"Dystopia: La degradazione dei sistemi complessi" - Giorgio Wanausek

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Indice degli argomenti:

Accademia di Bella Arti di Catania Anno Accademico 2012/13 Sessione tesistica di Settembre 2013

Formato di stampa: 22x22 (cm) Font utilizzate: Bodoni std; Roboto Griglia:8x8=64 quadrati (22x22mm)

Tesi di Giorgio Wanausek per il corso di Graphic Design - Editoria Titolo: “Dystopia - La degradazione dei sistemi complessi” Relatore: Prof. Adriano Pricoco

1. Introduzione

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2. Il medioevo prossimo

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3. Il concetto di surmodernità

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4. Nonluoghi

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5. Il male

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6. Il senso del luogo

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7. Rovine e Macerie

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8. L’incompiuto in Italia

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9. La Snia Viscosa: Decaduto monumento al lavoro

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10. La cartiera Vita-Mayer: Reperto di archeologia industriale

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11. La ex fattoria Sole: Zona altamente contaminata

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12. Il tiangolo industriale siciliano: L’altra faccia della Sicilia

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Giorgio Wanausek

“Dystopia� La degradazione dei sistemi complessi

Relatore: Prof. Adriano Pricoco


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Abstract The deindustrialization process taking place in Italy from the 80s onwards created in various cities of the country new artificial landscapes which we have called “post-landscapes”. “Post” because they represent something that was there and now it’s gone, as the industry itself and who was part of it, but also something that was still there before and never will be, or the natural landscape. We speak explicitly of abandoned infrastructure, buildings, businesses, and industries of all kinds, but especially the micro-society that were built around: kilometers of roads and residential areas surrounding the deserted totally abandoned were built in function of something that there was for a few decades and continues to cause irreparable damage to the environment in which we live, now corrupted for the next few centuries. These desolate post-industrial scenarios are now an integral part of the Italian and European peripheries and stretch for many kilometers often cut from large boulevards state on which the cars go often without pay particular attention to these “no man’s land” where the degradation now reigns supreme and increases day by day. These lands are in fact often used as illegal dumps for toxic materials such as shelter by the company of renegades who live in poor hygienic-sanitary conditions and in some cases are also crime scenes. The main causes of the deindustrialization are the depletion of resources of a given territory, whether the lack of necessary goods or labor, means that compa-

nies move from one area of the globe thus helping to multiply from time to time posts landscapes (see the case of Texas or Detroit, Michigan, USA). This “practice” is widespread today and in the coming decades will bring the total collapse of the natural ecosystem and creating poverty and imbalances in the economy closer and closer to the dystopian society described in the novels of those in the 40s and 50s has experienced the advent of mass industry. The journey that we are going to face will have the character of social protest illustrated by the critical perspective, against everything that spoils all the time and detracts from the overall environment and consequently us and the society we live in, whether they are large unfinished or abandoned buildings and abandoned factories .


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1. Introduzione


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1. Introduzione

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Introduzione

Ex Made in Sicily, Zona Industriale Catania, Maggio 2013

La deindustrializzazione in atto in Italia dagli anni ‘80 in poi ha creato in varie città del paese nuovi paesaggi artificiali che noi abbiamo chiamato “post-paesaggi”. “Post” perchè rappresentano qualcosa che c’era e ora non c’è più, come l’industria stessa e chi ne faceva parte, ma anche qualcosa che c’era ancora prima e mai più ci sarà ovvero il paesaggio naturale. Parliamo esplicitamente di infrastrutture abbandonate, capannoni, aziende e industrie di ogni tipo, ma anche e soprattutto le microsocietà che vi erano costruite attorno: kilometri di strade ormai deserte e zone residenziali limitrofe totalmente abbandonate sono state costruite in funzione di qualcosa che c’è stato per qualche decennio e che continua a danneggiare irrimediabilmente l’ambiente in cui viviamo, ormai corrotto per i prossimi secoli. Questi desolati scenari postindustriali sono ormai parte integrante delle periferie italiane ed europee e si estendono per molti kilometri spesso tagliati da grandi stradoni statali su cui le macchine passano di rado senza porre particolare attenzione a queste “terre di nessuno” dove il degrado ormai regna sovrano e aumenta di giorno in giorno. Queste terre sono infatti spesso usate come discariche abusive per materiali tossici, come rifugio di rinnegati dalla società che vivono in condizioni igienicosanitarie pessime e in alcuni casi sono anche scene del crimine. Le cause principali della deindustrializzazione sono l’esaurimento delle risorse di un determinato territorio, siano esse la mancanza di beni necessari o di mano

d’opera, fa si che le aziende si spostino da una zona all’altra del globo contribuendo così a moltiplicare di volta in volta i post paesaggi (si veda il caso del Texas o di Detroit in Michigan, Usa). Questa “usanza” è molto diffusa ai giorni nostri e porterà nei prossimi decenni al totale collasso dell’ecosistema naturale e creando scompensi e povertà nell’economia avvicinandoci sempre di più alla società distopica descritta nei romanzi di chi negli anni ‘40 e ‘50 ha vissuto l’avvento della industria di massa. Il viaggio che andremo ad affrontare avrà il carattere della denuncia sociale illustrata, dallo sguardo critico, contro tutto quello che deturpa continuamente ed irrimediabilmente l’ambiente e di riflesso noi e la società in cui viviamo, siano essi grandi incompiuti o edifici abbandonati e fabbriche dismesse.


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2. Il medioevo prossimo


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2. Il medioevo prossimo

Il medioevo prossimo.

Centro imballaggi, Lentini (Sr) Luglio 2013

I grandi sistemi organizzativi continuano a crescere disordinatamente fino a raggiungere dimensioni critiche ed instabili. L’era in cui stiamo vivendo è probabilmente venuta ad iniziare negli anni ‘60 quando i fenomeni degenerativi hanno avuto inizio. I fenomeni degenerativi si vengono a creare quando in maniera esponenziale vengono ad aumentare la lunghezza delle strade, il numero dei telefoni, dei viaggi aerei. Questi aumenti repentini vengono a creare scompensi nella società che è ormai caratterizzata da continui e bruschi cambiamenti di cui noi tutti siamo profeti non tanto perchè abbiamo deciso di esserlo ma per pura necessità come quando si gioca in borsa. Proprio per questa natura mutevole della società in cui viviamo sempre più spesso le indagini di mercato si basano sul puro intuito dei manager che a volte falliscono inevitabilmente nell’applicazione delle loro strategie facendo così che i beni di consumo prodotti industrialmente diventino rapidamente sovrabbondanti e privi di valore portando al fallimento delle industrie produttrici. I modi in cui i grandi sistemi moderni si

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2. Il medioevo prossimo

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sono formati e cresciuti a dismisura vanno analizzati per comprendere le cause della lora degradazione avvertibile da numerosi segni. Ad esempio la troppa fede nella ingegneria dei sistemi che è stata mal riposta e la troppa dipendenza dall’energia elettrica. -Altro problema dei grandi sistemi è l’eccessiva diffusione della motorizzazione privata perchè produce distruzioni di ricchezza in conseguenza della congestione del traffico, perchè inquina l’aria ma soprattutto perchè succhia una notevole parte delle possibilità di investimento nella produzione di altri autoveicoli, mentre le stesse risorse potrebbero essere impiegate a produrre beni più remunerativi. -Il turismo di massa è responsabile della distruzione di tante bellezze naturali sia per il deterioramento delle stesse dovuto all’intervento dei turisti sia a causa del proliferare di artifatti per l’alloggio, lo spostamento, ed il divertimento dei turisti stessi. -La presa eccessiva che pubblicità e moda hanno su grandi numeri di persone alle quali vengono creati bisogni artificiali che esse vengono forzate a soddisfare integrandosi sempre più profondamente nel processo economico del sistema. La degradazione sistemistica puà essere accellerata da un mismanagement finanziario ed in generale le crisi avvenute nell’ultimo secolo dovute a cause economiche sembrano anche più gravi di quelle dovute

Anonimo Edificio Incompiuto, Strada Primosole Catania, Giugno 2013


2. Il medioevo prossimo

alle guerre. In definitiva i grandi sistemi diventano sempre più ingovernabili: nessuno li sa stabilizzare e siamo in pochi a cercare di prevedere le conseguenze della loro crescente instabilità. La minaccia più seria che ci troviamo ad affrontare è l’eccessiva complessità non pianificata. Un esempio concreto di quello che questa instabilità

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può venire a creare è rappresentato dal caso della centrale nucleare da 840 Megawatt di Shoreham costruita a Long Island. Era una delle centrali elettronucleari più moderne e sicure e per costruirla ci vollero più di dieci anni e 6 miliardi di dollari.Quando fu completata il solo documento mancante era un documento dello stato di New York che approvava il piano di evacuazione in caso di una catastrofe nucleare. Questa approvazione non venne mai. La centrale non ha mai prodotto un solo

2. Il medioevo prossimo

Kilowattora per i suoi clienti e la LILCO la ha venduta per 1 dollaro allo Stato di New York che spenderà un paio di miliardi per decommissionarla e distruggere il risultato di un grosso investimento in ingegneria, lavoro e risorse naturali.

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3. Il concetto di surmodernitĂ .

Ex Centrale del Latte Catania, Giugno 2013


3. Il concetto di surmodernità

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Il concetto di surmodernità Surmodernità è un termine che fa riferimento in particolare al superamento della fase postindustriale e alla sempre più invasiva diffusione della globalizzazionenella vita degli individui. Grazie agli strumenti che ci pongono in contatto costante con il mondo esterno, come i telefoni che fungono anche da fotocamere, noi possiamo vivere in ambienti intellettuali completamente indipendenti dall’ambiente fisico immediato dove ci troviamo. Abbiamo quindi ogni giorno una visione globale sempre più nitida e ci rendiamo conto di abitare tutti su uno stesso pianeta che è infinitamente grande: questa coscienza planetaria ci rende più sensibili all’inquietante fattore ecologico, ovvero che condividiamo tutti uno spazio piccolo che nel nostro piccolo trattiamo

male. L’utopia dei giorni nostri è una adeguata educazione per tutti, se vogliamo evitare che il sapere e la scienza si concentrino nei medesimi luoghi dove si concentrano il potere, la ricchezza ed il capitalismo sfrenato senza scrupoli verso il fattore ecologico. La surmodernità in definitiva è il lato negativo della postmodernità che stiamo vivendo ed è caratterizzata dall’eccesso, che può essere di vari tipi: L’eccesso di tempo, che non riusciamo più a scandire a causa dei continui eventi che sconvolgono il mondo in cui viviamo. L’eccesso di spazio è anch’essa una trasformazione accelerata del mondo contemporaneo che porta da un lato all’aumento del perimetro delle città a discapito degli spazi verdi e dall’altro alla sua apertura grazie ai mezzi di trasporto rapido. L’eccesso di ego si manifesta nel momento in cui l’individuo si considera un mondo a sé. Riguardo al fattore ambientale ci rendiamo conto ogni giorno di più che ogni città è un mondo e che ognuna di esse è una ricapitolazione del mondo stesso, con le sue diversità etniche, culturali ed economiche. In ogni città Occidentale vi sono quartieri difficili, ghetti e zone sottosviluppate come nelle città del Terzo mondo si trovano anche quartieri di affari connessi alla rete mondiale. Oggi la città è una città-mondo.

Centro imballaggi, Lentini (Sr) Luglio 2013


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Centro imballaggi, Lentini (Sr) Luglio 2013


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4. I nonluoghi


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4. I nonluoghi

I nonluoghi I nonluoghi sono incentrati solamente sul presente e sono altamente rappresentativi della nostra epoca, che è caratterizzata dalla precarietà e da un individualismo solitario. Al giorno d’oggi più che nei monumentali centri storici, simbolo della memoria, ci ritroviamo solamente nell’anonimato del nonluogo. I grandi “nonluoghi” posseggono ormai la stessa attrattività turistica dei monumenti storici e anche i centri storici delle città europee si stanno sempre di più omologando facendo si che l’identità storica delle città venga così ridotta a stereotipo dettato dalla globalizzazione.

