I l miracolo vuoto20
Il'accordo: la Germania postbellica è un miracolo. Ma è un miracolo assai bizzarro. Vi è una superba frenesia di vita in superficie; ma, sotto sotto, vi è una quiete strana. Andate laggiù: distogliete per un attimo lo sguardo dalla meraviglia delle catene di produzione; tappate un istante le orecchie al rombo dei motori. Quella che è morta è la lingua tedesca. Aprite i quotidiani, le riviste, la fiumana di libri popolari e dotti che si riversa dalle nuove case editrici; andate a sentire un dramma tedesco, ascoltate il linguaggio così com'è parlato alla radio o nel Bundestag. Non è più la lingua di Goethe, Heine e Nietzsche. Non è nemmeno quella di Thoinas Mann. È accaduto nei suoi confronti qualcosa di immensamente distruttivo. Fa rumore. Comunica anche, ma non crea alcun senso di comunione. Le lingue sono organismi viventi. Infinitamente complessi, ma pur sempre organismi. Hanno in sé una certa forza vitale, e certe facoltà di assorbimento e di crescita. Ma possono decadere e possono morire. Una lingua mostra di contenere in sé il germe della dissoluzione in parecchi modi. Atti della mente che un tempo erano spontanei diventano meccanici, consuetudini congelate (metafore morte, sirnilitudini scontate, slogan). Le parole si fanno più lunghe e ambigue. Invece dello stile, vi è la retorica. Invece del preciso uso comune, vi è il gergo. Le radici e le adozioni straniere non sono più assorbite nella circolazione sanguigna della lingua natia. Sono semplicemente ingoiate e restano un corpo estraneo. Tutti questi fallimenti tecnici si accumulano nel fallimento essenziale: la lingua non affila più il pensiero ma lo smussa. Invece di caricare ogni espressione della maggior
energia e immediatezza possibile, allenta e disperde l'intensità del sentire. I1 linguaggio non è più awentura ( e una lingua viva è l'awentura più alta di cui 2 capace un cervello umano). In breve, la lingua non 2 più vissuta; è semplicemente parlata. Una simile condizione può durare per un periodo assai lungo: si osservi come il latino continuò a essere usato parecchio tempo dopo che Ic sorgenti di vita della civiltà romana si erano disseccate. Ma dove ciò 2 awenuto, qualcosa di essenziale in una civiltà non riuscirà pih a riprendersi. E ciò 2 avvenuto in Germania. Ecco perché al centro del miracolo della resurrezione materiale della Germania vi è un cosi profondo torpore spirituale, un senso così inevitabile della banalità e della dissirnulazione. Che cosa fu a portare la morte nella lingua tedesca? l3 questo un brano di storia affascinante e complicato. Comincia con il fatto paradossale che il tedesco era quanto mai vivo prima che vi fosse uno stato tedesco unificato. I1 genio poegco di Lutero, Goethe, Schil-C% K.ie&t, &i!- ein-parte di_Nietzdu+ &anteriore alla &n- dizipne -&ella-4aj1w,etgjesca. I maestri della prosa e della poesia tedesca erano uomini non coinvolti dal dinamismo della coscienza nazionale pmssiano-tedesca quale si sviluppò dopo la fondazione della Germania moderna nel 1870. Essi erano, come Goethe, cittadini d'Europa, che vivevano in principati troppo insignificanti per stuzzicare le emozioni del nazionalismo. 0, come Heine e Nietzsche, scrivevano fuori dalla Germania. E questo è rimasto valido per la miglior letteratura tedesca anche in epoca recente. Kafka scriveva a Praga, Rilke a Praga, Parigi e Duino. La lingua e la letteratura ufficiali della Germania di Bismarck contenevano già in sé i germi della dissoluzione. l3 l'epoca d'oro degli storici militanti, dei filologi e dei metafisici incomprensibili. Questi mandarini del nuovo impero pmssiano produssero quel terribile miscuglio di ingegnosità grammaticale e assenza di umorismo che fece della parola « tedesco » un sinonimo di peso morto. Quelli che si sottrassero alla prussianizzazione della lingua furono gli ammutinati e gli esuli, come quegli ebrei che fondarono una brillante tradizione giornalistica o Nietzsche, che scrisse dall'estero. All'accademismo e alla pesantezza del tedesco com'era scritto dai pilastri della cultura e della società tra il 1870 e la prima guerra mondiale, il regime imperiale aggiunse i propri doni di fasto e rnistificazione. Lo « stile di Potsdam W usato nelle cancellerie e nella buro-
