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Un progetto di riqualificazione urbana e paesaggistica per il fiume Besòs di Barcellona





Un progetto di riqualificazione urbana e paesaggistica per le sponde del fiume Besòs di Barcellona

Laureanda: Giulia Maroni Primo Relatore: Romeo Farinella Seconda Relatrice: Elena Dorato

UniversitĂ degli studi di Ferrara Dipartimento di Architettura Laurea Magistrale a ciclo unico a.a. 2014-2015



Alla curiositĂ



INDICE

Abstract..............................................................................................................................12 Premessa.............................................................................................................................15 Quale significato per il termine confine?.........................................................................16 a. Confini naturali b. Lo “spazio etnico” c. Lo spazio di pacificazione Il confine nel contesto metropolitano..............................................................................22

1. Analisi metropolitane

[TAVOLA 1]

1.1 Da Barcino a BCN metropolitana.............................................................................28 a. La città di fondazione romana b. La città medievale c. La terza muraglia d. La Ciutadela e la Barceloneta 1.2 L’esplosione della città: i numeri................................................................................32 1.3 Caratteristiche della città metropolitana (BCN)......................................................34 a. Il sistema viario b. Il sistema naturale c. Industrializzazione d. “Urbanizaciòn marginal”: i poligoni residenziali 1.4 Pianificazione urbanistica...........................................................................................53 a. Plan Cerdà b. Plan Regional c. Plan Comarcal d. Plan General Metropolitano e. Barcellona strategica

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2. Sulla linea di confine nord: il fiume Besòs

[TAVOLE 2,3,4]

2.1 Il sistema della mobilità...............................................................................................65 a. Autostrada doppia barriera b. Criticità 2.2 Il sistema insediativo....................................................................................................71 a. I quartieri del lungofiume b. La città orizzontale c. Espropriazione forzata: nuova urbanizzazione d. Evoluzione del rapporto col fiume 2.3 Il sistema ambientale...................................................................................................82 a. La Cuenca del Besòs b. Il fiume Besòs c. 1962: la grande esondazione d. Riqualificazione e. Criticità

3. Nuove strategie per il lungofiume

[TAVOLA 5]

3.1 Strategia di intervento: finalità e obiettivi...............................................................110 a. Rigenerare il tessuto urbano b. Riattivare le sponde c. Creare continuità ecologica d. Favorire l’accesso all’area e. Riutilizzare i vuoti urbani 3.2 Azioni strategiche.......................................................................................................119 3.3 Tre ambiti di progetto: analisi SWOT....................................................................122 a. La fabbrica in dismissione b. Il lungofiume c. La Catalana

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4. Progettazione localizzata degli ambiti

[TAVOLA 6,7,8,9]

4.1 Riqualificare le sponde del fiume.............................................................................126 4.2 Progettare lo scarto....................................................................................................136 4.3 La catalana sud..........................................................................................................150

5. Conclusioni.................................................................................................................161 Verso una cittĂ resiliente

Bibliografia alfabetica....................................................................................................167 Documenti di pianificazione........................................................................................174 Riviste...............................................................................................................................176 Mostre e film...................................................................................................................178 Sitografia..........................................................................................................................180 Tesi e pubblicazioni.......................................................................................................182 Elaborati grafici..............................................................................................................189

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1. Vista aerea del tratto terminale del fiume Besòs


Abstract Il concetto di confine può essere interpretato in maniera soggettiva assumendo differenti significati: dai più intuitivi come confine naturale e amministrativo, fino a economico, culturale, politico e sociale, che non per forza devono coincidere con le prime due categorie. Storicamente al confine viene attribuito il concetto di marginalità e quindi di esclusione; approcciarsi alle zone di confine oggi significa quindi fare i conti con una realtà urbana variegata e multiforme, interessata da dinamiche di sviluppo differenti e spesso scollegate, con situazioni di emergenza che non hanno goduto della dovuta attenzione, proprio perché collocate lontano dal nucleo cittadino originario. Nel contesto barcellonese il fiume Besòs è storicamente uno dei quattro confini naturali della città, da sempre importante asse di collegamento tra i due sistemi naturali: il mar Mediterraneo e i parchi naturali del Collserola e della Serralada y Marina. Fino alla fine degli anni Settanta del Novecento la gran parte dei quartieri lungo il fiume sono stati caratterizzati da un’urbanizzazione spontanea, per gran parte illegale, lontana da ogni regola di pianificazione. Tuttavia grazie ad un’efficace azione progettuale promossa dai residenti ha comunque ottenuto i servizi e i mezzi di trasporto pubblico che hanno innanzitutto garantito l’accessibilità a delle aree allora del tutto marginali.

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Oggi questo ambiente fluviale, ormai fortemente antropizzato, rappresenta un importante corridoio ecologico a livello metropolitano e grandi aspettative sono riposte nella sua riqualificazione sia delle sponde che dei contesti urbani che vi si affacciano, affinché si trasformi in una green way a tutti gli effetti. Con il progetto urbano CONfine CONdiviso si vogliono proporre delle linee strategiche e di azione progettuale in grado di dare risposta ai diversi quesiti ancora aperti nel contesto fluviale. Partendo dalla riprogettazione delle sponde del fiume, per un adeguato ripristino della socializzazione pubblica, passando per la rifunzionalizzazione dei vuoti urbani (industriali ed infrastrutturali), giungendo infine alla riqualificazione dell’ultimo poligono residenziale. Dunque l’obiettivo ultimo consta nel rafforzare la componente identitaria, riconoscendone il senso di comunità esistente tra gli abitanti che già vivono o che in futuro sceglieranno di vivere in questa zona, cosicché il fiume ritorni a configurarsi come fattore caratterizzante dell’identità culturale e non discriminante dell’intero territorio.

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P Premessa Vorremmo cominciare a osservare quello strano spazio che si trova “tra” le cose, quello che mettendo in contatto separa, o, forse, separando mette in contatto, persone, cose, culture, identità, spazi tra loro differenti. Lo spazio di confine quindi, ma anche il confine come spazio. Piero Zanini

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Quale significato per il termine confine? a. Confini naturali b. Lo “spazio etnico“ c. Lo spazio di pacificazione Il confine nel contesto metropolitano


Quale significato per il termine confine?

a. Confini naturali b. Lo “spazio etnico” c. Lo spazio di pacificazione

Il dizionario definisce il confine come una “linea costruita naturalmente o artificialmente a delimitare l’estensione di un territorio o di una proprietà, o la sovranità di uno stato. […] Pietra, sbarra, steccato, che delimita una proprietà da quella attigua. Limite, termine (talvolta con sfumatura di incertezza o lontananza): sterminato, illimitato”2. Questa descrizione non è altro che l’espressione della necessità più profonda e primordiale dell’essere umano di vivere all’interno di spazi chiusi, limitati; il bisogno di avere intorno a sé una barriera (“pietra, sbarra o steccato”) che delimiti lo spazio che ha occupato, lo separi e lo protegga da un qualcosa che nel momento stesso in cui viene tracciato il confine diventa “altro”, “diverso”. Una delle prime conseguenze naturali connesse alla costruzione di un confine è il buttar fuori, l’espellere dall’ambito che si è tracciato ciò che viene considerato intruso; trasformando così il confine in un sinonimo di protezione, una linea cioè tra ciò che ci appartiene e ciò che sfugge al nostro controllo. Sul terreno il confine va poi ad individuare di frequente uno spazio a sé, un luogo con i suoi abitanti (le “genti di confine”) che in qualche modo lo usano e da cui spesso partono segnali di cambiamento “in processi socio-politici rilevanti per molte persone al di là del loro contesto locale e addirittura del loro stato” 3. Si può quindi affermare che tracciare un confine è il modo per ottenere qualcosa dagli altri: uno spazio proprio dove è possibile stabilire le proprie regole, un’autonomia visibile anche dall’esterno, il riconoscimento di una diversità. 18

NOTE 1. - Zanini P., “Significati del confine”, Mondadori, Milano 1997 2. - Dizionario di Lingua italiana Devoto-Oli. 3. - Donnan H. e Wilson T.M. “Identità e cultura sulle frontiere internazionali”, 1995, n°6, p. 50.


Per ciascuno di noi poi un confine può essere in tempi diversi il simbolo di una chiusura, ma anche quello di un’apertura: può significare l’inclusione o l’esclusione da un ambito particolare. Il confine racchiude in sé tutto e il contrario di tutto a seconda di come, e soprattutto da che punto, lo guardiamo. Piuttosto si potrebbe dire che un confine si delinea in modo chiaro nel momento in cui si rivela un’incomprensione, tanto da poter essere definito come “spazio del malinteso”.4 Il confine può essere inteso come spazio. Spazio che può avere un margine esterno, quello dove l’uomo abita, ama, lavora, si muove e si diverte, quello delle architetture più concrete ed evidenti, ma anche un margine interno, interiore, intimo, legato ai nostri stati d’animo, alle speranze e alle utopie che li accompagnano, si tratta di margini che difficilmente riusciamo ad osservare chiaramente, anche se spesso ne affermiamo con fermezza l’esistenza. Nonostante le molte, variegate e soggettive sfaccettature che il termine “confine” può assumere, nel corso della storia esso si è evoluto assumendo di volta in volta delle definizioni “oggettive”.

NOTE 4. - ivi 1 19


a. Confini naturali Nell’Ottocento nacque la teoria dei confini naturali secondo la quale la stessa “natura” poteva fornire agli uomini i limiti e le direzioni entro cui muoversi e svilupparsi. Il confine naturale era qualcosa di “predestinato: un ideale da 5 conquistare e realizzare, quasi fosse un dono divino. Questo senso di predestinazione ha fatto credere a lungo che l’artificiosità propria di un confine, di una frontiera, potesse trovare la sua vera origine e la sua immagine ideale nelle barriere fisiche che la natura aveva disseminato sulla terra. Le barriere naturali posso comunque essere violate; esse infatti svolgono il loro ruolo di limite fino a quando rimangono un ostacolo, un impedimento. Non appena qualcuno, vincendo il timore, vi si introduce e ne svela i varchi, le attraversa e vi traccia dei percorsi, le pratica e vi si stabilisce, esse si trasformano diventando luoghi di incontro, di commercio, universi con caratteristiche particolari, zone intermedie. I confini naturali hanno una loro storia, sono un margine di luoghi abitati e abitabili dove però il selvatico e l’incolto, possono riapparire in ogni momento e avere il sopravvento. In quest’ottica anche un fiume può diventare un altro luogo. Non più quindi solo le sue sponde, più o meno lontane fra loro, a separare due orizzonti, ma una nuova possibilità, un margine interno in continuo movimento, una frontiera 6 fluttuante, una “terza sponda”. 20

2 - Ph. Abbas Kiarostami, 1997

NOTE 5. - Febvre L., “La terra e l’evoluzione umana”, Einaudi, Torino 1980, p. 351 6. - Guimaraes J., La terza sponda del fiume, in “Le sponde dell’allegria”, Sei, Torino 1988, pp. 45-51


b. Lo “spazio etnico” É necessario spiegare che non esiste una definizione per “gruppo etnico” ma si tratta piuttosto di una nostra attribuzione basata sulla nostra identità, di un confronto con una categoria definita “identità di base” supposta esclusiva e limitata. Appartenere al gruppo, infatti, comporta il rispetto e la condivisione di un insieme di norme e valori. I confini che così si vengono a creare tra i diversi “spazi etnici”, tra i diversi gruppi di attribuzione definiscono il gruppo e non la sostanza culturale che esso racchiude. Solitamente si tratta di confini sociali che non hanno necessariamente bisogno di una proiezione territoriale anche se spesso vi può essere una corrispondenza.

c. Il confine come spazio di pacificazione Il confine può assumere anche una connotazione positiva. Basterebbe pensare al confine come uno spazio e non solo come la linea che lo costituisce unicamente e questo è possibile solo cominciando a conoscere senza pregiudizi i confini, osservandolo un po’ meglio e un po’ più in profondità per poi cercare di dar loro forma e carattere nuovi. Non è sufficiente rimuovere la componente visibile di un confine per colmare la sfasatura che esso rende evidente. Ideare un confine come spazio di dialogo richiede allora l’impiego di tutti i nostri sensi spinti all’estremo nel tentativo di percepire ciò che a volte c’è, ma non si vede. Il confine è, tra le tante cose, anche uno spazio dove si può giocare e conoscersi attraverso il divertimento. La fantasia è legata alla capacità continua di modificare quegli elementi che appaiono immutabili. Progettare in maniera troppo definitiva un luogo e connotare in modo rigido le sue diverse funzioni sono ostacoli che gli architetti e gli urbanisti distribuiscono continuamente nelle città e negli edifici.

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Una delle possibili strade da percorrere è allora quella che prova a riattivare, forse a ricomporre, quegli spazi che fino ad oggi sono stati usati prevalentemente come ostacoli tra le culture. Il confine quindi, come spazio dove tutte le identità che si incontrano sono allo stesso modo costitutive e rappresentative, e dove ogni identità esiste proprio in quanto confermata dalle altre. D. Karahasan

NOTE 7. - Karahasan D., Elogio della frontiera in “Micromega”, 1995, n°5, pp. 149158.

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Rompere i “confini” non implica necessariamente la cancellazione delle frontiere. Significa infrangere, sfrangiare il più possibile il confine, il limite che esso stabilisce, per trasformarlo in un margine sempre più ampio, dove dare un luogo alle differenze. Abitare la soglia vorrebbe dire, allora, abitare e costruire questo terzo luogo il cui centro passa al suo interno e dentro di noi per diventare noi stessi uomini di confine. Piero Zanini

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NOTE 8. - Zanini P., “Significati del confine”, Mondadori, Milano 1997.

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Il confine nel contesto metropolitano Per chi sta oppure viene tenuto al margine, occupare diventa lo strumento per rivendicare non solo uno spazio ma anche un’identità, strettamente legata allo spazio. Molte volte l’occupazione di questi spazi, fortunatamente, va oltre il progetto dell’architetto o il piano dell’urbanista. Esso diventa una vera e propria riprogettazione collettiva che riadatta e ri-orienta in una direzione più consapevole quel determinato sistema di spazi. Nonostante questo prendere possesso, inevitabilmente abusivo, porti a lunghe battaglie e lunghe attese. Solitamente chi vive ai margini è stato vittima di un processo di esclusione, che lo ha portato a vivere lontano dal centro: è da qui che deriva il termine “emarginato”. é saldamente radicata ancora oggi l’immagine, non solo spaziale, secondo cui il centro racchiude in sé tutti i caratteri positivi di una società, mentre la periferia, il margine, diviene il ricettacolo della negatività, di tutti quegli elementi che creano fastidio e disturbo all’armonia del centro stesso. Malfattori dissidenti e contestatori, sradicati e diversi sono, nei nostri luoghi comuni, gli abituali frequentatori delle zone marginali. Eppure non è sempre così. A volte infatti, stare al margine può essere una scelta pienamente consapevole. La marginalità diviene allora un modo di manifestare la propria identità. Un modo per non stare né dentro né fuori, sempre pronti, se si presenta l’occasione e in base alle proprie necessità, a entrare o a uscire da qualcosa. può essere visto come un modo per guardare con un certo distacco le cose come stanno da una parte del confine e quelle che stanno 24


dall’altra. Solitamente il senso di spaiamento è ulteriormente rafforzato da un’urbanistica ripetitiva, interamente costituita da parallelepipedi identici e giustapposti, senza assi che mirino a un edificio importante, cioè senza gerarchia. A. Corboz definisce questo nuovo tipo di spazialità come spazio utopiano.9 Ovviamente la gestione degli spazi e dei suoi confini è sempre stata strettamente connessa con il potere centrale “nel senso che la strategia di qualunque potere è strategia 10 di spazi” e della loro difesa. L’organizzazione interna di una società diventa quindi automaticamente organizzazione dei suoi spazi. In maniera ancora più generale si potrebbe definire Barcellona una “città di confine”, un po’ come Despina, una delle 11 città raccontate da Calvino, che sopravvive proprio perché ospita al suo interno sia chi viene da un mare sia chi viene dall’altro e “i suoi abitanti non si stupiscono facilmente di sentire parlare una lingua diversa, e loro stessi possono cambiare lingua più volte al giorno in funzione di quello che fanno”. Ma che cos’è una città di confine?

NOTE 9. - Corbo A., “Topografie dello spazio comune”, Bur- Rizzoli, Roma 1998. 10. - Lombardi G., “Spazio e frontiera tra eguaglianza e privilegio: problemi costituzionali tra storia e diritto”, pp.386-387. 11. - Calvino I., “Le città invisibili”, Oscar Mondadori, Milano 1996.