Colorificio, Zona Industriale Caltagirone (Ct) Luglio 2013

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Centro imballaggi, Lentini (Sr) Luglio 2013

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5. Il male

Ex Sicilmobile, Strada Primosole Catania, Giugno 2013


5. Il male

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Il male Lo schema del frattale è lo schema attuale della nostra cultura: Ogni valore brilla per un istante nel cielo della simulazione per poi sparire nel vuoto in una traettoria spezzata che solo occasionalmente incontra quella degli altri. Viviamo nella riproduzione infinita di ideali, di immagini e di sogni che sono ormai dietro di noi e che dobbiamo tuttavia riprodurre in una sorta di indifferenza totale. Ogni cosa che perde la propria idea è come un uomo che perde la propria ombra – essa cade in un delirio in cui si perde.

L’estetizzazione e gli oggetti del desiderio: Lo stereotipo sessuale ha impregnato tutto e tutto è diventato oggetto del desiderio. E nello stesso tempo tutto si estetizza: la politica si estetizza nello spettacolo ed il sesso nella pubblicità. Ogni categoria è condotta al suo massimo grado di generalizzazione, e ad un tratto perde qualunque specificità. Quando tutto è politico, niente è più politico e la parola perde senso. Quando tutto è sessuale, niente è più sessuale ed il sesso perde la determinazione. Ma soprattutto, quando tutto è estetico, niente è più bello o brutto e l’arte stessa


5. Il male

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5. Il male

mo condannati all’indifferenza. “Bello” e “brutto” liberatisi dal loro stesso significato si moltiplicano e nasce, come l’infra-estetico, il brutto ancora più brutto, il “peggio”, una bruttezza alla seconda potenza perchè liberata dal suo rapporto col proprio contrario. Transessuale: Siamo tutti dei travestiti dell’arte. Non abbiamo più convinzioni estetiche ma le professiamo tutte. Questo è il dopo orgia ed il risultato paradossale di ogni rivoluzione: indeterminazione, angoscia, confusione. La liberazione ci ha lasciato tutti alla ricerca della propria identità generica e sessuale con sempre meno risposte possibili. È così che siamo diventati dei transessuali. scompare. Questo stato di cose paradossale è la liquidazione del moderno dovuto al suo stesso eccesso e la sua estensione al di là dei propri limiti e prende il nome di : transpolitico, transessuale, transestetico. Transestetica: Con l’estetizzazione generale della vita quotidiana l’arte è scomparsa a favore di una circolazione pura delle immagini, in una transestetica della banalità. Siamo sfrenati creatori di immagini dove non c’è nulla da vedere. Siamo nell’infra-estetico ed è inutile cercare per la nostra arte una coerenza, quindi nell’impossibilità di giudicare il bello o il brutto sia-

La profilassi: La metafora del bimbo-bolla, ovvero del bimbo che vive in una bolla artificiale totalmente sterile e protetta dal mondo esterno, è quanto di più simile al futuro in cui andremo a vivere, totalmente esorcizzato dai germi. Quando tutto sarà espurgato e si sarà messo fine a qualunque contaminazione sociale l’unico virus che resterà sarà quello della tristezza. Il pensiero è esso stesso un sistema immunitario naturale ed è fortemente minacciato perchè rischia di essere rimpiazziato da una

bolla depurata da qualsiasi riflesso animale. Sarà così che disarmati e iperprotetti, votati all’immunità artificiale ed alla trasfusione perpetua saremo destinati a morire ad ogni minimo contatto col mondo. In un mondo espurgato dalle infezioni, in un mondo clinico “ideale” si dispiegano patologie impalpabili, implacabili, nate dalla disinfezione stessa.

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L’illusione di poter abolire i fenomeni estremi è un illusione totale. Essi si faranno più estremi mano a mano che i nostri sistemi si faranno più sofisticati.


5. Il male

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5. Il male

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Il Male:

Repulsione:

Il terrorismo:

Mentre il nostro desiderio è debole ed i nostri gusti sempre meno determinati, il nostro disgusto e senso di repulsione si sono rinforzati. Oggi solo il disgusto è determinato mentre i gusti non lo sono più. I nostri rigetti sono vigorosi, i nostri progetti non più.

Lo stato ipocondriaco del corpo che divora i propri organi. La rabbia che mettono i poteri, gli Stati, nel distruggere le proprie città, i propri paesaggi o anche se stessi eguaglia solo quello che mettevano una volta nel distruggere il nemico.

In una società che, a forza di profilassi, di messa a morte della natura, di candeggiamento della violenza, di sterminio di tutti i suoi germi, di chirurgia estetica del negativo, che vuole avere a che fare soltanto con la gestione calcolata del “Bene”, in una società in cui non vi è più possibilità di dire il Male, quest’ultimo ha subìto una metamorfosi in direzione di tutte le forme virali e terroriste che ci ossessionano. A forza di perseguire in noi la parte maledetta e di lasciar risplendere solo i valori positivi, siamo diventati drammaticamente vulnerabili al ben che minimo attacco virale.


5. Il male

L’esotismo radicale: “Viaggiare era il solo modo per essere altrove, o per non essere in alcun posto. Oggi è il solo mezzo per provare di essere da qualche parte. A casa mia, circondato da tutte le informazioni, da tutti gli schermi, non sono più in alcun posto, sono dovunque nel mondo nello stesso tempo, sono nella banalità universale. È la stessa in tutti i paesi. Atterrare in una città nuova, in una lingua straniera, è ritrovarmi improvvisamente qui ed in nessun altro posto. Il corpo ritrova il suo sguardo. Liberato dalle immagini, ritrova l’immaginazione. Cosa c’è di più simile al viaggio, che la fotografia? Cosa c’è di più prossimo alla sua origine? Da questo proviene la sua affinità con tutto ciò che è selvaggio e primitivo, con l’esotismo più essenziale, quello dell’Oggetto, quello dell’Altro. Il selvaggio fronteggia sempre la morte, affronta l’obbiettivo esattamente come la morte. Non è nè buffone nè indifferente. La sua vittoria consiste nel trasformare un’operazione tecnica in un faccia a faccia con la morte, quando il soggetto diventa complice dell’obiettivo e anche il fotografo diventa soggettivo, allora è la fine del gioco fotografico. L’esotismo è morto. “ “C’è del fotografico solo in ciò che è violentato, sorpreso, svelato, rivelato suo malgrado, in ciò che non avrebbe mai dovuto essere rappresentato perchè non ha immagine nè coscienza di se stesso. Il selvaggio, o ciò che vi è di selvaggio in noi, non si riflette. È selvaggiamente estraneo a se stesso.” “Gli oggetti, come i primitivi, sono in vantaggio di una lunghezza fotogenica rispetto a noi: sono liberati di

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colpo dalla psicologia e dall’introspezione. Mantengono quindi tutta la loro seduzione di fronte all’obiettivo. La fotografia rende conto dello stato del mondo in nostra assenza. L’obiettivo esplora questa assenza. Solo l’inumano è fotogenico.” “Il desiderio di fotografare proviene forse da questa constatazione: visto da una prospettiva d’insieme, il mondo è ben deludente. Visto nel dettaglio, invece, e colto di sorpresa, è sempre di un evidenza perfetta.”

5. Il male

Lo stalker: “L’altro esiste, l’ho seguito” L’incontro ed il confronto sono sempre troppo veri, troppo diretti, troppo indiscreti. Non hanno segreti. La gente che si incontra non la smette di declinare la propria identità. Mentre invece nel fatto di essere segretamente seguito l’altro esiste, perchè non lo conosco, non voglio conoscerlo nè farmi riconoscere. Senza averlo avvicinato lo conosco meglio di chiunque.

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6. Il senso del luogo


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6. Il senso del luogo

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Il senso del luogo I media non sono solamente canali di trasmissione tra piu ambienti ma sono essi stessi un ambiente. La nostra è una epoca elettronica i cui media elettronici sono come un prolungamento della nostra mente e la loro diffusione a livello globale ci ha portato ad essere coinvolti ognuno nella vita ed i problemi degli altri a prescindere dal luogo in cui ci troviamo. Siamo le persone che siamo a causa delle situazioni sociali che viviamo e quando fattori mediatici cambiano gli ambienti sociali in cui viviamo anche noi ed i nostri comportamenti altrettanto cambiamo. Gli ambienti sociali vengono stravolti spesso non solo dai nuovi media ma anche da altri fattori come la industrializzazione e la deindustrializzazione oppure da guerre e disastri naturali influendo così sui nostri comportamenti. La nostra identità si basa su chi siamo, dove siamo e chi ci sta vicino e quindi il cambiamento nell’ambiente influisce sull’idea che le persone hanno di noi e noi di loro. Con l’avvento dei media elettronici succede che la nostra idea di identità possa essere confusa e lasciare che estranei al di fuori del nostro ambiente possano invadere il nostro territorio, rompendo così il legame tra posizione fisica e posizione sociale. Analizzando più a fondo la natura dei vari media ci rendiamo conto che la televisione sia quello più immediato diventando ormai il principale canale di informazione che lega la maggior parte degli esseri umani con la “realtà” poichè da la sensazione del contatto

umano ma in scala molto più grande di quella a cui potremmo mai fisicamente avvicinarci: l’arena collettiva della televisione serve alla conferma della realtà degli eventi allontanandoci dall’ambiente stesso in cui viviamo e dalla possibilità di vivere la nostra stessa esperienza individuale senza essere influenzati dal pensiero comune. Nell’era dei media elettronici la nostra collocazione fisica non determina più dove e chi siamo a livello sociale dato che essi hanno portato ad una totale dissociazione tra quella che è la nostra collocazione fisica e la nostra collocazione sociale. I rapporti che si vengono quindi a creare sono dei rapporti para-sociali che influiscono soprattutto su individui isolati fisicamente dato che un luogo fisico condiviso rafforzerebbe la solidarietà del gruppo. Non esistendo più un collegamento tra luogo e informazioni cambia la distanza sociale tra luoghi fisici che ora anche trovandosi molto distanti vengono a combaciare. è possibile ridurre le informazioni restringendo l’accesso fisico? Filo spinato e muri alti in cemento possono ancora confinare e occultare situazioni sociali? Problematiche mondiali possono ancora essere ignorate solo perchè non sono oggetto di interessa da parte dei principali canali comunicativi mediatici?


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7. Rovine e macerie


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7. Rovine e macerie

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Rovine e macerie “La storia futura non produrrà più rovine. Non ne ha il tempo.” “La vista delle rovine ci fa fugacemente intuire l’esistenza di un tempo che non è quello di cui parlano i manuali di storia. È un tempo puro, non databile, assente da questo nostro mondo di immagini, di simulacri e di ricostruzioni, da questo nostro mondo violento le cui macerie non hanno più il rtempo di diventare rovine. Un tempo perduto che l’arte talvolta riesce a trovare”

Magazzini Turate, Saronno (Va), Luglio 2013

In equilibrio fra incertezza e ignoranza, fra passato remoto e un futuro incerto, gli antropologi potrebbero trovarsi davanti alle macerie nella situazione in cui si trovano gli archeologi dinanzi ai loro scavi. A differenza del lavoro dell’archeologo che scava nella sua fetta di spazio-tempo fino a ridursi al segno di pietra che emerge dalla terra, contemplare le rovine non equivale a fare un viaggio nella storia ma a fare un esperienza del tempo puro. Le rovine aggiungono alla natura qualcosa che non appartiene più alla storia, ma che resta temporale, mentre quest’ultima a sua volta finisce col destoricizzarlo traendolo verso l’atemporale.Il tempo puro quindi è questo tempo senza storia scritta, di cui solo l’individuo nella soggettività può prendere coscienza e di cui lo spettacolo delle rovine può offrirgli solo una fugace intuizione. A questo tempo puro l’individuo è sensibile perchè nella contemplazione delle rovine atemporali è come

aiutato nel comprendere la durata che scorre in lui. Nel 2013 tutto concorre a farci credere che la storia sia finita e che il mondo sia solo uno spettacolo nella quale la fine viene rappresentata, abbiamo bisogno di ritrovare il tempo per credere alla storia: Questa potrebbe essere oggi la vocazione pedagogica delle rovine.

