A me, a te e accanto a ciascuno
Armando Siri
L’ITALIA NUOVA l’inizio
ADM Edizioni
L’ITALIA NUOVA Proprietà Letteraria Riservata Armando Siri Edizione in concessione a: Passaporta ADM Edizioni ISBN 978-88-905307-0-8
Indice
Prologo 11 Introduzione 13 DIALOGHI 11 - Come stanno ora le cose 12 - L’incompreso 13 - Menzogne e vanità 14 - Il serpente 15 - Il patto e il peccato originale 16 - Conflitto di cuore 17 - Il dittatore 18 - L’ultima spiaggia 19 - La regola 10 - La ragnatela 11 - Lo stato 12 - Le tasse 13 - L’invidia
24 35 39 41 48 53 56 63 66 71 76 87 110 9
14 - Parole e significati 15 - Gli stessi errori 16 - Re di te stesso 17 - Di figlio in padre 18 - Il coraggio 19 - La rivoluzione 20 - Il cercatore 21 - Il futuro 22 - Il bambino 23 - La spada nella roccia 24 - Nonostante tutto
115 122 127 132 136 138 142 144 147 153 156
Conclusioni 158 CARTA DEI PRINCIPI DI FONDAZIONE della NUOVA ITALIA
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Appendice 169 Bibiliografia
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Ringraziamenti 183
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Prologo
Quando hai 12 anni, ti accorgi di cose a cui prima non avevi fatto caso, nonostante fossero parte della tua realtà. è un momento difficile. Un bambino scopre come sono davvero gli adulti e comincia a vedere il mondo con occhi che sanno vedere le differenze. A 12 anni, chiesi a mia madre perché esistevano le differenze: perché io non avevo le stesse possibilità dei miei amici? Mia madre non seppe rispondermi. A 12 anni avevo sentito parlare, a scuola, della Costituzione: mi avevano insegnato che in Italia viviamo in un paese democratico, e che democrazia vuol dire che abbiamo tutti gli stessi diritti. E mi accorgevo che quella non era la realtà. Così, decisi di cercare la Costituzione in biblioteca, la lessi per capire bene quei diritti e per chiedere che fossero rispettati. Mi colpì in particolare l’articolo 3: «L’Italia riconosce e garantisce a tutti i cittadini pari 11
dignità sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana». A quel punto, pensai di avere una meravigliosa opportunità: bastava solo andare dalle autorità a dire che in tanti casi, come il mio, quell’articolo era violato! Ero troppo ingenuo? Me lo dissero tutti, allora, e mi convinsero che quella Carta costituzionale era soltanto carta. Ma a vent’anni da allora – dopo tante esperienze, tanto impegno – non ho cambiato idea: continuo a pensare che uno Stato non deve raccontare bugie. Penso sia giusto avere una Costituzione che si possa rispettare davvero, con soddifazione, e di cui tutti – adulti e bambini – siano fieri.
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Introduzione
Da alcuni anni, con crescente intensità, avvertiamo intorno a noi un profondo disagio interiore a cui non sappiamo trovare un’adeguata risposta razionale; il disagio aumenta proporzionalmente alla percezione dei confini che il “sistema” ha costruito intorno agl’individui. Confini che si sono sempre più ristretti fino ad arrivare a toccare il cuore di ciascuno. E il tocco è tutt’altro che lieve: è come se si fosse arrivati a un punto per cui una pressione, appena maggiore di quella che avvertiamo abitualmente, potrebbe procuraci un dolore mai provato prima d’ora. Il timore che la pressione aumenti è notevole, è possibile però che ognuno possa riconquistare gli spazi perduti superando la paura di perdere le certezze e l’abitudine della “riserva indiana” in cui, inconsapevolmente, si è abituato a sopravvivere. Unica condizione per riuscirci: il game over. Oggi, come molte volte nella nostra storia, ci si presenta l’occasione per rifare tutto daccapo, ma sappiamo che la storia non si ripete sempre uguale. Sentiamo la necessità 13
di un cambiamento profondo ma non abbiamo ben chiaro ancora il cosa debba cambiare e il come cambiarlo. Generalmente, quando si è giunti a questo punto la paura si rivela il nostro primo interlocutore: la paura di una “rivoluzione”, di lasciare alle spalle il passato per dare spazio al futuro, di concederci un’occasione nuova affidandoci solo ai nostri buoni propositi. Ho ragione di credere che questa “rivoluzione” sia inarrestabile e necessaria ma, ancora una volta, per quanto tutto possa cambiare le regole universali, ve ne saranno sempre alcune che non sono influenzate da noi e ci rimandano a un disegno più grande, di cui siamo parte. Niente paura. Qualunque cosa accada, sarà sempre la mela a cadere in testa a Newton e mai Newton a essere risucchiato dal cielo. Con ogni probabilità, sarà il modo con il quale siamo abituati ad avere a che fare con noi stessi che dovrà cambiare. È possibile, ad esempio, che ognuno cominci con il riconoscere i propri desideri anziché quelli degli altri. Ovvero ciò che egli desidera, non ciò che gli altri desiderano che lui desideri. Una rivoluzione sarebbe già compiuta. Se a questa nuova consapevolezza ognuno aggiungesse la capacità di utilizzare parole di cui conosce davvero il significato e non parlasse giusto per sentirsi parte dell’insieme, contribuendo ad aumentare la confusione, un’altra rivoluzione si concluderebbe. Infine, mettiamo il caso che ognuno provi a convincersi che non c’è nulla al mondo che non possa ottenere se davvero lo vuole, che una volta individuati i propri difetti 14
sappia riconoscere i talenti e darsi degli obiettivi, a questo punto il cambiamento dello status quo sarebbe inarrestabile e radicale. Tre piccoli passi che ci metterebbero al sicuro da quel dolore fastidioso che preme da troppo tempo sul nostro animo. A poco a poco la rabbia si trasformerebbe in forza creatrice, l’immensa energia di cui disponiamo e che non utilizziamo prenderebbe le vie dell’inventiva e della realizzazione, il linguaggio darebbe vita a una rinnovata capacità costruttiva e il “sistema” tornerebbe solo un “modo per…”. Si potrebbero fare nuove scoperte, proprio adesso che nessuno dice più qualcosa di veramente nuovo. La religione, la scienza e la politica, tre strade storiche di rifermento per l’uomo e la sua ricerca di verità e di felicità, si sono interrotte allo stesso punto da tempo immemore. Per prima la religione. Senza differenze di credo e di professione essa non parla più al cuore di ciascuno ma sempre più alle moltitudini, in un gioco di ruoli il cui fine è sistemare quante più caselle possibili in un tempo e in uno spazio definiti1. Un modo per sopravvivere al tempo che rischia di rivelarsi rovinoso e fallimentare. Ci hanno proposto un’immagine di un Dio in Cielo, sede della Gloria, e degli uomini in terra dove c’è la sofferenza e imperversano il peccato e il senso di colpa. In questo stato di cose siamo sopravvissuti a lungo, ma prima 1 Lo sforzo di un ripensamento delle condizioni di ricostituzione del messaggio religioso in un panorama di dissoluzione secolare chiama in causa tutte le fedi, cristianesimo incluso: “Ancora una volta, il punto non è che bisognerebbe vivacizzare il cristianesimo con una dose di paganesimo: piuttosto, è la nostra stessa vita cristiana che ha subito una mutilazione imponendo una simile omogeneizzazione. La chiesa avrebbe dovuto essere il luogo in cui gli esseri umani, con tutte le loro differenze e i loro itinerari disparati, si riuniscono; e, ovviamente, siamo ancora ben lontani dal’avere raggiunto questo scopo”. Charles Taylor, L’età secolare, Feltrinelli editore, Milano, 2009, p. 966.
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o poi era inevitabile che ci saremmo persi, noi e coloro che avrebbero voluto guidarci verso la Verità. Ora più che mai assistiamo allo smarrimento proprio di coloro i quali si erano incaricati di “illuminarci” la via. Un proposito fallimentare in partenza, sul quale si è fermata ogni speranza di futuro. Questo tipo d’impostazione religiosa ci ha inchiodati nel passato per sempre, togliendoci la possibilità di vedere il futuro attraverso il modo più semplice e naturale che abbiamo: i “desideri”. Ha creato i buoni e i cattivi, il Cielo e la Terra, il Paradiso e l’Inferno e ha tolto all’uomo ogni speranza di scoprire l’Amore per Sé. Ma non è cercando nella religione o nelle Chiese organizzate l’ennesimo capro espiatorio che l’uomo potrà riconoscere la strada per ritrovarsi. Al contrario, se saprà scoprire il vero messaggio che ogni religione mette a sua disposizione, potrà scoprire che il Cielo e la Terra non sono separati né distanti e che il Dio che è in noi non è in cerca di peccatori da redimere ma di Amore e Volontà da scoprire in ciascuno. Ecco ciò che di nuovo potrebbero annunciare le religioni, con la possibilità implicita di trovare un posto in un nuovo modello di mondo la cui alba è sempre più vicina. Se invece si chiuderanno su se stesse e si arroccheranno nelle loro fortezze temo che il “diluvio” che si sta abbattendo su di esse le spazzerà via definitivamente dalla storia umana. Una riflessione sul cambiamento sarebbe utile anche per i molti che hanno declinato il loro “credo” verso altri lidi e nella direzione ben più concreta e apparentemente razionale della scienza. Sono passati più di 100 anni dalla scoperta della penicillina e degli antibiotici. Da quel momento in poi molta fatica, grandi proclami, qualche passo in avanti, ma 16
niente di più. Non si sente parlar d’altro che di campagne per la ricerca, richieste di fondi per trovare la panacea a tutte le malattie del mondo, ma la medicina non ha più scoperto nulla di veramente risolutivo ed efficace. Anche qui siamo su un binario morto. Si potrebbe ipotizzare che religione e medicina possano essere collegate? È un dato acquisito, anche per chi si professa religioso e scettico, che esista un collegamento diretto e importantissimo tra il nostro stato “spirituale” e in nostro benessere o malessere fisico, un legame profondo tra la psiche, il cervello e gli organi del corpo. Sappiamo quanto il nostro sistema immunitario sia collegato allo “stato d’animo”. La medicina, tuttavia, lavora sulla ricerca dei rimedi alle malattie e poco o nulla sulla ricerca delle cause. È come se, per rimediare agli allagamenti su scala mondiale, si affannasse a produrre stracci ipertecnologici e secchi automatizzati invece di studiare un sistema elementare per chiudere i rubinetti. Se la scienza ritrovasse la strada dell’anima, com’era all’epoca dei classici e delle loro “menti sane in corpi sani”, si potrebbero raggiungere risultati fino ad oggi inimmaginabili. Si tratta semplicemente di accorgersi. Quanti esseri umani, dalla notte dei tempi, hanno visto frutti e ortaggi che ammuffivano. Eppure, solo chi ha saputo accorgersi, ha scoperto che in quella muffa si celava un potente alleato, l’antibiotico. Occorre saper vedere, andare oltre i propri sensi, aver fede in qualcosa di sé che ancora non si conosce, a meno di non manifestare una chiusura totale, a priori, come quella particolare sordità e cecità che ha la medicina ufficiale, atteggiata come i “pontifices” nel Tempio di fronte a Gesù. Pensa solo a ciò 17
che già conosce e non riesce a vedere ciò che è li a portata di mano semplicemente perché non vuole farlo2. La medicina, come la religione, per molto tempo ha assunto l’atteggiamento di depositaria di una verità che prescinde dall’uomo, che lo pone nella condizione di poter ambire a risposte o soluzioni che poi non fornisce. Basterebbe che si limitasse alla ricerca delle cause, allo studio e alla classificazione di esse, prima e oltre che ai rimedi per gli effetti. Non va meglio alla politica. Tra i paradossi che sembrano verificarsi particolarmente in Italia, ad esempio, c’è il fatto che i politici siano al contempo i migliori attori comici e i protagonisti della più drammatica delle tragedie. Il crollo delle ideologie, un fallimento globale, ha portato con sé la crisi del capitalismo avanzato e la fine del “comunismo”, che per la sua imperfezione costituzionale3 ha destabilizzato tutto il vecchio sistema, fondato su un sistema di contrappesi. 2 “È così, è così, l’Io ve lo dice: quando un Noi cerca l’Io non è per trovare ciò che è più grande, ma solo per aver conferma di ciò che sa già, per soddisfare bisogni che già sapete di avere. Cercate invece ciò che è più grande del vostro mondo limitato, e che il Figlio dell’uomo vi dà: la vostra nuova fase evolutiva. Perché su questo il padre ha posto il suo sigillo”. Igor Sibaldi, Vangelo di Giovanni, 6, 26-27, in Il Codice segreto del Vangelo, cit., p. 231. 3 In un’ottica di rivalutazione della libertà individuale e di tutte le prospettive immanenti di redenzione totale si colloca la critica al comunismo e al marxismo svolta da Benedetto XVI: “Marx […] ha indicato con esattezza come realizzare il rovesciamento. Ma non ci ha detto come le cose avrebbero dovuto procedere dopo[…]. Così, dopo la rivoluzione riuscita, Lenin dovette accorgersi che negli scritti del maestro non si trovava nessun’ indicazione sul come procedere. Marx […] ha dimenticato che l’uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà […]. Il suo vero errore è il materialismo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall’esterno creando condizioni economiche favorevoli”. Benedetto XVI, Spe Salvi, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano,2007, p. 44.
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Da una parte il modello democratico capitalista, dall’altra il totalitarismo comunista: il crollo di questi due schemi ha generato una crisi irreversibile del sistema che a mio giudizio culminerà con la trasformazione definitiva in un nuovo modello politico-istituzionale, che potrebbe partire proprio dall’Italia e via via maturare e consolidarsi negli altri paesi. Da questo punto di vista la Penisola, sempre “fanalino di coda” in tutte le classifiche che piacciono tanto ai catastrofisti e agl’invidiosi, in questo processo di rinnovamento è in pole position grazie a Silvio Berlusconi e per certi versi anche a Umberto Bossi, con un minus per quest’ultimo che illustrerò più avanti. Ma partiamo dall’Europa. Chiamiamo questo spazio geografico di stati confinanti “vecchio continente”. Questo la dice lunga. Una qualsiasi cosa chiamata “vecchia” per troppo tempo non può resistere oltre la naturale evoluzione, per la quale da sempre tutto inizia e tutto finisce e prima o poi ciò che è “vecchio” deve morire. Una morte che è preludio di una rinascita proprio come il ciclo della vita ci ha abituato. Da qui prende le mosse il mio ragionamento. Siamo giunti alla fine del “vecchio continente” così come lo conosciamo e il fallimento del “comunismo” è stato l’inizio della fine, fine che avverrà con la presa di coscienza del tracollo dell’altro “contrappeso” ovvero il “sistema democratico”. Questo creerà le condizioni per la nascita di un nuovo modello di stato e di convivenza e collaborazione tra gl’individui. Nulla di tragico! Nulla di violento, nulla di traumatico, in realtà questo processo di dissoluzione è già in corso da molto tempo nell’animo più profondo di ognuno di noi. È già da un po’ che sentiamo che questa “democrazia” urlata a gran 19
voce da tutti i protagonisti politici – di qualunque colore essi siano – non la percepiamo più come appartenente al nostro modo di sentire, alle nostre emozioni interiori; è lì ma non ci soddisfa più come una storia d’amore finita che stiamo trascinando in avanti per inerzia e pigrizia del nuovo, nonostante un destino già palesemente segnato. Non vediamo all’orizzonte un’alternativa chiara e quindi rimaniamo impigliati nel presente, ma ci basterebbe trovare la persona giusta e c’innamoreremmo, disposti a lasciare tutto senza rimpianti né rimorsi. Come ogni crisi, anche quella del modello di “democrazia” si fa sentire attraverso tanti piccoli campanelli d’allarme. Uno dei principali, come nelle crisi di coppia, è “non abbiamo più nulla da dirci”. Basta osservare i politici, impegnati nel corso dei dibattiti in televisione: non sanno più cosa dirsi. Cercano in ogni modo di differenziarsi per potersi accusare vicendevolmente di qualcosa, eppure fanno sempre più fatica a trovare gli argomenti. Bersani e Tremonti non litigano perché hanno una diversa e opposta visione del concetto di politica di spesa, ma a fatica litigano sulle tasche da cui togliere questi o quei denari (che sono sempre gli stessi) e in quale altra infilarli. Nulla di che. Nulla di nuovo. Ultimamente, poi, il livello dello scontro si è talmente abbassato da duellare a suon di scandali e scheletri nell’armadio, all’insegna del morboso istituzionale, una forma di nuovo reality show che rimbalza tra la tv, i giornali, le riviste di gossip. Tra un po’, nei talk show, non basteranno le parole grosse, già sdoganate: se le daranno con le tibie e gli omeri dei rispettivi scheletri. Crollate le ideologie, dissolta la patina del carisma 20
personale e della credibilità istituzionale, i politici sono rimasti nudi. Non sanno più di cosa vestirsi e non avendo trovato abiti nuovi da indossare litigano sulla “foglia di fico”. Non ci sono differenti e opposte visioni d’impostazione generale della politica del Paese sui grandi temi come l’economia, la politica estera, la sicurezza interna. Questi sono i punti centrali delle differenze di cui si avverte la mancanza. Gli altri sono solo dettagli. Nessuno dice più nulla di nuovo da un pezzo con due eccezioni, seppur con tutti i limiti del caso, appunto Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Il secondo con un limite abbastanza significativo. Nonostante la sua visione sia fortemente innovativa e abbia ben chiaro il concetto di territorialità fiscale ed economica, rimane fortemente ancorato alla tradizione e al passato con un’impostazione pseudo-cristiana nella quale fin dall’inizio ha cercato di affondare le proprie radici, creando così una lacerazione di fatto tra ciò in cui dice di credere e ciò che professa. E in più di un’occasione queste contraddizioni sono state rilevate dalla cronaca. Accoglienza e solidarietà cristiana infatti non si coniugano affatto con intolleranza e chiusura al prossimo, qualunque siano le ragioni. L’altro grosso limite dell’impostazione leghista, che ne è apparentemente la forza, è il “decentramento”. Decentrare potrebbe anche significare solo spostare il baricentro delle questioni da uno spazio all’altro senza tuttavia cambiare la natura delle problematiche stesse. Per esempio che un “funzionario” sia di Stato, di un Comune, di una Provincia o di una Regione, il suo status e le sue modalità di azione rimangono esattamente le stesse. Perché non vale in linea di principio che la burocrazia è più piccola o leggera se più piccolo è il territorio alla quale essa è applicata. Anzi, per 21
certi versi peggiora le modalità coercitive perché si muove in uno spazio più controllabile e la sua capacità di limitare la libertà è maggiore di quanto non lo sia per il burocrate “centralizzato”, ben lontano dal tessuto territoriale di ciascuno. Su questo invece Berlusconi è vincente e supera tutti nel presente, come innovatore del “sistema”. Lui possiede ed esprime un concetto di anti-Stato, che costituisce la premessa vera e concreta per la “fine” di ciò che è il passato-presente e che spiana la strada al futuro. Per Berlusconi la burocrazia, la costituzione e tutti i meccanismi che da essa derivano (compresa l’impostazione della divisione dei poteri), sono temi “vecchi” che devono essere cambiati radicalmente. È un buon inizio, ma non basta. C’è un limite che neppure Berlusconi al momento è in grado di superare ed è quello di saper affrontare con coraggio il fallimento della democrazia come modello. Nonostante quel che si sente dire, le patetiche lamentele degli organi di informazione, le ancor più patetiche invettive dell’opposizione parlamentare e della cosiddetta “società civile” (sic!), Berlusconi non riesce (e forse non riuscirà) a svincolarsi dal concetto obbligato di voler far passare ogni sua iniziativa nel “colino” nella democrazia. Lui ha bisogno che tutto sia “democratico” ne ha bisogno per “cultura” e per un limite “generazionale” del resto per lui e per molti altri di una certa generazione tutto ciò che non è “democrazia” è per forza dittatura e violenza. Tutto ciò che non è “democrazia” è il male. Berlusconi ha dimostrato di poter “criticare” la democrazia, di poterla pungolare, strattonare, ma non di poterla definitivamente superare, perché lui stesso fonda le sue radici in questo 22
sistema ormai al tramonto. In ogni discorso che Berlusconi fa, e potete cercarne quanti ne volete in giro sul web, giusto per constatare, parla di “democrazia” non parla d’altro. Qualche esempio? “questa non è una democrazia moderna”, “questa non è una vera democrazia”, “vogliono sovvertire il governo democraticamente eletto” eccetera. Berlusconi avverte la necessità di un cambiamento, ne capta in parte la spinta, la cavalca, senza tuttavia riuscire a vedere al di là di un certo punto limite, perché non può. Esattamente come nessun nobile e nessun cavaliere ha potuto estrarre la spada dalla roccia per diventare Re, così Berlusconi non potrà farlo oggi. Non sarà lui che potrà compiere l’atto finale. Lui potrà, se vorrà, preparare il terreno al nuovo, al divenire, a colui che potrà vedere il futuro immaginandolo senza la paura del passato. È con questo pensiero e questa consapevolezza che ho provato a immaginare una lunga chiacchierata proprio con Silvio Berlusconi, per scoprire quali sono le sue intenzioni e se avesse già intuito il compito che lo attende.
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Come stanno ora le cose
È uno dei tanti lunedì pomeriggio di questi ultimi sedici anni. Presidente, come si sente? È una domanda che mi piace ma alla quale non rispondo molto volentieri, perché la mia natura mi farebbe dire sempre bene, ma la realtà mi costringe a dover rispondere “contro natura”. Non mi do pace da un pezzo. Non riesco a capire e non riesco più a giustificare, sempre che l’abbia davvero mai fatto, il pessimismo delle persone. È come se fossi sempre nell’arena a combattere senza tregua contro belve feroci che non finiscono mai. Ne uccidi una e ne compaiono altre tre in una volta. Mi sento stanco, ma non voglio darmi per vinto. Lo sa che lavoro venti ore al giorno? Nonostante tutto c’è qualcuno che continua a pensare che non sia sufficiente. Perché? 24
Lo chiede a me? Dovrebbe chiederlo a quelli che vorrebbero vedermi in galera! Ai vari Travaglio, ai Santoro, a certi ambienti del “sistema” per i quali rappresento solo un impiccio. Un impiccio da quasi 10 milioni di voti! Tutta questa pletora di benpensanti, tutti questi signori dell’aristocrazia culturale e dello status quo non mi sopportano dal giorno in cui sono sceso in campo. Io ho riportato i cittadini al centro del potere e delle decisioni in Italia e loro si sentono minacciati sul serio per la prima volta dopo più di 50 anni di compromessi e connivenze in cui tutti i poteri dello Stato si sono sostenuti tra loro, si sono coperti, ricattati, in cambio di un reciproco salvacondotto. Un tacito accordo che ha coinvolto tutti a tutti i livelli in barba ai cittadini. Del resto guardi, basta leggere la Costituzione Italiana, la tanto “sacra e intoccabile carta” su cui si regge il nostro Paese “la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei limiti della Costituzione”. Ecco lei mi dica che sovranità è un potere che si dice sia del popolo, dei cittadini ma solo secondo delle indicazioni e delle norme pre-stabilite. E guai al mondo se qualcuno osa metterle in discussione. Ma lei Fini lo ha sentito alla Direzione del PDL? Sembrava di sentire la buonanima di Fanfani ai tempi della DC. Fini che parla di salvaguardia delle istituzioni, di questione morale, di difesa dei principi costituzionali. In quel momento ho avuto se mai ne avessi avuto bisogno, l’ennesima dimostrazione di quanto la natura umana sia capace di tradire se stessa. Fini che parla della sacralità della Costituzione, proprio lui che stava in un partito che era fuori dall’arco cosiddetto costituzionale! Proprio lui che era fascista fino a quando non fui io, contro tutto e contro tutti a sdoganarlo dicendo che avrei votato, se fossi stato cittadino romano, per lui come sindaco della Capitale, lui al quale ho dato la mia fiducia fraterna, il mio appoggio e il mio sostegno 25
per diventare quello che oggi è. Questo tra tanti successi è uno dei fallimenti che più mi rimprovero e più mi addolorano. Ma io sono fatto così, mi piace dare fiducia alle persone, e qualche volta come nel caso di Fini, sbaglio e vengo deluso. Pazienza! Presidente, si accorge di quanta rabbia ha dentro, di quanto risentimento, di quanto sconforto? Ho come l’impressione di vederla stretto in una morsa che si serra sempre di più ogni volta che cerca di divincolarsi. Non pensa che ripetuti ammonimenti circa il recupero di una certa fermezza razionale potrebbero aiutarla4? Ha provato a pensare che se qualcosa non va nella direzione che vuole è perché non lo vuole veramente? Mi scusi, cosa intende? Anche io ho l’impressione che ci sia qualcosa che non va. Qualcosa che non funziona come dovrebbe, o che ha smesso di funzionare o forse non ha mai funzionato come avrebbe dovuto. In ogni caso questo “qualcosa” impedisce di guardare al futuro. Non parlo di casi specifici. Fini, Bossi, Casini piuttosto che Bersani ora, Veltroni ieri, l’altro ieri D’Alema, non c’è nessuna differenza tra di loro. Indipendentemente dalle persone, infatti, non è difficile accorgersi, per chi abitualmente vede oltre la riva, che oggi la politica in Italia non dice più niente di nuovo da un 4 “[…] la ragione stessa, alla quale i freni sono stati dati i consegna, è potente finché è tenuta lontana dalle passioni: se vi si mescola e se ne inquina, non è in grado di tenere in obbedienza quelle passioni che sarebbe stata in grado di tenere alla larga. Una volta che sia stata messa in agitazione la volontà e buttata fuori, diventa serva di ciò da cui è spinta”. Seneca, I classici del pensiero, Dell’Ira, in I Dialoghi e Lettere morali a Lucilio, Arnoldo Mondadori, Milano, 2008, p. 205.
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pezzo. L’ultima cosa nuova l’ha detta lei nel 1994 quando ha fondato Forza Italia. Da li in poi è stato solo un susseguirsi di personaggi che, in ogni trasmissione televisiva, non hanno fatto altro che giustificare manovre finanziarie, malversazioni, il loro stipendio, il loro tenore di vita, la loro vita sessuale. Urlare tutti contro tutti perché alzando la voce si potesse dissimulare la totale mancanza di sostanza dei rispettivi argomenti. Da quando è crollato il Muro di Berlino, per l’Europa in particolare sono cambiate tante cose. Le ideologie che fino a quel momento si erano dimostrate capaci di creare e mantenere l’equilibrio distintivo tra le forze politiche sono venute meno, gl’individui politici si sono svuotati della loro sostanza ideologica, spogliati della loro bandiera e sono rimasti nudi dinnanzi alla storia senza più niente da dire, ma con l’esigenza di riscoprire una personale dignità5. Con l’evidente conseguenza che sono stati attratti tutti come in un vuoto assoluto verso il centro, volenti o nolenti, e all’unisono e senza veri distinguo, oggi si rivolgono ai cittadini. La differenza non credo stia nel come distribuire i 100 milioni da un capitolo della Legge Finanziaria piuttosto che a un altro. Perché siete tutti finiti a giocare in difesa? Lei compreso, che era partito all’attacco promettendo un gioco memorabile, un gioco che cambiasse per sempre tutte le regole così come le avevamo fino ad allora conosciute. Cosa le è successo? Senta, quello che Lei dice può essere vero. Ma lei si rende minimamente conto di cosa mi sono trovato a dover affrontare 5 “In fondo vogliamo una sola cosa - «la vita beata», la vita che è semplicemente vita, semplicemente «felicità»” Bendetto XVI, Spe Salvi, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2007, p. 27.
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quando sono sceso in politica? Dice bene, e ha ragione, quando sostiene che io avrei voluto giocare una partita memorabile, ma se avessi potuto cambiare le regole! Invece mi trovo a giocare con uno schema nuovo ma con vecchie regole che non riesco a cambiare. Potrei citarle molti esempi. Quando riunisco il Consiglio dei Ministri per prendere delle decisioni, qualcuno è sempre pronto a dirmi che queste decisioni devono essere controfirmate da gente che non è mai stata eletta e che non ha nessun consenso popolare, ma che fa parte di strutture ufficiali: Corte dei Conti, magistrature varie, Enti, Comitati, strutture dello Stato o periferiche di cui faccio anche fatica a pronunciare il nome. Signori che non ci hanno mai messo la faccia, burocrati che non si sono mai esposti, direttori e capi ufficio per i quali la carriera è automatica, che hanno potere decisionale, infischiandosene del consenso del popolo, perché per loro è irrilevante. In conclusione, notai che certificano il metodo. Pensi a Bertolaso e a quello che abbiamo fatto in Abruzzo. Se non avessimo avuto il coraggio di dare pieni poteri alla Protezione Civile, in che modo avremmo potuto costruire seimila alloggi decenti per gli sfollati? Lo abbiamo fatto e invece di dirci bravi ci fanno passare per una banda di delinquenti. Santoro, Travaglio e tutti gli altri invidiosi loro simili hanno attaccato Bertolaso perché si è fatto fare un massaggio. Ma perché darsene pena, mi chiedo io. Ma anche avesse fatto qualunque altra cosa, rimarrebbero comunque affari suoi. Non capisco perché l’intimità di persona debba sempre inquinare la sua produttività e la sua efficienza. La schiera degli Angeli dell’Apocalisse è sempre pronta e reattiva per punire i peccatori 6 ! Questa è gente che sostiene il concetto che se tu sei “un servitore dello Stato” diventi una specie di creatura 28
modificata geneticamente e non sei più un essere umano. Devi essere un santo, capace di fare cose che loro pensano di non saper fare. E di certo, non sanno e non vogliono essere santi. Non ti piace più fare sesso, non ti piace più cenare con i tuoi amici, non puoi più telefonare, ridere, scherzare, fare battute, raccontare barzellette, ballare, cantare, ubriacarti, divertirti. Questi appartengono a quella cultura vecchia in cui molti che facevano politica erano prima di farla dei signori nessuno, che si trovavano grazie ai privilegi ad essere “qualcuno” a patto che non “abusassero”. Ma io ero già ricco, affermato, affabile, simpatico e divertente, ero così anche prima di entrare in politica e la politica non mi ha certo emancipato da una condizione di “normalità” e quindi perché dovrei rinunciare a essere me stesso, per far piacere a chi? A questi invidiosi? Non ci penso neppure. Nessuno di questi, che fanno tanto i moralisti, si è scandalizzato di fronte a quello che è successo sui mercati finanziari internazionali. Ma le pare che al mondo ci siano dei signori sconosciuti, dipendenti di aziende private, che danno la patente di affidabilità ai Paesi del mondo? Si alzano una mattina e decidono le sorti dell’economia di una nazione piuttosto che di un’altra. Questo sì che è uno scandalo. Non lo posso dire, perché s’immagina le facce scandalizzate dell’establisment? Ma di fatto la gente a queste cose ci pensa. È vero che i paesi ricchi in qualche caso hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, ma è anche vero che per riequilibrare le cose non è concepibile tagliare le pensioni e l’assistenza sanitaria. Piuttosto andiamo a vedere se la finanza così come 6 “E vidi un angelo che scendeva dal cielo con in mano la chiave dell’Abisso e una grande catena. Afferrò il drago, il serpente antico, che è il diavolo e Satana, e lo incatenò per mille anni…” Libro dell’Apocalisse, testo biblico de La Sacra Bibbia della CEI, Trento, 2009.