crazia del nuovo impero era un misto di grossolanità ( « la parlat;~ schietta dei soldati ») e di voli elevati di grandiosità romantica (la nota wagneriana). In tal modo l'università, la burocrazia, l'esercito c la corte si unirono per seminare nella lingua tedesca abitudini non meno pericolose di quelle che seminavano nel popolo tedesco: una tremenda debolezza per gli slogan e i cliché pomposi (Lebensraum, « il pericolo giallo », « le virtù nordiche ») ; un rispetto automatico per la parola lunga o la voce forte; un gusto fatale per il pathos zuccherino (Gemutlichkeit) sotto il quale nascondere tutta la crudezza e tutta la frode che si voleva. In questa semina, la giustamente celebre scuola della filologia germanica svolse un ruolo curioso e complesso. La filologia colloca le parole in un contesto di parole più vecchie o collegate, non in quello dell'intento e della condotta morale. Conferisce al linguaggio formalità, non forma. Non può essere un fatto puramente casuale che la struttura essenzialmente filologica dell'educazione tedesca abbia servito con tanta fedeltà alla Prussia e al Reich nazista. La più bella testimonianza di come la riunione di addestramento della classe abbia portato a quella della caserma si trova nei romanzi di Heinrich Mann, soprattutto in Der Untertan. Quando i soldati si misero in marcia per la guerra del 1914, si misero in marcia anche le parole. I soldati che soprawissero fecero ritorno, quattro anni dopo, straziati e battuti. In u n se-o rege*_le &e-no3 t t r o n a . Rimasero al fronte e costruirono tra i fatti e l'anima tedesca un muro di mito. Lanciarono la prima di quelle grosse menzogne di cui tanta parte della Germania moderna è stata nutrita: la menzogna della « pugnalata alla schiena ». Le eroiche armate tedesche non erano state sconfitte; erano state pugnalate alla schiena da « traditori, degenerati e bolscevichi ». I1 trattato di Versailles non era affatto un goffo tentativo da parte di unYEuropad e vastata di raccogliere un po' dei propri pezzi ma uno pieno di crudele vendetta imposto alla Germania dai suoi ingordi nemici. La responsabilità di aver scatenato la guerra andava attribuita alla Russia o allYAustriao alle macchinazioni coloniali della « perfida Inghilterra », non alla Germania prussiana. Vi erano molti tedeschi che sapevano che questi erano miti e che sapevano qualcosa della parte che il militarismo e l'arroganza razziale della Germania aveva svolto nel portare all'olocausto. Lo dicevano nei cabaret politici degli anni Venti, nel teatro sperimentale di Brecht, negli scritti dei fratelli Mann, nell'arte grafica di Kathe Kollwitz
e George Grosz. La lingua tedesca prese vita come non le era più successo da quando gli Junker e i filologi se n'erano impadroniti. Fu un periodo brillante e ribelle. Brecht restituì alla prosa tedesca la sua semplicità 1uterana.e Thomas Mann infuse nel proprio stile l'eled a n z a docile e luminosa della tradizione classica e mediterranea. Tali anni, dal 1920 -al 19301. furono gli anni mirabiles dello spirito tedesco --, moderno: Rilke compose le Elegie duinesi e i Sonetti a Orfeo nel 1922, dando alla poesia tedesca un colpo d'ala e una musicalità che da Holderlin in poi le erano sconosciuti. La montagna incantata apparve nel 1924, castg&o &&afkg neLO26, L'op_era-da !r.e-soldi , e nel-_ 1930 il cinema tedefu rappes sto produ~g~-gn&a~.urroALo stesso anno apparve il primo volume della strana e vasta meditazione di R o b e a - u s s j sul declino dei .j_=L_=--L L'uomo sengz q-lità. Ne-& _qu&gl~loso valori occidentali, d e c e y n j ~ - ~ r ~ ~ e h . ~ t ~ xtedaca a t u _ p_akx&arono ~a --- __ a _puellady_an_ de ondata-della f antasia oc~&~nta.Je che ~ ~ ~ e n d e ~ a h & g n ~ ~ ~ & e mjngw?y, - - 2 - -Eliot . - >--Proust, D'H. -L a w ~ n c e Picasso, , &hoenberg e Stra~insky,~ Ma fu una breve giornata. L'oscurantismo e gli asti annidati nel temperamento tedesco sin dal 1870 erano troppo radicati. In una << Lettera dalla Germania )) stranamente profetica, Lawrence osservava come << il vecchio spirito ruvido e selvaggio si è messo in moto ». Vide il paese allontanarsi << dal contatto con l'Europa occidentale, rifluendo verso i deserti d'oriente ». Brecht, Kafka e Thomas Mann non riuscirono a dominare la propria cultura, ad imporle la sobrietà umana del proprio talento. Si trovarono a essere dapprima gli eccentrici e quindi i perseguitati. Nuovi linguisti erano pronti per trasformare la lingua tedesca in un'arma politica più totale ed efficace di quante la storia mai ne avesse conosciute, e degradare la dignità del discorso umano al livello di lupi latranti. Giacché dobbiamo aver ben chiaro in mente un fatto: la lingua tedesca non fu innocente degli orrori del nazismo. Non si tratta solo del fatto che, per caso, un Hitler, un Goebbels e uno Himmler parlavano tedesco. I1 nazismo trovò nella lingua esattamente ciò che gli serviva per dar voce alla propria crudeltà. Hitler sentì nella propria lingua natia l'isteria latente, la confusione, la qualità di trance ipnotico. Si immerse con sicurezza nel sottobosco del linguaggio, in quelle zone di oscurità e di urlo che costituiscono l'infanzia del discorso articolato e che vengono prima che le parole si siano fatte tenere e
