STOP a materiali multistrato e compositi
Domanda e risposta con Giorgio Ghiringhelli, docente alla LIUC
Università Cattaneo: troppe posizioni estreme sulla proposta di nuovo Regolamento Ue. Serve però un quadro normativo stabile
La reazione della politica e dell’industria italiana fin dall’apparire delle bozze del nuovo Regolamento Ue sugli imballaggi è stata di forte preoccupazione. Spinge infatti sul riutilizzo e indica obiettivi di riciclo che potrebbero penalizzare il sistema nazionale strutturato sul modello dei consorzi di filiera. Giorgio Ghiringhelli, docente di sostenibilità presso l’Università Cattaneo – LIUC, si occupa da oltre vent’anni di progettazione e ottimizzazione dei sistemi di raccolta e riciclo dei materiali e può quindi portare la sua visione da esperto del fine vita degli imballaggi. Con lui abbiamo parlato delle novità in arrivo.
Che cosa ci aspetta?
Giorgio Ghiringhelli UNIVERSITÀ LIUC CARLO CATTANEOUn aggiornamento della normativa Ue sugli imballaggi, nel segno del riciclo di qualità entro il 2030. La proposta di regolamento licenziato dalla Commissione Ue il 30 novembre scorso, e messo in consultazione pubblica dal 1° dicembre, rivela un ambizioso obiettivo: ridurre al 2040 i rifiuti di imballaggio pro capite per Stato membro del 15% rispetto al 2018.
Per il 2030 il ricorso agli imballaggi dovrà essere minimizzato aumentandone il riciclo e il riuso, ma soprattutto favorendo ogni azione che ne riduca la quantità prodotta. Per raggiungere lo scopo, la proposta di regolamento Ue spinge sul riciclo di alta qualità, con l’obiettivo di rendere tutti gli imballaggi riciclabili entro il 2030 agendo sulla progettazione ecocompatibile, sull’introduzione di tassi vincolanti di contenuto riciclato che i produttori dovranno includere nei nuovi imballaggi di plastica e infine sulla promozione del riuso, creando sistemi vincolanti di vuoti a rendere su cauzione per le bottiglie di plastica e le lattine di alluminio.
Sono giustificate le posizioni molto critiche espresse a livello nazionale?
Intorno a questa proposta di regolamento, specialmente in Italia, sono state assunte troppe posizioni estreme. Si può dire che in primo luogo non c’è niente di totalmente nuovo, visto che il regolamento non fa altro che prevedere interventi operativi rispetto ai primi due punti della “gerarchia eu -
«Riutilizzo e riciclo non sono approcci da contrapporre ma soluzioni che devono integrarsi. Il paradosso sarebbe sostenere che non bisogna ridurre i rifiuti per non danneggiare l’industria del riciclo»
Gli imballi del futuro
“Bisogna spingere per il passaggio al monomateriale evitando multistrato e compositi, coloranti, pigmenti e altri additivi che possono compromettere il riciclo”: parola di Giorgio Ghiringhelli, docente dell’università LIUC Università Cattaneo e specializzato sui temi della sostenibilità. Lo stesso vale per i polimeri difficili da riciclare o per i quali mancano infrastrutture per il riciclaggio. Nel caso di imballaggi alimentari contaminati dal loro contenuto, l’uso di plastiche biobased e biodegradabili potrebbe essere la giusta soluzione, a patto che si garantisca una corretta gestione dei rifiuti evitando la contaminazione incrociata coi rifiuti in plastica tradizionale. L’ecodesign ha sempre un ruolo centrale: un design di imballaggio non efficiente provoca impatti indiretti come la difficoltà
ropea dei rifiuti”, cioè prevenzione e riutilizzo, che erano già in precedenza indicate come soluzioni preferibili se praticabili, senza limitare il terzo - il riciclo - che ne esce comunque rafforzato, soprattutto nell’ottica del riciclo di qualità finalizzato all’upcycling.Il fatto nuovo, ma non doveva essere inatteso, è che anche per prevenzione e riutilizzo si comincia a indicare target quantitativi e verificabili. Ma per ora siamo di fronte ad una proposta che sarà oggetto di un lungo e complesso iter.
Per cui, detto che l’impostazione difficilmente cambierà, sui numeri potranno essere trovate mediazioni che tengano conto di tutte le esigenze.
Esiste una possibile contrapposizione tra riciclo e riutilizzo?
Le recenti polemiche sulla propo -
ad estrarre l’intero contenuto alimentare della confezione, con la conseguenza di un maggiore spreco di cibo. In casi come questo si corre il rischio che tutti i benefici garantiti dalla qualità ambientale dei materiali vengano ribaltati dagli impatti ambientali del cibo sprecato. Trattandosi di rifiuti, la riciclabilità di un imballaggio può dipendere dalla contaminazione di altri materiali, dalla dimensione, dalla forma e, più in generale, da tutto ciò che rende uno specifico imballaggio effettivamente conferibile nella raccolta differenziata e in grado di fornire, a valle del processo di riciclo industriale, una “materia seconda” appetibile per il mercato dei materiali riciclati e, punto non del tutto trascurabile, sostenibile nel rapporto costo/prestazioni.
sta di regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio presentata dalla Commissione europea hanno innescato una discussione, finora lontanissima dei riflettori nel nostro Paese, sugli imballaggi riutilizzabili.
