BULLI IN MOSTRA Storie a fumetti

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BULLIinMOSTRA LABORATORIO DI FUMETTO ITINERANTE un progetto di

logo ADEF


bulli in mostra laboratorio itinerante di fumetto ISBN 978-88-97811-00-8

bulli in mostra _ laboratorio di fumetto itinerante

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un progetto di Associazione Giovanile MAd.sign sede legale e operativa Via Salvatore Tommasi, 65 - 80135 - Napoli

con la partecipazione di Istituto Comprensivo Statale 9° C.D. Cuoco-Schipa Istituto Comprensivo Statale 6° C.D. Fava-Gioia

iniziativa promossa da Comune di Napoli Assessorato ai Giovani, Politiche Giovanili, Creatività e Innovazione Direzione Centrale Welfare e Servizi Educativi Servizio Giovani e Pari Opportunità

con il Patrocinio di

con il contributo di Regione Campania Comune di Napoli Progetto grafico, fotografie, elaborazione immagini e impaginazione

Stampato in Italia Copyright 2013 by Eracle Edizioni Srl Via A. C. De Meis 663 80147 Napoli Tel/Fax +39 081 7334282 Fax. +39 089 4687907 info@edizionieracle.it www.eraclesrl.it

nota alla presente pubblicazione: L’acquisizione, l’utilizzo e il trattamento delle immagini e dei filmati presenti in questo volume, nei pannelli didattici e nel video di accompagnamento proiettato è stata autorizzata dai genitori degli alunni della classe 1A Normale Media Schipa dell’Istituto Comprensivo Statale 9° C.D. Cuoco- Schipa a favore dell’Associazione Giovanile MAd.sign per il progetto Bulli in mostra attraverso il rilasciato di formale sottoscrizione. Per gli stessi scopi, i genitori degli alunni delle classi 2B, 3B, 3C della Normale Media Fava dell’Istituto Comprensivo Statale 6° C.D. Gioia- Fava non hanno rilasciato formale autorizzazione.


liberi racconti e illustrazioni estemporanee di: Antonio Andreozzi Matteo Andreozzi Roberta Bianco Ida Camerlingo Alessia Capasso Emanuele Capobianco Pasquale Ciotola Raffaele Ciotola Chiara Colo Benedetta Corbo Maria de Laurentiis Nicola De Pascale Ciro Di Grazia Luca Frasca Antonio Galiero Alessia Ianniello Myrko Iorio Emanuele Iovine Maria Maisto Jonathan Marino Giovanni Muoio Chiara Palumbo Salvatore Starace Domenico Stingone Antonietta Ventre

Carmela Arenella Anna D’Anetra Antonio De Cesare Marco Faenza Fabiana Falciola Immacolata Guazzo Rita La Salvia Francesco Lanzini Gennaro Mandico Antonio Marigliano Lidia Murante Carmine Muscariello Salvatore Pafundi Vincenzo Persico Anna Pesolo Giuliano Rotoli Alberto Sabatini Martina Sinagra Antonio Staterini Raffaele Tarantino Nunzia Schisano

Arianna Ambrosio Giovanni Buccino Arianna Cavaliere Ivan Conson Immacolata Cuccurullo Carmela Simona Esposito Martina Forte Aniello Giordano Anna La Sala Donato Laredina Anna Luongo Sergio Mandico Raffaele Mazzola Serena Michelini Emanuele Petrazzuolo Marco Piedimonte Anna Spano Mattia Stasi

Ilaria Buccino Lucia Cicio Salvatore Cicio Maria Esposito Daniele faenza Antonio Giunto Sabrina Haddadi Luisa Iannilli Noemi Lepre Fabrizio Luongo Vincenzo Pererano Carmine Pirozzi Carmela Riccio Francesca taiani Luigi Vano Diana Vignis

della 1A Normale Media Schipa Istituto Comprensivo Statale

della 2B Normale Media Fava Istituto Comprensivo Statale

della 3B Normale Media Fava Istituto Comprensivo Statale

della 3C Normale Media Fava Istituto Comprensivo Statale

9° C.D. Cuoco- Schipa

6° C.D. Gioia - Fava

6° C.D. Gioia - Fava

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indice

bulli in mostra _ laboratorio di fumetto itinerante

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premessa

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Parte 1 Bulli in Mostra Laboratorio di fumetto itinerante

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L’arte di imparare o dell’imparare con l’arte Giovanna Annunziata

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Giocare con l’arte Alessia Oliviero

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Quando una matita incontra un foglio bianco Marco Elia

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La consapevolezza delle nuvole Brevi considerazioni sul valore del fumetto come esercizio narrativo Marco Castagna

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“Crescere? Una faccenda oltremodo barbara, piena di inconvenienti...” Fiammetta Formisano

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I bambini e l’obiettivo Gianluca Lopez

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Parte 2 Bulli in Mostra 14 racconti illustrati degli allievi delle scuole medie

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Bulli in mostra. Laboratorio di fumetto itinerante Molti studi realizzati sul bullismo in Campania (Cfr. in particolare lo studio commissionato da Osservatorio Regionale sul Bullismo, Ufficio Scolastico Regionale e Dipartimento di Psicologia della Seconda Università degli Studi di Napoli, 2009) evidenziano che il fenomeno è ampiamente diffuso in tutte le province campane e che a Napoli esso tende a manifestarsi con più vigore. Nelle fasce di età che vanno dalle scuole elementari alle medie il bullismo è di tipo tradizionale, soprattutto maschile, mentre salendo di età aumentano le manifestazioni di bullismo elettronico o cyber bullismo (a danno soprattutto delle femmine) e bullismo omofobico. In generale le indagini attestano che oltre il 30% della popolazione scolastica si dichiara coinvolta almeno in una delle modalità di bullismo osservate e che, in frequenza più o meno elevata, il fenomeno si manifesta in tutti gli ordini di scuola. In questo contesto, e in accordo con le Linee Guida per la prevenzione del bullismo (Direttiva n. 16/2007 del MIUR), nasce l’idea del progetto Bulli in Mostra che ha inteso realizzare un’azione di sensibilizzazione e prevenzione attraverso un percorso formativo/informativo dedicato a 4 classi di due scuole secondarie di primo grado (Istituto Comprensivo Scolastico 6° Fava-Gioia e Istituto Comprensivo Scolastico 9° Cuoco-Schipa) che, in un’ottica di network, ha chiamato in causa tutti gli attori coinvolti nel fenomeno: dagli alunni (bulli, vittime e spettatori), ai dirigenti, gli insegnanti, il personale scolastico, le famiglie e le istituzioni presenti sul territorio. A tal fine, il progetto è stato strutturato in forma di laboratorio di fumetto itinerante condotto da un team di esperti che, attraverso una serie di incontri di informazione/formazione con le scuole coinvolte, hanno chiesto agli alunni di sviluppare il tema del bullismo, nelle sue molteplici declinazioni, attraverso l'ideazione e la produzione di un fumetto, ovvero di una narrazione espressa in pa-