provvisorie al tocco della mente. Avvertì nel tedesco una musica diversa da quella di Goethe, di Heine e di Mann; una cadenza raschiante, a metà strada tra il gergo nebuloso e l'oscenità. E invece di allontanarsene con un'incredulità nauseata, il popolo tedesco riecheggiò in massa il muggito dell'uomo. Esso fu riecheggiato da un milione di gole e di stivali battuti con violenza. U n Hitler avrebbe trovato scorte di veleno e di analfabetismo morale in qualsiasi lingua. Ma, grazie alla storia recente, in nessun altro luogo esse erano così pronte e prossime alla superficie del discorso comune. Un linguaggio in cui si può scrivere un Horst Wessel Lied è pronto a dare all'infemo
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portabile ricordare quanto fu fatto e detto, ma bisogna farlo. Nei sotterranei della Gestapo,. eli - stenoqrafi (di solito erano donne) devano accuratamente nota dei . rumori -della p-a=urae. --= = = -.-C= 2 ~ s - ~ r _ ~ . $ battutiCyaWaIvoce sq umana. Le torture e gli esperimenti condotti su creature vive a Belsen e a Mathausen erano regi" strati con precisione. Le norme riguardanti il numero di colpi da assegnare sui ceppi di fustigazione di Dachau erano messe per iscritto. Quando i rabbini polacchi furono costretti a spalare le latrine pubbliche con le mani e la bocca, c'erano ufficiali tedeschi a registrare il fatto, a fotografarlo e a classificare le fotografie. Quando le guardie scelte delle S.S. separavano le madri dai figli all'ingresso dei campi di sterminio, non agivano in silenzio. Annunciavano i vicini orrori con alti scherni: << Heida, heida, juchheisassa, Scheissjuden in den Schonstein! 21 ». Per dodici anni, dettoe ridetto L'impensabile fu -- l'indicibile fu ==messo p e r iscritto, _ru%icato, schedato per la consultazione. Gli uomini che versavano calce viva nelle bocche delle fogne di Varsavia per uccidere i vivi e reprimere il puzzo dei morti, né scrivevano a casa. Dicevano di dover << liquidare parassiti ».In lettere che chiedevano
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istantanee di famiglia o mandavano auguri per le feste. Santa notte, notte silente, Gemutlichkeit. Una lingua che veniva usata per scatenare l'inferno, che introduceva le abitudini dell'inferno nella propria sintassi. Che veniva usata per distruggere quanto di umano vi è nell'uomo o per restituire il governo a quanto di bestiale vi è in lui. A poco a poco, le parole persero il loro significato originale e acquisirono definizioni da incubo. Giudeo, polacco, russo vennero a significare pidocchi a due gambe, putridi insetti nocivi che i buoni ariani dovevano schiacciare, come diceva un manuale di partito, << come scarafaggi su una parete sporca >>. La soluzione finale >>, endgultige Losung, venne a significare la morte di sei milioni di esseri umani nei forni a gas. I1 linguaggio non fu infettato soltanto da queste grandi bestialità. Gli venne chiesto di imporre innumerevoli falsità, di convincere i tedeschi che la guerra era giusta e ovunque vittoriosa. Allorché la sconfitta cominciò ad approssimarsi al Reich millenario, le menzogne s'infittirono in una raffica costante. I1 linguaggio fu capovolto per dire << luce >> dove c'erano le tenebre e « vittoria >> dove c'era il disastro. Gottfried Benn, uno dei pochi scrittori decenti rimasti nella Germania nazista, prendeva nota di alcune delle nuove definizioni del dizionario del tedesco hitleriano: Nel dicembre del 1943, vale a dire in un momento in cui i russi ci avevano costretti a rincorrerli per 1500 chilometri e avevano sfondato il nostro fronte in una dozzina di punti, un primo luogotenente, piccolo come un colibrì e gentile come un cucciolo, osservò: << La cosa importante è che i porci non si aprano un varco ». << Aprirsi un varco »,<< ripiegare », «sgomberare », << linee di combattimento fluide e flessibili >> - che forza positiva e negativa hanno tali parole; possono vantare o possono nascondere. Stalingrad - tragico incidente. La sconfitta degli U-boat - una piccola, accidentale scoperta tecnica da parte degli inglesi. Montgomery che rincorre Rommel per 4000 chilometri da E1 Alamein a Napoli tradimento della cricca di Badoglio.
