di partenza essenziale per la fabbricazione delle calzature. Dal punto di vista stilistico, rappresenta inoltre l’essenza dei nuovi modelli in studio, ed è determinata in funzione delle esigenze della moda.Un tempo veniva prodotta in legno, oggi con materie plastiche. L’utilizzo del legno è ancora mantenuto nella fase di modellatura o realizzazione manuale del prototipo-forma e nelle produzioni su misura, per la maggior facilità con cui si può lavorare sull’oggetto. La forma deve essere comunque sempre eseguita rispettando norme ben definite, senza le quali non è possibile offrire un prodotto qualitativamente elevato. Viene perciò preparata: sulla base di apposite tabelle (sistemi di misura e tabelle di calzata), quando le scarpe sono confezionate con modalità industriali; sulla base delle misure di un determinato piede, quando le scarpe sono confezionate invece su misura (in questo caso le misure vanno rilevate sempre per entrambe le scarpe, in quanto il piede destro è quasi sempre un po’ più grande del sinistro). 113


Definita la forma, il processo di progettazione della calzatura prosegue: nel calzaturificio con la predisposizione del modello, nella parte superiore che fascia il piede e che è definita “tomaia”;nel solettificio, con la preparazione del “sottopiede” (detto anche “soletta” o “suoletta”). TOMAIA Per “tomaia” (Figura 13) si intende la parte superiore della calzatura – includendo qui anche la fodera (rivestimento interno della tomaia o di parte di essa, in pelle o stoffa) e i vari accessori – che si unisce alla suola, in opposizione, per costruire la scarpa finita. La progettazione di tale componente viene realizzata dal modellista di calzature, a partire dal disegno dello stilista e tenendo in considerazione le caratteristiche della forma e quelle del modello base a cui fa riferimento la scarpa da realizzare. Nel proseguimento della trattazione, verrà illustrato in che modo si realizza il disegno tecnico e il ricavo dei diversi pezzi che costituiscono la tomaia del décolleté riportata in Figura. CONTRAFFORTE Per “contrafforte” si intende il sostegno che viene intercalato tra fodera e tomaia nella parte posteriore di questa, in corrispondenza del tallone, in modo da irrigidirla. Originariamente prodotto in cuoio, ora viene realizzato in vari altri materiali. PUNTALE Per “puntale” si intende il sostegno rigido o semirigido posto tra la tomaia e la fodera, in corrispondenza della punta, modellato sulla forma in fase di montaggio della tomaia. SOTTOPIEDE

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Con “sottopiede” (Figura 3) si indica la parte superiore del fondo sulla quale appoggia direttamente il piede. Nella scarpa finita è rivestita o ricoperta di pelle sottile o altro materiale incollato, allo scopo di nascondere possibili imperfezioni o scabrosità del sottopiede stesso, oltre che per motivi estetici. La progettazione di questa componente è realizzata ancora dal modellista, a partire dalle caratteristiche della forma di riferimento del modello, tenendo in considerazione principalmente la sagoma della parte inferiore della forma – il cosiddetto “filoforma” o “giroforma” – e le sue curvature, oltre che i requisiti tecnico-costruttivi della componente stessa. Dopo aver realizzato forma e sottopiede, il calzaturificio può montare una prima tomaia, completa di rinforzi, puntale e contrafforte (quando previsti, come in questo caso). Il sottopiede viene fatto aderire alla parte inferiore della forma, e successivamente sulla parte superiore viene applicata e modellata la tomaia, “tirando” e chiudendo le parti perimetrali esterne dei pezzi sotto il filoforma. La forma così montata passa quindi al tacchificio per la realizzazione del tacco. TACCO Per “tacco” si intende, come noto, il rialzo posto sotto la parte posteriore della calzatura allo scopo di dare a questa un determinato assetto. La progettazione di tale componente viene realizzata dal modellista di tacchi in base alle indicazioni dello stilista, per quello che riguarda la definizione delle linee di stile del disegno, e tenendo in considerazione le caratteristiche tecniche della forma montata e i requisiti tecnici che la componente deve rispettare, in funzione di una serie di parametri tra i quali, ad esempio: l’altezza, la dimensione del tacco, il materiale che dovrà essere utilizzato per la costruzione, eventuali ulteriori lavorazioni, etc..Realizzato anche il prototipo del tacco, il calzaturificio porta la forma montata ed il tacco al suolificio, dove, una volta deciso lo spessore, il tipo di materiale, il tipo di lavorazione, il colore della suola, viene realizzata anche quest’ultima componente. 115


Realizzato anche il prototipo del tacco, il calzaturificio porta la forma montata ed il tacco al suolificio, dove, una volta deciso lo spessore, il tipo di materiale, il tipo di lavorazione, il colore della suola, viene realizzata anche quest’ultima componente. SUOLA Per “suola” (Figura 16) si intende, come noto, la parte anteriore del fondo della calzatura, particolarmente resistente, la cui superficie inferiore, durante la marcia, viene parzialmente o totalmente a contatto col suolo. La sua progettazione è realizzata dal modellista di suole in base alle indicazioni dello stilista e tenendo in considerazione le caratteristiche tecniche della forma montata, del tacco, e dei requisiti tecnico-costruttivi della componente stessa. Elementi di tecnica calzaturiera Si procede ora con la descrizione del ricavo di un modello base classico della produzione di calzature femminili, un décolleté a tacco 50, da costruire con una lavorazione “incollata”, a partire da un disegno dato (Figura) e da una forma numero 37, opportunamente progettata considerando contemporaneamente, come sottolineato più volte, le esigenze anatomiche e funzionali della calzatura, l’altezza del tacco, le linee di stile proposte. Per poter ripercorrere successivamente, in un’attività di laboratorio, i processi tecnico-progettuali di seguito descritti, è necessario disporre dei seguenti materiali e strumenti, che rappresenteranno il kit da lavoro per realizzare l’attività pratica (Figura ): KIT da lavoro: forma adatta al ricavo del modello carta adesiva matita e gomma 116


trincetto cartoncino riga metallica metrino da modellista carta millerighe nastro adesivo compasso a due punte. PREPARAZIONE DELLA “CAMICIA” La prima operazione da svolgere per procedere alla realizzazione di un modello è quella di ricoprire la forma che si è scelto di utilizzare, al fine di ricavare la camicia. Circa i metodi e i materiali utilizzati per questa operazione, ogni modellista opera in funzione delle proprie tradizioni o di eventuali esigenze specifiche. Nell’esempio illustrato è stata utilizzata carta adesiva. In tutti i casi, comunque, viene preparato l’abbozzo, ossia un pezzo di carta sufficiente a ricoprire un lato della forma (convenzionalmente quello esterno). Il procedimento di ricopertura inizia partendo dal calcagno verso la punta, e deve essere condotto prestando la massima attenzione affinché la carta adesiva aderisca perfettamente alla superficie della forma, evitando la formazione di bolle d’aria e pieghe. Si deve inoltre aver cura che la carta ricopra tutto il lato considerato andando di poco oltre la metà. Data l’abbondanza con cui si prepara l’abbozzo, resta una parte che deve essere rivoltata sotto la forma. Per agevolare questa operazione, si praticano dei piccoli tagli perpendicolari al filoforma, distanti circa un centimetro dall’altro, facendo attenzione a che non vadano ad incidere la carta in alcun punto in corrispondenza del filoforma. Nel caso in esame, osservando la Figura 19, appare evidente come sia impossibile fare aderire la carta in modo perfetto anche nel punto di massima curvatura della parte anteriore della forma. In queste circostanze, per risolvere il problema occorre praticare un piccolo taglio nel punto in cui la carta risulta troppo tesa. Nel nostro esempio, il taglio viene eseguito 117


seguendo la linea nera che compare nella Figura .., ottenendo così un’apertura cuneiforme nel foglio di carta adesiva che consente una corretta adesione della carta. Dopo aver effettuato l’operazione di ricopertura della forma, si procede disegnando a matita la cosiddetta “linea di mezzeria”, ovvero la linea che rappresenta l’intersezione con la forma di un piano verticale passante per il centro della punta e la parte centrale del calcagno. Dovendola tracciare a mano libera, in modo il più possibile rettilineo, occorre una certa abilità e precisione. Si comincia tracciando la “linea di mezzeria anteriore”, partendo dalla punta in corrispondenza del filoforma e arrivando fino alla parte più alta (top) della forma stessa, dividendola in due metà Quindi si prosegue disegnando la “linea di mezzeria posteriore” della forma, questa volta partendo dal filoforma in corrispondenza della zona del tallone e per arrivare fino al top della forma. Dopo aver disegnato queste due linee, bisogna tracciare sulla carta adesiva una linea di riferimento in corrispondenza del segno dell’altezza del “gambetto” (evidente in Figura ). Per “gambetto” si intende qui il punto che, sulla parte posteriore della forma, viene evidenziato con un piccolo scasso e che, sulla forma utilizzata misura 37, risulta essere ad un’altezza di 52 mm dal filo forma del calcagno. Disegno Delle Linee Di Stile Sulla Forma Il passo successivo è ora quello di realizzare il disegno del modello, a partire dalle direttive impartite dallo stilista RIPORTO DEL MODELLO IN PIANO Dopo aver tracciato le linee necessarie al disegno del modello servendoci di un trincetto per tagliatori andremo a rifilare il contorno dei pezzi, seguendo perfettamente il disegno sulla forma e rifilando anche le linee di mezzeria anteriore e posteriore. Durante questa operazione si dovrà fare attenzione a non calcare molto con il trincetto sulla forma, per non inciderla. 118


