LANEROSSI DI SCHIO: TESSITURA DI NUOVI SPAZI URBANI
UniversitĂ IUAV di Venezia A.A. 2014-2015 Corso di Laurea Magistrale in Architettura e Culture del Progetto Studenti: Giulia Marchetto 277519 Giulia Morrone 277917 Relatore: Prof. Margherita Vanore Correlatore: Prof. Tessa Matteini
indice Introduzione 1. Il tessuto produttivo nell’area dell’Alto vicentino 1.1 Il rapporto con il paesaggio e le infrastrutture 1.2 Le problematiche della contemporaneità: consumo di suolo e abbandono 2. Il gruppo Lanerossi 2.1 Storia del Gruppo Lanerossi e diffusione nel territorio 2.2 Il processo produttivo 2.3 Situazione attuale 3. L’area Lanerossi a Schio 3.1 Evoluzione della città di Schio 3.2 Evoluzione storica dell’area 3.3 Proposte di riuso: i concorsi 4. Ipotesi progettuale per l’Area Lanerossi 4.1 Il rapporto della Fabbrica con il sistema industriale: il museo all’aperto 4.2 Il rapporto della Fabbrica con la città: ritessitura di spazi urbani 4.3 La riattivazione è possibile? 4.3.1 La memoria industriale 4.3.2 Km0: la filiera “cortissima” in centro a Schio 4.3.3 Al centro il cinema 4.3.4 Il ritorno alla produzione e alla socialità: spazi di co-working e di aggregazione 4.3.5 Un nuovo polo sportivo per la comunità scledense 5. Bibliografia e sitografia
Introduzione La riflessione progettuale riguardante l’ex Lanificio Lanerossi di Schio parte dalla consapevolezza di un’eredità industriale ancora fortemente presente nella comunità scledense. L’abbandono della fabbrica Lanerossi non ha infatti generato una perdita della memoria della stessa, poiché le stesse forme della città sono nate da un vicendevole scambio con gli spazi della produzione. La Lanerossi, a partire dalla costruzione della Fabbrica Alta nel 1862, ha calamitato intorno a sé lo sviluppo di un’intera città, fornendo non solo opportunità di lavoro, ma anche una serie di servizi per la comunità, come mense, scuole, teatri. Un secolo dopo, le nuove dinamiche dello sviluppo industriale veneto hanno interrotto il fecondo rapporto tra fabbrica e città: la Lanerossi decide infatti, nel 1970, di costruire due nuovi e moderni stabilimenti all’esterno del centro storico, inaugurando l’imponente zona industriale di Schio e dando inizio al progressivo abbandono dell’area a ridosso del centro storico scledense. Una città, quindi, dal patrimonio fortemente legato alla dinamicità della realtà industriale e fisicamente sviluppata nell’intorno dell’area industriale che subisce, con la chiusura della fabbrica, la perdita di un fattore importante della propria identità ed allo stesso tempo viene a doversi interfacciare con un vuoto urbano di notevole entità. Questo vuoto, chiuso da un recinto e quindi escluso dalle dinamiche della città e dalla presenza dell’uomo, ha seguito un’evoluzione propria, in cui la natura - prima marginale all’interno dei luoghi della produzione - ha saputo prendere il sopravvento. In circa quarant’anni i suoni, gli odori, il movimento dell’attività industriale hanno lasciato il posto a grandi aree alberate, restituendo di fatto un nuovo spazio ibrido, senza una precisa identità.
60m
120m
Lo studio delle potenzialità dell’area cerca di tenere conto sia del lascito della Lanerossi, sia della nuova e importante presenza della natura all’interno del recinto. La necessaria restituzione di questi luoghi alla città deve avvenire quindi partendo dall’intenzione di ri-tessere spazi urbani capaci di mantenerne viva la memoria storica rispondendo alle necessità del nostro tempo.
SP 46 del Pasubio
dir. Torrebelvicino // Rovereto
Roggia maestra
Leogra
distanza centro: 0,4 km 5 min
dir. Vicenza
Inquadramento dell’Area Lanerossi
Piovene Rocchette
Santorso Valli del Pasubio
Torrebelvicino
Schio
Pievebelvicino
Thiene
Magrè Marano Vicentino
1 Il tessuto produttivo nell’area dell’Alto Vicentino
1.1 Il rapporto con il paesaggio e le infrastrutture L’Alto Vicentino è tuttora caratterizzato fortemente dalla cultura dell’industria, ampiamente diffusa nelle sue valli e, in particolare, nella Val Leogra, dove sorge Schio. Fin dal Medioevo, i numerosi centri abitati sorti ai piedi delle alture, in cui l’agricoltura era resa difficile dal terreno, hanno affiancato alla tradizionale attività silvo-pastorale l’attività artigianale. La derivazione della Roggia Maestra nel XII secolo, ha di fatto dato il via allo sviluppo di botteghe artigiane, le cui testimonianze rimangono ancora oggi insieme alla fitta rete di mulini, segherie, magli e folli da panni sorti lungo il suo percorso. Lo sviluppo in particolare dell’economia laniera era legato -almeno fino alla creazione delle vere e proprie fabbriche- alla vicinanza degli allevamenti degli altipiani, che fornivano la materia prima, e alla disponibilità di energia idraulica generata dai corsi d’acqua. Per questo le più antiche testimonianze si ritrovano in prossimità della Roggia, del fiume Leogra e Astico, anche per quanto riguarderà poi lo sviluppo della Lanerossi. Nel Settecento, l’Alto Vicentino accoglieva il nucleo di maggiore sviluppo laniero della Repubblica Veneta. Il luogo dove ciò avveniva erano ancora le botteghe, spesso annesse alle abitazioni e collocate lungo la roggia e le sue derivazioni, con presa d’acqua e ruota idraulica. In quegli anni la “Fabbrica” designava l’insieme di lavorazioni ancora separate; solo nei primi decenni dell’Ottocento il termine assume la declinazione di unità organizzativa. L’evoluzione in tal senso si ebbe in prima battuta con la figura dell’imprenditore veneziano Nicolò Tron, che, di ritorno dall’Inghilterra nel 1717, per primo introdusse macchinari e innovazioni tecniche da utilizzare nella produzione della lana. L’esperienza, di breve durata, avviò lo sviluppo protoindustriale dell’area.
Nell’Ottocento si assistette ad un nuovo cambiamento: gli artigiani delle botteghe, prima autonomi, diventarono gradualmente parte della manodopera delle nuove “fabbriche” laniere. La nascita della prima vera e propria fabbrica del Veneto, il lanificio “Francesco Rossi”, avvenne nel 1817 in una fase di forte regressione del laniero veneto. Francesco Rossi, forte dell’esperienza maturata all’estero, introdusse nel suo lanificio alcune macchine innovative, con largo anticipo rispetto agli altri lanifici italiani. Il figlio Alessandro Rossi continuò l’opera del padre seguendo i criteri di produzione di qualità, di meccanizzazione, di pubblicità. Nel ventennio 1849-1869 si concentrarono i maggiori sviluppi a livello tecnologico che, uniti alla costruzione nel 1962 della “Fabbrica Alta”, della filaturatessitura a shed e in seguito della filatura di Piovene Rocchette, colmarono di fatto la distanza del Lanificio Rossi dalle altre grandi aree industriali europee. Iniziò quindi la diffusione a livello territoriale degli stabilimenti del Rossi, il quale estese la lavorazione a Pievebelvicino e Torrebelvicino e ampliò ulteriormente la produzione a Piovene Rocchette. Accanto ai lanifici prendevano vita nel frattempo una serie di opifici a supporto della produzione tessile: alcuni esempi sono la Fabbrica Saccardo e le Officine De Pretto a Schio, che producevano navette in legno per telai e macchinari. Il boom economico vissuto dall’intera zona portò al miglioramento delle condizioni ambientali e di sicurezza, e si tradusse per esempio con l’introduzione a Schio e Piovene dell’illuminazione elettrica. La conseguenza più evidente di questo grande sviluppo industriale fu l’arrivo della rete ferroviaria con la costruzione della VicenzaSchio nel 1876, la “ferrovia alpina” TorrebelvicinoSchio-Piovene-Arsiero (1884-1885), la Thiene-Piovene (1907) e la Piovene-Asiago (1910), elementi antropici che andarono a definire un nuovo paesaggio nella vallata.
Una volta create le infrastrutture di collegamento necessarie, la costruzione degli stabilimenti successivi si potè dislocare lungo i nuovi assi di comunicazione: a Vicenza con il Cotonificio Rossi, a Dueville e a Marano. L’espansione industriale spinse il Rossi a creare anche una serie di servizi pubblici (scuole, dopolavoro, mense, teatri, ecc…) per i propri operai, alla stregua delle più moderne esperienze europee, fino al progetto di “Nuova Schio”, il nuovo quartiere operaio collocato appena al di fuori dell’area della Fabbrica Alta, e ad altri simili progetti in prossimità degli altri stabilimenti. Un caso analogo e coevo si individua nella vicina Valdagno con le esperienze legate al lanificio Marzotto. In questo percorso, l’impatto delle grandi imprese Rossi e Marzotto sulle strutture socio-economiche e sul territorio delle valli vicentine fu notevolmente diverso nei tempi e nei modi. Il Lanificio Rossi si modernizzò prima e assunse più rapidamente una posizione leader nel laniero italiano; la Marzotto crebbe in modo graduale ed “appartato” e fu per buona parte dell’Ottocento lontana dalle dimensioni del grande e vicino rivale. Il maggiore sviluppo della Marzotto avvenne per impulso di decisivi ricambi generazionali proprio mentre alla Lanerossi si esaurivano gli effetti dell’eccezionale opera del Rossi e iniziava la parabola discendente del gruppo.
G.L. Fontana ben descrive il peculiare rapporto tra industria e città dell’Alto Vicentino (dal convegno “Schio e Alessandro Rossi”) >
“L’industrializzazione, estendendosi, diffondendosi e differenziandosi dal centro scledense alle valli vicine, impresse una precisa caratterizzazione all’economia e alle società locali molto prima che tale fenomeno investisse una larga parte del territorio regionale. Lo spirito innovativo e la propensione al rischio espressi da nuove figure imprenditoriali portarono all’affermazione del sistema di fabbrica. E questo, sull’arco di quasi due secoli, disseminò una grande ricchezza di testimonianze che vanno dalle rogge agli edifici industriali, dalle residenze padronali ai villaggi operai, dalle infrastrutture per l’educazione e l’istruzione tecnica, per il tempo libero ed il culto a quelle per i trasporti e la mobilità.”
Centrali idroelettriche Posina 1. Enel Green Power Posina 2. Impianti Astico Srl 3. Enel Green Power 4. Arsiero Astico 5. Barco 6. Zanini 7. Diga - Invaso di Meda 8. Bessè 9. Rozzola 10. Calvene 11. Maglio e Serra I 12. Magio e Serra II 13. Produzione industriale Cartiera Brugo 14. Ex Ziche 15. Ex Cascami 16. Ex Binotto 17. Ex Franzan 18. Ponte sull’Astico 19. Ca’ Fusa 20. Astichelli Leogra 21. Ressalto - Puja 22. Ponte delle Capre 23. Lanerossi Torrebelvicino Agno 24. Gazza 25. Agni 26. Frizzi 27. Bruni e Margherita 28. Ponteverde 29. Facchini 30. Righellati 31. Seladi 32. Marchesini 33. Maglio 34. Corè Zara 35. Proton Engineering & Co. Astico 36. Pria 37. PR Energia
ZARA 35
POSINA
2
1
LEOGRA
Valli del Pasubio 21
22
Recoaro Terme
AGNO
26 24
28 27
25
29 30
31
32
San Quirico
Valdagno
33
36 37
Arsiero 5
3 4
2
Cogollo del Cengio
ASTICO 6
Caltrano
7 8
Piovene Rocchette
Calvene
Chiuppano 10
9
11 12
Carrè
Lugo di Vicenza 13
Zugliano Santorso
14
15
Schio Torrebelvicino
16
23
Thiene
Pievebelvicino
Marano Vicentino
17 18
Breganze
Sarcedo
19
34
Montecchio Precalcino Malo 20
Villaverla
Dueville
Povolaro
ZARA
Edifici industriali (presenti nel 1900) 2
1757, Lanificio Conte
1
1817, Opificio Francesco Rossi (Schio)
1
1862, Lanerossi Fabbrica Alta (Schio)
11
1869, Lanerossi Rocchette 1
8
1860-70, Podere Rossi (Santorso)
9
1870 Lanerossi (Pievebelvicino)
1
1870, Tipografia Leonida Marin
1
1870, Fabbrica di birra di Leopoldo Farinon
11
1871, Lanerossi Rocchette 2
14
1871, SocietĂ Vaccari (Cogollo)
13
1872, Pastificio Barattoni (Piovene R.)