E a mano a mano che il cerchio della vendetta si chiudeva sulla Germania, questa raffica di menzogne s'infittiva in una frenetica tormenta. Alla radio, tra le interruzioni provocate dagli allarmi di incursioni aeree, la voce di Goebbels assicurava il popolo tedesco che le << titaniche armi segrete >> stavano per essere lanciate. Uno degli ultimissimi giorni del Gotterdammerung, Hitler uscì dal proprio bunker
per passare in rassegna una schiera di ragazzini quindicenni terrei in volto reclutati per impostare l'estrema linea di difesa di Berlino. L'ordine del giorno parlava di << volontari >> e di unità scelte invincibilmente raccolte intorno al Fuhrer. L'incubo naufragò su una sfacciata menzogna. Allo Herrenvolk si disse che Hitler era nelle trincee di prima linea, a difendere il cuore della sua capitale dalle bestie rosse. In realtà, il buffone giaceva morto con la sua amante, al sicuro in fondo alla sua tana di cemento. Le lingue hanno grandi riserve di vita. Possono assorbire cumuli di isteria, di analfabetismo e di mediocrità (George Orwell ha m e strato come l'inglese, oggi, faccia proprio questo). Ma vi è un punto di rottura. Usate un linguaggio per concepire, organizzare e giustificare Belsen; usatelo per redigere descrizioni particolareggiate dei forni a gas; usatelo per disumanizzare l'uomo per dodici anni di bestialità premeditata. Qualcosa gli accadrà. Fate delle parole quel che ne fecero Hitler, Goebbels e i centomila Untersturmfuhrer: veicoli di terrore e di falsità. Qualcosa accadrà alle parole. Qualcosa delle menzogne e del sadismo s'anniderà nel midollo del linguaggio. Dapprima impercettibilmente, come i veleni delle radiazioni che filtrano silenziosi nelle ossa. Ma il cancro comincerà, e la distruzione in profondità. I1 linguaggio non crescerà né si rinnoverà più. Non assolverà più, esattamente com'era avvezzo a fare, le sue due funzioni principali: la trasmissione dell'ordine umano che chiamiamo legge, e la comunicazione del nocciolo dello spirito umano che chiamiamo grazia. In una nota angosciata del suo diario del 1940, Klaus Mann osservava che non poteva più leggere i nuovi libri tedeschi: << È possibile che Hitler abbia inquinato il linguaggio di Nietzsche e di Holderlin? >>. Sì. Ma che è accaduto a coloro che sono i custodi di una lingua, i guardiani della sua coscienza? Che è accaduto agli scrittori tedeschi? Parte di essi furono uccisi nei campi di concentramento; altri, come Walter Benjamin, si uccisero prima che la Gestapo li potesse costringere a cancellare quel poco che c'è nell'uomo dell'immagine di Dio. Ma gli scrittori maggiori andarono in esilio. I migliori drammaturghi: Brecht e Zuckmayer. I romanzieri più importanti: Thomas Mann, Werfel, Feuchtwanger, Heinrich Mann, Stefan Zweig, Hermann Broch. Tale esodo è di primaria importanza se vogliamo comprendere che cos'è accaduto alla lingua tedesca e all'anima di cui essa è la vo-
ce. Alcuni di questi scrittori fuggirono per salvarsi la vita, essendo ebrei o marxisti o parassiti indesiderabili >> d'altro genere. Ma molti avrebbero potuto rimanere come onorati ospiti ariani del regime. I nazisti erano fin troppo ansiosi di assicurarsi il lustro della presenza di Thomas Mann e il prestigio che la sua semplice presenza avrebbe conferito alla vita culturale del Reich. Ma Mann non volle rimanere. E il motivo era che egli sapeva esattamente che cosa veniva fatto alla lingua tedesca e sentiva che soltanto in esilio quella lingua avrebbe potuto essere salvata dalla rovina finale. Quando emigrò, gli accademici servili dell'università di Bonn lo privarono della sua laurea ad honorem. Nella sua famosa lettera aperta al decano dell'università, Mann spiegò come mai una persona che si serviva del tedesco per comunicare la verità o i valori umani non potesse restare nel Reich di Hitler: Quello del linguaggio è un grande mistero; la responsabilità verso un linguaggio e la sua purezza è di natura simbolica e spirituale; tale responsabilità non ha soltanto un senso estetico. La responsabilità verso il linguaggio è, essenzialmente, responsabilità umana... Dovrebbe forse uno scrittore tedesco, reso responsabile per il suo uso abituale del linguaggio, rimanere in silenzio, assolutamente in silenzio, di fronte a tutto il male irreparabile che è stato commesso quotidianamente, e che viene commesso nel mio paese, contro il corpo, l'anima e lo spirito, contro la giustizia e la verità, contro gli uomini e l'uomo? Mann aveva ragione, naturalmente. Ma il prezzo di una simile integrità è immenso per uno scrittore. Gli scrittori tedeschi patirono diversi gradi di privazione e reagirono in maniera diversa. Pochissimi furono abbastanza fortunati da trovare asilo in Svizzera, dove potevano restare dentro la viva corrente della propria lingua. Altri, come Werfel, Feuchtwanger e Heinrich Mann, si stabilirono gli uni nei pressi degli altri. per formare isole di parlata natia nella loro nuova patria. Stefan Zweig, giunto in salvo nell'America Latina, cercò di dedicarsi di nuovo al proprio lavoro. Ma la disperazione lo sopraffece. Era convinto che i nazisti avrebbero trasformato il tedesco in un farfugliamento disumano. Non vedeva alcun futuro per un uomo che si dedicasse all'integrità delle lettere tedesche e si uccise. Altri smisero completamente di scrivere. Soltanto i più coriacei o i più dotati seppero trasformare in arte la propria situazione crudele.
