Anno Accademico 2016/2017 Tesi di Laurea in Architettura Magistrale
Titolo completo:
Dinamiche informali di urbanizzazione della fascia costiera: il caso di Scoglitti, in Sicilia. Idee e proposte per un progetto di riqualificazione del territorio.
Relatore: Prof. Iacopo Zetti Studente: Giorgio Pluchino (5090246)
Indice
1. Introduzione 2. Dinamiche costruttive informali e abusivismo edilizio 2.1 Definizione 2.2 Localizzazione e cause del fenomeno 2.2.1 Localizzazazione del fenomeno 2.2.2 Cause del fenomeno 2.3 La risposta della politica 2.3.1 Il Dopoguerra e la speculazione edilizia 2.3.2 Prima fase dell’abusivismo 2.3.3 I fatti di Agrigento 2.3.4 La “Legge Ponte” 2.3.5 La “Legge Bucalossi” 2.3.6 Dalla “Legge Galasso” al “T.U.E.” 2.4 Dimensioni del fenomeno 2.5 Dinamiche sociali 2.5.1 Un Sogno individuale
p. 5
p. 11 p. 17 p. 18 p. 23 p. p. p. p. p. p. p.
25 28 29 31 32 41 45
2.5.2 Un’idea fallimentare di futuro 2.6 Dibattito sul tema dell’abusivismo 2.6.1 La condanna della speculazione 2.6.2 La visione legalista 2.6.3 La visione “giustificazionista” 2.7 Abusivismo oggi 3. Il contesto di riferimento: Scoglitti 3.1 Inquadramento storico del territorio di Scoglitti 3.1.1 Premessa 3.1.2 Il territorio in età antica 3.1.3 Dall’abbandono di Kamarina alla nascita di Scoglitti 3.1.4 Scoglitti, dopo la Fondazione di Vittoria (anno 1607) 3.1.5 Scoglitti dal XX secolo fino ad oggi 3.2 Principali aspetti economici del territorio di Scoglitti 3.2.1 Agricoltura 3.2.2 Agricoltura in serra
p. 47 p. 51 p. 53 p. 54 p. 58
p. 65 p. p. p. p. p.
67 78 85 89 97
p. 101
3.2.3 Il sistema del turismo 3.2.4 Considerazioni conclusive 3.3 Descrizione per immagini del territorio di Scoglitti 4. Analisi dei tessuti urbani formali ed informali 4.1 Introduzione 4.2 Evoluzione storica degli insediamenti 4.2.1 Dinamiche evolutive degli insediamenti e “le Tre Scoglitti” 4.2.2 Scoglitti: dai primi nuclei al 1955 4.2.3 Scoglitti dopo il 1965 4.3 La matrice di base 4.3.1 Il processo insediativo 4.3.2 I frazionamenti 4.3.3 Modalità di intermediazione 4.4 Modalità di crescita 4.4.1 Tarmatura 4.4.2 Espansione 4.4.3 Infiltrazione 4.4.4 Erosione 5. Analisi degli strumenti di pianificazione locale e della loro evoluzione 5.1 Elementi di storia della pianificazione locale 5.1.1 Premessa 5.1.2 Origini del borgo di Scoglitti
p. 113 p. 118 p. 121
p. 147 p. 151
5.1.3 Il Piano Cancellieri 5.1.4 La Pianificazione negli anni Cinquanta 5.1.5 La Pianificazione negli anni Settanta 5.1.6 La Pianificazione negli anni Ottanta 5.1.7 Dopo il Piano Susani: la Pianificazione degli anni Novanta fino ad oggi 5.2 Strumenti urbanistici sovraordinati
p. p. p. p. p.
231 234 237 248 254
p. 262
6. Lo scenario post abusivo
p. 154 p. 164 p. 177 p. p. p. p. p. p. p.
180 182 205 208 212 216 220
p. 229 p. 230
6.1 Introduzione 6.2 Agenti di degrado e fattori di rischio 6.3 Nuove prospettive 6.3.1 Un nuovo scenario 6.3.2 Nuovi attori 6.3.3 Nuove economie 6.3.4 Nuovi approcci progettuali 6.4 Gli strumenti operativi Bibliografia
p. 271 p. 275 p. 287 p. p. p. p.
289 292 295 300
p. 324
1 Introduzione
4
“Era l’estate del 1978. Avevo deciso di impiegare le va-
costruito vi era una calca incredibile. L’illuminazione multi-
canze estive, prima del congresso Mondiale di Sociologia di
colore e le bancarelle connotavano una festa paesana che
Upsala, in un viaggio attraverso la parte meridionale della
nella mia esperienza di vita non avevo difficoltà a rintraccia-
Sicilia.
re; quello che non riuscivo a spiegarmi era la dimensione, la
Sono Siciliano e, sino ad allora, ero sempre vissuto a Messina, eppure non conoscevo quel tratto di costa che va da Capo Passero a Mazara del Vallo.
struttura del centro abitato. La città era disposta lungo la costa, appena contiguo ad un piccolissimo nucleo di case antiche, di pescatori, che si
Una sera, dopo aver attraversato i Monti Iblei ed avere vi-
raccoglievano attorno ad una chiesupola di piccolissime
sitato Modica, puntai verso la costa. Sulla precisissima carta
dimensioni, recentemente restaurata, con una facciata di
del Touring Club che avevo con me non era indicato alcun
gusto spagnolesco che faceva pensare a molti film western
centro abitato importante ed intendevo arrivare a Sampie-
ambientati fra il Texas e il Messico.
ri, dove sembrava ci fosse un piccolo villaggio costiero.
Il nuovo centro abitato si sviluppava verso nord-ovest
Improvvisamente, dopo un grande curvone, comparve il
per diversi chilometri, lungo quattro file parallele di case
mare e mi trovai dentro un grande centro abitato popolato
disposte ortogonalmente. Sul lungomare passeggiavano
da una folla inverosimile. Su di un lungomare recentemente
accalcandosi svariate migliaia di persone. Ma le case indi5
cavano un centro di almeno diecimila abitanti. Come mai
controverse vicende legali che ne accompagnarono la co-
sulla carta non vi era riportato nulla?
struzione. Stiamo parlando di quelli che oggi comunemente
Nei giorni successivi scoprii che i centri non riportati
vengono identificati come i luoghi “dell’abusivismo edilizio”,
sulla mia aggiornatissima mappa erano più di uno: Marina
un’immagine che porta con sè una miriade di accezioni, al-
di Ragusa, Santa Maria del Focallo, Marina di Modica, etc...
cune indubbiamente vere, altre invece eccessivamente ca-
Non si trattava, quindi, di qualche sporadica lacuna, ma un
riche di giudizi negativi.
susseguirsi continuo di centri abitati fantasma, di città “inesistenti” collocata l’una accanto all’altra, in un continuum di
In questa tesi dunque è stato indagato il tema della co-
cemento e asfalto che arrivava fino a Mazara del Vallo e poi
siddetta “informalità costruttiva” per capirne la varietà di
Trapani.”1
sfaccettature di cui il suddetto fenomeno si compone e le sue conseguenze sul territorio.
Questo brano, frutto dell’esperienza del sociologo si-
Data la forte valenza del tema giuridico, dal momento
ciliano Enzo Nocifora, ci introduce al tema dell’abusivismo
che si è trattato di reati penali (abusivismo), l’argomen-
edilizio e delle sue conseguenze sul territorio italiano.
to è stato trattato, per quanto possibile, nella maniera più
La scelta di presentare questo episodio biografico nel-
“laica”, senza alcun pregiudizio di sorta. Sono tuttavia stati
la parte introduttiva alla tesi è dovuta al fatto che questo
evidenziati, quando ho ritenuto necessario, degli aspetti
rappresenta un’immagine emblematica di quello che deve
particolarmente compromettenti per la società ed in par-
essere stato l’incredibile boom edilizio degli anni settanta e
ticolare per il territorio che, per la loro gravità, ho teso ad
ottanta nel meridione ed in particolare lungo le sue coste.
evidenziato con forza.
In brevissimo tempo furono costruiti quantità di nuovo edificato così ingenti che lo scarto fra la realtà e le mappe non ancora aggiornate fu enorme.
Dopo un’analisi sul tema visto dal punto di vista generale ed inquadrato entro i limiti del territorio italiano, dal Capi-
Il carattere di sostanziale anonimato che soffrirono ini-
tolo 3 lo si analizzerà nello specifico di un contesto partico-
zialmente i luoghi appena descritti fu dovuto non solo alla
lare ed individuato nella frazione marittima di Scoglitti, nel
velocità con cui questi si propagarono ma soprattutto alle
Comune di Vittoria (RG), in Sicilia. Questa sarà l’occasione per toccare con mano gli effetti dell’informalità costruttiva
1
E. Nocifora. (1994) - p. 14, 15 6
in ambito costiero e le relative conseguenze sul territorio.
Dopo aver descritto le tappe più importanti della storia del-
urbana e della legalità, ed invece quando questi si siano
la frazione di Scoglitti, verranno illustrati i principali aspetti
mossi su binari del tutto separati, generando disordine ur-
economici e sociali dell’area in questione in modo di inqua-
bano ed illegalità costruttiva.
drare nel dettaglio la cornice contestuale dove si collocano gli episodi veri e propri di abusivismo.
Infine, ci si potrebbe chiedere qual è oggi la situazione degli insediamenti nati con modalità prevalentemente
Le dinamiche costruttive informali prese in considera-
abusive. Esistono scenari praticabili da indagare per imma-
zione nel “caso studio” di Scoglitti, sono state analizzate in
ginarne di dare un futuro a questi territori? Tali questioni
dettaglio attraverso due principali punti di osservazione
verranno indagate nel Capitolo 6, dove ci si soffermerà sullo
privilegiati che, sommati insieme, ci forniscono un quadro
stato di fatto di questi contesti abusivi informali, sulle criti-
descrittivo esaustivo. Il primo strumento utilizzato è quel-
cità che devono essere affrontate e sulle nuove possibilità
lo di un’attenta descrizione dei luoghi urbani e della loro
che si affacciano oggi in campo urbanistico per poter rea-
conformazione, della loro evoluzione nel tempo e di tutti gli
lizzare dei progetti di recupero mirati a contesti urbani non
aspetti di tipo fondiario/speculativo che li hanno accom-
pianificati.
pagnati (Capitolo 4). Questa prima descrizione però, sebbene ci chiarisca come è avvenuta nei fatti la costruzione di intere porzioni del territorio costiero scoglittese, sarebbe monca senza un’adeguata analisi degli strumenti normativi e urbanistici in vigore nel Comune di Vittoria che ci consentono di capire come è stato pianificato il territorio negli anni, illustrando i principali Piani urbanistici che si sono avvicendati (Capitolo 5). Solo sovrapponendo gli effetti relativi ai “fatti urbani” e quelli prodotti dalla “norma” riusciamo a capire quando questi si siano avvicendati in armonia e coerenza fra loro, producendo ottimi risultati dal punto di vista della qualità 7
2 Dinamiche costruttive informali e abusivismo edilizio
8
9
10
2.1
Definizione
La tesi inizia indagando sul termine “abusivismo”.
Il concetto esprime quindi una certa tendenza nel con-
Questo concetto, declinato nel campo dell’edilizia, iden-
siderare il processo edilizio esclusivamente nei suoi aspetti
tifica tutti quegli eventi costruttivi avvenuti in contrapposi-
privatistici e legati alle aspettative del singolo proprietario,
zione a norme, regolamenti e piani urbanistici che ne deter-
ignorando tutte quelle istanze di natura collettiva e pubbli-
minano dunque lo status di episodi di abusivismo edillizio.
ca le quali invece vengono tutelate dalla presenza di norme
E’ chiaro quindi che un caso di abusivismo edilizio pre-
e regolamenti appositamente posti in essere.
vede la violazione di una legge, nazionale o regionale, o an-
“Le ragioni della fortuna del termine “abusivismo” sono
che il discostarsi, nell’atto dell’edificazione, dalle linee di
nella sua immediata efficacia rappresentativa. La parola
pianificazione che gli enti locali hanno predisposto per il
evoca infatti al tempo stesso l’idea dell’uso anomalo di una
territorio in cui si manifesta il reato. Costruire, in pratica, in
risorsa (il suolo), di un suo sfruttamento eccessivo, di una
Palermo. Denominata “la collina
difformità dai piani regolatori o in mancanza di licenza edili-
pratica che avvantaggia chi la esercita a danno degli altri e
del disonore” per la presenza
zia costituisce un caso tipico di abusivismo, come pure l’au-
dell’intera comunità.”1
di decine di abitazioni costruite
mento non autorizzato della volumetria di un corpo edilizio
del tutto abusivamente e mai
o la realizzazione di modifiche strutturali di un manufatto
ultimate.
senza alcuna autorizzazione.
Nella foto a sinistra: Abitazioni abusiva a Pizzo Sella,
1
Clementi; Perego (1983) - Pag. 29 11
Il termine descrive dunque la violazione di una o più nor-
lamenti. Gli eventi costruttivi citati precedentemente sono
me ma, va da sè, perché questo si verifichi, si presuppone
infatti interventi che oggi consideriamo come assoluta-
l’esistenza stessa di un apparato normativo efficace ed at-
mente legittimi, che le norme atttuali tendono addirittura
tuativo al momento in cui viene promosso un nuovo evento
a tutelare in quanto paesaggi storici.
edificatorio. Infatti, elemento da tenere in forte considerazione a tal proposito è il fatto che il reato di abusivismo, non
Sulla base di queste considerazioni, è possibile indicare
avendo valore retroattivo, non è quindi riferibile ad eventi
in maniera più precisa quel momento dalla quale è possibi-
costruttivi antecedenti all’entrata in vigore di nuove di-
le utilizzare in piena legittimità, riferendosi al contesto ita-
sposizioni di legge in tema urbano ed edilizio. Dunque, per
liano, il concetto di “abusivismo edilizio” e fissarlo al 1942,
poter valutare un caso di abuso edilizio, non è sufficiente
anno di entrata in vigore della legge n.1150 meglio nota come
constatare esclusivamente il “fatto” in sé, bensì occorre
“Legge Urbanistica”. Da allora infatti, con la riforma dello
necessariamente collocarlo in relazione al tempo (momen-
strumento del Piano Regolatore, vennero istituite nuove
to storico) e allo spazio (ambito giuridico di riferimento).
modalità “di controllo delle trasformazioni del suolo estese
all’intero territorio, senza soluzioni di continuità (che renNessuno infatti penserebbe mai di contestare la legitti-
derebbero contemplabile una urbanizzazione al di fuori del
mità della presenza di costruzioni storiche sui nostri lungo-
piano): dunque un requisito giuridico certo che dia senso
mari, proprio perchè costruite in epoche che avevano nor-
alla dicotomia conformità/difformità rispetto ad un piano
mative diverse da quelle attuali. Chi contesterebbe mai le
approvato secondo le procedure democratiche e perciò
costruzioni che formano il lungomare di Cefalù, in provincia
teoricamente espressivo delle della volontà collettiva.”2 Da
di Palermo o delle città del gruppo delle Cinque Terre, in
questo momento in poi quindi, secondo la normativa italia-
Liguria, così tanto a ridosso del mare, che se fossero realiz-
na, non esistono più aree del paese non soggette a vincoli
zate ai nostri giorni andrebbero incontro certamente a vari
di pianificazione dove sia possibile costruire liberamente e
aspetti di non conformità con la legge?
qualsiasi intervento privato difforme dalle prescrizioni dei
Pratiche costruttive che oggi sono assolutamente vietate, in epoche precedenti erano legittime e, nonostante
piani, risulterà “abusivo”. I presupposti di base entro cui si muove il concetto di
i loro effetti oggettuali giungano fino ai nostri giorni, non possiamo certo valutarle alla luce dei nostri moderni rego12
2 Clementi; Perego (1989), p. 29
abusivismo sono dunqe variabili e mutevoli nel tempo e nel-
del secolo scorso, definito correntemente abusivismo edi-
lo spazio, poichè costantemente legati all’attualità di norme
lizio.” 3
e leggi, anch’esse cangianti. Si è dunque compiuta questa controversa operazione in cui sono stati messi dentro lo stesso calderone tutti i diversi
L’informalità costruttiva Spesso però, nella letteratura di settore ma ancor più nella cronaca si è fatto un uso distorto di questo concetto o lo si è usato molte volte con accezioni del tutto improprie. Infatti non è raro vedere associata la parola “abusivismo” all’intera mole di costruito che venne realizzata in Italia fra gli anni ‘60 e gli anni ‘80, in maniera del tutto generalizzata e spesso imprecisa.
“L’espansione edilizia, prevalentemente di tipo residenziale, realizzata tra gli anni ‘60 e ‘80 nei centri minori del Sud Italia e al bordo di aree metropolitane, ha dato vita a nuove parti di città dimensionalmente rilevanti e ancora oggi con grandi quantità di maifiniti [edifici in stato di abbandono o semplicemente non ultimati. [..] All’interno di quest’espansione poco programmata rientrano, sia quelle operazioni edilizie o urbane di dimensioni ridotte, regolarmente autorizzate e per loro concezione realizzate come singoli episo-
fenomeni edilizi senza distinzione alcuna, basandosi solamente su motivazioni che spesso esulano dal mero aspetto giuridico e che si avvicinano di più ad aspetti puramente “estetici” che hanno permesso di accomunare legale ed illegale solo sulla base di puri aspetti formali. Gli aspetti più materici ed “estetici” che spesso hanno connotato i fenomeni di abusivismo edilizio narrati dalle cronache quotidiane e mostrati dai media, coincidenti con un’estetica bruta, costituita da materiali poveri, cemento e mattoni forati a vista, pilastri con ferri di progetto svettanti in aria sono stati in molti casi trasposti in maniera del tutto automatica ed acritica ad un insieme vario e sfaccettato di fenomeni costruttivi che hanno avuto dinamiche e vicende del tutto diverse fra loro e non sovrapponibili. L’errore di fondo infatti, è stato quello di confondere il fenomeno del “l’abusivismo” con quello del “l’informalità costruttiva” e l’autocostruzione. Mentre i presupposti basilari dell’abusivismo sono proprio la violazione di una norma, nel caso d’informalità, questa non è una prerogativa necessaria.
di da piccoli imprenditori o da privati, che quelle operazioni edilizie raggruppabili nel fenomeno diffuso sin dagli anni ‘60 3
G. Licata ( 2014) - Pag. 21 13
“I confini di questi due tipi di attività spesso si sovrappon-
Uno degli equivoci più evidenti che si è venuto a creare
gono per interessi, uso di materiali, tipologie costruttive, fi-
nel corso degli anni riguarda tutti quei casi di costruzioni di
niture, ma anche perchè vi è stato un continuo passaggio
iniziativa pubblica che, per vicessitudini varie, sono rimaste
di stato, da abusivo a non, a volte reiterato in conseguenza
incomplete o sono state del tutto abbandonate. Sono il ma-
della ripetizione di azioni legislative che tendevano a rego-
nifesto più critico di un certo modo deviato di agire da par-
larizzare quello che prima avevano ostacolato, o proibito.”
te dello Stato per il raggiungimento del benessere comune.
4
Una casistica di “informalità costruttiva” può essere rap-
Costruite spesso sbandierando il vessillo della “moder-
presentata da tutte quelle situazioni che hanno a che fare
nità” e dello “sviluppo”, queste opere, o per mancanza di
con gli edifici non-finiti o costruiti con materiali costruttivi
fondi o, peggio ancora, per casi di autorizzazioni o permessi
poveri e dai dettagli non rifiniti per i quali, anche in presen-
irregolari, hanno sofferto un abbandono prematuro. In mol-
za di regolari autorizzazioni, viene fatta coincidere la preca-
ti casi si tratta di edifici pubblici del tutto in regola e avallati
rietà costruttiva o l’estetica povera ad una forma di illegali-
da tutti gli organi competenti, quindi per nessun aspetto
tà. Il caso dell’informale architettonico dunque si manifesta
irregolari ma, nonostante questo aspetto, il processo che
in quella miriade di costruzioni di iniziativa sia privata che
portato alla loro realizzazione si è rivelato comunque falli-
pubblica non rifinite o incomplete che affollano le nostre
mentare. La legalità dell’iter autorizzativo dunque non si è
città, specialmente quelle meridionali: case non ultimate o
rivelata affatto presupposto per una buona riuscita dell’o-
con i piani superiori da realizzare da zero e che mostrano
pera finale. Nonostante ciò, anche questi fenomeni sono
solo i pilastri a vista, scheletri di condomini non-finiti, ma
stati spesso considerati e catalogati, erroneamente, entro
anche opere pubbliche come stadi, palazzetti dello sport,
la definizione di “abuisivismo edilizio”, pur non avendone i
impianti manufatturieri, dighe, strade e autostrade non ul-
requisiti.
timate: tutto questo esprime il patrimonio edilizio che costituisce il fenomeno dell’informale in architettura.
Si è quindi verificato uno strano fenomeno culturale collettivo, per responsabilità anche dei media, che ha teso ad inglobare tutti i fenomeni di devianza rispetto ai canoni a livello costruttivo entro il concetto di “abusivismo”, com-
4
Clementi; Perego (1983) - p. 29 14
piendo in questo modo, un salto di scala notevole, facendo
dunque confluire all’interno di questa definizione anche i fenomeni di informalità costruttiva e i casi di opere pubbliche non ultimate. È, in definitiva, l’eccessiva vicinanza fra le caratteristiche costruttive dei manufatti edilizi realizzati negli anni del boom edilizio che genera questa confusione e permette dunque, a prima occhiata, di raggruppare tutti questi fenomeni entro formule e giudizi sintetici ma spesso fuorvianti. Come si vede dunque, il concetto di “abusivismo”, seppur ben preciso e chiaro nella sua definizione, nella realtà viene usato per assumere una pluralità di significati ed inglobare fenomeni diversi. Tuttavia, come ampiamente ribadito, bisogna porre attenzione all’uso di questo termine e circostanziarlo in maniera precisa per non incorrere in giudizi troppo affrettati. Da questo momento in poi, nella mia trattazione sul tema, non farò più una distinzione netta fra legale/illegale ma parlerò in generale dell’importante fenomeno costruttivo che si è sviluppato in Italia dal dopoguerra ad oggi e che si è manifestato in diverse forme, legali e non, Nella foto in alto:
e che potrebbe essere considerato con l’accezione di “in-
Collettivo Urban Report.
formalità costruttiva”.
The Waiting City Abitazione incompiuta a Cagnano Varano (FG) Foto di Alessandro Guida 2017
15
16
2.2
Localizzazione e cause del fenomeno
2.2.1. Localizzazazione del fenomeno Innanzi tutto bisognerebbe dare una collocazione geografica precisa sulle maggiori concentrazioni di eventi costruttivi informali. È interessante notare come nei paesi occidentali il fenomeno dell’edificazione abusiva in genere non è frequente, se non addirittura inesistente in molti Stati del Nord Europa. Il numero di casi di illegalità costruttiva aumenta quando consideriamo i paesi europei dell’area del mediterraneo ed in particolare l’Italia meridionale, la Francia meridionale, la Nella foto a sinistra: Case popolari non utlimate, Catenanuova, Enna. (2016) “Internazionale” (rivista)
Grecia e la Spagna.Sempre in area mediterranea, importanti esempi di questo fenomeno possono essere riscontrati anche nella sua sponda africana e mediorentale che ospitano casi famosissimi come quelli del Cairo e di Algeri o Tunisi,
per fare qualche esempio. Ampliando la nostra visione ad un contesto ancora più vasto di quello europero osserviamo che un’ampia casistica di episodi di abusivismo/informalità costruttiva viene riscontrato nei paesi in via di sviluppo a cui siamo soliti associare spesso l’immagine di enormi quartieri abitativi precari che comunemente siamo soliti identificare come “favelas”. Questo termine, sebbene specifico, perchè nato dai quartieri informali di San Paolo in Brasile, viene spesso usato per identificare una globalità di casi dalle caratteristiche simili. Questi contesti urbani informali, per la loro complessità e per le notevoli dimensioni di cui erano caratterizzati, diventarono nel corso degli anni ‘70 e ‘80 dei veri e propri oggetti di studio dal momento che, ci si accorse, non 17
potevano essere liquidati semplicisticamente come fenomeni degenerati di un modello urbanistico univoco ma si intravide in tali modalità costruttive, seppur illegali, delle peculiarità tipiche, degne di approfondimento. È così che le Bidonvilles di Algeri, le Gourbivilles di Tunisi, le Barriadas
Internas di Lima, fino alle Baraccopoli del Cairo iniziarono ad emergere dalla loro storica marginalità e vennero messi sotto la lente d’ingrandimento degli studiosi occidentali per capirne il funzionamento. Il fenomeno ha dunque rilevanza internazionale ed è prerogativa, senza dubbio, di tutta l’area del Mediterraneo ma è molto presente anche in molti stati dell’America Latina e dell’Asia.
2.2.2 Cause del fenomeno Potremmo generalizzare affermando che tendenzialmente i casi di “informalità costruttiva” avvengono manifestando una serie di fattori comuni che si possono sintetizzare specialmente in due aspetti ovvero, una grande povertà dei ceti più bassi e la concomitante impossibilità dello Stato a far fronte un problema abitativo di ampie dimensioni. Questi aspetti generano situazioni conflittuali poichè la gente, spinta da una necessità impellente a soddisfare il proprio bisogno abitativo, agisce coi pochi mezzi che ha a disposizione e, anche illegalmente, costruisce la propria abitazione seguendo esclusivamente il principio della massima economicità. Questa dicotomia povertà - mancanza di supporto dallo Stato è tendenzialmente la causa che sta dietro tutti i fenomeni di informalità e abusivismo; le manifestazioni oggettive del fenomeno informale sono fra le più varie e disparate, dipendendo queste dalle popolazioni interessate, dai singoli territori, dai materiali locali e dalle leggi specifiche per ogni caso localizzato ma le motivazioni di base restano queste. Per approfondire meglio la questione sulle “cause” legate ai fenomeni di informalità, per avere un quadro meno generico, ci si concentrerà adesso su un’ambito di studio più ristretto, e si tratterà dell’informale in Italia, come anticipato precedentemente.
18
Per completare ed approfondire le cause espresse in
socio-economico che vide il Paese trasformarsi profonda-
precedenza, per adattarle alla vicenda italiana ci affidia-
mente, passando da un’economia prevalentemente agri-
mo a quanto riportato dal “Rapporto dal Territorio, 2005”
cola ad una fortemente industriale e, successivamente,
dell’Istituto Nazionale di Urbanistica. L’abusivismo si inse-
terizaria, generando un miglioramento generalizzato delle
risce nel panorama abitativo italiano come pratica sempre
condizioni di vita dei cittadini. È da questo momento in
più diffusa a partire dal periodo della espansione edilizia
poi che, acquisiti i mezzi necessari, la maggior parte della
degli anni ’50 e ’60.
gente sarà in grado di poter soddisfare il proprio bisogno di “casa”, affidandosi al mercato formale o, in parte, ricor-
Fra le principali cause vengono individuate:
rendo al mercato “parallelo” dell’edilizia abusiva. In questo
“ - la rapida ed impetuosa trasformazione del paese da
contesto di forte pressione edilizia, la pianificazione si trovò
una economia agricola con un rapido processo di industria-
in difficoltà e non riuscì a gestire a dovere il nuovo e massic-
lizzazione;
cio fenomeno costruttivo che si verificò in particolare nel
- la crescente domanda di abitazioni, che ha trovato solo
sud italia.
una parziale soluzione sul piano quantitativo in termini di alloggi disponibili;
A queste tematiche di tipo più generale e contestuale,
- un costante “disconoscimento” del Paese.“
5
nel “Rapporto” vengono individuate delle cause più specifiche che chiariscono ulteriormente le motivazioni che fece-
Subito dopo la guerra infatti, come è noto, la situazione in Italia era disastrosa e ancora molte famiglie non avevano una propria abitazione dove vivere, a causa della situazione di indigenza in cui versavano. La richiesta di nuove abitazioni fu fortissima e lo Stato non sempre seppe soddisfarla. Dagli anni sessanta però le cose lentamente cambiarono e ci si trovò in una situazione di forte sconvolgimento INU – Rapporto dal Territorio 2005. I Piani delle Città. Governo del Territorio e Pianificazione Locale – 2005 http://www.rapportodalterritorioinu.it/2005 5
ro da sfondo al fenomeno dell’abusivismo:
“a) la necessità di una abitazione primaria che per tipologia o prezzi, è negata dall’offerta legale privata o pubblica e che solo in alcuni casi – presenti in una prima fase dell’abusivismo edilizio negli anni del dopoguerra – può essere riferito alla impossibilità di risolvere il problema abitativo in altro modo. Il ricorso ad abitazioni abusive che, spesso, si concentrano formando veri e propri insediamenti illegali è, in realtà, il risultato dell’esistenza di un mercato “parallelo”
19
competitivo rispetto a quello legale;
zata come una “fisiologica” alternativa alla pianificazione, che “corre” parallelamente all’evoluzione delle esigenze,
b) la necessità di spazi e costruzioni per attività non resi-
dei fabbisogni e della ricchezza della società.6
denziali, produttive o per servizi non disponibili sul mercato oppure localizzati in aree non ritenute idonee. Spesso, il fe-
Nel primo punto viene espresso un concetto interessan-
nomeno di realizzazione di edilizia illegale non residenziale
te che chiarisce un pò il perchè la crescita edilizia in Italia
accompagna la formazione dei nuclei illegali oppure costi-
dagli anni sessanta in poi sia stata così massiccia. Infatti,
tuisce il complemento all’abitazione, anch’essa abusiva;
sebbene l’esigenza di nuove abitazioni dopo la guerra fosse drammaticamente reale, successivamente questo aspet-
c) la necessità di adeguare l’abitazione o l’immobile de-
to divenne meno consistente e questa grossa domanda di
stinati ad attività non residenziali alle nuove esigenze abi-
nuovi volumi da costruire diventò sempre più scollegata ad
tative o all’ampliamento della propria attività economica.
un vero ed estremo bisogno. Semplicemente dunque si ri-
Questa modalità è tipica dell’abusivismo di “seconda fase”,
tenne, in alcuni casi, di continuare a costruire con modalità
ovvero di quello che si innesta su processi di realizzazione
abusive per soddisfare altri tipi di bisogni familiari, rivolgen-
parzialmente o totalmente non controllata della trasforma-
dosi ad un mercato, quello dell’illegalità, decisamente più
zione urbana, in ragione dell’aumentata disponibilità eco-
conveniente rispetto a quello formale e regolare.
nomica, oppure di investimenti in attività di servizio, ricettività e di produzione;
Altro tema interessante invece riguarda la cosiddetta “seconda fase dell’abusivismo” che si manifestò come conseguenza di un miglioramento delle condizioni econo-
d) il soddisfacimento all’interno di un mercato “paralle-
miche delle famiglie e solo successivamente ad una prima
lo”, della domanda di seconde case, e di attrezzature per il
fase che aveva riguardato più che altro l’espletamento di un
tempo libero, in aree non urbanizzate. Questo fenomeno,
bisogno primario e la costruzione, quindi, della prima casa.
in genere concentrato sulle coste, è accompagnato da una
È quella fase storica a ridosso degli anni Settanta/Ottanta
serie di interventi di grandezza ed impatto diversificato: al-
in cui venne edificato il maggior volume di seconde case,
berghi, attrezzature balneari, ristoranti, … che si innestano, a volte, su tessuti edilizi esistenti. L’analisi del fenomeno, in definitiva, può essere sintetiz20
INU – Rapporto dal Territorio 2005. Cap. 4_I Piani delle Città. Governo del Territorio e Pianificazione Locale, p. 125 PDF su http://www.rapportodalterritorioinu.it/2005 6
sia in campagna che sulla costa e che ebbe come inevi-
Queste dunque, in breve, le cause. Ma vediamo nel det-
tabile conseguenza una forte e definitiva destabilizzazione
taglio la risposta che le istituzioni diedero per gestire que-
dell’assetto del nostro paesaggio costiero.
sto fenomeno.
In sintesi, gli elementi che si sono rivelati assolutamente determinanti per l’esplosione di un tale fenomeno di costruzione di massa sono stati dunque molteplici e riassumibili in questi punti: •
Una forte pressione edilizia dal basso che ha coinvolto ampi strati della popolazione per la costruzione della prima casa (anni ‘50, ‘60).
•
il successivo desiderio di soddisfare altre esigenze costruttive legate alle attività produttive individuali o alla costruzione della casa di villeggiatura (“Seconda fase dell’abusivismo, pressoché collocabile intorno agli anni ‘70 e ‘80)
•
Un controllo pubblico del tutto insufficiente che attraverso gli strumenti della pianificazione non è riuscito ad arginare ed indirizzare il fenomeno
•
Il sistematico ricorso da parte dei costruttori agli strumenti e metodologie fornite dal mercato illegale e parallelo a quello dell’edilizia formale.
21
22
2.3
La risposta della politica
2.3.1 Il Dopoguerra e la speculazione edilizia È interessante capire come il problema sempre più evidente dell’abusivismo edilizio arrivò sui tavoli del Governo Nazionale e del Parlamento durante le fasi del suo progressivo svolgimento. Un’analisi degli strumenti normativi nazionali ci consentirà di capire dunque la qualità dell’azione repressiva e di controllo che lo Stato mise in campo per regolare il fenomeno a mano a mano che il contesto mutava e che il fenomeno cresceva. Nella foto a sinistra:
La prima legge urbanistica nazionale si ebbe nel 19427, in
Parco dell’Addolorata, Agrigento (2016)
piena Seconda Guerra Mondiale. Si procedette con questa
Foto di Felice Bonifacio per “Internazionale” (rivista)
7
Legge 17 Agosto 1942, n. 1150; “Legge Urbanistica”
norma a regolamentare e gestire tutti i futuri processi di ricostruzione che vi furono dopo la Guerra, anche se, come vedremo si pose poca attenzione nel seguire le linee che la stessa legge imponeva. La necessità di ricostruire in fretta senza perdere eccessivo tempo in lungaggini burocratiche determinò una sostanziale disapplicazione delle prescrizioni della legge a favore di un processo più autogestito. Tuttavia vennero creati degli strumenti pianificatori ad hoc per gestire questo problema e si formulò il “Piano di Ricostruzione”. Questi erano strumenti rudimentali di pianificazione, non troppo dettagliati e poco analitici che corrispondevano più a degli schemi urbanistici abbozzati che a veri e compiuti Piani regolatori. La loro “facilità d’uso”, intesa come una maggiore semplicità nella redazione ed approvazione per precise direttive 23
ministeriali, li elesse come gli strumenti normativi portanti della ricostruzione. In generale, il Governo puntò molto
La legge sul “regime dei suoli”
sull’edilizia come motore primario di uno sviluppo globale
Ma nel 1960, vista la situazione di quasi totale deregola-
del tessuto economico italiano, tentando di agevolare il più
mentazione della politica urbana che andava profilandosi si
possibile le procedure ed investendo denaro pubblico in
decise di muovere i primi passi verso un maggiore control-
questa operazione, di fatto, di stampo dirigista.
lo pubblico sul settore attraverso nuove proposte di legge che vi mettessero finalmente ordine. Un momento impor-
Gli anni cinquanta dunque furono gli anni de “Le mani
tante fu il 1962 quando fu messa in discussione la proposta
sulla città” e dei contraddittori processi di espansione del-
dell’allora Ministro dei Lavori Pubblici Fiorentino Sullo per
le grandi metropoli italiane per mano speculativa, del tutto
una nuova legge sul “regime dei suoli”.
non regolamentate. Gli impresari e le grandi aziende edilizie costruivano incessantemente condomini su condomini, de-
“In sintesi, lo schema Sullo modifica pesantemente il
terminando un vero e proprio “massacro delle città”8 , mol-
regime proprietario delle aree: di proprietà privata resta
to spesso aiutati anche dalle amministrazioni locali com-
soltanto una parte delle aree edificate, le altre aree - edi-
piacenti che promuovevano irrealistici e sovrabbondanti
ficate o edificabili - passano gradualmente in proprietà dei
piani di ampliamento che prevedevano ampi sventramenti
comuni, che cedono ai privati il diritto di superficie per le
e sostituzione di parte dell’edilizia storica con moderni e
utilizzazioni previste dai piani.”9
del tutto omologati palazzi residenziali che costituiscono le periferie delle nostre più grandi città.
Dati questi presupposti però, non tardarono ad arrivare le immediate proteste da parte di tutti quei soggetti proprietari di aree edificabili o con evidenti intenti speculativi che avevano intenzione di avviare a breve nuovi investimenti in edilizia e che videro in una tale formulazione della proposta di legge un’impronta eccessivamente statalista e anti liberista, tentando quindi di contrstarla in tutti i modi.
8
E. Salzano (1998) - pag 116 24
9
E. Salzano (1998), p. 120
Tali soggetti infatti temevano di perdere quel controllo acquisito ormai quasi del tutto in campo edilizio, rigettando
2.3.2 Prima fase dell’abusivismo
qualsiasi tantativo di controllo pubblico, spingendo in tutti i modi perché ciò non avvenisse.
Sebbene però ciò possa sembrare una palese contraddizione, è da rintracciarsi proprio in concomitanza di questa sovrabbondanza di nuove abitazioni l’origine dei feno-
La proposta Sullo dunque non riuscì a passare e nel
meni di abusivismo edilizio in Italia, negli anni Sessanta.
frattempo il Paese si trovò pienamente in mano alla più
La cosiddetta “Prima fase dell’abusivismo” infatti, nella
spericolata classe imprenditoriale edile che vedeva nella
stragrande maggioranza dei casi fu caratterizzata dal fat-
speculazione il principale motore economico che potesse
to che una consistente fetta di popolazione a reddito me-
rendere profitto e ricchezza. Questi soggetti non agirono
dio-basso venne completamente tagliata fuori dal mercato
da soli ma furono costantemente supportati da una clas-
edilizio legale proprio perchè questa non costituiva il target
se politica locale spesso compiacente, se non del tutto
di vendita privilegiato a cui il mercato edilizio speculativo si
corrotta, che non si fece scrupoli nell’autorizzare grandi
riferiva, prediligendo invece un bacino d’utenza a reddito
lottizzazioni o nuove realizzazioni che spesso intaccavano
più elevato. Infatti, così affermano i sociologi Fera e Gina-
immacolati paesaggi naturali in nome più del profitto che
tempo:
di una reale esigenza abitativa. Vennero realizzate proprio in questo periodo le grandi periferie romane e napoletane
“Parecchi studi hanno messo in evidenza come, per
oltre che nuove forti concentrazioni urbane nel triangolo
lunghi periodi in Italia, si sia avuta la contemporaneità di
economico e nell’area veneta.
scarsità di alloggi a basso prezzo di affitto da un lato e sovrabbondanza di alloggi ad alti prezzi di vendita e d’affitto dall’altro. [...] ... in Italia si è portata fino a livelli esplosivi la contraddizione tra scarsità di spazi abitativi per alcune classi sociali ed abbondanza e spreco per altre.”10 Il testo continua ... : “In particolare, gli aspetti che qui più interessano dell’analisi del mercato edilizio sono: - la mancanza di offerta di alloggi a basso prezzo che da decenni non è mai stata stimolata dalla presenza di fabbisogni arretrati; 10
25
Pinetamare - Castel Volturno (CA)
le proporzioni che aveva sarebbe più opportuno de-
sia l’abitabilità sia la licenza di attività albergiera”2
IL PIU’ GRANDE ABUSO
finirlo come una vera città sul mare, quasi totalmente
È in questi anni che sorge un luogo particolarmente
costruita su terreni appartenenti al demanio pubblico
simbolico per descrivere quello che fu la speculazio-
L’incredibile influenza politica dei fratelli Coppola ha
(circa tre milioni di metri quadri), e dunque, abusiva.
ne edilizia negli anni Sessanta ovvero la costruzione di
garantito per anni la totale copertura e tutela da in-
“...12mila appartamenti, scuole elementari, medie e su-
Pinetamare, a Castel Volturno, in provincia di Caserta.
cursioni di tipo giudiziario fino almeno al 1995 quando
periori, caserme per polizia e carabinieri, cinema, di-
Un’operazione colossale, davvero incredibile se vista
furono fatti scattare dalla procura i sequestri del porto
scoteche, ambulatori e sale congressi. Più della metà
attraverso uno sguardo contemporaneo. Una vastis-
e degli alberghi. Poco tempo dopo il ministero dell’A-
del villaggio fu costruita su demanio statale, com-
sima area costiera sul litorale domizio, a nord di Napo-
gricoltura e Foreste emette un decreto per rientrare in
prese le otto torri con 650 appartamenti destinati ai
li, costituita da cordoni dunali estesi per vari chilometri
possesso dell’intera area demaniale.
marines dell’Us Navy, che per anni hanno segnato lo
Nel 1998 inoltre, il Parlamento nomina un commissario
e una splendida pineta di proprietà demaniale, è stata devastata dall’innesto di una struttura turistica dalle dimensioni spropositate. L’obbiettivo dei promotori, ovvero dei fratelli Francesco e Cristoforo Coppola, che agivano attraverso la società “Fontana Blu”, era quella di far diventare il piccolo centro di Castel Volturno una moderna località turistica che avrebbe accolto in massa i villeggianti dell’area napoletana e casertana. Fu costruito un mega villaggio turistico, che per
26
1
skyline della costa.”
ad acta per prendere effettivamente il controllo del complesso residenziale ed evitare eventuali tentativi
“Nel complesso sono anche stati costruiti quattro al-
di “usocapione”, determinando in questo modo un’in-
berghi - è scritto neli documenti della commissione
versione di tendenza nei rapporti di forza e la definiti-
parlamentare antimafia - per i quali, nonostante l’as-
va appropriazione del bene da parte dello Stato.
senza di alcuna autorizzazione, sono state rilasciate
Angelo Mastrandrea; “A Castel Volturno si vive come sopra a una polveriera”; Internazionale (rivista settimanale) 25-02-2017 1
2 Domizia Carafòli; “Nella città illegale la caserma dei Carabinieri è fuorilegge”; Il Giornale (quotidiano) 24-07-1999
Per le classi sociali più deboli inoltre, fu difficoltoso accedere anche ad opzioni di canone d’affitto agevolato che avrebbero potuto arginare il dilagante problema abitativo, ma anche in questo caso lo Stato si rivelò inefficiente determinando un’incremento inevitabile di sfratti e coabitazioni che resero la questione abitativa ancora più grave. Quindi nonostante un forte surplus di abitazioni, molta gente si ritrovò ancora senza una propria casa e fu tentata dal ricorrere a nuovi metodi paralegali per poter soddisfaNell’estate del 2003 vengono abbattute le sette prin-
re questo suo bisogno, puntando all’autocostruzione del
cipali “torri” per appartamenti del Villaggio Pinetama-
proprio bene rivolgendosi ad un sistema costruttivo del
re, risanando, solo in parte il territorio da quello che
tutto artigianale ed improvvisato che coinvolgeva in prima
per moltissimi anni fu il più grande agglomerato abusivo dell’Occidente.
istanza i promotori stessi e le proprie famiglie nell’atto della costruzione.
- la mancata traduzione di una parte dei bisogni abitativi delle classi a reddito più basso in domanda; - la compresenza di offerta di alloggi ad alti prezzi nel mercato delle vendite e della tipologia medio-superiore e di pressioni della domanda a basso reddito nel sottomercato dell’affitto; - l’assenza di un intervento pubblico che assumesse un ruolo di riequilibrio e di calmiere - la strategia del blocco edilizio che per espandere i propri interessi determina permanenti spinte inflattive nel mercato degli alloggi.” Tratto da: G. Fera e N. Ginatempo (1982), p.16. 27
2.3.3 I fatti di Agrigento
il peso delle strutture delle enormi palazzine residenziali, eccessivamente gravoso per innestarsi in un tale tipo di ter-
Il mito di una costante e sempiterna crescita edilizia in-
reno ma soprattutto condizionò la vita di ben 7787 agrigen-
finita crolla, insieme alla parte più occidentale della collina
tini che si ritrovarono in poco tempo sfollati per cause del
su cui poggiava Agrigento e ai palazzi di cinquanta metri di
tutto prevedibili ed evitabili.
dieci o dodici piani costruiti sopra, il 19 Luglio del 1966,
“Si sapeva benissimo che il quartiere dell’addolorata
giorno che cambierà le sorti del dibattito italiano in termini di politiche del territorio.
poggiava sopra una terra bucata come un groviera [...] Per
“...una frana di inconsuete dimensioni, improvvisa, mi-
diversi anni gli amministratori della città e il Genio Civile si
racolosamente incruenta ma terribile nello stritolare o in-
premurarono di agevolare i costruttori di “grattacieli sul
crinare irrimediabilmente spavalde gabbie di cemento, ed
groviera. La democrazia, l’autonomia locale, gli ideali di li-
impietosa, al tempo stesso, nello sgretolare vecchie abita-
bertà ed onestà sono frananti ad Agrigento, come il quar-
zioni di tufo, in pochi istanti ha buttato fuori casa migliaia di
tiere dell’addolorata, sotto il peso delle speculazioni più
abitanti, ponendo Agrigento sotto una nuova luce e nuova
incredibili”12
dimensione.” 11 Il caso di Agrigento dunque scoperchiò il vaso di Pandora Il crollo di Agrigento che coinvolse la collina dell’Addo-
e “svelò” (come se non si conoscesse già...) il sistema che si
lorata non causò vittime poichè i movimenti franosi furono
celava dietro i maggiori tentativi speculativi che dominano
non immediatamente catastrofici ma diedero quanto meno
il territorio italiano facendo dunque crescere nell’opinio-
il tempo di mettere la popolazione in salvo. Questo avveni-
ne pubblica l’idea che le forme speculative di costruzione
mento catastrofico coinvolse pesantemente la stabilità ge-
avessero in definitiva un potenziale carattere negativo che
ologica di un intero territorio che ormai non sopportava più
poteva andare a scapito della propria incolumità facendo quindi comprendere che effettivamente non si potesse costruire in ogni dove.
Ministero dei lavori pubblici, Commissione d’indagine sulla situazione urbanistico-edilizia di Agrigento; Relazione al Ministro On. Giacomo Mancini; Roma 1966 Tratto da: E. Salzano (1998) - p. 125. 11 11
28
L. Pesce (1966), I distruttori di Agrigento. Tratto da: G. Crainz (2003) - p.70 12
urbanistici efficaci che gli avrebbero consentito, se appro-
2.3.4 La “Legge ponte”
vati, una possibilità edificatoria adeguata e sufficiente alle
L’effetto di tale evento fu la repentina promulgazione di
proprie esigenze.15
una nuova legge urbanistica transitoria che avrebbe dovuto gestire in prima istanza le pratiche più controverse ed
Inoltre, è nella Legge Ponte che per la prima volta individu-
urgenti riguardanti i fenomeni costruttivi e speculativi,
iamo il concetto di “standard urbanistico”16 , nuovo disposi-
cercando quindi di imporre una certa autorità pubblica
tivo di legge attualmente ancora in uso che prevede l’istitu-
che prima era venuta meno. Siamo dunque nel 1967 e vie-
zione di una cifra minima di superficie (18mq) da destinare
ne emanata la cosiddetta “Legge ponte” , chiamata così
ad opere pubbliche per ogni singolo abitante residente o
proprio per la sua funzione traghettatrice verso una futura
insediabile.
legge a cui si rimandava a data da destinarsi.
Fu così che, finalmente, giunse il momento di porre un’a-
13
deguata attenzione anche agli spazi di uso pubblico non più Le disposizioni più importanti riguardarono senza dubbio
visti, quindi, come spazi residuali di questa nuova bulimica
quelle di incentivo al fine di far redarre ai comuni i Piani
fase costruttiva ma come luoghi degni di essere considera-
Regolatori, commissariandoli in caso di inadempienza. La
ti di importanza strategica al benessere collettivo. Non più
legge limitava infatti notevolmente le possibilità di poter au-
residuo della costruzione privata ma adeguato contenitore
torizzare nuovo costruito o nuove realizzazioni nei comuni
di essa. La novità portata dal testo in tal senso era davve-
sprovvisti di un Piano proprio al fine di generare un effetto
ro notevole e obbligava i privati a contribuire attivamente
14
positivo dal basso in cui tutti i soggetti, privati e pubblici, si ritrovassero promotori di uno strumento di piano con-
15
diviso. Senza l’adozione di un Piano infatti le cubature possibili da edificare sarebbero state bassissime e quindi non conveniva nemmeno ai privati rimanere privi di strumenti
Legge 06/08/1967, n. 765, Modificazioni ed integrazioni alla legge urbanistica 17 Agosto 1942, n. 1150 13
14
Legge n.765/1967, Art. 1
Legge n.765/1967; Art. 17
Legge n.765/1967; Art. 17 In particolare il tema trova adeguato trattaemnto nel Decreto interministeriale 02 - 04 - 1968, n. 1444 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi, da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge n. 765 del 1967.” 16
29
per realizzare le nuove urbanizzazioni, delle quali fino ad
il triplo della media annuale di vani autorizzati nel decennio
ora erano responsabili solamente i Comuni. Viene prescrit-
precedente”19, un volume davvero enorme che può darci
to che siano a carico dei privati la realizzazione di tutte le
un’idea di un interesse generalizzato nei confronti dell’edi-
opere di urbanizzazione primaria (compresa la cessione
lizia negli anni sessanta.
gratuita dell’area occorrente) e sia da versare al pubblico un contributo corrispondente a una quota dei costi per le opere di urbanizzazione secondaria.17 In tema di lotta all’abusivismo invece, la Legge ponte va a sottolineare in maniera più chiara quanto già previsto dalla Legge Urbanistica del 1942 e quindi, in caso di difformità di alcune opere rispetto alle prescrizioni dei Piani, ne prevedeva la loro totale demolizione.18 In definitiva, il nuovo dispositivo di legge si apprestava a regolare fortemente gli spazi di libertà che il settore delle costruzioni disponeva da tempo ma ciò non avvenne subito. Si decise infatti di concedere un anno di moratoria al fine di “evitare di scoraggiare eccessivamente l’attività edilizia” e venne quindi proposto di rendere le prescrizioni della legge del tutto effettive solo dal 1968. L’obbiettivo fu raggiunto, forse anche con eccessivo zelo, dal momento che in un solo anno “furono rilasciate licenze edilizie per circa 8 milioni e mezzo di vani residenziali, quasi
17
Legge n.765/1967; Art. 8
18
Legge n.765/1967; Art. 6 30
19
E. Salzano (1998) - p.128
vamente alle prerogative dello Stato che poteva così darla
2.3.5 La “Legge Bucalossi”
in concessione al costruttore privato, previo pagamento
Dopo l’approvazione della legge, il dibattito in campo
di un contributo al Comune. La “Bucalossi” quindi, è sta-
urbanistico non si estinse ma guadagnò dei punti di discus-
ta sostanzialmente dedicata a normare il nuovo dispositivo
sione davvero importanti. Oltre infatti a dover normare sui
autorizzativo della “concessione edilizia”, che andava a so-
limiti di validità dei vincoli espropriativi il Parlamento ap-
stituire la “licenza edilizia”, in vigore fino a quel momento.
20
provò, dopo esattamente dieci anni dalla Legge ponte, una nuova legge urbanistica, comunemente definita “Legge Bucalossi” . 21
Oltre a questo importante “rivoluzione” che mirava a ristabilire le gerarchie fra privato e Stato in ambito edificatorio, la Legge si prefiggeva un altro ambizioso obbiettivo
Con la nuova normativa vennero introdotte nell’ordina-
in tema di supporto alle famiglie ancora prive di un’abita-
mento italiano delle nuove disposizioni che miravano a mo-
zione attraverso l’incentivo all’edilizia popolare. Si tentò di
dificare profondamente i principi giuridici su cui si basava
spingere il settore edilizio privato a realizzare nuova edili-
lo Ius Edificandi. Il dibattito che aveva preceduto l’appro-
zia pubblica convenzionata attraverso appositi accordi in
vazione della legge suggeriva di prendere di petto il tema
cui veniva pattuita come premialità l’esonero dagli oneri
del diritto di costruire e di rimuoverlo sostanzialmente dal
di concessione22 da versare al Pubblico, aspettandosi da
corpo dei diritti appartenenti al privato cittadino e di tra-
questa collaborazione una maggiore spinta e rapidità per
sferirlo allo Stato. Si trattava dunque di scorporare la licen-
la risoluzione di un problema come quello della “casa per
za edificatoria dal diritto di proprietà e di affidarla definiti-
tutti” che ancora coinvolgeva ampi strati della popolazione italiana.
Una serie di sentenze della Corte Costituzionale (n.55 e n.56 del 1968) obbligarono il Parlamento a legiferare su alcuni aspetti riguardanti la validità dei vincoli di Piano espropriativi e su quelli di inedificabilità assoluta sostenendo che questi non potessero essere perpetuati a vita senza opportuno indennizzo al proprietario. La legge “tappo” che venne approvata di conseguenza (1968) proponeva di porre un limite alla validità dei vincoli, principalmente a quelli espropritativi. Il vincolo aveva dunque cinque anni di validità e poteva essere riproposto dai nuovi strumenti urbanistici aggiornati. 20
21
Legge 27/01/1977, n.10, Norme in materia di edificabilità dei suoli.
Tuttavia, uno dei riflessi di questa forte esigenza abitativa , ovvero l’abusivismo edilizio, andava nel frattempo manifestandosi in maniera parallela e direttamente proporzionale alla forte crescita edilizia del mercato speculativo
22 Legge n.10/1977; Art. 7 31
in quegli anni: maggiore fu dunque la tendenza a costruire
mento fra una certa visione legalista e statalista in tema edi-
legalmente quanto grande fu il suo riflesso illegale. La ri-
lizio e urbano, il cui pensiero riuscì a penetrare e a plasmare
sposta repressiva prevista dallo Stato era già stata illustrata
i contenuti della nuova legge del 1977, e il comportamento
sia nella Legge Urbanistica del 1942 che nella Legge ponte
dei singoli privati, molto più abituati ad un atteggiamento di
e proponeva, come unico deterrente all’abuso, la demoli-
pressoché totale deregulation in ambito edilizio. (Nocifora
zione del manufatto edilizio . Questa disposizione non fu
1994)
23
ritenuta sufficientemente efficace e fu aggiunto nella “Bu-
È questo dunque il presupposto che pose le basi per un
calossi” il fatto che nei casi più gravi di violazione di legge
fallimento delle politiche di controllo del territorio di cui
era prevista l’acquisizione al patrimonio pubblico dell’ope-
tale legge proponeva di farsi carico e che in breve tempo
ra abusiva. Infine, per essere certi che i Comuni avessero
aprì la strada all’introduzione di un nuovo dispositivo giuri-
dato definitiva attuazione a tale quadro sanzionatorio, quel-
dico che, con poche possibilità di smentita, può essere de-
la che prima era una semplice facoltà divenne da questo
finito come il punto più basso delle politiche urbanistiche in
momento obbligatorio, rendendo di fatto le Amministrazio-
Italia: l’istituzione del condono edilizio.
ni inadempienti del tutto responsabili del loro (non) agire di fronte alla Legge.24 Ma questo duro quadro di contrasto all’abusivismo purtroppo non portò ai risultati sperati rivelandosi inefficace. In molti casi, infatti, le demolizioni non avvennero e quel maggiore potere di controllo sul territorio da parte dei comuni, nei fatti, non ci fu. Anzi, i fenomeni di abusivismo si aggravarono notevolmente. Osservando gli eventi a-posteriori, si potrebbe affermare infatti che l’approvazione della Legge Bucalossi avvenne nel momento di massimo scolla-
2.3.6 Dalla “Legge Galasso” al “T.U.E.” Il fenomeno dell’abusivismo prese così tanto il sopravvento che non lo si potè più nascondere come la polvere sotto il tappeto e fu dunque affrontato ormai a-posteriori, promuovendo uno strumento che legalizzasse, con le dovute prescrizioni, le opere costruite illegittimamente fino a quel momento. Quindi fu nel 1980 che venne portata in discussione in Parlamento una legge urbanistica che “accompagnava le
23
Legge n. 1150/1942, artt. 26, 32, 41
24
Legge n.10/1977, art. 17 32
nuove e più severe norme repressive con una controllata
sanatoria dell’abusivismo edilizio”25: si tratta della “Legge Galasso”.
Così Zanfi ci dà un’idea di quello che fu la legge Galasso:
“La confluenza di tendenze diverse, anche opposte, ge-
26
nera un testo che, pur marcando un deciso punto di svolta Ma non fu così semplice, o meglio l’indirizzo che preval-
nella legislazione urbanistica nazionale, mantiene una serie
se, soprattutto dopo un infuocato dibattito parlamentare,
di aporie e di ambiguità, che si tradurranno in un sostan-
fu più orientato a sanare gli abusi in maniera generalizzata
ziale fallimento dei suoi obbiettivi ufficiali. All’intento di
senza discernere e scremare troppo i singoli casi che si pre-
snellire, di portare un apparato normativo giudicato troppo
sentavano puntando invece tutto sull’aspetto meramente
burocratico più vicino alle pratiche edilizie comuni e, con-
economico dell’operazione. Infatti, per poter accedere allo
temporaneamente, di fissare un deciso e credibile punto a
strumento di sanatoria si sarebbe pagata un’ammenda il cui
capo nelle vicende urbanistiche farà seguito una risposta
valore, in una fase iniziale della discussione sulla legge, fu
istituzionale di sanatoria che si muoverà principalmente sul
posto molto in alto in modo da garantire il giusto risarci-
fronte del consenso politico e della pacificazione sociale,
mento alla collettività per il danno prodotto, pari agli oneri
lasciando irrisolti molti degli aspetti territoriali della que-
di urbanizzazione mai corrisposti maggiorati di un’oblazio-
stione e non di rado accrescendoli.”27
ne. Ma in una ottica di massimalizzazione degli introiti e a causa delle forti proteste degli abusivi (al limite dell’incredibile per la verità) contro il pagamento di ingenti somme di denaro per ottenere lo status di legalità della propria abita-
Obbiettivi della legge
zione, si decise di adottare una oblazione economicamente più vantaggiosa per il privato pur di non far fallire l’intera operazione.
