Architecture Portfolio 2016

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Giovanni Sarandrea

Architecture Portfolio 2012 - 2016


Giovanni Sarandrea Via Modigliani 27, 35020, Albignasego (Padova) Italia +39 340 8398726 +39 049 8809187 giovanni.sarandrea@gmail.com 6 January 1990, Padova | Italian

Work Experience June - November 2015

Work-study program

Università Iuav di Venezia, c/o Multimedia Lab, magazzino7.iuav.it Computer and print use helper and instructor Media instruments loan operator March - April 2015

Internship

Giorgio Pettenò Architetti, Venezia, ec2.it/giorgiopetteno University internship program. Furnitures for a private apartment Print design for “Chiesa Oggi” magazine Planning June - July 2014

Indipendent contractor

Arch. Mauro Bassini, Arch. Fabrizio Fontana, Padova Architectural assistant in the design of residential and commercial building in Vicenza, since the first concept to final drawings and administrative practices October 2012 - September 2013

Internship & Indipendent contractor

Arch. Mauro Bassini, Padova Architectural assistant in the design of residential buildings, a school and a neighborhood

Education October 2013 - March 2016

Master degree at Department of Architecture and Arts Iuav University of Venice 110 / 110 cum laude

October 2009 - July 2013

Bachelor degree in Architecture 2


Iuav University of Venice 108 / 110 October 2009 - July 2013

Second Level College of Science Liceo scientifico Alvise Cornaro

Workshop, Competitions and Publications Competitions: Copenhagen New Modern Library, AWRcompetition.com, 2014 International Gastronomic Centre for Bruxelles, arquideas.net, 2013 Publications: A. Venudo, S. Alonzi, I. Ciuffarin, L. Del Fabbro, “IUAV 135 - LU-LUS Landscape Urbanism Living Urban Scape”, 2013 Workshop: • Valle Del Chiampo Green Valley, with Prof. Arch. Roberto Sordina, 2012 • WAVe 2012, on Marghera Venezia, with Prof. Arch. Antonella Gallo • WAVe 2011, Oziosità Lido’s Sea Hospital, with Prof. Arch. Federico Kelly and Arch. Federico • Borghini • WAVe 2010, Synthetic Venice, with Arch. Philippe Rahm

Computer skills OS X Windows AutoCAD 2D AutoCAD 3D ArchiCAD Adobe Photoshop Adobe Illustrator Adobe InDesign Adobe Muse Office suites Artlantis Rhinoceros

Languages Italiano native Inglese B1

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Ecological thinking

Workshop Green Valley

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Landscape

Atelier City and Landscape 14

Atelier Heritage

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Competition KNML

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Atelier Sustainability

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Atelier Sustainability

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Nove sed non nova

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Master Thesis

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Sustainability

Heritage

Plastic shape

Urbanism & Public space

Light

Shape by elements

Project Lab 3

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Project Lab 3

Prof. Roberto Sordina House for an architect as a complex typological building, Padova

L’uomo è il punto di partenza per tutto ciò che lo circonda, non in un senso egoistico, ma come base su cui iniziare un confronto e un dialogo con ciò che ci circonda secondo le attitudini umane come la curiosità, l’esperienza e la sintesi. Scala monumentale e scala cittadina Il progetto ha voluto tener conto di due scale: una cittadina in cui il progetto si inserisce volumetricamente riprendendo i fili di una evidente linea di demarcazione fra l’ambiente pubblico e quello privato e una scala monumentale in quanto si confronta con l’ampiezza e la grandezza della Basilica del Santo attraverso la forma pura, i materiali e la scansione del partito architettonico. A fare da cerniera fra le due scale vi è l’ampia fascia di verde pubblico e privato che viene a sua volta integrato nel progetto. “Nel 1923 un giovane Mies scrive sulla rivista G: «noi non conosciamo forma alcuna bensì solo problemi costruttivi». Mies pensava per problemi. «la forma non è la fine del nostro lavoro bensì il risultato. Non esiste alcuna forma in sé.» La forma è quella elementare «non esiste alcuna forma in sé. La forma è sempre il prodotto di quel colare della sapienza che attraversa tutti i problemi,ne porta giù tutte le scorie, libera dalla purezza del dettaglio costruttivo. L’effettiva bellezza della forma è condizionata ai propri compiti.» Il passato è sempre una risorsa per il futuro, è sempre una risorsa da cui attingere per risolvere dei problemi ed andare verso un’innovazione. Mai dimenticare da dove tu vieni, la lezione che Behrens fa col crematorio.” --Francesco Dal Co La coniugazione degli elementi “l’edificio trae la sua qualità dalle proporzioni e le proporzioni non costano nulla. In particolare si tratta delle proporzioni tra le cose e non con le cose in sé.” --Mies Il partito architettonico dell’edificio si basa su due elementi: il basamento in travertino e la superficie vetrata I basamento in pietra -> le acropoli, il bugnato, la forza e la forma di Palazzo Pitti. Le parete vetrate sono scandite secondo gli ordini classici e l’ultimo, il composito, riceve uno slancio verso l’alto, come nel Colosseo la composizione avviene per quadrati formati da due lastre.