Il viaggio: La residenza fisica della maggioranza delle persone al giorno d’oggi è dettata dalla loro professione e dal loro reddito. Nelle zone del globo colpite dalla crisi ma che rimangono comunque una destinazione turistica oltre alle convenzionali mete di queste gite sono presenti zone di fortemente degradate. Per sfuggire all’illusione di conoscere un paese in base al percorso turistico convenzionale è necessario sapere che questi viaggi sono sono proprio concepiti e organizzati per evitare ogni contatto con i settori più disastrati dei paesi che attraversano. (Questo è un concetto che soprattutto gli occidentali, con il loro vizio di ritenere la propria cultura superiore a quella dei paesi che visitano, spesso dimenticano).* A questo punto sorge spontanea una riflessione: Se fossimo veramente animati dal desiderio di conoscere e confrontarci con gli altri potremmo farlo


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Magazzini Turate, Saronno (Va), Luglio 2013

7. Rovine e macerie

facilmente senza andare troppo lontano nelle periferie delle nostre città. Cosa è che allora spinge i nostri contemporanei a lasciarsi sedurre dalla pura finzione? La mia ipotesi è una spettacolarizzazione del mondo dettata dalla società consumistica dell’immediatezza. Questa spettacolarizzazione si manifesta in varie maniere e su vari livelli: Riguardo al fattore estetico con la continua restaurazione e illuminazioni oltre che protezione con divieto di accesso dei siti di interesse (Privatizzazione?), mentre riguardo al fattore sociale avviene una teatralizzazione dell’attualità per immagini. Politici, sportivi e artisti in genere vengono considerati come attori mentre il suolo pubblico viene considerato come uno spazio del pubblico nella accezione teatrale del termine. Siamo passivi spettatori/consumatori? Questa spettacolarizzazione (o teatralizzazione) rende ogni giorno più sottile il confine tra la realtà e la sua rappresentazione ed ha effetti perversi: in questa società le sfumature sono del tutto assenti e pur essendo la diversità e l’eterogeneità la caratteristica principale di questa società quest’ultima la affronta sempre nello stesso modo: la ignora uniformemente senza distinzione alcuna. La globalizzazione delle informazioni ha portato quindi ad un uniformità nell’affrontare superficialmente i problemi Crediamo presuntuosamente di sapere qualcosa del mondo degli altri ma questa conoscenza la basiamo

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su astrazioni come il sottosviluppo che non riusciamo a quantificare e che in ogni caso, in una società materialistica come la nostra, non ha la concretezza che possono avere il finto benessere di sole e spiagge (Rio de janeiro) Attenendoci a questa visione possiamo affermare che qualsiasi viaggio se non è dettato da una sincera voglia di disillusa e realista conoscenza o da una ricerca personale è immobile anche quando comporta lo spostamento del corpo in quanto non muove nè lo spirito nè la mente. *Certe forme di turismo sono ancora caratterizzate da un complesso di superiorità dei turisti nei confronti degli abitanti dei paesi nei quali si recano.L’immaginario del viaggio di scoperta-conquista ha molto a che vedere con i miti collettivi di sogno coloniale ed impero. Ecco perchè la maggior parte dei turisti ha il fastidioso vizio di fotografare qualsiasi cosa , anche se già abbondantemente presente sul web e vista in anteprima nei depliant dell’agenzia che gli ha venduto il viaggio, come se lo strumento fotografico gli permettesse di fare suo qualcosa che non gli appartiene.


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Magazzini Turate, Saronno (Va), Luglio 2013

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7. Rovine e macerie

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Lo spazio:

Conclusione:

Il concetto di nonluogo ci aiuta a capire di più riguardo agli spazi in cui viviamo: Nelle nostre città disordinate il pieno ed il vuoto si fiancheggiano. Terreni abbandonati e aree prive di una destinazione circondano le nostre città lasciando senza risposta la domanda di dove la città cominci e dove finisca. Noi applichiamo alla natura lo stesso trattamento che infliggiamo alle città:ne spettacolarizziamo e quindi preserviamo solo certi settori e pretendiamo di sostituire una natura ad un altra come con i rimboscamenti. Questi maltrattamenti creano una reazione da parte della natura: i ghiacciai si ritirano, i mari si prosciugano,i deserti avanzano, le specie scompaiono. L’uomo scopre di appartenere alla natura solo quando deve fuggire dai siti che aveva ideato per dominarla (Chernobyl). In un epoca che distrugge in maniera massiccia e che privilegia il presente sul futuro gli artisti vengono sedotti dal tema delle rovine.

La spettacolarizzazione del mondo è, di per sè, la propria fine; in questo senso, essa vuole esprimere la fine della storia, la sua morte. Le rovine, invece, danno ancora segno di vita. Le macerie accumulate dalla storia recenete e le rovine nate dal passato non si somigliano. Le rovine sono il culmine dell’arte nella misura in cui molteplici passati ai quali esse si riferiscono in modo incompleto ne raddoppiano l’enigma esacerbandone la bellezza. L’originalità del nostro mondo a dimensione planetaria dipende da uno spostamento di questo enigma, che alcuni artisti contemporanei hanno colto. L’urbanesimo e l’architettura hanno sempre parlato di potere e di politica. Le loro forme attuali, il moltiplicarsi di zone di miseria, di campi, di sottoprodotti dell’urbanesimo selvaggio sotto il brillante intreccio delle autostrade, dei luoghi di consumo, dei quartieri di affari, delle singolarità e delle immagini nate dalla spettacolarizzazione del mondo, mostrano a sufficienza la cinica franchezza della storia umana. Sono le nostre società che abbiamo sotto gli occhi, senza maschera, senza belletto. E chi avesse desiderio di sapere che cosa ci riserva l’avvenire, non dovrebbe perdere di vista le aree fabbricabili e i terreni in abbandono, le macerie e i cantieri.

Magazzini Turate, Saronno (Va), Luglio 2013


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8. L’incompiuto in Italia

Anonimo Edificio Incompiuto, Strada Primosole Catania, Giugno 2013


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8. L’incompiuto in Italia

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L’incompiuto in Italia

Campo da Polo Incompiuto, Giarre (Ct) Luglio 2013

Su 357 opere incompiute in Italia circa la metà si trovano in Sicilia. L’indagine condotta in questi due anni ha portato alla classificazione di circa 360 architetture incompiute in tutta Italia con una particolare concentrazione geografica nel Sud - la Sicilia vanta il triste record di 160 opere - e cronologica nel ventennio ‘60-’80”. Anche nel corso del 2008 molte fattispecie di responsabilità amministrativa sono da collegare direttamente o indirettamente al fenomeno delle cosiddette opere pubbliche incompiute, opere ciò progettate ma non appaltate, ovvero non completate o comunque inutilizzabili per scorretta esecuzione, che rappresentano un gravissimo spreco di risorse pubbliche e la testimonianza più eloquente dell’inefficienza dell’amministrazione centrale e periferica. La Sicilia, ostinata primadonna nel panorama dell’incompiuto nazionale ed europeo, non poteva che pretendere un capoluogo d’eccezione. Così per cominciare un tour tra le principali incompiute dell’Isola non si può esulare da Giarre, in provincia di Catania, comune storicamente conosciuto per le sue celebri opere a metà. Il centro etneo ospita oltre una decina di strutture incompiute tra cui le più celebri sono il teatro, la piscina olimpionica, il palazzetto dello sport, il campo di polo, il centro per anziani, il parcheggio multipiano. La più antica di queste opere risale agli anni Cinquanta ed è il famoso teatro comunale costruito “fuori asse”. Una cifra incalcolabile di lire elargite, visto che, dal 1968 al 1987, ci sono state ben quattro varianti. Negli anni Ottanta un altro ironico monumento al nulla: un campo di polo da 20 mila posti, per una città

da poco più di 20 mila abitanti, che tuttavia non è mai stato completato. Anche in questo caso una cifra solo indicativa di 10 miliardi di lire, ma un impianto praticamente inutilizzabile sia perché il polo non è proprio uno sport di casa da queste parti, ma soprattutto perché la struttura è ubicata nei pressi di una stradina sterrata dove risulta difficile accedere. Tra l’altro la tribuna, mai omologata, ma completamente aperta al pubblico, costituisce ulteriore motivo di preoccupazione per il facile accesso e le gradinate ripidissime. Vagando per l’isola sono innumerevoli gli esempi, nonostante la concentrazione sia inferiore al perimetro giarrese. Il campetto di calcio a Santa Venerina, sempre in provincia di Catania, le dighe di Blufi e Pietrarossa, recentemente rifinanziate, l’acquedotto Ancipa ad Enna, la Catania-Siracusa (che fra poco uscirà dalla lista), e l’elenco potrebbe continuare per pagine. La lista completa delle incompiute in italia la trovate sul sito www.incompiutosiciliano.org


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Anonimo Edificio Incompiuto, Strada Primosole Catania, Giugno 2013

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9. La Snia Viscosa:

Decaduto monumento al lavoro


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9. La Snia Viscosa

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La Snia Viscosa Prima del 1922 Varedo era solo un piccolo villaggio dell’operoso nord nell’hinterland di Milano. La presenza di una linea ferroviaria, la grande disponibilità di acqua e la classe operaia locale molto qualificata (in particolare nel settore tessile), sono tutti fattori alla base della decisione di aprire una fabbrica di seta artificiale. L’impianto è stato gestito da “Seta Artificiale Varedo”, una joint-venture tra l’italiana Snia Viscosa e gli inglesi Courtaulds. Gli anni ‘20 furono anni di grandi investimenti nel settore delle fibre artificiali: già nel 1925 Seta Artificiale Varedo ha firmato la costruzione di nuovi stabilimenti a Magenta e Ceriano Laghetto, sia all’interno della regione urbana milanese. Nella seconda metà di quel decennio Varedo rayon viscosa ottenuto grande successo in Italia e anche l’Europa, come dimostrato da numerosi articoli e citazioni su riviste internazionali di quel tempo.

Snia Viscosa, Varedo (Va) Centro Ricerche Agosto 2013

SNIA è stata fondata nel 1917 da Riccardo Gualino, un imprenditore italiano attivo nel transoceaniche trasporti marittimi tra Europa e Stati Uniti. Infatti SNIA inizialmente stava per Società di Navigazione ItaloAmericana (cioè compagnia di navigazione italianaamericana). A causa della perdita del dopoguerra di spedizione redditività Gualino ha deciso di sperimentare la produzione della cosiddetta “seta artificiale” (fibre di cellulosa rigenerata, alias [viscosa] rayon), essendo in grado di prevedere il suo prossimo successo internazionale. E così è stato. Nel 1920 ha proceduto ad acquisire alcune delle fabbriche rayon italiane esistenti, precisamente: Venaria Reale impianto (attivo dal 1910, di proprietà della Société Italienne de la viscosa), Pavia impianto (attivo dal 1905, di proprietà

di Viscosa di Pavia) e Cesano Maderno impianto (attivo dal 1919, di proprietà della Società Italiana Seta Artificiale). Due anni più tardi, Gualino cambiato il nome della società di SNIA Viscosa - Società Italiana Applicazioni Viscosa, un “brand” destinato a durare per decenni.