Inseguito dai nazisti di rifugio in rifugio, Brecht fece di ciascuno dei suoi nuovi drammi una brillante azione di retroguardia. Madre Coraggio fu messo in scena per la prima volta a Zurigo nella cupa primavera del 1941. Quanto più era cacciato lontano, tanto più chiaro e più forte diventava il tedesco di Brecht. La lingua pareva essere quella di un sillabario che compitava 1'ABC della verità. Senza dubbio, Brecht fu aiutato dalla sua politica. Essendo marxista, si sentiva cittadino di una comunità più vasta della Germania, si sentiva partecipe della marcia della storia. Era preparato ad accettare la dissacrazione e la rovina del patrimonio tedesco come un tragico, inevitabile preludio alla fondazione di una nuova società. Nel suo trattato << Cinque difficoltà incontrate scrivendo la verità >>, Brecht concepì una nuova lingua tedesca, capace di sposare la parola al fatto e il fatto alla dignità dell'uomo. Un altro scrittore che fece dell'esilio un arricchimento fu Hermann Broch. L a morte di Virgilio non è soltanto uno dei più importanti romanzi prodotti dalla letteratura europea dopo Joyce e Proust; è un trattamento specifico della condizione tragica di un uomo di parole in un'epoca di potere bruto. I1 romanzo verte sulla decisione di Virgilio, nell'ora della morte, di distruggere il manoscritto dell'Eneide. Egli comprende adesso che la bellezza e la verità del linguaggio non sono in grado di far fronte alla sofferenza umana e all'avanzata della barbarie. &'uomo deve = $r-are-una.p_oegkp&-ata e._utile all'uomo che non .kqarele; --u-na poesia -_ dell'azione. ~ r G h , inoltre, portò la grammatica e il discorso al di là dei loro confini tradizionali, come se questi fossero diventati troppo angusti per contenere il peso di afflizione e di intuizione imposto allo scrittore dalla disumanità dei nostri tempi. Verso la fine della sua vita piuttosto solitaria (morì a New Haven, qu&i sconosciuto), egli avvertì sempre di più che la comunicazione si trovava forse in forme diverse dal linguaggio, forse nella matematica, l'altra faccia del silenzio. Di tutti gli esuli, Thomas Mann fu quello cui le cose andarono meglio. Erasempre stato un cittadino del mondo, aperto al genio delle altre lingue e delle altre culture. Nell'ultima parte delle Storie di Giuseppe, parvero entrare nello stile di Mann certe tonalità dell'inglese, la lingua in mezzo a cui egli stava allora vivendo. I1 tedesco resta quello del maestro, ma in esso balena di tanto in tanto una luce estranea. Nel Doctor Faustus, Mann si appellò direttamente alla rovina dello spirito tedesco. I1 romanzo scaturiice dal contrasto tra la
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lingua del narratore e gli avvenimenti che egli racconta. La lingua è quella di un umanista classico, un po' laboriosa e antiquata, ma sempre aperta alle voci della ragione, dello scetticismo e della tolleranza. La storia della vita di Leverkuhn, d'altro canto, è una parabola di irrazionalità e di disastro. La tragedia personale di Leverkuhn prefigura la grande follia del popolo tedesco. Persino mentre il narratore espone la sua testimonianza pedante ma umana alla selvaggia distruzione di un uomo di genio, il Reich appare sprofondante in un caos sanguinoso. Nel Doctor Faustus vi è anche una considerazione diretta dei ruoli svolti dal linguaggio e dalla musica nell'anima tedesca. Mann sembra dire che le più profonde energie dell'anima tedesca trovarono sempre espressione nella musica piìì che nelle parole. E la storia di Adrian Leverkuhn lascia intendere che questo è un fatto colmo di pericoli. Nella musica, infatti, vi sono possibilità di irrazionalismo e di ipnosi totale. Non abituati a trovare nel linguaggio un tipo definitivo di significato, i tedeschi erano preparati ad accogliere il gergo subumano del nazismo. E al di sotto di tale gergo risuonavano i grandi, oscuri accordi dell'estasi wagneriana. In Il santo peccatore, una delle sue ultime opere, Mann ritornò al problema della lingua tedesca per mezzo della parodia e del pastiche. I1 racconto è scritto in un'elaborata imitazione del tedesco medievale, quasi per allontanarlo il più possibile dal tedesco del presente. Ma nonostante tutte le loro realizzazioni, gli scrittori tedeschi in esilio non poterono proteggere il proprio patrimonio dall'autodistruzione. Essi assistettero