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Non si vive più dentro alle caverne, perché mai costruirne ancora? Le Corbusier ci ha proposto il Dominò, Mies ci ha mostrato lo spazio. Ad ogni cosa la sue funzione: elementi verticali puntiformi per il sostegno, piani per le coperturare, superfici per il tamponamento. I pilastri tondi in calcestruzzo si confrontano con la materia del basamento. I pilastri in acciaio HE si rapportano al vetro scandendo lo spazio e mostrandosi come elemento di forza. Piani costituiti da piastre. Tamponamenti che hanno la funzione di differenziare lo spazio. Tutto ciò a favore di una spazialità libera, uno spazio da vivere e da usufruire in maniera continuativa negli ambienti comuni e in quelli privati mantenendo la comunicazione con l’ambiente circostante. Leggerezza e presenza “e posta la mano sopra una di quelle arche, che grandi erano, sì come colui che leggerissimo era, prese un salto e fusi gittato dall’altra parte, e sviluppatosi da loro se n’andò.” --Boccaccio, Decameron VI, 9. L’edificio flotta su di un vassoio, la situazione paradossale rende percepibile la massiccità e la sua presenza più di quanto non fosse se fosse semplicemente posato a terra. Lo stacco che si crea sul basamento all’esterno è un segno grafico, all’interno è la totale separazione del solaio dal muro perimetrale. La trasparenza è una grande opportunità della modernità. Permette di vivere il mondo ed esserne coscenti in modo continuativo. Essa permette alla luce di illuminare noi e ciò che ci circonda cosicché questo possa esprimere il proprio essere a seconda degli stimoli percepiti. Il panneggio bagnato di Fidia coniuga insieme due istanze: la trasparenza e la forma. Questo perché il vestiario con i suoi drappeggi lascia comprendere la forma del corpo umano e la articola attraverso eleganti effetti chiaroscurali. La doppia parete vetrata ha anche il compito di lasciar comprendere gli interni, dare origine ad una superficie, che vibri per la tecnologia presente al suo interno. Il progetto si articola su tre nuclei: il corpo scala, e gli spazi serventi degli alloggi. Ciò dà luogo a degli alloggi che “circolari”. La la superficie esterna del basamento presenta delle zone circoscritte direttamente irrigate da vasche. Questa suddivisione del pavimento in maniera geometrica va a collegarsi con il mondo arabo e l’approccio razionale umano


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al mondo naturale. Infine l’irrigazione confluisce in una sottilissima lama d’acqua di forma trapezia che permette uno sguardo odissiaco aprendosi verso lo spazio aperto e riflettendo la Basilica di S. Antonio avvicinandosi ad un momento di “Inspirations”L.Kahn.

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Workshop “Valle del Chiampo Green Valley” Prof. Roberto Sordina

Rethinking Arzignano’s Industrial area

Il progetto parte dall’idea di far diventare pedonali quelle zone di margine e risulta proprie delle zone industriali. Via dell’Industria è il tipico esempio di nastro asfaltato privo di connotazioni architettoniche e formali, una strada per lo scorrimento di autovetture e camion. Eliminando tutti i limiti fisici costruiti tra l’edificato e la strada stessa, si propone di trasformare la via in un luogo pubblico, uno spazio che non è più di pertinenza esclusiva delle macchine, ma viene donato al pedone. Questa operazione ha permesso di studiare in quale modo le necessità di pubblico e privato potessero essere congiunte insieme, attraverso la definizioni di spazi a diverso grado di permeabilità e di privacy: tutto il fronte stradale diventa un’isola pedonale, mentre gli spazi interstiziali vengono adibiti a parcheggi e spazi di carico e scarico propri dell’esercizi. Anche il verde urbano è un’importante nota di interesse: la valle del Chiampo mira a diventare un’unico grande polmone “green”, e per questo anche i percorsi ecologici vengono valorizzati con attenzione. La vecchia zona industriale viene infine trasformata da elemento di cesura tra due parti di città, ad elemento unificante: i percorsi pedonali, sempre opportunamente protetti, si dipanano a recuperare elementi sparsi di territorio, formando un’unico sistema urbano.

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stato di fatto: una serie di proprietà private lungo la strada

progetto: una grande permeabilità pubblica spazio pubblico

spazio di pertinenza delle proprietà


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B

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Atelier City and Landscape

Proff. Renato Bocchi, Alberto Cecchetto International velic centre at Riva del Garda and Torbole (Trento)

Verde, acqua e luce, queste tre parole, originarie dell’intera piana del Sarca, sono quelle che hanno dato ENERGIA durante tutto l’iter di progettazione dei volumi di supporto. Il sistema idrografico nelle sue diverse declinazioni e usi si declina in: il fronte lago, il fiume Sarca, i torrenti e le cascate, il sistema irriguo e i manufatti di controllo delle acque. Alcuni tratti del lungo lago sono caratterizzati dal tema della naturalità o della naturalizzazione del bordo d’acqua. Alcune parti però appaiono oggi profondamente trasformate sotto la spinta degli usi legati al turismo a prezzo della perdita dei caratteri di identità propri del bordo lago. La presenza di una natura rigogliosa dai caratteri mediterranei, luoghi “speciali” attrattivi quali cascate e montagne impervie, giardini e parchi “esotici” rendono unico questo paesaggio. A differenza degli altri luoghi del Trentino la Piana di Riva ed Arco ha un valore aggiunto unico in quanto anticipazione del mondo classico mediterraneo. Il riflesso della luce del sole sullo specchio d’acqua del lago, data la particolare esposizione nord-sud del lungo lago tra Riva e Torbole, è un aspetto di identità intrinseco e immutabile del luogo rappresentato dai controluce delle rappresentazioni artistiche e delle immagini pubblictarie contemporanee. Il paesaggio d’acqua Dall’osservazione del territorio dell’Alto Garda emerge con chiarezza il ruolo importante che ha sempre avuto la presenza dell’acqua nel paesaggio dell’Alto Garda. La fascia lago e le aree lungo il Sarca, al pari del paesaggio della Piana e di quello urbano, hanno subito nel tempo profonde modificazioni. La prima sotto la spinta dell’affermarsi di forme turistiche contemporanee che ha imposto una trasformazione dei luoghi e dei manufatti edilizi sempre più lontani dai caratteri propri del luogo e sempre più omologati a modelli globali. Il paesaggio della mobilitá Una riflessione sullo stato del paesaggio e sulle possibilità della sua trasformazione richiede di ripensare sia i luoghi della produzione e del commercio che quelli delle grandi infrastrutture. Per intervenire nelle aree produttive esistenti va indagato “quello che c’era prima” per individuare i caratteri propri del luogo con i quali costruire nuove ipotesi di progetto.