12
1873, Birreria Summano (Piovene R.)
10
1873 Lanerossi (Torrebelvicino)
1
1876, Canapificio Roi (Cavazzale)
15
1878, Cartiera Rossi (Arsiero)
3
1870-80, Lanificio Cazzola
5
1884, Fonderia Ing. Silvio De Pretto
11
1886, Rocchette 3
1
1880-90, Industria di stampa Marzari
POSINA
LEOGRA
Valli del Pasubio
1890, Lanificio Loden Dal Brun 7
1890-900, Industria Saccardo (Tretto)
1
1890-900, Fabbrica Massoni & Moroni
1
1890-900, Maglieria Sartori
1
Fonderia Ing. Silvio De Pretto
1
Lanificio Garbin
1
Maglieria Sartori
AGNO
Torrebelvicino
10 Pievebelvicino Recoaro Terme
Arsiero
15
Cogollo del Cengio
ASTICO
12
Caltrano
14
11
Calvene
Chiuppano Piovene Rocchette
13 Lugo di Vicenza
Carrè
7
TIMONCHIO
Zugliano
8
Santorso Schio
9
3
1
2
6 4
5
Thiene Marano Vicentino Sarcedo
ROGGIA MAESTRA
La Roggia Maestra
Insediamenti protoindustriali di Schio e dintorni disegno di G. B. Molin, 1737
10 14 9 13 8
1
1 2 3 4 5/6/7 8 9 10 11 12
2
3
4
Cartiera del Mocenigo Molini e sega da legname del Mocenigo Maglio da rame del Mocenigo Maglio da ferro del Mocenigo Molini e follo dei Baretta Conceria di G. Piazza Conceria di C. Vanzo Purgo di G. Finato Tintoria di N. H. Tron Tintoria di G. B. Rozo
5
6
7
17 19
11 12 15 18 16 20
13 Conceria di F. Doro 14 Conceria di M. Belin 15 Conceria di C. Vanzo 16 Conceria di F. Doro 17 Argagni per garzatura dei Donadelli 18 Tintoria di B. Piazza 19 Tintoria di L. Scomason 20 Argagno per garzatura del Folchi 21 Molini del Baretta 22 Tintoria dei Baretta
21-22-23-24 28
25
26 27 29
30
31
32
23 Purgo per il lav. panni di Titoni 24 Purgo per il lav. panni del Garofolo 25 Molino del Folchi 26 Molino del Bigotto 27 Tintoria del Pasini 28 Purgo del Pasini 29 Molini del Thoaldo 30 Follo dell’Alberti 31 Molini del Folchi 32 Folli del Caponi
Localizzazione ed elenco dei fruitori della Roggia di Schio Particolare di una mappa del 1808 1 41
42 - 43
44
44
44
45 - 53 52
46 45
47
Piazza di Schio
Leogra Magrè
Elenco dei proprietari degli edifici
1
Da G.L. Fontana, convegno “Schio e Alessandro Rossi”
48
49
Cadute della Roggia Pianta dilivellazione della Rosa, prese, dal principio d’essa, cioè dal Rostone, sino al luogo così detto del Pilastro, 1795 1
Caduta “L” proprietà Toaldi 4 ruote
Caduta “I” Caduta “H” Caduta “G” Caduta “F” proprietà proprietà proprietà proprietà Calvi Folco Baretta Beltrame 3 ruote 4 ruote 4 ruote 5 ruote
Caduta “E” proprietà Baretta 6 ruote
Caduta “D” proprietà Baretta 3 ruote
Caduta “C” Caduta “B” Caduta “A” proprietà proprietà Scomason proprietà Scorloni Baretta e Rubini 3 ruote 7 ruote 5 ruote
Localizzazione delle principali attività produttive scledensi (1808-1810) Rielaborazione fonte catastale napoleonica - scala 1:10.000
proprietà Garbin folli
proprietà Conte folli 1 2
3
4
5
6
Roggia Maestra
Leogra
Il Riolo
proprietà Beretta 1 ruota da follo (prima 3)
proprietà Scorloni 3 ruote da follo proprietà Scorloni e Rubini 3 ruote da follo (prima 5)
proprietà Beretta molino a 2 ruote (prima 7)
proprietà Goutt (prima Beretta) attività mista
proprietà Garbin (prima Folco) 1 ruota da follo 3 da molino proprietà Beretta 3 ruota da follo (prima 4)
proprietà Scapin proprietà (prima Calvi Toaldi) 1 ruota da follo 3 ruote da molino 1 ruota da molino (prima 4)
Elenco delle tintorie Rispetto alla situazione rilevata nel 1795 si evidenzia un calo del numero di entrambi i tipi di ruote, che passano da 44 a a 26. In particolare di quelle da follo si riducono da 22 a 10, limitando l’attività ad 8 cadute su 10. Questo è dovuto principalmente alla politica napoleonica e l’accentuato ritardo nell’adeguamento tecnologico.
Edificato Folli e molini Tintorie
1 2 3 4 5 6
Proprietà Barettoni Proprietà Zambon Proprietà Scomasen Proprietà Pasini Proprietà Gallo Proprietà Casarotti
Localizzazione delle principali attività produttive scledensi (1813-1815) Documenti catastali del 1815 - scala 1:10.000
proprietà Garbin folli
proprietà Conte folli 1 3 2
proprietà Scorloni e Rubini 2 ruote da follo (1810: 3 ruote) proprietà Scorloni 1 ruota da follo (1810: 3 ruote)
Ruote inutilizzate. Edificio adibito ad usi agricoli
proprietà Beretta 1 ruota da follo
proprietà Goutt Proprietà 3 ruote Beltrame (2 molini, 2 ruote da 1 follo) molino (1810:4 ruote) (1795: 5 ruote)
Il passaggio da età napoleonica e dominazione austriaca è caratterizzato da numerose annate agricole sfavorevoli. Queste accentuano la crisi tessile che già si era evidenziata con il dimezzamento delle ruote dalle 22 del 1795 alle 10 del 1808. Come si evince questa tendenza continua, portando le ruote da follo da 10 a 5. Il sistema tessile settecentesco è ormai in crisi: lo spazio per le botteghe si riduce, la tendenza è quella dell’accentramento e della razionalizzazione delle lavorazioni.
4
proprietà Costalunga 3 ruote da molino
proprietà Calvi 1 ruota da follo 1 ruota da molino
proprietà Scapin 2 ruote da molino (prima3)
Elenco delle tintorie Edificato Folli e molini Tintorie
1 2 3 4
Proprietà Goutt Proprietà Gallo Proprietà Pasini Proprietà Zambon
Localizzazione delle principali attività produttive scledensi (1839-1840) Catasto austriaco - scala 1:10.000
1
folli e molini Beltrame molini Tamborini
proprietà Pizzolato ruote da follo fabbrica Casarotti
fabbrica Pizzolato
fabbrica Rossi
folli e molini Garbin
fabbrica Conte
Il processo di trasformazione da botteghe autonome a vere e proprie fabbriche che riuniscono lavorazioni, macchine e operai salariati è ormai avviato. Le piccole imprese, in ritardo sui sistemi produttivi, hanno subìto la concorrenza austro-tedesca; la produzione, dalle 25000 pezze annue del 1815, è ormai scesa alle 9000 del ‘44. Meccanicizzazione, innovazione tecnico-organizzativa e merceologica, concentrazione delle lavorazioni nei maggiori opifici costringono i piccoli artigiani lanaioli ad adattarsi al lavoro per conto delle grandi fabbriche.
fabbrica Fogazzaro
fabbrica Garbin
Edificato Folli e molini Tintorie/Colorifici Fabbriche
folli e molini Calvi
molini De Marchi
Elenco dei colorifici 1 Proprietà Zambon
1.2 Le problematiche della contemporaneità: consumo di suolo e abbandono La parabola industriale vicentina muta nel corso dei decenni del 1900. Dal primo Censimento Industriale del 1911 si evidenzia un nord-ovest della provincia molto forte, trainato dalla manifattura tessile-laniera (che polarizzava il 30% della manodopera vicentina) ma anche dal cartario, dal conciario e dalle attività meccaniche; il Basso vicentino risultava invece ancora dominato dall’agricoltura, cosa che proseguirà fino al 1970-80. Allo stesso modo il sistema della media-grande impresa dell’Alto vicentino si contrapponeva a quello della piccola impresa del resto della provincia. Arrivando agli anni Cinquanta, l’Alto Vicentino mantiene la propria forte identità industriale e viene descritta come una delle poche aree non “depresse” del Veneto. Lo sviluppo industriale del vicentino è proseguito fino ai giorni nostri, mutando nei connotati degli stabilimenti e nel rapporto con il paesaggio. Ciò che è cambiato è ovviamente la modalità di approvvigionamento dell’energia, non più strettamente vincolata ai corsi d’acqua, e alla diffusione del trasporto su gomma che ha reso inutile la vicinanza alle reti ferroviarie, alcune delle quali sono cadute in disuso e sono state riconvertite in strade (Schio-Piovene) o in piste ciclabili (Piovene-Arsiero). A partire dagli anni Sessanta si iniziò inoltre ad avvertire i limiti di un apparato produttivo localizzato all’interno dei centri abitati: l’acquisto della Lanerossi da parte dell’ENI segnò una svolta nel panorama industriale scledense, resa evidente dallo spostamento nel 1966 degli stabilimenti all’esterno del centro storico. Molte altre aziende ne seguirono l’esempio. L’area industriale occupa attualmente quattro milioni di metri quadrati. Se già nel 1800 l’industria aveva privato il territorio di suolo agricolo, nello sviluppo industriale contemporaneo tale consumo di suolo è arrivato ad occupare larghe percentuali della Val Leogra, creando delle città “altre” solo industriali distaccate dai centri urbani. A Schio, in particolare, l’imponente area industriale venne inaugurata dai primi stabilimenti “moderni” della Lanerossi, abbandonando l’area all’interno del centro storico che per quasi due secoli era stata il motore dello sviluppo urbano stesso. I criteri di risparmio economico e di trasformazione dello spazio industriale hanno portato all’abbandono dei vecchi manufatti, ormai obsoleti e non adeguati ai nuovi meccanismi di produzione, trasformandoli in soli contenitori privati di funzione. Ad oggi non esiste in Italia uno studio che raccolga i dati relativi all’abbandono dei manufatti industriali, ma il Veneto è, con la Lombardia, la regione con la più alta percentuale di consumo di territorio (oltre il 10%). Il periodo di crisi economica ha inoltre generato una condizione di disuso, oltre a quello degli edifici di “vecchia data”, anche dei capannoni delle zone industriali. Risulta quindi quantomai auspicabile che anche in Italia si diffonda la cultura, già ampiamente diffusa all’estero, della valorizzazione dell’esistente, evitando il più possibile nuovo spreco di suolo. Il punto di forza, in un’ottica di riuso e recupero, delle testimonianze di archeologia industriale del distretto scledense è quello della localizzazione degli stessi all’interno dei centri abitati. La riattivazione del “contenitore” con nuove funzioni non può prescinderere però dalla valorizzazione della memoria dello stesso, recuperato appunto per via del suo valore storico e culturale, senza diventare museo di sé stesso.
3km
Densità degli edifici industriali nell’Alto Vicentino centri abitati edifici industriali stabilimenti Lanerossi corsi d’acqua strade ferrovia
6km
2 Il gruppo Lanerossi
2.1 Storia del Gruppo Lanerossi e diffusione nel territorio
1817
Francesco Rossi apre a Schio, in contrà Sareo, un piccolo lanificio.
1845
Alessandro Rossi, all’età di 26 anni, succede al padre. Trascorsa la prima giovinezza nella fabbrica paterna come semplice operaio, lavora poi per qualche tempo presso lanifici belgi e inglesi. Si rivela subito un industriale innovatore e moderno: installa, infatti, una caldaia a vapore ed i primi filatoi meccanici.
