ď ›Festival] Collana di poesia a cura di Valentino Ronchi n.6
Giovanni Catalano
Immaginate la ragazza
Lampi di stampa
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1a Edizione gennaio 2009 Collana a cura di Valentino Ronchi Copyright Š 2008 Lampi di stampa Via Conservatorio, 30 - 20122 Milano ISBN 978-88-488-0000-? e-mail: lampidistampa@lampidistampa.it internet: www.lampidistampa.it
Prima che un bacio significhi altro
Noi fuggivamo a cercar riparo tra le corde d’un violino puntato alla gola. Può subire un’evoluzione l’amore? La sua natura è nascosta e immutabile. Pone le radici nel centro della crisi, scuotendo lo scheletro del sogno come un terremoto scuote le fondamenta della terra. In ogni psiche il suo seme alimenta lo squilibrio degli occhi, incendiando il dubbio, fondendo i corpi con la prontezza magnetica d’una rivolta. In questa condizione di apparenze, via via percorse dalle rotonde mani del senso, il cuore diventa territorio che muta tracciando il cammino nell’immaginazione. C’è un timbro da collasso nella speranza di una passione che partorisce istanti su istanti, in una catena dove le rose vengono prese per misure e gli angeli come tremende differenze. Catalano prende l’entropia dai volti, dai corpi, da una miniera smarrita nella quale cresce la pianta delle cento fedi, e in barba all’eterno vanesio, culla fogli di malinconia nel crepitare di un dolore obbediente. Fuoriesce come un presagio dal duplice argine del destino, ripercorrendo tra le porte della limpidezza, le pietre bianche incagliate nella condanna di un’unica / prima volta. E i gesti s’inabissano in questo sotterraneo riaffiorare, scavano la consuetudine, gli abbagli della conoscenza. Come ombre sorgive scontornano le scene, l’andare e il venire delle pupille in questa pioggia di memorie. Creando flussi sibillini, coinvolgendo desideri sincretici. Ma non c’è dominio né pressione, nell’immagine che prolunga il tempo nell’essere, rendendo cenere il giudizio, spargendo frammenti di fertilità nei giorni dell’incertezza. Il viaggio è nel libro,
nell’impulso sapiente della moderazione, e le distanze sono misure anatomiche. Orologi d’una fuga, d’uno sdoppiarsi del suono che vuole restare corpo e che inevitabilmente si smarrisce per diventare parola. L’incedere poetico tra gli indizi della casa, del treno, è un sortilegio di luce e voce, bacio della penna al suo fantasma, dolce morte che increspa le stagioni. Quasi come l’uomo bastasse alla donna, e viceversa, e lo stare insieme componesse un’ipnosi instancabile, l’attesa di risorgere nel proprio contrario. Sì, perché non c’è tragedia in quest’assenza indecifrabile, in cui l’enigma e l’ardere si scompongono in un saluto, nelle ginocchia che affondano nell’erba, nella nuova città che affiora all’orizzonte della poesia precedente. Il peso si sposta in una caduta orizzontale, dove le immagini trattengono tra i lembi della pagina, il respiro di una nuova improvvisa incarnazione. Il poeta non divina, prende coscienza d’una resistenza possibile, perché non ci sono ipotesi in questo libro costellato di coincidenze, in questa mancanza / d’una divinità non ci sono risposte. C’è una responsabilità / in tutte queste cose / che avvengono per caso, un filo di doveri che ci mantiene nei numeri di una meccanica primitiva, nuda come un campo di battaglie nero / di terra, diviso / in due come le labbra. Tra due carni, nel linguaggio, si raccoglie lo spettro della visione terrena. E poi si sposta, senza domandare l’altro luogo, perdendo il confine di ciò che potrebbe rinnovare. C’è un’impazienza che continua tra le pagine e divora come un lentissimo gesto il continuo fotografare la vita, la sua trasparenza, le sue ansie. La caduta è in avanti, quasi ad essere trascinati nel tempo dallo spazio stesso, un richiamo d’appartenenza. Perché l’altro luogo è già finestra di un ordine inespresso nei minimi possibili