Fuori delle limitazioni di una definizione giuridico-geografica, la città di confine non è più soltanto la città attraversata da una traccia politica o culturale, più o meno permeabile, che la divide. Non è nemmeno la città a ridosso di un confine storico, né quella che a un certo momento della sua storia si è trovata contigua al confine a seguito di avvenimenti politici o bellici. Chiamiamo in questo modo anche quelle che hanno visto traslare il confine al proprio interno, pur trovandosi anche molto lontano da esso, fino a diventare per qualcuno “avamposto”, per qualcun altro “baluardo”, della possibile realtà che il confine include o esclude. Soprattutto però la città di confine è una città dove provare, comprendere e affrontare quell’insieme di questioni come l’immigrazione, l’occupazione, la gestione delle risorse, l’ospitalità, la cittadinanza, la tolleranza, che vengono necessariamente a trovarsi a cavallo tra la dimensione locale, quella metropolitana e quella internazionale, intrecciandosi profondamente e condizionandosi a vicenda. 25


I critici considerano un gesto provinciale il fatto che la crescita o il miglioramento urbanistico di Barcellona si producano quasi sempre per effetto di eventi più o meno straordinari: le rivoluzioni incendiarie dell’Ottocento, l’abbattimento della cinta muraria, l’Esposizione del 1888, quella del ’29, i giochi Olimpici. Mi piace questa valutazione critica perché considero molto positivo che Barcellona sia una a provincia, dal momento che non può essere capitale di uno stato. Solo mi disturba che il termine “provincia” abbia

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virato da un significato amministrativo a uno politico. Non si dica quindi “città provinciale”, ma piuttosto “città di confine”. Non nego i vantaggi impliciti nell’essere capitale, ma, al non esserlo, meglio stare ai confini che essere all’interno. Così mi sembra esemplare che Barcellona si riurbanizzi dipendendo direttamente dai suoi propri movimenti sociali ed economici e dai suoi eventi collettivi, cioè dalle sue proprie forze centripete e centrifughe. Mi sembra meglio essere città che capitale. 12

Oriol Bohigas

NOTE 12. - Bohigas O., “Recontrucciò de Barcelona”, Servizio di pubblicazioni, Segreteria Generale Tecnica, Ministero delle Opere Pubbliche e di Urbanistica, Barcellona, 1986. 27



1 Analisi metropolitane 1.1 Da Barcino a BCN metropolitana 1.2 L’esplosione della città : i numeri 1.3 Caratteristiche della città metropolitana (BCN) 1.4 Pianificazione urbanistica

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1.1 Da Barcino a BCN metropolitana

a. La città di fondazione romana b. La città medievale c. La terza muraglia d. La Ciutadella e la Barceloneta

a. La città di fondazione romana I romani posizionarono il primo insediamento, denominato Barcino, sul Monte Tàber, a 16,9 metri sopra il livello del mare e circondato da fortificazioni. La sua pianta era quella caratteristica del Castrum romano, organizzato cioè secondo due assi ortogonali del Cardo e del Decumano. Oggi la sua topografia è poco evidente in mezzo al resto della città ma in passato la sua altura le ha conferito una posizione privilegiata, proteggendola dalle correnti che scendevano dal Collserola inondando tutto l’intorno e rendendola più importante rispetto alle altre colonie romane della zona, la cui maggiore vulnerabilità nei confronti degli attacchi esterni ne avrebbe alla fine determinato la scomparsa. Fin dall’inizio la città si consolidò dunque su degli assi territoriali molto precisi. La struttura territoriale infatti risultava ben determinata a partire dalle vie romane che, con i propri ponti e tracciati, garantivano il movimento tanto alle truppe militari quanto al traffico commerciale e amministrativo. Di fatto l’ordine assiale orizzontale (nordovestsudovest) e quello verticale (sudovest- nordest) sarebbero poi stati analogamente reinterpretati da Cerdà nel suo pia30

3 - Primo insediamento romano di Barcellona


no. Ricordiamo a tal proposito gli assi maestri della colonizzazione del piano barcellonese; tutto ciò in uno spazio intermedio compreso tra i due fiumi, una zona fertile per le culture locali e in stretto rapporto con il fiume Besòs attraverso un acquedotto che portava l’acqua dal nord direttamente alla città.

b. La città medievale

4 - Vista di Barcellona nel 1579

NOTE 13. - www.el-rec-comtal. blogspot.come.es

La molteplicità di colonizzazioni e invasioni di Barcellona ha prodotto nei secoli un fenomeno di successione e sovrapposizione molto interessante. Con il risollevarsi delle sorti della città dopo il saccheggio e l’incendio perpetrati dalle truppe di Al Mansur del Califfato di Cordoba nel 985, cominciarono a formarsi dei nuclei dispersi al di fuori dell’antico recinto fortificato (le viles noves), che vennero infine inclusi entro un nuovo impianto difensivo a protezione di una superficie di ben 130 ettari. A metà del secolo X i primi conti realizzarono il Rec Comtal, parallelo alla via Franciscana, per portare l’acqua dalla zona del fiume Besòs ai campi della città. Oggi l’antico canale ha interrotto il trasporto di acqua però il suo antico tracciato è conservato nella direttrice diagonale Pere IV e 13 Paseo Maritimo. Dunque la centalità della città cresceva nella misura in cui si consolidava il potere dei suoi conti, che nel corso del XIII secolo intrapresero e finanziarono numerose battaglie 31


di espansione, in un primo momento verso occidente e successivamente verso il Mar Mediterraneo, trasformando Barcellona nella capitale di uno dei più importanti imperi d’Europa del XIV secolo.

c. La terza muraglia Tra il XIII e il XIV secolo, in seguito a una serie di gravi pestilenze, si verificò un forte decremento democrafico: nel 1350 Barcellona, con 200 ettari di superficie protetti dalla muraglia del 1350, ospitava circa 30.000 abitanti. In questo periodo si assistette a un consolidamento della cultura urbana e ad un cambiamento importantissimo nella forma della città: la costruzione tra il XIV e il XV secolo della muraglia del Raval portò infatti all’annessione dei suoli giacenti a ovest alla città consolidata. La nuova muraglia estese il recinto protettivo a oltre 6 nuovi chilometri e portò la superficie difesa a 218 ettari, garantendo alla città un nuovo spazio che, sia pur parzialmente occupato dalle attività che già vi si erano insediate, da riservarsi nel breve termine all’agricoltura, si sarebbe poi rivelato strategico nel lungo periodo per future espansioni, allorché le attività manifatturiere e industriali fossero divenute trainanti.

d. La Ciutadela e la Barceloneta All’inizio del XVIII secolo Barcellona contava circa 58.000 abitanti, per lo più concentrati nel vecchio nucleo medievale. Gli episodi urbanistici che segnarono indiscutibilmente questo periodo furono la costruzione della Ciutadela e quella della Barceloneta, luoghi d’interessante complessità che, sebbene trasformati nel corso dei secoli, sono però giunti fino ai giorni nostri conservando gli impianti originari. Nel progetto della Barceloneta in particolare si può riconoscere la tecnica di pianificazione tipica della tradizione urbanistica spagnola: un alloggio tipo ben definito e la volontà di progettare la città a partire dal tracciato. Questa modalità permetteva di ottenere risultati urba32


ni di alta qualità attraverso l’utilizzo di strumenti molto semplici e una regolamentazione generica delle facciate.

d. L’industrializzazione e le trasformazioni dell’Età Moderna

5 - Panoramica del porto industrializzato di Barcellona a metà del XIX° secolo

Con l’avvento dell’industrializzazione, si assistette a una serie di importanti trasformazioni e, grazie allo sviluppo della rete viaria e ferroviaria, prese avvio il processo di urbanizzazione del territorio circostante che avrebbe assunto poi la configurazione urbanistica attuale. Nella prima metà del XIX secolo si verificarono nella Ciutat Vella una serie di trasformazioni urbane indicative di una nuova dinamica economica e sociale: si rinnovarono gli edifici più importanti e venne riformato il tessuto attraverso la creazione di nuovi tracciati e allineamenti, come ad esempio la Calle Ferràn e il Paseo de Gràcia.

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1.2 L’esplosione della città: i numeri Barcellona si è caratterizzata negli ultimi due secoli per una forte espansione urbana a seguito delle ondate migratorie Novecentesche. Questo ha fatto si che oggi non si parli più solo di Barcellona città slegatamente dalla relativa Area Metropolitana (AMB). Cause ed effetti di queste trasformazioni urbane sono per loro stessa natura varie e diversificate, può essere utile fornire alcune indicazioni sulle caratteristiche socio-econo14 miche: - Dinamiche demografiche. Come nella maggior parte delle città europee, il centro città e i principali agglomerati metropolitani hanno subi to un calo demografico, si è assistito infatti ad un pro gressivo spostamento verso l’area della regione metropo litana; - Rapporto tra attivtà produttive e lavoro. Si è consolidata la tendenza generale a una rifocalizza zione delle attività produttive, come è accaduto in altre regioni metropolitane europee. Le attività a minor valore aggiunto si sono allontanate dal centro città, per appro dare nell’adiacente territorio metropolitano. Si è verifica ta così una “periferizzazione” selettiva dell’industria e del settore terziario. - Infrastrutture e mobilità. Molti cambiamenti nella mobilità intercomunale sono spiegabili con i processi di ri-localizzazione delle attività produttive e dei servizi e con le dinamiche demografiche. I movimenti centripeti sono diminuiti mentre c’è stato 34

NOTE 14. - AA.VV., “L’esplosione della cittá”, Editrice Compositori, Milano 2004.


un aumento dei movimenti trasversali. Territori sempre più distanti sono stati gradualmente incorporati nell’area metropolitana funzionale. Attraverso un confronto dei dati demografici si può notare inoltre che la Metropoli barcellonese ha assunto un’importanza rilevante anche a livello territoriale, la densità abitativa dell’intera Catalogna è infatti in generale di gran lunga inferiore a quella di Barcellona città, che occupa per l’appunto il 3,2% del territorio totale dell’area metropolitana, ma su questa zona si concentra il 32% della popolazione totale. Area Metropolitana - AMB Kmq 3.241 abitanti 4.992.193 densità 1.540 ab/Kmq 6 - Incremento della densità nell’ambito metropolitano

Barcellona Kmq 102,2 abitanti 1.621.537 densità 15.872 ab/Kmq Il suolo barcellonese ha una struttura fisica composta per la maggior parte da urbanizzazione, per il 10,5% da verde urbano e per il 17,5% da verde forestale. 35


1.3 Caratteristiche della città metropolitana (AMB)

a. Il sistema viario b. Il sistema natruale c. Industrializzazione d. Urbanizaciòn marginal

a. Il sistema viario A Barcellona convivono oggi infrastrutture, tracciati e manufatti provenienti da epoche e da visioni della città tra loro differenti. Il funzionamento viario della Barcellona Otto-Novecentesca è evidentemente segnato dal progetto Cerdà, con le tracce della Diagonal e della Gran Via che provvedono a inserire la città dentro il quadro territoriale. Dato il sistema delle Rondas, realizzato in occasione delle Olimpiadi del 1992 e che cinge ad anello la parte centrale, i collegamenti stradali esterni si impostano sulle direttrici marcate dalle vallate dei fiumi Llobregat e Besòs e dalla costa, lungo le quali si sviluppano le principali autostrade di collegamento della città. Le grandi infrastrutture viarie sono importanti distributori che ordinano e potenziano la rete secondaria. Ottenere queste condizioni in una città già costruita ha richiesto strategie di progetto delicate e non convenzionali, le uniche che potessero risolvere a posteriori qualcosa che sarebbe dovuto essere previsto precedentemente. L’attento disegno dell’elemento viario ha assunto nei quartieri periferici un ruolo riqualificatore, producendo spazialità innovative in cui i problemi del traffico sono stati affrontati secondo la prospettiva di nuovi e più complessi criteri di insediamento urbano. Peculiarità della metropoli, che ha portato alla sua nomina di smart city europea nel 2015, è sicuramente il ben funzionante sistema dei trasporti pubblici, composto da una metropolitana (TMB) di 5 linee per un totale di 80 Km li36


7 -Il primo “cinturone” di Ronde di Barcellona

NOTE 15. - www.bicing.cat 16. - Delbene G., “Barcellona. Trasformazioni contemporanee”, Meltemi editore, Milano 2007.

neari, 2 linee di tramvia, un sistema ferroviario (Renfe) che provvede ad un servizio di treni metropolitani, regionali, nazionali e internazionali, sommando nell’ambito metropolitano un totale di 7 linee per complessive 130 stazioni. A queste dotazioni si aggiungono i più recenti servizi di bike sharing (BiCiNg) con 420 postazioni distribuite per la 15 città, per un totale di 6000 biciclette. Si tratta insomma di un sistema ricco e complesso, che oltre a ricercare l’integrazione fra i differenti mezzi di trasporto, attribuisce un ruolo fondamentale alla mobilità pedonale, promuovendo un riconoscimento lo spazio pubblico come elemento di competitività della città sullo scenario internazionale (si consideri a tale proposito il dato che emerge da un confronto della superficie carrabile totale del suolo comunale - pari a 11.007.390 mq - rispetto a quella occupata dai marciapiedi e dalle strade pedonali - 5.985.350 mq e 138,17 ettari rispettivamente). 16

Lunghezza strade Km 1.329 Superficie carreggiate Kmq 9,5 Superficie marciapiedi Kmq 8,2 37


Barcellona ha subito quindi una serie di attualizzazioni del sistema attivando processi interattivi fra le varie modalità che ora ne caratterizzano fortemente la città moderna. Le reti stradali, metropolitana e ferroviaria, sono strettamente relazionate tra loro per favorire la crescita e il funzionamento della città, mantenendo un equilibrio tra le esigenze di flussi e merci. Toccando tutte le modalità, il sistema integrato dei trasporti metropolitani è spinto verso obbiettivi di alta capacità grazie all’interazione dei piani settoriali di gestione e a una pianificazione infrastrutturale. Nel presupposto che la città compatta mediterranea (la città a misura di pedone) risieda fortemente nella qualità di spazi pubblici a cui le infrastrutture della mobilità devono contribuire, si punta all’incremento della multimodalità negli hub passeggeri e alll’interazione tra sistema di trasporto pubblico e privato. La forte attrazione esercitata dal nucleo centrale ha poi reso necessaria una diversificazione della mobilità, non solo per far fronte alla congestione e al collasso delle singole reti, quanto piuttosto per valorizzare e centralizzare i settori residenziali periferici, resi quindi progressivamente capaci di attirare attività terziarie. In questo senso la trasformazione più importante nel sistema della mobilità metropolitana, che ha influito anche sulla vita e la percezione della città, è sicuramente riscontrabile nel periodo dei giochi Olimpici del 1992. Infatti a fronte della realizzazione degli impianti entro cui si svolsero le competizioni e degli edifici per alloggiare atleti e ospiti, venne messa in atto una riforma per il miglioramento della circolazione urbana che portò alla realizzazione dei noti “cinturoni”. Inizialmente i “cinturoni” prevedevano semplici autostrade urbane, segregate e specializzate, ma prima di entrare in funzione vennero rinominati “ronde”, che non fu solo un cambiamento semantico, ma piuttosto concettuale, visto che tali arterie furono davvero progettate e costruite come vie urbane integrate con il proprio contesto, segregando il traffico senza creare fratture nei vari settori attraversati. Uno sforzo importante venne fatto anche nella progettazione dei nodi di interscambio con le altre reti, lavorando con l’urbanità di questi punti. 38


8 -Il nodo de la Trinitat

Dunque con l’entrata in vigore delle ronde, e grazie all’eliminazione del traffico che precedentemente utilizzava le vie dell’Eixample quali arterie di transito, si determinò una notevole diminuzione della congestione nella parte centrale della città. Si passò da un modello di città a spina obbligata a una rete in cui le arterie mare-montagna assunsero un’importante funzione distributrice complementare al funzionamento dell’anello periferico. Questo primo grande sforzo di attualizzazione della rete viaria produsse però anche l’afflusso di un transito non desiderabile, portando ad un aumento smisurato del traffico veicolare. Per questa ragione si decise di cambiare la sezione di grandi assi urbani come la Meridiana, la Gran Via e la Aragò, riducendo la capacità viaria e recuperando spazio per il pedone, la bicicletta, e il verde. Così facendo si riuscì ad evitare che lo spazio liberato venisse invaso da nuovi veicoli.

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b. Il sistema naturale La struttura biofisica di Barcellona è fortemente caratterizzata dalla presenza dei due sistemi fluviali del Besòs e del Llobregat, che delimitano i suoi confini amministrativi, rispettivamente ad est e a ovest, dalla catena montuosa del Collserola, che la chiude a nord-ovest e dal Mar Mediterraneo a sud-est. La città possiede inoltre all’interno dei propri confini municipali 10.000 ettari di spazi verdi, circa 15.000 alberature piantate nelle vie urbane e una sessantina di parchi e la superficie verde pro capite supera i 18 mq. L’elemento differenziale della struttura del verde sono però sicuramente i grandi parchi, zone trasformate dall’occasione olimpica come il parco lineare del Fronte Marittimo, il versante di ponente del Montjuic, la Val d’Hebròn e il parco della Diagonal e quelli appartenenti ad una fase successiva come il Parco del Fiume Besòs e il parco del corridoio infrastrutturale della Sagrera, prossimo alla realizzazione. A livello metropolitano, il mantenimento del patrimonio verde si fonda sulla tutela degli ecosistemi della fascia litorale e prelitorale, relazionando i sistemi geografici del Vallès e del Penedès sfruttando le reti idriche del Foix, del Llobregat, del Besòs e del Tordera. I vari municipi hanno avviato, tra l’altro, operazioni di parchi infill all’interno del tessuto residenziale, confermando in sostanza il modello che la capitale già sta sviluppando a livello metropolitano. 40

9 - Il sistema ambientale e le macro infrastrutture nel contesto metropolitano


10 - Vista della città dalle montagne del Collserola

Volendo tracciare una linea storica di sviluppo della creazione degli spazi verdi nell’area centrale di Barcellona bisogna associare l’avvio di questo processo alla demolizione delle mura difensive nel 1854 e alla conseguente espansione urbana nei territori divenuti disponibili. A partire dal XX secolo l’incremento del verde pubblico avvenne in maniera costante; con la creazione di un organismo appositamente dedicato al mantenimento e sviluppo del verde urbano, si articolò per la prima volta una struttura razionale di distribuzione dello spazio pubblico impostata su una visione d’insieme. Con l’avvento della democrazia molti spazi occupati da infrastrutture obsolete vennero convertiti in parchi (come ad esempio il Parc Joan Mirò); altri spazi verdi si resero possibili grazie al recupero di proprietà o la cessione di vecchie fabbriche come il Parc de l’Espanya Industrial e del Clot. Casi molto speciali sono poi quelli costituiti dal Parc de la Trinitat: disegnato all’interno di un complesso nodo viario sul quale convergono le tracce autostradali provenienti dal Levante e la Ronda de Dalt. Si tratta di una nuova tipologia di parco urbano, che diviene fulcro della vita di quartiere e spazio rappresentativo di referenza identitaria. Il parco in questo senso non possiede più solo la funzione di garantire spazi per il gioco o lo svago, ma è un luogo polivalente in cui si produce relazione e scambio tra i differenti settori sociali che ne compongono l’utenza. Anche quando la sua estensione è limitata, si configura come spazio multifunzionale. Per questa ragione vi si trovano sempre giardini, 41


c. Industrializzazione La Catalogna è un territorio dove l’industria ha sempre svolto un ruolo molto importante . Preliminarmente fu pioniera nel processo di industrializzazione spagnolo e più recentemente, questa attività ha rappresentato circa un quarto dell’industria spagnola, sia in termini di occupazione come volume di fatturato, e un quinto del della rete di affari. Come nel resto della Spagna, predominano le piccole e medie imprese (PMI) che rappresentano circa il 99% del totale delle unità produttive. In un territorio di grande tradizione industriale, dove le PMI costituiscono la maggior parte del tessuto produttivo, è naturale che, almeno in parte, queste attività si organizzino intorno ad un sistema produttivo locale. Se si considera che l’Area Metropolitana di Barcellona (AMB) - con solo il 2% del territorio - rappresenta circa il 50% del PIB e dell’occupazione in Catalogna, si può dire dunque che questa area concentra un’alta densità di attività economica registrando pertanto un’elevata presenza di sistemi produttivi. Dal punto di vista territoriale, la distribuzione geografica del sistema produttivo locale (SPL) coincide con i modelli di concentrazione geografica dell’industria in generale, con un’elevata agglomerazione nei dintorni della città di Barcellona e più concretamente all’interno dell’Area Metropolitana. Così l’area di riferimento rappresenta il 55% del SPL identificato, l’80% degli stabilimenti industriali identificati, l’85% dell’occupazione e circa il 75% del fatturato. 17 Inoltre le SPL localizzate nell’Area Metropolitana presentano un grado notevole di apertura, che mostra la loro competitività internazionale, e un alto grado di specializzazione. In sintesi, sia per ragioni storiche che per per motivi strategici, gran parte dell’industria in Catalogna si organizza in torno a gruppi territoriali di imprese che, attraverso la densa rete di relazioni e interdipendenze tra loro e altri membri della comunità locale, generano un insieme di economie esterne alle stesse. Questa forma di organizzazione consente loro di ottenere garanzia ed efficienza che altrimenti potrebbero essere raggiunte solo attraverso l’uso di economie interne, aumentando la scala di produzione per operare in condizioni di riduzione dei costi unitari. 42

NOTE 17. - Hernàndez et al. 2005


All’inizio degli anni Sessanta l’economia nazionale iniziò a crescere, raggiungendo il vertiginoso ritmo del 9% annuo. Il reddito procapite si quadruplicò e nel 1964 la Spagna venne affrancata dalle Nazioni Unite dal titolo di paese in via di sviluppo, divenendo nel ’73 la nona potenza industriale al mondo. La distribuzione del 1977 degli usi del suolo nella regione metropolitana ci mostra la situazione di un territorio sofferente di un processo di recente industrializzazione moderna (da metà degli anni Cinquanta fino alla metà degli anni Settanta, quando si verificò la crisi internazionale dell’energia) e in procinto di avviarne uno di pesante infrastrutturizzazione, attraverso la realizzazione delle prime nuove arterie strade stradali. Si può vedere come l’industria fosse principalmente concentrata nel centro città (nella Zona Franca), nelle aree di recente sviluppo industriale di Sant Andreu de la Barca y Martorell, nelle città di Sabadell e Terrassa e nel basso Vallès. Un’unica grande superficie commerciale (Baricentro) è la prima manifestazione della nuova situazione e dell’ampliamento del terziario nella struttura economica metropolitana, come rilievo delle attività produttive tradizionali, che fino ad allora avevano tenuto il primo posto. Nel periodo tra il 1977 e il 2004 si avverte l’apparizione di nuove superfici e attività terziarie: nel sistema urbano del delta del Llobregat, con la trasformazione del settore industriale in terziario; nel tratto centrale della A-7/ B-30 che passa attraverso Sant Cugat del Vallès e Terrassa; infine nella zona di levante della città, ovvero Santa Coloma de Gramenet. Nell’ultimo decennio, allineandosi con il modello sassone del business park e il modello francese del parcs d’activité, antichi poderi industriali sono stati sostituiti da nuovi modelli, dove la presenza della natura, un più alto livello di urbanizzazione e una migliore cura del paesaggio urbano sarebbero i caratteri dominanti.