La Legge 47/1985 non fu esclusivamente dedicata all’introduzione dello strumento del condono edilizio ma comprendeva un corpo normativo completo ed integrativo rispetto alle precedenti leggi urbanistiche. L’obbiettivo che ci si prefiggeva di raggiungere fu duplice. Da un lato veniva-
25
E. Salzano (1998), p.190
Legge 28 Febbraio 1985, n. 47 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia. Sanzioni amministrative e penali”. 26
no promossi una serie di strumenti normativi aggiuntivi in termini di repressione del fenomeno dell’abusivismo come 27
F. Zanfi (2008), p.40 33
Abusivismo di necessità e speculativo
È interessante a tal proposito introdurre una tematica
Gli studiosi Alberto Clementi e Francesco Perego ag-
traddittoria perché se da un lato prende forma da
che fece molto discutere, soprattutto durante gli anni
giunsero ulteriori elementi descrittivi per andare oltre
alcune reali istanze di un certo ceto sociale a basso
‘80, ovvero una presunta differenza fra fenomeni abu-
questo rigido dualismo fra necessità e speculazione,
reddito che vide nel costruire abusivamente l’unica
sivi cosiddetti “di necessità” ed altri di tipo speculativo.
proponendo la seguente definizione:
forma possibile per avere una casa rischia tuttavia di
Si accese fra gli esperti un lungo dibattito sull’esisten-
“In ordine alle motivazioni dell’utenza emerge che l’ac-
mascherare e giustificare tutte quelle altre forme di
za o meno di diversi tipi di abusivismo per individua-
cesso al circuito del mercato abusivo si colloca fra due
microabusivismo compiute da soggetti non indigenti
re quale potesse essere il caso più lieve da “punire”
estremi: la non-scelta di chi vi cerca un tetto che non
che hanno sfruttato le modalità di agire dell’abusivi-
con meno forza. Si propose quindi di distinguere fra
può permettersi altrimenti (ab. di necessità) e il calcolo
smo per dotarsi di seconde abitazioni, villini al mare,
un abusivismo edilizio di tipo speculativo, come per
di chi agisce in una logica di investimento economi-
depositi, magazzini e quant’altro che non rientrereb-
esempio la costruzione di grosse palazzine di appar-
co (ab. speculativo). La realtà attuale mostra tuttavia
bero di certo all’interno della categoria del “necessa-
tamenti illegali o grossi complessi edilizi realizzati dai
una decisa prevalenza delle situazioni intermedie, che
rio”.
cosiddetti “palazzinari”, ed un altro tipo, “meno grave”
presentano un intreccio di necessità e speculazione
Per esempio, ci conferma Nocifora che, nel caso sici-
ovvero quello perpetuato per pura necessità dai pic-
che altri hanno già definito come “abusivismo di con-
liano, “non si tratta di ceti sociali poveri, né di figure
coli proprietari e dalle proprie famiglie. In un periodo di
venienza”. “1
professionali ai margini dei circuiti economici. ... Ri-
forti polemiche e di paventati rischi di demolizioni im-
Nonostante la proposta di una “terza via”, la con-
corrono all’abusivismo, invece, ceti che operano una
minenti, questa distinzione andò molto bene ai piccoli
trapposizione fra necessità e speculazione è stata da
scommessa di accumulazione della rendita in campo
costruttori abusivi perché vi ritrovavano una sorta di
sempre ritenuta dagli esperti come fortemente con-
immobiliare”.
legittimazione del loro agire non conforme alle regole.
Distinguere fra abusivismo di necessità e abusivismo speculativo sembrò dunque più un’operazione politica 1
34
Clementi, Perego (1983), p. 32
per esempio un inasprimento delle pene e la previsione di sanzioni penali per i casi più gravi di lottizzazioni abusive, maggiori poteri conferiti ai sindaci su demolizione e confisca di edifici illegali oppure la previsione di nullità di tutti quegli atti di compravendita di edifici illegali o costruiti senza concessione (nella legge 47/85, inoltre, venne inserito per la prima volta il vincolo di inedificabilità assoluta per tutti i territori costieri del territorio italiano ricadenti entro i trecento metri dalla linea di battigia. Dall’altro invece si che strizzava l’occhio ai piccoli speculatori piuttosto
procedeva all’amnistia del reato penale, sotto pagamento
che un tentativo di sanare delle situazioni di indigenza.
di un’oblazione proporzionato alle dimensioni del reato e
Il tema della “distinzione” fra più tipi di abusivismo non è affatto un argomento datato e scomparso dal dibattito politico attuale. Tutt’altro: è in fase di approvazione un disegno di legge proposto dal Senatore Falanga2 che istituisce per legge un ordine in cui debbano essere demoliti i manufatti abusivi insanabili, in base a certi criteri di priorità per cui le situazioni dette “di necessità”, secondo la definizione fin qui esposta, vengono processate per ultime.
al rientro entro i confini della legalità dei manifatti abusivi, sanando quindi in maniera completa il reato avvenuto. L’intento iniziale della legge quindi è coerente ad un ragionamento che potrebbe essere sinteticamente espresso in questo modo: creava i presupposti per stabilire un nuovo punto di partenza in ambito edilizio entro i confini della legalità, ammettendo definitivamente la possibilità, concessa dallo Stato, di far accedere ad una forma di sanatoria e legalizzazione tutti quei casi di abusivismo passibili di condono ed espressamente indicati nella legge stessa mentre, dall’altro, si prefiggeva però di fissare un definitivo e tombale punto di arrivo di quell’odioso fenomeno dell’edilizia abusiva che aveva oltraggiato il Paese per così tanti anni at-
Proposta di legge “FALANGA” (S. 580. C.1994): “Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi” 2
traverso l’uso di sanzioni più aspre. Una sorta di motto: “Vi perdoniamo, ma da oggi si fa sul serio!” 35
Quattro anni di deregulation
sarono di dover sfruttare a tutti i costi un’occasione così ghiotta. Nessuna amministrazione comunale infatti andò a
Come facilmente intuibile, effettivamente le cose non
controllare se effettivamente i proprietari che facevano ri-
andarono proprio in questo modo e vi furono una serie di
chiesta di sanatoria avessero costruito entro l’Ottobre ‘83
eventi durante tutto il lungo iter del dibattito parlamentare
o sucessivamente, determinando di fatto un periodo, che
che minarono definitivamente le iniziali intenzioni appena
durò quattro anni, che fu caratterizzato da una sostanziale
espresse. Oltre allo strano ed eccessivamente permissivo
anarchia edilizia legalizzata. Questa “corsa al mattone”, di
approccio sull’ammenda da pagare allo Stato per accedere
cui lo Stato si fece complice, ebbe effetti devastanti per il
alla sanatoria, un altro episodio, forse ben più grave, pose
territorio e comportò la realizzazione in soli quattro anni di
una pietra tombale sugli iniziali obbiettiviche questa legge
ben 400.000 vani abusivi28, una cifra davvero stellare.
si proponeva di raggiungere. Un atteggiamento del genere ci lascia comprendere Si tratta dei limiti di tempo massimi entro cui fu possi-
le reali intenzioni di un intervento pubblico di tale fattez-
bile presentare domanda di sanatoria. Questo fu posto al
za: non importava niente a nessuno della rivalutazione del
1 Ottobre 1983, il chè comportava che potevano essere
patrimonio edilizio abusivo condonato e l’avvio di nuove
ammessi in sanatoria solo gli edifici costruiti entro e non
pratiche di recupero territoriale ma si vide nell’abusivismo
oltre tale termine; per gli edifici costruiti successivamente
l’ennesima occasione per fare cassa, e anche in maniera
non ci sarebbe stata possibilità di scampo e non si sarebbe
abbastanza rapida.
prevista ulteriore forma di legalizzazione (come vedremo a breve non fu così). Ma il termine ultimo all’Ottobre ‘83 non
È chiaro che un tale episodio comportò inevitabilmente
fu applicato sostanzialmente poichè le varie vicessitudini
la perdita di credibilità di tutta l’operazione ma soprattutto
parlamentari portarono allo slittamento dell’approvazione
delle Istituzioni che, con questo comportamento, “spinse-
definitiva del provvedimento al 30 Giugno 1987 che però
ro” i nuovi costruttori a non farsi troppi scrupoli nel perpe-
divenne anche la data effettiva di chiusura della procedura di presentazione della domanda. Una dilatazione temporale così evidente comportò una generalizzata mobilitazione alla costruzione abusiva poichè i singoli costruttori pen36
Cfr. “Tre milioni e mezzo di case fuori legge”, in Corriere della Sera, 21 Marzo 1986. Tratto da: E. Nocifora (1994), p.78 28
tuare ulteriori abusi edilizi dal momento che divenne ormai chiaro che data l’estrema convenienza dell’operazione in
Testo Unico per l’Edilizia
termini economici e di vantaggi politici, prima o poi un altro
Attualmente, il punto di arrivo della normativa italiana in
condono sarebbe arrivato. Cosa che infatti puntualmente
tema di edilizia è costituito dal “Testo Unico per l’Edilizia”30,
avvenne altre due volte, una nel 1994 e l’ultima nel 200329,
approvato nel 2001, che tenta di fare ordine in materia di
entrambe sotto i governi Berlusconi.
urbanistica e di attività edilizia. Nella “Parte I” viene disciplinata l’attività edilizia con
Si nota dunque un atteggiamento pressochè generalizza-
particolare riferimento ai titoli abilitativi dove viene intro-
to di allentamento della pressione regolativa e di controllo
dotto in maniera completa ed esaustiva il “permesso di co-
da parte di tutti gli organi dello Stato, dalle contraddittorie
struire” che va a sostituire la “concessione edilizia”. Al “Ti-
normative emanate dallo Stato centrale fino alla scarsissima
tolo IV” viene invece esposto l’intero corpo sanzionatorio
prevenzione delle amministrazioni locali, che determinano,
previsto per la repressione dei fenomeni abusivi, sia intro-
di fatto, il fallimento dell’iniziale intento di svolta radicale e
ducendo elementi nuovi che attualizzando e sostituendo
di assoluto cambio di passo in materia di abusivismo che la
quelli previsti dalla normativa antecedente. Nella “Parte II”
Legge Galasso si prefiggeva di portare.
invece vengono normati gli aspetti tecnici in ambito edilizio, integrando disposizioni sui materiali, sugli aspetti della progettazione antisismica, sul risparmio energetico degli edifici. Un corpo di regole finalmente completo, che tende a far chiarezza su una disciplina che per anni si è retta su una legge transitoria per antonomasia, come la “Legge ponte”.
Condono edilizio del 1994: Legge 23 dicembre 1994, n. 724 “Misure di razionalizzazione delle finanza pubblica” 29
Condono edilizio del 2003: Legge 24 novembre 2003, n. 326; Conversione in legge del d.l. 30 settembre 2003, n. 269 “Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”
D.P.R. 380, 6 Giugno 2001; “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia” 30
37
Legislazione autonoma in Sicilia in campo urbanistico
La Regione Siciliana, in quanto Regione a Statuto
che, nei confronti di tutto quanto espresso fin’ora nel
Altri esempi sono i condoni edilizi.
Speciale gode di uno statuto che le attribuisce pie-
riepilogo dei principali momenti legislativi della storia
È sempre stato necessario un passaggio parlamen-
na autonomia nell’ambito della gestione del territo-
urbanistica italiana, la Sicilia è completamente indif-
tare (regionale) o assessoriale per applicare in Sicilia
rio, materia per la quale dispone di potere esclusivo
ferente in quanto questa ha una storia a sè stante. Per
la normativa inerente ai tre condoni nazionali, motivo
rispetto allo Stato centrale.
evitare comunque eccessivo disomogeneità norma-
per cui quando si parla di sanatorie si fa riferimento
Se è stato lamentato una certa confusione nell’or-
tivo, il Parlamento Siciliano tende, spesso- con molto
esclusivamente a normative regionali.
dinamento italiano in campo urbanistico ed edilizio,
ritardo, a recepire la normativa italiana, seppur mo-
Per esempio:
almeno fino all’arrivo del T.U.E 2001, decisamente più
dificandola ed adattandola alle esigenze di una Re-
•
ampia e sparpagliata è la normativa siciliana che è
gione a Statuto Speciale: questo processo si chiama
lasso (47/1985) è stata recepita in Sicilia con la
contenuta in ben 84 leggi regionali.
“recepimento dinamico”. È avvenuto di recente che il
Legge Regionale n.37/1985 (“Nuove norme in
Non occorre dare nota di tutti i provvedimenti del cor-
T.U.E. 2001 italiano sia stato recepito dinamicamente
materia di controllo dell’ attivita’ urbanistico-e-
po normativo siciliano ma solo di alcuni che hanno in-
in Sicilia tramite la Legge Regionale n.16/2016, ovvero
dilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle ope-
fluito particolarmente in tema di abusivismo edilizio o
15 anni dopo la promulgazione della legge italiana,
che hanno istituito i vari momenti di sanatoria.
momento in cui in Sicilia si parlava ancora di “conces-
la sanatoria edilizia introdotta dalla Legge Ga-
re abusive”) •
la sanatoria del 1994, inserita nella Legge n. 724
sione edilizia” quando il “permesso di costruire” era
del 23 dicembre 1994 (“Misure di razionalizzazione
Avendo totale autonomia in campo urbanistico la Si-
ormai uno strumento ampiamente usato e conosciuto
delle finanza pubblica”) è stata recepita in Sicilia
cilia non ha sempre avuto un corpo di leggi che abbia
in tutto il Paese.
tramite la Legge Regionale n.17/1994 (“Provve-
rispecchiato fedelmente la legislazione nazionale ma
dimenti per la prevenzione dell’abusivismo edili-
si è sempre mossa per conto proprio. Basti pensare
zio e per la destinazione delle costruzioni edilizie
38
•
abusive eistenti”)
resto del territorio nazionale e nel 1980 venne appro-
al Giugno del 1976 che, se abusivi, possono accedere
il condono del 2003, inserito nella Legge n. 326
vata in Sicilia la prima sanatoria edilizia in Italia, con la
alla procedura di sanatoria. Mentre, tutti quegli edifici
del 24 novembre 2003 (Conversione in legge del
Legge Regionale n. 7/1980 (“Norme sul riordino urba-
costruiti entro i 150m dalla linea di battigia e realizzati
d.l. 30 settembre 2003, n. 269 “Disposizioni ur-
nistico edilizio”).
dopo tale date sono del tutto insanabili e quindi pas-
genti per favorire lo sviluppo e per la correzio-
sibili di demolizione.
ne dell’andamento dei conti pubblici”) è stato
Lo scoglio più difficile da superare in tutti i momenti di
Si sprecano i tentativi che sono stati promossi da i
introdotto in Sicilia tramite la Legge Regionale
sanatoria edilizia promossi in Sicilia (e in Italia) è rap-
politici di tutte le fazioni per tentare di sanare anche
n.15/2004 (“Misure finanziarie urgenti. Assesta-
presentato da tutti quegli immobili costruiti in luoghi
questi immobili presenti nella fascia costiera, ma fin’o-
mento del bilancio della Regione e del bilancio
di pregio paesaggistico ma soprattutto da quelli co-
ra non si è fortunatamente arrivati a tanto.
dell’Azienda delle foreste demaniali della Regio-
struiti nella fascia costiera che rimangono del tutto in-
ne siciliana per l’anno finanziario 2004. Nuova
sanabili e quindi in una situazione di “limbo” legislativo.
decorrenza di termini per la richiesta di referen-
Esiste infatti una Legge Regionale che vale la pena
dum.” Art. 24. Condono edilizio. Oneri conces-
ricordare che impedisce di costruire qualsiasi tipo di
sori)
immobile nella fascia costiera compresa entro i 150m dalla linea di battigia e si tratta delle Legge Regionale
Bisogna aggiungere inoltre che, forte della propria
n.78/1976 (“Provvedimenti per lo sviluppo del turismo
autonomia, fu proprio la Regione Siciliana ad inaugu-
in Sicilia”) . Essendo una legge senza effetti retroatti-
rare in Italia lo strumento del condono edilizio, antici-
vi, questa norma non considera tutti quei fabbricati
pando nei tempi quello di cui si stava discutendo nel
presenti lungo le coste siciliane costruiti antecedente
40
2.4
Nell’immagine a sinistra:
Dimensioni del fenomeno
Il Ministero dei Lavori Pubblici parla, all’inizio del 1986, di
di abitazioni sarebbero state, infatti, costruite fra il 1950
un fenomeno che coinvolge in tutta Italia 10 milioni di per-
e il 1967. Nel decennio successivo, dal 1967 al 1977, si sa-
sone. Le abitazioni costruite abusivamente sarebbero 3.5
rebbero costruite ben 1,2 milioni di abitazioni. La dinamica
milioni, di cui 2.5 milioni localizzate al Sud del Paese. Nel
sarebbe andata crescendo con 800.000 alloggi abusivi nel
Nord del Paese vi sarebbero oltre che 1 milione di abita-
quinquennio 1978-83, di 230.000 nel biennio 1983-84 per
zioni anche 2,5 milioni di ristrutturazioni abusive e 5 milio-
arrivare addirittura a 400.000 alloggi nel biennio 1984-85.
ni di operazioni di manutenzione straordinaria. In sostan-
Come si vede bene una escalation che aumenta con l’avvi-
za laddove vi è un elevato deficit abitativo di base si sono
cinarsi della legislazione che pretendeva di arginare, se non
costruite abitazioni abusive ex-novo, dove invece il deficit
arrestare il fenomeno.”31
abitativo storico non era particolarmente elevato si è ope-
Immagine satellitare di
rato soprattutto attraverso ristrutturazioni ed interventi di
Inoltre, il reiterato utilizzo dello strumento del condono
Triscina, frazione del Comune
riuso. Un Paese di abusivi, quindi, a detta del Ministero dei
ha determinato un sostanziale prosecuzione dei fenome-
di Castelvetrano: una delle aree
Lavori Pubblici!
ni abusivi in edilizia anche dopo il 1985, senza che vi fosse
maggiormente colpite dall’abusivismo in Sicilia.
Secondo i dati del Ministero il patrimonio edilizio abusivo risale a diverse epoche di costruzione. Oltre un milione
31
E. Nocifora (1994), p.69 41
volume totale delle abitazioni esistenti.32
“ ...la percentuale di abusivismo nel settore costruzioni non solo non scende, ma continua a viaggiare ogni anno tra il 10 e il 15% dell’edificato. [...] Negli anni ‘90 scendono i dati assoluti ma non le percentuali (83mila case abusive su 281mila, il 29,6%, nel 1994, anno del secondo condono edilizio). Nel 2010, quando si ricorda un tentativo di irruzione della sanatoria nel Milleproroghe, si calcolano abusive 27mila abitazioni su 229mila, cioè l’11,8%, l’anno successivo 26mila su 213mila.”33 Queste dunque alcune cifre che ci fanno capire le dimensioni estese dei fenomeni abusivi e ci mostrano come anche al Nord il fenomeno non fosse del tutto sconosciuquella battuta d’arresto che ci si augurava. Infatti fra il 1982 e il 1997 furono realizzati ben 970.000 nuovi manufatti edilizi abusivi. Ridimensionati, certo, rispetto al boom che si verifico in quei famosi quattro anni prima della scadenza della presentazione della domanda di sanatoria dell’87, ma comunque in numero consistente.
to. Il disagio abitativo del Sud Italia venne colmato con una “grande opera” collettiva costituita da una miriade di singole costruzioni individuali che principalmente veniva supportata dal mercato informale ed illegale dei servizi per la costruzione, confermando in maniera evidente una certa propensione sociale degli abitanti del meridione a pensare di rispondere ad una propria esigenza, in questo caso abitativa, contemplando più una logica familiare che collettiva34 . Fonte: Ministero dei lavori Pubblici. Relazione sulla Sanatoria delle opere abusive. 30-06-1987 32
In totale, in Italia, le domande di sanatoria presentate durante il primo condono promosso con la Legge Galasso nel 1985 furono 2.251.645 per un totale del 12,11% sulla popolazione nazionale residente ed addirittura del 33,46% del 42
Tre condoni tombali in 20 anni: così l’Italia ha spinto l’abusivismo”; Il Sole 24 Ore; 18 -11-2014 33 “
34
Edward C. Banfield; Le basi morali di una società arretrata; 1958
Nella tabella a sinistra: Costruzioni abusive censite negli anni. Fonte: Rapporto Ecomafia 2003 di Legambiente su dati Cresme
Nella foto in basso: Collettivo Urban Report.
The Waiting City
In questo caso il ruolo dello Stato fu sostanzialmente nullo o di tacito accordo con il privato; subentrerà attivamente solo in una fase postuma e condonerà il reato com-
Cagnano Varano (FG)
messo per aver costruito illegalmente, sanando di fatto la
Foto di Alessandro Guida
situazione di partenza. Non ci fu quindi in generale un piano
2017
nazionale efficente per risolvere il problema della casa e la linea ufficiale che si decise di portare avanti fu quella di promuovere tacitamente una certa libertà costruttiva individuale e condonare successivamente. Venendo meno il ruolo dello Stato, il risultato finale di questa eccessiva libertà costruttiva è generalmente caotico, proprio per l’estrema rapidità con cui avvenne, e ha generato un panorama costruttivo dalle sembianze simili e monotone che coinvolge quasi tutta Italia, sopratutto il meridione. Si tratta dunque dell’ “opera collettiva più importante degli ultimi sessant’anni” secondo la definizione che ne dà Zanfi, che ha coinvolto milioni di persone in tutta Italia ed ha conformato in maniera definitiva gli spazi nella quale viviamo ancora oggi. Un’opera collettiva gigantesca che ha sconvolto il paesaggio storico italiano consolidato nel tempo, conquistandolo in maniera spesso prepotente. Un’opera così grande che, nonostante le dinamiche controverse con cui avvenne, non può essere ignorata o nascosta ma deve essere osservata, descritta, analizzata al fine di recuperarne gli aspetti più controversi e usarla come base per un progetto nuovo. 43
44
2.5
Dinamiche sociali
2.5.1 Un sogno individuale Le dinamiche costruttive abusive si sono da sempre manifestate prevalentemente come fenomeni dove il carattere privatistico dei singoli episodi costruttivi ha nettamente superato tutti quegli aspetti di carattere collettivo e pubblico in ogni fase del processo edilizio. Quella che negli anni Cinquanta e Sessanta si rivelò in molti casi una “necessità”, ovvero il ricorrere per una larga Nell’immagine a sinistra:
fetta di popolazione meno abbiente a modalità costruttive
Nuovo rustico in cemento
“fai-da-te” a causa dei prezzi decisamente proibitivi degli
armato autocostruito sopra la vecchia casa. Tratto da: Clementi, Perego (1983), p. 55
appartamenti forniti dal mercato legale, negli anni successivi invece divenne per molti costruttori una scelta deliberata, portata avanti al fine di perseguire un mero vantaggio
Questo atteggiamento è riscontrabile soprattutto nel periodo di massimo picco di costruzione di seconde case, momento in cui i costruttori abusivi, avendone già precedentemente constatato gli indubbi vantaggi economici, reiterarono tali modalità informali anche per realizzare la propria casa di villeggiatura dando il via a quello che abbiamo già definito come la “seconda fase dell’abusivismo edilizio”. Le condizioni innegabilmente più vantaggiose di un mercato edilizio parallelo informale/illegale rispetto al sistema tradizionale producevano infatti enormi vantaggi economici e consentivano anche a famiglie non abbienti di permettersi la così tanto ambita “casa al mare”, da realizzare in maniera economica e ricorrendo quasi esclusivamente alle potenzialità intrinseche del proprio nucleo familiare.
economico. 45
Il ricorso costante alle possibilità fornite dall’autocostru-
esogeno alle dinamiche familiari dei soggetti promotori,
zione ha infatti internalizzato l’intero processo costruttivo
sia pubbliche che private, ha avuto come conseguenza il
informale alle ristrette logiche della Famiglia che, all’occa-
proliferare di una serie ormai difficilmente computabile di
sione, si trasformava nell’unico bacino di manodopera di-
quartieri autocostruiti e formati dalla giustapposizione di
sponibile per la realizzazione dei manufatti edilizi. L’utilizzo
edifici privati non coerenti fra loro e del tutto autoriferiti,
di maestranze e competenze esterne a tale nucleo fami-
la cui sommatoria difficilmente genera una certa armonia
liare ristretto era ridotto al minimo, forse in maniera quasi
urbana, di cui per l’appunto, molti territori del meridione
esclusiva al momento della realizzazione dello scheletro in
interessati da tali fenomeni sono assolutamente privi.2 Af-
cemento armato per la quale non era sempre possibile fare
fermano a tal proposito i sociologi Fera e Ginatempo:
da sé, in autonomia. Spesso però, facevano da eccezione a questo schema consolidato alcuni soggetti socialmente
“Non esiste luogo per la vita sociale, anche i trasporti
prossimi al nucleo familiare che ne costituivano l’appendice
pubblici spesso mancano ed il quartiere autocostruito è
di supporto. Infatti:
spesso una desolante e drammatica serie di scatole non finite da cui si esce per andare in città e per tornare e chiu-
“La forma più importante di cooperazione sociale appa-
dersi dentro. Il nuovo ruolo della famiglia, sommato agli ef-
re proprio quella basata su rapporti primari, che si sviluppa
fetti desocializzanti delle condizioni ambientali determina
nei processi di autocostruzione fra amici, parenti e “com-
uno scadere dei rapporti sociali.” 3
pari”. E forse proprio questo tipo di solidarietà del piccolo
La fiducia che si riponeva in tale modello sociale come
gruppo offre le maggiori possibilità di sviluppo: si tratta di
unica forma di miglioramento della propria condizione eco-
riaggregazioni embrionali costruite intorno a poche fami-
nomica e patrimoniale era immensa, a tal punto da portare i
glie fra di loro imparentate, una sorta di “catena dell’autocostruzione”. 1 Un tale approccio alla costruzione, esclusivamente autopromosso, che ha escluso qualsiasi forma di intervento
“La serie di piccoli attentati che hanno portato al disastro delle coste, i “milioni di metri cubi” non sono che una sequenza di minuscole, piccole, asistematiche azioni individuali in cui ciascuno ha operato dimenticando il contesto entro cui operava, non comprendendo il danno che creava agli altri e a sè stesso.” Massimo Pica Ciamarra 2
Tratto da: A. Lima (2000), p. 18 1
G. Fera, N. Ginatempo (1982), p. 61 46
3
G. Fera, N. Ginatempo (1982), p. 60
singoli costruttori a realizzare modelli costruttivi “flessibili” per consentire agli eredi di addizionare nuovi appartamenti
2.5.2 Un’idea fallimentare di futuro
nella costruzione e dunque portare avanti quella ricchezza
La visione che ebbero del futuro i costruttori abusi-
familiare che pian piano andava consolidandosi. Infatti, nel
vi sta tutta lì, in quei ferri svettanti dai piani alti di molte
caso in cui il capofamiglia non fosse riuscito in tempi con-
abitazioni, segno ormai indelebile dei paesaggi informali di
soni a portare fino in fondo la costruzione, l’idea era che in
tutta Italia, e non solo. L’immagine che tali elementi ormai
questo caso sarebbe stato lo stesso erede a farlo, sfruttan-
inevitabilmente portano con sè assume oggi dei connotati
do i ferri di progetto lasciati scoperti all’ultimo piano dell’a-
assolutamente negativi e viene interpretata inevitabilmen-
bitazione, pronti per accogliere immediatamente l’addizio-
te come indice di incertezza, mancanza, come qualcosa di
ne di un nuovo appartamento, realizzando in questo modo
incompleto e fatiscente, arrivando in molti casi a diventare
un sistema modulare a tutti gli effetti.
il più ricoonoscibile simbolo del concetto stesso di “abusivismo edilizio”.
La visione che spingeva i promotori a compiere tali scelte costruttive era dunque legata ad un chiaro intento
In origine però, il maifinito4 , la costruzione incompleta,
di prosecuzione futura del modello familistico fin qui os-
secondo la logica dei costruttori non era un segno caricato
servato, riponendo fiducia nel fatto che le nuove genera-
così eccessivamente di valori negativi, tutt’altro. Indicava
zioni si sarebbero fatte autonomamente carico dell’opera
fiducia nei confronti del futuro, segni augurali di una con-
di completamento di quanto portato avanti inizialmente dai
tinua prosperità economica che si sarebbe dovuta ancor
padri. Non si vedevano quindi molte alternative a questo
più consolidare attraverso l’investimento di risorse nella
sistema di coabitazione all’interno dello stesso manufatto
costruzione di nuovi appartamenti, così da garantire il rag-
edilizio dei diversi componenti di una stessa famiglia, cosa
giungimento di un definitivo status di sicurezza economica
che i primi costruttori davano quasi per scontata pensando
e abitativa per l’intero nucleo familiare. Era un segnale che
dunque di agire assolutamente per il meglio nei confronti
indicava semplicemente uno stato temporaneo, una pau-
dei propri figli. Attualmente però le dinamiche sociali attua-
sa della costruzione che sarebbe presto proseguita, e non,
li sono mutate e tale modello sociale di cui si aveva inizialmente assoluta sicurezza è oggi inevitabilmente destinato a subire pesanti mutamenti.
“Maifinito” inteso secondo la definizione data da Gaetano Licata nel suo libro omonimo (2014). 4
47
come è avvenuto in moltissimi casi, il segno di un definitivo
Date tali premesse, sarebbe dunque erroneo affermare
stato di abbandono del manufatto. A tal proposito, Zanfi af-
che non vi sia stato nell’azione dei costruttori uno sguardo
ferma:
a lungo termine. L’aspetto più problematico di tale visione fu però quello di aver immaginato il futuro con gli occhi
“Il futuro - forse più del cemento gettato di notte, più
del presente, se non addirittura del passato, rendendosi
dei tondini o delle partite di forati acquistati sottocosto - è
responsabili della costruzione di manufatti edilizi tenden-
stato l’elemento legante che ha tenuto insieme questi gesti
zialmente non compatibili con le dinamiche abitative che
edilizi. Un’aspettativa indefinita che rendeva il presente di
da lì a poco sarebbero mutate notevolmente, generando un
allora una condizione transitoria, non meritevole di atten-
risultato clamorosamente opposto alle loro positive inten-
zione o preoccupazione proprio perché destinata a cam-
zioni iniziali.
biare ed evolversi rapidamente verso uno stato migliore e finito. [...] La proiezione nel futuro - che oggi diremmo in-
Oggi, il modello neofamilistico portato avanti con così
genua - di un modello familiare già allora giunto alla soglia
strenua convinzione dai costruttori si trova infatti in uno
dell’estinzione, che si è costruito nello spazio assumendo
stato di crisi. Tali dinamiche sociali di tipo familiare risen-
come costanti un set di strutture arcaiche ereditate dal
tono infatti di un’eccessiva rigidità, e si trovano in evidente
proprio passato.”
difficoltà all’attuale vericarsi degli stravolgimenti nell’asset-
5
to del nucleo originario. Le dinamiche sociali contempoLa sicurezza riposta in un sistema costruttivo diviso in
ranee sono spesso dominate da cambiamenti repentini e
progressivi “steps” gestiti da più generazioni dello stesso
da una certa modalità di vita “fluida” e precaria in cui un
nucleo familiare faceva infatti dimenticare qualsiasi stato di
qualsiasi soggetto fa fatica, in molti casi, a ritrovarsi in una
precarietà ed incompiutezza dei manufatti proprio perché
condizione definitivamente stanziale, assumendo uno stile
non si riconosceva in tali momenti la fine del processo co-
di vita più mobile dovuto prevalentemente a motivi di carat-
struttivo ma solo una delle sue fasi. Si abitava il non-finito
tere lavorativo, di studio, ecc... Questa condizione riguarda
sapendo che sarebbe stato completato da qualcuno altro,
in maniera molto più marcata le nuove generazioni, ormai
in un futuro prossimo non ben definito a-priori.
pressoché abituate ad un tale stile di vita.
5
F. Zanfi (2008), p. 75 48
Per questi soggetti, ideali continuatori dell’opera dei
cui gli orizzonti del desiderio coincidono progressivamen-
padri, la prospettiva di una coabitazione con l’intero pro-
te sempre di meno con quelli che li hanno preceduti. È un
prio nucleo familiare si fa più difficile e rara, per varie mo-
intero sistema di significati e relazioni con quegli oggetti
tivazioni. La prima è sicuramente legata al tema del lavoro,
che va in crisi: nuovi soggetti sono portatori di esigenze non
sempre più mobile e flessibile e che può spingere i figli dei
previste nel progetto iniziale e la palazzina abusiva condo-
costruttori verso progetti di vita lontani da casa e dal pro-
nata, con gli appartamenti perennemente non finiti ai piani
prio nucleo familiare, abbandonando in tronco le possibilità
superiori in attesa dei figli, da rassicurante e accogliente
concrete di una prospettiva stanziale per questi soggetti.
universo privato si traduce nell’amaro disvelamento di un sogno fallito.” 6
Un’altra motivazione, di carattere più generico, potrebbe essere accostata al fatto che molto semplicemente le
Le nuove generazioni non si riconoscono negli esiti og-
reti sociali di cui si sono dotate le nuove generazioni vanno
gettivi della città abusiva. Non ne conoscono gli enormi
oltre le maglie strette del nucleo familiare e trovano nuo-
sforzi tesi a costruirla e, spesso, non ne capiscono nemme-
vi stimoli in contesti più vari ed aperti che molto spesso
no il senso.
coinvolgono soggetti esterni al nucleo stesso. Questi tentativi “anarchici” da parte delle nuove generazioni rispetto al progetto iniziale promosso dai padri va a confliggere enormemente con lo stato attuale della città abusiva che dunque rischia di perdere quella linfa vitale di cui avrebbe bisogno per continuare ad esistere. In generale quindi, parrebbe che “il patrimonio di oggetti
solidi, in cui intere generazioni negli anni Settanta e Ottanta avevano messo al lavoro le reti familiari e immobilizzato le proprie rimesse, oggi inizia - non solo metaforicamente - a sbriciolarsi, a rivelarsi come diffuso elemento d’attrito tra i meccanismi di un ricambio generazionale e culturale in
6
F. Zanfi (2008), p. 171 49
50
2.6
Dibattito sul tema dell’abusivismo
2.6.1 La condanna della speculazione È interessante a questo punto capire come la cultura urbanistica italiana abbia interpetato questo fenomeno nel corso degli anni e quali siano stati le divergenze di opinione che ancora oggi risultano difficilmente sanabili. Il dibattito sul tema dell’abusivismo iniziò più o meno a cavallo degli anni sessanta e coinvolse inizialmente aspetti più ampi rispetto alla mera illegalità nel mondo delle costruzioni. Infatti, dal dopoguerra agli anni ottanta circa, il Nell’immagine a sinistra:
principale tema di dibattito in ambito urbanistico fu so-
Immagini tratte dal film di
stanzialmente riguardo le modalità di sviluppo urbano che
F. Rosi, “Le Mani sulla Città”
si verificarono immediatamente dopo la Guerra, ed i suoi
(1963)
tratti controversi.
Ci si focalizzava maggiormente infatti sugli aspetti riconducibili a fenomeni di edilizia speculativa e ai disastri che questo atteggiamento stava arrecando al nostro Paese. Erano sotto la lente di ingrandimento tutti quei casi di grandi speculazioni edilizie accompagnate da controllo pubblico scarso o nullo, e ci si interrogava dunque se non fosse opportuno spingere per una maggiore attenzione da parte dello Stato su questo tema. L’immagine che dobbiamo tenere bene impressa per inquadrare questa specifica fase di dibattito, sebbene con tutti i limiti che un’immagina caricaturale possa avere per descrivere un fenomeno complesso, è quella proposta nel film “Le Mani sulla Città”, capolavoro neorealista di F. Rosi risalente al 1963 che ci mostra tutti gli aspetti controversi della questione abitativa di quegli anni in Italia, partendo dal 51
punto di vista di Napoli. •
La prima di queste venne frettolosamente definita
Il costruttore/speculatore, il politico corrotto, la popo-
“legalista” poichè tendeva ad enfatizzare gli aspetti
lazione indigente, la costruzione della nuova periferia: que-
trasgressivi, illegittimi del fenomeno abusivo, che
ste sono le immagini prevalenti che costituiscono l’imma-
facevano male alla parte sana della società che in-
ginario collettivo sui fenomeni speculativi. Immagini che si
vece costruiva legalmente e contribuiva finanziaria-
riconfermarono realmente e drammaticamente coi “crolli
mente alla nuova urbanizzazione attraverso il paga-
di Agrigento”, nel Luglio 1966, in cui tutti questi elementi
mento degli oneri.
vennero trasposti dall’immaginario cinematografico alla
•
dura realtà.
e distaccato che tendeva ad inquadrare questi fenomeni come effetti di precise dinamiche sociali ed
Ma alle immagini sconvolgenti di questi palazzoni di die-
economiche verificatesi negli anni del dopoguerra;
ci, quindici piani incombenti sulla collina di Agrigento e che
una visione che trattava l’abusivismo come fenome-
facevano da sfondo al Tempio della Concordia, contrappo-
no conseguente ed inevitabile di una certa povertà
nendosi alla sua autentica bellezza, si aggiunsero succes-
economica e culturale di una parte del paese e che
sivamente quelle delle borgate romane e delle case auto-
dunque andava trattato con attenzione e compren-
costruite in quartieri senza strade. L’abusivismo edilizio,
sione.35
costituito da una moltitudine di casi di illegalità costruttiva di cui furono responsabili le singole famiglie di autopromotori, esordì dunque nel dibattito fra gli esperti verso gli anni settanta. Le numerose e variegate sfaccettature che contraddistinguevano il fenomeno vennero sinteticamente riassun-
L’altro punto di vista è quello più “giustificazionista”
Come si nota, è chiaro che entrambe le posizioni abbiano avuto indubbi aspetti di verità e ragionevolezza tuttavia, consultando a-posteriori buona parte della letteratura sul tema, si evince che ci fu spesso una netta contrapposizione fra le due che raramente fu possibile conciliare.
te in due contrapposte visioni o modalità di pensiero che difficilmente arrivarono a conciliarsi o a trovare punti di incontro. 52
35
Fera e Ginatempo (1982)c
2.6.2 La visione legalista
l’abusivismo è nato e si è sviluppato per effetto della pianificazione e delle sue “rigidezze”. Nessuno dei numerosi pro-
Da un lato vi era il pensiero della “intellighenzia urbani-
pagandisti di questi slogan spiegò mai per quale misteriosa
stica” e della sua lotta per la difesa a tutti i costi e senza
ragione l’abusivismo era praticamente sconosciuto proprio
ripensamenti dei piani regolatori e del loro approccio top-
in quelle zone del paese dove si era consolidata una “cultura
down dell’urbanistica, unica luce contro il caos della co-
della pianificazione”, ciò non sembrerebbe dimostrare che
struzione selvaggia. Una visione urbana che vedeva come
l’abusivismo nasce invece, come difatti è nato e si è rigo-
uniche possibilità di modificazione del l’assetto urbano ed
gliosamente sviluppato, là dove la pianificazione non c’è, o
extraurbano esclusivamente quelle all’interno delle linee
si riduce alla burocratica approvazione di un pacco di carte
del Piano e, conseguentemente, considerando aliene tut-
chiuso nel cassetto e là dimenticato.”
te le altre possibilità di intervento extra-norma, connotate dunque come “abusive”.
Non credo si possa obbiettare nulla sulla ragionevolezza di questo pensiero ma credo anche che le condizioni
Nel pensiero dei “legalisti”, si nota un atteggiamento un
per cui si potessero sviluppare uniformemente nel Paese
pò restio a mettere in dubbio le proprie incrollabili certezze
tali pressupposti per una condivisa “cultura del Piano” non
circa la bontà tout-court degli strumenti urbanistici di ma-
fossero così immediate. Credo infatti che i territori citati
trice razionalista che vedevano il Piano Regolatore e le sue
dal Salzano, dotati per loro vicende storiche e culturali di
rigide logiche come strumento cardine per la gestione del
una maggiore propensione al senso collettivo, fossero già
territorio. In tal ottica è interessante notare la “linea di di-
sulla buona strada per un buon attecchimento della cultu-
fesa” espressa dal Salzano nel suo manuale “Fondamenti di
ra impositiva del Piano, rispetto ai territori del meridione,
Urbanisitica” in un’accalorato intervento nel paragrafo “Gli
tendenzialmente più restii ad accoglierla. La cultura di un
urbanisti giacobini?”:
sentimento collettivo, caratteristica cardine di ogni società
36
sana, non si crea dall’oggi al domani per cui è abbastanza
“L’urbanistica, sostengono i fautori della deregulation, è
naturale che la cultura della pianificazione non riuscì sem-
un insieme di “lacci e lacciuoli” che frena ogni sviluppo. E
pre a trovare il sostrato culturare necessario ad una sua rapida propagazione e per questo motivo risultò spesso
36
E. Salzano (1998); p. 191
osteggiata in alcune parti del nostro Paese. 53
La cultura legalista dunque non fece molta autocritica sugli evidenti fallimenti sulla propria strategia che però
2.6.3 La visione “giustificazionista”
portò all’esplosione dei fenomeni di abusivismo edilizio.
Alla visione “legalista”, si contrappose quella che invece
Probabilmente l’errore più grande fu quello di non esse-
tendeva ad esaltare tutti quei fenomeni costruttivi spon-
re riuscita ad includere nel proprio disegno le legittime ri-
tanei come massima espressione di una certa libertà co-
chieste di una parte del paese che desiderava costruire una
struttiva.
casa ma inizialmente ebbe pochi mezzi per farlo. Questa linea di pensiero si affacciò nel dibattito sull’aNon solo, si potrebbe anche ribaltare i termini del di-
busivismo successivamente alla pubblicazione dell’ormai
scorso ed ipotizzare che fu proprio questo accanimento
celebre saggio dell’architetto John Charlewood Turner, nel
nel voler perseguire sempre la medesima strategia di con-
1963, dal titolo, appunto, “Libertà di costruire”. In questo
trasto di qualsiasi evento extra-norma e la costante delegit-
testo l’autore presentò un suo personale studio sulle Bar-
timazione dei costruttori informali che contribuì a creare
riadas di Lima e sulle condizioni di vita dei suoi abitanti. Le
una perenne zona grigia di cittadini che, da un’iniziale stato
barriadas sono delle concentrazioni abitative abusive ed
di necessità trovò però conveniente, in seguito, permanere
informali che rientrano nei fenomeni spontanei di cui par-
in questo stato di illegalità e continuare a costruire illegal-
lavano nella parte introduttiva.
mente. La tesi di Turner fu quella di dimostrare una certa qualità intrinseca di questi fenomeni di urbanizzazione spontanea giustificando di fatto la loro dignità di esistenza e, parallelamente, decretando l’inutilità dei tentativi delle autorità di demolire queste concentrazioni urbane. L’autore inoltre fece notare come sarebbe stato pressochè impossibile economicamente da parte dello Stato cercare di fornire un’abitazione, contemporaneamente, a tutti i cittadini che
54
Nella foto a destra: Demolizione dei complessi di edilizia pubblica
ne avessero fatto richiesta evidenziando come, forse, l’au-
“Pruitt-Igoe” a St. Luois.
tocostruzione si sia rivelata come l’unica possibilità attuabi-
1972
le in una situazione di povertà generalizzata. Turner dunque afferma che bisognerebbe evitare di giudicare i fenomeni urbani semplicemente guardando i loro meri aspetti estetici e tentare di fare analisi più approfondite sulle reali prestazioni di ogni singola situazione urbana, in maniera oggettiva e senza pregiudizi. Questo testo scosse notevolmente l’opinione dei critici, ampiamente orientati verso un rigore legalista ma, vedendo accrescere il fenomeno abusivo anche in Italia, alcuni di loro sposarono una visione più simile a quella Turneriana rispetto a quella rigida dei “legalisti”. Si potrebbe dunque descrivere l’avvento negli anni settanta della nuova cultura dell’autocostruzione e dell’autodeterminazione, anche in questo caso, attraverso l’uso di due immagini contrapposte che connotarono il dibattito sul tema del costruito informale: la prima fu dunque una sostanziale rivalutazione delle tecniche costruttive locali o di autocostruzione, anche a seguito delle ricerche di Turner, aspetto che nobilitava e promuoveva l’intraprendenza del singolo che, attraverso i pochi mezzi di cui disponeva, riusciva ad ottenere un risultato costruttivo soddisfacente per sé e la sua famiglia. La seconda immagine invece fu la simbolica demolizione dei complessi di edilizia pubblica “Pruitt-Igoe” a St. Luois nel 1972, notizia che risuonò spesso nel dibattito architettonico proprio perché fu vista come uno degli indizi del fallimento della cultura costruttiva della Mo-
55
dernità e dell’architettura razionalista37, dell’edilizia pubbli-
scarto. Quasi un atteggiamento post-moderno anticipato.
ca e dei suoi grandi complessi: l’immagine di un sostanziale
Un giustificazionismo generalizzato che però, ebbe come
fallimento delle politiche abitative promosse dallo Stato,
controaltare quello di aver aiutato a vedere di buon occhio
insomma. Il processo “bottom-up” che acquisisce sempre
anche i casi di abuso edilizio più compromettenti e nefasti.
più credibilità rispetto al modello “top-down” dell’edilizia di promozione pubblica, in evidente difficoltà. Un ribalta-
Nonostante ciò, la corrente di pensiero “libertaria” ten-
mento di prospettiva dunque che aprì ad una visione più
tò quindi di passare all’azione e di promuovere strumenti
moderata nei confronti degli “abusivi italiani”.
attuativi che potessero comprendere forme di informalità ed autocostruzione entro i limiti di un disegno prestabili-
L’euforia fu grande e portò una parte consistente di stu-
to di matrice pubblica. Vennero proposte nuove norme in
diosi ad esaltare dunque la straordinaria varietà espressiva
tema di autocostruzione, autorecupero, cooperative di
del costruito privato e dei suoi multiformi aspetti contro
autocostruzione ecc..., Interessante fu la proposta di una
una omologazione sempre più evidente delle periferie in
nuova modalità costruttiva detta di “autocostruzione tec-
costruzione e dei palazzoni costruiti dagli speculatori. Ve-
nologicamente assistita” che prevedeva di scompattare del
niva promosso il gusto della gente, qualunque esso fosse,
tutto la costruzione e dividerla nella sua parte strutturale e
anche fuori dagli schemi ortodossi e rigidi dei benpensanti,
impiantistica che sarebbe stata realizzata da un promotore
anche kitsch! Fu così che si arrivò all’esaltazione dell’ “ano-
pubblico e la parte di chiusura, tamponatura e rifinitura di
nimo artefice selinuntino” e della sua casa su due piani con
diretta competenza del singolo privato.
una facciata a tempio tetrastilo con tanto di trabeazione e timpano che si ergeva a moderna continuazione degli antichi fasti architettonici della città greca di Selinunte.
Vari esempi costruttivi pratici a titolo esemplificativo furono promossi e realizzati in passato in varie parti del terri-
In questa fase prevalse dunque l’apprezzamento e la
torio ma di questa pratica non si riuscì a farne una proposta
suggestione nei confronti dell’eclettismo delle costruzioni
di legge concreta e efficace per tutto il territorio italiano,
spontanee e per il loro uso dei riferimenti architettonici
decretando un sostanziale fallimento della proposta at-
“Architettura banale. Autore
più disparati, assemblati insieme con materiali poveri o di
tuativa promossa da questo gruppo di teorici. Si potrebbe
ignoto, casa a Selinunte, 1980”
asserire quindi che la grande differenza fra le due visioni
Paolo Portoghesi (1982)
37
G. Licata (2014), p. 31 “Demolizione” 56
appena descritte emerse all’atto pratico, facendo prevale-
Nella foto a destra:
re quella più “rigorista” che difatti costituisce l’anima del corpo normativo ancora oggi vigente in Italia in ambito urbanistico. Dopo la metà degli anni ‘80 la discussione sul fenomeno dell’abusivismo lentamente si spense, dopo che negli anni ‘70 era stato tema di forte dibattito fra gli esperti ma anche nell’opinione pubblica per via delle leggi in contemporanea fase di approvazione i cui avanzamenti venivano periodicamente messi in risalto dalla stampa. L’ultima ricerca complessa ed autorevole fu quella di Alberto Clementi e Francesco Perego, proprio nel 1983, contenuta nel loro libro su “La Metropoli Spontanea. Il caso di Roma” compilato come una raccolta di studi di vari autori fra cui compaiono Carlo Aymonino, Franco Purini e Bernardo Secchi. L’eccellente qualità del lavoro svolto fu dovuta anche alla completezza del raggio d’azione delle ricerche poichè queste non si concentravano solo al caso romano ma spaziavano fino a descrivere le prassi costruttive informali dei paesi in via di sviluppo, sulla falsa riga delle ricerche di Turner.
57
2.7
Abusivismo oggi
Il fenomeno dell’edilizia informale o abusiva in Italia non
sivamente la propria casa. Ma si capì subito che più che un
è un problema che può dirsi estinto ai nostri giorni, nel 2017.
mero strumento legato esclusivamente al campo dell’edili-
Il tanto sperato effetto di una diminuzione dell’illegalità nel
zia e dell’urbanistica, il condono poteva diventare un ottimo
costruito dovuto ad un generale miglioramento delle con-
sistema per fare cassa in casi di necessità di bilancio pub-
dizioni economiche del nostro Paese, come difatti è acca-
blico, una soluzione validissima anche da reiterare in futuro.
duto (almeno fino alla crisi congiunturale del 2008) non è
I condoni del 1994 e del 2003, contenuti tra l’altro
avvenuto.p. 97L’atteggiamento nei confronti del fenomeno
all’interno di norme a carattere economico e di gestione
da parte dello Stato non è stato di aiuto anzi, molti indica-
di finanza pubblica e non in strumenti urbanistici come si
tori affermano sia stato addirittura un’aggravante se non
potrebbe immaginare, non fecero altro che confermare
una delle cause. Come indicato in precedenza, ci si augu-
questo sospetto. L’effetto immediato fu la totale perdita di
rava infatti che il condono del 1985 potesse essere stato un
credibilità nei confronti dello Stato in tema di repressione
evento unico ed irripetibile, giustificato dalla situazione di
che spinse i cittadini a reiterare nuovi atti di illegalità edili-
estrema gravità che si viveva e data la forte spinta da parte
zia nell’attesa di un ennesimo futuro condono che avrebbe
della popolazione che esigeva di essere riammessa all’in-
sanato i nuovi abusi.
terno del perimetro della legalità per aver costruito abu58
Nello schema a destra:
Si legge nel Rapporto BES2015 di ISTAT, a proposito dei
Costruzioni legali e abusive
dati appena proposti:
censite negli anni (in migliaia). Fonte: Cresme
“Una dinamica di questo tipo qualifica il fenomeno come forma pura e semplice di evasione fiscale, sgombrando il campo da qualsiasi alibi sociologico (il cosiddetto “abusivismo di necessità”). La crisi, insomma, incentivando il sommerso, sostiene una domanda illegale altrimenti avviata al declino, che rappresenta non soltanto una minaccia per Guardando i dati, si nota che la percentuale di abusivismo edilizio (nei casi accertati) rispetto all’edilizia legale
l’ambiente e il paesaggio, ma un importante fattore di degrado civile.”39
nel nostro Paese dal 2004 al 2014 è costante o in leggera diminuzione. L’andamento dell’edilizia in Italia ha subito
Andando più a fondo con la lettura dei dati emerge chia-
generalmente un forte rialzo fino al 2007, quando il feno-
ramente come, ancora una volta, questo fenomeno sia for-
meno dell’abusivismo aveva raggiunto percentuali basse,
temente radicato nel Mezzogiorno d’Italia piuttosto che nel
inferiori al 10% sull’intero volume di costruito. Ma come è
Nord del Paese, con percentuali di abusivismo molto basse
noto, la crisi del 2008 colpì duramente il settore dell’edilizia
ed in linea con i dati dei paesi occidentali. Il grafico allegato
comportando una riduzione della produzione legale anche
mostra infatti come nel Mezzogiorno, fra il 2004 ed il 2014,
del 60%. Ma a subire meno l’effetto della contrazione del
ogni 100 case costruite legalmente ne siano state realizza-
mercato è stata l’edilizia illegale ed abusiva che, sebbene
te da 24 (dato 2007) a 41 (dato 2014) in maniera del tutto
abbia visto comunque diminuire i propri volumi di crescita, ha però subito una perdita di “solo” il 30% nel 2014 rispetto al 2007. Al 2014, ogni 100 case costruite con regolare permesso 17,6 sono abusive.38
38
ISTAT; “Rapporto BES2015”; p.217
Tratto da: Mauro Salerno; “Istat: Italia patria dell’abusivismo, al Sud illegali quasi 60 fabbricati su 100”; Il Sole 24 Ore, 03-12-15 39 ISTAT; “Rapporto BES2015”; p.217 Tratto da: Mauro Salerno; “Istat: Italia patria dell’abusivismo, al Sud illegali quasi 60 fabbricati su 100”; Il Sole 24 Ore, 03-12-15
59
abusiva. Sono percentuali enormi se paragonate ai valori
Schema a sinistra:
del Nord Italia che si aggira su un valore di meno di 5 edi-
L’abusivismo nel contesto
fici abusivi su 100 legali. Il Mezzogiorno d’Italia si conferma
nazionale italiano.
dunque molto restìo ad abbandonare pratiche costruttive
Differenze percentuali fra Nord, Centro e Sud.
che si sperava fossero ormai estinte e che, invece, conti-
Fonte: Cresme
nuano a colpire il fragile assetto del nostro territorio. Nessuno si sognerebbe mai, infatti, di dare un alibi ai responsabili di questa situazione che si rivela dunque per quello che è, ovvero pura illegalità, senza attenuanti. Dunque si parla di un fenomeno tutt’altro che in discesa ma che, anzi, si rinforza enormemente nei momenti di crisi economica. Sempre secondo i dati, si parla di valori in aumento anche per i fenomeni di costruzioni abusive in aree di inedificabilità assoluta ed in particolare in ambito costiero (entro i 300m dalla linea di battigia) per il quale si parla di 18.000 nuovi edifici costruiti fra il 2001 ed il 2011. Restando in ambito di abusivismo in aree a inedificabilità assoluta, si fa notare che non è possibile in questi casi rientrare in nessuna delle procedure di condono (1987, 1994, 2003), comportando per gli edifici incriminati, l’avvio della procedura di demolizione. Recentissimi (Agosto 2016) sono i fatti che hanno visto a Licata (AG), per esempio, l’abbattimento di decine di case vicinissime alla linea di costa e che però hanno comportato violente proteste, arrivando al gesto estremo di un attenta60
to incendiario nei confronti del sindaco Angelo Cambiano, costretto a vivere sotto scorta dopo l’accaduto. Sebbene qualcosa dunque si muova, l’aspetto più desolante di questa vicenda è invece il riemergere dell’eterna cultura dell’illegalità collettiva e della politica collusa con le istanze del popolo degli abusivi. Da ultimo infatti la proposta del giugno 2015 dell’Assessore all’Urbanistica della Regione Siciliana, dott. Maurizio Croce, di riaprire le procedure di sanatoria per quegli edifici costruiti entro il 2003 e che non erano rientrati all’interno della procedura del vecchio condono ormai chiusa. Per via dell’immediato risalto dato alla notizia a livello nazionale, il Parlamento (siciliano) boc-
ciò la proposta. Si è rischiato dunque, di dover assistere alla
nei confronti delle problematiche che lo riguardano e che
riproposizione dell’ennesimo condono edilizio, limitata-
quindi non crea alcun remore in quella parte di popolazio-
mente ai confini della Sicilia, che avrebbe perpetuato quella
ne che crede fortemente nella legittimità di poterlo modi-
devastante logica di accettazione dell’illegalità che ha pro-
ficare a proprio piacimento, senza dover renderne conto a
dotto danni incalcolabili al territorio italiano. Sempre par-
nessuno.
lando della Sicilia, un dato emerge in maniera scioccante ed è quello delle 770.000 domande di sanatoria complessivamente ancora inevase nell’isola
Senza una vera e reale acquisizione di quel senso per il
e giacenti negli uffici dei
benessere collettivo, che in parte manca nel nostro paese,
comuni che testimonia la volontà di mantenere tutto fermo
continueremo a parlare di questo fenomeno ancora a lun-
e immobile, per evitare dunque di avviare quei processi
go senza riuscire a venirne a capo nel frattempo. Qualsiasi
che porterebbero, in molti casi, alla definitiva demolizione
sistema repressivo o di controllo può essere pensato ed
di quei manufatti abusivi insanabili o non sanati.
attuato ma senza una cultura forte che ne stia alla base e
40
che ne condivida fortemente i principi, tutto è destinato al Si potrebbe continuare a parlare di dati e cifre notevoli
fallimento. L’unica strategia vera a lungo termine dunque è
e desolanti ma è del tutto inutile se non si analizza il vero
quella della promozione della cultura del senso di colletti-
motivo per cui si verifica tutto ciò. La mancanza di una vera
vità e del Paesaggio; solo in questo modo quel ragionevole
cultura del vivere collettivo e del rispetto delle regole è, an-
senso di rispetto delle regole, tutte le regole, può diventare
cora oggi, la principale responsabile dell’esistenza di questi
un’istanza individuale e personale e non una mera imposi-
fenomeni. L’abusivismo edilizio inoltre ne è la manifestazio-
zione dall’alto.
ne più evidente ed oggettiva proprio per la fisicità con cui si manifesta, a differenza di altri fenomeni altrattanto odiosi, come l’evasione fiscale, di fatto molto più occultabile. Si aggiunga anche una scarsa attenzione al valore del Paesaggio, problema grave, che comporta una assoluta indifferenza
Emanuele Lauria; “Viaggio nella Sicilia abusiva / 4. Otto abusi al giorno nell’isola della bellezza e del cemento”; 2-07-16; La Repubblica (quotidiano) 40
61
3 Il contesto di riferimento: Scoglitti
62
63
64
3.1
Inquadramento storico del territorio di Scoglitti
3.1.1 Premessa Il mio lavoro di tesi affronta le dinamiche di evoluzione del costruito informale, nelle sue multiformi manifestazioni. Per giungere a tale scopo, rivolgerò la mia attenzione in maniera particolare verso uno specifico caso empirico, tentando di estrarre da quest’analisi locale delle considerazioni valide e riferibili anche ad altri contesti simili. Il caso di studio in questione riguarda un antico borgo di pescatori lungo la costa meridionale della Sicilia e che si affaccia sul Canale di Sicilia. Si tratta di Scoglitti, appartenente al Comune di Vittoria, in Provincia di Ragusa. La mia scelta è caduta su questo territorio poiché ospita in sè plurimi spunti di riflessione e studio, e tutti all’inter-
no di un contesto territoriale relativamente piccolo, che si snoda lungo un tratto di costa di appena 10km Un caso straordinario di rapporto viscerale fra l’uomo che vi abita e le straordinarie risorse naturali presenti e che, spesso, porta a situazioni di forte squilibrio fra le forze in campo. Un territorio dunque dove l’opera dell’uomo ha spesso prevalso sulle dinamiche naturali e che ha avuto come conseguenza un forte deturpamento e spreco eccessivo delle risorse di partenza creando delle alterazioni, spesso permanenti, dell’assetto originario dei luoghi. A fronte di un sistema anticamente ricchissimo di risorse naturali caratterizzato da enormi dune di sabbia, pantani, laghi ed un sistema fluviale persino navigabile, un’eccessiva pressione antropica è andata via via manifestandosi nel 65
corso dei secoli ed in maniera straordinaria negli ultimi settant’anni. Negli anni ‘60 l’arrivo dell’innovativo sistema della coltivazione del pomodoro in serra ha determinato una
Scoglitti / Frazione del Comune di Vittoria / Provincia di Ragusa / Regione Siciliana
“occupazione” forzata e massiccia degli ambiti dunali portando, oltre che grande ricchezza, ad una forte compromissione di questo antico sistema naturale. Oltre a questo primo importante agente di modificazione del territorio, se ne aggiunse presto un altro legato alla costruzione di massa di seconde case su tutto il lungomare aggiungendo ancora maggiore pressione a questo fragile territorio. Scoglitti dunque è il luogo adatto per parlare di territori ad alto tasso di informalità costruttiva e si presta perfettamente per il tipo di indagine che mi prefiggo di svolgere. In questo capitolo, dunque, parlerò di Scoglitti, della sua storia antica e moderna, di come si inquadra questo luogo all’interno di un contesto territoriale più ampio e ne mostrerò i luoghi e gli ambiti edificati più rilevanti.