della musa immaginata. Mi scrive Giovanni in una lettera: “I nomi sono il nostro tentativo di resistenza al tempo che passa, fiducia nel concetto d’identità, missione etica di significato…”. Nei dipinti, nelle linee essenziali dei ricordi, nella materia che si abbandona al futuro, l’occhio rivela le svolte che ci conducono di soglia in soglia, fino alla prossima fioritura. Quasi in una preghiera laica, quadripartita, nel tentativo di vegliare se stessi, all’interno della fabbrica involontaria del divenire, l’uomo e la donna si attraversano per ricordarci cosa stessimo cercando, e ancora cosa avremmo / potuto. Gianluca Chierici
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Variazioni sulla creazione
[...] ToÝ$ dš ¨llou$ ¢nqrèpou$ lanq£nei ÐkÒsa ™gerqšnte$ poioàsin, Ökwsper ÐkÒsa eÛdonte$ ™pilanq£nontai. VS 22 B1
Lunedì C’è un secondo poco prima che inizi il mondo che il vento ha la tua voce ma potrebbe essere tutto: le ali, i fogli di giornale quando hai aperto la finestra nel mio autunno. E adesso aspetto che spiova appena esci dalla doccia ed apri il frigo perché da quella luce capisco che è giorno.
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Coincidenze È qui che una coincidenza potrebbe farsi destino. Già da tempo, ancora adesso. All’improvviso. Avresti potuto incrociarmi ai tornelli o nella ressa ai gradini o fermo sulla destra d’una scala mobile. Sulle maniglie d’un vagone o qui seduti, solo divisi dalle cuffie di un ipod avresti potuto lasciar cadere un segnalibro che quel giorno avrei raccolto. Nell’odore dei freni ti avrei sorriso e tu mi avresti raccontato d’una vita scandita dai treni, dalle lunghe fermate. Più tardi in Porta Genova ti avrei lasciato un numero, un indirizzo, il campanello o - chiuso il romanzo qualche indizio indecifrabile, almeno un nome, un saluto, un discorso a metà per convincerti a restare.
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Modigliani Davi ordine al mondo di chiudere gli occhi e in un unico gesto sfilavi la blusa. Allora pensavo: devo far presto a baciarti sul collo prima che un bacio significhi altro. Ma il tuo collo è cosÏ lungo che non smetterei mai di baciarlo. E devo far presto prima che cominci la spalla o l’orecchio.
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Tra poco anch’io mi sarò dimenticato. Tu già adesso non ricordi ma eri qui con me a rubare grilli affondando le ginocchia nell’erba più alta. Poi salivi sul melo per raccogliere il mio sguardo rosso e rotondo. Tu già adesso non ricordi ma eri bionda come l’estate e in un lentissimo gesto sistemavi i capelli dietro l’orecchio per fermare il pomeriggio.
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Maschere Staccavo i biglietti nel buio della sala e tu sceglievi l’ultima fila. Poltrona centrale o vicina al corridoio per tenere fuori almeno una gamba e dondolarla come un cane infine sciolto. Sul tuo posto vuoto lasciavi la borsa come per dire che esisti. Io non ho mai saputo se ti alzavi verso il bagno o sparivi per sempre. Così restavo un altro po’ sul feltro blu delle poltrone dopo i titoli di coda ancora un po’ nonostante la luce accesa e divisa a tutti in parti uguali.
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La tua forma Quando compresi che non eri una parte del mio corpo avrei voluto perderti come il fiato e il sudore. Ma tu sei ovunque: tra i capelli, sulle ciglia, sotto il bianco delle unghie e, sai, non posso non amarti. Soprattutto a tarda sera quando scivola la gonna e allora butti sul mio letto quella maglia. Come un’ombra - per un po’ mi tiene ancora la tua forma.
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Gli alberi A volte torni dalla doccia e ti rimetti a letto coi capelli ancora bagnati come radici estratte dalla terra con lunghissimo dolore. CosÏ nel vento della stanza muovi le braccia e le gambe nude e bianche dopo l’incendio.
