REGIONE SICILIANA ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI E DELL'IDENTITA’ SICILIANA Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro
Convenzione del 29 aprile 2013
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO IN CONSERVAZIONE E RESTAURO DEI BENI CULTURALI
Seconda Prova Teorico-Metodologica
Il “Cristo della Passione” del Museo Diocesano di Piazza Armerina. Restauro e didattica di una statua lignea processionale.
Relatori Candidato Prof.ssa Maria Grazia Alaimo Giovanni Calvagna Restauratrice Angela Lombardo
Correlatori Dott. Paolo Russo Prof.ssa Laura Baratin Restauratore Franco Fazzio
AA. 2012 / 2013
Indice PREMESSA INTRODUZIONE ...................................................................................................................................................................................................11 I. Questioni aperte. Revisione della cronologia generica e collocazione
culturale dell’oggetto attraverso il restauro…………………………………………………………………………………..17 1. Provenienza e datazione …………………………………………………………………….....................................................18 2. Caratterizzazione materica e tecniche esecutive…………………………………….....................................................19 3. Analisi iconografica……………………………………………………………………………......................................................21 4. Caratteristiche formali e funzione d’uso……………………………………………….......................................................24 TAVOLE ILLUSTRATE ............................................................................................................................................................................................31
Analisi comparata per la definizione iconografica dell’opera Lessico terminologico descrittivo Tecnica fotografica speciale: Tomografia Assiale Computerizzata II. Problemi e metodi di restauro. Studio per un intervento conservativo e didattico ……………………......45 TAVOLA ILLUSTRATA
Scheda autoistruente - Particolari Tabelle - Il “restauro conservativo didattico”. Linee di sintesi
.........................................................................................53
Indagine stratigrafica e identificazione degli strati pittorici Indagine entomologica e stuccatura sperimentale Intervento di “restauro conservativo didattico” III. La collocazione dell'opera restaurata in un contesto museale.
Il Museo diocesano di Piazza Armerina come esperimento di museo didattico–conservativo .......................61 1. Comunicazione……………………………………………………………………………………....................................................62 2. Restituzione grafica in 3D……………………………………………………………………....................................................62
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………………………………………………………………….................................67
Premessa L’elaborato propone lo studio di un’opera complessa per cronologia, composizione e destinazione d’uso, particolarmente interessante ai fini delle scelte metodologiche dell'intervento di restauro. La scelta di effettuare un restauro di conservazione e didattica è motivata dal riconoscimento del principio che vuole il momento del restauro occasione privilegiata di conoscenza e ricerca. Nel caso in ispecie, il restauro della statua del Cristo della Passione del Museo Diocesano di Piazza Armerina ha consentito di approfondire le caratteristiche materiali del manufatto legate alla funzione d'uso - precisando la distinzione tra statuaria processionale e stanziale -, con la possibilità di una determinazione della scansione temporale degli interventi che volta a volta hanno mutato la fisionomia e i caratteri stilistici dell'oggetto e indirizzando la scelta di intervento più idonea, nel pieno rispetto dell’opera e del potenziale di informazioni - storico-culturali, tecnico-esecutive ecc. - in essa racchiuse. Infine, aspetto altrettanto predominante nella ricerca condotta attraverso l'intervento conservativo, è rappresentato dalla questione della collocazione finale dell'opera restaurata all'interno di uno specifico contesto museale – ai fini tanto del godimento estetico, quanto della presentazione dei suoi contenuti storici, culturali, tecnico-esecutivi ecc. e, più ancora, della rappresentazione stessa della cultura del restauro.
La scelta dell'opera e la linea di ricerca proposta Nell'ambito delle attività svolte dal corso di laurea in Conservazione e Restauro dei beni culturali dell'Università degli Studi di Palermo, e più precisamente dall'area organica dei tirocini, si è articolato un percorso di ricerca già avviato dal laboratorio materiali di origine organica del Centro regionale per la Progettazione e il Restauro dell'Assessorato di beni culturali e dell'Identità Siciliana, attraverso lo svolgimento di alcune tesi di laurea aventi per oggetto manufatti artistici provenienti dal territorio dell’Ennese e, più in generale dalla Sicilia centrale. Questa area geografica, particolarmente ricca di testimonianze legate alla produzione delle cosiddette arti minori, ha costituito una risorsa importante per lo sviluppo delle diverse linee di ricerca relative ai manufatti lignei e a prevalenza materiale organico. La linea di ricerca principale ha quale obiettivo contribuire alla conoscenza del vasto patrimonio di manufatti in legno diffusamente presente nella subregione più interna dell'Isola, approfondendo il tema principale del rapporto tra le specifiche tipologie di oggetti e determinate specie legnose. Tra le finalità prefisse vi è quella della creazione di una banca dati a supporto della conoscenza di un patrimonio culturale ingente ma troppo spesso ignorato. L’opera selezionata è una statua in legno intagliato e dipinto, parzialmente dorato, raffigurante il
Cristo della Passione (altezza cm 135 ca.), di incerta datazione, ma attribuibile a scultore locale attivo probabilmente nella seconda metà del XV secolo, proveniente dalla chiesa di San Giuseppe di Piazza Armerina, in provincia di Enna, attualmente custodito presso il locale Museo diocesano1. Appare superfluo qui richiamare la stretta connessione tra le due prove di tesi - la prima, abilitante, strettamente legata all’intervento di restauro, nei suoi aspetti tecnico-esecutivi e la seconda, corrispondente al presente elaborato, che tratta gli aspetti teorico-metodologici che hanno indirizzato le scelte operative sperimentali per un intervento di “restauro conservativo didattico”. Particolare valore assume la puntuale conoscenza dell'oggetto di studio a partire dall'attività di schedatura, con un approfondimento degli strumenti operativi approntati dal Ministero per i beni e le attività culturali e affinati nella prassi operativa dagli istituti centrali. In particolare, per la raccolta dati, si è utilizzata una scheda cosiddetta “autoistruente”, messa a punto e sperimentata in sede applicativa, che estende la dimensione conoscitiva del manufatto, dall'analisi della sua consistenza materiale e delle
caratteristiche tecnico-costruttive, alla verifica dello stato conservativo, comprendente l'individuazione delle cause del deterioramento dei materiali costitutivi, fino alla conoscenza della funzione d’uso del manufatto (ossia il suo contesto di funzione) e alla previsione della sua destinazione finale (contesto di ubicazione), ampliando di fatto la capacità di informazione insita nel lavoro di schedatura in sintonia con la moderna concezione di conservazione, intesa in termini globali, preventivi e programmatici, “perché la nozione attuale di restauro richiede giustamente chiarezza progettuale sulla vita futura dell’opera restaurata”, come anche recentemente ha ricordato Giorgio Bonsanti2.
Note 1
Rif. Scheda CESI (CEI –Conferenza Episcopale italiana- Servizio Informatico- Ufficio Nazionale per i Beni
culturali Ecclesiastici Diocesi di PIAZZA ARMERINA –Inventario dei beni culturali mobili), opera: Bottega siciliana sec.XVII, Statua di Gesù alla colonna; numero di catalogo 314677, numero di inventario parrocchiale 0637; Data compilazione: 30/08/2003, compilatori: Mancuso Barbara, Russo Paolo, Vicari Vittorio Ugo; Funzionari responsabili: Paci Giuseppe (responsabile diocesano), Paterna Claudio (funzionario di Soprintendenza) e Vicari Vittorio Ugo (responsabile scientifico). 2
Proposta di una conoscenza dettagliata, diversificata per tipologia di oggetti e unificata per metodologie
di intervento, già formulata in sede sperimentale, sul piano della esperienza operativa, relativamente ai manufatti di natura organica da Angela Lombardo su opere in materiali organici (scheda autoistruente per i manufatti costituiti in prevalenza da legno, documenti di architettura, opere d’arte di arredo a prevalenza cuoio, beni tessili ecclesiastici). Cfr. la scheda presentata al Congresso Nazionale “Lo stato dell’Arte 11” organizzato dall’IGIIC (Gruppo Italiano dell’International Institute for Conservation), Bologna,10/12 Ottobre 2013.
Ringraziamenti Questo elaborato di tesi è il risultato di lunghi anni di studio e di laboratorio portato avanti sotto la guida presente e pressante della prof.ssa Angela Lombardo, che mi ha fatto riflettere sul ruolo del restauratore, che “deve dare prova costante di responsabilità; punto focale deve essere sempre la ricerca conoscitiva preliminare dell’opera, necessaria per dare una corretta progettazione agli interventi”. Rimbomba sempre nella mia testa il “Binomio conoscenza –coscienza”. Desidero ringraziare in egual modo Paolo Russo che ha permesso che affrontassi questo studio, sul solco delle sue ricerche già avviate, prendendo spunto dai suoi testi e dal suo sapere. Questa conoscenza è stata per me un contributo importante e fondamentale per comprendere come e cosa leggere nell’opera. Il prof. Franco Fazzio che con rinomata maestria, professionalità e sensibilità del restauratore “vero” mi ha seguito del tutto disinteressatamente per amore del restauro e della ricerca. Ringrazio la Diocesi di Piazza Armerina e in particolare Sua Ecc. Rev. Mons. Michele Pennisi, già vescovo della Diocesi di Piazza Armerina; Padre Giuseppe Paci responsabile dell’ufficio per l’arte sacra e i beni culturali e Tiziana Crocco; la soprintendenza di Enna, il già Soprintendente Fulvia Caffo e il dirigente dell’U.O. per beni storici artistici e iconografici l’Arch. Luigi Maria Gattuso per avermi dato fiducia e stimolo a confrontarmi con un’opera di tale difficoltà, e Paolo Russo anche nel suo ruolo istituzionale. Desidero ringraziare tutti coloro, e in particolare la dott.ssa Mormino, i quali mi hanno aiutato a vario titolo nell’affrontare questo lungo e complesso percorso di formazione, sia dal punto di vista del restauro che per il sostegno alla logistica. Fra questi per le indagini Tac il dr. Mario Feo e il prof. Marcello De Maria, che mi ha agevolato rendendo possibile l’indagine, attivandosi affinché questa fosse eseguita a titolo non oneroso presso la Clinica Torina; la prof.ssa Maria Annunziata Lima, che mi ha assistito nello studio del lessico delle parti del manufatto; il dott. Leonardo Borgioli e il dott. Nicola Macchioni, che spinti dalla loro costante dedizione alla ricerca, hanno fatto ampliare la mia conoscenza attraverso i loro lavori e i loro studi; il Prof. Giovanni Liotta che ha condotto l’indagine entomologica e mi ha insegnato tutto su gli insetti, sua materia di studio e passione che trasmette incondizionatamente a tutti coloro che hanno la fortuna di incontrarlo. Il prof. Sergio Pausig, pregiato maestro che mi ha aiutato per gli aspetti grafici ben visibili nella coperta di questo elaborato. Per il 3D, i miei professori Prof.ssa Laura Baratin e prof Sergio Inglese, che mi hanno aperto il mondo del virtuale. Ringrazio inoltre la nuova direttrice dott.ssa Enza Cilia e il personale del Centro Regionale di restauro in particolare Fabrizio Romeo, Ninni Cassata e Lidia La Barbera che mi hanno supportato e sopportato nelle lunghe permanenze in laboratorio. I miei colleghi del gruppo tessile Annalisa, Claudia, Giusy, Loredana, Simona, Sonia, con i quali abbiamo condiviso momenti indimenticabili. I miei amici: Gianni, Anna e Ciro, che mi sono stati vicino durante tutto il mio percorso universitario e personale, sostenendomi nei momenti di maggiore difficoltà. Un ringraziamento speciale lo rivolgo alla Prof.ssa Maria Grazia Alaimo, che con il suo spirito di mamma, mi ha preso e aiutato ridandomi fiducia, in un momento non molto facile della mia conclusione della
carriera universitaria, accompagnandomi come prezioso relatore fino alla fine. La mia famiglia che mi ha sostenuto sempre in ogni mia scelta e decisione, e che mi ha insegnato il rispetto e la gratitudine verso le persone; Mio nonno, saggio e giovane ultra novantenne, che finalmente sarĂ felice di riavere di nuovo il suo nipote del cuore. E infine, Irene compagna di studio e di vita, che con pazienza ha sopportato i miei umori altalenanti e le mie “paturnieâ€? continue ogni santo giorno, dandomi la forza per andare avanti.