Dopo avere tagliato il contorno del disegno si provvede a staccare la carta adesiva dalla forma, curandosi di lasciare attaccata la parte superiore, che servirà in seguito per il controllo finale del modello. A questo punto si prende un foglio di cartoncino di grandezza sufficiente a contenere tutto il modello e, servendosi di riga metallica e trincetto, si provvede ad incidere una linea retta, che costituirà l’asse di simmetria (come già indicato, detta anche mezzeria) del modello. Anche in questo caso bisogna fare attenzione a che l’incisione sul cartoncino non sia né troppo superficiale né troppo profonda, perché il cartoncino dovrà in seguito piegarsi ma non rompersi in corrispondenza dell’incisione. Quindi, dopo aver staccato completamente dalla forma il modello in precedenza disegnato e ritagliato, lo si fa aderire bene a partire dalla punta lungo la linea di mezzeria incisa sul cartoncino,come mostrato in Figura. Incisione della linea di mezzeria sul cartoncino e adesione della parte anteriore del disegno ritagliato dalla forma sullo stesso cartoncino. La carta adesiva deve aderire bene al cartoncino, seguendo la linea dello scollo. Eseguendo questa operazione, mentre si fa in modo che la parte anteriore del modello combaci con la linea di mezzeria, si unisce al cartoncino la parte posteriore del modello facendo in modo che il punto più alto del retro resti ad una distanza più bassa di 4 mm rispetto alla mezzeria, come mostrato in Figura … Questa operazione ha lo scopo di lasciare lo spazio necessario a poter in seguito applicare al pezzo da ricavare, che chiameremo “tomaia”, un “margine di ripiegatura” dell’ampiezza di 4 mm. Dopo avere fatto aderire bene tutta la carta adesiva al foglio di cartoncino, con la matita si provvede a tracciare una linea che segua la parte inferiore del modello, ad una distanza di circa 35 mm verso l’esterno dalla carta adesiva. 119


Questo spazio prenderà il nome di “margine di montaggio” (o più brevemente “montaggio”), e rappresenterà quella parte della calzatura che verrà racchiusa tra la soletta e la suola nella fase del montaggio della lavorazione “incollato”, permettendo alla calzatura di poter essere chiusa. È quindi il margine lasciato ai bordi inferiori dei vari pezzi della tomaia ed alle relative fodere, peroffrire una presa alle pinze manuali o meccaniche durante il montaggio sulla forma. Tale margine risulta essere al momento grossolano, e verrà successivamente ridotto alle dimensioni ottimali. A questo punto, dopo avere disegnato la linea del montaggio, si provvede a ritagliarla con il trincetto (Figura), ripetendo l’operazione per la linea dello scollo e del tallone, e facendo in modo che quest’ultima abbia una curvatura adeguata a permettere una corretta chiusura della parte posteriore della scarpa sul tallone. In genere ogni modellista conserva gelosamente le proprie dime per il disegno della linea del tallone, diverse in funzione dell’altezza del tacco della scarpa. Come si vede nella Figura , non va ritagliata la linea di mezzeria anteriore del modello in piano, e deve essere conservato il ritaglio di cartoncino che rappresenta il “negativo” della linea della scollatura, in quanto servirà successivamente. Le misure indicate sono ricavate considerando il fatto che, per un modello di décolleté a punta sfilata come quella in uso, un margine di montaggio standard risulta essere: di 20 mm nella zona del tallone, fino a circa metà modello, di 18 mm nel punto di calzata (che nel modello si trova nel punto in cui questo raggiunge la massima larghezza),15 mm in pianta, circa 8 mm in corrisponde nza della punta. Si precisa inoltre che, nella zona del tallone, tutti i modelli devono essere alti 75 mm, per tener conto dello spessore del sottopiede (in genere di circa 3 mm) che verrà inserito durante il montaggio della calzatura.Dopo avere disegnato la nuova linea del montaggio, si può procedere con il taglio finale del suo profilo Per poter considerare terminato il lavoro di creazione della base 120


, occorre disegnare le linee che serviranno successivamente per ricavare i diversi “pezzi” necessari a produrre il modello di calzatura in lavorazione. Fino ad ora si è infatti definita “tomaia” tutta la parte superiore della calzatura, includendo le componenti di cui è costituita. Nel caso in esame, operando su un modello décolleté, la tomaia comprende le seguenti parti: la componente esterna della calzatura, anche questa indicata come “tomaia”; il rivestimento interno della tomaia o di parte di essa, detta “fodera”; la “camoscina”, ovvero la striscia di pelle che viene montata all’interno della parte posteriore della scarpa, col lato “carne” della pelle in vista, e che serve per contrastare lo sfilamento della scarpa stessa durante la marcia; la “tela” o “garzina”, vale a dire il pezzo (di tessuto in trama, termoadesivo) che viene applicato alla tomaia allo scopo di rinforzala e proteggerla dall’usura; il “rinforzo” dello scollo, ovvero il rinforzo (in materiale sintetico autoadesivo) che viene applicato tra la fodera e la tomaia nella parte anteriore dello scollo della décolleté, utile a mantenere stabile la curvatura dello scollo stesso. Oltre alle linee della tomaia, sul modello in cartoncino andranno perciò tracciate quelle necessarie per ricavare il rinforzo della scollatura, della fodera e della camoscina. Come evidenziato nella Figura 42, si disegnano dunque: la linea che determina le dimensioni per realizzare il pezzo che servirà come rinforzo della scollatura: si tratta dei due segmenti che appaiono, in figura, sui due lati dello scollo; la linea di “spezzatura” tra la fodera e la camoscina: si ottiene tracciando una retta che dista dal tallone, nel suo punto di inizio più alto (sullo scollo), di 45 mm, e di 55 mm nel suo punto terminale (lungo la linea del montaggio). RICAVO DEI PEZZI Si può procedere ora al ricavo delle componenti che costituiscono la parte superiore del décolleté.L’operazione viene condotta ritagliando su cartoncino, per ciascuna delle componenti previste, una sagoma che rispetti perfettamente la conformazione del 121


pezzo. Nell’esempio in esame, come anticipato, i pezzi che devono essere ricavati sono: TOMAIA TELA o GARZINA FODERA CAMOSCINA RINFORZO DELLO SCOLLO Il primo pezzo che andremo a ricavare è quello della TOMAIA, qui intesa come la parte esterna della componente superiore della scarpa, visibile nella calzatura finita. Si prenda un nuovo pezzo di cartoncino di dimensioni adeguate, si incida la linea di mezzeria usando riga metallica e trincetto, e si appoggi la base realizzata in precedenza facendo coincidere alla perfezione le due linee di mezzeria. A questo punto si copino a matita tutte le linee che costituiscono il contorno della base (Figura ). Quindi, per ottenere il cosiddetto “margine di ripiegatura” - si definisce ripiegatura l’operazione consistente nel ripiegare su se stesso il bordo di una parte della tomaia, dopo averlo scarnito e spalmato di mastice - si prenda il compasso a due punte e si tracci una linea parallela, che abbia cioè lo stesso andamento dello scollo, ad una distanza di 4 mm verso l’esterno dello stesso. Come già descritto, il compasso verrà usato aprendolo di 4 mm e facendolo scorrere lungo il margine dello scollo, per ottenere una linea identica ma più esterna appunto di 4 mm. Si provveda ora a tagliare con il trincetto tutta la linea del montaggio, la linea dello scollo aumentata del margine di ripiegatura, e le linee del tallone. La Figura riporta il risultato del lavoro svolto, dove: le linee blu estere rappresentano il margine di montaggio e il tallone esterno e interno, la linea blu interna rappresenta lo scollo, la linea tratteggiata in viola rappresenta il margine di ripiegatura.È importante fare attenzione affinché le linee del tallone, interna ed esterna, risultino essere identiche, perché al momento della cucitura della tomaia 122


dovranno combaciare perfettamente (a tale scopo conviene dapprima tagliare la parte esterna, poi piegare in due il modello lungo la linea di mezzeria e tagliare la parte interna doppiando quella esterna precedentemente ricavata). Per concludere, si pratichi una tacca a V sulla linea di mezzeria anteriore (per indicare il centro della punta del modello), ed una tacca a semicerchio sul lato interno all’altezza della pianta (per indicare la parte interna della scarpa). Si prosegue quindi con il ricavo del pezzo denominato FODERA. Anche in questo caso, come in quelli precedenti, si deve prendere un pezzo di cartoncino delle dimensioni adeguate, lo si deve incidere usando riga metallica e trincetto per individuare la linea di mezzeria, e si deve appoggiare la base in precedenza ricavata facendo coincidere alla perfezione le due linee di mezzeria. Quindi si devono segnare tutti i contorni fino ad arrivare alla linea retta di spezzatura tra fodera e Camoscina. Per concludere si pratichi una tacca a V sulla linea di mezzeria avanti (per indicare il centro) ed una tacca a semicerchio sul lato interno all’altezza della pianta (per indicare la parte interna della scarpa). Terminato il ricavo delle parti componenti, è possibile tagliare i pellami, le tele e i rinforzi e quindi procedere alla cucitura delle parti e al montaggio. Per procedere invece sviluppo delle taglie, si utilizzano software appositi: si digitalizza la base del modello, si ricavano le parti componenti e si effettua lo sviluppo con apposite procedure.Si prosegue quindi con il ricavo del pezzo denominato FODERA. Anche in questo caso, come in quelli precedenti, si deve prendere un pezzo di cartoncino delle dimensioni adeguate, lo si deve incidere usando riga metallica e trincetto per individuare la linea di mezzeria, e si deve appoggiare la base in precedenza ricavata facendo coincidere alla perfezione le due linee di mezzeria. e si deve appoggiare la base in precedenza ricavata facendo coincidere alla perfezione le due linee di mezzeria. Quindi si devono segnare tutti i contorni fino ad arrivare alla linea retta di spezzatura tra fodera e Camoscina. 123


Per concludere si pratichi una tacca a V sulla linea di mezzeria avanti (per indicare il centro) ed una tacca a semicerchio sul lato interno all’altezza della pianta (per indicare la parte interna della scarpa). Terminato il ricavo delle parti componenti, è possibile tagliare i pellami, le tele e i rinforzi e quindi procedere alla cucitura delle parti e al montaggio. Per procedere invece sviluppo delle taglie, si utilizzano software appositi: si digitalizza la base del modello, si ricavano le parti componenti e si effettua lo sviluppo con apposite procedure.