66
Coordinate geografiche: 36° 53’ 00’’N - 14° 25’ 00’’ E Altitudine: 20m. s. l. m. Clima: Termomediterraneo - Secco inferiore / semiarido Tipologia di costa: generalmente bassa e sabbiosa Venti prevalenti: forte incidenza dei venti di ponente e di scirocco Fondazione: Primi insediamenti dal XII secolo circa Popolazione residente: 6.177 abitanti nei periodi invernali (2016) Economia: Agricoltura in serra, pesca, turismo stagionale
3.1.2 Il territorio in età antica Molto tempo prima della fondazione del borgo marinaro di Scoglitti, la protagonista assoluta di questo territorio fu Kamarina. Kamarina fu una città di fondazione greca che ebbe varie ed interessanti vicessitudini storiche, fu fondata e successivamente distrutta per ben quattro volte in un’intensa e tumultuosa esistenza che durò appena 340 anni. Il suo lascito culturale però fu immenso e l’intero territorio rimanda costantemente al suo nome e alla sua fama di importante ed autorevole città del mondo ellenico. Raccontare di Kamarina equivale a parlare dei luoghi che fanno da sfondo al futuro borgo di Scoglitti, ai suoi elementi naturali e a come questi furono utilizzati nel tempo. Il territorio sulla quale i Siracusani scelsero di fondare una nuova colonia in questo lembo di terra del golfo di Gela non fu ovviamente casuale ma fu il frutto di una precisa strategia logistica e militare. Il territorio di pertinenza di Kamarina infatti era molto vasto: si estendeva per circa 700 kmq verso l’altopiano ragusano ad Est e verso il Boscopiano, a Nord-Est, su cui nel 1607 verrà fondata la città di Vittoria. La sua estensione era ben delimitata da due fiumi, l’Oanis (DIrillo) a Nord, oltre il quale si sviluppava la potentissima città di Gela e a Sud dal fiume Irminio (presso l’attuale Ma67
68
rina di Ragusa). Andando verso l’entroterra non si andò ol-
ciliano meridionale di cui la città aretusea voleva dotarsi.
tre il territorio delimitato dai monti Iblei, che era invece di
Erano state fondate infatti negli anni precedenti città come
pertinenza del popolo dei Siculi, autoctoni dell’area. L’agro
Eloro, Acrae, Ina e Casmenae. Altro motivo strategico per i
di pertinenza della colonia greca fu dunque vastissimo e i
Siracusani fu quello di ottenere con Kamarina un presidio
nuovi coloni sfruttarono a pieno la sua estrema fertilità che
portuale sul canale di Sicilia e quindi, sulla rotta africana.
permise a Kamarina di diventare una forte esportatrice di
Della città inoltre, si sono tramandati i nomi dei suoi due
prodotti agricoli, frumento e vino.
ecisti, Dascone e Menecolo, di cui si ipotizza si possa essere sviluppato nel tempo un vero e proprio culto religioso.
Per esportare occorreva una struttura portuale efficien-
Nella foto a sinistra: Area del Museo e Parco Archeologico di Kamarina, nei pressi di Scoglitti
te e che permettesse di riparare in maniera consona le navi
Ma il rapporto fra la colonia e la madrepatria divenne
dai forti venti di maestrale che si abbattono costantemente
presto molto difficile poichè Kamarina, fin da subito, ma-
lungo la costa.
nifestò un certo sentimento di ribellione nei suoi confronti.
Fu individuato alla foce del fiume Ippari, localizzato per-
A fronte di un palese aumento della pressione che Siracusa
fettamente in mezzo fra l’Oanis e l’Irminio, un complesso
andava esercitando sulla città ipparina per sottometterla
sistema dunale che creava nella sua parte retrostante una
maggiormente al proprio dominio, questa scelse di reagire
zona acquitrinosa ma riparata, famosa nel mondo dell’anti-
militarmente, passando di fatto allo scontro diretto con la
chità col nome di “Camarina Palus”, che sarebbe stata per-
madrepatria che avvenne sulla riva del fiume Irminio nel 553
fetta per poter insediare un porto canale. Si aggiunga che
a.C. I siracusani, alleati con i megaresi e gli ennesi sconfisse-
proprio a ridosso di questo canale navigabile si stagliava
ro però i camarinesi, che invece si erano alleati con i siculi,
un ampio promontorio prospiciente sul mare che aveva le
dando luogo ad un’inedita guerra civile dove dei greci com-
caratteristiche giuste per soddisfare tutte quelle esigenze
battevano contro altri greci ma supportati da degli indigeni,
logistiche e di strategia di difesa per poter ospitare la nuova
una situazione davvero rara.
città di Kamarina. Dopo soli 46 anni dalla sua fondazione, la colonia di KaLa prima fondazione avvenne ad opera della città di Si-
marina venne già distrutta dai suoi stessi fondatori.
racusa nel 599/598 a.C. . La nuova colonia avrebbe dunque completato il corollario di colonie sparse nel territorio si69
Seconda Fondazione (492 a.C.) Il relativo abbandono di Kamarina non durò molto tempo ed il tentativo di una nuova fondazione fu promosso non più dall’antica madrepatria ma dalla sua acerrima nemica.
e decise di deportare letteralmente parte dei cittadini di Gela, Megara Hyblea e anche Camarina verso Siracusa con il dichiarato intento di farne una grande Metropoli. Gli abitanti di Camarina dunque, contribuirono forzatamente al progetto di una Grande Siracusa, e furono co-
Gela infatti, che dista solamente pochi chilometri da
stretti a trasferirsi nel quartiere detto “dell’Arcadina”. Nel
Kamarina, guidata da Ippocrate (498 a.C.) che ne fece una
frattempo, per evitare tentativi postumi di rivolta lo stesso
delle città più importante della Sicilia, mosse guerra contro
tiranno ordinò di distruggere la cerchia di mura di Kamarina
Siracusa nel 493 a. C. e come ricompensa per la vittoria im-
rendendola una città praticamente priva di difese.
pose alla città sconfitta di cederle il territorio ipparino e di
Questo svuotamento sostanziale della città ne decretò,
liberarne tutti gli abitanti presi ad ostaggio durante l’ultimo
di fatto, l’abbandono fino ad una nuova, terza fondazione,
conflitto con l’ex colonia. Nel 492 a.C. venne rifondata Ka-
sempre ad opera dei Geloi.
marina ad opera di Ippocrate di Gela, che dunque si pose allo stesso livello di Dascone e Menecolo, diventando il nuovo ecista della città. A Gela, nel frattempo, il nuovo tiranno Gelone, forte di una situazione economica, politica e militare molto favorevole, decise di muovere nuovamente guerra contro la città aretusea per darle il colpo di grazia. L’incredibile vittoria che ottenne, agevolata fortemente dagli stessi cittadini siracusani stremati dalle lotte interne fra i loro due aspiranti tiranni, fu il culmine di un grande progetto che Gelone portava avanti per l’intera area meridionale della Sicilia, ormai in suo possesso. Il tiranno infatti si fece promotore della prima operazione di “sinecismo forzato” documentata della storia antica 70
Terza Fondazione (461 a.C.) La terza fondazione avvenne nel 461 a.C. sempre a causa di un complesso gioco politico che vedeva coinvolte Gela e Siracusa. Quella di metà V secolo, sarà una delle fasi di maggior rilevanza e ricchezza per Kamarina e il suo destino sarà ben più stabile rispetto agli anni precedenti.
Nella foto a destra: Area del Museo e Parco Arche-
Fu in quest’occasione che vennero realizzate le maggiori rilevanze architettoniche della città che ci interessa analizzare in quanto elementi caratterizzanti questo territorio
ologico di Kamarina, nei pressi di Scoglitti (1966)
71
per secoli. Vennero riservati nella parte più alta della città, degli
Il porto
spazi destinati ad ospitare nuovi templi mentre quello di
La struttura più importante che la città poteva vantare
Atena fu del tutto ultimato. Vennero riedificate le mura, che
fu indubbiamente il suo porto. La struttura portuale cama-
stavolta delimitarono un territorio complessivamente mol-
rinense era, come anticipato in precedenza, una struttura
to più grande rispetto a quello precedentemente racchiu-
introversa e non direttamente posta in mare aperto.
so da quelle più antiche, e furono costruite nuove porte di
Era composta da un canale, che coincideva sostanzial-
ingresso alla città tra cui: la Porta di Gela a Nord, la Porta
mente con l’estuario del fiume Ippari e che scorreva paral-
Hyblaea ad Est e la Porta Torre a Sud.
lelamente al promontorio sulla quale sorgeva la città e da un grande bacino naturale interno che prendeva il nome di
Nella parte maggiormente prospiciente al mare si tro-
“Lacus Camarinensis”.
vava l’agorà composta da degli altari votivi e da due stoai
Il canale di accesso al bacino interno aveva anche fun-
ortogonali fra loro e orientati secondo gli assi direzionale
zione portuale ed ospitava dunque delle banchine di ca-
del piano urbanistico.
ricamento formate da delle piattaforme lapidee a stecca (larghe 1,40m e notevolmente più lunghe), posizionate a pettine lungo l’alveo del fiume e distanziate l’una dall’altra 7m circa. Queste stecche dunque formavano degli invasi che permettevano alle barche di ormeggiare e caricare/ scaricare in maniera efficiente ed organizzata. Il largo alveo del fiume conduceva, dopo un percorso di circa 1km verso l’entroterra, ad un ampio bacino interno artificiale che costituiva il luogo in cui venivano ormeggiate le navi. Nella foto a destra: Area di Kamarina. Vista dell’anNella foto a sinistra:
72
temurale, del porto canale e del
Mura meridionali
Lacus Camarinensis
(G. Uggeri 2016)
(G. Uggeri 2016)
73
Dall’altra estremità del porto canale invece, in corri-
gior influenza politica per Kamarina che poteva vantare un
spondenza dunque della foce del fiume, un grandioso an-
indubbio ruolo di grande potenza economica della Sicilia
temurale era posto davanti la bocca del canale per evitarne
meridionale che dunque gli attribuiva delle responsabilità
l’insabbiamento. Era un’opera lapidea molto chiusa su se
non indifferenti in campo di politica estera all’interno dello
stessa con solo alcuni stretti varchi nella parte meridiona-
scacchiere siciliano. Ma il raggiungimento di tale prestigio
le che permettessero l’ingresso delle navi all’interno di un
all’interno del contesto politico ellenico avvenne tragica-
piccolo bacino che poi immetteva direttamente nel canale
mente in contemporanea all’avanzata di una nuova e peri-
stesso. Tuttavia, il voluminoso antemurale in pietra pare sia
colosissima minaccia, proveniente dall’esterno e di portata
stato di fattura romana piuttosto che greca: come vedremo
gigantesca.
infatti, i nuovi conquistatori utilizzarono le strutture civili camarinensi per molto tempo dopo aver preso il controllo della città.
I Cartaginesi, guidati da Annibale, iniziarono infatti a fare enormi conquiste in tutta la Sicilia partendo dalla parte
I resti archeologici rinvenuti nel canale inoltre, dimostra-
Nord occidentale e scendendo verso Sud, arrivando anche
no una sua utilizzazione anche in età medievale e bizantina,
a Kamarina nel 405 a.C. . La città era stata precedentemen-
facendo emergere come quest’opera sia stata sfruttata da
te evacuata in via cautelativa dai Siracusani che riuscirono
più popolazioni grazie alla sua eccellente fattura.
a metterne in salvo gli abitanti ma non furono capaci di salvarla dall’inevitabile distruzione dell’esercito cartaginese
Tornando ai fatti storici, si hanno nuove informazioni su Kamarina dal 427 a.C in poi, quando le vicende della città siceliota interferirono con quelle molto più grandi della Guerra del Peloponneso. Nel frattempo, la città in questo periodo contava dai 20.000 abitanti della città entro le mura ai 30.000 abitanti considerando anche i vicini villaggi a valle, lungo il porto-canale e nel promontorio di fronte, a Nord, dell’odierna Scoglitti.1 Sono questi gli anni di mag-
1
G. Barone (1950), p.23 74
nel 404 a.C.
Nella foto a destra: Area di Kamarina. Estensione massima della città in Età Timoleontea (G. Uggeri 2016)
Quarta Fondazione (338 a.C.) Questa fase di lunga incertezza dovuta ad una situazione politica poco stabile, terminò con la Quarta Fondazione di Kamarina, nel 338 a.C. La definitiva pace stipulata fra l’illuminato condottiero corinzio Timoleonte, chiamato in Sicilia con un comando assoluto2 e i Cartaginesi, decretò l’indipendenza di tutte le colonie greche di Sicilia, contribuendo ad infondere fiducia negli abitanti e dando una spinta fortissima alla crescita di
gò ulteriormente i propri limiti urbani; si ha infatti testimonianza del fatto che vennero occupati quasi tutti i lotti del precedente piano urbanistico del 461 a.C., anche quelli più orientali della città, oltre che alla probabile costruzione di due nuovi plateiai settentrionali (D; E), ovvero grandi ed imponenti strade che fungevano da direttrici viarie principali all’interno dello schema urbano. Vennero inoltre ricostruite le mura urbane, più imponenti di prima, e si procedette alla monumentalizzazione dell’area sacra intorno al tempio di Athena Polias.3
Kamarina. Dopo anni di totale decadenza, la città si riprese e allar-
2
G. Uggeri (2016), p. 52
Ma dopo il picco di ricchezza di fine IV secolo a.C., si prospettò una lenta ed inesorabile fase di declino definitivo 3
G. Uggeri (2016), p. 53 75
della città. Kamarina passò prima in mano ai Siracusani sotto il tiranno Agatocle (314 a.C.), poi subì una pesante distruzione
quali, non solo decisero di compromettere definitivamente il loro rapporto con i kamarinensi ma li spinse pure a progettare una terribile vendetta.
nel 288 a.C. ad opera dei cosiddetti Marmetini e poi nuovamente ad opera di Finzia, tiranno di Agrigento, l’anno successivo.
Gli scontri iniziarono nel 258 a.C quando i Romani mossero guerra contro i Cartaginesi e Kamarina, ormai alleati, scontrandosi in un epica battaglia lungo il “Saltus Camarinensium” dove i Romani portarono a casa una vittoria de-
Dalla conquista romana al definitivo abbandono Ma è con Gerone II, tiranno di Siracusa (275 a.C.), che vennero poste le basi per la definitiva conquista di Kamarina ad opera dei Romani. Egli, come anche molti sovrani delle città siceliote, compresero di non poter contrastare la forza militare dei Romani e decisero di sottomettersi volontariamente ai nuovi “protettori” che quindi poterono conquistare gran parte della Sicilia senza troppe perdite. Anche Kamarina si accodò a questa generale sottomissione ed infatti diventò volontariamente città romana nel 263 a.C. Ma poco dopo, durante la Prima Guerra Punica, nel 260 a.C. accadde un’incidente davvero insolito: vedendo l’immensa flotta dei Cartaginesei di fronte la propria costa ed attraverso le segrete operazioni di alcuni traditori, Kamarina, sentendosi minacciata, appoggiò il comandante cartaginese Amilcare. La notizia non tardò ad arrivare ai Romani i 76
terminante. Sconfitti i nemici, la legione romana guidata da M. Atilio Regolo ebbe dunque campo libero per muoversi verso la costa e per distruggere la città traditrice. A questo punto però la vendetta divenne duplice dal momento che, nonostante il forte esercito, i Romani non riuscirono a distruggere le mura della città coi propri mezzi ma furono immediatamente aiutati dai Siracusani di Gelone II che, fornendo armi d’assedio più pesanti, decretarono la fine dell’antica alleata ribelle. Kamarina venne dunque distrutta e declassata ad “agro censorio” romano perdendo qualsiasi tipo di autonomia politica propria. Nel III e II secolo, il potere in città fu dunque in mano ai Romani, che decisero di sfruttare a pieno la nuova colonia, avendo visto in questo territorio un’immensa fonte di grano per rifornire lo Stato. Kamarina e il suo porto furono dunque notevolmente sfruttati dai nuovi occupanti che realizzarono anche quattro nuovi granai nella parte corri-
spondente all’antica agorà e vicinissimi alla Porta di Gela. Di epoca romana è uno dei più preziosi e visibili resti archeologici presenti sull’area ovvero la “Casa dell’Altare” una dimora patrizia a corte interna che ci manifesta le modalità costruttive tipiche dell’eta repubblicana, importate dunque in questo territorio.
Nella foto a destra: Fotografia dell’area di Kamarina vista dal basso. Foto scattata da Paolo Orsi (1899) (G. Uggeri 2016)
77
3.1.3 Dall’abbandono di Kamarina alla nascita di Scoglitti Se oggi si visitasse il promontorio di Kamarina, sembrerebbe impossibile immaginare che questo luogo possa aver ospitato un’importante città del mondo greco. La pressochè totale assenza di resti archeologici ben visibili potrebbe indurci a pensare che questo sia stato un luogo pressochè privo di rilevanti avvenimenti storici. Non si scorgono
si verificarono infatti nuove rifondazioni o ricostruzioni tali da portare di nuovo in auge il nome di Kamarina, tuttavia si hanno le prove che forme di vita organizzata continuarono ad abitare gli antichi resti ancora a lungo. Nuovi coloni che vivevano prevalentemente di pastorizia vissero sul promontorio di Kamarina anche subito dopo l’abbandono da parte dei Romani, ma senza che questi promuovessero nuovi grossi interventi a livello urbano ed architettonico, di cui appunto non si ha traccia.
colonne svettanti di antichi templi o mura diroccate di antiche abitazioni: gran parte dei resti rimane sepolto o è stato asportato nel corso dei secoli. Dall’abbandono da parte dei Romani a causa della dismissione delle attività legate alla produzione ed al trasporto del grano, il territorio di Kamarina progressivamente
La spiegazione di ciò potrebbe attribuirsi al progressivo peggioramento delle condizioni del vecchio porto-canale4 che, non ricevendo manutenzione dal II sec. a.C. circa iniziò ad insabbiarsi e a vedere quindi compromessa la propria funzionalità, tendendo, inoltre, a far stagnare le acque del fiume Ippari creando le condizioni ideali per lo sviluppo di
andò ruralizzandosi, ed il suo nome scomparve pressochè totalmente dalle principali fonti storiografiche, condannando all’oblio il nome di Kamarina per secoli. Poche fonti letterarie ufficiali infatti ci attestano la sua esistenza nel corso del medioevo, in contrapposizione però ad alcuni rinvenimenti archeologici che invece hanno dimostrato che questo luogo non fu del tutto abbandonato. Dopo la definitiva disfatta a mano dei Romani nel 258 a.C. ed il lento e progressivo abbandono della colonia, non
78
Della dismissione del porto-canale ne è testimone un tragico evento che verrà spesso raccontato per la sua drammaticità da vari trattatisti Romani, tra cui Polibio. Si tratta di un enorme naufragio avvenuto nel 255 a.C. che colpì la flotta dei comandanti M. Emilio e S. Fulvio e che comportò la distruzione di 280 navi e la morte di circa 30.000 soldati a causa di una forte mareggiata. Questa si verificò proprio di fronte le coste di Kamarina. I comandanti allora pensarono di sfruttare il porto della colonia ormai di pertinenza romana ma fu impossibile poichè questo era completamente insabbiato. Il destino delle numerose navi da guerra fu dunque segnato dal momento che non c’erano possibilità di rifugio nell’antico bacino camarinense e l’effetto fu quello di una vera e propria ecatombe. 4
Dati tratti da: G. Barone (1950) p.40 e G. Uggeri (2016) p.
malattie come la malaria5 . Dunque, dopo la riformazione
Della Chiesa della Madonna di Cammarana ci arriva una
del pantano, vivere a Kamarina diventò pericoloso ed in-
vivida immagine dal dipinto di J. Houel del 1780 che mo-
salubre e questo può essere indicato come uno dei motivi
stra in maniera didascalica come l’antico muro del tempio
principali della sua decadenza.
venne inglobato nella nuova muratura dell’edificio cristiano. Si apprende dalle fonti storiche che nel 1834 la chiesa di origine bizantina fu distrutta da un incendio mentre questa
La Chiesa della Madonna di Cammarana
era ancora perfettamente in funzione. Il culto locale rivolto alla Madonna di Cammarama infatti non si era estinto ma
Si hanno, tuttavia, testimonianze del fatto che in età
il 14 e 15 Agosto di ogni anno continuava ad animare con
bizantina il territorio di Kamarina fosse abitato ed alcune
un grande ritrovo di fedeli gli antichi resti di Kamarina, ar-
tracce archeologiche attestano che, nel VI sec. d.C., si svi-
restandosi momentaneamente solo con la distruzione della
luppò un piccolo villaggio proprio sull’acropoli dove si tro-
chiesa. Nel 1834 si decise allora di non ricostruire l’anti-
vava l’antico tempio di Atena. I nuovi coloni utilizzarono le
co edificio cristiano lì dov’era, ma si capì che era giunto il
rovine del tempio greco e le adattarono includendole in una
momento per “spostare” l’antico culto nel nuovo ed ormai
costruzione a croce latina che sarebbe servita come nuo-
sviluppato borgo di Scoglitti, i cui abitanti d’ora in avanti
va chiesa di culto cristiano. Si andò sviluppando infatti una
avrebbero tramandato l’antica tradizione con il medesimo
particolare devozione rivolta alla Vergine Maria che, par-
e costante fervore di un tempo. Attualmente infatti, ogni 15
tendo dall’epoca bizantina, nel corso dei secoli si consolidò
di Agosto, il culto della Madonna di Cammarana viene cele-
come il “culto della Madonna di Cammarana”, una tradizio-
brato con una processione che, partendo dalla chiesa della
ne locale che giunge fino ai giorni nostri.
Madonna di Portosalvo a Scoglitti, arriva fino agli antichi resti della chiesa di origine bizantina.
“È pur vero poi che Siracusa, Gela, Cartagine e la stessa Roma, a loro volta, subirono distruzioni e quasi sparirono dalla faccia della terra, ma ora sono di nuovo risorte e forse più opulente di prima, Camarina no! Distrutta senza pietà, non ha avuto il permesso della ricostruzione nè dagli uomini, nè dagli Dei, che l’hanno condannata alla solitudine per la vicinanza della pestifera palude.”
tualmente consiste nell’unica prova evidente, sebbene
Tratto da: G. Barone (1950) p.40
consumate sul promontorio di Kamarina con la storia della
5
Questo non è un elemento da sottovalutare poichè atfacente parte del patrimonio “immateriale”, di un antichissimo legame che unisce le sorti delle vicende storiche
79
Nella foto a sinistra: J. Houel (1787) Kamarina. Dipinto dei resti del tempio di Athena trasformato nella Chiesa della Madonna di Cammarana
80
nascente Scoglitti. È una sorta di ufficiale passaggio di te-
fu una delle tante città costiere che gli arabi fondarono in
stimone.
Sicilia, tra cui ricordo la vicina “Marsa A’Rillah”, che in epoca moderna divenne “Mazzarelli” ed attualmente Marina di Ragusa.
Gazirath el Hamam (IX sec. d.C.) Tornando ai fatti storici, un’imponente incursione da parte degli arabi avvenuta nell’853 d.C.6 portò all’ennesima distruzione dei piccoli villaggi e residui di vita che popolavano l’antica area del promontorio di Kamarina. Tuttavia, fu proprio sotto il dominio arabo che quella piccola insenatura nella costa ipparina, che nel XVI secolo verrà indicata come
Questi primi segni di colonizzazione dell’area scoglittese non devono però indurci a pensare ad un momento di stravolgimento radicale delle dinamiche urbane di questo territorio e, conseguentemente, ad un definitivo “passaggio di consegne” da Kamarina a Scoglitti. Come vedremo infatti, fu ancora grande l’interesse rivolto verso i luoghi dell’antica colonia e del suo porto-canale.
“lo Scaro degli Scoglietti”, distante meno di due chilometri da Kamarina, iniziò ad essere colonizzata ed utilizzata come luogo privilegiato per l’esportazione dei prodotti agricoli e vitivinicoli. Questa sarebbe dunque l’origine di una prima protourbanizzazione del territorio di Scoglitti che avvenne in un momento non bene precisato del IX secolo. Secondo lo storico e cartografo arabo Idrisi, il piccolissimo borgo marinaro costituito solo da capanne prendeva quindi il nome di “Gazirath el Haman” che significa “Scoglietti dei colombi” e
La Torre Cabrera, a Kamarina Nel XIV secolo, numerose fonti storiografiche e documentali affermano che fu costruita nei pressi dell’antica porta settentrionale di Kamarina, di fronte lo sbocco a mare del porto-canale, una torre di avvistamento e di difesa. In questo periodo, l’area camarinense era di pertinenza del Conte di Modica Federico Chiaramonte che si fece promotore di un’importante opera di sviluppo economico di tutto il territorio da lui controllato (che coincideva sostan-
Barone Paternò; “Memorie storiche di Vittoria” Tratto da: G. Barone (1950) p.217 G. Uggeri (2016); p. 70 6
zialmento col territorio del ragusano) che doveva partire da una maggiore esportazione di materie prime. 81
È quindi molto probabile che il conte Chiaramonte avesse scelto l’antico porto-canale come opera chiave da riattivare e potenziare per poter esportare via mare il carico di merci che il territorio era tornato a produrre in maniera cospicua. Si ritenne quindi necessario installare una torre difensiva che proteggesse il porto ed il caricatore per le merci dalle incursioni piratesche, cosa che avvene presumibilmente intorno alla metà del 1300. Questa torre potrebbe quindi essere l’indizio probabtorio più evidente di un nuovo utilizzo del porto di Kamarina in età basso-medievale. Con l’avvento dei nuovi Conti di Modica, la famiglia catalana dei Cabrera, venne promosso il restauro/ricostruzione della stessa torre di guardia che per l’appunto verrà da qui in avanti ricordata sempre come “torre Cabrera”, celebrando dunque il nome del suo costruttore Bernardo.7 7 116 La storia della torre Cabrera è interessante anche a livello toponomastico. Spesso infatti, anche ai giorni nostri, per indicare l’intero promontorio dove sorgeva Kamarina ci si riferisce al termine “papallosso”. Questo termine sembrerebbe provenire dalla parola “lapillosus”, ovvero “a forme di pietra”, che veniva attribuita ai resti della torre di guardia proprio perchè ridotta ad un ammasso scomposto di grandi massi. L’evolversi della parola da “lapillosus” a “lapidosus” per poi subire una deformazione in “papilloso” ed infine “papallosso” sembrerebbe all’origine di tale denonominazione che, ancora, con la scomparsa definitiva di ogni resto dell’antica torre in epoca recente, è finita per indicare in maniera generica l’intero promontorio di Cammarana. Inform tratti da: P. Monello (1996) p.19 F. La China (1890) p. 206 82
Nella foto a sinistra: Resti del caricatore medievale delle merci nei pressi del porto-canale di Kamarina. Foto di G. Uggeri (1958)
Il territorio, nel XVI secolo
sportate nella vicina Gela per essere utilizzate nella costruzione di altre strutture.
Nel XVI secolo la città verrà citata in alcuni documenti Sempre il Fazello ci conferma che “presso alle sue mura
cartografici e verrà sempre identificata con il nome di Cam-
c’è anche una torre costruita di recente sulle rovine della
marana. La testimonianza più pregiata che ci riporta notizie sul
città, a fare da punto di osservazione, da Bernardo Incrape-
territorio di Cammarana risalenti al XVI secolo è di Tomma-
ra [Cabrera], una volta Conte di Modica.”9 Quindi viene con-
so Fazello, frate domenicano di Sciacca. Il Fazello, nella sua
fermata l’esistenza della torre e la sua attribuzione al Conte
opera pubblicata nel 1538 , descrive brevemente la storia
Cabrera. È da ritenersi infatti probabile dal momento che a
dell’antica città greca ed immediatamente dopo, racconta
metà del XVI secolo vi fosse un forte rischio di incursioni da
dei dei suoi personali rilievi che egli fece nel territorio ca-
parte dei pirati barbareschi che spinsero i Conti di Modica a
marinense per ben due volte, a distanza di dieci anni l’uno
costruire altre strutture di guardia lungo tutto la linea di co-
dall’altro.
sta sotto il loro controllo fra cui citiamo la Torre Scalambri
8
La sua testimonianza è importante perchè ci conferma
(Punta Secca), la Torre Vigiliena (Punta Braccetto), la Torre
che le strutture antemurali del porto-canale resistettero
di Mezzo, la Torre di Mazzarelli (Marina di Ragusa) e la Torre
intatte fino al 1544, anno della prima visita del Fazello, che
Cabrera (Pozzallo).Non vi era dunque motivo per costruire
le descrisse come “grandi più di tutti quelli che io abbia vi-
nuove torri e dismettere quella già esistente a Cammarana.
sto altrove”. Lo storico domenicano però aggiunge: “Ma nel 1554, quando venni per la seconda volta a Camerina per
Altre notizie sull’area camarinense risalenti al XVI secolo
fare le mie ricerche, trovai quegli avanzi spogli di tutti i se-
ci vengono fornite dal Barone Melfi di San Giovanni nei suoi
gni di antichità, trasportati da lì nella cittadella di Terranova
“Cenni storici su Chiaramonte Gulfi” il quale afferma che
[Gela], e privati dei loro ornamenti”.
la zona di Cammarana fosse abitata per lo più da pastori
Quindi, grazie a questa testimonianza, siamo venuti a
che vi trascorrevano l’inverno e che vivevano col costante
conoscenza del momento più o meno esatto di quando le
pericolo di un’imminente attacco turco. In caso di pericolo
opere portuali antemurali furono del tutto rimosse e tra-
venivano avvisati dal suono della campana della chiesa di
8
Tommaso Fazello – De Rebus Siculis Decades Duae – 1558 – Palermo
9
Tommaso Fazello – De Rebus Siculis Decades Duae – 1558 – Palermo 83
Cammarana, che creava il panico fra i residenti che si ap-
dall’immagine proposta non si notano segni particolari che
prestavano velocemente a scappare. Questa informazione
accennino alla presenza di una città o di un borgo, ma la
ci è utile per capire che nel 1530 la chiesa di Cammarana,
dicitura “lo scoglio” pare si tratti più di un’informazione di
di cui non si avevano più importanti notizie, era ancora in
carattere fisico.
funzione. Ma, a fronte di una vivacità di notizie riguardanti Cammarana, il nome di Scoglitti ci risulta invece assente da molto tempo. Lo si vede citato in un rapporto elaborato dall’ingegnere fiorentino Camillo Camiliani, incaricato dal Vicerè Colonna di esaminare lo stato delle fortificazioni costiere sull’isola di Sicilia, nel 1584. Si legge: “Dalla detta cala per lo spazio di un miglio e un
terzo seguono le rocche conformi alle sopraddette, e si chiamano le rupi degli Scoglietti, [...] Il sito di questo paese è molto sterile e selvaggio, e non ci è commercio alcuno”. Dunque si evince che a fine XVI secolo Scoglitti fosse principalmente disabitata o quantomeno potesse consitere in un piccolo villaggio, presumibilmente con un porticciolo, ma dalle dimensioni così ridotte da non essere citato pressoché in nessun documento ufficiale o disegno cartografico redatto in questo periodo. Particolare esempio di ciò è la mappa proposta dal cartografo Tiburzio Spannocchi (1577-78) che mette bene in evidenza la torre di guardia di Cammarana nominandola “T. di Cammarana” mentre il territorio dell’attuale Scoglitti lo indica con la semplice dicitura “Lo Scoglio”. Come si vede 84
3.1.4 Scoglitti, dopo la Fondazione di Vittoria (anno 1607) Le cose cambiano radicalmente con la fondazione di
un posto sanitario con un custode e costruita una capanna, formarono uno scalo,,. In principio questo scalo marittimo fu nominato “scaro degli scogli”,,; successivamente ingentilita la dizione si disse “scaro degli scoglietti”...”10
Vittoria il 24 Aprile del 1607, grazie all’intraprendenza della Contessa Vittoria Colonna Henriquez Cabrera. Da questo momento in poi il forte sviluppo economico ed urbanistico di Vittoria farà da traino anche per le sorti di Scoglitti, di cui diventerà scalo marittimo privilegiato. Come accennato in precedenza, i maggiori volumi di traffico merci della Contea di Modica erano stati prevalentemente dirottati su Pozzallo dall’inizio del XV secolo, relegando questo territorio a zona periferica.
Questo intenso rapporto fra Vittoria e Scoglitti iniziò già nel 1681 con la costruzione di un primo tratto stradale che le collegava. Lo Scaro degli Scoglietti è presente nei documenti solo dal 1642, in occasione del passaggio di pertinenza del territorio costiero da Ragusa a Vittoria. Prima di questo momento sempre il barone Paternò riferisce che “non v’erano fabbricati ma capanne, volgarmente
detti “pagliara” (pagliai) e che le terre contigue erano nominati “mari rossi” ed appartenevano alla famiglia Aristia...” 11
Ma con la nascita di Vittoria ed il conseguente incremento d’uso della sua campagna circostante, si venne a creare l’esigenza di un nuovo approdo marittimo anche nel vittoriese. Si decise allora di non insistere ulteriormente sui canali dell’antico porto di Kamarina, tentando di riportarlo in vita per l’ennesima volta, ma si puntò esclusimanente su Scoglitti, creando un nuovo “scaro merci”. Afferma il Barone Paternò: “gli antichi videro che in queNella foto a sinistra:
sta linea marittima v’era una piccola insenatura di una cer-
Mappa redatta da T. Spanocchi.
ta profondità che giaceva in alcuni scogli di picciola mole
Anno 1584
e che offriva un passo più agevole per vogare e per tirare
(G. Uggeri 2016)
a terra i legni di piccola portata aventi carena e, piazzato
10
Barone Paternò; “Memorie storiche di Vittoria”
Tratto da: G. Barone (1950) p.217 G. Uggeri (2016); p. 70 “Allorquando dal territorio ragusano fu distaccata la parte marittima (del Mesopotamium) per costruire assieme alla parte montana, distaccata dal territorio di Chiaramonte il territorio di Vittoria, i giurati di essa sentirono il bisogno di meglio organizzare le funzioni sanitarie, cambiando i cosiddetti “pagliara” in fabbricati e innalzando case per il posto dei custodi sanitari ed ufficio degli stessi giurati, che dovevano recarsi allo Scalo per le loro funzioni, mentre il Conte di Modica, dal suo canto, per riscuotere le imposte [...] ergeva del pari dei fabbricati per gli uffici di tratta e di dogana” 11
Paternò bar. Salvatore; “Memorie storiche di Vittoria” Tratto da: G. Barone (1950) p.219 85
Dal 1642 in poi il sito di Scoglitti venne utilizzato in maniera più stanziale e furono realizzati i primi magazzini in muratura in sostituzione delle vecchie strutture precarie.
Scoglitti, nel XIX secolo Nel 1808 i volumi di traffico merci aumentano notevol-
Si ha notizia della proposta di costruzione di una nuova
mente e si ha testimonianza di circa 12.000 botti di vino
torre difensiva anche a Scoglitti, avanzata dal barone Don
esportate da Scoglitti verso Malta, una cifra enorme. e tali
Carlo Grimaldi e Rosso che l’avrebbe realizzata a sue spe-
dovevano essere le quantità di prodotto proveniente da
se. L’istanza fu accolta nel 1647 ed i lavori iniziarono poco
tutta la piana retrostante che veniva da qui caricato e spe-
dopo.
dito via mare.
Il primo vero attestato autorevole dell’esistenza di Sco-
Nel 1835 iniziò la costruzione della strada provinciale
glitti avvenne nel 1745 quando questa presenzia finalmente
Vittoria-Scoglitti che consentì un miglioramento della via-
accanto alla “Punta Cammarana” e a Terranova (Gela) in una
bilità fra le due cittadine collegando direttamente il nucleo
nuova mappa della Sicilia realizzata dall’incisore Antonino
centrale di Vittoria al suo approdo a mare. Questo fu anche
Bova. Venne dunque riconosciuta come agglomerato ur-
il definitivo segnale di un’ormai accresciuta importanza del
bano e non più come istanza geografica mentre, il discor-
borgo di Scoglitti, il cui sviluppo da qui in avanti sarà co-
so opposto avvenne per Cammarana che in questa mappa
stante e duraturo.
compare solo come “Punta Cammarana”, indicando l’entità fisica del promontorio.
Lo sviluppo economico di questo territorio, da sempre noto col nome di “Plaga Mesopotamium” e cosantemen-
Sempre tornando alle vicende del picolo borgo di Sco-
te legato alla produzione vinicola, fu davvero incalzante a
glitti, è importante far notare che verso la fine del XVIII sec,
metà ottocento e molte grandi imprese dell’epoca di cali-
durante l’amministrazione vicerè di Sicilia Gioacchino Fer-
bro nazionale nel settore vitivinicolo decisero di investirvi.
reri, vennero costruiti importanti opere come i magazzini
Un esempio fu la famosissima azienda marsalese “Ignazio e
di conservazione del pesce e la chiesa della Madonna di
Vincenzo Florio” che a Vittoria possedevano una distilleria
Portosalvo, ancora adesso chiesa principale della frazione.
come pure la ditta “Ingram & Witacker”, sempre di Mar-
dall’incisore Antonino Bova.
sala. Secondo quanto afferma l’arciprete La China, il ter-
Anno 1745
ritorio agricolo vittoriese era destinato per 15.000 ettari 86
Nella foto a destra: Estratto di mappa redatta
87
a produzione vinicola mentre per 3.500 ettari alla produ-
rio comunale di Vittoria, nel 1878, che da questo momento
zione cerialicola , che viste a posteriori sono cifre notevoli.
in poi sarebbe stata diretta responsabile della politica am-
Nell’Ottocento ancora, la maniera per trasportare questa
ministrativa del borgo marinaro che diventò dunque sua
merce rapidamente era quella via mare, dal momento che il
frazione. Con Regio Decreto del 25 Novembre 1878 la rada
territorio non era ancora ben dotato (e mai lo sarà) di strut-
di Scoglitti, in provincia di Siracusa, venne denominata “Vit-
ture ferroviarie efficenti. Ecco perchè venne attribuita così
toria-Scoglitti”, rinforzando l’ormai stretta appartenenza
importanza all’approdo di Scoglitti.
del borgo alla città ipparina.
12
Uno dei principali temi che furono affrontati a livello
Nel 1885 Scoglitti contava 825 abitanti,13 con previsioni
locale a metà ottocento fu la realizzazione di un braccio
di crescita ulteriore. La frazione iniziava a dotarsi di servizi
di porto che avrebbe protetto l’ormai ingente numero di
come l’anagrafe, la caserma dei Carabinieri, il cimitero, le
velieri da carico che rimanevano in balia dei forti venti di
scuole elementari, e una postazione medica e dal 1877 fu
maestrale e delle mareggiate che costantemente colpisco-
inserita come tappa bisettimanale per il postale via mare
no questo tratto di costa. Ma gli sforzi del Senatore Rosario
della Compagnia Florio.
Cancellieri, vittoriese e personaggio chiave nello sviluppo del territorio, nel 1885 (e prima, nel 1871, con l’appoggio del
Il borgo di Scoglitti dunque cresceva e lentamente pren-
Senatore Nino Bixio) non sortirono alcun effetto positivo e
deva il testimone passatogli dall’antica città di Kamarina. I
il tema della costruzione del porto fu posticipato.Sebbene
ruderi sul promontorio nel frattempo erano sempre più ab-
dunque risultò difficile far approvare un finanziamento per
bandonati a se stessi e quasi nessuna forma di vita stanziale
la costruzione di un molo, si riuscì quanto meno a far di-
fu più costituita sull’acropoli. Rimaneva solo la chiesa della
chiarare la radura di Scoglitti come “porto di quarta classe”
Madonna Assunta di Cammarana che si ripopolava ogni 15
nel 1879 dalla Camera dei Deputati.
di Agosto per la festa a lei dedicatagli ma anche quest’unica forma di vitalità sul promotorio andò scemando verso
Importante atto che riguarda il territorio ipparino fu la
il 1832 quando, come accennato in precedenza, la chiesa
definitiva annessione dell’agglomerato di Scoglitti al territo-
venne distrutta da un’incendio che spinse i fedeli a “spo-
12
F. La China (1890), “Vittoria: dal 1607 al 1890”, p.194 88
13
F. La China (1890), “Vittoria: dal 1607 al 1890”, p.197
stare” il culto mariano presso il nuovo borgo di Scoglitti che ne accoglieva le vestigie.
3.1.5 Scoglitti dal XX secolo fino ad oggi Agli inizi del ‘900, la frazione di Scoglitti aveva ormai rag-
Cosa rimase dunque del territorio di Cammarana? Av-
giunto una posizione di rilievo nel panorama locale e pro-
venne che nel momento del suo massimo periodo di oblio
vinciale come scalo merci marittimo più settentrionale del
dovuto all’estinguersi di ogni residuo di vita nei suoi pressi,
territorio ragusano.
Kamarina fu riscoperta dalla nuova cultura storicistica che andava formandosi e che ritenne di dover studiare e verifi-
A livello urbano vi furono dei cambiamenti: nel 1934 fu
care direttamente sul posto quello che le fonti storiche tra-
costruita la nuova chiesa dedicata alla Madonna di Porto
mandavano su questa grande e sempre irrequieta città gre-
Salvo che ancora oggi è uno dei segni del centro urbano di
ca. Nei primi decenni del XX secolo infatti, numerosi studi
Scoglitti. mentre si hanno notizie della demolizione dell’an-
furono intrapresi sull’area per via di una certa voglia di far
tica torre di guardia di Scoglitti nei pressi dello Scalo, ormai
emergere quante più evidenze del suo passato. Importanti
del tutto inutile.
protagonisti furono gli studiosi: Biagio Pace, A. Di Vita, Paola Pelegatti, G. Di Stefano, Virgilio Lavore, Giovanni Uggeri.
Sempre negli anni trenta però, si apprende anche che
Kamarina riacquistò dunque la propria memoria ma venne
l’enorme volume di merce che da quasi un secolo affollava
definitivamente abbandonata al suo destino.
lo Scalo di Scoglitti iniziò lentamente a declinare. L’economia di Scoglitti si andò dunque riposizionando verso altri ambiti come un forte potenziamento della pesca e della conservazione delle acciughe salate o sott’olio. Altro cambiamento radicale invece avvenne dagli anni sessanta quando i primi impianti di produzione serricola furono realizzati proprio nei dintorni di Scoglitti e molto a ridosso del mare, modificando nuovamente l’economia del territorio. Un’evento di grande rilievo che vide la costa di Scoglitti come assoluta protagonista fu lo sbarco degli alleati, il 89
10 Luglio del 1943, evento cruciale della Seconda Guerra
ancora qualche anno. Negli anni cinquanta, Scoglitti si in-
Mondiale. Col nome in codice di “Operazione Husky” gli
grandì ancora e venne dotata di sempre nuovi servizi come:
Alleati decisero di creare un nuovo fronte di guerra in Eu-
la delegazione di distaccamento municipale, nuove scuole
ropa, partendo da Sud. Si decise dunque di far sbarcare le
medie ed elementari, un nuovo mercato del pesce.
truppe all’estremità meridionale della Sicilia per poi risalire verso Nord. 2590 navi divise in 22 convogli si apprestavano a sbarcare su due fronti: il primo coinvolgeva tutta la zona costiera pianeggiante da Licata fino a Scoglitti, dove sbarcarono gli statunitensi mentre nalla zona vicino Pozzallo e nel golfo di Noto sbarcarono gli Inglesi. È chiaro che oltre a determinate logiche di tipo strettamente militare e strategico, una delle motivazioni determinanti al fine della scelta del territorio ipparino come luogo prescelto per lo sbarco fu essenzialmente la morfologia della sua linea di costa, costituita da spiagge basse e sabbiose che logisticamente furono perfette per uno sbarco rapido di mezzi corazzati e uomini in così grande numero. Data l’enorme portata dell’evento, sia in termini storici che per effettivo dispiegamento di forze, tuttavia bisogna dire che il territorio di Scoglitti non subì gravi danni. Non vi furono bombardamenti o importanti combattimenti: ci fu solo un generale senso di angoscia che una reale distruzione. Dopo le vicende del passaggio degli Alleati e la fine della Guerra, perchè le cose tornassero alla normalità ci volle 90
Nelle foto: Soldati americani nei pressi di Scoglitti. 10 Luglio 1943
91
Il Porto La struttura portuale invece, venne costruita a piccoli passi ed ingrandita progressivamente. La cosa più curiosa è che la realizzazione delle strutture portuali avvenne in un momento di assoluto declino del trasporto merci via mare nel quale Scoglitti perse completamente il suo ruolo di centro logistico nevralgico per il territorio. Questo declino fu inesorabile ed inevitabile, giungendo in pochi anni ad una quantità di merce imbarcata a Scoglitti prossima allo zero. Una totale rivoluzione. Una struttura portuale, però, fu comunque utile a Scoglitti per ospitare i nuovi motopescherecci, essendo diventata la pesca una delle fonti di reddito principali del borgo. Negli anni sessanta verranno realizzati i due moli più interni che costituiscono il primo stadio di protezione per le navi peschereccio, anche se presto tali strutture si riveleranno insufficienti. A causa dei costanti problemi di insabbiamento, verrano realizzati, negli anni ‘80, due nuovi moli più esterni di cui uno a ponente, più lungo, e l’altro a levante, creando così una nuova vasca che avrebbe dovuto evitare ultriori problemi di insabbiamento. Contemporaneamente a tale intervento, furono realizzati dei nuovi frangi-
Nelle foto:
flutti nella parte meridionale del porto in modo da tutelare
Porto rifugio di Scoglitti.
le costruzioni prospicienti sulla costa, continuamente erosa
Anni ‘70 e 2000
dalla forza del mare. Questi nuovi interventi determineran92
no un cambiamento radicale della morfologica della costa Scoglittiese che si doterà così di nuove ed enormi spiagge di cui prima non disponeva. La spiaggia della Lanterna, a nord del porto, nasce dunque dall’installazione del nuovo molo di ponente che permette alle sabbie trasportate dai fortissimi venti di maestrale di stanziarsi ogni anno in maniera costante a ridosso del molo stesso, comportando uno spostamento in avanti della linea di costa, rispetto agli anni ‘80, di circa 300 metri verso il mare aperto, nel suo punto più adiacente al braccio del porto. Verso il 2005, dati gli irrisolti problemi di insabbiamento, vennero avviati i lavori per allungare il molo di ponente con una nuova parte di braccio parallelo alla costa in modo da chiudere ulteriormente l’intera struttura alle intemperie provocate dai venti occidentali. Dal 2006 circa, la struttura portuale ormai ultimata, ospita dei nuovi moli di proprietà privata che incrementeranno di molto la sua capacità di ospitare barche da diporto di varie dimensioni, determinando un cambiamento funzionale del porto, oggi diventato dunque sia peschereccio che turistico. Nei fatti però mancano gran parte di quelle attrezzature che possano fare della struttura di Scoglitti, un’infrastruttura funzionale ed efficiente per la nautica da diporto e, a parte qualche proclama o semplice progetto preliminare, non si scorge nulla all’orizzonte in tal senso.
93
Dalla costruzione della “Città di villeggiatura” ad oggi
maniera contingente vengono attivati dei servizi temporanei, sia pubblici che privati, esclusivamente dedicati a tale esigenza.
A fine anni sessanta, come vedremo in maniera specifica nel capitolo 4, Scoglitti subì una profonda opera di amplia-
Questo aspetto legato alla villeggiatura locale, non riesce
mento informale dovuta alla costruzione in massa di secon-
però a far compiere a Scoglitti quel salto di qualità necessa-
de abitazioni dedicate alla villeggiatura che iniziarono ad
rio per attrarre un tipo di turismo che coinvolga un’utenza
occupare i lungomare di ponente e levante. Furono costrui-
proveniente da un più ampio bacino rispetto a quello co-
ti interi nuovi villaggi di case in pochi anni, un boom edilizio
munale ed intercomunale. Scoglitti dunque non può ancora
fin’ora inedito per questo tratto di costa. Scoglitti dunque
essere definita una città della quale il turismo possa ancora
subì un’ulteriore trasformazione, passando dall’essere un
annoverarsi fra le sue principali fonti di reddito, sebbene ne
borgo marinaro di piccole-medie dimensioni ad una città
abbia tutte le potenzialità.
“mista” in cui il nucleo storico manteneva la sua funzione di ospitare i residenti stanziali, ma venne affiancato da una
Per quanto riguarda Kamarina invece, il sito che ospita-
nuova porzione di città dedicata alla villeggiatura, ovvero
va l’antica colonia greca è oggi un parco archeologico con
quella che ospita esclusivamente gli utenti della stagione
annesso museo. La struttura musearia è ospitato da un ba-
estiva. Un fenomeno che si è ripercosso ed ulteriormente
glio ottocentesco che sorse sull’antica Acropoli, nei pressi
ampliato ai nostri giorni che vede attualmente la frazione
dell’antica Chiesa di Cammarana e qundi, dell’antico tem-
passare dai 6.177 abitanti invernali (rilevamento 2016) ai cir-
pio di Athena. Il baglio è stato restaurato ed adibito a museo
ca 40.000 estivi.
negli anni ‘80 ed attualmente ospita un’ampia collezione di reperti archeologici e subaquei di cui alcuni di grande rile-
Scoglitti nel 2017 è un centro marittimo che ospita vari
vanza. Sebbene le strutture del museo oggi siano fruibili in
usi, anche molto diversi fra loro. Il settore della pesca non
maniera confortevole, le condizioni del parco archeologico
si è affatto estinto, anzi, il suo mercato ittico all’asta è uno
invece sono diverse, risentendo quest’ultimo di una forte
dei più apprezzati della zona. Da Luglio a Settembre, come
incuria che rasenta lo stato di abbandono, prevalentemen-
appena visto, la sua popolazione cresce esponenzialmente
te dovuta a mancanza di fondi.
e Scoglitti si trasforma in un centro per la villeggiatura; in 94
Le possibilità per fare del Parco Archeologico di Kamarina un nuovo punto di riferimento culturale e naturalistico della zona sarebbero altissime, grazie alle indiscusse caratteristiche di cui questo sito è dotato, ma per farlo servirebbero senza dubbio nuovi finanziamenti e una seria progettualità.
Nella foto a destra: Largo Kamarina, Scoglitti. Anni ‘80
95
96
3.2
Principali aspetti economici del territorio di Scoglitti
3.2.1 Agricoltura In generale si può dire che il territorio ipparino è un contesto decisamente vivace dal punto di vista economico, soprattutto se paragonato ad alcune aree limitrofe della Sicilia meridionale. La sua principale vocazione rimane quella agricola, perpetuando un’antica tradizione che dura dall’età antica. Una terra versatile che è ha ospitato spesso colture diversa nel corso della storia: i Greci coltivarono prevalentemente orzo e grano, così come i romani; dopo un momento di stallo, dal XIV secolo si tornò a produrre prevalentemente cereali nel territorio ipparino mentre progressivamente l’intero comparto iniziò una lenta conversione verso la viticoltura che raggiunse picchi notevoli nel XVIII e XIX secolo
e che permise un forte sviluppo dello “scaro” di Scoglitti. Insieme alla produzione di uva, le produzioni più comuni erano quelle dell’olivo, del carrubbo e degli agrumi. Un tale dinamismo economico legato alla produzione agricola è da rintracciarsi principalmente in due fattori: uno geologico ed uno storico. Sebbene il primo motivo è semplicemente riconducibile ad una grande ricchezza ed adattabilità dei terreni dell’antica “Plaga Mesopotamium”, che sono sempre stati la base imprescindibile per uno suo sfruttamento massiccio in agricoltura, il secondo fattore riguarda invece come sia stata storicamente divisa la proprietà privata a Vittoria ed in provincia di Ragusa. È interessante notare infatti come, fin dalla fondazione della città di Vittoria, nel 1607, i Conti di Modica puntarono 97
ad incentivare un certo tipo di sviluppo in territorio ippari-
predisposta per il futuro sviluppo della serricoltura in ma-
no legato alla gestione individuale della proprietà dei ter-
niera così capillare.
reni agricoli, superando un tipo di produzione legata al latifondo che invece era di normale prassi in molte altre zone della Sicilia.
Facendo un salto indietro al Novecento, dopo il boom della produzione del XIX sexolo, si avvertì però un calo della
La “licentia populandi” concessa dalla contessa Vitto-
produzione di uva da vino e da tavola fino al raggiungimento
ria Colonna Enriquez ai primi coloni della nascente Vittoria
di un conclamato stato di crisi negli anni cinquanta, dovuto
prevedeva infatti la cessione di una salma e mezzo di terre-
al prezzo del vino, decisamente basso.
no, di cui parte da destinare esclusivamente a produzione vinicola, per ogni nuovo abitante che decideva di trasferirsi
Subito dopo però, verso il 1958 si assistette ad una ra-
ed insediarsi in città. Quest’incentivo alla proprietà privata
pidissima e rivoluzionaria conversione agricola verso la
e alla libera produzione, ovvero non legata a subordinazioni
produzione di ortaggi in serra che determinò una polve-
latifondiste, determinò un forte exploit demografico a Vit-
rizzazione della proprietà fondiaria ed un nuovo assetto
toria e nell’intera Contea che portò alla nascita di docici
della geografia dei luoghi. Scoglitti fu uno dei primi siti di
nuovi centri agricoli.
sperimentazione della coltura in serra e anche attualmente
Una situazione del genere è di assoluta novità nel pano-
mantiene la maggiore densità di superficie agricola coperta
rama siciliano, come anche testimoniano questi dati: nei
di tutta la cosiddetta “fascia trasformata”. Questo è il ter-
primi 20 anni del Novecento, infatti, la Sicilia era occupata
mine con cui si indica una vastissima area, tendenzialmen-
da latifondi per più del 30% del suo territorio (Inchiesta Lo-
te pianeggiante, costituita da una prevalenza nettissima di
renzoni), nel territorio ibleo il dato si riduceva ad un esiguo
coltivazione in serra e che coinvolge i territori costieri dei
6%.
comuni di: Vittoria, Acate, Santa Croce Camerina, Ragusa, Scicli per la Provincia di Ragusa e Gela per la Provincia di
Si andò dunque affermando una certa tendenza alla suddivisione della proprietà agricola in mano ai singoli pro-
Caltanissetta. Ma indaghiamo questo fenomeno nel dettaglio.
Nello schema a sinistra: Diffusione della serricoltura nella Provincia di Ragusa.
prietari/braccianti, dando origine ad un’incredibile par-
Fonte:
cellizzazione del territorio agricolo ibleo ed in particolare
D. Pagliarini (2008), p. 153
vittoriese (comunale) che diventerà la base fondiaria già 98
Alta densitĂ serricola Media densitĂ serricola
99
Nelle foto in sequenza: Progressione del fenomeno della serricoltura. Da una situazione di verginitĂ nel 1955 alla completa occupa-
1955
100
1966
zione nel 1976
3.2.2 Agricoltura in serra Il passaggio pressochè radicale da una produzione lega-
di legno e film plastico”, si rivelò rivoluzionaria e sconvolse in positivo la vita di molti braccianti che risentirono fortemente della crisi del vitigno.
ta quasi interamente alla viticoltura, con le sue regole ed i suoi ritmi naturali, ad un’agricoltura serricola legata alla
È da notare il fatto che non vi sono in Sicilia, nè tanto-
produzione intensiva di ortaggi ha determinato impatti im-
mento nel resto d’Italia, concentrazioni di impianti serricoli
portanti sul territorio e sulla popolazione. La possibilità di
così densi come quelli del ragusano settentrionale e del Val
poter ottenere più stagionalità di produzione dagli stessi
di Noto (di cui Pachino è la città più riconosciuta per la pro-
terreni, semplicemente coprendoli con delle nuove “case
duzione del pomodorino “ciliegino”). Ciò non è casuale ma dipende dal fatto che l’agricoltura intensiva in serra rende meglio in particolari condizioni rispetto che in altre.