role e immagini che utilizzi gli strumenti propri della creatività e dell’immaginazione per tradurre e comunicare all'esterno, in forma sintetica ma esaustiva, sentimenti ed emozioni mediante sequenze scrittografiche. L’obiettivo generale del progetto è stato quello di articolare un’azione di sensibilizzazione che possa essere ripetuta nel tempo, in modo strutturato e qualificato, attraverso il metodo del laboratorio itinerante, ovvero di una struttura didattica che si muove sul territorio coinvolgendo le realtà più sensibili, deboli e complesse. Obiettivi specifici del progetto sono stati, pertanto: - informare sul fenomeno del bullismo e approfondirne cause ed effetti; - sviluppare e migliorare nei soggetti coinvolti direttamente e indirettamente la capacità di individuazione di segnali; - aumentare le possibilità di monitoraggio di situazioni e/o soggetti a rischio; - promuovere nei ragazzi una cultura della non-violenza, della solidarietà fra i pari e della disponibilità verso l’altro; - incoraggiare lo sviluppo di un pensiero critico sui temi della legalità e del bullismo, attraverso la metodologia ludica e interattiva propria del laboratorio che consente all’allievo di essere protagonista attivo nel percorso di apprendimento, di scegliere e attuare le modalità di elaborazione e produzione a lui più consone; - sviluppare competenze tecniche nella costruzione del fumetto (e di linguaggi artistici similari) per imparare a comunicare e a veicolare contenuti profondi attraverso la proiezione del proprio io in mondi fantastici; - promuovere, attraverso il lavoro cooperativo, il dialogo e la collaborazione fra gli attori coinvolti al fine di migliorare le proprie competenze relazionali e favorire l’instaurarsi di rapporti basati sul rispetto di sé e degli altri; - consolidare la partecipazione delle istituzione territoriali alle attività scolastiche ed extrascolastiche anche

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mediante la promozione di eventi e di manifestazioni culturali sui temi del bullismo e della legalità. Beneficiari del progetto sono state 4 classi (circa 80 alunni) provenienti da scuole secondarie di primo grado degli Istituti Comprensivi Scolastici 6° Fava-Gioia e 9° Cuoco-Schipa. Il progetto Bulli in Mostra è stato articolato in: - Tavola rotonda di Presentazione dell’iniziativa e del team di lavoro alle scuole coinvolte presso l'aula conferenze del Plesso Petrarca dell'Istituto Comprensivo Scolastico 6° Fava-Gioia; - Organizzazione e condivisione con i Dirigenti scolastici del Calendario delle attività, della tempistica, delle modalità di attivazione dei laboratori; - Attivazione dei Laboratori di fumetto itineranti presso ciascuna classe/scuola così articolati: 1. Presentazione del progetto alle scuole: introduzione al tema del bullismo, focus a tema con allievi e insegnanti, organizzazione attività; 2. L’esperto a scuola: il linguaggio del fumetto, caratteristiche, tecniche e strumenti; 3. Attivazione dei gruppi di lavoro, elaborazione e progettazione dello storyboard; 4. Lavoro di gruppo: produzione – Fase 1 5. Lavoro di gruppo: produzione – Fase 2 - Esposizione presso ciascuna scuola del prodotto realizzato; - Partecipazione e presentazione dei risultati dei laboratori in occasione dell'evento “Il Clan degli Artisti a Gonfie Vele” attraverso l'allestimento di una mostra degli elaborati prodotti e la presentazione del volume: Associazione giovanile MAd.sign (a cura di), Bulli in Mostra, laboratorio di fumetto itinerante, Edizioni Adef, Napoli, 2013". Per raggiungere tali obiettivi in maniera efficace e nei tempi previsti, al progetto si è affiancata un’attività di monitoraggio in itinere che, attuato mediante strumenti e griglie di analisi articolati in base a precisi indicatori di risultato definiti a monte, ha permesso di valutare la realizzazione degli obiettivi generali e specifici in corso

d’opera, consentendo di ricalibrare le attività in base alle difficoltà e/o necessità emerse. L'analisi conclusiva, non soltanto dei risultati, ma dei metodi impiegati, delle difficoltà incontrate e delle criticità emerse, ha rappresentato un momento essenziale dell'attività del laboratorio e lo strumento per mettere a punto le best practice da ripetere, condividere e divulgare nella rete. Il Progetto ha conseguito i seguenti risultati: - un’azione di prevenzione di episodi di bullismo, illegalità, prevaricazione sia tra gli allievi coinvolti direttamente sia tra gli altri compagni di scuola; - un coinvolgimento diretto di insegnanti, personale scolastico e famiglie nei progetti inerenti il bullismo, finalizzati ad aumentare il livello di attenzione/riconoscimento di segnali che celino episodi di bullismo; - la diffusione di modalità e linguaggi ludico/artistici per affrontare e sviluppare tematiche relative alla legalità; - l’attivazione iniziale di N° 4 laboratori permanenti di fumetto nelle scuole coinvolte organizzati come redazioni stabili, spazi in cui gli allievi hanno potuto imparare a comunicare attraverso i linguaggi specifici della modernità; Ringraziamo la Regione Campania, il Comune di Napoli, l’Assessorato ai Giovani, Politiche Giovanili, Creatività e Innovazione, l’Assessorato allo Sport, Famiglia, Pari Opportunità e Sanità, la Direzione Centrale Welfare e Servizi Educativi, il Servizio Giovani e Pari Opportunità, l’Associazione Il Clan degli Artisti, per aver creduto in questo nostro progetto. MAd.sign si augura di continuare a ricevere il sostegno delle amministrazioni territoriali per ripetere l’iniziativa presso più scuole, attivando un circolo virtuoso di buone pratiche da utilizzare e condividere con i soggetti interessati.


Parte 1 Bulli in Mostra Laboratorio di fumetto itinerante



L’arte di imparare o dell’imparare con l’arte Giovanna Annunziata* Imparare a imparare è la prima tra le competenze chiave oggi richieste ai cittadini europei1: nell’ottica di un apprendimento permanente, imparare a imparare significa acquisire l’interesse, la volontà e la curiosità della conoscenza e utilizzare, nel corso dell’infinito viaggio verso il sapere, il sistema e gli strumenti più congeniali a ciascuno. Significa anche passione, motivazione, sperimentazione attiva del processo di apprendimento nel quale, per tanto, dovrebbero sempre prevalere il piacere e il diver timento sulla noia e la fatica. L’ar te, come il gioco2, è una forma di conoscenza estetica, che procede attraverso la sperimentazione e l’esercizio, che impegna, che appassiona generando una volontaria immersione in ciò che si sta facendo: in questo sta l’enorme potenzialità didattica dell’arte che, se inclusa nella formazione non solo come contenuto ma in quanto strumento, può dare risultati impareggiabili in termini di motivazione e coinvolgimento. L’educazione estetica perciò rappresenta un primo significativo passo verso la conquista di un metodo efficace di apprendimento permanente, un procedimento efficiente mediante cui i giovani come gli adulti possono “imparare a imparare”. Nella scuola attuale molti sono i progetti attinenti l’arte e la conoscenza estetica; manca tuttavia ancora la consapevolezza della necessità di includere nella didattica ordinaria un percorso che affronti i problemi della alfabetizzazione all’immagine, sia dal punto di vista delle materie curriculari sia a livello metodologico, in una società, quale quella contemporanea, che fonda la comunicazione quasi unicamente sulle immagini e che perciò impone all’istituzione scolastica una rinnovata attenzione ai meccanismi sia di decodifica sia di scrittura delle immagini.