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Capitolo terzo BiodiversitĂ

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3.1 Ricerca nella natura: la biodiversità ( le cactacee) Significato del termine biodiversità La diversità biologica o biodiversità in ecologia è la molteplicità di organismi viventi, nelle loro diverse forme, e dei rispettivi ecosistemi. Essa comprende l’intera variabilità biologica: di geni, specie, nicchie ecologiche ed ecosistemi. Le risorse genetiche sono considerate la componente determinante della biodiversità all’interno di una singola specie. Le specie descritte dalla scienza sono in totale circa 1,75 milioni, mentre il valore di quelle stimate oscilla da 3,63 a più di 111 milioni. Tuttavia queste stesse stime risultano incomplete, in quanto nuove specie vengono scoperte e aggiunte continuamente al totale generale . L’estinzione di specie è la minaccia della biodiversità . Secondo il Glossario Dinamico ISPRA-CATAP, per biodiversità entro un determinato ambiente si intende la varietà di organismi viventi in esso presenti. Può essere descritta in termini di geni, specie ed ecosistemi. L’anno 2010 è stato dichiarato dall’ONU l’Anno internazionale della biodiversità Il decennio 2011-2020 è stato dichiarato Decennio della Biodiversità. Significato del termine biodiversità L’espressione italiana è un calco linguistico derivante dal termine inglese biodiversity. Come traduzione alternativa si potrebbe proporre biovarietà o varietà della vita presente sul pianeta. Il termine biodiversità si è ormai consolidato e viene comunemente utilizzato nei diversi ambiti scientifici e culturali. Livelli di biodiversità Si considerano tre distinti livelli di biodiversità: diversità genetica, la somma complessiva del patrimonio genetico degli esseri viventi che abitano il pianeta; diversità di specie, che indica l’abbondanza e la diversità tassonomica di specie presenti, per la terra decine di milioni delle quali solo una minima frazione è stata classificata in letteratura scientifica; diversità di ecosistemi, con cui si indica l’insieme di tutti gli ambienti naturali presenti 128


sul nostro pianeta. La biodiversità non è un valore fisso e stabile, ad esempio in un dato ambiente la biodiversità delle specie presenti può aumentare o diminuire nel tempo a causa di diversi fattori che possono essere di carattere naturale e/o antropico.Valore della biodiversità Dal punto di vista della vita dell’uomo. La biodiversità ha influenze anche nelle produzioni agrarie dell’uomo. È grazie alle biodiversità presenti in paesi diversi, più spesso di una piccola regione, che risulta possibile avere delle produzioni con delle caratteristiche specifiche. Alcuni esempi pratici possono essere: La diversità genetica dell’uva determina le differenze fra i vari vitigni che rendono possibile avere diversi tipi di vino; La specificità genetica dei microrganismi di alcune grotte determina il sapore specifico di alcuni formaggi (ad es. il gorgonzola); La diversità genetica dei diversi ceppi di lieviti determina tra l’altro il diverso sapore dei prodotti lievitati o fermentati (ad es. birra, pane e pizza, yogurt etc.); Le diverse caratteristiche biologiche che consentono agli alberi di adattarsi alle varie condizioni climatiche determinano le caratteristiche specifiche dei vari legni per cui alcuni legni sono maggiormente usati in edilizia, altri nell’industria mobiliera o nella liuteria, nell’aeromodellismo, nelle costruzioni navali, come legna da ardere etc.; Le diverse caratteristiche biologiche che consentono alle foglie o ai fusti di alcune piante di adattarsi alle varie condizioni climatiche ne determinano la possibilità di utilizzo come fibre tessili (ad esempio le diverse qualità di cotone, lino etc.);Le diverse caratteristiche Biologiche che consentono agli ovini, ai conigli, alle oche e a molti altri animali di difendersi dal freddo determinano le diverse varietà di lane o altri tessuti da noiutilizzati(adesempio lambswool,merino,angora, alpaca, cammello,cashmere, seta, piumino d’oca etc.); La diversità ecologica e paesaggistica orienta le nostre scelte turistiche;

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Di conseguenza esistono vari e importanti motivi per mantenere un’elevata biodiversità sia a livello nazionale che locale. La perdita di specie, sottospecie o varietà comporta infatti una serie di danni. Questi possono raggrupparsi come: ecologico, perché comporta un degrado della funzionalità degli ecosistemi; culturale, perché si perdono conoscenze e tradizioni umane legate alla biodiversità; economico, perché riduce le risorse genetiche con il loro potenziale sfruttamento economico. Ad esempio, due specie di rane australiane del genere Rheobatrachus, che incubavano i propri piccoli nello stomaco, secernevano una proteina che inibiva la produzione di succhi gastrici che poteva risultare utile per lo sviluppo di nuovi medicinali per l’ulcera gastrica o altri disturbi. Purtroppo queste rane si sono estinte e si è conseguentemente persa la possibilità di studiare e produrre tale farmaco. Il cambiamento climatico ha un effetto negativo sulla biodiversità. Di contro, il mantenimento di ecosistemi sani aiuta a mitigare gli effetti estremi dovuti al clima. La vegetazione nelle città protegge dall’effetto noto come isola di calore, la vegetazione costiera e le dune proteggono dagli effetti di tsunami o anche da più comuni burrasche o altri eventi climatici. Più genericamente si può dire che la presenza di una ricca varietà di specie in un ambiente ne aumenta la sua resilienza, ossia la sua capacità di tornare “a posto” dopo avere subito uno stress. Con la moderna agricoltura, a causa dell’uso massiccio di poche varietà standard di sementi, sta diminuendo la biodiversità alimentare. Dal punto di vista biologico L’importanza della biodiversità è data principalmente dal fatto che la vita sulla Terra, compresa quella della specie umana, è possibile principalmente grazie ai cosiddetti servizi forniti dagli ecosistemi che conservano un certo livello di funzionalità. Questi servizi sono generalmente raggruppati nei seguenti gruppi: Servizi di fornitura ad es. cibo, acqua, foraggio, legno e fibre; Servizi di regolazione ad es. stabilizzazione del clima, assesto idrogeologico, barriera alla diffusione di patogeni e parassiti, riciclo dei rifiuti, qualità 130


dell’acqua; Servizi culturali ad es. i valori estetici, ricreativi e spirituali; Servizi di supporto ad es. formazione di suolo, fotosintesi, riciclo dei nutrienti.La visione moderna del rapporto fra uomo e ambiente è quella che riconosce la diversità biologica come elemento chiave del funzionamento della Terra e l’uomo come un elemento determinante di questo sistema ecologico.La diversità biologica, quindi, è considerata a tutti i livelli ed include non solo la varietà delle specie e sottospecie esistenti, ma anche la diversità genetica e la diversità degli ecosistemi. Dal punto di vista filosofico.Henri Bergson è il filosofo che nella prima metà del Novecento si è occupato delle strategie evolutive e degli impulsi vitali (élan vitale) degli organismi viventi, e della loro tendenza allo sviluppo e alla differenziazione. Il pensiero filosofico, anche se in maniera subliminale e con effetto ritardato, ha sempre avuto, e continua ad avere, una profonda influenza sull’opinione pubblica e quindi sulle scelte politiche di un periodo storico. Anni dello sviluppo industriale, le politiche di Negli sviluppo erano fortemente “antropocentriche” e consideravano le risorse naturali come un bene praticamente infinito e esauribile a completa disposizione dell’uomo. Lo stesso Thomas Henry Huxley, biologo e filosofo britannico particolarmente influente,convinto sostenitore dell’evoluzionismo darwiniano, tanto da essere soprannominato il “mastino di Darwin”, si era pubblicamente esposto sulle capacità della natura di rigenerarsi e di produrre risorse in maniera praticamente infinita.Questo periodo storico, e le scelte politiche che lo hanno caratterizzato, hanno migliorato la qualità della vita nei Paesi occidentali ma a costo di una distruzione ed un degrado ambientale di cui ora iniziamo a pagare le conseguenze. I movimenti ambientalisti ed animalisti che hanno seguito, prendono spunto da teorie filosofiche cosiddette “naturocentriche”, ossia che mettono al centro del proprio interesse la vita degli animali e delle piante, considerando che il Pianeta, o perlomeno la sua parte selvaggia, era inizialmente la loro “casa”. 131


Il nuovo approccio sviluppato nell’ambito del processo sullo sviluppo sostenibile, tende invece a considerare la popolazione umana come una parte integrante dell’ecosistema, che ha la capacità e la possibilità di influenzarlo in maniera profonda, ma la cui vita dipende dalla presenza di ecosistemi sani e dalla vita stessa esistente sul Pianeta. Tutela della biodiversità Con l’avvento delle biotecnologie durante il secolo scorso si è fatta sempre più impellente la necessità da parte dei singoli governi e delle organizzazioni internazionali di stabilire delle norme di regolamentazione atte alla tutela della biodiversità, sia animale e sia vegetale. In particolare, la biodiversità agro-alimentare di molte culture si riteneva potenzialmente minacciata dall’irruzione incontrollata sul mercato degli organismi geneticamente modificati, per i quali la legislazione varia di paese in paese, e in alcuni casi è deregolamentata.

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3.2 Le cactacee Piante succulente (impropriamente, piante grasse) vengono chiamate quelle piante dotate di particolari tessuti “succulenti”, iparenchimi acquiferi, tramite i quali possono immagazzinare grandi quantità di acqua. L’acqua assorbita durante i periodi di pioggia viene amministrata sapientemente, durante i periodi di siccità, migrando ad ogni distretto dell’organismo della pianta che la richieda. Per la presenza del tessuto succulento, foglie, fusti e radici di queste piante diventano carnosi e ingrossati, assumendo - a seconda del tipo - forme tipiche quali quelle sferiche, colonnari, a rosetta, appiattite ecc. Le succulente sono spesso indicate, erroneamente, col termine generico di cactus, che in realtà si riferisce ad una determinata famiglia di tali piante, tutte originarie delle Americhe. Mentre quasi tutti i cactus sono succulente, non tutte le succulente sono cactus. Le succulente sono piante adattate a vivere in condizioni di aridità più o meno pronunciata mediante l’assorbimento di grandi quantità di acqua in un tessuto apposito, detto parenchima acquifero, spugnoso e formato da grandi cellule rotondeggianti e ampi spazi intercellulari interposti, localizzato in vari organi delle piante. Una volta assorbita, l’acqua è conservata mediante alcuni accorgimenti, tra cui l’ispessimento epidermico dato da cutine e la secrezione di cere idrofobiche protettive. Anche la produzione di peluria (tricomi) aiuta le piante a diminuire le perdite per traspirazione. Spesso le foglie sono trasformate in spine (es. Echinocactus) e la fotosintesi clorofilliana viene effettuata dal fusto modificato. Riassumendo, oltre alla “succulenza” queste sono le principali caratteristiche che le piante succulente hanno sviluppato per ridurre al minimo la perdita di acqua: • alcune presentano metabolismo CAM per minimizzare la perdita di acqua • foglie assenti, ridotte o di forma sferica • riduzione del numero di stomi • il fusto è la sede principale della fotosintesi 133