Introduzione L’intervento di restauro svolto durante il percorso quinquennale del tirocinio sulla statua del Cristo della Passione di Piazza Armerina è il risultato di un lungo processo operativo e conoscitivo ad un tempo, che ha inizio con la scelta dell'opera oggetto di studio in rapporto al suo specifico contesto storico e geografico. La scelta di una scultura in legno proveniente dalla Sicilia centrale, quale prodotto di una determinata bottega, legata a una specifica committenza, in un dato territorio, ha consentito di individuare diverse linee di ricerca, che a loro volta definiscono specifiche problematiche relative alla conservazione. Tutti i dati acquisiti nel corso delle operazioni di restauro e descritti nella scheda, così come la problematica riguardante la cronologia relativa dell'opera, intendono, non solo sollecitare l’individuazione di una corretta prassi di restauro, ma anche suggerire un particolare approccio al tema del restauro, proprio quando il suo oggetto si presenta in uno stato frammentario e/o come ciò che filologicamente può essere definito un "palinsesto" - una stratificazione, cioè, di momenti esecutivi e di immagini temporalmente differenti e non necessariamente conseguenti. Nel presente studio tutti i temi trattati nei diversi capitoli sono serviti per meglio argomentare il tipo di intervento di restauro proposto, cioè un “restauro conservativo didattico”, mettendo nella dovuta evidenza l’aspetto della comunicazione del restauro. Mi sono soffermato, in particolare, sullo studio delle modalità di trasferimento delle informazioni tecnico-scientifiche legate all'intervento di restauro e al suo esito finale, assumendo anche il punto di vista del visitatore all'interno del museo. Ho inteso pertanto porre nella dovuta evidenza l’aspetto della comunicazione del e per il restauro, approfondendo il modo di rinnovare l’impatto del visitatore messo al cospetto del risultato ultimo del restauro. Detto valore ha preso corpo, da un lato, con la necessità di documentare tutti quegli aspetti relativi alla qualità fisica della scultura; dall’altro con l’esigenza di sostenere le finalità del restauro inteso come piano preventivo di intervento o come descrizione scientifica delle operazioni effettuate (restauro didattico). Tale aspetto rappresenta un'alternativa, ovvero potrebbe sorprendentemente sostituirsi al godimento stesso dell’opera. Da questa prospettiva, lo scopo didattico del restauro non è tanto quello di soddisfare una esigenza estetica, quanto quello di comunicare all'osservatore la complessità dell’opera nel suo passaggio nei secoli, un restauro cioè che non offre una sola immagine ma un insieme di immagini e di storia. In ultimo, si è imposta l'esigenza di sostenere l'obiettivo del restauro conservativo inteso come piano preventivo di intervento e come risposta alla necessità di un protocollo programmato per la conservazione dei beni culturali d’uso in “materiale organico”, promuovendo una più profonda coscienza della conservazione di questi particolari oggetti1. Sotto il profilo conservativo, infatti, i manufatti delle arti minori, in quanto maggiormente impiegati nell’uso quotidiano, vanno soggetti a un più alto grado di stress nella
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fase del loro impiego e in quella intermedia tra uso e conservazione. Manufatti particolarmente vulnerabili, oggetto di una minore attenzione conservativa, essi sono sottoposti di fatto a maneggiamenti continui, soggetti a ripetuti spostamenti, il che spesso determina peculiari tipologie di danni che nella successiva pratica del restauro comporteranno interventi a volte invasivi. È questa la ragione che spinge a preferire l’azione preventiva di una corretta prassi di manutenzione al restauro propriamente detto. A questo scopo lo studio del manufatto è affrontato in tutte le componenti caratterizzanti i materiali, con l’impiego sinergico di metodologie tradizionali ed avanzate, spesso senza riferimento alcuno a letteratura specifica o a banche dati. È rilevante osservare che in questo settore le “generalizzazioni” sono inefficaci, per non dire forvianti, infatti ogni realtà territoriale presenta consuetudini e pratiche esecutive diversificate, ciò comporta che, allo scopo di una piena comprensione, qualsiasi tecnica o materiale utilizzato devono essere ricondotti al contesto d’origine. Tale “riflessione contestuale” consente la caratterizzazione dei materiali da mettere in opera nell’intervento, il quale, per una buona riuscita, deve tenere conto dei relativi fattori di compatibilità, reversibilità e comportamento nel tempo. L’art. 29 del Codice dei Beni Culturali, che contiene la disciplina legislativa vigente in materia (D.Lgsl 42/2004 e ss. mm. e ii.)2, pone oggi significativamente l’attenzione alla manutenzione programmata che viene definita come «il complesso di attività destinate al controllo delle condizioni del bene e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’entità del bene nelle sue parti», ma non indica alcuna norma tecnica caratterizzata da valore giuridico. La scheda autoistruente del Cristo della Passione, compilata e inserita nel quaderno di cantiere, che ha accompagnato le operazioni di laboratorio, riassume l’intervento di restauro condotto; essa stessa è il primo dato da acquisire per la manutenzione programmata. Volendo delineare gli ambiti delle tre linee di ricerca principali che si trovano argomentate nelle parti del presente studio, esse si possono riassumere in: La linea di ricerca principale del lavoro tratta il tema della conoscenza delle essenze legnose, che ha come obiettivo contribuire alla conoscenza del vasto patrimonio costituito da oggetti lignei presente in quest’area geografica, approfondendo il sempre presente rapporto tra specifiche tipologie di oggetti e determinate specie legnose. Tra le finalità è quella di creare una banca dati a supporto della conoscenza di un patrimonio ingente ma troppo spesso ignorato. La linea di ricerca è condivisa con il CNR- Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA). La seconda linea di ricerca riguarda invece la sperimentazione di una scheda specificamente elaborata per gli oggetti lignei, scheda autoistruente, che vuole costituire un utile strumento proprio ai fini delle conoscenza di questo patrimonio - conoscenza che si prefigura come momento preliminare per qualsiasi tipo di intervento che sia esso di semplice manutenzione o di restauro. Una scheda di questo
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tipo, per il suo elevato livello di dettaglio, può essere utilizzata in fase di intervento, mentre una sua versione maggiormente semplificata e accompagnata dalle informazioni legate alla caratterizzazione del supporto legno (integrazione con la scheda per la raccolta dati inerente alle specie legnose costituenti il supporto di oggetti lignei ARISSTART3) potrebbe costituire un utile strumento per avviare e condividere un censimento territoriale in accordo con la soprintendenza locale. Nella terza, ho voluto dare inoltre giusta importanza alla valenza scientifica dei rilievi e della documentazione, acquisita attraverso le recenti tecnologie per il rilievo e la documentazione, la modellazione e la visualizzazione 3D che sono sempre più utilizzate nel campo dei Beni Culturali, come mezzo estremamente utile date le molteplici applicazioni. I progetti di realtà virtuale mirano ad offrire simulazioni sempre più vicine all'esperienza reale, permettono un'interazione più approfondita. Passo ora a illustrare nel dettaglio la scansione degli argomenti contenuti nelle singole parti del presente studio. Nella prima parte espongo lo studio diretto dell’opera a partire dall’analisi visiva. Si è quindi presa in considerazione la provenienza e la vicenda conservativa dell’opera nel tempo. Tenuto conto delle difficoltà attributive e cronologiche, della totale assenza di riferimenti bibliografici e archivistici, il restauro si configura come momento critico per la conoscenza dell’opera non soltanto nel suo aspetto della materia e della tecnica esecutiva, ma anche sotto il profilo storico-culturale. Le schede riportate in tavole evidenziano le diverse datazioni attribuite. Per la caratterizzazione materica e le tecniche esecutive riporto gli elementi strutturali, l’essenza legnosa, le tecnica di assemblaggio, di inclinazione, la determinazione degli interventi di restauro successivi, la verifica di altri elementi tridimensionali accessori e la presenza di elementi metallici. Si è così individuata la tecnica di modellazione e pittorica dove risulta evidente la presenza di una parte di superficie originale policroma e una parte sopra messa con una nuova configurazione del modellato e della policromia, che lascia in evidenza spessori differenti e rende la lettura dell’intera superficie molto discontinua e frammentata lasciando però spiragli di lettura per una datazione. Per la frammentarietà in cui si presenta l’opera è indispensabile il confronto con gruppi scultorei siciliani che rappresentano lo stesso soggetto con simile iconografia, inclinazione e ricostruzione virtuale delle parti mancanti per identificare l’appartenenza o meno ad un gruppo scultoreo. Nella tavola terminologica ancora in fase di definizione all’interno del testo si identificano le parti del cristo riportando sia il termine in uso oggi che quello datato e del territorio. Questo aspetto sarà da me approfondito dopo la tesi perché parte integrante della linea di ricerca condotta con l’IVALSA. Le tavole illustrate a fine capitolo servono da comparazione per un’analisi delle sculture significative presenti nel territorio Ennese. Una statua si caratterizza anche in funzione dell’uso. Riporto brevemente e solo per il territorio tra Enna, Caltanissetta, Nicosia e Piazza Armerina, una disamina dei
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legami delle produzioni scultoree strettamente connesse con le feste religiose del luogo, il rapporto tra identificazioni dei beni immateriali e presenza di beni materiali. Solo così si mette in evidenza l’iconografia del soggetto principale del Cristo rappresentato da solo o all’interno di gruppi scultorei, portati in processione durante i riti religiosi della Passione. Corredano la parte prima le seguenti tavole: Studio e comparazioni per la
definizione iconografica dell’opera; Appendice ricerca delle principali essenze legnose adoperate in alcune opere lignee; TAC; Indagine stratigrafica per il riconoscimento degli strati pittorici . La seconda parte affronta il complesso restauro volutamente identificato come restauro conservativo didattico che nasce dalla convinzione di considerare frammento il Cristo più che statua, per il suo stato di conservazione. Scelte e metodi di intervento che privilegiano più l’aspetto storiografico senza trascurare quello estetico. I pannelli resi esemplificativi nella forma riportano le sintesi del lavoro di restauro tra indagine ed intervento, scegliendo fra gli interventi, quelli connessi alla sperimentazione e alla ricerca metodologica. A corredo della seconda parte sono i pannelli del “restauro conservativo didattico”. Linee di sintesi (Prove di pulitura e scelta rimozione strato di superfetazione; stuccatura sperimentale su retro perizoma; resa finale). Infine, nella terza ed ultima parte argomento gli aspetti che riguardano la musealizzazione dell’oggetto e la comunicazione con i visitatori. E’ in corso di elaborazione, e nella presentazione sarà possibile vederne alcuni step, un sistema multimediale interattivo che contribuisca alla salvaguardia e alla valorizzazione dell’opera, all’interno del Museo Diocesano di Piazza Armerina. Tale sistema multimediale interattivo, di facile consultazione e di immediata diffusione, attraverso o il totem apposto accanto l’opera, o attraverso un sito web dedicato al restauro e alla manutenzione come da progetto, avrà l’obiettivo di diffondere negli ambienti ecclesiali e non solo la cultura del restauro e specificatamente della manutenzione. La scheda autoistruente compilata in tutte le sue parti e allegata all’elaborato di tesi con una premessa, diventa abstract del lavoro di restauro interamente svolto. Altro aspetto da non sottovalutare è quello che riguarda la restituzione grafica in 3D; essa infatti è un utile strumento, per consentire una conoscenza più approfondita dell’oggetto; attraverso delle ricostruzioni virtuali mi ha permesso di rappresentare il Cristo nelle sue istanze estetiche assunte nel corso del tempo, aiutando il visitatore nella comprensione.
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Note 1
Il Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro prima, e il corso di laurea in Conservazione e
restauro dei beni culturali settore l’area organica, dopo, hanno intrapreso un percorso di ricerca applicata alla conservazione, con percorsi di studio sui “beni culturali oggetti d’uso” in materiali organici, con l’obiettivo della salvaguardia di tale immenso patrimonio, generalmente, con pregiudizio ideologico, definito di “arti minori”. L’intento è quello di attivare una politica dei beni culturali volta alla costituzione di un sistema di manutenzione programmata e alla formazione di figure professionali idonee a svolgere tali attività. 2
Decreto legislativo 22 gennaio 2004 n.42 recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi
dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002 n. 137. 3
Il progetto denominato Archivio delle Identificazioni delle Specie Legnose dei Beni Storico-Artistici (ArIS-
StArt) – realizzato dalla Fondazione Guglielmo Giordano in collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, il CNR- Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA) e l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, nasce dall’osservazione di come, nel campo dei manufatti d’arte in legno, le caratteristiche tecnologiche delle specie possano influenza fortemente lo stile delle opere artistiche. Uno dei principali risultati attesi da questo sistema di archiviazione, come strumento innovativo ed evoluto messo a disposizione degli storici dell’arte, dei tecnici e dei restauratori, è quello di evidenziare l’importanza basilare a integrazione delle più recenti metodologie di indagine dell’informazione dettagliata e contestualizzata sulle specie legnose.