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Lo studio delle aree industriali specializzate e il loro rap18 porto con il tessuto urbano ha permesso di stabilire quattro tipi di aree: - settore integrato, quei poligoni cresciuti in estensione con il crescere del tessuto urbano molto consolidato e di una certa densità. La maggior parte sono poligoni industriali nati prima del 1977 e localizzati nei centri del nucleo storico, come la Zona del Poblenou a Barcellona, Sant Adrià de Besòs, Sant Andreu de la Barca, L’Hospitalet de Llobregat, ecc. Alcuni di questi tessuti industriali (come il Poblenou) hanno poi convertito la loro funzione da industriale a terziario; - settori in continuità, quei poligoni cresciuti in estensione con il crescere del tessuto urbano esistente. Si trovano localizzati soprattutto nelle grandi aree urbane; - settori separati, poligoni che sono separati dai nuclei urbani per distanze di almeno 1 Km, caratterizzati solitamente dalla presenza di infrastrutture di primo ordine, una topografia spiccata o il passaggio di un asse fluviale principale; - settori dispersi, ovvero lontani dagli assi urbani metropolitani e situati negli aperti spazi di pianura pre-litorale, in vicinanza di aree protette come il Collserola, l’Ordal e il Parco della Serralada y Marina.

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11 - Il tessuto industriale nel contesto metropolitano

NOTE 18. - Quaderns - PDU metropolità, Vol 4: Urbanismo y nuevas dinàmicas sociales productivas, Workshop 3, AMB, Barcellona 2014.


La rivoluzione industriale, ha profondamente trasformato tutta l’Europa, e come accadde per moltissimi corsi d’acqua limitrofi alle città, che videro trasformarsi irrimediabilmente il territorio a loro circostante, anche lungo i fiumi Besòs e Llobregat travorono posto moltissime attività industriali, principalmente per motivi di trasporto (vista la vicinanza con importanti arterie di trasporto), di drenaggio, di pulitura, di produzione e di energia.

12 - Vista del porto industriale di Barcellona oggi

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d. “Urbanizaciòn marginal” : i poligoni residenziali A partire dagli anni Trenta del Novecento fino ai Settanta le città spagnole e, nel caso specifico Barcellona, subirono una crescita incontrollata. Gli anni più rilevanti di questa crescita furono sicuramente quelli tra il 1959 e il 1973 del 19 cosiddetto “miracolo spagnolo” (Desarollo). È il fenomeno più rimandabile e importante lasciato ai posteri dai franchisti spagnoli, poiché permise l’avvento e lo sviluppo di una borghesia dominante, base e strumento per la creazione e l’assestamento della democrazia che da lì a breve si sarebbe instaurata. Il boom venne favorito da riforme economiche promosse 20 dai cosiddetti “tecnocrati” nominati da Franco, che misero in atto le politiche di sviluppo neo-liberali del Fondo Monetario Internazionale. L’implemento di queste politiche prese la forma di piani di sviluppo (planes de desarollo) ed ebbe ampio successo: la Spagna entrò ufficialmente nel mondo industrializzato. Lo sviluppo economico ed industriale portò con sé, com’era ovvio, anche un esplosivo incremento della popolazione di un milione di abitanti, e ad un aumento, spesso non pianificato, nel numero di edifici nelle periferie delle principali città spagnole, per ospitare la nuova classe di lavoratori portata all’esodo rurale, molto simile alle banlieue francesi. “A Barcellona, il fenomeno della nascita incontrollata dei nuovi quartieri residenziali spontanei è nota sotto il nome di urbanizaciòn marginal, dove il termine “marginale” in46

13 - Urbanizzazione marginale nel contesto metropolitano

NOTE 19. - nome dato al boom economico spagnolo. 20. - I “tecnocrati” erano una nuova specie di economisti che rimpiazzarono la vecchia guardia falangista, propensa all’isolazionismo.


14 - Vignetta satirica sul fenomeno dell’urbanizaciòn marginal

NOTE 21. - Busquets J., “La urbanizaciòn marginal”, Univ. Politèc. de Catalunya, Barcellona 1999.

dica sia la localizzazione ai margini della città formale nella provincia (che solo in un secondo momento diventerà regione metropolitana), sia la marginalità sociale che dilagava (e in certi casi dilaga tutt’ora) tra le frange povere della popolazione che vi risiede”.21 Con queste parole Joan Busquets intendeva dire che le urbanizzazioni marginali, i cosiddetti barrios de coreas, sono state utilizzate come meccanismi per generare nuove possibilità per facilitare la successiva riconversione del suolo urbano, con conseguente plus valore. Questi “progetti marginali” si dovettero in parte all’impulso della politica abitativa pubblica, tendente ad incrementare rapidamente l’offerta di abitazioni a basso costo ma soprattutto alla spinta di una speculazione aggressiva, spesso assecondata dal governo centrale, che congiuntamente portarono al progressivo travalicamento dei limiti della città. Con il Plan de Estabilizaciòn del 1959 vennero promossi una serie di cambiamenti che determinarono un rafforzamento dei settori industriale e turistico a scapito di quello agricolo, mentre il Plan de Urgencia Social del 1958 delimitò una serie di ambiti di esproprio finalizzati al conse47


guimento a prezzi ragionevoli di suolo edificabile, favorendo così la comparsa di importanti complessi di residenze a prezzi ridotti, i poligoni, (poligonos in spagnolo), la cui costruzione coincise con una maggiore capacità operativa degli operatori immobiliari e con l’introduzione di soluzioni innovative nel campo delle tecnologie costruttive. Si è giunti così alla creazione di estese e dense parti di periferia, realizzate secondo la prassi funzionalista, costituite cioè da agglomerati in cui a dominare erano i poligonos, con la loro plastica ripetitiva, prive dei servizi necessari e cresciute a ridosso delle principali infrastrutture viarie, spesso addirittura anticipando la loro realizzazione o il loro completamento. I primi poligoni di promozione pubblica quasi mai superavano i 10 ettari di estensione e offrivano una notevole varietà tipologica; dagli anni Cinquanta l’edificazione cominciò a poggiarsi sui viali e gli interventi presero a pianificarsi in continuità con la città costruita, giungendo ad estensioni comprese tra i 10 e i 30 ettari e un numero di alloggi normalmente superiore alle 1 000 unità. I poligoni speculativi fecero invece la propria comparsa nella seconda metà degli anni Sessanta, occupando settori di ridotta superficie (generalmente inferiori ai 15 ettari), ma concentrando un gran numero di alloggi. La loro localizzazione era generalmente piuttosto eccentrica e le abnormi densità che li caratterizzavano erano spesso conseguenza di un’interpretazione abusiva della normativa. Meglio note come aree di degrado fisico e sociale si trovavano sia in ampi settori del centro storico, con insediamenti precari barracas - sia ridosso delle aree industriali, ossia in luoghi originariamente privi di vocazione speculativa, in aree periferiche prive delle infrastrutture principali, sia a valle dei rilievi collinari e lungo la costa. Questo fenomeno di abusivismo edilizio è meglio noto con il temine di barraquisme. La città consolidata si è così trovata in poco tempo al centro di una metropoli in forte espansione, cresciuta di 1,5 milioni di abitanti in soli venti anni, assediata dalla città speculativa, da un’imponente congerie di popolazione, in gran parte dipendente dall’area centrale, e da attività industriali decentrate, attraversata da altrettanto imponenti flussi di traffico. Se, da un lato, era stato in larga parte soddisfatto il bisogno primario dell’abitazione, dall’altro si era consolidato e an48


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15. Gli abitanti del vecchio quartiere popolare di Bon Pastor


che aggravato, nelle sue implicazioni spaziali, il sistema delle disuguaglianze sociali ampliando notevolmente i bisogni insoddisfatti, quindi le situazioni di disagio. Queste grandi aree marginali degradate difatti hanno costituito il terreno e il veicolo culturale per la formazione e lo sviluppo di movimenti sociali urbani; fu durante il difficile decennio di transizione della democrazia che le azioni conflittuali rivendicative, incentrate sui temi delle condizioni di vita urbane delle periferie, del consumo collettivo di beni e servizi pubblici, della politica delle grandi infrastrutture della mobilità - la cui realizzazione avrebbe comportato la demolizione di un considerevole numero di abitazioni, soprattutto in queste aree - raggiunsero il loro apice. Esse si sono manifestate congiuntamente ai fenomeni di integrazione di varie attività e di spazi di differente uso, specialmente nell’area dell’Ensanche e nei nuclei urbani di antica formazione, così come di segregazione ed esclusione. Sia il fenomeno del barraquisme, sia quello dell’abusivismo edilizio erano stati tollerati in quanto esito di un processo migratorio riconosciuto come naturale e inevitabile, poiché avrebbe favorito la formazione di una riserva di manodopera a supporto dello sviluppo industriale. Per cui non si adottarono misure efficaci per farvi fronte nemmeno dopo l’approvazione, nel 1949, di nuovi provvedimenti municipali volti ad ostacolarli, attraverso interventi di demolizione di ogni opera considerata abitazione precaria e di contenimento dell’immigrazione. Dalle iniziali azioni sperimentali di iniziativa pubblica degli 50

16 - Locandina di promozione del Plan de Urgencia


anni Venti - casas baratas - l’azione pubblica si era orientata verso interventi di carattere intensivo. Questi ultimi erano stati promossi dalla commissione per lo sviluppo urbano di Barcellona e delle altre municipalità - istituita nel 1953 per gestire il Plan Comarcal - ed erano stati realizzati secondo gli schemi del piano di Urgència Social della seconda metà degli anni Cinquanta. Localizzati in zone contigue alle aree già edificate, con la pretesa di elevarne il carattere urbano, oppure in aree decentrate, in prossimità dei luoghi del lavoro, in lotti di medie o medio-grandi dimensioni (dai 10 ai 30 ettari) contenenti normalmente più di mille alloggi - la cui urbanizzazione aveva significato un’estensione del processo di valorizzazione fondiaria ad ampi settori urbani - essi erano stati realizzati con differenti logiche e modalità insediative. Da un lato riproponendo i criteri di allineamento su fronte strada, dell’accorpamento per isolati e dell’articolazione dello spazio aperto dell’impianto dell’Ensanche. Dall’altro contrapponendosi a questi criteri, come prima applicazione riduttiva dei modi dell’architettura (casa bloc) e dell’urbanistica razionaliste. Si erano quindi formati quartieri autonomi, in relazione con le zone produttive, come nelle aree del Besòs, di Sant Marti e di Montbau, costituiti da combinazioni seriali di case a schiera e blocchi lineari di alta densità, in spazi liberi anche di significativa dimensione, che avrebbero dovuto assolvere differenti funzioni, ma che sarebbero rimasti lungo senza definizione. Di più recente realizzazione è invece il Plan de Vivienda (2004-2010), emanato per rispondere ad una richiesta tra le 65 e le 100.000 unità di nuove residenze, realizzate presso suoli industriali obsoleti e aree marginali, andando a riqualificare gli “scomodi” poligoni residenzialie e le la riqualificazione dei più vecchi quartieri popolari e i quartieri di casas baratas. Nel piano si prevedeva di riservare a regime di tutela tra il 35% e il 50% del totale degli alloggi, includendo proposte di innovazione tipologica accostando modelli consolidati ad altri più innovativi e aderenti alle esigenze dei futuri utenti. Tra questi interventi i più significativi sono stati quelli dei quartiere in prossimità del fiume Besòs: Barò de Viver, la Mina, la Catalana (completata solo nella zone nord) e Torre Barò. 51


17. Lotte degli abitanti dei poligoni per i servizi e i diritti basilari



Possiamo considerare le cittĂ documenti complessi ma intelligibili che ci parlano dei valori e delle aspirazioni dei loro amministratori, dei loro pianificatori, dei loro costruttori, dei loro proprietari e dei loro abitanti. Donald J. OlsenD. Karahasan

NOTE 22. - Olsen D.J., “The city as a Work of Art�, Yale University Press, Yale 1986.

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1.4 Pianificazione urbanistica

a. Plan Cerdà b. Plan Regional c. Plan Comarcal d. Plan General Metropolitano e. Barcellona strategica

Dal 1980 a oggi la trasformazione urbanistica di Barcellona è stata continua, ma con accenti diversi; una sequenza di piani e progetti, sicuramente più comprensibili se si considerano anche i prodromi e le discontinue dinamiche di crescita che li hanno preceduti, fa si che i tessuti, dominati dalla maglia Cerdà.

a.Plan Cerdà Di fronte all’insostenibile situazione igienica generata dall’incredibile incremento della densità (la città ospitava nel 1859 150.000 abitanti entro un perimetro leggermente inferiore a quello che nel XVIII secolo aveva accolto 64 .000 persone) e della commistione dei recinti industriali con quelli residenziali della popolazione operaia, nel 1884 l’amministrazione cominciò a chiedere al governo centrale di Madrid il permesso per la demolizione della muraglia e l’edificazione di nuove superfici urbane. Dopo che nel 1846 si impose il divieto all’insediamento di nuove fabbriche all’interno della città fortificata, il Capitano Generale di Barcellona comunicò nel 1854 l’accettazione della richiesta di demolizione della struttura difensiva. Iniziò così il processo che avrebbe dato luogo all’ampliamento (Eixample) della città, il cui progetto, avviato nel 1854, sarebbe stato infine approvato solamente nel 1860. Al lavoro fin dal 1849 sulla sua idea urbanizadora, l’ingegnere Idelfonso Cerdà, dopo la stesura di un eccellente Plan Topogràfico de los alrededores de Barcelona incaricatogli dal 55


governatore civile. Il progetto si strutturava a partire dalla coesione di tre idee fondamentali: i principi igienisti, che, ben giustificati dalla drammatica situazione esistente, già possedevano buoni precendenti; la centralità delle esigenze della circolazione, per cui la città moderna avrebbe dovuto innanzi tutto esprimere un’eccellente capacità ricettiva per i nuovi strumenti della mobilità meccanica; infine, una nuova idea urbana che avrebbe abbracciato la piana di Barcellona nella sua interezza, tanto nelle parti già edificate quanto in quelle in attesa di urbanizzazione. Si trattava di una visione che si proponeva di dare forma ad un organismo urbano che garantisse condizioni di uguaglianza a tutti gli abitanti che l’avessero utilizzato. Il piano venne sempre formulato come Ensanche e Reforma de Barcelona e ordinava isotropicamente il territorio circostante il nucleo centrale attraverso l’uso sistematizzato di una griglia ortogonale che si adattava ai caratteri geografici del contesto. Da un lato prefigurava quindi la progressiva formazione di una metropoli attraverso un rigoroso sistema di crescita che permetteva tanto l’occupazione del suolo agrario, producendone un’efficiente ridistribuzione, quanto l’integrazione delle agglomerazioni già consolidate. Dall’altro però, sebbene questa parte non fosse alla fine mai approvata, contemplava anche una previsione di riforma della città esistente che potesse riscattarla dalle sue pessime condizioni. L’efficiente gerarchizzazione delle vie carrabili, che propose il disegno di alcuni elementi inediti per la viabilità urbana quali il ritaglio degli angoli degli isolati al fine di agevolare la circolazione e il movimento di mercanzie e persone, comprese tanto la creazione di una serie di nuove arterie di rango maggiore differenziate secondo direttrici strategiche che provvedevano a relazionare la città con la scala territoriale extra-locale (Diagonal, Gran Via, Parallel, Meridiana), quanto l’inglobamento dei vecchi tracciati che, esterni alle mure (Passeig de Gràcia, Avinguda de Sarrià, Avinguda de Roma, Carrer de Ribes, Carrer de Pere IV), si costituivano adesso come elementi eccezionali della maglia isotropa. Al sistema delle vie, funzionali a permettere la circolazione in tutte le direzioni, si sovrapponeva quello delle inter-vie, ossia degli ambiti di quiete e riposo definiti dalle prime e al cui interno si sarebbero ricavati gli spazi per l’edificazione 56

18 - Piano di Cerdà per Barcellona, 1859


privata e per quella delle dotazioni comunitarie. La massa edificata venne dunque ordinata tra interassi di condizioni igieniche alle nuove costruzioni, la maglia venne orientata a 45° rispetto al nord, prevedendo che all’interno di ogni isolato solo un 50% della superficie fosse edificabile.