1860-1870
Il Lanificio Rossi si trova al primo posto tra le industrie nazionali, con 800 dipendenti e uno stabilimento a Schio, la Fabbrica Alta, modernissimo ed aggiornato per quei tempi, costruito sugli schemi di quelli di Manchester e Liverpool. Attorno al ‘70, al lanificio principale di Schio si aggiungono gli stabilimenti di Pievebelvicino (1870), Torrebelvicino (1873) e Piovene Rocchette (1869). Tra gli anni ‘60 e ‘70 Alessandro Rossi si impegna anche in campo sociale: un asilo per accogliere i figli dei dipendenti, case a riscatto, viene istituita la prima mensa di fabbrica e la pensione di invalidità e vecchiaia per tutti i dipendenti.
1870-1890
Vengono costruiti altri tre stabilimenti a Piovene Rocchette (1871, 1888 e 1890) e il Cotonificio Rossi a Vicenza nel 1885.
Evoluzione storica della città di Schio
>
tessuto urbano esistente nuovo tessuto urbano corsi d’acqua strade principali
1km
2km
1840 1
1872 2
1897 3
1904-1910
All’inizio del secolo il complesso laniero scledense si espande verso la pianura, seguendo l’impulso delle nuovi reti ferroviarie. Entra in funzione a Dueville una nuova tessitura; un’altra sarà installata a Marano Vicentino nel 1910.
1918-23
La prima guerra mondiale arreca gravi danni ai complessi. Ma la ripresa è rapida e si inaugura, nel 1923, a Vicenza, il nuovo stabilimento per la pettinatura della lana.
1948
Dopo il risanamento dei gravi danni sofferti nella seconda guerra mondiale, la Lanerossi riprende ad espandersi.
1962
La Lanerossi entra a fare parte del Gruppo ENI: l’integrazione permette l’accesso all’utilizzo di un vasto patrimonio di innovazioni tecnologiche in tutte le fasi del ciclo produttivo e pone le premesse per l’espansione delle attività Lanerossi all’intero territorio nazionale.
1919 4
1935 5
1954 6
1966-70
Sono anni di vaste realizzazioni: a Foggia entra in funzione un nuovo impianto di filatura pettinata per la lavorazione della lana; viene avviato un nuovo grande stabilimento nella zona industriale di Schio; entra in attività un nuovo stabilimento a Matelica (Macerata) e un’altra unità produttiva di confezioni a Gagliano Castelferrato (Enna); vengono istituite nuove società di produzione. In questi anni il gruppo conta 11 società e 29 stabilimenti, localizzati sul territorio nazionale ed estero.
1987
Dopo una crisi generata dalla cattiva gestione dell’azienda, la Lanerossi viene assorbita dal Gruppo Marzotto.
2005
La mancata volontà di investire sul marchio Lanerossi porta la Marzotto alla definitiva chiusura degli stabilimenti, ora quasi tutti in stato di abbandono.
(1) (2) (4) (5) (6) da Mancuso Franco (a cura di, 1990), Un manuale per ‘Nuova Schio’. Piano particolareggiato per la riqualificazione urbanistica ed ambientale del quartiere operaio “Alessandro Rossi”. Arsenale Editrice, Venezia. (3) Planimetria della città di Schio. Ricordo delle nozze d’oro Rossi-Maraschin, 3 novembre 1896. Schio, 1897. (7) Volo Montagna, 1872. CIRCE Iuav, Venezia. (8) Bing Maps, 2014.
1982 7
2014 8
Diffusione sul territorio nazionale 1 4 3 1
1 2
x2
x4
1 1
5 6
6 6
x2 x2
7
7
7 1 9
9 9 9 8 1
8
1
Lanerossi
VENETO Piovene Rocchette filatura pettinata Piovene Rocchette rifinizione dei tessuti laneria Schio tessitura e rifinitura dei tessuti drapperia Schio filatura cardata Schio tessitura e apparecchio coperte Schio filati per maglieria industriale e aguglieria Dueville tessitura Vicenza lavaggio e la pettinatura della lana vergine Montorio Veronese lane e pelli PUGLIA Foggia filatura acrilica per maglieria CALABRIA Praia a Mare filatura pettinata, tessitura e apparecchio
2
Rossifloor
VENETO marano vicentino tappeti
3
6
TOSCANA arezzo, rassina, empoli confezioni
7
8
VENETO TORRebelvicino maglieria
5
Il Fabbricone TOSCANA PRATO filati e tessuti
Lebole Sud
CALABRIA MARATEA confezioni SICILIA Gagliano Castelferrato confezioni
Rossitex Rosabel
Lebole Centroitalia TOSCANA TERONTOLA confezioni MARCHE MATELICA confezioni UMBRIA ORVIETO confezioni
VENETO pievebelvicino tessuti per arredamento
4
Lebole Euroconf
9
MCM Manifatture Cotoniere Meridionali
CAMPANIA Napoli, Fratte di Salerno, Nocera InfERIORE, Angri filati e tessuti di cotone
Stabilimenti Lanerossi all’estero:
Lanerossi France Lanerossi Stuttgart
2.2 Il processo produttivo Gran parte del successo della Lanerossi è imputabile, senza dubbio alle innovazioni produttive introdotte da Alessandro Rossi, che nel suo opuscolo “ Quali macchine ho vedute 1846-1896 ” elenca le modalità di produzione preindustriali a quelle meccanizzate di fine secolo. A seguire un confronto fra il “ Dizionario delle Arti e de’ Mestieri ” di F. Griselini del 1768-78 e l’opuscolo del Rossi, al fine di descrivere l’evoluzione delle fasi di lavorazione della lana, dalla materia prima al prodotto finito. Scelta della lana e lavatura • XVIII secolo La lana viene divisa a seconda della parte del corpo, ossia lana madre (schiena e collo), cosce, petto, ecc… La lana viene lavata in tini in un bagno caldo formato da tre quarti d’acqua e un quarto d’urina. Dopo aver riposato per un certo periodo, la lana viene trasferita in un canestro di vimini e risciacquata sotto acqua corrente. Quindi si procede all’asciugamento posando la lana sulla terra, sull’erba o su pertiche. • XIX secolo Le operazioni vengono svolte come nel Settecento, con lavaggio in acqua calda, risciacquo o prelavaggi in acqua corrente. • 1896 Esiste già il treno continuo di lavaggio, più o meno come quello utilizzato attualmente. Assortissaggio Le lane vengono controllate e separate in lana di prima, seconda e terza qualità e quelle più lunghe vengono separate da quelle più corte. Battitura e pulitura • XVIII secolo La lana viene battuta a colpi di bacchetta su una stuoia di corda o vimini per aprirla e togliere la polvere. Al termine dell’operazione vengono pulite le stuoie dai residui di paglia e polvere (scardassatura). • XIX secolo La lana asciugata viene battuta e pulita a mano, come nel Settecento, ma ci sono ache battitoi idraulici, mossi a cinghia. • 1896 Rimozione meccanica delle impurità. Cardatura e pettinatura • XVIII secolo La lana viene prima oliata con grandi quantità di olio d’oliva. I pettini sono costituiti da tavolette di legno munite di piccoli aghi di ferro leggermente ricurvi. La pettinatura produce ciocche orientate larghe circa 2,5cm e lunghe 5, che alimenteranno la filatura. • XIX secolo Esistono alcune piccole macchine ma è ancora ampiamente diffusa la cardatura manuale. • 1896 Cardato a tre macchine che lavorano in tandem, producendo ciocche sempre più fini. La meccanizzazione della filatura migliorò la qualità del filo assottigliandolo e preparandolo per il filatoio. Filatura • XVIII secolo Viene utilizzato prevalentemente il cardato. Il processo avviene su un mulinello, posizionando la ciocca sul fuso e facendo girare la ruota; in questo modo dalla lana si ricava un filo. • XIX secolo Doppia macchina, un “mulino da grosso” e uno “da fino” da cui si ricava il filato. • 1896 Lo stoppino continuo che esce dalla carda alimenta i “molini automatici”.
Matassatura • XVIII-XIX secolo Serve a riunire il filo in matasse. Dalla matassa il filo viene poi passato nell’arcolaio per la formazione di spole per ordito e trama. • 1896 Aspatura meccanizzata, che permette una velocizzazione dell lavoro di 200 volte. Orditura • XVIII-XIX secolo Questa fase avviene in una cantra con 16 chiodi, su cui vengono infilati altrettanti rocchelli. I fili vengono passati ciascuno nel dente di un pettine e poi annodati tra loro nella parte superiore dell’aspo in verticale). L’operaio fa quindi ruotare la ruota dell’aspo e l’ordito viene avvolto a spirale. • 1896 L’aspo su cui viene raccolto l’ordito assume una posizione orizzontale e viene alimentato da una cinghia di trasmissione. I fili si avvolgono per effetto di trazione dell’aspo in moto. Imbozzimatura • XVIII-XIX secolo L’ordito viene quindi incollato per sopportare le pressioni e cui viene sottoposto durante la tessitura. La colla viene posta in un gran mastello in cui viene calato e poi estratto, torcendolo, l’ordito. Si procede quindi a stenderlo per l’asciugatura. • 1896 Una sola macchina incolla, asciuga e avvolge su un subbio l’ordito pronto per il telaio. Messa a telaio e tessitura • XVIII-XIX secolo Lo stoppino continuo che esce dalla carda alimenta i “molini automatici”. L’ordito viene passato tra i denti del pettini, negli occhielli e fissato al subbio, sul quale di avvolgerà la pezza. L’intreccio tipico del Settecento è l’armatura a tela, durante la quale l’operaio alza e abbassa alternativamente grazie all’azionamento di due pedali metà dell’ordito per far poi passare la navetta di legno. • 1896 A fine secolo i telai sono meccanizzati e hanno fino a 32 lame per alzare e abbassare i fili di ordito per produrre intrecci e fantasie. Lavaggio e follatura delle pezze • XVIII-XIX secolo Le pezze vengono quindi controllate, fatte scorrere su tavoli inclinati e vengono quindi eliminati con pinze nodi e altre impurità. La pezza viene lavata e poi follata per dare consistenza al panno per effetto dell’infeltrimento delle fibre. Si utilizzano mulini da follo, il tessituto viene fatto passare e battuto con martelli e lavato con sapone, terra o urina. Al termine deve essere abbondantemente risciacquato. Occorrono dalle 8 alle 20 ore per follare, a seconda del tipo di panno. • 1896 La compressione meccanica del tessuto viene ottenuta utilizzando macchine più piccole che muovono le pezze più velocemente tra due cilindri, ottenendo un infeltrimento regolare e permettendo contemporaneamente di lavare la pezza. Tintura Nella tintura della lana ci sono cinque tinte base: azzurro, rosso, giallo, radice e nero. I contenitori usati per tingere sono solitamente di metallo, e richiede almeno 24 ore.
Garzatura • XVIII-XIX secolo Dopo la follatura occorre garzare. Si può garzare con cardi vegetali ma solitamente il panno viene posizionato su un argagno fatto muovere dall’acqua, su cui sono montati cardi che garzano le due facce. Asciugatura • XVIII-XIX secolo Viene usato uno stenditoio di 50 metri, asciugando le pezze al sole. • 1896 Con l’introduzione della caldaia e del vapore, l’asciugatura avviene con moto continuo e meccanizzato. Cimatura • XVIII-XIX secolo La cimatura si fa appoggiando il panno su un cavalletto e utilizzando grandi forbici. Si controlla e si affina la garzatura precedente, anche più volte. • 1896 Dalle cesoie a mano si passa a quelle mosse con corde e, per finire, alle cimatrici longitudinali ancora in uso. Decatissaggio e spazzolatura • XVIII secolo I panni vengono stesi non per asciugare, ma per perdere le pieghe e assumere la lunghezza definitiva. A volte si appoggia il panno umido sopra uno stenditoio con un braciere che scalda dal basso le pezze e toglie le pieghe. Si passa quindi a lustrare il panno con resina e argilla. • XIX secolo Si inizia a lucidare il tessuto utilizzando il vapore uscente dai fori di un cilindro. Successivamente si spazzola il pelo a mano con cardi vegetali bagnati; infine si stende ad asciugare. • 1896 Si usa una sola macchina che spazzola a vapore. Pressatura e calandratura • XVIII-XIX secolo Pressatura con torchio a mano. • 1896 Pressatura a cartoni, utilizza la superficie liscia di cilindri per la stiratura. Piegatura-faldatura e misurazione • XVIII-XIX secolo A mano. • 1896 La piegatura viene affidata a un’unica macchina, che velocizza l’operazione.