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I Questioni
aperte. Revisione della cronologia generica e collocazione culturale dell’oggetto attraverso il restauro
La ricerca storico-artistica sviluppatasi negli ultimi anni intorno alla scultura e all’intaglio ligneo in Sicilia tra medioevo ed età moderna, e specificamente nell’area centrale dell’isola, attraverso la ricognizione capillare di una gran quantità di manufatti in legno da parte dell’ente di tutela competente per il territorio, sta alla base della scelta dell’oggetto del restauro. Lo studio della statua descritta come Gesù alla colonna nella scheda inventariale della C.E.S.I., redatta a cura della Diocesi di Piazza Armerina, ha permesso di affrontare tutta una serie di “questioni aperte” sulla scultura, nate in seguito al restauro e che aprono a ulteriori interpretazioni iconografiche e cronologiche. Attraverso l’intervento conservativo si è estesa di fatto la dimensione conoscitiva del manufatto, ampliando la capacità di informazione insita nel lavoro di schedatura. Partendo dalla descrizione della sua consistenza materica, delle caratteristiche tecniche e costruttive, del degrado subito e delle alterazioni del passato, e rendendo inoltre leggibile, grazie all’indagine stratigrafica e alla pulitura, la presenza di diverse superfici pittoriche, è stato possibile effettuare un’approfondita riconsiderazione critica della configurazione storica e della datazione dell’opera. Certamente il ruolo del restauratore non può essere quello dello studioso e dello storico d’arte, tradizionalmente intesi, ma l’intervento, che ha visto schierate diverse competenze1 e sviluppare insieme ad esse un costante lavoro critico di confronti, revisioni, aggiornamenti, prendendo in considerazione anche altri restauri eseguiti nello stesso territorio, mi ha dato la possibilità di comprendere meglio quale debba essere il ragionamento che accompagna il restauro di un’opera. Ho compreso anche che un lavoro serrato di comparazioni e di studio di schemi formali e di interpretazioni stilistiche non necessariamente consegue attribuzioni certe, ma indirizza verso una possibile serie di ulteriori riscontri, che nel caso di studio ha portato a identificare la scultura devozionale in un Cristo della passione prodotto da una bottega specializzata di scultura in legno attiva nell’Ennese verosimilmente a cavallo tra il XV e XVI secolo, con ridefinizioni e aggiornamenti successivi. I risultati raggiunti dal percorso di ricerca e dall’intervento conservativo, con l’identificazione e la nuova collocazione temporale della statua di Piazza Armerina, aggiungono pertanto un significativo e concreto contributo alle più recenti indagini condotte sulla statuaria lignea nel territorio della Sicilia centro-meridionale, restituendo al pubblico e al museo locale una inedita e significativa testimonianza storico artistica e culturale. A partire dall’indagine sull’essenza lignea utilizzata dallo scultore, per finire con lo studio delle policromie presenti su due diversi piani di modellato, che sovrapponendosi all’originale riescono a dare letture differenti per la collocazione culturale
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del manufatto, si è modificata significativamente la sua cronologia relativa di partenza, ipotizzandosi adesso la collocazione dell’opera in un arco temporale compreso nell’ultimo quarto del Quattrocento, con ampi margini di ridefinizione formale intorno ai primi decenni del Cinquecento, spostando così la precedente attribuzione della scultura al XVII secolo2 (Fig. 1). Con il presente restauro e per mezzo della compilazione dati della scheda “autoistruente” all’uopo verificata e ampliata, si sono acquisiti una serie di dati innovativi in grado di interagire con gli studi in corso sul tema, riproponendo nel caso in oggetto non tanto un Ecce Homo o un Cristo alla colonna, bensì un Cristo della passio-
ne, e, d’altro canto, trasmettendo a me, studente in restauro, la precisa consFig. 1 Scheda Inventariale CESI- Diocesi di Piazza Armerina
apevolezza del significato concreto delle attività di studio e di conservazione. Nei paragrafi che seguono questa prima parte espongo lo stato della questione, entrando nello specifico dell’argomento sopra indicato, illustrando con pannelli e tavole di comparazione le riflessioni che hanno portato alla revisione della storia, della collocazione temporale e dell’iconografia della scultura.
Provenienza e datazione Nel 2010 viene affidato al Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro e per le scienze naturali ed applicate ai Beni Culturali, e al Corso di laurea in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali di Palermo, l’oggetto di tesi: una statua lignea policroma raffigurante il “Gesù alla colonna” 3. L’intervento di restauro è stato eseguito presso i laboratori del CRPR, e specificatamente in quelli destinati all’area organica4. Oggi il manufatto, dopo aver terminato l’intervento di restauro e implementato lo studio sulla statuaria lignea, viene presentato per ambedue le prove di laurea. Nella prima prova si tratta dell’intervento di restauro in sè e delle molteplici applicazioni e sperimentazioni che lo hanno preceduto e accompagnato; nell’altra prova si presentano i risultati delle indagini scientifiche effettuate e le considerazioni di ordine tecnico e storico artistico, scaturite nel corso del restauro e che costituiscono un contributo alla conoscenza dell’oggetto, anche riguardo alle questioni attributive della scultura lignea policroma devozionale e processionale. Un’interpretazione oggettiva non può infatti prescindere dalla conoscenza dell’aspetto materico dell’opera e della tecnica esecutiva, atteso che, peraltro, è totale l’assenza di riferimenti bibliografici e archivistici sulla scultura. La sua ultima ubicazione era all’interno del caveau del Museo Diocesano di Piazza Armerina, dove la statua era stata collocata in seguito alla chiusura del museo per ragioni di ristrutturazione e nuovo allestimento. Gli unici dati disponibili che ho riscontrato sono quelli ricavati dalla relativa scheda CESI, che riporta come collocazione precedente la chiesa di San Giuseppe a Piazza Armerina, segnalandone il suo trafugamento dalla ubicazione originaria in data 22 febbraio 2005, ad opera di ignoti, con il numero del verbale di riferimento. Il ritrovamento della statua, avvenuto nel 14 maggio 2008, è descritto nel comu-
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nicato stampa redatto dal Nucleo dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Palermo5, che ci da informazioni sulle condizioni dell’oggetto al momento del ritrovamento (avvolto, insieme alla statua lignea di Santa Apollonia, anch’essa trafugata a Piazza Armerina, in sacchi di plastica neri, ancora sporchi di terra e erba), consentendo inoltre di constatare i danni subiti dall’oggetto in occasione del furto. La statua (Fig. 2) infatti appare nella foto della riconsegna mutila di alcuni elementi e notevolmente compromessa rispetto all’immagine precedente allegata alla scheda CESI (Fig. 3). Nello specifico, le parti mancanti sono: gran parte dell’aureola e la corona di spine; rimane in sospeso la mancanza precedente al furto della porzione del piede destro, perché non visibile nella foto della scheda. Dopo il furto la statua è stata riconsegnata ed esposta al Museo Diocesano di Piazza Armerina, nelle condizioni conservative sopra descritte. (Fig. 4) Si conosce ben poco sulla scultura, probabilmente, per le dimensioni che si prestano all’uso, essa veniva portata in processione, ciò anche in considerazione
Fig. 2 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. La statua dopo la riconsegna, in esposizione al Museo Diocesano di Piazza Armerina
delle cattive condizioni di conservazione dell’opera e delle innumerevoli ridipinture riscontrate, che denotano un processo di “manutenzione” ordinariamente perpetrato nel tempo. L’esposizione alle intemperie, probabilmente durante i riti della liturgia della Passione, hanno contribuito significativamente ad accelerare il suo degrado fisico, anche di tipo strutturale, che ha comportato la caduta di parte della pellicola pittorica e il distacco di alcuni elementi tridimensionali. La situazione conservativa molto compromessa ha nondimeno favorito una attenta ricognizione dei modellati e della superficie pittorica originale, che sarebbe stata di difficile individuazione in condizioni mediamente buone. Infatti la differenza stilistica evidente dalle lacune sul retro della statua, in corrispondenza della colonna vertebrale, e ancora di più sul costato, sarebbe stata difficilmente rilevabile se non sacrificando materia per le indagini. L’essenza legnosa scelta dall’artista-artigiano e il tema della Passione trattato,
Fig. 3 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. La statua prima del furto
hanno immediatamente fatto riconoscere nell’opera una statua devozionale processionale. Mancano negli archivi della Soprintendenza di Enna riferimenti analoghi, per caratteristiche materiche e stilistiche. Oggi, grazie anche alla collaborazione dello storico dell’arte della Soprintendenza, sono riuscito a ottenere una gamma di informazioni e di riscontri visivi attraverso cui procedere alla comparazione dell’opera con altri manufatti simili presenti nel territorio, e ipotizzarne la datazione con riferimenti e riscontri tecnici tipici di un periodo rispetto ad altri.
Caratterizzazione materica e tecniche esecutive Una prima considerazione riguarda l’aspetto che differenzia prevalentemente la statuaria stanziale da quella processionale. Esso è particolarmente evidente nelle tecniche di costruzione, che dovevano contemplare il trasporto per tutta la processione del gruppo o della statua devozionale. Le botteghe cui erano commissionati
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Fig. 4 Restituzione della statua al Museo Diocesano di Piazza Armerina
i simulacri lignei erano guidate da artigiani che al loro interno spesso praticavano le diverse arti, completando tutte le fasi della lavorazione del manufatto, dall’intaglio alla definizione della policromia. Dalle ricerche archivistiche si riscontra che molti dei contratti stipulati dagli artisti-artigiani, oltre a descrivere l’opera nel particolare, riportano clausole del tipo seguente: “chi tutti li supraditi figuri, … digiano essere vacanti et quanto più ligeri si porranno fari, atti aconduchirisi”.6 Ciò è estremamente indicativo della destinazione d’uso del manufatto. Il dato citato permette di cogliere già una differenza con la statuaria stanziale che, in quanto tale, non realizzata cioè per esser spostata dal luogo in cui è collocata, non necessitava di accorgimenti relativi al peso. Il tipo di destinazione implica anche una differenza di rifinitura dell’oggetto, in quanto una statua processionale dovendo essere movimentata necessitava di una lavorazione e definizione a tutto tondo, essendo visibile anche da dietro. Tuttavia anche le statue stanziali venivano frequentemente svuotate all’interno per limitare al massimo il ritiro del legno e la conseguente fessurazione degli strati preparatori e della pellicola pittorica. Pertanto bisogna stare attenti a non confondere questo tipo di tecnica esecutiva con l’esclusiva intenzione dell’artista di realizzare un manufatto processionale. Queste considerazioni fanno riferimento alle necessità pratiche dell’artista e del committente, che dovevano realizzare un’opera destinata a un uso religioso specifico. Il dato è da intendersi modificabile nel caso in cui le esigenze rituali determinano il cambiamento di destinazione d’uso – da stanziale a processionale e viceversa. Il supporto del manufatto scultoreo oggetto del nostro studio è costituito da un blocco pieno in legno di pioppo, lavorato a quanto sembrerebbe da un’analisi visiva, con la tecnica del blocco disteso e intagliato a rilievo; questa tecnica prevedeva l’intaglio del tronco su un bancone speciale che permetteva la rotazione del blocco di legno7 (Fig. 5). Questo particolare tipo di lavorazione è stata individuata, grazie alla traccia Fig. 5 Lo scultore in una raffigurazione delle attività influenzate da Mercurio, fine del XV secolo, collezione R. Gutmann
identificativa, lasciata a vista nella parte superiore della testa del Cristo (Fig. 6). La terza tavola, che correda questa parte, con la Tac, evidenzia la tecnica a blocco intero e la presenza di elementi metallici di rinforzo e ancoraggio. Questi risultati trovano riscontro nella letteratura in merito alle tecniche esecutive in uso fin dal Quattrocento. Per quanto riguarda lo strato preparatorio originale, esso è composto da un sottile strato di gesso di Bologna e colla animale. Secondo quanto descritto ampiamente in molti testi sull’argomento relativamente alla scelta della essenza legnosa in rapporto allo strato preparatorio, molti artisti selezionavano in genere legni di pioppo e tiglio (si veda la tabella: Principali essenze legnose
Fig. 6 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. Tracce sulla testa del fermo per la lavorazione del blocco sul banco
adoperate in alcune opere lignee a fine parte I), per la loro facilità di intaglio e approvvigionamento; lo spessore degli strati preparatori stesi sulle due essenze legnose, era però differente: mentre infatti nel legno di tiglio, il cui intaglio è ben rifinito dopo la lavorazione, si applicava generalmente un sottilissimo strato preparatorio o direttamente il colore; nel legno di pioppo veniva steso uno strato di preparazione più spesso, a causa dell’aspetto grossolano e irregolare della superficie intagliata. Nel nostro caso troviamo invece un’anomalia, infatti il blocco in pioppo presenta uno strato preparatorio originale molto sottile. Tra lo strato preparatorio
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e la pellicola pittorica originale troviamo un altro strato chiamato primer, probabilmente di natura oleosa, che serve per limitare l’assorbimento del legante della pellicola pittorica da parte dello strato preparatorio. L’aspetto della pellicola pittorica originale è alla percezione quello di un pigmento a carattere terroso, che appare nelle parti messe a vista dalla caduta della pellicola pittorica, con colorazione differente rispetto a quello superiore; probabilmente il legante doveva essere o una tempera o un olio magro. Sopra questo strato di pellicola pittorica, databile all’ultimo quarto del XV secolo, troviamo la presenza di un ulteriore strato, molto spesso, composto da uno stucco, di cui non si conosce la composizione, che ha completamente rimodellato l’intaglio precedente, soprattutto nelle zone dove questo era più marcato. Sullo strato è stesa un’altra pellicola pittorica (presumibilmente a legante oleoso), databile al XVI secolo, la cui colorazione si distacca completamente da quella originale, con caratteristiche conformi allo stile e al gusto del tempo. Procedendo l’analisi dell’oggetto a partire dal supporto, si scorge tra i diversi strati successivi quello messo in luce dall’operazione di pulitura, databile intorno al XVII secolo e coevo all’intervento eseguito sul perizoma, ovvero la doratura con foglia di argento meccato, strato che presenta una colorazione ancora differente, rispetto al precedente, restituendo un Cristo emaciato ma con una resa del sangue, che perde di qualità rispetto a quello sottostante. La superfetazione più recente (databile ai primi del Novecento) occultava e fuorviava la leggibilità dell’opera, pertanto, in accordo con l’ente di tutela e l’ente proprietario, si è deciso di rimuoverla. Per chiarire alcuni aspetti, relativi alla conoscenza in toto delle tecniche pittoriche utilizzate, dovrà essere disposta un’ulteriore indagine che risponda ai quesiti di natura tecnica e materica rimasti aperti.