agli inizi della catastrofe, non al suo peno sviluppo. Come scrisse uno che rimase indietro: << Voi non pagaste con il prezzo della vostra dignità. Come potete dunque comunicare con quelli che lo fecero? ». I libri che Mann, Hesse e Broch scrissero in Svizzera o in California o a Princeton sono letti oggi in Germania, ma soprattutto come prova preziosa del fatto che un mondo privilegiato era vissuto su << qualcos'altro », fuori della portata di Hitler. Che dire, allora, di quegli scrittori che rimasero indietro? Alcuni divennero lacchè nel bordello ufficiale della «cultura ariana », il Reichsschrifttumskammer. Altri giocarono sull'equivoco fino a perdere la facoltà di dire qualcosa di chiaro o di significativo persino a se stessi. Klaus Mann tratteggia in poche parole il modo in cui Gerhart Hauptmann, il vecchio leone del realismo, venne a patti con le nuove realtà:
... Niente malanimo!... Cerchiamo di essere... No, se non vi rincresce, consentitemi... obiettivo... Posso riempirmi di nuovo il bicchiere? Questo champagne... straordinario, dawero - l'uomo Hitler, voglio dire... Anche lo champagne, quanto a questo... Un'evoluzione assolutamente straordinaria... La gioventù tedesca... Circa sette milioni di voti... Come ho detto spesso ai miei amici ebrei... Quei tedeschi... nazione incalcolabile... misteriosissima dawero... impulsi cosmici... Goethe... La Saga dei Nibelunghi... Hitler, in un certo senso, esprime... Come ho cercato di spiegare ai miei amici ebrei... tendenze dinamiche... elementari, irresistibili... D.
<< Hitler... in fin dei conti,... Miei cari amici!
Alcuni, come Gottfried Benn ed Ernst Junger, si rifugiarono in quella che Benn definì << la forma aristocratica di emigrazione >>.Si arruolarono nell'esercito tedesco, pensando che avrebbero potuto sfug.gire all'ondata di corruzione e servire il proprio paese nei vecchi modi onorevoli » del corpo ufficiali. Junger scrisse un resoconto della vittoriosa campagna di Francia. E un libretto lirico ed elegante, intitolato Garten und Strassen. Non contiene una sola nota rude. Un ufficiale vecchio stile che si prende paternamente cura dei suoi prigionieri francesi e che mantiene relazioni << corrette » e persino gentili con i suoi nuovi sudditi. Dietro la sua auto vengono gli autocarri della Gestapo e le guardie scelte appena reduci da Varsavia. Junger non accenna a nessuna di queste cose spiacevoli. Scrive di giardini. Benn ebbe una visione più chiara e si ritrasse dapprima nell'oscurità dello stile e quindi nel silenzio. Ma il semplice fatto della sua presenza nella Germania nazista parve distruggere la sua presa sulla realtà. Dopo la guerra mise per iscritto alcuni suoi ricordi del tempo della notte. Tra di essi, troviamo una frase incredibile. Parlando delle pressioni esercitate su di lui dal regime, Benn dice: << Descrivo quanto sopra non per risentimento contro il Nazionalsocialismo. Questo è ormai abbattuto e io non sono tipo da trascinare nella polvere il corpo di Ettore ». La fantasia è stordita di fronte alla quantità di confusione che dev'essere occorsa per far scrivere una cosa simile a uno scrittore decente. Valendosi di un vecchio luogo comune accademico, egli fa del nazismo l'equivalente del più nobile degli eroi omerici. Essendo morto, il linguaggio si dà alle menzogne. Un pugno di scrittori rimase in Germania per opporre una segreta resistenza. Uno di questi pochissimi fu E m t Wiechert. Passò un po' di tempo a Buchenwald e rimase in reclusione parziale per tutta la guerra. Quel che scriveva lo seppelliva in giardino. Rimase in pe-
ricolo costante, perché sentiva che non si sarebbe dovuto permettere alla Germania di morire in una sofferenza senza voce. Rimase affinché un uomo onesto registrasse per quelli che erano fuggiti e per quelli che forse sarebbero soprawkuti com'erano andate le cose. In La foresta dei morti diede un breve, tranquillo resoconto di quel chc aveva visto nel campo di concentramento. Tranquillo, perché desiderava che l'orrore dei fatti gridasse ad alta voce nella nudità della verità. Vide ebrei che venivano torturati a morte sotto immensi carichi di pietra e di legno (venivano fustigati ogni volta che smettevano di respirare finché cadevano morti). Quando sul braccio di Wiechert si formarono piaghe purulente, gli venne data una benda ed egli sopravvisse. L'ufficiale