• la forma di crescita è compatta: colonnare, sferica o a cuscino compatto • presenza di cere, cutine e peli sulle superfici esterne per ridurre la perdita d’acqua mediante la creazione di un micro-habitat umido intorno alla pianta e mediante la riduzione del flusso d’aria sulla sua superficie. Ambiente Originarie di zone aride e desertiche nelle quali si sviluppano assieme ad altre piante xerofile, sono in grado di resistere a lungo alla siccità. Crescono prevalentemente in terreni predesertici, dove si alternano periodi di grande siccità a periodi di piogge più o meno intense. Le si può trovare in quasi ogni clima della Terra caratterizzato da temperature medie sopra gli 0 °C durante il periodo della vegetazione e in cui le piogge siano abbastanza scarse da limitare la crescita delle piante non xerofite (mesofile). Non si trovano nelle zone con assenza totale di piogge, in quanto non potrebbero realizzare la riserva idrica minima necessaria alla sopravvivenza. Se ne trovano alcune persino nelle foreste umide, in America centrale e meridionale, in Africa, Madagascar e Asia; in tali ambienti sono molto competitive nella colonizzazione di habitat epifitici della volta forestale, assieme a tillandsie, microfelci e altre piante che condividono questo ambito di crescita possono così trovare la luce che filtra negli strati più alti del fogliame; tra queste l’Epiphyllum o gli Hylocereus: per questo vengono chiamate piante epifite. Nelle Isole Canarie o nel Madagascar si trovano succulente di grandi dimensioni come la Euphorbia. In Europa si possono trovare molte specie di Sedum, di Sempervivum e di Agave. In Messico e California si trovano le specie più resistenti e grandi, in grado di permettere agli animali di scavare nel loro fusto gallerie che servono da rifugio. 134


In coltivazione le piante succulente necessitano di posizioni luminosissime anche se durante l’estate alcune specie non gradiscono il pieno sole in quanto adattate alla vita in comunità vegetali in cui le piante più grandi offrono protezione a quelle più piccole. Fioritura La fioritura delle succulente avviene per la maggioranza delle specie ogni anno nel periodo che va da maggio a novembre. Alcuni generi impiegano diversi anni a raggiungere la fioritura, come ad esempio le Yucca, le Sempervivum o le Agave. Queste piante si sviluppano a rosetta e, dopo diversi anni (per le agave ne occorrono anche fino a quindici), quando hanno raggiunto la robustezza sufficiente alla fioritura, la loro rosetta si sviluppa in fiore; se non hanno emesso polloni o rosette alla base, la pianta dopo la fioritura muore. I cactus sono la famiglia che presenta più di 200 generi diversi. Di questi, alcuni, come per esempio la specie Zygocactus truncantus del genere Zygocactus, fiorisce a fine dicembre ed è per questo comunemente chiamata cactus di Natale; altre ancora, come nel genereRebutia, fioriscono verso la metà dell’autunno. In sostanza, diversificando accuratamente una scelta di piante succulente si potrà avere una fioritura durante tutto l’anno.

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Capitolo Quarto Piante e fiori nella moda

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4.1 Piante e fiori nella moda Il tema piante e fiori nella moda, per molti, potrebbe sembrare scontato. Spesso è stata fatta un’associazione che vede fiori e moda accomunati semplicemente per la loro bellezza. Invece, tutti coloro che lavorano nel settore delle piante, cosi come in quello della moda, comprendono quanto tale ragionamento possa essere superficiale. Un bellissimo fiore, delicato nelle proporzioni, profumato, semplicemente perfetto, non è stato così da sempre e lo sarà solo per un breve momento. Dietro tanta bellezza esiste un mondo fatto di terra, fango, pioggia ed infinita cura e pazienza. La bellezza finale, cosi come da noi percepita, è la somma di tutto ciò ed ancora più apprezzabile, appunto per la sua natura effimera e temporanea. Tale natura effimera è ciò che, a mio parere, accomuna fiori e moda. Molti degli abiti ed accessori raffigurati nelle immagini seguenti sono frutto di ore di lavoro, di fatica, di frustrazione e di attesa, mirati al raggiungimento della bellezza finale. Anche un accessorio come la scarpa, nonché la sua bellezza, così come un fiore, ha vita breve. I tessuti e le pelli non appassiscono come i petali di un fiore o come una pianta, ma l’interesse delle persone sì. Una volta consumato quel momento di euforia per il nuovo, lo stupore per la novità è tempo di andare oltre e di rivolgere l’attenzione ad altro. Sia per le piante che per la moda le stagioni passano e tutto cambia. In quale modo la natura trova il suo posto nella moda? La mia intenzione è quella di delineare un quadro generale – seguendo un ordine cronologico – incentrato sulla scarpa e sulla moda “ in natura”, al fine di comprendere come i fiori e le piante venissero utilizzati come tema decorativo, nell’abbigliamento e negli accessori dagli anni ’40 e fino ai giorni nostri in Italia. In verità questa rappresenta la prima parte di una ricerca storica, che proseguirà in una approfondita ricerca personale, con 138


l’intento di stabilire se vi sia, in effetti, un legame più stretto tra piante coltivate e piante rappresentate nei tessuti, nelle pelli ecc. Nella prima parte si intende soprattutto comprendere quali furono le influenze culturali che portarono stilisti e disegnatori di tessuti alle loro scelte interpretative del motivo floreale, nelle varie epoche. Citando Irene Brin - acuta giornalista di costume - la generazione che si sviluppò tra gli anni ‘ 20 e ’40 era “rumorosa, ingenua, triste, illusa di vivere secondo un ritmo eccezionale”. Sono anni di guerra in cui tutto - come le materie prime - viene a mancare, vi sono restrizioni, tutto viene razionato. Elsa Schiapparelli, una delle poche griffe a non interrompere la propria attività (considerato che la guerra aveva costretto molte case di moda a chiudere ed altrettante a dichiarare fallimento) disegna una collezione “Cash e Carry” caratterizzata da enormi tasche sull’intero abito, pensata per una donna costretta a dover scappare continuamente e a prendere tutto il necessario in fretta e furia; un abito eccezionale e super funzionale, che da abito da pomeriggio diventa da sera, tirando semplicemente una stringa. Per affrontare gli spostamenti improvvisi, le camminate incessanti al freddo servono scarpe robuste, e con la guerra in corso molti materiali come cuoio e acciaio sono introvabili; pertanto, la forma della scarpa diventa più tozza, si abbassano e si ingrossano i tacchi, si diffondono le suole in gomma, spariscono i “souliers” ricamati, vanno di moda le scarpe più funzionali e saranno apprezzate - e non poco - le eccentriche platform in sughero. La liberazione del dopoguerra si caratterizza per una difficile ripresa dell’economia. Emerge un fenomeno nuovo, il Made in Italy, che grazie alla ricerca dei buyer americani che trovano in italia un’ottima qualità di manodopera a basso costo - stante l’impoverimento post bellico – inaugurerà una nuova pagina della storia che vedrà la moda italiana imporsi con artisti di rilievo, quali Emilio Pucci, Gucci, Ferragamo, Roberta di Camerino, 139


, ecc. Allo stesso tempo nel design troviamo Gio Ponti, Fornasetti, Mollino, i quali porteranno nell’architettura, come nell’arredo una nuova funzionalità di stile.

1940-1950 Marchio: Gibili Nabuk verde e pelle dorata compongono questa scarpa di fattura artigianale che si allaccia su tre foglie al collo del piede. Il motivo delle foglie si ripete nella linguetta e sul retro. Come possiamo vedere in questa scarpa anni 40 l’essenzialità della forma bellica riparte con una ricerca di una nuova linea ed armonia, per ritrovare una nuova eleganza .

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1947-1950 Marchio: Salvatore Ferragamo Modello: Liu D’ispirazione,orientale , definita dal ricamo floreale in filo di seta, per la pantofola che veste come un tronchetto. Il rivestimento ingloba sia la tomaia che la zeppa bassa in sughero. I magnifici anni ‘50 – in cui la frenesia del boom economico ha garantito un nuovo tenore di vita – si contraddistinguono per le adolescenti educate al culto del buon matrimonio; la Barbie, da poco comparsa sul mercato, insegna alle bambine come pettinarsi e trovare l’abito giusto per ogni occasione . Mai come negli anni ‘50 la casalinga godeva di un’ottima fama; i media più snob la ritraevano perfetta in ogni occasione, con tacchi a spillo anche per cucinare, sempre impeccabile dal mattino alla sera. Ora che divisione dei ruoli tradizionali borghesi si sono ripristinati tutto ciò sembra procurare più sicurezza ai sessi. Sulla paternità del tacco a spillo si hanno fonti dubbie; già da diversi decenni molti artigiani quali tra cui Ferragamo, Beth Levine ed altri lavoravano alla realizzazione del vertiginoso tacco. Ma sarà Roger Viver a fare di questo modello un fenomeno di moda. In realtà furono le 141


maestranze di Vigevano a trovare la soluzione per indossare in maniera idonea questa scarpa vertiginosa e dare confort al piede con un’apposita struttura in metallo, posta a rinforzo del sottopiedeLe gonne a “corolla” di Dior e le vite strizzate, curve femminili e tessuti vaporosi e scarpe a decolté con tacchi sempre più alti e sottili; per le scarpe si apre un nuovo mondo di sperimentazioni. Gli artigiani fanno a gara per rendere il tacco a spillo più sottile possibile.

1958 Marchio: Dior Designer: Roger Viver Il tacco più cool del momento detto anche “choc”, una delle particolarità di Roger Viver, una variante dello stiletto, lancia la décolleté in stoffa, stampata con motivi floreali e fiocco applicato.

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Come possiamo vedere, nelle prossime immagini - raffiguranti diverse tipologie di scarpe - trovo molto interessante come la natura sia continuamente fonte d’ispirazione nei vari decenni e come ciò possa avere un’evoluzione sempre nuova e diversa.

1956 Marchio: Aldo Sacchetti Sabot viola e rosa e rosa in raso e capretto laminato,aperto in punta e con tacco ricoperto da ricamo cucito a fiore. La decorazione,con riporto incrociato a treccia, a punta sul collo del piede riecheggia il piccolo sperone che protegge il tallone. In un altro esempio della collezione Sacchetti, trovo elegante l’accostamento dei colori del verde e dell’oro, che accompagna il tessuto di raso nella ciabattina con motivo elegante a treccia, tacco ricoperto con motivi a foglie. Troviamo cucitura a foglie sui lati e sulla fascia che cinghie e sul collo del piede. 143


1958 Marchio.: Aldo Sacchetti Una raritĂ , invece, la dĂŠcolletĂŠ con tomaia e tacco in raso a pezzo unico. La cucitura si trova nel riporto laterale e nel tallone. In raso, in pelle, il finissimo ricamo a motivo floreale, con strati sovrapposti gioca sul contrasto verde-oro.