Analisi formale e iconografica Il Cristo della Passione, alto 135 cm, si presta, come si è anticipato, per dimensioni, peso e composizione, con l’attitudine mossa del Cristo proteso in avanti, a un uso processionale. Sebbene molto frammentato si impone per la qualità e la particolarità d’esecuzione riscontrata nelle diverse fasi storiche della sua vicenda conservativa. Il corpo giovane di Cristo, leggermente sproporzionato, si presenta stante, con la gamba sinistra protesa in avanti e leggermente piegata, mentre quella destra è posta su un altro livello. Il piede sinistro è poggiato sulla base mentre quello destro è inclinato in avanti come se poggiasse su un rialzo. La testa presenta una leggera inclinazione verso sinistra rispetto al busto, che risulta anch’esso leggermente rivolto verso sinistra. Inoltre, analizzando la posizione dei piedi e l’andamento della schiena, la statua risulta chiaramente inclinata in avanti. Sul capo è collocato il nimbo crocesignato, con le braccia della croce espanse verso l’esterno; i capelli sciolti sono formati da due grandi riccioli che ricadono
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sugli omeri, inquadrando il volto. I riccioli sono ben definiti già dall’attaccatura dei capelli e sono disposti a fiamma sulle spalle. Nelle vicinanze dei padiglioni auricolari sono inoltre presenti due riccioli più piccoli, poggianti sopra i due riccioli principali. I padiglioni auricolari sono molto piccoli e realizzati schematicamente con due elementi semicircolari colorati in rosso; i lobi sono piccoli e attaccati alla mandibola e presentano delle tracce di sangue, dettaglio narrativo, tratto dalla letteratura mistica del XV secolo (si veda per tutti le Rivelazi-
oni di Santa Brigida), che sarà ripreso anche nei secoli seguenti (Figg. 7-8). Fig. 7 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare del sangue in corrispondenza del lobo dell’orecchio destro
Le arcate sopracciliari si presentano lunghe e leggermente corrugate che esaltano i grandi occhi a mandorla con grosse pupille nere. Le palpebre superiori e inferiori risultano ingrossate (probabilmente per rappresentare i segni delle percosse e della sofferenza). Lo sguardo è fisso in avanti con un’espressione di rassegnazione, mantenendo sempre una composta nobiltà. Gli zigomi sono sporgenti, proprio per esaltare la magrezza e la sofferenza del Cristo. Il naso, nonostante il forte degrado, si presenta lungo ed affilato con le pinne nasali sporgenti; I baffi ricadenti si ricongiungono alla barba corta e incorniciano la bocca semi aperta in una smorfia di dolore, che lascia a vista i denti e le labbra livide.
Fig. 8 Frate Umile da Petralia, Ecce Homo, XVII sec, Calvaruso, Santuario dell’Ecce Homo. Particolare del sangue in corrispondenza del lobo destro dell’orecchio
Su tutto il volto sono presenti dei rivoli di sangue che partono dall’attaccatura dei capelli e scendono sugli occhi, sul naso e scorrono lungo tutta la barba ed il collo. Il collo è robusto con muscoli ben evidenziati e con il pomo di Adamo accentuato, sempre per sottolineare la magrezza del Cristo. Il busto presenta tre grandi ferite profonde, così rispettivamente distribuite: due sugli omeri e una centrale sul petto dalle quali sgorga copioso il sangue che scende verso le braccia e verso la pancia fino a raggiungere il perizoma. Lo sterno appare lacerato e le costole sono accentuate e ben evidenziate come la colonna vertebrale e le vertebre. Le braccia sono intrecciate in avanti e disposte sul fianco sinistro e probabilmente con i polsi legati. I muscoli delle braccia sono molto pronunciati per rappresentare la tensione derivata dalla posizione obbligata e dalle percosse ricevute. Le mani sono molto grandi e leggermente sproporzionate rispetto al resto del manufatto. Il palmo della mano destra è contratto e risulta quindi cavo. Il perizoma, che copre il bacino
fino a metà coscia, presenta sul rec-
to una serie di pieghe appiattite con puro scopo decorativo. Nella parte del verso il perizoma risulta liscio e leggermente piatto. Il sangue percola anche dalla parte inferiore del perizoma stesso proseguendo lungo le cosce, per sottolineare le numerose ferite presenti sul corpo del Cristo. All’estremità destra del perizoma troviamo un lembo verticale legato con un grosso nodo. Il lembo del perizoma è molto ricco di pieghe stilizzate, ha una resa plastica e raggiunge il bordo inferiore del perizoma stesso. Le ginocchia sono interessate da due ferite profonde da cui scorrono dei rivoli di sangue che raggiungono le dita dei piedi che si presentano contratte per il dolore. Come per le braccia, le gambe sono interessate da una muscolatura ben evidenziata sempre a ricordare l’inclinazione forzata e la tensione per le percosse. Il piede destro presenta una piccola porzione del plinto di base che
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probabilmente è stato rimosso e che è andato perduto8. Dal punto di vista storico artistico, la scultura è stilisticamente databile tra il XV e il XVI secolo. Presenta ancora influssi tardo gotici, riscontrabili nella raffigurazione del costato e della colonna vertebrale, che hanno un intaglio marcato (si vedano ad esempio le rappresentazioni del Cristo in Pietà delle croci dipinte siciliane del XV secolo), e una interpretazione ‘dolorosa’ del Cristo. Nella successiva rielaborazione del soggetto intorno al XVI secolo, troviamo quale carattere predominante il sottile classicismo rinascimentale, che riconsegna una rinnovata iconografia del tema: dal patetismo cupo ed emaciato della precedente versione dolorosa, si va verso una resa più morbida, corrispondente ad una manifestazione del dolore meno struggente, con copiosi rivoli di sangue. Altra considerazione da fare è quella sulla resa dell’incarnato e del perizoma dorato dello strato superiore: l’incarnato, in particolare, di colore verdastro, emaciato, e i rivoli di sangue, con andamento, definizione pittorica e posizioni differenti rispetto a quelli del XVII secolo, rappresentano il dolore e la sofferenza del Cristo (Figg. 9-10). Altro aspetto riguarda invece il caratteristico trattamento della testa, e nello specifico della capigliatura: l’intaglio, marcato e profondo, è qui eseguito con una sgorbia concava
Fig. 9 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano Particolare del sangue nella gamba destra retro, sec. XVI, databile
a lama grossa, che imprime un carattere fortemente espressivo e popolaresco alla scultura, assimilabile alle immagini dei Crocifissi dolorosi del realizzati tra XIV-XV secolo, differentemente da quanto accade nel secolo successivo, quando le capigliature risultano prevalentemente lavorate con minuzia e morbidezza (Figg. 11, 12, 13). Un più generale carattere popolaresco si rileva anche nella proporzioni degli arti e nella definizione formale, che presenta un aspetto relativamente sommario, grezzo. La configurazione attuale della statua, priva di quegli attributi che ne definiscono un univoco riconoscimento iconografico, non consente di identificarvi con assoluta certezza una rappresentazione di “Gesù alla colonna”. Per tale ragione l’opera è stata qui ridefinita in termini più comprensivi come Cristo della passione, non volendo escludere la possibilità che si tratti di un Ecce homo piuttosto che di un
Cristo alla colonna. E del resto motivi che connotano il manufatto di Piazza Armerina quali il movimento in avanti del busto, la posizione delle mani legate e incrociate
Fig. 10 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare del sangue nella gamba destra retro, sec. XVII, databile
sul davanti, i segni della flagellazione e la relativa copiosità del sangue, sono caratteri comuni ad entrambe le iconografie. La tavola n 1 riporta esemplificativamente alcune comparazioni effettuate con altre sculture datate tra il XV e il XVII secolo. Devo agli studiosi che mi hanno seguito in questo percorso di conoscenza la capacità di comprendere un’opera anche da un profilo storico-artistico, maturando la consapevolezza che è solo attraverso la conoscenza che si può sviluppare la coscienza dell’intervento sull’opera stessa.
Fig. 11-12 Cristo morto, 1330 ca., Torino, Museo Civico di Arte Antica e Palazzo Madama (prov. da Gressan); Crocifisso, tardo XV sec., Venezia, chiesa di San Geremia. Particolari della testa e dell' intaglio delle ciocche dei capelli
Fig. 13 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare della testa e dell' intaglio delle ciocche dei capelli
Caratteristiche formali e funzione d’uso Per parlare di statuaria lignea processionale, destinata per lo più ai riti religiosi della Settimana Santa, bisognerebbe conoscere le trasformazioni storiche e culturali che hanno portato allo sviluppo dei simulacri, i quali costituiscono materialmente la forma sensibile del soggetto rappresentato, attraverso cui si esprime la dimensione simbolica che da sempre ha contrassegnato gli stessi riti. I riti tradizionali della Settimana Santa nascono dalle trasformazioni in ambito sociale e religioso avvenute in epoca medievale (tra il XIII e il XV secolo). In Italia, infatti, con lo sviluppo dei comuni iniziarono a comparire dei movimenti religiosi laicali orientati verso opere di carità o penitenza, che si raccoglievano in proprie cappelle o chiese. In questo periodo inoltre la liturgia conobbe una crisi diventando sempre più clericale, portando così lo sviluppo del “devozionalismo”, di Fig. 14 Flagellazione, Michael Wolgemut, Berlino, Staatiche Museen Preussischer Kulturbesitz, Kupferstichkabinett
cui questi movimenti laici furono protagonisti. Tra questi movimenti, quello francescano fu sicuramente il più prestigioso: la profonda compassione per il Cristo sofferente e il tenero amore per Maria Addolorata comportarono uno spostamento della liturgia verso quello che si definisce il movimento devozionale. È in quest’epoca che compaiono i primi simulacri con Cristo Crocifisso e, più in generale, raffigurazioni della Passione che esaltano drammaticamente la sofferenza di Cristo. (Figg.14-15) Il ‘devozionismo’, così iniziò ad insinuarsi nella coscienza e nella fede dei credenti; le compagnie laicali con le loro espressioni devozionali trovarono diffusione in tutta la cristianità del tempo, portando alla nascita e allo sviluppo delle tradizioni popolari siciliane, comprese quelle della Settimana Santa. Un altro fattore di influenza fu la presenza in Sicilia di colonie straniere continentali, che portarono alla comparsa delle prime compagnie di Flagellanti nel periodo aragonese. La prima compagnia siciliana fu quella di Battuti, sorta nella Chiesa di San Nicolò nel 1343.