medico del campo non voleva toccare gli ebrei e gli zingari nemmeno con i guanti << per il timore che l'odore della loro carne lo infettasse ».Così essi morivano, urlando per la cancrena o inseguiti dai cani poliziotti. Wiechert vide e ricordò. Alla fine della guerra, disseppellì il manoscritto dal suo giardino e nel 1948 lo diede alle stampe. Ma era già troppo tardi. Nei tre anni immediatamente successivi alla fine della guerra, molti tedeschi cercarono di pervenire a una visione realistica degli avvenimenti dell'epoca hitleriana. All'ombra delle rovine e della miseria economica, considerarono il male mostruoso che il nazismo avcva scatenato su loro e sul mondo. Lunghe schiere di uomini e di donne sfilarono presso i mucchi di ossa nei campi di sterminio. I ssldati tornati fecero qualche ammissione su com'era stata l'occupazione della Norvegia o della Polonia o della Francia o della Jugoslavia - le fucilazioni in massa degli ostaggi, la tortura, il saccheggio. I,c chiese levarono la propria voce. Fu un periodo di esame di coscienx:l e di angoscia. Furono dette parole che non erano state pronunciate* in dodici anni. Ma il momento della verità fu piuttosto breve. La svolta decisiva sembra si sia verificata nel 1948. Con la crcazione del nuovo Deutschmark, la Germania iniziò un'ascesa miracolosa a una rinnovata potenza economica. I1 paese si narcotizzò lettcralmente con il duro lavoro. Furono quelli gli anni in cui gli uomiili passavano metà della notte nelle loro fabbriche ricostruite perché Iv case non erano ancora abitabili. E con questo balzo verso l'alto (li energia materiale venne un nuovo mito. Milioni di tedeschi coniii1~ciarono a dire a se stessi e a tutti gli stranieri abbastanza ingenui i l ; ~ starli ad ascoltare, che in un certo senso il passato non era accaduto, che gli orrori erano stati grossolanamente esagerati dalla propagaiirl;~
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alleata e dai giornalisti a caccia di sensazioni. Sì, c'era qualche campo di concentramento, e dicono che un certo numero di ebrei e di altri sfortunati siano stati trucidati. << Ma non sei milioni, lieber Freund, niente di simile a quella cifra. E soltanto propaganda, sapete D. Certamente c'erano state delle spiacevoli brutalità compiute in territorio straniero da unità delle S.S. e S.A. << Ma quei tizi erano Lumpenhunde, canaglia spregevole. L'esercito regolare non fece nulla di simile. Non l'onorevole esercito tedesco. E, per la verità, sul fronte orientale i nostri ragazzi non si trovavano di fronte normali esseri umani. I russi sono cani furiosi, lieber Freund, cani furiosi! E che dire del bombardamento di Dresda? » Da qualsiasi parte si viaggiasse in Germania, si sentivano tali argomenti. I tedeschi stessi cominciarono a crederci con fervore. Ma il peggio doveva ancora venire. I tedeschi di ogni livello sociale cominciarono ad affermare che non avevano mai saputo delle atrocità del regime nazista. << Non sapevamo quello che stava succedendo. Nessuno ci diceva di Dachau, Belsen o Auschwitz. Come avremmo potuto scoprirlo? Non biasimateci. » Owiamente, è difficile confutare una simile asserzione di ignoranza. C'erano davvero numerosi tedeschi che avevano soltanto un'idea confusa di quanto poteva accadere al di là del proprio cortile. I distretti rurali e le comunità più piccole e remote vennero a conoscenza della realtà soltanto negli ultimi mesi della guerra, quando la battaglia si avvicinò veramente ad essi. Ma un numero immenso sapeva. Wiechert descrive il suo lungo viaggio a Buchenwald nei giorni relativamente idilliaci del 1938. Racconta come folle di persone si radunassero alle diverse fermate per schernire e sputare addosso agli ebrei e ai prigionieri politici incatenati dentro il vagone della Gestapo. Quando i treni della morte cominciarono a correre attraverso la Germania durante la guerra, l'aria s'infittì delle grida e del tanfo dell'agonia. I treni attendevano su binari di raccordo a Monaco prima di puntare verso Dachau, a breve distanza. All'interno dei carri sigillati, uomini, donne e bambini impazzivano di paura e di sete. Urlavano per avere aria e acqua. Urlavano tutta la notte. La gente di Monaco li udiva e ne parlava agli altri. Sulla strada di Belsen, un treno fu fatto fermare in un punto imprecisato della Germania meridionale. I prigionieri vennero costretti a correre su e giù dalla piattaforma e uno della Gestapo sciolse il cane e lo aizzò contro di loro al grido: << Uomo, prendi quei cani! ». u n a folla di tedeschi se