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è impostata funziona ancora in quest’epoca. Anzi, le dirò di più: anche l’Europa così com’è non mi convince fino in fondo. Mi spieghi meglio. Forse vale per la finanza e per l’Europa quello che vale anche per me. Non è detto che una cosa che funzionava 15 anni fa possa funzionare allo stesso modo anche oggi. Ma per fare qualunque passo in una direzione nuova occorre molta forza e così come è messo oggi il sistema politico del nostro Paese, non ce l’ho, così come non ho un sostituto. Osservi bene il Parlamento: ogni volta che tento di dare una scossa, di velocizzare i meccanismi a favore dell’esigenza di risposte da dare agli italiani, vengo chiamato dittatore! La gente non è consapevole delle procedure burocratiche che limitano la politica. I voti che ricevo per garantire un governo stabile e sicuro, sono inutili alla luce del fatto che mi è impossibile governare del tutto. È sufficiente l’opposizione di qualunque membro appartenente alla mia maggioranza, affinché io sia costretto a trasferire la mia attenzione alle questioni interne, da condominio, alle paturnie personali di tutti coloro che si convincono di non essere presi sufficientemente in considerazione; lasciando così il Paese trascurato e preda di se stesso. Nel frattempo, salgo e scendo dagli aerei, non ho più una famiglia e sono sull’orlo del divorzio. Più in là sul divorzio vorrei esprimerle un mio personale punto di vista. Presidente, lei appare alla continua ricerca di approvazione e di consenso. Non c’è nulla di male, intendiamoci. In un modello politico basato sul consenso popolare è giusto così. Ma forse dovremmo prendere in 30
considerazione il fatto che quel modello oggi non funzioni più. Ecco perché le cose non vanno per il verso giusto. Le abitudini sono dure a morire, nonostante ci sia il vecchio detto «diabolicum est perseverare». Ha mai pensato che la “democrazia” così come la conosciamo oggi, poteva avere un senso fino a quando, affiancate al sistema democratico, c’erano le ideologie che oggi non ci sono più? Le ideologie erano scatole dal contenuto ben delineato, i temi apparivano di ampio registro, c’erano delle contrapposizioni esistenziali e di sistema. Nell’ideologia, tutti si potevano riconoscere chiaramente su temi semplici e tutti potevano scegliere tra due impostazioni ben distinte. Nemmeno la natura dell’uomo era esente da questi temi. C’erano il leninismo e il comunismo da una parte, espressi con chiarezza, mentre il liberalismo e il capitalismo si esprimevano altrettanto chiaramente nella fazione opposta. Tutti s’identificavano con un nome che corrispondeva a dei contenuti riconoscibili e precisi, contrapposti tra loro, proprio come i colori dei loro simboli d’appartenenza. In quel caso la democrazia poteva rivendicare un suo proprio senso. Una funzione, sebbene rimanesse uno stadio limitato per un sistema di governo e di organizzazione sociale. Tutti esprimevano la loro sovranità con il voto perché – nel bene o nel male – potevano scegliere un’ideologia netta e definita. Non era necessario conoscere i fatti, entrare nel dettaglio, nel sistema, avere cognizione di causa – bastava sapere poche cose e condividere la visione ideologica di qualcuno. Non era un voto sui fatti, era un voto sui colori. Le plebi hanno “il natio bisogno di porre i polsi ai vincoli”, per dirla con D’Annunzio. In verità, se è necessario che qualcuno faccia le cose per loro, 31
si trovi questo qualcuno. Che senso hanno delle elezioni in cui si chiamano a raccolta cittadini che non conoscono l’argomento del contendere? È una presa in giro per loro stessi, che prendono in giro i politici elargendo voti senza sapere nulla della materia, e i politici prendono in giro i cittadini perché non sono in grado di governare a causa dei poteri forti (non eletti) che li privano della libertà d’azione. Non le sembra un grande equivoco? Questa è una causa per la quale avrebbe dovuto battersi. Lei aveva la forza per poterlo fare ma è venuto meno. Senta Siri, io posso dirle che sono sceso in politica, che ho abbandonato la mia azienda per il bene del Paese, che credo in quello che sto facendo e ci sto mettendo tutto me stesso, e credo di aver fatto meglio di quanto non abbiano fatto i miei predecessori nella storia recente. Ho dovuto lavorare in condizioni dure e difficili, mi sono trovato ad affrontare situazioni di crisi e cambiamenti notevoli. Voglio fare delle riforme e mi sto impegnando per farle, ma purtroppo non ho i numeri – la maggioranza – per poterle fare così come vorrei. Quindi necessariamente devo prendere accordi con altri. Questa è quella che negli anni Ottanta avrebbero chiamato Realpolitik. Quello che dice sulla “democrazia” può anche essere vero, ma non posso certo essere io a dire una cosa simile, si rende conto che mi troverei come Gesù nel tempio? Sarebbero tutti lì ad aspettare che dica qualcosa contro la Legge Mosaica per potermi finalmente crocifiggere! Forse ha ragione, Presidente, ma a sentir lei lo hanno già fatto e lo farebbero lo stesso. Varrebbe la pena tentare, non crede? 32
Tentare di fare cosa, Siri? Che mi sta dicendo? Vuole che vada in giro a dire che la “democrazia” è finita e che bisogna pensare a un nuovo modello e poi mi proponga ancora io? Per favore, non siamo ridicoli. Io ho 73 anni, ho già fatto molto e voglio ancora continuare a farlo, chi verrà dopo di me, sempre se ne avrà il coraggio, potrà cimentarsi in avventure a me di sicuro precluse. A riguardo ho maturato delle opinioni personali, su cui ho deciso di argomentare successivamente. Intanto ho un’altra domanda: in tutta onestà, che cosa pensa del PDL? Intanto il PDL io l’ho fondato perché credo che l’Italia si debba allineare il più possibile al sistema politico anglosassone, composto da due grandi forze politiche che si contendono il Governo del Paese. Purtroppo, anche il PDL mostra le sue debolezze, perché le persone alle quali ho dato fiducia spesso mi hanno deluso: in primo luogo Fini e a seguire molti altri. Tenga presente che io sono un po’ come Napoleone, devo fare la guerra con i soldati che ho. A volte vorrei mollare tutto, quando vedo ipocrisia e debolezza; persone che fino a un momento prima che tu concedessi loro un po’ di potere sarebbero state disposte a rinnegare se stesse, un minuto dopo potrebbero assassinarti per prendere il tuo posto. Non cambia nulla nella storia degli uomini e del potere. Chiamiamo evoluzione il nostro tempo, ma è solo la tecnologia che si evolve, la natura dell’uomo è sempre la stessa. Sono costantemente attaccato dai giornali che scrivono menzogne e distorcono la realtà; sono attaccato dalla magistratura, che cerca in ogni modo di delegittimarmi. Posso tranquillamente affermare di aver collezionato tradimenti e delusioni sul piano politico 33
e personale. Ormai, non faccio più molta distinzione tra amici e nemici. A chi si riferisce? Nel partito che ho fondato ci sono alcuni individui che non perdono occasione per ostentare mediocrità umana e politica; nonostante tutto, non ho mai voluto delegittimare nessuno. Del resto, nonostante mi accusino di essere un monarca e un dittatore, sono consapevole che sarebbe impossibile pretendere che io abbia un’energia tale da poter fare tutto da solo; di conseguenza, ho bisogno di delegare e responsabilizzare. Da tutto ciò deriva la mia perenne illusione che coloro ai quali do fiducia facciano del loro meglio nel mio interesse, con la totale consapevolezza che il mio interesse è anche il loro ed è anche l’interesse degli italiani. Invece, anche i miei non esitano a disilludermi. Ormai è come se vivessi in una situazione di uno contro tutti, con l’unica soddisfazione, per me la più importante, dell’affetto e la fiducia degli italiani, della maggioranza degli italiani. Per questo non li tradirò mai.
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L’incompreso
Presidente, quando la sento parlare spesso mi sembra di essere dinnanzi ad una persona potenzialmente vittima della sindrome dell’incompreso. Questo mi fa piacere, perché la condizione dell’incompreso appartiene solo ai bambini, e il fatto che in qualche modo persista in lei, è il segnale tangibile che avrebbe potuto essere il bambino giusto per cambiare le cose così come sono adesso. Purtroppo, proprio come nelle favole, un incantesimo, un patto antico, non le ha consentito di andare fino in fondo. Invece di voler vedere nemici a ogni angolo, perché non prova ad ascoltare le persone? Tutti hanno una loro ragione. Se mi mettessi ad ascoltare tutti, sarebbe impossibile governare il Paese, farei lo psicanalista, non il Presidente del Consiglio! Mi viene in mente quel film divertente7, in cui il protagonista si lamentava con Dio e insinuava che al 7 “Una settimana da Dio”.
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suo posto avrebbe fatto le cose in modo migliore. Dio allora gli appariva e gli consegnava per una settimana i propri poteri. Una scena mi colpì più di tutte, quella in cui l’uomo aveva la facoltà di sentire tutte le richieste delle persone, ma solo quelle del suo quartiere. Nella testa, gli si affollavano migliaia di voci, e tutte chiedevano qualcosa; sembrava una tortura. A volte ripenso a quel film, e mi sento prendere da un simile sconforto. Quindi, non si può ascoltare tutti. Non crede? Non penso che abbia torto nel dispiacersi di quello che la stampa scrive, di quello che afferma l’opposizione, di ciò che dicono certi ambienti della nomenclatura, i suoi nemici di sempre in pubblico, i suoi amici dell’ultima ora in privato. Le ho semplicemente suggerito che se lei s’impegnasse ad ascoltare tutti, probabilmente avrebbe meno tempo di lamentarsi dei suoi nemici. Per i giornali che scrivono contro il suo operato, per l’opposizione che non la tollera e per tutto quel mondo di nemici che lei ha proiettato intorno a se stesso. Ascoltare tutti non significa accontentare tutti. Ma se ognuno ha una ragione, lei deve farsene carico, altrimenti non manifesti lamentele se qualcuno non la approva. Sono sicuro che lei per educazione ascolta chiunque, ma in fondo agisce in base alle sue volontà. Una indiscutibile virtù assoluta, se non manifestasse la controindicazione di volerlo fare con il placet di quelli che non ha ascoltato. Perché non lo fa e basta senza dispiacersi per non essere capito? D’altronde, se crede davvero in quello che vuole non ha bisogno del consenso altrui. Invece, lei è alla spasmodica 36
ricerca del consenso degli altri perché forse non crede così fermamente in quello che fa. Un po’ come le è successo a casa, non le pare? Voleva stare in compagnia di belle ragazze con il consenso di sua moglie. Io personalmente non ci trovo nulla di male, lei in qualche modo sì. La coppia è il primo luogo in cui il Sé perde qualcosa per concederla all’altro, per essere come l’altro ci desidera. Per accontentare quell’altro, o altra, spesso dimentichiamo chi siamo e viviamo in una semi-menzogna. È più importante stare assieme, piuttosto che essere se stessi. Fino a quando si arriva al limite. Poi, grazie all’aiuto di amici, parenti e avvocati, si rivedono molte cose che abbiamo preferito dimenticare pur di stare assieme a qualcuno. Lei poteva parlare chiaro, affrontare il problema, invece di continuare a far finta di nulla. Questo atteggiamento non cambia la realtà delle cose. Perché se vale il principio “Volere è Potere”, potrebbe non valere il principio “non lo voglio vedere allora non c’è”. Sua moglie, sono sicuro, sarebbe stata capace di capire e avreste trovato una soluzione adeguata. Invece, lei ha preferito fare un po’ la vittima. Perché? Considerato che è convinto in profondità di non essere stato né un cattivo marito né un cattivo padre? O meglio non è più improvvisato di molti altri. Avrebbe potuto farcela e invece si è lasciato sfuggire tutto dalle mani. Così ha aggiunto un’ulteriore ferita nella quale crogiolarsi al bisogno. Probabilmente, se lei avesse giocato la partita fino in fondo, con onestà e convincimento sarebbe riuscito nel miracolo della “rinascita” e oggi non sarebbe così demoralizzato, avvilito, ancora una volta incompreso. 37
Senta, io voglio bene ai miei figli, molto bene, e ho cercato di essere un buon padre. Forse avrò sbagliato in molte cose, ma chi non sbaglia? Per quanto riguarda mia moglie, preferisco non parlarne. Di sicuro il mio sentimento era vero e autentico e spesso il suo mancato appoggio è pesato come un macigno, cosÏ come le sue critiche. Un comportamento infantile? Lo ha detto lei che sono un bambino.
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Menzogne e vanità
Lei ha mai riflettuto sul fatto che le piace dire un sacco di cose (nelle quali sicuramente crede) agli italiani e alla gente in generale con la spasmodica necessità di piacere? Non è necessariamente un male. Tuttavia, questo la mette sempre più nella condizione di perdere il controllo. Ogni volta che lei promette la stessa cosa a dieci persone diverse, sa che nove di queste diverranno sue nemiche, perché potrà accontentarne solo una? Lei è sceso in campo promettendo agli italiani che avrebbe cambiato le cose, ma è come se fosse rimasto vittima di quella promessa. Di fatto, non ha ancora realizzato ciò che era veramente importante. Gli italiani le hanno chiesto poche cose: l’alleggerimento della burocrazia, il ridimensionamento dell’invadenza dello stato in termini di tasse, orpelli e bizantinismi legislativi. È sembrato davvero che per lei l’individuo potesse avere finalmente l’opportunità di riguadagnare il centro dell’interesse dello Stato, ricacciando oltre le torri quell’ “io collettivo” che in nome delle ideologie, delle fedi 39
e delle dottrine, lo aveva sopraffatto dalla notte dei tempi. A un certo punto, però, anche lei pare abbia perduto la strada. “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura che la diritta via era smarrita”. Proprio come al bambino che abbandona se stesso i suoi sogni, la sua immaginazione, la sua fantasia per piegarsi al mondo degli adulti, lei in qualche modo ha ceduto al “Sistema”. Come un adolescente in crisi di identità non sa più cosa vuole veramente. E, come coloro che sono costretti a entrare nel mondo degli adulti, tradisce Se stesso, racconta bugie sapendo che lo sono, e si guarda allo specchio ma non è soddisfatto di come si vede. Una crisi che così come si presenta rischia di avere un unico epilogo. La disfatta. Senta, forse sarò anche infantile nelle questioni sentimentali ma non sono uno sprovveduto in politica. Buona parte delle cose che lei dice non riesco a capirle fino in fondo. Cos’è una specie di psicanalisi da bignami? Io voglio davvero cambiare le cose, tutto quello che ho fatto in questi anni è stato nella direzione del cambiamento vero. Probabilmente non sono riuscito in tutto ma le ho già spiegato come stanno le cose. A volte mi chiedo se i miei stessi “amici” la pensino davvero come me fino in fondo, ma questa è un’altra questione. E poi scusi, quando mi dice che io non avrei la forza per cambiare lo “status quo”, a causa di chissà quale ragione, può spiegarmi cosa ha in mente? Proprio non capisco.
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Il serpente
Vede Presidente, fin dai tempi della Creazione e del Paradiso Terrestre, abbiamo imparato a fare i conti con la figura del Serpente. Ognuno nella propria dimensione, nel proprio ambito di vita. Cosa rappresentava il serpente? Noi sappiamo che Adamo ed Eva, a un certo punto, mossi dal dubbio volevano cogliere il frutto dall’albero della conoscenza8. A indurli a farlo, fu il serpente. Da allora noi pensiamo di conoscere e crediamo di sapere, ma in realtà non sappiamo 8 “Il serpente era il più astuto di tutti gli animali selvatici che Dio aveva fatto e disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: ‘Non dovete mangiare di alcun albero del giardino?’». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: ‘Non dovete mangiarne e non lo dovete toccare, altrimenti morirete’». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradevole agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò”. Genesi, 3,3 1-7, testo biblico in La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Trento, 2009.
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veramente nulla su alcuno, sappiamo quasi tutto di noi. Abbiamo un’enorme paura di scoprire quante cose possiamo sapere e conoscere davvero e ci accontentiamo di quello che sappiamo nell’insieme. Un sapere collettivo fa meno paura perché è come dividere la paura stessa. Se la divido fra tanti Io, personalmente avrò meno paura. Allo stesso tempo non saprò mai fino in fondo la Verità. Il serpente siamo noi tutti insieme: avvolti attorno alla nostra civiltà, senza accorgercene la stritoliamo e comprimiamo ognuno su di essa con il continuo bisogno di capirla e assecondarla. Pensi che quando diciamo “capire” intendiamo “comprendere” ovvero comprimere dentro qualcosa. Ecco che il capire di ognuno in realtà è il comprimersi di ognuno dentro il Sistema. I due sventurati nostri predecessori nel Paradiso terrestre invece di continuare a capire dopo aver mangiato il frutto della conoscenza, si sono fatti cacciare, e la loro coscienza è tornata ad avere le sembianze del serpente, ma questa volta senza Dio, al quale non hanno più avuto il coraggio di rivolgersi, dopo aver disobbedito: sono rimasti senza speranza. Abbiamo sublimato l’aiuto divino attraverso le religioni e infatti lo ritroviamo in varie iconografie: una delle più conosciute, è quella dell’Arcangelo Michele che schiaccia il serpente e libera il mondo. Ma il serpente non è altri che l’assenza di volontà. Rappresenta tutto ciò che non è il nostro Io, e si sostituisce a esso facendoci compiere la sua volontà. La “tentazione” significa mettere nella condizione di togliere quello che si desidera veramente, per bramare ciò che gli altri desiderano. Il serpente assume nella nostra realtà attuale tutto quanto è la volontà altrui: tutto ciò che sorregge il sistema. Un sistema che ti mette di fronte un modello e ti fa credere che sia quello giusto; come in una 42
sorta di ipnosi. Quanto più quelli che ne fanno parte – formandone l’identità dalla punta della coda alla testa – rinunciano al Sé in favore del Tutti, tanto più forte esso risulterà. Parliamo del serpente quando vogliamo dire qualcosa che non ci è chiaro, quando vogliamo parlare di qualcosa che non ha una fisionomia ben definita. È la caratteristica del serpente annidarsi intorno a noi, mimetizzato e strisciante. Sa anche essere velenoso al momento giusto: quando qualcuno smette di “funzionare”, lo morde e lo fa “morire”. Il serpente rappresenta la “tentazione” alla conoscenza. L’uomo è rimasto li, a guardare la sua “tentazione” senza far nulla di più, senza andare oltre. L’unico che sia riuscito a sfuggire alla tentazione, avendo il coraggio di andare oltre, è Gesù. Egli è riuscito a superare la tentazione perché ha avuto il coraggio della Verità: non ha avuto paura di se stesso perché figlio di Dio, ha creduto in lui. Il serpente, offrendogli i falsi doni del Sistema Tutto – ricchezza, potere, dominio sugli uomini – non è riuscito a ingannarlo. Del resto, ciò che potremmo intendere dicendo “vendere l’anima al diavolo”, potrebbe significare rinunciare a conoscere se stessi per vivere bene all’interno di un gruppo. Il serpente governa e decide. Rimaniamo con la tentazione ma non abbiamo il coraggio di andare oltre e di scoprire chi siamo. Così il serpente ha il controllo di tutto. E qualunque cosa volessimo fare, dovremmo scendere a patti con lui. Ma chi rappresenta il serpente? È facile! Tutti coloro i quali credono di avere ragione. Tutti coloro i quali vogliono che rimanga tutto così com’è per sempre, nello status quo. 43
Tutti coloro i quali fanno parte integrante della società, così come è adesso. Tutti coloro i quali non vogliono cambiare. Il serpente stringe in una morsa invisibile la società e le persone, e fa fare loro quello che a lui conviene: rappresenta tutti quei ruoli ai quali noi abbiamo imparato ad aderire passivamente. È l’insieme dei ruoli che noi abbiamo imparato a impersonare. Liberarsene, divincolarsi è difficile, quasi impossibile. Lei ad esempio fa il Presidente del Consiglio. E quindi, prima di essere Silvio Berlusconi è il Presidente del Consiglio. Quando dorme, va in bagno, mangia, saluta le persone, perfino quando ama e odia, lei è il Presidente del Consiglio. I suoi amici, sono amici del Presidente del Consiglio. I suoi figli, sono i figli del Presidente del Consiglio. E dentro questo ruolo di Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi c’è sempre meno. Più questo succede, più il serpente si rafforza. Forse lei è quello che dovrebbe soffrirne meno, che ha meno il problema di non essere Silvio Berlusconi. Più di quanto non lo abbiano altri, voglio dire. Se lei potesse, per così dire, la testa al serpente la taglierebbe. Fatto salvo il non capire che la testa a un certo punto potrebbe essere la sua. Lascio a lei la valutazione. Proprio perché lei ha un ruolo, in qualche modo fa parte di un ruolo più grande: la Costituzione, la Corte dei Conti, il Parlamento, la Corte Costituzionale... Tutti questi organi dello stato sono dei ruoli. Non importa che poi ci siano delle persone a presiedere questi ruoli. Sono prima di tutto dei ruoli. Ad esempio se lei parlasse con un giudice della Corte Costituzionale, che deve valutare i suoi procedimenti, potrebbe portarlo a pranzo (come ha già fatto) e potreste 44
parlare senza condizioni, ma infine le direbbe che per quanto individualmente possa essere d’accordo con lei e il suo operato, rimane pur sempre un giudice che deve attenersi a quello che è l’indirizzo generale del sistema. In altre parole, deve obbedire al suo serpente, al suo ruolo. Questo lo fanno tutti. La gente dimentica di essere se stessa, a costo di essere un ruolo. E quando fa qualcosa, in realtà è il ruolo che lo fa: è il ruolo che parla, è il ruolo che decide. Nessuno è libero di decidere veramente per ciò che pensa. Allora è più facile scendere a patti con i ruoli che con le persone; perché per scendere a patti con le persone bisognerebbe saperle scoprire, sapere chi c’è al di là di quel ruolo. Saper emancipare l’interlocutore con cui lei parla dal ruolo, per recuperare la persona che c’è dietro. Una persona potrebbe capire un’altra come un ruolo potrebbe capire un altro ruolo. Ma un ruolo non potrebbe mai capire una persona. La società attuale è fatta di ruoli. Tant’è che cambiano le persone ma i ruoli rimangono gli stessi, affinché le cose cambino perché nulla cambi davvero. Questo sistema è fatto e pensato (grazie pensatori!) per evitare che qualcuno inventi cose nuove, nuove idee, e quindi per impedire che qualcuno (ad esempio, lei) possa combinare qualche guaio. Dunque più il sistema è ingessato, più il sistema è un serpente, e più sappiamo che il serpente non può mollare la presa perché è come se tenesse unito tutto l’insieme. Meglio un serpente che tiene tutto unito, rispetto al considerare tutto da capo. Sarebbe il Caos. Ma sarebbe anche un nuovo inizio9. Esiste un solo modo per tagliare la testa al serpente 9 “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu”. Genesi, 1,1-3, testo biblico in La Bibbia di Gerusalemme, cit., pp. 21-22.
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e porre fine al soggiogo, ma è uno soltanto: essere Se Stessi. Ogni volta che un individuo ritrova se stesso, è come se si divincolasse dal volere del serpente. E un nuovo mondo ha inizio. Guardi Siri, non serve andare a scomodare il Paradiso, Adamo ed Eva per sapere che la vita va in un certo modo. Io non posso fare tutto quello che mi viene in mente perché lei mi viene a dire che ci sono serpenti a cui tagliare la testa. Ma si rende conto di quello che dice? Non siamo mica nel paese dei balocchi! Siamo in Italia e qui le cose funzionano in un certo modo. Ci sono i poteri dello Stato che sono i “grandi vecchi” e rimarranno lì sempre e comunque. Sa cosa dicono in giro nei ministeri e negli apparati dello Stato i vari funzionari? “Di governi ne ho visti passare tanti, tutti vogliono fare a modo loro ma alla fine devono fare quello che vogliamo noi”. Ecco, vede? I governi possono anche cambiare, la gente vota, ma in realtà non cambia nulla. In questo paese bisogna scendere a compromessi con tutti, dall’usciere fino all’alto dirigente. Quando sono arrivato per la prima volta al governo, mi sembrava una cosa impossibile da sopportare. Pensavo che avendo ricevuto i voti e l’investitura dei cittadini, potessi fare a modo mio, così come avevo promesso. Avevo una mia idea di efficienza, di organizzazione, un modello diverso di Stato. Ma lo stato è come un organismo vivente: o ti adatti a lui, o ti respinge e ti annienta. Così anche io volente o nolente ho dovuto adattarmi. Non che questo mi faccia piacere e di sicuro sono tra quelli che si adegua meno allo status quo, ma di fatto non sono in grado di fare più di ciò che sto facendo. Tenga presente che appena ho provato a cambiare radicalmente qualcosa, lo “stato 46
organismo” ha cercato di distruggermi! Mi hanno accusato di essere un mafioso, hanno cercato di distruggere le mie aziende, mi hanno messo sotto processo, e tutt’ora non mi danno tregua. A volte mi chiedo perché mai dovrei sopportare tutto questo, poi la mia testardaggine e la mia voglia di libertà prendono il sopravvento e mi danno la forza di continuare a combattere per quello in cui credo. Uno Stato migliore al servizio dei cittadini, uno Stato che non sia nemico ma amico e su cui le persone possano davvero contare. Efficienza e attenzione verso i più deboli da parte di chi ha di più è sempre stato il mio obiettivo. Nonostante questo mi hanno dato del fascista, dicono che c’è il regime,che non c’è la libertà di stampa e tutte queste fandonie per screditare il mio lavoro. E sa chi lo dice? Tutti questi personaggi che hanno trovato un posto negli anfratti di questo stato così malato e esanime. Tutti questi che come dei batteri si sono annidati nei gangli degli apparati di potere, stampa, magistratura, enti vari ai quali fa una gran paura perdere i propri privilegi e si spacciano come difensori dello Stato e della Costituzione per rimanere dove sono. Vorrei ben vedere! Difendono tutto ciò che gli ha consentito fino a oggi di prosperare alla faccia del rinnovamento e dello sviluppo. Alla faccia dei cittadini. Altro che serpente e serpente! Questo è un serpente con tante di quelle teste che non saprei da che parte iniziare a tagliare!
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Il patto e il peccato originale
Presidente, è sempre un piacere sentirla parlare, così, con questa foga e questo entusiasmo. Allora perché si dà poi tanta pena? Se lei crede davvero in quello che vuole fare e nella forza dell’investitura popolare che ha ricevuto, faccia quello che deve fino in fondo. Il punto sa qual è? Credo che lei, come giustamente ha detto, non possa farlo davvero. E non perché come dice “gli apparati” reagiscono e cercano di distruggerla. O meglio, anche quello. Ma in ogni scontro e in ogni battaglia – mi verrebbe da dire – bisogna mettere in conto delle perdite. Perdite che credo che lei non sia disposto fino in fondo ad accettare. Lei paga il prezzo di “avere molto da perdere” in questo scontro frontale con lo “Stato”: lei nasce come imprenditore in questo “sistema”, un imprenditore geniale che tuttavia ha fondato la sua forza e le sue radici in questo “Stato”, in cui ha le sue aziende, i suoi interessi economici, ogni cosa che fa la deve fare pensando anche a quello, e se davvero vuole distruggere per ricostruire, le occorre mettere in conto che 48
anche ciò che è suo, ciò che ha costruito sulle vecchie basi di questo sistema, possa cambiare. Questo è il grosso limite, l’autentico ostacolo, oltre il quale solo lei sa davvero se voglia come si dice “gettare il cuore”. Ciò non significa che lei voglia deludere o ingannare gli italiani, ma che lei non sia nella condizione di poter compiere la missione fino in fondo, questa è un’ipotesi tutt’altro che fantasiosa. Del resto il terreno dello scontro è sempre lo stesso e finché sarà quello nulla potrà cambiare davvero. Ad esempio, mi domando: invece che andare in tv per difendersi dai processi, dalle accuse di mafia e di conflitto d’interessi, perché non ha cambiato di mano la spada! Perché ha seguito tutti su quel terreno? Non sarebbe stato più conveniente e opportuno, a un certo punto, dire chiaramente agli italiani come stanno le cose, piuttosto che cercare mille mediazioni? Perché non ha spiegato loro che avevano due strade di fronte: o tornare a credere nella politica, concedendole forza e legittimazione, o rinunciare definitivamente alla politica? L’avrebbero accusata di atteggiamento plebiscitario? Bene. Per fare il bene del popolo, voglio che sia il popolo a decidere. Altrimenti niente più politici, niente più voti, niente più elezioni, niente più spreco di soldi per mantenere la casta! Tutti a casa. Ma per fare questo ci vuole un gran coraggio che solitamente in questi casi quando se n’è privi, diventa “senso di responsabilità”. Ecco, appena diventa “senso di responsabilità”, è come il “senso delle istituzioni”. Un modo per far sì che nulla possa cambiare davvero. Uno come lei, che problema avrebbe nel dire in televisione, agli italiani, come stavano le cose e rimettere a loro una riflessione profonda e vera? Semplicemente: “a queste condizioni il mio e il vostro tempo è sprecato, se volete 49
davvero cambiare le cose, date un segnale”. Ma avrebbe dovuto essere un discorso autentico, un discorso di chi davvero dimostra di essere disposto a perdere tutto pur di arrivare a ciò in cui crede davvero. A quel punto, dinanzi alla sua autenticità e alla sua sincerità, lei sarebbe riuscito a traghettare il popolo al di là del Mar Rosso, e al momento giusto le acque si sarebbero chiuse per sempre travolgendo i Santoro, i Travaglio, i pubblici ministeri politicizzati, i poteri forti, tutti sarebbero stati spazzati via dalla sua Verità. Invece, alla stregua di Adamo ed Eva, lei ha voluto mangiare il frutto della conoscenza, ma non ci ha creduto fino in fondo, non l’ha voluto conoscere davvero e non ha avuto il coraggio di mostrarlo agli altri. Non ha voluto mostrare Se stesso per quello che è, e tutto così le crolla sempre addosso. Come i primi due abitatori della terra, si è creato una dimensione di espiazione che perennemente si ripropone, non consentendole di arrivare mai dove lei desidera. Proprio come il peccato originale, tale dimensione ci ricorda che non abbiamo speranza in questa vita e a lei spetta il “conflitto d’interessi”. Ma quale conflitto e conflitto! Ci si mette anche lei con questa storia? Io ho lasciato le mie aziende, non ho più incarichi, cosa avrei dovuto fare, vendere? A chi? È una colpa aver costruito delle aziende importanti che funzionano, che pagano le tasse e non hanno mai chiesto un soldo allo stato, che offrono posti di lavoro? Qui non sono io ad avere i conflitti d’interesse ma sono tutti quelli che con la scusa della difesa delle istituzioni in realtà vogliono solo salvaguardare le posizioni di rendita che lo Stato concede loro. Ma perché nessuno parla mai degli stipendi di certi dirigenti dello Stato, di certi magistrati, 50
di certi capi e capetti del sistema? Tutti parlano solo e soltanto dei politici! E poi è ora di finirla anche con questa storia! Non si può continuare a fare passare il concetto che lavorare per lo Stato deve essere per forza poco remunerativo. Anche lo Stato deve avere la sua dignità, del resto è la struttura più importante del Paese, ci vuole un certo rispetto, ecco questo sì! Perciò credo sia giusto mantenere una certa dignità. Non parlo di ruoli specifici ma parlo di responsabilità! Non possiamo pensare che un qualunque politico o uomo dello Stato che si assume responsabilità enormi sia mal pagato perché dobbiamo fare quadrare i conti e fare un favore ai cittadini, questa è demagogia! Del resto, quanto dovrebbe pagare un’azienda privata a una persona con le responsabilità di Bertolaso? Lei crede che lo farebbe con quello che lo paga lo Stato? Ma neppure per sogno! Ci sono dirigenti di aziende private che prendono dieci volte quello che prendono di stipendio Ministri e Parlamentari. Dunque fare il Direttore Generale di un’azienda nel settore delle comunicazioni è più importante e richiede maggiori responsabilità che fare il Ministro? Questa storia non può più reggere! So che smentisco me stesso, ma cambiare idea su certe cose credo sia un buon segno. Anche quello che lei dice a proposito del “senso di responsabilità”, ma cosa vorrebbe che facessi? Che non mi preoccupassi delle sorti che potrebbe avere il Paese se lo destabilizzassi troppo con i miei progetti di riforma, con le mie idee innovative? Cosa vado a dire all’Europa? Le ricordo che noi siamo uno dei Paesi fondatori dell’Unione, siamo nell’Euro e abbiamo sottoscritto degli accordi, non mi posso svegliare una mattina e in nome della verità, come dice lei, mandare tutto all’aria! Cosa vado a dire, quello che penso davvero? Vale a dire che l’Euro è stata una scelta sbagliata, che 51
togliere allo Stato la politica monetaria equivale a non avere più nessuna leva sociale? Io ho sempre preferito un’Europa dei popoli piuttosto che un’Europa dei “soldi”. Mi piace l’idea della libera circolazione di merci e cittadini, ma cosa c’entrano la moneta unica, le decisioni uniche, le normative uniche? Ogni paese avrebbe dovuto mantenere la sua indipendenza e questo non gli avrebbe impedito di concertare con gli altri di volta in volta iniziative comuni. E poi mi scusi, parliamo tanto di burocrazia in Italia, non è forse tutta burocrazia quella europea? Tutti quelli che fanno i grandi sostenitori dell’Unione Europea sono gli stessi ai quali va bene la burocrazia perché in mezzo agli anfratti e ai meandri delle carte bollate, delle migliaia di leggi, norme, regolamenti e direttive, trovano la loro collocazione naturale. Più carta c’è, meno tempo c’è per leggerla, meno tempo c’è per capirla. Risultato? A capire sono in pochi, gli stessi che scrivono e agli altri non rimane che adeguarsi. Me compreso, purtroppo, in molti casi. Nonostante tutto, nessuno può dire che non cerchi sempre e comunque di ricavare un mio spazio, uno spazio mio e per il nostro Paese. È finito il tempo in cui all’Italia andava tutto bene. In questo momento siamo un Paese ascoltato e rispettato e questo grazie al mio impegno costante e al mio lavoro di relazione con i singoli colleghi Capi di Stato e di Governo. Altro che serpenti, coraggio e conflitti d’interesse: dovrebbero farmi un monumento!