Fig. 15 Flagellazione. Cracovia, Convento carmelitano, MS 287
Un altro periodo determinante per il tema trattato è quello che va dalla fine del XVI secolo fino al XVIII secolo (Fig. 16). Questo periodo si definisce spagnolo, in quanto la Sicilia era politicamente e culturalmente assoggetta alla Spagna. In ambito religioso, relativamente alla diffusione delle statue, papa Urbano VII impartì delle direttive, espresse nel Concilio di Trento, alle quali dovevano allinearsi gli artisti per realizzare le opere d’arte sacra. In questo periodo si ha la strutturazione definitiva di tutti i riti nei vari giorni della Settimana Santa. Ora, per economia d'esposizione, focalizzerò l'attenzione sulle sole forme rituali legate al tema della Passione che si svolgono il Giovedì Santo. Le processioni dove si attesta la presenza di statue in legno o polimateriche che rappresentano i momenti della Passione sono diffuse in tutta la Sicilia, al loro interno possono individuarsi due diverse tipologie: le processioni nate tradizionalmente per evidenziare un momento particolare della Passione di Cristo, legate a una immagine che rappresenti quel particolare momento o episodio; e le processioni nate dalla ritualiz-
Fig. 16 Gregorio Fernandez,Cristo alla colonna, 1623, Valladolid, chiesa della Vera Cruz
zazione ed enfatizzazione di quello che era originariamente un trasferimento delle statue, funzionale alle celebrazioni del Venerdì Santo.
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Tra le principali immagini della passione di Cristo le più ricorrenti nell'arte siciliana sono il Cristo morto e il Cristo alla colonna, diffuse prevalentemente nella Sicilia sud-orientale, e l’Ecce Homo.9 In questo contesto si inserisce il Cristo della
Passione di Piazza Armerina, il quale, che a causa del suo stato frammentario, non ci permette di classificarlo univocamente dal punto di vista iconografico e quindi di collocarlo all’interno di un rito processionale specifico. Ciònondimeno, considerato il soggetto rappresentato, possiamo ugualmente collocare la statua di Piazza Armerina senz'altro all’interno del ciclo della Passione, e più specificamente nel contesto dei riti del Giovedì Santo. Nell’opera convivono forma espressiva e dimensione narrativa, espresse attraverso la raffigurazione della fisionomia e delle pose, ma anche attraverso il formato e le dimensioni della statua, quasi a grandezza naturale, la definizione della policromia e del modellato a tutto tondo, con dettagli anatomici particolarmente marcati ed evidenti. Caratteri che ben si prestano a un inquadramento della statua di Piazza entro una sequenza di immagini a tema (la Passione di Cristo) adibite ad uso processionale (nella tabella seguente si riassumono le principali manifestazioni rituali della Settimana Santa ancora oggi ricorrenti nel territorio della Sicilia centromeridionale), o, più semplicemente, in un contesto religioso funzionale quale immagine di pietà a supporto della devozione privata o collettiva.
Espressioni rituali e gruppi scultori legati al tema della Passione di Cristo, dalla notte del Mercoledì Santo al mattino del Sabato Santo
DIOCESI
COMUNE
GIORNO
RITO
SCULTURA
Piazza Armerina
Butera
Giovedì
Visita ai se-
Cristo arrestato
polcri
in catene
Mimesi degli
Ecce Homo
Venerdì
eventi della
Fig. 17 Agatino Daidone, Sicilia colla distinzione de’ i suoi tre Valli, delle nove Diocesi..., Palermo 1718
Passione Piazza Armerina
Riesi
Giovedì
Processione
Ecce Homo
dell’Ecce Homo Piazza Armerina
Enna
Domenica
Quarantore
Ecce Homo
Caltanissetta
Caltanissetta
Giovedì
Misteri
Ecce Homo Flagellazione
Caltanissetta
Mussomeli
Giovedì
Misteri
Cristo alla colonna
Caltanissetta
San Cataldo
Venerdì
Misteri
Ecce Homo
Nicosia
Gagliano
Venerdì
Misteri
Ecce Homo
Castelferrato
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Fig. 18 Militello Val di Catania, processione dell’ Ecce Homo (statua proveniente dalla chiesa di Santa Maria della Stella)
Principali essenze legnose adoperate nella statuaria lignea PIOPPO NOME Pioppo
NOME SCIENTIFICO Populus
CARATTERISTICHE MACROSCOPICHE
CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE
CARATTERISTICHE FISICHE
Legno ad alburno biancastro con lievi tonalità giallognole; non sempre vi è durame differenziato, ma quando ciò avviene si tratta di una zona di colore verdastra, bronzeabruna a contorno nettamente delimitato; gli anelli di accrescimento sono individuabili, il loro andamento è regolare; sono frequentemente presenti falsi anelli e doppi anelli; in qualche specie, si riscontrano secrezioni gommooleose al limite esterno del durame;la tessitura può variare entro larghi limiti: da fine a grossolana. La fibratura è diritta.
Vasi piccoli a sezione circolare, uniformemente distribuiti all’interno di ogni anello di accrescimento, le loro dimensioni variano poco nel passare dalla zona primaticcia dell’anello a quella tardiva; perforazione unica; punteggiature intervascolari grandi.
Massa volumica: (a U=12%) pioppo bianco 0,48 g/cm3, pioppo nero 0,50 g/cm3, pioppo tremolo 0,51 g/ cm3 ritiro da debole a medio.
SEZIONE LONGITUDINALE TANGENZIALE
IMMAGINI MICROSCOPICHE: SEZIONE TRASVERSALE E TANGENZIALE
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TIGLIO NOME
NOME SCIENTIFICO
Tiglio
Tilia
CARATTERISTICHE MACROSCOPICHE
CARATTERISTICHE MICROSCOPICHE
CARATTERISTICHE FISICHE
Legno biancastro o lievemente giallognolo, indifferenziato; gli anelli di accrescimento, discretamente individuabili, sono ampi e a decorso regolare; la tessitura è fine e la fibratura diritta.
Vasi di piccolo diametro regolarmente decrescente passando da legno primaticcio a quello tardivo, le pareti dei vasi presentano sottili ispessimenti spiralati; punteggiature intervascolari piccole e numerose; i raggi in corrispondenza del limite dell’anello annuale si allargano in maniera molto netta.
Massa volumica: 0,65 g/cm3 (a U=12%), ritiro radiale =5,6%, tangenziale =9,2%, volumetrico =15,0%
SEZIONE LONGITUDINALE TANGENZIALE
IMMAGINI MICROSCOPICHE: SEZIONE TRASVERSALE E TANGENZIALE
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Note 1
Per l’ente di tutela territoriale, Servizio Soprintendenza di Enna: Unità operativa 10, beni storici artistici
e iconografici, dirigente architetto Luigi Maria Gattuso, Funzionario direttivo Storico dell’arte, Dott. Paolo Russo; per l’ente proprietario: Diocesi Piazza Armerina, responsabile dell’Ufficio per l’arte sacra e i beni culturali ecclesiastici e del Museo Diocesano, sac. Giuseppe Paci; studente: Giovanni Calvagna; Relatori: Prof.ssa Maria Grazia Alaimo; Restauratore responsabile dell’intervento di restauro: Angela Lombardo, Restauratore riferimento superficie policroma: Prof. Franco Fazzio, Ricerca storico artistica: Dott. Paolo Russo (Soprintendenza di Enna); Referente per il CRPR: Dott. Claudio Paterna; Indagini chimiche: Dott. Bartolo Megna; Indagine radiografica (TAC): Prof . Marcello De Maria e Dott. Mario Feo (Clinica Torina), Indagine entomologica: Prof. Giovanni Liotta. 2
P. Russo, Scultura in legno nella Sicilia centro-meridionale Secoli XVI-XIX, Società Messinese di Storia
Patria, Messina, 2009, p. 226. 3
N.O Soprintendenza di Enna, prot. N. 754 del 15/03/2011; consegna avvenuta presso il Centro Regio-
nale per la Progettazione e il Restauro e per le scienze naturali ed applicate ai Beni Culturali di Palermo il 28/04/2010. 4
Il Corso di laurea LS12 in Conservazione e Restauro dei beni culturali di Palermo prevedeva tre aree
di indirizzo: area manufatti lapidei, pittorici e organici. Il restauro è stato affidato al tutor coordinatore, dell’area dei manufatti in materiali di origine organica, Angela Lombardo; con il passaggio al ciclo unico, che prevede l’attivazione di 4 indirizzi, l’oggetto di tesi è rientrato nel percorso formativo professionalizzante PFP 2 - Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile, manufatti scolpiti in legno, arredi e strutture lignee, manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti, secondo quanto previsto dal Ministero, ma la responsabilità dell’intervento è rimasta alla restauratrice Angela Lombardo. 5
Cfr. il Comunicato stampa nucleo carabinieri tutela del patrimonio culturale di Palermo del 18/05/2008,
sul sito Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Dipartimento dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana:”I Carabinieri della Compagnia di Piazza Armerina e del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Palermo hanno recuperato le statue del Cristo alla Colonna e di Sant’Apollonia rispettivamente asportate presso la Chiesa di San Giuseppe nel mese di febbraio 2005 e presso la Chiesa di Santa Veneranda nel mese di novembre 2004. Entrambi le opere, risalenti al XVII sec., sono state recuperate nel corso di un mirato servizio di controllo del territorio condotto dalla giornata di domenica 11 maggio. I Carabinieri hanno effettuato numerose perquisizioni presso abitazioni di soggetti residenti nel territorio e sospettati di detenere materiale di provenienza furtiva; In un casolare abbandonato sono state rinvenute le due importanti sculture. Si presentavano avvolte in buste di plastica di colore nero, ancora sporche di terra e di erba. Il Cristo alla colonna è una statua alta 135 cm. di bottega siciliana, risalente la XVII secolo in legno scolpito e dipinto, mentre la Statua di Sant’Apollonia è sempre di bottega siciliana, della fine del XVI secolo, in legno scolpito, dorato e dipinto. Le statue sono state riconsegnate alla diocesi di Piazza Armerina”. 6
Di Marzo G. , I Gagini e la scultura in Sicilia nei secoli XV e XVI, 2 voll., Palermo 1880-1883, vol. II, doc.
CCCXXXII, cit. in Paolo Russo, La scultura in legno del Rinascimento in Sicilia. Continuità e rinnovamento, Kàlos, Palermo 2009, p. 64. 7
Speranza L. , La scultura lignea policroma. Ricerche e modelli operativi di restauro, Centro Di, Firenze
2007, p. 196. 8
Descrizione realizzata con il supporto della prof.ssa M.A. Lima, storico dell’arte Medievale.
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Tavole
I Studio e comparazioni per la definizione iconografica dell’opera
II Lessico terminologico descrittivo
III Tecnica fotografica speciale: Tomografia Assiale computerizzata
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I. Analisi
comparata per la definizione iconografica dell’opera
TAVOLA I 1-2. Cristo della Passione , fine del XV sec., altezza cm 135 ca., Piazza Armerina, Museo Diocesano, prov. chiesa di San Giuseppe. Particolare e insieme fronte. 3-4 Cristo della Passione , fine del XV sec., Piazza Armerina, Museo Diocesano, prov. chiesa di San Giuseppe. Particolare e insieme veduta posteriore.
TAVOLA II 1 Scultore aostano, Cristo morto, 1330 ca., Torino, Museo Civico di Arte Antica e Palazzo Madama, prov. da Gressan. 2 Bottega di Frate Umile da Petralia (attr.), Ecce Homo, secondo-terzo decennio del XVII sec., Petralia Soprana, chiesa di Santa Maria di Loreto, prov. chiesa di Santa Maria di GesĂš. 3 Frate Umile da Petralia, Ecce Homo, XVII sec., Calvaruso, Santuario del Santissimo Ecce Homo. 4 Cristo della Passione , fine del XV sec., Piazza Armerina, Museo Diocesano, prov. chiesa di San Giuseppe. Particolare
TAVOLA III 1 Ignoto, Cristo alla colonna, XVI sec., Naso, chiesa di San Cono. 2 Ignoto, Cristo alla colonna, XVII sec., Militello in Val di Catania, chiesa di Santa Maria della Stella. 3- 4 Girolamo Bagnasco, Cristo alla colonna, 1787, Monreale, Palazzo Arcivescovile. Particolare movimento e intero.
TAVOLA IV 1 Giovan Battista Li Volsi (attrib.), Flagellazione, ante 1608, Nicosia, chiesa di San Biagio, prov. dalla chiesa di San Francesco. 2 Flagellazione, Gruppo statuario dei Misteri di Trapani, ceto muratori e scalpellini, XVII sec., Trapani, chiesa del Purgatorio. 3-4 Giovan Battista Li Volsi, Flagellazione, 1608 ca., Castel di Lucio, chiesa Madre. Insieme e particolare.