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Devo correre a scrivere Perché di questo porto resti almeno una voce, una mano di vernice sulle barche, l’odore di una vela che si chiude. Devo far presto a tornare a casa, trovare la chiave, cercare sul muro l’interruttore in mezzo perché di questa sera resti accesa una luce. Per le stesse ragioni devo amarti, perché di te resti un altro capello. E devo scrivere perché è l’unico modo che abbiamo. Ma è successo al porto, stasera, con te ed è già tutto finito.
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Macumba Chissà che hai perso quando guardi giÚ, davanti all’acqua dei piatti. E anche se inclini la testa per il peso degli occhi resti in piedi, non cadi, appesa a fili invisibili.
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Klimt Prendevi una rivista e ti aggrappavi alle pieghe del divano, ai lembi di quel corpo senza vita, fingevi di rileggere sorpresa, le labbra appena schiuse. Poi sceglievi una parete e tra tutte quelle stampe e le mie serigrafie, dietro un vetro incrinato, di bicchiere in bicchiere, anche il nostro era un bacio. E restavamo sul fondo insieme a quel ghiaccio. Per tutto quel tempo.
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Immaginate la ragazza dopo un giorno di luglio. E come uscita dalla doccia, appena avvolta nella spugna d’un accappatoio bianco. Immaginatela che corre verso la camera e il divano, l’andatura timida, inesperta. E che ritorna stretta nei vestiti mai provati, regalati dalla madre. Immaginatela che cade nell’amato disordine delle villette a mare, dietro i cuscini di pelle dove tutto si perde.
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Sushi bar Ci indicarono la direzione per piazza Cinque Giornate. Lì avremmo trovato gli altri intenti ad allestire, i loro corpi in piedi sulle sedie o i tavoli di vetro, i loro piatti bianchi, il riso riavvolto nei pesci. Avremmo diviso. E con le mani più fredde, così lunghe e sottili, avremmo preso le luci e le ombre per farne un destino di carta. Poi, sai bene che ci avrebbero chiesto ed io avrei risposto per entrambi come se mi fossi accorto che non c’eri.
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Con gli occhi chiusi Quando trovi nell’occhio cerchiato d’ombretto le lenti a contatto ed in quel minimo gesto che prepara alle lacrime ti scruti allo specchio di nascosto da tutti forse cerchi dell’altro. Riponi i corsetti e le gonne nel cesto che erano vele di vascelli e pirati. Poi lanci le scarpe per uscire d’un salto dai registri del giorno. E ritorni bambina.
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La fine del liceo Nel tallone nudo di una compagna di classe che non vedo da dieci anni rileggevo la fine del liceo o l’inizio dell’estate. Lei saliva sul tram tenendosi alla sbarra con la sua mano destra e l’altra dentro un libro. Io l’ho guardata da dietro gli occhiali da sole ma poi è scesa di corsa alla prima fermata come se almeno uno di noi non fosse mai esistito.
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Il fabbricante di lenti
Biscotti al burro Riordini la stanza, rimetti a posto il letto e a mente ricomponi l’aspetto del mondo. Dai un verso anche ai capelli, ti trucchi ed io mi vesto. Sui fornelli di ghisa finalmente insieme aspettiamo in preghiera l’odore del caffè, del latte bruciato. Piangiamo. Ci ha illusi la certezza dei gesti ripetuti e quei biscotti al burro a forma di cuore.
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Potrei dirvi di quanti attraversano i binari per scegliersi il posto migliore. Per alcuni è nella direzione del viaggio, con le spalle alla stazione, per altri è accanto a una ragazza. La donna riccia che col collo lungo se chiude gli occhi si addormenta e si dimentica. Il vecchio stempiato - chi sa chi è stato a metterlo sul treno coi calzini spaiati uno bianco, uno crema. Chi non ha il biglietto finge d’essere straniero. Ma lo studente lato finestrino, che evidenzia di giallo le fotocopie, perché non si distrae? Cosa è successo? Vorrei dirvi d’essere diverso eppure anch’io non vedo l’ora di scendere in banchina per cercare nelle tasche, spegnere e riaccendere la sigaretta.