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Conflitto di cuore
Sì, Presidente, un monumento non si nega a nessuno, però non abbia fretta, quelli di solito li fanno dopo la morte, e a quanto pare lei è ancora vivo e vegeto. Però procediamo con ordine. Intanto, quello che l’opposizione chiama strumentalmente conflitto d’interessi non è realmente un confitto d’interessi. Non tra lei e gli italiani, quantomeno. Provi a pensarci bene. È semplicemente il limite della sua “rivoluzione”. La ragione è essenzialmente la difesa delle sue aziende. Se lei non avesse avuto la necessità di difendere tutto ciò che aveva costruito su questo “sistema”, avrebbe potuto fare la “rivoluzione” di cui il Paese aveva bisogno. Senta Siri, cosa dovrei fare secondo lei? Me lo dica forza? Cosa cavolo dovrei fare, le ho già detto che nessuno le compra e le ho già detto che non me ne occupo più da un bel po’ e non accetto in nessun modo che questa possa continuare a essere la scusa per attaccarmi o delegittimarmi! 53
Presidente non s’inquieti, io se fossi al suo posto farei probabilmente la stessa cosa. Non c’è nulla di male a difendere ciò che lei ha costruito. Tutti lo farebbero e quelli che non lo ammettono sono degli ipocriti. Ma il senso non è questo. Forse non sono stato chiaro nel rappresentarle bene quel che vorrei prendesse in considerazione come ipotesi. Ovvero, la difesa delle sue aziende che si fondano su questo “sistema” è un po’ il suo tallone d’Achille. In fondo, penso che lei, Presidente, un po’ apprezzi questa situazione. Tutti la attaccano e lei continua a difendersi: spesso ne esce più che rafforzato. Proprio come l’eroe greco, lei va in battaglia e vince sempre. In fondo, da una rivoluzione ci si aspettava un cambiamento profondo e radicale. Il rapporto tra la società e l’individuo sono rimasti immutati. Il punto è che dobbiamo guardare oltre, non badare ai presunti privilegi dei politici. Il tema da ricercare è un altro, se abbiamo il coraggio di togliere di mezzo questa ipocrisia: l’importante è che i politici non tradiscano la loro missione, ovvero il bene della Polis, non che abbiano un’auto blu. Ma le ricordo che questo è stato anche uno dei suoi cavalli di battaglia. Via i privilegi ai politici, via i politici, viva i liberi professionisti. Questi slogan alla lunga si sono scontrati con la realtà della quale anche lei è rimasto vittima. Sarebbe bastato dire che i politici non sono una soluzione per tutto. La politica è solo un ragionamento, che poi deve trovare un’applicazione condivisa. Ma può anche non esserlo. 54
Tuttavia, in certi casi, la politica aiuta nell’immediato a evitare la catastrofe, come un bel viaggio in un posto esotico evita la rottura di un matrimonio, salvo poi presentare il conto dell’inevitabile, tutto insieme... Un conto troppo salato caro Siri!
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Il dittatore
Presidente non sono per niente stupito che lei se la prenda così tanto quando le danno del “dittatore”; del resto lei ha tante qualità quanti talenti, ma quello del dittatore non ce l’ha proprio. Forse è per questo che se la prende, in fondo vorrebbe esserlo, ma non lo è. Mi spiego meglio. Non basta che qualcuno dica “quello” è un dittatore perché “quello” lo sia davvero. Come non basta che uno immagini di esserlo perché lo sia. È proprio un bel problema, per questo condivido il suo disappunto e il suo stato d’angoscia. Credo che lei in qualche modo vorrebbe avere le caratteristiche del “dittatore” così potrebbe rispondere a questi signori che glielo dicono di continuo “si lo sono, e allora?”, invece non riesce a farlo perché non lo è. Certo che non lo sono, stiamo scherzando! Forse sarà anche vero che ho ben chiaro quello che voglio, ma cerco sempre il più ampio consenso possibile e poi come lei ben sa la Costituzione non mi mette certo nelle condizioni di poter 56
fare quello che vorrei. Sono convinto che la Costituzione vada cambiata, il capo del Governo deve avere più potere, chi prende i voti del popolo deve poter governare senza troppi lacci e laccioli. Beh, sì Presidente, è un’ipotesi interessante, ma credo che lei sia molto concentrato sul come fare piuttosto che sul cosa fare. Ovvero come mettere d’accordo i “politici” suoi colleghi su questa sua idea, come trovare le maggioranze necessarie per questa riforma. In fondo, il rischio rimane quello che “tutto cambi, perché nulla cambi”. Di sicuro ci si può impegnare molto e per certi versi riuscire su determinati punti a ottenere qualcosa, ma sarà sempre la sintesi di un compromesso. Per come è oggi il sistema italiano, non le riuscirà di cambiarlo fino in fondo. Il limite non è dato tanto dalla Costituzione, che in fondo è un foglio di carta scritto sessant’anni fa. Il punto è che ciascun protagonista della scena politica italiana appartiene in larga parte a un passato culturale fondato su questo sistema, e ogni volta che proverà a dire che occorre cambiarlo, lo farà a bassa voce quasi con un velo di vergogna sul viso. La nostra Costituzione non prevede davvero che siano i cittadini ad avere il “potere” attraverso i loro rappresentati, prevede che il “potere” ce l’abbia il “sistema” attraverso i ruoli che attribuisce di volta in volta alle persone di turno. Persone e ruoli che per la maggior parte non sono eletti direttamente dai cittadini. L’ha detto lei, l’articolo 1 della Costituzione dice chiaramente “l’Italia è una Repubblica democratica, la sovranità appartiene al popolo che la esercita nei modi e nei limiti della Costituzione”. Dunque, credo che lo spazio 57
per un cambiamento vero sia realmente difficile da trovare al momento. Ma se vogliamo approfondire ancora, mi verrebbe da pensare che nonostante tutto non sia neppure la Costituzione in sé il limite al cambiamento, ma tutto ciò che la storia che l’ha prodotta e sostenuta fino a oggi rappresenta nella mente e nel cuore della maggior parte dei politici e dei cosiddetti uomini delle istituzioni. Lascerei da parte, per il momento, gli italiani in senso generale perché non mi sento di tirarli in ballo con simili vicende, delle quali peraltro da molto tempo sono solo spettatori. Vede Presidente, in verità tutta questa pantomima attorno alla riforma della Costituzione potrebbe apparire un po’ ridicola agli occhi di chi ad esempio non vive nel proprio passato, ma nel presente e dal presente guarda il futuro. Questa persona ipotetica non vedrebbe il cambiamento come un tradimento delle proprie radici ma come un’opportunità. Purtroppo qui anche lei come gli altri, anche se glielo riconosco, con una maggiore disponibilità interiore, continua a ragionare con il pensiero nel passato. Se lei volesse davvero cambiare la Costituzione lo farebbe; e invece, proprio perché non è un “dittatore”, si astiene dal farlo. Lei cerca il consenso, cerca di mettere d’accordo quante più persone e partiti possibili, ha bisogno di loro perché il suo modello è il modello di “democrazia”. Altro principio sul quale si basa la Costituzione italiana. A leggerla bene, infatti, la Costituzione è stata redatta apposta per non essere mai cambiata, è stata fatta perché fosse per sempre. Perché quel presente fosse il presente anche nel futuro. Tutto qui. Qualunque sforzo “democratico” di voler cambiare la Costituzione sarà inutile perché non porterà a nessun risultato. Lei appartiene a quella generazione per la quale è 58
imprescindibile il metodo “democratico”, del consenso, quello che lei cerca senza sosta e che quando le è negato (o risulta insufficiente rispetto alle sue aspettative), le provoca notevoli sofferenze. La Costituzione, al pari di tutto il nostro sistema istituzionale contemporaneo, è il frutto di un concetto che è radicato nel passato e che sfrutta la nostra memoria recente per evitare qualsiasi modifica o cambiamento radicale nel divenire degli eventi. Solo chi non ha radici nel passato o chi è disposto a lasciarselo alle spalle potrebbe essere in grado di cambiare le regole del gioco. Tutto il nostro architrave costituzionale è il frutto di un compromesso ideologico anacronistico rispetto al tempo e all’epoca in cui viviamo. Esso si proponeva di garantire “per sempre” la “democrazia”, in antitesi con l’esperienza totalitaria che il paese ha vissuto fino al dopoguerra. E siccome è vero il principio che “la lama cura la ferita che ha inferto”, solo una presa di posizione coraggiosamente monocratica potrebbe riuscire in ciò che anche a lei, oggi, risulta impossibile. Si potrebbe ipotizzare che in un nuovo modello, magari futuro, non ci sia più neppure bisogno di una carta che noi chiamiamo «Costituzione» e che tutto possa funzionare su nuove basi, magari dove il “cosa fare” sarà più importante del “come farlo”. Per il nostro vecchio sistema “democratico” non c’è spazio per un “dittatore” e per ciò che ci si attende per il futuro, se saremo capaci di immaginarlo, è probabile non ci sia più posto per la democrazia. Senta Siri a me sembra che lei stia un po’ esagerando. Io sono un liberale, un democratico, e lo sarò sempre e ho fatto della difesa della democrazia e della libertà la mia ragione di 59
vita. Sono contrario a qualsiasi tipo di totalitarismo e come ben sa lotterò fino alla morte contro la cultura del collettivismo che mette in primo piano l’interesse generale rispetto a quello dell’individuo. Il comunismo ha fallito in Europa, assumendo in Italia i tratti del peggiore conservatorismo. Eravamo ai tempi della «cortina di ferro» l’unico grande Paese occidentale ad avere un partito comunista così forte e importante, di sicuro non potevamo aspettarci che dopo il crollo del Muro il suo gruppo dirigente e parte della sua base elettorale, da un momento all’altro, diventassero democratici. Quindi, se mi permette, io difendo la democrazia, quella vera, sono un democratico mentre sono i miei nemici a ispirarsi al peggior totalitarismo dell’epoca contemporanea, ovvero il comunismo che ha fallito ed è stato cancellato dalla storia. L’unico rammarico è che in Italia non siamo stati ancora capaci a fare davvero i conti con la storia e nonostante tutto abbiamo ancora chi si onora ed è orgoglioso di chiamarsi «comunista», molti di questi sono gli stessi che hanno il coraggio di chiamare me «dittatore». Beh, Presidente, come le ho già detto di questo non mi preoccuperei più di tanto; il punto, credo siamo d’accordo, non è questo e non è all’ordine del giorno. Non vorrei però tralasciare il paragone che lei fa tra il comunismo e la democrazia. I comunisti, i suoi nemici smentiti dalla storia, e la democrazia di cui lei si erge a difensore a tutti i costi. È interessante questo punto, perché secondo la mia ipotesi entrambi i modelli sono falliti. 60
Il modello comunista totalitario e il modello democratico capitalista sono due sistemi che appartengono comunque al passato. Abbiamo assistito al fallimento e al tramonto del primo, stiamo assistendo al fallimento e al tramonto dell’altro. I due modelli hanno funzionato in Europa come contrappesi nel mantenimento di un equilibrio e inevitabilmente venendo meno uno dei due l’altro sistema è destinato a crollare. Qualcuno potrebbe obiettare che la democrazia non è un’esclusiva europea. In questo caso, si potrebbe ipotizzare che nonostante questo dato di fatto nel presente, in passato l’Europa è stata il punto di partenza dei modelli che si sono poi sviluppati a livello globale; è probabile che questo effetto domino potrà verificarsi in futuro. Di fatto, nel «vecchio continente», è in atto una profonda metamorfosi di cui viviamo in questo momento la parte più acuta ma anche quella che ci porterà necessariamente a un nuovo modello, un nuovo sistema, un nuovo concetto organizzativo che sta nel futuro e che non affonderà più le sue radici nel passato e non porterà con sé la pretesa del “per sempre”, tanto caro agli uomini, e nel quale essi hanno fondato tutte le giustificazioni della loro esistenza. Guardi Siri, a me sembra che lei lavori troppo di fantasia e d’immaginazione. Qui siamo nel mondo reale e la realtà è che nessuno da solo può cambiare le regole del gioco. Posso anche essere d’accordo con lei su alcune cose, ma io ho settantatre anni e per quanto ne dica lei mi sembra normale che il mio passato sia forse più importante del mio futuro. Non credo che, nonostante questo, mi sarà impossibile realizzare ciò in cui credo; e poi, a dire il vero, io non capisco. Lei ipotizza che 61
le cose cambieranno, che la democrazia abbia fallito, che ci sarà un nuovo modello ma non mi dice quale, sia piÚ esplicito! Inoltre, non per volere apparire sempre quello che deve essere indispensabile a tutti i costi, ma non riesco proprio a vedere chi altri potrebbe prendere in mano un’eredità importante come quella che sono riuscito a creare dopo il crollo della prima Repubblica. Se ha delle idee, allora le esprima: sarei proprio curioso di sapere di che cosa stiamo parlando.
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L’ultima spiaggia
Nel sentirla parlare, Presidente, mi vengono in mente i pontifices e i farisei, quando nel Tempio dinanzi a Gesù – impegnato a predicare – insistettero più di una volta nel chiedere “un segno”, la dimostrazione tangibile che egli fosse davvero il Messia, perché fino a quel momento ogni cosa che aveva detto appariva “fuori dalla realtà”, incomprensibile e al di là dell’immaginabile. Rappresentava in quell’epoca e in quel momento tutto ciò che era alternativo allo status quo, un elemento destabilizzante, talmente innovativo da non poter essere compreso da chi, fino a quel momento, aveva vissuto in una tradizione per la quale il cielo e la terra erano separati e non avrebbero potuto mai entrare in contatto tra loro. Qualcuno che affermava di essere il tramite tra le due realtà non poteva che essere un folle o un impostore, e se voleva davvero essere creduto avrebbe dovuto dare un segno concreto di verità. Ma come poteva egli far capire ai suoi interlocutori il proprio messaggio? Quelli fondavano tutta la loro cultura nella tradizione, il loro passato era il loro 63
presente. Gesù parlava al contrario un linguaggio nuovo, incomprensibile. Egli era il futuro, il Divenire, ciò che non esiste se non si ha il coraggio di vedere, e se non si abbandona una mentalità ancorata al passato, alle cui incalzanti provocazioni lo stesso Figlio dell’uomo ha risposto in modo inequivocabile10. Dunque, non mi stupisce per niente che anche lei ponga delle domande rispetto a ciò che le appare assolutamente fuori dalla realtà. Ma la realtà è la sua realtà ed è una realtà fatta di convenzioni e tradizioni delle quali, nonostante la voglia di cambiamento, non può fare del tutto a meno. Ha ragione, probabilmente, quando afferma di essere l’unico al momento ad avere determinate caratteristiche. Non vorrei tuttavia che questo sentimento che prova fosse un modo per convincersi di essere “l’ultima spiaggia”. La mia ipotesi è che lei di certo rappresenta ciò di cui ha bisogno quest’epoca per compiere la “metamorfosi”. Colui il quale prepara le condizioni per un cambiamento guidato dall’intenzione e da una convinzione che, al là di ciò che più conosciamo, esistono altre possibilità; ma proprio come Cristoforo Colombo, anche lei a un certo punto si troverà di fronte non le Indie che ha in testa, bensì l’America, un nuovo mondo, tutto ciò che esiste già ma non come lo pensa lei, ma che di sicuro c’è. 10 “Gli dissero: «Sì, ma così è tutto astratto. Tu cosa fai in concreto, che segni ci dai perché capiamo? I nostri padri hanno avuto dei miracoli sui quali fondarsi: Mosè, per esempio, diede loro la manna quando erano nel deserto». Rispose loro Gesù: «È così, è così, l’io ve lo dice: non avete capito affatto quel brano in cui si parla della manna: non è che Mosè diede allora agli ebrei un cibo venuto dal cielo! Il senso era che il Padre dell’Io vi dà sempre il vero cibo celeste; e questo cibo è l’Io che discende dal cielo e dà vita a questo mondo». Igor Sibaldi, Il Vangelo di Giovanni in Il codice segreto del Vangelo, 6,30-33, cit., pp. 231-232.
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Quindi, secondo lei Siri, in pratica sto perdendo il mio tempo? Tutto il lavoro e l’impegno che ci sto mettendo per cercare di cambiare il Paese, per rendere più efficiente il sistema pubblico, per stabilire un principio di libertà attraverso la riforma della magistratura, per portare l’Italia fuori dalla crisi economica, non serve a nulla? Ma no Presidente, non ho detto questo e neppure l’ho pensato, ho solo osservato che lei è impegnato in una partita nella quale le regole del gioco sono state fissate perché lei non possa vincerla. Può parare bene i goal più insidiosi, ma fino a quando? È come se lei giocasse contro diversi avversari, quelli sul campo e l’arbitro… anzi, forse direi di più, l’intera organizzazione dell’incontro! Lei vorrebbe giocare la partita del buon senso perché, attraverso quello, lei è sicuro di vincere, e invece le tocca giocare la partita in cui le “regole” del gioco sono fatte per mantenere sempre lo stesso identico risultato, chiunque siano i contendenti in campo. Le regole sono la garanzia della conservazione, sono la certezza di sopravvivenza per tutti coloro che hanno necessità di un presente immobile. Per queste categorie di persone più ci sono regole, più sono dettagliate, maggiore è la garanzia che ricevono. La regola è il metodo per cristallizzare il tempo e non rischiare che le cose cambino ed evolvano. Ma l’evoluzione e il cambiamento sarebbero traumatici per coloro che hanno fondato le proprie radici nel passato-presente, privi d’immaginazione e di risorse: sarebbero spazzati via come la polvere sul cristallo.
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La regola
Ogni regola è stabilita a garanzia dello “status quo”; proprio per questo l’antitesi della regola sono il buonsenso, l’innovazione, la fantasia, l’inventiva. Tutte queste doti, o talenti dell’uomo, debbono sottostare al compromesso convenzionale della “realtà”. Pertanto, si potrebbe dire che la realtà è l’insieme delle regole che gli uomini hanno stabilito e preso come riferimento. Ogni iniziativa che prescinde questa “convenzione”, è fuori dalle regole, fuori dalla realtà. La “democrazia” ha bisogno di regole per poter esistere. Senza le regole, che hanno il compito di fare sottostare tutti alla “realtà”, la “democrazia” non potrebbe realizzarsi in natura. Attraverso le regole si realizza quel modello secondo il quale tutto trova un equilibrio, tutto trova un medesimo piano. Chi sta in basso arriva al piano terra spinto verso l’alto, e chi sta in alto arriva al piano terra spinto verso il basso. In realtà, l’alto e il basso non hanno una valenza di superiorità e inferiorità, ma solo una sorta di attrazione gravitazionale in cui sono tutti spinti verso il centro. 66
Si potrebbe affermare che le regole stanno alla collettività come il buonsenso sta all’individuo. L’organizzazione collettiva ha bisogno delle regole per cristallizzare il più possibile la realtà e impedire che l’individuo, attraverso il buonsenso e l’immaginazione, si evolva. La conservazione ha necessità assoluta di regole a cui ricondursi, mentre l’evoluzione e il divenire, per esistere, hanno bisogno solo dell’immaginazione dell’uomo. Le regole mettono al riparo l’uomo dalla propria consapevolezza come la “democrazia” lo mette al riparo dalla propria responsabilità. Se stabiliamo che in natura l’uomo è colui che tende a sopraffare il proprio simile, ancora oggi ciò significa che la civiltà di cui parliamo non esiste, o meglio esiste solo nella nostra realtà, ovvero l’insieme di regole convenzionali alle quali abbiamo deciso o ci siamo ritrovati nei corsi e ricorsi storici a sottostare. Se non ci fossero le regole non ci sarebbe l’uomo civile? Sarebbe una tragica scoperta ma è anche la modalità di pensiero con la quale la regola ha ipotecato l’umana evoluzione. La paura del proprio simile ha sostenuto fino a oggi le regole. Di fatto, se stabiliamo che l’uomo non è più, per dirla con Hobbes, “homo homini lupus”, ma è giunto (soprattutto in particolari aree del pianeta) ad un certo grado di civiltà, potremmo affermare che egli voglia riconquistare il buonsenso e l’immaginazione guardando al futuro, lasciandosi alle spalle le regole e il passato. Così come potremmo affermare che la “democrazia”, che si fonda sulle regole, potrebbe essere superata da un modello di consapevolezza individuale secondo la quale l’uomo non delega più alla collettività la propria vita in cambio di un ruolo, ma riconquista la propria capacità di vivere e realizzarsi come individuo. Questa 67
possibilità può realizzarsi solo attraverso un nuovo modello organizzativo dello stato (un popolo stanziato su un territorio) che non abbia bisogno di una montagna di regole per convivere ma realizzi in ognuno la responsabilità della propria condizione. Fino a oggi, con la democrazia, abbiamo preferito rinunciare al nostro io individuale a favore di un noi collettivo al quale sottostare, per non assumerci la responsabilità di decidere. Di essere. Siamo cresciuti con la paura dell’uomo, con la consapevolezza che noi come civiltà occidentale, senza un arbitro a impartirci le regole del gioco, avremmo finito per sopraffarci reciprocamente. Questo modello è finito, l’uomo ha raggiunto un certo grado di consapevolezza e ha bisogno di creare il suo futuro riscoprendo l’immaginazione, non continuando a concentrarsi su quale parte di esso modificare per stare meglio ma cambiando di fatto la “realtà”. Potrebbe non esserci più bisogno di uno stato al di sopra dell’individuo, ma di un “individuo-stato”. Ognuno potrà così avere nella propria coscienza la responsabilità dell’insieme e non il contrario. Per realizzare questo modello, si potrebbe immaginare un’organizzazione dello stato diversa da quella che conosciamo. Le persone sono pronte e mature a questo salto verso il futuro, è il “sistema” che al contrario cercherà in ogni modo di fermare questa evoluzione. Tutti coloro che hanno interesse nell’adesso e ora per sempre nello status quo, come i Giudei del Tempio, faranno di tutto per contrastare questa direzione delle cose, proprio come fecero con Gesù. Colui il quale aveva messo in dubbio le regole, che aveva osato mostrare una realtà differente. Colui che disse: “distruggete questo Tempio e l’Io ridesterà tutto ciò in tre giorni”. Per tutta risposta i 68
Giudei, che non vedevano altro che ciò che conoscevano e le loro regole replicarono: “Quarantasei anni ci sono voluti per costruire questo Tempio, e tu lo rialzeresti in soli tre giorni?”. Come potevano capire che egli parlava del Tempio che ogni uomo ha in Sé, nella propria vita?”11. Guardi Siri il suo è un bel discorso ma, ripeto, tutta teoria! E poi, lo ripeto, Gesù l’hanno crocefisso e non è proprio la fine che vorrei fare! Presidente, io ripeto a lei che un po’ mi viene da sorridere, a voler guardare bene tutte le sue intenzioni e dichiarazioni, si ha quasi l’idea del contrario, sembra che tutti la vogliano mettere in croce. Per carità, ognuno ha le sue croci a seconda del tempo che vive, ma non sottolineerei questa analogia. Da qui a sostenere che lei possa finire crocefisso ce ne passa, di sicuro lei è un innovatore, uno che ci prova, ma se dovessi associarla a un personaggio evangelico potrei quasi dire che potrebbe essere più Pilato che Gesù. Pilato aveva capito il messaggio di Gesù, aveva capito molto più di tutti quell’uomo che diceva “non voglio che crediate in me, ma in voi stessi”, provò in ogni modo a salvargli la vita, cercò con tutte le sue forze di salvare ciò che era il divenire, il futuro, colui che aveva osato sfidare la Legge Mosaica, ma alla fine cedette perché anche lui era parte di quel sistema, era anche lui un ruolo, e da ruolo alla fine si comportò. Mi scusi tanto Siri, ma non accetto nel modo più assoluto che mi si possa paragonare a Pilato, io non sono in nessun 11 Vangelo di Giovanni 2, 18-22 in Igor Sibaldi Il Codice Segreto del Vangelo, cit. p. 189.
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ruolo, io sto facendo il massimo nonostante il ruolo! Questo sì! Ma non mi venga a dire che sono il Pilato della situazione perché è fuori dalle mie corde e dal mio modo di essere! Presidente scusi, ma non si deve arrabbiare, non se la deve prendere, forse non mi sono espresso bene o lei ha capito male. Pilato è l’unico uomo nei Vangeli a cui Gesù parli da pari, è l’unico che capisca davvero il messaggio che Gesù vuole comunicare al mondo, ma proprio come ho già sostenuto prima, appartenendo a quel “sistema”, non può smentirlo fino in fondo. Non è una colpa, è un dato di fatto. Se “appartieni” ad un “sistema”, non lo puoi smentire del tutto perché smentiresti te stesso. Gesù, quando parla dell’adultera, dice chiaramente “voi venite qui con le vostre regole, con le vostre leggi, chiedete a me di condividerle ma io non le condivido perché non appartengo al vostro mondo, non sono un ruolo, sono un io, un individuo dotato di buonsenso, libero”. Tant’è che quando il gruppo di aspiranti lapidatori arriva dinanzi a lui con la richiesta di parere e di condanna, egli scrive sulla sabbia. Un gesto simbolico che sta a indicare proprio la miopia del sistema delle regole. Per risolvere una questione, c’è bisogno di scrivere di cosa si tratta per sapere cos’è davvero! E così, è bastata l’esortazione a guardare ciascuno in se stesso, a riflettere, per scuoterli dall’ebbrezza dell’assassinio che stavano per compiere. Ecco il punto, Presidente. Un ruolo che trae legittimazione da un sistema non potrà mai fino in fondo fare a meno delle regole che sostengono il sistema stesso. Nonostante la buona volontà e l’impegno sincero che lei mette in tutto ciò che cerca di fare.