“Il metodo adeguato – spiega Clementina Gily - è appunto il potenziamento della formazione estetica, perché la logica (conoscenza) estetica va articolata in didattiche diverse dai processi consequenziali della logica scientifica (conoscenza gnoseologica)”3. L’ar te, in tutte le sue declinazioni e nella varietà dei suoi linguaggi espressivi, può rappresentare lo strumento ideale per affrontare discipline noiose e/o tematiche pesanti, facilitando gli alunni sia nell’approccio sia nella elaborazione di percorsi che, beneficiando del coinvolgimento totale e della sensazione di immersività prodotta dal “fare ar te”, del senso di appagamento nel creare un’opera d’ar te (che sia un disegno, un testo teatrale, un filmato non è rilevante), rende agevoli e piacevoli anche gli argomenti più ostici e difficoltosi. Se, dunque, nel processo creativo è la motivazione ad assorbire il peso e la fatica dello studio, l’obiettivo finale della realizzazione di un prodotto, che sia tangibile, bello da esibire, spesso anche utile agli altri - sia solo per godimento estetico o che abbia anche finalità istruttiva, edificante, morale etc. - diventa lo stimolo e l’incentivo a far bene e a far meglio e, se e quando si lavora in gruppo, a collaborare con gli altri, a superare rivalità e contrasti in nome della collaborazione e della cooperazione. La premessa teorica e metodologica da conto dell’esperienza che questo volume documenta, presentando il risultato di un progetto laboratoriale che, nel caso specifico attraverso il linguaggio del fumetto, ha inteso por tare all’attenzione degli alunni coinvolti la delicata questione del bullismo. Le storie di seguito pubblicate, popolate da principi e da bulli, da robot e da cantanti neomelodici, so-

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spese tra realtà e fantasia, svelano nei disegni dei bambini il loro modo di guardare al problema, talvolta ingenuo, talaltra spaventato o semplicemente incuriosito, ci raccontano il loro modo di trasfigurare il mondo attraverso il segno e il colore, ci rappresentano emozioni spesso taciute, ci rivelano potenzialità nascoste. Soprattutto, vedere i bambini esprimersi attraverso l’ar te, misurarne i risultati in termini di entusiasmo, di crescita personale, di assimilazione e elaborazione di un tema, qualunque esso sia, incoraggia noi formatori a sperimentare le molteplici possibilità educative dell’ar te in ogni sua forma. Note 1. La Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 definisce 8 competenze chiave distinte in 3 ambiti di riferimento: A) COSTRUZIONE DEL SÈ 1) Imparare a imparare; 2) Progettare; B) RELAZIONE CON GLI ALTRI 3) Comunicare e comprendere, 4) Collaborare e partecipare, 5) Agire in modo autonomo e responsabile; C) RAPPORTO CON LA REALTÀ 6) Risolvere problemi, 7) Individuare collegamenti e Relazioni, 8) Acquisire ed interpretare l’informazione. 2. G. Annunziata (a cura di), “Il diritto al gioco intelligente”, Edizioni EUROCOMP 2000, Napoli, 2003 3. Per approfondimenti sul tema dell’educazione estetica si rimanda al lavoro di Clementina Gily, docente di Estetica presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Napoli Federico I Sito web: http://www.oscom.unina.it

* Sociologa

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Giocare con l’arte Alessia Oliviero* “Giocare con l'arte? Ma capiranno? Così piccoli, capiranno cos'è l'arte? Capire che cos'è l'Arte è una preoccupazione (inutile) dell'adulto. Capire come si fa a farla è invece un interesse autentico del bambino”. Alberto Munari Alberto Munari, docente di psicologia, in questa riflessione esprime pienamente il METODO MUNARI applicato nei laboratori dell'arte, luoghi di conoscenza e creatività, di sperimentazione e ricerca, scoperta e autoapprendimento che si basano sul "fare" per "capire". Si racconta che quando Bruno Munari (artista e designer ma anche pedagogo intuitivo) entrava nei luoghi dei suoi laboratori, cominciasse a creare forme fantastiche, forme assolutamente libere e a volte anche mai viste prima, forme volanti, mobili, morbide e dure, trasparenti e opache, forme astratte e senza alcuna logica. E lo faceva in silenzio, senza far perdere l'attenzione e la curiosità dei bambini che spontaneamente si avvicinavano incuriositi e incominciavano a creare da soli, a modo loro, senza sentirsi osservati, senza alcun timore, liberi. Bruno Munari li lasciava fare, e sorrideva compiaciuto di quella creatività che pervadeva gli spazi. Durante le ore di laboratorio dedicate ai ragazzi delle scuole medie si è cercato di dare poche spiegazioni, di comunicare facendo, stimolando la curiosità dei ragazzi attraverso azioni-gioco, racconti simpatici e irreali. E' importante che i ragazzi partecipino globalmente; è importante trasmettergli delle regole da seguire. Ma è altrettanto importante trasgredirle permettendo alle varie personalità di realizzarsi a proprio modo mettendo in moto la fantasia e la creatività. Non è tanto importante, invece, il risultato finale ottenuto o la qualità grafica dei loro disegni, bensì il modo di imparare e l'esperienza che i ragazzi hanno potuto acquisire nel mettersi in gioco. Lo spirito di fondo del progetto è

stato promuovere l'esperienza diretta dell'arte attraverso attività concrete che dessero quel pizzico di leggerezza a un problema assai più ampio, quale il BULLISMO. Il progetto è nato dalla volontà di mettere insieme un linguaggio artistico e un problema sociale. Si è scelto di cercare di far capire ai ragazzi le problematiche del bullismo, i suoi possibili e tristi sviluppi e le conseguenze assai negative attraverso un'attività di narrazione per immagini, un modo per avvicinare i bambini al linguaggio del disegno sequenziale, come sono nella loro accezione più narrativa, il fumetto e l’illustrazione. Disegnare una propria esperienza reale o inventare una storia immaginaria ha trasformato i ragazzi in piccoli storyteller. Si è passati dal capire le regole del linguaggio, al dividere il foglio in sequenze che rappresentano i momenti più significativi di una storia, imparando a raccontare qualcosa a partire dall'essenziale e per concetti chiave. Un vero e proprio minicorso di fumetto, un laboratorio, o meglio ancora una vera e propria officina di idee, storie su storie, finali diversi, percorsi personali e intrecci che rispecchiano le varie personalità in gioco. Inizialmente siamo stati noi adulti a meravigliarci dell'ingresso di un supereroe o di un principe moderno, o di anziani strani personaggi, ma dopo poco ci si è resi subito conto che gli occhi dei ragazzi vedevano cose "diverse", meravigliosamente diverse. I nostri illustratori e autori hanno utilizzato il fumetto come supporto per riuscire a trasmette con segni e disegni le loro idee, i loro pensieri, le loro speranze. Tramite il fumetto, i ragazzi si sono appropriati di un linguaggio versatile per narrare un qualsiasi argomento, hanno imparato a strutturare una storia organizzandola secondo una logica e delle regole, si sono fatti tante domande e hanno do-

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vuto trovare da soli tante risposte, hanno imparato ad avviare e sviluppare una storia, ad analizzare i personaggi con le loro motivazioni, obiettivi, conflitti e ambientazioni con le diverse inquadrature. E per finire hanno immaginato i dialoghi, le battute, le onomatopee giuste per rappresentare quanto immaginavano. Un laboratorio esperenziale, offre sicuramente molte occasioni per lavorare sulla formazione dei singoli e sulla dinamica del gruppo. I gruppi, appunto, sono stati terreno fertile per maturare occasioni di apprendimento: i ragazzi si sono trovati a dover interagire tra loro e non solo con noi adulti e questo ha creato situazioni stimolanti che hanno favorito l'espressione dei loro punti di vista. Il progetto iniziale si è modificato man mano ed è stato costruito a misura del gruppo a cui era rivolto riuscendo così a fare in modo che i partecipanti potessero interpretare a modo loro le attività che erano in programma, cambiandone l'ordine e creando un loro progetto sicuramente più appropriato a loro stessi. E si sono divertiti, si. Abbiamo imparato e ci siamo divertiti. Tutti. * Architetto