b. Plan Regional

19 - Piano regionale di Barcellona, 1932

Si tratta della prima vera trasformazione del territorio nella sua dimensione metropolitana durante la seconda Repubblica Spagnola, con il Pla Macià del 1932, considerando anche le aree più esterne e disponendo chiare previsioni pianificatore del loro utilizzo: la zona del Delta del Llobregat come città riposo e della vacanza, il Prat come identificazione della zona aeroportuale, estensione dell’area portuale oltre il fiume Llobregat, nonostante poi la guerra civile andrà ad annullarne la sua operatività; contemporaneamente, si delinea il Regional Planning di Rubiò i Tuduri che prevedeva una divisione in zone del territorio catalano, inteso come una grande città, identificando l’ambito funzionale di Barcellona come quello centrale rispetto ai 26 municipi dell’intorno. L’ambito territoriale rappresentato (ambito molto simile a quello che successivamente verrà indicato come Comarca de Barcelona nel 1953). Per la prima volta una proposta di relaziona con la crescita della città nel territorio de Vall Baixa del Llobregat e con la geografia di un ambito molto più ampio attraverso uno schema di base di zonizzazione territoriale (zona agricola, parco centrale, porto industriale, etc). Proprio questa idea di zonizzazione territoriale verrà applicata nell’esame preliminare e nelle prime ipotesi per il Pla de distribuciò en zone del territori català, anche chiamato Regional Planning, del 1932, basato sulla definizione di zone stilate dalla Generalitat de Catalunya l’anno precedente. In questo documento si ritrova un’applicazione parziale dei criteri di zonizzazione generale nella regione barcellonese, individuando non solo aree agricole o di riserva naturale ma anche le aree urbane divise secondo l’uso residenziale, industriale o commerciale. Osservando il Piano sorprendono le dimensioni degli spazi d’uso per aree di quartiere, residenziali e di verde pubblico, che occupano la quasi to57


talità dello spazio disponibile tra le aree agricole e quelle boschive. Questa proposta mette in luce l’influenza delle tendenze urbanistiche centro europee riguardo la pianificazione e la organizzazione del progetto urbanistico alle differenti scale, sia quella urbana sia quella territoriale. Inoltre, nello stesso piano è interessante notare come appaiano nuovi territori direttamente legati al processo di espansione di Barcellona, in particolare la connotazione del massiccio di Collserola come riserva naturale dell’agglomerato urbano di Barcellona e delle zone limitrofe.

c. Plan Comarcal La drammatica necessità di alloggi, la crescita della pressione speculativa e la parallela diminuzione del suolo disponibile all’urbanizzazione fecero sì che l’amministrazione avviasse l’elaborazione di nuove strategie per l’area metropolitana nel suo insieme. Con questa finalità nel 1953, espressione di quella che successivamente fu denominata fase desarollista, venne redatto da Josè Soteras il Plan Comarcal. Esso procedeva con una zonizzazione rigorosa e la nucleazione dei quartieri, il Piano definiva un modello di distribuzione funzionale per cui tutte le 26 municipalità disponevano delle distinte funzioni come se si trattasse di unità completamente indipendenti. Le idee generali del Piano erano: equilibrare la crescita demografica alle condizioni geografiche del territorio, prevedendo un limite massimo di quattro milioni di abitanti per il territorio pianificato (in questo ambito la popolazione del 1950, era poco più di un milione e mezzo di abitanti). Prevedendo anche una graduale riduzione della crescita demografica mano a mano che si avvicinava a quel valore limite; ottenere una crescita non attraverso l’estensione incontrollata di Barcellona ma per mezzo di un processo “gerarchizzato” in cui diversi nuclei preesistenti mantenessero la propria identità. Questa è l’idea di nucleizzazione dello spazio residenziale che alcuni grafici del Piano mostrano chiaramente, in relazione anche ad una localizzazione decentralizzata ed equilibrata in questi nuclei del settore industriale e produttivo; 58

20 - Pla Comarcal, 1953


21 - Plan General Metropolitano, 1976

in ultimo un’attenzione particolare alle infrastrutture, le quattro rondas di Barcellona, la rete ferroviaria in relazione alle attività industriali e portuarie. Lo sviluppo della pianificazione dettata dal Plan Comarcal si realizza negli anni successivi attraverso piaci parziali, sia in aree di nuova crescita sia nei settori già consolidati precedentemente. Va sottolineato che furono proprio questi piani ad indirizzare le linee di espansione e di trasformazione del territorio, a partire dalla sua morfologia frammentata, fino ad arrivare agli anni ’60, cioè alle attuazioni nel settore infrastrutturale piuttosto rilevanti per l’intera area metropolitana. Il concetto di Area Metropolitana viene ampliamente riconosciuto solo nell’anno 1963 con la promulgazione della legge che riconoscerà l’area metropolitana di Madrid; nel caso di Barcellona, solo nel 1964 venne istituita la Commissione Tecnica per la Revisione del Plan Comarcal, che si concretizzò nella proposta di uno Schema del Piano Direttore dell’Area Metropolitana di Barcellona, in quanto si riteneva necessaria la creazione di un organismo di gestione della stessa area. In quel momento le istituzioni con maggiori competenze territoriali si accordarono per dividere, con volontà pianificatoria, l’ambito metropolitano in tre zone o livelli: la Provincia di Barcellona, comprendente 27 comuni e regolata dal Plan Comercal; l’area di azione immediata, formata dalle provincie del Maremme, Valles e Baix Llobregat; l’area di azione secondaria, comprendente le restanti province all’interno dell’ambito funzionale metropolitano, cioè entro il suolo occupato dal 162 comuni.

d. Plan General Metropolitano Alla fine del 1975 e dopo 36 anni di autoritarismo, mentre la società spagnola entrava nella difficile fase della transizione democratica, Barcellona denunciava un gravissimo deficit dotazione e di servizi. I pochi spazi pubblici esistenti erano frequentemente soffocati da un eterogeneo magma edilizio di pessima qualità e la città presentava una delle densità abitative più elevate del mondo. Fu possibile intraprendere azioni che riuscissero a produrre un valido cambio di rotta solo dopo il 1978, quando la 59


Spagna si diede una nuova forma di governo a monarchia costituzionale e vennero fissate le nuove competenze di autonomia per cui la Generalitat, ristabilita nel settembre del 1977, avrebbe governato il territorio amministrativo della Catalogna. Il Plan General Metropolitano, giunto a conclusione di un periodo urbanisticamente convulso e disordinato, fornì l’impalcatura sopra cui avviare una risoluzione dei conflitti che si erano accumulati nel corso degli anni. Nel 1974 venne costituita la Corporaciò Metropolitana de Barcelona quale organismo di amministrazione locale che, raggruppando lo stesso ambito precedentemente abbracciato dal Plan Comarcal, contava una superficie di 470 Kmq per 3.100.000 abitanti. è giusto rimarcare che da subito vennero avanzate proposte molto precise circa l’opportunità di salvaguardare spazi interstiziali, vuoti obsoleti, per future dotazioni di servizi, superfici queste che avrebbero permesso successivamente un sensibile incremento della qualità urbana. La densità venne radicalmente riconsiderata e abbassata di un 27-30% rispetto agli indici adottati durante il periodo speculativo. Il territorio fu organizzato in sistemi o spazi di chiara vocazione pubblica da un lato e zone assegnate all’iniziativa privata dall’altro. Lo zoning, a differenza di quelle che erano state le tecniche abituali, si affrancava dalle funzioni e veniva invece associato ai differenti processi urbani (densificazione, trasformazione, ecc.), in modo da farsi più aderente alle dinemiche urbanistiche. Il Plan Metropolitano godeva indubbiamente delle virtù della chiarezza e della precisione, cosa che risultò efficace per evitare che l’apparato normativo si trasformasse in qualcosa di strumentale alle commissioni speculative tra i soggetti pubblici e gli operatori privati. Un aspetto del PGM che invece incontrò la disapprovazione dell’opinione pubblica e delle piattaforme cittadine, anche e soprattutto dopo la sua entrata in vigore, fu il meccanismo con cui esso per elaborare gli specifici interventi, previde di passare attraverso la stesura dei denominati Plan Parcials, strumenti che, promossi dagli operatori privati, frequentemente si giudicò stessero estromettendo la base cittadina dal controllo della fase decisionale. 60


Il Piano fu però nel suo insieme un corpus tecnico di indiscusso successo, in quanto riuscì a porre termine alla dinamica di deterioramento del tessuto che molte zone di Barcellona stavano subendo e fermò un grave processo di densificazione che molti giudicavano inarrestabile.

e. Barcellona strategica

22 - Piano strategico per Barcellona 2020

La metropoli ha alle spalle oggi 27 anni di pianificazione strategica e più nello specifico 5 Piani Strategici, i primi tre a scala municipale e gli ultimi due a scala metropolitana. Il Primo Piano Strategico di Barcellona (1990 - 1994) si proponeva di consolidare Barcellona come metropoli europea, configurandola come un centro direzionale di una macro-regione europea, migliorandone in primo luogo qualità della vita e potenziandone il sistema industriale e i servizi avanzati per le imprese.Il Secondo Piano Strategico di Barcellona (1994 - 1999) intendeva consolidare l’integrazione dell’area di Barcellona nell’economia internazionale generando una risposta positiva alle nuove richieste d’integrazione sociale, garantendo lo svolgimento dell’attività economica in ambito internazionale. Per quanto riguarda il Terzo Piano Strategico di Barcellona (1999 - 2003) era orientato a promuovere i processi di trasformazione economica, sociale e urbana che rispondessero al modello della società della conoscenza, per consolidare la sua posizione all’interno dei confini nazionali e sui mercati internazionali. Passando alla scala metropolitana, il primo Plan Estrategico Metropolitano (2003 - 2006) costruiva la sua visione di sviluppo attorno ai concetti di innovazione, creatività e conoscenza, cercando le modalità più idonee per assicurare una gestione del territorio al servizio di cittadini, imprese, organizzazioni, istituzioni e comuni dell’area metropolitana. La sua finalità era quella di promuovere entro un quadro di cooperazione pubblico-privata e intermunicipale che includesse la partecipazione degli agenti socio-economici, i processi di trasformazione necessari nell’Area Metropolitana per orientare lo sviluppo economico e sociale di questo ambito e la costante rigenerazione del suo potenziale di crescita. Per la prima volta la pianificazione si è confrontata con una 61


metropoli polinucleare assai diversificata nel suo insieme e un territorio molto congestionato che andava gestito con cautela per trasformarlo in un luogo urbano di qualità. Infine il Quinto Piano Strategico Metropolitano di Barcellona (2010 - 2020) si articola in sei sfide principali: sostenibilità e adattabilità ai cambiamenti climatici attraverso l’efficientamento energetico e la riduzione degli agenti inquinanti; posizionamento internazionale, Barcellona come capitale della macro area mediterranea; leader mondiale nei settori della conoscenza selezionati (design, arte, salute e sport); competitività promuovendo nuovi settori economici e seguendo l’approccio “Beyond ‘bio’ companies”; attrazione di talenti innovativi; coesione sociale per rispondere alla crisi costruendo una società più equilibrata attraverso azioni nei settori dell’istruzione, della cultura, dello spazio pubblico, dell’edilizia sociale e della mobilità. Inoltre più un centinaio di amministrazioni sono coinvolte nel progetto denominato Anella Verda Metropolitana, che prevede l’istituzione di due corridoi ecologici agli estremi dell’area metropolitana che passino per la depressione prelitoriale attraversando il Vallès Oriental (Sant Celoni) e il Penedès. La scommessa di Barcellona e della sua Area Metropolitana appare indirizzata sul cammino più logico a fronte delle condizioni del contesto.

23 - Green Plan per Barcellona 2020

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2 Sulla linea di confine nord: il fiume Besòs 2.1 Il sistema della mobilità 2.2 Il sistema insediativo 2.3 Il sistema ambientale

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L’ambito del fiume Besòs rappresenta uno spazio di opportunità e sperimentazione dove si concentrano le principali infrastrutture che producono e distribuiscono energia alla città, e anche i grandi drenaggi. Questo ambito è caratterizzato da una mescolanza di scale, forme e usi sociali. I rapporti tra la situazione attuale e le varie proposte sono 23 derivati dai piani che da 150 anni hanno disegnato il fiume come un confine, con un grande parco forestale che doveva essere il più grande parco metropolitano, uno spazio di accrescimento industriale e di quartieri operai; uno spazio insomma dove trovare le funzioni che non si adattavano alla città centrale. Oggi la situazione è molto differente: negli ultimi 25 anni sono stati realizzati numerosi progetti e conversioni pubbliche su entrambi i lati del fiume che hanno trasformato la vita dei quartieri; l’inserimento di nuovi mezzi pubblici (metropolitana e tram) ha decisamente migliorato il rapporto tra le parti e ha rinforzato il carattere metropolitano di alcune aree. Il Besòs non è più la frontiera fisica disegnata nelle pianificazioni precedenti; i suoi margini sono spazi di opportunità legati ai ponti e alla potenziale continuità tra i tessuti dove possono sorgere nuove aree verdi e attrezzate. 24 Il film Petit Indi mostra chiaramente la bellezza dei contrasti nel paesaggio del fiume Besòs intorno al Rec Comtal e gli spazi agricoli a fianco alle grandi infrastrutture e autostrade. Due paesaggi, pertanto, che coesistono e rendono questa enclave una zona di grande centralità e possibilità. 66

24 - Evoluzione delle pianifazioni sul fiume

NOTE 23. - Propuestas de planeamiento en los alrededores del Besòs, 1855-2004. 24. - Film di Marc Recha, “Petit Indi”, Parallamps Companya Cinematocrafica, Barcellona 2009.


2.1 Il sistema della mobilità

a. Autostrada doppia barriera b. Criticità

a. Autostrada doppia barriera La costruzione di strade negli anni ’90 del Novecento ha portato ad una situazione di asimmetria per i fronti fluviali, la sponda destra, quella rivolta verso la città di Barcellona, è infatti affiancata, per tutto il tratto terminale, dall’autostrada del Litoral, una superstrada a 4 corsie che collega il litorale alla montagna; mentre la sponda sinistra e occupata da strade a basso traffico e ad uso prevalentemente locale. Questo forte intervento ha fatto in modo che Barcellona tutt’oggi abbia un rapporto più difficile con il letto del fiume di quanto lo abbiano Santa Coloma e Sant Adrià. Questa autostrada appartiene al più vasto intervento di Rondas metropolitano, che ha permesso la ricucitura del territorio su più ampia scala, portando con sé elementi “scomodi” come i nodi autostradali, lasciati per la maggior parte abbandonati e privi di funzione, e da cui questa area è profondamente segnata. La zona di intervento si mostra ben collegata attraverso la rete di trasporti pubblici (metropolitana, tram e autobus) e ricca di attraversamenti carrabili, e in parte ciclo-pedonali, che collegano le due sponde del fiume

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25. Attraversamento pedonale del fiume Besòs all’altezza di Santa Coloma, 1964



b. Criticità Nonostante però i grandiosi interventi di connessione carrabile, la zona del lungofiume è ancora distaccata dalla rete di mobilità “dolce” (pedonale e ciclabile) tanto amata e utilizzata all’interno della Barcellona smart city. Da un ‘analisi delle piste ciclabili della metropoli emerge lampante il terminare improvviso di alcune delle reti ciclabili proprio in prossimità della zona, ma dato ancora più preoccupante è rappresentato dalla mancanza totale di punti BiCiNg, che non favoriscono di certo l’uso del parco fluviale come corridoio ecologico di collegamento. Malgrado la posizione periferica e marginale occupata dal fiume, i collegamenti di recente realizzazione, se meglio indirizzati e sfruttati consentirebbero il raggiungimento dell’area in bicicletta in 25 minuti, a piedi in 45 e con i mezzi pubblici in 15 minuti. Questi dati dimostrano quanto sia più la mancanza di volontà di mettere in atto strategie di riconversione delle reali difficoltà tecniche. Il parco fluviale è attualmente molto utilizzato alla pari degli altri spazi lineari popolari della città, come a Rambla, Passeig de Gracia e la Avenida Diagonal.

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26 - Difficoltà di accesso all’area


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I signori e i nobili cambiano completamente l’ordine sociale e cambiano i vecchi diritti consuetudini, utilizzando a volte la violenza e quasi sempre la pressione e la intimidazione. Rigorosamente, rubavano la loro parte di beni comunali ai più poveri e distruggevano le case che questi consideravano da molto tempo come qualcosa che apparteneva a loro e sarebbe stata tramandata ai loro eredi. Karl Polanyi

NOTE 25. - Polanyi K., “La grande trasformazione: critica del liberalismo economico”, La Piqueta, Madrid(1994). 72

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2.2 Il sistema insediativo

a. I quartieri del lungofiume b. La città orizzontale c. Espropriazione forzata d. Evoluzione del rapporto col fiume

a. I quartieri del lungofiume

NOTE 26. - www.idescat.cat

Il Plan Cerdà disegnava un ampliamento che si estendeva da Montjuic al fiume Besòs; così si differenziava questo ultimo dal fiume Llobregat, essendo più strettamente relazionato con la città e quindi più importante dell’altro fiume. L’ampliamento terminava ingenuamente in questa parte di città con un immenso parco fluviale alla maniera del Bois de Boulogne di Parigi, distinguendo la città dalla campagna. Come si può facilmente immaginare, lo sviluppo di quest’area non seguì le aspettative di Cerdà per una sorta di “città satellite giardino” ma finì invece con l’essere pesantemente urbanizzata e con poco spazio lasciato alle aree verdi (ricavate prevalentemente da riqualificazioni di epoca moderna), mentre si concentrano servizi, industria e residenziale. Attualmente il territorio fluviale del Besòs conta 113.402 ettari di cui solo il 34,5% sono amministrati dal comune di Barcellona; la restante parte è suddivisa tra Sant Adrià de Besòs (28,1%), Montcada i Reixac (21%) e Santa Coloma de Granente (16,4%). Si tratta di municipalità fortemente differenziate sia per il numero popolazione che per l’estensione; percepita tutt’oggi come una zona marginale della metropoli, troviamo qui concentrate le più basse rendite famigliari e ancora forte è il segno degli precedenti poligoni residenziali (come la Mina,26 la Catalana, la Verneda, Millans de Bosch e Barò de Viver). 73


27 - Analisi sociografiche

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28 - Analisi sociografiche

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Anche i tracciati urbani rispecchiano la molteplicità funzionale che caratterizza l’area; si possono difatti riconoscere 5 differenti tipologie di tessuti insediativi: - Radiale (la Catalana sud, Sant Adrià de Besòs). Il tessuto del quartiere si presenta con una forma tipicamente radiale, costituito da antiche abitazioni distribuite su uno o due livelli al massimo, alcune comprensive di patio con giardino o piccolo orto privato. Attualmente i lotti sono temporaneamente vuoti a causa delle demolizioni volute dalla municipalità per costruire un nuovo tessuto urbano in continuità con la più recente Catalana nord, strappando così l’area ad una situazione di forte degrado. - Lineare (Santa Coloma). Il tessuto segue gli assi stradali ortogonali, i blocchi sono disposti a stecca, linearmente. L’altezza dell’edificato è limitata a 4-5 piani fuori terra. Si può parlare nel complesso di uno spazio prevalentemente “orizzontale” grazie alla generosa separazione tra i blocchi che lascia ampi spazi aperti, ben soleggiati e ventilati. - Ortogonale (Barò de Viver, BCN). Si tratta di un tessuto urbano di ampliamento (ensanche) della zona periferica di a est della Barcellona storica, che segue la griglia caratterizzante. Distinguibile per blocchi di altezza variabile, ma superiore all’edificato intorno al lungofiume. - Industriale (Montcada i reixac). Il tracciato è in prevalenza ortogonale; abbondano le navi monopiano e solo pochi sono gli edifici più alti. Frequentemente si presentano con un’estensione pari ad un isolato cittadino. A causa della scarsa altezza dei fabbricati le strade risultano molto larghe e fortemente sproporzionate. - Organico (Trinitat Vella, BCN). Di dimensioni urbane piccole e compatte, il quartiere, che originariamente era una vera e propria cittadella fortificata, ha un tessuto di strade strette e ripide, che nonostante l’accerchiamento irreparabile da parte delle grandi autostrade creano un nucleo vivo e con l’atmosfera di un piccolo centro storico.