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La ragnatela
Guardi Siri, le ripeto ancora, lasci perdere Gesù Cristo e tutto il resto, oggi siamo nel 2010 e io sono il Presidente del Consiglio, in Italia farò tutto quello che posso per cambiare le cose come stanno. Sono consapevole di avere contro la gran parte del “sistema”, la gran parte dei “burocrati”, ma questo non mi scoraggia affatto. Finché i cittadini, la maggioranza di loro, mi sosterranno, io continuerò sulla mia strada. Bene, è una buona notizia, anche se non mi è nuova; lei insiste nel volermi sottolineare la sua buona volontà di fare cose che, le ripeto, io non ho messo in dubbio in alcun modo, né lo fanno la maggioranza degli elettori. Ripeto, questo sistema fondato sulle regole, sulla burocrazia e sulla democrazia, potrebbe essere giunto a uno stadio finale, potrebbe mancare poco affinché le lancette dell’orologio ricomincino a girare e noi tutti potremmo ricominciare a progettare il futuro. Dall’esterno è come se io vedessi una stanza piena di 71
ragnatele e di polveri, in cui tutto ha smesso di esistere da troppo tempo, nella quale tutto è fermo, immobile, dove la conservazione è rimasta l’unico obiettivo. In quell’immagine, come le ho già detto, le regole sono la polvere, la burocrazia, le ragnatele. La burocrazia presiede l’organizzazione generale dello Stato, ha come fine la razionalità e l’impersonalità. La persona cede se stessa al ruolo che svolge all’interno del sistema delle regole. La burocrazia ha come motto la “conservazione”. La burocrazia, e i burocrati, sono all’interno di un meccanismo di cui sono contemporaneamente carnefici e vittime. Lei, Siri, forse non conosce quello che il governo ha fatto per alleggerire la burocrazia. Siamo stati l’unico governo, con il ministro Brunetta, a prendere delle iniziative per alleggerire la presenza dello stato nel quotidiano di tutti: abbiamo eliminato un sacco d’inutilità, aggiungendo invece opportunità; abbiamo utilizzato le reti private e ci siamo appoggiati a enti più snelli, per coinvolgere i cittadini, varando la riforma del servizio postale elettronico certificato, utile per contenere i consumi cartacei; abbiamo cercato d’informatizzare tutto l’apparato amministrativo, agevolando l’accesso pubblico ai servizi. In definitiva, tutto quello che mai un governo prima di noi aveva pensato di fare. Sì, questo è vero. Il punto fondamentale è che non è il “come” avete fatto qualcosa, ma il “cosa”. Perché è vero che avete dato maggiori possibilità ai cittadini di entrare in contatto con lo stato, ma non ne avete tolto il bisogno. Perché è vero che forse non è necessario fare una coda a uno sportello o riempire un foglio di carta e non si può 72
evitare di perdere del tempo per fare qualcosa, ma quel qualcosa occorre farlo comunque. E dall’altra parte c’è sempre qualcuno che decide al posto dell’individuo. A proposito poi di questa corsa al web, che è vista come la grande emancipazione dei cittadini, io mi chiedo - e sarà capitato a moltissimi - quando si trova un proprio simile all’altro capo di un telefono o di un pc, che gestisce un servizio al cittadino di qualunque tipo esso sia, e risponde “io questa cosa la farei, ma è il sistema che non la accetta”, che cosa si fa a quel punto? Il nodo resta sempre lo stesso: aver svuotato l’individuo di capacità decisionale, per paura che qualcuno potesse prendere il sopravvento su qualcun altro. Abbiamo concepito questo sistema di regole e condizionamenti, per paura che qualcuno (meglio di un altro) potesse sopraffare il prossimo. Di fatto, è un altro modo di annichilire il buonsenso in questo esercizio fallimentare di voler essere tutti allo stesso modo. Togliendo all’individuo la capacità di maturare una valutazione soggettiva sulle cose e di assumersene la responsabilità con un nome e un cognome, a chi si può chiedere la responsabilità di un qualunque riscontro all’istanza di un individuo al sistema? Abbiamo creato un’entità invisibile da additare perché la gente, quando parla di Stato e burocrazia, non sa mai esattamente di chi sta parlando. Abbiamo dato vita a uno Stato in “cielo” che non si vede, e un cittadino in “terra” che subisce e basta. Un modello esattamente come quello della Chiesa dove Dio è il sistema e non si vede, il clero sono i burocrati che interpretano il volere di Dio, i fedeli sono i cittadini. Fedeli e cittadini fanno il minimo indispensabile, capiscono il meno 73
possibile, stanno sotto quello che altri decidono, non si assumono alcuna responsabilità e hanno sempre una scusa per prendersela con qualcuno se le cose non vanno come vorrebbero. I primi se la prendono con Dio, i secondi con lo Stato. Non vorrei assolutamente cadere nella retorica utopistica, magari facendo riferimento al fin troppo citato Platone autore della Repubblica. Certamente, mi sento non solo di sottoscrivere ma anche di riproporre in chiave contemporanea quanto il filosofo greco ebbe a sostenere nelle più “confidenziali” Lettere, a proposito dell’assunzione di certi oneri esistenziali12. Non abbiamo bisogno solo di nuovi computer e di nuovi sistemi per comunicare la burocrazia, abbiamo bisogno di persone responsabili, che non possono essere precostituite e preordinate, perché ogni individuo possiede una propria istanza personale. Allora, un autentico Stato che funziona in armonia, è quello che riesce a cogliere l’istanza di ogni individuo per quella che è, a dargli una risposta individuale e non collettiva. Non credo di essere stucchevole se mi permetto di ricordare che anche Aristotele, benché non avesse formalmente abbracciato l’ideale platonico del “filosofo-governante”, abbia già a suo tempo sancito che il fine ultimo dello Stato è la piena realizzazione di sé 13. 12 “Chiunque può distinguersi per coraggio, velocità e forza, ma solo chi si propone di onorare verità, giustizia, generosità e la dignità che a esse si accompagna, solo costui può distinguersi veramente dagli altri.” Platone, Lettera quarta, I Classici del pensiero, volume II, La repubblica – Gorgia - Protagora - Lettere, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2008, p. 813. 13 “È chiaro perciò che lo stato non è comunanza di luogo né esiste per evitare eventuali aggressioni e in vista di scambi: tutto questo necessariamente c’è, se deve esserci uno stato, però non basta perché ci sia uno stato: lo stato è la comunanza di famiglie e di stirpi nel viver bene: il suo oggetto è una esistenza pienamente realizzata e indipendente.” Aristotele, Politica, III, 9, 1280 B 29-34, I Classici del pensiero, vol. II, Arnoldo Mondadori, Milano, 2008, p. 560.
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Per quanto riguarda lo Stato, nessuno può rimproverarmi di non essere un innovatore. Da quando sono sceso in politica, affermo che questo è uno stato vecchio. Uno stato che non è più al passo coi tempi e con le esigenze dei cittadini. Non ha un apparato snello, veloce e capace di rispondere alle richieste delle persone senza che sia vissuto come uno stato impositore. Io, al contrario, lotto affinché lo stato possa essere un punto di riferimento e un garante della libertà. Purtroppo, non mi è stato consentito di farlo fino a oggi. Dunque Presidente, se, come ho sostenuto precedentemente, lo Stato così come oggi noi lo conosciamo è al tramonto della sua esistenza, non mi preoccuperei eccessivamente di capire cosa c’è da “cambiare”. È come preoccuparsi di cambiare il colore della tovaglia per il pranzo quando tutti hanno deciso di andare a mangiare da Mc Donald’s.
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Lo stato
Il sistema dello «Stato» che conosciamo, pone le sue radici nel modello europeo di democrazia teorizzato da Montesquieu che è andato di pari passo con il modello economico capitalista. Nella dinamica universale degli avvenimenti, ogni cosa tende all’equilibrio, così anche il sistema politico mondiale. Per avere un equilibrio, occorrono almeno due forze in campo contrapposte che messe in determinate condizioni mantengano una stabilità, in base alla quale ognuna ha ragione di esistere se esiste l’altra. Il crollo e il fallimento del modello comunista collettivista è stato letto come un momento di grande soddisfazione dal “nemico” di sempre, ovvero il sistema democratico capitalistico, senza che questo si ricordasse che proprio nel sistema dell’equilibrio se uno dei due contrappesi è fuori gioco lo è automaticamente anche l’altro. Il crollo del muro di Berlino è stato vissuto come la vittoria della democrazia sul totalitarismo comunista. Al di qua del muro, a occidente, dove la libertà e 76
l’uguaglianza tra i cittadini erano un dato consolidato da decenni, questa disfatta ha creato una sorta di euforia generale che ha fatto dimenticare per un po’(ma solo per un po’) tutte le mancanze e le problematiche del sistema “occidentale”; senza che la grande maggioranza delle persone potesse al contrario leggere che tanta euforia di lì a poco si sarebbe trasformata in una depressione generalizzata e ci si accorgesse che il “male” che aveva disrutto l’antagonista stava interessando anche noi, le nostre certezze, i nostri valori, i nostri sub-modelli di convivenza. In pochi hanno capito che di lì a poco tutto il sistema e il concetto sociale fondato su quell’equilibrio di forze contrapposte, all’indomani del crollo del Muro, avrebbe rappresentato la fine tout court dell’intero modello complessivo. Il contraccolpo non si è avvertito immediatamente: il “sistema” ha provato ad andare verso la modificazione dell’equilibrio, c’è stata la riunificazione della Germania, il consolidamento del sistema Europa con l’introduzione dell’Euro, ma sono stati processi che hanno solo rallentato l’inevitabile. Oggi noi stiamo cominciando a vedere che il processo di dissoluzione è andato avanti, subdolamente; non ce ne siamo accorti solo perché ci siamo inebriati di palliativi, e ora ci troviamo dinanzi alla realtà. Il sistema europeo occidentale capitalistico imploderà esattamente com’è successo all’antagonista “comunista” e consentirà la realizzazione di un nuovo equilibrio con ancora due contrappesi. Mi limito a parlare dell’Europa non solo per mantenere il livello del discorso all’interno del nostro ambito geografico. Di fatto l’Europa rappresenta da sempre il punto di partenza di ciò che poi si “completa” a livello globale nella sfera d’influenza tradizionalmente 77
“occidentale”; altrimenti, inserire un ragionamento sul modello statunitense, richiederebbe riflessioni e approfondimenti specifici che non arricchiscono di molto il ragionamento e soprattutto non modificano l’essenzialità dei processi in corso. Anche gli USA seguiranno l’andamento europeo apportando le modifiche più confacenti al loro sentire e alle loro necessità. Credo che i due modelli futuri si divideranno in Oligarchico Tecnocratico e Monocratico Virtuoso, dove la tradizionale divisione storica tra ciò che è occidentale e ciò che non lo è non avrà più ragion d’essere. Questi saranno i due modelli di riferimento, poi collateralmente esisteranno dei modelli “autonomi” ma di scarsa rilevanza nell’equilibrio globale. Gli stati andranno alcuni nella direzione “oligarchicotecnocratico”, ovvero si organizzeranno in modo tale che la maggior parte dei cittadini non parteciperà più attivamente alle decisioni pubbliche ma lo farà solo tramite alcuni gruppi ristretti di persone, che avendo cognizione di causa si assumeranno la responsabilità di rispondere alla collettività solo in base a un modello di codifica preventiva condivisa, entro la quale si muoveranno in autonomia. Un po’ quello che succede in Europa adesso. Immaginate lo stato membro come cittadino di questo modello quando si sente dire quello che può fare o deve fare, quello che non può fare e via così e si deve adeguare perché questa azione corrisponde al rispetto di una codifica preventiva condivisa. Così, si ritroverà il cittadino di quel modello di stato in cui avrà ceduto la potestà del suo sentire a coloro che se ne “intendono” in cambio della tranquillità che le cose andranno sempre in una direzione “standard”. Questo modello può risultare interessante in paesi nei 78
quali il livello di partecipazione politica è già molto bassa, nei quali esiste una naturale e consolidata “morale” della cosa pubblica, in cui esiste una naturale predisposizione emotiva delle persone al livellamento. Pensate a uno Stato in cui si occupa della cosa pubblica un’oligarchia che può essere intellettuale, industriale, famigliare, e nel quale i cittadini sono chiamati solo al momento di decretare la condivisione delle regole. Questo tipo di Stato non ha bisogno dell’opinione pubblica perché, di fatto, non esiste. L’opinione non esiste ma esiste solo il riscontro oggettivo in base alla precisa conoscenza dei fatti, della realtà e la capacità di poterne discutere diventa il “diritto” di poterne discutere. Tutto il contrario di quanto succede nel modello democratico occidentale (opinione pubblica) ovvero ognuno può dire la “sua” vincolante, nonostante non dimostri di conoscere i fatti, la realtà e non abbia le competenze per decidere su questa o quella materia ma decide solo in base al “sentire” del momento che trova le sue radici nella propria cultura, quella della propria famiglia, della scuola che ha frequentato, del posto in cui abita, del suo passato, della sua storia personale e così via. Un modello oligarchico-tecnocratico non appare rispondere più a questo “sentire” ma è funzionale unicamente alle regole del gioco condivise all’inizio della partita. Un’idea di modello è proprio quello “comunitario” o che chiamiamo del “sistema globale”, in cui ci sono alcuni signori che nessuno ha eletto, che non prendono né voti né consensi e scrivono direttive, danno pagelle di “buoni” e “cattivi” agli stati membri e seguono l’impostazione schematica inizialmente condivisa senza coinvolgimenti emotivi di sorta e senza quindi essere condizionati 79
dall’opinione pubblica alla quale, di fatto, non debbono rispondere direttamente. In effetti, gran parte dei cittadini europei è scontenta dei propri “politici”, che nella maggior parte dei casi sono definiti incompetenti, pasticcioni e incapaci. E nonostante io condivida e sottoscriva l’idea che ogni classe politica rappresenti alla perfezione il popolo che l’ha eletta, forse questi cittadini sarebbero contenti di avere a loro disposizione tecnici molto preparati sulle questioni dello “Stato” ai quali delegare tutto, basta non avere “pensieri” e “preoccupazioni” sul proprio futuro. Questo sistema oligarchico tecnocratico potrebbe contrapporsi (controbilanciarsi) a un sistema monocratico virtuoso. Questa ipotesi, alla quale di sicuro l’Italia è maggiormente predisposta, prevedrebbe che i cittadini assumessero direttamente il “potere” per assegnarlo a una persona a “tempo” senza che questa sia soggetta a nessun altro organo di controllo o “riequilibrio”, quali sono ad esempio a oggi Corte Costituzionale, Magistratura, Parlamento, Presidenza della Repubblica, Costituzione. Un sistema nel quale la “Costituzione” non conterrebbe più il modello di Stato ma solo l’enunciato di principi fondamentali ai quali chi esercita il potere si dovrà attenere. In cui il potere è delegato a una sola persona il cui compito è governare e decidere. Al termine di quel mandato, sarà giudicato. In questo sistema non ci sarebbe più posto per il concetto di divisione dei poteri. Il potere potrebbe essere nelle mani di un singolo che lo eserciterebbe come meglio riterrà giusto per conseguire i risultati auspicati dai cittadini, nel rispetto degli enunciati fondamentali della Costituzione. Codici e norme potrebbero essere adattati a questo modello. Chi sarà designato al “potere” potrebbe avvalersi di una serie 80
di persone per ricoprire ruoli essenziali nel funzionamento della cosa pubblica. Persone che risponderebbero solo ed esclusivamente a lui. Le elezioni si potrebbero svolgere solo a livello nazionale ogni cinque anni e avrebbero come obiettivo l’elezione esclusiva di un Collegio Nazionale Popolare composto da 45 membri che sarebbe di supporto al Capo dello Stato ma non di contrappeso od ostacolo. Questo sarebbe l’unico momento in cui i cittadini sarebbero per così dire “aggregati”, diventando un soggetto unico decidente, mentre l’elezione del Capo dello Stato sarebbe l’unico momento in cui il Potere che è del singolo viene – per effetto di una chiamata collettiva – delegato a un altro individuo. Da quel momento in poi, non esisterebbe più il concetto di “maggioranza” e di “collettivo”. Lo Stato avrebbe come unico obiettivo ciascun individuo e non gruppi d’individui. Ogni formula cui siamo abituati secondo la quale la “maggioranza” o il “gruppo” prevalgono sul singolo sarebbe completamente sradicata. A questo principio di “individualità” potrebbe essere affiancato il principio della responsabilità di cittadinanza, secondo la quale ogni cittadino esattamente come colui che è stato designato al “potere” ha l’obbligo di rispondere ai principi fondamentali di una “Carta del buonsenso”. Anche il sistema coercitivo dello Stato verrebbe meno. La privazione della libertà personale sarebbe esclusivamente prevista nei casi di grave prevaricazione fisica e omicidio. Mentre per tutti gli altri “reati” potrebbero essere previste sanzioni di tipo pecuniario la cui entità varierebbe di volta in volta a seconda del reato commesso. Altri tipi di condanna potrebbero prevedere l’intervento sfavorevole negli obiettivi sociali dell’individuo. Pensiamo a uno studente 81
che è condannato a dover rifare tutti gli esami universitari o in parte. A un dipendente che potrebbe essere declassato di grado, a un imprenditore che potrebbe non poter più gestire la sua azienda per un periodo, a chi, compiuto un reato per il quale è chiamato a pagare e non disponga della somma necessaria, sia “costretto” a lavorare per poterlo risarcire. Questi sono casi a titolo esemplificativo. Il principio d’innocenza non sarebbe solo un enunciato, perché entro un massimo di tre mesi dovrebbe arrivare la sentenza che in caso di assoluzione in primo grado non può più essere annullata, se è invece di condanna, potrebbe passare un successivo grado di giudizio e poi al Capo dello Stato potrebbe (sempre in caso di condanna) spettare la decisione finale. La giustizia – sia civile che penale – sarebbe amministrata da organi dello Stato che rispondono alla struttura amministrativa in linea diretta al Capo dello Stato. Nessun privilegio sarebbe consentito ad alcuno, ma la legge non sarebbe uguale per tutti. Secondo i principi del buonsenso, il giudice dovrà farsi interprete, vista la Costituzione, di ciò che può essere “giusto”. Faccio un banale esempio: rubare un pezzo di pane per la propria famiglia non è la stessa cosa che sottrarre un intero carico di derrate. Indipendentemente dall’entità del bene sottratto, è diversa l’ispirazione che muove il gesto, la necessità che l’ha motivato e richiede dunque una pena commisurata. Non esisteranno più, dunque, i reati, ma ogni singolo caso d’individuo che ne commetta uno. La giustizia, del resto, non appartiene a questo mondo, inutile mettere in essere abominevoli surrogati com’è stato fatto fino ad oggi, compresa la formula “in nome del Popolo 82
Italiano”. Per potersi promuovere a questo credo i giudici dovrebbero essere eletti dal “Popolo” invece come molti altri poteri dello Stato non lo sono. In questo sistema, non ci sarebbe spazio per nessun altro tipo di elezione locale o periferica. Le Amministrazioni locali sarebbero governate da rappresentanti del Governo centrale e avrebbero il compito di coordinamento dell’attività istituzionale e il funzionamento della cosa pubblica a livello territoriale. Ogni individuo potrà rivolgersi al Governo per ogni “rimostranza” e avrà diritto a ottenere una spiegazione esaustiva e di buonsenso in merito ai quesiti sottoposti. La proprietà privata rimarrebbe un diritto inviolabile e inalienabile. Si potrebbe stabilire inoltre che della proprietà privata ognuno possa disporre come meglio creda, togliendo per sempre questo concetto che uno per fare una qualunque “modifica” a casa sua debba ottenere il permesso della “collettività”. È ovvio che sarebbero fatte salve le ragioni di sicurezza e tutela dell’ambiente e del territorio. Aggregazioni, gruppi, e/o simili che si richiamano a principi collettivi sarebbero ammessi solo in funzione di un loro chiaro scopo “sociale” o meglio d’intervento e miglioramento della vita dei cittadini. L’opinione pubblica potrebbe non esistere più come la conosciamo noi. Ovvero un concetto in cui tutti astrattamente dicono la loro senza nessun tipo di cognizione di causa. Le opinioni non avranno alcun valore nell’esercizio del Potere Pubblico per il quale potrà essere richiesto unicamente il rispetto della “Costituzione”. Questo modello per la nostra cultura e il nostro passato ci riporta immediatamente al peggio della nostra storia ovvero al modello “fascista” di cui è stato fatto di tutta un’erba un “fascio” per dirla con una battuta. Non 83
tutti i sistemi totalitari sono sistemi “fascisti”. Il fascismo non fu totalmente fallimentare nell’impostazione generale, piuttosto degenerò nella tragica alleanza con i nazisti, con l’entrata in una guerra senza speranza, e quando prese il sopravvento una forma di emulazione idiota di principi di razza, ma non per ciò che aveva realmente fatto per il Paese. Tant’è che oggi, a meno di non falsificare la realtà, sappiamo che le più grandi conquiste di civiltà le abbiamo ottenute proprio in quel periodo. Infrastrutture, scuole, ospedali, e sistemi sociali di cui ancora oggi godiamo i benefici. Quel capitolo, per certi versi doloroso della nostra storia, lo abbiamo completamente demolito senza conservarne i lati positivi. Era sì un sistema autoritario ma non “illuminato”. Oggi l’ipotesi potrebbe essere quella di prendere in considerazione un modello simile, più evoluto, che ci garantisca l’immunità da certi errori del passato. Il nuovo modello potrebbe essere la sintesi tra ciò che abbiamo imparato e ciò di cui abbiamo bisogno. E questa potrebbe essere la direzione che alcuni Paesi del “vecchio continente” potrebbero prendere, seguiti da alcuni altri in tutto il mondo. Non è scritto da nessuna parte che la “democrazia” debba per forza essere l’unico sistema istituzionale in grado di garantire la libertà naturale individuale e davvero inalienabile e inviolabile dell’uomo. Su questo punto insisto in merito ad alcune questioni. Sempre Aristotele, che pure apparve propenso alla forma costituzionale della “politèia”, ha messo in guardia da certe degenerazioni pericolose, come ad esempio l’oligarchia, intesa come il governo di pochi nell’interesse di quella ristretta cerchia di potere e, senta un po’, la “democrazia”, 84
intesa come deriva della partecipazione collettiva alla cosa pubblica. Se lei personalmente non riesce a scrollarsi di dosso questa paura dell’accusa di esercitare una tirannide, magari perché non le è chiara la distinzione con la monarchia illuminata14, è un’ipotesi, ma mi verrebbe da chiederle che cos’è per lei, lo Stato? Siri non credo che lei voglia da me una lezione di diritto pubblico costituzionale e comparato, giusto? Quindi cosa vuole sapere esattamente? Se le cose mi vanno bene così? Se ho intenzione di sovvertire l’ordine costituito? Per piacere! Aristotele viveva più di duemila anni fa, all’epoca non c’era la televisione mi verrebbe da dirle. Nonostante tutto, aveva ragione a mio parere, ma un conto è dirlo in un’arena ad Atene un conto sarebbe dirlo in televisione al giorno d’oggi. Siamo seri per favore! La mia idea di Stato è un’idea – come le ho ribadito – che fonda le sue basi sulla democrazia ma che possa modernizzarsi con l’attribuzione di maggiori poteri a chi governa. Punto e basta. Non credo per questo di dovermi meritare la definizione di tiranno, e se mi permette, non ho paura che qualcuno me la possa attribuire, perché non lo sono. Non mi preoccupo di dover dimostrare che le fantasie altrui siano tali. Va bene Presidente, non voglio insistere. In ogni caso, lei non crede che sia venuto il momento di un originale 14 Aristotele distingue nettamente fra una situazione in cui «il regno è sorto per la difesa degli uomini eccellenti contro il popolo e il re viene scelto in seno agli uomini eccellenti o per superiorità nella virtù e nelle gesta che si compiono con la virtù o per la superiorità d’una famiglia di tal sorta: il tiranno, invece, in seno al popolo e alla massa del volgo contro gli uomini più elevati, perché il popolo non subisca torti da costoro. Ciò è dimostrato dai fatti. Quasi nella totalità i tiranni, per così dire, derivano da demagoghi che si sono guadagnata la fiducia calunniando i nobili». Aristotele, Politica, V, 10, 1310 b, 10-17, cit., p. 653.
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azzardo sul piano del linguaggio della politica, uno “strappo” autentico in questo senso, capace non solo di un superamento definitivo di categorie politico-istituzionali cristallizzate, ma anche nella migliore delle ipotesi, di sintonizzarsi davvero su piani superiori? Era un consiglio di Platone15. Ancora con le storie di 2000 anni fa! A me piacciono i classici, spesso anche il mio amico Confalonieri me li cita. Ma ripeto, qui le cose non stanno come ad Atene nel 500 avanti Cristo! Qui siamo ai giorni nostri e già mi accusano di “pontificare” e di voler prendere il posto del Papa; se mi dovessi anche mettere a parlare di cose come le chiama lei “superiori”, darei davvero il “La” ai miei nemici per dire che mi sono fritto il cervello! Oggi la gente vuole risposte su problemi concreti, sulla quotidianità, altro che linguaggio spirituale. E poi scusi, non si guarda in giro? Basta sentir parlare Di Pietro, che fa a pugni con l’italiano, e meglio lasciare riposare in pace Platone, che altrimenti gli si rizzerebbero i capelli in testa a sentire certi “che c’azzecca”. Bene Presidente, dunque non mi pare che le possa piacere un’idea di organizzazione dello Stato così come ho ipotizzato o non la vuole prendere in considerazione solo perché pensa che non convincerebbe gli altri? 15 “Ogni forma di governo - come ogni essere vivente - ha una sua voce: c’è la voce della democrazia, quella dell’oligarchia, quella della monarchia. Moltissimi affermano di conoscerle ma in realtà, tranne pochi, sono lontani dal comprenderle. Il governo che s’indirizza agli dei e gli uomini parlando il suo proprio linguaggio e compiendo azioni a esso conformi, accresce la sua prosperità e si conserva; va invece in rovina quando imita un linguaggio diverso”. Platone, Lettera quinta, I Classici del pensiero, cit.; p. 817.
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Le tasse
Allora Siri, le dico subito una cosa. La prima è che non posso certo dirle che la penso come lei nonostante tutti i miei nemici siano convinti del contrario. O meglio, diciamo così, non la penso fino in fondo come lei. Non credo per niente che l’Italia rischi di ritornare ai momenti bui della dittatura della privazione della libertà e di espressione dell’individuo. I diritti dei cittadini sono il pilastro fondamentale sul quale poggia tutto il nostro sistema Paese che per quanto non ci piaccia fino in fondo, per quanto può essere migliorato e aggiustato, rimane uno dei sistemi più avanzati e più civili al mondo. D’altra parte concordo sul fatto, come ho già detto, che così com’è organizzato il sistema dello Stato, chi Governa non è messo nelle condizioni di poter davvero fare il bene dei cittadini e del proprio Paese. Credo che su questo punto dovremmo insistere, lo faremo, nelle sedi opportune come le ho già detto, senza fare sconti, senza cercare compromessi e credo con il sostegno degli italiani. Beh Presidente mi sembra un’ipotesi interessante, anche 87
se in verità non ho capito il “sostegno” degli italiani in quale forma pensa di ottenerlo. Intendo dire che sono sicuro che gli italiani potranno sostenerla ma non ho chiaro con quali strumenti considerato che questo “sistema” di fatto non lo consente. Mi sembra che anche lei in qualche modo consideri il “cambiamento” impraticabile. No Siri, non mi attribuisca cose che non ho detto, non ho mai detto che il “cambiamento” è impraticabile, ho detto che così come prospetta lei le sue ipotesi mi sembrano eccessive e che non voglio pensare a un’ Italia che va in una direzione storica passata e fallimentare come l’esperienza totalitaria. Anche se lo ribadisco, sostengo con forza che si possano trovare rimedi senza esagerare. Va bene Presidente, del resto lei in questo momento governa il Paese e si gioca la partita, lei è nelle condizioni di non fare solo delle ipotesi ma di dimostrare che è in grado di concretizzare ciò che ha in mente. Io ribadisco il mio concetto. In un Paese in cui la delegittimazione dei politici, delle istituzioni ha toccato punti molto critici, in cui l’umore dei cittadini è davvero sotto le scarpe per molti problemi che non sono solo legati alle questioni economiche ma che le questioni economiche mettono in evidenza, credo che lo spazio per nuovi compromessi non ci sia più. Ripeto e la correggo, non voglio pensare al passato e non penso al passato. Ma proprio perché non mi faccio condizionare dal passato che non tornerà più, perché la storia non si ripete mai uguale, sostengo che l’ipotesi di un nuovo sistema decisionale a “piramide” dove il potere è attribuito ad una sola persona a cui è fatto obbligo di governare con lungimiranza 88
e spirito di servizio per il bene delle persone, non sia poi così azzardata e credo sia maturata nell’animo della maggior parte delle persone di tutti quei cittadini che sono in parte esausti, in parte depressi, in parte arrabbiati, e per certi versi saturi di un sistema in cui si perde più tempo a riunirsi che a decidere e in cui ogni riunione ha un costo superiore al beneficio che produce. Lei dovrebbe saperlo come stanno le cose. A suo giudizio fa più paura un sistema dove lo Stato ti “rapina” più della metà dei tuoi guadagni (sia che tu sia dipendente che imprenditore che professionista), nel quale il costo del lavoro è diventato talmente proibitivo da non consentire la crescita occupazionale, dove i processi durano decine d’anni, dove non c’è certezza della pena, dove la finanza si presenta in casa delle famiglie all’alba spaventando donne e bambini per fare gli accertamenti fiscali trattando le persone come delinquenti alla stregua di quelli che stuprano e uccidono, dove in ospedale non ti fidi ad andare perché sai come entri e non sai se esci o a volte non entri neppure (non tutta l’Italia è Lombardia), dove chiunque ti può fare causa e tu devi avere i soldi per difenderti altrimenti hai già perso anche se hai ragione, dove le regole superano il buon senso. Fa più paura un Paese dove in qualunque momento ti possono arrestare e dopo 18 mesi di carcere preventivo se sei innocente non ti chiedono neppure scusa, dove scrivono sui giornali per settimane che sei accusato di un reato e il giorno che sarai dichiarato innocente scriveranno solo due righe e ti avranno rovinato la vita. Dove la gente non parla più al telefono neppure per gli auguri di Natale per paura di essere intercettata, dove le banche fanno quel cavolo che vogliono mettendo in ginocchio imprenditori che ci hanno messo la vita. 89
Dove non facciamo altro che impicciarci della vita privata delle persone e degli scandali politici di infimo livello. Questo è un paese allo sbando. Può fare davvero più paura un sistema dove c’è chi decide, che si assume le responsabilità, ci mette un po’ di buon senso e nel quale la convivenza civile sia basata su principi di comprensione e solidarietà, non sulla presunta uguaglianza e sul reddito presunto. Non credo possa essere accettabile ancora a lungo un sistema che non offre vie d’uscita. Le faccio un esempio. Parliamo della nota dolente delle tasse. Lei ha fatto dell’abbassamento delle tasse e dell’imposizione fiscale la sua bandiera in campagna elettorale e credo che molti voti li abbia presi anche per quello. Ma in fondo che cosa è riuscito a fare? Pochissimo rispetto a quello che avrebbe potuto se avesse cominciato a pensare in modo davvero “rivoluzionario”. Ci ha provato, nulla da dire, lei in fondo è leale e crede in quello che fa. Ma cosa le ha risposto il “sistema”? “mi spiace caro Silvio, non ci sono soldi, il debito pubblico è alto, la coperta è quella punto e stop”. Ma certo! Non poteva essere altrimenti. Cosa si aspettava? La soluzione non può essere adottata all’interno di questo “sistema” la soluzione può essere adottata all’interno di un nuovo modello che preveda la possibilità di prendere delle “decisioni” infischiandosene del “sistema”. Scusi Siri, dunque quale sarebbe la soluzione a suo parere, poiché io non ci sono arrivato e ho perso solo del tempo secondo lei? La mia ipotesi è la seguente: con il nuovo modello fiscale che ho preso in considerazione, si abolisce la tassa 90
basata sul reddito e s’inserisce una tassa di “cittadinanza” uguale per tutti. Perché la cittadinanza è l’unica cosa che ci rende uguali agli altri, nulla di più. La tassa fissa si paga indipendentemente dall’età, dal ceto sociale, dalla condizione, si paga solo per essere cittadini dello Stato o comunque residenti nello Stato. Siamo ad oggi sessanta milioni di abitanti in Italia, ai quali aggiungere i residenti stranieri, e i turisti considerato che siamo uno dei Paesi più belli del mondo. Questi ultimi variano di numero ma potrebbero avere un ruolo. Ogni cittadino e ogni residente avrebbe l’obbligo di pagare 3.000 euro all’anno come quota di tasse allo Stato, non un euro di più non un euro di meno. Nel momento che le ha pagate lo Stato non può più chiedergli nulla. Questo significa che il gettito assicurato annuale sarebbe di circa 180 miliardi di euro (dai soli cittadini), tanto quanto è l’attuale gettito delle imposte dirette (forse qualche miliardo in più)*16. A oggi di sicuro le tasse le pagano i dipendenti. Tutto il resto è una giungla fatta di zone d’ombra e di luce a seconda della coscienza di ognuno, ma con la certezza che chi si impegna molto, ha idee, rischia e crea opportunità di lavoro, sarà punito. Non si pretenderà più da imprenditori e professionisti di versare allo stato quasi la metà dei loro introiti per garantire a molti di continuare a farla franca. Le aziende iscritte alla CCIAA pagherebbero una tassa fissa del 15% sul reddito con un minimo di 15.000 euro 16 *nel 2008 le imposte dirette derivanti dal reddito delle persone fisiche erano di circa 180 miliardi di euro ai quali erano sommati 60 miliardi di euro del gettito delle persone giuridiche.