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Il paesaggio del turismo Il progetto strategico pone l’attenzione su una necessaria visione d’insieme del sistema del turismo nelle prospettive future da individuare, condividere e perseguire. Pone l’accento sulle potenzialità proprie del luogo da reinterpretare e consolidare, quali la qualità dell’aria e il microclima nelle stagioni, le qualità del paesaggio naturale, le valenze storico architettoniche e le strutture del turismo, sulle potenzialità del sistema ricettivo esistenti e future.


Estate Inverno

Estate Inverno

Estate Inverno

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Atelier Heritage

Proff. Fernanda De Maio, Mario Piana “A luce primordia” Restoration and design of contemporary art museum at Venice’s Arsenale

L’area di progetto delle due Galeazze e delle tre Nappe è collocata in un punto cardine dell’Arsenale Nord, e si trova all’incontro di due serie di edifici: da Sud lungo la spina dell’Arsenale vecchio e poi degli Squadratori, da Est dalle Tese Novissime fino alle Galeazze ad Ovest. Inoltre l’area degli scali di alaggio esterna alle Galeazze è uno spazio libero che configura a livello urbano un collegamento visivo fra il complesso di San Francesco della Vigna, le Gaggiandre e la vicina porta dell’Arsenale. Questa posizione è quindi servita da tre accessi: dalla fermata della Celestia, dall’ingresso alla Biennale a Sud, dalla fermata Bacini e dal ponte mobile presso le Gaggiandre. Le Nappe già ospitano delle manifestazioni come il premio Arte e Laguna, ma necessitano di alcuni interventi come ad esempio una nuova pavimentazione e un trattamento dei paramenti murari per divenire uno spazio espositivo permanente. Le Galeazze, di rifacimento ottocentesco invece presentano, nonostante un’ottima condizione della muratura, una grande opportunità: la mancanza delle copertura e l’aspetto di una imponente rovina rossa che si staglia alla luce del sole. Il progetto “A luce primordia ducit” è un motto da meridiana e significa “dalla luce trae i principi”. La meridiana tiene in sé due grandi temi dell’architettura: la luce ed il tempo. Il progetto si pone come regola all’interazione fra la luce e l’esistente e, allo stesso tempo, è scolpito e si sviluppa grazie alla luce stessa. I lucernari scendono dalla copertura con volumi pieni e di vuoto e si restringono verso il basso definendo sia gli ambienti espositivi conclusi sia gli spazi aperti. Nelle

Nappe si è seguito lo stesso principio di misurare gli interventi in relazione alla luce. In queste tese con orientamento Est-Ovest la luce penetra in maniera diffusa da Nord e da forma a delle figure luminose che fluttuano nei tre grandi spazi nell’arco della giornata. Oltre alla luce per misurare e prendere conoscenza spaziale delle fabbrica è stato individuato un modulo quadrato di 5,3 m per lato ricavato dalla maglia derivata dalle teorie di colonne cinquecentesche che si riscontrano in quasi tutte le tese. Tale modulo ha permesso di proporzionare in maniera coerente sia gli spazi interni con l’inserimento del nuovo sia i nuovi edifici all’esterno, sia in pianta che in alzato. Con le nuove fabbriche si è colta l’opportunità di porsi in continuità con gli Squadratori nella loro precedente continuazione e allo stesso tempo mettere in risalto definendola spazialmente l’interfaccia visuale fra la porta est dell’Arsenale e San Francesco della Vigna. I due nuovi edifici infine rappresentano una sorta di manifesto dell’intervento progettuale di come sia stata costruita la sezione architettonica dichiarando in prospetto la sezione tipo. La prima mostra, Giuseppe Penone Giuseppe Penone nelle sue opere affronta più volte il tema del contatto e del rapporto fra uomo e natura tramite processi di assimilazione fra i due mondi e rappresentano idealmente il processo che si è tenuto durante la fase conoscitiva del luogo e la progettazione, ovvero l’interfaccia visiva e aperta fra i materiali e gli elementi dell’esistente e del progetto e soprattutto riuscire nell’estrarre attraverso l’uso controllato della luce, l’architettura da ciò che era già presente.

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La nuova copertura delle Galeazze con i lucernari

I volumi interni

Il percorso espositivo al piano superiore

Auditorium, foyer e bar Laboratorio e uffici

Spazio espositivo ed eventi

Auditorium, ingresso auditorium e spazio polivalente, magazzino e bar 19


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Competition KNML Awrcompetitions.com