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1957 Marchio: Aldo Sacchetti Gli anni sessanta sono stati segnati da vari eventi come la morte di Marilyn Monroe, la quale segnava la fine delle donne a clessidra e l’inizio delle donne-grissino, caratterizzate da gambe lunghe e sottili. Quelle che ieri erano scolarette con il fiocco oggi sono glouoies con capelli e abiti corti e abitudini scostumate. La teen beauty che domina gli anni sessanta insieme alla fatidica “figlia dei fiori” è la moda dei giovani che viene per la prima volta messa sotto i riflettori; quello che l’accoglie è un bel paese, dove tutto appare nuovo, futuristico e tecnologico. Negli anni ‘60 non poteva mancare la sperimentazione, anche nell’ambito moda. I fiori e le piante continuano ad essere fonte di ispirazione ma in una prospettiva totalmente nuova.

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1965 Marchio: Renè Caovilla Il riferimento alle porcellane da tavola del settecento ed il secolo di Caovilla, si ritrovano sia nel decoro floreale, che spicca sul lucido della tomaia, sia nella forma rococò del tacco, decorato anche nella parte interna.

1965 Marchio: Renè Caovilla Nella calzatura couture sono frequenti nelle creazione Renè Caovilla, i ricami all’universo botanico. La tomaia di questa slingback di fattura classica è decorata con una cascata di fiorellini i cui contorni vengono seguiti nel profilo della scollatura.

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1960 Marchio: Bally Il modello con punta chiusa e dal tallone libero viene ideato dal produttore svizzero Bally in versione preziosa, grazie al pellame dorato con decori floreali tipo pizzo in nero. Il tacco sottile segue l’aspetto elegante del decennio precedente

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1966 Marchio Herbert Levine Designer: beth Levine Modello:Berefoot in the grass Questa iconica infradito fa parte di una serie che utilizzava l’erba sintetica come sottopiede e il legno, a tratti dipinta di rosso, come suola e tacco. (illustrazione di Mauro Gatti) Negli anni 70 si propongono ancora fantasie fiorate, il femminismo accusa ancora la moda di essere uno strumento del sistema patriarcale, rivendicando la libertà di espressione e di movimento del corpo femminile; ne consegue il tramonto del tacco a spillo. Ma se rinunciano allo stiletto, il nuovo talento delle fashion shoes, Manolo Blahnik, le farà ricredere e le donne non rinunciano al tacco di per se; semplicemente lo vogliono più stabile. Ecco allora il fiorire di zeppe, platform e zatteroni che indossa anche Jodie Foster nel film taxi driver di Martin Scorsese. Gli zoccoli si diffondono a macchia d’olio, in maniera trasversale tra generazione e classi sociali, diventando il manifesto della contaminazione tra la strada e la passerella. Il tacco glitterato di Elton John e Mick Jagger diventerà una vera e propria divisa per loro.

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Marchio: Manolo Blahnik Modello: Ivy Disegnati per la sfilata di Ossie Clark, i sandali aperti in camoscio di due tonalità di verde sono allacciati alla caviglia con nastri da cui pendono finte ciliegie.

1979 Marchio: Andrea Pfister Modello: m’ama …non m’ama … m’ama Un divertente modello d’autore alto otto centimetri. Nella stravagante scarpa bianca in capretto il tallone è composto da petali come una margherita impreziosita da una piccola rosa posta sopra il tacco. 149


1974 Marchio: Manolo Blahnik Modello: esqueleto Il tacco è squadrato ma altissimo nel sandalo con motivi a foglia, in due gradazioni di verde, che coronano il piede fino a cingere la caviglia.

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1973 Marchio: Rossimoda Senza nulla togliere alla femminilità, il tacco squadrato e comodo sostiene il sandalo completamente rivestito in tessuto a fiori beige e multicolore sollevato da un leggero plateau. La baldoria generalizzata di questi anni 80 - anche causa del disastro del ‘86 a Cernobyl in ucraina dove l’esplosione di un reattore nucleare provoca letali emissioni radioattive per un raggio di migliaia di chilometri - l’Aids, la peste del secolo che miete molte vittime soprattutto gay, nell’ambito dell’arte della musica e della moda; insomma il mondo subisce quindi un brusco arresto e ripiega verso una sorta di nuova ”purezza” nel recupero dei valori della famiglia e della monogamia. In Italia stupisce la moda floreale e neorinascimentale di Romeo Gigli, dove i fiori vengono applicati e rappresentati in modo effimero e concettuale. A volte ci sembra di sentire solo il profumo o di vedere l’ombra di quella che era stata la bellezza di un fiore appassito.

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1988 Marchio :Yves Saint Laurent I contrasti forti di colore proposti dalla moda caratterizzano anche le calzature dei vistosi anni 80. Questo stiletto a punta in raso viola è decorato sulla mascherina da una rosa verde.

1986 Marchio: Andrea Pfister Modello: Carmen Jones Sembra una calza in pizzo smerlata sul bordo lo stivale cuissarde che Andrea Pfister intitola Carmen Jones. La base è flat, la punta è arrotondata , la vestibilità a guanto. Un modello ricercato che richiede grande qualità esecutiva. 152


Anni ‘80 Marchio: Gina Un decoro a foglie abbraccia il tallone della dècolletè nera con il tacco a stiletto. Negli anni 90 la moda si adatta alla nuova austerità, ricoprendo i capi basic, trasversali alle stagioni e alle tendenze. Le griffe abbassano la voce, con meno sfoggio di lusso ed accessori firmati. L’attenzione si sposta dagli estrosi couturier francesi ai più classici stilisti americani come donna Karan, Calvin Klein e Tommy Hilfiger. Questa riduzione all’essenziale, che viene battezzata minimalismo, caratterizza un decennio senza colori e senza trucco, in un look monacale viene considerato il più “politically correct” l’aggettivo del decennio ’90 . Le modelle si presentano sempre più magre, spesso con occhi cerchiati artificialmente di nero da coniare il detto “heroin-chic”. Il mondo incomincia a scoprire che l’ideale di bellezza proposto nelle sfilate si allontana di gran lunga dalla realtà delle forme femminili. In generale i tacchi si abbassano , le scarpe prendono spunto dai modelli maschili, si usano le sneakers e gli anfibi anche con gli abiti da sera ma si formano nuove generazioni di maestri, i quali riporteranno la femminilità ai piedi delle donne, come Pierre Hardy o Christian Louboutin con le sue “sexy pumps” 153


1999 Marchio: Ernesto Esposito Modello: Favilla L’effetto è patchwork nella vivace dècolletè che ritaglia e sovrappone porzioni di fiori in pelle multicolor sollevandosi su un sottile stiletto.

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1995 Marchio: Salvatore Ferragamo Modello: Patio L’interesse ecologista si traduce nell’estetica del sandalo infradito con tacco basso e tomaia in lino stampato a motivo “Nilo”. La suola in cuoio si accompagna con una preziosa fodera in capretto dorato.

1990 Marchio: Manolo Blahnik Modello: Bucolica Un grazioso sandalo in seta e organza nei toni del verde che si ispira alla natura, come indica il nome con lacci che si stringono attorno alla caviglia e decorazioni a foglie d’edera. 155


Gli anni ‘00 La società si scopre sempre più globale sempre più interconnessa, grazie ai nuovi media digitali e virtuali, sempre meno disponibile a restare nell’ombra della normalità che non fa notizia . l’obbiettivo delle passerelle - ormai veri e propri allestimenti scenografici - è di creare una suggestione da personalizzare più che proporre un modello da imitare, una visione più teatrale di quello che potrebbe essere un guardaroba più che suggerire linee. Si preferisce cambiare più facilmente borse ed accessori, più che il vestito, come cappotti scarpe cappelli calze ecc. Miuccia Prada risponde creando artistici strumenti per deambulare con zeppe destrutturate, tacchi grossi tondeggianti cinturini, bondage e tomaie multicolor. Allo stesso tempo Balenciaga e Givenchy stupiscono con stivaletti fetish, scarpe collant da calzare, come guanti chandelier in plexiglas da agganciare alle caviglie.

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2000 Marchio: Charles Jourdan Il tronchetto dalla punta all’insù, ornato da ramage astratti e realizzati con inserti di camoscio e pitone stampato declinati in nero, oro e argento, riprende una certa opulenza di stampo barocco, smitizzata, però, da tacco in plastica dorata.

2000 Marchio Yves Saint Laurent Svetta su un tacco solido che confluisce in un plateau geometrico “a gondola”, lo zoccolo con la tomaia dall’originale stampa floreale d’ispirazione semplice e dolce.