Litografie di Carlo Matscheg (1864)
Lanerossi Fine 1800
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La Lanerossi adottava un sistema produttivo “verticale”, dislocando nei vari piani di Fabbrica Alta e stabilimento “Francesco Rossi” le fasi di lavorazione. Al piano terra avveniva la lavatura e la follatura della lana, al secondo la filatura, al terzo la filatura e la scardassatura, al quarto la tonditura, al quinto la tessitura con telai jaquard e al sesto la mendatura. Separatemente era collocata la tintoria, la cardatura e altri lavatoi. Nel 1872 l’energia viene garantita, oltre che dalla forza dell’acqua della Roggia, grazie all’installazione di macchine a vapore.
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Schema merceologico
Lanerossi 1960-70 Il percorso della merce nell’Alto Vicentino parte dalla raccolta della lana (italiana ed estera) che viene inviata a Schio per la filatura cardata o a Vicenza per la pettinatura. A questo punto i filati pettinati vengono mandati a Piovene Rocchette e Dueville per la produzione di tessuti, oppure a Schio per la produzione di filati da aguglieria, di drappi e per il consumo diretto. Da lana e poliestere a Schio si ricavano poi fili testurizzati per tessuti a maglia. Dopo la filatura vengono prodotti coperte e copriletto a Schio, tappeti alla Rossifloor di Marano, tendaggi e altri tessuti per arredaemento alla Rossitex di Torrebelvicino e maglieria alla Rosabel di Pievebelvicino.
Materia prima Lana 5
Pettinatura Lanerossi Vicenza 2
Filati aguglieria Lanerossi
1
Filati cardati Lanerossi Schio
Consumo
3
2
Filati pettinati Lanerossi Piovene Rocchette
Tessuti laneria Lanerossi Dueville e Piovene Rocchette
1
1
Filati pettinati e aguglieria Lanerossi Schio
Tessuti drapperia Lanerossi Schio
Materia prima Poliestere 1
Tessuti a maglia Lanerossi Schio
1
Filo testurizzato Lanerossi Schio Filatura
4
Tappetti pavimento Rossifloor Marano Vicentino Coperte e copriletto Lanerossi
6
Tendaggi, tessuti per arredamento Rossitex Pievebelvicino
7
Maglieria Rosabel Torrebelvicino
1
1
Schio
Schio
Sala tessitura
1
1
2
Schio
Filatura cardata
3
Piovene Rocchette
Filati per maglieria - Reparto filatura
5
Schio
Tessitura e apparecchio coperte
Filatura pettinata
Dueville
Reparto orditura
6
Gli stabilimenti del gruppo negli anni ‘70.
Vicenza
Reparto pettinatura
Rossitex di Pievebelvicino Tessuti per arredamento
2.3 Situazione attuale
20m
SP 350 Val D’Astico
dir. Arsiero // Trentino
SP 79
Astico
dir. Velo D’astico
2
40m
“Rocchette 1”
Lanerossi Piovene Rocchette costr. 1869 (primo insediamento)
Il complesso realizzato a ridosso del nucleo abitato di Piovene Rocchette, costituisce il primo atto di decentramento avviato da Alessandro Rossi a partire dal 1869. In quell’anno venne inaugurato lo stabilimento per la filatura e tintura di lana pettinata, ancor oggi visibile sul letto del fiume Astico dal viadotto della provinciale per Arsiero. Interessante dal punto di vista costruttivo, è a un solo piano, con una grande copertura a shed e pareti diseguali per adattarsi ai dislivelli del terreno. A questo stabilimento si aggiunse nel 1871 lo stabilimento denominato ‘Rocchette 2’ situato un po’ più a valle sulla sponda opposta e nel 1886 ‘Rocchette 3’ lungo la strada principale, entrambi adibiti alla tessitura pettinata. Alla costruzione degli opifici seguì si aggiunse quella delle unità residenziali per gli operai della fabbrica. Nel 1885 venne inaugurata la tratta ferroviaria Schio-PioveneArsiero, ora convertito in pista ciclabile. ‘Rocchette 3’ venne demolito in epoca recente per lasciare spazio a un più moderno stabilimento. Tutti gli edifici rimasti sono oggi inutilizzati.
Quartiere operaio
distanza centro: 0,8 km dir. Schio
9 min
in uso edificato
abbandonato
edifici industriali
in centro storico
stabilimenti Lanerossi corsi d’acqua Roggia Maestra strade ferrovia punto di vista
in zona industriale rapporto con l’acqua rapporto con la ferrovia
6
Rossitex Pievebelvicino costr. 1870
Tra il 1870 e il 1872 Alessandro Rossi aprÏ nei pressi di Pievebelvicino un opificio destinato alla produzione di panni pesanti, riorganizzando gli spazi di una preesistente cartiera. Ancora evidente è il forte rapporto con la Roggia Maestra. Nella storia recente del gruppo Lanerossi l’edificio ospitava la Rossitex, che produceva tessuti per arredamento. Gli edifici sono stati restaurati e adibiti a nuovo uso.
SP 46 del Pasubio
Leogra Roggia maestra
distanza centro: 0,1 km 1 min
7
Rosabel Torrebelvicino costr. 1873
Nel 1873 Alessandro Rossi costruì un nuovo stabilimento atto alla lavorazione dei tessuti cordati misti lana. Si tratta di un edificio a tre piani e una serie di altri bassi manufatti a shed, con strutture in ghisa e legno e tamponamenti in laterizio e pietrame. Affiancato allo stabilimento è ancora visibile l’originale locale turbina per la produzione di energia. Nel secolo scorso veniva utilizzato per la produzione di maglieria, sotto il nome di Rosabel. L’opificio è oggi abbandonato.
SP 46 del Pasubio
dir. Rovereto
dir. Schio
distanza centro: 0,4 km 5 min
Leogra
3
Lanerossi Dueville costr. 1904
Dopo la costruzione della rete ferroviaria la Lanerossi si espanse vicino ad essa, sfruttando la possibiltà di nuovi collegamenti diretti. Situato nel centro storico di Dueville, il complesso ha calamitato intorno a sè lo sviluppo della comunità, in modo analogo -seppur ristretto- a quello avvenuto a Schio. Oggi abbandonato, nel 2009 è stato indetto un concorso di idee per la riqualificazione dell’area.
Ferrovia Schio-Vicenza
distanza centro: 0,1 km 1 min
SP 86
dir. Vicenza
4
Rossifloor Marano Vicentino costr. 1910 (primo insediamento)
Costruito in prossimità della Roggia Maestra, lo stabilimento presente oggi faceva parte della Rossifloor, che si occupava della produzione di tappeti. Passato in proprietà a una ditta bassanese, ad oggi è ancora utilizzato.
Roggia maestra
distanza centro: 0,5 km 7 min dir. Thiene
SP 122 Maranese dir. Schio
5
Lanerossi Vicenza costr. 1923
Dedicato alla pettinatura della lana, il complesso venne costruito nel nodo ferroviario in collegamento con l’Alto Vicentino. Attualmente in stato di abbandono.
dir. Padova dir. Padova dir. Schio
distanza centro: 1,6 km 20 min
SP 11 Padana Sup.
dir. Lombardia
Ferrovia dir. Verona
Retrone
1
Lanerossi Schio (zona industriale) costr. 1966-67
Costruiti a seguire dell’acquisizione della Lanerossi da parte del gruppo ENI, furono i primi edifici industriali a sorgere al di fuori dell’edificato urbano di Schio. Emulati da molte altre aziende del territorio, inaugurarono la nuova zona produttiva scledense, ad oggi estesa nella campagna per quattro milioni di metri quadri. Gli edifici sono in stato di abbandono.
Via dell’Industria
Timonchio
distanza centro: 2,8 km 35 min
Roggia maestra
Ferrovia Schio-Vicenza
3 L’area Lanerossi a Schio
3.1 Evoluzione della città di Schio Agli inizi del 1800 la cittadina di Schio già presentava un impianto urbano definito, sviluppandosi lungo due assi principali, quasi ortogonali fra loro, al cui incrocio sorgeva il Duomo. Gli anni fra 1810 e 1840 sono caratterizzati da un immobilismo edilizio, durante il quale la graduale espansione dei possedimenti del Rossi e del consociato Pasini rappresentano le più rilevanti modifiche al tessuto urbano. Con la costruzione della Fabbrica Alta nel 1862 l’economia scledense ricomincia e crescere, e di conseguenza anche la sua espansione urbana: la fiorente industria tessile richiama nel territorio numerosi operai e le rispettive famiglie. Tra 1869 e 1885 la popolazione operaia di Schio passa da 2.050 a 3.238 unità. Nel 1895 la popolazione supererà i 12.000 abitanti e alla morte del Rossi si arriva a 16.500. La crescente domanda abitativa si traduce nella creazione, fra il 1882 e il 1890, del quartiere di “Nuova Schio”, su progetto dell’architetto Caregaro Negrin. Il quartiere sorge a sud dell’area industriale su una superficie di 152.000 mq, estendendosi fino al limite del torrente Leogra. Da questo momento la crescita urbana della città non subisce ulteriori battute d’arresto, fino ad inglobare il “Nuova Schio”, estendendosi sia a sud verso il Leogra sia ad ovest verso Torrebelvicno e Valli del Pasubio. La cartografia storica ben evidenzia lo stretto rapporto tra l’espansione dell’impero rossiano e il processo di crescita della città.
Evoluzione edificato P Ro iove cc ne he tte
1912
P Ro iove c n
1886
Santorso
Santorso
Timonchio
Poleo
Aste
Aste
Poleo Cappuccini
Torrebelvicino
Timonchio
Cappuccini
Torrebelvicino SCHIO
Pieve
SCHIO
Pieve
Magrè Liviera
1959
1889
Giavenale
P Ro iove cc ne he tte
1902
Giavenale
1912
Marano
Villaraspa Timonchio
S. Vito di Leguzzano
Aste
Liviera
Santorso
Timonchio
Poleo
Vicenza
Magrè
Santorso
Timonchio S. Vito di Leguzzano
Aste
Poleo area Lanerossi Cappuccini
Torrebelvicino edificato
stazione ferroviaria strade ferrovia fiume Leogra Pieve
SCHIO
Torrebelvicino Case di Malo
Cappuccini Case di Malo SCHIO
Pieve
Vicenza
Magrè Magrè
Liviera Giavenale
1902
Liviera Marano
1959 Villaraspa
S. Vito di Leguzzano
Timonchio S. Vito di Leguzzano
Case di Malo
Giavenale
3.2 Evoluzione storica dell’area
La Roggia Maestra ha, fin dal XVIII secolo, regolato la crescita dell’area urbana di Schio. Esistono molteplici documenti settecenteschi dove vengono individuate le varie attività che gravitavano attorno al corso d’acqua, localizzando i vari esercizi protoindustriali e i rispettivi proprietari, e la grande varietà cartografica che incontriamo su questo tema conferma il ruolo di grande importanza che la Roggia rappresentava per tutta l’area. La Pianta e livellazione della Rosa, del 1795, mostra come le attività produttive della città si concentrassero lungo quest’asse, in particolar modo a ridosso delle dieci “cadute” del corso d’acqua. Ognuna di esse veniva sfruttata con diverse ruote, complessivamente 44, per approfittare dell’energia idrica, in quello che è il periodo di maggior espansione protoindustriale della città. Nel documento preso in esame la funzione delle singole ruote non viene però specificata. Un particolare di una mappa del 1808 evidenzia invece la duplice funzione che assume la roggia in tale periodo, distinguendo le attività che si appoggiano al corso d’acqua per ragioni agricole da quelle che invece lo fanno per ottenere forza motrice. Le attività individuate sono connesse all’agricoltura (molini) ed al tessile (folli); assenti invece la lavorazione di ferro e legno, fatto che denota la vocazione tessile degli scledensi già nei primi decenni del XIX secolo. Dalle fonti catastali napoleoniche, che descrivono la situazione vigente negli anni 1808-1810, si evidenzia un calo del numero di entrambi i tipi di ruote, che passano da 44 a 26. In particolare quelle da follo si riducono da 22 a 10, limitando l’attività ad 8 cadute su 10. Questo è dovuto principalmente alla politica napoleonica e l’accentuato ritardo nell’adeguamento tecnologico. Iniziano a comparire anche strutture legate all’attività tintoria.