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Quando una matita incontra un foglio bianco Marco Elia* Quando una matita incontra un foglio bianco si accende una miccia. Lunga o corta che sia, la detonazione è sicura. La creatività inizia a prender forma. Foglio e china si immergono in una danza vorticosa, inebriante, virtuosa che culmina in un disegno divino le cui leggi fondative si perdono nel tempo che fu l'alba del dialogo tra i nostri avi. Figure apparentemente immobili si animano di vita propria per raccontare, attraverso una complice fuga nell'immensità di candidi campi, storie di ordinaria follia o semplicemente vite vissute all'insegna di una cronaca del quotidiano. Ma cos'è il disegno? Un semplice strumento per raccontare l'accaduto, o un mirabile artifico per immaginare cosa potrebbe accadere, quindi creare? E la creatività: cos'è? "Tutto ciò che prima non c'era ma realizzabile in modo essenziale e globale" scriveva Bruno Munari in Fantasia (B. Munari, Fantasia, Laterza, Bari, 2007) La creatività è un uso finalizzato della fantasia, dell'invenzione, che utilizza il disegno, il modello, per dar forma all'immaginazione. Creatività, immaginazione, fantasia, disegno. Dal nostro primo vagito al nostro ultimo respiro immaginare, scoprire, inventare, creare rappresentano le fondamenta della nostra esistenza che manifestiamo attraverso il disegno e il racconto. Raccontiamo per suscitare immagini in chi ci ascolta. Disegniamo mondi fantastici per raccontare un futuro diverso. Nell'uno e nell'altro caso rappresentiamo a parole o segni scene di vita per scoprire, quindi esorcizzare, la nostra precarietà. Raccontiamo e disegniamo per esprimere emozioni, suscitare suggestioni e alimentare speranze attraverso la proiezione e la successiva messa in scena di un'istantanea del nostro “Io” traslata nel tempo e nello spazio (ante o post). Un'operazione apparentemente semplice se non fosse che raccontare attraverso il disegno presuppone la costruzione di un sistema di relazioni tra pensiero e azione, ovvero tra

ciò che immaginiamo e ciò che conosciamo. Un intreccio di dati che si costruisce nel tempo attraverso un processo di acquisizione di esperienze e informazioni da manipolare e articolare per intensificare la struttura del racconto. "L'allargamento della conoscenza e la memorizzazione dei dati va fatta a partire dall'età infantile", riporta Munari. La propensione a raccontare attraverso l'uso dei segni e dei simboli è un'abilità che va costruita nel tempo con lo studio e la conoscenza di quanto avviene intorno a noi. La curiosità e la capacità di interrogare e interrogarsi sono i presupposti della creatività. L'ampia diffusione di smart device in dotazione ai nostri figli già in età infantile rappresenta una nuova potenzialità offerta alle nuove generazioni per accedere all'informazione, allargare le basi della conoscenza e dar forma a nuove strutture narrative.Viviamo immersi in un'immensa banca dati accessibile in un qualsiasi momento della nostra giornata. Una rete infinita di informazioni di cui facciamo parte e da cui possiamo attingere tutto quel che ci occorre per imbastire altrettanti sistemi di relazione tra la nostra personalità e il contesto. La progettazione di interfacce intelligenti, semplificate, user-friendly, ha accelerato - a volte alterato - questo processo. La nostra fantasia non ha (potrebbe non avere) più limiti. Il foglio non è più bianco e la matita si è ritirata per dare spazio alle nostre dita. Eppure, per accendere quella miccia iniziale, c'è pur sempre bisogno di un contatto; di un gesto intenzionale, coraggioso, mirato, strutturato che possa ridare vigore alla nostra creatività e mettere in moto quel meccanismo di azione e reazione che da sempre stimola la nostra fantasia. Questo è quello che abbiamo cercato di costruire attraverso i Laboratori itineranti di fumetto. * Architetto

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La consapevolezza delle nuvole. Brevi considerazioni sul valore del fumetto come esercizio narrativo Marco Castagna* In principio è il racconto. Narrare è l’attività che definisce più propriamente l’essere umano: è solo attraverso le storie che spieghiamo, comprendiamo, facciamo memoria o progettiamo, e così, un po’ alla volta, ci appropriamo del mondo in cui viviamo. Dal suono delle parole ai solchi della scrittura, dallo scatto di una fotografia al montaggio di un film, l’essere umano non smette di inventare o migliorare gli strumenti attraverso cui poter raccontare (come reagirebbero gli antichi scriba di fronte ad un editor di testo? O i primi aedi dinanzi alla possibilità di registrare e replicare il suono della propria voce?). Poiché, indipendentemente dallo strumento scelto, il racconto risponde sempre a un’unica domanda: perché? È così che gli eventi naturali e le azioni degli esseri viventi si raccolgono in catene di significato, dando origine a quella che chiamiamo cultura. C’era una volta... una regina invidiosa di una giovane fanciulla, per la sua bellezza e per l’amore che ispirava a un azzurro principe. Perciò, ella progetta di uccidere la ragazza e, benché dopo numerosi tentativi, finalmente riesce nel proprio intento. La regina era cattiva. Quando diamo agli eventi e alle azioni un ordine narrativo, esprimiamo un giudizio – su noi stessi, sugli altri, sul mondo. A ben vedere, infatti, la regina è “cattiva” non tanto perché uccide la fanciulla, ma perché compie l’azione in conseguenza a un sentimento, l’invidia, che è giudicato negativo da chi racconta la storia: come spiegare, altrimenti, il senso di sollievo che il lettore\ascoltatore prova quando i sette nani uccidono la regina? Attraverso le storie scegliamo le risposte da dare ai nostri perché e diamo un senso al mondo che abitiamo. Ma possiamo anche fare di più: possiamo immaginare storie diverse e diverse organizzazioni del mondo. Così,

quando mandiamo un principe azzurro a svegliare la principessa e a salvarla dalla morte con un bacio, ci raccontiamo che nel mondo che vogliamo, gli eventi possono svolgersi in un altro modo e che i “buoni” possono prevalere sui “cattivi”. E non è un caso se, agli inizi del Novecento - mentre la freudiana Interpretazione dei sogni ridefiniva le strutture dell’immaginario - nelle tavole a fumetti di Winsor McCay, un bambino, dall’emblematico nome di Little Nemo, partiva ogni notte per compiere i suoi viaggi onirici in quella Slumberland da cui rientrava solo perché destato dai genitori: opponendo le infinite meraviglie del Paese del Dormiveglia al grigiore del pasto serale, il Piccolo Nessuno difendeva, come Bachelard, il suo “diritto al sogno”. Dunque, il fumetto è una delle Arti che l’essere umano ha sviluppato al fine di poter raccontare le proprie storie, esprimendo il proprio diritto a desiderare, a rivendicare la propria responsabile autorità sul senso della vita. Non si tratta, infatti, né solo di una “tecnica” (poiché gli strumenti utilizzati possono essere i più diversi, dal foglio acquarellato alla grafica computerizzata) né tanto meno di un “genere” narrativo (poiché gli argomenti e le prospettive in cui essi vengono affrontati possono essere i più diversi: dal comico al noir, dalla fantascienza al reportage). In questa dimensione artistica è già scritto il fallimento di ogni tentativo di datare la nascita del fumetto, le cui modalità espressive sembrano essere troppo ampie per le strette maglie di una genealogia a meno di non voler tornare indietro alle pitture rupestri, e nonostante la convenzionale primogenitura assegnata a The Yellow Kid il bambino giallo di Mickey Ducan. E tuttavia, è in questa stessa ampiezza espressiva che è possibile rintracciare il valore pedagogico del fumetto come esercizio narrativo.