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2000 Marchio: Fendi Gioca con un insolito effetto sospensione, la mule d’ispirazione orientale alla punta quadrata: realizzata in camoscio dal disegno batik verde con decoro di orchidea rosa, è caratterizzata dalla soletta e dalla fascia dipinte a mano

2000 Marchio: Ernesto Esposito Modello: image Riprende un’estetica orientaleggiante la ciabattina rasoterra dalla punta quadrata, realizzata in tessuto ramage floreale esotico 158


2009 Marchio : Roger Viver Designer : Bruno Frisoni Modello: hirko Sono un’esplosione di fiori multicolore in seta i sandali multilistrino in rettile da portare nelle due versioni con zeppa sagomata o con tacco a stiletto. Nel 2000 il tacco dieci è d’obbligo, grosso o sottile che sia. Il quindici sarebbe meglio, magari alleggerito dal plateau, vero protagonista del decennio. Nel frattempo, per la sopravvivenza delle articolazioni, ritornano immancabili le ballerine che vengono riproposte con stringhe al polpaccio il sandalo piatto con cinturini “ a gabbia” tanto per rimanere sul tema del fetish, così familiare nel mondo della calzatura. 159



Concia Con il termine concia si intende qualunque processo in grado di trasformare la pelle da sostanza fermentescibile in un prodotto non degradabile. Ci sono svariate modalità di concia che nel nostro caso si possono ridurre a due: concia al cromo concia al vegetale. La concia al cromo consiste nell’impregnare la pelle con solfato di cromo che la rende imputrescibile e resistente all’attacco di svariate sostanze chimiche senza alterarne la morbidezza, la flessibilità e la struttura fibrosa originaria. E’ un tipo di concia in uso da inizio ‘900 ed è normato in maniera rigida per tutelare gli utenti finali, i lavoratori e l’ambiente in quanto potenzialmente dannoso. Concia Dopo le operazioni di riviera la pelle è tuttavia ancora putrescibile e deve pertanto essere sottoposta alla concia. La concia è l’operazione chimica che trasforma la pelle putrescibile in un materiale imputrescibile, cioè il cuoio. Dopo de calcinazione e macerazione la pelle è pronta per reagire con gli agenti concianti. Come già accennato, esistono numerosi tipi di concia. Descriveremo in maniera alquanto più dettagliata i due tipi di concia più diffusi, cioè la concia al cromo e la concia al vegetale, mentre daremo solo cenni sommari degli altri tipi di concia (all’alluminio, allo zirconio, alle aldeidi, all’olio, ecc.) Concia al cromo È il tipo di concia di gran lunga più diffuso. Si valuta che circa l’80-90% di tutti i cuoi prodotti nel mondo siano conciati al cromo. La concia al cromo è relativamente semplice da eseguire, è economica, abbastanza rapida e sufficientemente flessibile. In pratica con la concia al cromo si può produrre cuoio adatto a qualsiasi scopo (eccetto cuoio per suola di calzature). 161


La concia al cromo è fondata sulla capacità del cromo trivalente (Cr3+) di formare complessi con i gruppi carbossilici del collagene (di cui sono costituite le fibre della pelle). Questa capacità è limitata al cromo trivalente e quindi la forma esavalente (Cr6+) come nei cromati e bicromati, non ha alcun interesse dal punto di vista conciario. All’inizio dell’impiego della concia al cromo (fine Ottocento - inizio Novecento) cromati e bicromati venivano utilizzati per produrre sali di cromo trivalente in conceria per riduzione con melassa o altri riducenti. Ma ormai da tempo i sali di cromo trivalenti sono divenuti disponibili sul mercato a costi minori e quindi in conceria vengono utilizzati esclusivamente sali o composti del cromo trivalente. Prima di far reagire il conciante al cromo, tuttavia, la pelle viene sottoposta al piclaggio, che consiste nel trattare la pelle con una soluzione di sale comune e acido (di solito una miscela di acido solforico e acido formico). Ciò per facilitare la penetrazione del conciante all’interno della pelle. La pelle calcinata e decalcinata, infatti, ha un punto isoelettrico di circa 4 e quindi al pH neutro (dopo la decalcinazione, macerazione, sgrassaggio la pelle ha pH circa 7) il collagene ha carica nettamente negativa. In tali condizione il cromo trivalente, carico positivamente, avrebbe forte tendenza a reagire favorito dall’attrazione elettrostatica e si fisserebbe rapidamente solo negli strati più esterni della pelle lasciando non conciati gli strati più interni. Inoltre a pH superiore a 4-4,5 il Cr3+ forma idrossidoinsolubile e non potrebbe più fungere da conciante, È necessario, quindi, ridurre il pH del bagno per evitare la precipitazione dell’idrossido di cromo e per portare la pelle al di sotto del suo punto isoelettrico. La pelle in tali condizioni assume carica prevalentemente positiva e il Cr3+ non ha più capacità reattiva nei suoi confronti. Il cromo quindi può facilmente diffondere negli strati più interni della pelle (la diffusione è fortemente accelerata dai movimenti nel bottale). Quando sia stata raggiunta la completa penetrazione della pelle, però, è necessario ripristinare la reattività pelle-cromo e ciò viene 162


ottenuto con la basificazione che consiste nell’innalzare lentamente il pH del bagno fino a valori intorno a 4. In tal modo la pelle riacquista una carica lievemente negativa e il legame coordinato pelle-cromo può stabilirsi producendo la concia. L’aumento di pH inoltre favorisce l’olazione del cromo, cioè la formazione di legami tra atomi di cromo che portano alla formazione di catene di atomi di cromo di varia lunghezza, con conseguente aumento delle possibilità di legame intra e inter-molecolari con i gruppi carbossilici del collagene. Il pH non deve comunque essere troppo alto per evitare la precipitazione del cromo (lo ione OH- è un complessante più forte del collagene e staccherebbe il cromo dal complesso con la pelle per formare l’idrossido). Per il piclaggio, come già detto, si usa una soluzione di sale (a concentrazione 80-100 g/l tale da impedire il gonfiamento acido del collagene che lo danneggerebbe) e di acido, più frequentemente una miscela di acido solforico e di acido formico, aggiunto lentamente, fino a raggiungere un valore pH tra 2 e 3 stabile. Per la basificazione si usano alcali blandi come bicarbonato di sodio, acetato e formiato di sodio, solfito di sodio, ecc. Il pH finale è molto vicino a 4. La durata della concia al cromo dura da 2-3 ore per pelli piccole sottili a un massimo di 20-24 ore per pelli bovine pesanti. La quantità di conciate è tra 1.5 e 2.5% (su peso pelle calcinata e scarnata) di cromo espresso come Cr2O3, fornito più frequentemente sotto forma di solfato basico di cromo (CrOH(SO4)). Al termine della concia la pelle conciata si presenta di colore verde-azzurro, con tonalità diverse a seconda dei prodotti utilizzati nel piclaggio e nella basificazione . In tale stato, infatti, il cuoio conciato viene chiamato “wet-blue” con riferimento al fatto che è bagnato e ha un colore nel campo dell’azzurro. Il wet-blue, essendo ormai stabile nel tempo, può anche essere commercializzato. Molti Paesi produttori di pelli, infatti, non disponendo della capacità tecnologica per produrre cuoio finito preferiscono esportare wet-blue piuttosto che pelli grezze per usufruire di un maggior 163


valore aggiunto. L’Italia, Paese importatore di grezzo, importa una crescente quantità di pelli allo stato wet-blue, il che, se da un lato rappresenta un vantaggio dal punto di vista ambientale (le fasi di riviera sono quelle che producono maggior inquinamento), dall’altro rappresenta uno svantaggio dal punto di vista della tecnologia conciaria, perché il conciatore si trova a dover lavorare un prodotto di cui non conosce la storia e spesso in partite disomogenee perché provenienti da piccole concerie diverse. Concia al vegetale La concia al vegetale o con tannini vegetali è la concia più antica. Fino alla fine del XIX secolo quasi tutti i cuoi erano conciati al vegetale. I tannini vegetali sono sostanze complesse, a carattere fenolico, contenute in tutti i vegetali. Naturalmente alcuni vegetali ne contengono quantità maggiori, altri minori. I tannini prendono il nome dalla pianta da cui provengono e si parlerà quindi di tannini di castagno, di sommacco, di quebracho, di mimosa, di quercia, ecc. Danno tutti al cuoio conciato un colore nelle tonalità del marrone, più o meno intenso ma con fiamma diversa a seconda della pianta di provenienza. Il meccanismo secondo cui si legano al collagene per dare la concia è completamente diverso da quello del cromo. In questo caso si tratta di un legame idrogeno che si stabilisce tra i gruppi fenolici del tannino e i gruppi peptidici del collagene. Anche altri gruppi delle catene laterali della molecola di collagene intervengono nel legame. Perché si abbia capacità di legame è necessario che il gruppo fenolico del tannino sia elettricamente scarico e quindi con un pH non acido. Se invece si partisse da un bagno a pH acido si avrebbe una rapida fissazione soltanto negli strati esterni della pelle lasciando non conciati gli strati interni. Anche in questo caso, quindi è necessario disattivare le reattività del conciante per consentire una più rapida penetrazione all’interno della pelle. Una volta che il tannino sia penetrato, bisogna poi favorire la reazione di concia. 164


Sostanzialmente si tratta dello stesso meccanismo descritto per la concia al cromo soltanto che, in questo caso, essendo il chimismo diverso, le variazioni del pH per favorire penetrazione e fissazione sono di segno opposto. La penetrazione del tannino, infatti, viene favorita utilizzando un pH non troppo acido (tra 5 e 6). In tali condizioni i gruppi fenolici dei tannini sono prevalentemente dissociati e non in grado, quindi, di formare legami idrogeno. Dopo che la penetrazione sia stata ottenuta, viene ripristinata la capacità di legame abbassando il pH con acidi in modo che i gruppi fenolici dei tannini ritornino in dissociati e quindi in grado di formare legami idrogeno. Le quantità di tannini utilizzati sono notevolmente superiori a quelle indicate per la concia al cromo, variando dal 15-20% per pelli piccole destinate a fodera o piccola pelletteria, al 40-50% per cuoi suola pesante. Anche la durata della concia è notevolmente superiore e varia a seconda del metodo adottato: Nella concia lenta in vasca le pelli vengono immerse in vasche contenenti soluzioni di tannini a concentrazioni progressivamente crescenti. Di solito viene usata la tecnica detta “in controcorrente” perché le pelli vengono spostate da una vasca meno concentrata a una vasca più concentrata mentre il bagno segue il percorso inverso. La concia in vasca dura circa 30 giorni e serve a produrre cuoio da suola, molto pieno e poco flessibile. Nella concia rapida in botte si usa il bottale e a causa del movimento di rotazione si ottiene un cuoio più flessibile adatto per suola di scarpe da donna o per pelletteria. La concia in botte dura comunque 36-48 ore, ben più della concia al cromo. Altri tipi di concia La concia si può ottenere anche con altri concianti. Nell’ambito delle conce minerali, oltre alla già descritta concia al cromo, esistono la concia all’alluminio, allozirconio, al titanio. Queste conce agiscono con un chimismo analogo alla concia al cromo (necessità del piclaggio per ottenere la penetrazione e della basificazione per ottenere la fissazione) ma le caratteristiche del 165