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all’anno. Il libero professionista o lavoratore autonomo che voglia svolgere la propria attività pagherebbe unicamente la tassa fissa di 3.000 euro l’anno più quella relativa ai figli se li ha, fino al compimento del 24esimo anno di età. Nel caso in cui l’organizzazione della sua professione richieda l’ausilio di personale e collaboratori di qualunque natura sarà soggetto, oltre al pagamento della tassa fissa di 3.000 euro, al pagamento di una tassa pari al 15% del reddito con un minimo di 15.000 euro, così come le altre aziende. Il lavoratore autonomo così come l’azienda per ciascun dipendente, pagherà inoltre i contributi nella misura di 8.000 euro all’anno, questo almeno per quanto riguarda gli attuali dipendenti e lavoratori autonomi (al fine di rendere meno onerosa per lo stato la transizione verso il nuovo modello). La raccolta contributiva attuale a carico di dipendenti e lavoratori autonomi genera un introito di circa 218 miliardi attraverso l’applicazione di un aliquota fissa a carico in parte del lavoratore dipendente e in parte del datore di lavoro, o, nel caso del lavoratore autonomo, totalmente a suo carico. Il nuovo sistema prevede un importo fisso di 8.000 euro a carico dell’impresa nel caso dei dipendenti, o del professionista o lavoratore autonomo. Il gettito derivante in base agli occupati in Italia attuali è espresso nella seguente tabella. Raccolta contributiva nel nuovo sistema Dipendenti full-time Dipendenti part-time Autonomi Totali
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dipendenti 18.200.000 2.300.000 6.000.000 26.500.000
contributi 8.000,00 4.000,00 8.000,00
totale in migliaia 145.600.000,00 9.200.000,00 48.000.000,00 202.800.000,00
L’obiettivo di lungo periodo è portare a 5.000 euro il costo contributivo a fronte di una pensione di 1.000 euro, lasciando alla libertà individuale di scegliere se ed in quale misura investire in pensioni integrative per il livello desiderato di pensione per il futuro. Il processo partirebbe da subito applicando l’importo contributivo di 5.000 euro per tutti i neo-assunti e i neo-autonomi. In ogni caso pagato quanto dovuto, lo stato non avrà più diritto di chiedere nulla. Il processo richiederà naturalmente una lunga transizione alzando subito le pensioni ad un minimo di 1.000 euro (vedi Appendice) e fissando i contributi in misura fissa di 8.000 euro (e di 5.000 euro per i neo lavoratori). Lo Stato finanzierà la transizione attraverso il risparmio derivante dall’abbattimento di molte voci di spesa come già specificato (abolizione enti inutili, riduzione drastica delle spese di rappresentanza sia a livello nazionale che locale, riduzione di strutture del comparto pubblico attualmente poco efficienti e con un dispendio eccessivo di risorse), fino al raggiungimento di un equilibrio quando tutti i lavoratori saranno quelli del nuovo modello. Inoltre un inasprimento delle pene per i reati fiscali unitamente alla tassazione ridotta per le aziende porterà l’evasione a livelli trascurabili; ad esempio la mancata emissione della fattura per le transazioni commerciali, l’occultamento o la falsificazione di documenti contabili volta a modificare la realtà dei conti aziendali sarà punita dalla legge con una multa da un minimo di 500 mila euro fino ad un massimo di 300 milioni di euro a seconda dell’entità della frode. Con una situazione nuova e di maggiore disponibilità nei confronti delle aziende una pena severa non è in contrasto con principi largamente condivisi sulla correttezza dei 93
rapporti tra stato e cittadini. Oggi moltissimi contratti autonomi sono fatti per ovviare l’obbligatorietà dell’assunzione e dei privilegi ad essa collegati. Privilegi che con il nuovo sistema non saranno più posti in essere. La garanzia del posto di lavoro sarà data solamente dalla reciproca soddisfazione datore di lavoro – lavoratore. Il datore di lavoro avrà quali obblighi quelli del versamento dei contributi previdenziali, del pagamento dei contributi relativi ai figli o al soggetto prescelto dal lavoratore, assicurare al dipendente condizioni di lavoro dignitose con gli standard fin qui riconosciuti. Dal canto suo il lavoratore dovrà impegnarsi con lealtà e dedizione nei compiti a lui attribuiti. In questo modo il mercato del lavoro vivrà un incremento virtuoso dell’offerta di impieghi e contemporaneamente si giungerà ad uno standard minimo di retribuzione di 1.500 euro e la contrattazione dei compensi seguirà effettivamente il merito essendo subito chiaro e trasparente che quanto offerto in più sarà il costo vivo in più (essendo imposte e contributi in misura fissa). Con il nuovo sistema tutti gli studenti a partire dai 15 anni di età dovranno accedere ad un’occupazione per un mese estivo che le aziende dovranno garantire. Dalla retribuzione, non tassata, 500 euro saranno versati per la costituzione di un fondo in favore degli invalidi e inabili al lavoro per i quali non è previsto il pagamento della tassa fissa. Per l’azienda non ci sarebbe nessuna tassazione su questa retribuzione salvo una piccola assicurazione a tutela dei giovani occupati. Per i ragazzi sarà una buona occasione di prendere confidenza con il mondo del lavoro, fare esperienza e guadagnare un po’ di soldi, che oggi 94
sono garantiti solo dai genitori. Non solo ma è anche ora di superare il modello secondo il quale la maggiore età si raggiunge a 18 anni. Con il nuovo sistema potremo responsabilizzare i giovani fin dai 16 anni. Sarebbe una bella occasione per poter davvero contare sulle generazioni future, smettendo di trattare i ragazzi d’oggi come degli eterni bambini bisognosi di essere accuditi dai genitori. Non possiamo pensare di trattare ancora i nostri adolescenti come eterni bambini dell’asilo. Nuove generazioni di ragazzi motivati e responsabilizzati potranno costituire la speranza concreta di un futuro più solido e prospero. La tassa relativa ai figli, per i lavoratori dipendenti, sarà erogata da ogni datore di lavoro per massimo un figlio e fino al compimento del 24° anno di età. Ciò significherebbe che una famiglia nella quale lavorano due genitori in presenza di due figli, ciascuno riceverebbe dal proprio datore di lavoro il contributo di 3.000 euro per un figlio. Il terzo figlio sarebbe un costo aggiuntivo che la famiglia dovrà prendere in considerazione in base alle possibilità. Mentre lo sarà il secondo per una famiglia monoreddito, la quale anch’essa lo prenderà in considerazione in base alle proprie possibilità. Ogni dipendente avrà diritto ad ottenere dal datore di lavoro in caso in cui non abbia figli, la quota di 3.000 euro da destinare al pagamento della tassa per una persona che non è in grado di pagarla fornendone il nominativo. La tassa sarà pagata a favore di tale individuo direttamente dall’azienda. Per il datore di lavoro pagare 3.000 euro all’anno al dipendente con un figlio non sarà uno sforzo in un contesto nel quale grazie alla minore tassazione personale 95
e societaria avrà molta più ricchezza a disposizione. Ricchezza che potrà investire in nuovi posti di lavoro, in ricerca e modernizzazione e in quello che riterrà più utile al soddisfacimento dei propri progetti e obiettivi. Con queste condizioni, lo Stato potrà opportunamente chiedere alle imprese di impegnarsi a garantire opportunità di lavoro per tutti coloro che avranno voglia. Del resto il povero è povero perché non lavora, ma se non è malato o impossibilitato da problematiche fisiche e mentali ed è nella condizione di lavorare e ne ha l’opportunità non potrà mai essere davvero povero. Esempi pratici: FAMIGLIA Una famiglia in cui lavorano due genitori che percepiscono entrambi lo stipendio minimo di 1.500 euro al mese l’introito è di 39.000 euro l’anno (comprese le 13esime). Se sono entrambi dipendenti dovranno togliere da questi soldi 6.000 euro ovvero la tassa fissa di 3.000 euro ciascuno. Quella dei figli (sono due) la pagano i rispettivi datori di lavoro. Dunque tolti dai 39.000 euro i 6.000 euro di tasse rimangono 33.000 euro netti per la famiglia. Attualmente se consideriamo un minimo di 1.200 euro di stipendio ciascuno il reddito netto si attesta in 31.200 euro (comprese le 13esime). Con questo sistema le famiglie a basso reddito avrebbero già guadagnato 1.800 euro l’anno. Se consideriamo una famiglia “monoreddito” con due figli e moglie a carico, naturalmente il calcolo cambia dai 19.500 euro il capo famiglia dovrà togliere i suoi 3.000 euro e quelli per la 96
moglie e un figlio (un figlio lo paga il datore di lavoro) in questo caso rispetto al reddito attuale annuo di 15.600 (1.200 euro al mese compresa la 13esima) scenderebbe a 10.500 euro. è naturale che ci sia un minor reddito perché è altrettanto naturale che chiunque per avere certe condizioni deve potersele permettere altrimenti non può ottenerle. Dunque in un caso simile sarà indispensabile che la moglie lavori. Impegno dello Stato sarà quello di creare le condizioni affinché le venga offerta un’opportunità di impiego, grazie al minor costo del lavoro e alla maggiore flessibilità normativa. Credo sia del tutto naturale che nessuno possa pensare di avere famigliari a carico pensando che li paghino altri. Abbiamo visto che questo sistema risulta fallimentare e autodistruttivo per una società moderna. DATORE DI LAVORO Un’azienda ha al proprio interno diverse categorie di dipendenti con diverse fasce di compenso, che, ipotizziamo, essere in media di 2.000 euro netti al mese. Il costo medio annuo è di 44.000 euro circa a dipendente tra compenso lordo e contributi. Con il nuovo sistema l’azienda pagherebbe al dipendente 2.500 euro al mese per 13 mensilità oltre a 3.000 euro per un figlio e 8.000 euro per i contributi, per un totale di 43.500 euro con un minimo risparmio. Ma l’azienda potrà contare su un’imposizione sul proprio reddito decisamente più bassa, e l’aumento dei compensi ai propri dipendenti graverà per il solo aumento secco, senza contributi aggiuntivi a catena, come invece accade oggi. Per i neo-assunti il sistema comincerà gradualmente a cambiare, il loro costo in termini di contributi scenderà a 5.000 euro invece che 8.000 euro, e, 97
nel lungo termine, tutti i dipendenti avranno questo costo, abbattendo di non poco il costo complessivo del lavoro, con un conseguente incremento della forza lavoro. La pensione garantita da questa nuova ipotesi potrebbe essere di 1.000 euro. Questo significa che chi ha guadagnato il minimo di stipendio continuerà a percepire la stessa cifra senza dover passare a uno stato d’indigenza con la vecchiaia e chi ha guadagnato di più si sarà preoccupato di fare rendere i propri guadagni in funzione del proprio futuro. Con questo metodo i cittadini e le imprese avrebbero un quadro chiaro e preciso di quello che “devono” allo Stato, e non saranno portati a dichiarazioni falsi o mendaci per evitare l’accanimento fiscale che oggi è lo stato d’animo più diffuso tra gli Italiani in relazione alla loro percezione dello stato. Questa impostazione non potrà far altro che produrre anche nel caso delle imprese un circolo virtuoso che di sicuro produrrà i suoi effetti sull’intero sistema Paese. Molti giovani senza occupazione, avrebbero l’opportunità di ottenerla e gradualmente il rapporto pensionati-occupati sarebbe sempre più a favore di quest’ultimi garantendo maggiori introiti contributivi. Tra le ipotesi che potrebbero aggiungere risorse per le casse pubbliche si potrebbe pensare a una “tassa di soggiorno” che tutti gli stranieri potrebbero essere tenuti a pagare per il loro ingresso in Italia. Potrebbe essere una sorta di “vignette” sulla stregua di quella che si paga per l’ingresso in Svizzera a carico dei turisti che ogni anno visitano il nostro Paese, patrimonio mondiale di arte e cultura. Questa tassa d’ingresso si pagherebbe una sola volta all’anno e darebbe il diritto a ogni straniero di 98
poter entrare gratuitamente nei musei, poter viaggiare sulle autostrade e accedere ai servizi pubblici. Del resto l’Italia è depositaria di uno straordinario patrimonio artistico culturale che deve essere salvaguardato e mantenuto. Questi soldi sarebbero destinati per l’appunto al ripristino la manutenzione e il mantenimento dei centri storici, delle opere d’arte e del patrimonio artistico e monumentale del Paese. Infine l’aumento degli stipendi e delle pensioni e la maggiore diffusione di ricchezza consentiranno un adeguamento delle tariffe di alcuni servizi per i quali in molti saranno disposti a pagare un po’ di più per ottenere maggiore efficienza, confort, puntualità, e semplicità di accesso. Credo che questa sia la dimostrazione che le cose possono essere davvero cambiate, ma hanno bisogno di una “rivoluzione” radicale che tenga presente che le decisioni debbono essere assunte per il bene dei cittadini non in funzione del “sistema”. Negli anni la nostra civiltà si è complicata la vita con dei meccanismi sempre più complessi e articolati. Abbiamo trasformato un buon principio di condivisione internazionale con un sistema di concertazione globale aumentando di gran lunga le probabilità di non prendere decisioni nella direzione del buon senso ma nella direzione della sopravvivenza del “sistema”. La realtà può essere molto più semplice di quella che si vuol fare apparire, ma occorre la VOLONTà necessaria perché ciò si realizzi. Questo cambiamento di scenario potrà essere realizzato solo se si andrà nella direzione di un cambiamento radicale del sistema politico e istituzionale nel quale le decisioni siano sempre prese davvero con buon senso e non con il metodo delle regole che sono state architettate solo per alimentare e far sopravvivere l’apparato. 99
Senta Siri, lei la fa sempre troppo facile. Ma come può pensare che potremmo far pagare le tasse a gente che non ha reddito? Ma si rende conto di quello che dice? Ci sono persone che non hanno i mezzi e poi il principio che chi ha di più paga di più non è totalmente sbagliato, lei parla di livellamento e poi in questo modo livella tutto. D’altra parte è vero che “rivoluzionare” oggi come oggi il sistema economico finanziario dello Stato è impossibile. Noi siamo parte di un sistema più ampio, globale. Siamo parte integrante della Unione Europea, stiamo a pieno titolo negli organismi internazionali, non siamo uno Stato per conto proprio! Non possiamo agire da soli come ci pare, dobbiamo fare i conti con una realtà ben più ampia e oggi mi creda chi vuole andare per conto suo non ha granché da guadagnare. Poi sono d’accordo con lei quando parla di uno Stato che viene vissuto come vessatore, come nemico dai cittadini. Concordo sul fatto che non ci sia il rispetto della dignità umana in relazione a certe modalità utilizzate dalla Magistratura, ma come ben sa, per l’appunto quello è un sistema autonomo dello Stato, che io sto cercando di cambiare, ma proprio perché è autonomo e gode di certe tutele costituzionali non sarà facile. Credo che non sia il caso di esagerare con metodi troppo “rivoluzionari” anche se in cuor mio le assicuro, se potessi fare davvero quel che lei ha prospettato non esisterei, magari sul principio che chi ha di più paga di più si potrebbero fare dei ragionamenti, ma di sicuro un certo cambio di rotta sono convinto sia necessario. Presidente, come al solito apprezzo sempre il fatto che lei non sia proprio lo “scandalizzato” di professione dinanzi alle proposte di cambiamento. Mi fa piacere che nonostante 100
il primo impatto in fondo anche lei condivida certe necessità. Il punto è sempre un po’ lo stesso comunque. Lei in qualche modo è in difficoltà nel considerare la realtà formulando ipotesi differenti da quelle che la stessa realtà ci propone come “unica ipotesi”. Lei dice che non si può far pagare la gente che non ha soldi. Invece a suo parere si può continuare a perseguitare la gente che lavora senza la consapevolezza che i propri sforzi siano proporzionalmente ripagati da guadagni corrispondenti? È equo che se uno guadagna 100 debba pagare cinquanta in tasse? Non solo ma è giusto che viva nel terrore continuo di essersi dimenticato qualche “balzello” o di dover sopportare le angherie e i controlli fiscali di certi signori che spesso sono tutt’altro che “signori”? Di dover pensare “onesto o no se arriva la finanza e ti vuole rovinare ti rovina”. Ma si rende conto in che Stato viviamo? Lei dovrebbe essere il primo su questo punto a dare una spallata definitiva a questo sistema “democratico”. Ma per quale legge naturale io che lavoro di più che mi impegno di più che rischio di più come ho detto prima DEVO pagare di PIU. è l’antitesi di qualunque crescita virtuosa. Ti impegni di più e ti punisco? A me questa impostazione si che sembra assurda! Non solo ma qui non si tratta solo di chi nel caso del lavoro autonomo può a seconda delle situazioni di mercato aumentare le proprie performance economiche. Qui parliamo anche dei dipendenti. Lei pensa che sia contento un dipendente quando guarda la sua busta paga e vede la differenza tra il lordo e il netto? Non credo proprio, vale per lui lo stesso concetto. Faccio gli straordinari, mi impegno di più, rinuncio alle domeniche, torno a casa più tardi, mi alzo prima la mattina 101
per poi vedere che tutto quello sforzo se ne va in tasse da pagare allo Stato! Basta con questa contrapposizione datata tra il padrone e l’operaio, l’imprenditore e il dipendente. Siamo tutti sulla stessa barca, piuttosto il concetto deve essere: chi si impegna di più è giusto che abbia di più e chi si impegna di meno che abbia di meno, qualunque posizione si trovi a occupare. Ma un concetto di base deve esistere. Non si tratta di livellare. L’ho detto prima. La condizione di cittadinanza è davvero l’unica cosa che può rendere “uguali” le persone che decidono di convivere assieme su un “territorio” quello può essere l’unico vero concetto di appartenenza e da lì si deve partire mettendo tutti nella stessa condizione. Ognuno poi potrà decidere liberamente come “industriarsi” di conseguenza. Da quel punto in poi ogni cosa nel bene e nel male sarà nelle mani di ciascun individuo. E siccome ritengo che nonostante il concetto “homo homini lupus” come ho già detto, l’uomo abbia una naturale predisposizione alla solidarietà se messo nelle giuste condizioni, un sistema rinnovato dove le persone saranno gratificate dal loro lavoro, non potrà non prendere in considerazione casi particolari di difficoltà sociale molto di più e molto meglio di quanto non faccia oggi lo Stato. Deve valere il principio che tutti debbono fare il minimo e che in qualunque momento possono fare il massimo. Ma non possiamo più permetterci che in un Paese di 60 milioni di abitanti tolti i 25 milioni che lavorano, i 17 milioni di pensionati e gli 8 milioni di bambini ci siano 12 milioni di persone che non fanno assolutamente nulla. Tutto questo è già nella realtà di oggi. Genitori che aiutano i figli, figli che aiutano i genitori, famiglie che si 102
sostengono solidalmente per andare avanti. Non possiamo più pensare che lo Stato abbia sempre l’obbligo di pensare a tutto e a tutti per poi disattendere di continuo le aspettative che crea. Lo Stato detti dei principi fondamentali e poi lasci che siano gli individui a fare ciò che ritengono meglio per loro. Se saranno messi in una certa condizione di “gratificazione” personale, emotiva, le persone sapranno dare il meglio di loro. Anche in materia economica come in qualunque altro argomento d’interesse “pubblico” si potrebbe pensare che non valga più il principio della “maggioranza” e della “collettività” che dominano e schiacciano il singolo. L’individuo deve trovare in se le risposte alle proprie domande, deve cercare in se i propri desideri e la volontà per realizzarli e lo Stato ha l’obbligo di favorire questa scoperta. Si potrebbe ipotizzare che è il singolo la missione dello Stato e non il Gruppo. Ogni singolo soddisfatto ed appagato vale più di qualunque Gruppo scontento e disorganizzato. Dico questo perché non avrebbe più senso il sistema cosiddetto “cooperativo”. Lo stato potrebbe avere come riferimento l’individuo e nessun tipo di gruppo o aggregazione volta a far valere un principio economico discriminatorio nei confronti del singolo. Lo Stato in questo modo restituirebbe la potestà ad ogni cittadino emancipandolo da una condizione di “sovranità limitata” e porlo nelle condizioni di una di “responsabilità adeguata”. Mi permetto giusto se le fossero rimaste perplessità di sorta, di ricapitolare due conti, con una particolare attenzione al DEBITO PUBBLICO perché non vorrei che Lei pensasse che me ne sono dimenticato. 103
Le entrate dello Stato sono così composte: - Imposte dirette (imposte sul reddito delle persone, delle aziende, e sui redditi da capitale) - Imposte indirette (l’Iva, le imposte di registro, sui carburanti, ecc) - Monopoli e Giochi (sigarette, alcolici, carburanti e giochi lotto e superenalotto) Il sistema attuale è strutturato nel seguente modo: Per le imposte dirette, i dipendenti ricevono direttamente una trattenuta in busta paga, così come le pensioni sono già al netto della relativa imposta. Tale imposta è calcolata sulla base di scaglioni di reddito; per i professionisti e le aziende è invece versato spontaneamente sulla base dei dati di bilancio o reddituali dichiarati allo Stato; infine le società liquidano l’imposta diretta sulla base del reddito evidenziato nel bilancio. I redditi da capitale (su titoli di stato, azioni e obbligazioni) vengono invece tassati in misura fissa del 12,5% (salvo optare per l’opzione di inserirli in dichiarazione dei redditi e tassarli a scaglioni insieme agli altri redditi). Stessa cosa per gli altri redditi. Le imposte indirette sono costituite per la gran parte dall’Iva, e riguardano solo il consumatore finale come aggiunta sul prezzo di acquisto di beni o servizi; il nuovo sistema non prevede al momento cambiamenti per le imposte indirette. Le entrate da monopoli sono tasse applicate alla vendita di beni specifici e non subiscono alcuna variazione nel nuovo sistema; i ricavi dai giochi di lotto e superenalotto sono affidati a società terze che liquidano allo Stato gli incassi al netto delle spese; anche in questo caso nel nuovo 104
sistema non ci saranno al momento cambiamenti. Per le imposte indirette nel futuro è prevista una progressiva diminuzione. Segue una tabella con una sintesi del Bilancio dello Stato del 2008 con i relativi importi: Bilancio dello Stato (situazione attuale) Imposte dirette Imposte indirette Giochi e Monopoli Entrate extra-tributarie Totale entrate Spesa Corrente Spesa in conto capitale Disavanzo*
245.000,00 191.000,00 23.000,00 32.000,00 491.000,00 469.000,00 64.000,00 -42.000,00
* Il disavanzo viene finanziato AUMENTANDO il debito pubblico IL DEBITO PUBBLICO ODIERNO è DI 1.700 MILIARDI DI EURO CIRCA SU CUI GRAVANO OGNI ANNO DECINE DI MIGLIAIA DI EURO DI INTERESSI PASSIVI
Il nuovo sistema da adottare porrebbe l’imposta diretta sulle persone fisiche in misura forfettaria pari a 3.000 euro. Per le aziende ci sarebbe invece un’aliquota pari al 15% con un minimo forfettario di 15.000 euro. Considerando che in Camera di Commercio ci sono iscritte 5 milioni di aziende, se tutte pagassero 15.000 euro, vale a dire l’importo minimo, il gettito sarebbe di 75 miliardi; in modo prudenziale io calcolo un’eccedenza (derivante da quelle aziende il cui utile è superiore a 100.000 euro e quindi che pagherebbero più di 15.000 euro) di 45 miliardi di euro, per un totale di gettito derivante da aziende di 120 miliardi di euro. Il totale delle imposte dirette sarebbe dunque di 180 miliardi (3.000 euro per 60 milioni di cittadini) + 120 miliardi (imposte pagate dai 5 milioni di aziende) per un totale di 300 miliardi di euro; infine ci sono i redditi da 105
capitale che ipotizzo non varierebbero e rimarrebbero pari a 12 miliardi di euro. Le imposte indirette al momento non verrebbero modificate, e sebbene con il nuovo sistema circolerebbe maggiore ricchezza e si potrebbe prevedere un aumento di gettito. Proviamo a fare uno schema, solo per evidenziare le differenze di gettito derivante da modifiche del sistema e non dal circolo virtuoso che ne deriverà , aggiungendo anche ai conti il gettito della tassa turistica, ipoteticamente di 150 euro (comprensiva del transito autostradale). Moltiplicandola per i 30 milioni di turisti che visitano ogni anno il nostro Paese, e considerandone solo una metà , aggiungeremmo 2,25 miliardi al gettito del vecchio sistema. A questi importi potremmo aggiungere il gettito derivante dal lavoro estivo dei giovani, 6 milioni per una contribuzione di 500 euro ciascuno sarebbero 3 miliardi di euro. Un ulteriore risparmio verrebbe dai contributi previdenziali a carico dello Stato, attualmente di circa 50 miliardi di euro, che passerebbero a 29 miliardi di euro con un risparmio di 21 miliardi (che sarebbe ancora di piÚ calcolando i contributi a 5.000 euro invece che 8.000). Il totale delle entrate sarebbe nettamente superiore, perchÊ potremmo contare su maggiori risorse, parte grazie al pagamento delle imposte di aziende che a fronte di un’eccessiva imposizione fiscale attuale tendono ad evadere parte da tutte quelle persone che al momento risultano prive di reddito nonostante siano in grado di generarlo attraverso il lavoro e che attualmente ricevono i medesimi servizi dallo Stato, esattamente come coloro che pagano regolarmente le imposte. Con il nuovo sistema, sarebbero 106
chiamate a pagare le cifre forfettarie a prescindere dalle proprie scelte di vita (nel caso delle persone) o dell’evasione tentata (per le aziende). Tabella riassuntiva dei valori di bilancio nel nuovo sistema. Bilancio dello Stato (situazione nuova) Imposte dirette Imposte indirette Giochi e Monopoli Entrate extra-tributarie Totale entrate Spesa Corrente* Spesa in conto capitale Avanzo**
419.000,00 64.000,00
312.000,00 195.500,00 23.000,00 32.000,00 562.500,00 419.000,00 419.000,00 79.500,00
* Il programma di riforma che ho in mente prevede molti interventi volti a ridurre la spesa pubblica e i trasferimenti che pesano sul bilancio dello Stato. Le propongo un altro schema nel quale si ipotizza una riduzione delle spesa di Euro 50 miliardi,* (vedi schema nuovo ordine costituzionale in Appendice) sebbene la riforma strutturale programmata avrà un impatto decisamente più forte sulle spesa pubblica **L’avanzo viene utilizzato per RIDURRE il debito pubblico
Dal raffronto delle due tabelle salta subito all’occhio il risultato finale, che porta un disavanzo di 41 miliardi di euro (che contribuisce alla crescita del debito pubblico ogni anno) ad un avanzo di 80 miliardi di euro che permetterebbe di invertire la tendenza di aumento del debito pubblico azionando un circolo virtuoso che, riducendo il debito, riduce anche la spesa interessi che annualmente pesa sul bilancio, permettendo, grazie anche al circolo virtuoso che il nuovo sistema azionerà, di abbattere negli anni il macigno del debito pubblico italiano, superiore al prodotto interno lordo, e che ci accomuna solo ad alcuni stati africani. 107
Allora Siri, mi consenta di dirle una cosa. Lei ha illustrato una serie d’ipotesi che io reputo per lo più di “fantapolitica”, ma non tanto perché non ho capito bene come si potrebbero realizzare quanto perché lei mio caro Siri, ha troppa fiducia negli uomini. Lei vorrebbe uno Stato di “buon senso”? Ma si rende conto? È come voler realizzare una città di smeraldi. Non ci sono sufficienti smeraldi per farlo, non ci sono sufficienti uomini di “buon senso” per poter organizzare uno Stato! Ma non vede quanta fatica faccio io!? Quante volte mi sono appellato al “buon senso”. Ho ricostruito in meno di un anno più di sette mila alloggi in Abruzzo e ho agito con “buon senso” non certo secondo le regole. Qual è stato il risultato? Tra poco mi arrestavano! Lei ha ragione la gente è egoista e individualista ma allo stesso tempo è per la maggior parte invidiosa e ha necessità del “collettivo” come lo chiama lei per sfogare tutte le sue frustrazioni. Lo Stato, le Istituzioni, i Politici sono diventati ormai il contenitore in cui si riversano tutte le insoddisfazioni personali e individuali degli italiani. E lei mi viene a parlare di “buon senso”! La maggior parte della gente non solo non ha “buon senso” ma si muove nella direzione di distruggere coloro che ce l’hanno, di delegittimarli, accusarli, deriderli, metterli alla berlina in nome della Cosa Pubblica, delle Istituzioni. Proprio come dice lei caro Siri, esattamente come i giudei hanno fatto con Gesù Cristo. Quindi, nonostante io sia fiducioso che in qualche modo riuscirò a cambiare un po’ le cose, di sicuro non ci sarà spazio per grandi modifiche. Finché davvero come sostengo io l’invidia e l’odio prevarranno nell’animo delle persone non ci sarà spazio per nulla di buono. 108
E forse anch’io avrò i miei limiti, se mi permette anche di età, ma si può dire tutto di me tranne che non sia uno a cui stia a cuore la sorte del proprio Paese. È per questo che so di poter fare ma so che non potrò “strafare”.
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L’invidia
Presidente, le ripeto ancora, col rischio di risultare monotono: lei fa già del suo meglio. Ma non è il solo “meglio”. Forse ha ragione, per certi versi le persone non danno grande dimostrazione di “amore”; però, l’abbiamo già detto, ognuno ha la sua visione di “amore” e quella è una visione personale. Io continuo a sostenere che la gran parte dei suoi problemi è quella di non farsi capire adeguatamente da tutti. Per carità, lei è un grandissimo comunicatore, ma parla solo su un’unica frequenza, sulla quale in questo momento è sintonizzata una gran parte dei cittadini del nostro Paese ma lascia nettamente fuori tutta un’altra parte, cioè quella con cui si potrebbe dialogare ma che è puntualmente “ipotecata” da chi per mestiere deve essere sempre e comunque “contro”. Vede, il punto è che la natura umana s’indirizza a seconda degli stimoli che riceve. Nel modello che ho ipotizzato, questo caso non è previsto. Non esiste un “contro”, ma può esistere “l’accanto”. L’uomo di fatto è invidioso all’interno di un “sistema” che 110
lo obbliga a seguire dei cliché, degli stereotipi. L’invidia e l’odio di cui parla lei sono il risultato di un “sistema” che ha emarginato l’uomo, un “sistema” che non ha compreso che sarebbe bastata una parola a cambiare le sorti di tanti pensieri negativi. E qui ancora una volta Gesù c’insegna. Quando i farisei arrivano al suo cospetto cercando l’assenso alla condanna a morte dell’adultera, Gesù riesce con le sole parole a far cambiare loro idea. Disgrega il principio “collettivo” che li muove nella direzione della condanna e li fa riflettere su di Sé e ciò è sufficiente per cambiare ogni cosa. Cosa c’insegna Gesù con questo gesto? Che solo un Noi può condannare ed eseguire una sentenza di morte, un Io non può, a meno che non si annulli nel Noi collettivo per divenirne uno strumento, privo di coscienza di Sé. Gesù, in questo episodio, ridesta nei lapidatori questa coscienza17. È vero che senza scomodare gli episodi evangelici potremmo fare esempi anche più semplici dei giorni nostri. Ma questo episodio sta a testimoniare che il tempo non esiste e che la natura dell’uomo ha del buono se non diventa un “ruolo”. Senza andare lontano, oggi siamo arrivati a chiederci perché il singolo si comporta in determinate circostanze in un modo (solitamente molto ben predisposto alla comprensione) e lo stesso singolo, in un gruppo, si comporta esasperando la sua tendenza al disappunto, alla violenza, all’alzare i toni, al non ascolto. 17 In riferimento al passo celebre dell’adultera, della provocatoria richiesta fattagli da scribi e farisei sul comportamento da adottare, nel senso di una piena aderenza alla legge di Mosè, si può leggere: “Gesù allora si alzò e disse alla donna: «Dov’è il Noi di poco fa? Siamo solo io e te. Neanche uno ti ha condannata?». Lei rispose: «Neanche uno, signore». Gesù le disse: «Infatti l’Io non condanna mai nessuno. Tu ora va’ e sta’ lontana da ciò che per te è peccato». Igor Sibaldi, l’adultera 8, 10-12, Il codice segreto del Vangelo, Sperling & Kupfer, Milano, 2006, pp. 251-252.