1
2
Situazione nel 1810 Proprietà di Eleonoro Pasini (1) e Francesco Rossi (2). Contigua allaproprietà del Rossi si trova la proprietà del suocero, Giovanni Beretta, che verranno fusi in un unico lotto in seguito a successione ereditaria.
1
2
Situazione nel 1840 Nel 1839 il Pasini si ritira dalla società e il Rossi continua la sua attività in un opificio a ciclo non ancora completo. L’area più a nord (1) è un pendio incolto utilizzato per chiodare. L’area a sud comprende tre edifici di cui uno,l’opificio, si appoggia alla Roggia. Si tratta di un edificio appartenuto in precedenza al Beretta e al Goutt, adibito a molino e follo.
50m
100m
Il passaggio da età napoleonica a dominazione austriaca è caratterizzato da numerose annate agricole sfavorevoli. Queste accentuano la crisi tessile che già si era evidenziata con il dimezzamento delle ruote nel 1808. Tale tendenza continua, portando le ruote da follo da 10 a 5. Il sistema tessile settecentesco è ormai in crisi: lo spazio per le botteghe si riduce, la tendenza è quella dell’accentramento e della razionalizzazione delle lavorazioni. Il catasto austriaco del 1839-1840 ci parla di un ormai avviato processo di trasformazione da botteghe autonome a vere e proprie fabbriche che riuniscono lavorazioni, macchine e operai salariati. Le piccole imprese, in ritardo sui sistemi produttivi, hanno subìto la concorrenza austro-tedesca; la produzione, dalle 25000 pezze annue del 1815, è ormai scesa alle 9000 del ‘44. Meccanicizzazione, innovazione tecnico-organizzativa e merceologica, concentrazione delle lavorazioni nei maggiori opifici costringono i piccoli artigiani lanaioli ad adattarsi al lavoro per conto delle grandi fabbriche.
Situazione nel 1852 Viene acquisita un’ampia area a nord di contrada Sareo (2), sedein precedenza dell’opificio Tron. Il nucleo primitivo si estende verso ovest,consentendo l’ampliamento e la ristrutturazione della facciata dello stabilimento nel 1849.
È in questo scenario che si inserisce la figura del Rossi, che contribuì a ridare al tessile laniero scledense l’antico prestigio. La storia della graduale acquisizione dell’area da parte di Francesco Rossi è una metafora dell’ascesa successiva della compagnia. Ad inizio Ottocento l’area su cui sarebbe in seguito sorta la Fabbrica Alta e il complesso di edifici industriali tuttora visibili, nonché l’intero quartiere operaio di Nuova Schio, era divisa fra diversi piccoli proprietari, tra i quali spiccano i nomi di Eleonoro Pasini (col quale il Rossi si consocierà per le prime esperienze del 1817), con un lotto comprensivo di abitazione, orto e tintoria, e quello di Francesco Rossi con la propria abitazione dotata di corte e barchesa, poco più a sud lungo contrada Oltreponte.
Situazione nel 1862 Gli acquisti, documentati dagli atti notarili, effettuati da Francesco Rossi tra il 1852 e il 1862. L’acquisto dell’area a ovest del nucleo primitivo (1) viene effettuato per procedere alla costruzione della Fabbrica Alta, con lo spostamento della strada al limite ovest della proprietà.
A questa si unirà, per successione erditaria (1840), la contigua proprietà di Giovanni Beretta, suocero del Rossi. Nel 1839, anno in cui la termina la collaborazione con il Pasini, l’attività del Rossi risulta ancora incompleta ma strutturata razionalmente secondo i più moderni metodi di lavorazione industriali. In questo periodo due nuove aree si inseriscono nel patrimonio dell’industriale, in particolare un lotto comprendente tre edifici di cui uno, l’opificio vero e proprio, ha un proprio affaccio sulla Roggia Maestra. L’edificio, già censito dai precedenti catasti, ha perso la sua funzione agricola per indirizzarsi ad una più consistente attività tessile. Nel 1852 risulta inserita nel patrimonio del Rossi anche un’ampia area a nord di contrada Sareo, sede in precedenza dell’opificio Tron. Il nucleo primitivo si estende verso ovest, consentendo l’ampliamento e la ristrutturazione della facciata dello stabilimento nel 1849. Atti notarili documentano vari movimenti di proprietà e acquisti di aree effettuati dal Rossi tra il 1852 e il 1862. L’acquisto dell’area a ovest del nucleo primitivo viene effettuato per procedere alla costruzione della Fabbrica Alta, con lo spostamento della strada al limite ovest della proprietà.
Situazione nel 1873 L’area lungo via Sareo (1) viene acquistata per edificarvi l’asilo d’infanzia . Nelle nuovearee ad est del nucleo originario (2) trovano spazio le prime abitazioni per operai, il Palazzon e l’ampiamento delle strutture industriali. Le aree ereditate da Maria Maraschin (3), moglie di Alessandro Rossi, vengono ceduti a quest’ultimo nel1872 per realizzarvi il nuovo quartiere Operaio.
Nel 1860 Alessandro Rossi entra in possesso delle proprietà del Signorini, ampia fascia agricola contigua ai fondi di Giovanni Maraschin, suocero dell’industriale. Negli anni successivi viene acquistata lungo via Sareo un’area per edificare l’asilo d’infanzia. Nelle nuove aree ad est del nucleo originario trovano spazio le prime abitazioni per operai, il Palazzon e l’ampiamento delle strutture industriali. Le aree ereditate da Maria Maraschin, moglie di Alessandro Rossi, vengono ceduti a quest’ultimo nel 1872 per realizzarvi il nuovo quartiere Operaio: con questo enorme patrimonio terriero, nel 1873 la Francesco Rossi entra nella Società anonima Lanificio Rossi. Tra la fine del 1800 e l’inizio del ‘900 l’area rimane sostanzialmente immutata e la diffusione della Lanerossi si estende ai centri limitrofi. Risalgono al 1920 invece la costruzione della centrale Umberto I e della centrale termoelettrica, entrambe vincolate secondo il PRG vigente. L’area così come la conosciamo deve la sua conformazione anche ad interventi successivi alla seconda guerra mondiale, quando viene edificata la maggior parte degli stabili presenti. A questo periodo risalgono infatti l’edificio preposto alla tessitura, quello per la carderia e l’assortissaggio, la fonderia SMIT e i prospicenti uffici, la mensa aziendale e l’archivio aziendale.
40m
80m
Storia delle acquisizioni delle proprietà Rossi
Situazione precedente al 1840
Fine anni ‘40, ristrutturazione del fronte strada
1862, costruzione della Fabbrica Alta
post 1868, costruzione dei magazzini e della nuova tessitura
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m
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d
Gli edifici dell’area Lanerossi: storia e stato di fatto
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b A c
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a
edificio in mattoni pieni
schema della copertura
stato di conservazione: ottimo - buono - cattivo
a
fabbrica alta Edificio più alto del complesso, eretto nel 1862. La parte dello stabile che costeggia via Pasubio è su ciqnue livelli, mentre il corpo che entra nell’area raggiunge i sei piani più il sottotetto. La struttura portante dell’edificio è in mattoni pieni e colonne in ghisa successivamente riempite in calcestruzzo, mentre i solai sono in legno. Il tetto ha una struttura portante in capriate in legno. Per irrigidire la struttura sono stati usati tiranti in ferro visibili dall’esterno. Nel seminterrato erano originariamente presenti la centrale termica e l’autorimessa. Negli ultimi anni di attività, quando la produzione si era già spostata nell’area industriale, ospitava gli uffici di amministrazione della Lanerossi.
b
fabbrica “francesco rossi” Edificio più antico del complesso, eretto dal padre di Alessandro Rossi nel 1817. Su quattro livelli costituisce l’ingresso all’area da via Pasubio; questo crea un naturale asse visivo dal Giardino Jaquard (a nord) all’ingresso sud verso il quartiere operaio. Assieme alla Fabbrica Alta, crea un edificio unico ad L, che originariamente si collegava al vecchio fabbricato adibito alla tessitura. La presenza dell’edificio viene suggerita solo parzialmente dal giardino con le tre palme di fronte all’ingresso. La facciata dell’edificio è vincolata.
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ex centrale termica e centrale elettrica Costruita nel 1920, è costiuita da due corpi con struttura portante in parte in calcestruzzo armato con capriate in legno. La ciminiera è in mattoni con soletta piana di copertura in calcestruzzo armato. Nel 1980 la centrale elettrica era ancora in funzione e forniva elettricità a tutta l’area Lanerossi mentre la centrale termica, collegata al fabbricato di impianto depurazione attraverso la galleria del vapore, era già in disuso.
d
ex tessitura Fabbricato industriale ad un piano con struttura portante in pilastri di calcestruzzo armato e tetto a shed con parete finestrata, in parte verticale e in parte obliqua rivolta a nordest. Copertura in manto di tegole, appoggiate su struttura in laterocemento.
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ex tintoria Fabbricato industriale ad un piano con struttura portante costituita da pilastri in calcestruzzo armato e tetto a volta con tettuccio in laterocemento con pareti verticali finestrate.
f
ex tintoria Struttura in calcestruzzo armato con tetto a padiglione e sosvrastante tettuccio con pareti vetrate. Il tetto è in laterocemento con manto di copertura in tegole.
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magazzino distribuzione Struttura portante in pilastri su cui poggiano 5 capriate in calcestruzzo armato a forma trapezoidale, in modo da formare un unico ambiente dotato di strutture portanti solo sul perimetro. Muratura perimetrale in mattoni di tamponamento. Copertura in laterocemento e sovrastante manto di tegole. Adibito, nel 1980, a magazzino della distribuzione dei prodotti finiti.
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1980 Documentazione fotografica del concorso di idee per la riqualificazione dell’area (1980)
inizi 1900
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deposito imballaggi Edificio ad un unico piano adibito, nel 1980, a deposito imballaggi. La struttura del tetto è formata da travi tipo Varese in calcestruzzo armato sulle quali è steso uno strato di tavelle in cotto e quindi un manto di tegole marsigliesi. Struttura portante in pilastri di calcestruzzo armato che terminano a portale in modo da sostenere il tetto.
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fabbricato in c.a. Edificio con capriate in calcestruzzo armato e laterizio ad un unico piano aperto sul lato ovest. La struttura portante è in pilastri collegati da capriate che formano dei portali. La copertura è costituita da tetti a due falde accostati sostenuti da travi in cemento tipo Varese appoggiate all’ossatura, sulle quali poggia un manto di tavelle in cotto e uno strato finale di tegole marsigliesi.
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archivio lanerossi e deposito Edificio con capriate in calcestruzzo armato e laterizio ad un unico piano aperto sul lato ovest. La struttura portante è in pilastri collegati da capriate che formano dei portali. La copertura è costituita da tetti a due falde accostati sostenuti da travi in cemento tipo Varese appoggiate all’ossatura, sulle quali poggia un manto di tavelle in cotto e uno strato finale di tegole marsigliesi.
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ex mensa Corpo in calcestruzzo armato con soletta piana di copertura. Un tempo era adibito a centrale elettrica e mensa aziendale.
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ex uffici smit Edificio in parte a due piani in muratura: soletta in calcestruzzo armato e tetto in lugno con copertura in tegole.
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ex fonderia smit Edificio industriale con strutture portanti in calcestruzzo armato, copertura piana con tettuccio in laterocemento ed armatura incrociata su pilastri in calcestruzzo armato. Un tempo l’edificio era adibito ad officina per la costruzione di macchine tessili.
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ex fonderia smit Edificio un tempo adibito a fonderia della Società SMIT e ora vuoto. La struttura portante è in calcestruzzo armato con solaio di copertura in laterocemento del tipo basilicale con tettuccio.
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ex carderia Edificio industriale di grandi dimensioni su due piani. Nel 1980 era destinato a deposito lane e macchinari. La struttura portante è costuita da un telaio in calcestruzzo armato con un maggior numero di pilastri al piano inferiore rispetto a quello superiore. I solai sono in laterocemento con struttura con struttura a cassettoni. Le travi di copertura sono del tipo in calcestruzzo arato con l’aggiunta di cavi pretesi.
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edificio tes-Tem Edificio in calcestruzzo armato a due piani di tipo industriale che serviva un tempo alle lavorazioni della TES-TEM. La destinazione d’uso nei tempi recenti della Lanerossi era di magazzino lane e laboratorio chimico. Presenta una struttura in calcestruzzo armato con pilastri e solai cassettonati, copertura a shed con struttura in laterocemento e sovrastante manto di tegole.