cuoio ottenuto sono alquanto diverse. Danno un cuoio bianco, più utile per tinture in toni molto chiari o pastello. Hanno una reattività nei confronti dei coloranti molto alta che talvolta deve essere attenuata con mezzi chimici per ottenere una tintura uniforme e penetrata. La stabilità idrotermica è inferiore perché mentre il cuoio conciato al cromo resiste benissimo anche all’acqua bollente, con queste conce il cuoio si contrae (si denatura) a temperature molto più basse, intorno a 75-85 °C, il che li rende non adatti per la realizzazione di alcuni manufatti. Sono in genere meno soffici e morbidi di quelli al cromo per cui richiedono trattamenti post-concia di ingrasso particolari. Esiste anche una concia minerale al ferro ma è molto poco usata perché dà un cuoio molto scuro, con caratteristiche di flessibilità e morbidezza più simili al cuoio al vegetale. Esistono poi molte conce definite come conce organiche che utilizzano come agenti concianti sostanze organiche prevalentemente di sintesi.La concia alle aldeidi utilizza aldeidi semplici o complesse. La più usata è l’aldeide glutarica, una dialdeide alifatica a corta catena. Altre aldeidi sono il gliossale, l’amidodialdeide, ecc. La concia ai tannini sintetici, con prodotti sintetici che simulano il comportamento dei tannini naturali. La concia con solfocloruri, prodotti di sintesi che si legano con legami molto stabili ai gruppi amminici del collagene liberando acido cloridrico che deve essere neutralizzato con alcali (di solito carbonato di sodio). La concia alle resine, con polimeri sintetici. Alcuni hanno capacità conciante nel senso che stabiliscono un legame tra le fibre della pelle (cross-linking), altre hanno invece soltanto una capacità riempiente nel senso che si depositano negli spazi interfibrillari ma senza stabilire un vero e proprio legame chimico. La concia all’olio, effettuata con olio di pesce che viene ossidato dopo assorbimento. Il chimismo è molto complesso e per alcuni aspetti è simile a quello della concia alle aldeidi (legame con 166


i gruppi amminici liberi). Dà un cuoio giallo, molto morbido e flessibile, molto stabile all’acqua, ai solventi, ai tensioattivi, agli alcali, al sudoreumano. È chiamato anche chamois. Viene utilizzato per la pulizia (le pelli gialle per la pulizia delle auto, erroneamente dette “pelli di daino”), per fodere e per guarnizioni di presidi ortopedici a contatto diretto e prolungato con la pelle umana. Le conce che non utilizzano cromo sono anche dette chrome-free mentre le conce senza impiego di composti di metallo sono dette metal-free. Trattamenti post-concia] La pelle conciata non è ancora utilizzabile per produrre articoli. Si tratta di un materiale bagnato che anche se venisse asciugato darebbe luogo a un prodotto piuttosto rigido, cartonoso, poco flessibile e del colore tipico della concia con cui è stato ottenuto. Per trasformarsi in un prodotto commerciabile, utile per produrre manufatti, deve essere sottoposto a ulteriori trattamenti chimici e meccanici. Nel caso di pelli conciate al cromo, che rappresentano la maggior parte dei cuoi prodotti nel mondo, lo schema delle operazioni post concia può essere così rappresentato: 1. messa a vento 2. rasatura 3. (spaccatura) 4. riconcia 5. tintura 6. ingrasso 7. messa a vento 8. asciugaggio 9. rifinizione Messa a vento] La messa a vento è una operazione meccanica con la quale viene eliminata la maggior parte dell’acqua che imbeve la pelle conciata. Il contenuto di acqua viene ridotto in modo da rendere possibili le successive operazioni di rasatura e, eventualmente, di 167


, di spaccatura. Si tratta in pratica di una pressatura della pelle che viene effettuata schiacciando la pelle tra due cilindri di cui quello superiore ricoperto di feltro. Rasatura Operazione meccanica effettuata con macchina a cilindri di cui quello superiore dotato di coltelli elicoidali. Con la rasatura si egualizza lo spessore in tutta la superficie e si eliminano residui di carniccio non eliminati con la scarnatura. Si produce un residuo solido, la rasatura, che può essere utilizzato per produrre rigenerato di fibre di cuoio, o come filler in materiali sintetici. Spaccatura Questa operazione, come già detto, può essere effettuata in calce, cioè dopo il calcinaio o, come indicato, in blue, cioè dopo la concia al cromo. La scelta sullo stato in cui effettuare la spaccatura delle pelli più spesse dipende dal prodotto che si intende ottenere (per es., la spaccatura in calce produce pelli più morbide e soffici) o dalla organizzazione aziendale. La spaccatura viene necessariamente effettuata in blue nel caso in cui le pelli vengano importate allo stato wet-blue e a pieno spessore. Riconcia, tintura e ingrasso Si tratta di tre processi chimici che spesso, in particolare tintura e ingrasso, vengono effettuati insieme. La riconcia è un trattamento con agenti concianti, spesso diversi da quello utilizzato per la concia principale, che serve a modificare nel senso desiderato le caratteristiche impartite dalla concia principale. Per es. se si desidera produrre un cuoio meno flessibile di un cuoio al puro cromo, si effettua una riconcia con tannini vegetali che hanno appunto la caratteristica di produrre un cuoio poco flessibile. Viceversa, se si desidera produrre un cuoio più flessibile e morbido da un cuoio al puro vegetale, si effettua una 168


riconcia al cromo. Spesso i concianti all’alluminio, zirconio o titanio vengono utilizzati come riconcianti per ottenere un cuoio più reattivo nei confronti dei coloranti e quindi colori più intensi e brillanti. Viceversa i tannini vegetali e sintetici vengono utilizzati come riconcianti per ottenere una tintura più uniforme e/o più penetrata. Ovviamente dal punto di vista strettamente tecnico la riconcia non è una operazione indispensabile e, se non si desidera apportare modifiche, può anche non essere effettuata.La tintura è l’operazione con cui si conferisce al cuoio il colore voluto. Viene effettuata in bottale, a temperatura di 50-60 °C (nel caso di pelli al cromo) con coloranti, nel caso più frequente anionici ma anche metallorganici, sostantivi, cationici, ecc.La penetrazione in sezione può essere regolata con mezzi chimici (penetrazione a pH vicino alla neutralità, fissazione a pH acido, riconcianti diversi, ecc) e chimico-fisici (temperatura, durata, velocità di rotazione del bottale). Poiché la tintura non viene quasi mai effettuata con coloranti unitari ma quasi sempre con miscele di coloranti per ottenere un particolare colore o una specifica nuance, è opportuno che i coloranti che compongono la miscela vengano scelti con particolare cura in modo che abbiano quanto più è possibile simili caratteristiche chimiche (reattività, potere di penetrazione, comportamento al pH, ecc.) e chimico-fisiche (resistenza alla luce, solubilità nei solventi, ecc). L’ingrasso è una operazione che serve a introdurre tra le fibre della pelle un lubrificante che tenga separate le fibre stesse e consenta a esse di scorrere le une sulle altre. In tal modo il cuoio può assumere la flessibilità, la morbidezza e le altre caratteristiche merceologiche che dal cuoio o pelle ci si aspetta.L’ingrasso è una operazione indispensabile perché, se non venisse effettuata, eliminando l’acqua con l’asciugaggio le fibre del cuoio si avvicinerebbero stabilendo legami interfibrillari (deboli, ma comunque legami) per cui il cuoio dopo asciugaggio sarebbe comunque un materiale poco pieghevole, poco estensibile, poco morbido, piut 169


piuttosto rigido e cartonoso. Per l’ingrasso si usano oli o grassi di origine animale, vegetale o minerali (derivati dal petrolio). Naturalmente gli oli o grassi tal quali, per poter essere utilizzabili come ingrassanti per cuoio, vengono modificati chimicamente, o addizionati con emulsionanti, per renderli compatibili con l’acqua e soprattutto per conferire loro una parziale capacità di legame con il cuoio senza la quale verrebbero in breve tempo espulsi dal cuoio che quindi ritornerebbe un materiale non utilizzabile. Sulle molecole degli oli o grassi vengono quindi introdotti gruppi idrofili anionici (solfonati, solfitati, solfato), cationici (ammonio quaternario) o non ionici. Nel caso più frequente di ingrasso con prodotti anionici, il chimismo dell’ingrasso è del tutto simile a quello della tintura per cui, molto spesso, tintura e ingrasso vengono effettuati contemporaneamente. Dopo l’ingrasso le pelli vengono lasciate riposare 24-48 ore per lasciar completare la fissazione di coloranti e ingrassanti, poi lavate con acqua raddolcita e infine messe a vento. Messa a vento e asciugaggio Asciugaggio tramite messa a vento per semplice esposizione in aria Con riconcia, tintura e ingrasso terminano le operazioni cosiddette “a umido” cioè con l’impiego di acqua. Le pelli possono ora essere asciugate. Dopo la messa a vento, cioè la spremitura per eliminare meccanicamente l’eccesso di acqua, l’asciugaggio può essere effettuato con vari metodi: per semplice sospensione all’aria per sospensione e passaggio in un tunnel in cui circola aria calda a temperatura e umidità controllate per “inchiodaggio” cioè fissazione mediante apposite pinze su un telaio di acciaio forato e immissione in un tunnel con circolazione di aria calda per “pasting”, cioè incollaggio della pelle con il fiore aderente a 170


una lastra di acciaio o vetro e immissione nel tunnel ad aria calda per “sottovuoto”, in cui la pelle viene fatta aderire su una piastra di acciaio sotto la quale circola vapore o acqua calda e sulla quale viene calato un coperchio all’interno del quale viene poi creata una depressione che facilita l’evaporazione dell’acqua e aspira il vapore con microonde, che producono riscaldamento nell’intero spessore della pelle. Tutti i sistemi mirano a ottenere un asciugaggio più rapido e uniforme e in tempi costanti rispetto all’asciugaggio per sospensione all’aria che dipende dalle condizioni atmosferiche (temperatura, umidità, ventilazione). La scelta del sistema di asciugaggio dipende non solo da fattori economici e di organizzazione aziendale ma anche sulla base del tipo di cuoio e della destinazione d’uso. Rifinizione La rifinizione è la fase finale e più complessa della lavorazione conciaria e comprende tutte le operazioni effettuate sulla pelle asciutta per modificarne la superficie dal punto di vista estetico, funzionale o di entrambi. La rifinizione è meccanica e chimica. La rifinizione meccanica può essere effettuata per lucidatura della superficie con una ruota di velluto, oppure stiratura e placcatura per ottenere una superficie piatta e liscia, per pressatura con piastre a rilievo allo scopo di avere l’impressione a rilievo di un disegno (stampa ad incisione), per bottalatura, cioè rotazione veloce a secco in bottale allo scopo di avere una superficie “mossa” e un fiore molto più evidente, la palissonatura per ammorbidire le pelli. L’inchiodatura per distenderle, la smerigliatura che può essere effettuata, per diversi scopi, dal lato carne o dal lato fiore. La rifinizione chimica consiste nel ricoprire la superficie della pelle con un film più o meno spesso di materiale sintetico (resine acriliche, butadieniche, poliuretaniche) o naturale (caseine, albu 171