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a. La città orizzontale

29 - Il gruppo di casas baratas Miláns del Bosch, chiamato poi Bon Pastor, pochi anni dopo la sua costruzione, 1932.

NOTE 27. -Portelli S., “La ciudad horizontal”, Edicións Bellaterra, Barcellona 2015, p. 42.

È importante ricordare che una delle proposte urbanistiche che stava alla base della creazione dei quartieri di casas baratas era la città giardino di Cebrià de Montoliu; di derivazione del riformismo sociale inglese, doveva superare la divisione tra città e campagna, mitigando gli intorni rurali. In queste città giardino gli operai avrebbero dovuto vivere come comunità, articolando le relazioni tra di loro e con il territorio in maniera autonoma rispetto alla città; la forma urbana di questi nuovi spazi avrebbe dovuto favorire la collaborazione e gli aspetti socialmente desiderabili del mondo rurale. L’ambito di studio del fiume Besòs era una delle zone con il più alto numero di quartieri di edilizia popolare, si registravano infatti, solo nel tratto terminale, 4 gruppi di casas baratas: l’Eduardo Aunòs collocato nella zona del porto (con 533 abitazioni), il Milàns del Bosch a Santa Coloma (con 784 unità), il Barò de Viver, nella periferia di Barcellona (con 381 abitazioni) e infine il Ramòn Albo, in prossimità dei rilievi montuosi (con 534 abitazioni).27 La struttura urbanistica dei quattro quartieri, ripetitiva ed uniforme, progettata dall’architetto Xavier Turull, accentuava la percezione di punizione verso i lavoratori espulsi dalla città: le case erano tutte uguali, dipinte di bianco e disposte su entrambe i lati delle strade orizzontali, che avevano numeri al posto dei nomi. Delle pareti dividevano ogni gruppo di abitazioni dai terreni circostanti, permettendo 77


così il controllo delle entrate e delle uscite della popolazione. Gli affitti di questi nuovi quartieri, al contrario di quanto si possa pensare, non erano per niente economici, comparati con il prezzo degli affitti di mercato dello stesso anno; erano infatti stati calcolati sui salati degli operai qualificati che, nell’intenzione iniziale, dovevano essere alloggiati in queste nuove aree. In realtà fu solo a seguito della grande Esposizione Universale, che nei complessi di casas baratas vennero realmente alloggiate le famiglie più povere della città. In sintesi, il discorso igienista sfociò nella costruzione di specie di prigioni per i lavoratori, separate dal resto degli abitanti da muri ed estensioni del territorio rurale (come nel caso dei due gruppi di Santa Coloma, separati dalla città dal fiume Besòs). Si trattava di un’urbanizzazione concentrata, pianificata con la logica del “disprezzo”: per confermarlo basta dire che gli abitanti di almeno due gruppi delle case popolari prima di entrare nelle nuove abitazioni, furono costretti a 28 disinfettarsi. Le carenze di questi quartieri erano enormi. In particolare i due gruppo del Besòs che si trovavano in mezzo al nulla, 78

30 - Famiglia di fronte alla propria abitazione nella calle Albí, 1959.

NOTE 28. - Questa informazione è confermata da un’intervista del video, “Ambos Mundos” di Dolores Corcoll


31 - Scene di vita di quartiere

NOTE 29. - Ealham, 2005, p. 70.

nella terra di nessuno, anzi abbandonata per la sua posizione troppo esposta alle violente inondazioni del fiume. Non avevano né servizio sanitario, né farmacie, né commercio; famose sono le lotte civili per ottenere gli stessi diritti ai servizi “naturali” dei cittadini barcellonesi. Nonostante le abitazioni fossero piccole (avevano una media di 38 mq per alloggio), praticamente tutte identiche e collegate da strade senza nome, gli abitanti riuscirono comunque ad attribuirgli una forte identità; la gran parte dei cittadini di questi quartieri passava infatti la maggior parte del suo tempo dentro il quartiere stesso, e questo portò conseguentemente alla creazione di un solido spirito di comunità, alla creazione di una propria identità di quartiere. La co-abitazione e il gran numero di figli che avevano la maggior parte delle famiglie, trasformarono la strada in uno spazio di socializzazione fondamentale, “un’estensione della casa proletaria, soprattutto durante i mesi estivi, quando in 29 queste strade si mostrava la vera vita di quartiere”. Per la maggior parte degli abitanti, vivere nelle case popolari significava soprattutto vivere all’interno si questa rete di prossimità. Vivere nel quartiere non era una caratteristica spaziale, ma relazionale: significava vivere circondato dalle relazioni con 79


i vicini “di tutta una vita”, una “quasi famiglia”. Tuttavia, senza una manutenzione fin dalle prime fasi di realizzazione, le condizioni delle case popolari degenerarono velocemente, e presto gli inquilini si trovarono in una situazione peggiore che nelle barracas (baracche). Così, con l’aumentare del numero degli abitanti di queste zone, e la loro acquisizione di un numero sempre maggiore di diritti e servizi, nel 1939 cominciarono anche le prime preoccupazioni da parte della municipalità centrale nei confronti di questi poligoni residenziali, cominciando ad osservarli con la stessa paura con cui in passato ci si era rivolti agli insediamenti informali delle baracche abusive. Difatti, a fronte della mancanza di abitazioni a Barcellona, alcuni municipi nelle vicinanze si erano convertiti in vere e proprie “città-dormitorio” per immigrati del sud della Spagna, andando così ad ampliare i quartieri di casa baratas. Pertanto la differenza che si stava delineando a livello sociale, si stava rendendo sempre più evidente anche a livello urbanistico. La densificazione delle perferie aveva convertito i quattro poligoni iniziali in isole di urbanizzazione estensiva, in un mare di poligoni industriali o quartieri di blocchi di alloggi. 80

32 - Occupazione della Calle Albiol, 2007


c. Espropriazione forzata: nuova urbanizzazione

33 - Prima fase delle demolizioni

Questo timore verso un processo di crescita delle periferie ormai fuori controllo portò ad redigere le prime direttrici urbanistiche (nel Plan Comarcal del 1976) per la demolizione delle casas baratas per riprendere il controllo e ricostruire i terreni così recuperati. In quel particolare momento storico, l’idea di demolire le case popolari assunse il nome di ordenaciòn, incontrando ovviamente l’opposizione categorica degli abitanti. Si trattava tuttavia degli anni della nuova militanza politica, quando tutti i progetti di sviluppo considerati eccessivamente estremi venivano bloccati, quindi fu solo con i Plan de Vivienda lanciati dall’Ajuntament nel 2004, per far fronte al problema dell’abitazione, che cominciarono le prime vere espropriazioni forzate dei famosi poligoni residenziali e di casas baratas in tutto il municipio di Barcellona. Questa rimodernizzazione imposta dall’alto venne percepita dagli abitanti fin dal principio come una grave minaccia per i vincoli sociali e per la vitalità delle sue strade. Molti difensori dell’attuazione si riferirono poi all’indebolimento delle relazioni interne del quartiere come ad una conseguenza secondaria e indesiderata della trasformazione 81


urbana, o anche evitabile; ma l’integrazione alla città che cercava di ottenere il piano urbanistico già portava in sé la scomparsa dell’uso intensivo delle strade che gli abitanti avevano convertito in uno spazio semipubblico, in una sorta di proprietà della sua stretta rete di vicinanza. La città contemporanea necessitava di una netta separazione tra zone private e zone pubbliche, e le zone pubbliche dovevano essere di tutti, nessuno poteva farne un uso più intenso rispetto agli altri. Questa operazione, a livello globale aveva alle spalle una lunga storia di pianificazione urbana orientata al controllo sociale delle zone popolari, alla separazione degli individui e alla privatizzazione degli spazi comuni. A scala locale, in cambio si verificò un fenomeno facente parte di una strategia più generale e di lunga durata, con già quasi un secolo di storia: la demonizzazione delle strade e il conseguente smantellamento delle strutture sociali tradizionali delle classi popolari. Così, se pubblicamente si trattava di rimodellare lo spazio privato delle case popolari, in realtà, implicitamente, il progetto interveniva sullo spazio pubblico, del quale gli abitanti stavano facendo un uso eccessivo. Gli abitanti vennero riordinati in una nuova forma urbana, in blocchi di abitazione “verticali”, ma queste radicali trasformazioni ebbero un fortissimo impatto sull’organizzazione delle relazioni sociali, sull’identità e sul trasmissione della memoria. Utilizzando la famosa espressione di Kevin Lynch, l’abbattimento stava facendo crollare la “leggibilità” del territorio, il suo potenziale, storicamente determinato, di rappresentare un segno distintivo di riferimento contemporaneamente simbolico e pratico per l’azione e la regolazione delle relazioni interne.30

NOTE 30. - Lynch K., “L’immagine della città”, Marsilio editori, Roma 1960, pp. 4-5.

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d. Evoluzione del rapporto col fiume Accettato fin dagli albori, dagli abitanti di Barcino, come uno dei confini naturali della città, il fiume Besòs ha finito con l’assumere connotazioni differenti al variare del tipo di insediamenti che progressivamente si sono stanziati sulle sue sponde. In base alle funzioni che si sono avvicendate, il fiume ha avuto primariamente funzione di difensiva dai popoli vicini, poi la diffusione di nuovi nuclei abitati nella zona ha permesso l’instaurarsi di un rapporto più complice con il corso d’acqua, che ha visto le sue sponde utilizzate per il pascolo animale (in certi ambiti di cavalli) e per la sosta e attività ludiche, ma specialmente per attività agricole, che si è perdurata fino agli anni Trenta del Novecento. Con la diffusione del tessuto industriale, il fiume ha invece svolto il ruolo di trasporto e fornitore di energia, nonchè, in tempi più recenti di area di scarico per le sostanze inquinanti delle fabbriche liitrove, facendogli assumere la nomea di “fogna a cielo aperto di Barcellona”. Grazie alle più recenti azioni di risanamento delle sue sponde, il Besòs è oggi una delle grandi riserve di biodiversità del contesto metropolitano, anche se è giusto ricordare la presenza ancora di aree ad uso promiscuo, spesso lasciate in condizioni di degrado e irraggiungibili per la cittadinanza.

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2.3 Il sistema ambientale

a. La Cuenca del Besòs b. Il fiume Besòs c. 1962: la grande esondazione d. Riqualificazione e. Criticità

a. La Cuenca del Besòs Il bacino idrico del Besòs è stato profondamente alterato dall’azione dell’uomo, con una superficie di 1039 kmq in cui vivono oltre 2 milioni di persone. Incorniciato dalla catena montuosa della Serralada e dal litorale marittimo, la maggior parte della sua superficie si sviluppa nella depressione naturale del Vallès. I principali corsi del bacino del Besòs nascono nella parte meridionale della Serralada, formando un drenaggio asimmetrico. Il suo asse principale è però costituito dai fiumi Congost e Besòs, ai quali si unisce il Mogest e il Ripoll nel margine sinistro. La lunghezza cumulativa dei fiumi e corsi d’acqua del bacino è di 530 Km. Il bacino ha un tipico regime idrologico mediterraneo, con portate molto basse nei periodi di siccità, dell’ordine di 2 mc/sec, anche se alla foce arrivato a moltiplicarsi di più di 1.000 volte durante le tempeste autunnali. Pur trattandosi di un bacino di ridotte dimensioni offre una vasta gamma di habitat, con tre differenti ambienti: - Le montagne che circondano la conca sono di importantissimo interesse naturalistico (Collserola, Sant Llorenc de Munt, le scogliere di Bertì, Montseny e la catena montuosa della Serralada Litoral). - Le pianure del Vallès, un importante ambiente industriale e urbano che è in continua crescita. 84


- La foce, con un territorio metropolitano completamente urbanizzato.

34 - Lo sviluppo del suolo urbanizzato nell’intorno del fiume Besòs

Fino agli anni ’60 la maggior parte del suolo era occupato dall’attività agricola, ma lentamente l’industria si è appropriata di questi terreni, concentrandosi in particolare sulle parti più vicine al fiume. Il tipo di industria installata nel bacino è molto varia, con prevalenza però dei settori chimico, metallurgico, plastico, tessile, cartaceo, alimentare e di materiali per la costruzione. In totale si trovano circa 10.000 stabilimenti potenzialmente inquinatori. Il consumo di acqua è tutt’oggi elevato, soprattutto per uso industriale e urbano, visto che l’agricoltura (in particolare nel tratto inferiore del fiume) ha perso progressivamente importanza. Il bacino, da parte sua, è deficitario e per questo, negli anni, si sono rese necessarie delle derivazioni da altri bacini per compensare l’enorme deficit idrico (perlopiù dal bacino del fiume Ter, che fornisce gran parte di questa acqua, ma anche dal bacino del fiume Llobregat).

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b. Il fiume Besòs Il Besòs è caratterizzato da un regime idrologico molto irregolare, flussi molto variabili e inondazioni torrenziali, fin’ora sono state infatti registrate 37 esondazioni catastro31 fiche e 4 esondazioni straordinarie. Come tutti i fiumi di carattere torrentizio la sua esistenza è caratterizzata da tre stati principali: uno di magra, più frequente nella maggior parte dell’anno, ovvero quando lo stato delle acque è basso e la portata non è superiore ai 4-5 mc/sec; uno di morbida, più consueto nel periodo autunnale, in cui lo stato delle acque è abbondante e può verificarsi una loro fuoriuscita dal letto naturale; e infine uno di piena, episodico e con ritorni medi di 100 anni, dove il flusso pienamente32 torrentizio invade l’intero alveo rendendo inagibile l’area. La lunghezza media del letto del33 fiume è di 40 metri, con una portata di circa 4,9 mc/sec, mentre in fase alluvionale la superficie si estende a 120 metri arrivando ad una porta34 ta di 50 mc/sec. Tutta l’area del Besòs, in quanto area marginale è stata progressivamente urbanizzata, in particolare in prossimità della foce, dove limiti del Besòs vennero urbanizzati disordinatamente. Dal 1960 infatti, lungo tutto il corso inferiore, la conca del Besòs subì una profonda trasformazione: le sue sponde vennero modificate sotto la crescita dei nuclei urbani di Santa Coloma de Gramenet, Montcada i Reixac e Sant 86

NOTE 31. - Sanz M., “El Ripoll i les seves avingudes”, Sabadell, 1983. 32. - AA.VV., “Atlas of flood maps”, 2007, Delft, capitolo “Spain”, pp 119-130 33. - AA.VV., “River.Space. Design. Planning strategies, methods and projects for urban rivers”, 2012, Birkhauser, pp 196-197 34. - dall’articolo “RIver plume dispersion in response to flash flood events. Application to the Catalan shelf ” di Liste M, Grifoli M. e Monbaliu J., Continental Shelf Research 15/09/2013.


Adrià de Besòs. Una progressiva e incontrollata urbanizzazione dunque nelle zone adiacenti al letto del fiume che ha portato alla graduale riduzione della sua sezione incidendo pesantemente sulla sua capacità idraulica. Durante i periodi di siccità, la maggior parte dell’acqua che arriva al fiume è di altri bacini, ed essendo già stata utilizzata deve essere depurata.

c. 1962: la grande esondazione

35 - La catalana sud prima delle demolizioni 36 - La “besosada” del 1962

La più recente e catastrofica esondazione risale al Settembre del 1962, meglio nota tra glia abitanti locali come la besosada, durante la quale numerose furono le vittime e i danni materiali; in quell’occasione la portata registrata fu di circa 2300 mc/sec. A seguito del tragico evento si decise, tra le altre azioni, di alzare un muro di 1,30 m di larghezza per 4 di altezza per incanalare gli ultimi 9 metri del fiume, ovvero laddove il fiume incontrava il tessuto urbanizzato della metropoli. Questo intervento garantì effettivamente alle aree limitrofe una protezione da future esondazioni e pericoli, ma al contempo aumentò la situazione di degrado paesaggistico e ambientale della zona, fino a quando nel 1995 i comuni di Santa Coloma de Gramenet, Montcada i Reixac e Barcellona decisero di comune accordo di realizzare un progetto di ristrutturazione unitario del tratto inferiore del fiume e del suo bacino di utenza. 87


Gli stessi comuni fondarono nel 1998 il Consorzio per la protezione del fiume Besòs (ConsorciBesòs), un ente pubblico sovra-municipale con lo scopo di promuovere l’ambito 35 del Forum delle Culture nato nel 2004. Con il tempo le aree principali di intervento si estesero alle sponde del fiume Besòs e al suo intorno cercando di affrontare le attuazioni urbane in maniera globale e coesa per convertire il fiume in un elemento urbano strutturato nel nord dell’area metropolitane di Barcellona. Dall’attivazione di questo Consorzio gli obbiettivi principali furono: coordinare il più possibile le azioni urbane comuni per tutti gli intorni del Besòs, garantire l’unità di azione pubblica nella pianificazione urbana e migliorare l’ambiente e l’efficienza energetica del design urbano nella gestione del nuovo spazio pubblico.

d. Riqualificazione Nel gennaio 1996 il Consorzio, per conto dei comuni di Barcellona, Sant Adria, Santa Coloma de Gramenet e Montcada i Reixac, presentò quindi il progetto di risanamento ambientale dell’ultimo tratto del fiume Besòs nel contesto dei Fondi infrastrutturali per il risanamento ambientale (Fimma), finanziato dai Fondi di Coesione dell’Unione Europea, con uno stanziamento per il progetto di 3,325 milioni di pesetas. La Commissione delle Comunità Europee approvò il finan36 ziamento il 18 dicembre 1996, così il progetto fu finanziato per l’80 per cento dalla Comunità Europea mentre il restante 20 per cento rimase a carico delle amministrazioni locali. Il progetto si presentava con tre obiettivi principali: - migliorare l’impianto di depurazione di Montcada i Reixac con l’introduzione di un trattamento terziario lungo la pianura alluvionale del fiume attraverso la creazione di zone umide lungo le rive del fiume da utilizzare per il trattamento terziario e migliorare l’effluente dell’impianto di depurazione di Montcada; - migliorare la capacità idraulica del fiume; 88