“The Crystal and the Flame” Project for a new library in Copenaghen

“The crystal, with its precise faceting and its ability to refract light, is the model of perfection that I have always cherished as an emblem, and this predilection has become even more meaningful since we have leamed that certain properties of the birth and growth of crystals resemble those of the most rudimentary biologica} creatures, forming a kind of bridge between the mineral world and living matter. Among the scientific books into which I poke my nose in search of stimulus for the imagination, I recently happened to read that the models for the process of formation of living beings “are best visualized by the crystal on one side (invariance of specific structures) and the fiame on the other ( constancy of extemal forms in spite of relentless internal agitation).” I am quoting from Massimo Piattelli-Palmarini […] The contrasting images of flame and crystal are used to make visible the altematives offered to biology, and from this pass on to theories of language and the ability to leam. […] Crystal and flame: two forms of perfect beauty that we cannot tear our eyes away from, two modes of growth in time, of expenditure of the matter surrounding them, two moral symbols, two absolutes, two categories for classifying facts and ideas, styles and feelings.[…] A more complex symbol, which has given me greater possibilities of expressing the tension between geometrie rationality and the entanglements of human lives, is that of the city.”1 Così Italo Calvino identifica il cristallo e la fiamma per la descrizione del pensiero dell’essere umano. Nel loro avvicendarsi i pensieri seguono un procedimento antitetico che si avvicenda fra le varie istanze per arrivare ad una sintesi finale. Durante il percorso vi sono degli accadimenti e si generano delle relazioni che uniscono in maniera analoga o inaspettata le varie tesi. Il progetto vuole porre in essere la formazione di un pensiero e come questo prenda forma, attraverso l’avvicendarsi delle eliche e i loro collegamenti. Alla sommità le due eliche si incontrano in un volume che indirizza lo sguardo verso l’Opera. Opera è il plurale di opus, che sia l’opus reticulatum o l’opus incertum ed è 1  Italo Calvino, Six Memos for the Next Millennium, Harvard University Press

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espressione della volontà dell’uomo e di ciò che lo caratterizza. L’opera che sia di teatro, letteraria o di architettura è l’insieme dei lavori, delle sensazioni, delle intuizioni, delle soluzioni, è l’insieme del tutto. Una biblioteca è innanzitutto il corpo dove ha luogo il sapere. Il sapere come il sapore sono propri ed intrinsechi all’uomo. Il DNA allo stesso modo formalizza il pensiero proprio dell’uomo con una struttura ad elica e delle intersezioni che ne determinano le informazioni. Il DNA ha una struttura cristallina e precisa nella sua definizione e allo stesso tempo la sua doppia elica ha la stessa forza emozionale della fiamma nell’articolazione dello spazio. Vivere una biblioteca è aspirazione alla conoscenza, al sapere e alla cultura ed è una strada in salita, ma una volta arrivati alla sommità nel ridiscendere si ha l’opportunità di dar vita a ciò che si è appreso condividendolo. For Louis Kahn “Schools began with a man under a tree who did not know he was a teacher, sharing his realization with a few others who did not know they were students.” Lungo l’elica si trovano infatti oltre ai volumi di risalita delle sedute dove riflettere e dove confrontarsi o degli ambienti protetti dove ritirarsi. La fiamma si esplica quindi in questo continuo movimento delle persone e dei pensieri di cui l’architettura ne è forma. La fiamma è racchiusa infine in un reticolo cristallino che si ispira alle scaffalature delle librerie, dove ogni cosa ha un suo posto ed ordinata nella tensione alla perfezione. A livello urbano questo cristallo si configura come un volume ed un oggetto in continuità all’esistente, in relazione all’Opera e si appoggia lasciando uno spazio completamente permeabile sulla piazza.


the crystal shelf

emotional flow of the flame

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Atelier Sustainability

Proff. Benno Albrecht, Giovanni Mucelli Apology of the Substance Project for the archeological area of Meroe, Sudan

Aristotele definisce la sostanza in tre diversi modi: il primo è la materia il cui valore è quello che potrebbe diventare (determinata in potenza), il secondo è la forma ovvero ciò che può essere apprezzato ed esperito direttamente, il terzo ed ultimo è la sintesi dei primi due quando la materia ha espresso la suo potenza in forme determinate. Questi sono i tre elementi fondamentali del progetto che andrà a valorizzare la materia e le formie esistenti che si presentano come resti archeologici, ambienti agricoli e abitativi, materiali, clima ed opportunità inespresse, in un unico grande sistema. Un sistema che configura la sua espressione in un paesaggio che unisce, giustifica, valorizza ed esalta tutte le istanze presenti. Sostanza è quindi l’unicum che tiene insieme contemporaneamente: l’esistente per ciò che è, ciò che sarà in base al suo divenire e il modo in cui questo avviene. I momenti salienti di questo processo partono dall’astrazione di forme esistenti poi riproposte nel territorio a differenti scale secondo due registri: il recinto e il contenuto. Si ha quindi l’insieme delle parti abitate che circonda la parte agricola e le cellule abitative protette da un muro. Tutto questo sistema alle varie scale si andrà a giustapporre in alzato generando un rinnovato paesaggio. 1. Le Piramidi reali rappresentano il dominio figurativo che domina tutto il territorio circostante, la loro particolare forma a trapezio è il risultato delle esplosioni eseguite dai cercatori di tesori. Cionostante questa forma differente da quella originaria ne accentua ancora di più la loro massività ed imponenza. 2. Gli antichi romani per prendere confidenza e coscienza del territorio ponevano in essere un perfetto reticolato per averne misura. Allo stesso modo si sono utilizzati dei coni originati da quello visuale delle rovine per misurare lo spazio secondo una relazione comune. I coni intersecati ai tracciati esistenti ritagliano le stesse forme poligonali delle piramidi tronche. 3. Gli assi individuati sono quindi delle linee guida lungo il quale sviluppare l’insediamento che ingrandendosi andrà a creare una sorta di recinto protettivo intorno all’area agricola. 4. Nucleo fondante del tessuto è la cellula abitativa dove ha sede la comunità ed è costituita da uno 26