TAVOLA V 1 Ignoto, Crocifisso, 1311, Palermo, Cattedrale. Particolare. 2 Cristo della Passione , fine del XV sec., Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare della colonna vertebrale. 3 Frate Umile da Petralia, Crocifisso, secondo quarto del XVII sec., Enna, chiesa di Santa Maria di Montesalvo. Particolare. 4 Cristo della Passione , fine del XV sec., Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare.
1
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Tavola I
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4
1
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Tavola II
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Tavola III
1
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Tavola IV
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Tavola V
II. Lessico
terminologico descrittivo* Termine
in uso nel perio-
do e sua occorrenza nel vocabolario
storico
si-
Terminologia Attuale
ciliano
Tadema, diadema, didema, nimbo crocesegnato. Rif.(3) Coronam spinarum. Rif.(1)
Bucculu o ricciu, buccula. Rif.(1)-(2)
Custatu Rif. (1)-(2)
Vucca di lu stomacu Rif. (1)-(2)
Nna’ppa
Rif. (1)-(2)
Tobaleo, tobalia, tobaliam, Rif. (3)
Scabello, scannello, Suppedaneu, Scanu Rif. (3)
Aureola Corona di spine
Ricciolo
Costato
Sterno
Nappa
Perizoma
Plinto di base
* Le definizioni riportate nella colonna di sinistra sono tratte da Pasqualino 1789 (1) Mortillaro 1862 (2), Manufacere et scolpire 2012 (3)
Termine
in uso nel perio-
Terminologia Attuale
do e sua occorrenza nel vocabolario
storico
si-
ciliano
Schina, carina, Rif. 1-2
Costa Rif. 2
Vertebra
Costola
III. Tecnica
fotografica speciale:
Tomografia Assiale Computerizzata
Indagine radiografica (TAC): Prof . M. De Maria e Dott. M. Feo (Clinica Torina); scansione eseguita con software K-Packs- Lite; Fattore di Zoom x1.14, potenza 100Kv 09/06/2010 La tac ha messo in evidenza che la scultura segue il procedimento "per forza di levare" (cioè di sottrazione della materia superflua) quindi evidenzia la lavorazione di un blocco di pioppo con la particolarità che ne segue la sua forma naturale con la presenza all’interno del tronco principale dell’innesto di un ramo utilizzato per la realizzazione degli arti superiori (Fig.1); ha inoltre consentito di rilevare l’andamento di crescita del tronco (dalla testa ai piedi del Cristo) e gli anelli di accrescimento utili all’identificazione dell’età dell’albero al momento del taglio, ovvero ottanta anni (Fig.2). Relativamente agli aspetti tecnico-strutturali e di conservazione, la TAC ha rivelato la presenza di chiodi antichi (Fig.4), riconducibili alla realizzazione dell’opera, e due più recenti (Fig.5) che interagiscono con il posizionamento della testa e che presentano la filettatura databile nei primi del XIX sec.; gli strati pittorici (Fig.3) vengono messi in evidenza con differenti spessori e mancanze, ma questo è un elemento indicativo che si accompagna all’indagine stratigrafica effettuata. Inoltre ha permesso di riportare le consistenze dei pieni (Fig.2), anche in corrispondenza delle zone interessate da attacco entomatico. Il legno risulta in ottimo stato di conservazione e i camminamenti riguardano esclusivamente le parti superficiali del manufatto.
Acquisizione immagine con software
Fig.1
Fig. 2
Fig. 3
Fig. 4
Fig. 5
II Problemi
e metodi di restauro. Studio per un intervento “conservativo e didattico”
Nel capitolo seguente si svolgono alcune considerazioni sul metodo di restauro conservativo e didattico. Esso intende indirizzare l’attenzione non certo verso i risultati estetici conseguiti, tantomeno vuole soffermarsi sulle operazioni effettuate per il loro conseguimento, bensì sulle valutazioni e riflessioni preliminari a ogni intervento di restauro, il quale è sempre un episodio delicato nella singolare vicenda storica dell’opera in quanto manufatto storico artistico. Come metodo di approccio, a mio avviso, occorre valutare ogni operazione di restauro con una certa diffidenza, perlomeno in relazione alla storia del “restauro”, nella cui accezione ricadono tutte quelle iniziative di riutilizzazione, spostamento e manipolazione a diverso titolo perpetuati ab antiquo. Nel corso dell’intervento in questione è stato naturale considerare nelle indagini la materia di cui la scultura è costituita nella sua globalità. Si è ritenuto questo l’approccio adeguato per una conoscenza diretta e completa della fenomenologia materiale dell’opera, in grado di coglierne la peculiare qualità che la rende opera d’arte. L’attività di restauro dispone oggi di precisi riferimenti teorici da cui dipendono i singoli interventi conservativi e da cui discendono le indicazioni impartite in merito dagli organi istituzionali preposti alla tutela competenti per il territorio. Su questo orizzonte si sono orientate le scelte operate dall’intervento qui discusso, che si è svolto progressivamente per step successivi di riflessioni, indagini e risultati. Nel caso di studio l’occasione del restauro della statua del Cristo della Passione di Piazza Armerina in previsione della sua esposizione al Museo diocesano ha legittimato la scelta di metodo riguardante specificamente un progetto di ricerca e di conservazione. In considerazione dello stato di conservazione in cui è pervenuta, possiamo interpretare l’opera come un “frammento” e, al tempo stesso, una immagine “palinsesto”: come un’opera, cioè, che filologicamente reca traccia evidente degli interventi successivi di materiale ridefinizione figurativa subiti nel corso del tempo. Costituisce questo un aspetto determinante per la metodo-
logia e per il tipo di approccio nella scelta di reintegrazione dell’immagine. In particolare, è chiaramente visibile la parziale presenza di uno strato policromo originale e di una parte soprammessa implicante una nuova configurazione del modellato e della policromia della figura che mette in rilievo spessori differenti e rende la lettura dell’intera superficie molto discontinua e frammentata, lasciando nondimeno spiragli per una lettura iconografica che ne consente la datazione e la collocazione in un arco temporale circoscritto. Un manufatto così caratterizzato diventa particolarmente significativo ai fini della comprensione della più generale vicenda storica della statuaria devozionale processionale. È per tale ragione che si è individuato nella statua oggetto di studio un’opera altamente esemplificativa, per
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il potenziale d’ informazioni (storiche, culturali, materiali, conservative, ecc.) che è in grado di comunicare, e di un intervento conservativo specificamente rivolto alla didattica. Tenuto conto della impostazione teorica alla base della moderna disciplina del restauro formulata da Cesare Brandi, e specificamente della dialettica delle due “istanze” fondamentali, l’una storica e l’altra estetica, su cui non è qui il caso di soffermarsi, l’intervento sul Cristo della Passione affronta direttamente tale questione cruciale, che tocca ogni pratica operativa, risolvendola con la proposta di un “restauro conservativo didattico”. Come ci si sarebbe dovuti comportare difronte alle modellazioni datate e alle vaste ridipinture che coprono parti significative della scultura e della pittura originale? Prima di legittimare una rimozione storicizzata1 è fondamentale avere la certezza di ottenere un reale miglioramento, non solo apparente, delle condizioni conservative dell’opera e contestualmente rispettarne per quanto possibile tutte le sue istanze, nella loro giusta valenza. Ecco la ragione dell’importanza del restauro come conoscenza e comunicazione delle conoscenze acquisite: la storia materiale dell’oggetto (istanza storica) non è disgiunta da una restituzione formale unitaria finale (istanza estetica) equilibrata, certo, ma non acriticamente uniforme. Nello studio di restauro si è dato particolare rilievo alla documentazione, come si evidenzia dalla scheda autoistruente (Si veda tavola Particolari della
scheda autoistruente a fine parte). La sezione della scheda dedicata al restauro, così come quella relativa alla mappatura dei degradi consentono la necessaria comparabilità per una futura manutenzione programmata, in quanto basata su una attenta descrizione dello stato di conservazione del manufatto nei suoi materiali costitutivi, e di tutto l’intervento di restauro con le specifiche dei materiali utilizzati, senza trascurare l’aspetto della movimentazione e dell’ambiente. Gli argomenti dei pannelli che accompagnano il capitolo rappresentano le linee di sintesi di un processo di valutazione per la progettazione dell’ “intervento conservativo didattico” e relativamente alla stuccatura sperimentale. Passo ora a descrivere alcune operazioni, che sono state eseguite sull’opera e che riguardano l’approfondimento relativo a questo elaborato. Il resoconto dettagliato di tutti gli interventi di restauro sarà illustrato durante la prima prova abilitante. Dopo aver eseguito il consolidamento e la disinfestazione dell’oggetto, si è passati all’identificazione dei vari livelli che compongono lo strato pittorico. Già da un’attenta analisi visiva si è notata la presenza di più superfici pittoriche, specie nelle zone interessate dal distacco e dalla caduta della pellicola pittorica. Si è deciso pertanto di effettuare un’indagine stratigrafica al SEM, in sezione lucida, prelevando alcuni campioni rappresentativi parzialmente distaccati dal supporto. Con grande stupore, ma con la consapevolezza di rilevare la presenza di più strati, considerato l’uso processionale della statua, sono state identificate ben quattro differenti stesure. Attraverso le prove di pulitura, eseguite con i test di solubilità di Wolbers-Cremonesi, sono stati realizzati dei tasselli, sull’incarnato e sul perizoma. Si è messa in luce così la pellicola pittorica databile al XVII secolo, che restituisce
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una definizione pittorica stilisticamente differente da quella sovrastante; inoltre nella parte del perizoma si è evidenziata la presenza di argento meccato, che presenta una colorazione nerastra dovuta all’ossidazione della lamina stessa. A seguito di un incontro tecnico2 con l’organo di tutela, la Soprintendenza di Enna, previa comunicazione all’ente proprietario, la Diocesi di Piazza Armerina, si è deciso di rimuovere la superfetazione che occultava il suddetto strato e ne confondeva la corretta leggibilità. Sono stati quindi eseguiti dei test anche sullo strato seicentesco, che hanno portato all’individuazione di un ulteriore livello di stesura pittorica precedente riconducibile al Cinquecento. Quest’ultimo risulta stilisticamente molto vicino allo strato soprastante, ma con una definizione molto più dettagliata e realistica della rappresentazione del sangue. Al di sotto dello strato cinquecentesco, si è recuperata la presenza di uno spesso stucco coprente che, come ho già detto, nella prima parte di questo elaborato, relativamente all’analisi materica e iconografica, ridefinisce la modellazione originaria verosimilmente quattrocentesca (si veda il pannello n. 1). Di fronte alla presenza di tutte quante queste stesure con definizioni stilistiche differenti, è stato pensato un intervento che consenta la visione di ogni singolo strato, cercando di equilibrare con puntuali velature ad acquerello rimovibili al fine di restituire otticamente una lettura completa dell’opera, rispettandone così l’istanza estetica oltre che quella storica. Questo intervento, definito “conservativo didattico”, intende conservare appunto l’opera nello stato in cui ci è pervenuta, restituendo al contempo una lettura didattica utile alla comprensione sia da parte degli studiosi del settore, sia da parte dei visitatori nel museo (si veda il pannello n. 3). Altro aspetto che riguarda la sperimentazione del presente elaborato è la realizzazione delle stuccature. Le lacune presenti sul manufatto sono state distinte in tre diverse tipologie: piccole lacune con contorni ben definiti che non presentano grande differenza di spessore; grandi lacune con spessori differenti e contorni non definiti; e lacune profonde dovute all’attacco entomatico da parte di
Trichoferus holosericeus, che hanno coinvolto anche parte del supporto, alterandone le proprietà meccaniche. Le diverse tipologie di lacune sono state trattate in modo differente. Le stuccature, della prima tipologia sono state eseguite con uno stucco a base di gesso di Bologna e colla a base di metil-idrossi-etil-cellulosa3 (al 4% in acqua deionizzata) e successivamente reintegrate a mimetico con l’acquerello; questa composizione rende lo stucco più morbido, rispetto alla tradizionale colla di coniglio, infatti la colla impiegata è utilizzata anche nel restauro della carta e nello specifico per il consolidamento della stessa. Per la seconda tipologia si è scelto di non stuccare le lacune ma di equilibrarle solo cromaticamente ad acquerello, onde evitare fuorvianti modellazioni della superficie. Per quanto riguarda la terza ed ultima tipologia di lacuna, che vede la superficie4 da trattare indebolita dall’attacco entomatico, è stato realizzato uno stucco composto da polpa di cellulosa, gesso di Bologna e colla a base di metilidrossietil-
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cellulosa (in proporzione rispettivamente 0,5:0,5:1); lo stucco impiegato è stato prima testato realizzando alcuni provini, che hanno permesso di verificarne la leggerezza e l’estrema rimovibilità. Questo sistema è stato messo a punto per evitare di sollecitare meccanicamente, con una stuccatura rigida, la parte ammalorata e di poter integrare pittoricamente la lacuna, grazie alla presenza del gesso; inoltre per rendere più reversibile l’intervento, tra la stuccatura e il supporto è stato posto uno strato di sacrificio, composto da organza in poliestere5, che permette una rapida rimozione della stuccatura e riduce l’assorbimento della colla da parte del supporto. Nel pannello n. 2 è illustrato tutto il procedimento e le prove realizzate. Per consentire di terminare l’intervento di restauro, e identificare contestualmente la corretta inclinazione della statua, si è pensato a un suo posizionamento provvisorio, attuato tramite cinghie in gomma. (Fig. 1) Attualmente il basamento definitivo è in corso di studio e progettazione, grazie anche alla cortese collaborazione di una ditta esterna che opera nel settore dei Beni Culturali6. Il progetto prevede la realizzazione di un basamento in plexiglass con piano leggermente inclinato; per assicurare un miglior contatto e una migliore tenuta con il manufatto è stato realizzato un calco dei piedi in gomma siliconica e successivamente dentro lo stesso è stata effettuata una colata con gesso scagliola per creare il positivo. Successivamente il piano del basamento in plexiglass verrà scavato, prendendo come modello il positivo, e per creare un ulteriore punto di contatto verrà realizzata una piccola lastra di spessore adeguato che legherà la base tramite un foro preesistente posto nel retro della statua. A tal proposito si è avviata una sperimentazione con la ditta CTS, produttrice di alcune resine per il restauro, per testare la tipologia di resina più reversibile e idonea al nostro intento. Sono già stati realizzati dei campioni di resina epossidica, nello specifico Araldite Fig. 1 Cristo della Passione, Piazza Armerina, Museo Diocesano. Particolare della movimentazione
SV 427, Balsite tradizionale e nuova formula7 (Fig. 2). Su questi provini, verranno effettuati dei test di invecchiamento e delle prove di stress, per verificarne la durata e la resistenza meccanica, in previsione del perno. L’idea progettuale prevede la realizzazione di un basamento che rispetti la natura frammentaria dell’opera, creando un supporto trasparente che lascerà l’opera sospesa, senza falsarne la visione complessiva come immagine “palinsesto” al visitatore nel museo.