NOTE 35. - www.consorcibesos.cat 36. - Autorizzazione numero 96.11.61.027


- ottimizzare le opportunità ricreative lungo alcuni tratti della pianura alluvionale. Nella prima fase, il progetto interessò un tratto di 6,2 chilometri compreso tra la confluenza del fiume Ripoll e il ponte del Molinet e solo in una seconda fase, il progetto proseguì verso il mare. Per il primo tratto del fiume, relativamente poco urbanizzato, si scelse di costituire zone umide lungo le rive del fiume, da sfruttare per il trattamento terziario e migliorare l’effluente dell’impianto di depurazione di Montcada che avrebbe adottato poi un metodo di trattamento biologico degli scarichi. Il trattamento terziario utilizza sostanzialmente un sistema di flusso orizzontale con circolazione sotterranea nel quale l’effluente scorre attraverso le radici delle piante dove il metabolismo dei microorganismi scinde le sostanze inquinanti attraverso processi biochimici naturali, migliorando ulteriormente la qualità dell’acqua. Un substrato di ghiaia (8-25 mm, prelevata dal fiume) garantisce le giuste caratteristiche idrauliche. Una volta passata dunque attraverso i letti di trattamento, l’acqua ritorna nella parte del fiume incanalato sottoterra. La scelta di non far scorrere l’effluente in superficie è motivata dall’esigenza di evitare cattivi odori e il moltiplicarsi delle zanzare. La presenza di zone umide e paludose contribuiscono a migliorare l’ambiente e il paesaggio fluviale. Inoltre nel tratto centrale sono stati introdotti dei meandri nel canale centrale del fiume per migliorarne la stabilità durante le piene normali. Il canale centrale sotterraneo è al centro del secondo tratto del fiume, dunque per questo tratto le zone per il trattamento terziario si trovano situate lungo la riva destra del fiume, mentre un parco pubblico fluviale comincia a un certo punto della riva sinistra (all’altezza del parco Can Zam). La parte dal ponte B-20 fino alla fine del progetto è fortemente urbanizzata, dunque il progetto prevede un parco tematico sul lungofiume con zone a prato lungo la pianura alluvionale a cui si potrà accedere mediante due rampe. In totale oggi si contano 20 accessi ciclo-pedonali al parco. Per far sì che il pubblico possa usufruire al meglio del parco 89


fluviale, il canale centrale fu ampliato per ridurre l’inondazione delle zone erbose su entrambe le rive. Ad aumentare ulteriormente la sicurezza del parco furono installate anche cinque dighe pneumatiche per consentire l’ampliamento del canale centrale mantenendo costante la quantità di acqua del fiume. Queste dighe vengono azionate da sistemi telecomandati, così nei periodi di magra, l’acqua trabocca al di sopra delle dighe, mentre nei momenti di piena, le dighe vengono sgonfiate per consentire all’acqua e ai sedimenti di scorrere a valle senza ostacoli. È stato studiato inoltre un sistema di allarme idrologico per garantire ai visitatori il tempo sufficiente per allontanarsi dal parco fluviale in caso di piena. Il sistema è costituito da sensori pluviometrici distribuiti lungo il corso del fiume e da indicatori di livello posizionati in punti strategici i cui dati vengono integrati con informazioni meteorologiche e l’applicazione di modelli idraulici in grado di prevedere con esattezza la portata del fiume. Questo sistema consentirà di effettuare previsioni sulla portata del fiume in generale e sulle possibilità di piena nel parco fluviale in particolare. Per concludere, a seconda delle previsioni prodotte dal macro modello, verranno trasmessi i segnali di allarme al pubblico attraverso sirene, altoparlanti ecc., oltre che alle amministrazioni locali e ai servizi di emergenza. Il progetto prevede infine un percorso lungofiume adiacente al tratto di Santa Coloma de Gramanet che passerà al di sopra della pianura alluvionale. Sarà fiancheggiato da alberi e completato con arredi urbani. Il progetto si prefigge il recupero integrato del tratto finale del fiume Besòs, aumentandone l’attuale capacità idraulica, migliorando la qualità degli scarichi degli impianti di depurazione di Montcada i Reixac, recuperando le rive del fiume e creando nuovi habitat lungo la pianura alluvionale del fiume. Riassumendo, il Parco Fluviale del Besòs si compone di tre parti: la zona umida (3,8 Km) la zona d’uso pubblico (5 Km) la foce (450 m)

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37. Il fiume Besòs dopo la riqualificazione del 2004


Il restauro ambientale del fiume Besòs: Committente: Città di Barcellona Progetto: Agenzia Metropolitana per lo sviluppo urbanistico e infrastrutturale, Barcelona Regional Data realizzazione I fase: 2000 Data di realizzazione II fase: 2004

e. Criticità Al termine del progetto i cittadini hanno potuto quindi usufruire degli ultimi 9 chilometri del fiume come spazio aperto artificiale. Ovviamente, il fiume continua a scorrere fra pareti alte più di 4 metri - cosa non troppo naturale per un ecosistema - ma la realtà del fiume Besòs oggi è questa. Attualmente il parco è affollato nei fine settimana e di pomeriggio con lo svolgimento di attività quali la corsa, il ciclismo amatoriale, la sosta e il gioco. Il successo era prevedibile, dal momento che è stato recuperato un immenso spazio in una delle zone più densamente popolate dell’area metropolitana di Barcellona, comprese Santa Coloma e Sant Adria, con quartieri vicinissimi al fiume, e la strada trafficatissima della Ronda Litoral. Restaurare la zona fluviale e destinarla a un uso pubblico sarebbe stata quindi un’operazione di sicura popolarità. La pianificazione, la progettazione e la realizzazione di spazi pubblici devono sempre tenere conto di come queste nuove aree urbane verdi resisteranno al trascorrere del tempo e come si adatteranno alle nuove condizioni sociali ed economiche. Nei dieci anni successivi all’inaugurazione del parco, l’ecosistema del fiume artificiale è migliorato moltissimo. Fino al 2002, non c’erano pesci, mentre adesso vi si trovano tre specie diverse: l’anguilla (Anguilla anguilla), il cefalo (Mugil cephalus) e il cavedano (Squalius cephalus); per non parlare del numero di uccelli presenti nella zona del parco, che è passato dalle 110 specie del 1999 alle oltre 200 attuali. Ad aumentare è stato anche il numero di specie legate all’ambiente umido, a indicazione del fatto che la qualità dell’acqua è migliorata in questi anni. La prima inaugurazione del parco è avvenuta nel 2000, ma si trattava solo del primo tratto, non fu infatti possibile realizzare l’intero progetto in una volta sola, per ragioni sia 92


economiche sia di tempo. Nel 2004 è cominciata una delle fasi principali del progetto, che prevedeva lo smantellamento di 69 tralicci elettrici e l’interramento di 51 chilometri di cavi, questa operazione ha modificato anche la sezione del fiume e rimosso alcuni divieti, come per esempio quello di far volare gli aquiloni. In questi ultimi anni, l’area metropolitana di Barcellona ha visto aumentare il numero di immigrati principalmente dall’America Latina, dal Maghreb, dalla Cina e dall’Europa orientale. Il parco ha aumentato il numero di visitatori, con oltre 300.000 presenze l’anno. Le abitudini sono cambiate ovviamente e moltissimi sono i sudamericani che trascorrono l’intera giornata al parco durante il fine settimana, si riuniscono qui dai diversi comuni attorno a Barcellona per giocare a pallone e passare il tempo con la famiglia nel verde pubblico. Il parco, però, non era stato concepito per questo e altri tipi di utilizzo e richiederebbe ora alcuni nuovi strumenti di gestione. Alla foce del fiume, per esempio, molte persone - in particolare cinesi - utilizzano il parco come luogo di pesca, un altro nuovo uso. Altri hanno visto nel parco il luogo ideale per allenarsi nella corsa, in bicicletta e nella corsa con le sedie a rotelle. E l’unico luogo, in un’area densamente popolata, senza auto né moto, e con una superficie compatta per praticare questo sport senza semafori o altri ostacoli urbani. Nel 2007, il progetto è giunto finalmente al termine, con il restauro della foce. L’area è stata restaurata da un punto di vista prettamente naturalistico, ricreando un laghetto e mettendo a dimora piante fluviali e tipiche delle zone umide; ed essendo inoltre la foce un importante punto per la migrazione degli uccelli, si è provveduto all’inserimento di attrezzature adatte allo scopo di preservare e favorire questi flussi. Il passare del tempo ha portato quindi nuovi utilizzatori e nuove destinazioni d’uso, che arricchiscono informalmente e in maniera imprevista il progetto; e il paradosso è che la maggior parte degli adolescenti di oggi non riesce nemmeno a immaginare questa parte della città senza questo lungo e immenso parco, fortunatamente non hanno mai visto il fiume come un problema o come luogo privo di uno scopo. Per i cittadini che vivono lungo il fiume, il progetto ha fatto un’enorme differenza e ha portato loro una nuova realtà, 93


ora il fiume Besòs è più di un fiume urbano: è il più grande parco della regione di Barcellona. A distanza di 10 anni dalla conclusione del progetto è possibile però notare anche che alcune criticità irrisolte nel rapporto tra città e fiume: 1. dislivello, purtroppo l’innalzamento dei muri contenitivi di 4 metri di altezza ha inevitabilmente fatto perdere agli insediamenti limitrofi una relazione fisica con il fiume; 2. la presenza di strade ad alto traffico, che, soprattutto sulla sponda destra, vanno a rinforzare il concetto di confine, impedendo persino un relazione visiva con il fiume; 3. spazi in disuso. Buona parte del tratto di uso pubblico è stato trattato a verde, specialmente nel lato sinistro - ovvero quello in maggior contatto con l’edificato - ma nell’altro lato, tagliato dall’autostrada del Litoral, molte sono le aree lasciate incolte e non utilizzate; 4. esondazioni stagionali, il suo carattere marcatamente torrentizio e il breve tempo di concentrazione del bacino fanno si che il fiume, a seconda delle condizioni atmosferiche, passi in meno di un’ora da uno stato di quasi siccità a quello di torrente tumultuoso; 5. mancanza di collegamenti pedonali, com’è facile notare passeggiando lungo le sue sponde, le due rive sono completamente separate e scollegate l’una dall’altra. Per poter attraversare il fiume è infatti necessario risalire al livello stradale e percorrere uno dei molti ponti sopraelevati - per la maggior parte carrabili - che lo attraversano; 6. assenza di spazi attrezzati. Come già sottolineato, gli utenti di questo bacino sono cambiati dal periodo del progetto originale, dimostrando necessità e abitudini legate al parco differenti, che evidentemente non risultano soddisfatte, vista la completa mancanza di attrezzature lungo il parco fluviale.

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38. La “vista” del fium e da Santa Coloma


39. La Ronda de Litoral che affianca in fiume nella sua fase terminale




40. Sistema di controllo degli accessi al fiume in caso di pericolo esondazione


41. Sistema di depurazione delle acque del fiume



42. Il dislivello di 4 metri che separa il fiume dalla cittĂ


43. AttivitĂ informali lungo le sponde



44. Il paesaggio industriale della conca fluviale


45. Il lungofiume oggi, dopo la riqualificazione del 2004




3 Nuove strategie per il lungofiume 3.1 Strategia d’intervento: finalità e obiettivi 3.2 Azioni strategiche 3.3 Tre ambiti di progetto SWOT

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Cities, like men, are embodiments of the past and mirages of unfulfilled dreams. They thrive on economy and waste, on exploitation and charity, on the initiative of the ego and the solidarity of the group. They stagnate and ultimately die under imposed standardization, homogenized equality, and a minimum denominator of man-made environment. Most decisive of all, cities, like mankind,

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renew themselves unit by unit in a slow, timebound metabolic process. The constancy of urban change derives its dynamism from an eternally evolving imagination kindled by the coexistence of past and present.(‌) Man learns by observing, imitating and adapting. This process can only be maintained if that which is observed, imitated and adapted constitutes a potential contribution to the most desirable end. Sibyl Moholy-Nagy

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NOTE 37. - Moholy-Nagy S., “Matrix of man. An Illustrated, History of Urban Environment�, Praeger, Michigan 1968. 111


3.1 Strategia di intervento

a. Rigenerare il tessuto urbano b. Riattivare le sponde c. Creare continuità ecologica d. Favorire l’accesso all’area e. Riutilizzare i vuoti urbani

La terza sezione del lavoro nasce dalla volontà di approfondire il ruolo del confine in chiave contemporanea e ad una scala metropolitana quale è, per l’appunto, Barcellona. Gli strumenti di analisi sopra illustrati hanno permesso di comprendere meglio l’evoluzione storica e della pianificazione dell’area di interesse, di conoscere in chiave più personale le vicende che si sono qui susseguite fino ad oggi, per spiegare perché ancora oggi, nonostante la grande rete di collegamenti (pubblici e privati), si continui a pensare al fiume Besòs come ad una zona di confine, ad un margine urbano. Lo scopo di questo capito è dunque quello di individuare un metodo di definizione alternativo di confine, proponendo una serie di strategie urbane per la riqualificazione di tutto il tratto fluviale, non solo per le sue sponde, ma anche per le aree che su esso si affacciano, o per meglio dire si ritraggono. Mantenendo salda la scala metropolitana verranno qui delineate linee strategiche e azioni mirate per il confronto con problematiche attuali quali: le infrastrutture come barriera fisica tra l’agglomerato urbano e il paesaggio circostante al fiume; la riscoperta e la valorizzazione del paesaggio fluviale e la presenza di un sistema sconnesso di vuoti industriali residuali. Abbiamo visto come il confine non sia più rappresentabile solo con una linea, ma piuttosto con una fascia, una zona vaga, una frangia, dove molte volte tutto si confonde, si mescola. Quando si vuole tracciare una linea ecco che ci si trova di 112


fronte ad una mancanza di regole già stabilita, ossia si pone un problema di ambiguità: “L’ambiguità dei contorni è tutta qui, e l’imprevedibilità dei nostri comportamenti davanti a essi ci richiede, forse, di giocare con loro: il contorno c’è ma non si vede. Almeno fino a quando ci siamo in mezzo. è da questa incapacità di riuscire a classificare tramite le nostre categorie culturali gli elementi marginali, comunque visti come devianti, estranei, pericolosi, che 38scatta il meccanismo (anche quello legale) dell’esclusione”. Il progetto di paesaggio urbano proposto si basa su cinque linee strategiche principali: la rigenerazione del tessuto urbano, la riattivazione delle sponde, la creazione di continuità ecologica, l’agevolazione degli accessi all’area e la conversione di vuoti urbani. La scala dell’agglomerato urbano diviene quella di riferimento per una proposta di una visione strategica per l’ambito metropolitano della Conca del Besòs. Tale scala può essere ritenuta una scala di pianificazione a scala intermedia, perché interessa un ambito territoriale medio, indifferente ai limiti amministrativi, ma concentrato sui limiti fisico-biologici e relazionali, caratterizzato da un intenso livello di coesione e di interscambio interno. Questa scala di progetto è stata scelta perché ritenuta più significativa per agire sui processi di frammentazione e destrutturazione, per evitare l’omogeneizzazione e puntare invece sul potenziamento delle caratteristiche locali.

NOTE 38. - Zanini P., “Significati del confine”, Mondadori, Milano 1997. 113


a. Rigenerazione del tessuto urbano La prima finalità individuata riguarda il tessuto urbano circostante e il suo completamento e congiunzione con l’area del fiume. Gli edifici limitrofi al fiume possono essere divisi in due categorie: una parte non ha nessun tipo di relazione, né fisica né visiva, con il fiume a causa principalmente della presenza delle grandi autostrade che fungono da cesura; una seconda parte, invece, avrebbe potenzialmente la capacità di affacciarvisi, ma a causa della pessima reputazione di cui ha goduto questo fiume, si è scelto in passato di dargli le spalle, negando così, in partenza, qualsivoglia tipo di relazione con esso. Ora, tuttavia, le condizioni sono cambiate, ma il senso di rifiuto permane; così si propone in questa fase di attivare una rifunzionalizzazione e integrazione del tessuto già consolidato, migliorando la permeabilità fisica e visiva, favorendo così una “riappacificazione” con le sponde del fiume. Nella seconda categoria rientra invece il quartiere de la Catalana sud, un’ex poligono residenziale spontaneo, in fase di demolizione (a seguito del Plan de Vivienda del 2004) e in attesa di riqualificazione. Per questa zona si propone una riqualificazione per integrarla al resto della metropoli ma mantenendo forte la sua identità di quartiere.

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b. Riattivare le sponde A seguito del grande intervento di riqualificazione ambientale del 2004, il fiume è tornato ad ospitare un grande flusso di persone, di qualsiasi età, sesso e nazionalità e ora nei fine settimana è quasi più affollato de Las Ramblas, con la sola differenza che i fruitori del parco non sono turisti, ma cittadini dei quartieri limitrofi, per la maggior parte, e dell’intera Barcellona. A distanza di dieci anni però gli utenti sono cambiati e con loro anche le abitudini e l’uso del parco; oggi infatti è possibile notare tantissimi usi informali delle sponde, da una partita di volley-ball improvvisata, ad una nord walking, una passeggiata con il cane, fino al pascolo delle capre e alla passeggiata a cavallo. Di tutti questi utilizzi, nel progetto iniziale, non si era tenuto in considerazione, e ora il parco risulta sfornito delle attrezzature di base per la socialità e l’attività dei suoi utenti; dunque si riconosce la necessità di attivare nuovi spazi per le attività sportive, ludiche e ricreative sulle sue sponde, senza intaccare la sicurezza progettata per le possibili e improvvise esondazioni, che caratterizzano questo fiume torrentizio. Passeggiando lungo il percorso adiacente salta inoltre all’occhio la presenza di barriere che riducono la visibilità del fiume, si prevede dunque anche la loro rimozione per favorire la fruizione pubblica.

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c. Creare continuità ecologica Come è stato più volte ricordato, il fiume Besòs rientra tra i corridoi ecologici da “sfruttare” e potenziare, per portare a termine il famoso progetto metropolitano dell’Anella Verda. Partendo da questo presupposto e necessità, la terza linea strategica nasce per creare e valorizzare la sua continuità ecologica, attraverso la costituzione di nuovi corridoi verdi di collegamento e il completamento delle aree naturali sulle sponde. La vicinanza con i due parchi nazionali del Collserola e della Serrala y Marina deve essere sfruttata per creare nuovi percorsi naturalistici, percorribili a piedi, in bici o a cavallo, insistendo dunque sulla valorizzazione del parco fluviale come il più importante asse di collegamento verde metropolitano tra il mare e la montagna. Un ulteriore elemento caratterizzate l’area sono i molteplici nodi infrastrutturali, che con loro forme spaziali, nate per favorire il flusso carrabile, hanno lasciato intorno a sé aree non sfruttate e spesso degradate; nell’ottica di ripensare al confine in termini più ampi, e non solo come una linea, è necessario dunque porsi l’obbiettivo di valorizzare a livello paesaggistico queste aree dimenticate dalla pianificazione territoriale.