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Gli anni ‘30 modellarono fortemente la struttura della Snia Viscosa. Nel 1934-1935 SNIA diventò il più grande produttore mondiale di rayon. Questa crescita impressionante è stata interrotta dalla seconda guerra mondiale. La produzione crollò tra 1942-1945, mentre il complesso di cellulosa di Torviscosa fù gravemente distrutto. Gli anni successivi sono stati dedicati al recupero dell’efficienza produttiva e alla riparazione delle relazioni internazionali. Fino al 1970 il nome SNIA è stato indissolubilmente legato al complesso di Varedo, una “città” di 6000 dipendenti che si estende su più di un chilometro quadrato. Nel 1971 Varedo coprì da sé circa il 40%

Durante tutti gli anni ‘20 l’azienda è cresciuta enormemente, diventando una leader nel suo settore. Nel 1925 il capitale è stato aumentato fino a un miliardo di lire. Sempre in questo anno, SNIA è stata quotata a New York e London Stock Exchange, fù la prima società italiana di sempre. Gli anni ‘20 possono essere considerati il decennio d’oro del rayon, a causa dell’elevato numero di stabilimenti nati e aziende fondate. In effetti, questo entusiasmo ha portato a una crisi di sovrapproduzione internazionale, presto seguito dal crollo del 1929. Riguardo l’Italia, una grande quantità di piccole aziende manifatturiere rayon scomparve immediatamente, mentre quelli più grandi e più affidabili sopravvissero anche se con evidenti problemi. SNIA fù uno di loro.

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(37.000 t / a) della produzione di fibre di viscosa dell’intero SNIA e il 50% del Lilion (23.000 t / a). Tuttavia, l’età d’oro era quasi finita. La crisi petrolifera e la malattia sociale scossero molti settori industriali e fabbriche, soprattutto quelle grandi. Varedo fu teatro di lotte drammatiche tra lavoratori, gestione e governo nazionale, in una scena più larga nota come l’Autunno caldo, quando i lavoratori chiesero una migliore retribuzione e condizione di lavoro. Varedo fu colpito da proteste tanto violente che si decise di diminuire il numero di dipendenti. Questa decisione è stata presa in base alla trasformazione del business di SNIA, sulla base della riduzione dei profitti filiali in fibra invece di migliorare altri settori, come la chimica, la difesa e l’inge-


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gneria aerospaziale. Inoltre, una crescente conoscenza ambientale ha portato la gente ad aprire gli occhi sulla pericolosità della produzione di viscosa. Alla fine degli anni ‘70 l’impianto rayon fù smantellato, mentre fiocco seguì nel 1982. Questo significò la fermata della produzione di solfuro di carbonio, acido solforico e delle piante solfato di sodio. In un decennio il numero dei dipendenti a Varedo crollò giù, lasciando impiegate non più di 500 persone. Nel 1994 Snia Fibre Varedo fu assegnata a una joint-venture chiamato Nylstar. All’interno di Nylstar la fabbrica di nylon di Varedo sopravvisse per altri dieci anni, anche se significativamente ridimensionata nella produzione e nel numero di impiegati. Alla fine del 2004 luce fu spenta definitivamente, a causa del fallimento della Nylstar. Una fine ingiusta e amara per questa gloriosa fabbrica.

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Allo stato attuale il sito è uno dei più grandi “brownfield” di Milano regione metropolitana, ma le istituzioni non sembrano essere interessate ad un possibile rinnovamento o alla sua conservazione. La mancanza di denaro e di idee stanno lasciando sgretolare questo capolavoro del patrimonio industriale italiano.


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Centrifuga Rayon fiocco (cyano) L’impianto di filatura di viscosa è stato organizzato in un capannone piatto e largo la cui costruzione fu suddivisa in vari saloni. Completato tra il 1936 e il 1938, ha utilizzato l’innovativo processo di filatura centrifuga. Questo, più efficiente della “classica” filatura su bobine, viene effettuata per centrifugazione e torsione contemporanea: questo produce “torte” che vengono poi lavate e asciugate. Nel 1957 l’impianto è stato ampliato sul lato ovest. Questo particolare tipo di rayon viscosa, caratterizzato da una elevata tenacità,

è stata filata in modi sia verticali che orizzontali. Alla fine degli anni ‘70 questo impianto venne smantellato.


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Snia Viscosa, Varedo (Va) Centrifuga Rayon Fiocco, Agosto 2013

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Centro ricerche (giallo) Il cosiddetto “cannocchiale” (monoculare) è un sottile e lungo edificio, che si trova al centro dell’intera area. È stato costruito nel 1936, durante la ricostruzione della fabbrica, per ospitare laboratori di ricerca e uffici tecnici. La parte meridionale ha ospitato l’impianto di refrigerazione, che serve l’intera produzione di viscosa. Tutto è stato svuotato e abbandonato nel 1982.

Snia Viscosa, Varedo (Va) Centro Ricerche, Agosto 2013

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Impianto filatura fiocco (magenta) L’impianto di filatura fiocco è stato costruito nel 1936 sul luogo della precedente fabbrica viscosa originale del 1922. Essendo il primo impianto di produzione di rayono fiocco su scala industriale della SNIA, ha giocato un ruolo chiave all’interno della società. Gli ulteriori sviluppi ne fecero la più avanzata ed efficiente tecnologia. Per questo motivo, i tecnici di altri stabilimenti SNIA e anche di paesi stranieri spesso visitavano l’impianto per imparare dal suo successo. La filatura del rayon fiocco è caratterizzata dal taglio

Snia Viscosa, Varedo (Va) Impianto Filatura Fiocco, Agosto 2013

del filo di cellulosa rigenerata in piccole sezioni, che vengono lavati, sbiancati, essiccati e poi il tutto viene aperto attraverso un macchinario speciale. Il materiale risultante è molto simile a batuffoli di cotone o di lana. Durante gli anni ‘70 l’impianto è stato dotato di una ciminiere di 114 m altezza per espellere fumi nocivi. Nel 1982 l’impianto di rayon fiocco è stato smantellato, firmando poi la fine definitiva della produzione di viscosa a Varedo.


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Centrali elettriche (verde)

Impianto filatura continua (2)

L’impianto delle centrali elettriche è sicuramente il più imponente gruppo di edifici di tutto il sito. Anche se non sembra così, sono stati costruiti in tempi diversi: uno nel 1937 e l’altro nel 1949. Entrambi sono stati dotati di tre caldaie e lo stesso numero di turbine. Le caldaie sono state alimentate a carbone, poi il passaggio all’olio. Negli anni ‘60, a causa della attivazione di una terza stazione di alimentazione, la più vecchia è stato svuotata e trasformata in unità recupero metano. Nel 1982 il secondo impianto è stato smantellato. Anche nel loro vuoto attuale, la magnificenza dell’architettura, i resti delle pareti di marmo e l’immensità degli spazi interni fa capire quanto sia stato significativo il suo utilizzo per la fabbrica.

Completato nel 1949, il continuo di filatura rayon è stato il primo mai costruito in Europa continentale. L’impianto è stato progettato dall’architetto di fiducia di SNIA Giuseppe De Min, mentre la realizzazione tecnica è stata effettuata insieme con l’American Industrial Rayon Corporation. La sala capannone di grandi dimensioni ha ospitato 50 enormi macchinari strutturati su tre livelli. Ognuno di loro è stato in grado di completare l’intero processo di filatura in automazione, dalla viscosa cruda alle fibre scintillanti. Un innovativo sistema di collettori fumi finì in un fumaiolo unico e spettacolare. Alla fine degli anni ‘70 l’impianto è stato smantellato a causa della crisi di viscosa.

Impianto preparazione viscosa (1)

Impianto fibre sintetiche (3)

Il punto di partenza del processo di produzione di viscosa era situato in un complesso di edifici a più piani che risalgono al 1933-1936. La cellulosa viene consegnata alla fabbrica in treno e si trasferisce a l’impianto di preparazione tramite una ferrovia interna. Estratta, poi lavata e trattata con composti chimici come soda caustica e disolfuro di carbonio, la cellulosa viene trasformata nella cosiddetta viscosa. Tali reazioni avvengono in reattori (baratte) e miscelatori rotanti. Una volta che un passaggio è completato, la viscosa viene pompata sotto per subire la reazione successiva, e così via . Infine, la maturazione di viscosa avviene in cantine speciali. L’impianto è statomontato e svuotato nel 1982.

L’impianto di fibre sintetiche risale al 1952. Questa piccola struttura è stata organizzata in una torre speciale che termina con una terrazza panoramica. Fino al 1960 l’impianto fu ampliato quasi ogni anno, diventando quindi un importante stabilimento di produzione di nylon e poliestere. Il processo di filatura inizia con la fusione di chip in polimero caldo, seguito dalla filatura delle teste, dove il fluido è forzato in centinaia di stampi ad altissima pressione. Filamenti in uscita vengono poi raffreddati e unificati in filati semplici, che vengono raccolti in una bobina. Mentre questa prima parte del processo è orientato verticalmente (top-down), quelle successive hanno luogo orizzontalmente. Seguono operazioni tessili pure come lo stretching, torsioni, texturing e deformazioni.


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10. La cartiera Vita-Mayer: Reperto di archeologia industriale


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10. La Cartiera Vita-Mayer

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La cartiera Vita-Mayer La cartiera Vita Mayer è sicuramente il più imponente complesso industriale della Valle Olona una regione nota per la sua antica industrializzazione e sede di numerosi monumenti di archeologia industriale. La carta è stata prodotta qui fin dal XVIII secolo, con l’uso di mulini ad acqua. Due di loro si trovavano tra i comuni di Cairate (1744) e Lonate Ceppino (1772). Intorno al 1850 la prima è stata trasformata in una piccola cartiera, denominata Cartiera Canziani dal 1881 in avanti. Dieci anni dopo, il mulino è stato rilevato da Enrico Vita, diventando poi Cartiera Enrico Vita. Nel corso di questi anni è stato ampliato anche il vecchio mulino ad acqua di Lonate. Al volgere del secolo, i destini di Vita e Mayer si incrociarono: Matilde Vita, pronipote di Enrico, sposò Salomone Mayer, il rappre-

sentante di una nota famiglia ebrea di imprenditori. Questo evento segnò l’inizio di un periodo di crescita significativa per la cartiera, infine ribattezzata Cartiera Vita Mayer. Nel 1908 le persone impiegate erano più o meno 400, mentre la capacità produttiva complessiva era di 6000 tonnellate di carta all’anno.


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10. La Cartiera Vita-Mayer

Un importante aggiornamento produttivo si è verificato tra le due guerre mondiali, con la costruzione di un autoclave per carta kraft da 8000 tonnellate / anno (completato nel 1937). Nello stesso periodo Sally Mayer fornì i comuni di Cairate e Lonate con nuovi alloggi sociali, chiese e persino una scuola professionale. Purtroppo, nel 1938 i Mayer sono stati costretti a trasferirsi all’estero, in Svizzera, per l’approvazione del Manifesto della Razza (la legge fascista contro il popolo ebraico). La cartiera è stata poi controllata

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direttamente dallo Stato, e qualificata come industria “A” cioè strettamente necessaria per la difesa nazionale. Già nel mese di aprile del 1945 i Mayer sono stati in grado di riprendere nuovamente il controllo della loro cartiera e hanno iniziato un grande piano di ristrutturazione. Sulla riva sinistra del fiume Olona è stato eretta una centrale enorme, dotata di un alta canna fumaria.