spazio concluso definito da un muro su cui vengono appoggiate le abitazioni secondo lo stesso rapporto di recinto ed ambiente protetto. 5. Le abitazioni sono costituite da volte nubiane tipiche dell’area. Le volte sfruttano per loro stessa natura il muro retrostante su cui si innestano definendone l’altezza e valorizzando quindi il sistema del doppio registro. 6. La giustapposizione in alzato del sistema alle differenti scale genera un paesaggio di unione fra le varie istanze presenti. Anche le scelte tecnologiche concorrono al progetto secondo la stessa logica di usare le risorse materiali e le soluzioni locali valorizzandole secondo nuovi linguaggi. Data la scarsità di elementi di orizzontamento si è scelto l’uso della volta nubiana tipico della zona con una sezione ad arco di catenaria. La volta nubiana è costruita in mattoni di terra cruda stabilizzata e una volta impostata su di un muro retrostante avanza orizzontalmente attraverso l’adossamento di mattoni posti in modo tale da favorire la maggiore adesione fra i vari corsi fra cui è interposto uno strato di boiacca di terra cruda che viene assorbita dal mattone crudo. Le volte sono intonacate con intonaco a base di terra cruda: esternamente in ocra e all’interno in bianco e azzurro secondo la tradizione locale. Come elemento di appoggio delle volte nubiane si è costruito un muro perimetrale costituito da blocchi maschi/femmina prefabrricati in calcestruzzo facciavista di dimensioni 120x60x60 cm. A richiamo della pietra locale i blocchi sono realizzati in conglomerato cementizio caratterizzato da inerti della stessa natura litica di arenaria in aggiunta ad un adeguato pigmento. È possiblie l’uso del calcestruzzo data la presenza di uno dei maggiori cementifici del Sudan presso la città di Atbara a 100 km di distanza. Al fine di contrastare il caldo si è posto in essere un sistema di raffrescamento costituito da dai camini del vento che portano l’aria nel sottosuolo. Questa si raffredda scorrendo in tubi all’interno delle cisterne di raccolta e distribuzione dell’acqua. Negli edifici più grandi si è usufruito di una volta ad arco di catenaria, uguale nella forma ma differente dalla nubiana in quanto impostata su dei muri portanti


Tipo locale Local type 1. Le Piramidi 1. Le Piramidi 2. La misura dello spazio 1. Le Piramidi1. Le Piramidi

1. Le 2. Piramidi Laspazio misura dello spazio 2. La misura dello 2. La misura dello 2. Laspazio misura dello spazio

2. La misura dello spazio

6 persone

Tipo locale 3. 4. La definizione dello spazio 3. La definizione dello spazioabitativa La cellula 3. La definizione dello spazio dello spazio 3. La definizione

Cellula base

3.La Lacellula definizione spazio 4. Ladello cellula abitativa 4. abitativa 4. La cellula abitativa 4. La cellula abitativa

4. La cellula abitativa 6 persone

Tipo locale

Cellula base

New basic cell

5. La 5. La6.casa Il sistema delcasa paesaggio 5. La casa 5. La casa

Clust

5.6.La casa del paesaggio Il sistema 6. Il sistema del paesaggio 6. Il sistema del 6. Ilpaesaggio sistema del paesaggio

er

6. Il sistema del paesaggio

6 persone

100 persone

6 persone

100 persone

Cluster

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laterali alla volta. All’interno della cellula base che identi ca una comunità nello stesso momento si hanno quin- di sullo sfondo i più grandi edi ci identitari del grande sistema e le abitazioni ricavate grazie alla tecnica della volta nubiana, la cui caratteristica è quella di svilupparsi orizzontalmente una volta impostate su un muro retrostante. La diversa profondità che queste volte possono quindi raggiungere nel tempo con gura una corte centrale come uno spazio dinamico ad una scala umana. La corte interna risulta quindi ac- cessibile attraverso la mitigazione o erta dalle aperture del muro e dai conseguenti sfalsamenti delle volte da esso dipendenti.

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Atelier Sustainability

Proff. Benno Albrecht, Giovanni Mucelli Simple houses in Kenya with recycle material from Milano Triennale exposition “Africa Big Change, Bic Chance”

La mostra Big Change Big Chance, andata in rassegna dal 15 Ottobre al 28 Dicembre presso il Palazzo D’Arte di Muzio proprio in Occasione della Triennale di Milano, cerca infatti di creare questo collegamento. Che cos’è la possibilità? Riuscire a crescere in un campo e crearsi una propria posizione; poter dire di no. Queste sono solamente alcune delle “possibili” risposte tratte dal programma Hastag del giornalista Marco Maccarini. Il curatore della Triennale di Milano, Arch. Benno Albrecht a proposito di possibilità disse: “ Il “contesto planetario” sta cambiando a causa della scarsità di risorse fossili, ormai in accertato esaurimento, della pressione antropica, oggi dotata di una immensa potenzialità tecnica, della situazione demografica, in impetuoso aumento, dell’incremento dell’urbanizzazione, della globalizzazione dell’economia ed anche del pensiero. Occuparsi dell’Africa dal punto di vista dell’architettura, intesa nel suo senso più ampio, significa occuparsi di un luogo in cui stanno sviluppandosi alcuni dei fenomeni più interessanti, complessi ed anche inquietanti di questi ultimi anni. La sfida che abbiamo davanti in Africa riguarda il controllo dei grandi numeri, di persone, di pressione dell’urbanizzazione, e la possibilità legata al controllo della grande dimensione, sia questa urbana sia territoriale. ” La mostra si è sviluppata dunque attraverso alcune sezioni che hanno riguardato lo sviluppo urbano in atto in Africa attraverso la presentazione di ricerche riguardanti i casi più eclatanti, Lagos, Maputo, Nairobi, Cairo ecc. Andando ad illustrare anche le grandi trasformazioni territoriali con i relativi progetti, di scala continentale e globale, che riguardano lo sfruttamento delle acque, la produzione di energia, l’arresto della desertificazione, con le nuove infrastrutture e i nuovi attori che si muovono in questo scenario. Tale incontro perciò non fu una semplice e mera occasione come palinsesto di cambiamento ma riprende ciò che, come detto inizialmente, crea un rapporto, un dialogo.