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Al semaforo Ma eravamo entrambi a metĂ strada, senza mani, immobili. Fermi al semaforo che divide i vivi dai morti noi sogniamo lo stesso sogno, un sogno plurale come la pioggia.
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Tutta quella gente che si innamora sui gradini gettata a caso sul tramonto come croste di pane, solo mossa dal vento e da pochi colombi che non sai mai chi cade e chi sorregge, chi si alza appena per cercare nelle tasche un po’ di spazio - le chiavi e le monete e in quel rumore ritrovarsi come a un richiamo di campane. Ma tu dentro di me che sono un campo di battaglie nero di terra, diviso in due come le labbra nasci e muori a tuo piacere ed io con te ma inversamente.
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Giardini Trascino una sedia sotto l’ombra del fico. Scende incontro avvilita una foglia e non mi chiede della sua giovinezza. Se allargo gli zigomi io mi sento in qualche modo responsabile dell’inizio e della fine del mondo. Né più né meno di quelle foglie. Un tempo, chissà, quando furono altre cose. Ma guardaci adesso e perdonami.
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Dall’altra parte Andiamo a letto insieme e ciascuno a modo suo, gli occhi pieni di sole socchiusi piano per non gridare. Tu non lo sai ma con quel bacio ci siamo scambiati il sonno ed è per questo che stanotte mentre io, dopo l’amore, mi addormento sul fianco tu staresti a parlare per ore. Dio solo sa per quanto sei rimasta accanto a me, dall’altra parte quando forse nel sogno mi hai chiesto qualcosa di me, che non ti ho detto.
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Ci siamo lasciati ed esistevano infiniti modi di lasciarsi. Ci siamo lasciati eppure tutto al mondo si univa: le labbra, le gambe, il pomeriggio e la sera, l’ultimo giorno di maggio ed il primo di giugno.
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Periferie Mi ricordo di te. Un dondolio di gambe appese alla ringhiera nei pomeriggi estivi dopo scuola. I pomeriggi sulle strade che si allungano fino a confondersi di sera in altri giorni e in altre gambe.
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Les mouches volantes Ci guardiamo negli occhi, ci avviciniamo per vedere tutto più grande. Più vicini. A tal punto che l’idea che avevamo l’uno dell’altro ritorna sfocata. È allora che siamo costretti a baciarci per riscoprire adesso dove finiamo.
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Senza altri indizi Per Charles Simic Ogni sabato mattina dimentichi com’è. Poi mi trovi sul tuo letto a chiuderti la bocca. Il soffitto è alto. E senza niente addosso vai verso la gruccia perché anch’io farei cosi e rientri nelle maniche della camicia di ieri, dai polsini abbottonati.
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L’orologio A volte ti chiedono l’ora e tu non sai guardando il polso che si allunga dalla giacca se ti manca più una donna o solo quella sigaretta che si accende poco dopo. All’improvviso torni a casa e nei cassetti ritrovi un accendino, ti innamori.
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Indice Prefazione di Gianluca Chierici…………..……………………………..5 VARIAZIONI SULLA CREAZIONE……………………………….7 IL FABBRICANTE DI LENTI……………………………………..23 I NOMI E LE CITTÀ……………………………………………….39 NOSTOS HOTEL…………………………………………………..57 Postfazione di Domenico Cipriano...…………….……………………..73
Elenco dei volumi pubblicati
[festival]
1. Raimondo Iemma luglio 2. Lorenzo Carlucci La ComunitĂ Assoluta Prefazione di Claudio Damiani
3. Silvia Monti cosĂŹ uguale Postfazione di Mary Barbara Tolusso
4. Aa.Vv Sul ponte sconfinato di Limey 5. Federico Zuliani Travelling South Con contributi di Martin Zadeka e Lorenzo Carlucci
6. Giovanni Catalano Immaginate la ragazza Prefazione di Gianluca Chierici e postfazione di Domenico Cipriano
[fuori collana] Patrizio Belloli Resa e ripresa dei lilium mandati alla guerra Prefazione di Raimondo Iemma
Finito di stampare nel mese di xxxxx 200X da LegoPrint s.p.a. – Lavis (TN)