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Cartiera Vita-Mayer, Cairate (Mo) Luglio 2013

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10. La Cartiera Vita-Mayer

L’imponente allargamento andò avanti tutto il 1950. Tra il 1951 e il 1953 una seconda cartiera fù creata a poche centinaia di metri a sud del primo impianto, chiamato Cartiera di Cairate (o VIMA, anagramma di Vita e Mayer). Per assicurare potenza sufficiente per entrambe una seconda, enorme centrale elettrica è stata costruita all’interno del vecchio mulino. Gli anni ‘50 e ‘60 furono decenni vibranti, noti anche come l’età d’oro della Vita Mayer: 2400 dipendenti nel vecchio impianto, 750 in quello nuovo, 80.000 tonnellate

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/ anno di carta e 6 treni merci su e giù ogni giorno. I primi segnali di crisi si verificarono nel 1971, a causa della crescente concorrenza con i produttori di carta orientali europei e per la scarsità di legname. La società richiese un intervento dello Stato per evitare il fallimento, senza risultati . Inoltre, tra il 1975 e il 1976 due alluvioni del fiume devastarono il vecchio impianto. Il colpo di grazia fu dato dalla chiusura della linea ferroviaria per la scarsa redditività. L’11 agosto 1977 entrambi i siti sono stati definitivamente chiusi.

10. La Cartiera Vita-Mayer

Abbandonato da 36 anni, la Vita Mayer rappresenta oggi non solo uno straordinario esempio di evoluzione del sito stesso nella produzione di carta, ma è anche uno dei pochi esempi di siti industriali aggiornati all’interno della valle Olona (molti antichi mulini non erano veramente sviluppati nel secolo scorso). In attesa di un aggiornamento che probabilmente non arriverà mai la fabbrica cede lentamente alla natura, guadagnando fascino.

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11. La ex fattoria Sole:

Zona altamente contaminata


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11. La ex fattoria Sole

La ex fattoria Sole La fattoria Sole nasce a Catania presumibilmente negli anni 60 nella Contrada Torrazze – Passo martino nella Zona Industriale Est. Oltre ad un allevamento di 2500 bovini la fattoria Sole era composta da 83 corpi di fabbrica su una superficie di 540.000 mq messa ora in vendita dal Comune di Catania per un valore di 9.213.000 euro. La fattoria sole dal momento della sua chiusura (in data sconosciuta) è di proprietà dell’Ente Sviluppo Agricolo della regione Sicilia ed è stata teatro di procedimenti penali e atti giuridici per varie truffe messe in atto da chi ne aveva ereditato la proprietà:

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11. La ex fattoria Sole

Nel 2008 l’imprenditore Pietro Grasso fu multato per 224.000 euro dalla Regione Siciliana per aver percepito indebitamente fondi per la sua “Azienda Agricola Associata Allevamento Bufalo Mediterraneo Sicilia”, egli aveva percepito fondi per la ristrutturazione degli immobili i cui lavori, fatturati dalla “Cooperativa Multivalori di Paternò” di proprietà dello stesso Pietro Grasso, non erano mai stati iniziati. Inoltre lo stesso P.G. Percepiva fondi dalla Regione Siciliana per un

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allevamento di 434 bovini che, a fronte di un ispezione del 2008 da parte della Guardia di Finanza, presentava solo 34 bovini. E ancora, in seguito ad altre indagini, figurò che P.G. Non possedeva il titolo di Perito Agrario il quale si era indebitamente attribuito.

11. La ex fattoria Sole

-Nel 2011 il Comando dei Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente – Nucleo Operativo Ecologico di Catania ha espletato un attività di indagine nei confronti della “Ofelia Ambiente Srl” di Catania a causa di una presunta, rivelatasi poi veritiera, contaminazione a lungo termine dell’area: A.R.P.A. - S.T. di Catania, ha accertato che “l’area oggetto di indagine è stata interessata da interramento di un ingente quantitativo di rifiuti speciali, i cui campioni prelevati hanno rilevato il superamento delle

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Concentrazioni Soglia di Contaminazione (C.S.C.) di numerosi parametri”. Le indagini successive fanno emergere che la Ofelia Ambiente dal 1997 usufruiva indebitamente dell’area che era invece stata messa a disposizione della “Siciliana Zootecnica Spa”. L’otto marzo 2011 “Ofelia Ambiente”, che è una ditta di “Recupero e preparazione per il riciclaggio dei rifiuti solidi urbani, industriali e biomasse”, è stata diffidata dalla Provincia Regionale di Catania ad iniziare la


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procedura di messa in sicurezza e bonifica dell’area contaminata. A questa sentenza si aggiunge nel marzo del 2013 una proposta da parte dell’ Ente di Sviluppo Agricolo per ottenere un fondo di 85.000 euro per la rimozione del cemento amianto dal sito. La proposta è stata accettata e firmata dal direttore generale Maurizio Cimino.

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11. La ex fattoria Sole

Le mie foto sul luogo risalgono ad Agosto 2013.

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12. Il triangolo industriale siciliano: L’altra faccia della Sicilia


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12. Il triangolo industriale siciliano

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Il triangolo industriale siciliano

Raffineria ENI, Augusta (Sr)

Per area iblea viene inteso il territorio della Sicilia sud orientale che si affaccia sul Mediterraneo e comprende le province di Siracusa, Ragusa e parte della provincia di Caltanissetta. Trattasi di una zona prevalentemente calcarea esposta al rischio sismico che si estende dal mare ai monti Iblei da cui prende il nome. Fino all’inizio degli anni Cinquanta dello scorso secolo questa zona era caratterizzata da una modesta economia basata sull’agricoltura, sulla pastorizia, sull’artigianato e sulla pesca; poche e piccole erano le industrie presenti, esse si interessavano per la maggior parte alla trasformazione ed alla conservazione dei prodotti del suolo e della pesca, ed ai prodotti del sottosuolo; ad Augusta ed in qualche altra zona costiera sorgevano le saline. La moderna industrializzazione negli Iblei inizia subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Nella prospettiva di conquistare i mercati internazionali fu deciso di allocare negli Iblei industrie per la raffinazione del petrolio ed industrie di base, chimiche e petrolchimiche, privilegiando le zone costiere. L’obiettivo era quello di creare nel sud grandi poli di sviluppo, da qualcuno definiti “Cattedrali nel Deserto”, capaci di creare un indotto di piccole e medie industrie per il decollo economico dell’intera zona. Così i territori Iblei, e precisamente quelli di AugustaPriolo-Melilli e di Gela, splendide coste ricche di agrumeti, carrubeti, mandorleti, sabbia e mare pescoso venivano sacrificate per creare due Cattedrali nel Deserto che tuttavia non riuscirono nell’intento di creare l’auspicato indotto. L’inizio di detta industrializzazione si può datare nel 1948, quando un giovane industriale milanese, Angelo Moratti, più noto quale presidente della società calcistica Inter, pensò di costruire ad Augusta una raffineria, la RA.SI.O.M.

(Raffineria Siciliana Oli Minerali) successivamente ceduta alla Esso. La scelta di Augusta fu determinata dal fatto che essa si trovava in una zona pianeggiante, sulla rotta Suez-Gibilterra dove si registrava il maggior traffico del greggio proveniente dal Medio Oriente e dalla Russia, dalla facilità di approvvigionamento idrico, dalla grande disponibilità di manodopera a basso costo, dal porto naturale e dalla possibilità di utilizzare i serbatoi interrati ed il pontile della Marina Militare, impiegati durante la seconda guerra mondiale. Moratti acquistò gli impianti di una raffineria americana dismessa a Longview nel Texas che, imbarcati nel 1949 ad Houston sulla motonave Liberty “Giacinta Fassio”, vennero scaricati nel porto di Siracusa e da qui trasferiti e rimontati dove sorge l’attuale raffineria da tecnici istriani aiutati da operai del siracusano. A metà del 1950 la raffineria cominciò a produrre. Sfruttando le numerose agevolazioni e gli incentivi economici erogati dalla Cassa per il Mezzogiorno, per attrarre nel Sud gruppi sia privati che pubblici, negli Iblei comincia quello che veniva comunemente chiamato il “Miracolo Economico”. Nel siracusano, dopo la Rasiom, si insediano altre industrie come la Liquichimica, ora Sasol, che doveva utilizzare le paraffine lineari per la produzione di bioproteine, la Cogema, l’Eternit, la Sicilfusti, l’Edison, che investe quanto ricavato dalla cessione delle industrie elettriche allo Stato nella Chimica con la S.IN.CAT. (Società Industriale Catanese) che produce inizialmente fertilizzanti, la Celene, una società a capitale misto Edison-Union Carbide, che produce polimeri, quindi la Montecatini che produce prodotti chimici e petrolchimici. Nel 1953 viene costruita la centrale termoelettrica Enel Tifeo, alimentata con olio combustibile


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fornito dalla Rasiom, mentre agli inizi degli anni ’70 viene costruita la I.C.A.M. (Impresa Congiunta Anic Montedison) che produce ancora oggi oltre 700.000 tonnellate/anno di etilene, la centrale termoelettrica Enel di Melilli, il Depuratore Consortile della IAS (Industria Acque Siracusane), la raffineria ISAB, costruita demolendo oltre 200 abitazioni di Marina di Melilli e cancellando letteralmente quest’ultima dalla carta geografica, ed infine l’impianto di gassificazione e cogenerazione di residui petroliferi della Erg, l’Isab-Energy. A Gela, sotto la spinta della scoperta nel 1956, da parte della Agip Mineraria, di un giacimento di petrolio di scadente qualità per l’alto contenuto in zolfo e l’alta viscosità, lo Stato decise di costruire il Petrolchimico, un grosso insediamento industriale, quasi una risposta al polo industriale privato del siracusano. La posa della prima pietra del Petrolchimico avvenne il 19 giugno del 1960 alla presenza del Presidente dell’ENI Ing. Enrico Mattei, il pioniere che detto Petrolchimico aveva con forza e determinazione voluto. La struttura produttiva del Petrolchimico, dotato di centrale termoelettrica propria, riguardava la raffinazione del petrolio, la chimica organica e petrolchimica, con produzione di etilene ed acrilonitrile (prodotto base per la produzione di fibre sintetiche), e quella inorganica con produzione di acido solforico, ammoniaca, cloro, soda, solfato di ammonio, urea e concimi complessi. A partire dagli anni ’75 entrava in produzione un impianto di dissalazione di acqua di mare, di proprietà della Regione siciliana e gestito dall’Eni, che ancora oggi fornisce acqua dolce, per gli usi potabili, industriali ed agricoli a tutta la fascia costiera che va da Gela ad Agrigento. Si pensava che i grandi insediamenti industriali, concentrati in ristrette zone, potessero rigenerare il tessuto economico-sociale diffondendone i benefici a mac-

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chia d’olio nelle zone vicine. Questo purtroppo non è avvenuto. A Gela, come nel polo Augusta-PrioloMelilli, gli stabilimenti hanno cambiato la fisionomia della territorio. In queste zone si visse nella speranza dell’industrializzazione, dello sviluppo, del benessere, della ricchezza per una popolazione abituata a miseri salari ed all’incertezza del domani. L’insediamento industriale fu visto come fenomeno rivoluzionario che aumenta a dismisura il reddito pro capite e realizza il sogno degli uomini del sud di lavorare nella propria terra senza il bisogno di espatriare; nel tempo anche questa visione è risultata ingannevole. Le conseguenze di questa industrializzazione furono il trasferimento di manodopera dall’agricoltura all’industria, i maggiori redditi, il benessere, il modo di pensare e di vivere, la motorizzazione di massa con la Vespa della Piaggio e la 500 della Fiat, la lavabiancheria, la cucina a gas, ma anche l’aumento delle malattie professionali, delle neoplasie, dei nati malformati, dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Tutto questo portò inesorabilmente all’espansione dei consumi ed all’aumento dei prezzi, con gravi disagi per coloro che non lavoravano nelle industrie, ed al peggioramento della qualità della vita. Di salute e di ambiente, beni ai quali non si può rinunciare se si vuol continuare a chiamarsi uomini, non se ne parlava. Nel concepire queste realtà industriali non si pensò, per esempio, alle infrastrutture come ferrovie e strade necessarie per il trasporto delle materie prime, dei prodotti finiti, per il movimento degli addetti e per creare vie di fuga in caso di calamità. Che queste Cattedrali nel Deserto rappresentassero un pericolo costante nel tempo lo riconobbe, anche se con ritardo, il Ministero dell’Ambiente che inseriva i poli industriali Iblei di Gela e Priolo fra le aree ad elevato rischio di crisi ambientale ai sensi della legge 349/86. Ancora oggi le ferrovie sono