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Da questo dialogo nacque la “possibilità” della realizzazione di due piccole strutture in Africa sfruttando i materiali utilizzati per la mostra, cercando così di mantenere quel carattere sostenibile intrinseco in tutta la propaganda. Le location per questi prototipi sono Ukunda in Kenya e Kinshasa in Congo. Il nostro compito dunque fu quello di cercare di sviluppare un prototipo per una casa famiglia in Kenya. Casa famiglia non significa solamente, cercare di ricreare un’atmosfera familiare, domestica, bensì ragionare sul rapporto che si instaura tra spazio e persona e tutte le dinamiche che ne derivano. Proprio da questo concetto nasce l’idea di generare uno spazio in continuo movimento, non un modulo rigido bensì una struttura che permetta di plasmare lo spazio secondo le proprie esigenze. Non vi sarà mai una soglia netta tra spazio pubblico e privato bensì tutto è mitigato da un unico ambiente di condivisione che tramite l’ausilio di una pianta libera generata dalla proiezione di una copertura ombreggiante permette molteplici soluzioni. Molteplici soluzioni come la propria reiterazione nella “possibilità” di ampliamento.


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1

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Materiali

Dimensioni

Pezzi disponibili

Pezzi utilizzati

Pezzi rimanenti

Profili a C in acciaio zincato

L:160

300

235

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Trave in pultruso C

L:160

192

64

128

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Profili a C in acciaio zincato Trave in pultruso I Trave in pultruso I

Pannello in pultruso Pannello in pultruso

Pannello in policarbonato Pannello in policarbonato

Pannello in legno mineralizzato Pannello in legno mineralizzato Pannello in legno mineralizzato Teli

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5m

L:490 L:490 L:280

80 x 490 80 x 245

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50 x 160

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50 x 490 60 x 40

60 x 200 m

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1. Copertura Profilo in pultruso ad I 7,5x15 cm disposto a cassettoni Pannelli di legno mineralizzato intelaiati da profili in acciaio zincato a C sp. 7,5 cm Pannelli in pultruso agganciati a profili in acciaio zincato a C sp. 0,8+4,2 cm

Moduli abitativi 3. Profili in pultruso a C accoppiati sp. 6 cm Pannelli in legno mineralizzato sp. 7,5 cm

2. Struttura di sostegno Profilo in pultruso ad I 7,5X15 cm alto 3 m e giuntato a terra con fazzoletti a una piastra metallica

5. Profili in pultruso a C accoppiati sp. 6 cm Pannelli in policarbonato maschio-femmina sp. 4 cm intelaiati da profili in acciaio zincato a C

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4. Pannelli in policarbonato maschio-femmina levigati sp. 4 cm intelaiati da profili in acciaio zincato a C

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Nove sed non nova Some photos of my latest visit in Rome

In qualche modo penso che conoscendomi abbiate già intuito come Roma per me sia la patria ancestrale: non solo perché in quanto capitale identifica l’Italia, non solo perché è la terra della mia famiglia, ma perché è il punto di incontro, la disvelazione, fra la vita e la memoria della nostra cultura o perlomeno di quella che mi identifica. Il mio libro di latino del biennio, che non ho usato abbastanza a differenza della percezione comune, si intitolava “Nove”. Questo titolo è un troncamento della locuzione “Nove sed non nova” che si traduce in “presentazione nuova ma non concetto nuovo”. Non dirò quindi cose inedite, ma al mio modo per condividerle facendovi partecipi. (I) È dal 2008 che non mi recavo a Roma, ma il trascorrere di questo tempo si è dimostrato opportuno. Sono tornato con occhi nuovi, sono tornato a Roma dopo gli studi, sono tornato a Roma in grado di poter interrogare l’incontro fra ciò che c’è ormai da sempre e ciò che la fa divenire tale, fra la materia e la luce: fra “silenzio e luce” per dirla alla maniera di Louis Kahn. In seguito a queste coppie credo di aver individuato due elementi nel mondo, cercando di conciliare a mio modo Parmenide ed Eraclito: il primo è “ciò che è da sempre” rappresentato dalle inspirazioni e dalle aspirazioni umane; il secondo elemento è il loro divenire nel tempo, non mutando il proprio essere ma il loro modo di venire in presenza. Ciò che dona presenza è la luce, sia nello spazio reale sia in quello mentale. L’essere umano percepisce una cosa nel momento in cui la vede illuminata: la luce che lambisce la materia e che da questa viene riflessa ce la rende manifesta. La stessa cosa avviene quando si nominano le cose e queste risaltano alla mente nel momento in cui vengono appellate ed è lo stesso principio valido per le persone che si identificano in un nome. È anche per questo che io vi chiamo per nome, per il vostro nome, non mi rivolgo a una versione altra di voi, non vorrei neanche rivolgermi ad una versione ridotta di voi, ma mi piace pensare che nel momento in cui vi nomino voi esistiate per me nella vostra interezza. “Quando una rovina ha pareti con una materialità tale da catturare aria e luce, quando in essa la gravità costituisce ancora lo spazio, allora l’architettura si mostra a noi apertamente, spogliata di ogni elemento, nella sua forma più radicale. La nudità 36