Fig. 2 Provini resine epossidiche
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Note 1
Brandi C., Teoria del restauro, Einaudi, Torino 1977 e 2000, pag. 34.
2
Rif. Verbale del 19/04/2011. Estratto rimozione superfetazione: In particolare, dopo un’esaustiva anal-
isi…………, relativamente alla definizione estetica del manufatto, si sono stabiliti il livello cui attestare al momento l’intervento di pulitura della superficie pittorica. 3
Nome commerciale Tylose MH 300P a base di metilidrossietilcellulosa.
4
La superficie del legno è costituita da una massa farinosa giallastra costituita da rosume che occlude
le gallerie e i fori di sfarfallamento ovali, vista la forma dell’insetto infestante (Trichoferus holosericeus , famiglia dei Cerambycidae). 5
I poliesteri sono una classe di polimeri ottenuti per polimerizzazione a stadi per condensazione che
contengono il gruppo funzionale degli esteri lungo la catena carboniosa principale. La fibra tessile è ottenuta da macromolecole costituite da polietilene tereftalato. Le caratteristiche dei fili di poliestere sono oltre ad un’ottima tenacità e resilienza, un’elevata resistenza all’abrasione, alle pieghe e al calore, un elevato modulo di elasticità e una minima ripresa di umidità nonché una buona resistenza agli agenti chimici e fisici. I tessuti di poliestere, grazie al basso coefficiente di assorbimento dei liquidi, non assorbono l’umidità il che li rende impermeabili e resistenti allo sporco. 6
Ditta S.B.S. Plex Design di Cosimo Tedesco, progettazione e studio di Claudia Fiore, collaborazione di
Paolo Russo, Angela Lombardo, Giovanni Calvagna e Leonardo Borgioli (CTS). 7
Balsite modificata (scheda tecnica prodotto in fase di definizione) con maggiore elasticità e tenacità; i
dati tecnici saranno oggetto di una pubblicazione specifica della stessa ditta produttrice (CTS).
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Particolari
della scheda
“autoistruente�
Tabelle Il “restauro
conservativo didattico”.
Linee
di sintesi
I Indagine stratigrafica e identificazione degli strati pittorici
II Indagine entomologica e stuccatura sperimentale
III Intervento di “restauro conservativo didattico”
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I. Indagine stratigrafica e identificazione degli strati pittorici Le indagini scientifiche ( fisiche chimiche e microbilogiche) sono la premessa indispensabile per un corretto intervento conservativo di restauro a breve e a lungo termine. Alla caratterizzazione globale dell’opera con tecniche radiografiche e fotografiche, si accompagna lo studio dei materiali costituitivi (supporto, preparazioni, leganti, pigmenti e vernici) della tecnica di esecuzione (analisi stratigrafiche ) e dello stato di conservazione. Le tecniche qui illustrate sono l’esempio di un’indagine stratigrafica necessaria a definire nei suoi vari aspetti le caratteristiche tecniche e di nuova modellazione della scultura. La scelta dei punti di prelievo è fondamentale per l’indagine stessa e nel nostro caso questa scelta è stata opportunamente ponderata in relazione al problema da indagare.
GC 02 Vernice Pellicola pittorica XIX-XX sec. Strato preparatorio XIX-XX sec.
1
Pellicola pittorica XVII sec. Pellicola pittorica XVI sec. Stucco rimodellante Pellicola pittorica originale
GC 04
GC 01
Primer Strato preparatorio originale
Supporto
GC 03 GC 01
GC 03
2
GC 05
GC 02
GC 04
3
Esempi rappresentativi dei vari strati pittorici identificati attraverso un’analisi visiva autoptica e comparativa:
GC 05
1. 2. 3. 4.
Aspetto importante da considerare è la necessità che il campione da analizzare sia significativo affinché i risultati ottenuti possano essere realmente utili all’indagine per la ricerca. Ciò detto, avendo utilizzato per le indagini stratigrafiche frammenti già parzialmente distaccati, si è individuato di concerto con l’ente di tutela e l’ente proprietario il punto di prelievo per un ulteriore campione individuato nella figura accanto.
4
Particolare Particolare Particolare Particolare
costato perizoma testa XIX-XX sec., databile costato, perizoma e testa XVII sec., databile gamba dx e perizoma retro XVI sec., databile costato, perizoma e colonna vertebrale, XV sec, databile
II. Indagine entomologica e stuccatura sperimentale La specie responsabile dell’attacco entomatico è Trichoferus Holosericeus, insetto che attacca prevalentemente il legno di latifoglie con età inferiore a ottanta anni; l’insetto adulto è lungo circa 12-25 mm ed è di colore bruno. Ogni femmina può deporre un centinaio di uova, che schiudono dopo 2-3 settimane; le larve scavano gallerie per un periodo variabile da 1 a 3 anni. In genere si mantengono nelle zone superficiali delle strutture attaccate. Il ciclo di sviluppo dipende dalla temperatura e dall’umidità relativa.
Prove stuccatura con Polpa di cellulosa e colla cellulosica isolata in ordine con velo di Lione, Tessuto non tessuto e carta giapponese.
Prove stuccatura con Polpa di cellulosa, gesso e colla cellulosica isolata in ordine con velo di Lione e organza sintetica.
Consolidamento bordi con resina acrilica e stucco epossidico
Isolamento supporto con organza in poliestere
Stuccatura con colla cellulosica, polpa di cellulosa e gesso
I provini qui illustrati offrono l’esempio del tipo di materiale utilizzato per la stuccatura sperimentazione. L’idea di utilizzare uno stucco in polpa di cellulosa e Tylose mh300P (metilidrossietilcellulosa) nasce dall’esigenza di realizzare uno strato particolarmente morbido e facilmente rimovibile. A tal proposito è stata adoperata un’organza in poliestere, che limita la penetrazione della colla e permette una facile rimozione della stuccatura, attraverso due linguette che sono state lasciate, durante la fase di rifilatura per tale scopo. Le fasi di lavoro consistono nell’inserimento dell’ organza, la stesura della colla (Tylose), inserimento dello stucco sperimentale all’interno della lacuna, rasatura della stuccatura e reintegrazione mimetica ad acquerello.
Integrazione mimetica ad acquerello
III. Intervento di “restauro conservativo didattico�
III La
collocazione dell’opera restaurata in un contesto museale. Il Museo Diocesano di Piazza Armerina come esperimento di un museo didattico-conservativo.
In genere nell’allestimento dei musei si segue un criterio di tipo tradizionale volto a dare ai manufatti una posizione precisa all’interno delle sale indicando soprattutto la loro collocazione cronologica in una sequenza prefissata e poco modificabile. Di fatto tale allestimento risulta statico e alla lunga ingessa i manufatti e lo stesso museo. I manufatti che confluiranno nel Museo Diocesano di Piazza Armerina (Fig. 1) provengono principalmente dalla basilica cattedrale e dalle altre chiese non più aperte al culto del territorio diocesano. Molti di essi sono di grande valore intrinseco e simbolico per essere stati oggetti di culto, di devozione, di celebrazione; sono caratterizzati inoltre da una notevole varietà determinata dalla specificità di ciascun
Fig. 1 Piazza Armerina, Museo Diocesano
esemplare e dal suo uso originario. Le opere musealizzate appartengono ad un arco cronologico assai ampio, offrendo un quadro d’insieme significativamente rappresentativo degli interessi iconografici e del mutamento dello stile, percepibili non soltanto nelle suppellettili rivolte allo svolgimento del rito liturgico, ma anche nei manufatti di diversa destinazione. Ma la peculiarità del Museo, attualmente in fase di restauro architettonico, è che questo si vuole identificare come “officina della cultura e della conservazione”1, garantendo l’esposizione delle opere in modo corretto ai fini della conservazione, con una giusta lettura e valorizzazione degli oggetti nella loro complessa caratterizzazione culturale, storico artistica, ecclesiale, materiale e tecnico esecutiva, tutto ciò attraverso un progetto mirato dedicato alla conservazione dei manufatti2. Ed è proprio in questo quadro che si inserisce il Cristo della passione, trovando collocazione espositiva nella sala M 2 (Fig. 2). Il museo come “officina della
cultura e della conservazione” assicura all’opera la giusta lettura e valorizzazione nella sua caratterizzazione storico-artistica ed ecclesiale, ai fini della conoscenza e della conservazione, attraverso un progetto dedicato di lettura didattica dell’opera, teso alla comunicazione dell’intervento di “restauro didattico conservativo”. In considerazione di ciò, è in corso di elaborazione un video didattico accompagnato dalla “scheda autoistruente”3 specificamente elaborata per gli oggetti lignei, che vuole costituire un utile strumento proprio ai fini della conoscenza di questo patrimonio. Conoscenza che si prefigura come momento preliminare per qualsiasi tipo di intervento, che sia esso di semplice manutenzione o di restauro. Una scheda di questo tipo, per il suo elevato livello di dettaglio, può essere utilizzata in fase di intervento, ma anche, come nel nostro caso, per rifigurare l’opera nei suo passaggi storico artistici, precedentemente descritti nel capitolo 1.
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Fig. 2 Piazza Armerina, Museo Diocesano. Sala interna con la ubicazione della statua segnalata dal quadrato blu
La stessa è presupposto per la realizzazione di una Banca Dati con interfaccia di rete internet, strumento fondamentale per la raccolta delle molteplici informazioni relative alla quantità e alla qualità del patrimonio conservato, soprattutto in ambito ecclesiastico. I dati raccolti che, si ipotizza, in prima istanza confluiranno presso la Soprintendenza territoriale di riferimento (nella fattispecie la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Enna), costituiranno la base di ragionamento su cui operare le future scelte espositive e conservative di analoghi manufatti, come eventuali interventi di restauro vero e proprio in caso di reale necessità. La Banca Dati fornirà supporto a ulteriori emergenze ed eventi particolari, come mostre ed esposizioni; rappresentando anche uno strumento fondamentale per l’attività di formazione e l’aggiornamento continuo degli operatori specializzati nell’ambito della conservazione, con riferimento alla pratica di manutenzione, oltre che come strumento di divulgazione della cultura della manutenzione come disciplina programmata e primo momento della conservazione.