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Innanzitutto - e nonostante le significative differenze tra formati di stampa standard - così come è popolarmente conosciuto e realizzato per la produzione seriale (da Topolino a Batman, da Lucky Luke a Calvin&Hobbes), il fumetto racconta le proprie storie, articolando insieme parole e immagini in sequenze narrative rigidamente strutturate: le immagini disponendosi secondo la griglia delle vignette, il testo producendosi per lo più nei confini di piccole nuvole (i balloon). A tale rigidità, capace di organizzare insieme più codici comunicativi (le immagini, il testo, i suoni che diventano immagini,...), si deve la fortuna che, recentemente, il fumetto ottiene nel campo della didattica, poiché essa si offre come guida alla lettura (se la comprensione di un testo deve essere intesa come la capacità che il lettore ha di individuare e organizzare coerentemente blocchi di significato) visivamente offerta dal testo stesso. Ma soprattutto, queste stesse condizioni sembrano caratterizzare il fumetto come un interessante laboratorio per esercizi di narrazione collettiva. Come si realizza un fumetto? Nella realizzazione di un fumetto è possibile individuare alcune fasi principali: Soggetto. Lo sceneggiatore realizza un breve riassunto di quella che sarà la storia. Questo riassunto descrive la storia a grandi linee identificando le parti salienti ed eliminando i dettagli (come dialoghi, inquadrature, ecc.) non ancora necessari. Sceneggiatura. Lo sceneggiatore (d’accordo con l’editore e con il disegnatore) procede a estendere il soggetto in una vera e propria sceneggiatura, in cui descriverà la storia vignetta per vignetta; per ciascuna vignetta lo sceneggiatore indicherà ambienti, personaggi ed eventuali dialoghi. Disegno. Il disegnatore si preoccupa di tradurre ciascuna vignetta in un disegno; inizialmente, il disegno è abbozzato ed eseguito a matita. Inchiostrazione. In questa fase il disegno viene ripassato con inchiostro di china in modo da avere, per ciascuna vignetta, un disegno pulito e ben de-

finito (di solito, questa fase è affidata a disegnatori specializzati nell’inchiostrazione, ma può essere eseguita anche dalla stessa persona che ha elaborato i disegni a matita). Colorazione. I disegni inchiostrati vengono colorati (nelle testate più diffuse, i disegni inchiostrati vengono acquisiti su computer, ed elaborati dai coloristi). In questo modo, diversamente da quanto accade per altre forme d’arte (la scrittura, la fotografia,...), nell’applicazione in laboratori di gruppo, la narrazione a fumetti offre due importanti possibilità. In un primo momento - che coincide con la nascita del soggetto - i partecipanti possono discutere insieme gli aspetti salienti della storia da raccontare: Cosa accade? Perché? Chi sono i protagonisti? Qual è il senso delle loro azioni? Quali sono le conseguenze? Si tratta di un momento in cui ognuno, riflettendo su ciò che desidera raccontare, elabora delle ipotesi di senso e, attraverso il confronto con gli altri, le conferma o le rifiuta consapevolmente, accettando o rifiutando intere visioni del mondo. Tuttavia, se tutti sono capaci di ragionare sul senso degli eventi, non tutti, però, padroneggiano ogni tecnica con la stessa capacità. In un secondo momento – quello in cui il soggetto diventa fumetto – la molteplicità dei codici espressivi del fumetto e la loro rigida organizzazione consentono a ognuno di partecipare assecondando le proprie capacità tecniche (intervenendo nelle fasi della sceneggiatura, del disegno o della colorazione) in necessaria collaborazione con gli altri. E non è, forse, questo ciò che ci caratterizza essenzialmente come esseri umani, come individui sociali? Domandare perché? Riconoscere negli altri lo stesso desiderio di senso. E, fra memoria e progetto, lavorare insieme alla consapevolezza responsabile delle risposte. Essere i nostri racconti, alla fine. * Filosofo

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“Crescere? Una faccenda oltremodo barbara, piena di inconvenienti...”** Fiammetta Formisano* Potremmo definire la fantasia come la capacità della mente di creare figure che possono intrecciare immagini reali e irreali, come un mezzo che ci permette di evadere dalla realtà. È vero che crescendo perdiamo la nostra fantasia e la nostra immaginazione? Qual è il preciso momento in cui smettiamo di essere bambini e ci ritroviamo catapultati nel mondo degli adulti? Due quesiti sui quali mi sono fermata a riflettere subito dopo l’esperienza maturata nei laboratori di fumetto, ritrovandomi a trascorrere del tempo tra i banchi di scuola con studenti delle scuole medie, non più come una di loro ma come una tra loro. Dare una risposta a queste domande non è affatto semplice; crescere e diventare adulti non significa necessariamente abbandonare e perdere la capacità di sognare e di andare oltre la visione del mondo reale. Eppure dopo quest’esperienza il mio pensiero è cambiato. Basta poco meno di un anno a fare la differenza ed è evidente come in questi ragazzi cambi il modo di interagire e di rapportarsi agli altri. C’è un abisso tra il primo anno di scuola media e l’ultimo: nel primo probabilmente ci si sente ancora bambini, legati al mondo dei cartoni animati e dei super eroi; subito dopo ci si ritrova già in un mondo in cui bisogna dimostrasi adulti forti e sicuri e così non c’è più magia! Dieci o undici anni, si è ancora spensierati, si tende a spaziare con la mente immaginando molte più cose e gestire questo vortice di creatività diventa difficile. L’immaginazione spazia ancora tra principesse vestite di rosa, principi in sella a cavalli bianchi, bulli cibernetici, eroi mascherati, storie d’amore strappalacrime, castelli volanti e Mondi immaginari. Dodici o tredici anni, si comincia a essere adolescenti in equilibrio tra il mondo dei bambini e quello degli adulti, ed è facile quindi aggrapparsi a falsi miti. Cambiano le storie, non ci sono più le principesse ma pettegolezzi, risse in di-

scoteca, storie di discriminazione e via discorrendo. Uno sguardo veloce ai lavori realizzati dai ragazzi e subito saltano all’occhio le differenze: cambia la visione del bullo che non è più l’antieroe mascherato colorato e goffo ma, il più classico dei clichè, l’ometto muscoloso tatuato, stereotipo del maschio alfa dominante. Cambia il rapporto con il foglio bianco, da un lato mille matite colorate e un’esplosione di fantasia nel volere disegnare tutto e tutto insieme, dall’altro due occhi sgranati che ti guardano perplessi per poi esclamare “Se non ho un modello da copiare io non riesco a disegnare nulla”. Sorge spontaneo il quesito e mi domando se sia la necessità di crescere ad allontanarci dalla fantasia, e se questa sia influenzata dal contesto sociale che ci circonda? O forse più semplicemente in questa società di oggi esiste l’inspiegabile convinzione che la fantasia sia legata al solo mondo dell’infanzia? Mi chiedo se oggi come oggi sia comunque possibile osservare le cose per quelle che sono, e riuscire poi a rielaborarle con un pizzico di immaginazione e fantasia. Prendere una matita tra le mani e non avere la paura del foglio bianco, imprimere su quel quadrato immacolato qualcosa di noi, comunicare attraverso immagini, colori e segni utilizzando un linguaggio diverso non costituito da parole ma comunque espressivo. Disegnare può essere un gioco, uno strumento non verbale in cui incanalare la nostra fantasia, ed è per questo che resto fermamente convinta che oggi più che mai dovremmo incoraggiare e spronare la libera espressione di chi ci circonda. Spero di averlo fatto con questi ragazzi! * Architetto Jr. ** J.M. Barrie, Le avventure di Peter Pan, Newton Compton, Roma 2010