pura della struttura ha di per sé la potente intensità delle costruzioni più essenziali. Le mura di molti resti romani, che ci commuovono, agiscono in questo modo.” - Alberto Campo Baeza (II) Questo quadrato ha un volume dato dall’ombra creata dalla volta e delle superfici battute dal sole di mezzogiorno. Il volume ha profondità, è fisico, è il luogo romano che accoglie i successivi innesti tardo rinascimentali e contemporanei arrivando quindi alle superfici. Su queste superfici rese perfettamente piatte dal sole sono posizionati alcuni oggetti: un altare e una vera da pozzo, un portale. Una sorta di percorso per accedere al tempio, uno spazio metafisico. Sono anni che cerco la fonte vera e propria di questa citazione di De Chirico: “[Nell’Antica Roma] il senso del presagio ha qualcosa di più vasto. Una sensazione di grandezza infinita e lontana, la stessa sensazione che il costruttore romano fissò nel sentimento dell’arcata, riflesso dello spasmo d’infinito che la volta celeste produce talvolta sull’uomo. L’arcata è là per sempre [...] L’arcata romana è una fatalità; essa ha una voce che parla per enigmi pieni di una poesia stranamente romana, di ombre su antiche mura e di una musica curiosa, profondamente blu” (III) Questa foto mi ha sorpreso come gli stessi mercati traianei. Sono in grado di esprimere nella loro nudità una grandissima forza scandita dal ritmo delle ombre, ma non è una teoria monotona è coinvolgente lungo la curva che la dispiega. (IV) Queste sculture popolavano i mercati traianei. Io le vedo come delle nuove iterazioni delle colonne: minime variazioni della loro superficie determinano una differente percezione dello spazio. Queste nuove colonne riescono ad esprimere quella libertà che vuole raggiungere questo pezzetto di muro cercando di esporsi il più possibile alla luce. “Una colonna accanto a una colonna porta la luce nell’intervallo: ombra e luce, ombra e luce, ombra e luce, ombra e luce. La colonna rivela una bellezza semplice e ritmica, che viene dal muro primitivo e dalle sue aperture. All’inizio, le murature erano spesse. Proteggevano gli uomini. Ma l’uomo voleva la libertà e quanto il mondo esterno prometteva.” Louis Kahn.


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Aletheia | ἀλήθεια Progetto per l’area archeologica di Eraclea Minoa, Agrigento

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Master Thesis

Prof. Alberto Ferlenga Aletheia | ἀλήθεια Project for the archeological area of Eraclea Minoa, Agrigento

Eraclea Minoa è un’area archeologica situata sulla sommità della scogliera marnosa protesa verso il mare di Capobianco nel comune di Cattolica Eraclea in provincia di Agrigento. L’altopiano su cui si ritrovano i resti della città è posto alla destra della foce del fiume Platani, nella parte verso il mare presenta una parete a picco sul mare mentre a nord si conclude in una serie di piccoli rilievi marno-argillosi nel più orientale dei quali fu ricavato il teatro. L’area fu abbandonata nel I secolo a.C.. Vicino ad un ambiente malarico e disordinato venne riutilizzata per scopi agricoli nel XIX secolo recentemente abbandonati in favore del vincolo archeologico in seguito agli scavi iniziati nel 1950 da Ernesto De Miro. Isolata diversi chilometri dai più vicini centri abitati, incuneata fra due pinete e al cospetto di una marina incantevole è tuttora immersa in un silenzio senza fine. Ad oggi l’area archeologica nella percezione comune della popolazione locale risulta qualcosa di altro e lontano dove la differente quota fisica diventa anche una percezione di distacco e lontananza. Questo atteggiamento si traduce in un complessivo stato di abbandono e trascuratezza dell’area. Tutta la parte sopra al promontorio precedentemente ad uso agricolo espropriata dalla regione presenta un graduale ritorno ad una disordinata naturalità in attesa di progetti di riqualifica vagamente annunciati, ma senza un reale seguito. L’area inoltre soffre di una sostanziale carenza di infrastrutture turistiche nel territorio circostante e risulta mal collegata con quelle poche aree presenti sulla marina. I programmi di rivitalizzazione La rivitalizzazione dell’area si articola secondo tre programmi il cui intento è quello di esplicitare le caratteristiche intrinseche del territorio e dell’area di progetto e sono: • Archeologico • Turistico • Agricolo e produttivo Programma Archeologico

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Con il ripristino dei vigneti abbandonati si è colta l’occasione di aumentare l’area libera a disposizione degli scavi, con l’intento di usufruire di periodiche missioni archeologiche per continuare l’opera di conoscenza della città antica. Il teatro inoltre versa in uno stato di abbandono sotto una pensilina provvisoria che andrà rimossa per lasciare libero al visitatore la visione del manufatto nella sua più completa dignità. In previsione quindi di un aumento dei reperti in seguito alla ripresa degli scavi dovrà essere riorganizzata ed ampliata l’area museale a disposizione e attrezzata con un piccolo laboratorio di pulizia e catalogazione dei pezzi. Programma Turistico Nel nuovo edificio è prevista la presenza di un Bed & Breakfast che va a supportare le missioni archeologiche e allo stesso tempo amplia la limitata presenza di strutture ricettive e di alloggio presenti riassumibili in due camping e alcune case private. Sono stati inoltre previsti dei nuovi percorsi di visita che vanno a riallacciare il territorio attualmente diviso fra le due sponde del fiume Platani e l‘area archeologica sopraelevata. I nuovi percorsi sono quindi distinguibili in tre ambiti: agricolo ed enologico, archeologico, paesaggistico. All’interno dei percorsi si incrociano tre differenti punti panoramici a 360° che quindi permettono una completa visione del territorio relazionandolo all’area: i rilievi dell’entroterra e la valle del fiume, la foce, le pinete, i vigneti ripristinati, i resti archeologici per finire sempre nella vastità del mare. L’area inoltre è uno dei luoghi dove si svolge la rassegna teatrale estiva “Teatri di pietra” e si prevede quindi di ricavare un nuovo spazio teatrale all’aperto per sopperire a questa funzione che attualmente si avvale di strutture provvisorie e allestite per l’occasione. Programma agricolo e produttivo Durante la seconda metà del XX secolo nella parte più avanzata del promontorio dove non sono stati effettuati gli scavi archeologici sono stati coltivati diversi ettari a vigneto. Attualmente i vigneti risultano abbandonati in seguito