“La luminosità più elevata d’Europa dunque, i terreni sabbiosi salmastri che trattengono a lungo il calore e una ricca falda acquifera, si rivelarono ottime condizioni per la coltivazione del pomodoro. I campi di pomodoro erano però troppo esposti alle intemperie marine e fu necessario proteggerli. I tentativi e i dispositivi di protezione furono diversi: dapprima si usarono sipale di ficodindia o tegole di terracotta e successivamente, in particolar modo nel vittoriese, le “cannizzate” (stoppie di frumento trattenute da canne legate con fil di ferro). Questi dispositivi alquanto rudimentali spesso non risultavano sufficienti e bastava una notte di gelo a distruggere mesi di fatica: risultò necessario proteggere di più le coltivazioni. Il “salto di qualità” fu 1976
determinato dalla diffusione delle materie plastiche grazie alle quali nascono i primi apprestamenti di protezione che 101
cominciano a configurarsi in vere e proprie serre.”1
mente molto salini e sabbiosi, caratteristica di cui è dotata tutta la fascia costiera che da Scoglitti porta fino a Gela.
La semplicità d’uso della nuova tecnologia della serra e i
Pochi braccianti però possedevano in questa “fascia” di
suoi incredibili vantaggi per quanto riguarda una maggiore
territorio dei terreni da riconvertire ad agricoltura in serra.
protezione dalle intemperie del prodotto agricolo determi-
Questi terreni costieri infatti, fino ad allora, avevano scar-
narono una corsa ad accaparrarsi queste nuove strutture
sissimo valore fondiario ed erano pressoché vergini poiché
per impiantarle nei propri terreni.
inutilizzabili per fini agricoli; ma dagli anni ‘60 il loro valore
“La struttura del territorio e l’indole operosa e impren-
crebbe in maniera esponenziale (fino a dieci volte) e si fece
ditoriale della popolazione portarono a partire dagli anni
a ruba per conquistare anche una piccola porzione di ter-
Sessanta alla diffusione rapidissima della serricoltura che
reno sabbioso da adibire a serra.
diventò nel giro di un ventennio dalla sua nascita il motore economico della provincia [di Ragusa].”2
Un vantaggio importante introdotto dalla nuova tecnica serricola fu quella dell’abbattimento della dimensione
La rapidissima diffusione del fenomeno fu dovuta es-
superficiale minima da adibire a coltura per ottenerne un
senzialmente alla struttura della proprietà fondiaria che,
guadagno sufficiente per il sostentamento di una famiglia:
essendo molto frazionata, permise ai produttori di farsi
5000mq di terreno agricolo coperto da serre erano infatti
carico singolarmente degli investimenti relativamente con-
sufficienti per raggiungere tale scopo, ovvero molta meno
tenuti per installare questa nuova tecnologia nei propri pic-
superficie rispetto ad una destinazione a vigneto. Inoltre,
coli appezzamenti di terreno. Non tutti i produttori agricoli
queste erano dimensioni ideali per essere gestite anche
però erano già in possesso dei terreni che successivamente
da un singolo bracciante in maniera pressoché autonoma,
avrebbero coperto a serre. Divenne evidente, infatti, che la
senza ricorrere ad ulteriore manodopera. Un sistema eco-
coltivazione primaticcia del pomodoro avrebbe raggiunto
nomico minimo ma, contemporaneamente, potentissimo.
grandi performances se praticata su territori tendenzial-
Meno terreno da coltivare, meno manodopera, più prodotto e più qualità degli ortaggi: una vera manna dal cielo.
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”.
Nelle foto a destra:
1
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”. 2
102
Altro fattore positivo assolutamente fondamentale che introdusse la coltivazione in serra fu la forte destagionaliz-
Elementi del Paesaggio serricolo
103
zazione dei prodotti agricoli; ciò consentiva agli agricoltori
na, decisamente più arcaiche e suscettibili alle intemperie.
di essere sempre competitivi sui mercati: prodotto fresco
Le serre in ferro zincato, inizialmente erano supporta-
in ogni periodo dell’anno con conseguente aumento di va-
te da pilastrini interni a sezione quadrata (7x7cm / 8x8cm
lore degli ortaggi nei periodi fuori stagione.
/ 9x9cm) di calcestruzzo precompresso mentre adesso si tende a realizzarle tutte interamente in ferro zincato.
La prima fase di applicazione di tale nuovo metodo di coltura si verificò in maniera quasi esclusiva sulla costa e
L’evoluzione tecnologica ha inoltre portato all’introdu-
sulla lunga fascia sabbiosa dei terreni dunali del golfo di
zione del concetto di “microclima” interno alla serra, pro-
Gela, per un estensione verso l’entroterra di circa un chilo-
dotto attraverso nuovi sistemi di controllo del calore sia
metro o poco più. Le dune preesistenti vennero totalmente
sotto forma di impianti di riscaldamento invernale interni
spianate e la vegetazione pioniera estirpata mentre la sab-
alle serre, sia attraverso delle aperture automatizzate della
bia in eccesso veniva riposta nella zona retrodunale così da
parte di colmo o di gronda della struttura, permettendo di
prolungare l’estensione di una superficie sabbiosa continua
tutelare il prodotto anche durante i picchi freddi dell’inver-
e livellata. La vicinanza al mare aveva inoltre l’indubbio van-
no.
taggio di limitare i danni dovuti a gelate e picchi di freddo invernale, molto meno probabili lungo la costa.
Fu così che si passò ad una nuova fase della serricoltura che vide una massiccia colonizzazione anche del territorio interno oltre che costiero, fino alle porte di Vittoria (e an-
Inizialmente dunque l’esistenza della coltura in serra non
che oltre), comportando nel giro di qualche decade un ra-
poteva prescindere dalla presenza di un suolo sabbioso, li-
dicale mutamento nel tipo di colture prodotte, passando da
mitando fortemente la possibilità di estendere tale tecnica
un’intensa coltivazione del vitigno fino, negli anni cinquanta,
in maniera più ampia. Ma negli anni ‘80 vennero introdotte
alla produzione di massa di ortaggi primaticci in tutto il ter-
ulteriori innovazioni tecnologiche importanti che ne con-
ritorio vittoriese.
sentirono una diffusione maggiore. Prima fra tutte, l’introduzione del sistema costruttivo di serre ad arco in ferro zin-
Per dare un una stima delle dimensioni del fenomeno
cato consentiva una maggiore durabilità delle strutture ed
si potrebbe partire dal fatto che, nel caso di coltivazioni in
un maggiore assorbimento solare, tecnologia che andava a
ambito protetto, la Sicilia è la prima regione italiana con una
rimpiazzare il vecchio sistema delle serre in legno a capan-
superficie serricola di oltre 10.000 ettari di cui circa 8.500
104
ettari nella provincia di Ragusa e in particolar modo circa 6.700 solo nella fascia costiera dai Macconi di Acate a “Baia Dorica”, a Scoglitti.
“Nel 1964 la superficie serricola presente in Sicilia era pari a 774 ettari (da 5 ettari del 1960) che ragguagliava già il 54,1% del totale nazionale. Il territorio della provincia di Ragusa interessato dalla serricoltura decollò velocemente: già nel 1970 era di 2.000 ettari nel 1987 era di circa 6.000 ettari e nel 1999 circa 8.400 ettari.”3
Nello schema: Diffusione della serricoltura nella Provincia di Ragusa. Fonte: Piano Paesaggistico Prov. RG
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”. 3
105
Filiera e mercato
frutticoli più grandi d’Europa ma anche adesso mantiene comunque una certa rilevanza nel contesto dell’Italia meri-
Un così vasto sistema produttivo è chiaramente ac-
dionale. Sebbene oggi i metodi di compravendita del pro-
compagnato da un indotto che ne supporta tutti gli aspetti
dotto finito siano molteplici, in origine il mercato costituiva
logistici di contorno. Un sottosistema ben strutturato che
il baluardo di una ricchezza generale e condivisa. Il produt-
comprende tutti i servizi che fanno da corollario alla produ-
tore infatti, da solo e senza intermediari, portava la propria
zione pura: aziende di autotrasporti, aziende di produzione
merce al mercato e la vendeva secondo le normali logiche
di serre, in legno ed in ferro, servizi di montaggio serre, vi-
di prezzo sulla base del rapporto fra domanda e offerta. An-
vai, magazzini di confezionamento, aziende di produzione
che grazie alla presenza del mercato si potè realizzare una
di cassette in legno o nuovi packaging plastificati, centri di
tale organizzazione produttiva così frammentata e particel-
produzione di foglia agricola ecc...
lare perchè consentì anche ai piccoli produttori con scarse possibilità di autopromozione ed organizzazione di avere a
Un sistema economico del genere realizza una grossa
portata di mano un formidabile strumento per poter ven-
ricchezza complessiva che secondo un recente studio, nel
dere il proprio prodotto in maniniera rapida ed economi-
solo comune di Vittoria, ammonterebbe a circa 700 milioni
camente soddisfacente.
di euro annui.
“A fianco delle 4.200 aziende agricole con circa 12.000 addetti operano altre 2.500 imprese con 5.500 addetti impegnate in modo diretto o indiretto in settori che costituiscono l’indotto dell’agricoltura.”4
Modificazioni territoriali La più grossa contraddizione di questo sistema economico è però l’indubbia distruzione che è stata massic-
Ma il vero fulcro centrale di tale sistema economico è il
ciamente perpetuata ai danni dell’ambiente costiero e
Mercato Ortofrutticolo di Contrada Fanello, a Vittoria. Al
alle campagne del territorio di Vittoria. I danni ambientali
momento della sua costruzione fu uno dei mercati orto-
causati da un così intenso sfruttamento del territorio sono notevoli e coinvolgono la maggior parte degli elementi pe-
4 Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”. 106
culiari del paesaggio del vittoriese.
Nella foto: a destra Paesaggio agricolo e naturale tipico della “fascia trasformata”.
107
La sostituzione infatti dell’ordinata e rispettosa coltura
tate e protette solo da concimi chimici e antiparassitari
del vitigno con la nuova e fortemente impattante coltura del
con principi attivi che nel tempo accentuano i processi di
pomodoro sotto serra ha compromesso fortemente la re-
semplificazione e impoverimento dell’ecosistema agrario
golarità del paesaggio vittoriese e la sua bellezza originaria
oltre che a provocare numerosi effetti negativi sulla fauna
che quindi ha perso nel tempo gran parte del suo valore.
e il peggioramento delle caratteristiche chimiche e biologiche dei suoli.”5
Questa eccessivo deperimento ha determinato anche un differente approccio da parte dei braccianti nei con-
Gravissimo è il caso delle coltivazioni ormai abbandona-
fronti della propria terra, non trovando più quelle motiva-
te lungo i cordoni dunali. L’antica superficie ondulata pla-
zioni che anticamente li vedeva assoluti protagonisti della
smata nei secoli dalla sabbie portate dai venti di maestrale
tutela di quel paesaggio naturale-antropico di grande valo-
e colonizzata dalla rigogliosa vegetazione dunale pioniera è
re culturale che oggi non esiste più. Con la coltura a serra il
stata spianata per l’installazione di nuove serre e la sabbia in
paesaggio è diventato mero sedime dove installare un siste-
eccesso portata altrove. In alcuni casi però, la crisi dell’agri-
ma agricolo industriale efficente, e non più valore aggiunto
coltura ha portato ad un prematuro abbandono delle col-
come è nel caso della coltura del vitigno.
tivazioni che lascia intravedere cosa ne resta di quell’antico paesaggio dunale originario: un luogo asettico, forzatamen-
“Territori abbandonati, bruciati, invasi da ogni sorta di
te ed innaturalmente pianeggiante e privo della vegetazione
rifiuti, contenitori di pesticidi, film e tubi di polietilene di-
originaria. In pratica, un paesaggio anticamente ricchissimo
messi, paletti di calcestruzzo, contenitori di polisterolo e
che oggi è andato del tutto perduto.
cassette di plastica e quant’altro producono le serre e poi elettrodomestici, masserizie, sfabbricidi. Tutto questo è
È legittimo chiedersi quale sia stato il ruolo regolatore
quello che si vede. C’è poi un mondo invisibile costituito da
dell’Amministrazione comunale nel corso degli anni dello
plastica sotterrata, falde che per l’eccessivo emungimento
sviluppo del fenomeno dell’agricoltura sotto serra e se vi
si sono esaurite o sono diventate salmastre, inquinate da
fosse mai stato posto un freno o una qualche forma di limi-
pesticidi e da tonnellate di bromuro di metile che oltre a sterilizzare hanno inibito ogni forma di rigenerazione del terreno diventato un arido supporto di coltivazioni, sosten108
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”. 5
tazione. Stando ai fatti, è possibile affermare che non è mai stato promosso alcun regolamento sulle modalità d’installazione delle serre o sull’adozione di eventuali quote massime per impiantarne di nuove in relazione alle dimensioni del territorio comunale. Un settore come quello agricolo, con i volumi di fatturato che produce nel territorio vittoriese ha sempre privilegiato, inevitabilmente, gli interessi economici piuttosto che soffermarsi su temi o problematiche di carattere ambientale, disincentivando quindi tentativi di regolamentazione e limitazione. È tuttavia possibile trovare un unico aspetto positivo in termini paesaggistici nello svluppo della serricoltura nella costa, ovvero il fatto che una diffusione così estesa del fenomeno ha limitato fortemente la proliferazione eccessiva di edilizia informale, evitando così ulteriori fenomeni di tipo speculativo. Il vantaggio infatti portato dalle strutture serricole sta proprio nella loro natura precaria e smontabile (nel caso di serre in ferro) e riposizionabile in altro luogo con costi e tempi contenuti. Smontare delle serre infatti costituisce un’operazione notevolmente più semplice rispetto a demolire centinaia di abitazioni che avrebbero certamenNella foto: Serre abbandonate in
te affollato questi territori sabbiosi sommandosi ai già numerosi villaggi di seconde case circostanti. Le serre hanno
Contrada Alcerito
dunque tutelato il territorio da un’ulteriore eccessiva co-
2017
struzione ponendosi come unico limite fisico a tentativi di edificazione abusiva. 109
Crisi della serricoltura
A ciò si aggiunga un cattivo e poco trasparente funzionamento del mercato ortofrutticolo poichè questo “...è indi-
Dall’inizio degli anni Duemila, però, si è assistito ad una
rizzato da pochi commercianti che decidono il prezzo e non
progressiva crisi del settore dell’agricoltura intensiva e ad
si fanno concorrenza tra loro; gli agricoltori sono costretti
una lenta ma costante perdita di competittività del com-
a vendere il loro pomodoro a pochi centesimi al chilo, lo
parto produttivo vittoriese e dell’intera fascia trasformata.
stesso prodotto che nei supermercati d’Europa viene com-
Alla crisi locale, nel 2008 si sono aggiunti gli effetti della crisi
prato dal consumatore finale con un rincaro del 1000%.”6
congiunturale mondiale che hanno ulteriormente aggravato Oltre a questa situazione di monopolio interno, si fa
le condizioni economiche del territorio.
sempre più alta la concorrenza di altri territori comunitari, Le principali responsabilità sarebbero da attribuire
come per esempio la Spagna con il distretto serricolo di Al-
all’eccessivo localismo del comparto agricolo e alla sua
meria, o anche extracomunitari, come per esempio alcuni
dimensione fortemente familistica e non corporativa, un
distretti del Marocco che grazie a nuovi accordi di libero
sistema autosufficiente che magari funzionò in un primo
scambio hanno trovato degli spiragli per far entrare i loro
momento, quando il pomodoro fuori stagione qui prodotto
prodotti nel mercato europeo ad un prezzo nettamente più
aveva davvero pochi concorrenti sul mercato ed il suo prez-
concorrenziale di quelli del distretto ibleo.
zo restava alto, ma in un sistema più globalizzato e sempre più aperto a nuovi mercati ha subito la concorrenza di al-
Queste molteplici cause denotano una certa difficoltà
tri sistemi produttivi stranieri più efficienti. È evidente che
del settore agricolo vittoriese ad affrontare le sfide attuali
senza un soggetto corporativo o societario, che tenda a
più importanti tra le quali, quella che spicca maggiormente
raggruppare gran parte di queste piccole entità produtti-
fra queste, è un certo atteggiamento diffuso fra i produtto-
ve familiari, è più difficile competere con realtà che invece
ri, molto restii ad unirsi in gruppo. Si dovrebbe invece agi-
hanno fatto del “sistema” il loro punto di forza che consen-
re in maniera opposta e promuovere più integrazione fra i
te loro di fare ricerca ed investimenti per migliorare il pro-
soggetti in campo in modo da creare un sistema produttivo Nella foto a destra:
dotto e per venderlo ad un prezzo competitivo.
Serre in Contrada Alcerito
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”. 6
110
2017
condiviso più dinamico e competitivo sul mercato. In ge-
Occorre anche aggiungere però che non è possibile
nerale quindi, non si può abbandonare a se stessa questa
immaginare come l’intero territorio vittoriese possa con-
economia gigantesca pensando che questo non avrà riper-
tinuare a vivere esclusivamente di agricoltura; piuttosto
cussioni sul territorio di Vittoria. Piuttosto è più probabile
bisognerebbe indagare delle vie alternative in modo da
immaginare che se il settore agricolo dovesse ulteriormen-
trovare alcune forme di compensazione e diversificazione
te subire i contraccolpi di una crisi non risolta, la tenuta
nella sua economia. Una soluzione infatti potrebbe venire
economica della città ne risentirebbe enormemente, pro-
dal mondo del turismo, sempre più in crescita nel territorio
prio perchè questa si fonda gran parte sulla serricoltura e
ibleo, che se sfruttato in maniera più sistemica ed organiz-
sul suo indotto.
zata potrebbe produrre risultati economici interessanti.
111
112
3.2.3 Il sistema del turismo
Grande risalto a questi “simboli” del ragusano è stato dato dalla fiction tv della Rai “Il Commissario Montalbano”
Il territorio ipparino è un’area decisamente interessante
che viene girata proprio in questi luoghi e che si è rivelata
dal punto di vista attrattivo e turistico per varie motivazio-
un’incredibile mezzo di promozione dell’area che ha por-
ni. La sua posizione geografica favorevole ed il clima mite,
tato risultati decisamente oltre le aspettative, non essendo
la presenza di una costa di circa 10km bassa e sabbiosa, la
stata un’operazione nè pianificata dall’alto nè prevista, e
presenza di un centro storico gradevole fanno di Vittoria e
che ha spinto migliaia di persone a voler vivere di persona i
Scoglitti delle mete interessanti da visitare. Se poi inserissi-
luoghi ripresi nelle puntate della serie.
mo questa realtà locale in un contesto turistico più ampio noteremmo che i punti a favore si moltiplicano. Scoglitti e
Questo rinnovato interesse per la provincia di Ragusa e
Vittoria infatti si trovano in provincia di Ragusa che per la
l’attivazione nel 2014 del vicino Aeroporto degli Iblei “Pio La
maggior parte comprende più siti di un unico grande siste-
Torre”, a Comiso (RG), hanno determinato in pochi anni un
ma di luoghi Patrimonio dell’Umanità UNESCO (“Città tardo
vero boom di presenze che fanno del territorio ibleo una
barocche del Val di Noto”), fra cui Ragusa, Modica, Scicli,
delle aree a maggior crescita turistica della Sicilia e del me-
Noto, ecc...
ridione d’Italia. Nel 2016 in Provincia di Ragusa sono state registrate oltre 1,2 milioni di presenze con un incremento
Le incredibili costruzioni barocche edificate a seguito
rispetto al 2014 del +48%. Anche le composizioni dei flussi
del terremoto del Gennaio 1693 costituiscono una risorsa
sono cambiate e a fronte di una sostanziale parità fra italiani
architettonica locale di indubbio interesse. Senza poi di-
e stranieri nel 2014 (414.000 contro 415.000), attualmente
menticare il preziosissimo paesaggio della campagna iblea
la componente straniera corrisponde al 59% del totale con
costituito da ampi terreni dedicati a foraggio e a frumento
726.000 presenze registrate nel 2016.7
divisi fra loro da un antico sistemi di muri a secco di pietra bianca e da dove emergono bassi alberi di carrubbo e ulivo: Nella foto a sinistra:
un insieme di elementi naturali ed antropici che rendono
Spiaggia di Randello.
questo paesaggio davvero iconico e unico.
Scoglitti sullo sfondo, in lontananza.
“Turismo, a Ragusa 48% di presenze in più in due anni grazie “all’effetto Montalbano” ” di Redazione Economia del Giornale di Sicilia (articolo online); 13-10-2017 7
113
Dunque i flussi turistici nel ragusano e nell’area ippari-
Vittoria e Scoglitti si stanno dunque orientando verso un
na già oggi sono una realtà, non vanno dunque incentivati
tipo di ospitalità diffusa e a bassa imprenditorialità. Questo
ad ogni costo; il problema è proprio che, soprattutto l’area
fenomeno è in decisa crescita, ed è soprattutto alimentato
del vittoriese si è fatta trovare assolutamente imprepara-
dai nuovi provider di house-sharing come “airbnb.com” e
ta a questa inaspettata ondata di presenze turistiche che
“booking.com”, che recentemente hanno fatto ingresso nel
quindi tendono a preferire località vicine più organizzate ed
mercato turistico e che ha permesso ai proprietari di case
infrastrutturate.
di affittarle per brevi periodi via web.
Nel territorio di Vittoria si registra infatti una scarsa pre-
A fronte di un certo risveglio dell’offerta turistica vitto-
senza di strutture ricettive alberghiere ed alcune di queste
riese però è da rilevare che il vero limite ad un importante
non sono nemmeno troppo recenti. In termini di posti letto
sviluppo turistico dell’area è rappresentato da una croni-
la situazione è forse peggiore e si registra a Vittoria un totale
ca carenza di infrastrutture sia logistiche che di servizio al
del 7% dei posti letto a livello provinciale in strutture alber-
cliente che nel corso del tempo si è fatta sempre più evi-
ghiere. In controtendenza invece, il dato sulle percentuali di
dente. Si può constatare come le strutture portuali presen-
posti letto forniti globalmente nel territorio del Comune di
ti a Scoglitti siano del tutto carenti e possano ospitare solo
Vittoria in strutture extra alberghiere che addirittura segna
pochi natanti per volta, oltre a non fornire attrezzature di
un 45% del totale provinciale, un valore notevole che atte-
supporto utili per la nautica da diporto (manutenzione na-
sta che quasi la metà dei posti letto in b&b, case vacanze e
tanti, guardiania notturna, servizi di ristorazione, parcheg-
residence si trovano, in provincia di Ragusa, nel territorio
gi). Le strutture balneari inoltre non sono all’altezza di un tu-
del comune di Vittoria. Come non notare, anche nel turi-
rismo di qualità poiché gli ospiti non locali, bacino d’utenza
smo, una certa frammentazione dell’accoglienza turistica
ideale per queste strutture, sono ancora in netta minoranza
promossa da piccoli imprenditori a discapito delle grandi
rispetto al totale dei bagnanti locali che invece tendono a
strutture albergiere o dei villaggi turistici.
non usufruire di questi servizi.
8
Investimenti privati e nuove iniziative legate al turismo Questi dati sono presentati nella “Relazione illustrativa allo Schema di Massima di Variante Generale 2017” - Comune di Vittoria 8
114
Nella foto a destra: Vista notturna di Ragusa Ibla, a pochi chilometri da Scoglitti.
sono stati promossi nel corso degli ultimi anni, ma questi
2016
sono stati prevalentemente orientati verso l’utenza dei vil-
Foto di Michele Bruzzese
115
leggianti locali mentre, nei confronti di un’altro tipo di turi-
Il ruolo del Comune infatti dovrebbe essere rivolto al mi-
smo, più strutturato e duraturo è assolutamente mancata
glioramento generale delle strutture collettive che la città
una certa progettualità e visione del futuro. Tuttavia, date le
offre:
condizioni climatiche e naturali dell’area decisamente favorevoli, è possibile pensare di prescindere dalla ridottissima stagionalità della villeggiatura, che ormai si è ridotta a poco più di un mese, e puntare fortemente su un certo tipo di turismo internazionale per la quale è immaginabile una pe-
•
cipali •
il potenziamento della marina di Scoglitti
•
la realizzazione del nuovo lungomare di ponente a Scoglitti
riodo di attività decisamente più lungo, che possa portare introiti da Marzo ad Ottobre.
un miglioramento delle vie di comunicazione prin-
•
la realizzazione delle strutture previste dal PRG tra cui: parcheggi, piazze e zone a verde e strutture
Solo in questo modo è possibile attivare un’economia turistica per la quale convenga investire mentre è sempre più evidente che il “cullarsi”, da parte di gestori di locali ed imprenditori, della presenza dei villeggianti e della loro capacità di spesa è sempre più rischioso proprio a causa della
sportive •
risorsa per questo territorio •
“Riserva regionale del Pino d’Aleppo” ubicata nella
del periodo di sosta medio dei villeggianti, in estate, nelle
vallata che ospita il fiume Ippari e che costituisce
loro seconde case.
una straordinaria cintura verde che collega il centro storico di Vittoria con Scoglitti e il Parco di Cam-
Bisognerebbe dunque agire su due fronti paralleli ma
marana
contigui ovvero: maggiori investimenti pubblici sulle infrae, contemporaneamente, maggiore promozione di investimenti privati sui servizi.
Il settore privato, dal canto suo, dovrebbe invece agire sul fronte di un potenziamento dell’offerta di servizi al cliente e dovrebbe orientarsi sui seguenti punti: •
116
realizzazione di un piano di utilizzo, adeguamento, messa in sicurezza, e manutenzione del verde della
tendenza sempre più marcata di una progressiva riduzione
strutture, sul decoro urbano e sulla gestione del territorio
realizzazione del nuovo Parco di Cammarana, vera
miglioramento delle strutture alberghiere esistenti
Nella foto a destra: Porto di Scoglitti 2016 Foto di Giovanni Distefano
•
realizzazione di nuovi posti letto in strutture alberghiere di alta fascia, in maniera limitata
•
realizzazione di un coordinamento unitario per l’offerta di posti letto in strutture extra alberghiere come b&b, case vacanze e residenze di lusso, in modo da creare un brand unico di fornitura di servizi turistici al cliente
•
miglioramento dei servizi offerti in spiaggia ma con un diretto coordinamento pubblico e la creazione di quote massime per l’installazione di strutture private, in maniera tale da mantenere un carattere prevalentemente pubblico delle spiagge di Scoglitti
•
realizzazione di nuove strutture legate all’intrattenimento, anche notturno
•
promozione di eventi, sia legati al territorio che di richiamo più ampio, soprattutto in periodi di bassa stagione in modo da compensare il basso afflusso di visitatori. L’esempio del “Jazz Festival” di Vittoria può essere preso a modello in tal senso anche per la costa.
Questi punti esprimono chiaramente un progetto a lungo termine ma, dal mio punto di vista, esprimono un modo organico per potenziare un settore come quello turistico che, per via dei fattori di cui accennavo precedentemente, ha già adesso i numeri per creare un indotto notevole. 117
3.2.4 Considerazioni conclusive
a generare guadagni per l’area in questione. Non sta infatti in piedi l’alibi spesso addotto di un’impossibilità di fare
È chiaro però che per pensare di promuovere un setto-
agricoltura intensiva se non in un terreno sabbioso natura-
re come il turismo, che in maniera imprescindibile si nutre
le. La tecnologia agricola oggi permette infatti di realizzare
delle bellezze di un territorio e del suo paesaggio, come
impianti serricoli in punti prima impossibili da immaginare,
primo punto da realizzare bisogna indicare quello di un
consentendo attualmente anche colture di tipo idroponico,
generale miglioramento delle condizioni del territorio nel
che non necessitano di suolo.9
suo complesso che la serricoltura negli anni ha fortemente danneggiato. Non è quindi più tollerabile il fatto di punta-
È chiaro che per fare ciò occorrano investimenti, ma
re tutte le energie e gli investimenti verso un settore for-
forse sarebbe la volta buona per dare una scossa ad un ter-
temente in crisi come quello agricolo in maniera acritica e
ritorio che si è eccessivamente cullato dei fasti degli anni
senza pensare ad una nuova strategia.
ottanta in cui la serricoltura praticata con metodi occasionali rese ricchi praticamente tutti. Oggi la situazione è
Si dovrebbero promuovere forme di economia nuove,
mutata radicalmente e occorre un cambio di strategia che,
dove la produzione agricola vada a braccetto con quella
dal mio modo di vedere, passi da un efficentamento del
turistica, provando a realizzare anche forme miscellanee
settore agricolo, dal rispetto e dalla rinaturalizzazione del
di collaborazione fra i due settori. È fondamentale però
territorio come risorsa principale a fini ricreativi e turistici
che, in maniera graduale ma costante, vengano finalmente
e ad una forte promozione del settore turistico, soprattutto
liberate dalla copertura delle serre quei territori costieri e
sulla costa.
dunali duramente colpiti dall’eccessiva opera dell’uomo di questi anni in modo da permettere una rinaturalizzazione della fascia costiera che da “Baia Dorica” va verso il confine comunale con Marina di Acate. Rimuovere dalla fascia costiera le strutture serricole più datate e spostarle in altre parti del territorio, consentirebbe la rinaturalizzazione di un paesaggio dunale di ben 6 km di lunghezza, che potrebbe essere ben sfruttato come risorsa turistica, continuando 118
“L’evoluzione della tecnologia delle serre va adesso verso una coltivazione fuori suolo del pomodoro, in vasi riempiti di materiale drenante sterile in cui scorre acqua con nutrienti, l’acqua e il microclima sono costantemente analizzati da macchine collegate a computer che consentono il controllo preciso del microclima all’interno della serra attraverso le aperture automatizzate e diversi sistemi di condizionamento con un ingente impiego di energia. Tali installazioni, a fronte di costi piuttosto elevati garantiscono una duplicazione della produzione e un prodotto dalle caratteristiche estetiche perfette.” 9
Fonte: Piano Paesaggistico Provincia di Ragusa. Relazioni tematiche. “Sistema delle Serre”
Come si è avuto modo di osservare precedentemente nella parte storica, è emerso come questo territorio sia sempre stato da sempre fonte di grande ricchezza per chi lo ha abitato nei secoli, garantendo prosperità ed autosufficenza ai suoi abitanti. In questo momento di crisi strutturale dell’agricoltura ipparina, la Città si trova in una fase “transitoria” e di trasformazione dell’economia locale e questa situazione potrebbe rivelarsi come la vera occasione per “riportare in ordine” il territorio e ridurre l’impatto che in particolare l’agricoltura intensiva ha avuto su di esso. È necessario, infine liberare nuovi spazi da restituire alla natura, in un’ottica di investimento a lungo termine sulle peculiarità del territorio ipparino, irripetibile da altre parti e vera risorsa dei propri abitanti.
119
120
3.3
Descrizione per immagini del territorio di Scoglitti
Di seguito verrà presentata una descrizione del territorio in analisi attraverso schemi e fotografie. Oltre ad un approccio descrittivo delle caratteristiche dell’area ipparina e di Scoglitti, un racconto per immagini si ritiene necessario per capire meglio di cosa si sta trattando. Negli schemi proposti viene dato rilievo alle due componenti principali che caratterizzano il paesaggio ovvero gli edifici e le serre: sono questi gli elementi che maggiormente tendono a caratterizzare i differenti contesti in cui è possibile suddividere l’area di Scoglitti e le zone circostanti. Viene infine proposta una selezione di foto relative Nella foto: Cartolina raffigurante lo “Scalo marittimo” di Scoglitti risalente al 1940 circa
ai diversi agglomerati urbani/serricoli presi in esame, utili a mostrarne effettivamente le componenti materiche che li compongono. 121
122 Mappa fisica della Sicilia Sud Orientale
Comuni della Provincia di Ragusa e principali collegamenti viari
Comune di Acate
Mappa fisica Scala 1:25.000 124
Comune di Vittoria
Comune di Vittoria
Comune di Ragusa
Comune di Acate
Comune di Vittoria
Legenda
Linea di Costa
Agglomerati urbani
Tratto di spiaggia completamente interdetto alla fruizione pubblica per la presenza di serre. Lunghezza di 3.320m (solo Com. di Vittoria)
Delimitazione centro urbano principale Percorsi urbani ed extraurbani principali
Mappa satellitare Scala 1:25.000 126
Parco Archeologico e scavi di Kamarina
Lungomare di Scoglitti: 6.472m. Lunghezza complessiva del tratto di costa appartenente al Comune di Vittoria: 9.780m
Comune di Vittoria
Comune di Ragusa
Il sistema degli agglomerati urbani formali e informali che compongono Scoglitti 1
Costa Esperia
5
Baia del Sole
9
2
Costa Fenicia
6
Riviera Gela
10 Villaggio Mediterraneo
3
Baia Dorica
7
Nuove lottizzazioni anno 2000
11 Villaggio Kamarina
4
C.da Zafaglione
8
Nuove lottizzazioni anno 2010
12 Cammarana
Scoglitti Nord-Est
Contrada Alcerito
128
Scala 1:5000
1_Villaggio Costa Esperia
130
Nelle foto: Il contesto urbano ed ambientale di Contrada Alcerito e del villaggio Costa Esperia (1)
Costa Fenicia / Baia Dorica
132
Scala 1:5000
2_Villaggio Costa Fenicia
3_Villaggio Baia Dorica
134
Nelle foto: Il contesto urbano ed ambientale di Baia Dorica e Costa Fenicia. Si notano le abitazioni costruite sulla spiaggia
Riviera Gela
136
Scala 1:5000
5_Villaggio Baia del Sole
6_Agglomerato suburbano della Riviera Gela
7_Nuove lottizzazioni, anni 2000
8_Nuove lottizzazioni, anni 2010
138
Nelle foto: Il contesto urbano della Riviera Gela e delle costruzioni edificate in agglomerati a stretti filari paralleli
Cammarana
140
Scala 1:5000
11_Villaggio Kamarina
12_Agglomerato suburbano di Cammarana
142
Nelle foto: Il contesto urbano ed ambientale di Cammarana e delle case costruite sulla sabbia
4 Analisi dei tessuti urbani formali ed informali
144
146
4.1
Introduzione
La mia analisi globale sui processi di costruzione che hanno coinvolto la costa di Scoglitti prevede due momenti
e chiavi di lettura sufficienti alla comprensione globale di questo fenomeno.
fondamentali: il primo consiste in un’analisi morfologica del costruito e di tutti gli aspetti che ruotano intorno ad
Affrontiamo in prima istanza la parte legata allo studio
esso ovvero: una descrizione generale del tessuto urba-
dinamico della morfologia dei luoghi. L’obbiettivo princi-
no e la storia della sua evoluzione, le dinamiche individuali
pale di quest’analisi è capire le dinamiche evolutive di ur-
ed empiriche di costruzione e le tipologie insediative. Il
banizzazione, i processi, gli attori e gli aspetti pragmatici
secondo invece, andrà ad analizzare gli strumenti piani-
che hanno portato al concretizzarsi della situazione del
ficatori del territorio in questione e la loro evoluzione nel
costruito a Scoglitti per come la vediamo adesso. La me-
tempo (cap. 5). Sovrapponendo le immagini e le conside-
todologia che ho scelto di usare a tal fine prevede l’osser-
razioni che scaturiranno da questi due differenti approcci
vazione di tali pratiche di costruzione, legali ed informali
di analisi si dovrebbe ottenere, alla fine del processo, un
che siano, attraverso tre specifici punti di vista differenti.
quadro conoscitivo esauriente che riesca a dare elementi
Tre strumenti conoscitivi diversi che andranno a ricom-
147
porre, come i pezzi di un puzzle, il quadro dei diversi e va-
Un’analisi basata esclusivamente sulla lettura di questi ul-
riegati aspetti attraverso cui si manifesta la pratica dell’e-
timi sarebbe quindi risultata insufficiente o parziale.
dilizia informale. Il terzo ed ultimo aspetto riguarda invece lo studio delle Il primo fra questi differenti punti di vista è lo studio
modalità attraverso cui la crescita urbana informale si è
dell’evoluzione storica del costruito di Scoglitti. Questo
propagata nel tempo. Questa operazione ci mostra come
approccio ci fornisce informazioni su come si sia evoluto
le dinamiche di crescita urbana in contesti informali non
nel tempo il tessuto urbano della frazione, dandoci la di-
avvengano sempre con le stesse modalità ma siano frutto
mensione temporale esatta di tutti quegli avvenimenti di
di processi diversi che si adattano alla presenza di vari fat-
rilievo che si sono verificati durante l’intera fase di urba-
tori spesso di tipo ambientale, morfologico e antropico.
nizzazione della costa.
Inoltre noteremo che queste stesse modalità, sebbene comprendano una casistica ampia, possono però essere
Il secondo è lo studio della matrice spaziale di base sulla quale tali dinamiche costruttive abusive si sono svilup-
definite e descritte utilizzando alcuni modelli teorici di crescita predefinti, come verrà ampiamente illustrato.
pate. Con questa espressione si intende più precisamente che verrà svolta un’analisi sulle caratteristiche della pro-
Prima di iniziare a parlare nello specifico del primo
prietà fondiaria e della sua evoluzione nel tempo. Questa
punto occorre fare una precisazione. Come accennato
operazione si è resa necessaria dal momento che si è os-
nel capitolo introduttivo, dovendo spesso parlare di pra-
servato, nel caso di dinamiche costruttive informali, una
tiche individuali al limite della legalità o, spesso, del tutto
pressoché didascalica corrispondenza fra la morfologia
illegali, devo premettere che considererò questo aspet-
urbana degli insediamenti costruiti e la struttura cata-
to come marginale in un ottica puramente descrittiva in
stale che vi fa da supporto. Questo fenomeno si verifica
sede di studio morfologico. In questo capitolo mi accin-
in maniera decisamente più evidente nei contesti abusivi
gerò quindi ad affrontare questa specifica istanza senza
rispetto agli agglomerati urbani di tipo formale in cui tale
fornire alcuna valutazione di tipo giuridico sulle modalità
corrispondenza risulta essere meno marcata e dove gli
attraverso cui questa evoluzione sia avvenuta.
strumenti pianificatori sono di per sé sufficientemente determinanti nel plasmare l’assetto urbano del territorio. 148
Nell’immagine a destra: Estratto di mappa catastale riguardante il nucleo di Scoglitti. Anno 1940 Agenzia del Territorio, Ragusa
149
150
4.2
Evoluzione storica degli insediamenti
4.2.1 Dinamiche evolutive degli insediamenti e “le Tre Scoglitti”
di Vittoria”1 dello studioso vittoriese Giovanni Barone da cui è stata tratta un’interessante mappa che riporta la pianta del borgo di Scoglitti risalente all’incirca al 1950.
Una prima operazione da fare è quella di descrivere, per quanto possibile, come si sia evoluta nel corso degli anni l’urbanizzazione della frazione di Vittoria per cercare di capire se questa sia sempre stata costante nel tempo o se abbia avuto dei momenti di repentino cambiamento, pertanto
Ecco l’elenco completo delle fonti e le relative date a cui fanno riferimento, usate al fine di redarre gli schemi proposti di seguito che mostrano l’addizione/sottrazione di nuova volumetria relativamente al nostro sito in analisi: •
degni di essere annotati.
1897 / Foglio n. 275 della Carta d’Italia / Scala 1:50.000
•
Tale studio è stato elaborato attraverso l’uso di varie
1928 / Foglio n. 275 della Carta d’Italia / Scala
fonti primarie tra cui mappe storiche, il catasto storico e altre fonti bibliografiche come per esempio il testo “Storia
1
G. Barone “Storia di Vittoria” (1950) 151
1:25.000
cole piazze. Questo assetto da borgo marinaro lo mantenne
•
1940 / Mappa catastale di Vittoria e Scoglitti
per altri venti anni almeno, crescendo gradualmente ed in
•
1950 / Tavola XII - G. Barone - Storia di Vittoria
maniera tutto sommato ordinata.
(1950)- Ed. Provincia Regionale di Ragusa •
Le cose iniziarono lentamente a cambiare all’incirca ver-
1968 / foglio n.647 della Carta d’Italia / Scala
so la metà degli anni sessanta o poco dopo, momento in cui
1:50.000
assistiamo ad un esponenziale incremento dell’edificazione
•
1976 / Rilievo Aerofotogrammetrico S.A.S.
•
1992 / Rilievo Aerofotogrammetrico S.A.S.
•
2013 / Carta Tecnica Regionale
Dallo studio delle fonti emerge come a Scoglitti si sia verificata una crescita urbana ad andamento costante dal XVIII secolo fino al dopoguerra, quando iniziò a manifestarsi un forte aumento della pressione edilizia sulla costa. Que-
di massa ad opera di privati cittadini che decisero di costruire in questo tratto di costa la loro seconda casa dedicata alla villeggiatura. Da questo momento la proliferazione di nuove costruzioni sarà rapidissima, con picchi notevolissimi soprattutto fra il 1976 e il 1983 , ma con tendenza a stabilizzarsi entro gli anni ‘902, momento in cui questa forte espansione può dirsi conclusa e si ritorna a ritmi di crescita più contenuti e regolari.
sto fenomeno fu un evento di portata storica per l’intero territorio tale da imporci di collocare approssimativamente al 1965 quel momento di drastica svolta nelle dinamiche urbane che ha avuto delle ripercussioni fino ai giorni nostri.
Il risultato finale di questa intensissima attività edilizia fu la costruzione, in così pochi anni, di una città totalmente nuova e dalle dimensioni più che raddoppiate rispetto Questa crescita esponenziale è facilmente leggibile dalla sovrapposizione progressiva delle ortofoto del 1966 (IGM), 1977(SAS), 1981(SAS), 1992(IGM) e 1997(SAS). Un’altra fonte interessante, specialmente per quel periodo che va dal ‘76 all’83, è costituita da due schemi di studio presentati nella “Relazione Generale al PRG del Comune di Vittoria” del 1985 ed elaborati dal team di progettazione guidato dall’Arch. Susani ovvero: . TAV. 95 “Scoglitti / Rinnovamento urbano ed edificazione extraurbana dal 1976 al 1983” . TAV. 97 “Il patrimonio edilizio esistente al 1983 - Frazione di Scoglitti” 2
Qualche anno prima, nel Luglio 1943, quando le truppe americane sbarcarono in questo lembo di terra sabbiosa, Scoglitti si presentò loro come un piccolo borgo marinaro molto compatto nella sua struttura urbana e completamente gravitante intorno alla sua marineria, che era la sua fonte di sostegno primario, con le sue chiese e le sue pic152
al borgo storico. Come mostrano gli schemi presentati di
attività storiche legate alla pesca e all’agricoltura, la città
seguito, è come se al nucleo urbano originario fosse stata
“nuova” è invece di esclusivo uso stagionale e viene di fatto
giustapposta una nuova città costituita da un tessuto molto
abbandonata nei mesi autunnali ed invernali, si riattiva pro-
dilatato parallelamente alla linea di costa ma non sempre
gressivamente nei mesi primaverili ed entra a pieno regime
compatibile con la parte storica. Si venne a creare così un
nei mesi estivi, quando viene abitata quasi del tutto. Questo
sistema urbano composito in cui si possono individuare
è il momento in cui le due diverse parti della città, quella
due (o più) diverse matrici3: il tessuto urbano consolidato,
storica e quella di nuova costruzione, funzionano simbioti-
con la sua griglia regolare o quanto meno coerente ad un
camente, formando un’unico corpo urbano in cui il centro
disegno prestabilito, e il nuovo tessuto edilizio informale
si ritrova ad essere l’unico fornitore di servizi per l’intera
che non segue alcuno schema urbano preordinato ma che
area costiera scoglittese. Una situazione del genere pro-
invece si conforma in maniera diretta ed immediata al di-
duce di fatto situazioni di traffico congestionato e in alcuni
segno del regime fondiario dei terreni agricoli che vengono
momenti di particolare concentrazione di gente, in estate,
suddivisi e lottizzati.
comporta momenti di forte caos.
La forte differenza fra questi due sistemi urbani descri-
Di seguito andrò dunque ad approfondire singolarmen-
ve anche una profonda diversità d’uso che ne viene fatta:
te questi due diversi tipi di urbanizzazione, quella storica e
mentre nel tessuto storico continua a svolgersi durante
quella moderna, mettendo in risalto le forti differenze che
tutto l’anno la vita della comunità Scoglittese, con le sue
le contraddistinguono.
Nella Relazione preliminare al PRG del 1983, il team di progettazione, dopo l’analisi effettuata sul tessuto urbano di Scoglitti, lo descrive sinteticamente identificando tre tessuti urbani diversi. Questo sistema prende il nome “delle Tre Scoglitti” ovvero: “... la prima come conseguenza delle vicende storiche, la seconda in attuazione delle previsioni del Programma di Fabbricazione del 1979, la terza come conseguenza dell’edificazione realizzata con “indifferenza” nei confronti del P.d.F. , fino a invadere spazi destinati dal programma ad attrezzature pubbliche, in spregio agli interessi collettivi.” (Relaz. Prel. Scelte urbanistiche per redazione PRG - 1983 - Comune di Vittoria). Poichè a Scoglitti le previsioni del P.d.F. del ‘79 furono disattese quasi del tutto, sarebbe più corretto parlare di due, e non di tre, matrici differenti, ovvero quella storica e quella informale. 3
153
4.2.3 La città formale: Scoglitti, dai primi nuclei al 1965 La frazione di Scoglitti si sviluppò in un particolare punto della linea di costa che va da Kamarina a Gela ovvero l’unico che per proprie caratteristiche morfologiche si adattò alla realizzazione di un piccolo approdo per barche e velieri, discostandosi quindi dall’ormai del tutto abbandonato porto canale di Kamarina, situato più a Sud-Est. Si scelse quindi quella “piccola insenatura” che attualmente ricopre ancora l’antico ruolo di porto rifugio; una scelta che non potè ricadere altrove dal momento che proprio questo tratto di costa è l’unico protetto da scogli e rocce in un contesto, invece, fortemente lineare e sabbioso in cui difficilmente si sarebbe potuto realizzare un porto naturale. Il borgo sviluppa nel tempo un interessante sistema di vuoti urbani che gravitano attorno a due principali polarità. La prima consiste nel luogo di approdo per barche e velieri che viene inglobato e protetto dalla Piazza Sorelle Arduino e che ospita importanti elementi urbani come il Faro o Fanale (oggi noto come “la Lanterna”), il magazzino di conservazione del pesce azzurro (non più attivo) e gli uffici del distaccamento amministrativo. Poco sopra, in direzione nord-est, un’ampio vuoto urbano di forma poligonale ospita la chiesa di Santa Maria di Portosalvo (la principale della frazione) ove
154
questa si incastra in maniera da generare due spazi urbani
verso Kamarina. Sempre da Piazza Cavour si diparte la via
minori, uno di fronte ad essa e l’altro sul retro. Il più grande
Napoli (una delle vie principali della città) che, proseguen-
dei due spazi, quello posto di fronte la facciata, è la Piazza
do in direzione Nord-Est, continua verso Vittoria giungendo
Cavour, luogo privilegiato di rappresentanza e vero e pro-
fino al suo centro.
prio cuore di Scoglitti. Possiamo quindi descrivere lo schema sintetico di “funPiazza Cavour aveva una posizione di assoluta centralità
zionamento” del borgo marinaro attraverso pochi segni
all’interno del borgo di pescatori, caratteristica che man-
identificativi: una forte centralità rivolta verso il mare, un
tiene anche attualmente, all’interno però di un contesto
collegamento che da questa si origina e che prosegue verso
urbano più vasto e complesso. Insieme a Piazza Sorelle Ar-
Vittoria, in direzione N-E e una direttrice N-W / S-E che da
duino, costituiscono il fulcro della vita sociale, politica ed
Gela passa per Scoglitti ed infine giunge a Kamarina.
economica della frazione. Da un punto di vista zenitale si potrebbe quasi accostare a questo sistema di centralità
Nel corso degli anni, soprattutto da fine ottocento in poi
urbane la forma di un Ω, una sorta di ferro di cavallo che in-
il nucleo urbano continuò lentamente a crescere e a de-
globa in un unico gesto sia gli spazi di vita urbana più legata a
finirsi come piccola frazione marinara autosufficiente. La
funzioni di rappresentanza (p.zza Cavour) sia quelli dedicati
crescita urbana avvenne mantenendo stabilmente come
prevalentemente alle attività economiche della vita di Sco-
perno lo “Scalo” e diramandosi verso due direttrici princi-
glitti come l’attività portuale e la pesca.
pali: la prima, parallela alla costa, con direzione N-W / S-E, anche se in maniera non troppo pronunciata, e la seconda,
L’importanza che tale luogo rivestiva dipende soprattut-
ortogonale alla costa, che parte dal centro e prosegue in
to dal suo ruolo di assoluta centralità urbana e di luogo di
direzione N-E verso Vittoria che invece si manifestò in ma-
passaggio dei principali percorsi che collegano Scoglitti alle
niera più decisa.
Nell’immagine a sinistra:
località vicine più importanti come per esempio Gela, Vit-
Tavola XII
toria e Kamarina. Di questo nucleo centrale,Piazza Cavour
Questa descrizione schematica si realizza fisicamente
Storia di Vittoria
in particolare è delimitata dai percorsi di collegamento ex-
nella caratteristica forma ad “imbuto” che aveva Scoglitti
traurbani principali e ne è un esempio la strada per Gela
negli anni ‘50: da una concentrazione urbana maggiore in
(SP31), posta a Sud-Ovest, che la lambisce per poi giungere
prossimità della costa, la forma dell’edificato si va sempre
G. Barone 1950
155
più a rastremare lungo la via Napoli fino a ridursi a semplici e
Nonostante queste “variazioni sul tema” dello schema
sporadiche costruzioni adiacenti allo stradale Vittoria-Sco-
urbano storico di Scoglitti, la sua principale caratteristica è
glitti. Immaginando di dirigersi dal centro di Vittoria verso
la sua qualità intrinseca, la sua continuità e compattezza e
la frazione, incontravamo lungo il percorso un edificato
soprattutto il bilanciato rapporto fra i pieni e i vuoti. Que-
suburbano diffuso, a bassa intensità che in prossimità della
sta è quindi la “fotografia” che immortala la morfologia di
costa progressivamente si intensificava e si allargava fino a
Scoglitti agli albori degli anni sessanta4 in cui si notano tutte
giungere ed abbracciare completamente lo scalo maritti-
le caratteristiche di un piccolo borgo di pescatori il cui tes-
mo, punto di arrivo del tragitto.
suto urbano è perfettamente calibrato nelle dimensioni alle esigenze dei suoi pochi abitanti dediti prevalentemente ad
Per quanto riguarda le caratteristiche del tessuto urba-
attività legate alla pesca e al suo indotto.
no che andò formandosi attorno al nucleo centrale a ferro di cavallo, questo era costituito da una maglia ortogonale prevalentemente a lotti rettangolari. Secondo fonti attendibili, questa impostazione urbana così regolare fu dovuta ad un Piano di Ampliamento approvato a Vittoria nel 1882 dall’Amministrazione del sindaco R. Cancellieri. A differenza della monotona regolarità del tessuto vittoriese però, è interessante notare le inclinazioni diverse che la maglia assume adattandosi continuamente alla morfologia del territorio, in particolare alla linea di costa. Infatti, in prossimità dell’ingresso di Scoglitti la maglia urbana si presenta inizialmente coerente con la direzione della strada Nell’immagine a destra:
proveniente da Vittoria. Man mano che ci si avvicina al mare
Vista a volo d’uccello
invece la stessa maglia si inclina e tende a conformarsi alla direzione della linea di costa.
156
sul centro di Scoglitti.
I.G.M. - Aerofoto anno 1966 Identificazione: Fotogramma 390; Strisciata XXII; Foglio 275. 4
(Bing Maps)
157
Evoluzione urbana fino al 1966
1820 Fonti:
158
Foglio n. 275 della Carta d’Italia Scala 1:50.000
1897 Foglio n. 275 della Carta d’Italia IGM Scala 1:50.000
1940 Mappa catastale di Vittoria e Scoglitti Ag. del Territorio, Ragusa
1950
1966
Tavola XII G. Barone - Storia di Vittoria
Foglio n.647 della Carta d’Italia IGM Scala 1:50.000
1955 Fonte: Istituto 160 Geografico Militare Aerofoto. F.275/ Fg.7375/ Str.46 (1955)
1966 Fonte: Istituto 162 Geografico Militare Aerofoto. F.275/ Fg.389/ Str. XXII (1966)
4.2.4 La città informale: Scoglitti dopo il 1965
la balneazione, negli anni ‘50, quando moltissime famiglie trascorrevano intere giornate nella costa Scoglittese du-
La situazione cambiò però progressivamente quando,
rante il periodo estivo. Non fu quindi una sorpresa il fatto
dopo il boom edilizio di fine anni ‘50, i vicini Vittoriesi, ulti-
che questi, non appena ne ebbero la possibilità, decisero
mata la loro prima abitazione in città, decisero di dedicarsi
di costruire la propria casa di fronte al mare della frazione
finalmente una modesta casa di villeggiatura al mare. A fine
di Scoglitti, diventando quindi i principali promotori della
anni ‘50 la pressione edilizia sulla costa incominciò a salire
quasi totalità dei volumi di nuove edificazioni sulla costa.
e fu proprio in questo periodo storico che la nuova tecno-
L’enorme esplosione urbana non fu dovuta quindi all’au-
logia dell’agricoltura coperta in serra, importata in questo
mento esponenziale della domanda interna a Scoglitti ma
territorio dal Nord Italia, dimostrò di essere particolar-
fu spinta da “soggetti esterni” che utilizzarono il territorio
mente redditizia. Una vera e propria febbre dell’oro che in
costiero come base per un tipo di edificazione di qualità
pochi anni determinò, come effetto collaterale, un brusco
modesta, prevalentemente adibita ad un uso temporaneo
cambiamento dell’aspetto del paesaggio, comprometten-
e stagionale.
dolo in maniera quasi del tutto irreversibile. Ciò produsse un repentino miglioramento della situazione economica
Scoglitti quindi subì improvvisamente la pressione edi-
locale e garantì improvvisamente una corposa ricchezza
lizia dovuta ad un bacino d’utenza enorme come quello di
generalizzata. Questo arricchimento collettivo investì ampi
Vittoria, costituito da cinquantamila abitanti, molto supe-
strati della popolazione e fu di proporzioni tali da permette
riore rispetto a quello rappresentato dalle esigenze della
a tantissime famiglie di avere i mezzi economici necessa-
sola popolazione di Scoglitti, che di abitanti ne faceva molto
ri per poter pensare di costruire non solo la prima casa a
meno: da qui si generarono situazioni potenzialmente in-
Vittoria ma anche quella di villeggiatura a Scoglitti, così a
controllabili ed ingovernabili. La frazione non aveva stru-
lungo sognata.
menti autonomi per contrastare il fenomeno, essendo amministrativamente legata al comune di Vittoria e si ritrovò in
Storicamente infatti, come ampiamente mostrato, la fra-
una situazione del tutto fuori dalla sua portata.
zione di Scoglitti era il naturale punto di riferimento marittimo per gli abitanti di Vittoria e continuò ad esserlo anche
Come vedremo successivamente parlando degli stru-
nei primi momenti di affermazione della nuova moda del-
menti normativi, infatti, la pianificazione territoriale che
164
avrebbe dovuto gestire questa pressione, in questo preciso
mente dalle funzioni minime. Non si poneva dunque troppo
momento si fece trovare del tutto impreparata e non riuscì
l’attenzione sull’importanza della previsione di una dota-
quindi a creare nessun argine alla costruzione incontrollata,
zione minima di servizi pubblici, come per esempio anche i
nè tantomeno fu capace di direzionarla verso un disegno
servizi fognari di cui ancora oggi molte aree di Scoglitti sono
globale effciente. La situazione diventò quindi potenzial-
ancora prive, ma ci si arrangiava tranquillamente con quello
mente critica e pronta a generare risultati assolutamente
che si aveva.
imprevisti. Dal punto di vista del disegno urbano, come si nota negli schemi proposti di seguito, la nuova urbanizzazione avven-
Il sistema dei villaggi Il principio generatore della “nuova urbanizzazione” di Scoglitti, sembrerebbe legato ad una assoluto e deliberato rifiuto del modello di “città compatta”, avendo preferito di gran lunga un tipo di insediamento invece dilatato lungo la linea di costa e suddiviso in villaggi non collegati fra loro. Un tale modello urbano fu assolutamente congeniale alla logica della villeggiatura degli anni Settanta e Ottanta e corrispose esattamente all’idea che volevano portare avanti i suoi stessi promotori.
ne con un’impostazione che potremmo definire “a grappolo” ovvero formata da un importante asse viario principale costituito dal lungomare a cui si collegano ortogonalmente i vari villaggi di case dislocati lungo la costa. Questi agglomerati di edifici non sono collegati trasversalmente fra loro ma sono del tutto indipendenti: per passare quindi da un villaggio ad un altro, se questi sono adiacenti, occorre necessariamente passare dal viale principale non esistendo un sottosistema interno di strade. Questo meccanismo, oltre ad essere gravemente inefficiente determina costantemente problemi dovuti al traffico, che nei mesi estivi diventa davvero insostenibile.