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I bambini e l’obiettivo Gianluca Lopez* Spesso mi son chiesto “cos’è la fotografia?” Mi son dato molteplici risposte, ho approfondito, letto, immaginato, giungendo a questa definizione: “La fotografia come linguaggio che riesce a rendere visibile un’idea". Spesso ci si è ritrovati a dare in mano ai bambini/ragazzi la macchina ftografica e gli si è detto "Dai scatta", ma poi subito dopo abbiamo cominciato con il dire "Attento al dito, alza l'obiettivo, non tagliare la testa etc". Ma quali sono i consigli da dare ai giovani "fotografi"? A mio parere non esistono consigli o regole da dare, anzi la regola base per i "Fotografi bambini" è l'assenza di regole. L'apporoccio del bambino con la machina fotografica deve essere libero e spontaneo affichè possa sperimentare da solo lo strumento macchina fotografica e ciò che ne segue. Il momento della fotgrafia deve diventare per il bambino un gioco; in questo modo potrà scoprire il mondo, imparare a osservarlo e utilizzerà la macchina fotografica come un grande occhio che gli farà conoscere il mondo che lo circonda. Non ci possono e non ci devono essere limiti e la fotografia non può essere interpretata secondo i canoni degli adulti. Come esempio si può citare l'inquadratura fantastica dei bambini, quella dal basso verso l'alto, inquadratura che nel mondo "adulto" della fotografia è sempre da evitare. In sintesi i bambini vedono così cose che noi adulti non riusciamo più a vedere. * Designer

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Parte 1 Bulli in Mostra 14 racconti illustrati dagli allievi delle scuole medie


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Una storia cinque storie. 1x1 C’era una volta un bambino di nome Francesco che amava leggere, scrivere e disegnare. Per lui studiare era quasi un hobby e non vi rinunciava neanche nei giorni di festa. Non era un secchione ma un bambino avido di sapere e di scoprire il mondo che lo circondava immaginando che un giorno avrebbe potuto costruirne uno migliore. A scuola aveva tanti amici ma solo pochi di loro conoscevano un suo terribile segreto. Kevin, un suo compagno di classe dal carattere solitario ed estremamente chiuso, lo maltrattava ogni giorno costringendolo, con le minacce e le percosse, a passargli i compiti assegnati dalle maestre il giorno prima. Kevin non era cattivo ma nascondeva la sua pigrizia e, soprattutti, le sue difficoltà nello studio mascherandosi da bullo, da piccolo prepotente che usava la forza e la sua stazza fisica per intimorire Francesco e i suoi compagni. Ogni giorno, durante la ricreazione, Kevin trasci-

nava nel bagno o in uno dei tanti corridoi nascosti della scuola il piccolo Francesco, usando, con la complicità di qualche altra vittima intimorita, l’inganno o le minacce per farsi dare i compiti. Come finirà la storia? Finale n° 1 Una notte appare in sogno al bullo un bullone che gli fece provare le stesse sensazioni del piccolo Francesco maltrattandolo e percuotendolo ogni giorno. Al risveglio Kevin comprese quanto male faceva al suo compagno e decise di andare dalla preside a confessare il tutto, promettendole che sarebbe cambiato e chiedendole di poter chieder scusa pubblicamente a viva voce, con un microfono, a tutti coloro che aveva maltrattato.


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Come finirà la storia? Finale n° 2 Ma c’era una cosa che accadeva in quella scuola; una situazione ancor più brutta e incresciosa delle minacce subite da Francesco. La direttrice sapeva su quanto accadeva e non ne faceva parola con alcuno per paura di subire anche lei minacce dal padre di Kevin che, puntualmente, elargiva somme di danaro al fine di metterla a tacere. Un giorno il papà di Kevin si ammalò e non poté più pagare la direttrice per comprare il suo silenzio. La direttrice inviperita in occasione di un episodio di violenza sospese il bullo e alla fine dell’anno scolastico lo costrinse ad abbandonare la scuola.

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Come finirà la storia? Finale n° 3 Francesco decise di chiedere aiuto agli amici, agli insegnanti e alla direttrice. Tutti si strinsero affettuosamente attorno il piccolo bambino indifeso. Chiamarono Kevin e sgli spiegarono che essere bulli, maltrattare i compagni non era la strada migliore per risolvere i suoi problemi. Anzi, solo attraverso una vera amicizia i compagni di classe avrebbero compreso le sue difficoltà e si sarebbero prodigati ad aiutarlo a svolgere i compiti e colmare le sue lacune. Kevin capì e il giorno dopo andò da Francesco per chiedergli scusa e stringere con lui una vera amicizia.

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Come finirà la storia? Finale n° 4 Ma c’era una cosa che accadeva in quella scuola; una situazione ancor più brutta e incresciosa delle minacce subite da Francesco. La direttrice sapeva su quanto accadeva e non ne faceva parola con alcuno per paura di subire anche lei minacce dal padre di Kevin che, puntualmente, elargiva somme di danaro al fine di metterla a tacere. Un giorno il papà di Kevin si ammalò e non poté più comprare il suo silenzio. Fu così che Kevin iniziò a fare una serie di brutti sogni e, ogni mattina, chiedeva alla madre di non andare a scuola temendo le ire della direttrice. Alla fine decise di confessare tutto e di chiedere a Francesco la sua amicizia.

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Una storia cinque storie. 1x5 Come finirà la storia? Finale n° 5 Un giorno successe che Kevin, in un suo attacco di violenza, fece davvero male al povero Francesco che per molto tempo non andò più a scuola. Quel giorno Kevin comprese realmente quanto aveva fatto e quanto di brutto faceva ogni giorno a Francesco e agli altri suoi compagni di scuola che, dopo l’ultimo episodio, decisero di allontanarlo definitivamente. Il giorno in cui Francesco rientrò a scuola Kevin non perse tempo. Aspettò che la povera vittima uscisse di classe. Francesco lo vide da lontano e cercò di scappare per rifugiarsi in aula accanto la maestra ma, contrariamente a quanto solitamente accadeva, Kevin gli andò vicino. Gli chiese scusa e gli propose di diventare amici. Francesco fece un gran sorriso e lo abbracciò. Da quel giorno Kevin e Francesco sono amici per la pelle.


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Sbulla il bullo: la vendetta di Andrea Margherita era una ragazza molto timida. Aveva pochi amici e si confidava solo con Andrea, il suo compagno di banco. Le piaceva leggere, disegnare e, diversamente dalle ragazzine della sua età, non dava molta importanza al modo di vestire. Portava i capelli raccolti in due lunghe treccine, le guance rosa e morbide, due occhiali dalla grossa montatura e spesso se ne stava in disparte tra la gente. Erano in molti a prenderla in giro per il suo aspetto. In particolare due suoi compagni di classe, Alessandro e Vincenzo, due classici bulletti vestiti di tutto punto, viziati, sempre pronti a complottare contro di lei. Erano soliti organizzare dei veri e propri piani diabolici; si nascondevano nei bagni della scuola e architettavano mille e più modi per poterla ferire, aspettando il suo arrivo per poterle lanciare addosso di tutto e di più. Le professoresse la maggior parte delle volte non si ac-

corgevano di quanto accadeva. Alessandro e Vincenzo erano molto bravi a coprirsi a vicenda e, solitamente usavano prendere di mira la povera Margherita nei momenti in cui in classe non c’erano adulti. Le tiravano i capelli durante l’ora di educazione fisica, al cambio dei professori le rubavano libri e quaderni e, come se non bastasse, continuavano a insultarla anche su Facebook. Si sentivano forti, superiori e ridevano della semplicità di Margherita e del suo amico Andrea. Perché? Perche non la capivano, perche è semplice sfogare la rabbia su chi è meno forte e sembra all’apparenza solo e timido. Dopo mesi di torture, sfottò e pettegolezzi, quando Margherita stava per arrendersi ed era decisa a cambiare scuola e ricominciare in un'altra classe con nuovi amici e compagni, Andrea, non sopportando l’idea di