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centrale “umberto I” Piccolo edificio a un unico piano con cabina di manovra e sala macchine un tempo impiegato per la produzione dell’energia elettrica necessaria alle aziende Lanerossi. Sotto il piano del pavimento sono ancora installate le turbine che sfruttavano il salto per la caduta dell’acqua della Roggia Maestra. La muratura portante è in mattoni forati con solette di copertura in calcestruzzo armato e sovrastante tetto in legno con manto di tegole marsigliesi.
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lanificio conte Costruito nel 1757 lungo il corso della Roggia Maestra. Edificio adibito alla tessitura della lana, con strutture portanti verticali e tetto in cemento armato, con pareti esterne verticali in pietrame e mattoni, con solai e strutture portanti del tetto in legno. Edificio ristrutturato e adibito a spazio espositivo.
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filatura f.lli lora Porzione di edificio dell’antica filatura dei fratelli Lora, con strutture murarie in pietrame e mattoni, solai in legno e tetto in legno con manto di coppi. L’edificio adiacente presenta invece strutture in pietra, pilastri in mattoni, travi ed architravi in legno e pavimenti in tavole di legno. Il piano terra era adibito a tessitura di reti antigrandine per l’agricoltura ed altri tessuti. Il primo piano nel 1980 era adibito a deposito di vecchi macchinari. Il tetto è in legno con manto di coppi su tavelline. L’edificio è stato in parte già recuperato e ospita attività commerciali, e in parte in fase di ristrutturazione.
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1980
Documentazione fotografica del concorso di idee per la riqualificazione dell’area (1980)
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Studio dei limiti dell’area: Limiti visivi naturali (vegetazione) artificiali (recinti, edifici) visibilità frammentata
Studio dei limiti dell’area: Limiti fisici recinzioni a rete, cancelli muri, edifici
3.3 Proposte di riuso: il concorso di idee Nel 1980 il Comune di Schio indice un concorso nazionale di idee per il recupero dell’area Lanerossi a Schio, su risposta alla richiesta della stessa Lanerossi di redigere un progetto di utilizzazione dell’area (poco più di dieci anni prima, infatti, la produzione si era spostata nella zona industriale scledense). Il bando prevedeva la sistemazione dei 147.000 mq dell’area e di alcune aree adiacenti, facenti parte del Lanificio Conte (datato 1757), recuperato in tempi recenti e adibito a esposizioni temporanee. Tra gli aspetti attenzionati dal Comune, emerge la necessità di valorizzare l’area in quanto “eccezionale” nel tessuto urbano; viene inoltre sottolineata la volontà di delegare all’area funzioni pubbliche e prevalentemente non residenziali. Si pone anche la questione della viabilità, nell’ottica i una futura pedonalizzazione del centro storico, individuando l’area come “stazione di testa” della viabilità automobilistica al servizio del centro stesso e comunque sempre subordinata alla viabilità pedonale. Elementi da valorizzare sono l’antica Roggia Maestra e ovviamente la Fabbrica Alta, che ospitava all’epoca il concorso gli uffici amministrativi della società. Inoltre, sono vincolate la facciata della “Francesco Rossi” (1817), la centrale Umberto I e la centrale termoelettrica (entrambe del 1920) e i due villini posti a confine dell’area, di fine ‘800. Il vincitore del concorso di idee è lo studio Gregotti Associati International, il cui progetto è ancor oggi pubblicizzato su manifesti posti all’esterno dell’area. La proposta progettuale prevede il ripristino della roggia come asse principale pedonale, una grande piazza pedonale di fronte alla Fabbrica Alta e nuovi edifici sia a funzione pubblica e commerciale che residenziale. La divisione in tre ambiti del progetto impedisce la viabilità di attraversamento per favorire invece pedoni e ciclisti. La sosta è regolata da un parcheggio interrato. Nonostante l’assegnazione del vincitore e la proclamata intenzione di adottare il progetto nel PRG del Comune di Schio del 2004, per questioni economiche e di proprietà (in parte pubblica, in parte privata), oggi le vicende dell’area sono ancora a un punto fermo.
Planivolumetrico e vista del progetto vincitore Studio Gregotti
4 Ipotesi progettuale per area Lanerossi
Museo all’aperto: itinerario ipotizzato dalle amministrazioni ROVERETO
Località Staro
Valli del Pasubio Centrale idroelettrica Cazzola di Ceolati Centrale idroelettrica Cazzola di Chiumenti Mulino Rossaro Segheria Miola Segheria Pretto
Mulino Filippi Mulino Danzo
Torrebelvicino Stabilimento Rossi e centrale idroelettrica Centrale idroelettrica Lanerossi di Ponte delle Capre Centrale idroelettrica Lanerossi di Ressalto
Località Pievebelvicino Stabilimento Rossi (resti significativi) Centrale idroelettrica Lanerossi di Rillaro
Segheria Cavedon Segheria Dalla Vecchia Stabilimento Italcementi Filanda Bressan Roggia Maestra Nuovo Quartiere Operaio
Lanificio Rossi Lanificio Conte > Museo Lanificio Cazzola Lanificio Casarotti-Lora Giardino Jaquard Asilo d’infanzia
Località S. Caterina
Mulino Sessegolo (resti) Mulino Zanella (resti) Mulino Bogotto (resti) Mulino del Secco (resti)
Località Poleo Centrale idroelettrica Mulino Poleo SCHIO
S. Vito di Leguzzano Filanda Fabris-Tonin - Maglio Grasselli
Località Case di Male Filanda Maule Malo Filanda Corielli Filanda Maule-Massignan
VICENZA
Marano Vicentino Filanda Dellai-Corà (resti) Filanda Villani-Tonin (resti) Centrale idroelettrica Savardo (resti) Galletteria Fioretti Roggia Maestra Mulino Zambon Mulino G. Cavedon Mulino Calderato
4.1 Il rapporto della Fabbrica con il sistema industriale: il museo all’aperto Il patrimonio di archeologia industriale dell’alto vicentino è inserito negli itinerari turisticostorici e segnalato come “Museo all’aperto”. Tale operazione è motivata dal profondo rapporto fra questo territorio e l’industria -soprattutto tessile- dall’epoca della rivoluzione industriale in poi.
Località Tretto Località Pozzani Cava del Caolino Impianti per la lavorazione del caolino Complesso degli essicatoi Località Progresso Fabbrica Saccardo Centrale idroelelettrica Saccardo
Località Timonchio Impianti per la lavorazione del caolino Deposito del caolino (resti)
Santorso Villa e parco Rossi
Podere Modello
ASIAGO TRENTO Piovene Rocchette Stabilimento Lanerossi Rocchette 1 Villaggio industriale A. Rossi Birreria Summano Pastificio Barattoni
La presenza delle industrie ha infatti plasmato le città del vicentino così come le conosciamo, sviluppatesi intorno agli opifici e espanse proprio grazie a questi ultimi. I quartieri operai, i servizi per chi lavorava nelle fabbriche, le scuole, l’assistenza hanno contribuito a formare non solo il tessuto urbano delle città ma anche quello sociale. Forte è, ancora oggi, l’eredità industriale delle fabbriche e dei capi d’industria. Per Schio e dintorni è appunto il senatore Alessandro Rossi il punto di riferimento della città, la cui memoria permane ancora nei territori ove sorgevano i suoi lanifici. Nonostante l’eredità della memoria e le testimonianze dei vecchi opifici, manca un’ottica più ampia, che metta a sistema tutte le permanenze di archeologia industriale ancora presenti. Ad oggi esiste solamente un’ipotesi di collegamento fra centri urbani e testimonianze industriali, un progetto comune alle varie amministrazioni, desiderose di sfruttare a livello turistico ed economico le grandi peculiarità del territorio. Tuttavia questo scenario non si è ancora concretizzato totalmente, rimanendo in massima parte “su carta”, a livello di indicazioni per un completamento futuro del piano.
90m
Ciononostante le testimonianze di alcuni interventi portati a completamento ed inseriti all’interno di questo grande progetto (pensiamo ad esempio alla ciclabile sull’ex Ferrovia Piovene-Arsiero e alla Via dell’Acqua di Valli del Pasubio) ci parlano della volontà di non dimenticare la propria storia e partire proprio da essa per rilanciare il territorio. Ai percorsi didattici e turistici già realizzati si uniscono anche le esperienze di riuso dei manufatti industriali, riconvertiti funzionalmente al fine di restituirli alla città: basti pensare al Lanificio Conte di Schio, ora galleria, confinante con l’Area Lanerossi, o alla Fabbrica Saccardo al Tretto di Schio, riconvertita con spazi di lavoro e per eventi.
Questa volontà è stata mantenuta nel masterplan di progetto, volendo anche promuovere il crescente affermarsi della cultura del cicloturismo e favorire l’accesso della mobilità lenta nel cuore del centro storico scledense.
corsi d’acqua strade ferrovia prati e pascoli aree verdi urbane giardini storici filari alberature varie vegetazione ripariale mais coltivazioni trame colturali
L’Area Lanerossi si pone in una posizione di centralità. Immaginando un itinerario che possa collegare Valli del Pasubio alla città di Arsiero, Schio rappresenta il punto più complesso e ampio del sistema. L’amministrazione scledense ha già previsto numerosi collegamenti ciclabili all’interno della città e verso i centri limitrofi. Fra questi, il percorso passante per il centro storico prevede già l’attraversamento dell’area ed evidenzia l’intenzione di aprire alla città un recinto chiuso ormai da decenni.
area Lanerossi
cereali soia foraggere terreni arabili /a riposo frutteti foraggere faggete
ambiti boscati
Pare quindi una conseguenza naturale quella di pensare per questo contesto un progetto che non si limiti alla scala urbana, ma che sappia guardare anche a quella territoriale, inserendosi nel sopracitato itinerario turistico mantenendo una dimensione cittadina. In questo modo l’Area Lanerossi funge contemporaneamente da nodo di un contesto più ampio e da fulcro per l’intera città. L’obiettivo è quindi duplice: in primo luogo quello di colmare un grande vuoto urbano per dare l’opportunità ai cittadini scledensi di riappropriarsi di un pezzo importante della propria città; in seconda battuta valorizzare l’ambito turistico, considerando l’area come punto di sosta nel percorso e come punto di forte valenza informativa e museale, data la presenza della Fabbrica Alta -da sempre simbolo della città- e di altri opifici già recuperati e restituiti alla città.