La “città di villeggiatura”, per poter funzionare non aveva bisogno di un’ingente mole di servizi che ne accompagnassero l’uso estivo quotidiano ma si basava sul semplice binomio che accostava alla fruizione del mare una piccola residenza di supporto costituita, in molti casi, esclusiva-
165
1976
Costa Fenicia
Fonte: SocietĂ Aerofotogrammetrica Siciliana T. D. 166 VOLO ATA 1977/1978
Baia Dorica
Baia del Sole
Riviera Gela
Scoglitti Centro
Villaggio Kamarina
Cammarana
1976
Costa Fenicia
Collage di ortofoto del volo ATA 1977/1978. Fonte: 168 SocietĂ Aerofotogrammetrica Siciliana T. D.
Baia Dorica
Baia del Sole
Riviera Gela
Scoglitti Centro
Villaggio Kamarina
Cammarana
1983
Costa Fenicia
Fonte: Relazione ufficiale del Piano Regolatore Ge170 nerale del Comune di Vittoria (1985)
Baia Dorica
Baia del Sole
Riviera Gela
Scoglitti Centro
Villaggio Kamarina
Cammarana
1997
Costa Fenicia
Fonte: SocietĂ Aerofotogrammetrica Siciliana T. D. 172 VOLO ATA 1997
Baia Dorica
Baia del Sole
Riviera Gela
Scoglitti Centro
Villaggio Kamarina
Cammarana
2013
Costa Fenicia
Fonte: Carta 174 Tecnica Regionale ATA 2012-2013
Baia Dorica
Baia del Sole
Riviera Gela
Scoglitti Centro
Villaggio Kamarina
Cammarana
176
4.3
La matrice di base
4.3.1 Il processo insediativo Dal momento che l’amministrazione locale non riuscì a gestire questi ingenti quantitativi di nuova volumetria pronti a cascare a pioggia sulla costa, quali furono allora i soggetti che lo fecero concretamente, sostituendo di fatto il ruolo ordinatore dell’ente pubblico? Chi contribuì in maniera così determinante a creare un tale disegno del territorio? Quando si parla infatti dei risultati del costruito informale come “casuali” non si intende che questa situazione sia stata del tutto incidentale e priva di qualsiasi responsabilità o logica intrinseca; significa invece che ci sono stati degli
attori più o meno occulti che in maniera attiva hanno determinato le modalità di propagazione di tali fenomeni ma che alla fine, non curandosi degli aspetti di carattere collettivo e pubblico, hanno finito per determinare un risultato assolutamente non coordinato nè tantomeno previsto e quindi, solo in questa accezione, casuale. Coloro che ebbero un ruolo determinante nella realizzazione di volumi esponenziali di nuovo costruito furono senza dubbio i costruttori con le loro pressioni ma non bisogna affatto dimenticare le responsponsabilità dei proprietari dei terreni che in molti casi svolsero il ruolo di veri e propri “urbanisti dell’informale”.
177
Come mostrato dalle ortofoto, il processo insediativo del territorio costiero di Scoglitti avvenne in più fasi: 1. 1966. I lunghi filari di terreno ortogonali al mare
il processo informale. Sono i proprietari terrieri che con le loro scelte sulle modalità di parcellizazione decidono di fatto quale sarà il layout sul quale edificare il nuovo tessu-
vengono occupati in maniera massiccia dalle col-
to urbano. Sono loro gli attori principali ed inconsapevoli
tivazioni in serra, in misura maggiore nella parte di
dell’assetto del territorio, mentre i costruttori fanno il re-
costa che va dal nucleo urbano storico a “Punta
sto. Un vero e proprio sistema a carattere speculativo che
Zafaglione” piuttosto che nella fascia sabbiosa più
ha portato a questa situazione di profonda incertezza.
a Nord. 2. 1976. Ci si rende conto che l’agricoltura in serra aveva performances produttive superiori se praticata su terreni sabbiosi. Le serre vanno dunque ad occupare massicciamente le zone a Nord di “Punta Zafaglione” mentre i terreni di mezzo, meno pregiati per essere coltivati a serra e quindi a rischio deprezzamento, vengo suddivisi e venduti ad un prezzo intermedio fra il valore di un terreno agricolo e quello di uno edificabile. Col passare del tempo, in
Nelle foto in sequenza:
questi lotti, le serre vengono sostituite dalle case.
Progressione del fenomeno del frazionamento nell’area della
Fu così che i lunghi lotti rettangolari che prima ospitava-
Riviera Gela, a Scoglitti.
no dei vigneti, a nord del nucleo storico, vengono frazionati
Dai lunghi e stretti lotti agricoli del 1955, alla massiccia
e le singole particelle vendute ai privati che successiva-
diffusione delle serre nel 1967.
mente, coi loro mezzi o con l’aiuto di maestranze a cottimo,
Successivamente si assiste alla
avrebbero costruito le loro abitazioni. Quindi il frazionamento e la particellizzazione dei terreni ad opera dei privati è l’elemento determinante di tutto 178
progressiva sostituzione delle serre con le abitazioni di
1955
villeggiatura (1976)
1967
1976
179
4.3.2 I frazionamenti
questo caso dunque l’imprenditore edile che promuove la lottizzazione è il responsabile legale di tutte le fasi del pro-
L’atto di suddividere un lotto agricolo in piccole parti-
cesso edilizio, che va dalla suddivisione dei lotti fino alla ef-
celle da mettere poi sul mercato e vendere ai costruttori
fettiva costruzione degli immobili e alla loro immissione sul
costituisce la base fondiaria dell’edificazione abusiva. Il ra-
mercato. La differenza fra questo ed il nostro caso in analisi
gionamento dei proprietari terrieri fu terribilmente subdo-
consiste nel fatto che, a Scoglitti, quasi sempre le figure del
lo perchè ovviamente non vi è nulla di illegale nel parcelliz-
lottizzatore e del costruttore non coincidono e dunque, la
zare un lotto agricolo e venderne le sue parti. È un atto che
responsabilità penale di un abuso, è sempre da attribuire al
non si può nè vietare nè è così facile controllarlo e gestirlo.
costruttore e non al lottizzatore.
È una procedura che si basa sul diritto civile: si possiede un lotto di terra e si può decidere di suddividerlo in più parti
A questo punto, occorre spostare la nostra attenzione
senza nessuna restrizione. Sposta e scarica quindi tutte le
sui caratteri morfologici del tema del frazionamento, altret-
contraddizioni di carattere legale sui costruttori che, presi
tanto interessanti. Infatti, a differenza di quello che a prima
dal momento favorevole, decisero di costruire senza troppi
occhiata si poteva immaginare, c’è una certa ridondanza di
scrupoli, con o senza permessi assumendosi la totale re-
elementi e fattori che fanno di questa pratica qualcosa di
sponsabilità della legalità del processo.
meno casuale del previsto.Per studiare meglio la dinamica dei frazionamenti ovviamente è opportuno utilizzare come
È evidente che questo non è il caso però di una lottiz-
fonte principale lo strumento catastale.
zazione abusiva , processo che potrebbe sembrare simile 5
ma che nei fatti non lo è. Questo tipo di reato si verifica
L’Agenzia del Territorio di Ragusa custodisce una mappa
quando il proprietario di un grande lotto si fa promotore e
catastale risalente al 19406 , strumento utile al nostro studio
realizzatore di una lottizzazione che però risulterà difforme
in quanto antecedente alla diffusione del fenomeno. Con-
dagli strumenti urbanistici o priva di regolari permessi. In
frontando questa versione con la mappa catastale attuale riusciamo a capire le modalità e le dinamiche di propaga-
Legge 28 febbraio 1985, n. 47 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia.” Titolo IV; Capo II; Art. 30 (L) Lottizzazione Abusiva 5
180
zione del costruito abusivo. È interessante notare una certa
6
Non ci sono informazioni più precise circa la datazione
modularità nella suddivisione delle particelle, vendute poi
attraversava longitudinalmente tutto il lotto di partenza e
al cliente finale basandosi su dei veri e propri standard di-
che affiancava le particelle collegandole con il sistema via-
mensionali comunemente riconosciuti, come fanno notare
rio principale.
anche diverse fonti dirette. Infatti i terreni più comuni in vendita avevano le seguenti misure: 8 x 33 m; 12 x 33m; 15 x 33m; 19 x 33m.
Questo è lo schema-tipo di lottizzazione che riusciamo a decifrare dallo studio catastale e che diventa metodo standard di urbanizzazione per tutti i casi di nuova costruzione.
Va da sè che il prezziaro era crescente e il costo di ogni
Tutto ciò ci dà la cifra di quanto il fenomeno fosse comple-
lotto direttamente proporzionale all’area del lotto stesso,
tamente autogestito e si riesce quindi ad intuire quella defi-
creando una vera a propria differenziazione dell’offerta in
nizione data in precedenza di “proprietari terrieri - urbani-
modo da soddisfare diversi tipi di acquirenti. Ovviamente
sti”. In base a come frazionavano il loro lotto contribuivano
si parla di misure medie che si adattavano costantemente
a creare un singolo pezzo di questo grande puzzle che alla
ad ogni diversa situazione, ma generalmente, soprattutto in
fine avrebbe formato l’intera città.
alcune aree, questi valori tendevano a presentarsi con frequenza.
È un’operazione molto semplice, estremamente logica, ma che produsse risultati del tutto incoerenti su larga scala.
Si nota il costante ricorrere del valore “33m”, il che è
Ognuno creava la sua piccola porzione di città ma nessu-
facilmente spiegabile. Molto semplicemente infatti i lotti
no pensava alla città nel suo complesso, ad un suo disegno
agricoli che ospitavano prevalentemente vigneti avevano la
coerente e il risultato finale fu necessariamente deluden-
caratteristica di avere una larghezza media di circa trenta-
te. Dunque si potrebbe infine affermare che le modalità di
trè metri a fronte di una lunghezza variabile. Queste lun-
urbanizzazione di tipo informale, poichè spesso sono taci-
ghe stecche di terreno venivano quindi “tagliate” trasver-
tamente incentivate dalla stessa amministrazione pubblica,
salmente ogni otto, dodici, quindici, ecc. metri formando
locale e non, non hanno prodotto però dei risultati apprez-
lotti di aree diverse ma dalla profondità fissa, il che creava
zabili e costringono adesso la stessa amministrazione a do-
una reticolo che diventava una vera e propria base per una
ver riprendere in mano la questione e approntare le dovute
lottizzazione. Prima di suddividere i singoli lotti veniva ri-
soluzioni al fine di recuperare tali luoghi.
cavato lo spazio per una strada di larghezza variabile che 181
4.3.3 Modalità di intermediazione Avendo visto le logiche dietro la suddivisione e parcellizzazione della proprietà privata nei processi di urbanizza-
su aree demaniali o non appartenenti ai singoli utenti come nei casi di invasione e accampamento. La modalità più diffusamente riscontrata è quella dell’insediamento mentre è possibile assistere solo a sparuti casi di appropriazione.
zione informale avvenuti a Scoglitti, è interessante adesso indagare i rapporti (anche questi) informali intercorsi fra i proprietari dei lotti e gli utenti finali.
Questo aspetto è molto interessante in quanto mostra che nella “città di villeggiatura” la quasi totalità degli episodi edilizi non sono dovuti al cosiddetto “abusivismo di neces-
Sulla base della ricerca condotta nel 1983 dagli studiosi
sità” che avrebbe contemplato anche modalità di appro-
Aldo Clementi e Francesco Perego, si possono inizialmente
priazione dei terreni più informali e precarie (casi 2 e 4), ma
individuare diverse modalità attraverso cui l’utente si ap-
rientra più nella sfera degli episodi di tipo “semi-speculati-
proccia all’area di cui entra in possesso per realizzare un
vo” in quanto espressione non di un mero bisogno ma di una
“bene” attraverso modalità abusive. I due studiosi ne indi-
volontà di costruire al di fuori della norma e del mercato
viduano quattro:
edilizio formale per trarne vantaggio e profitto personale.
1. “insediamento: su aree di proprietà dell’utente e con edilizia consolidata 2. appropriazione: su aree di proprietà dell’utente e con edilizia precaria 3. invasione: su aree senza titolo di proprietà dell’utente e con edilizia consolidata 4. accampamento: su aree senza titolo di propietà e con edilizia precaria .”
7
Traslando quanto segue sul territorio di Scoglitti è possibile affermare che è raro individuarvi modalità di insediamento
Altro tema interessante proposto da Clementi e Perego è sul tipo di intermediazione che è intercorsa fra i proprietari terrieri e gli utenti finali al fine di realizzare il bene abusivo. Vengono individuate tre modalità che vengono riassunte in questo modo: 1. “autocostruzione elementare: il proprietario del suolo, generalmente un imprenditore agricolo, vende direttamente il lotto all’autocostruttore, che provvede da sé e per sé all’edificazione della casa. È questo un processo arcaico, nel quale il capitale di trasformazione ruola un gioco trascurabile.
7
A. Clementi, F. Perego (1983); p. 31 182
2. promozione fondiaria: il rapporto fra proprietario
cui l’utente si faceva carico autonomamente della costru-
dell’area e utente finale è mediato dalla figura del
zione del bene edilizio. Per quanto riguarda la presenza di
lottizzatore, che lancia l’operazione e ne estrae un
mediatori e “lottizzatori”, ovviamente non esistono dati e
elevato profitto a spese dei lottisti. È determinante
documenti che accertano la presenza di tale “figura ope-
il capitale investito nella trasformazione fondiaria.
rativa” nel processo edilizio informale ma stando a quanto
La figura del lottizzatore può peraltro identificarsi
si evince da alcune interviste effettuate in loco è possibile
con quella del proprietario del suolo;
affermare che in alcuni casi questa presenza ci sia stata.
3. promozione immobiliare: la figura chiave è il pro-
In relazione dunque a quanto detto in precedenza, oltre ai
motore immobiliare che realizza le singole unità
proprietari terrieri, come responsabili diretti del processo
edilizie e le vende, finite, a una domanda non più
di urbanizzazione informale si inseriscono a pieno titolo gli
espressa di autocostruttori, ma di una generalità di
“intermediari” o “lottizzatori”, che realizzarono lauti guada-
aspianti-casa disposti ad accedere al mercato abu-
gni attraverso l’acquisto di lotti agricoli, la loro parcellizza-
sivo in cambio di un miglior rapporto prezzo-qualità
zione ed infine la rivendita come lotti edificabili.
edilizia.”
8
Il terzo caso proposto dai due studiosi potrebbe essere riferito, per esempio, a quanto visto precedentemente per Castel Volturno ed il “Villaggio Pinetamare” costruito in maniera completamente abusiva ma capace di attrarre un’utenza ampiamente eterogenea e disposta ad investire: nulla a che vedere con i fenomeni di autocostruzione dunque. Per quanto riguarda Scoglitti invece, le dinamiche contrattuali informali fra utenti e proprietari terrieri sono riconducibili maggiormente ai casi n.1 e 2 e dunque accostabili a dinamiche del tutto “autocostruttive” attraverso 8
A. Clementi, F. Perego (1983); p. 32 183
Presentazione della mappa catastale storica
La mappa catastale storica qui riportata rappre-
Per indisponibilità di informazioni da parte dell’Agen-
senta la suddivisione della superficie fondiaria per
zia non è stato possibile mostrare la restante parte
come si presentava a Scoglitti nel 1940 circa.
costiera che giunge fino al confine a Nord con il co-
Si nota immediatamente una certa tendenza a suddi-
mune di Acate e che comprende quell’area che at-
videre la proprietà in lunghi filari ortogonali alla costa
tualmente ricopre l’area serricola a maggiore concen-
che ospitavano i vigneti, precursori delle serre qui im-
trazione, di cui sarebbe stato interessante indagarne
piantate negli anni sessanta.
l’antico tracciato catastale.
Altri elementi di spicco sono i due collegamenti principali che raggiungevano Scoglitti, ovvero la strada per Vittoria e quella diretta verso Gela, a Nord Ovest. La mappa è stata ottenuta attraverso la giustappo-
Nella pagina a fianco:
sizione di più screenshots forniti dall’Agenzia del Terri-
Unione degli screenshots della mappa catastale
torio di Ragusa che, per motivi legali, non ha il diritto di diffondere scansioni più definite della mappa antica. Il risultato ottenuto è quello che viene qui presentato. Nella mappa viene presentato un brano di territorio che va dal promontorio di Kamarina alla zona dell’attuale Costa Fenicia.
Nelle prossime due pagine: Mappa Catastale del 1940 Fonte: Agenzia del Territorio di Ragusa
A pagina 188: Disegno CAD della Mappa Catastale realizzato per ricalco dell’unione degli screenshots
184
186
Mappa catastale storica (anno 1940) Mappa catastale attuale (anno 2017)
Costa Fenicia
188
Confronto fra mappa catastale storica e attuale
Baia Dorica
Baia del Sole
Comune di Vittoria (RG)_Scoglitti_scala 1:10.000
Riviera Gela
Riviera Gela
190
Scoglitti Centro
Vi
illaggio Kamarina
Cammarana
L’area di Costa fenicia e Baia Dorica
Verso la metà degli anni ‘70, vennero a formarsi due grossi villaggi autonomi dal nucleo storico e centrale di Scoglitti e collocati più a Nord, esattamente in prossimità di Capo Zafaglione: Baia Dorica e Costa Fenicia. Prima della nascita di tali conformazioni il territoio era prevalentemente destinato ad uso agricolo e presentava lotti lunghi e generalmente ortogonali alla costa. Dallo schema qui proposto si nota la parcellizzazione della gran parte dei lotti che in questa maniera ha dato il via all’urbanizzazione informale. Si evince, peraltro, l’estrema coerenza fra lo schema catastale risalente al 1940 e quello attuale, elemento che dimostra chiaramente che i nuovi villaggi costruiti siano stati l’esito non di un tipo di lottizzazione progettata dall’alto, che avrebbe in questo modo mostrato sicuramente una modificazione dell’assetto fondiario, ma della semplice parcellizzazione dei lotti agricoli.
192
Confronto fra mappa catastale storica e attuale
Mappa catastale storica risalente al 1940 Mappa catastale attuale (2017)
Comune di Vittoria (RG)_Scoglitti_scala 1:5.000
Mappa catastale storica risalente al 1940
194
Confronto fra mappa catastale storica e mappa satellitare_Scala 1:10.000
1
2
3
Il Villaggio di Costa Fenicia è stato costruito a partire
Il villaggio di Baia Dorica ha più o meno le stesse ca-
Si nota esplicitamente come la morfologia dell’urba-
da lotti agricoli ampi e presenta una maglia urbana
ratteristiche di Costa Fenicia: è il prodotto di un unico
nizzazione informale dipenda esclusivamente dalla
a scacchiera formata da percorsi ortogonali fra loro.
momento di suddivisione di un singolo e vasto lotto
volontà/disponibilità o meno di un proprietario a par-
Uno schema differente da quelli che vedremo soprat-
agricolo. Come nel caso precedente, le abitazioni di
cellizzare il proprio terreno agricolo o meno. Terreni
tutto in seguito, costituiti prevalentemente da agglo-
villeggiatura sono affiancate dalle serre e danno luo-
interamente frazionati spesso si affiancano a terreni
merati a filari paralleli. Il villaggio è stato realizzato a
go ad un paesaggio misto turistico - agricolo.
ancora integri determinando in questa maniera delle
ridosso della linea di battigia, esponendo le abitazioni a fenomeni di erosione sempre più marcati.
Zoom di dettaglio di alcune aree_Scala 1:5.000
nette pause alla continuità del tessuto urbano finale.
L’area della Riviera Gela e del centro storico
Leggere la struttura urbana informale adiacente al centro storico ci permette di fare osservazioni interessanti. Se andassimo a rivedere infatti lo schema dell’evoluzione urbana riferita all’area in questione (da p. 158) noteremmo come nel corso degli anni si sia creato un grande vuoto centrale compreso fra il centro consolidato e l’area di nuova espansione (nello spazio successivamente occupato dal “constesto urbano n.7” riferendosi a p. 126). La presenza di terreni a filari stetti e lunghi (come si vede nello schema), estremamente facili da parcellizzare e vendere ed inoltre posizionati sufficientemente distanti dal centro in modo da essere venduti a prezzi decisamente più competitivi rispetto alle aree più centrali ancora non
traverso procedure formali. Questa differenza di mo-
urbanizzate, determinò che questi lotti fossero edifi-
dalità di urbanizzazione si riscontra nella qualità ur-
cati prima dell’area immediatamente adiacente al
bana e materica degli stessi agglomerati urbani, che
centro storico che rimase inutilizzata per molto tempo.
risulta essere decisamente inferiore in quelli edificati
Il “vuoto” centrale fu colmato, in parte solo nel 2000
frettolosamente negli anni ‘70 rispetto alle nuove lot-
attraverso dei piani di lottizzazione portati avanti at-
tizzazioni del 2000.
196
Confronto fra mappa catastale storica e attuale
Mappa catastale storica risalente al 1940 Mappa catastale attuale (2017)
Comune di Vittoria (RG)_Scoglitti_scala 1:5.000
Mappa catastale storica risalente al 1940
198
Confronto fra mappa catastale storica e mappa satellitare_Scala 1:10.000
1
2
3
L’area residenziale della Riviera Gela è stata edificata
Un tema interessante della nuova urbanizzazione pe-
All’interno del centro storico, l’incoerenza fra map-
a lunghi filari paralleli ed ortogonali alla linea di co-
riferica di Scoglitti riguarda i nuovi villaggi edificati
pa catastale e struttura urbana effettiva è dovuta al
sta, disposti “a pettine”. L’urbanizzazione informale,
all’ingresso della frazione, a Est. Il cosiddetto “Villag-
fatto che a strutturare l’urbanizzazione di espansione
a differenza di Costa Fenicia, non ha previsto attra-
gio Sacro Cuore” è stato edificato attraverso una
del centro fu il Piano del 1882. Sebbene dunque que-
versamenti ortogonali, ma ha puntato alla massima
parcellizzazione di tipo informale ma inclinata rispetto
sta sia avvenuta verso gli anni ‘50, le prescrizioni del
redditività dell’operazione, riducendo al limite minimo
alla struttura fondiaria di partenza. I proprietari hanno
Piano erano ancora valide e dettarono le regole dello
anche gli spazi dedicati alla realizzazione delle strade
adottato questo stratagemma al fine di massimizzare
sviluppo urbano. Questa è dunque la principale moti-
e degli strettissimi marciapiedi.
la redditività dell’operazione.
vazione di un tale discostamento dal catasto storico.
Zoom di dettaglio di alcune aree_Scala 1:5.000
L’area di Cammarana
L’urbanizzazione di Cammarana è quella che ha avuto i risvolti più controversi e gli effetti ambientali più gravi. Emergono in particolare due elementi. Prima di tutto notiamo, anche in questa occasione, un’estrema coerenza fra la mappa catastale storica e le edificazioni e parcellizzazioni successive. I villaggi dell’area di Cammarana sono degli schemi perfetti in cui in un singolo lotto vengono ricavati due file di parcelle da destinare ad abitazioni e la strada di collegamento centrale. Assolutamente eccezionale invece è quanto avvenuto presso l’antico paesaggio dunale. Due enormi lotti di terreno privati sono stati internamente risuddivisi attraverso quello che può essere definito come un vero e proprio Piano Urbano di tipo informale a maglia ortogonale le cui particelle sono state ben studiate nelle dimensioni in modo da differenziarne i prezzi di vendita e dunque essere appetibili ad utenze diverse. Il “piano” si è realizzato solo in parte, essendo oggi molti lotti inedificati. 200
Confronto fra mappa catastale storica e attuale
Mappa catastale storica risalente al 1940 Mappa catastale attuale (2017)
Comune di Vittoria (RG)_Scoglitti_scala 1:5.000
Mappa catastale storica risalente al 1940
202
Confronto fra mappa catastale storica e mappa satellitare_Scala 1:10.000
1
2
3
Il “Villaggio Kamarina” è un agglomerato urbano au-
Nell’immagine si nota il nucleo abitativo centrale della
Nella parte in basso dell’immagine si evidenzia la linea
tonomo edificato informalmente. A differenza degli
“lottizzazione” di Cammarana. Non si evincono le li-
curva corrispondente al bordo più esterno di quell’an-
isolati “a pettine” della Riviera Gela, in questo caso le
nee del catasto storico proprio perchè anticamente
tichissimo paesaggio dunale oggi scomparso di cui
linee dell’urbanizzazione sono più complesse e spic-
esisteva un unico macrolotto: questo grande terreno,
ancora oggi sussistono alcuni residui sabbiosi. I terri-
ca quella linea ondulata (come si nota in figura) che
non essendo coltivabile, non fu mai suddiviso per fini
tori immediataente adiacenti al bordo della “Duna del
si è consolidata nel tempo in una strada carrabile alla
agricoli. Fu invece parcellizzato direttamente a scopo
Re” furono invece suddivisi e usati per fini agricoli, cosa
quale si è innestato l’intero edificato del villaggio.
residenziale e lo schema ortogonale sovraimposto di-
che si verifica anche attualmente.
pende esclusivamente dalle logiche speculative.
Zoom di dettaglio di alcune aree_Scala 1:5.000
204
4.3
Modalità di crescita
Avendo analizzato teoricamente la matrice di base su
al compimento di tale processo, nella realizzazione di una
cui poggia, non resta che descrivere l’evoluzione dinamica
vera e compiuta Città, ma prende più le sembianze di un
del costruito informale e la modalità di propagazione.
insieme casuale di costruzioni dal disegno complessivo del tutto imprevedibile e spesso diverso da quelle che sareb-
La dimensione totalmente privatistica ed individualista
bero state le linee della pianificazione ufficiale. La confi-
del fenomeno della costruzione della casa di villeggiatura ha
gurazione urbana finale che viene fuori da questi decenni
generato un prodotto collettivo non ottimale ed efficiente,
di improvvisa e frenetica crescita urbana quindi risulta più
per molti aspetti imprevedibile e che in definitiva, a parte
assimilabile ad un insieme di villaggi di case, assolutamente
eccezioni, non può che essere considerato complessiva-
privi di qualsiasi tipologia di servizi dislocati al loro interno
mente come scadente. Questo non è un aspetto isolato e
e, per questo motivo, strettamente dipendenti dal nucleo
circoscritto ad alcuni esempi precisi ma si riscontra come
urbano più vicino.
elemento costante di tutti i fenomeni di edificazione informale. In queste situazioni infatti, l’agglomerato urbano che
Anche Scoglitti quindi è un sistema composto da un nu-
va progressivamente formandosi attraverso una continua
cleo centrale forte e da villaggi satellite che ad esso si con-
giustapposizione di singole volumetrie raramente riesce,
nettono attraverso un collegamento principale. 205
Sebbene ad una prima lettura di questi territori com-
soggetti medi, in cui queste dinamiche hanno guadagnato
pomessi da episodi di informalità sia difficile trovare una
un’evidenza particolare e quindi più facilmente descrivi-
chiave di lettura che ne permetta una compiuta descrizio-
bile. Tarmatura, espansione, infiltrazione, densificazione e
ne, andando più a fondo si scopre che invece non è poi così
saturazione sono voci che non definiscono stati di fatto sta-
vero. È infatti possibile identificare nel tessuto edilizio al-
bili, ma piuttosto i processi attraverso cui i tessuti abusivi
cune tendenze, alcuni trame ed elementi che valutati com-
si sono sviluppati, ipotizzandone un’archeologia dinamica
plessivamente riescono a chiarire molteplici aspetti sulle
piuttosto che una classificazione statica.” 9
caratteristiche morfologiche di tali agglomerati urbani. Un tale tipo di approccio “pragmatico/descrittivo” intraPer aiutarmi in questa descrizione morfologica mi ricon-
preso da Zanfi potrebbe sembrare a prima vista scontato,
duco alle recenti ricerche che sono state svolte sui feno-
un’operazione nè innovativa nè interessante ma se conside-
meni dell’abusivismo edilizio in questi anni ed in particolare
rassimo come fu affrontato in Italia il tema dell’abusivismo
al lavoro svolto da Federico Zanfi e presentato nel suo libro:
edilizio nel periodo della sua massima esplosione ci accor-
“Città Latenti; Un progetto per l’Italia abusiva”. Zanfi, infatti,
geremmo che non lo è. Spesso infatti, fin dagli anni settanta
definisce sei differenti metodologie di crescita urbana in-
si è teso a considerare questa serie di fenomeni informali/
formale che sono frutto di una sua personale ricerca, estra-
abusivi come del tutto eversivi e i loro prodotti come ag-
polate dall’analisi di vari casi empirici a livello nazionale in
glomerati urbani di serie B, assolutamente privi di dignità
cui tali fenomeni insistono. Attraverso questi sei modelli è
urbana. Sono stati spesso mascherati, nascosti e sempre
possibile, in linea di massima, descrivere ed includere tutti
considerati come luoghi temporanei, precari, pronti ad es-
i diversi e sfaccettati casi di pratiche costruttive abusive/
sere demoliti da un momento all’altro.10
informali che coinvolgono il nostro Paese (e non solo). Zanfi si fa invece promotore di una visione più contem-
“Dall’Antologia di paesaggi ricorrenti è possibile estrar-
poranea sul problema e decide, come primo passo, sempli-
re sei modalità di crescita, sei linee di trasformazione non
cemente di decrivere tali luoghi per come sono, evitando
previste dagli strumenti della pianificazione - e dal loro punto di vista non coglibili - che hanno nelle sei località
9
descritte non tanto dei capifamiglia quanto degli anonimi
F. Zanfi (2008), p. 146
10
B. Secchi (2004), p. 291
206
il dibattito su come siano nati ma puntando a conoscere
filtrazione, Erosione.
come si siano evoluti nel tempo (effettuando una vera descrizione dinamica) al fine di avere un’immagine chiara di
Queste categorie sono state individuate e definite dallo
essi e soprattutto, per poter immaginare delle possibili li-
Zanfi attraverso l’osservazione complessiva di interi nuclei
nee di intervento per gli anni a venire.
abusivi e quindi, per rigore empirico, dovremmo identifi-
“Per declinare localmente l’immagine aggregata nume-
carne solamente una al fine di poter descrivere l’intero co-
rica attraverso cui l’abusivismo edilizio è diventato materia
struito di Scoglitti. Date, però, le notevoli differenze e pe-
di urbanistica, per superare le immagini improprie sto-
culiarità fra i suoi vari agglomerati abusivi non è possibile
ricamente impiegate per darne conto, per produrre una
effettuare quest’operazione di “reductio ad unum” bensì è
legenda del grigio indistinto serve un approccio descritti-
necessario ricorrere a più categorie al fine di poter abbrac-
vo in grado di rendere visibili questi luoghi, di restituirli al
ciare tutte le manifestazioni del fenomeno informale.
presente, di mostrarli quali elementi costitutivi del nostro paesaggio contemporaneo nel loro stato fisico e di costruzione sociale.”
11
Per poter catalogare e categorizzare entro tali “modalità di crescita” i vari episodi di edilizia informale avvenuti a Scoglitti è stato necessario utilizzare un’approccio dina-
Come precedentemente accennato infatti, l’aspetto
mico di sovrapposizione di fonti (ortofoto degli anni: 1955,
evolutivo e dinamico del fenomeno della costruzione in-
1966, 1976, 1987, 1992, 1997) che ci mostrano l’effettiva
formale si declina nell’ampia varietà di casi in cui viene
evoluzione nel tempo dei contesti urbani in analisi. Diamo
riscontrato attraverso una serie di modalità ricorrenti e
quindi definizione di queste “linee di trasformazione non
precisamente definibili che abbiamo già identificato nelle
previste dagli strumenti della pianificazione”12, utilizzando le
“sei differenti modalità di crescita” teorizzate dallo Zanfi.
parole di Zanfi stesso.
Delle modalità evolutive informali, quelle che si avvicinano maggiormente a descrivere compiutamente il caso Scoglitti sono sostanzialmente quelle di Tarmatura, Espansione, In-
11
Zanfi F. (2008) p.73
da Città Latenti; Un progetto per L’italia abusiva
12
F. Zanfi 2008 - p. 146 207
cazione del sistema insediativo “a grappolo” di cui si parlava
4.3.1 Tarmatura
in precedenza, ovvero di una struttura urbana costituita
“Tarmatura indica un processo di crescita urbano for-
da un asse centrale e da appendici laterali. Questo sistema
malmente non ordinato, caratterizzato da lottizzazioni di-
trova attuazione a Scoglitti attraverso il suo lungomare, che
sperse a bassa densità edilizia, scollegate fra loro.”
funge da asse principale, alla quale si annettono i singoli vil-
13
Questa definizione può tranquillamente adattarsi a gran
laggi di case di villeggiatura sparsi nel paesaggio agricolo.
parte del nuovo tessuto urbano scoglittese, ma proseguendo a leggere, la definizione si fa ancora più calzante:
L’area in questione denota profili di incertezza sul futuro
“La condizione iniziale vede generalmente un’occasio-
in quanto ospita numerosi edifici residenziali, edificati dopo
nale disponibilità di suoli agricoli frazionati (illegalmente)
il 1976 entro 150m dalla linea di battigia, insanabili e a ri-
e venduti in momenti diversi, non rispondenti ad alcun di-
schio demolizione. In questo caso la nuova variante al PRG
segno urbano nè ad alcun tentativo di coordinamento tra i
prevede come soluzione per risolvere il problema un tenta-
promotori.” E continua: “L’assenza di reti spinge ad adottare
tivo di responsabilizzazione dei costruttori, sia per coloro
qualche debole principio di razionalità insediativa seguen-
che possiedono edifici legali o ormai sanati, sia per quelli
do i tracciati agricoli esistenti...”
che ancora abusivi. Attraverso lo strumento della perequa-
Quest’ultima frase invece ci permette di localizzare in
zione (Cap. 5 e 6) infatti si punta a far “spostare” ai pro-
maniera più precisa l’area in questione comprendendo
prietari le proprie abitazioni in luoghi più distanti dal mare
gran parte del territorio: dal Cimitero a Baia Dorica, esclu-
concedendo agli “abusivi” una certa quantità standard di
dendo il nucleo storico che, come già visto, fa storia a sè.
diritti edificatori (0.75 mq/mq) da spendere in altre aree, previa demolizione del proprio manufatto illegale e conce-
L’area della Riviera Gela La “Riviera Gela” è luogo di numerosi casi di tarmatura nel territorio scoglittese. Si tratta della perfetta esemplifi-
13
F. Zanfi 2008 - p. 147 208
dendo inoltre una premialità cospicua (+50% rispetto allo standard) sempre in termini di diritti a coloro che hanno edifici ormai sanati. Attraverso questo sistema si spera di dare finalmente ordine a tali contesti urbani costieri nati in maniera eccessivamente frettolosa e del tutto disordinata.
Nella foto a destra: Alcuni villaggi in prossimità del lungomare di Scoglitti. Comune di Vittoria (RG)
209
Tarmatura
1
2
210
3
4
4.3.2 Espansione
in parte è già stata fatta.
“Espansione si riferisce all’ampliamento della mole
Per questo motivo, proprio perchè ci troviamo di fronte
di un corpo, determinato da un a o più forze provenienti
ad un contesto dalla situazione giuridica molto meno incer-
dall’interno. La crescita abusiva riconducibile a processi
ta rispetto all’area costiera, per queste aree è potenzial-
di espansione interessa contesti urbani sprovvisti di Piani
mente più facile progettarne un futuro. Infatti non siamo di
urbanistici o dotati di Programmi di Fabbricazione datati o
fronte ad aree sensibili in contesti naturali di pregio o a ri-
sottodimensionati, con vistose dilatazioni del centro abita-
dosso della spiaggia o in un parco, per le quali si profilereb-
to originale in una o più direzioni, in assenza di alcuna pre-
be sicuramente una questione ideologica sulla legittimità o
visione urbanistica.”
meno di effettuare interventi di recupero tentando quindi
14
di “salvare” anche le abitazioni costruite abusivamente.
Le aree di Espansione Est
Trovandoci qui in aree periurbane più defilate e quindi meno “conflittuali”, l’approccio previsto dalla pianificazio-
Si parla di dinamiche di Espansione per quanto riguarda i
ne locale è la predisposizione di un Piano di Recupero che
quartieri di nuova edificazione attualmente identificati dal-
tenti una riprogettazione dettagliata di tali luoghi. I piani
la variante al PRG come “Scoglitti-Est”. Si tratta di tre-quat-
tendono a creare i presupposti funzionali e urbanistici per
tro nuovi agglomerati autocostruiti nati al di fuori del nu-
annettere al meglio queste aree al nucleo consolidato; aree
cleo storico e come appendice ad esso, localizzati lungo il
nate fuori dal controllo degli strumenti urbanistici principali
percorso della Vittoria-mare in prossimità dell’ingresso a
e che adesso necessitano quindi di una nuova strategia al
Scoglitti (da qui scaturisce la loro essenza di luoghi perife-
fine di creare un disegno complessivo coerente.
rici). Essendo lontani dalla costa e da altri tipi di emergenze culturali o paesaggistiche, gli edifici in queste aree non dovrebbe avere troppe difficoltà a rientrare in procedure di sanatoria ed essere quindi regolarizzate del tutto, cosa che 14
F. Zanfi 2008 - p. 148 212
Nella foto: Villaggio Sacro Cuore e Villaggio Borgo Nuovo, Scoglitti Est. Comune di Vittoria (RG)
213
Espansione
1
2
214
3
4
215
4.3.3 Infiltrazione “Infiltrazione”15 è un passaggio lento e continuo, consen-
tito dalla permeabilità di un corpo, dentro al quale un agente esterno guadagna spazio e, attraverso piccoli passaggi successivi, si accresce. La crescita urbana abusiva riconducibile a processi di infiltrazione riguarda quelle situazioni in cui l’edificato è il parassita che scava una nicchia in un corpo ospite - area naturale o agricola - di dimensioni molto maggiori, per godere di alcune qualità ambientali offerte dal contesto circostante”. Ad una prima lettura, quanto appena affermato non sembrerebbe adattarsi a nessuna delle parti del contesto scoglittese in quanto non presenta elementi naturali così “spessi” e impenetrabili da essere considerati un argine all’edificazione abusiva ma se continuiamo a leggere notiamo altri dettagli: “ ..Generalmente si tratta di macchie
boscose compatte, riserve naturali protette o estensioni di colture solide, come quella serricola tali per cui l’aggressione abusiva non ne provoca il disfacimento, ma vi penetra in modo interstiziale mantenendo un assetto aggregato e riconoscibile all’interno del corpo ospite, procedendo per accostamento di piccoli lotti contigui.” Nella foto:
15
F. Zanfi 2008 - p. 150 216
Villaggio Costa Esperia, Scoglitti Nord Ovest. Comune di Vittoria (RG)
L’area di Contrada Alcerito
potendo abbandonare un luogo dalle caratteristiche ambientali così peculiari alle pratiche informali di chi vi abita,
È il riferimento alle colture in serra che ci consente di
agiscono impongonendo forti vincoli paesaggistici e indivi-
affermare che tutta l’edificazione sparsa della zona costiera
duando fasce di recupero costiero. Questi elementi di fat-
di Contrada Alcerito è un chiaro fenomeno di infiltrazione.
to generano quindi una situazione di tensione che, sebbene
Si potrebbe dire anche di più: Zanfi infatti descrive il pro-
per il momento sopita, potrebbe manifestarsi presto. In
cesso di infiltrazione proprio prendendo in analisi il terri-
generale, la conseguenza finale è che non si riesce a vedere
torio serricolo dell’attigua Marina di Acate, nucleo centrale
una prospettiva di sviluppo chiara per questa zona che vive
della cosiddetta Fascia trasformata e confinante con Sco-
un grado di sospensione e di indeterminatezza costante,
glitti, che ci fa intuire come questa definizione sia scaturita
rimanendo di fatto in un limbo da cui non riesce a uscire.
proprio dall’osservazione di questo territorio. A differenza dell’esempio precedente (Espansione) è qui che si concentrano quei territori sensibili di cui parlavamo in precedenza che coinvolgono al loro interno una serie notevole di problematiche e contraddizioni che riguardano aspetti legali, ambientali e paesaggistici. A stupire, in particolare, è la grande concentrazione di interessi diversi rivolti a questo lembo sabbioso di costa proprio a causa delle sue qualità intrinseche. A farla da padrone sono i produttori serricoli che coi loro impianti contribuiscono a fare di questo luogo l’area a maggiore densità serricola di tutta la fascia trasformata a cui poi si aggiungono i possessori di alcune abitazioni dedicate alla villeggiatura che contribuiscono a rendere il quadro ancora più confuso. Oltre a questo, inoltre, su quest’area insistono fortissime spinte legaliste, o almeno presunte, da parte soprattutto di enti pubblici come Regione e Provincia che non 217
Infiltrazione
1
2
218
3
4
219
4.3.4 Erosione
L’area di Cammarana
“Un processo di erosione indica un’azione fisica disgre-
È proprio quello che è successo nella spiaggia di Cam-
gatrice che sottrae materia da un corpo aggredito su uno
marana dove le nuove costruzioni collocate su una griglia
o più lati. I processi di crescita urbana abusiva che identi-
ortogonale preordinata (disegnata dallo stesso proprieta-
fichiamo come erosivi si sono sviluppando avanzando lun-
rio terriero) e calata dall’alto hanno distrutto, erodendolo
go fronti ampi e scomposti, ai danni di una zona naturale o
dall’interno, quel paesaggio dunale così delicato che era
agricola priva di caratteristiche tali da opporsi all’avanza-
lì da secoli. Ampie parti di quello che anticamente era un
mento.”
unico e vasto contesto sabbioso si sono trovate di punto in bianco circondate su quattro lati dalle carreggiate di questa
Tipici fenomeni di erosione possono essere individua-
enorme lottizzazione, ritrovandosi imbrigliate all’interno di
ti nell’intera piana di Cammarana fra Scoglitti e Kamarina,
quelle che potremmo definire delle vere e proprie “pisci-
luogo che per secoli ha ospitato un maestoso e complesso
ne di sabbia” giganti: un sistema antropico rigido che da un
paesaggio dunale ma che nel giro di pochi anni è stato del
momento all’altro si sovraimpone alle dinamiche naturali di
tutto manipolato dall’opera dell’uomo e adesso si trova im-
un paesaggio mobile come quello dunale, facendolo di fat-
brigliato all’interno di una maglia urbana ortogonale che ne
to morire. Fra una casa e l’altra si trovano spesso dei vuo-
contraddice del tutto le caratteristiche morfologiche.
ti costituiti da sabbia e residui di vegetazione dunale che
“I tessuti esito di dinamiche di erosione si presentano
danno l’idea, appunto, di un luogo incerto, indeterminato,
come zone ibride di transizione tra un elemento naturale
dove la mano dell’uomo è stata eccessiva e dannosa e dove
e un insediamento urbano, al cui interno i due materiali
si fa davvero fatica a distinguere una linea di confine fra
convivono fortemente parcellizzati, in una simbiosi instabi-
spazio urbanizzato e naturale.
le che può attestarsi su un equilibrato rapporto di pieni e vuoti o evolvere verso situazioni critiche in cui l’elemento
Quella su Cammarana è senza dubbio l’operazione infor-
costruito prende il sopravvento e tende a consumare per
male più controversa e assolutamente più ingiustificabile di
intero il corpo naturale, saturando la sua superficie.”16
tutto il territorio scoglittese sia per i gravi danni causati al paesaggio naturale preesistente, adesso difficilmente re-
14
F. Zanfi 2008 - p. 152 220
cuperabile, sia per la spregiudicatezza con la quale alcuni
attori del processo, con le loro azioni, hanno decisamen-
assumersi la responsabilità di progettare una svolta possi-
te calcato la mano. Infatti ci troviamo di fronte ad uno dei
bile. Il tema sulla riqualificazione di Cammarana infatti, ine-
pochissimi casi in cui il disegno urbano non è frutto delle
vitabilmente prevedrebbe di affrontare anche la questione
particellizzazioni di terreni agricoli preesistenti bensì di un
sulle demolizioni, diventando quindi un vero e proprio tabù
vero e proprio disegno a maglia ortogonale calato dall’alto e
che tutti, soprattutto la politica, preferiscono nascondere
“progettato” da ignoti, senza alcun controllo pubblico, che
e rimandare.
ha impresso in maniera autoritaria un segno indelebile in quest’area così preziosa di risorse storiche e paesaggisti-
Col passare del tempo però queste contraddizioni pro-
che che invece sarebbero dovute essere di fruizione pub-
gressivamente vengono avvertite da sempre più strati di
blica.
popolazione dal momento che va diffondendosi, soprattutto nelle nuove generazioni (anche se lentamente), un pro-
In riferimento al territorio di Cammarana, l’atteggiamen-
gressivo interessamento generale nei confronti delle risor-
to dell’amministrazione comunale è ambivalente. Da un lato
se naturali presenti nel proprio territorio anche con l’idea
pare far finta di non vedere l’enormità dei problemi che la
di sfruttarle a fini turistici.
coinvolgono mascherandosi dietro la possibilità di un sem-
Si fa quindi sempre più evidente una presa di coscienza
plice rifacimento del “lungomare” Kamarina, tema utilizzato
nei confronti di Cammarana da parte di vari soggetti, pub-
solamente come diversivo per evitare di affrontare di petto
blici, privati, ma soprattutto da associazioni ambientaliste,
la questione, in tutti i suoi aspetti. Dall’altro, principalmente
che potrebbe presto segnare un punto di svolta. Già nell’e-
però perchè costretta dagli strumenti urbanistici sovraor-
state del 2017, attraverso il progetto “LIFE+ Leopoldia”,
dinati, inserisce nella variante generale al PRG (2017) una
di cui si discuterà al Capitolo 6, l’area delle dune di Cam-
destinazione urbanistica a “Parco Archeologico e natura-
marana è stata interessata da interventi tesi alla tutela dei
listico” che coinvolge tutta l’area di Cammarana lasciando
residui dunali e di una loro migliore fruizione da parte dei
supporre una sua volontà riparatrice che dia finalmente
visitatori. Si ha inoltre notizia di un possibile potenziamento
nuovo senso a tutta questa zona. Questo duplice atteggia-
del suddeto progetto cofinanziato dall’Unione Europea che
mento dell’ente locale, però, nei fatti si traduce in una si-
possa coinvolgere in maniera massiccia tutta l’area ponen-
tuazione di attesa infinita, denotando una scarsa attitudine
do finalmente le basi per realizzare il “Parco archeologico e
delle Amministrazioni succedutesi al governo della città ad
naturale di Cammarana”. 221
Erosione
1
2
222
3
4
223
1955 224
1976
Nella foto a sinistra:
Nelle foto a destra:
Confronto ortofotografico dell’area di Cammarana fra l’anno 1955 ed il 1976
Immagini della piana di Cammarana e degli edifici che vi insistono.
(Fonte: IGM e SAS)
225
5 Analisi degli strumenti di pianificazione locale e della loro evoluzione
228
5.1
Elementi di storia della pianificazione locale
5.1.1 Premessa Dopo aver studiato le dinamiche evolutive e di crescita di Scoglitti, dalla sua origine come borgo di pescatori e scalo merci fino all’odierno e più complesso sistema urbano, analizziamo adesso gli strumenti urbanistici che hanno accompagnato l’evolversi di tali fenomeni. Le fonti adoperate per affrontare tale tematica provengono prevalentemente dagli strumenti di analisi propedeutica alla stesura dei vari piani ossia le relazioni illustrative al Piano Regolatore Generale del Comune di Vittoria del 1983 la relazione allegata alla proposta di Variante Generale al PRG del 2017, oltre che dagli archivi dell’Ufficio del Piano del Comune di Vittoria e da colloqui ed interviste a fonti
esperte in materia. Analizzare, per quanto possibile, la storia della pianificazione del Comune di Vittoria equivale a capire quali dinamiche regolative erano in atto nei vari momenti cruciali di trasformazione urbana dell’ambito costiero. Capire quindi come mai questi strumenti che avrebbero dovuto pianificare nel corso degli anni lo sviluppo urbano si sono rivelati spesso inefficaci. Bisogna immediatamente osservare come il pubblico, nella veste particolare dell’Amministrazione comunale, non è riuscito a gestire nei fatti la nuova edificazione costiera. È quindi fondamentale cercare di comprendere in maniera più approfondita come l’evoluzione degli strumenti normativi pubblici locali sia andata di pari passo con l’evoluzione urbana di un territorio per po229
ter, in questa maniera, capire il perché di questo fallimento. Ho identificato infatti nella storia della pianificazione di
5.1.2 Origini del borgo di Scoglitti
un territorio, uno strumento imprescindibile di analisi che,
Ad essere precisi, occorre affermare (come visto nel ca-
messo in parallelo con una conoscenza delle dinamiche di
pitolo 3) che il territorio costiero di Kamarina ebbe vicende
evoluzione della sua urbanizzazione, riesce a darci un qua-
urbane molto più antiche rispetto a quelle dell’entroterra e
dro cognitivo completo sull’evoluzione urbana di un luogo e
alla nascita della città di Vittoria. Conosciamo molto bene le
sulle cause dell’insorgere di eventuali fenomeni di urbaniz-
griglie urbane che regolavano l’edificato della città greca di
zazione patologica di tipo abusivo/informale.
Kamarina e le sue modificazioni a conferma che importanti
Nonostante il tema principale di questa tesi riguar-
tentativi urbanisitici vennero promossi in questo territorio
di esclusivamente la costa e la frazione di Scoglitti, non è
in epoca antica, ad iniziare dal VI secolo. Tutto questo però
possibile in questa fase prescindere da un’analisi degli
avveniva sul promontorio dove venne fondata l’antica colo-
strumenti urbanistici prodotti per Vittoria, in quanto cit-
nia greca quando ancora il territorio di Scoglitti, poco più a
tà capoluogo del territorio comunale. Studiando le fonti si
Nord Ovest, era solo una zona di campagna o prevalente-
evince infatti che la maggior parte degli eventi di pianifica-
mente adibito a necropoli.
zione ufficiale che hanno coinvolto il territorio di Scoglitti sono sempre dipesi dalla città capoluogo. Questo poichè
Per riscontrare la presenza del primo vero nucleo pri-
nel Maggio 1878 Scoglitti divenne a tutti gli effetti frazione
mordiale di Scoglitti bisogna quindi fare un salto in avan-
del territorio di Vittoria e quindi burocraticamente dipen-
ti al 853 d.C. circa quando questa fu fondata dagli arabi e
dente da esso. La logica che seguirò nella stesura di questo
prendeva il nome di Gazirat el-Haman. Dalle principali fonti
capitolo sarà infatti quella di soffermarmi ad indagare le vi-
consultabili non risulterebbe nulla riguardo ad un tentativo
cende pianificatorie che avvennero nella città capoluogo e
di pianificazione ordinata del primo nucleo di fondazione di
verificare che queste abbiano riguardato anche il territorio
Scoglitti. Non si può quindi dire nulla in merito ad un dise-
costiero e la frazione di Scoglitti. L’unico momento in cui
gno razionale dei primi insediamenti produttivi dello scalo
tale considerazione risulta impossibile è ovviamente per
marittimo e delle prime abitazioni.
tutta quella fase antecedente alla fondazione di Vittoria, per la quale bisogna ricercare fonti specifiche che trattino esclusivamente di Scoglitti. 230
5.1.3 Il Piano Cancellieri
a diventare una moderna città dotata di servizi pubblici. La sua promessa più importante fu quella di dotare la città di
Sempre secondo le fonti consultate non risulterebbe al-
un Piano Regolatore che ne avrebbe regolato lo sviluppo.
cun evento pianificatorio di rilievo che riguardi Scoglitti per
Il Piano viene proposto in concomitanza dell’approvazione
quasi un millennio dalla sua prima fondazione.
della nuova legge urbanistica del Regno che all’art. 86 del capo VI e all’art. 93 del capo VII introduce l’istituzione dei
Nel frattempo, nel 1848, la città di Vittoria era in una fase di rapida crescita economica e urbana trainata dalla sua
Piani Regolatori Edilizi e dei Piani Regolatori di Ampliamento.
forte vocazione di città agricola, caratteristica che detiene tutt’ora. Impiantata fin dalla sua fondazione su una maglia
Il Piano Regolatore di Ampliamento, fortemente auspi-
urbana a scacchiera a lotti rettangolari continua il proprio
cato dal Sindaco Cancellieri venne quindi adottato con voto
sviluppo in maniera ordinata e rigorosa. Come attestano
unanime del Consiglio Comunale e finalmente approvato
numerose fonti si evince che lo sviluppo urbano della città
con Regio Decreto del 23 Agosto del 18811.
è sempre stata pianificato fin dalla sua nascita e che il riQuesto è il primo vero e importante momento della Sto-
sultato morfologico della sua prima crescita urbana non è frutto di fenomeni informali.
ria della pianificazione della città che porta Vittoria a livelli del tutto invidiabili in termini di innovazione amministrativa.
Un momento fondamentale di pianificazione per Vittoria, e che riguardò pure il suo scalo marittimo di Scoglitti,
Si nota però che il Piano, per come veniva concepito
avvenne sotto la sindacatura del senatore Rosario Cancel-
nell’Ottocento, non faceva riferimento ad un ambito terri-
lieri, aristocratico locale che si spese con tutte le sue forze
toriale ampio ed esteso fino ai limiti del territorio comuna-
per uno sviluppo sano del territorio ipparino. Cancellieri fu
le bensì si riferiva semplicemente ad un contesto pretta-
eletto sindaco il 1 Marzo del 1879. L’innovativa e lungimiran-
mente urbano più ristretto, che comprendeva solo i confini
te opera amministrativa del sindaco Cancellieri era ricca di
dell’edificato esistente e la sua espansione pianificata. Non
vari punti programmatici importanti per la città e il territo-
è quindi automatico pensare che un tentativo del genere
rio, tutti elementi che avrebbero portato Vittoria dall’essere un semplice agglomerato urbano ad economia agricola
1
F. La China 1998 (1890) - n.138 p. 195 231
abbia necessariamente coinvolto tutto il territorio, incluso
Dopo l’intensa opera riformatrice della fine del XIX se-
il borgo di Scoglitti. Effettivamente alcune fonti importan-
colo che ebbe come indiscusso protagonista il Cancellieri,
ti come il testo “Vittoria; Dal 1607 al 1890” dell’Arciprete
negli anni a seguire l’attività amministrativa rallentò e non ci
F. La China, seppur citando in più punti il moderno Piano
furono ulteriori tentativi di pianificazione urbana degni di
del Cancellieri per Vittoria, non ne fa alcun riferimento per
nota. Non si riscontrano attività pianificatorie fino a tutto il
Scoglitti, lasciandoci supporre che il borgo costiero non sia
primo novecento.
stato coinvolto dal piano stesso. L’edificato vittoriese cresceva seguendo le linee dettate Altre fonti invece2 affermano l’istituzione di un vero e
dal Piano, non sconvolgendo quindi la maglia ortogona-
proprio Piano di Ampliamento ad hoc per Scoglitti che sa-
le di derivazione spagnola che lo stesso Piano Cancellieri
rebbe stato approvato l’anno successivo, nel 1882. Questo
aveva confermato. Tuttavia, col passare del tempo e sen-
Piano sarebbe stato presentato in Consiglio Comunale il
za ulteriori prescrizioni formali, sempre più spazi di libertà
19 Aprile del 1882 e realizzato dallo stesso architetto che
edificatoria vengono reclamati dai costruttori che, pur nel
aveva disegnato il piano dell’81, il Signor Eugenio Andreuzzi.
rispetto della regola generale della maglia urbana, occupa-
Data la sua importanza per la campagna vittoriese, Scoglitti
no con le loro abitazioni i lotti destinati a piazze e luoghi
dunque non venne abbandonata a se stessa ma, sempre nel
pubblici, depotenziando di molto l’idea iniziale di Progetto
1882, furono realizzate importanti opere pubbliche come
e la sua visione futura.
la bonifica degli stagni Salito e Biviere posti in contrada Cammarana, la sistemazione di tutte le vie interne, la pa-
“Il disegno regolatore voluto dal Cancellieri troverà
vimentazione a lastricato delle vie principali e l’avvio del-
un’attuazione quasi calligrafica nei decenni successivi [al
la progettazione del nuovo molo portuale di ponente che
1881], per soddisfare una crescente domanda di suolo
avrebbe dovuto proteggere i velieri e i modernissimi piro-
edificabile in dipendenza della espansione demografica. A
scafi a vapore dai venti di maestrale.
poco a poco vengono saturati gli isolati che continuano ad essere suddivisi secondo modalità ormai arcaiche in “posti casa” unifamiliari ed edificati a cortina sul filo del fronte
Comune di Vittoria (1980) “Cenni di Storia Urbanistico-Amministrativa della Città di Vittoria.” p. 18 2
232
stradale.