Margherita

Andrea

Vincenzo

Alessandro

poter perdere quella che fino ad allora aveva considerato come solo un’amica, decise di prendere in mano la situazione. Non poteva lasciarla andare via cosi. Affrontò i due bulli. Decise di nascondersi e fotografare di nascosto Alessandro e il suo complice mentre si nascondevano nei bagni e torturavano Margherita; in più raccolse tutte le frasi cattive che le scrivano su Facebook. Decise quindi di tappezzare la scuola con queste immagini, rendendo pubblico quello che i due bulletti facevano e mettendoli in imbarazzo davanti a tutta la scuola. Cosi non solo salvò la sua amica ma conquistò anche il suo cuore!

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I tre superpensionati C’era una volta una Napoli calda e afosa. Per le strade della città non si muoveva una mosca, e tutti gli abitanti erano scappati al mare per cercare sollievo dal terribile caldo. Molte famiglie si erano spostate sul ‘lungomare liberato’ per cercare un dolce venticello fresco. I ragazzini facevano il bagno a Mergellina schizzandosi acqua. Gli anziani si riparavano dal sole sotto le tettoie del famosissimo lido “Giuseppone a Mergellina”. Sotto una di queste tettoie, tra urla e strepitii di ragazzini piuttosto vivaci che giocavano a biliardino, in un angolino, seduti al tavolino, c’era un gruppetto di tre anziani intenti a giocare a carte. I tre erano persone distinte ed educate, avevano abiti semplici con appuntate in petto strane spillette in metallo decorate con bandierine e lettere incise. Nello stesso momento, in riva al mare, tra migliaia di

persone che facevano il bagno, tre anziane signorine prendevano il sole spensieratamente, raccontandosi dei tempi ormai passati e delle avventure vissute in gioventù. Avevano un atteggiamento principesco, i loro modi di fare erano molto gentili ed educati. La prima signorina aveva i capelli lunghi di un biondo molto chiaro e tra le mani custodiva gelosamente una rosa rossa. La seconda aveva un frontino rosso a pois e mentre chiacchierava con le amiche mangiava una mela. La terza invece, mentre parlava con le altre due, non faceva altro che guardarsi intorno cercando disperatamente una delle sue scarpe. Improvvisamente delle urla attirarono l’attenzione di tutti i presenti. In lontananza, tra la folla, si alzò una nuvola di sabbia che avvolse tutte le persone che si trovavano nelle


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immediate vicinanze: era un Bullo che avvicinatosi alle tre signorine anziane lanciava per aria la sabbia cercando di strappare via il loro costume. I tre vecchietti che giocavano a carte, sorpresi dalle urla delle anziane principesse ebbero un flash back: in gioventÚ erano stati dei supereroi!!! Immediatamente si trasformarono e corsero in soccorso delle principesse. Distrassero il bullo indicandogli un ciuccio volante e, sfruttando l’attimo di distrazione del bulletto in erba, presero le tre principesse e le portarono via, lontano, in salvo in un luogo segreto.


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Non esistono più i principi di una volta Un principe bello ma non troppo, un giorno, stanco di sentirsi caricato di tutte le aspettative delle principesse del paese decise di diventare un princiBULLO. Non ne poteva più di sentire tutte le favole in cui il principe doveva essere bello, biondo e con gli occhi azzurri, mentre lui era un pò tozzo e un pò massiccio e con i capelli che gli si elettrizzavano in testa quando era in sella alla sua aggressiva moto nera lucente. Invidioso e innervosito decise così di far fuori tutti quelli che avrebbero ostacolato la sua passione per la principessa più bella di Napolandia. In particolare prese di mira il princiBELLO, un tipetto carino, elegante, con i capelli al vento e una moto bianca rooombante, il preferito di princiBELLA. Decise di inviargli un PALLONE DI SFIDA sul quale insieme ai suoi amici aveva scritto: “Vediamoci nel pomeriggio dopo scuola nel campo di calcio davanti al castello per sfidarci ai calci in porta, uno contro uno, e il vincitore avrà la possibilità di andare

dalla princiBELLA e chiederle di uscire la sera stessa. Il princiBULLO sapeva di non potercela fare da solo: è molto grosso e muscoloso, ma non è molto agile e non ha voglia di perdere, così alla sfida si presenta insieme ai suoi tre amici: BULLdog, pittBULL, BULLterrier. Sono 4 contro 1 e il princiBELLO finì con la faccia nella rete riempito di calci. La princiBELLA dalla finestra della sua torre vide tutta la scena e quando il princiBULLO arrivò lei lo rifiutò: “Niente balle BULLO, sei un citrullo, ho visto tutto e per me sei nullo”. Inbestialito il princiBULLO si innervosì ancora di più e tornò con i suoi amici a sfogare la sua rabbia sul princiBELLO. Il princiBELLO non ebbe il coraggio di raccontare l'accaduto a nessuno, ma riuscì a confidarsi solo con il suo migliore amico, l'ambasciAMICO che escogitò un piano e inviò un messaggio falso al princiBULLO da parte della princiBELLA dicendogli che l’avrebbe voluto incontre. Il princiBULLO si fiondò all'appuntamento e


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trovò il princiBELLO e l'ambasciAMICO. C'era un particolare: l'ambasciAMICO era alto 2 metri, massiccio e muscoloso. Il princiBULLO capì che era stato messo alle strette e che non sarebbe stato sempre lui il più forte. Terrorizzato e senza i suoi BULLdog, pittBULL, BULLterrier non seppe che fare e iniziò a sudare, a tremare e a piagnucolare. PrinciBELLO e ambasciAMICO lo avevano terrorizzato, ma non gli fecero nulla facendogli capire che “il BULLO non è BELLO perchè è senza cervello.” Tutti possono essere princiBELLI a modo proprio, chi più grasso chi più magro, chi più bello chi più tozzo, ma l'importante è non pensare mai di essere inbattibili. Sullo sfondo la principessa guardò la scena con gli occhi a cuoricino che lampeggiaronoo per l'ex princiBULLO.


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Un cyborg Bullo poco cyborg molto Bullo Una principessa e il suo principe azzurro vivono felici nel loro castello medievale in cima a una collina piena di alberi fioriti. Un giorno mentre sono a passeggio per il bosco la loro attenzione è attratta da un oggetto strano e sconosciuto; si avvicinano, salgono e, involontariamente, la principessa preme un bottone. Lo strano oggetto si accende e, come un razzo, velocissimo si perde tra le nuvole. In pochi istanti i due vengono catapultati nel futuro e la dove c’era il loro castello adesso c’è un grandissimo disco volante. Guardando attraverso i vetri vedono esseri strani che camminano. Si accorgono di essere gli unici umani e di essere capitati nel mondo dei cyborg, esseri cattivi mezzi umani e mezzi robot. Il capo, il sergente Rex, molto cattivo, viene a conoscenza dell’arrivo dei due sul loro pianeta e la principessa diventa vittima delle sue violenze sia verbali che fisiche. Dalla sua parte il ser-

gente Rex può contare sul suo amico Vaas e su tutti gli altri cyborg, mentre i due sono soli e indifesi. L’unica cosa che possono fare è quella di chiudersi nella loro navicella e di non uscire più. Il principe, stanco di tutto ciò e deciso a difendere la sua amata, pur rendendosi conto della forza dei loro nemici, decide di affrontare il potente cyborg e chiede di sfidarlo in duello. Come arma sceglie la spada, essendo l’unica che conosce e credendo di mettere in difficoltà il potente cyborg. I due si danno appuntamento al quartiere generale del sergente Rex, la principessa va con il principe. Inizia il duello e nonostante l’arma scelta il principe si accorge che non può fare nulla contro la potenza del cyborg. Quando tutto sembra spacciato una vortice risucchia il principe e la principessa facendoli entrare in un varco spazio-temporale che riporta i due nel loro castello dove possono vivere, lontani dal bullo, felici e contenti.