albu mine, filmogeni proteici, a base di cellulosa modificata) all’interno del quale possono essere contenuti pigmenti, coloranti, opacizzanti, lucidanti, ausiliari vari. Il film può essere fatto formare sulla superficie della pelle a partire da monomeri o oligomeri di diversa natura oppure può essere preformato e fatto aderire alla superficie della pelle con l’ausilio di adesivi. Nel primo caso la miscela di legante filmogeno e ausiliari viene depositata sulla superficie della pelle a spruzzo, con rulli (roll-coater), con la velatrice (produzione di “verniciato”). Nel secondo caso, il film è più frequentemente di natura poliuretanica, di solito prodotto da aziende terze, con disegni di fantasia, con spessori diversi, su supporti diversi dal quale viene trasferito sulla pelle. Per tale motivo questo tipo di rifinizione viene spesso indicato genericamente come “rifinizione transfer”. Con la rifinizione mista vengono utilizzate sia la rifinizione chimica che quella meccanica, prima l’una e poi l’altra o viceversa. A seconda di come si presenta la superficie, il cuoio si definisce: nubuck o nabuck se viene smerigliata dal lato fiore e non rifinita. pura anilina, se il fiore è completamente libero e soltanto lucidato alla ruota di velluto. anilina se il fiore ha soltanto da un sottilissimo film trasparente, colorato a base di aniline o incolore, ma senza pigmenti. Le pelli pura anilina e anilina sono sinonimo di altissima qualità e valore perché solo pelli di primissima qualità e lavorate con cura possono prestarsi a questo tipo di articolo. Le pelli di questo tipo sono molto poche per cui sono anche molto costose, benché molto delicate perché praticamente prive di protezione verso gli agenti esterni. semianilina, se il cuoio è ricoperto da un film sottile che contiene poco pigmento in modo che il disegno naturale della grana, tipico dell’animale da cui proviene, sia ancora visibile e identificabile coperto, se il fiore è ricoperto da un film più o meno spesso ma contenente pigmenti. Il fiore non è più visibile e solo l’occhio esperto può identificare il tipo di animale da cui proviene. 172


Negli ultimi tempi sono state applicate anche in conceria tecnologie sofisticate come il laser e la stampa ink-jet. Il laser, in particolare, si è dimostrata una tecnologia molto versatile consentendo di ottenere dalla perforazione dell’intero spessore fino a incisioni dell’ordine di qualche micron. Poiché il laser può essere controllato da computer, si possono ottenere disegni ed effetti diversi e molto particolari. La stampa ink-jet, mutuata dal mondo dei computer, consente una elevata personalizzazione della stampa ma non risulta adatta per produzioni di massa. Oggi le rifinizioni applicate alle pelli sono il frutto di un insieme di trattamenti chimici e meccanici complessi. La combinazione dei diversi tipi di rifinizione e l’uso di tecniche diverse, variamente combinate tra loro, hanno consentito alla fantasia dei tecnici della rifinizione la produzione di cuoi diversi e con effetti particolari, inimmaginabili fino a qualche tempo fa, sapientemente utilizzati da stilisti e operatori della moda per le loro creazioni. Misurazione Il cuoio suola viene venduto a peso quindi l’unità di misura è il Kg. Tutti gli altri tipi di cuoio finito vengono venduti in base alla superficie e quindi l’unità di superficie è il m2 e suoi multipli e sottomultipli. L’unità di misura internazionale tuttavia è il piede quadrato (pq o sqft in inglese) costituito da un quadrato di 30.48 cm di lato. La legislazione europea pertanto consente, se lo si desidera, di affiancare alla misura ufficiale in m2 quella nella unità di misura in pq purché riportata con evidenza non superiore a quella della misura in m2.

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Denominazioni commerciali, termini e definizioni • Cuoio = pelle ricavata da un animale, conciata in modo da renderla imputrescibile. La pelle conciata, disintegrata in minuscole particelle fibrose e successivamente trasformata in lastre o altre forme, non può fregiarsi della definizione di cuoio. • Pelle lanuta = pelle ovina con lana. • Nubuck = cuoio a tinta passante il cui fiore è stato sottoposto a leggera abrasione per dare un effetto vellutato. • Pelli grezze . Di macello = pelli bovine di provenienza europea o nordamericana . Esotiche = pelli bovine provenienti da animali allo stato brado di provenienza d’oltremare . Incrociate = pelli di ibridi ovocaprini . Vacchette = pelli di giovani bovini esotici provenienti dall’India e dal sudest asiatico . Frassame = spalle e fianchi separati dal groppone . Gropponi = pelli senza testa, fianchi, ventre e zampe . Mezzine = mezze pelli tagliate lungo l’asse longitudinale (testa-coda) . Culatte = gropponi interi con fianchi • Pelli semilavorate e semifinite . Trippe = pelli depilate dopo calcinazione . Piclate = pelli pretrattate in salamoia acida Skivers = spaccati fiore di pelli ovine, piclati testa spalla fianco dorso ventre culatta 174


fianco coda Groppone (piĂš pregiato) culatta avancorpo spalla fianco mezzo groppone mezzo groppone groppone . Wet-blues = pelli semiconciate al cromo e allo stato umido . Wet-white = pelli semiconciate all’alluminio e allo stato umido . Bazzane = pelli ovocaprine a concia leggera sintetico-vegetale ed essiccate . Crust = cuoi a mezza concia, al cromo o sintetico-vegetale, leggermente ingrassati, non tinti ed essiccati. I tessuti Questi materiali vengono realizzati intrecciando una serie di fili disposti in senso longitudinale e trasversale. Nella composizione dei filati entrano numerose fibre, sia di taglio corto che filamentose disposte parallelamente, sovrapposte e intrecciate mediante varie procedure. L’industria tessile utilizza un gran numero di fibre, quale materiale di partenza per la fabbricazione dei tessuti. Ăˆ possibile suddividere i vari tipi di fibre a seconda della provenienza delle materie prime e della lavorazione che subiscono. 175


Fibre naturali Le fibre naturali possono essere di natura vegetale, animale o minerale. Le fibre vegetali, ottenute da piante diverse, sono di natura cellulosica, quelle animali sono di natura proteica mentre quelle minerali, l’amianto, sono ottenute da particolari rocce. Le fibre vegetali Sono fibre cellulosiche che si dividono in: • Fibre da semi (es. cotone) • Fibre da stelo (es. lino, canapa, iuta) • Fibre da foglie (canapa). Le fibre animali • Fibre da mammiferi (es. lana) • Fibre da insetti (es. seta). Fibre artificiali Le fibre artificiali sono prodotte dall’uomo a partire da materie prime già presenti in natura. Possono essere di natura vegetale, animale o minerale. • Fibre di cellulosa (es. viscosa, raion, acetato). Fibre sintetiche Queste fibre sono ottenute da polimeri di natura non cellulosica, attraverso la concatenazione di Monomeri (molecole semplici). Si hanno in particolare: • Fibre poliammidiche (es. poliammide, nailon, arammide, poliestere, acrilico). Le fibre possono essere anche prodotte artificialmente a partire da altre fonti (es. fibre minerali per la produzione di vetro). La filatura delle fibre e la tessitura . Nella produzione del filato 176


la filatura continua ad anelli è la tecnica più antica e di più largo uso. La formazione dei filati è possibile grazie alla capacità di coesione delle fibre a fiocco.il procedimento per trasformare le fibre in filato segue diverse tappe: • cardatura • pettinatura • stiro • torsione - il grado di torsione influenza l’aspetto, la durata e l’impiego del tessuto (i filati più fini richiedono una torsione maggiore rispetto a quelli più grossi); per mantenere la torsione si usa fissare il filato a caldo o a vapore • avvolgimento su bobine. Per le fibre sintetiche invece si fa una filatura per fusione, a secco e a umido. Il polimero fuso viene compresso mediante una pompa attraverso la filiera; i filamenti ottenuti, una volta raffreddati e solidificati, vengono avvolti e raccolti. I tessuti si possono dividere prendendo come criterio generale la loro struttura meccanica in tre categorie: • tessuti a fili rettilinei • tessuti a fili curvilinei • tessuti a fili sinuosi. Oltre ai tessuti veri e propri vengono prodotti in quantità sempre maggiori gli pseudotessuti, ottenuti da fibre disposte casualmente a formare un vello. La caratteristica di tali materiali è di non essere formata da fili, ma di essere costituiti da un intreccio di fibre. Ad esempio il feltro di lana è composto da fibre intrecciate e aggrovigliate in conseguenza della loro struttura a squame. Nei non tessuti le fibre componenti sono intrecciate irregolarmente da una lavorazione meccanica che varia in funzione delle fibre utilizzate. 177



Sitigrafia http://www.001design.it/arte_moda.html http://www.anteprima-fair.it/it/node/189 http://www.antichitabelsito.it/riproduzione_modello.htm http://www.otlas.com/italiano/scheda-soluzione.php?id=10 http://www.scuolalavoromoda.it/media/manualeER/manuale/ Capitolo%204.pdf http://www.spottershoes.it/foto-database-immagini-scarpe http://www.spottershoes.it/tendenze-moda/accessori-per-calzature-tutte-le-novit%C3%A0-della-primavera-estate-2015-27 http://www.spottershoes.it/tendenze-moda/le-scarpe-bionda-castana-17 http://www.spottershoes.it/tendenze-moda/scarpe-per-la-primavera-estate-2015-%E2%80%93-tra-smart-basic-e-haute-craft-26 http://www.spottershoes.it/tendenze-moda/tendenza--primavera-estate-2014-tutte-le-sfumature-della-femminilit%C3%A0-6 http://www.vannacalzature.it/Storia_italiano/shoesstory.htm http://www.vfw-project.com/scarpe-che-passione-la-storia-dei28-modelli-piu-famosi/



Ringraziamenti Ringrazio il Professore Sergio Pausig per avermi seguito in questo percorso di studi con impegno sopratutto negli ultimi anni. Un particolare ringraziamento va alla mia famiglia per avermi sostenuto con pazienza e amore, inoltre voglio ringraziare chi ha seguito il percorso con me in amicizia incoraggiandomi sempre con amore.




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