Risulteranno sacrificate molte delle piazze previste no-
quant’anni del XX secolo avvenne in maniera tutto somma-
nostante fossero la configurazione spaziale di un desiderio
to ordinata nonostante siano state disattese da parte dei
di dare espressione, ancorchè schematica, alla vita colletti-
costruttori alcune prescrizioni del Piano Cancellieri. Anche
va organizzata, come dimensione del crescere della società
dopo il superamento dei suoi limiti, grazie ad una morfo-
civile. Va riconosciuto come la forma urbana di Vittoria non
logia dei terreni favorevoli perchè pianeggianti, il nuovo
sia frutto di modi inerziali e “spontanei” di una città che
costruito che venne prodotto al di fuori delle prescrizioni
cresce su se stessa, quanto la conseguenza di una volontà
ormai insufficienti del Piano del’81, continuò comunque a
pianificatrice che ha modellato la città soddisfacendo nella
seguire la regola caratterizzante della maglia urbana orto-
sua geometrica morfologia le esigenze di una popolazione
gonale, e il nuovo tessuto urbano, quindi prodotto in ma-
che si andava differenziando nei suoi ceti sociali.
niera informale, risultava perfettamente compatibile con
[...] Il resto della città si espande fino agli anni ‘60 satu-
quello della città pianificata.
rando gli isolati previsti dallo schema del Cancellieri e superando i margini, con una tipologia edilizia modestissima,
Nonostante ciò, l’assenza di una pianificazione del nuovo
formata da alloggi monofamiliari quasi sempre a pian terre-
tessuto urbano si andava notando proprio nel suo intrinse-
no, spesso riscattati nella loro povertà con un decoro riser-
co aspetto di prevedere spazi e strutture pubbliche, che
vato al fronte edificato sulla strada”
effettivamente non vennero realizzati nel nuovo tessuto
3
urbano, comportando la costruzione di nuovi quartieri del In questo estratto tratto dalla Relazione preliminare al PRG del 1983 si evincono le modalità di crescita urbana del
tutto privi di una benchè minima dotazione di servizi per i cittadini.
territorio ipparino nel periodo che andò da fine Ottocento agli anni cinquanta in cui si ebbe un’effettiva incertezza
Per quanto invece riguarda Scoglitti, l’analisi della cre-
pianificatoria, dal momento che le prescrizioni del Piano
scita del suo tessuto urbano storico ha fatto emergere un
Cancellieri, del ‘81, venivano progressivamente superate. Si
certo ordine anche nella costruzione della città costiera,
potrebbe affermare che lo sviluppo ediliziio dei primi cin-
controllata ovviamente dall’applicazione del suo Piano di Ampliamento. Come visto in precedenza infatti, la lenta ma
Relazione illustativa al PRG Comune di Vittoria (1983) 3
costante espansione edilizia a cui si assiste da fine ottocento fino agli anni ‘50 dà vita ad un piccolo borgo di mare, 233
costituito da un tessuto urbano a maglia ortogonale (a lotti rettangolari) e dal bordo esterno perfettamente definito e
5.1.4 La Pianificazione negli anni Cinquanta
non frastagliato, che abbraccia un sistema urbano più in-
Un punto di svolta avvenne nel 1949, con la sindacatura
terno, a forma di ferro di cavallo che costituisce lo Scalo
Traina, quando si decise di parlare nuovamente di pianifi-
marittimo. Si nota quindi che il nuovo tessuto urbano re-
cazione urbana. Con la deliberazione n. 15 del 7/05/1949,
alizzato fino agli anni ‘50 abbia seguito una logica pianifi-
il Consiglio Comunale approvò all’unanimità un documento
catoria ben precisa e che questo ha garantito dei risultati
di “Divieto di fabbricazione oltre l’attuale perimetro dell’a-
positivi ed efficaci in termini urbanistici.
bitato” con l’intento esplicito di controllare la nuova edificazione e di includerla entro confini ben precisi4. Il comune non poteva però lasciare la città nel totale immobilismo semplicemente bloccando le nuove edificazioni fuori dal perimetro già edificato: occorreva un nuovo piano che indicasse quanto prima le nuove linee di sviluppo urbano. Nei primi anni cinquanta si iniziò a parlare dunque della realizzazione di un nuovo Piano Urbanistico che avrebbe dovuto sostituire l’ormai obsoleto Piano Cancellieri. Nel dibattito generale in Consiglio Comunale che faceva da sfondo alla realizzazione del nuovo strumento urbanistico, vennero evidenziati dei temi ben precisi che il nuovo stru“Il Consiglio Comunale delibera, in applicazione dell’art. 34 della legge urbanistica 17/08/1942 n. 1150 che: “Sino a quando non verrà compilato ed approvato il piano regolatore della città, per il quale prossimamente sarà bandito regolare concorso nazionale , è disposto in via provvisoria il divieto di fabbricazione oltre l’attuale perimetro dell’abitato di Vittoria costituito dai fabbricati periferici attualmente esistenti” 4
Fonte: Cenni di Storia Urbanistico-Amministrativa della Città di Vittoria. Pag. 18 234
mento pianificatorio avrebbe dovuto affrontare e risolvere:
oppure se invece fosse stato meglio un modello compatto,
i nuovi tessuti urbani non pianificati, la dotazione di nuovi
denso e poco esteso in piano. A giudicare dalle opinioni del
servizi e luoghi pubblici, ecc... ma la cosa più interessante
tempo, il dibattito si orientò molto più sulla seconda ipotesi
e contemporaneamente più ambigua del dibattito è che si
piuttosto che sulla prima.
pose molto l’attenzione su tema apparentemente marginale per una città di piccole/medie dimensioni qual era Vittoria negli anni ‘50: la densità urbana.
Dalle parole si passò ai fatti e nel 1950 (con deliberazione del C.C. n.7 del 25/02/1950) si stabilì di indire un concorso
Infatti, dalla lettura di alcune dichiarazioni emerge che
pubblico di progettazione urbanistica, a livello nazionale.
“la caratteristica delle edificazioni rade era insopportabil-
Tuttavia, dopo varie vicessitudini di tipo politico, il concor-
mente oneroso pel Comune per la mole di spese per abi-
so venne bandito di fatto solo nel 1953 ed espletato il 7 Di-
tante da sostenere in sistemazioni stradali e fognature” ...
cembre del 1954. Continuò infatti quella rispettabile e pro-
“il Comune ha quindi tutto l’interesse ad infrenare l’espan-
ficua tradizione vittoriese di decidere in maniera collettiva
sione dell’abitato nell’attesa di poter proporre [...] quali
e condivisa le proprie linee di sviluppo urbano attraverso
debbano essere le zone di espansione dell’abitato e quali le
uno strumento formale condiviso.
zone di abitazione intensiva.”
Le aspirazioni che l’ A. C. riponeva sullo strumento del
Si propone addirittura di tracciare “...una linea perime-
Piano erano alte e il Sindaco Traina e la giunta desiderava-
trale entro la quale venga fatto divieto di fabbricazione al
no uno strumento che trasformasse radicalmente Vittoria,
fine di spronare i cittadini a sopraelevare le case esistenti,
affrancandola dal suo modesto sviluppo urbano consolida-
aumentando così la densità territoriale nelle zone a costru-
tosi nei cinquant’anni precedenti per puntare alla costru-
zione intensiva” . Questi sono elementi che indicano come
zione di nuovi e moderni edifici, affiancati da larghe strade
l’opinione pubblica generale si stesse interrogando molto
e spazi verdi. Vi era una chiara e precisa idea di città e delle
su quale modello di città futura fosse più congeniale in pri-
sue enormi potenzialità, soprattutto a livello agricolo, e si
ma istanza per Vittoria e poi a Scoglitti. Se fosse stata me-
riscontrava molto entusiasmo per la realizzazione di questo
glio una città ad estensione larga, costante e bassa in altezza
nuovo strumento. È da considerare poi che davvero pochi
5
comuni, soprattutto del Sud Italia, al 1950 avevano già un Tutto il testo virgolettato è tratto da: Cenni di Storia Urbanistico-Amministrativa della Città di Vittoria. Pag. 18 5
Piano Regolatore alle spalle ed un altro in fase di discussione. Tuttavia, nonostante le aspirazioni dell’Amministrazio235
ne fossero alte, le cose si misero peggio del previsto e per
ministrazione dunque si trovò in forte ritardo rispetto alle
poter appovare definitivamente lo strumento urbanistico si
istanze dei cittadini e si dimostrò del tutto impreparata a
dovette attendere ancora molto tempo. Le iniziali intenzio-
gestire un’incredibile ondata di nuove costruzioni che dun-
ni di radicale trasformazione urbana promosse dalla giunta
que vennero realizzate fuori da ogni logica pianificatoria.
iniziarono infatti a confliggere con quella che era la reale situazione della città.
Questo aspetto è fondamentale e lo si potrebbe ritenere come la causa principale dell’esplosione dell’edilizia infor-
Siamo infatti nel 1954, momento in cui, come accennato nel paragrafo precedente, iniziò una fase di forte pressio-
male nel territorio di Vittoria e Scoglitti, i cui esiti giungono fino ai nostri giorni.
ne edilizia prima a Vittoria e successivamente sulla costa, dovuto soprattutto all’epocale rivoluzione agricola in atto
Tornando al 1954, uno dei principali ostacoli, secondo
nella fascia trasformata. L’urgenza di costruire la propria
le fonti del Comune, all’avvio dell’iter di progettazione è
abitazione fu fortissima e tale pressione sfociò in un nuovo
riconducibile alla Regione Siciliana che non fu solerte nel
fenomeno di espansione urbana meno ordinato di quanto
comprendere ed espletare le richieste dell’Amministrazio-
visto fin’ora, spezzando così quel meccanismo di autoge-
ne ritardando di fatto tutto l’iter burocratico. La situazio-
stione edilizia che fino a questo momento era riuscito a
ne si sbloccò solo il 12 Marzo del 1956 quando il Comune
supplire in maniera dignitosa all’inefficacia del vecchio Pia-
di Vittoria venne insierito dalla Regione stessa nell’elenco
no.
dei comuni obbligati per legge a redigere il Piano Regola-
Nel 1954, si generò quindi una discrepanza forte e so-
tore Generale. Il sindaco di allora, F. Traina, potè finalmente
stanziale fra la politica locale e i suoi tentativi di riforma
conferire quindi l’incarico di progetto (5 Giugno 1957 - Atto
urbana, che appoggiava un nuovo piano dagli effetti mi-
n. 80) al team vincitore del concorso composto dagli Ingg.
rabolanti ma fortemente sproporzionati per il territorio a
Giurdanella, Ugo e Veraci, questi ultimi due soggetti fon-
cui si riferiva, e i cittadini che, avendo i mezzi necessari per
damentali in quanto generalmente, in maniera informale,
poter costruire in maniera autonoma e senza alcuna mini-
danno il loro nome al piano stesso.
ma pretesa di tipo estetico, ritrovandosi senza prescrizioni urbanistiche da seguire preferirono farlo immediatamente, senza aspettare l’approvazione di un nuovo piano. L’am236
5.1.5 La Pianificazione negli anni Settanta Agli albori degli anni sessanta il Piano in discussione non
mediari speculatori) lottizzarono e spezzettarono i terreni vincolati a servizi e soddisfecero, arricchendosi, la fame di case che la città aveva.”6
era ancora stato approvato. L’iter della pianificazione fu decisamente lungo e fra vari tumulti di natura politica e diversi
In questo contesto venne presentato un Piano forte
avvicendamenti di nuove giunte e diversi consigli comunali,
nei contenuti e nelle implicazioni, un piano ambizioso che
anche con una parentesi commissariale nel 1964, il piano
non solo non era adatto a controllare una situazione qua-
Ugo e Verace venne adottato solo il 12 Febbraio del 1970,
si emergenziale ma contribuiva a creare motivi di tensione
quattordici anni dopo il conferimento di incarico ai proget-
e polemiche per via delle pesanti indicazioni che il piano
tisti e in pieno boom economico.
stesso conteneva. Si continuò a puntare molto l’attenzio-
Questo estremo ritardo avvenne in un momento davvero
ne sulla scarsa densità abitativa dei quartieri centrali della
delicato per la città. Si concretizzarono e si acuirono quel-
città e lo si legge bene nel secondo punto della relazione
le condizioni analizzate precedentemente attraverso cui il
al piano: “Il PRG redatto dal gruppo Ugo - Verace trova il
binomio serricoltura - boom edilizio mutò definitivamen-
suo fondamento nei seguenti elementi: ... 2) La monotona
te il volto del territorio di Vittoria. Questo fu il momento in
struttura a maglia quadrata o rettangolare del tessuto urba-
cui avvennero le modificazioni più sostanziali e profonde
no con la sua enorme estensione e con la sua modestissima
dell’assetto urbano e agricolo, a tal punto che potremmo
densità edilizia.
considerare la situazione odierna semplicemente come
[...] L’abitato del capoluogo è caratterizzato da un’esten-
una declinazione di quella che si venne a creare a Vittoria
sione a maglia irrazionale ed ingiustificata dal punto di vista
negli anni ‘70, una sua consueguenza. Furono gli anni della
urbanistico, da una povertà dell’edilizia e da un’impres-
“speculazione selvaggia” e delle lottizzazioni abusive a mac-
sionante carenza di infrastrutture. Di fatti l’insufficienza
chia d’olio che si verificano alla periferia della città di Vitto-
dell’edilizia scolastica, l’assenza totale di verde pubblico, se
ria ma soprattutto riguardarono, distruggendolo, il territo-
si eccettuano i giardini pubblici, la mancanza di attrezza-
rio costiero. In questo periodo fu evidente l’atteggiamento
ture sociali, di spazi pubblici e di parcheggi, una rete viaria
“silenzioso” che si ebbe da parte dell’A. C. che manifestò
interna che rende sempre più difficile la circolazione moto-
“... l’assoluta inerzia (neppure una denuncia) nei confronti di coloro i quali (vecchie famiglie, proprietari terrieri, inter-
6
Cenni di Storia Urbanistico-Amministrativa della Città di Vittoria. Pag. 19 237
rizzata, l’esistenza del traffico di transito all’interno dell’a-
pubblico.
bitato, sono tutti elementi negativi per una moderna città
Il progetto proposto consistette dunque in un piano for-
investita da uno sviluppo che interessa tutte le attività di
te e difficile da far comprendere ai cittadini, che andava a
una città industriosa e ricca di iniziative”7. Le premesse del
toccare in maniera marcata anche i quartieri più antichi e
discorso sembrarono condivisibili, ma le risposte lo furono
consolidati della città, non preoccupandosi dell’eventuale
molto meno.
demolizione di palazzi di pregio. Veniva quindi, di fatto con-
Una improvvisa volontà quasi haussmanniana coinvolse il
traddetta la natura stessa del Piano Cancellieri e il tipo di
team di progetto che quindi decise, nella propria proposta
crescita urbana così lineare e ben definito che lo caratteriz-
di Piano, di sovrapporre un nuovo disegno profondamente
zava. Un’operazione di tale portata sarebbe stata gustifica-
articolato su quella che era invece una maglia ortogonale
bile per una città di grandi dimensioni e con esigenze note-
molto regolare ed ormai del tutto consolidata, costituita da
voli di un miglioramento netto delle condizioni del traffico,
strade non troppo larghe e già molto densa. L’unica solu-
ma in questo caso fu semplicemente una proposta del tutto
zione quindi diventò lo “sventramento”, termine che diven-
sproporzionata se consideriamo che era destinata per una
ne anche di uso molto comune al tempo e che evidenziava
città che avrebbe raggiunto nel 1990 i sessantamila abitanti
quel pesante giudizio che l’opinione pubblica rivolgeva nei
(non stiamo certo parlando di duecentomila abitanti).
confronti del Piano. Si prevedeva di allargare strade, ampliare piazze e cre-
Naturalmente, anche Scoglitti venne coinvolta nel Piano
arne di nuove ed addirittura arrivò la proposta di creare un
Ugo e Verace e anche qui la decisa mano dei progettisti si
vero e proprio Centro Direzionale nel cuore storico del-
nota in maniera vistosa. Erano previste demolizioni nel nu-
la città di Vittoria, fra le vie Roma - Bixio - Brescia e San
cleo storico ed in particolare lungo la Via Napoli e in Piazza
Martino prevedendo di fare importanti sopraeleazioni e di
Cavour, compromettendo la forma triangolare dell’insedia-
demolire alcuni isolati per realizzare nuovi spazi di verde
mento originario.
Relazione Preliminare al Piano Ugo e Verace; 1970. Atto n.17 del C.C. del 12-02-1970
te scontentò e spaventò molto i cittadini che lo rifiutarono
Tratto da: Cenni di Storia Urbanistico-Amministrativa della Città di Vittoria. Pag. 19
quindi costretta a prendere in mano la situazione e decise
Non appena adottato, nel 1970, il Piano inevitabilmen7
238
categoricamente. La nuova A. C. eletta nel Giugno 1970 fu
di andare avanti con il Piano Ugo e Verace ma si aprì all’idea
Piano Ugo e Verace. Le ragioni furono varie e non infondate
di nuove modifiche che riducevano drasticamente il volume
dal momento che anche lo stesso Assessorato poneva pe-
degli sventramenti. Si pensi che questo strumento fu così
santissimi dubbi circa la mole e l’entità degli sventramenti,
osteggiato in C.C. che furono presentati ben centodieci os-
motivando così la sua scelta:
servazioni al piano ed opposizioni subito dopo la sua pubblicazione.
“Per quanto riguarda la zonizzazione e gli interventi previsti dai progettisti del piano regolatore ... non si condivide
Nel 1972 il Piano venne profondamente cambiato e i
l’impostazione generale in quanto il piano si basa su una
viali alberati, le nuove piazze e gli slarghi furono eliminati
ristrutturazione pressocchè totale dell’abitato mediante la
quasi del tutto. Il tentativo dell’ A. C. fu apprezzabile poi-
creazione di nuovi assi stradali, slarghi, centro direzionale,
chè quest’ultima si decise ad abbandonare gran parte delle
ottenuti operando sventramenti notevoli il cui risultato non
proprie controverse ed eccessivamente determinate vellei-
appare proporzionato allo sforzo finanziario necessario per
tà pianificatorie e puntò sostanzialmente alla rapida appli-
conseguirlo. D’altra parte la morfologia edilizia esistente
cazione di uno strumento pianificatorio più semplice8 che,
presenta peculiari caratteristiche che verrebbero automa-
anche se fortemente azzoppato nei suoi principi fondanti,
ticamente soppresse.”
fosse efficace ed immediatamente esecutivo. Fu quindi
A questa data, il C. T. A. dell’Assessorato non aveva an-
un’operazione saggia quella di cambiare il Piano piuttosto
cora appreso le decisioni di modifica del Piano avvenute
che avviarne l’iter per uno nuovo, operazione che inevita-
nel 1972 che attenuavano tali effetti ma nonostante ciò di-
bilmente avrebbe richiesto altro preziosissimo tempo che
chiarò: “... pur accettando il principio di evitare le demo-
invece la Città non aveva, essendo di fatto non regolata.
lizioni, gli allargamenti di vie esistenti, i comparti e i verdi pubblici nelle zone zone del centro già edificate (approvate
Ma questi sforzi furono vani dal momento che fu la Re-
il 4/04/72) non può accettare il permanere ... del nuovo
gione Siciliana, tramite l’Assessorato Generale dello Svilup-
centro direzionale, nè la restante impostazione della zona
po Economico che il, 20/11/1973, bocciò definitivamente il
di espansione e di saturazione”. Il piano venne accusato anche di altre negligenze e ven-
Il Consiglio Comunale delibera in merito alle osservazioni al PRG e adotta definitivamente il Piano in data 4 Aprile 1972 8
Fonte: Relazione illustativa al PRG - 1983
nero rivolte forti critiche anche per l’impostazione della zona costiera e turistica di Scoglitti. Il C. T. A., organo proprio dell’Assessorato, “... è di parere che l’esaminato PRG 239
del Comune di Vittoria sia da restituire per la sua rielabora-
sione edilizia avvenne in concomitanza con la progressiva
zione ai sensi dell’ art. 8 della L.U. 17/08/1942 n.1150.”
inadeguatezza di tali strumenti e si potrebbe ipotizzare che se ci fossero stati dei piani efficaci il fenomeno dell’abusivi-
Nel 1974, ricevuto l’atto di protocollazione della sua bocciatura da parte della Regione, Il Piano Ugo e Verace viene definitivamente accantonato.
smo a Scoglitti e a Vittoria sarebbe stato decisamente meno evidente: una falla del sistema più che il sistema stesso. Parlando di Scoglitti, si nota che la sua crescita urbana fu regolare fino a metà anni sessanta e tutto lascerebbe pre-
Ritengo che questo sia stato uno dei momenti cruciali
supporre che se ci fosse stato un Piano serio da sfondo alla
del processo di pianificazione di Vittoria e Scoglitti e che
imminente crescita impetuosa degli anni successivi, que-
si debba proprio al suo fallimento la responsabilità princi-
sta sarebbe avvenuta in maniera generalmente ordinata e
pale della situazione urbana che andò consolidandosi mas-
secondo direttive precise. I fenomeni di abusivismo ci sa-
sicciamente in quegli anni. Data la positiva e consolidata
rebbero stati certamente, ma non nella incredibile misura
storia pianificativa del territorio Vittoria e i vari sforzi che
in cui nei fatti avvennero. Purtoppo non fu così e la realtà
abbiamo fin qui analizzato, è sconfortante constatare come
dei fatti mostra come questa pressochè totale deregula-
questo processo si sia inceppato proprio nel momento più
tion in termini di pianificazione portò ad un forte disordine
critico della sua storia urbana. Se infatti si fosse riusciti ad
urbano e alla realizzazione di un borgo di seconde case dal
approvare entro gli anni settanta uno strumento urbanisti-
tessuto urbano del tutto sfilacciato, dove non venne seguita
co efficace, magari meno visionario del Piano Ugo e Verace,
una benchè minima regola di buon senso urbanistico come
credo fortemente che la crescita edilizia sarebbe avvenuta
per esempio avvenne negli anni ‘50 e ‘60 a Vittoria, con la
in maniera molto più coordinata e si sarebbero potuti evi-
ripetizione della maglia ortogonale.
tare gran parte dei fenomeni di urbanizzazione deviata che caratterizzano questo territorio.
L’amministrazione eletta nel Giugno 1975 non potè non considerare come principale scopo della sua fase di gover-
Mettendo in parallelo la progressiva evoluzione urbana degli anni sessanta e settanta con le contemporanee vicen-
no quella di realizzare definitivamente un Piano per Vittoria e difatti si mosse prontamente in tal senso.
de politico/burocratiche legate alla produzione degli stru-
La scelta adottata in questo caso fu di realizzare imme-
menti locali di pianificazione si nota proprio come l’esplo-
diatamente un Programma di Fabbricazione che avrebbe
240
accompaganto la Città alla realizzazione del PRG. Si decise dunque di promuovere un tentativo di realizzare uno strumento tampone in attesa dell’approvazione del Piano principale. L’8 Luglio del 1976 il sindaco Giovanni Lucifora incaricò gli architetti Susani, Mazzamuto e Ferrante di redarre un Piano di Fabbricazione in grado di arginare i fenomeni abusivi ormai degenerati. Il 3 Novembre del 19799, sotto la sindacatura Aiello, il Piano di Fabbricazione venne definitivamente approvato. con D. A. n.168. Questo fu il primo vero strumento pianificatorio ufficiale ed efficace del Comune di Vittoria dai tempi del Piano Cancellieri del 1881, di quasi cento anni prima. Cento anni in cui la popolazione crebbe dalle 20.438 unità del 1880 alle 50.739 del 1979: praticamente una crescita demografica più che raddoppiata governata da strumenti pianificatori del tutto sottodimensionati.
Il 15 Aprile del 1978 viene adottato dal Consiglio Comunale il Programma di Fabbricazione a firma del gruppo Susani, Mazzamuto, Ferrante, con deliberazione n. 30 / 24-02-1978. 9
Il 26 Ottobre del 1979 il P.d.F. viene approvato dall’Assessorato Territorio e Ambiente con Decreto Assessoriale n. 168 / 26-10-1979. 241
1970 Il Piano “Ugo e Verace” per Scoglitti
Lo strumento pianificatorio che viene qui presentato rappresenta una delle prime versione del Piano “Ugo e Verace” per Scoglitti. Il documento è stato ricavato dalla Relazione Generale al Piano Regolatore Generale “Susani” redatta nel 1983 e viene presentato esattamente così, senza ulteriori informazioni o una legenda corrispondente. Il disegno di progetto ha avuto come presupposto mappale una carta risalente al 1967. Il Piano fu ufficialmente adottato nel 1970 e venne ideato per tentare di cristallizzare in maniera definitiva lo sviluppo urbano di Scoglitti ed evitare fenomeni di informalità. Il Piano però venne del tutto bocciato dalla Regione nel 1974, determinando di fatto un consistente vuoto normativo in termini pianificatori, che lascerà totale libertà ai costruttori che non ritennero di dover aspettare l’approvazione definitiva di un altro piano urbanistico. Questi utilizzeranno come unica “regola” urbanistica quella del rispetto della proprietà privata e del relativo schema catastale. 242
Fonte: Relazione Generale al Piano Regolatore del Comune di Vittoria. (1983) Tavola 154
1979 Il Programma di fabbricazione per Scoglitti
A differenza del Piano “Ugo e Verace”, il Piano di fabbricazione fu definitivamente approvato nel 1979 e divenne stumento efficace a tutti gli effetti. Da questo momento in poi dunque, terminò ufficialmente quel periodo di totale deregulation in campo urbanistico che caratterizzò la storia urbana di Vittoria e Scoglitti per lungo tempo. Si nota come, secondo l’idea del gruppo di lavoro Susani, l’espansione prevista per Scoglitti si sarebbe dovuto orientare seguendo l’andamento già impostato dalla maglia ortogonale esistente e sviluppandosi lungo una ampia appendice in direzione Est, lontano dalla costa. Era prevista la costruzione di un nuovo asse viario principale parallelo alla via Napoli ed un altro a questi ortogonale che costituisce l’attuale Via Livorno.
244
Fonte: Comune di Vittoria
1976 1983
246
La domanda che ci si pone è la seguente: il Piano di
Si può quindi osservare che il piano riuscì ad assolvere
fabbricazione fu rispettato dai costruttori? Come influì
solo parte ad una parte del suo ruolo, ovvero quello di
sull’assetto del territorio?
orientare l’assetto urbano negli ambiti ove questo era
Si potrebbe rispondere a questo quesito facendo
efficace mentre fu del tutto ignorata l’altra sua fon-
alcune considerazione tramite gli strumenti di analisi
damentale prerogativa, ovvero quella di impedire di
visti in precedenza.
costruire al di fuori degli ambiti delle sue prescrizioni. La sovrapposizione catastale ci conferma quanto
Come prima operazione sovrapponiamo il disegno
appena detto e, negli ambiti di efficacia del P.d.F. ,
del P.d.F. allo schema dell’evoluzione urbana di Sco-
l’assetto della proprietà privata si conforma al Piano,
glitti risalente al 1983 per capire cosa sia successo ne-
mentre, al di fuori da essi, l’urbanizzazione si orienta in
gli anni immediatamente successivi all’approvazione
maniera didascalica sullo schema catastale e la sua
del Piano.
sistematica parcellizzazione.
Si nota un duplice fenomeno: nei pressi del nucleo storico consolidato il piano venne più o meno rispettato, riuscendo a conferire la propria impronta sullo sviluppo urbano della frazione, mentre fuori dal perimetro considerato dallo strumento pianificatorio non si riuscì quasi per nulla a bloccare l’edilizia abusiva che andava sviluppandosi in maniera incontrollata.
Nello schema: Estratto del confronto fra mappa catastale storica ed attuale localizzato nell’area del centro storico di Scoglitti
5.1.6 La Pianificazione negli anni Ottanta Agli albori degli anni ottanta, il Piano di Fabbricazione è del tutto efficace ed operante ma sono tutti consapevoli
risulta la costa.”10 È chiaro adesso come sia stata proprio Scoglitti quella porzione di territorio che accusò di più il colpo dell’abusivismo.
del fatto che questo sia solo uno strumento di passaggio. Con deliberazione n. 352 del 30-12-1982, venne affidato
Il PRG avrà un iter velocissimo e il 29 Ottobre del 198811
con procedura fiduciaria l’incarico della rielaborazione del
l’Assessorato Territorio e Ambiente approva con D. A. n.
PRG del Comune di Vittoria al medesimo team che produs-
1347 il Piano Regolatore che da quel momento in poi verrà
se il P. d. F. del 1979, ovvero gli arch. Susani, Mazzamuto e
denominato “Susani” (con il nome del capogruppo del team
Ferrante. Sarà questa la procedura conclusiva attraverso
di progetto). Si può stabilire che questo sia stato il terzo
cui la città si doterà definitivamente di un Piano Regolatore.
momento fondamentale della storia della pianificazione di Vittoria, dopo il 1881 con la realizzazione del Piano Cancel-
Agli albori della nascita del nuovo Piano, il territorio pre-
lieri e il 1979 con l’approvazione del Piano di Fabbricazione.
sentava due situazioni estremamente diverse dal punto di vista morfologico: Vittoria e Scoglitti attutiscono infatti, in
È davvero un momento storico per la città che dopo più
maniera molto diversa la pressione della nuova edificazio-
di cento anni ottenne lo strumento di pianificazione più
ne. Questo estratto della Relazione Ufficiale al piano, scritta
completo ed organico. I tentativi di piano fatti fino a quel
proprio nel 1985 ci illustra quale situazione si trovarono di
momento furono vari e controversi e tutti pressocchè inu-
fronte i progettisti che realizzarono il PRG:
tili.
“Al 1983 risulta che il rinnovamento urbano dal punto
di vista quantitativo sia andato di pari passo con le edificazioni nelle aree di espansione, ma mentre ciò avveniva in forma relativamente ordinata per quel che riguarda il rinnovamento urbano e la nuova edificazione nell’area di Vittoria, pur producendo episodi di degrado negli agglomerati abusivi, la parte più devastata dal punto di vista ambientale
248
Relazione Generale dello Schema di Massima (Variante Generale al PRG) 2017 10
Prima di questo momento ci fu naturalmente l’adozione del Piano Susani da parte del Consiglio Comunale, che avvenne il 15 Dicembre del 1985 con deliberazione del C.C. n.775 approvata dalla C.P.C. di Ragusa nella seduta del 22-021986 n. 1598, ai sensi dell’art. 26 della Legge Regionale n.71/78 11
Fonte: Relazione Generale dello Schema di Massima (Variante Generale al PRG) - 2017 pag. 10
La vera abilità del team di progettazione diretto dal Su-
1985, infatti, Susani e il suo team dovettero completamen-
sani fu quella di leggere in maniera chiara la storia urbana
te rivedere il disegno pianificatorio che loro stessi avevano
positiva della città e i suoi strumenti come il Piano Cancel-
impostato nel P.d.F. del ‘79 poiché questo fu contraddetto
lieri, valorizzandola, e di osservare le degenerazioni che
quasi per intero e l’urbanizzazione reale avvenne in maniera
avvennero successivamente, decidendo di non incriminarle
del tutto difforme dalle sue prescrizioni. Non c’erano quindi
ma di gestirle. Quindi non contraddisse le linee di pianifi-
altre soluzioni ragionevoli a quella di lavorare sull’esistente
cazione che la città si era data fin dalla sua fondazione con
con l’intento di dare dignità alla nuova edificazione: questa
l’applicazione della maglia urbana ortogonale, e lo sviluppo
strategia risultò vincente e determinò un successo del pia-
di questo schema originario con la successiva adozione del
no che protrae i suoi benefici fino ad oggi.
Piano del 1881, come invece era stato ipotizzato nel Piano Ugo e Verace che si proponeva invece di rompere quest’or-
Il Piano Susani diventa a questo punto la pietra miliare
dine. Non si videro quindi viali alberati interni, sventramen-
di riferimento della città in termini pianificatori. I nuovi e
ti, slarghi e nuove piazze, ma una grande opera di tutela
più recenti tentativi di piano, come vedremo, si rifaranno
dell’esistente.
ad esso e alle sue prescrizioni, aggiornandole. Da questo momento in poi, tutti i successivi modelli di pianificazione
Per Scoglitti, che come detto precedentemente risultava il caso sicuramente più compromesso dell’intero terri-
saranno dunque riconducibili alla tipologia della Variante al Piano, e non alla stesura di un nuovo P.R.G.
torio, si decise di basare il nuovo disegno della città di mare conformandosi all’esistente, facendo una sorta di “fotografia” della situazione urbana datata al 1985 e lavorando su di essa. Questa operazione fu concettualmente molto forte in quanto comportava di dare piena dignità a quegli agglomerati che erano sorti abusivamente, non solo in assenza di strumenti pianificatori ma anche contro le prescrizioni del Piano di Fabbricazione, che era pienamente vigente12. Nel
12
I progettisti descrivono questo atteggiamento eversivo dei costruttori in que-
sto modo: “... Ma mentre il P.d.F. resta l’unico strumento urbanistico di cui Vittoria dispone, inadeguato per definizione e per autolimitazione programmata ad assolvere un ruolo strutturante l’intero territorio comunale, si manifesta la tendenza a procedere ad un uso edificatorio del suolo fuori da ogni vincolo di piano, con un atteggiamento di indifferenza delle sue previsioni, benchè il suo livello di elaborazione sia relativamente approfondito e comunque progettato nel pieno rispetto delle norme urbanistiche vigenti...”
Fonte: Relazione preliminare sulle scelte urbanistiche fondamentali e sugli indirizzi che sono stati assunti per la redazione del Piano Regolatore Generale di Vittoria - 1983 - Comune di Vittoria pag. 19 249
1985, 2003 Il Piano Susani
Il Piano Susani è lo strumento pianificatorio attualmente operante nel territorio di Vittoria, aggiornato nel 2003. La revisione, qui presentata, non ha previsto notevoli cambiamenti rispetto al piano dell’85, per lo meno per quanto riguarda il territorio di Scoglitti. La scelta dei progettisti, fatta esperienza degli errori del passato, è stata duplice: da un lato viene meglio organizzato il nucleo storico originario e la sua espansione, dall’altro però non è stata negata un certo tipo di espansione lineare e diffusa lungo la costa che per la prima volta viene definitivamente regolamentata con regole precise. Si potrebbe descrivere il Piano per Scoglitti come sud-
Zone omogenee B
Zone omogenee C, di espansione
diviso in tre parti: il centro, l’espansione lineare Nord
BS1_Nucleo Urbano di Scoglitti
CS1_Zone di espansione del centro urbano
BS2_Zone di completamento dell’edificato urbano
CS2_Zone di espansione destinate alla residenza stagionale
(Riviera Gela) e l’area di Cammarana. Come prima cosa, viene ridefinito con forza il contorno del nucleo urbano principale e i suoi margini ben evi-
CS3_Zone destinate a campeggi
denziati. Direttamente a ridosso del centro, le aree di
CA_Zone per insediamenti alberhieri
250
Zone omogenee E, F
Servizi e attrezzature
E_Zone destinate prevalentemente ad usi agricoli
Sc_Scuole dell’obbligo
FS6_Parco Urbano di Scoglitti
V_Verde attrezzato e sport
F9_Zone dest. ad attrezzature per la fruizione del mare
Ic_Attrezz. di interesse comune P_Parcheggi
espansione CS1 sono state individuate con lo scopo di colmare i vuoti urbani che sono stati prodotti in anni di costruzione pressochè incontrollata, attraverso piani particolareggiati o piani di lottizzazione convenzionati. L’idea dunque è quella di racchiudere i vari villaggi sorti in stretta vicinanza del nucleo originario, all’interno di un contesto unico. Nella parte settentrionale della frazione, fra la Riviera Gela e Costa Fenicia, ormai fuori dal nucleo storico, il Piano prevede un tipo di insediamento lineare, prevalentemente dedicato alle abitazioni di villeggiatura in maniera ordinata. La sequenza proposta è quella di una prima fascia, fino a 150m circa dalla linea di battigia dedicata alle attrezzature per la fruizione del mare (F9) ed immediatamente dopo delle zone di espansione CS2 (con indici edificatori inferiori rispetto a CS1) intervallate da aree dedicate a servizi. In questo modo si intende bloccare definitivamente la costruzione
252
abusiva eccessivamente a ridosso della linea di costa e “spostarla dietro”, dopo una prima fascia di rispetto. In linea di massima, tale assetto è riuscito in parte a dare un pò di ordine a quest’area costiera anche se non è ancora stato realizzato l’importante asse viario retrostante e le relative strade a pettine che ne avrebbero dovuto fare da infrastruttura portante, liberando definitivamente dalle auto l’attuale lungomare. Per quanto riguarda infine Cammarana, gli intenti sono quelli di realizzare un “infrastruttura Parco” con i relativi servizi. Dopo una prima fascia di rispetto costiero (F9), gli spazi che hanno ospitato le antiche dune sarebbero dovuti essere trasformati in campeggi (CS3) anche se, fino ad ora, nessun privato ha deciso di scommettere in tale direzione, mentre, nella parte posteriore è prevista la realizzazione del grande Parco Urbano di Scoglitti con relativi servizi ed un auditorium.
5.1.7 Dopo il Piano Susani: la Pianificazione degli anni Novanta fino ad oggi La prima Revisione di Piano si rese necessaria nel 1997 al fine di confermare i vincoli espropriativi del Piano Susani. Si optò per un team di progettazione interno agli uffici tecnici e venne quindi nominato il gruppo composto dai seguenti tecnici: Barone, Cosentino e Vispo. La revisione di piano venne presto realizzata e la sua adozione da parte del Consiglio Comunale avvenne il 29 Dicembre del 1999 . Per la sua definitiva approvazione da 13
parte della Regione Siciliana invece si dovette attendere ben quattro anni e il 16 Ottobre 2003 con D. D. 1151 l’Assessorato Territorio e Ambiente diede il via libera definitivo alla Revisione del Piano Susani. Questa data va a completare il nostro elenco degli eventi pianificatori di rilievo del territorio vittoriese, ponendosi come quarto e conclusivo momento di produzione di strumenti regolaotori. Il Piano che vige attualmente nel Comune di Vittoria è infatti quest’ultimo, datato al 2003 e che, come è evidente, avrebbe urgente bisogno di essere revisionato. Dal 2003 fino al 2017 infatti si assiste ad una nuova fase di L’Adozione al piano avviene con Deliberazione del C. C. n. 146 del 21-12-1999. Nella stessa seduta del Consiglio vengono pure adottate le Prescrizioni Esecutive sotto forma di Piani Particolareggiati, utili ai fini di recuperare quei quartieri nati abusivamente. 13
254
stallo delle decisioni in tema di urbanistica e i vari tentativi di legiferazione non vanno in porto. Come dicevo, lo strumento cardine che caratterizza questa nuova fase è la Variante Generale al Piano che viene preferita alla redazione di un nuovo piano. Di tentativi di Variante ne sono stati promossi ben quattro nell’arco di quattordici anni ma all’Ottobre del 2017 non è ancora stato approvato in via definitiva alcun nuovo strumento. Vediamo in sintesi questi passaggi, che noteremo essere molto simili fra loro per alcune caratteristiche peculiari. Nel 2005, esattamente il 19 Settembre, per la redazione della Variante Generale al PRG e del Regolamento Edilizio del Comune l’incarico tecnico venne affidato all’Ing. Maurizio Erbicella (Responsabile del Procedimento sarà l’Arch. Nunzio Barone). Essendo che l’ultima Revisione di Piano era stata approvata nel 2003, si può constatare come non fossero ancora nemmeno passati i cinque anni canonici dalla sua approvazione e ciò denota come il Sindaco e la Giunta si mossero addirittura in anticipo rispetto ai tempi di legge. Per avere una quanto più possibile ampia condivisione dei futuri strumenti urbanistici che si sarebbero dovuti realizzare furono istituiti con decreto sindacale una serie di incontri tematici riguardanti le problematiche e le peculirità del territorio che puntavano a coinvolgere quanti più soggetti possibile. Una novità della pianificazione di questi anni fu anche l’istituzione di una Consulta al Piano con il preciso
compito di discutere le linee principali che sarebbero state
no del 2003, ormai scaduti da quattro anni, che occorre
adottate per la progettazione e che ne avrebbero fatto da
riconfermare o modificare attraverso un Piano aggiorna-
presupposto fondamentale.
to. Questo non è un problema da poco per il Comune dal momento che, soprattutto negli ultimi tempi, i proprietari
Il 14 Ottobre del 2008 il Consiglio Comunale approva le
terrieri che hanno dei vincoli espropriativi applicati sulle
“Direttive generali per la redazione della Variante Generale
loro proprietà legittimamente ricorrono al Tribunale Am-
al PRG del Comune di Vittoria” con delibera n. 91. Queste
ministrativo denunciando un’eccessiva indecisione e len-
saranno e sono ancora adesso la base teorica e condivisa
tezza da parte dell’Amministrazione nell’utilizzare i terreni
che dovrebbe fare da presupposto all’intero impianto di
espropriabili a fini pubblici, il che comporta un forte danno
pianificazione. Nonostante le premesse positive, l’iter av-
individuale al proprietario terriero in quanto si ritrova in una
viato nel 2005 si concluse con un nulla di fatto e nel 2012
sorta di limbo che comporta da un lato il peso di un vincolo
venne costituito un nuovo gruppo di lavoro che avrebbe
espopritivo i cui effetti comunque non vengono portati a
dovuto finalmente portare ad approvazione lo strumento di
termine fino in fondo, dall’altro il fatto di non poter comun-
Variante Generale.
que godere a pieno del proprio bene a causa di questa si-
14
tuazione di incertezza15. Uno dei principali motivi di urgenza di approvare uno strumento urbanistico riguarda i vincoli urbanistici del Pia-
Determina dirigenziale n.1049 del 24.04.2012 avente ad oggetto “Variante Generale al PRG. Costituzione gruppo di lavoro componenti interni” con la quale è costituito il gruppo di lavoro per la Variante Generale al Piano Regolatore Generale ed al Regolamento Edilizio Comunale di Vittoria, all’interno della Direzione Pianificazione e Gestione Territoriale, così come di seguito: GRUPPO DI PROGETTAZIONE: Ing. Francesco Poidomani ed Arch. Roberto Cosentino (Capogruppo e R.U.P.), COLLABORATORI TECNICI: Arch. Giovanni Piccione, Arch. Giuseppe Salerno, Dott. Giancorrado Dipietro, Geom. Giuseppe Tummino, Geom. Raffaele Rimmaudo, Geom. Franco Morales, Geom. Giuseppe Ricca. 14
Fonte: Relazione Generale dello Schema di Massima (Variante Generale al PRG) - 2017 pag. 10
Ai sensi dell’invocato Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.327 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità nuovo testo unico” (cfr. artt. 9, 34 e 39), il vincolo preordinato all’esproprio ha la durata di cinque anni, entro i quali può essere emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, e dopo la sua decadenza può essere motivatamente reiterato, con la rinnovazione dei procedimenti previsti al comma 1 dell’art.9, e tenendo conto delle esigenze di soddisfacimento degli standard. Dopo la trascrizione del decreto di esproprio o dell’atto di cessione, tutti i diritti relativi al bene espropriato possono essere fatti valere esclusivamente sull’indennità ed in attesa di una organica risistemazione della materia, nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo sostanzialmente espropriativo è dovuta al proprietario una indennità, commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto. Qualora non sia prevista la corresponsione dell’indennità negli atti che determinano gli effetti di cui sopra, l’autorità che ha disposto la reiterazione del vincolo è tenuta a liquidare l’indennità, entro il termine di due mesi dalla data in cui abbia ricevuto la documentata domanda 15
255
Nonostante questa estrema urgenza però, la politica co-
Giunta del sindaco G. Nicosia. In questo contesto politico
munale si ritroverà ancora molto divisa sugli esiti e gli effetti
l’Amministrazione decide comunque di andare in consiglio
di questo schema di massima, a tal punto che dal 2012 al
comunale e chiedere l’approvazione dello strumento. L’op-
2017 verranno presentati ben quattro differenti Schemi di
posizione non si fa trovare impreparata e si compatta die-
massima di Variante (2012, 2013, 2014, 2017) a causa di forti
tro un emendamento (che prende il nome del consigliere
differenze di vedute fra maggioranza e opposizione, cambi
G. Mustile) che coinvolgeva molte parti cruciali dello stesso
di maggioranza e persino vicende legali inedite per il Co-
piano, con l’intento di alterarne le previsioni di dimensiona-
mune di Vittoria, come tale fu il ricorso al TAR della Giunta
mento, riducendo drasticamente la superficie edificabile e
contro un emendamento dell’opposizione.
stravolgendo di fatto tutto l’assetto della proposta portata in aula dalla giunta. A questo punto quindi l’opposizione (sa-
La seduta chiave del Consiglio Comunale che determina
rebbe meglio dire la nuova maggioranza) ha campo libero e
uno strappo deciso fra maggioranza e opposizione è quella
riesce a far passare l’emendamento Mustile, che compor-
dell’11 Aprile del 2014, che vale la pena ricordare. In questo
tava forti alterazioni dei contenuti della proposta iniziale, e
momento la situazione politica vittoriese è sul filo del raso-
approva lo Schema di massima, modificato (deliberazione
io dal momento che alcuni consiglieri comunali passarono
del C. C. n. 24 dell’11-04-2014).
dalle file della maggioranza (PD) all’opposizione, mettendo di fatto in minoranza la parte politica che sosteneva la
Nonostante quest’iter roccambolesco, sembrerebbe quindi che dopo anni di ritardi la città sia finalmente riu-
di pagamento ed a corrisponderla entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali sono dovuti anche gli interessi legali. In definitiva, per il combinato disposto degli artt. 9, 34 e 39 del D.P.R. n.327/01 non è consentita la reiterazione senza indennizzo dei vincoli urbanistici (preordinati all’espropriazione o di inedificabilità assoluta) dopo la scadenza quinquennale, sancendosi il diritto del proprietario di ottenere l’indennità commisurata alla entità del danno effettivamente prodotto, costituendo questa una questione di carattere patrimoniale, devoluta alla cognizione della giurisdizione civile. Fonte: Schema di Massima del Piano 2013. Elaborato A1. Aggiornamento conseguente all’attività di partecipazione e concertazione svoltasi dal Maggio 2012 al Settembre 2013. Comune di Vittoria. Pag. 19 256
scita nuovamente a dotarsi di un nuovo Piano, ma le cose non vanno esattamente così. L’amministrazione Nicosia non accetta lo strappo avvenuto in consiglio ed il “golpe” della nuova maggioranza e decide di ricorrere al TAR di Catania puntando a far dichiarare l’emendamento Mustile come inammissibile ed illegittimo, vincendo16 e riportando quindi Sentenza del TAR Sicilia sezione staccata di Catania n. 01056/2015 Reg. Prov. Coll. N. 02040/2014 Reg. Ric. Depositata in segreteria il 9-4-2015 sulla deliberazione del Consiglio Comunale n. 24 dell’11-4-2014 avente ad oggetto: “Approva16
lo Schema di massima in un clima di profonda incertezza.
nuovo Schema di Massima (2017) della Variante Generale al
Il TAR annulla la delibera del C.C. dell’11-04-2014 con cui
PRG, elaborato da un nuovo team di progetto17 (ma sempre
la Variante generale veniva approvata, di fatto decretando-
con coordinatore della progettazione l’ing. Maurizio Erbi-
ne la bocciatura. Le vicende giudiziare non finiscono qui e
cella) e pronto per essere trasmesso al Consiglio Comunale
l’opposizione ricorrerà al CGA con l’intento di ribaltare il
e alla sua attenzione e valutazione.
risultato ma quest’organo, invece, non farà altro che confermare il giudizio espresso precedentemente dal TAR.
La nuova Variante di Piano (2017) si sviluppa dunque come evoluzione delle altre proposte precedenti anche
Come si può notare, I fatti che dall’aprile 2014 ci porta-
se l’opposizione fa notare che, per molti versi, per quan-
no al Giugno 2016 sono davvero privi di reali implicazioni
to riguarda le previsioni di crescita, gli abitanti insediabili a
sostanziali e più farciti di vicende politiche e giudiziarie fini
Vittoria e Scoglitti nei prossimi dieci anni e le superfici da
a se stesse. In questo clima la Giunta approva l’ennesima
destinare a nuove edificazioni sulla costa, i valori proposti
versione dello Schema di Massima nel 2015, decisamente
sembrerebbero sovrastimati oltre che decisamente simili a
più vicina alle richieste della nuova maggioranza ma anche
quelli fortemente contestati nel 2014, lasciando presagire
qui assistiamo ad un nulla di fatto. Il motivo è che, essendo
che anche questo iter non sarà del tutto facile.
ormai agli sgoccioli della sindacatura Nicosia, le principali forze politiche avevano già deciso di lasciare definitivamente la responsabilità della stesura di un nuovo strumento pianificatorio in mano alla futura giunta e al nuovo consiglio comunale. Ed è così infatti che il 13 Aprile del 2017 (delibera di
zione dello Schema di Massima della Variante Generale al P.R.G.”
Determina dirigenziale n.2359 del 5.10.16 avente ad oggetto “Variante Generale al PRG. Costituzione gruppo di lavoro” con la quale viene ricostituito il gruppo di lavoro per la redazione della Variante generale al Piano Regolatore generale e al Regolamento Edilizio Comunale di Vittoria, così come di seguito: PROGETTISTA: Ing. Salvatore Giunta; RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO: arch. Salvatore Sallemi; COLLABORATORI TECNICI: arch. Salvatore Lorefice, arch. Giovanni Piccione, geom. Giuseppe Ricca, COLLABORATORE AMMINISTRATIVO: Sig.ra Rosa Interlandi.
Fonte: Relazione Generale dello Schema di Massima (Variante Generale al PRG) - 2017 pag. 10
Fonte: Relazione Generale dello Schema di Massima (Variante Generale al PRG) - 2017 pagg. 10 -11
Giunta Comunale n. 162) il nuovo Sindaco G. Moscato insieme con l’assessore all’Urbanistica P. Nicastro approvano il
17
257
2017 Schema di massima della variante generale al Piano Susani
Nel Maggio del 2017 è stata approvato dal C.C. il nuovo schema di massima di variante al Piano, in attesa di definitiva approvazione. La variante, per sua struttura, tende ad aggiornare le previsioni del precedente PRG, senza stravolgerne l’assetto. È quello che avviene anche in questo caso, dove non si assiste a modifiche sostanziali nell’assetto urbano previsto per Scoglitti. Una novità interessante è stata introdotta all’interno del nucleo urbano dove viene per la prima volta perimetrato il nucleo storico di Scoglitti, che diventa zona A (prima incluso in BS1), ottenendo le massime tutele previste dalla legge. Ma le novità più importanti però riguardano prevalentemente quelle che precedentemente abbiamo indicato come “espansione lineare Nord” (Riviera Gela) e l’area di Cammarana. Per quanto riguarda la parte costiera lineare diffusa, la variante porta il nuovo strumento della perequazione
Zone omogenee A, B
Zone omogenee C, di espansione
A1S_Nucleo Urbano storico di Scoglitti
Sottozona ARC_Area residenziale perequata
BS1_La città consolidata di Scoglitti (al 1985)
Sottozona PdL_Piani di lottizzazione previgenti
BS2_La città consolidata di Scoglitti (dopo il 1985)
Sottozona PE_Prescrizioni esecutive previgenti Sottozona PZ_Piani di zona previgenti
Zone omogenee E e aree di recupero
Aree turistico-ricettive perequate
Servizi e attrezzature
Sottozona E4_Aree attività agricole a valenza ambientale
Sottozona M1 _ Aree destinate per la fruizione del mare
Sc_Scuole dell’obbligo
Sottozona E5_Aree attività agricole
Sottozona M2 _ Aree per la ricettività stagionale
V_Verde attrezzato e sport
Pa2_Parco ambientale archeologico di Kamarina
Sottozona M3 _ Aree per la residenza costiera
Ic_Attrezz. di interesse comune
Pr_Piani di Recupero
Sottozona M4_ Aree per villaggi turistici
P_Parcheggi
Sottozona Sp_ Parco urbano di Scoglitti
1
Le tre aree individuate quindi, indicano semplicemen-
di pianificazione . Vengono individuate più fasce di
te le potenzialità edificatorie di partenza di cui go-
territorio costiero, parallele fra loro, che vanno sotto la
dranno i proprietari terrieri, non dando ulteriori infor-
denominazione di “zone M”: la zona M1 va dalla linea di
mazioni invece sul disegno urbano effettivo prodotto
battigia ai primi 150m, la M2 va da 150m d.l.b. a 500m
dal “l’atterraggio” di tali potenzialità sul territorio. Tale
(indice densità edilizia territoriale: 0,75mc/mq), mentre
aspetto è rimandato ai piani particolareggiati e alle
la M3 va da 500m d.l.b. fino a 1000m (indice: 1,50mc/
lottizzazioni che verranno previste e progettate solo in
mq)2 . Con il meccanismo della perequazione è con-
un momento successivo all’approvazione del Piano e
sentito a tutti i proprietari, anche coloro che hanno i
dimensionate via via, in base al numero di proprietari
propri terreni inedificabili in M1, di poter trasferire i pro-
terrieri coinvolti dalla lottizzazione e alla somma totale
pri diritti edificatori anche in zone diverse da quelle “di
dei volumi da allocare.
partenza” ma sempre all’interno delle aree M coinvolte
Il Piano dunque si trasforma in uno strumento asso-
dal meccanismo della perequazione, garantendo così
lutamente aperto e non più rigidamente stabilito al
maggiore equità fra tutti i proprietari e rendendo così
momento della sua approvazione.
inutile il ricorso all’abuso edilizio. Per quanto riguarda l’area di Cammarana invece, le prescrizioni adottate precedentemente vengono soDella perequazione si parlerà più approfonditamente nel cap. 6.3 1
2
I diversi indici di densità sono previsti dalla L.Reg n.78/76.
stituite, per la verità in maniera non del tutto chiara, in un sistema più semplice da leggere che prevede
M 3
urbana come elemento chiave di una nuova strategia
finalmente l’istituzione a tutti gli effetti del nuovo Parco ambientale e archeologico di Kamarina (Pa2), andando a sostituire in toto i campeggi fin’ora previsti (ex CS3), mentre viene riproposto il Parco urbano di Scoglitti, nella parte posteriore, in sostituzione delle aree FS6, inserendosi come cardine fra il parco di Kamarina e quello retrostante della riserva del Pino d’Aleppo. E’ inoltre prevista una nuova aerea insediativa ARc (63) a ridosso del nuovo “sistema parchi” sulla quale vengono applicati nuovamente i meccanismi della perequazione, in questo caso come area ricevente.
5.2 Strumenti urbanistici sovraordinati Molte prescrizioni previste nei piani regolatori, come è noto, non sono sempre direttamente imputabili a scelte promosse dall’ente comunale e ai suoi tecnici ma derivano dalle indicazioni promosse dagli enti sovracomunali. Le indicazioni che maggiormente influiscono sulla redazione del piano dipendono, in questo caso, dalla Regione Siciliana e sono contenute nel Piano Paesistico. Gli aspetti maggiormente attenzionati da un P.P. sono ovviamente legati alle peculiarità di ogni singolo territorio dal punto di vista paesaggiatico, storico e produttivo e orienta i pianificatori locali nell’approntare strumenti di tutela efficaci nel mantenere tali peculiarità o nell’ipotizzare un progetto di recupero. Come primo elemento vengono mostrate le aree indicate dal P.P. come “di tutela archeologica” ovvero tutti quelle porzioni di territorio nella quale sono stati rinvenuti reperti archeologici da tutelare. Tale aspetto è ovviamente cruciale se considerato nel territorio ipparino in quanto come visto in precedenza, questo è stato da sempre utilizzato fin dall’età antica. Il P.P. individua due tipi di prescrizioni in tal senso: viene considerato il vero e proprio “vincolo archeologico” 262
secondo quanto previsto dall’art. 10 del D. lgs. n. 42/2004 (ex 1089/39) e le “aree e siti di interesse archeologico” secondo quanto espressamente indicato sempre dal D. lgs. n. 42/2004 art. 134 sulla tutela dei beni paesaggistici che rimanda ulteriormente all’art. 142 comma 1, lettera m) “le zone di interesse archeologico”.
Parco Archeologico di Kamarina
Tutela archeologica
Fonte:
Vincolo archeologico
Regione Siciliana - Ass. Beni Culturali e dell’Identità Siciliana; Soprintendenza per i Beni Culturali ed Artistici di Ragusa Piano Paesaggistico. Ambiti 15-16-17 Ragusa Tav. 25.1
Area e siti di interesse archeologico
263
Vincoli paesaggistici Altro tematismo interessante riguarda il paesaggio e la sua tutela. Come accennato in precedenza, il territorio costiero ipparino ospita un’interessante rete di siti ad alto valore paesaggistico e storico che formano un sistema territoriale dalle caratteristiche del tutto peculiari. Questa notevole concentrazione di beni è prevalentemente localizzata nei pressi del confine Sud del territorio vittoriese, solcato dalla splendida vallata del fiume Ippari, oggi “Riserva Naturale Orientata del Pino d’Aleppo” (anch’essa tutelata entro le prescrizioni del Piano Paesaggistico) che da Vittoria giunge fino alla costa, dove sono localizzati altri due siti di importanza comunitaria S.I.C./Z.P.S. oltre al già citato Parco Archeologico di Kamarina che è totalmente inviluppato in questa rete. Riguardo ai S.I.C., questi sono identificati rispettivamente con i seguenti codici: •
S.I.C. ITA080003_Vallata dell’Ippari
•
S.I.C. ITA080004_Punta Braccetto, Contrada Cammarana
•
S.I.C. ITA080006 _Cava Randello, Passo Marinaro
Il sito che coinvolge più interessante da analizzare è quello di Contrada Cammarana in quanto coinvolge una porzione importante del territorio di Scoglitti.