La Principessa

Il Principe

Vaas

Sergente Rex


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Serena

Fabiana

Miriam

Anica bulli in mostra _ laboratorio di fumetto itinerante

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Tra i banchi di scuola Questa storia nasce tra i banchi di scuola. Tra ragazze, voci di corridoio, gelosie e pettegolezzi. Perché spesso le parole, quando viaggiano di bocca in bocca diventano sempre più grandi ed è poi difficile fermare un pettegolezzo. Era da tempo che Anica, compagna di classe di Miriam, provava rancore nei suoi confronti; aveva infatti sentito girare strane voci, confermate poi dalla sua amica Fabiana. Invece di affrontare in maniera diretta la sua compagna, per avere conferma che fosse stata effettivamente lei a mettere in giro quelle voci, preferì trarla in inganno organizzando un piano diabolico. Le chiese di incontrarsi fuori scuola, lontana dal mondo degli insegnanti e di chiunque avesse potuto intervenire per fermare la situazione. Ignara di quello che le sarebbe accaduto, Miriam si trovò quindi faccia a faccia con la sua compagna che sferrò un pugno facendola cadere a terra !

Subito dopo, le amiche di Anica e quelle di Miriam si riunirono per parlare dell’accaduto, per cercare di risolvere la situazione e soprattutto di evitare un secondo confronto. Cercano di spiegare ad Anica che le situazioni scomode non vanno affrontate con la violenza, che le parole sono l’arma migliore e che spesso due ragazze che litigano per uno stupido pettegolezzo possono diventare poi grandi amiche.


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Selena la cantante Selena aveva un gran talento. Era una ragazzina che riusciva a essere brava in tutto ma soprattutto nel canto. Partecipava e vinceva molti concorsi. A scuola era considerata una delle ragazza più belle e più brave, suscitando cosi l’invidia di molti, soprattutto delle sue compagne di classe. Tra queste Taylor, sicuramente quella che più di chiunque altro la odiava e pur di mettere in cattiva luce la sua compagna raccontava pettegolezzi cercando di screditare la sua bravura, insinuando il dubbio che le sue vittorie ai concorsi fossero truccate. Dopo mesi di torture, stanca di subire, Selena decise di cambiare scuola, di cambiare amicizie e lasciarsi alle spalle tutto. Consapevole di essersi arresa e di essere una vittima, decise di dedicarsi anima e corpo al canto, per realizzare il suo sogno e dare cosi un domani uno schiaffo morale a tutti quelli che avevano cercato di buttarla giù, in par-

ticolare a quella bulla che per un anno non aveva fatto altro che prenderla di mira tra i banchi di scuola. Realizzò il suo sogno e divenne una cantante famosa. Ma la sua più grande soddisfazione fu quando, in occasione di un tour al quale partecipò in qualità di special guest, intravide tra la folla Taylor che l’applaudiva e grdidava a gran voce il suo nome. Selena, stupita, invitò Taylor sul palco presentandola a tutti come una sua amica e Taylor, commossa, le chiese pubblicamente scusa per tutto quello che le aveva fatto al tempo della scuola e le fece i suoi complimenti.


Selena

Demi

Taylor

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L’apparenza inganna Gaetano è un ragazzino problematico. Vive una difficile situazione familiare: la mamma è una prostituta e il padre si droga da anni. Non essendo cresciuto in un ambiente sano, ha difficoltà a gestire i rapporti con le persone e spesso ricorre alle mani per dimostrare la sua superiorità. Un giorno passeggiando per la strada a catturare la sua attenzione è Amedeo, un ragazzino timido e pacato, che non ha ancora dichiarato al mondo la sua omosessualità. Colpevole solo di avergli sorriso, Amedeo in un attimo si ritrova spalle al muro minacciato dal bullo. Con una rapida mossa riesce a liberarsi fuggendo via impaurito. Racconta tutto al suo amico Giuliano che decide di affrontare il bullo provandogli a parlare in maniera sincera, cercando di fargli capire che anche se due persone hanno stili e gusti diversi non significa necessariamente che non possano convivere pacificamente e diventare anche amici. Pentito e amareggiato il bulletto decide di cercare Amedeo per provare a chiarire la vicenda e porgergli le sue scuse.


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No! I compiti no! Carlo è uno studente modello. Ottimi voti in tutte le materie, non perché sia un secchione ma per via della sua spiccata intelligenza. Non ha molti amici, ed è diffidente verso tutti, soprattutto perchè la maggior parte di coloro che gli si avvicinano è per chiedergli una mano a studiare o per farsi passare i compiti durante le ore di lezione. Pasquale, uno dei suoi compagni, non sopporta l’idea di non ottenere gli stessi risultati scolastici di Carlo. Prova cosi, in un primo momento, ad aizzare tutta la classe contro di lui. Non contendo, deciso a rovinare la carriera scolastica del suo nemico, architetta un piano diabolico: insieme ai suoi amici bulli decide di nascondere nel registro della professoressa un biglietto con tanti insulti, firmandolo a nome di Carlo! Cosa succeredà al piccolo sudente? Chi racconterà alla professoressa la verità?


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Salvatore

Gennaro

Francesca

Alessia bulli in mostra _ laboratorio di fumetto itinerante

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Bu Bu Bu Bulli alla riscossa Alessia era una ragazza timida e introversa. Non aveva molti amici e stringere amicizie diventava sempre più difficile con il passare del tempo. Quello che la frenava non era tanto la timidezza quanto la balbuzie: era dalla nascita infatti che aveva questo disordine della parola in cui la fluidità è interrotta da ripetizioni involontarie e prolungamenti di suoni e sillabe. I suoi compagni di classe spesso la lasciavano in disparte e la avvicinavano solo per prenderla in giro. In par ticolare, Salvatore e il suo gruppo di amici, al termine di ogni lezione, ogni giorno accerchiavano la loro compagna deridendola e insultandola, e, non contenti, spesso non si limitavano alle sole parole ma anche alle mani. L’unica amica di Alessia era Francesca, che pur cercando di starle vicino, non prendeva mai una posizione, temendo di finire anche lei vittima delle cattiverie del gruppo.

Mai nessun insegnate interveniva, mai nessun adulto. Non sapendo più come venire fuori da questa spiacevole situazione, e non volendo denunciare l’accaduto ai familiari e agli insegnati, Alessia decise che l’unica soluzione possibile fosse quella di cambiare scuola e provare a ricominciare in una classe diversa sperando di trovare persone meno cattive e aggressive.


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info@mad-design.it https://www.facebook.com/groups/MAd.sign/ via Salvatore Tommasi 65 . 80135 . napoli tel. +39 08119537755 finito di stampare nel mese di giugno 2013 tipteti.com Napoli


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