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ad un solo binario, mentre delle autostrade, progettate da circa quarant’anni, sono stati realizzati da poco solo trenta chilometri della Gela-Siracusa: questo è un esempio del quadro complessivo di ombre e di luci di una nuova realtà sociale dove si pensava solo allo sviluppo e non ad uno sviluppo sostenibile. Si è trattato in pratica di un dissennato sviluppo industriale dove le leggi sono state spesso ignorate, i

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controlli superficiali ed eseguiti dalle stesse industrie (CIPA), le autorizzazioni facili, e dove si è perseguito solo il profitto con effetti disastrosi sull’ambiente, sulle popolazioni residenti e sui lavoratori. I primi danni evidenti all’ambiente compaiono negli anni 70: Nel 1979 nella rada di Augusta si verificarono ripetute morie di pesci. Dette morie di pesci, frettolosamente archiviate e messe in relazione all’aumento delle microalghe nell’area portuale, fecero sospettare che


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il fenomeno potesse essere collegabile all’attività industriale. Nel 1980 nell’ospedale Muscatello si registrò un aumento del numero dei nati con malformazioni congenite rispetto agli anni precedenti. Fu informato di ciò il Pretore di Augusta che sollecitò il Ministero della Sanità ad inviare una Commissione d’inchiesta la quale decise di mettere sotto controllo i nati con malformazioni,

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facendo entrare tutta la provincia di Siracusa in un programma di monitoraggio I.P.I.M.C. (Indagine Policentrica Italiana Malformazioni Congenite) con sede presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. Presso questo Centro sono affluiti i dati fino al 1989. Dal 1990 ad oggi, essendosi costituito il Registro Siciliano delle Malformazioni Congenite (ASMAC), i dati affluiscono presso quest’ultimo Centro che a sua volta li trasmet-

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te al Ministero della Sanità ove confluiscono i dati degli altri Registri Regionali. Pertanto ad oggi siamo in possesso di quasi 30 anni di dati sulle malformazioni congenite della nostra provincia rapportati ai dati Regionali e Nazionali, considerato che essi sono raccolti secondo un unico protocollo internazionale. I dati del Centro nascite di Augusta dimostrano un aumento progressivo del numero di nati con difetti congeniti; si passa dall’1,5% del 1980 al 3% dei primi anni ’90, al 3,5% del 96-97-98 fino ad un picco del 5,6% dell’anno 2000. I dati regionali dal 1990 al 1998 per la Sicilia Occidentale sono 2,12%, per la Sicilia Orientale 2,16% e per l’intera Provincia di Siracusa 3,12%. Andando nello specifico, l’aumento delle malformazioni è relativo solo ad alcuni tipi, in particolare: - cuore e circolo 221,43‰ valore locale, contro il 143,65‰ nazionale; - apparato digerente 164,29‰ valore locale, contro il 93,20‰ nazionale; - apparato uro-genitale 214,29‰ valore locale, contro il 100,48‰ nazionale. in particolare, tra le malformazioni genitali, l’ipospadia nel periodo 90-98 in Augusta ha interessato il 132‰ dei nati, contro il 79‰ della Sicilia orientale, malformazione da mettere in relazione all’inquinamento da diossine e furani. Tali differenze sono effettive in quanto i dati Nazionali IPIMC dei vari centri di rilevamento d’Italia, sono in pratica sovrapponibili per quanto riguarda gli altri tipi di malformazioni congenite. Ci si sarebbe aspettato un aumento delle malformazioni a carico del sistema nervoso centrale (S.N.C.) dato l’alto inquinamento marino e atmosferico di Hg, ma i dati dimostravano valori sovrapponibili a quelli nazionali. Nei primi anni 2000 si scopre come le malformazioni

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del S.N.C. nel nostro territorio non rappresentassero che la punta di un iceberg. Infatti nel corso dell’inchiesta “Mare Rosso” la perizia effettuata dal dottore Madeddu quale consulente della Procura per l’inquinamento marino da Hg da parte dell’impianto cloro-soda, dimostra una elevata concentrazione di Hg, HCB e PCBs nei sedimenti e nel pesce della rada di Augusta e concentrazioni elevate di Hg nel latte e nei capelli delle puerpere. Tali concentrazioni erano notevoli (media 1,45 mg/g) e molto vicine a quelle riscontrate ai suoi tempi a Minamata (1,76 mg/g) così pure le concentrazioni nel latte materno di PCBs (7,29 ng/ml) rispetto al controllo effettuato nelle donne di Catania (4,48 ng/ml). Lo stesso dicasi per concentrazioni di HCB nel latte (Augusta 0,31 ng/ml contro il controllo di Catania 0,17 ng/ml). La perizia prosegue con l’indagine sull’incidenza delle interruzioni di gravidanza ad Augusta e dimostra come qui vi sia il tasso più elevato di interruzioni con valori doppi rispetto al resto della provincia e quadrupli rispetto al riferimento nazionale. Inoltre viene dimostrato come un terzo delle interruzioni sia per difetti malformativi del S.N.C. Infine è attualmente in corso uno studio iniziato alla fine del 2008 con il quale si sono dosati nei capelli di un gruppo di donne in età fertile del triangolo industriale tutti i metalli pesanti e gli oligoelementi essenziali. Lo studio ha confermato un eccesso costante di Hg (con valori più alti di quelli sopra indicati), oltre che di Pb e Al. Pertanto un abbinamento esplosivo per il sistema S.N.C. del feto considerato che la madre durante la gravidanza scarica queste sostanze specificatamente nell’encefalo fetale. In atto i soggetti hanno terminato una terapia chelante e tra qualche mese verranno rifatti i prelievi dei capelli e sarà nostra premura comunicare e proporre le relative implicazio-


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ni pratiche. Ritornando al 1980, durante una riunione presso l’Ospedale Muscatello di Augusta tra il pretore Condorelli ed i Responsabili dei vari Reparti, venne fuori che negli ultimi anni si era osservato un notevole aumento dei casi di tumore. Il pretore allora decise che fosse doverosa un indagine epidemiologica sulle cause di morte. Il periodo preso in considerazione andò dal 1951 a tutto il 1980. Risultò inequivocabilmente che vi era stato un progressivo aumento della mortalità per tumore: si passava dallo 8,9% del quinquennio 51-55 al 23,7% del quinquennio 76-80, con punte del 28% nel 78 e del 29,9% nel 1980,( la media del triennio 78-80 era del 25,5%). La comparazione tra maschi e femmine metteva in evidenza che l’aumento riguardava essenzialmente i maschi e nello specifico il tumore del polmone che passava dal 9,1% del quinquennio 51-55 al 36,7% del quinquennio 76-80 dei casi di morte per tumore. Nelle donne percentualmente il tumore del polmone rappresentava, nei casi di morte per tumore, stabilmente circa il 5% (4,1 nel quinquennio 76-80). Successivamente l’indagine fu estesa fino a tutto il 1988 e si riconfermavano gli stessi dati. I dati fino al 1980 furono da noi portati a conoscenza del Ministero della Sanità che decise di fare degli studi epidemiologici in merito, infatti nel 2001 vengono pubblicati due studi, uno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ed uno dell’ENEA, sulle “aree ad alto rischio di crisi ambientale” che coprono il primo il periodo che va dal 1981 al 1994 ed il secondo dal 1995 al 1999, studi eseguiti con la stessa metodologia adoperata per la perizia richiesta dal pretore Condorelli (dati tutti tratti dai registri di morte in quanto è solo dal 1999 che è stato istituito il Registro Tumori della provincia di Siracusa) che confermano quanto era già stato rilevato.

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Si riportano testualmente le conclusioni del primo studio dell’O.M.S.:“nell’area di Augusta-Priolo i risultati mostrano un profilo di mortalità differente per i due sessi. Si registrano, infatti, eccessi significativi concentrati nelle zone più vicine al petrolchimico, solamente per gli uomini, nelle cause tumorali e nel tumore polmonare, mentre tra le donne non si registrano eccessi di mortalità. Inoltre il rischio di contrarre un tumore polmonare, sempre negli uomini, è in aumento per le generazioni più giovani, fatto che fa prevedere il persistere di rischi elevati negli anni futuri”. In particolare il secondo studio dell’ENEA prende in considerazione sei comuni aggregati fra loro (Augusta, Priolo, Melilli, Siracusa, Floridia e Solarino). Si sintetizzano i risultati: ”nella popolazione maschile dell’area si ha un eccesso sia di mortalità generale (+3%) che di mortalità di tumori di trachea, bronchi e polmoni (+16%) che della pleura (+201%). Nelle donne un eccesso statisticamente significativo della mortalità per cirrosi epatica (+28%). Disaggregando i tre comuni di Priolo-Augusta-Melilli si evidenzia un eccesso di mortalità maschile per i tumori (+14%), tra cui emergono in particolare quelli di trachea, polmoni e bronchi (+30%) e della pleura (+291%); mortalità femminile per cirrosi (+64%)”. “Questi dati confermano il peggiore stato di salute della popolazione maschile rispetto a quella femminile legato alle esposizioni di tipo professionali rispetto a quelle ambientali”. Il Ministero per quanto riguarda i tumori della pleura mette il suddetto aumento in relazione all’esposizione all’amianto (Eternit fabbrica di prodotti in cemento-amianto in atto dismessa, attività portuali e cantieristica navale). Per i tumori del polmone l’aumento oltre che alla conseguenza di

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abitudini di vita personale, quali il fumo di sigarette, a fattori inquinanti ambientali di tipo professionale. L’Atlante delle Patologie pubblicato dall’ASL 8 di Siracusa in collaborazione con l’Università di Catania, fa rilevare inoltre come la mortalità per tutti i tumori nella provincia di Siracusa nel triennio 2000-2002 è aumentata del 7% rispetto al quinquennio 95-99. Nel distretto di Augusta si sono registrati scostamenti significativi in rapporto agli standard regionali con

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valori dei tassi standardizzati - nella popolazione maschile – superiori alla media nazionale. Contribuiscono a questo ulteriore peggioramento sia i tumori del polmone sia quelle neoplasie che ammettono fattori eziologici professionali, tra le quali i tumori epatici, pancreatici, encefalici, pleurici e i linfomi non Hodgkin, a dimostrazione non solo dell’inquinamento atmosferico ma di tutta la matrice ambientale e di conseguenza della catena


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alimentare. Purtroppo i dati pubblicati nel marzo 2007 relativi al triennio 2003-2005, danno la mortalità per tumore in ulteriore aumento (+ 2%). Nel 2005 anche l’Osservatorio Epidemiologico dell’Assessorato alla Sanità della Regione Sicilia ha pubblicato uno studio sull’analisi della mortalità dal 1995 al 2000 e dei ricoveri ospedalieri dal 2001 al 2003 riguardante la popolazione residente nelle aree ad elevato rischio ambientale della Sicilia (Augusta-Pri-