264
R. N. O. del Pino d’Aleppo
Tutela del paesaggio (D.lgs. 42/2004, art. 142, comma 1) Territori costieri compresi entro i 300m. dalla battigia (lett.a) ) Fiumi, torrenti e corsi d’acqua e relative sponde per una fascia di 150m. (lett. b) ) Aree protette (Parchi e Riserve). (lett. f) ) Territori ricoperti da boschi o sottoposti a vincolo di rimboschimento (lett. g) ) Aree di notevole interesse pubblico sottoposte a vincolo paesagg. (art. 134 comma 1, a)
Fonte: Regione Siciliana - Ass. Beni Culturali e dell’Identità Siciliana; Soprintendenza per i Beni Culturali ed Artistici di Ragusa Piano Paesaggistico. Ambiti 15-16-17 Ragusa Tav. 25.1
265
Qui di seguito una breve descrizione:
“In questo contesto persistono alcuni relitti di ecosistemi naturali di elevato interesse ambientale, la cui qualità e importanza è data dai rari aspetti vegetazionali a Limoniastrum Monopelatum e Retama Raetam ssp. Gussonei
e alla presenza di diverse specie endemiche tipiche degli ambienti costieri. Quest’area storicamente si inseriva in un imponente sistema dunale, tra i più interessanti della Sicilia, formando un cordone dunale che si estendeva quasi con continuità nell’intera plaga compresa tra la foce del fiume Ippari e la foce del fiume Dirillo, per proseguire sino a Gela. L’area di Cammarana, fino a qualche decennio or sono, manteneva le peculiarità dell’ambienti costiero che erano sfuggite in larga misura alla diretta distruzione e alle forti perturbazioni antropiche; le attività di colonizzazione umana delle aree costiere erano rimaste storicamente concentrate quasi esclusivamente nell’area prossima al piccolo centro di Scoglitti. in quanto rappresenta un ulteriore elemento di disturbo Nei tempi più recenti questi ecosistemi sono invece stati
alla formazione della vegetazione spontanea. Campagne di
esposti a molteplici e spesso combinati fattori di disturbo
sensibilizzazione rivolte ai residenti ed ai turisti sono indi-
e di pressione antropica, quali: il prelievo indiscriminato
spensabili per iniziare un percorso di autentica difesa del
delle sabbie ai fini edilizi, lo sfruttamento turistico, introdu-
sistema dunale di Cammarana.”18
zioni di specie esotiche, l’uso agricolo intensivo. In questo scenario si rappresenta la necessità di invertire i modelli di sfruttamento, di un ambiente di questo tipo, ad esempio la pulizia di questo litorale con mezzi meccanici va evitata 266
“Relazione Generale dello Schema di Massima della Variante di Piano (2017), p. 55” 18
S.I.C. ITA080003
S.I.C. ITA080006
S.I.C. ITA080004
S.I.C. ITA080004
Zone di Protezione Speciale S.I.C. ITA080003_Vallata dell’Ippari (Pineta di Vittoria) S.I.C. ITA080004_Punta Braccetto, Contrada Cammarana S.I.C. ITA080006_Cava Randello, Passo Marinaro
Fonte: Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare Direzione per la protezione della Natura Siti di Importanza Comunitaria (2004)
267
6 Lo scenario post-abusivo
268
269
6.1
Introduzione
Avendo analizzato le dinamiche costruttive informali che
Questo resoconto analitico dunque è stato elaborato
hanno avuto luogo nel territorio ipparino, è stato mostrato
per tentare di fare chiarezza sullo stato fisico di tali luoghi
il processo che ha portato alla realizzazione dei vari villag-
e sulle interessanti dinamiche con cui si sono sviluppati nel
gi di case che insieme costituiscono il grande agglomerato
tempo proponendosi come uno strumento descrittivo ed
urbano di Scoglitti.
informativo di base. È ovvio che, però, questo lavoro risul-
Quanto fin qui discusso tende a dimostrare quanto i
terebbe incompleto senza un accenno ad un discorso sul
processi informali di edificazione avvenuti negli anni Set-
possibile futuro che attende tali contesti costruttivi. Se
tanta e Ottanta siano meno casuali di quello che si potesse
dunque una prima operazione da effettuare consisteva nel
immaginare inizialmente e di come il disegno complessivo
conferirgli una certa dignità conoscitiva mai avuta prima
risultante sia ampiamente riconducibile alle logiche deter-
attraverso un’attenta descrizione, il passaggio successivo
minate dal disegno storico della proprietà privata. Si è no-
sarà quello di capirne le possibilità future e quali operazioni
tato inoltre come tali processi, con tutte le peculiarità dei
intraprendere al fine di un’imprescindibile miglioramento
casi, siano comunque riconducibili a categorie dinamiche
della qualità dei luoghi.
ben definite che ne descrivono perfettamente le fasi di evoluzione.
È ovvio che un tema indubbiamente da porsi, parlando di recupero di contesti sorti illegalmente, è quello del rischio 271
di legittimare un fenomeno che invece ha compromesso
Gli “spazi” nella quale muoversi non sono pochi e con-
gravemente le sorti del territorio italiano, in particolare nel
sentono di ipotizzare delle soluzioni progettuali pratiche
Mezzogiorno. Tuttavia non è nemmeno possibile continua-
che tentino di dare un senso compiuto ed unitario ad un
re a vivere in un limbo senza uscita che impedisca qualsiasi
territorio che, nel corso della sua storia recente, ha ospitato
ragionamento sulla riprogettazione di questi contesti, sen-
invece un’eccessiva quantita di interventi particellari ed au-
za la quale rischieremmo di vedere la situazione ulterior-
togestiti che ne hanno compromesso il disegno di insieme.
mente aggravarsi, fino al momento in cui questa diventerà ingovernabile. Bisognerebbe dunque, che la Politica si pro-
È opportuno quindi soffermarsi sulla descrizione di que-
ponesse nuovamente come promotrice di un serio discor-
gli strumenti che ne permettono effettivamente la realizza-
so che faccia finalmente chiarezza sul tema dell’abusivismo
zione e che vanno a formare un ipotetico “kit degli attrezzi”
edilizio, portando in tempi brevi a definitiva conclusione gli
a disposizione del progettista. Alla fine di questo capitolo
iter degli interventi punitivi o proponga soluzioni alternative
dunque, verranno esposte una serie di metodologie e di
sulle sanzioni da intraprendere. Solo in questa maniera sarà
spunti progettuali inerenti ai contesti costruttivi di tipo in-
possibile porre le basi per avviare un doveroso discorso sul
formale e promossi ai fini di un loro miglioramento generale
futuro, senza il rischio di fraintendimenti o delegittimazio-
con in particolare riferimento agli aspetti di carattere fun-
ne. Questo tema verrà ulteriormente ampliato nel corso di
zionale, ambientale, estetico e di fruizione pubblica e della
questo capitolo.
fornitura di servizi ai cittadini.
Chiarito ciò, aver attribuito nuova dignità descrittiva ai
La sfida è dunque quella di apportare un sostanziale po-
contesti informali, come si diceva prima, non significa però
tenziamento delle qualità intrinseche di questi luoghi senza
avervi identificato particolari qualità urbane e peculiarità
però cadere nell’errore di tentare di “snaturarli” dalla loro
tali da elevarli a modelli utili anche per altri contesti. Tut-
natura informale/abusiva che è difficile da poter negare
taltro, l’analisi appena svolta su Scoglitti ha evidenziato no-
con mere operazioni di “maquillage” o, nel caso opposto, di
tevoli carenze dal punto di vista urbano ed infrastrutturale
rimozione totale. Le modificazioni territoriali avvenute nel
che andrebbero sicuramente attenzionate in maniera più
corso degli anni sono state infatti profonde e non è dunque
approfondita attraverso opportuni momenti di recupero
semplice pensare di riportare il tutto ad una situazione di
urbanistico.
verginità iniziale, immaginando lo strumento della “demoli-
272
zione” come unica soluzione valida per risolvere una situa-
risposta frettolosa ed improvvisata per espletare un biso-
zione urbanisticamente problematica come quella fin qui
gno di abitazioni pressoché imminente, senza tenere mini-
descritta.
mamente in considerazione le conseguenze postume che un tale disordine costruttivo avrebbe arrecato alle possibi-
Prima di arrivare a questo punto però, è necessario pre-
lità di un riutilizzo futuro.1
sentare un discorso più in generale sull’attuale stato di fatto di questo enorme progetto collettivo autogestito che, ol-
È proprio tenendo a mente questo sfondo che ci si chie-
tre alla grande mole di costruzioni, ha da sempre portato
de inotre se questo grande ammasso di abitazioni urbani-
con sè sogni, speranze ed una ben precisa idea di Futuro
sticamente senza un senso, possa assecondare le richieste
che oggi, invece, pare offuscarsi. La questione principale
e gli usi della generazione che oggi si appresta ad ereditare
da attenzionare è chiedersi se tali contesti edilizi, nati as-
tutto questo. Le domande infatti da porsi sono: come le
solutamente per caso e senza un’adeguata pianificazione
nuove generazioni, che passivamente hanno vissuto gli al-
strategica, abbiano le carte in regola per essere utili anche
bori e i fasti dell’abusivismo, potrebbero approcciarsi per
in futuro. Per tentare di dare una risposta a tale quesito ver-
riutilizzare gli effetti solidi che questo intenso fenomeno
ranno dunque inizialmente analizzate le criticità che attual-
ha lasciato sul territorio? Quali criticità devono affronta-
mente tali contesti devono affrontare.
re? Che strumenti possono essere utilizzati per sfruttare al meglio il territorio post-abusivo?
La grande contraddizione di molti agglomerati urbani costieri informali, sarebbe proprio questa: l’impossibilità allo stato attuale e a meno di interventi diretti ed opportuni, di poter essere utilizzati per scopi diversi rispetto a quelli per i quali questi sono stati “pensati” nell’immediato, riducendo enormemente il loro potere di riadattarsi a nuovi scopi essendo stati costruiti in maniera non pianificata e dunque poco flessibile. Risulta evidente infatti come un fenomeno di costruzione informale delle dimensioni che abbiamo appena osservato sia nato esclusivamente come
“L’abusivismo edilizio si colloca qui: atti di appropriazione individualistica miope che scambiano vantaggi privati con un peggioramento a lungo termine del contesto ambientale ed un impoverimento dei beni collettivi in genere, finendo per generare delusione nei medesimi protagonisti e costituendosi come freno allo sviluppo” 1
Tratto da: F. Zanfi (2008), p.56 273
274
6.2
Agenti di degrado e fattori di rischio
Il presente della città informale riscontra evidenti cri-
mente determinante per quanto riguarda i contesti costieri
ticità che ne compromettono fortemente la qualità di vita
estremente suscettibili. Oppure si tratta di cause politiche,
dei suoi abitanti. Il mutamento delle dinamiche sociali di
di cattiva gestione delle infrastrutture e degli spazi di ca-
tipo familistico che ne hanno dato vita e i risultati qualita-
rattere urbano e pubblico dovuti spesso alla mancanza di
tivamente scadenti degli effetti solidi che costituiscono tali
risorse. O, infine, di fattori di carattere legale e giudiziario
luoghi sono sicuramente i principali responsabili di tale si-
che pendono su gran parte dei singoli edifici costruiti ille-
tuazione ma non sono gli unici.
galmente di cui la città abusiva è costituita che, in un futuro
Esistono infatti una serie di concause che fanno da co-
non troppo lontano, potrebbero profondamente mutarne
rollario a tali presupposti e che sfortunatamente contribui-
l’aspetto a causa delle necessarie demolizioni eseguite per
scono a minare la qualità urbana della città abusiva.
ottemperare alla legge.
A questo gruppo appartengono vari tipi di fattori esogeni o endogeni a tali contesti che ne alterano le dinamiche e devono necessariamente essere considerati per capirne lo stato attuale al fine di un approccio progettuale. Si tratta di fenomeni naturali come per esempio l’erosione e l’azione degli agenti atmosferici, elementi forte275
Erosione costiera
bile alle logiche della “città speculativa” degli anni Cinquanta e Sessanta (a cui si accennava nel Cap. 2) costituito da
Il fenomeno dell’erosione della linea di costa è un tema
alti palazzi residenziali, hotel e quant’altro, si affianca una
importante nella valutazione del decadimento della città
città di tipo informale a carattere sparso formata da case
balneare e di villeggiatura. L’ISPRA, organo del Ministero
basse ad uno o massimo due piani, più vicina alle dinamiche
dell’Ambiente, afferma che “...vi sono porzioni rilevanti del-
analizzate nello studio del caso scoglittese.
la costa italiana in fase di arretramento rispetto al passato
In questo contesto, sono venute a scontrarsi due dina-
a causa di fenomeni di erosione, cioè di un’alterazione del
miche contrapposte che hanno portato ad effetti deleteri:
ciclo dei sedimenti marini causata da cause naturali ed an-
l’incoscienza collettiva che ha spinto i costruttori ad edifi-
tropiche.” La linea di costa, elemento naturale fortemente
care a non troppa distanza da un tratto di costa già basso
dinamico, tende a subire forti alterazioni della propria mor-
e sabbioso per sua natura, si è sommata ad un incredibile
fologia, dando luogo, in caso di fluttuazione negativa ad un
fenomeno di erosione costiera negativa, pare di difficile
arretramento che potrebbe interferire con gli insediamenti
previsione, che ha portato il mare letteralmente a divora-
urbani lungo le coste, provocando enormi danni alle abita-
re le abitazioni in prima linea, generando un risultato finale
zioni prospicenti sul mare.
che ha davvero dell’assurdo.
2
È infatti evidente come la mancanza di un’adeguata pia-
Questo tipo di fenomeni si riscontrano in davvero nume-
nificazione della città informale e del mai rispettato vincolo
rosi casi di città di villeggiatura costiera e Scoglitti, anche in
di inedificabilità assoluta ricadente entro i trecento metri
questo caso, non fa eccezione. La recente costruzione dei
dalla linea di battigia (150m in Sicilia) abbia determinato l’in-
nuovi bracci di porto, soprattutto dopo l’allungamento di
sorgere di tale problematica, tranquillamente evitabile.
quello di ponente, ha modificato le correnti marine locali determinando una generale variazione della linea di costa.
Il caso più eclatante associato a tale fenomeno appartie-
Se infatti si riscontra una notevole crescita della spiaggia
ne alla già citata cittadina nel casertano di Castel Volturno
lungo il versante di ponente (la Lanterna), si deve invece
(CE). Infatti, a fianco ad un tipo di insediamento riconduci-
notare un’arretramento della linea di costa nei pressi della spiaggia di Cammarana e del promontorio di Kamarina,
2
Fonte: http://www.erosionecostiera.isprambiente.it/presentazione 276
cosa che ha già messo in serio pericolo i resti di mura timo-
leontee prospicenti sul mare, anche se per il momento pare che il fenomeno non riguardi le abitazioni civili. Sempre a Scoglitti, altro versante interessato da fenomeni di erosione è invece tutto il tratto di lungomare settentrionale che giunge fino al villaggio di Costa Fenicia, dove le case sono state costruite notevolmente a ridosso del mare. In questo caso si profilano serissimi rischi da erosione costiera che potrebbero danneggiare le abitazioni in futuro.
Nella foto a destra: LocalitĂ â€œBagnaraâ€?, nei pressi di Castel Volturno (CE). Erosione costiera (Rivista Internazionale 2016)
277
Deperimento dei materiali e delle dotazioni
Ancor più precario è invece lo stato delle dotazioni urbane minime che fanno da contorno alle abitazioni costruite
Altro notevole elemento di criticità che riguarda la città
informalmente, installate a-posteriori. Infatti, le condizioni
informale è il rapido degradarsi di pressoché tutti gli ele-
in cui versano strade, piccole piazzette, staccionate, pan-
menti fisici di cui questa è costituita. Si nota infatti che gran
chine, insomma tutte le più semplici componenti di arredo
parte dei contesti informali, sorti più o meno nello stesso
urbano soffrono di una strutturale mancanza di manuten-
periodo, soffrono di un comune e contemporaneo deperi-
zione e necessiterebbero di un pronto intervento. Questo
mento dei manufatti e delle dotazioni che li compongono, a
elemento richiama evidentemente il tema dell’impossibilità
soli pochi anni dalla loro costruzione.
per una singola amministrazione di farsi carico della gestione e della riparazione delle dotazioni pubbliche di un terri-
Tale fenomeno coinvolge gli edifici spontanei privati che
torio urbano eccessivamente vasto e scarsamente utilizza-
risentono già dei segni del tempo e necessitano dunque
to. È quindi evidente come il problema precedentemente
di interventi manutentivi che in molti casi coinvolgano an-
esposto sia nuovamente riconducibile per lo più ad una
che gli aspetti strutturali, soprattutto per quanto riguarda
mancata pianificazione dell’edificato, a monte del processo
le abitazioni lungo la costa che risentono maggiormente
costruttivo, che avrebbe sicuramente portato a creare ag-
gli effetti corrosivi della salsedine sulle facciate in intona-
glomerati urbani più compatti e quindi più facili da gestire.
co e all’interno delle strutture in cemento armato. Inoltre, un tema importante da ricordare parlando dello stato dei
Il deperimento delle dotazioni urbane denota quindi,
manufatti edilizi residenziali privati è quello della qualità
ammesso che ce ne fosse di bisogno, come tali agglomerati
delle loro strutture portanti. Infatti, è interessante far no-
urbani seguissero in tutto e per tutto una certa logica tipi-
tare come moltissimi di questi edifici siano stati costruiti
camente consumistica (“usa e getta”), per cui anche le do-
ignorando del tutto o in parte le normative antisismiche, sia
tazioni collettive di cui dispongono, dalla qualità minima ed
perché ai tempi queste erano ancora in uno stato primor-
installate spesso senza un criterio adeguato, costituiscano
diale di elaborazione, sia per deliberata scelta dei costrut-
degli elementi che contribuiscono ulteriormente a dare una
tori che decisero di non considerare tale aspetto come
certa sensazione di precarietà e temporaneità.
fondamentale.
278
Nella foto a destra: Piazzetta presso il villaggio “Costa Esperia”
Carenza di infrastrutture Se le strade e l’arredo urbano della città abusiva sono in stato precario, molte dotazioni di urbanizzazione primaria sono invece del tutto assenti. Il problema principale è riconducibile prevalentemente alla pressoché costante assenza di dotazioni collettive pubbliche di scarichi fognari nei quartieri abusivi. L’esigenza di smaltimento di acque grigie e nere viene, anche in questo caso, risolto individualmente, essendo ciascun’abitazione dotata di impianti a dispersione tipo Imhoff3 o, peggio ancora, di fosse settiche nettamente più inquinanti. Il problema diventa particolarmente grave in tutti quei contesti di ambito costiero dove i pozzi e le fosse settiche si trovano
“Per gli insediamenti minori, le cui utenze non superino i 50 abitanti equivalenti, i regolamenti considerano accettabile l’impiego delle sole fosse biologiche di tipo Imhoff” 3
Tratto da: D. Pagliarini (2008), p. 157 A tale proposito ci si riferisce al seguente comma di legge: “Per gli insediamenti, installazioni o edifici isolati che scaricano acque reflue domestiche le Regioni identificano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati secondo i criteri di cui alla delibera indicata al comma 7 dell’articolo 62, che raggiungono lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi di adeguamento” D. Lgs. 18/08/2000, Disposizioni correttive e integrative del D. Lgs. 11 Maggio 1999, n. 152, in materia di tutela delle acque da inquinamento, n.258, art. 27, comma 4) 279
generalmente non troppo distanti dal mare, incrementando
sivamente4 che ha determinato il diffondersi della pratica
i livelli di inquinamento delle acque. L’uso di tali sistemi inol-
del prelievo diretto sotterraneo attraverso l’uso di pozzi
tre, obbliga i residenti ad una costante opera di rimozione
informali. I pozzi censiti nel 2006 in Provincia di Ragusa sa-
dei residui in eccesso dalle fosse attraverso il ricorso a ditte
rebbero circa 28.000, di cui almeno 3.000 abusivi5, dati che
specializzate, rendendo l’operazione di smaltimento delle
mostrano come il fenomeno del prelievo privato sia diffu-
acque reflue decisamente meno performante rispetto ad
sissimo, se non addirittura eccessivo.
“La pratica del prelivevo diretto attraverso pozzi privati,
un impianto fognario collettivo, o quanto meno consortile.
associata alle alterazioni della falda causate di inquinanti di Per quanto riguarda invece l’approvigionamento di ac-
origine agricola, ha determinato una generalizzata crisi idri-
qua di uso potabile il discorso si fa più complesso e vario ed
ca e la conseguente necessità di aumentare la profondità
in questo caso l’unica maniera di indagine possibile è quella
dei pozzi per raggiungere acquiferi di qualità accettabile
di uno studio locale e puntuale.
per l’uso residenziale.” 6
I casi diversi che si possono verificare cambiano da
Da questi dati emerge come l’approvvigionamento idri-
contesto a contesto e prevedono vari tipi di sistemi: alcuni
co negli insediamenti informali di supporto alla pratica agri-
agglomerati urbani sono dotati di un impianto pubblico ad
cola dispersi nella cosiddetta “fascia trasformata” ipparina
acqua diretta, altri invece devono ricorrere a metodi più in-
è dovuto in maniera consistente all’impiego di pozzi idrici
dividuali come l’uso di cisterne costantemente rifornite da
privati, legali e non, e l’uso accessorio di vasche ed impianti
servizi di autobotte privati o comunali, altri ancora, scavano
di accumulo idrico.
dei pozzi privati per l’estrazione di acqua potabile. Nell’area del golfo di Gela e a Scoglitti, per esempio, il tema dell’approviggionamento dell’acqua è decisamente importante per via della diffusione capillare dell’agricoltura in serra che richiede ingenti quantitativi di apporto idrico. Si stima che il fabbisogno medio di acqua per uso agricolo sia di 12.962 mc/anno per ogni ettaro di terreno agricolo coltivato inten-
INEA, Stato dell’irrigazione in Sicilia, tab. 6.51, p. 138 E inoltre: “... la serricoltura ha incrementato la richiesta d’acqua fino a otto volte, senza che a ciò abbia fatto seguito un adeguamento delle infrastrutture.” 4
Tratto da: D. Pagliarini (2008), p. 156 Andrea Ottaviano, “Pozzi e sorgenti nel territorio ragusano. Sicilia: la gestione sostenibile delle risorse idriche. Esperienze a confronto Malta-Ragusa” Progetto Inwaterman, Malta, 7 Luglio 2006, p.8 5
6
280
D. Pagliarini (2008), p. 156
Nella foto a destra: Serbatoi idrici di accumulo monofamiliari
Diverso è invece il discorso per la parte più urbanizzata della “città di villeggiatura” in cui la quasi totalità delle abitazioni risulta allacciata alla conduttura comunale che dunque serve pressochè tutta Scoglitti. Le abitazioni però sono comunque dotate di propria cisterna di accumulo proprio perché l’acqua potabile non viene sempre fornita in maniera diretta ma viene dilazionata nel corso della giornata; l‘infrastruttura idrica che ne viene fuori potrebbe dunque essere definita “mista” poiché costituita sia da una condotta diretta che da impianti di accumulo.
Carenza di servizi secondari A fronte di una mancanza di un sistema di dotazioni primarie efficace e diffuso in maniera uniforme nel territorio, si registra nella città informale una cronica assenza di servizi urbani secondari, di qualunque genere. La città abusiva infatti, non ha previsto nel suo “progetto” implicito alcun tipo di servizio ai suoi utenti oltre alla semplice residenza. In molti casi si assiste all’assenza anche di semplici negozi e botteghe per la vendita di beni di prima necessità per i quali bisogna recarsi al centro più vicino. Oltre alle notevoli difficoltà nel rintracciare forme di servizio 281
minime in questi agglomerati, è rarissimo trovarvi opere di
Una tale carenza di servizi primari e secondari, insieme
urbanizzazione secondaria come parchi, impianti sportivi,
a fattori naturali come l’erosione e al progressivo peggio-
scuole, asili nido, chiese, mercati di quartiere, presidi me-
ramento delle condizioni materiali dei manufatti edilizi co-
dici. I comuni in molti casi, per problemi di ristrettezze eco-
stituiscono una serie di presupposti che minano profonda-
nomiche, non si sono occupati di provvedere a posteriori a
mente le chances di investimento che le nuove generazioni
dotare la città informale di tali servizi di cui è sempre stata
sono disposte a compiere pur di abitare i luoghi lasciati loro
priva, relegando tali territori ad una condizione di infima
in eredità dai padri. Lo spettro dell’abbandono di tali con-
periferia. Infatti, nonostante i Comuni siano obbligati, nel
testi è più che mai forte ed in molti casi si può già assistere
momento della redazione del Piano Regolatore, a pianifi-
ad uno spopolamento di fatto dei suoi abitanti originari. Tali
care una dotazione di servizi secondari uniforme in tutto
luoghi si ritrovano infatti a vivere di pratiche estremamen-
il territorio comunale e quindi anche per quei contesti in-
te periferiche, in cui è possibile rintracciare anche attività
formali e stagionali utilizzati solo per poco tempo all’anno,
illegali e di stretta vicinanza con la criminalità organizzata,
la loro realizzazione spesso non ha luogo, a causa delle mo-
specialmente al Sud. Da territori della speranza si trasfor-
tivazioni più varie ma soprattutto per mancanza di adeguati
mano dunque in territori di infimo scarto, dove tutto diven-
finanziamenti.
ta lecito:
“... i margini abusivi hanno finito per tradursi in parti di Se esiste qualche sporadica e minima dotazione di ser-
città [...] metaforicamente inesistenti, ambiti di una sorta di
vizi è molto spesso di carattere rudimentale, stagionale ed
non cittadinanza e di un’anomala esenzione dagli obblighi
autogestita dagli stessi promotori privati: nulla a che vedere
di cittadinanza” .7
con opere di urbanizzazione di livello soddisfacente. Capita infatti che alcuni promotori privati si autorganizzino per la realizzazione di alcune strutture sportive precarie o, ancora, per dei luoghi di culto temporanei attivi nei mesi di Luglio e Agosto, o che venga organizzato una qualche forma di mercato rionale in alcuni punti della città, ma nulla di stabile e fisso. 7
282
F. Zanfi (2008), p. 183
tuazioni più ricorrenti che riguardano manufatti edilizi non
Problematiche di natura legale
sanabili consistono in tutti quegli episodi che riguardano
Altro forte elemento di incertezza è il precario stato giuridico in cui versano gran parte dei singoli manufatti edilizi
edifici privati costruiti entro i limiti di trecento metri dalla linea di battigia o all’interno di parchi e riserve naturali.
degli agglomerati urbani abusivi. In caso di accertamento di un episodio di abuso ediliMolti di questi sono ormai definitivamente “legali” o “le-
zio, sono i proprietari che entro il limite di 90 giorni devono
galizzati”, avendo ottenuto la licenza edilizia in sanatoria, at-
provvedere a proprie spese alla demolizione del manufatto
traverso uno dei tre momenti di condono edilizio avvenuti
edilizio e al ripristino dei luoghi. Se il proprietario dovesse
in Italia (1985, 1994, 2003) mentre molti altri persistono nel
ulteriormente essere inottemperante a tali disposizioni, il
loro status di costruzioni illegali ed abusive. Ciò può essere
comune deve demolire il manufatto addebitandogli i costi
dovuto al fatto che molti di questi sono edifici costruiti in
oppure può acquisire di diritto gratuitamente l’edificio e il
area ad inedificabilità assoluta o relativa, elemento che ne
terreno che esso occupa al patrimonio del comune. Tale
ha causato l’inammissibilità in momento di sanatoria. Le si-
schema sanzionatorio si applica anche a tutti quegli inter-
8
venti di restauro e ristrutturazione avviati senza regolare “Art. 33 - Opere non suscettibili di sanatoria. 1. Le opere di cui all’art. 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse: a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici; b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali; c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna; d) ogni altro vincolo che comporti inedificabilità delle aree. 2. Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della Legge 15 giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima.” 8
permesso o in totale difformità.9 Oltre al rischio di incorrere in una demolizione, se si costruisce abusivamente si va incontro anche a determinati provvedimenti, rientranti nell’ambito del diritto civile, che riguardano la sfera della compravendita dei manufatti edilizi abusivi. In tal caso infatti, qualsiasi atto che preveda l’acquisizione o la vendita di immobili costruiti abusivamente co-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive. D.P.R. n. 380/01 - Art. 31, Secondo e Terzo comma. Informazioni tratte da: M. Carrà (2012), p. 298 9
Tratto da: Legge 28-02-1985, n. 47 - Norme in materia di controllo dell’attività urbanisti-
283
risulta nullo 10. Non è quindi possibile cedere ad altri soggetti un edificio della quale non siano rintracciabili gli estremi del permesso di costruire che ne abbiano autorizzato la realizzazione. Sebbene un tale quadro repressivo sia effettivamente molto duro, la sua reale applicazione lo è decisamente meno. Infatti, in caso di accertamento di un reato di abusivismo edilizio, la procedura sanzionatoria della demolizione non si attua in maniera immediata ma necessita dei lunghi tempi dovuti ai procedimenti giudiziari e, in molti casi, non viene nemmeno eseguita.11
“Sono ugualmente tutti nulli gli atti di trasferimento della proprietà e di diritti reali aventi ad oggetto edifici o loro parti ove non siano indicati gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria ( art. 46 Testo Unico Edilizia e art. 40 L. 47/1985)”. 10
Tratto da: M. Carrà (2012), p. 298 “In Italia si abbatte solo il 10% degli edifici di cui è stata ordinata la demolizione” ... 11
“La legge prevede anche che a occuparsi delle demolizioni future non saranno più i sindaci (stretti tra le furiose proteste dei cittadini e l’imputazione di abuso d’ufficio quando non procedono), bensì i prefetti, stanziando 10 milioni di euro ad hoc l’anno dal 2017 al 2020. Si calcola che ogni demolizione costa 80 mila euro; in sostanza si potrebbero demolire appena 130 edifici l’anno. In tutta Italia. Attualmente sono 46.760 le ordinanze di demolizione che attendono esecuzione, dati fermi al 2011.” Fonte (articolo di giornale): F. Grignetti; “Case fuorilegge, freno alle demolizioni”. La Stampa, 15/04/2017 284
Attualmente la fetta maggiore di responsabilità di appli-
ulteriore forte elemento di generale incertezza che la ca-
cazione di tale apparato sanzionatorio è in mano alle am-
ratterizza. Questo avviene perché al giorno d’oggi, come si
ministrazioni comunali e ai Sindaci ma si può facilmente in-
è visto, la stragrande maggioranza dei contenziosi legali fra
tuire come questo sistema sia poco efficiente ai fini di una
Stato e singoli costruttori abusivi non si è ancora conclusa e
certa esecuzione dei provvedimenti. La vicinanza politica
ciò si riflette sul destino stesso della città informale la quale
fra i cittadini e i sindaci è eccessiva e sono molti i casi in
ha un assoluto bisogno di stabilire un punto fermo di legali-
cui questi ultimi fanno di tutto per non dar luogo ai proce-
tà dalla quale ripartire.
dimenti di demolizione per evitare ripercussioni legate ad una diminuzione dell loro consenso politico. Tuttavia, nei
Infatti, per poter immaginare un nuovo progetto di ri-
casi in cui gli stessi sindaci siano esplicitamente obbligati
qualificazione per questi contesti occorre essere certi che
ad emanare ordinanza di demolizione, pena l’imputazione
qualsiasi ombra sia stata allontanata e che ogni aspetto di
di abuso d’ufficio, allora le cose si complicano ed in tali oc-
illegalità sia stato definitivamente punito o ricondotto entro
casioni si arriva quasi per certo alla definitiva esecuzione
il perimetro della legge. Questa decisione spetta solo ed
della demolizione. Dati questi presupposti, sono in discus-
esclusivamente allo Stato centrale e ai suoi organi che han-
sione dei provvedimenti12 che traslino la responsabilità di
no il dovere di porre definitivamente fine a questa perenne
ingiunzione dell’ordinanza di demolizione dalle mani delle
incertezza e di gettare le basi per una nuova fase dove ven-
amministrazioni comunali a quelle dei prefetti che, in quan-
ga finalmente messo in pratica con serietà un nuovo piano
to emanazione diretta dello Stato centrale sul territorio,
per riprogettare gli esiti legalizzati della città abusiva. Non
conferirebbero maggiore autorevolezza alla procedura di
si può prescindere da questo aspetto in quanto, solo così
demolizione.
qualsiasi operazione di recupero urbano che verrà promossa in futuro potrà essere portata avanti in piena legitti-
Nella foto a sinistra:
Notiamo quindi come sia notevolmente precaria la situa-
mità, senza che questa possa essere intaccata da spiacevoli
zione giuridica e legale che accompagna i singoli edifici di
pregiudizi di illegalità che porterebbero ad un definitivo di-
cui è composta la città abusiva, rappresentando questo un
scredito delle positive intenzioni iniziali.
Edificio incompleto in Via dei Delfini, a Scoglitti
Proposta di legge “FALANGA” (S. 580. C.1994): “Disposizioni in materia di criteri di priorità per l’esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi” 12
285
286
6.3
Nuove prospettive
6.3.1 Un nuovo scenario Quanto fin qui emerso è il segno di un generale stato di crisi di quei territori dove la pratica abusiva è stata la modalità preferita di insediamento. È emerso infatti chiaramente come la sommatoria di pratiche individuali non abbia generato risultati spaziali soddisfacenti e che difficilmente potranno essere consegnati alle generazioni future senza ipotizzare che questi agiscano in maniera determinante sui loro effetti. Partendo da questo dato di fatto però, si potrebbe iniziare a pensare questi luoghi attraverso gli occhi dei primi costruttori che li hanno generati, provando, come primissimo approccio progettuale, a visualizzarli come spazi tran-
sitori e momentanei che non ci vengono consegnati come spazi finiti semplicemente da abitare ma come base sulla quale impostare un nostro progetto, una nostra visione. Dobbiamo quindi necessariamente iniziare a pensare la città informale come luogo possibile sulla quale immaginare i nostri progetti di vita futuri, poiché la dimensione di tale manifestazione costruttiva negli anni è stata così invasiva ed eccessiva che non può essere ignorata. Non è infatti un’operazione possibile quella di relegare i suoi effetti solidi a fenomeni semplicemente circoscrivibili e facilmente eliminabili. Lo spazio occupato dalla città abusiva infatti è di dimensioni enormi, specialmente in alcune parti del nostro Paese, e non lo si può limitare ad alcuni fenomeni patologici per i quali prevedere una cura adeguata. 287
Quindi, credo che bisogni ormai abituarsi all’idea che
fronto diretto con gli effetti più autorevoli e storicamente
pensare di poter lavorare, da urbanisti ed architetti, in una
determinati della città consolidata, i cui influssi estetici,
situazione iniziale di tabula-rasa, in Italia, non sia più conce-
culturali ed architettonici non riescono a propagarsi fino
pibile e che quindi bisognerebbe quanto prima accorgersi
alla città informale.
dell’importanza che ai nostri giorni ormai ha assunto la città informale diffusa. Essa infatti, oltre ad imporsi come tema
Si potrebbe addirittura invertire i termini del discorso
assolutamentre preponderante nel dibattito architettoni-
ed affermare con relativa tranquillità come la nostra stessa
co, è ormai indiscutibilmente parte integrante dei nostri
contemporaneità sia intrinsecamente permeata dagli ele-
paesaggi, e quindi, delle nostre vite.
menti del paesaggio informale e dagli spazi in abbandono, essendo diventato ormai una tematica fondamentale in
L’atteggiamento dunque con la quale dobbiamo approc-
campo culturale ed artistico ai nostri giorni. Occorre dun-
ciarci a tali spazi non può essere quello di abitanti passivi
que declinare in campo architettonico ed urbano una certa
del costruito informale o del maifinito, ma come quello di
visione che l’arte contemporanea ormai ha assunto da tem-
soggetti che sentono il bisogno di farsi attivi promotori di
po, fin dal periodo di affermazione dell’arte ready-made. Il
cambiamento e portatori di nuovo significato.
riciclo. il riuso di materiali e di vecchi edifici in abbandono o in stato precario, gli innesti, sono tutte pratiche di assoluta
Se ci si riflettesse bene, attualmente le possibilità di un
attualità che possono diventare la base concettuale per la
approccio innovativo e concreto nei confronti del paesag-
formulazione di nuovi strumenti che si adattino alle carat-
gio informale sarebbero enormi ed estremamente vantag-
teristiche della città informale.
giose, nonostante i cronici problemi di cui si è trattato nel precedente paragrafo. Gli esiti non del tutto determinati della città informale infatti ci consentono di immaginare un progetto aperto, senza confini netti e stabiliti, avendo una certa possibilità di manovra pressochè impossibile in altri contesti più urbanizzati. Un nuovo progetto sulla quale poter impostare i valori della contemporaneità in quanto sarebbe impossibile, oltre che controproducente, un con288
6.3.2 Nuovi attori
è banalmente che, specialmente in periodo di crisi economica, si decide di non sottoutilizzare un bene familiare de-
Per quanto riguarda i futuri attori di questo processo di
stinato altrimenti ad essere sfruttato solo per brevi periodi
trasformazione, c’è da riscontrare che se il campione so-
e si tende dunque, ove possibile, a far in modo che i figli
ciale che diede vita al processo di costruzione informale
possano trovare la loro prima sistemazione proprio nella
dagli anni Sessanta in poi era sufficientemente omogeneo
seconda casa, evitando in tal modo di affittarne o acqui-
e si riusciva ad individuare al suo interno elementi socia-
starne una nuova.
li, culturali ed economici più o meno simili, si fa più fatica adesso a proporre una schematizzazione così netta all’in-
Eccone un esempio, riguardante un abitante della cit-
terno di categorie sociali rigide. A livello sociologico, si può
tà di Ardea (LT), tratto dal testo “Città Latenti” di Federico
parlare dunque di alcune linee di tendenza che si stanno
Zanfi:
“Claudia abita stabilmente un’ex casa di vacanza. I pri-
verificando in questo momento e che determineranno in futuro i nuovi assetti della città informale.
mi proprietari di questa casa erano di Roma, la costruirono abusivamente e poi la condonarono. [...]
Per esempio, prendendo il caso della “città di villeggia-
È una condizione tipica di tutti gli edifici dei dintorni:
tura” o di tutti quegli agglomerati urbani costituiti preva-
tante persone della nostra generazione lasciano Roma per il
lentemente di seconde case, come nel caso di Scoglitti, si
costo degli appartamenti, vengono qui a comprare ex villini
delinea , anche se ancora in maniera embrionale, un certo
di vacanza e li trasformano in residenze stabili.”1
fenomeno di nuova stanzialità da parte dei figli o dei nipoti dei proprietari delle abitazioni che quindi decidono di tra-
Per gli insediamenti suburbani ma anche per la città di
sferirsi definitivamente nella seconda abitazione, anche nei
mare dunque è in parte possibile immaginare un utilizzo fu-
mesi invernali, per svariati motivi. Si va da una richiesta di
turo che esuli esclusivamente dalle dinamiche della villeg-
maggiore indipendenza dalla famiglia, a motivi di caratte-
giatura e che comprenda anche piccole forme strutturate
re lavorativo oppure, semplicemente, si decide di andare a
di permanenza più stabile. Se ciò avvenisse, sarebbe anche
vivere nella casa al mare o in montagna perché questa co-
probabile un potenziamento più marcato delle dotazioni di
stituisce una soluzione di vita più economica rispetto alla vita in città. L’aspetto più importante di questa soluzione
1
F. Zanfi (2008), p. 85 289
servizi all’interno della città abusiva che, in questa manie-
si pongono come nuovo elemento sociale da tenere in con-
ra, si avvierebbe verso una situazione urbana decisamente
siderazione nelle dinamiche sociali della città abusiva e ne
meno precaria.
potrebbero diventare nuovi attori del processo di trasformazione urbana.
Altro tema sociale di stringente attualità e che sta già influendo con le dinamiche della città informale è l’enorme
Esistono molti casi in Italia dove ciò sta già avvenendo
afflusso di migranti, sia regolari che irregolari, che costan-
con esiti alterni: alcuni decisamente positivi, dove il pro-
temente si riversa verso le coste Italiane.
cesso di integrazione ha funzionato con efficacia, mentre esistono altri casi dove il fenomeno migratorio non gover-
Per esempio, l’immigrazione a Vittoria (RG) non è affatto
nato sta causando non pochi problemi.
una novità; il motivo è molto semplicemente che i migranti,
Riguardo quest’ultimo aspetto, può essere citato nuo-
che fin dagli anni Ottanta provengono principalmente dai
vamente il caso di Castel Volturno (CE) dove si assiste ad un
paesi del Maghreb e, attualmente, anche dai paesi dell’Est
fenomeno completamente nuovo in cui gli immigrati deci-
Europa, costituiscono gran parte della forza lavoro occupa-
dono di abitare/occupare gli esiti della città della specula-
ta nell’agricoltura in serra. Questi risiedono o in abitazioni
zione, ormai in stato di abbandono2 . Tutto ciò avviene senza
in condivisione all’interno del perimetro urbano della cit-
opportuno controllo da parte di alcun soggetto pubblico e
tà di Vittoria e di Scoglitti oppure in maniera decisamente
quindi genera esiti non troppo felici e di facile intuizione.
più precaria nella città diffusa della fascia trasformata, in
Parte dei nuovi residenti vive infatti in una situazione di to-
abitazioni rurali nascoste fra le serre e in situazioni di forte
tale precarietà ed anonimato, non essendo regolarmente
indigenza. In questi contesti inoltre il livello infrastrutturale è pressoché nullo, il ché comporta un ulteriore elemento di disagio delle condizioni di vita dei nuovi ospiti. Gli immigranti dunque già vivono nella città informale diffusa nel territorio ipparino, soprattutto quei contesti costieri legati alla produzione agricola intensiva più delocalizzati e nascosti e ne costituiscono spesso l’unica presenza fissa, anche d’inverno. In generale dunque, i migranti 290
2
Dati ed informazioni tratti da:
A. Mastrandrea; “A Castel Volturno si vive come sopra una polveriera”; Internazionale, 25-02-2017 (https://www.internazionale.it/reportage/angelo-mastrandrea/2017/02/25/ castel-volturno-polveriera). “Il Fuoco della Terra”; 2017 - Documentario di produzione Rai ht t p://w w w.ra i.it/d l/ Ra iT V/progra m m i/media/Content Item-56ab2d6e-db52-432f-acf5-d55baab5b925.html
censiti come abitanti della cittadina domiziana, ed in tal
L’immigrazione dunque è indubbiamente un fenome-
modo sfuggono al regolare pagamento delle imposte locali
no da tenere in considerazione per studiare le dinamiche
pur usufruendo dei servizi basilari, aggravando pesante-
future degli insediamenti informali. Se oppurtunamente
mente i bilanci del comune casertano ormai in conclamato
regolarizzati ed inseriti, i migranti potrebbero trovare van-
dissesto finanziario. D’altra parte è pur vero che “se gli “afri-
taggioso insediarsi nei luoghi meno urbanizzati della città
cani” decidessero di andarsene, questo sarebbe un paese
informale per il basso costo della vita, generalmente più
fantasma”, come afferma un cittadino del posto.
economica rispetto alla città, e per i prezzi degli immobili
Bisognerebbe dunque regolarizzare la posizione dei
davvero irrisori; al contempo, la situazione sarebbe indub-
migranti che hanno raggiunto il nostro Paese e cercare di
biamente favorevole per la collettività in quanto si tratte-
renderli quanto più possibile partecipi della vita cittadina e
rebbe di un innesto di nuova linfa vitale per questi contesti
della comunità. Proprio come è avvenuto ad Acquaformo-
ormai disagiati. La presenza di nuovi cittadini infatti tende a
sa (CS) e a Riace (RC), in cui il fenomeno migratorio è stato
scongiurarne il definitivo abbandono, oltre che a garantirne
visto come una risorsa, soprattutto per ripopolare borghi
potenzialmente un nuovo uso con caratteristiche più urba-
e luoghi che andavano incontro a fenomeni di abbandono
ne e meno precarie e stagionali. Si tratta senza dubbio di
pressoché certi. Il vicesindaco del comune cosentino spie-
un terreno da indagare con più attenzione e cura, essendo
ga: “Grazie alla loro presenza [dei migranti] e alla ricchezza
un tema potenzialmente molto interessante e che potrebbe
prodotta da questa economia solidale, Acquaformosa è
portare a risultati positivi ma anche a situazioni potenzial-
passata dal 380° al 210° posto nelle classifiche del Censis
mente nefaste, se non gestite in maniera adeguata.
sulla ricchezza prodotta.”3 3 Dati ed informazioni tratti da: G. Palma “Migranti, in Calabria il Comune risorto grazie all’accoglienza”; Il Fatto Quotidiano - 23-07-17 http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/23/migranti-in-calabria-il-comune-risorto-grazie-allaccoglienza-vicesindaco-pd-renzi-aiutarli-a-casa-nostra-ci-ha-resi-piu-ricchi/3748552/ D. Turrini “Un paese di Calabria, il documentario che racconta l’integrazione possibile ma che nessuno fa vedere in Italia”, Il Fatto Quotidiano - 22-07-17 http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/22/un-paese-di-calabria-il-docu-
mentario-che-racconta-lintegrazione-possibile-ma-che-nessun-fa-vedere-in-italia/3737994/ 291
6.3.3 Nuove economie
proposito per un suo riutilizzo proprio a fini turistici. Il fenomeno dell’ospitalità diffusa infatti si adatterebbe perfet-
Uno dei presupposti fondamentali per poter immaginare
tamente ai contesti informali, senza il bisogno di ricorrere
un futuro per i contesti informali in crisi è quello di creare
all’uso eccessivo di nuova volumetria spesa per la costru-
delle nuove economie che gettino le basi per poter insedia-
zione di hotel e grosse strutture residenziali. Si eviterebbe-
re nuovi abitanti in maniera stabile. Fra i principali problemi
ro così gli eccessi costruttivi di cui soffrono molte città bal-
osservati negli agglomerati urbani di seconde case infatti vi
neari turistiche il cui ambiente ha spesso risentito nel corso
è la mancanza di un sistema economico autonomo e indi-
degli anni degli effetti di un’eccessivo sviluppo che ne ha
pendente da quello generato esclusivamente dalle dinami-
distrutto i territori, generando un risultato opposto rispetto
che della villeggiatura che, sebbene porti ricchezza, non lo
ai positivi intenti iniziali.
fa però in maniera tale da costiturie una risorsa costante nel tempo. L’economia della villeggiatura è di tipo stagionale ed
Mettere “in rete” le abitazioni è infatti una possibilità
eccezionalmente dipendente dalle abitudini dei villeggianti
concreta di nuovo utilizzo a scopo remunerativo che con-
e dalla loro capacità di spendere.
sentirebbe, anche in breve tempo, di creare una nuova eco-
Come accennato nel cap. 3, una prima forma di rilancio
nomia senza dover ricorrere a grossi investimenti privati. Si
per i luoghi in questione potrebbe essere quella di un turi-
possono realizzare “alberghi diffusi” organizzati o strutture
smo più strutturato e non locale che porterebbe vantaggi
di gestione più semplici, in base alle condizioni presenti in
non indifferenti. Date le condizioni climatiche tendenzial-
ciascun sito. Un’albergo diffuso organizzato prevedrebbe la
mente favorevoli delle regioni del Mezzogiorno d’Italia, la
costituzione di una società ad hoc che si occupi delle ope-
possibilità di allargare notevolmente il periodo della sta-
razioni di interfaccia fra gli utenti e gli ospiti.
gionalità rispetto alla semplice villeggiatura permette di
L’obbiettivo dell’operazione è duplice e si inserisce fra
immaginare una stagione turistica che vada da fine Marzo a
l’introduzione di un nuovo modello economico dal basso
Novembre, in modo tale da rendere gli investimenti fatti nel
che porterebbe nuova linfa in questi territori e la promo-
settore, sostenibili e portatori di ricchezza per il territorio e
zione di un progetto di recupero del patrimonio edilizio
di nuove possibilità di lavoro per i suoi utenti.
sanato ma ormai gran parte fatiscente. Potrebbe essere
L’eccesso di volumetria sottoutilizzata, nel caso in qui
un’ottima occasione per spronare i proprietari a farsi essi
questa sia stata sanata, inoltre potrebbe essere utile a tal
stessi principali responsabili del recupero urbano dei luo-
292
ghi compromessi dalla violenta pratica abusiva attraverso
“Il consorzio, costituito dai produttori e dai proprietari
l’istituzione di opportune forme di compensazione utilizza-
delle residenze, provvede alla gestione delle attività agri-
te al fine del restauro urbano ed ambientale.
cole e turistiche, alla fornitura dei servizi collettivi e alla
A queste azioni che ne fanno da presupposto, si po-
redistribuzione degli utili. La gestione è limitata agli ambiti
trebbero addizionare nuovi servizi offerti ai clienti che ri-
comuni e riguarda le attrezzature pubbliche e balneari, gli
chiederebbero la creazione di nuova impresa destinata a
spazi di relazione e i servizi comuni per gli addetti, la rac-
soddisfare tali nuovi bisogni, di conseguenza, spingendo
colta dei rifiuti in polietilene e polistirolo, il ripristino e la
una nuova economia: bar, ristoranti, locali d’intrattenimen-
manutenzione delle spiagge e dei cordoni dunali. Il consor-
to, lidi, SPA, spazi di promozione culturale e anche piccoli
zio commercializza direttamente i prodotti agroalimentari
centri espositivi, cinema, luoghi per spettacoli e quant’al-
attraverso filiere corte, così da disporre di margini superiori
tro. Il tutto finalizzato ad un milgioramento complessivo
e una maggiore qualità e diversità dei prodotti”5 Il progetto si prefigge come obbiettivo quello di “... offri-
della qualità dei servizi proposta ai nuovi clienti ma anche
re le condizioni per l’insediamento stabile di una quota cre-
ai cittadini.
scente di addetti oggi impiegati nell’agricoltura, diversificaAltra interessante approccio è quello illustrato nella
re la fruizione turistica rispetto a una dimensione soltanto
pubblicazione “Il paesaggio invisibile” di Davide Pagliarini
stagionale, conciliare turismo e agricoltura fornendo una
che propone un modello analogo a quanto esposto in pre-
rete di servizi che possano favorire la competitività dell’una
cedenza ma maggiormente orientato ad un tessuto infor-
e dell’altra...” 6
4
male di tipo agricolo/costiero, di cui una parte di Scoglitti
È interessante far notare come sia questo schema pro-
ne costituisce un validissimo esempio. Pagliarini propone
gettuale che quello esposto precedentemente si fondano
un modello consortile misto in cui una diversificata attività
su un’imprescindibile opera di recupero paesaggistico e
agricola convive insieme all’inserimento di un programma
territoriale senza la quale difficilemente potrebbe attec-
turistico debolmente strutturato che permetta di fruire
chire la proposta turistica prevista da entrambi.
comodamente del mare e dei residui di un paesaggio naturale da restaurare:
4
Pagliarini D. (2008), da p.193
5
Pagliarini D. (2008), p. 204
6
Pagliarini D. (2008), p. 194 293
294
6.3.4 Nuovi approcci progettuali
re7. Si è spesso puntato, tramite tali strumenti urbanistici, alla mera “legalizzazione” dei tessuti abusivi, puntando solo
È quindi sempre più evidente che per poter immagi-
sull’aspetto riguardante la necessaria ed obbligatoria dota-
nare un intervento concreto per agire e migliorare gli esiti
zione di servizi standard prevista dalla legge legata al nume-
costruttivi della città informale non è sufficiente operare
ro di abitanti insediati in un determinato contesto urbano.
esclusivamente attraverso la promozione di azioni dall’alto
Quest’operazione però, da sola, non è affatto sufficiente a
da parte dello Stato e dai suoi enti sul territorio.
garantire la giusta qualità urbana che tali territori richiede-
Nei territori interessati da frequenti episodi di abusivi-
rebbero fortemente. Pensare quindi semplicemente di ad-
smo edilizio spesso il disordine urbano è tale per cui risul-
dizionare al tessuto urbano abusivo esistente degli impac-
terebbe davvero molto difficile tentare di ottenere risultati
chi di verde ed altre dotazioni inserite esclusivamente ai fini
soddisfacenti esclusivamente da operazioni di recupero
del raggiungimento degli standard urbanistici minimi per
“top-down” senza prima un vero confronto con le esigenze
legge, seppur momento imprescindibile ai fini di un rientro
dei cittadini che vi abitano. Si rischierebbe di veder fallire
totale ed effettivo di tali aree all’interno del perimetro della
nuovamente un certo approccio “legalista” che, nonostante
legalità, non ritengo possa essere considerata come la so-
sia sempre stato animato da intenti leggittimi e condivisi-
luzione ottimale da intraprendere.
bili, non ha però portato a buoni risultati in termini urba-
Nell’immagine a sinistra: Schema funzionale del Villaggio/Consorzio inserito nel con-
ni effettivi. Mi riferisco a tutte quelle operazioni legate ai
Per un vero momento di recupero di un’area abusiva sa-
cosiddetti “piani di recupero” che si sono spesso trasfor-
rebbe più efficace rimandare a un più complesso ed artico-
mati in meri innesti di alcune dotazioni urbane primarie o
lato momento di progettazione che coinvolga più soggetti
secondarie all’interno dei tessuti abusivi scarsamente ur-
oltre alla sola Amministrazione locale. Occorre necessaria-
banizzati, spesso senza aver precedentemente sviluppato
mente partire dagli abitanti o dai loro eredi, e coinvolgerli in
un’approfondimento analitico e progettuale locale sull’area
un processo collettivo che li veda nuovamente protagonisti
da recuperare rendendo l’operazione del tutto anonima e
testo della “fascia traformata”,
meramente burocratica, che in molti casi non ha portato a
nel Golfo di Gela.
soluzione le problematiche che ci si prefiggeva di corregge-
“Continuare a pensare che un piano urbanistico o una legge o norma possano attivare da sè percorsi di cambiamento significa perpetuare un atteggiamento fallimentare.” 7
D. Pagliarini (2008), p. 208
Tratto da: G. Licata (2014) p.28 295
di un nuovo e più moderno approccio di riattualizzazione
ro di progettisti sul campo che, partendo da un approccio
dell’edificato, esattamente come furono protagonisti molti
“bottom-up” tentano di mediare fra le esigenze di ogni sin-
anni fa, al momento della prima edificazione dei manufatti.
golo abitante ed una visione urbana generale complessiva
Bisognerebbe dunque promuovere quelle azioni ne-
che punta a migliorare l’habitat di quartiere perfettamente
cessarie che permettano di far uscire i residenti da una
incluso in una più grande e coerente logica urbana. Il ruolo
situazione di atavico ed eccessivo individualismo che, se
del rigeneratore urbano sarebbe davvero utile in un con-
perpetuato, condannerebbe questi luoghi ad un ulteriore
testo di scarso senso collettivo come spesso si è rivelata
processo di degrado ed incuria. È auspicabile dunque che i
essere la città abusiva e, se adeguatamente supportato fi-
residenti di un determinato quartiere, riuniti in associazioni
nanziariamente e politicamente, potrebbe davvero essere
o in comitati opportunamente creati si facciano essi stessi
l’anello di congiunzione fra cittadino e Stato in un processo
promotori del progetto di riqualificazione dei contesti dove
di miglioramento collettivo dell’edificato e della città nel
abitano, opportunamente coadiuvati dagli enti pubblici
suo complesso. È così quindi che quella del progettista/
che, attraverso opportuni tecnici adibiti a tale ruolo fac-
mediatore/rigeneratore urbano potrebbe diventare una fi-
ciano da mediatori progettuali e legali fra i due soggetti in
gura imprescindibile in questa operazione congiunta.
campo. Come accennavo in precedenza, anche il “set” di struIl momento del tavolo tecnico collegiale è un elemento
menti operativi in mano al progettista non può essere cer-
importante per la buona riuscita dell’operazione in quanto
to quello “tradizionale” fortemente legato ad una visione
rende partecipi i cittadini di ogni momento della pianifica-
modernista dell’urbanistica e quindi semplicemente teso
zione mediata, soprattutto quelli in cui si prevede la perdi-
all’installazione di nuove dotazioni urbane nella città abusi-
ta di qualche privilegio individuale a favore di un maggiore
va senza andare più a fondo nell’analisi del problema.
benificio collettivo. Questo tipo di esperienza porta con sè
Il “progetto” di riqualificazione deve necessariamen-
degli esempi concreti e sviluppati in Nord Europa ma anche
te interagire con gli esiti solidi del costruito abusivo e non
in alcune parti del Nord Italia, potendo vantare risultati po-
semplicemente giustapporsi ad esso. Per “recupero” deve
sitivi. Si tratta dell’attività dei “Rigeneratori Urbani”8 ovve-
8
I. Curti - “Il mestiere del Rigeneratore Urbano” - 2016 296
Articolo tratto dal sito web: www.che-fare.com/rigeneratore-urbano-mestiere/
intendersi quindi “agire nel costruito”, analizzarlo, dise-
al fine di un generale miglioramento estetico del costrui-
9
gnarlo, reinterpretarlo e progettarlo per dargli nuova vita.
to. Nessuna operazione deve essere esclusa a priori e tutto
Bisogna interpretare il costruito esistente come possibilità
deve essere teso esclusivamente allo sviluppo della qualità
e non come ostacolo da superare ed eliminare. Al tempo
urbana della città informale.
stesso bisogna iniziare a considerare l’edificato esistente non più come immutabile “dato di fatto” ma come oggetto
Si tratta dunque di intraprendere dei percorsi proget-
plastico eventualmente da modificare, alterare, adattare a
tuali coordinati fra i vari attori e sviluppati a lungo termi-
nuove esigenze, se questo fosse necessario al miglioramen-
ne, in modo da coinvolgere efficacemente tutti i soggetti
to delle dotazioni urbane ed ambientali.
interessati e dare a tutti il tempo necessario per farsi pro-
Il progettista dovrebbe agire come se fosse un “chi-
motori dei vari interventi. Non è infatti possibile compiere
rurgo”, metaforicamente traslato in ambito urbano, che
con efficacia importanti progetti di miglioramento urbano
interviene sul paziente con azioni mirate e perfettamente
se si considera un arco di tempo eccessivamente ristretto.
localizzate: il tipo di intervento da compiere dunque si svi-
Coi giusti tempi quindi e con la collaborazione dei cittadini,
luppa intervenendo nelle parti più sensibili del tessuto ur-
bisogna promuovere un lavoro di difficile mediazione fra i
bano per svolgersi essenzialemtente negli interstizi fra una
vari interessi in campo e fra le varie e disparate situazioni
casa e l’altra, sui marciapiedi, sui terreni vuoti, sugli edifici
urbanistiche che si possono presentare e che sono risolvi-
non utilizzati o incompleti, o anche sui muri di confine con
bili solo in sede di Progetto.
il lato-strada. Si potrebbe pensare anche, in alcuni casi, di coinvolgere elementi del costruito facenti parte della sfe-
Il “Progetto” dunque, più che l’applicazione d’ufficio del-
ra del privato come i muri divisori fra diverse proprietà o
la “Norma” è lo strumento privilegiato per agire sui contesti
anche le facciate delle case che possono prendere parte
abusivi con discrete possibilità di successo. È chiaro che, in
ad interventi organici e collettivi esclusivamente promossi
questa sede, non si sta pomuovendo alcun intervento al di fuori della legge bensì si afferma semplicemente la maggior
“...con il termine Progetto intendiamo una serie di operazioni che si innestano alle pratiche già in atto e che nei loro confronti non si pongono come eventi di rivoluzione, ma piuttosto come reagenti, come enzimi di riforma parziale.” 9
Tratto da: F. Zanfi (2008); p. 166
efficacia di qualsiasi intervento progettuale analitico e critico rispetto a semplici interventi urbani di adeguamento normativo, che tendono a risolvere solo gli aspetti di carattere legale senza necessariamente portare a risultati soddisfacenti. 297
Altro tema interessante è capire fin dall’inizio che tipo
inevitabilmente destinati ad un precoce abbandono. Il ruo-
di obbiettivo ci si propone di raggiungere. Come lo imma-
lo del Progetto è dunque questo: anticipare e prevedere le
giniamo, infatti, l’immensa mole di costruito abusivo che ci
dinamiche in atto, migliorando le parti di tessuto urbano
siamo ritrovati in eredità, fra trenta, quarant’anni? E la “città
con maggiori potenzialità di sopravvivenza e che promet-
di villeggiatura”? Questi luoghi riusciranno mai a diventare
tono dei risultati soddisfacenti in termini di recupero e,
città compiuta? O verranno abbandonati del tutto, lascian-
parallelamente, individuare i “rami secchi”, ormai privi di
do come rovine immense moli di cemento e tondini di ferro
possibilità, ed accompagnarne il disfacimento in maniera
svettanti in cielo?
controllata10.