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d. Favorire l’accesso all’area I collegamenti trasversali all’area sono stati progressivamente implementati, ma si tratta principalmente di favoreggiamento della mobilità carrabile, mentre si può notare dalle analisi mirate alla mobilità condotte, che proprio in quest’area moltissimi dei percorsi ciclabili della rete metropolitana si interrompono, concludendo nel nulla il loro tracciato; ma elemento ancora più preoccupante è la totale assenza di punti BiCiNg, specialmente in prossimità del parco fluviale. Spontanea sorge dunque la necessità di integrare la rete ciclabile esistente e l’inserimento di nuova stazioni per il bike sharing. Altre problematicità colpiscono invece più direttamente le sponde del fiume, ovvero la totale assenza di attraversamenti pedonali. Per poter passare da un lato all’altro del fiume è infatti necessario risalire i 4 metri di dislivello e attraversare, insieme alle automobili, lunghi ponti asfaltati; ma ovviamente quello che accade realmente è che solo uno dei due lati viene maggiormente praticato, ovvero quello sinistro dove non esiste la cesura autostradale, mentre l’altro rimane per lo più inutilizzato. Il secondo obbiettivo di questa linea strategica diviene la creazione di nuovi collegamenti pedonali tra le sponde del fiume, facilmente accessibili e inondabili in caso di esondazioni stagionali. Ultimo, ma non per importanza, è la riorganizzazione dei parcheggi esistenti a raso in nuovi parcheggi scambiatori, dove poter all’occorrenza arrivare con la macchina o i mezzi pubblici ed effettuare uno scambio con un mezzo lento (bicicletta, roller, skate) o semplicemente percorrere a piedi il parco fluviale. 117


e. Convertire L’ultima line strategica riguarda la trasformazione delle aree prive di funzione o in via di dismissione, in spazi di socialità e condivisione. A partire dagli anni Trenta del Novecento l’industria è stata una componente importante e caratterizzante dell’ultimo tratto del fiume e ancora adesso il territorio circostante ne è fortemente contrassegnato; ma come tutte le cose fisiche anche queste sono soggette all’incorrere del tempo, che ne ha degradato le strutture e resi antiquati e scomodi gli spazi, essendo stati questi non progettati per essere flessibili; così ora ci si ritrova con un numero di contenitori industriali vuoti e in progressivo aumento ai quali non si sa bene che funzione assegnare e quale ruolo attribuire nel contesto urbano in cui si trova ormai inserito. Si tratta di una problematica a cui tutte le grandi città, con un passato industriale forte, stanno cercando di dare risposta. Nell’ambito di progetto, l’ultima arrivata è l’ex fabbrica di carta Miguel i Costa, una tra le più antiche fabbriche della zona, che ora sta trasferendo la sede in un ambiente più consono alle sue necessità, lasciandosi alle spalle un vecchio edificio, collocato in una posizione “scomoda” e ricco di superfettazioni architettoniche. Per questo specifico ambito si propone una macroanalisi mirata per capire le vocazioni d’uso che il contesto segnala, per rifunzionalizzare la fabbrica, ricollegarla agli insediamenti abitativi restituendola alla comunità in forma attiva. Rimanendo nell’ambito degli scarti, anche lungo le sponde del fiume si alternano aree vuote e degradate, e spesso proprio qui si è notato l’insorgere di piccoli orti illegali. 118


Queste prassi informali, ormai di moda nelle grandi cittĂ metropolitane europee, sono la manifestazione evidente di una necessitĂ sociale rimasta insoddisfatta dalla municipalitĂ , per questo si propone la rimozione di questi orti e la definizione e regolamentazione di spazi debitamente organizzati e regolamentati per ospitare al meglio attivitĂ di agricoltura urbana.

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46 - Masterplan strategico per il tratto terminale del fiume

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3.2 Azioni strategiche Direttamente da queste linee strategiche generali per la conca del Besòs discendono le azioni pratiche di riqualificazione dell’area, cominciando dalla costituzione di nuove relazioni con l’intorno circostante attraverso il favoreggiamento della permeabilità fisica, eliminando le barriere presenti lungo il percorso, e visiva. Si rende necessario in primis il potenziamento delle attività alla quota zero degli stabili limitrofi al fiume, per tornare a rivolgervisi in maniera più attiva e fiduciosa. Le azioni si articolano principalmente intorno ai percorsi: - potenziando il sottopassaggi esistenti, completandoli con percorsi ciclo-pedonali; - completando il tracciato ciclabile esistente, per arrivare ad un’unica rete ciclabile metropolitana; - creando nuovi collegamenti ciclo-pedonali tra le sponde del fiume, senza il bisogno di risalire il livello stradale per poter usufruire di entrambe le sponde; - predisponendo nuovi parcheggi scambiatori per auto, biciclette e mezzi pubblici, sfruttando i già numerosi punti di intercambio presenti;

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Per collaborare con gli obiettivi preposti dal Green Plan 2020, trasformando cosÏ il fiume Besòs in un corridoio ecologico (una greenway metropolitana) a tutti gli effetti: - realizzando nuovi collegamenti verdi tra i grandi parchi metropolitani presenti nelle vicinanze e con i grandi parchi montuosi (Collserola e Serralada); Lavorando contemporaneamente anche sulle aree differenti che compongono la zona di progetto: - riorganizzando gli orti urbani informali sparpargliati nella zona, che tolgono acqua alle risorse già limitate del fiume; - rifunzionalizzando i vuoti urbani autostradali e industriali presenti lungo il fiume e nei dintorni

47 - schemi esplicativi delle azioni strategiche puntuali.

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3.3 Tre ambiti di progetto: analisi SWOT

a. Il lungofiume b. La fabbrica in dismissione c. La Catalana sud

Preliminarmente ad una progettazione approfondita di tre ambiti prescelti si è proceduto ad un’analisi SWOT suddivisa per ambiti, che ha permesso di individuare per ciascuno i punti di forza (Strenghts) e quelli di debolezza (Weaknesses), i rischi (Threats) e le opportunità (Opportunities) sui quali sarà possibile impostare un progetto urbano. Sulla base dei punti individuati si tracceranno le linee strategiche progettuali specifiche, senza dimenticare gli obbiettivi a grande scala definiti dalla strategia urbana.

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4 Progettazione localizzata degli ambiti 4.1 Riqualificare le sponde del fiume 4.2 Progettare lo scarto 4.3 La Catalana sud

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4.1 Riqualificare le sponde del fiume L’ambito del Besòs è uno spazio di opportunità e sperimentazione dove si concentrano le principali infrastrutture che producono e distribuiscono energia alla città, e anche i grandi drenaggi. Esiste in questo ambito una mescolanza di scale, forme e di usi sociali che sono da tenere in forte considerazione nel momento in cui si sceglie di intevenirvi. Per rivitalizzare il parco fluviale, e rispondere alla domanda della collettività di spazi attrezzati per la vita lungo il fiume, si prevede l’inserimento di nuove “piazze funzionali”. Il suolo circostante si presenta, come è emerso dall’analisi, già completamente urbanizzato, non consentendo dunque di aumentare in nessun modo la sezione dell’alveo fluviale, e altrettanto pericolosa sarebbe la sua riduzione, visti i periodi di piena che caratterizzano questo fiume torrentizio. Durante la riqualificazione del 2004 sono stati svolti studi approfonditi sulla sezione fluviale affinché essa rispondesse in maniera adeguata ai periodi di morbida e soprattutto di piena, dunque si rivelerebbe estremamente pericolosa una sua riduzione oggi dovuta a supplementi funzionali. Perciò logica è sembrata la scelta di lavorare con l’inserimento di piazze ipogee, che al contrario permettono il costituirsi di nuovi spazi ad hoc, senza rubare metri quadri preziosi ma al contrario aumentandoli. Questi nuovi spazi sono progettati per funzionare, in maniera diversa, durante le differenti fasi vitali del fiume: nei periodi di magra, ovvero per l’80% dell’anno, questi svolgeranno la funzione di luoghi di aggregazione collettiva, differenziandosi in base alla funzione prevista; mentre nei 128


periodi di morbida, il 20% dell’anno, e in quelli di piena, anche se molto rari, quando cioè gli accessi al parco vengono chiusi per via del sistema informatico che li controlla, queste piazze svolgeranno la funzione di raccolta dell’acqua fluviale e pluviale in eccesso mediante canalette opportunamente dimensionate e collocate ai bordi delle stesse. Si tratta ovviamente di un sistema di raccolta dell’acqua separato rispetto a quello delle fognature cittadine, in modo tale da poter essere inviata ai due centri di depurazione della zona ed essere infine re-inserita nell’alveo come acqua depurata e non più fangosa, in questo modo sarà possibile diminuire la sua dipendenza dagli altri bacini idraulici della conca. Per l’acqua depurata in eccesso verrà sfruttata per un uso manutentivo del fiume stesso da parte dell’ente metropolitano Barcelona per Medi Ambient, che si occuperà di ripulire le piazze sporche dai detriti fluviali al termine delle esondazioni. Affinché la manutenzione risulti più agevole e veloce, e quindi con minori costi di gestione, le piazze saranno rivestite dal materiale tartan, pigmentato diversamente per meglio distinguere le diverse attività, lo stesso utilizzato per le piste da corsa; un materiale dunque resistente all’acqua e alle intemperie climatiche, ma soprattutto di facile e veloce pulitura. A seguito dell’analisi dei tessuti insediativi, dei quartieri e delle attività preminenti della zona si è stabilito un abaco di micro-interventi, disposti in maniera intelligente rispetto 129


all’intorno urbanizzato, tali da poter rispondere al meglio alle esigenze della “comunità fluviale”. - spazi di socialità. A seguito delle “rigenerazioni” messe in atto dalla amministrazione sui quartieri popolari e la loro verticalizzazione, ciò di cui gli abitanti locali sentono maggiormente la mancanza sono gli spazi aperti e flessibili di socialità. Per la prima piazza, con un’estensione di circa 400 metri quadrati, si prevede il suo utilizzo sia pressoché costante durante tutto l’anno, eccezion fatta per i periodi autunnali di chiusura forzata del parco. Ovviamente le ore di maggiore frequenza di questo spazio si prevede che siano dalle ore 8 alle ore 18 circa, con variazioni stagionali e climatiche. - campi sportivi. Attualmente le sponde sono utilizzate in prevalenza per attività sportive, private e collettive, che non dispongono però di aree appositamente attrezzate; si dispongono così diverse piazze sportive pubbliche con arredi specifici smontabili per i periodi di piena. Queste piazze hanno un’estensione media di 1500 metri quadrati (dovuti alla necessità di ospitare campi da calcio, basket, ecc. regolamentati) ed è previsto un loro principale utilizzo nelle stagioni primaverile ed estiva. Le ore di maggiore affluenza, legate ovviamente alla presenza della luce solare, possono essere ipotizzate in intervalli dalle ore 130


8 alle ore 12 e dalle ore 15 alle ore 19, sempre tenendo in considerazione possibili variazioni stagionali, climatiche e di permanenza della luce solare naturale. - pista da skate. Lo skateboarding è uno degli sport più amati e praticati nella metropoli spagnola, per riattivare un tratto del fiume, altrimenti non frequentato a causa della presenza laterale dell’autostrada, si propone la realizzazione della pista da skate più lunga della città, sperando di attirare in questa zona anche un target di utenza più giovanile. Per questa zona la superficie totale è di 2500 metri quadrati; come nel caso degli spazi di socialità, se ne prevede un uso mediamente costante durante tutto l’anno, a parte certamente nei periodi di autunnali e di piena. Le ore di principale afflusso sono previste tra le ore 10 e le ore 13 e tra le ore 15 e le ore 24 (soprattutto nella stagione estiva). - piccoli orti urbani. Antiche pratiche contadine sono rimaste insite nel modus vivendi degli abitanti locali, che spesso occupano abusivamente il suolo pubblico per la creazione di orti a gestione famigliare. La proposta è di regolamentare alcune aree delle sponde per l’uso agricolo, proponendo culture stagionali e resistenti anche alla presenza di acqua. Per queste aree la superficie di progetto è di circa 200 metri quadrati e di prevede un loro utilizzo prevalente nelle stagioni di primavera ed estate. Le ore di maggiore affluenza saranno verosimilmente tra le 7 e le 11 e tra le 16 e le 19, 131


i momenti della giornata in cui il sole non è troppo forte per poter lavorare negli orti. - cinema all’aperto. Attualmente il parco fluviale chiude i suoi cancelli nell’orario serale, ma attrezzandolo con una giusta illuminazione si potrebbe sfruttare il muro di dislivello, che ora ha solo funzione di barriera, come una base per un cinema en plein air. L’area dedicata avrebbe una superficie di circa 800 metri quadrati e sarebbe sfruttata in prevalenza nel periodo primaverile ed estivo; ovviamente le ore di apertura e quindi di utilizzo di questa piazza sarebbero sostanzialmente serali, ovvero dalle ore 20 alle ore 24. - piscine naturali. Per le ragioni fisiche già ampiamente descritte è impossibile ridurre la sezione dell’alveo fluviale, ma aumentandone le dimensioni è possibile ricavare delle piscine naturali senza con questo costituire un pericolo nei momenti di piena. L’acqua presente nella piscina sarebbe la stessa acqua del fiume debitamente filtrata, attraverso una barriera giustapposta. Questa area ha un’estensione prevista di circa 800 metri quadrati ed è previsto il suo principale utilizzo nella stagione estiva più calda. Le ore principali di afflusso sarebbero plausibilmente tra le 10 e le 13 e nel pomeriggio tra le 15 e le 19. 132


Con la predisposizione di questi spazi attrezzati per la collettività si spera di attirare verso il parco fluviale un più fasto target di utenti, dai bambini, gli adolescenti agli adulti di ogni età, rispondendo alla variegata richiesta che questo comporta. Ci si auspica inoltre che il parco possa così attrarre non solo utenti locali, già attivi frequentatori delle sponde, prolungando il periodo di apertura, ma anche un’utenza forestiera, e perché no, un giorno magari, anche turistica.

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48 - masterplan progettuale di un tratto del fiume

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49 - masterplan progettuale di un secondo tratto fluviale

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sezione longitudinale

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4.2 Progettare lo scarto In approfondimento al tema del recupero industriale, ci si è concentrati sulla fabbrica di prossima dismissione Miquel y Costa situata in prossimità del fiume ma separata dal resto della città dal grande nodo autostradale del Nus del la Trinitat; una posizione dunque molto particolare e limitante. La fabbrica di carta comincia la sua attività nel 1901 diventando presto una delle più importanti e note fabbriche di Barcellona, specializzandosi soprattutto nella produzione di cartine per il tabacco. Localizzata strategicamente vicino al fiume e al tratto ferroviario ha visto sorgerle intorno le grandi infrastrutture del Nodo de la Trinitat, rimanendone “intrappolata”, a seguito delle grandi trasformazioni volute per la città durante la “febbre olimpica”. Visto l’aumento dell’attività produttiva degli ultimi decenni e la mancanza di spazio e adattabilità alle nuove tecnologie dello stabile, la sede dell’azienda sarà nel breve periodo trasferita lasciando in eredità un contenitore privo di funzione. L’obiettivo sarà restituire l’area alla comunità, attraverso nuovi collegamenti e ad una rifunzionalizzazione mirata. In questa zona sono molte le aree residuali create dall’arrivo della rete autostrale, e in particolare poco più a nord rispetto alla fabbrica troviamo un’altra area, ex zona di lavorazione industriale, ora in stato di abbandono. La vicinanza con aree agricole organizzate ha probabilmente spinto l’occupazione informale di questa are libera per la formazione di altri orti urbani non regolamentati. Partendo da questa situazione, la proposta è di concentrar138


50. Ingresso principale della fabbrica, 2015.



51. L’inaugurazione della fabbrica nel 1901.


52 - Interno della fabbrica

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53 - Interno della fabbrica

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54 - I cavalli della Trinitat Vella a stretto contatto con il fiume

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55 - Statua commemorativa del passato ippico del quartiere nel Parc de la Trinitat

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si sulla polo industriale per costituirne una nuova polarità urbana, cercando di ristabilire le connessione sia con i quartieri limitrofi sia con la parte naturalistica del Besòs e dei parchi regionali del Collserola e della Serralada y Marina. La fabbrica può così diventare un punto nodale importante: qui saranno infatti localizzate le sedi delle nuove attività del lungofiume, agricole e sociali. Nell’ultimo secolo alla fabbrica originale si sono però progressivamente aggiunti altri stabili, di fattura evidentemente diversa, per far front alle nuove richieste produttive. Nell’ambito di progetto la scelta sarà quella di effettuare una “pulitura” dell’area, mantenendo e riqualificando solo l’edificato storico. La necessità principale della zona di studio è evidentemente quella di ristabilire le connessioni con l’intorno, trasformandola da area strettamente privata ad una permeabile e pubblica. Questa apertura verrà applicata anche all’organizzazione interna della fabbrica, lavorando il più possibile con spazi flessibili e collegati tra loro da un percorso che “srotolandosi” possa unire spazio interno ed esterno, creando un senso generale di continuità per i flussi pedonali. In passato questa area, di Sant Andreu, era nota in tutta Barcellona per la forte presenza di cavalli, che popolavano costantemente il lungofiume; difatti anche nel parco limitrofo della Trinitat si trova una statua commemorativa di questo passato ippico. In realtà ancora oggi il lungofiume è sfruttato per passeggiate amatoriali a cavallo, nonostante 146


manchino le attrezzature adattate a questa attività. La proposta per la riqualificazione della fabbrica è quella di creare una sorta di “fattoria moderna” dove potrebbe trovare posto anche un centro ippico attrezzato e in stretta vicinanza con il paesaggio fluviale e dei parchi naturali, dove verrano predisposti dei percorsi naturalistici ad hoc. Nella parte storica del fabbricato verrebbero invece collocate altre funzioni più strettamente connesse ai bisogni delle comunità locali e in stretto rapporto con la neo area agricola vicina. Troverebbero collocazione dunque attività come: un’aula polivalente, uffici, aree di socialità, centri di formazione, sedi delle associazioni locali, un centro ricreativo e uno studio veterinario; ma anche altre più connesse al comparto agricolo come: una scuola di cucina, un punto di ristoro e un mercato agricolo di prodotti stagionali locali.

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esploso assonometrico della fabbrica

56 - masterplan progettuale dell’area in dismissione

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4.3 La Catalana sud Questo quartiere, rispondente al municipio di Sant Adria del Besòs, rappresenta una delle ultime tracce dei poligoni residenziali spontanei che per quasi un secolo hanno caratterizzato l’area fluviale. All’inizio del XX secolo , la cooperativa fornitrice di energia elettrica “La Catalana” si installò in questo luogo privilegiato; tra la costa e la foce del fiume. Furono i lavoratori del settore elettrico il primo grande gruppo di coloni a costituire le loro abitazioni al piano terra della periferia in modo da seguire il tracciato della strada, prendendo il nome dell’azienda. Negli ultimi due anni però, rispondendo alle normative imposte dal Plan de Vivienda la sua immagine è stata completamente stravolta; cominciando dalla sua divisione in Catalana nord e Catalana sud per la realizzazione di una strada carrabile di collegamento ad altro traffico, fino alla demolizione di tutte le piccole abitazioni storiche che caratterizzavano questo quartiere, l’ennesima piccola “città orizzontale” come tante presenti nella zona. Oggi ormai la parte nord è stata completamente “verticalizzata”, rendendola estranea alle sue condizioni originarie; mentre la parte sud è in fase terminale di demolizione e aspetta anch’essa di essere “riconvertita”. Il 20 febbraio 2015 è infatti cominciata la terza ed ultima fase del lungo processo di ricollocamento di più di 100 famiglie e di demolizione degli edifici che configuravano il vecchio quartiere.