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Alzi la mano chi non ha mai litigato, in vacanza, all’interno di un gruppo più o meno nutrito! Eccolo il gruppo del Noi, eccolo il collettivo che vuole la condanna dell’Adultera. Quante piazze arrabbiate vediamo in televisione, quanta gente tutta assieme, quanti gruppi, ma non riusciamo certo a vedere il singolo. Ciascuno in quel gruppo ha la capacità di fare ipotesi, di vedere le cose diversamente, magari di condividerne alcune contro le quali in quel momento manifesta o si accanisce. Su questa “piazza”, su questo meccanismo del Noi e del ruolo, si è fondata la nostra società. L’unione fa la forza. Più siamo a urlare più forti siamo. Peccato che più siamo e meno proponiamo ipotesi, più siamo più non ascoltiamo. L’odio e l’invidia non sono nell’uomo ma sono nel Noi, nel collettivo, in quell’insieme in cui l’uomo perde la coscienza di Sé. Questo stato emotivo latente non si sedimenta solo nel momento della chiamata della piazza, ma nella vita quotidiana. Il bambino fa una domanda al papà e gli chiede: “papà perché fai quel lavoro che dici sempre che non ti piace e lo fai tutti i giorni?”. Il papà non è pronto a rispondere a questa domanda, il bambino percepisce questo stato di disagio e non la rifarà più. Quanti fanno un lavoro che a loro non piace. Se ciascuno potesse fare il lavoro che più apprezza, nessun sentimento di rivalsa e d’invidia potrebbe accedere alla coscienza dell’uomo. La passione e la motivazione individuale farebbero in modo che ogni cosa possa funzionare al meglio. Avremo persone che lavorano, capaci, pratiche e ben disposte. Ma anche la passione e la motivazione individuale crescono nell’uomo, grazie agli stimoli esterni che vanno nella direzione dell’appartenenza a uno stereotipo ritenuto 112
il più vincente possibile in quel momento. Così oggi abbiamo schiere di giovani laureati, che avrebbero potuto fare i meccanici, i falegnami, i decoratori, gli allevatori di bestiame, i fiorai, che invece hanno studiato per essere ingegneri e aggiustano i computer nelle aziende, avvocati che trascrivono fogli in tribunale, agronomi che fanno gl’impiegati in un vivaio. Abbiamo creato un sistema globale pensando che la “conoscenza” emancipasse l’uomo, salvo accorgerci a un certo punto che per conoscere non basta avere internet e adesso ci sentiamo soli e insoddisfatti con le nostre lauree, i nostri master, gli NBA e tutto il resto dei “marchi” che il Noi collettivo ha predisposto per darci un ruolo. Siamo cittadini globali ma uomini soli. E adesso? Adesso, caro Presidente, ciascuno vuole poter riscoprire i propri talenti, la sua vera volontà e vivere una condizione di dignità e non sopravvivere convincendosi che tanto non c’è niente da fare. Dobbiamo, per fare questo lo ripeto, guardare solo avanti lasciando perdere tutto ciò che è stato; per saltare al di là del fosso bisogna immaginare di essere già dall’altra parte. Il futuro è lì che ci attende, dobbiamo solo immaginarlo. E credo, Presidente, che molti, più di quanti lei possa pensare, cominceranno a considerare che possono riscoprire Se stessi ed essere protagonisti del loro tempo. Non dobbiamo fare la marcia su Roma, non dobbiamo fare l’ennesimo nuovo partito. Al momento giusto, sapremo tutti cosa fare. Ah bene Siri, quindi aspettiamo sue notizie per fare! Lei mi sembra sempre più, mi consenta, matto! Io non faccio filosofia Siri, gliel’ho già detto, io governo un Paese e devo pensare alla realtà, non alla fantasia! Condivido in parte quello che lei 113
sostiene a proposito dell’individuo, condivido anche il fatto che probabilmente l’uomo non è così malvagio in natura, e di sicuro la ricerca della contrapposizione a tutti costi, per avere uno spazio nel “sistema”, abbia portato ai livelli di guardia la civiltà, però cerchiamo di non buttare parole al vento tanto per riempire l’aria per favore! Non possiamo parlare di teoria. Io posso avere tutte le teorie del mondo, ma se non sono in grado di metterle in pratica sono un fallito, punto e basta. Mi spiace essere così crudo in questa espressione, ma la penso così. Le parole da sole non servono, servono i fatti.
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Parole e significati
Oh, Presidente! Musica per le mie orecchie! Ho sempre pensato che le idee da sole fossero solo come un perenne esercizio onanistico che alla lunga porterebbe proprio a quello stato di “invidia” e disagio di cui parlavo prima. Credo si possa riassumere in “frustrazione”. Sono pienamente d’accordo che servano i fatti. Ma credo che i fatti non saremo solo io e lei a compierli, questi dovranno riguardare ogni individuo protagonista del suo tempo. Potrebbero riguardare gli italiani. Ma c’è un momento giusto per tutto. Anche per fare i fatti, altrimenti si potrebbe rischiare che tutto vada male e la frustrazione anziché essere placata aumenterebbe di colpo. Ad esempio, si potrebbe pensare al cosa e non al come. È un esercizio importante, difficile ma necessario per giungere alla meta, proprio perché costituisce la meta stessa. Uno dei metodi per cominciare ad avvicinarsi al cosa potrebbe avere come punto di partenza la scoperta di significati nuovi per le parole che utilizziamo di solito. In fondo, noi parliamo un linguaggio prevalentemente “comprensibile”, ovvero 115
la maggior parte delle persone attribuisce alle parole che usa un certo significato “convenzionale”: questo linguaggio serve per farsi “capire”. Da chi? Ognuno sa bene ciò pensa e ciò che prova anche senza “parlare”; la parola serve per comunicare questo sentire e questo pensiero agli altri. Ma non è solo questa la funzione della parola. Attraverso il linguaggio noi “apparteniamo” alla società, al sistema, alla civiltà che conosciamo. In questo contesto, potrebbe capitare che le parole che utilizziamo per esprimerci non corrispondano pienamente al proprio “sentire”, ma in qualche modo siano utilizzate per sentirsi parte di un “insieme” per essere “riconosciuti”. Del resto, la maggior parte delle parole che utilizziamo correntemente noi contemporanei hanno una provenienza antica. Gli antichi hanno “creato” il linguaggio e le parole per poter comunicare tra loro, e lo hanno fatto in modo straordinario. Se potessimo accedere più spesso, ad esempio, al linguaggio dei “simboli”, dei “geroglifici”, scopriremmo un mondo fantastico ricchissimo di significati, così ricco che a noi potrebbe apparire “esagerato”. Ma senza andare neppure troppo lontano nel tempo, latino, greco, ebraico sono lingue cariche di significato e in special modo sulle prime due si è fondato il linguaggio moderno. Fatte queste considerazioni, ci si potrebbe domandare perché siamo passati da un linguaggio tanto ricco e carico di significati a un linguaggio sempre più essenziale e che per certi versi appare povero e ripetitivo. Credo che il linguaggio costituisca uno degli elementi fondamentali per capire il mutamento di una società, di una civiltà. Potremmo quindi sostenere che la società si è impoverita e con essa il linguaggio? Si potrebbe obiettare che al contrario la società 116
si è arricchita, ha molte più parole e significati di quanto non ne avesse quella antica. A prima vista sembrerebbe così. La tecnologia, in particolare, ha portato un grosso cambiamento nel linguaggio, ha introdotto parole nuove; così la scienza. Oggi tutti, di sicuro, sappiamo il significato di Web, di PC, di Internet, di chat, di staminali, di low cost, online e via dicendo. Queste nuove parole sono subentrate nel linguaggio per corrispondere all’esigenza di comunicare nuovi concetti, nuovi pensieri. Non è chiaro al momento se per comunicare nuove emozioni. Di fatto, ipotizzo che questa aggiunta di parole al linguaggio moderno abbia contribuito al rafforzamento del concetto di “appartenenza”, a scapito del concetto di “coscienza”. È come se si fosse assistito a un rimpicciolimento e a una semplificazione di alcune parole che le lingue antiche e i geroglifici spiegavano con molta ricchezza di particolari, suscitando profonda consapevolezza negli individui. Tutto questo potrebbe apparire quantomeno curioso, considerato che la rete globale in realtà dovrebbe aver “ingrandito” il campo d’azione del linguaggio. Infatti, è così. Ha ingrandito il “campo d’azione” ma questo non ha probabilmente coinciso con un “ingrandimento” dei pensieri, i quali hanno rafforzato la loro matrice “collettiva” e indebolito la loro origine “individuale”. Conosci te stesso?: così era scritto all’ingresso del tempio di Apollo a Delfi. In realtà, era una domanda e, certo, non ha ancora una risposta precisa. Un pensiero che abbiamo abbandonato e con esso le parole e il linguaggio per approfondirlo. Abbiamo creato nuove priorità, ma anche la pretesa di conoscere il “significato” delle parole che utilizziamo. Questo pensiero è rafforzato probabilmente 117
dal senso di “appartenenza”, dall’accesso ai mezzi di “informazione”, dalla circolazione delle “opinioni”. Soprattutto, grazie alla “democrazia”, siamo in grado di poter parlare di tutto e di niente con grande facilità. L’importante è dire la “nostra”, laddove con “nostra” non è chiaro se s’intenda “mia” o “mia in funzione degli altri”. Del resto, per dire la propria intesa come “mia”, uno dovrebbe approfondire ogni tema, dovrebbe approfondire il significato delle parole, scoprire di cosa si sta parlando e non cercare il come parlarne. Pensi quel che succede in politica! Lei che si lamenta sempre, Presidente, di non essere “compreso”. La politica è come il calcio, ognuno dice la sua. Non importa che sappia giocare o meno, che conosca nel dettaglio le regole, le condizioni del campo, lo stato d’animo dei giocatori, le loro condizioni fisiche, piuttosto che tutto il resto che contribuisce alla realizzazione del “gioco”. In politica tutti dicono la loro, esprimono le “opinioni”, non importa che sappiano di cosa parlano, non importa che conoscano dettagli, meccanismi, condizioni, possibilità. Così assistiamo a interviste curiose, quelle fatte tra la “gente”, in cui ognuno si esprime utilizzando parole a caso. Il politico accusato di aver acquistato una casa non si sa bene come diventa un “ladro” (sic!). Ladro? Uno cerca il significato della parola ladro e vede che non c’entra nulla rispetto a quello di cui si sta discutendo. Allora qualcuno, in molti anzi, sono subito pronti a dire “ma sì, ci siamo capiti”! A questo punto, verrebbe la pelle d’oca a chiunque. Perché non accusarlo di abigeato? Si scatenerebbe subito un movimento, su Facebook, di delegittimazione e aggressione; perché nessuno si prenderebbe la briga d’indagare sul vero significato del termine. Aveva ragione Nanni Moretti, in 118
una scena memorabile, a schiaffeggiare una donna che usava frasi precostruite e parole “qualunque”, gridandole in faccia “ma come parla! Le parole sono importanti!”. Altro che “totalitarismo”! Un paese in cui le persone parlano a caso e poi dicono “tanto ci siamo capiti” è davvero molto più pericoloso di qualunque sistema “totalitario”; credo che questo, molti, in cuor proprio lo sappiano. Potrei fare altre decine di esempi, e l’insegnamento di Gesù mi verrebbe sempre in soccorso. “Chi non ha mai infranto la Legge, scagli per primo la pietra su questa donna”. Siamo alle solite. “Voi non giudicate e non sarete giudicati”. Ma la politica sarebbe fin troppo facile da prendere a esempio per un “mondo” in cui sembra non trovi posto il buonsenso. E dico «sembra» non a caso. Sono convinto che il buonsenso ci sia, ma è talmente tanto il “sistema” che lo “oscura” che stenta a farsi strada nel cuore degli uomini. Adesso che il “sistema” sta mostrando la sua faccia più terribile, forse potremmo rendercene un po’ più conto. La televisione parla di un tizio che ha ucciso un bambino, lo ha violentato e dice “è caccia al pedofilo”. Per carità, non perdiamoci in dettagli. Non è importante che pedofilo significhi verso, a favore (-filo) dei più piccoli (pedo-). Ovvero persona a cui piacciono i più giovani, persona che ama i più piccoli. Gli antichi erano tutti pedofili! I moderni sono tutti ignoranti… Possibile che sia così difficile chiamare le cose con il proprio nome? Un tizio che fa del male a un bambino e lo violenta è un criminale. Punto e basta. Chiunque usi violenza su un altro essere umano e arriva ad ucciderlo è un criminale. Se lo fa nei confronti di un bambino è un criminale con l’aggravante. Stop. Ma tanto “ci siamo capiti”. Nei dibattiti in televisione 119
hanno crocifisso quel simpaticone di Buttiglione perché, dicendo tutta una serie di cose non condivisibili sugli omosessuali, ne diceva una condivisibile ovvero che non si può parlare di “matrimonio” tra uomini perché la parola matri-monio significa che all’interno dell’unione debba esserci una madre. Nulla di che, uno può chiamare quella scelta in qualunque altro modo. Ma tanto “ci siamo capiti”. Gli esempi sono moltissimi. Peraltro, una società come la nostra, che ha “delegato” la conoscenza agli “altri”, oggi si rende conto che potrebbe valere la pena approfondire, fare altre ipotesi, provare a capire se c’è soprattutto lo spazio per un “domani”. Per terminare con gli esempi, anche a proposito della “delega” della conoscenza, non citerò alcun politico, né telegiornale, ma chiunque di voi trattandosi della parola “religione”. Tutti parliamo della religione, tutti siamo credenti, tutti siamo cristiani o cattolici, tutti abbiamo fatto almeno la comunione, tutti più o meno abbiamo fede, ma quasi nessuno conosce la cosiddetta “parola di Dio”. In pochi, rispetto alla moltitudine di coloro i quali si professano “credenti”, hanno letto la Bibbia, i Vangeli, le scritture vere o presunte. Noi abbiamo fede e abbiamo delegato alla Chiesa il conoscerne le ragioni, che ci vengono comunicate più o meno attraverso le letture della “messa”. Anche in questo caso, dopo la “messa” o anche senza la “messa”, niente da fare, tanto “ci siamo capiti”. Sarebbe interessante per ipotesi che tutti sapessero che sulla parola “religione” esistono diverse ipotesi etimologiche. Una che sostiene che provenga dal latino “re-ligere” ovvero “tenere legati”, l’altra più sant’agostiniana che provenga da “re-eligere”, “fare una nuova scelta”.
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Conoscendo questi significati, ogni individuo avrebbe uno spunto sul quale riflettere che non sia solo quello del “sentito dire”, ma che provenga da una riflessione della propria “coscienza”; sulla base del significato che ha generato la parola stessa che noi così disinvoltamente, come moltissime altre, utilizziamo formulando giudizi, accuse, apprezzamenti o pensieri in genere; togliendoci la possibilità d’ipotizzare strade diverse, nuove e magari migliori. Credo valga la pena (sempre prendendo in considerazione che i linguaggi e le parole che utilizziamo dovrebbero servirci a comunicare e a trovare punti di vicinanza o di distanza, riconoscendoli) considerare che un uomo riesce a essere davvero Se stesso se entra in contatto con la propria volontà, che è la fonte del più grande potere che esista, sulla terra come in cielo. Non è importante “capire” o “comprendere” (comprimere, far star dentro) così come vuole il significato. Noi comprendiamo solo ciò che può stare nella nostra storia, in ciò che già conosciamo, in ciò che per gli altri è normale, è giusto, è convenzionale, è compreso. Tutto il resto è fuori e non esiste. Anche il futuro, in questo modo, rischia di non esistere più nello spazio della vita degli uomini. Per gl’inglesi e gli americani, “comprendere” è “understand” (stare sotto). Sottostare al “sistema”, al Noi. Ecco perché vale la pena cercare i significati delle parole che utilizziamo; ecco perché non dovremmo accontentarci di “tanto ci siamo capiti”. Se sapremo scoprire il significato delle parole che utilizziamo, sentiremo meno rumore e daremo spazio alla nostra volontà di esprimersi, alla più grande forza che possediamo. L’AMORE.
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Gli stessi errori
Quindi, Siri, se ho capito bene, adesso oltre che pensare a tutti i problemi che ho già, a tutti i grattacapi, a tutte le responsabilità, mi dovrei anche mettere a fare il “professorino”, a insegnare alla gente come si parla e il significato della lingua italiana? Ma si rende conto che qui c’è ben altro da fare che perdersi in sottigliezze, la madre e il matrimonio! I pedofili e l’amore per i bambini! E via così, la situazione è molto più complicata. Qui la gente non solo non conosce il significato delle parole, ma non sa neppure quello che il Governo sta facendo. Lei dice che dovremmo sapere di cosa parliamo, prima di parlare? Benissimo sottoscrivo subito. Se fosse così, tutti i cittadini italiani voterebbero solo me. Se io riuscissi davvero a far capire loro cosa abbiamo fatto, quello che stiamo facendo e quello che vogliamo fare per il futuro, nessun italiano di buonsenso potrebbe non votarmi. Il punto è che per poterlo dire ho bisogno dei media che mi sono tutti contro, tranne Emilio Fede e pochi altri. Anche quelli del gruppo che ho fondato sono contro di me. E poi anche se riuscissi a parlare una, due, 122
dieci volte al massimo in qualche mese, sulla mia attività di Governo, cosa varrebbe dinnanzi alle centinaia di passaggi in radio, in tv e sui giornali contro di me, tutti i giorni? Poi parlano del bavaglio alla stampa! Qui il problema non è tanto se “matrimonio” implica la presenza di una madre o meno! Qui il problema è che la menzogna e la mistificazione arrivano alle orecchie e al cuore delle persone con più facilità di quanto non arrivino i gesti di buona volontà e la verità. In effetti, Presidente, comunicare non è un’operazione semplice. Ma non è mai stato semplice. Anche qui credo che il punto non dipenda dal come comunicare ma dal cosa comunicare. E poi chi è il destinatario di questa comunicazione? Credo che in qualche modo anche lei tenda a voler comunicare il “come” a scapito del “cosa”. Il “come” solitamente appare più facile da pensare ma molto più difficile da far arrivare all’interlocutore, mentre il “cosa” è molto più difficile da pensare ma facilissimo da comunicare. Se volessi dire qualcosa sulle tasse, ad esempio, anziché dire in che modo pagarne di meno, direi cosa pagare meno. Il “come” sta nel sistema, il “cosa” può essere un sistema alternativo. Questa è la differenza. Il come sta nel Noi, il cosa sta nell’Io. Ogni volta che lei cerca di comunicare agli individui con gli strumenti del “sistema”, nessuno è davvero pronto ad ascoltare, non ne ha nessuna intenzione. Lei ci faccia caso, comunica meglio quando si “difende” piuttosto che quando si “giustifica” o quando “propone”. Perché? Perché a mio parere quando si difende lei è un Io che vive il Noi come il nemico che lo opprime. In quel momento, allora, comunica a ciascun individuo, mette ognuno nella 123
condizione di essere “se stesso”, attraverso di lei arriva un messaggio a ogni singolo, sulla sua situazione, e ognuno si mette “nei suoi panni”. Quando invece comunica con il linguaggio del “sistema”, il messaggio viene respinto, distorto, rimandato. Perché nessun Noi potrà mai capire un Io. è quasi impossibile che un Io riesca a farsi comprendere dal Noi. A Gesù è riuscito, quando ha distolto il gruppo che voleva lapidare l’adultera; quando parla con Pilato da solo, quando parla con la Samaritana e poche altre volte. A lei riesce molto bene quando è vittima del “sistema” quando diventa un Io che subisce i soprusi del Noi. Li è il massimo livello di comunicazione che raggiunge, diretto a ciascun individuo, non al “gruppo di individui”. Quando invece parla per slogan risulta antipatico e insofferente agli stessi suoi sostenitori, perché avvertono che non è più l’Io che parla. All’inizio della sua discesa in campo, lei aveva intuito il “Cosa” e l’aveva comunicato molto bene, poi si è fatto logorare dal “Come” e ha cercato una mediazione, un compromesso tra l’Io e il Noi, un compromesso che non potrà mai essere raggiunto e che purtroppo fino ad oggi ha visto l’Io soccombere. In realtà l’uomo ha dimostrato di avere una gran paura a riconoscere i propri talenti, le proprie qualità. Ha dimostrato di avere sempre bisogno di qualcuno che gli dica quel che è giusto e quel che è sbagliato. Così ha ceduto l’Io al Noi che lo protegge, gli mette i paletti, gli dà gli ordini, lo rassicura, ma in cambio vuole la sua volontà. L’errore che commettono la maggior parte degli uomini è quello di sottovalutarsi, di “sciogliersi” nel Noi per paura di scoprire se stessi. Forse è il frutto di una cultura che ci ha raccontato per tanto 124
tempo quanto siamo cattivi, quanto siamo peccatori, per cui adesso non crediamo nel nostro Io. Lei fa nascere l’Io dentro di sé ogniqualvolta si ribella al “sistema”: in quel momento tutti vivono una speranza, ma è solo un attimo, solo un’illusione; poi anche lei, proprio come Pilato, cede al Noi e tutto si compie. Ancora una volta mi dà del Pilato! Ma per piacere! Lei la fa sempre troppo facile! Di certo – e lo dico ancora una volta – io m’impegno al massimo per fare quello in cui credo, ho promesso una riforma radicale della magistratura e sto cercando in ogni modo di portarla a termine, se non fosse che mi attaccano da tutte le parti e non so neppure fino a che punto i miei alleati mi sosterranno. Devo fare i conti con i numeri e non tutto quello che desidero posso compierlo, a volte temo che anche chi mi è attorno non veda l’ora che mi tolga dai piedi. Non creda che io sia stupido, so perfettamente di rappresentare un’anomalia del “sistema” come lo ha definito, magari non proprio un’anomalia come lei (lei è un po’ pazzo, se mi consente) ma di sicuro sono un ostacolo per tutta una nomenklatura che ha affondato le radici nel sistema e in particolare per quelli che ambiscono a un ricambio. In fondo chi mi odia o chi mi ostacola vuole il mio posto, o vorrebbe avere i miei soldi e il mio successo. Credo siano in pochi ad avere davvero un progetto alternativo e innovativo rispetto al mio. Sono sceso in politica che avevo già una certa età e una certa esperienza, ma non avrei mai creduto di dovermi confrontare con un tale livello d’ignobiltà umana! Gente che ti sorride in faccia e alle spalle ti vorrebbe vedere morto. Cosa crede, che io sia un ingenuo? Non mi faccio capire sempre, non comunico bene? Siamo sicuri che sia io a comunicare malamente o sono le persone che non vogliono 125
capire? Si sa che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e di sicuro la sinistra e tutti i miei oppositori hanno le orecchie cementate, e probabilmente anche il cervello. Vuole farsi una risata? Questa l’ha inventata un mio amico. Terremoto nei cervelli dell’opposizione. Gravi danni strutturali. Bertolaso tranquillizza: nessun morto né ferito. Erano disabitati.
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Re di te stesso
Dunque, Presidente, una battuta a proposito della mia presunta pazzia. Mi auguro non si sia offeso! Lo sostenevo in senso buono. Per carità Presidente, anzi al contrario in qualche modo mi sento un po’ privilegiato. A questo punto dovrei piuttosto capire se lei mi darà una mano o meno. Ma questo è un altro discorso. Lei di certo rappresenta un’anomalia del “sistema” in parte assorbita. E di sicuro è comprensibile che in qualche modo viva fidandosi di nessuno. Credo che questa condizione sia un po’ comune a tutti i leader che, ciascuno a suo modo, hanno “tralasciato” la missione iniziale. La sensazione dell’accerchiamento è tipica di colui il quale, dopo la prima battaglia per la conquista del castello, ci si è chiuso dentro; l’opposti di chi, invece, di valle in valle, di piazza in piazza, di cuore in cuore vuole raggiungere tutti. So che la infastidisco 127
parlando di Pilato e di quello che il Vangelo di Giovanni ci racconta di lui. Ma mi creda, il caso lo richiede18. Quando lei è un Io appartiene alla verità e il Noi si scaglia contro di lei. I pontifices, gli scribi, i farisei di turno non hanno voce in capitolo, perché nel momento in cui lei sviluppa la sua consapevolezza personale è Re di se stesso e non ha bisogno dell’approvazione degli Altri. In quel momento, lei non è chiuso, barricato nel castello cercando di contrastare gli intrighi di corte, ma è Re davvero. Un Re che non ha bisogno dell’approvazione del Noi, né di un castello, né di una corte. In quel momento, quando si difende e quando crede in se stesso, non ha paura di nulla e di nessuno; non cerca compromessi, accordi, salvacondotti dal “sistema”: sarà sempre vincente. Quando invece la “paura” si fa sentire, il Noi è lì pronto a rassicurarla, pronto ancora una volta a metterla in trappola. Gesù dice a Pilato: «tu se fossi davvero Re di te stesso non mi condanneresti a morte, ma alla fine farai quel che il Noi vuole, perché sei un funzionario e non sai essere Re». Vede Presidente, credo che in fondo le occorra più fiducia in se stesso di quanta non ne voglia dare agli altri su di Sé, mi scusi il bisticcio di parole ma penso 18 “Pilato fece entrare Gesù nel Pretorio e lì rimasero soli, lontano dal Noi. «Dunque tu sei il re dei giudei?» domandò Pilato. Gesù rispose: «Lo domandi perché vuoi saperlo tu, oppure anche tu sei uno di Noi, che dice ciò che hai sentito dire da altri?». Pilato rispose: «Ti sembro uno che si annulla in un Noi, come i Giudei là fuori che obbediscono ai loro pontifices? Ti hanno consegnato a me, a un io. Spiegami che cosa hai fatto». Gesù rispose: «Si tratta di un regno diverso dai regni di questo mondo. Se fossi un re di questo mondo, avrei soldi e servi a difendermi, ma come vedi il regno che intendo io è in un’altra dimensione». Pilato gli domandò: «Puoi dirlo anche tu di te stesso: io sono re. L’Io è re in realtà: viene da una stirpe regale, suprema. L’io nasce e viene in questo mondo per far esistere qui la verità. E perciò chi appartiene alla verità capisce il linguaggio dell’Io». Pilato disse: «E cos’è la verità?». E andò a dichiarare ai giudei che Gesù, secondo lui, non era colpevole di nulla”. Igor Sibaldi, Vangelo di Giovanni 18,33-38, ne Il codice segreto del Vangelo, cit., pp. 346-347.
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che lei mi capisca. Anche, a un certo punto, comprendo che ormai la situazione è talmente difficile che lo spazio per un cambio di rotta, per lei, potrebbe risultare fatale. Beh Siri, se non ho fiducia in me stesso io, allora mi dica che ne ha più di me in se stesso! E mi perdoni il bisticcio di parole anche lei. Sono l’uomo che ha più fiducia in se stesso che io conosca! Sì, certo Presidente, che lei lo creda non c’è dubbio; è anche divertente il modo in cui lo dice: la sua simpatia è parte del suo Io. Di certo lei ha fiducia in se stesso, ma ha bisogno dell’approvazione degli altri. Un po’ come con sua moglie, un po’ come nella coppia. Lei è come gli altri vogliono che sia. O perlomeno, cerca di essere così. Il vero problema è che questi altri non sono omogenei, ecco il perché di tanta lacerazione e di tanta pena. Probabilmente, se fosse un po’ di più se stesso senza aver bisogno degli “altri” tutto questo malessere non l’assillerebbe. Del resto ci pensi su, quando lei incontra qualcuno e prova a domandare se questo qualcuno è “gli altri”, di sicuro otterrà una risposta negativa. Il qualcuno risponderà “io non sono gli altri… sono Giuseppe, Antonella, Luigi, Daniela…”; forse è un po’ questo il punto: gli “altri” non esistono. Siamo noi che li facciamo esistere. Questo un bambino lo capisce. Il bambino non ha la cognizione degli “altri” come un soggetto. Se tu mostri a un bambino dei gattini che giocano insieme, il bambino vede un gatto, un gatto e un gatto; se gli stessi gattini li fai guardare ad un adulto, lui vedrà solo un gruppo di gatti. Lei, come tutti gli adulti, crea “gli altri” dai quali ha bisogno di consenso per fare, e più la 129
proiezione che ha degli “altri” è grande, meno saprà cosa vuole davvero19. Forse aveva ragione un certo presunto machiavellismo, sostenendo che il fine giustifica i mezzi: basterebbe solo aggiungere una postilla, e dire che il fine non è lo stato, non è una fede né una dottrina, ma il fine è l’Uomo. L’uomo come individuo, con le proprie necessità e caratteristiche. Se si avesse il coraggio di affermare questo, fare un passo in avanti verso una direzione di futuro sarebbe possibile. Il punto è: non le sembra di dipendere troppo dagli “altri”, dal loro giudizio? Riesce veramente, come afferma, a credere davvero in Se stesso? Se così fosse, non le costerebbe fatica ascoltare, non proverebbe dolore nel non essere apprezzato per quel che fa. Le basterebbe la Sua approvazione. In quel momento, sarebbe Re di se stesso. Sì certo Siri, torniamo punto e a capo. Già sento bisbigliare a destra e a manca un sacco di gente che dice “ma chi si crede di essere quello lì”! Piuttosto che il solito “è un dittatore!” e altre fandonie di questo tipo, ci mancherebbe pure che mi mettessi a fare il Re e poi siamo a posto! È ovvio che cerco l’approvazione degli altri, le cose non le faccio certo per me stesso, le faccio per la collettività, per il Paese, per la Società, mi sembra naturale che io cerchi l’approvazione, il sostegno e il consenso. E se me lo concede, riesco anche a ottenerli, non a caso sono al Governo del Paese e la maggioranza degli italiani vogliono che io stia al mio posto. 19 “In ciascuno dei «noi» che costituiscono un Soggetto collettivo, la memoria decresce in base a due fattori: quanto più il noi è numeroso; quanto più direttamente è coinvolto in attività di «noi» più vasti e potenti. E senza dubbio, tale decrescere della memoria ha lo scopo di preservare dalla disgregazione tutti i «noi» di cui un Soggetto collettivo si compone”. Igor Sibaldi, Il Libro delle Epoche, 2012, la fine del ciclo della ribellione, Frassinelli editore, Cles (TN), 2010, p. 29.
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Ma per carità! Presidente lei rimanga pure al suo posto, finché gli altri vorranno che lei faccia il Presidente del Consiglio lo farà; non farà quello che lei desidera veramente, però. È un’ipotesi la mia. Credo che finché lei cercherà il consenso di tutti, per fare ciò in cui crede davvero, non riuscirà a fare un bel niente. Magari potrebbe parlare, anziché a tutti, a ognuno. Non è detto che lei debba sempre parlare da Presidente del Consiglio, in fondo prima di essere un ruolo lei è anche un individuo, potrebbe parlare da individuo. La sua forza è sempre stata quella di riuscire a mettersi in contatto con il cuore di ognuno, con il “Cosa”; adesso è troppo tempo che parla loro con il “come”, forse per questo non sente la forza di un tempo, e a mio parere ha più paura di un tempo. Anche questa è un’ipotesi.