Si fronteggiano così due punti di vista contrapposti.
Da una parte c’è quello della Commissione, che spinge per la riduzione dei rifiuti e il riutilizzo degli imballaggi, oltre che per il loro riciclo, perché ritenuti più sostenibili. Del resto, ridurre, riutilizzare, e riciclare sono, in questo ordine, le prime tre R della gerarchia dei rifiuti e dell’economia circolare.
Dall’altra parte c’è il punto di vista delle imprese italiane del riciclo e del Governo che pensano che il Regolamento possa avere come effetto la sterilizzazione dell’economia circolare nazionale.
Come se ne può uscire?
Riutilizzo e riciclo non sono approcci da contrapporre ma soluzioni che devono integrarsi, nell’ottica appunto della gerarchia europea dei rifiuti e secondo i principi dell’economia circolare. Il paradosso sarebbe sostenere che non bisogna ridurre i rifiuti per non danneggiare l’industria del riciclo, quando è chiaro che, in ogni caso, il miglior rifiuto è quello che non viene generato.
Il punto è ridurre soprattutto gli imballaggi che, per loro caratteristiche funzionali, più difficilmente possono essere resi compatibili con le pratiche industriali di riciclo e/o dare vita a materiali effettivamente appetibili per il mercato.
Da un altro punto di vista, è chiaro che per il riutilizzo si punta soprattutto su quei circuiti, come quelli di certe tipologie di imballaggi industriali, più facili da strutturare come closed loop finalizzato all’utilizzo plurimo prima che al riciclo che,
comunque, avverrà a fine vita.
Per gli imballaggi domestici giustamente si guarda soprattutto a dare a possibilità di operare refill con contenitori riutilizzabili: una pratica che, almeno nel breve-medio periodo, sarà comunque difficilmente adottabile su larga scala e che richiede notevoli cambiamenti nelle abitudini di consumo.
Come favorire la sostenibilità degli imballaggi?
È importante aumentare la raccolta e il tasso di riciclaggio dei rifiuti per migliorare la sostenibilità degli imballaggi e incrementare il contenuto riciclato. Negli ultimi dieci anni, per alcune tipologie di imballaggi, la plastica è diminuita del 30/40%, l’alluminio del 30%, il vetro fino al 60%. Per il cartone, la proporzione di materiale rinnovabile e riciclato raggiunge oggi il 73%. Non esiste un imballaggio intrinsecamente sostenibile perché questa qualità dipende da tanti fattori. Mi riferisco al contesto della filiera del riciclo nel quale l’imballaggio viene utilizzato; alla maturità delle politiche a sostengo del riciclo e del riuso e alla disponibilità dei consumatori a una gestione più attenta degli imballaggi e dei rifiuti che ne derivano. Poi alla quantità di materia prima seconda utilizzata per realizzare l’imballaggio e dai chilometri che la logistica del riutilizzo deve percorrere. Insomma, l’imballaggio deve essere progettato per essere riciclato.
A che punto è l’industria del packaging?
L’industria del packaging, di cui l’I -
talia è un’eccellenza mondiale, è in genere una media industria già oggi dotata di alta capacità di ricerca e innovazione.
Spesso sfugge quale concentrato di tecnologia c’è nel design e nella produzione di un imballaggio che , per sua natura, è destinato spesso a un ciclo di vita breve o è addirittura usa e getta.
Il problema per produttori e utilizzatori di imballaggi è piuttosto quello di avere un quadro normativo chiaro e stabile, perché è ormai evidente che i fatti normativi influenzano sempre più le scelte industriali insieme al potere di orientamento commerciale della GDO.
Quale sarà il futuro degli imballaggi in chiave sostenibile?
Il futuro degli imballaggi è intimamente legato a quello dei beni che contengono e quindi ai consumi.
In una società sempre più segmentata anche i modelli di consumo diventeranno sempre più diversificati e potranno trovare spazio diverse soluzioni per rispondere al problema del trasporto e della protezione delle merci.
Ci sono impieghi in cui l’imballaggio tradizionale continuerà a essere indispensabile, altri in cui probabilmente verrà ridotto. Certamente ,le imprese dovranno essere flessibili per essere pronte a rimettere in discussione i propri modelli di business, ad esempio nel settore degli alimenti e delle bevande da asporto e in genere del fast food, il che comporta sicuramente costi ma, in compenso, può contribuire ad allargare la propria fetta di mercato andando ad intercettare fasce di consumatori sempre più attente alle questioni valoriali.