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olo, Gela, Milazzo). Si trascrive testualmente quanto evidenziato per l’area Augusta-Priolo: “Nell’area di Augusta-Priolo si è osservato un eccesso di patologie tumorali sia negli uomini che nelle donne. L’analisi delle singole sedi tumorali ha mostrato, negli uomini, una maggiore occorrenza di tumore del colon retto, del polmone e della pleura. Tra le patologie non tumorali sono stati osservati, sia negli uomini che nelle donne, eccessi di ricoveri per malattie cardiovascolari e per malattie respiratorie; per le malattie respiratorie

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acute l’eccesso è evidente anche nella mortalità. Negli uomini, si è osservato inoltre un eccesso di ricoveri per le malattie del rene”. Si conclude testualmente: “E’ verosimile che gli eccessi di mortalità e morbosità osservati nelle aree di Augusta-Priolo, Gela e Milazzo siano attribuibili ad esposizioni professionali ed ambientali legate ai numerosi impianti industriali ed al conseguente inquinamento delle matrici ambientali. I primi dati del Registro Tumori vengono presentati e pubblicati nel dicembre 2007: i TSI (Tassi Standardizzati di Incidenza: numero nuovi casi anno per 100.000 abitanti) relativi ai tumori nella provincia di Siracusa a cura dell’ASL n. 8 di Siracusa e dell’Università di Catania e certificati dall’AIRC di Lione riportano le seguenti conclusioni e sono relativi al periodo 1999-2002: “In provincia di Siracusa i tumori presentano tassi d’incidenza nettamente più elevati nell’area industriale di Augusta rispetto a quelli riscontrati nelle aree agricole di Noto e della zona montana. L’analisi dei tassi standardizzati collocano la provincia siracusana ben al di sotto delle aree coperte dai registri di centronord. Tra i maschi ad es. il TSI di Siracusa (450,4) si colloca nel range compreso fra il valore massimo del sud (Sassari 489,0) e quello minimo (Salerno 409,6) e, comunque ben al disotto della media del pool dei registri italiani (552,8). Lo stesso può dirsi per il sesso femminile dove Siracusa (356,0) si colloca nel range compreso tra il valore massimo del sud (Sassari 401,9) e quello minimo (Napoli 336,2) e comunque ben al disotto della media del pool dei registri italiani (552,8)”. Tuttavia il dato della provincia di Siracusa al suo interno non si presenta affatto omogeneo: “il totale dei tumori ed il caso Augusta” “partiamo dal sesso maschile: all’interno della provin-

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cia di Siracusa, infatti, l’area comunale di Augusta fa osservare un TSI di 608,4, cioè ben al disopra non solo del registro del sud Italia, ma anche della media del pool Italia. E’ interessante notare che nell’ambito del cosiddetto triangolo industriale Augusta-Priolo-Melilli, solo Augusta fa osservare scostamenti così elevati. Priolo infatti si presenta in media con il dato provinciale (441,3) e Melilli addirittura al disotto (392,2). Ad Augusta seguono nell’ordine, come TSI, il distretto di Siracusa (460,9), Lentini (416,6) e Noto (406,6). I TSI più bassi si osservano nella Zona Montana (311,9). Pertanto la distribuzione dei tassi tumorali sembra essere massima intorno all’area del petrolchimico augustano e poi nel siracusano, per poi scemare verso nord-est nell’area agricola del distretto lentinese e soprattutto verso sud, nell’area agricola del distretto netino, fino a giungere ai valori minimi della Zona Montana ad ovest, disegnando un preciso gradiente nord-sud ed est-ovest. A questo punto risulta di grande interesse valutare le variabili che possono aumentare o attenuare l’impatto espositivo col grande polo industriale in rapporto alle caratteristiche logistiche, orografiche, idrogeologiche ed occupazionali che differenziano ad es. la realtà di Melilli da quella di Augusta. Considerato che Melilli sorge in alto su di una collina e che Augusta si sviluppa più in basso sul mare, appare utile condurre studi sulle origini delle fonti di approvvigionamento idrico, sui percorsi delle falde freatiche, sulle dinamiche dei venti e sulla qualità del porto megarese. Ma appare utile anche studiare con meno superficialità la differenza delle tipologie occupazionali, visto che Augusta vive soprattutto di industria e di attività portuali, mentre Melilli vive anche di agricoltura, e recentemente perfino di terziariocon le


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grandi attività commerciali ospitate nel suo territorio. Quanto detto per gli uomini vale anche per le donne (con la differenza che il distretto di Lentini sale al secondo posto scavalcando Siracusa), con un primato dei TSI detenuto ancora una volta dall’area comunale di Augusta (433,8), e con un classico gradiente nord-sud ed estovest che giunge fino ai valori minimi della Zona Montana (224,3). Tuttavia le differenze osservate non appaiono così marcate come si è avuto modo di notare fra i maschi. Ad Augusta infatti il TSI (433,8), pur rimanendo il più alto della Provincia di Siracusa non supera il TSI del pool Italia (456,1), come accade per i maschi. Questa osservazione lascerebbe presupporre un ruolo importante delle esposizioni ambientali (che sembrerebbero determinanti nel collocare Augusta al 1° posto in provincia, anche nel sesso femminile), ma lascerebbe ancora di più presupporre l’importanza del ruolo delle esposizioni professionali. L’analisi si presenta ancora più interessante se si scende nel dettaglio delle singole sedi tumorali. I TSI osservati, infatti, collocano quasi sempre la provincia di Siracusa agli ultimi posti fra le aree coperte dagli altri registri italiani, ad eccezione di sei sedi neoplastiche: i tumori del fegato, dell’utero e della tiroide, tra le donne, ed i tumori della pleura, dell’encefalo ed i mielomi tra gli uomini. Nel marzo 2009 vengono pubblicati i dati del Registro Tumori provincia di Siracusa relativi al periodo 2002-2005 confermano che i dati su Augusta sono stabili sia a livello maschile (TSI 603,8) che femminile (TSI 442,0) così come nel resto della provincia ad eccezione di Priolo che fa osservare un aumento superiore al tasso medio nazionale solo per i maschi (TSI 565,3).

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Risultano aumentati i tumori del fegato e tiroide in entrambi i sessi, i tumori della pleura (specie ad augusta) e della vescica negli uomini e dell’utero nelle donne. In atto lo stato dell’ambiente si può così sintetizzare: Suolo: esso, oltre che ad essere interessato dalla ricaduta delle polveri tossiche emesse dai camini, risulta notevolmente inquinato dalla presenza di numerose discariche abusive di tossici e nocivi. In atto più di una decina di siti risultano sequestrati dalla Magistratura e di nuovi ne vengono denunziati. In altri siti, i rifiuti tossici sono stati interrati con l’autorizzazione delle stesse autorità comunali (vedi campo sportivo di Augusta, realizzato su ex saline comunali colmate con ceneri di pirite, così come quello di Priolo). Infine i carotaggi effettuati nell’area dove dovrebbe sorgere il termovalorizzatore, hanno dimostrato la presenza di diossine e furani fino ad una profondità di 20-30 cm. Atmosfera: i dati ufficiali sulle emissioni mettono in evidenza un lungo elenco di sostanze chimiche sicuramente cancerogene e teratogene (acrilonitrile, benzolo, cadmio, cromo esavalente, nichel, silice, vanadio, diossine e furani) e molte altre potenzialmente tali, secondo la classificazione IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro). Per i primi trenta anni i dati forniti dagli stessi industriali (CIPA) erano molto approssimativi e limitati. Basta osservare il prospetto del 1981 l’unico in cui compare per la prima volta un dato sull’Hg (erano i tempi dell’inchiesta Condorelli). Basta fare una somma delle polveri sospese emesse dai singoli impianti (non specificate per tipo e dimensione) per arrivare a valori superiori alle quattro tonnellate/ora. Altro esempio l’SO2 (circa 40 ton/ora) e così via per NOx,

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CO, HCL, Fluoro, Ammoniaca, Acido solfidrico, urea, acrilonitrile. A proposito di polveri non ben specificate oggi sappiamo di che polveri si tratta: essenzialmente metalli pesanti. Ciò emerge dai risultati di uno studio del 2002, effettuato dalla Facoltà d’Agraria dell’Università di Palermo che utilizzava i licheni come stazione di monitoraggio fungendo essi da bioaccumulatori per i metalli pesanti. Si mette in evidenza una notevole presenza nell’ambiente inte-

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ressato di detti pericolosi metalli. Tale studio, con identici riscontri, è stato effettuato per tutto il 2006 dall’ARPA di Siracusa . Quest’ultimo studio ha monitorato anche la direzione dei venti (prevalentemente nordÆsud-sud/ovest) e indica le zone con le maggiori ricadute di metalli pesanti: zona più interessata è Belvedere- Città Giardino. Falda idrica: essa versa in uno stato di notevole degrado. A causa del notevole emungimento si è verifi-


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cato un abbassamento del livello piezometrico fino a punte di 200 metri rispetto al suo livello iniziale con conseguente intrusione di acqua di mare che ne ha innalzato la salinità e reso inservibili numerosi pozzi. Inoltre è soggetta alle infiltrazioni dovute alla presenza delle numerose discariche abusive disseminate nel territorio. Purtroppo ha subito anche un notevole inquinamento da idrocarburi legato alla presenza di serbatoi di carburante privi del doppio fondo con effetti macroscopici quali l’emungimento diretto di carburanti vari da pozzi d’irrigazione (Melilli) e da pozzi comunali (Priolo). A tal proposito, l’incidente più grave si è verificato nel 1994 nel territorio di Melilli-Priolo in un pozzo sito nel cantiere IMS (Industrie Meccaniche Siciliane) in località Marina di Melilli. Dal suddetto pozzo, a causa di temporanei importanti emungimenti, venne aspirato gasolio (1200 litri al dì in media). Gli accertamenti tecnici dimostrarono che l’inquinamento derivava da uno spandimento di un oleodotto all’interno della raffineria ISAB della ERG-Petroli avvenuto nel 1984. In verità il danno era stato oggetto di un primo intervento lo stesso anno, ma evidentemente con scarso risultato se a 10 anni di distanza gli accertamenti tecnici dimostrarono la presenza in una vasta area della falda idrica di almeno 3000 m³ di gasolio. Singolare quanto si evince dai documenti della ditta di bonifica EUREKOS datati 05/07/2001 circa la conclusione degli interventi effettuati che hanno permesso di rimuovere circa 2740 m³ del prodotto, cioè i 9/10 della quantità stimata. Significative le conclusioni: “L’area in oggetto non presenta rischi significativi per la popolazione e l’ambiente, il sito presenta un elevata sicurezza intrinseca data la difficoltà di mi-

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grazione del prodotto”. Per nostra fortuna esiste molto più profondamente una grossa falda idrica che rifornisce la popolazione nel siracusano, perché in caso contrario oggi ci troveremmo alla mercè di un dissalatore (vedi Gela). Mare: non è da meno, a metà degli anni 70 le prime morie di pesci nel porto di Augusta legate alla eutrofizzazione delle alghe da aumento di nitrati e fosfati (De Domenico, 1972 e 1978). Uno studio del 1978 (Prof.ri Sciacca e Fallico, Università Ct) dimostrava la presenza di elevate concentrazioni di idrocarburi e metalli pesanti nei sedimenti marini con effetti distrofici sullo stesso ambiente. Nel 1979, come già accennato, si manifestò un ecatombe di pesci. I pesci analizzati avevano “il ventre scoppiato, presentavano una marcata degenerazione epatica e muco nelle branchie, segno di liberazione indiscriminata e criminale di sostanze altamente tossiche”. Uno studio recentissimo (2003) della Dottoressa Maria Nicotra , biologa marina dell’Università di Catania, conferma come i fondali antistanti gli scarichi industriali siano altamente contaminati da metalli pesanti (in particolare il mercurio 22 volte superiore i limite consentito), diossine, idrocarburi policiclici aromatici e policlorobifenili (simili alle diossine), oltre che ad essere ricoperti da chilometri di depositi di eternit nella zona antistante Marina di Melilli. Lo studio è stato effettuato su un gruppo di invertebrati marini che vivono in colonie (Briozoi) e l’analisi tossicologica evidenziava la presenza di metalli pesanti in concentrazione simile a quella rinvenuta nei sedimenti. Inoltre alcune specie ittiche (ricciole, pagelli, palamiti, ecc.) mostra-