Il paesaggio nel bacino di Schio: sistemi naturali e antropici
orno-ostrieti e ostrio-querceti castagneti acero-frassinieto conifere robinieti, rovereti e boschi di latifoglie arbusteti
coltivazioni presso Santorso
faggeta sul Monte Novegno
fiume Astico
strada da Santa Caterina a Enna
fiume Leogra tra Schio e Marano
val Leogra dai monti di Pievebelvicino
bosco di conifere sul Monte Novegno
seminativo a sud di Schio
Timonchio presso Tretto di Schio
Monte Civillina Prealpi Vicentine
sezione territoriale nord sud scala 1:10.000
Piccole Dolomiti
campi coltivati a sud di Schio
Photo credits: Panoramio Monti Lessini
80m
Museo all’aperto: itinerario fra le testimonianze industriali itinerari
itinerario proposto (su percorso esistente) itinerario proposto (di progetto) percorsi ciclopedonali urbani esistenti
1
percorsi esistenti di interesse paesaggistico/storico/architettonico
1 2 3 4 5
Via dell’Acqua - Valli del Pasubio Sentiero geologico - Monte Civillina Ciclabile sul torrente Timonchio Ex ferrovia Piovene Rocchette - Arsiero Cammino Fogazzaro Roi Vicenza - Tonezza del Cimone
percorsi
su ciclabile su strada su argine su ex ferrovia su sentiero
2. Santorso - Piovene Rocchette 3. Piovene Rocchette - Arsiero
1. Valli del Pasubio - Schio - Santorso
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1. Valli del Pasubio - Schio - Santorso 5 h h i l
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2. Santorso - Piovene Rocchette 7
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3. Piovene Rocchette - Arsiero
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Architetture e complessi industriali Lanerossi 1 2 3 4 5 6 7
Lanificio “Francesco Rossi” (1817) e Fabbrica Alta (1862) Rossitex (1870) Rosabel (1873) Lanerossi, zona industriale (1967) Rossifloor (1910) Filatura e tintura di lana pettinata (1869) Lanerossi (ca. 1970)
1
altre testimonianze di industria tessile 1 2 3 4
Lanificio Conte (1757) Lanificio Garbin (1799) Lanificio Cazzola (1870) Lanificio Casarotti-Lora
2
altri manufatti industriali 1 Segheria Dalla Vecchia (1860) 2 Officine meccaniche De Pretto (1884) 3 Segheria Cavedon 4 Cementeria di Schio 5 Fabbrica Saccardo (1890) 6 Pastificio Barattoni (1872) 7 Società Vaccari (1871) 8 Birreria Summano (1873) 9 Cartiera Rossi (1873)
centrali idroelettriche 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Centrale Lanerossi di Ressalto Centrale di Ponte delle Capre Centrale Idroelettrica Rossi di Torrebelvicino Bessè Diga - Invaso di Meda Zanini nota alla legenda: Barco Arsiero recuperato/in uso PR Energia Pria abbandonato
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1
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Luoghi di interesse legate alla Lanerossi a b c d e f g h i l m
Giardino Jaquard (1859-78) Asilo Rossi (1872) Quartiere operaio “Nuova Schio” (iniz. 1872) Asilo e scuole elementari comunali (1877) Scuola convitto di Pomologia Monumento ad A. Rossi (1902) Monumento al Tessitore Villa e parco Rossi Oasi Rossi Podere Modello Quartiere operaio di Piovene Rocchette
altri luoghi a b c d e f g h i l m n o
Chiesa di San Lorenzo, Torrebelvicino Chiesa di Santa Maria, Pievebelvicino “Castello” di Schio - ex chiesa di Santa Maria della Neve (1512) Duomo di San Pietro (1740-54) Biblioteca civica “Renato Bortoli” (1611) Chiesa di S. Antonio Abate (1879) Teatro civico (1909) Santuario di Santorso Piazza Papiria Chiesa di Santo Stefano, Piovene Rocchette Villa Fogazzaro detta “La Montanina”, Velo D’Astico Villa Velo, Velo D’Astico Chiesa di Santa Maria dell’Angiadura, Arsiero
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4.2 Il rapporto della Fabbrica con la città: ritessitura di spazi urbani La valenza turistica dell’intervento deve però sapersi integrare con quella cittadina. La centralissima posizione dell’area, adiacente al centro storico della città di Schio, la configura come parte integrante e imprescindibile del sistema cittadino, nonché come vuoto da colmare per ritrovare un’identità perduta con il decentramento delle funzioni industriali. Riaprendo i confini di quest’area preclusa da tempo alla città non si può prescindere dalla necessità di riportarne alla luce e riattivarne l’anima produttiva, attualizzandola alle necessità della società contemporanea. Il tema della riaperura del recinto si pone quindi come centrale nel concepimento del masterplan: i nuovi accessi individuati sono il risultato dell’analisi della conformazione storica dell’area, riaprendo quegli assi che ne avevano determinato il primo impianto e facendoli dialogare con l’assetto attuale della viabilità scledense. Asse generatore del progetto è la Roggia Maestra -riportata completamente alla luce all’interno dell’area-, che collega le aree prevalentemente residenziali a sud-ovest di Schio con il centro storico. In maniera analoga a ciò che avveniva storicamente, con il posizionamento delle botteghe lungo questo corso d’acqua, all’asse della Roggia si appoggiano i vari ambiti dello spazio aperto. Lungo la Roggia è inoltre confermata l’ipotesi del percorso ciclo-pedonale prevista dall’amministrazione e il collegamento con il sistema di itinerari a vasta scala. Lo spazio esterno compreso tra Fabbrica e Roggia diventa il nuovo ingresso all’area dal centro storico di Schio, connotandosi di caratteri propri dello spazio urbano e unendosi concettualmente ad un’altra testimonianza industriale, il lanificio Conte. L’intero percorso, e i suoi estremi agli angoli dell’area, è scandito dall’utilizzo di piante di corniolo dalle caratteristiche sfumature rosse. Ad emergere nell’area non è solo la Roggia, ma anche gli altri preesistenti assi di collegamento nordsud. Il primo collegava la fabbrica “Francesco Rossi” -e il retrostante Giardino Jaquard”- all’ingresso in prossimità del quartiere operaio. Il secondo era la prosecuzione di vicolo Tessitori, strada oggi chiusa e parte del progetto del quartiere. Il primo asse si distingue nel progetto per la sua forte direzionalità. Questa viene accentuata anche dalle geometrie degli adiacenti spazi aperti, che emanano dalle scansioni strutturali e formali della Fabbrica Alta e del nuovo “mercato”. Il secondo asse assume invece una caratterizzazione più naturale, seppur controllata, per collegare non solo la parte intermedia dell’area ma anche la zona “sportiva” a nord-ovest, confinata al di là della Roggia. Una volta attuata la demolizione del recinto, quindi, l’area si rigenera grazie alla direzionalità della Roggia e ai diversi trattamenti dello spazio aperto, che mantengono però evidente la volontà di rendere ogni ambito unico, vivibile ed egualmente accessibile.
Riapertura della Roggia come asse principale Roggia Maestra > percorso ciclopedonale attraversamenti della roggia
distanza centro 0,4 km
Importanza degli assi storici dell’area 1 2
vecchio ingresso alla fabbrica collegamento: quartiere operaio - Fabbrica Alta - giardino Jaquard riapertura di vicolo Tessitori collegamento: quartiere operaio - via Pasubio
1 2
20m 40m
Masterplan di progetto scala 1:2.000
Paesaggio Lanerossi studio dello stato di fatto e interventi
30m
Censimento delle alberature Acer Campestre Betula Pendula Cedrus Atlantica Robinia Pseudoacacia Populus tremula Tilia Cordata Trachycarpus fortunei
Stato di conservazione delle piante buono medio pessimo
Alberature esistenti: tipo di intervento mantenute rimosse trapiantate
Schema dei nuovi ambiti naturali
1 8 2
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Schemi di piantumazione degli ambiti
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6,4 m
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ViabilitĂ
Accessi
accesso pedonale
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accesso ciclabile
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accesso carrabile
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accesso mezzi di soccorso
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carico/scarico
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fermata bus di linea
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bike sharing
5
parcheggi auto
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parcheggi bus turistici
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23 65
1
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34
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4.3 La riattivazione è possibile La riattivazione, per essere efficace, deve partire dallo studio del lascito e della memoria dell’area, attualizzando però le intenzioni di progetto al contesto e alle necessità attuali. Nel caso della Lanerossi, l’analisi parte quindi dal carattere “produttivo”, mantenuto dai primi decenni del 1800 fino all’abbandono negli anni 1960-70. L’obiettivo è di riattivare la produzione nell’area, conservando un legame forte con quello che era il motore trainante dell’epoca: la Roggia. Alla produzione industriale del 1800-1900 viene quindi data una nuova declinazione: • Produzione culturale (studio, archivio, museo, foresteria) • Produzione artistica e artigianale (atelier, studi) • Produzione commerciale (mercato, bar, ristorante) • Produzione di socialità (locali, polo sportivo, spazi aperti)
produzione industriale
roggia
roggia
produzione culturale
studio, ricerca, archivio, turismo
produzione artistica e artigianale
atelier, affitto di spazi di lavoro
produzione commerciale
locali, mercato, negozi, eventi
produzione di socialità
locali, sport, ostello, spazi aperti
Integrazioni 1
7
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integrazioni edifici mantenuti
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3 2
Demolizioni o
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demolizioni edifici mantenuti
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Nuove funzioni: edifici esistenti e integrazioni
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carderia > atelier
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edificio tes-tem > discoteca
fabbrica alta + fabbrica f. rossi > bar museo lanerossi archivio lanerossi ostello uffici per professionisti sala studio
1
centrale termica ed elettrica > spazi espositivi
info point turistico officina riparazione bici
2
serre e vivai
tessitura > mercato coperto percorso didattico
3
magazzini
tintoria > ristorante
4
chiosco camerini artisti deposito
magazzino + deposito imballaggi > cinema teatro all’aperto fabbricato + archivio lanerossi > palestra fonderia smit > palestra di danza
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centrale elettrica “umberto I� > percorso didattico
per la zona agricola
per il teatro all’aperto 5
integrazione al cinema
6
ingresso al polo sportivo
7
piscina
Km0: la filiera “cortissima” in centro a Schio A sud della Fabbrica Alta sorge l’edificio che ospitava la tessitura, fabbricato industriale ad un piano con struttura portante in calcestruzzo armato e tetto a Shed con parete finestrata, parte verticale e parte obliqua rivolte a Nord-Est. Ancora una volta la principale problematica da risolvere è stata quella di trovare un punto d’incontro fra la dimensione produttiva del manufatto e il nuovo ruolo sociale che si voleva assumesse l’edificio, posto ai margini orientali dell’area e quindi in stretta connessione con il centro storico. Il facile accesso a questi spazi e la forte centralità di tutta l’area hanno suggerito di riqualificare l’edificio con la creazione di un grande mercato coperto. Osservando la città di Schio inserita nel suo contesto territoriale ci si rende inoltre conto dell’importanza che il tessuto agricolo assume nel delineare il paesaggio. La forte vocazione agricola del territorio viene quindi introdotta nell’area, con nuove accezioni che la legano all’adiacente mercato, con l’intenzione di rifarsi a quelle pratiche della filiera corta agevolando il contatto diretto fra produttore e consumatore. Gli stessi interventi previsti nel corpo dell’edificio vogliono accentuare la relazione fra gli spazi della produzione (orti, frutteti e serre) agli spazi della vendita, in un gioco di compenetrazione fra il sistema naturale e quello costruito. Lo svuotamento di alcune campate della fabbrica, che fanno posto a corti interne alberate, è bilanciato dal contemporaneo protendersi dei corpi delle serre, che dall’impianto dell’edificio si spingono verso gli spazi aperti. Questi ultimi si dividono in tre principali fasce, che nell’avvicinarsi al corso d’acqua perdono progressivamente il carattere produttivo per accostarsi a quello ricreativo proprio della passeggiata lungo la Roggia Maestra. Stessa dinamica accompagna gli spazi interni del mercato, che muovendosi verso nord perdono gradatamente questa funzione fino a dar posto, nel contiguo edificio che ospitava un tempo la tintoria, ad un ristorante. Per quanto riguarda il trattamento degli spazi esterni, la prima fascia è caratterizzata da orti urbani, di carattere non intensivo, e magazzini, completata poi a nord da un frutteto e da una prima serra. A questo ambito, bilanciato all’interno dell’edificio dalla zona di mercato vera e propria, succede una fascia dal carattere didattico, composta da una serra adibita a ricovero invernale di piante di agrumi, che nel periodo estivo possono essere posti all’esterno grazie a due file di binari, e dal frutteto della frutta antica. Stessa sorte per gli spazi interni, i quali rispetto alla zona di vendita vera e propria si caricano di un carattere maggiormente espositivo. L’ultima fascia lascia spazio, sulla sinistra, a tre grandi parterre che si affacciano sulla Roggia, connessi tramite una serra ornamentale all’interno dell’edificio, dove troviamo il ristorante, dotato di un accesso diretto verso il corso d’acqua. Lo scarico merci avviene da via XX Settembre, asse su cui si appoggiano infatti i vari locali di servizio della struttura. La facciata nord si apre, con una parete vetrata, verso un terrazzo esterno ed un sistema di parterre e vasche d’acqua che danno sulla Roggia.