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57 - Abitazione originaria del quartiere prima della demolizione (2014)

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58 - Abitazione originaria del quartiere prima della demolizione (2014)

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59 - Abitazione originaria del quartiere prima della demolizione (2014)

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superficie totale dell’area: 114 000 mq nuova zona residenziale: 494 alloggi (306 liberi e 188 protetti) aree verdi: 56 000 mq area commercio+servizi: 12 500 mq Attualmente nel nuovo quartiere de la catalana nord sono già stati realizzati 494 alloggi (di cui 306 liberi e 188 protetti). Nella Catalana sud si inserisce il terzo approfondimento, con l’obiettivo di ridare il via ad una progressiva democratizzazione dello spazio, come era stato nelle intenzioni di Cerdà, in quella visione utopica della “città integrale”, prefigurata dalla matrice della griglia ortogonale dell’Ensanche - espressione genuina, secondo il suo autore, dell’uguaglianza matematica e della corrispondente uguaglianza dei diritti degli interessati - e da un’egualitaria distribuzione dei servizi e delle attrezzature nella maglia viaria, per assicurare a tutti gli abitanti le stesse condizioni di igiene e di benessere, uniformando i valori del mercato immobiliare. Questa strategia della modificazione, tendente a riproporre una visione complessa e complessiva dello spazio urbano (Secchi, 1991) e a riaffermare l’importanza degli elementi costitutivi dello spazio pubblico come espressione dei valori civili di una società, nel senso della sua storia e della sua 156


identità, verrà attuata innovando nella prassi, partendo cioè dalla matrice della manzana classica e rivisitandola. La peculiarità di pensatore sociale di Cerdà si era manifestata attraverso le valutazioni e il giudizio espressi sul rapporto storicamente consolidato tra città fisica e città sociale, quindi sulle condizioni di vita e sui bisogni della popolazione, desunte da un’attenta inchiesta condotta sulla classe operaia (classe comprensiva dei diversi stati di lavoratori), considerata come la componente dell’organismo sociale degna di maggiore attenzione. Il suo giudizio sui “mali” della città non era infatti riferito a una patologia dello spazio come sarà invece nelle congetture della maggior parte dei teorici dell’urbanistica, bensì atteneva alle implicazioni sociali dello sviluppo raggiunto dal sistema economico dominante. Partendo da questi presupposti e da un’analisi della situazione storica dell’area, ovvero ad uso prevalentemente agricolo, si delineano le linee strategiche d’intervento: - mitigare con appositi filtri, quali verde urbano e orti di quartiere, l’azione dell’autostrada e del tracciato ferroviario che insieme creano una doppia barriera intorno al quartiere; 157


- recuperare le antiche tracce agricole, proponendo con il nuovo intervento un dialogo tra il nuovo e la preesistenza; - cercare di ristabilire una connessione con il fiume Besòs e ricreare una continuità fisica con il tessuto esistente al di là delle barriere fisiche (quartiere de la Mina, la Catalana nord e il Forum delle culture); - funzionalizzare con corti interne e piazze il nuovo intervento, in coerenza con l’utenza dell’edificato. - limitare l’accesso delle automobili nell’area ai soli mezzi di soccorso e favorire invece la mobilità dolce, caratterizzata dal transito di pedoni, cicli e mezzi pubblici. Per attuare al meglio questo proposito saranno vengono predisposti due parcheggi scambiatori agli ingressi carrabili principali. Strutturando dunque l’intervento in continuità con il blocco, quindi un esempio di urbanizzazione ad alta densità, si propone un uso in prevalenza residenziale e in parte terziario nei piani superiori e un basamento commerciale con affaccio sul fronte strada; rielaborandola però in tre maniere differenti, scomponendola e ricomponendola per creare situazioni e spazi differenti, e poter rispondere così ad una mixitè funzionale più vasta. 158


Lo spazio della corte interna permane come elemento caratterizzante dell’edificio a corte costituendo situazioni sempre differenti, diversificati in base all’utenza prevista per quel blocco. Le tre varianti sono: - edificio terrazzato: tipologia di media bassa densità, con uso residenziale per studenti, basamento commerciale sul fronte strada principale, e terrazze verdi private. L’altezza media prevista è di 9-18 metri. - edificio a semicorte: tipologia di media densità, ad uso residenziale con basamento commerciale sul fronte strada principale e spazio pubblico retrostante. L’altezza media prevista è di 12-21 metri. - edificio a corte aperta con torri: tipologia ad alta densità, per uso residenziale e le torri per uso uffici, mentre il basamento rimane sempre ad uso commerciale e lo spazio verde retrostante ha una funzione semi-pubblica. L’altezza media è di 15 metri per il corpo e 30 metri per le torri.

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60 - masterplan progettuale del quartiere

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C Conclusioni

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Conclusioni Prima di trarre le conclusioni è necessario ricordare che quando si parla di Barcellona non si intende più solamente il limitato ambito municipale, bensì l’intera area metropolitana; risulta infatti un errore continuare a focalizzarsi sui confini che amministrativamente la delimitano. Nel contesto analizzato si presentano infatti oggi mille diverse sfaccettature sociali, urbane e ambientali e sono proprio queste differenze a rendere particolare, speciale, vivo, questo territorio. Questo significa che ha moltissimo potenziale da offrire anche se oggi è altamente sottosviluppato e non utilizzato. La tesi proposta mira a delineare delle linee strategiche affinché il tratto terminale del fiume Besòs non risulti quindi

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più solamente un’area di confine, ove collocarvi l’indesiderato, ma rinforzi la propria identità locale e sia in grado di dialogare attivamente con la metropoli. Il progetto deve quindi evolversi applicando i capisaldi della rigenerazione urbana, tra i quali la realizzazione di spazi multifunzionali cui affidare il ruolo di “magneti urbani”, ponendo l’attenzione sugli aspetti paesaggistici ed ambientali e soprattutto sula ricerca di un’integrazione tra gli elementi puntuali, il contesto urbano e il contesto territoriale; senza farsi spaventare dalle vulnerabilità ambientali, ma cercando invece soluzioni intelligenti per una convivenza sicura. L’obbiettivo ultimo è dunque l’avvicinamento ad un modello di “città resiliente”, cercando di adattarsi ai cambiamenti ambientali e climatici con cui sempre più urgentemente dobbiamo fare i conti; tenendo sempre ben presente il fabbisogno degli utenti locali. Così Barcellona potrebbe fare un salto di qualità ulteriore da smart city a smart land .





B Bibliografia alfabetica

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In lingua spagnola

AA.VV., “Atles Metropolis BCN. Cartografias contemporaneas”, AMB, Barcellona 2015. AA.VV., “Cataleg Metropolis. V1: El urbanismo metropolitano hoy”, AMB, Barcellona 2015. AA.VV., “Dinamiques metropolitanes a l’Area i la Regiò metropolitana de Barcelona, Direcciò de serveis d’ordenaciò urbanistica”, AMB, Barcellona 1995. AA.VV., “Retrat de Sant Andreu 1990-1998”, edita Ajuntament de Barcelona – Districte de Sant Andreu, Barcellona 2010. Acebillo J., “Atles Ambiental de l’Area de Barcelona”, Ajuntament de Barcelona, Barcellona 2000. Benages-Albert M. e Vall-Casas P., “Vers la recuperació dels corredors fluvials metropolitans. El cas de la conca del Besós a la regió metropolitana de Barcelona”, AMB, Barcellona 2010. Bohigas O., “Recontrucciò de Barcelona”, Servicio de Publicaciones, Secretaría General Técnica, Ministerio de Obras Públicas y Urbanismo, Barcellona, 1986. Busquets J., “La urbanizaciòn marginal”, Univ. Politèc. de Catalunya, Barcellona 1999. Capella A. e AAVV, “Barcellona. Barri a barri”, Sant Andreu, Cassetània Edicions e Ajuntament de Barcelona, 2013. Careri F., “WALKSCAPES. El andar como practica estetica”, GG editori, Roma 2012.

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Corrominas Dulcet J., “Caracteristicas de las avenidas en los cursos de la cuenca del rio Besòs”, Universidad de La Rioja, Barcellona 2013. Faus P., Blanco E., Poitros, “La ciutat jubilada. Breve diccionario sobre los huertos informales en los ríos de Barcelona”, Barcellona, CCCB, 2008 Gehl J. , “La humanizaciòn del espacio urbano”, Reverte editore, London, 2006. Portelli S., “La ciudad horizontal”, Edicións Bellaterra, Barcellona 2015.

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In lingua italiana

AA.VV., “L’esplosione della cittá”, Editrice Compositori, Milano 2004. AA.VV., “On mobility 2. Riconcettualizzazioni della mobilità nella città diffusa”, Marsilio Editore, Venezia 2012. Alarcón A., Montlleó M., “Una risorsa per l’area metropolitana: il restauro ambientale del fiume Besòs”, Archi : rivista svizzera di architettura, ingegneria e urbanistica, Barcellona 2011. Bonomi A., Masiero R., “Dalla smart city alla smart land”, Marsilio Editore, Venezia 2014. Calvino I., “Le città invisibili”, Oscar Mondadori, Milano 1996. Cannone F., “Architettura e margine urbano”, Officina Edizioni, Roma 1999 Clement G., “Manifesto del Terzo Paesaggio”, Quodlibet, Macerata 2005. Delbene G., “Barcellona. Trasformazioni contemporanee”, Meltemi editore, Roma 2007. Gresleri J., “Cohousing. Esperienze internazionali di abitare condiviso”, Plug_in editori, Milano 2015. Latouche S., “Limite”, Bollati Boringhieri, Parigi 2012. Lynch K., “L’immagine della città”, Marsilio editori, Roma 2006. Mazzoleni C., “La costruzione dello spazio urbano: l’esperienza di Barcellona”, FrancoAngeli edizioni, Milano 2009. 172


Perec G., “Specie di spazi”, Bollati Boringhieri, Parigi 1974. Secchi B., “La cittá dei ricchi e la cittá dei poveri”, Editori Laterza, Roma 2013. Trillo A., Zanni F., “[infra]luoghi. infrastruttura-architettura”, Maggioli Editore, Milano 2010. Zanini P., “Significati del confine”, Mondadori, Milano 1997.

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In lingua inglese

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D Documenti di pianificazione

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Documentazione

Pla Estategic Metropolità de Barcelona, PEMB. Barcelona visiò 2020, AMB e Ajuntament de Barcelona, Barcellona, 2010. Barcelona Green infrstructure and biodiversity plan 2020, AMB e Ajuntament de Barcelona, Barcellona, 2010. Hacia 2020 Trinitat Vella, Districte de Sant Andreu, Ajuntament de Barcelona, Barcellona, 2010. L’Habitatge a Barcelona 2008-2010, Pla d’Habitatge de Barcelona 2008-2016, Ajuntament de Barcelona, Barcellona 2008. Pla i programa d’activitats 2014-2015, ConsorciBesòs, Barcellona, 2014 Memoria Gestiò 2014, ConsorciBesòs, Barcellona, 2014

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R Riviste

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Riviste

AA.VV., “Domus” n° 996, Novembre 2015 - Supplemento: The Smart City AA.VV., “Casabella” n° 597-598, 1993 Bohigas O., “Un programma per Barcellona”, “Casabella”, Settembre 1982. Burdett R., “Londres va a copiar els Jocs de Barcelona i van ser un èxit”, La Vanguardia 12/06/2014, secciòn la contra, pg 72 Llarch E., “Un nou pla d’urbanisme per a l’AMB”, La Vanguardia 12/10/2014, secciòn Dinero, pg 9 Comorera R., “250 experts debaten la futura àarea metropolitana ‘intel.lingent’ ”, El Periodico 12/10/2014, pg 38 Erath A., “No hi ha millor lloc que Barcelona on moure’s en bici”, La Vanguardia 23/10/2014, pg 21 Utrilla E., “Les tranformacions de l’espai metropolità”, Ara 17/01/2015, pg 60-61 Espiga F., “Una Barcelona amb vocaciò metropolitana”, El Punt Avui 29/01/2015, pg 30-31.

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M&F Mostre & Film

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Mostre e Film

Mostra AMB: Barcelona Metropolitana, Disseny Hub Barcelona, Gennaio- Aprile 2015. Petit Indi, film di Marc Recha, Parallamps Companya Cinematocrafica, Barcellona 2009.

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S Sitografia

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Sitografia

www.amb.cat/web/territori/urbanisme www.geoportalcartografia.amb.cat www.laciutathoritzontal.org www.besos.cat www.bicing.cat www.citylab.com www.paisajeculturales.50webs.com www.barraques.cat www.ajuntament.barcelona.cat www.idescat.cat www.territori.scot.cat www.web.gencat.cat/ca/temes/urbanisme/ www.icc.cat

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T Tesi e consultazioni

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Tesi e consultazioni

Abitare i luoghi : scenari di progetto paesaggistico ambientale nel quartiere di Torre Barò (Barcellona) di Giulia Bertuzzi ; relatori: Francesca Leder, Chiara Durante ; correlatori: Ricard Fayos Molet, Carles Llop Torné. - [Luglio 2011] Atlas sobre el territori Besòs, Passages, Exploracions de Projectes, La petita escala que ho canvia tot, PU(C) 20132014/ Quadrimestre Tardor, professori: Fernàndez F., Llop C. e Rull R., Universitat Politècnica de Catalunya, Barcelona 2014. Sagrera, Barcelona - Torribera, Santa Coloma de Gramenet, Arquitectures ecotons urbans interiors, de HUB a Metaparc metropolità, Taller d’Arquitectura i Projecte F 2011-2012, Quadrimestre de Primavera/ ETSAV / UPC.

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R Ringraziamenti

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Ringraziamenti A Ferrara, alla nebbia, che in cinque anni è diventata “casa”.
 A Barcellona, al sole, che ha illuminato il cammino verso nuove avventure. Grazie a Romeo Farinella per avermi sostenuto in questa avventura fuori porta, per i consigli sempre preziosi. Un grazie davvero speciale va ad Elena Dorato per avermi seguito con costanza in questo (apparentemente infinito) percorso, per avermi indirizzata, spronata e consigliata fino alla fine. Grazie di cuore per la schiettezza e la pazienza. GRAZIE A Letizia e Roberto (in confidenza Mamma e Papà) per avermi insegnato il bello del viaggio e avermi lasciata libera di “curiosare” in giro per il mondo. A Margherita, la mia “sorellina” e letterata di fiducia. A Tito (come avrei fatto senza i tuoi “baci”?) Ai nonni per l’affetto incondizionato e il cibo illimitato.
 (E lo so che anche TU stai festeggiando con me!) Improbabile definire questo lavoro solo proprio, perché si sa, i progetti ad Architettura si sviluppano sempre in gruppo, quindi un immenso grazie mi sembra doveroso:
 A tutti i miei colleghi, con i quali per 5 anni ho condiviso spazi, nottate e lotte per le revisioni, ma anche belle serate, gite architettoniche e qualche pazzia. Agli amici più cari, matti e sinceri, con voi ho condiviso i momenti migliori (spesso imbarazzanti) di questo lungo percorso:
 A Enrico, perché diciamocelo, non è facile sopportare 5 anni di crisi di nervi, ma nonostante tutto riusciamo sempre a trovare il lato divertente. 188


A Lisa, la globe-trotter, per avermi insegnato che assecondare la follia è bellissimo. A Federica (V.) con la quale ormai basta uno sguardo. A Rigo, perché sei matto da legare tessò! A Linda che dal primo giorno di università non mi ha mai negato un abbraccio. Ad Alice per aver sempre aspettato il mio “trenino della ghiaia”, per le sgridate e per l’affetto. A Veronica, compagna di sfibranti avventure oltreoceano. A Michele per le sue revisioni speciali e fondamentali, per la sua curiosità e i costanti “complimenti”. A Marta perché in fondo avremmo potuto presentarci davvero con un’unica tesi! A Federica (G.) che nonostante il cambio di “programma” per noi rimane sempre un’architetta. A tutti i laureandi di Marzo, con i quali ho condiviso lo stress e l’ansia dell’ultimo tosto periodo. A Ilaria e Federica che mi ricordano che Ravenna non è poi tanto male. Ai nuovi amici, italiani e spagnoli, conosciuti a Barcellona, in particolare a Giada, Mari, Sofia e Annachiara perché … “s’ha di da andà?” A Matteo, perché a lui gli architetti proprio non gli piacciono!
 A Giorgia ed Eleonora per essermi rimaste accanto nonostante la mia malsana passione per la balsa e le folli nottate al pc. A Riccardo, un amico sincero e prezioso, come pochi esistono. Al gruppo di Mezzano, per la spensieratezza e le risate.
 A tutti i coinquilini e coinquiline con cui ho avuto il piacere e il coraggio di convivere in questi anni, in particolare a Marta e Rosalia, per aver aggiunto un po’ di leggerezza a questo ultimo periodo. E ora si comincia! 189



E Elaborati grafici

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Nel contesto barcellonese il fiume Besòs è storicamente uno dei quattro confini naturali della città, da sempre importante asse di collegamento tra i due sistemi naturali: il mar Mediterraneo e i parchi naturali del Collserola e della Serralada y Marina. Fino alla fine degli anni Settanta del Novecento la gran parte dei quartieri lungo il fiume sono stati caratterizzati da un’urbanizzazione spontanea, per gran parte illegale, lontana da ogni regola di pianificazione. Tuttavia grazie ad un’efficace azione progettuale promossa dai residenti ha comunque ottenuto i servizi e i mezzi di trasporto pubblico che hanno innanzitutto garantito l’accessibilità a delle aree allora del tutto marginali. Oggi questo ambiente fluviale, ormai fortemente antropizzato, rappresenta un importante corridoio ecologico a livello metropolitano e grandi aspettative sono riposte nella sua riqualificazione sia delle sponde che dei contesti urbani che vi si affacciano, affinché si trasformi in una green way a tutti gli effetti. Con il progetto urbano CONfine CONdiviso si vogliono proporre delle linee strategiche e di azione progettuale in grado di dare risposta ai diversi quesiti ancora aperti nel contesto fluviale. Partendo dalla riprogettazione delle sponde del fiume, per un adeguato ripristino della socializzazione pubblica, passando per la rifunzionalizzazione dei vuoti urbani (industriali ed infrastrutturali), giungendo infine alla riqualificazione dell’ultimo poligono residenziale. Dunque l’obiettivo ultimo consta nel rafforzare la componente identitaria, riconoscendone il senso di comunità esistente tra gli abitanti che già vivono o che in futuro sceglieranno di vivere in questa zona, cosicché il fiume ritorni a configurarsi come fattore caratterizzante dell’identità culturale e non discriminante dell’intero territorio.

Università degli studi di Ferrara - Corso di Laurea Magistrale in Architettura - Tesi di Laurea Anno Accademico 2014/ 2015 - Relatori: Romeo Farinella, Elena Dorato - Laureanda: Giulia Maroni

Il concetto di confine può essere interpretato in maniera soggettiva assumendo differenti significati: dai più intuitivi come confine naturale e amministrativo, fino a economico, culturale, politico e sociale, che non per forza devono coincidere con le prime due categorie. Storicamente al confine viene attribuito il concetto di marginalità e quindi di esclusione; approcciarsi alle zone di confine oggi significa quindi fare i conti con una realtà urbana variegata e multiforme, interessata da dinamiche di sviluppo differenti e spesso scollegate, con situazioni di emergenza che non hanno goduto della dovuta attenzione, proprio perché collocate lontano dal nucleo cittadino originario.


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