Messina Palermo

Trapani

Monte Adranone Stufe di S. Calogero

Selinunte

Sant'Angelo Muxaro

Morgantina Piazza Armerina

Catania

Eraclea Minoa Agrigento

Siracusa

Modica

1 giorno

Area archeologica

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ad un esproprio effettuato dalla Regione Sicilia con l’intento di trasformare l’area in un sistema unitario non ancora attuato. Il progetto si propone quindi di ripristinare la precedente attività agricola riprendendo le tracce lasciate da quella precedente. I vigneti saranno quindi separati da filari di fichi d’India che con le loro forme plastiche che ne contrastano la loro ritmica regolarità. Sono stati quindi identificati i vini tipici dell’Agrigentino dove è già stata identificata una via del vino all’interno della provincia. Aletheia Aletheia, letteralmente “non obliare,” è il concetto greco usato da Heidegger per indicare il luogo in cui la verità si disvela. La verità intesa come atto di portare in presenza l’incontro fra le cose ed il mondo, ovvero un accadimento che unifica, nominandole, le varie essenze presenti. L’accesso all’area Si è voluto concretizzare il concetto di Aletheia e quindi sintetizzare le caratteristiche dell’area e del territorio nell’intervento costruito che funge da accesso all’area archeologica, agricola e naturalistica. L’edificio con duplice funzione di cantina e alloggio è quindi supporto essenziale al completamento della riconfigurazione dell’area, e allo stesso tempo contribuisce ad evidenziare il rapporto uomo e natura. Il posizionamento La posizione è stata determinata secondo l’incontro di diverse istanze. Il primo passo è stato quello di estrinsecare i tracciati della città antica e usarli come guida per stabilire le varie distanze fra il corpo centrale, la piazza ed il basamento, che costituiscono i gradoni mediante i quali si regolarizza il naturale andamento del terreno. Ulteriore regola è data dalla dimensione degli antichi isolati, i quali hanno una profondità fra i 9 e i 10 metri. Misura che è stata sviluppata secondo una proporzione aurea e che come sottomultiplo ha i resti antistanti al progetto e allo stesso tempo sviluppandosi comprende al proprio interno le varie misure del progetto: la lunghezza dell’edificio, la “stanza” di ingresso all’area mettendola successivamente in relazione con il mare, fino a comprendere l’area stessa. Il limite La stanza nella sua definizione è quindi il concretizzarsi di un confine, dato da muri e dagli spazi come il mare e la scogliera, è dove queste cose finiscono, ma come compresero già i greci è il limite è dove le cose si confrontano e compenetrano e dove vengono quindi in presenza. In questo modo l’edificio sussiste sulla terra relazionandosi con l’ambiente circostante, si innalza verso il cielo con la propria sagoma dentata e si apre

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nel desiderio di ricevere la luce rappresentando il modo di stare dell’uomo sulla terra e gli stessi desideri intrinsechi di un muro come racconta Louis Kahn descrivendo un colonnato. Il paesaggio abitato “Attraverso il linguaggio dell’architettura si ha quindi una traslazione della realtà vissuta a realtà costruita mediante il progetto. Questo si manifesta tramite la sintesi che si compie nell’edificio che raduna in sé un mondo e stabilisce il rapporto di vicinanza e la chiave attraverso cui l’uomo esperisce il mondo. Si ha quindi la configurazione di un paesaggio abitato che altro non è che un paesaggio conosciuto e identitario in cui gli edifici costruiti dall’uomo per mezzo dell’architettura fanno parlare il paesaggio esplicitandone le proprietà. Si ha quindi una relazione di dimorare accanto fra uomo e paesaggio “sotto l’estensione del cielo.” - Martin Heidegger “Una colonna accanto a una colonna porta la luce nell’intervallo: ombra e luce, ombra e luce, ombra e luce, ombra e luce. La colonna rivela una bellezza semplice e ritmica, che viene dal muro primitivo e dalle sue aperture. All’inizio, le murature erano spesse. Proteggevano gli uomini. Ma l’uomo voleva la libertà e quanto il mondo esterno prometteva.” Louis Kahn “Ciò che l’uomo crea deve rispondere alle leggi della natura. La natura crea senza l’uomo, ma ciò che l’uomo crea la natura non può produrlo senza l’uomo” - Louis Kahn Le possibili rovine Si è infine immaginato come l’edificio potesse rovinare in un lontano futuro. Si sono quindi individuati tre tipi di possibile rovina che si basano sulle stesse caratteristiche che compongono l’edificio. Il primo dovuto all’asportabilità e al riutilizzo possibile del materiale lapideo come sempre avvenuto nel corso della storia e che quindi riporta l’edificio ad essere una traccia comparabile agli altri lacerti della città antica. Il secondo è la memoria di uno spazio e del suo valore intrinseco che è quello della grande sala dei vasi vinari che può essere riconfigurato mediante dei dispositivi mobili posizionabili a diverse altezze e generando quindi uno spazio dinamico e variabile a seconda delle intenzioni. Il terzo è quello di semplice rovina dove i setti murari perdendo ogni compito funzionale e strutturale si stagliano liberi nella loro forma più radicale e mostrando nudi la purezza della loro concezione architettonica.


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Cielo

Tempio greco Sintesi e rappresentazione di un territorio CittĂ antica Forma

Ambiente

Soglia

Paesaggio abitato. una stanza, un luogo

Compenetrazione

Luce

Uomo

CittĂ contemporanea

Tempio egizio Configurazione di un passaggio

Terra

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Giovanni Sarandrea Grazie


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