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vano evidenti alterazioni morfologiche della colonna vertebrale (notevoli scoliosi della colonna, colonna vertebrale ad Y, ed ispessimento abnorme della colonna stessa), oltre a malformazioni riscontrate sia come numero che come forma al livello delle pinne; inoltre all’esame venivano riscontrate notevoli percentuali di zinco, metilmercurio e cadmio (vedi studio effettuato sul latte materno e sui capelli delle puerpere di Augusta). Si riporta la conclusione dello studio: “i dati rilevati e la comparazione con gli studi precedenti evidenziano esplicitamente un aumento degli inquinanti tossici e nocivi pericolosi sia per gli organismi marini che per la salute dell’uomo in quanto possono entrare nella catena alimentare attraverso molluschi e pesci”. Il 16-02-05 nel corso della conferenza organizzata dall’associazione “Mare Blu” ad Augusta a Palazzo San Biagio, la ricercatrice Prof.ssa Venera Ferrito dell’Università di Catania ha presentato i risultati di uno studio eseguito su un pesce, il coris julis, un comunissimo e coloratissimo pesce della nostra costa, conosciuto nella nostra zona come “iurea”, il quale rispetto agli stessi pescati in una zona non inquinata (golfo di Riposto a nord di Catania) presentava evidenti mutazioni genetiche nel suo DNA. Effetti sull’uomo: quelli già descritti. Da un punto di vista patogenetico un notevole ruolo è rappresentato dalle polveri disperse in atmosfera dai camini industriali. Esse possiedono la capacità di veicolare all’interno dell’organismo, attraverso il polmone, ogni sorta di sostanza inquinante presente in atmosfera per il fenomeno dell’adsorbimento. Esse infatti si arricchiscono incorporando le suddette sostanze disperse e sospese nell’aria, diventando così veri e propri concentrati di tossici che possono depositarsi a livello

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delle prime vie respiratorie o addirittura all’interno del polmone quando le dimensioni sono comprese tra i 5 ed i 0,5 μ. Ciò vale essenzialmente per il nanoparticolato emesso in continuo dai camini, dovuto a cattiva combustione ed in particolar modo nei fuori servizio dalle fiaccole, costituito essenzialmente da metalli pesanti, così come rilevato negli studi effettuati con i licheni. Tale nanoparticolato (0,1-0,2 micron che nessun filtro ad oggi ha la capacità di bloccare), ha un notevole potere di veicolare per adsorbimento i vari tossici e nocivi presenti nei fumi; non viene bloccato dai sistemi di difesa del polmone e, dopo un’ora si ritrova nel torrente circolatorio e successivamente all’interno delle cellule dei vari organi e tessuti (fino al DNA cellulare), a seconda del tropismo specifico di ogni metallo pesante (metalli tutti ad azione cancerogena, mutagena e teratogena). Recentissimi studi hanno inoltre dimostrato come il nanoparticolato arrivi all’encefalo anche tramite le terminazione dei nervi olfattivi (studi epidemiologici recenti dimostrano come nelle zone ad alto tasso di inquinamento industriale, il morbo di Alzheimer sia aumentato del 1.200% e come molte altre patologie cronicodegenerative, nel futuro saranno destinate ad essere ascritte al nanoparticolato). Per tutto quanto esposto la zona industriale tra Siracusa ed Augusta è stata, nel novembre del 1990, dichiarata “ad alto rischio di crisi ambientale”, ed anche per altri fattori di rischio quali: 1) la sismicità dell’area S12 (voto Comitato Regionale Urbanistico n°41/91); 2) la mancanza di distanza di sicurezza degli impianti e degli stoccaggi dai centri abitati; 3) frequenti fenomeni di inversione termica, formazione di smog per la fotosintesi di ozono e idrocarburi, presenza di polveri orga-


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niche ed inorganiche; 4) elevata produzione di rifiuti, circa 170.000 tonn. annue (di cui 1300 tonn. Altamente pericolose) Mentre non va dimenticato che per favorire gli insediamenti industriali è stato distrutto buona parte del sito archeologico di “Megara Iblea”. Lo stesso Ministero dell’Ambiente (Prof. Clini) in un documento della commissione ambiente del Senato del 23/07/02 riconosce come i siti di Priolo-MelilliAugusta, non siano più un area a rischio di crisi ambientale, ma “un area in piena crisi ambientale per la quale si rendono indispensabili interventi legislativi e finanziari che consentano di affrontare con tempestività la drammatica emergenza”. Considerato questo volume di dati allarmanti, il buon senso avrebbe consigliato una maggiore messa in sicurezza degli impianti, la loro modernizzazione e la loro riconversione, oltre alla delocalizzazione degli stoccaggi onde evitare gli effetti negativi sulla salute ed aumentare la sicurezza della popolazione residente. Non solo non è stato fatto nulla (non è stato effettuato alcun intervento previsto dal piano di risanamento ambientale) ma si è continuato il saccheggio del territorio e se ne prevede dell’altro come: 1) Inceneritore Portuale di Punta Cugno per rifiuti portuali, industriali e ospedalieri a cui negli anni ’90 è stato consentito un aumento della potenzialità da 2.000 a 15.000 tonnellate annue ed oggi si appresta ad un potenziamento a 60.000 tonnellate annue, di cui 56.000 pericolose (Ordinanza Commissariale del 9.2.2005 pubblicata sulla gazzetta regionale siciliana il 6 maggio 2005). Tratterebbesi di nuovo impianto che viene autorizzato, pur con il 400% di incremento, come ampliamento del vecchio impianto, senza VIA, VAS,

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Valutazione d’incidenza ed AIA.

è riservata di realizzare successivamente.

2) Termovalorizzatore Enel Tifeo (per RSU) che libererebbe in atmosfera tossici quali monossido di carbonio, ossidi di azoto, anidride solforosa, acido cloridrico e fluoridrico, polveri, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti organici volatili (COV), diossine, dibenzofurni, PCBs, HCB e metalli pesanti sotto forma di nanoparticolato che non può essere quantizzato poiché non esiste filtro che possa bloccarlo ( è questo il motivo per il quale i termovalorizzatore vengono considerati poco inquinanti) in quantità di gran lunga superiore a quanto emesso dai camini industriali, considerato che la letteratura li pone al primo posto come produttori di nanoparticolato. Detti rifiuti urbani proverrebbero dalle province di Enna, Ragusa, Siracusa e Catania città per 500.000 t/anno; detto inceneritore è in fase di appalto (costruito sulla stessa area della centrale Enel Tifeo già contaminata da diossina, adiacente al sito archeologico di Megara Iblea ). Per questo impianto il piano regionale prevede solamente il recupero dei residui ferrosi: tutto il resto va all’incenerimento.

5) Ampliamento potenzialità BUZZI-UNICEM Augusta, dove si è prospettato l’uso di carcasse di pneumatici come combustibile.

3) Proposta di Trasformazione della Centrale EnelTifeo Augusta da olio combustibile a carbone (da alcuni mesi si registra, in terreno adiacente alla città di Augusta, uno stoccaggio di carbone fossile classificato come litantrace di tipo bituminoso). 4) Piattaforma Polifunzionale per il trattamento dei rifiuti industriali, di cui è stato approvato il trattamento meccanico-biologico ed al momento è stata bloccata la realizzazione dell’inceneritore da 70.000 t/anno di pericolosi, che la stessa ditta costruttrice Oikothen si

6) Costruzione di un impianto di termodistruzione di biomasse, di cui si prevede la provenienza dall’est europeo, considerato che il nostro territorio è soprattutto a sviluppo industriale e non agricolo forestale. 7) Proposta per un impianto di Rigassificazione Shell ERG-Power: si propone un impianto di rigassificazione da 12 miliardi di m³/anno di metano, per il quale occorrono circa 110 navi metaniere l’anno, da 130.000/140.000 m3 ciascuna, con il quale il rischio di incidente rilevante aumenterebbe in maniera inaccettabile in quanto tale impianto sorgerebbe a 200 metri in linea d’aria dall’impianto di etilene ex Icam, già esploso nel 1985, a duecento metri dal pontile Nato, con la ferrovia CT-SR che passa fra i due citati impianti, ad est il porto di Augusta con la base della Marina Militare Italiana e, ad ovest i depositi militari Nato ed adiacenti sia a nord che a sud senza soluzione di continuità impianti industriali ad alto rischio di incidente rilevante. Infine da considerare la sismicità S12 dell’area che ne controindica la costruzione. Contro tale progetto è stata presentata denunzia presso la Comunità Europea.

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Fonti, Bibliografia, Sitografia. Fonti: -Relazione presentata al Convegno “L’Uomo negli Iblei: lo sviluppo industriale”. Ente Studi e Ricerche antropologiche Università di Catania, Sortino (SR) 1012 ottobre 2003. Prof. Luigi Solarino. -Dati relativi alla “sorveglianza epidemiologica delle malformazioni congenite nell’Ospedale di Augusta dal 1980 al 2000”. Dott. Giacinto Franco. 2001. -Perizia Dott. Anselmo Madeddu relativa all’inchiesta “Mare Rosso”. -Relazione di perizia tecnica riguardante il procedimento penale n° 2368/86. Perito Dott. Giacinto Franco. 1989. -Aree ad elevato rischio di crisi ambientale: poli chimici e petrolchimici. OMS 2001 Proff. R. Bertollini, F. Mitis, M. Martuzzi, A. Biggeri. -Indagine sullo stato di salute delle popolazioni residenti nell’area di Augusta-Priolo. ENEA 2001. Proff. M. Mastrantonio, P. Altavista, A. Binazzi, R. Uccelli. -Atlante Patologia ASL 8 Siracusa. anno 1995-2002. -Assessorato Sanità Regione Sicilia Dipartimento Osservatorio Epidemiologico: “Stato di salute della popolazione residente nelle aree ad elevato rischio ambientale e nei siti di interesse nazionale della Sicilia”. 2005. -Dati Registro tumori 1999-2002, relativo alla provincia di Siracusa. -Dati Registro tumori 2002-2005, relativo alla provincia di Siracusa. -Dati CIPA 1981 inviati all’ISS. -Biomonitoraggio della qualità dell’aria nell’area comunale di Augusta tramite licheni come bio-accumulatori. Università di Palermo. Prof. Ottonello. 2002.

-Biomonitoraggio della qualità dell’aria della provincia di Siracusa, anno 2006, dati ARPA. -“Stato di salute delle acque marine e costiere antistanti il triangolo industriale MelilliPriolo-Augusta”. Dottoressa Maria Nicotra. 2003. -Denuncia CEE su impianto rigassificazione GNL da ubicare nel triangolo industriale Augusta-Priolo-Melilli Bibliografia: “Oltre il senso del luogo” Joshua Maeyrouwitz “La trasparenza del male” Jean Baudrillard “Medioevo prossimo venturo” Roberto Vacca “Salvare il prossimo decennio” Roberto Vacca “Rovine e macerie” Marc Augè “Nonluoghi” Marc Augè Sitografia: www.st-al.com http://www.webmarte.tv/video/4754/augusta-priolomelilli-il-triangolo-industriale


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