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Di figlio in padre
Lei propone troppe ipotesi Siri, parla tanto e non dice niente, ho l’impressione che a volte viva nelle nuvole. Che cosa vuol dire parlare a ognuno? Cosa faccio, mi metto a bussare casa per casa? Ne ho abbastanza di Porta a porta! O mi faccio clonare, insomma… più di così non saprei davvero che fare. Le mie giornate sono senza fine, come senza fine sembrano essere i problemi, la maggior parte dei quali me li procurano quelli che dovrebbero sostenermi. Potrei non dormire più, sarebbe una soluzione, tre ore recuperate al giorno. Ci sono momenti in cui vorrei poter chiedere consiglio e aiuto a qualcuno, ma non saprei proprio a chi. Ecco, in simili situazioni, mi sento davvero solo e non è una bella sensazione, mi creda. Le credo. Certo che le credo! Su questo punto vorrei chiederle: perché non la sento mai parlare di sentimenti? Escluso il partito dell’amore e quell’accezione dei sentimenti ego-riferiti e qualche battuta spiritosa, non la sento quasi mai, salvo alcune rare eccezioni, parlare dei sentimenti che 132
prova, non per gl’ideali in cui crede ma per le persone che ama. Mi ha detto di aver rinunciato alla famiglia per fare politica. E quando lei dice che le cose dovrebbero andare come un buon padre di famiglia le farebbe andare, lei pensa di esserlo? Naturalmente. Credo di aver fatto di tutto per la mia famiglia. Ho cercato di trasmettere ai miei figli dei valori: il rispetto per il prossimo, la libertà e molte cose in cui credo come coltivare il proprio del talento, la propria vocazione, il credere in se stessi. Forse non sono stato molto presente, non quanto avrei voluto. Ma sono certo che, attraverso il mio esempio, sia riuscito comunque a far arrivare loro un messaggio positivo e di ottimismo, così come cerco di farlo arrivare al Paese. Il proposito è ottimo e per certi versi sono convinto che sia riuscito nell’intento. I figli sono una grande opportunità per tutti i padri. Grazie a un figlio, un padre può guardare al futuro, al domani. Anche Dio ha avuto bisogno del Figlio, per arrivare al cuore degli uomini. Grazie al Figlio, Dio ha potuto esistere dentro ognuno. Il figlio ci aiuta a vedere il futuro. Non deve per forza essere un figlio naturale, ma la prosecuzione di una propria visione. Il figlio è il domani possibile. Un padre immagina nel figlio, come un maestro con il suo studente, uno stadio che non potrebbe mai raggiungere. Siamo stati abituati a vedere i figli come coloro ai quali “dare” e non coloro dai quali “prendere”. I figli quando sono piccoli ci fanno domande sul nostro mondo di adulti; eppure quasi mai ricambiamo con domande sul loro mondo di “bambini”. Non pensiamo di aver nulla 133
da imparare e facciamo credere loro di avere da imparare tutto da noi. Invece sono la chiave del futuro, hanno la possibilità, più di noi, di vedere oltre, vedranno molto più di noi e da loro possiamo imparare a vivere la realtà con occhi diversi. Dio ha scelto di avere un “Figlio” per andare oltre il tempo. Un figlio può dare molto se si crede davvero in lui, se lo si ascolta e si segue il suo modo di vedere il futuro. Ma spesso i figli sono sacrificati al Noi. Proprio come Gesù. “Prendere” da un figlio significherebbe vedere al di là di tutto ciò che già si conosce. Un mondo nuovo e sconosciuto, senza certezze e schemi, in cui ci troviamo a nostro agio. I figli non hanno “esperienza”, non “sanno”, “non capiscono” e tutto questo anziché essere un vantaggio noi lo viviamo come un pericolo. Non prendiamo in considerazione che “l’esperienza” consolida la ragione e restringe la nostra capacità di fare ipotesi e mettere in discussione il nostro vivere. Il “sapere” c’impedisce di “conoscere”, perché rischieremmo di vedere tutto ciò che è contrario a quel che già conosciamo. E non siamo disposti a farlo. Perché rimettere tutto in discussione? A quale scopo? Ma per capire dovremmo conoscere, allora i figli non “capiscono” perché non conoscono tutto ciò che già noi conosciamo. Insomma, abbiamo sempre un motivo per non volgere lo sguardo là dove naturalmente lo volgono loro, verso il domani più avanti di quello che possiamo immaginare. Abbiamo paura e ci scontriamo con loro. L’individuo figlio viene immolato così sull’altare degli Altri, su cui sono già passati gli adulti, ma ogni volta che prendiamo gli Altri, come scusa per non rispondere all’individuo, compiamo un crimine. Tuttavia, non tutto 134
è perduto: una possibilità rimane ed è anche un’occasione importante. Dare il via a un nuovo modello di relazione con i “figli”, che potrà contribuire ad aiutare gli adulti a guardare il futuro dal presente senza volgersi indietro: verso il futuro. Anche lei, instaurando un buon rapporto empatico con i suoi figli, potrà davvero contribuire in maniera meravigliosa a stare meglio con se stesso. Intendo però un rapporto dove sono i figli il punto di riferimento, non dove lo è il padre. Altrimenti non avremmo concluso niente. I suoi figli possono essere la risposta, se lei farà loro la domanda. Li ascolti, li interpelli, li coinvolga di più. Non per cercare approvazione, non per farsi consolare, non per mitigare i sensi di colpa. Si faccia prendere per mano da loro, inverta i ruoli. Loro potranno essere in grado di rendere tutto più chiaro e tutto più relativo. Se lei non avesse, come tutti gli adulti, emarginato e messo in un angolo il bambino che è in lei (pur riconoscendole di averlo fatto meno di altri), potrebbe vedere con più lucidità, potrebbe gettare lo sguardo oltre il muro; in più potrebbe avere il coraggio di saltarlo, il muro, per guardare da fuori. Tutto allora le sembrerà diverso da come l’ha visto fino ad oggi. Guardi, lei è proprio un po’ strano: prima mi dice che devo fare ciò che sento senza preoccuparmi del parere degli altri, poi che devo chiedere consigli ai miei figli. D’accordo che la loro opinione m’interessa molto, però mi sembra un po’ un controsenso. Non dovrei ascoltare il parere della maggioranza delle persone per sentire solo quello dei miei figli?
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Il coraggio
Ma no Presidente! Non è la stessa cosa! Ho fatto un’ipotesi che lei potrà decidere se prendere in considerazione o meno. Ma c’è una grossa differenza tra gli “altri” e i “figli”. Intanto il termine “figlio” non è necessariamente il figlio naturale, ma colui che è più giovane, che può vedere più avanti, che non appartiene ancora fortemente a un “Noi”. E poi, io le ho suggerito di fare domande, non per sapere se ciò che sta facendo è giusto o sbagliato, per chiedere approvazione o disapprovazione, ma per avere una prospettiva di visione sul futuro. I figli sono una metafora. Sono i primi su cui indirizziamo il volere del “Noi”, si tratterebbe solo di avere il coraggio d’invertire le cose e provare a vedere il presente con lo sguardo verso il futuro. In questo potrebbero essere d’aiuto i figli. Non c’entra nulla con il fare ciò che lei vuole, quello in cui crede, anzi, è possibile che grazie a una visione che guarda al domani, ciò che lei vuole possa già avere un posto nel futuro. Ci vuole molto coraggio a invertire i ruoli, ci vuole molto più coraggio a essere Se stessi che 136
a essere ciò che gli “altri” vogliono che siamo. Un ruolo, un’organizzazione, un collettivo, un’azienda, una bandiera, una nazione, un partito, una famiglia. Ad un certo punto i figli si “ribellano”; perché? Perché vogliono affermare la loro volontà e noi siamo pronti a far capire loro che sbagliano, che il mondo non è come loro credono. Ma in fondo in fondo anche l’adulto vivendo quel “conflitto” sa di aver perso un’occasione, un sogno in cui ha creduto, un modo di fare che ha modificato, tutto per adattarsi all’insieme, dove l’insieme non è fatto di un individuo, un altro individuo e un altro ancora, ma di un gruppo d’individui, il quale assume l’identità dominante condizionando la volontà di ognuno. Lei dice spesso che molte cose non le può fare perché gli altri non glielo consentono. Credo sia proprio così. Lei parte da una visione sua personale, poi cerca di convincere gli altri prima di pensare che già possa esistere, se non riesce a convincerli rimane in balia degli eventi e di se stesso. Perché ciò in cui crediamo davvero possa esistere nella realtà, dovremmo avere il coraggio di farlo esistere, il coraggio di essere anche soli in certi momenti. Soli come lo è stato Gesù sulla croce. Ma il coraggio di essere Se stessi può cambiare il mondo.
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La rivoluzione
Cosa dovrei fare una rivoluzione? Per fare cosa? Per gettare il Paese allo sbando? Per dare retta a coloro che non accettano l’ingresso in Europa? Anch’io concordo sul fatto che una rivoluzione sia necessaria: ho tentato (invano) di proporre una riforma della magistratura, e pare sia la cosa più impossibile del mondo - pensare a una magistratura in cui i giudici fanno i giudici, e i pm fanno gli avvocati dell’accusa. Ho provato a far capire che subiamo un’eccessiva burocrazia, e che in questo modo il Paese non funziona perché la gente vuole delle risposte e le vuole rapidamente. Non possiamo più pensare che lo Stato sia rapido e coercitivo quando deve fare valere le sue ragioni con i cittadini, e al contrario lento e obsoleto quando i cittadini devono fare valere le loro ragioni con lo Stato. Forse non ho avuto coraggio? Lei è sceso in politica e ha dato una grande opportunità agli italiani: l’opportunità di una piccola rivoluzione, che poteva essere una grande rivoluzione ma che lei in parte 138
ha disatteso. Questo è l’umore attuale anche nel suo elettorato. Come fa a dire che io ho disatteso? Ho fatto tutto quello che ho potuto, consapevole dei limiti imposti dal sistema che abbiamo. Sto proponendo un rinnovamento del sistema, della Costituzione. Stiamo lavorando sul federalismo; stiamo parlando di un maggior potere per il Capo dello Stato e per il Capo del Governo. Tutto questo perché voglio andare nella direzione di dare delle risposte più concrete. Purtroppo non dipende solo da me. Non vede che ogni volta che cerco di avviare un processo di cambiamento e di riforma vengo massacrato? Vedo, vedo. Non è semplice. Ma anche dire «è difficile» è un alibi, un modo per non farlo, e noi dobbiamo guardare oltre. Abbiamo già visto che fine ha fatto il rivoluzionario più rivoluzionario di tutti i tempi. è finito in croce. Siamo alle solite. Il punto è che non bisognerebbe mai perdersi d’animo. La specialità di chi non vuole cambiare le cose è quella della dissuasione, della persuasione, a volte della delegittimazione, della calunnia. È una storia già vista. Coloro i quali devono difendere lo status-quo, possono contrastare colui che vuole cambiare le cose solo instillando in lui il dubbio. Lo gettano in uno stato di prostrazione affinché la sua volontà si pieghi a quella più grande. Il diavolo, per evitare che tu possa raggiungere un obiettivo a lui ostile, per farti perdere tempo, è disposto anche a indurti a pregare. Così non avrai mai il sospetto che sia lui a rallentarti. Per fare una rivoluzione occorrerebbe non avere nulla da perdere, ma considerato 139
che il Noi fornisce a tutti gli individui una buona ragione per non contrastarlo, la situazione diventa difficile, a meno che non si appartenga a quel tipo di persone che credono davvero. Raramente nella storia c’è stato chi ha creduto veramente, uno è stato di sicuro Gesù. Molti altri che hanno dato il via a delle rivoluzioni, hanno sostituito il Noi con un altro Noi, e sono finiti in mezzo a un sacco di guai. Scontri, guerre, sangue e vittime sono gli ingredienti delle rivoluzioni storiche più famose. Ma ce n’è una, quella americana, che potrebbe rappresentare uno spunto interessante. Quella è stata una rivoluzione dove il Cosa è stato più importante del Come. Per annunciare e pubblicare la “Dichiarazione di indipendenza”, nessuno si è sognato di chiedere il permesso o il consenso. I cinque che l’hanno scritta l’hanno fatto e basta. Da quel momento esisteva la Confederazione Indipendente degli Stati Americani. Le conseguenze sarebbero arrivate. Dopo. Quella è stata una rivoluzione non una “confusione armata”. Per Franklin e compagni era tutto chiaro. Bastava farlo. Loro ci credevano davvero, il loro popolo li ha seguiti. D’accordo Siri, ma lei fa degli esempi anacronistici, non siamo più nel Settecento, le cose sono cambiate; esistono condizioni differenti, anche la gente è diversa, non è così semplice come dice lei. Beh no Presidente, non è proprio così. Quando lei è sceso in campo con un progetto per l’Italia, la gente l’ha seguita, ci ha creduto. Lei era in quel momento un rivoluzionario, poi non è andato fino in fondo, perché si è fatto influenzare 140
da coloro che hanno “ragione”. Coloro i quali spingono le persone a mollare il colpo con la scusa della razionalità, della logica, del passato, di tutto ciò che esiste e che fanno credere sia la ragione anche della sua esistenza.
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Il cercatore
Lei sapeva che esistono tre categorie di persone? La prima, probabilmente quella con cui lei non riesce a trovare una linea di comunicazione, è composta da quelli che hanno ragione: o che credono di avere ragione; a queste persone le cose stanno bene così come sono nel presente, nello status quo. Queste persone si accontentano del presente così com’è ora. Un’altra categoria è quella dei perdenti: quelli che dicono, spesso, che non ce la faranno mai. Che non saranno mai in grado di. Sono quelli che rendono inutile l’importanza della Ricerca, partendo dal presupposto che non avranno mai risposte adeguate alle loro domande. Domande che non fanno mai veramente. E sono anche quelli che fungono da nutrimento. Lasciano la loro energia in pasto a quelli che hanno (che credono di avere) ragione. Questi ultimi si nutrono dei perdenti, e li stimolano a prendere la strada del rancore e dell’invidia, delle recriminazioni. Infine, ci sono i cercatori: quelli motivati, 142
forti, che sanno di potercela fare e non conoscono resa. Quelli sempre immersi nella ricerca e nel divenire, che vogliono ottenere risposte e voglio cambiare le cose. Quest’ultima categoria di persone deve anche sviluppare un certo tipo di consapevolezza: la prima deve essere quella di saper riconoscere i propri difetti. Sostenere un esame profondo e capire cosa c’è che non va in se stessi. Porsi questa domanda “che cosa c’è che non va in me stesso? Cosa posso migliorare?”, significa aver fatto un grande passo avanti. Una volta preso atto dei propri limiti e difetti, dopo averli riconosciuti, si potranno apprezzare i propri talenti. Le proprie qualità. Le proprie capacità. E solo a questo punto, per costoro la vita comincia a cambiare. Quindi, questi cercatori potranno scoprire e individuare i propri obiettivi. In quel momento, la loro energia sarà a tal punto grande da non poter essere fermata e saranno pronti per vedere il futuro, per cambiare le cose. Quelli che hanno ragione, o pensano di, hanno sempre paura dei cercatori, e cercheranno in ogni modo di fermarli. Spinti dall’invidia e dal terrore. E mentre un perdente può diventare un cercatore in ogni momento, ponendosi la domanda invece di darsi una falsa risposta, per quelli che hanno ragione non c’è speranza. Ebbene Presidente, se lei si riconosce nella categoria dei cercatori, io posso darle ragione, ma lei lo è solo a metà. Lei ha riconosciuto i propri talenti e in qualche modo riesce a vedere i propri obiettivi, ma lei ha perso un passaggio, non è stato in grado d’identificare i propri difetti. Ecco perché coloro che hanno ragione, prevalgono sempre e lei non trova una via d’uscita. Non trova soddisfazione. Non realizza quello che ha in mente. 143
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Il futuro
Intanto, cosa immagina per il futuro non me l’ha ancora detto… Cosa vuole che immagini? Non lo so, non posso risponderle; al momento, non vedo nessuno in grado di dare delle risposte. Se quel qualcuno c’è, è presente, che si faccia avanti e vedremo se otterrà il consenso degli italiani, visto che a quanto pare sembra che io sia inadeguato! Voglio vedere cosa ci sarà dopo di me! Perché non c’è nessuno, a suo parere, che possa riuscire nell’impresa? Non lo so, questo non lo deve chiedere a me. Io vedo che in molti si propongono per garantire come dice lei che “tutto cambi perché nulla cambi”. Vedo un sacco di aspiranti “Bruto”, vedo un futuro difficile e credo davvero di essere ancora qui solo per amore del mio Paese. Lo stesso amore che mi ha fatto 144
scendere in campo, e anche lo stesso coraggio se mi permette, di credere nel futuro. Poi è probabile che come dice lei qualcosa mi blocchi, che non riesca fino in fondo, ma le ripeto, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Lei la fa sempre troppo facile. Non è nella mia natura essere pessimista, ma a volte il mio eccessivo ottimismo s’infrange contro la volontà altrui. Ecco Presidente, vede! Ha bisogno degli “altri” per essere ottimista? Ha fatto caso che quando lo è stato nel momento in cui tutti la davano per spacciato, la sorte le è venuta incontro? Lasci perdere questo concetto che deve per forza avere il consenso di tutti. Potrebbe anche ipotizzare che quanto dice certa stampa su di lei non sia così importante, che in fondo lei può avere mille modi per dimostrare per lo meno la sua buona fede agli italiani. Mi riferisco anche al caso delle fotografie con le modelle a casa sua. Mi chiedo, invece di cercare in ogni modo di non farle pubblicare, non sarebbe stato più semplice dire che erano affari suoi e basta? Non mi pare che lei abbia un mandato “clericale” o il vincolo della “castità”. Oltre al fatto che è l’unico a poter decidere della propria vita privata. Forse una presa di posizione in questo senso avrebbe evitato di alimentare un polverone. La vicenda, così com’è stata vissuta, è servita solo a chi è “contro” di lei a trovare ulteriori “ragioni”, mentre a lei ha procurato qualche mal di pancia in più. Comportandosi in quel modo, ha legittimato i suoi “nemici”, ha armato il “Noi” contro se stesso. Lei si è sentito in difetto, si è sentito “scoperto” e ha vissuto il senso di colpa che gli “altri” hanno risvegliato dentro dei lei. Bastava credere in se stesso, bastava non dover dare spiegazioni e ognuno 145
avrebbe capito. Proprio come hanno capito il gruppo di aspiranti “assassini” che volevano condannare l’adultera. Riconosco che per certi versi lei ci ha provato, poi spinto da tutta una serie di condizioni si è ritrovato a un bivio dove il senso della “morale” ha prevalso. Vede, in fondo lei per certi versi si è comportato un po’ da bambino, ha fatto quel che ha desiderato senza pensare alle conseguenze. Questo atteggiamento, invece che apprezzato, è stato stigmatizzato. Il “Noi” è fatto di adulti che hanno imparato a esserlo. Adulti che non hanno più il coraggio di desiderare, che sono diventati “come si deve”. A loro, a questi adulti, non è concesso di vedere il futuro, di vedere oltre ciò che già conoscono. Non potevano capire un atteggiamento così spavaldo, così spontaneo. Gli adulti dedicano pochissimi loro pensieri al futuro, agiscono e pensano con gli occhi rivolti al passato. Il loro presente è il frutto di tutto ciò che hanno vissuto, non di ciò che potranno vivere, che conoscono non di ciò che conosceranno, delle esperienze fatte non di quelle che faranno. Non c’è posto nella mente e nel cuore degli “adulti” per il futuro. Quel posto così grande al contrario nel cuore e nei pensieri dei bambini.
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Il bambino
Tornare a guardare il mondo con gli occhi di un bambino può aiutare a vedere il futuro. Ogni volta che un bambino scampa a un Erode o a un Faraone, il mondo è destinato a grandi cambiamenti. Ha mai pensato che, per fare certe cose, per osare in una direzione, anche per sognare e avere una visione del domani, occorre quella capacità di immaginare che è tipica dei bambini? I bambini non conoscono le convenzioni, le convenienze, l’ipocrisia… e possono immaginare oltre l’immaginabile. Un futuro imprevedibile, non agganciato ai meccanismi del presente e del passato. Il bambino è ovviamente una metafora, non una fase evolutiva; è un modo per dire che solo chi libera la propria interiorità sarà capace di cambiare davvero le cose e arrivare fin dove nessun adulto può giungere20. E io temo che lei, sotto diversi aspetti, questo 20 “Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li rimproverarono. Gesù però disse: «Lasciateli, non impedite che i bambini vengano a me; a chi è come loro, infatti, appartiene il regno dei cieli». E, dopo aver imposto loro le mani, andò via di là”. Vangelo di Matteo 19,4 13-15 in La Bibbia di Gerusalemme, cit.
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bambino non lo abbia liberato del tutto. Sa che quando viene fuori il “bambino” che è in lei, ogni suo desiderio si realizza, ma troppo spesso subisce i condizionamenti del passato, delle convenienze, del sistema così com’è. Lì tutto si arresta, s’indebolisce, obbedisce al vincolo del passato. Servirebbe uno spunto, un indizio sul tema non solo evangelico. Un esempio è lo Zarathustra di Nietzsche, che pure prospettava un’esaltazione dell’infanzia per realizzare quell’oltre-uomo che si libera definitivamente del peso della tradizione21. Lei spesso cita come suo libro preferito L’elogio della follia, di Erasmo da Rotterdam, eppure il suo io adulto, quell’io che ha ceduto ai compromessi e ha smesso di fare domande, le ha impedito di essere così folle. Se lo fosse stato, avrebbe fatto scoprire agli italiani il bambino che c’è in loro. Ci è riuscito per un po’, e ci riesce ancora oggi, quando è capace di essere “fuori dal coro”. Fuori dal coro lo si può essere su temi anche diversi da quelli che stanno molto a cuore a lei, e credo a tutti gl’individui che pensino che l’Io sia sempre più importante e prezioso di un Noi. Tuttavia, mi domando ad esempio perché il tema dell’ambiente non è al centro della sua visione di futuro. Credo che l’ambiente non sia solo prerogativa di chi ne sfrutta le tragedie per essere sempre “contro”, o di chi al contrario ne faccia l’ennesimo culto sacro, rigettando ancora una volta l’uomo in una condizione d’inferiorità rispetto alla natura. Il tema dell’ambiente e della sopravvivenza dell’umanità all’interno 21 “Tre metamorfosi dello spirito io vi dico: come lo spirito diventa cammello e il cammello leone e infine il leone fanciullo […]. Ma dite, fratelli, che cosa può il fanciullo, che non poté nemmeno il leone? Perché il leone predatore deve ancora diventare un fanciullo? Innocenza è il fanciullo e dimenticanza, un ricominciare, un gioco, una ruota che gira su se stessa, un primo moto, un santo dire di sì”. Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere 1882/1895, Newton Compton, Roma, 1993, pp. 241-242.
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di questo pianeta, è una delle sfide certe per il futuro. Non è più un tema promulgato solo dagli ambientalisti, da scellerati e dai membri della sinistra. Se fino ad oggi è stato uno di temi di cui ha discusso questa tipologia di persone, è perché qualcuno ha lasciato a loro lo spazio per farlo. Su quest’argomento temo che in lei abbia prevalso l’adulto, pensando che la risposta al fabbisogno energetico fosse ad esempio nell’energia nucleare. Il nucleare è la risposta giusta per un paese che può essere prosperante anche attraverso l’energia solare, o quella idrica o eolica? Scegliere un’energia più pulita non porterebbe solo vantaggi economici, ma sarebbe anche un segnale per il mondo. Ogni produzione ha poi delle scorie: al termine della vita di un pannello solare, sarà necessario inventare un modo per eliminarli. Ma sarà sempre più facile del pensare a come eliminare delle scorie radioattive. Mi rendo conto delle facili strumentalizzazioni, subite in Italia, del pensiero di Amarthya Sen circa la necessità di rivedere il concetto di sviluppo in termini di sostenibilità. Ma non crede che si debba tenere a mente quello che il libro della Genesi riporta così chiaramente con lucidità all’attenzione degli uomini, a proposito del “dominio” terrestre a cui sarebbe stata destinata la “creatura umana”?22 D’altra parte, alla celebre saggezza di Salomone apparteneva anche una certa sensibilità ambientale23. 22 “Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza: domini sui pesci e sul mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutti gli animali selvatici e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Libro del Genesi 1, 26, testo biblico in Bibbia di Gerusalemme, EDB, Trento, 2009, pp. 23-24. 23 “Dio concesse a Salomone sapienza e intelligenza molto grandi e una mente molto vasta come la sabbia che è sulla spiaggia del mare […]. Salomone pronunciò tremila proverbi; le sue odi furono millecinque. Parlò delle piante, dal cedro del Libano all’issòpo che sbuca dal muro; parlò delle bestie, degli uccelli, dei rettili e dei pesci.” Primo Libro dei Re 5, 9-14, testo biblico in “La Bibbia di Gerusalemme”, cit., p. 657.
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Allora Siri, di sicuro il bambino che è in me ha fatto molto di più di tante teorie sul bambino da lei raccontate! In fondo, bambino o no, io ho preso la guida di un Paese vecchio, con un sistema consociativo e del tutto lontano dai cittadini. Sono riuscito a fare grandi cose e le ho fatte solo perché ci credevo e con me ci credevano tutti gli italiani che mi hanno votato. Non so se fossero bambini anche loro, ma di sicuro hanno creduto nella visione nuova che io avevo del Paese. Per quanto concerne la mia vita privata io non mi sono sentito né in colpa, né moralmente in difetto, ho sempre sostenuto che non ci fosse nulla di rimproverabile nel mio comportamento. Per tutto il resto, mi creda, quando lei è al Governo di un Paese nessuno è disposto a credere che lei sia un bambino che vuole realizzare i propri desideri, anzi al contrario per certi versi ho l’impressione che la collettività non voglia che io ne abbia, di desideri. Mi sembra di essere lì solo per realizzare quelli degli altri. E guai se non lo faccio, sono pronti a scagliarmi addosso qualunque nefandezza. Io metto al centro la questione della giustizia perché penso che nessun paese possa farsi chiamare civile, se esiste un sistema che non tutela l’individuo sotto processo. Tutti vogliono difendere la Costituzione ma nessuno vuole ricordarsi che proprio nella Costituzione c’è scritto che “ogni cittadino è innocente fino a prova contraria”. Nel nostro Paese è esattamente il contrario ogni cittadino è colpevole fino a prova contraria. Quindi cosa vuole che le dica! Mi sembra già moltissimo quello che sto facendo, parto dall’uomo, parto dal valore più grande, dalla ricchezza più importante di ogni uomo. La libertà! Potrei fare di più e meglio di sicuro, ma lei m’insegna che la gente non si accontenta mai. Potrei fare mille cose, potrei farle bene, ma chissà perché l’attenzione si concentrerebbe solo su quelle trascurate, su quelle non riuscite. 150
È possibile Presidente. Assai probabile. Ma siamo alle solite. Finché vive in funzione del Noi, sarà così. Nessun Noi, sarà disposto a incoraggiarla, nessun Noi sarà mai soddisfatto. Pensi a essere soddisfatto lei, senza cercare il consenso, e questo arriverà, non da un’associazione, un sindacato, un giornale, una nazione, un partito, un parlamento, ma dall’individuo al cui cuore sarà giunta la sua buona fede, il suo desiderio, la sua volontà. Dubito che ogni individuo di cui parla sarebbe disposto a fare a meno del “sistema” in cui si trova, nel quale giudica, ha un ruolo, nel quale si sente tutelato. Bisognerebbe che tutti fossero determinati quanto me, ci credessero quanto me. E chi glielo dice che non sia così? Non saprei e sinceramente non sono nelle condizioni di sperimentarlo. Mi preme però, a proposito del tema dell’ambiente, farle presente che le cosiddette tecnologie di produzione energetica “pulita” o “verde” sono ancora molto costose. In realtà, nessuno dice che senza gli incentivi pagati dallo Stato nessuna di queste tecnologie resisterebbe al “mercato”. Di sicuro il nucleare oggi offre garanzie migliori di quanto non accadesse in passato, e il rapporto costo-beneficio è sicuramente superiore a tutte le altre tecnologie disponibili. Comunque questa non è una presa di posizione di principio, si potranno verificare le condizioni future. Intanto, io devo guardare alla situazione attuale. Al momento la produzione di energia pulita ha bisogno di grandi sovvenzioni dello Stato, che possono essere pari o superiori ai costi per l’acquisto di energia; in questo modo non abbiamo risolto il problema 151
finanziario; forse quello ambientale, ma per quanto tempo potremo pagare? Presidente, ancora una volta lei dice “devo guardare la situazione attuale”. Bene, se per ipotesi questo “devo” fosse un “voglio”, a questo punto potrebbe anche non essere la “situazione attuale”. Dietro al “devo” si celano molte insicurezze, e una mancanza di volontà chiara. Lei vuole o non vuole sviluppare l’energia pulita a scapito del nucleare? Se lo vuole, lo faccia. Punto e basta. Se non lo vuole, allora “deve” andare nella direzione che si è prefissato. Guardare al futuro ha tante implicazioni, una delle tante credo sia che per vederlo non si debba “prevederlo”. Io guardo al futuro, e desidero cambiamenti sempre più efficaci e radicali. È nel mio interesse, perché il mio interesse è quello del Paese. Dico sempre, con sincerità, che se c’è qualcuno in grado di sostituirmi e offrire all’Italia il cambiamento di cui ha bisogno, che si faccia avanti. Il problema evidente è che non c’è nessuno. Nessuno si propone, si mette in gioco, nessuno ha la forza e il coraggio di accettare la sfida.
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La spada nella roccia
A sentirla parlare così, mi pare di capire che dopo di lei è probabile che ci sia il nulla. E la mia non è una battuta ironica. Credo effettivamente che la partita sia davvero difficile. In fondo, siamo alla vigilia di qualcosa di straordinariamente importante, la cui portata è nelle mani di ciascuno. Non pensa di avere un ruolo importantissimo in questa fase? Quello di poter trovare colui a cui affidare ciò che le è riuscito fino a oggi e che potrebbe completare l’opera? Ma certo! Ben venga! Io dico sempre che se c’è qualcuno con queste caratteristiche, è pregato di farsi avanti. Non basta, Presidente. Se lei dice – come sostiene da tempo – che il suo principale interesse è il bene del Paese, dovrebbe essere lei in prima persona a darsi da fare, affinché questa persona emerga. È lei che deve avere il coraggio di portare in piazza la “Spada nella Roccia”, e trovare il 153
bambino che sia capace di sollevarla, di alzarla verso il cielo e d’indirizzare il Paese verso il futuro. Questo è il gesto di generosità di cui il Paese ha bisogno. Non crede? Lei non vedrà nessuno in grado rispondere alle caratteristiche richieste, finché non porterà la spada in piazza. E fino a oggi non l’ha fatto. Non ha mai pensato di non essere riuscito a fare la rivoluzione fino in fondo, perché quel serpente che si è annidato e stringe in una morsa fatale lo stato italiano, quello di cui lei spesso parla definendolo “i gangli dello stato”, è lo stesso serpente con cui lei è sceso a patti. La burocrazia, i poteri forti, il sistema. Il Noi. Tutto quello fa sentire gli italiani rassicurati ma al contempo toglie loro le energie, la visione del futuro, i sogni, i desideri, li fa sentire così depressi, spesso sconfitti e demoralizzati. Quel sistema che li tiene legati al “debito pubblico”, ai problemi piuttosto che alle soluzioni, alle delusioni piuttosto che alle illusioni, alla realtà piuttosto che ai sogni. Il serpente si attorciglia intorno allo stato e mette i politici in prima linea, illudendoli di poter contare qualcosa all’interno della società, con la scusa della democrazia. Ma in realtà, la gente non conta nulla, e lei è espressione della gente, del popolo, dei cittadini. Ecco perché non riesce a fare fino in fondo quello che vuole. E poiché è dovuto scendere a patti con il serpente, lei non può essere chiaro con il popolo, con chi l’ha votata e con chi non l’ha fatto. Lei spesso è dispiaciuto perché le è impedito di prendere decisioni, da tecnocrati, da burocrati, da magistrature, qualche comitato o qualche authority di sorveglianza che deve dire la propria sul suo operato. Potrebbe avere ragione, se non fosse sceso a compromessi con quel sistema pensando di poterlo dominare, di 154
poterlo convincere, così come ha convinto gli italiani, della bontà delle sue iniziative. Invece non ha compreso che il serpente, così come ha ipnotizzato il popolo, ha limitato anche il suo potere. Solo se lei avrà il coraggio di un gesto d’amore vero verso il Paese, sarà ricordato nella storia come colui che ha visto oltre, colui che ha permesso il cambiamento vero. Solo chi potrà estrarre la Spada dalla roccia avrà il coraggio di tagliare per sempre la testa del serpente che da troppo tempo tiene prigionieri i nostri desideri, la nostra volontà, la nostra realtà.