Tessitura
mercato coperto e spazi agricoli Tintoria
ristorante centrale termica ed elettrica
7,5m
spazi espositivi
15m
stato di progetto prospetto ovest
10m
20m
attacco a terra
prospetto ovest b
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prospetto nord b’ a’
stato di progetto sezione BB’
stato di progetto sezione AA’
stato di progetto prospetto nord
7,5m
15m
La memoria industriale La Fabbrica Alta, dalla sua costruzione ad oggi, ha assunto per la città di Schio il valore di “simbolo” e di landmark del territorio. Da sempre visibile dall’esterno dell’area, al contrario degli altri edifici interni al recinto, la sua presenza è rimasta imponente e tangibile. Il suo è però un ruolo silente, sfondo di un parcheggio e bordo strada di una passeggiata che conduce al centro storico, punto di riferimento da guardare solo da lontano. Ad oggi l’Amministrazione ha cercato di recuperare il piano terra della Fabbrica, adibendolo -solo parzialmente- a percorso museale dedicato alla storia del lanificio, utilizzato durante l’anno in occasione di alcune visite guidate. La volontà di valorizzare il manufatto e la sua eredità da parte dell’Amministrazione è stata probabilmente limitata anche dalle problematiche connesse alla proprietà dell’area e dell’immobilismo generatosi dopo l’assegnazione dei vincitori del concorso del 1980. Anche nell’ipotesi progettuale emerge la volontà -condivisa dall’Amministrazione- di assegnare una funzione pubblica alla Fabbrica Alta: nel nostro caso una doppia funzione, turistica e cittadina. All’angolo nord-est il parcheggio esistente viene quindi sostituito con una nuova piazza, in continuità con l’asse pedonale esistente di via Pasubio che conduce al centro storico della città. La piazza, elemento dalle connotazioni più urbane, introduce il visitatore all’elaborato sistema di spazi aperti. Una serie di terrazzamenti creano aree di sosta e percorsi di discesa alternativi, scanditi dal ritmo delle finestre della prospicente facciata della Fabbrica, che è quindi assunta a criterio generatore delle forme del progetto. I terrazzamenti, oltre a risolvere il dislivello di tre metri che si genera in questo punto dell’area, si fa carico della memoria storica grazie anche alla piantumazione di piante tintorie utilizzate in passato per la colorazione dei tessuti, che ben si prestano anche a percorsi didattici.
Alla base di questo primo giardino urbano si trovano gli spazi di ristoro inseriti nel piano seminterrato della fabbrica, frontalmente alla Roggia. I piani più alti della Fabbrica sono dedicati a spazi di lavoro per professionisti e a un’area studio all’ultimo piano, per offrire servizi simili, ma decisamente più centrali e accessibili, a quelli ricreati nella vicina esperienza della Fabbrica Saccardo al Tretto di Schio. Al piano terra della Fabbrica prosegue l’intento già dichiarato dall’amministrazione di creare uno spazio fisico per la memoria della Lanerossi, oltre a contenere l’Archivio Lanerossi (oggi conservato in un altro edificio dell’area). L’ingresso esistente dalla “Francesco Rossi” dal lato del Giardino Jaquard torna ad essere un’entrata “istituzionale” all’area e viene collegato con il vecchio ingresso alla fabbrica posto a sud, in prossimità del quartiere operaio da uno degli assi principali del progetto. Il nodo dell’accesso dal centro funge anche da punto informativo per i turisti e da ciclofficina -grazie a un nuovo edificio sulla piazza- e offre, all’interno della Fabbrica Alta (piani secondo e terzo), una foresteria.
7,5m
15m
a a’
stato di progetto sezione AA’
7,5m
15m
seminterrato sala macchine
bar
piano terra lavatura e follatura
museo archivio Lanerossi
10m
20m
attacco a terra
piano primo filatura
ostello archivio Lanerossi
piano secondo filatura e scardassatura
ostello
piano terzo tonditura
uffici e spazi per professionisti
piano quarto tessitura
uffici e spazi per professionisti
sottotetto mendatura
sala studio
10m
attacco a terra
20m
Al centro il cinema L’area retrostante alla Fabbrica Alta è attualmente caratterizzata da grandi alberature (prevalentemente Robinia Pseudoacacia e Populus Alba) contenute a nord dal muro di cinta dell’area, ad ovest da un edificio un tempo adibito a magazzino dei prodotti finiti, ad est dall’imponente corpo della Fabbrica stessa e a sud dal percorso interrato della Roggia. Il deposito è caratterizzato da una struttura portante in pilastri su cui poggiano 5 capriate in calcestruzzo armato, che consentono di formare un unico ambiente dotato di strutture portanti solo sul perimetro. Il corpo dell’edificio si appoggia sull’asse che connette Vicolo Tessitori a Sud con Via Pasubio. Riportando alla luce il corso della Roggia si viene dunque a creare un ambito chiuso sui quattro lati che ben si presta ad ospitare funzioni che necessitino di ingressi controllati. Si tratta dell’unico punto in cui il muro del recinto esterno viene mantenuto, sia per preservare appunto la condizione di “chiusura” di quest’ambito, sia per la conformazione di tale muro di cinta, sul quale sono ancora presenti le aperture di vecchie finestre che consentono quindi, da Via Pasubio, di percepire all’interno la corte che si viene a creare. Si prevede qui l’inserimento di un cinema multisala: una funzione pubblica capace di far vivere anche nelle ore serali questo perno progettuale, peculiarità necessaria anche per la sua posizione centrale rispetto all’area. Il cinema si compone di una grande zona di accesso e biglietteria da cui si diramano due corridoi che portano alle sei sale di proiezione. Dalla biglietteria si può uscire verso il retrostante spazio aperto, godendo di una vista privilegiata della Fabbrica Alta attraverso le chiome degli alberi, fondale scenico del palco gradonato per proiezioni estive e spettacoli teatrali.
magazzino deposito imballaggi
cinema teatro all’aperto
b a a’ b’
7,5m
15m
stato di progetto sezione AA’
stato di progetto sezione BB’
Il ritorno alla produzione e alla socialità: spazi di co-working e di aggregazione Diversa ancora la funzione individuata per due edifici contigui originariamente adibiti a carderia e deposito per lane e macchinari, posti lungo la riva nord della roggia. Si fondono in questo ambito l’aspetto ludico-sociale e quello lavorativo, legati assieme e allo stesso tempo separati da una cesura creata fra i due corpi di fabbrica, la cui unità originaria viene richiamata dalla presenza di un graticcio di copertura che sovrasta i pilastri originari. Questa diviene un nuovo asse dell’intero sistema del masterplan, congiungendo via Pasubio e la zona sportiva a Nord con la roggia e la statale a Sud dell’area di progetto. L’antica anima produttiva viene richiamata soprattutto nell’imponente edificio ad ovest, che presenta struttura portante costituita da un telaio in calcestruzzo armato con un maggior numero di pilastri a sezione circolare al piano inferiore rispetto a quello superiore e solaio in laterocemento a cassettoni. L’ampio piano terra ben si presta a divenire spazio di co-working per la città, offrendo servizi come camere oscure per fotografi, atelier di pittura, studi di registrazione per gruppi musicali, sale proiezioni, zone espositive, tavoli di lavoro, macchine e strumentazioni specialistiche ma anche una grande cucina e zone relax dove discutere e condividere passioni e idee. La creazione di un polo di co-working, sempre più diffuso all’estero e anche nel nostro Paese, risponde alle odierne necessità di professionisti e lavoratori autonomi che difficilmente possono affrontare spese come l’affitto di un ufficio o il noleggio di costosi macchinari e che trovano quindi nella condivisione degli spazi uno stimolo al proprio lavoro e allo sviluppo di attività personali. Inserire un progetto simile all’interno dell’area Lanerossi è di conseguenza anche una riflessione sul periodo in cui stiamo vivendo: in che modo, in un momento di crisi mondiale del lavoro, dobbiamo riportare l’attività produttiva industriale nei nostri territori? La tendenza sembra essere quella di valorizzare prodotti di artigianato locale, i piccoli artigiani e le piccole imprese territoriali, agevolando le attività grazie a spazi polifunzionali che abbiano la capacità di modificarsi secondo le esigenze. Il co-working funziona da ricettacolo di idee e aggregatore di persone. Proprio per questi motivi l’impianto è il più libero possibile, chiudendo in ambiti separati solo le funzioni che, per rumorosità e necessità, richiedano spazi particolari. Cucina, zone relax, tavoli da lavoro, postazioni internet si muovono invece liberamente nella pianta dell’edificio, lasciando all’utente la possibilità di organizzare il proprio spazio nella maniera più idonea all’attività svolta. L’edificio posto alla destra dell’asse distributivo, ad un unico piano, viene invece destinato a discoteca, consentendo così all’area di vivere anche nelle ore serali e notturne. Entrambe le funzioni vengono sono servite da un adiacente parcheggio da circa 60 posti auto.
5m
Un nuovo polo sportivo per la comunità scledense La creazione di un nuovo polo sportivo all’interno dell’area permette il ritorno di queste attività, ormai spesso rilegate alle zone industriali, nel cuore del centro storico. La presenza di attività sportive genera un flusso costante e distribuito di utenti in tutto il corso della giornata, facendo vivere l’area anche nelle fasce serali. Oltre agli spazi “tecnici” per corsi e sport sono infatti previste all’interno degli edifici anche aree per eventi legati allo sport ed è stato creato un rapporto di visibilità fra interno ed esterno, per continuare a percepire il particolarissimo contesto in cui si inserisce il progetto anche durante l’attività sportiva. All’interno dei vari edifici si collocano strutture per la danza (exfonderia Smit), una palestra e spazi polifunzionali per l’attività sportiva (archivio Lanerossi e deposito) e una piscina, unico intervento ex-novo inserito in questo ambito e posto a chiusura del sistema, al termine del percorso che porta da via Pasubio all’atelier e al ponte sulla Roggia. Caratterizzato da una parete per arrampicata, rende evidente il suo carattere di novità rispetto agli altri edifici dell’area mantenendo però geometrie non dissimili e permettendo la visibilità degli stessi. L’intero ambito sportivo è collegato tramite due ingressi separati da via Pasubio -uno affiancato alla caserma e alla palestra di danza, l’altro al Villino Panciera-, un ingresso a ovest, un collegamento con il percorso pedonale dall’asse di vicolo Tessitori. In prossimità degli edifici sono presenti due parcheggi, realizzati -come per gli altri dell’area- con un grigliato erboso e solcati da percorsi in pietra bianca ombreggiati da tigli.
10m
a
a’
stato di progetto sezione AA’
carderia
atelier edificio tes-tem
discoteca fabbricato + archivio lanerossi
palestra fonderia smit
palestra di danza
10m
20m
palestra di danza | pianta piano primo
palestra | pianta piano primo
piscina | pianta piano primo
atelier | pianta piano primo
5 Bibliografia e sitografia
Bibliografia _ AA.VV., La Fabbrica della città. Concorso d’idee per la riqualificazione urbanistica e architettonica dell’area ex Lanerossi di Dueville - Dueville _ AA.VV., Il Gruppo Lanerossi _ AA.VV. (2012), Iuav:119. Architecture and archaeologies of the production landscapes. Iuav DCP _ AA.VV. (2006), Informaschio. Il recupero della Area Lanerossi. Comune di Schio _ AA.VV. (1980), Concorso nazionale di idee per la formazione del piano di utilizzazione dell’area “Lanerossi” a ovest del centro storico del comune di Schio. Comune di Schio _ Basilico G.(1989), Esplorazione di fabbriche. Percorsi nell’archeologia industriale di Biella. Electa _ Berens C. (2011), Redeveloping Industrial Sites. A Guide for Architects, Planners, and Developers. Jhon Wiley & Sons, Inc., Hoboken, New Jersey _ Broccardo L. (2011), L’industria veneta e vicentina tra gli anni ‘50 e ‘70 e la zona industriale di Schio. Tesi di laurea in Scienze Storiche discussa presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trento. Relatore: C. Lorandini. Correlatore: G. Andreotti. _ Fontana G. L. (a cura di, 1986), Schio e Alessandro Rossi – Imprenditorialità, politica, cultura e paesaggi sociali del secondo Ottocento, Edizioni di storia e letteratura, Schio. _ Mancuso Franco (a cura di, 1989), Archeologia industriale nel Veneto. Silvana editoriale. MilanoVenezia. _ Mancuso Franco (a cura di, 1990), Un manuale per ‘Nuova Schio’. Piano particolareggiato per la riqualificazione urbanistica ed ambientale del quartiere operaio “Alessandro Rossi”. Arsenale Editrice, Venezia _ Massarente A.,Mazzotta A. (a cura di, 2004), Il parco fluviale, le fabbriche e la città. Programmi e progetti di riqualificazione delle aree lungo il Cervo a Biella. Alinea Editrice, Firenze _ Ricatti B., Tavone F. (a cura di, 1989), Archeologia industriale e scuola. Marietti Scuola - Manzuoli editori. _ Vanore M. (a cura di, 2013), Il paesaggio nel progetto. Il paesaggio come progetto. Iuav DCP
Sitografia www.comune.schio.vi.it/web/schio www.comune.dueville.vi.it www.comune.piovene-rocchette.vi.it www.comune.valdagno.vi.it www.provincia.vicenza.it www.regione.veneto.it www.isprambiente.gov.it www.museialtovicentino.it www.schioindustrialheritage.it/it www.archeologiaindustriale.it www.venetoagricoltura.org