Di sicuro non esiste una riposta univoca a questa do-
Questo passaggio è fondamentale in quanto è interesse
manda e, senza di fatto alcun intervento riparatorio, il de-
delle Ammistrazioni locali individuare i quartieri, i borghi,
stino di molti di questi luoghi è già in parte segnato. Dal mio
i villaggi su cui investire risorse pubbliche per recuperarli
punto di vista infatti, ci si dovrebbe rassegnare al fatto che
e per migliorarne i servizi offerti ai cittadini e quelli invece
non tutti questi luoghi costruiti abusivamente, avranno la
più scadenti, superflui, le cui possibilità di recupero sono
forza per resistere agli eventi e alle nuove dinamiche eco-
così basse che costituirebbe uno spreco investirvi ulteriore
nomiche e sociali in corso e molti saranno destinati all’ab-
denaro pubblico/privato per tentarne un miglioramento.
bandono. Si salveranno tutti quei luoghi che riusciranno a creare dinamiche urbane e sociali minime che potranno in-
È assoluto interesse di tutti i cittadini combattere con-
centivare le persone a restare e a continuare a vivere que-
tro gli “sprechi urbani” che spesso si verificano parlando
gli spazi e, soprattutto, ad investire economicamente su di essi, finanziandone il recupero ormai resosi necessario. Tutti quei luoghi invece eccessivamente degradati, dall’ambiente circostante compromesso, privi di qualsiasi tipo di servizio al cittadino, privi di attività commerciali e culturali, faranno enorme fatica per trovare un bacino d’utenza che si preoccupi di un’adeguata opera di miglioramento urbano attraverso opportuni investimenti, essendo dunque ormai 298
10 “A distanza di quattro decenni, la città abusiva mostra un principio di disfacimento percepibile, ma diverso. [...] Un paesaggio di macerie precoci, residui di futuri non realizzati, incapaci di dare risposte alle domande estetiche e qualitative della tarda modernità. Che cosa farne? È possibile, in ultima istanza, immaginare di gestire il loro deperimento, la loro spontanea rinaturalizzazione e il loro ritorno al paesaggio in un orizzonte temporale lungo, ammettendo che anche questo sia in fondo un esito possibile e auspicabile per una città la cui prospettiva originale si è esaurita? Tratto da: Zanfi (2008); p. 248
di contesti informali. Prendiamo come esempio la “città di
ce di quanto accaduto in passato ma che da esse traggono
villeggiatura”. Quanto costa infatti alla collettività il mante-
fonte di inspirazione.
nimento di una città doppione rispetto al capoluogo che viene utilizzata per un periodo di soli due, al massimo tre
Tutti quegli aspetti legati ai caratteri di temporaneità,
mesi l’anno? È possibile per un comune garantire la stessa
precarietà, non completezza, ai materiali a basso costo e
qualità dei servizi e gli stessi investimenti in manutenzione
alla mancanza di finiture degli edifici, da elementi di debo-
in due differenti città ma traendo risorse sempre dal me-
lezza possono essere reinterpretati e riproposti in chiave
desimo corpo di cittadini? Non è sempre facile rispondere
contemporanea come elementi di forza: elementi costi-
positivamente a queste domande e sono pochi gli esempi
tuenti di un nuovo vocabolario architettonico più in linea
virtuosi di Amministrazioni locali che riescono in maniera
con l’attuale filone di ricerca e di pensiero in campo arti-
efficace a gestire più nuclei urbani contemporaneamente.
stico e architettonico. Risulterà difficile immaginare tale
Efficentare e densificare gli agglomerati urbani dunque, an-
approccio quando ci si trova di fronte agli sfregi edilizi
che attraverso azioni di riduzione di quei tessuti ormai del
più gravi compiuti abusivamente in totale dissonanza con
tutto scadenti significa attenzionare questi aspetti e garan-
il delicato equilibrio del nostro paesaggio ma purtroppo
tire non solo un risparmio ma anche un miglior uso delle
è altrettanto utopico pensare di poter ripristinare tutto e
risorse pubbliche in termini urbanistici.
tornare al punto di partenza, a poco prima di cinquant’anni fa. Si potrebbe quindi immaginare di intraprendere un ap-
Un ultimo aspetto da considerare, per tutti quei casi in
proccio progettuale capace di portare con sé i valori di un
cui un intervento di recupero urbano sia non solo possibi-
nuovo tipo di paesaggio, dove lo scarto non viene più consi-
le ma assolutamente auspicabile, è il tipo di risultato ar-
derato come elemento superfluo ma come parte integran-
chitettonico/urbano finale che ci aspettiamo di ottenere.
te del progetto stesso, perfettamente in grado di generare
Come accennato in precedenza, nell’ottica di abbondonare
nuovo significato architettonico.
una certa visione e cultura modernista in ambito urbano per aprirsi ad una visione più contemporanea, si dovrebbe tendere ad evitare tutti quegli approcci progettuali tesi ad un totale stravolgimento della situazione in atto a favore di interventi più morbidi che invece non nascondano le trac299
6.4
6.4.1 Introduzione In questo paragrafo verranno analizzati concretamente tutte quegli strumenti che, nelle mani del Progettista, possono servire per un approccio mirato e, si spera, efficace nei confronti di tutti i contesti abusivi. Si tratta di una serie di approcci progettuali di varia natura, che coinvolgono plurimi aspetti riguardanti la città informale e che, se utilizzati insieme, consentono di elaborare una strategia progettuale efficace e adatta ad ogni tipo specifico di contesto. Un vero e proprio “kit degli attrezzi”, come è stato definito precedentemente, che consente di elaborare percorsi progettuali non standardizzati ma ideati “su misura” per funzionare nelle situazioni più diverse. 300
Gli strumenti operativi
Gli strumenti operativi che verranno qui descritti possono essere schematicamente suddivisi in due macro-categorie: si tratta di tutte quelle operazioni che riguardano principalmente gli aspetti urbani e di contesto e quelle che riguardano in maniera più concreta gli edifici e le costruzioni private. Alla prima categoria appartengono tutti quegli strumenti che hanno come ambito di intervento gli elementi urbani di carattere pubblico della città abusiva: si parla quindi di strade, marciapiedi, arredi urbani e dotazioni urbane, ma si intende anche altro. Con “operazioni sul contesto” (C) infatti, mi riferisco anche a tutte quelle operazioni strategiche che mirino ad un miglioramento urbano ed ambientale e sociale più ampio rispetto al semplice incremento di dotazioni collettive. A tale categoria appertengono i seguenti strumenti:
1C •
Creazione di modelli riproducibili di sviluppo
1B •
Innesto
2C •
Riattivazione di spazi abbandonati
2B •
Fluidificazione
3C •
Inserimento di un nuovo programma funzionale
3B •
Spostamento
4C •
Incremento delle dotazioni collettive
4B •
Decostruzione
5C •
Riattivazione di processi naturali
5B •
Incentivare l’architettura temporanea
Alle “operazioni sul costruito” (B) invece corrispondono
L’insieme di questo pacchetto di operazioni dovrebbe
tutte quelle azioni che interessano le costruzioni private ed
costituire una solida base operativa per poter intervenire
i loro aspetti oggettuali e materici. Sebbene possa sembra-
sul costruito attraverso un’idonea azione progettuale. Tali
re eccessivamente invasivo pensare ad una categoria di in-
strumenti possono essere considerati come possibile for-
terventi che vada ad interessare la sfera del privato, per una
ma contemporanea di attuazione della legge urbanistica in
reale ed efficace possibilità di intervento in tutti i contesti
atto1 nella parte che riguarda il recupero di contesti sorti
informali ed abusivi questa prerogativa è fondamentale.
abusivamente.
Un presupposto importante infatti per compiere un serio progetto di recupero è quello di considerare le costruzio-
Nelle pagine seguenti viene data ampia descrizione di
ni non come singole entità oggettive ma come parti di un
ogni singolo approccio all’interno delle schede dedicate
tutto, che acquisiscono pieno valore solo se inserite in un
con degli esempi concreti e l’analisi di alcuni casi studio.
contesto più ampio. Diventa quindi necessario in taluni casi uniformare fra loro alcuni elementi dei singoli episodi costruttivi per tentare di dare un’aspetto più urbano ai contesti informali. Fanno parte di questa categoria le seguenti azioni:
1
Legge 28-02-1985, n. 47 301
1C
Creazione di modelli riproducibili di sviluppo
Come prima azione da intraprendere, credo sia op-
che e che possono essere applicate immediatamen-
ciclabili, si migliora la visibilità di alcuni incroci, ecc...
portuno considerare l’idea di provare a spingere e a
te, senza troppe difficoltà. L’obbiettivo di tali pratiche
tutto partendo da un’istanza dei cittadini. L’approccio
promuovere nuovi modelli di sviluppo nelle aree sot-
sta tutto nel suo slogan:
del “Tactical Urbanism” si divide in quattro steps che
toutilizzate della città abusiva.
“Short - term action --> Long - term change”,
vanno dal momento embrionale dell’idea da testare
Uno dei migliori metodi per innescare una forma di
ovvero l’uso di piccoli dispositivi o “agenti di cambia-
alla realizzazione compiuta dell’opera. Le prime parti
cambiamento è fornire ai cittadini un modello di svi-
mento” che mostrano, in maniera embrionale e rudi-
sono quelle dedicate alla fase di test di una determi-
luppo già elaborato ed applicato in altri contesti e
mentale, un possibile scenario futuro di concreta e più
nata azione urbana da promuovere ed è in genere re-
tentare di riprodurlo, adattandolo, al territorio da re-
stabile realizzazione. In molti casi svolgono il ruolo di
alizzata in economia, semplicemente al fine di tentare
cuperare.
vere e proprie “anticipazioni”, dimostrazioni dal vivo,
una variazione allo status quo per provare a migliorare
non solo sulla carta, di quello che potrebbe esse-
alcuni aspetti urbani non perfettamente risolti.
TACTICAL URBANISM
re successivamente realizzato in sede di progetto e
La fase di dimostrazione in genere è anche quella
Uno degli approcci contemporanei più interessanti da
quindi, in maniera permanente.
dove l’aspetto “social” è importante proprio per la
proporre è il cosiddetto “Tactical Urbanism”, anche
È una strategia che sta trovando sempre più riscontro
necessita di coinvolgere quanto più persone possibi-
conosciuto come “Planning by doing”, ovvero tutta
in Europa e negli Stati Uniti in particolare dove il pro-
le alla possibilità di un cambiamento potenziale, i cui
una serie di azioni da applicare in ambito urbano di
blema degli incidenti stradali, che spesso hanno come
benefici vanno promossi e spiegati in maniera efficace
facile realizzazione, a basso costo, spesso coreografi-
vittime pedoni e ciclisti, è molto marcato e molti citta-
ed incisiva. Ecco anche perché spesso questa fase si
dini, sentendosi insicuri, si fanno essi stessi promotori di
esaurisce in soli pochi giorni ma avviene sotto forma
azioni dal basso per un miglioramento delle condizioni
di un vero e proprio evento/manifestazione collettiva
di sicurezza delle strade. Vengono create nuove piste
dove l’aspetto scenico ed attrattivo è molto curato.
1
Informazioni tratte da: The Street Plans Collaborative (2016) “Tactical Urbanist’s Guide” 1
302
Da questo momento in poi, se effettivamente l’idea
stallazione all’interno della città abusiva di un qualsia-
Questa strategia può essere utile in ambito urbano e
è risultata valida e convincente, iniziano le fasi che
si nuovo elemento ad essa alieno, capace di diventare
promossa tramite dei progetti pilota rivolti ad alcune
lentamente portano ad un cambiamento sempre più
l’enzima catalizzatore di un cambiamento sostanziale.
aree del territorio particolarmente disagiate, avendo
stabile ed ufficiale: dal progetto pilota al disegno di
Si tratta di strumenti efficaci in quanto hanno essen-
come intenzione quelle di mostrare alla popolazione i
progetto che troverà adeguata collocazione negli
zialmente il ruolo di mostrare un processo facilmente
sostanziali miglioramenti della qualità urbana ottenu-
strumenti urbanistici locali ufficiali.
riproducibile ponendosi quasi come un “manuale di
ti, in modo da creare una sorta di “effetto emulazione”
Il linguaggio materico utilizzato dal “Tactical Urba-
istruzioni” accessibile a tutti in maniera semplice. Si ri-
da diffondere a più ampia scala.
nism” si nutre di pochi elementi: elementi di barriera
cerca dunque il “cambiamento” semplicemente spro-
Oppure potrebbe valere anche in ambito architet-
(utili per realizzaere variazioni del traffico veicolare),
nando la gente ad imitare le nuove e più evolute pra-
tonico e si potrebbe declinare sempre attraverso la
elementi di paesaggio, elementi di trattamento del-
tiche mostrate più che imponendole dall’alto. Questa
promozione di una serie di progetti pilota che vedano
la superficie stradale, segnali, arredo urbano ed una
potrebbe diventare una pratica per promuovere nuo-
l’impiego di materiali di recente applicazione, come
adeguata programmazione.
vo sviluppo davvero incisiva per i territori della città
quelli legati alla bioedilizia, e di tecniche costruttive
abusiva e per i suoi abitanti proprio perché consente
più orientate ai più contemporanei aspetti di soste-
a questi ultimi di fare esperienza diretta del cambia-
nibilità e rispetto dell’ambiente, il tutto possibilmente
Altro strumento per promuovere attivamente nuovi
mento, vedonone concretamente le possibilità e le
confezionato all’interno di progetti a basso costo di
modelli di sviluppo in un territorio è attraverso la realiz-
criticità e iniziano a pensare di poter diventare par-
realizzazione in modo da costituire un sistema edilizio
zazioni di “prototipi”. Con questo termine intendo l’in-
te attiva di quel cambiamento, fino ad abbracciarlo
veramente alternativo a quello più consueto.
PROTOTIPI
2
completamente. Informazioni tratte da: F. Zanfi (2008), p. 189 2
2C
Riattivazione degli spazi abbandonati
Un tema senz’altro interessante nell’ambito del recu-
spazi abbandonati” anche verso i contesti urbani più
sto-guida “TEMPORIUSO. Manuale per il riuso tempo-
pero urbano, ormai diventato di estrema attualità, è
informali e rarefatti, dove comunque i vuoti urbani
raneo di spazi in abbandono, in Italia” descrive infatti
quello dell’uso o della riattivazione degli spazi in ab-
costituiscono una possibilità non secondaria di inse-
tutte le procedure per poter promuovere legalmente
bandono. Questi ultimi costituiscono un’enorme ric-
rimento di nuove funzioni alternative alla residenza,
delle operazioni di riuso di spazi urbani, anche priva-
chezza all’interno del tessuto urbano in quanto costi-
notoriamente carenti in tali ambiti. È così che il vuoto
ti, per periodi di durata variabile. Si legge nello stesso
tuiscono “i luoghi della possibilità” ovvero quegli spazi
acquisisce importanza anche nella città abusiva, co-
manifesto di TEMPORIUSO1 che l’obbiettivo da perse-
ibridi che possono essere rifunzionalizzati ed adattati
stituendo una vera e propria risorsa per quest’ultima.
guire è:
alle esigenze sempre in divenire di un determinato ter-
Per “spazi in abbandono “ si intende sia volumi edi-
“…di avviare progetti che utilizzano il patrimonio esi-
ritorio.
ficati ed abbandonati che terreni non utilizzati; en-
stente e gli spazi aperti vuoti, in abbandono o sottou-
Il tema del recupero di spazi abbandonati fin’ora ha
trambi costituiscono un valore per questi contesti ma
tilizzati di proprietà pubblica o privata per riattivarlo
riguarda prevalentemente l’ambito urbano metropo-
verranno trattati in maniera differente fra loro.
con progetti legati al mondo della cultura e dell’as-
litano proprio perché è un tema centrale in un am-
sociazionismo, allo start-up dell’artigianato e piccola
biente costruttivamente molto denso, dove l’area o
TEMPORIUSO
impresa, dell’accoglienza temporanea per studenti e
l’edificio in abbandono può senz’altro costituire un
Gli edifici abbandonati possono essere senza dubbio
turismo low-cost, con contratti a uso temporaneo a
elemento urbano flessibile che può essere utilizzato
riciclati e usati per scopi differenti rispetto a quelli per
canone calmierato. […] Le finalità economiche, sociali
per i più vari scopi, diventando un “oggetto” portatore
la quale questi sono stati edificati che, nel caso delle
e urbanistiche che il progetto TEMPORIUSO intende
di nuovo significato urbano in un ambiente eccessiva-
città informali, coincide quasi sempre con la residen-
perseguire sono la rigenerazione urbana in termini di
mente consolidato e rigido.
za. Si potrebbe inizialmente pensare di riutilizzarli per
Si potrebbe provare a traslare la teoria del “riuso di
scopi e periodi di durata limitata e temporanea. Il te1
304
Inti, Cantaluppi, Persichino (2014), p. 39
riqualificazione del patrimonio edilizio, la sottrazione
chitetture e dei dispositivi temporanei che serviranno
dello stesso ad atti di vandalismo e deperimento, […] il
da supporto per l’attività che ci si è prefissati di svol-
contenimento del consumo di suolo, il sostegno degli
gere, e a quel punto si può redigere un “business plan”
spazi autogestiti e dei servizi autopromossi delle co-
dove vengono programmate le azioni da intrapren-
munità locali. ”
dere, i costi e i finanziamenti necessari.
Vengono consigliate tutta una serie di azioni da pro-
Nel caso della città abusiva una tale strategia po-
muovere per usare questi spazi solo per brevissimi pe-
trebbe trovare applicazione, per esempio, in tutti
riodi, magari proprio per la durata di un evento o di
quegli edifici non ultimati o di cui è stato costruito solo
un breve festival (max 4-5 giorni) oppure per periodi
lo scheletro in cemento armato e che potrebbero in
più lughi, fino a 3–4 anni, ma tutti finalizzati allo svol-
questo modo trovare nuova vita sfuggendo ad uno
gimento di una determinata attività programmatica
stato di totale abbandono. A tal proposito occorre ci-
decisa anticipatamente. Si parte innanzi tutto con un
tare il lavoro proposto da Gaetano Licata nel suo libro
censimento degli edifici abbandonati e viene elabo-
“Maifinito” che propone un’interessante serie di casi-
rata una mappa che li indica opportunamente, do-
stiche ed esperienze che hanno come tema il riutilizzo
podiché si passa allo studio dei “gruppi di interesse”,
di tali tipi di strutture.2
ovvero del bacino d’utenza previsto, e del programma da “installare” in ciascuno di questi luoghi con i relativi tempi d’uso. Dopodichè si passa allo studio delle ar2
G. Licata (2014)
3C
Inseriremento di un nuovo programma funzionale
Strettamente legata al recupero degli spazi abban-
FARM CULTURAL PARK1
a cielo aperto e alle varie attività che qui si svolgo-
donati, si inserisce quel tipo di strategia che prevede
Un esempio notevole di tale approccio si trova in Sici-
no si affiancano una serie di bar, ristoranti ed attività
la rifunzionalizzazione di un edificio per adeguarlo agli
lia, a Favara, piccolo centro della provincia di Agrigen-
commerciali perfettamente coerenti con il linguaggio
usi correnti. Tale operazione è di uso comune nel caso
to, in cui una piccola porzione del suo centro storico è
architettonico e visivo del resto del Parco.
di singoli edifici che, in caso di abbandono, recupe-
stata completamente rifunzionalizzata e trasformata
rano nuova vita mediante l’innesto di un nuovo pro-
in un centro d’arte contemporanea a cielo aperto.
Questa operazione è stata senza dubbio benefica
gramma funzionale ma può essere estesa anche ad
L’iniziativa, nata nel 2010, va sotto il nome di “FARM -
per la città: la particolarità dell’intervento unita ad un
un campo più urbano.
Cultural Park” ed è stata promossa da Andrea Bartoli
programma di esposizioni ed eventi artistici di livello
e Florinda Saieva che hanno messo in piedi un corpo-
ne hanno decretato un ormai consolidato successo
La strategia in questo caso diventa quella di riutilizzare
so programma di eventi culturali ed artistici che hanno
di pubblico oltre che una certa visibilità mediatica,
interi brani di città o parti di essi per nuovi scopi, diversi
trovato allocazione proprio a Favara, con l’intento di
influendo positivamente sull’economia del luogo che
da quelli per cui questi sono stati pensati e costruiti.
rivitalizzarla. Il “Parco” trova precisa allocazione all’in-
grazie a FARM può contare su un flusso turistico net-
In questo modo si riesce a sfruttare in maniera inno-
terno del “Cortile Bentivegna” ovvero un’aggregato di
tamente superiore rispetto a prima.
vativa non solo spazi in abbandono ma anche edifici
sette cortili di matrice araba intervallati da abitazioni
Andando oltre gli aspetti economici, comunque non
e strutture decisamente sottoutilizzati che attraverso
che ha subito una profonda modificazione ed è stato
secondari, è il miglioramento oggettivo della qualità
l’innesto di un nuovo programma funzionale prendono
innestato di nuove installazioni d’arte contempora-
urbana che sorprende: da luogo in completo stato
nuova vita e possono essere utili anche per espletare
nea che coinvolgono l’intero isolato. Alle installazioni
d’abbandono e teatro di traffici illeciti, il centro sto-
funzioni diverse rispetto a quelle per i quali erano stati ideati e progettati.
306
rico di Favara ha subito un netto miglioramento ed è Informazioni tratte da: www.farmculturalpark.com 1
diventato centro propulsore di innovazione e cultura;
davvero un bel salto in avanti. FARM Cultural Park si
no in questa direzione e che coinvolgano territori dal-
presenta dunque come un validissimo esempio di ri-
le qualità urbane e architettoniche inferiori rispetto a
generazione urbana, forse uno dei migliori d’Europa
quella dei centri storici consolidati come per esempio
come recita il claim di uno spot dell’associazione cul-
gli agglomerati della città informale.
turale. Il modello FARM può essere replicato anche in contesti ad elevata informalità costruttiva, non solo nei centri storici abbandonati, com’è avvenuto a Favara. La peculiarità di questa operazione infatti non è strettamente legata alla qualità del recupero dell’antica bellezza dei luoghi in stato di abbandono ma sta invece nell’estrema ricchezza e valore del programma culturale degli eventi portato avanti dai suoi stessi promotori che hanno consentito un riscontro di pubblico e critica così importante. In questo caso il contenuto dunque è stato nettamente più importante del contenitore e ciò consente di pensare al fatto che si possano promuovere anche altri tentativi che vada-
4C
Incremento delle dotazioni collettive
È emerso chiaramente come una delle principali ca-
derare, in molti contesti, sistemi ed impianti deloca-
Si potrebbe portare come esempio l’idea di progetto
renze della città abusiva sia la mancanza di dotazioni
lizzati ed autonomi, gestiti dalle singole comunità con
presentata nel libro “Il paesaggio invisibile”2 e avente
collettive adeguate alle esigenze dei suoi abitanti.
1
l’ausilio delle Amministrazioni.
come ambito d’intervanto proprio la fascia trasforma-
Dal momento che un tipo di infrastrutturizzazione
ta del Golfo di Gela di cui si è ampiamente parlato
Tale istanza è di competenza delle singole Ammini-
esclusivamente individuale è altrettanto utopico da
precedentemente.
strazioni locali che sono le sole responsabili degli im-
immaginare la migliore soluzione sta nella realizzazio-
Pagliarini propone appunto la diffusione di sistemi
pianti e delle dotazioni pubbliche nel territorio e sono
ne di impianti comprensoriali autonomi.
infrastrutturali locali e gestiti dagli stessi abitanti dei
coloro che devono provvedere ad un potenziamento
villaggi. In base al numero di soggetti raggruppabili in
di queste ultime per raggiungere tutti i cittadini inse-
Un tale tipo di approccio si può immaginare facilmen-
ogni singolo agglomerato urbano o “unità consortile”
diati in un territorio. Nella città abusiva questo aspet-
te per la fornitura di acqua se nei paraggi vi è la pos-
è possibile dimensionare le forniture collettive di cui ci
to, previsto dalla Legge 47/1985 per la realizzazione
sibilità di raggiungere un pozzo ma è anche possibile
si può dotare: maggiore sarà il numero di abitanti e
dei Piani di Recupero, si complica e spesso risulta
immaginare impianti a piccola scala per la produzio-
più sofisticati saranno gli impianti che possono essere
decisamente antieconomico realizzare impianti idrici
ne di energia da fonti rinnovabili e piccoli sistemi di
installati.
e fognari per quei territori nati abusivamente ed ec-
depurazione delle acque reflue attraverso la fitode-
cessivamente dispersi nel territorio.
purazione.
INFRASTRUTTURE CONSORTILI
1
Per produrre energia elettrica, è possibile immaginare l’utilizzo di pannelli solari, ma non individuali e relativi
In questo caso, piuttosto che pensare a reti collettive uniche e centralizzate sarebbe più opportuno consi-
308
“...sembra più utile riflettere piuttosto su come tale città possa convivere in futuro con bassissimi livelli di infrastrutturazione tradizionali, sviluppandone di propri e alternativi.” Tratto da: F. Zanfi (2008), p. 212
al singolo edificio bensì collegati in rete, in modo da
2
D. Pagliarini (2008), p. 240
rendere il sistema più efficente e moderno.
Infine, per quanto riguarda il problema dello smaltimento dei rifiuti, è ancora possibile risolverlo parzial-
Per quanto riguarda invece l’approvvigionamento
mente in maniera consortile. La prerogativa è che i
dell’acqua potabile, è possibile utilizzare dei pozzi
rifiuti devono essere differenziati: l’umido e gli sfalci di
consortili, eventualmente dotati di apparecchiature di
vegetazione possono essere riciclati in loco attraverso
depurazione ai quali è possibile affinancare anche dei
l’uso di compostiere comuni mentre la carta e la pla-
sistemi autonomi di recupero delle acque meteoriche,
stica possono essere collocate in appositi “scambia-
opportunamente filtrate per essere successivamente
tori” che di volta in volta vengono svuotati dagli stessi
messe adoperate per l’irrigazione dei campi e per usi
consorzi di smaltimento dei rifiuti. Per quanto riguarda
domestici.
il residuo indifferenziato invece, questo deve invece essere raccolto dal servizio di igiene urbana comu-
Invece per quanto concerne la depurazione dei reflui, nel caso di piccoli villaggi è consigliato l’uso di pozzi Imhoff (sebbene questa non sia la soluzione migliore) e impianti di fitodepurazione. Nel caso di agglomerati più ampi, oltre alla fitodepurazione, viene proposto l’uso di impianti di ultrafiltrazione ad osmosi inversa che consente di ottenere acque perfettamente potabili e di uso domestico.
nale.
5C
Riattivazione dei processi naturali
Per un definitivo e compiuto recupero dei territori della
esempi concreti per entrambi i casi.
del recupero ambientale e della riattivazione di processi biologici messi a rischio da un’antropizzazione che per decenni si è rivelata eccessivamente invasiva. Due diversi approcci sono utili a tale scopo: il ripristino dello stato dei luoghi e la completa rinaturalizzazione di questi oppure il restauro ambientale. Sebbene possano sembrare simili in realtà si differenziano per il tipo di incisività dell’intervento: mentre la prima soluzione propone di riproporre tale e quale, in maniera forzosa un paesaggio ormai del tutto perduto, la seconda si prefigge di limitarsi a gestire e migliorare quel che ne resta, senza forzare ulteriormente la mano. Ovviamente, ci si può trovare nel caso in cui l’approccio da adottare possa trovarsi in una sorta di via di
Ippari” e riconvertire il sistema agricolo esistente per assicurare la sopravvivenza della specie Leopoldia
città informale occorre porre molta attenzione al tema LIFE+ LEOPOLDIA Un caso di efficiente restauro urbano si trova in Sicilia ed è rappresentato da “LIFE+ LEOPOLDIA”, progetto collegato alle rete di “Natura 2000”, ovvero uno strumento finanziario che fa capo all’Unione Europea il cui scopo è “... la protezione e la conservazione degli
habitat e delle specie animali e vegetali identificati come prioritari dagli Stati dell’Unione Europea”. 1 “LIFE+ LEOPOLDIA” è l’acronimo che identifica un’insieme coordinata di azioni promosse per “...recupe-
rare il sistema dunale del golfo di Gela, nei siti della Rete Natura 2000 “Torre Manfria, Biviere di Gela, Piana di Gela”, “Punta Braccetto, Contrada Cammarana” “Cava Randello- Passo Marinaro”, “Vallata del Fiume
Gussonei, a rischio di estinzione, e i suoi habitat di riferimento.” 2 Per raggiungere tale scopo, il progetto si articola in vari momenti che vanno dal compimento di tutta una serie di azioni tese al recupero e risanamento degli habitat dunali degradati con relativa piantumazione della Leopoldia e conservazione ex situ e in situ delle specie vegetali caratteristiche alla progettazione dell’ambiente circostante in modo da ridurre l’impatto dell’impronta umana sulle specie protette: costruzione di accessi pedonali e passerelle, realizzazione di recinzioni per la difesa degli habitat dunali e retrodunali e, soprattutto, la realizzazione di un progetto dimostrativo di un lotto agricolo in cui testare un tipo di serricoltura ecosostenibile.
mezzo fra questi due poli e dare luogo ad un progetto ibrido e, per questo efficace. Si potrebbero citare degli
310
Tratto da: http://www.leopoldia.eu/progetto-leopoldia/life-natura/ 1
Tratto da: http://www.leopoldia.eu/progetto-leopoldia/life-natura/ 2
RIGENERAZIONE DUNALE
accumulando la sabbia. Viminate, palizzate, cataste
Il progetto LIFE+ LEOPOLDIA prevede anche un mo-
di legname, cordoni antedunali e biogabbioni [...] . Ol-
mento di rigenerazione dei cordoni dunali, del tutto
tre a tali opere, fondamentali per un corretto recupero
spianati dalla violenza delle ruspe per le motivazioni
morfologico del sistema dunale, sono state realizzate
più varie. In questo caso l’intervento si fa più deciso e
oltre 500 celle d’impianto con più di 16.000 esempla-
più che di restauro ambientale si parla di operazione
ri di specie vegetali arbustive e erbacee dunali e di
più vicina ad un tentativo di ripristino a lungo termine
retroduna, sono stati impiantati oltre 600 alberi e, al
dello stato dei luoghi. In questo caso il progetto, che
contempo, è stata effettuata una importante ope-
si disloca in più siti di intervento, propone l’adozione di
razione di eradicazione della specie vegetale aliena
palizzate in bambù in modo da agevolare l’accumulo
Carpobrotus sp. (una delle principali minacce per gli
della sabbia trasportata dai venti ed in tal modo re-
habitat costieri del Mediterraneo).”3
cuperare parte delle antiche dune. Si possono citare vari esempi di un tale approccio in Italia, tra cui il caso di Sterpaia, in Provincia di Livorno, uno dei più imponenti interventi degli ultimi anni e conclusosi nel 2015: l’intervento prevede la ”... rea-
lizzazione di strutture (costituite da materiali naturali) in grado di opporsi alle mareggiate e di favorire la ricostituzione degli ecosistemi dunali trattenendo e
3 http://www.greenreport.it/news/aree-protette-e-biodiversita/costa-di-sterpaia-ovvero-leccellenza-possibile-per-la-riqualificazione-dunale-in-italia/#prettyPhoto
1B
Innesto
All’interno della città abusiva, l’innesto è quell’ope-
sita. Strategie di riciclaggio per la città” di Sara Marini
zioni. ”1
razione che prevede di inserire un dispositivo nel suo
dove viene analizzato come si sviluppa la strategia
La riconfigurazione si pone dunque come strategia di
tessuto urbano che, autonomamente e senza pre-
dell’innesto in campo architettonico e urbano.
media scala, riferibile a contesti di quartiere e dove
vedere alterazioni massiccie dell’assetto di parten-
sia coinvolto un sistema di edifici, mentre di seguito
za, riesce comunque a portare ad un miglioramento
Le principali modalità di azione del “parassita” vengo-
vengono presentate altre due azioni esclusivamente
sostanziale della qualità urbana: un vero e proprio
no catalogate in: riconfigurazioni, alterazioni e atopie.
riferibili alla dimensione architettonica, per cui legate
agente di cambiamento. Un oggetto che si installa
al singolo edificio.
nel contesto così com’è e che, da quel momento, ne
Una riconfigurazione è quando il nuovo innesto “...
altera la funzione.
costruisce nuove relazioni concettuali e fisiche che
Si parla di alterazioni quando “la nuova spazialità im-
coinvolgono le preesistenze lasciandone inalterata
messa [la struttura “innestata”] interagisce con quella
l’identità formale. Le architetture immesse portano
originaria ma non la stravolge. [...] Anche se modifica-
“PARASSITISMO” ARCHITETTONICO
nuove conformazioni e tensioni o [...] attribuiscono un
ta, la logica dominante resta quindi quella originaria,
In campo architettonico, quello dell’innesto è un tema
ruolo alle direttrici e agli spazi già presenti nell’area”,
sulla quale poi il parassita elabora la propria strategia
sempre più dibattuto che spesso viene anche citato
e ancora: “...l’architettura investita dal progetto resta
di immissione”.2
col sinonimo di “parassitismo”. Sebbene questo sia un
immutata fisicamente ma il suo significato ed il ruolo
tema spesso declinato all’interno del contesto della
delle sue parti e delle sue logiche subiscono una tra-
città metropolitana, è interessante adattarlo anche
sformazione indotta. [...] La strategia parassitaria vie-
al contesto della città informale. Ampia trattazione
ne adottata per sovraimporvi nuove logiche dotate di
sull‘argomento viene proposta in “Architettura Paras-
maggiore capacità proiettiva per ulteriori trasforma-
312
1
S. Marini (2008), p.230
2
S. Marini (2008), p. 272
Per atopie invece si intende quando “il nuovo corpo
dotazione di nuovi servizi.
immesso è indifferente al corpo ospite, ne sfrutta solo
Oppure nei casi di contesti informali che soffrono, al
alcune componenti ma manca un intreccio spaziale.
contrario, di eccessiva concentrazione urbana in cui
Il rapporto di dipendenza si sviluppa esclusivamente
gli edifici residenziali sono tutti strettamente giustap-
attraverso l’utilizzo da parte del nuovo intruso di spazi
posti gli uni agli altri e non esistono spazi liberi per
disponibili, sistemi di distribuzione, impianti tecnici e
pensare di aggiungere ulteriori dispositivi e funzioni,
3
sistemi strutturali.”
lo stratagemma dell’atopia potrebbe risultare utile e si potrebbe dunque immaginare di utilizzare alcune
In riferimento ai contesti della città informale, l’ap-
componenti solide dell’edificato esistente come strut-
proccio del parassita è senza dubbio utile in molti
tura di sostegno per nuovi volumi da installare.
casi: si possono immaginare tentativi di riconfigurazione su media scala che coinvolgano interi villaggi di case molto sparse (che caratterizzano un classico ambiente monofunzionale) e cercare di sovvertire questo aspetto sovraimponendo un sistema di nuovi dispositivi, dislocati secondo dei criteri decisi in sede di progetto, che ne alteri le funzioni implementando la
3
S. Marini (2008), p. 292
2B
Fluidificazione
“Fluidificazione urbana” viene intesa secondo l’acce-
aggiunta o come trapianto - la città su cui stiamo
STRUMENTI
zione che ne da Federico Zanfi in “Città Latenti”. Il ter-
ragionando in effetti c’è già, è l’esito di un progetto
Questa operazione può essere portata avanti attra-
mine viene spiegato dall’autore “in negativo”, ovvero
collettivo realizzato per frammenti, che va riconosciu-
verso l’uso di alcuni strumenti come: incisione, ritaglio,
contrapponendolo al concetto di “riqualificazione ur-
to ed esplicitato -, ma che propone di ridiscuterne la
piegatura dei confini delle proprietà, al fine di “ridefi-
bana” quando questa è intesa nel senso di ricercare
morfologia esistente poiché la riconosce critica, isti-
nire la durezza del rapporto tra l’interno e l’esterno, tra
un miglioramento della qualità di un luogo attraverso
tuendo una nuova filigrana connettiva nel tessuto
ciò che è privato e ciò che resta terra di nessuno. Per
2
l’inserimento di nuovi spazi e dotazioni pubbliche, “...
soffocato.”
tradurre questo limite in nuove forme di spazio con-
oggetti tecnici o spazi portatori di “identità” in contesti
In pratica la fluidificazione tenta di conferire nuo-
diviso.”3
1
che ne sarebbero sprovvisti” .
va qualità urbana ad un tessuto urbano informale e
L’opzione del fluidificare invece tende ad apportare
non pianificato cercando nuovo significato urbano
L’obbiettivo è dunque quello di ridefinire la linea di
un miglioramento urbano e degli spazi di uso collet-
semplicemente lavorando sul tessuto urbano stesso,
margine fra pubblico e privato che in molti casi, nella
tivo semplicemente lavorando sull’esistente, senza
senza l’uso di agenti esterni, ponendosi in questo caso
città abusiva, è eccessivamente marcata e ci si trova
aggiungere quasi nulla ma lavorando esclusivamente
come strategia opposta rispetto a quella dell’innesto,
spesso nel caso in cui molte abitazioni dai bordi pe-
sulla rete di relazioni che si instaura fra le abitazioni ed
di cui si è parlato prima.
rimetrali nettamente definiti confinino con dei terreni
i vuoti ad esse circostanti.
vuoti generando relazioni pressoché nulle e relegan-
“Fluidificazione è atto riflessivo, che non implica di ne-
do i vuoti ad un totale abbandono. Si potrebbe pen-
cessità un’architettura intesa come costruzione, come
sare di “allentare” questo limite, renderlo più poroso,
1
F. Zanfi (2008), p. 208
314
2
F. Zanfi (2008), p.208
3
F. Zanfi (2008), p.208
in modo da lasciar penetrare l’influenza del privato
possibilità di poter godere di uno spazio collettivo co-
anche verso il suo terreno confinante per utilizzarlo
mune meno parcellizzato e, appunto, più “fluido” ma
debolmente. I vuoti fra le proprietà possono quindi di-
perchè in questo modo possono essere recuperati
ventare il tessuto connettivo di un disegno più ampio,
e minimamente urbanizzati anche i terreni interclusi
ospitando veri e propri spazi verdi comuni autogestiti
sparsi nel tessuto urbano.
che contribuiscono a migliorare gli aspetti urbani del tessuto informale. Un modello già suggestivamente definito “città giardino”. È evidente che tale sistema si basa su alcune cessioni concordate fra i vari utenti ai quali si chiede di rinuniciare alla fruizione esclusiva di alcune porzioni dei loro terreni prima inclusi entro i limiti netti della proprietà privata ma col vantaggio di aver ottenuto un contesto generalmente più vivibile e più accostabile alla concezione di un villaggio-giardino. Con tale sistema il vantaggio è duplice: non solo ci si assicura una migliore vivibilità di vicinato grazie alla
3B
Spostamento
Un tema da affrontare necessariamente parlando di
gono in uno stato di “inedificabilità assoluta” e per i
essere trasferiti e concentrati tutti in aree diverse ri-
tessuti urbani abusivi riguarda la struttura stessa del
quali la legge prevede esclusivamente la demolizione.
spetto a quelle di partenza (sending areas) che ven-
costruito informale ed il suo manifestarsi in maniera
gono chiamate reciving areas, dove di fatto avviene
oggettuale.
la costruzione dei nuovi edifici. La novità è che questo
Nel caso in cui non si riesca a concepire un progetto di recupero urbano che possa risultare efficace senza dover andare ad intaccare le singole abitazioni, è possibile immaginare interventi più decisi che implichino un riassetto territoriale più profondo, prendendo quindi in considerazione anche azioni che alterino la morfologia del costruito e le sue singole componenti. Generalmente, questo è il caso in cui la stragrande maggioranza di quegli edifici che compongono quel dato tessuto urbano sono illegali e non sanabili. Mi riferisco in particolar modo agli insediamenti costieri in cui, i manufatti che vi insistono, sono stati costruiti entro i trecento metri dalla linea di battigia e senza licenza edilizia. Sono tutti quegli edifici che perman-
316
PEREQUAZIONE URBANA Con lo strumento della “perequazione urbana” è possibile trovare una soluzione parziale a queste situazioni, nell’ottica pragmatica di un miglioramento generalizzato dei tessuti urbani informali. Strumento di recente concezione, è stato concepito per ridurre al minimo il ricorso allo strumento dell’esproprio per poter realizzare attrezzature e dotazioni di pubblica utilità, nel caso di nuove lottizzazioni. Il principio è quello di ripartire equamente fra i promotori privati della lottizzazione gli stessi oneri finanziari e la stessa quantità di area da cedere al Comune per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria. Calcolati i diritti edificatori di ciascun proprietario in termini volumetrici, questi possono
meccanismo permette di andare oltre i limiti fisici del concetto di proprietà privata al momento della progettazione di una lottizzazione e consente ai comuni di realizzare le opere pubbliche evitando di ricorrere agli espropri, in un sistema che garantisce la piena equità fra tutti i proprietari. È come se l’area dei terreni privati, moltiplicati per il coefficiente di edificabilità (uguale per tutti), generasse una vera e propria nuova moneta (in molti casi definita “credito edilizio”), spendibile anche in un posto del tutto diverso dalla proprietà di partenza. In contesti ad inedificabilità assoluta, la perequazione costituisce uno “spiraglio aperto” per i proprietari in quanto consente loro, previa demolizione del proprio manufatto edilizio, di ottenere comunque i crediti
edilizi necessari per costruire altrove, in maniera legit-
che un’area ricevente, dove quindi possono essere
tima. Senza la perequazione, dopo la demolizione co-
promossi dei piani di lottizzazioni che andranno ad
atta del manufatto edilizio, il singolo proprietario non
ospitare anche le costruzioni dei proprietari dei terrieri
Attraverso il meccanismo della perequazione dunque,
avrebbe ulteriori possibilità di manovra, ritrovandosi in
in M1. Oltre a queste due prime aree, esistono anche
è possibile ipotizzare di “spostare” le abitazioni in altro
mano un terreno del tutto inedificabile.
la zona M3 (500-1000m) e la M4 (per la costruzione di
luogo e risanare alcuni contesti degradati.
villaggi turistici. 150-1000m) IL CASO DI SCOGLITTI
Questo sistema garantisce ai cittadini che hanno dei
La perequazione è il nuovo strumento introdotto nella
terreni in zone di inedificabilità assoluta, di non essere
nuova Variante al PRG (2017) del Comune di Vittoria
penalizzati e di poter costruire poco più distante dal
che viene applicato principalmente lungo la fascia
mare, in un terreno originariamente non loro.
costiera della frazione di Scoglitti. Questa, ovvero gran parte di quell’area che va dalla
Inoltre, altro obbiettivo del piano è quello di liberare
battigia fino ai primi 150m in profondità, definita come
completamente la fascia M1 dalle abitazioni, sempre
“Zona M1” viene considerata come sending area, con
fornendosi della perequazione: per tutti quei cittadini
un proprio indice edificatorio che però non può essere
che hanno le proprie abitazioni già del tutto sanate
speso nella fascia stessa ma altrove. Parallelamente
ma in zona M1, viene offerto dal piano la possibilità di
alla linea di costa, la “Zona M2” invece è quella im-
avere un incremento del 50% dei propri diritti di edifi-
mediatamente successiva (150-500m) la quale, non
cazione, previa demolizione del manufatto in maniera
solo ha un indice maggiore rispetto alla M1 ma è an-
autonoma, da “spendere” in altra area edificabile e
godere quindi di un’abitazione più grande.
4B
Decostruzione
La demolizione di un manufatto abusivo è l’atto estre-
te dal punto di vista progettuale.
mo previsto dal vigente apparato sanzionatorio nei confronti dei proprietari di immobili abusivi. È un atto che sancisce il definitivo fallimento della politica locale di controllo e gestione del territorio e genera sempre aspri conflitti fra i soggetti colpiti, nonostante questi siano palesemente colpevoli, e l’autorità (soprattutto politica) che deve far rispettare le sentenze. La demolizione è un’atto necessario e giusto dal punto di vista della promozione di un senso di equità fra cittadini e del rispetto delle regole comuni ma è senza dubbio un gesto traumatico e che, dopo aver generato tensione fra i cittadini e lo Stato, ha ulteriori ripercussioni soprattutto per ciò che avviene successivamente all’atto demolitorio: lo smaltimento delle
dificio di partenza tutte quelle parti considerate in RECUPERARE LE MACERIE I resti della demolizione secondo la Legge vanno smaltiti in discarica, ma si potrebbe anche prevedere di recuperarli e di reinserirli con altra funzione come elemento del progetto di riqualificazione. Esistono due validi esempi di tale approccio e riguardano un caso di edilizia privata e una sistemazione di un parco archeologico. Il primo caso è rappresentato da una villa privata a Ragusa ristrutturata ad opera dell’architetto Maria Giuseppina Grasso Cannizzo1 . Si tratta di un vero e proprio progetto di “decostruzione” in quanto la stra-
Il tema della “post-demolizione” dunque, viene spesso trascurato, seppure questo sia la parte più interessan-
318
eccesso, superflue, in modo da ottenere al termine dell’operazione il volume nudo e senza fronzoli. Le macerie prodotte da questa opera di rimozione di alcune parti della casa, però, non sono state rimosse ma sono state riciclate nel progetto stesso, accatastandole da un lato della casa e utilizzate come supporto per ricreare un piano rialzato da adibire a giardino. In questa maniera, le macerie da rifiuto sono diventate elemento di progetto e strategia per abbattere i costi globali che sarebbero stati sicuramente più alti nel caso di trasporto dei materiali in discarica. Altro caso interessante è quello della sistemazione delle rovine romane di Can Tacò2, a Turò d’en Roina, in
macerie e il ripristino dello stato dei luoghi non sono sempre opzioni facilmente ottenibili.
tegia progettuale è stata quella di eliminare dall’e-
Maria Giuseppina Grasso Cannizzo, “Casa unifamiliare a Ragusa” (2001) Il progetto è consultabile anche su: divisare.com/projects/166854-maria-giuseppina-grasso-cannizzo-helene-binet-casa-unifamiliare-ragusa 1
Spagna promosso dall’architetto Toni Gironès SaderDomus GREEN (Rivista), allegato a Domus n. 983 (2014) “Sistemazione del sito archeologico di Can Tacò”, p.46 2
ra. Il sito archeologico è stato scavato per far emerge-
materiali opportunamente “smontati” da un edificio in
gli immobili abusivi attualmente in Italia il costo per
re le porzioni di mura ancora in piedi ed i residui sono
demolizione e li ricomponga in maniera creativa, in-
l’abbattimento ma soprattutto per lo smaltimento dei
stati accumulati da un lato e selezionati. Le pietre di
globandoli in una nuova costruzione. Il vantaggio sa-
residui è spropositato, inizia a diventare ragionevole
media e grossa grana sono poi state utilizzate per ri-
rebbe senza dubbio più simbolico che pratico, anche
immaginare un futuro in cui il riciclo dei materiali da
empire dei grandi gabbioni costituiti da maglie me-
se i risvolti di tale approcio sono comunque degni di
demolizione possa ottenere una certa dignità proget-
talliche che sono state disposte in maniera da ricreare
3
nota e vantano delle sperimentazioni interessanti. Si
con dei terrazzamenti le quote di calpestio dell’antica
possono recuperare ringhiere, infissi, porzioni di mura ,
dimora romana, da cui sono stati ritagliati i tracciati
piastrelle e ricompattarli in progetti innovativi che fac-
delle antiche mura che invece non hanno subito alcun
ciano del riciclo il proprio linguaggio.
4
intervento. In questo modo il residuo viene nuovamente utilizzato nel progetto e riproposto con una funzione
A prima vista è un approccio che ha dei cenni di stra-
attiva e non come un rifiuto da scartare.
vaganza, ma considerando che nel caso ipotetico di un’effettiva demolizione in un’unica soluzione di tutti
SMONTARE Nell’ottica di recuperare i materiali di scarto prodotti dalla demolizione, non è nemmeno detto che si debba neccessariamente riciclarli in stato di macerie invece che riutilizzarli per componenti più grosse. È possibile promuovere un progetto che raccolga i
3 A tal proposito è interessante consultare la sezione “Material Recycling” in “Reduce Reuse Recycle - 13th Biennale di Venezia 2012; Padiglione Tedesco”, p. 169 4 Esperimento proposto da Gordon Matta Clark nel 1974; tratto da F. Zanfi (2008), p. 238
tuale.
5B
Incentivo dell’architettura temporanea
Se facessimo una riflessione più approfondita, po-
gli anni Settanta, l’esigenza di ottenere stabilmente
PADIGLIONI
tremmo notare come l’aspetto decisamente più com-
un punto di appoggio fisso al mare si tramutò in un
Il modello primordiale di una tale struttura è quello
promettente che ha riguardato la “città di villeggiatu-
processo collettivo di costruzione di nuove abitazio-
proposto da Jean Prouvè nel 1935 con la sua “Casa
ra” è stato che la sua trasposizione materica e fisica
ni in cemento armato e mattoni che produsse effetti
per il weekend e le vacanze BLPS”. Il sistema costrutti-
sul territorio è avvenuta attraverso atti di carattere
ambientali disastrosi. Se invece un fenomeno come la
vo proposto era costiutito dall’incastro di componenti
permanente e la costruzione di agglomerati urbani
residenza di villeggiatura di massa, per sua natura di
prefabbricate e realizzate fuori cantiere come pan-
del tutto stanziali e rigidi.
carattere non permanente, si fosse realizzato attra-
nelli, travi in ferro, plinti, lamine di copertura, ecc... La
verso l’uso di “attrezzature” meno stabili ed impattanti,
facilità di montaggio era reversibile, il chè rendeva la
gli effetti ambientali sarebbero stati minimi.
struttura anche facilmente smontabile e trasportabile
I primi insediamenti esclusivamente pensati per la
in un altro luogo, a totale piacimento dell’utenza.
fruizione del mare nei brevi periodi estivi risalgono ai primi del Novecento, più precisamente agli anni ‘30
Alla luce di tali premesse, emerge dunque la necessità
Un approccio tecnologico che oggi torna di assoluta
per quanto riguarda l’Italia quando furono installa-
di un ripensamento radicale nei confronti della pro-
attualità in quanto detiene tutte le qualità per poter
te le prime colonie marine a carattere temporaneo.
gettazione di futuri insediamenti a fine turistico/sta-
adattarsi ad un contesto costruttivo contemporaneo.
Questa primordiale tipologia di insediamento turistico
gionale i quali potrebbero adottare strutture più “leg-
Il modello strutturale del “padiglione” dunque potreb-
andò via via sempre più “irrigidendosi” (inteso dal pun-
gere” e meno gravose sul territorio: piccole, flessibili, e
be trovare sempre più diffusa applicazione in archi-
to di vista strutturale) nel corso della storia facendo
persino spostabili. Potremmo pensare dunque a nuovi
tettura per quanto riguarda il soddisfacimento di tutte
venir meno l’originale carattere di precarietà tempo-
contesti dotati di componenti all’occorrenza mobili,
quelle esigenze di carattere non permanente.
rale che la caratterizzò per lungo tempo.
con un grado di ancoraggio a terra minimo.
Come abbiamo ampiamente potuto osservare, ne-
320
EPHEMERAL URBANISM
polati alcuni elementi che possono risultare utili a fini
possibile. Il risultato finale è un insediamento di tipo ra-
Anche la progettazione degli insediamenti a carattere
progettuali.
diale ad anelli concentrici, dove è permesso agli spet-
stagionale potrebbe seguire le stesse logiche indicate
Il caso che, fra questi, meglio si adatta alle circostanze
tatori di accamparsi, che avvolgono il nucleo centrale
in precedenza e farsi promotrice di un maggior carat-
degli insediamenti del turismo stagionale sono quelli
in cui sono posizionate le installazioni principali. Le
tere di temporaneità.
relativi alla produzione di grandi eventi fra i quali ri-
forme di accampamento sono le più varie: tende da
Il tema è stato recentemente posto da Rahul Mehrotra
cordiamo il “Burning Man Festival”, nel deserto Black
campeggio, tendoni più stabili, camper e caravans
e Felipe Vera in occasione della Biennale di Architet-
Rock, in Nevada (USA).
sono le tipologie ammesse all’interno del sito.
tura 2016 in quanto curatori del padiglione “Ephemeral
Un evento di tale portata, a cadenza annuale, avreb-
Urbanism”1.
bero giustificato la costruzione di strutture più o meno
“Ephemeral Urbanism” dunque ci consente di riflet-
Il tema proposto riguarda le modalità di appropria-
fisse ma così non è stato. Infatti il Burning Man si basa
tere sulle caratteristiche dei principali insediamenti
zione temporanea di spazi pubblici/privati da parte di
sul concetto opposto di “non lasciare alcuna traccia”.
di urbanizzazione precaria nel mondo e su come la
una moltitudine di persone per i fini più vari. Si parla di
Le principali strutture, prevalentemente in legno, dislo-
“permanenza” non sia necessariamente una preroga-
spettacoli e grandi eventi religiosi ma anche di grandi
cate nel sito dell’evento sono tutte pensate per essere
tiva fondamentale per avere qualità urbana al gior-
manifestazioni a carattere politico oppure campagne
bruciate alla fine del festival, in un momento dalle pe-
no d’oggi. Si potrebbe trarre inspirazione da qui per
militari e i relativi accampamenti utilizzati: da questi
culiarità scenografiche davvero notevoli.
progettare dei nuovi insediamenti costieri dove sia
avvenimenti, alcuni nati in circostanze improvvisate
Altro tema interessante è il tipo di insediamento che
possibile ammettere in un disegno coerente, anche
e dovuti a cause di forza maggiore, vengono estra-
viene messo in piedi dagli organizzatori. Il sito che
componenti residenziali più mobili e non stabili, senza
ospita l’evento è incredibilmente pianeggiante, il ché
che questo abbia ripercussioni sulla qualità percepita
ha permesso di creare un disegno quanto più libero
dai suoi utenti.
R. Mehrotra e F. Vera (2016), Ephemeral Urbanism. Does Permanence Matter? 1
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NOTA: Progetto di riqualificazione di un contesto informale costiero Alla seguente analisi si accompagna una proposta progettuale che coinvolge il territorio precedentemente analizzato di Contrada Alcerito (cfr. p. 128), a Scoglitti. Data l’estrema varietà di elementi di informalità presenti nell’area in questione si è ritenuto che questa potesse costituire il caso più interessante da trattare in sede progettuale. Il principale obbiettivo che la strategia progettuale ha cercato di portare avanti è stato quello di una sostanziale diminuzione della superficie serricola presente lungo la fascia costiera ai fini del raggiungimento di un netto miglioramento della qualità ambientale, oltre ad esplicitare una precisa strategia da intraprendere in riferimento alle costruzioni abusive presenti il loco. Nell’approccio al progetto, gran parte degli strumenti operativi fin qui descritti sono stati adoperati e declinati in maniera pragmatica in uno specifico contesto informale lungo la linea di costa, in maniera del tutto coerente con una certa linea di pensiero teorica che ha fatto da sfondo all’intero lavoro di tesi. La proposta progettuale a cui si rimanda è presentata nelle tavole di progetto ad essa dedicate e mostrate in sede di discussione di tesi.
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Ringraziamenti A tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo lavoro di tesi. Al Prof. Iacopo Zetti per la sua attenzione e la sua costante disponibilità al confronto. Alla gentilezza dell’Arch. Riccardo Eterno, della Dott.ssa Anna Stellino, e del Dott. Aldo Guastella che mi hanno fornito materiale e spunti importanti per lo studio delle tematiche locali. Alla cortesia del Sig. Titta Rocca e della Dott.ssa Nuccia Filomena Fontana per le informazioni sulle tematiche urbane ed ambientali. Ai miei colleghi universitari e amici, con cui ho condiviso momenti ed esperienze importanti per la mia formazione. Alla mia famiglia, che mi ha sempre sostenuto e supportato e che mi spinge, giorno per giorno, a diventare una persona migliore. A queste e a tutte le altre persone che mi sono state vicine in questi anni dedico un sentito e caloroso ringraziamento.
giorgio.wmaster@live.com