Comunicazione D’intesa con l’Ufficio per l’arte sacra e i Beni Culturali ecclesiastici della Diocesi competente per il territorio, si prevede la realizzazione di un sistema multimediale interattivo di facile consultazione e di immediata diffusione, costituito da un totem (Fig. 3) e da un sito web che avrà l’obiettivo di diffondere negli ambienti ecclesiastici alcune regole e operazioni basilari legate alla manutenzione, alla conservazione e al restauro delle opere lignee. Strutturato in diverse sezioni arricchite da schede tecniche, immagini, video e animazioni, tale sistema multimediale presenterà informazioni chiare e dettagliate sull’opera, illustrerà passo per passo le fasi di manutenzione, le tecniche di conservazione e di primo restauro del bene e consentirà all’utente, attraverso la scheda, di rilevare importanti informazioni sui Fig. 3 Totem realizzato per la manutenzione in situ del gonfalone del Museo di Palazzo Abatellis (2010). Sponsor Confindustria
singoli manufatti e di inviare tali notizie, tramite internet, ad un sito web deputato alla raccolta dati. Ricerca e formazione in questo caso diventano presupposti di base per la realizzazione di tutti gli obiettivi che il Museo in sè contiene. Esse sostengono il progetto nel suo continuo divenire, dall’analisi storica, territoriale, tecnologica e di mercato, alla definizione di percorsi professionali altamente qualificati negli specifici settori della museografia e conservazione.
Restituzione grafica in 3D Il Cristo della passione, oggi restaurato e privo delle parti accessorie, sarà argomento di discussione per il posizionamento in verticale e la scelta di un basamento che ne rispetti la frammentarietà, motivo conduttore dell’intero progetto conservativo e di restauro. A tal fine si è predisposto un progetto strutturale della statua
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volto a definirne la staticità, anche per il rischio sismico, riportato in virtuale con il sistema di restituzione grafica in 3D, che consente di realizzare un’immagine del Cristo in verticale, così come si rappresenterà all’interno dell’ambiente del museo dove esso verrà collocato. La sperimentazione portata avanti riguarda due software che lavorano con due sistemi differenti; i programmi in questione sono Image Master Photo della Topcon e 3D Studio MAX dell’ Autodesk. Il programma della Topcon (Fig. 4) sfrutta il principio della fotogrammetria4, ovvero la disciplina che ottiene informazioni metriche 3D sulla forma e sulla posizione degli oggetti, attraverso l’acquisizione e l’opportuna elaborazione di immagini. Il procedimento di acquisizione consiste nella ripresa a 360° dell’oggetto da rappresentare. Prima di effettuare la ripresa con la macchina fotografica digitale è
Fig. 4 Interfaccia Image Master della Topcon
necessario settare il programma con la distorsione della lente della macchina fotografica; tutto ciò viene fatto attraverso un target che viene stampato direttamente dal programma. Le riprese fotografiche devono essere fatte parallelamente a distanza di 1/3- 1/5 l’una dall’altra, disegnando un esagono o un ottagono; in seguito le foto vengono importate nel software ed elaborate per creare delle stereo coppie. Nelle varie stereo coppie vengono individuati dei punti in comune tra loro e dopo aver selezionato l’area su cui effettuare il 3D, abbiamo la creazione del modello. Questo programma ci permette pertanto di realizzare un modello grafico in 3D che rappresenta l’oggetto al momento della ripresa fotografica. Principio ben diverso è quello su cui si basa 3D Studio Max, esso infatti appartiene a quei programmi definiti CAD booleani5. Il programma in questione permette la creazione e la modellazione di oggetti inserendo degli input attraverso il mouse; ha un’interfaccia che permette la vista dell’oggetto da quattro punti differenti: frontale, dall’alto, da sinistra e in prospettiva(Fig. 5). Attraverso vari modificatori come il turbosmooth (che smussa gli spigoli) o il simmetry (che permette la creazione e la modifica di oggetti in simmetria) è possibile, partendo da solidi geometrici, superfici, etc., modellare e creare qualsiasi oggetto. Inoltre è possibile inserire delle texture che ricreano il materiale dell’oggetto realizzato. Nel nostro caso, dopo aver realizzato la statua in 3D è stato possibile utilizzare le texture per visualizzare l’aspetto del manufatto nelle sue diverse definizioni stilistiche e storiche. Confrontando i due software, ho potuto capire le differenze tra loro e testare i pregi e i difetti di entrambi. Mentre infatti con Image master la restituzione grafica in 3D e quasi immediata, con 3D Studio Max il lavoro risulta più lungo e difficoltoso; ma a differenza di Image Master, con 3D Studio Max è possibile modificare e aggiungere parti non più presenti nel nostro manufatto. Inoltre il rendering finale risulta molto più preciso e dettagliato, rispetto al programma della Topcon. Il rendering del basamento definitivo è stato infatti realizzato con 3D Studio Max. L’altra potenzialità che è stata sfruttata di questo programma riguarda la creazione della cosiddetta realtà aumentata; questa tecnologia è usata per accrescere il campo visivo dell’utente con le informazioni necessarie e pertanto si definisce come realtà aumentata.
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Fig. 5 Interfaccia 3D Studio Max dell’ Autodesk
L’idea nasce nel laboratori di ricerca in cui si respira tanta creatività e sufficiente cinismo da richiedere, ottenere e accettare finanziamenti dall’industria della guerra, che ha sempre reclutato le migliori menti di ogni generazione - si pensi alle origini di internet con il progetto Xanadu della struttura ARPANET, la cui missione non era orientata al pacifismo. Per creare una realtà aumentata bisogna fare tre cose. Per prima cosa bisogna mette insieme un oggetto virtuale e un oggetto reale; in secondo luogo, deve essere possibile interagire in tempo reale con l’oggetto virtuale; infine, l’oggetto virtuale deve essere collocato in uno spazio tridimensionale. Devo quindi poter disporre di un computer, di una telecamera o qualcosa di simile, anche un software e hardware di localizzazione tridimensionale come una bussola o un GPS che mi dica il punto in cui mi trovo. La realtà aumentata è una tecnologia che esiste da 18 anni, ma è arrivata sotto i riflettori solo negli ultimi 3 e finalmente sta diventando fruibile. Sono tre i tipi di realtà aumentata che si possono vedere, il primo tipo è la realtà aumentata attraverso l’uso di una webcam, che è il genere che abbiamo utilizzato noi; il secondo tipo è la realtà aumentata attraverso l’uso dei cellulari, dotati di telecamera, per guardare la scena attraverso lo schermo; il terzo tipo è il projection mapping video, che in realtà è più di un’istallazione, una specie di tecnica video sperimentale. La suddetta tecnologia permette di muovere, spostare e ruotare un’oggetto attraverso un cartoncino posto di fronte a una qualsiasi webcam di un PC. Tutto ciò, applicato al caso di studio, consentirà al visitatore nel museo di osservare la statua scegliendo il punto di vista o la parte che vuole approfondire o visionare nello specifico. L’operazione è resa possibile tramite un software chiamato AR player.
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Note 1
Cfr. la nota della Soprintendenza di Enna, prot n. 1329 del 07/05/2012, inviata alla Diocesi di Piazza
Armerina, contenente il progetto di allestimento e rifunzionalizzazione del Museo Diocesano di Piazza Armerina: “Componenti del gruppo di lavoro, segreteria tecnica e organizzativa: Presidente e responsabile del progetto: Don Giuseppe Paci (Direttore dell’Ufficio Beni culturali e del Museo Diocesano di Piazza Armerina), Coordinatore (aspetti tecnici-scientifici e organizzazione): Angela Lombardo (Esperto Restauratore, Assessorato Regionale BB.CC.AA, Università degli studi di Palermo e Esperto esterno alla Diocesi Di Piazza Armerina), Don Filippo Salamone (Vice Direttore dell’Ufficio BB.CC. e del Museo della Diocesi di Piazza Armerina, Presidente dell’Associazione “Domus Artis”), Luigi Maria Gattuso (Architetto, Dirigente dell’U.O. X beni storici artistici e iconografici della Soprintendenza dei BB.CC. di Enna), Paolo Russo (Funzionario Direttivo Storico dell’Arte in Servizio presso la Soprintendenza dei BB.CC. di Enna), Maria Annunziata Lima (Storico dell’Arte Bizantina e Medievale, Università degli Studi di Palermo), Giuseppe Ingaglio (Architetto e Storico dell’Arte, Esperto esterno alla Diocesi di Piazza Armerina), Tiziana Crocco (Architetto, Esperto esterno alla Diocesi di Piazza Armerina), Daniela Ciraulo (Consulente della Diocesi di Piazza Armerina)”. 2
Proposta progettuale per la manutenzione programmata e allestimento del laboratorio di restauro, a
cura della Prof.ssa A. Lombardo, e dello scrivente, individuato quale “referente del Gruppo di lavoro responsabile della manutenzione”. 3
La scheda “autoistruente opere d’arte in materiale organico – a prevalenza legno”, rientra in una linea
di ricerca su schede di conservazione per la manutenzione programmata portata avanti da Angela Lombardo su opere in materiali organici (scheda autoistruente per i manufatti d’arredo costituiti in prevalenza da cuoio, documenti di architettura, opere d’arte su carta, scheda autoistruente beni tessili ecclesiastici). La scheda ripropone le definizioni (e i relativi codici) contenute nella scheda ICCD–CRICD e nella scheda Carta del Rischio, e in particolare nella scheda OA. Si rileva come tutte le schede di conservazione utilizzate dagli istituti di restauro trattano di oggetti quali tele, tavole o sculture dipinte, piuttosto che di beni oggetti d’uso, la cui prerogativa è essere oggetti rientranti nei grandi patrimoni (quantitativamente oltre che qualitativamente) e nella coesistenza di più materiali, nello stesso oggetto. Per questo motivo nella denominazione (dicitura OA – Oggetto d’Arte) è indicata nel titolo la categoria degli oggetti mobili, caratterizzandoli da un punto di vista materico. Divisa in otto sezioni principali, la scheda non si discosta dai codici tematici del sistema di catalogazione ICCD-CRICD e alle liste terminologiche elaborate dall’istituto di catalogo. In particolare, le prime quattro sezioni, relative ai dati sul rilevamento, ai dati sintetici e identificativi dell’oggetto, e ai dati storici, ricalcano più o meno fedelmente lo schema delle schede di catalogazione, definendo l’oggetto anche grazie ad allegati fotografici e grafici. Più complessa e articolata in più parti è la sezione relativa ai dati tecnici, contenente tutte le informazioni riguardanti materia, tecnica, lavorazioni ed eventuali applicazioni o rivestimenti caratterizzanti l’oggetto. La sezione relativa allo stato di conservazione prevede l’analisi differenziata di supporto, preparazione, pellicola pittorica ed eventuali altri elementi presenti, come quasi tutte le schede di restauro, ma a differenza di queste, analizza e mette in relazione le cause e il degrado osservato su ciascuna parte dell’oggetto. Tali cause sono state divise in fattori ambientali, fattori legati alle vicende conservative del manufatto, e infine fattori legati alle caratteristiche proprie del materiale costituente l’oggetto. Questa sezione è la premessa indispensabile alla futura programmazione di interventi di manutenzione, i fattori che vengono individuati
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come cause di degrado diventano elemento di attenzione e di controllo periodico, onde evitare di vanificare le azione successive dirette sull’oggetto. I precedenti restauri riscontrati vengono trattati e messi in relazione all’ eventuale degrado o alterazione indotta. La sezione finale della scheda è interamente dedicata ai dati riguardanti l’ambiente di conservazione (esposizione, valori termo igrometrici ecc.) in cui si trova l’oggetto (questa parte della scheda rielabora e amplia il modello già esistente e previsto dalla norma UNI 10829 del 1999, Esempio di scheda per la raccolta di informazioni sulla storia climatica degli oggetti; Alcuni campi invece riprendono la Scheda OA Carta del Rischio) e riporta gli impianti tecnologici eventualmente presenti, valutandone il grado di efficienza. Infine, ritornando alla scheda di conservazione per una manutenzione programmata, l’attenzione sulla manutenzione degli arredi (vetrine, scaffali ecc.) contenuti nell’ambiente di esposizione (beni musealizzati) mette in relazione le condizioni di conservazione, con la gestione delle collezioni stesse all’interno del museo. La scheda è stata presentata al Convegno Nazionale dell’IGIIC, Bologna, Accademia delle Belle Arti,10-12 ottobre 2013, e pubblicata nei relativi atti Lo Stato dell’Arte 11, Nardini Editore, Firenze, 2011, p. 341. 4
Manuale Image master della Topcon.
5
Programmi che sfruttano le operazioni booleane; le operazioni di base di algebra booleana sono le
seguenti: E (congiunzione), Oppure (Disgiunzione) e Not (negazione).
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