155
24
Nonostante tutto
Presidente, nonostante tutto c’è ancora una possibilità. C’è sempre una possibilità, per cambiare le cose. C’è sempre un modo affinché il futuro sia quello che vogliamo. E la speranza non è una chimera, la speranza alimenta il nostro desiderio. Allora, se veramente, come lei dice, vuole cambiare le cose, cominci a capire cosa desidera davvero. Essendo lei così riconosciuto e riconoscibile come leader, nel suo modo di desiderare davvero qualcosa, potrebbe coinvolgere tutte le persone che la apprezzano e la stimano. In quel modo potrebbe far sì che il suo sentire si unisca a quello degli altri, ed acquisendo sempre più forza potrebbe davvero cambiare le cose. Nonostante tutto quello che conosciamo, possiamo osare di vedere oltre. E non fare come quelli che, anche se hanno visto, non sanno raccontare nulla perché ciò che han visto è troppo lontano o è troppo diverso da ciò che conoscono. Come gli uomini incatenati dentro la caverna del mito di Platone, che vedevano le ombre sfilare sulla parete rocciosa e poi, liberati, tornavano 156
dentro la caverna, per raccontare increduli ciò che avevano visto fuori. Se ci muoviamo in quest’ottica, se ci muoviamo davvero in grande, dove il grande non è l’importanza del suo palazzo, del suo aereo o del suo ruolo, il grande è lei, avrà delle risposte su questo. E quindi, nonostante le difficoltà, il serpente e il patto, potrebbe in qualche modo dare una possibilità a chi verrà dopo di lei. A questa riflessione, può rispondere solo Silvio Berlusconi.
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Conclusioni
Questo libro si propone come una “passaporta”, un veicolo attraverso il quale poter accedere dal presente al futuro, attraverso una riflessione intima e individuale. Questa riflessione, qualunque essa sia, rappresenterà per ciascuno il “cosa”. Ognuno avrà una sua personale visione e interpretazione del domani per Se stesso. Nulla di ciò che vale per Sé può valere per tutti, ma ciò che è importante per ognuno può essere messo all’attenzione di ciascuno. Pensare ad un nuovo modello di Stato, di sistema fiscale, contributivo, sociale, economico, è un’opportunità e al contempo un’occasione per uscire dal presente; il “cosa” che serve per non guardare più a tutto ciò che già si conosce. Da lì in poi, perché questo “cosa” sia il futuro, occorre pensare al “come”. Quando il “cosa” e il “come” sono in sintonia, il futuro si realizza. Se questo libro rappresenta un “cosa” per Te, il “come” parte dallo scioglimento delle Camere e la chiamata di tutti i cittadini a un referendum istituzionale come quello che ci 158
fu nel 1946 in cui gli italiani furono chiamati a decidere per la prima volta su qualcosa di chiaro e concreto. Monarchia o Repubblica? Questa volta il quesito potrebbe essere: vecchia Costituzione o nuova Costituzione? Nulla è impossibile se lo si desidera davvero. Se nessuno di chi governa nel presente avrà il coraggio di fare il passo verso questa direzione si vada ad elezioni, si chiami a eleggere un nuovo Parlamento. Io, insieme a ciascuno che crede in questo “cosa”, sarò pronto a partecipare con un unico punto nel programma. La convocazione di un referendum popolare per la Fondazione della Nuova Italia. L’attimo è fuggente, l’occasione è unica. Il futuro è dietro l’angolo. Se prevarrà il coraggio in ciascuno e la speranza in ognuno, l’alba di un nuovo giorno potrà sorgere. Se al contrario rinunceremo a questa opportunità, tutto precipiterà verso l’abisso in una direzione di non ritorno, di cui presto percepiremo gli effetti sempre più preoccupanti. Quel tocco sul cuore si avvertirà più forte da qui a poco tempo. Non ci saranno più nuove occasioni, nuove opportunità. In fondo, come la vita insegna, chi si evolve vive e prospera, chi non si evolve è destinato a perire.
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CARTA DEI PRINCIPI DI FONDAZIONE DELLA
NUOVA ITALIA
Articolo 1 Lo Stato ha come fine quello di creare le condizioni migliori affinché l’individuo possa esprimersi nella società, secondo i propri desideri. L’individuo cittadino è libero di autodeterminarsi secondo i propri convincimenti e la propria coscienza e si assume la piena responsabilità delle azioni od omissioni compiute nell’esercizio di tale prerogativa. Ogni scelta dell’individuo che non sia in contrasto con la libertà altrui è personale e non può essere materia di competenza dello Stato. Articolo 2 Lo Stato garantisce ad ogni individuo cittadino il proprio sostegno, nelle misure più idonee, siano esse di tipo organizzativo o normativo, per il raggiungimento dei propri scopi. Articolo 3 Gli individui cittadini che si comporteranno con accoglienza, generosità e comprensione con i loro simili, e con tutte le espressioni universali della natura non avranno mai da temere il giudizio e la coercizione dello Stato. 161
Articolo 4 Ogni individuo cittadino che non dimostri di aderire ai principi fondamentali dello Stato perderà il proprio diritto alla cittadinanza e tutte le opportunità ad essa collegate. Articolo 5 La proprietà privata è inalienabile e va tutelata, fatto salvo quanto disposto dalla Legge in materia di risarcimento del danno allo Stato e agli individui cittadini terzi. Articolo 6 Nessuna organizzazione, associazione, gruppo o collettivo può fare valere diritti o prerogative superiori al singolo individuo cittadino. Articolo 7 Nessuna norma pubblica o privata può prevalere sull’autodeterminazione dell’individuo cittadino, ancorché tale autodeterminazione non abbia risvolti violenti, aggressivi o costituisca minaccia all’incolumità, all’intimità e alla riservatezza di ogni altro individuo cittadino o all’organizzazione dello Stato. Articolo 8 La scuola è gratuita fino al secondo grado superiore. Tutti i cittadini fino al compimento del 18° anno di età che non hanno un impiego debbono frequentarla. Alla scuola è affidato il compito di scoprire e valorizzare le capacità e i talenti dello studente, di incoraggiarne lo sviluppo e il perfezionamento. Lo Stato promuove attraverso la sua organizzazione, le proprie risorse e le disposizioni normative del caso, l’autodeterminazione di tutti gli individui cittadini che dimostrino di voler affermarsi nel campo dell’artigianato, dei mestieri, dell’agricoltura, dell’arte, della scienza e della ricerca intellettuale e scientifica. 162
Articolo 9 Il servizio sanitario è nazionale e gratuito per tutti gli individui cittadini. Viene erogato e gestito direttamente o indirettamente dallo Stato con l’unico fine di tutelare la vita umana con tutti gli strumenti che la medicina e la scienza offrono. Articolo 10 Ogni individuo cittadino che approfitti in mancanza di una reale necessità del servizio sanitario nazionale sarà chiamato al risarcimento di quanto indebitamente ottenuto. La responsabilità di chi opera nell’ambito del servizio sanitario nazionale è personale, così come in ogni altro ente, organismo o istituzione dello Stato. Chiunque agisca in contrasto con i principi della presente carta è soggetto ai risarcimenti previsti dalla legge. Articolo 11 Lo Stato mette a disposizione di ogni cittadino una struttura organizzata di uomini, donne e mezzi idonei, con il compito di tutelarlo, assisterlo e proteggerlo da ogni minaccia alla propria incolumità. Nessun individuo può sopraffare un altro per nessuna ragione neppure se rappresenta lo Stato. La presente carta stabilisce i limiti dell’azione coercitiva esercitata dallo Stato a tutela e a salvaguardia dei cittadini e della sua organizzazione. Articolo 12 Un individuo cittadino può essere sottoposto ad un processo quando ne sussistano le condizioni determinate dal compimento di un reato. Qualunque individuo sottoposto ingiustamente a processo, o che sia stato assolto deve essere ripagato adeguatamente per il danno subito. Articolo 13 L’azione penale non è obbligatoria ma discrezionale. È attivata su iniziativa 163
dei Delegati del Capo dello Stato in ogni Provincia o per effetto di denuncia presentata presso di essi da ogni cittadino. Tutti gli individui cittadini senza distinzione, sono soggetti alla Legge, che non è uguale per tutti, ma vale per tutti. I Delegati del Capo dello Stato in ogni Provincia, giudicano secondo buon senso e in ossequio ai principi espressi da questa Carta con il fine di ottenere ravvedimento personale ed equo risarcimento per le vittime del danno o del delitto subito. I delegati provinciali tengono conto di tutte le caratteristiche dell’individuo che ha commesso il reato. Al Capo dello Stato possono essere rivolte in caso di condanna richieste di Appello che vengono evase entro 3 mesi dalla presentazione della domanda. Nessun processo può durare per un periodo superiore a 1 mese, salvo specifiche situazioni di carattere “eccezionale”, per le quali il periodo è esteso ad un massimo di 3 mesi. La legge stabilisce le modalità organizzative con cui ciascun Delegato Provinciale esercita la propria funzione giudiziaria in ossequio ai principi della presente Carta. Articolo 14 Nessun cittadino può essere privato della libertà se non dopo una condanna per grave delitto nei confronti di un altro individuo. Si intende grave delitto ogni atto di violenza e aggressione fisica. Non è l’entità del danno procurato ma, l’atto in se, che sarà oggetto di processo. La reclusione è prevista unicamente per delitti che abbiano oggetto tutte le espressioni di violenza fisica od atti volti a procurare danno fisico diretto o indiretto. La pena massima applicabile per legge è la reclusione a vita. Per tutti gli altri reati di carattere civile o penale la legge stabilisce i diversi provvedimenti da adottare di volta in volta a seconda dei casi. Tali provvedimenti avranno principalmente l’obiettivo di privare il cittadino condannato di una parte o tutte le opportunità offerte dalla società, compresa la proprietà privata. Il cittadino che non fosse nelle condizioni di risarcire il danno arrecato ai terzi o allo Stato con mezzi propri diretti o indiretti potrà essere posto coattivamente nella condizione di ottenere la somma dovuta tramite la prestazione d’opera o d’ingegno nelle modalità stabilite dalla legge. In caso 164
di manifesta violenza o pericolo l’individuo potrà essere costretto agli arresti domiciliari o posto nella condizione di non nuocere. Articolo 15 Ogni individuo cittadino che ha scontato o pagato l’eventuale condanna inflitta, di carattere penale o civile, ha diritto a non avere più menzione della pena nel contesto della vita sociale. Il passato di ogni individuo cittadino non può in alcun modo costituire pregiudizio per la sua vita sociale. Chiunque ponga in essere discriminazioni con questa modalità è soggetto ai risarcimenti di Legge. Articolo 16 Ogni individuo cittadino è innocente fino a prova contraria. Ogni atto, iniziativa privata o pubblica volta a sovvertire o a non corrispondere a tale principio è punita dalla legge. Articolo 17 L’individuo cittadino ha l’obbligo, se vuole godere della cittadinanza italiana e delle opportunità ad essa collegate, di pagare un contributo fisso annuo allo Stato determinato per legge. Tale importo determinato sulla base del fabbisogno storico dello Stato, non può essere incrementato, calcolato il riparto uguale tra tutti i cittadini, di più del 15% della cifra al momento dell’entrata in vigore della presente Carta. Ogni cittadino straniero che voglia entrare nel territorio nazionale per ragioni di turismo o affari ha l’obbligo di pagare una tassa d’ingresso annuale determinata per Legge. Qualunque cittadino straniero che voglia soggiornare nel Paese per un periodo maggiore di 3 mesi ha l’obbligo di pagare il contributo fisso annuo allo Stato. Il cittadino straniero che non in regola con il pagamento del contributo fisso annuo allo Stato viene espulso dal territorio nazionale. Ogni aumento della tassa fissa, oltre il 15% deve essere sottoposto a referendum popolare. Il quesito referendario conterrà le motivazioni del fabbisogno di tale aumento e le iniziative ad esso collegate. 165
Articolo 18 Lo Stato è nazionale. Non sono previste elezioni di organi locali o periferici. L’amministrazione e l’iniziativa organizzativa dello Stato si svolge con i medesimi standard su tutto il territorio italiano. Articolo 19 Lo Stato garantisce la realizzazione e l’adeguamento a standard di eccellenza delle infrastrutture necessarie allo sviluppo economico e sociale del Paese negli ambiti di sua competenza e a seconda delle risorse finanziarie disponibili. Lo Stato non ha l’obbligo di rendere conto all’individuo cittadino delle scelte operative, strategiche, organizzative della propria attività. Il cittadino individuo non può entrare nel merito di tali scelte ed iniziative che saranno tutte ispirate ai principi della presente Carta. Articolo 20 Lo Stato attraverso le risorse finanziarie derivanti dalla tassa di ingresso nel Paese per i turisti stranieri, garantisce la tutela, il mantenimento e il ripristino delle opere d’arte, monumentali e architettoniche facenti parte del patrimonio nazionale, e mette altresì a disposizione le risorse adeguate in tutti gli ambiti della cultura della musica e dello spettacolo che rappresentano la tradizione culturale italiana nel mondo. Le risorse economiche prodotte da tali attività non potranno essere destinate ad altri settori. Articolo 21 Il Capo dello Stato non rappresenta i cittadini individui, ma rappresenta solo l’organizzazione sociale del Paese. è eletto dai cittadini dai quali riceve tutti i poteri previsti dalla presente Carta. A lui spetta l’emanazione delle Leggi, l’autorità giudiziaria, ed esecutiva. L’incarico di Capo dello Stato è permanente fino all’età di 75 anni. Egli può essere eletto a partire dall’età minima di 30 anni fino all’età massima di 50. Ha come unico obbligo quello di attenersi ai principi espressi in questa Carta. Al Capo dello Stato spettano tutte le decisioni di politica 166
interna ed internazionale, egli può essere rimosso dall’incarico con Decreto del Collegio Popolare Nazionale solo nelle modalità espresse dalla presente Carta. Articolo 22 Le consultazioni popolari si svolgono ogni cinque anni per l’elezione del Collegio Popolare Nazionale. Il Collegio Popolare Nazionale è composto di 45 membri eletti con sistema uninominale maggioritario a turno unico, su base nazionale. Il Collegio Popolare Nazionale ha poteri consultivi nell’ambito della gestione ordinaria dello Stato. Al Collegio Popolare Nazionale spetta la convocazione delle consultazioni popolari per l’elezioni del Capo dello Stato a seguito di morte o dimissioni di quest’ultimo. Il Collegio Popolare Nazionale ha facoltà su istanza sottoscritta da almeno il 55% dei cittadini aventi diritto al voto di convocare in ogni momento nuove elezioni per l’incarico di Capo dello Stato. Il Capo dello Stato riceve periodicamente i pareri dei membri del Collegio Popolare Nazionale su questioni di indirizzo politico interno e internazionale. Articolo 23 Il Capo dello Stato, governa e amministra con l’ausilio di un Gabinetto Centrale e di delegati provinciali da lui nominati. Ogni delegato può essere rimosso dal Capo dello Stato, in qualsiasi momento, se il proprio comportamento è in contrasto con i principi della presente Carta. Articolo 24 Il Capo dello Stato rispetta, pena il decadimento dall’incarico, e fa valere presso gli individui cittadini e gli organi dello Stato i principi di questa Carta sui quali si fonda l’organizzazione della società. Articolo 25 Le organizzazioni militari dello Stato hanno come fine la difesa del territorio 167
da aggressioni esterne e contribuiscono in momenti di pace alle opere di aiuto che minaccino gli individui. DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE I) Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente Carta, il Presidente della Repubblica in carica indice una consultazione popolare per l’elezione diretta del Capo dello Stato. II) Il Capo dello Stato entro 90 giorni dall’insediamento indice le elezioni per la formazione del Collegio Popolare Nazionale. III) Entro 120 giorni dall’entrata in vigore della presente Carta, cesseranno le prerogative e i modelli organizzativi di tutte le istituzioni dello Stato le quali saranno oggetto di revisione e riorganizzazione normativa da parte del Capo dello Stato sentito il parere del Collegio Popolare Nazionale. IV) La presente Carta Costituzionale è modificabile nella sua complessità ed emendabile nei vari articoli tramite referendum popolare promosso da almeno 5 milioni di cittadini aventi diritto al voto ovvero tutti coloro che abbiamo compiuto il 18esimo anno di età. L’istituto del referendum esclusivamente propositivo è sempre ammissibile per questo e per tutti gli altri casi in cui i cittadini lo ritengano necessario purché lo promuovano alle condizioni previste dalla presente disposizione. Il referendum per essere ritenuto valido deve ottenere il voto favorevole di almeno il 51% dei partecipanti al voto con un minimo di votanti del 55% degli aventi diritto.
168
Appendice
CAPITOLO 11 - LO STATO
Organigramma poteri dello Stato Centrale (attuale)
Corte Costituzionale PRESIDENTE DELLA - Consiglio Superiore REPUBBLICA della Magistratura - Consiglio Supremo di Difesa - Corte dei Conti - Consiglio di Stato - 11 Ministri GOVERNO - Consiglio Nazionale senza Portafoglio dell’Economia del - 13 Ministri Lavoro con Portafoglio - 37 Sottosegretari
945 membri
PARLAMENTO
- Sindacati - Associazioni di categoria
PARTITI
CITTADINI
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Autorità Amministrative Indipendenti - Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) - Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private (ISVAP) - Commissione di Garanzia dell’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali (CGS) - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Antitrust, AGCM) - Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione (Covip) - Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) - Garante per la Protezione dei Dati Personali (Garante della privacy) - Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) - Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (AVCP) - Banca d’Italia
Nuovo organigramma poteri dello Stato Centrale
Capo dello Stato
Coordinamento dei Delegati Provinciali Ministero Istruzione
Ministero delle Risorse Economiche
Dipartimento della Giustizia Dipartimento Sviluppo delle AttivitĂ Agricole
Dipartimento Ministero Energia e Ambiente Affari Esteri Dipartimento e del Commercio Sviluppo Estero OpportunitĂ Sociali e del Lavoro Ministero Difesa e Sicurezza Interna
Ministero della SanitĂ
Ministero Infrastrutture e Trasporti Ministero del Turismo dei Beni Culturali Architettonici e della Tutela del Patrimonio Artistico Delegato Provinciale CITTADINI
Collegio Popolare Nazionale 45 membri
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Ordinamento Costituzionale periferico (attuale)
Consiglio Regionale
Regione Giunta Regionale/Assessori Presidente della Regione
Consiglio Provinciale
provincia Presidente della Provincia
Giunta Provinciale/Assessori
Consiglio CittĂ Giunta Comunale/ Comunale metropolitane Assessori Sindaco
Consiglio Comunale
COMUNI Giunta Comunale/ Sindaco Assessori
Consigli circoscrizionali Presidente
Cittadini
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Nuovo ordinamento Costituzionale periferico
CAPO DELLO STATO
DELEGATO PROVINCIALE Ufficio Amministrativo Generale e Coordinamento con il Governo Centrale Uffici Giudiziari Uffici Servizi Sanitari Ufficio Pubblica Istruzione Ufficio Sicurezza Pubblica Ufficio Infrastrutture Ambiente e Territorio Ufficio Servizi al Cittadino
CITTADINI
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Gerarchia delle Cariche dello Stato (attuale)
Prima Categoria • Presidente della Repubblica • Presidente del Senato della Repubblica • Presidente della Camera dei deputati • Presidente del Consiglio dei ministri • Presidente della Corte Costituzionale • Presidenti Emeriti della Repubblica
Seconda Categoria • Vice Presidenti del Senato della Repubblica • Vice Presidenti della Camera dei Deputati • Vice Presidenti del Consiglio dei ministri • Vice Presidente della Corte Costituzionale • Ministri della Repubblica • Decano del Corpo Diplomatico presso la Repubblica Italiana • Presidente della Regione • Giudici Costituzionali • Ambasciatori presso lo Stato Italiano • Presidente del Consiglio Regionale • Vice Ministri della Repubblica • Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura • Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione • Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro • Uffici di Presidenza delle Camere • Sottosegretari di Stato • Senatori a vita • Presidenti gruppi parlamentari • Presidenti delle Commissioni Parlamentari, comitati, delegazioni parlamentari bicamerali • Presidenti di giunte e commissioni parlamentari
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Terza Categoria • Presidente del Consiglio di Stato • Presidente della Corte dei Conti • Procuratore Generale della Suprema Corte di Cassazione • Presidenti delle Autorità Amministrative Indipendenti • Governatore della Banca d’Italia • Avvocato Generale dello Stato • Capo di Stato Maggiore della Difesa • Commissari Straordinari, in ordine di costituzione • Senatori e Deputati • Segretario Generale della Presidenza della Repubblica • Segretario Generale del Senato della Repubblica • Segretario Generale della Camera dei Deputati • Segretario Generale della Presidenza Consiglio dei ministri • Segretario Generale della Corte Costituzionale • Presidente di Unioncamere • Presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei • Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche
Quarta Categoria • Vice Presidente del Consiglio della Magistratura Militare • Membri del Consiglio Superiore della Magistratura • Presidente Aggiunto della Suprema Corte di Cassazione • Sindaco • Prefetto in sede (titolare presso Prefettura-UTG) • Presidenti e Procuratori generali della Corte d’Appello • Presidente della Provincia • Capo di Stato Maggiore dell’Esercito • Capo di Stato Maggiore della Marina • Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica • Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane • Ambasciatori d’Italia di grado o titolari di rappresentanza diplomatica
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Quinta categoria • Assessori regionali, in sede • Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello, in sede • Presidente della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in sede • Rettore dell’Università, in sede • Componenti del Consiglio Superiore della Magistratura • Componenti del Consiglio della Magistratura militare, dei Consigli di presidenza della Giustizia amministrativa, della Corte dei conti e della giustizia tributaria • Consoli di carriera • Comandanti generali della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato, delle (Capitanerie di Porto. Ispettori generali dell’Esercito e incarichi corrispondenti delle altre Forze Armate) • Presidenti degli enti pubblici nazionali anche economici • Procuratore generale presso la Corte militare d’Appello • Presidente del TAR o sua sezione staccata, in sede • Presidenti della Sezione giurisdizionale regionale e della Sezione regionale di controllo della Corte dei conti, in sede • Presidente del Consiglio nazionale forense • Presidenti dei Consigli superiori dei Ministeri e Presidente del Consiglio superiore delle Forze Armate • Direttori uffici statali interregionali e comandanti militari interregionali, in sede • Avvocato distrettuale dello Stato, in sede • Cancelliere dell’Ordine al merito della Repubblica italiana • Ordinario militare per l’Italia • Membri dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, in sede • Presidenti di commissioni consiliari e giunte consiliari regionali, in sede • Presidenti dei gruppi consiliari regionali, in sede • Segretari generali Consiglio Supremo di Difesa, Consiglio Superiore della Magistratura, Corte Suprema di Cassazione e Procura generale presso la Corte di Cassazione, CNEL, Consiglio di Stato,Corte dei conti, Consiglio della Magistratura militare, Autorità Garanti Indipendenti e Avvocatura dello Stato
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• Vice Segretari generali degli Organi costituzionali • Cariche statali aventi qualifica o grado corrispondente a Generale di Corpo d’Armata, purché titolari di incarico a rilevanza esterna
Sesta categoria • Decorati di medaglia d’oro al Valore militare e al Valore civile • Vice Segretari generali dei Ministeri • Presidente e direttore generale di agenzie governative • Direttori generali titolari dei Ministeri • Presidente del Consiglio comunale, in sede • Presidente del Consiglio provinciale, in sede • (Direttori generali degli enti pubblici nazionali anche economici) • Procuratore regionale della Corte dei conti, in sede • Presidente della Commissione tributaria regionale, in sede • Presidente del Tribunale, in sede • Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, in sede • Questore, in sede; Direttori regionali degli Uffici statali, compresi i Comandanti militari regionali in sede • Consiglieri regionali, in sede • Garanti eletti dal Consiglio regionale, in sede; Difensore civico regionale, in sede • Segretari generali della Giunta e del Consiglio regionale, in sede • Cariche statali aventi qualifica o grado corrispondente a Generale di Divisione, purché titolari di incarico a rilevanza esterna
Settima categoria • Direttori provinciali degli Uffici statali, compresi i Comandanti militari provinciali, in sede • Presidenti degli ordini professionali nazionali • Consoli onorari • Presidenti delle associazioni nazionali combattentistiche e d’arma riconosciute dal Ministero della difesa • Segretario generale Unioncamere • Presidente del Magistrato per il Po; Presidente dei Tribunale regionale delle acque pubbliche, in sede • Presidente della Commissione tributaria Provinciale, in sede
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• Autorità portuale, Autorità di bacino, in sede • Presidente di delegazione della Banca d’Italia, in sede • Presidi di Facoltà universitarie, in sede • Vice Sindaco; Vice Presidente della Provincia; Vice Presidenti del Consiglio provinciale e comunale, in sede • Presidente della Comunità montana, in sede • Assessori comunali e provinciali, in sede • Difensore civico comunale e provinciale, in sede • Segretario generale di Comune capoluogo e Segretario generale della Provincia, in sede • Cariche statali aventi qualifica o grado corrispondente a Generale di Brigata, purché titolari di incarico a rilevanza esterna
CAPITOLO 12 - LE TASSE
Dati demografici (fonte ISTAT) Popolazione residente Popolazione tra 0 e 15 anni Popolazione tra 15 e 24 anni Occupati Dipendenti Pensionati Imprese
60.000.000 9.000.000 6.000.000 24.000.000 18.000.000 17.000.000 5.000.000
Per quanto riguarda la spesa pensionistica, il progetto prevede che tutte le pensioni di vecchiaia e anzianità siano portate ad un minimo di 1.000 euro al mese per 13 mensilità. Nella tabella seguente si può confrontare il numero di pensioni con la relativa fascia di importo attuale, e l’esborso derivante da questa manovra che alza di circa 28 miliardi il fabbisogno.
178
Ivs - Dirette - Vecchiaia: pensioni e importo annuo per classe di importo mensile (importo complessivo in migliaia di euro) Classi di importo mensile
Numero
Importo medio
Importo complessivo
0 - 99,99 100,00 - 199,99
475.254
498,86
237.085
294.956
1.810,32
533.963
200,00 - 299,99
211.555
2.971,32
628.598
300,00 - 399,99
250.018
4.259,46
1.064.941
400,00 - 499,99
1.861.534
5.619,48
10.460.849
500,00 - 599,99
872.736
6.629,36
5.785.683
600,00 - 699,99
792.358
7.637,38
6.051.539
700,00 - 799,99
543.521
9.003,50
4.893.592
800,00 - 899,99
558.882
10.202,85
5.702.191
900,00 - 999,99
548.543
11.392,98
6.249.542
1000,00 - 1099,99
524.010
12.599,37
6.602.196
1100,00 - 1199,99
519.145
13.797,81
7.163.064
1200,00 - 1299,99
510.068
14.994,95
7.648.442
1300,00 - 1399,99
469.187
16.187,30
7.594.870
1400,00 - 1499,99
429.674
17.391,64
7.472.734
1500,00 - 1749,99
868.745
19.416,98
16.868.408
1750,00 - 1999,99
662.844
22.458,26
14.886.321
2000,00 - 2499,99
818.896
26.528,21
21.723.843
2500,00 - 2999,99
292.538
32.531,85
9.516.803
395.906
53.223,95
21.071.680
11.900.370
13.626,16
162.156.345
3000 e oltre Totale
La copertura di questi 43 miliardi di euro (15 miliardi per il minor gettito, 28 miliardi per l’aumento della spesa pensionistica) avviene mediante il risparmio in altri comparti della spesa pubblica, ed in specifico con la riduzione dei costi di rappresentanza a tutti i livelli (sia nazionale che locale) e con lo snellimento di molte strutture ministeriali e burocratiche. I nuovi assunti e i nuovi autonomi pagheranno 5.000 euro di contributi invece che 8.000 euro, per maturare una pensione uguale per tutti di 1.000 euro al mese su 13 mensilità, e potranno investire il proprio risparmio in pensioni integrative per portare il livello della propria pensione alla somma desiderata. Il processo che porterà ad equilibrare le entrate e le uscite in questo comparto richiederà molti anni, e questo lungo periodo di transizione sarà finanziato dallo Stato.
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Bibliografia
La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Trento, 2009 Charles Taylor, L’età secolare, Feltrinelli editore, Milano, 2009 Igor Sibaldi, Il Codice segreto del Vangelo, Sperling & Kupfer, Milano, 2005 Benedetto XVI, Spe Salvi, Libreria Editrice vaticana, Città del Vaticano, 2007 Seneca, Dell’Ira, in I Dialoghi e Lettere morali a Lucilio, I classici del pensiero, Arnoldo Mondadori, Milano, 2008 Platone, Lettera quarta, I Classici del pensiero, volume II, La repubblica – Gorgia - Protagora - Lettere, I classici del pensiero- Arnoldo Mondadori, Milano, 2008 Aristotele, Politica, I Classici del pensiero, vol. II, Arnoldo Mondadori, Milano, 2008 Igor Sibaldi, Il Libro delle Epoche, 2012, la fine del ciclo della ribellione, Frassinelli editore, Milano, 2010 Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, in Opere 1882/1895, Newton Compton, Roma, 1993 181
Ringraziamenti
Grazie al mio caro amico Igor Sibaldi che lieve come un alito di vento sul viso ha svelato le mie riflessioni, grazie al Professor Francesco Clemente il cui cognome la dice lunga, per tutti i buoni consigli. Grazie a Matteo Rigamonti il bastian contrario che con le sue critiche mi ha consentito di trovare maggiore determinazione nel completare queste ipotesi, grazie a Fabrizio Milan per la discreta e puntuale osservazione delle possibilità, grazie a Michele Guerinoni per lo stile, a Francesco Maida per il network, a François Rocard per le letture, grazie a Florean Briegel e Hans Schmidt per le riflessioni, grazie infinite a Gerard Ghepard, Stanley Jhones, Marta Wright e Telmha Walker per la visione oltreoceano, grazie a Nancy Rodriguez e Diego Ruiz per “..un modo per..”, grazie a ognuno e ciascuno che ha partecipato direttamente o indirettamente sapendolo e non alle Ipotesi di un nuovo inizio.
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Finito di stampare settembre 2010