'l. Linguaggio r silcnrio
ne stava lì ferma, a guardare la caccia. E vi sono infiniti casi del genere documentati. La maggior parte dei tedeschi non conosceva probabilmente i particolari reali della liquidazione. Può darsi che non conoscesse la meccanica dei forni a gas (uno storico ufficiale nazista li definì << l'ano del mondo »). Ma quando la casa accanto veniva svuotata di notte dei suoi inquilini, o quando gli ebrei, con la loro stella gialla cucita sui cappotti, venivano esclusi dai rifugi antiaerei e costretti ad acquattarsi nelle vie aperte in preda alle fiamme, solo uno stupido cieco avrebbe potuto non sapere. Eppure il mito svolse il suo lavoro. Vero, il pubblico tedesco rimase commosso non molto tempo f a dalla versione drammatica del Diario di Anna Frank. Ma persino il terrore del Diario è stato un residuo eccezionale. E non mostra quel che accadde ad Anna dentro al campo di concentramento. Vi è uno scarso mercato per cose del genere in Germania. Dimenticate il passato. Lavorate. Prosperate. La nuova Germania appartiene al futuro. Interrogati di recente su che cosa significasse per loro il nome di Hitler, un gran numero di scolari tedeschi rispose che era un uomo che aveva costruito le Autobahnen e l'aveva fatta finita con la disoccupazione. '-Avevan-o sentito chd. dire che e r a ~ ~ i - u o m ~ ~ g a - tSi,ma-in t;~? realtà A,$ insegnanti che cercavano di parlarior6 de era stato detto dalle sfere ufficiali che tali argomenti non erano adatti ai bambini. Quei pochi che avevano continuato a farlo erano stati dcstituiti o messi sotto pressione dai genitori e dai colleghi. Percb6 scandagliare il passato? Qua e là, in effetti, i vecchi volti ritornano. Sui seggi del tribunale siedono alcuni dei giudici che amministrarono le leggi sanguinaric di Hitler. Su molte cattedre siedono studiosi che ebbero la prima promozione quando i loro maestri ebrei o socialisti furono messi ;r morte. In un certo numero di università tedesche e austriache, i bulli si pavoneggiano di nuovo con i loro copricapi, i loro nastrini, gli sfregi subiti nei duelli, e i << puri ideali tedeschi ». << Dimentichiamo 8 è la litania della nuova epoca tedesca. Anche quelri Che non ne soi~o capaci, esortano gli altri a farlo. Uno dei pochi pezzi di letteratura d'alto livello che si occupi dell'orrore del passato in tutta la sua pienezza è L'offerta bruciata di Albrecht Goes. Avendole detto un ufficiale della Gestapo che non ci sarà tempo di avere il bambino là dove lei sta andando, una donna ebrea lascia la carrozzella alla moglir
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di un bravo negoziante ariano. I1 giorno successivo essa è deportata nei forni crematori. La carrozzella vuota comunica al narratore l'intera somma di ciò che viene commesso. Ella decide di rinunciare alla propria vita come un'offerta bruciata a Dio. È una storia superba. Ma al principio, Goes si chiede esitante se debba essere narrata: << Si è dimenticato. E si deve dimenticare, giacché come potrebbe vivere un uomo che non ha dimenticato? ». Meglio, forse. Tutto dimentica. Ma non una lingua. Quando è stata irnrnessa in essa la falsità, solo la verità più drastica può purificarla. Invece, la storia postbellica della lingua tedesca è stata una storia di dissimulazione e di voluta dimenticanza. I1 ricordo degli orrori passati è stato in gran parte sradicato. Ma a caro prezzo. E la letteratura tedesca lo sta pagando proprio adesso. Vi sono giovani scrittori di talento e alcuni poeti minori di un certo livello. Ma la maggior parte di quanto vien pubblicato come letteratura seria è piatto e scadente. Non contiene nessun fuoco di vita ". Si confronti il miglior giornalismo corrente con un numero qualsiasi del Frankfurter Zeitung dei giorni pre-hitleriani; è difficile credere, a volte, che entrambi siano scritti in tedesco. Questo non significa che il genio tedesco sia muto. C'è una brillante vita musicale, e in nessun altro luogo alla moderna musica sperimentale è garantito un pubblico migliore. Vi è, una volta ancora, un'ondata di attività nel campo della matematica e delle scienze naturali. Ma la musica e la matematica sono << lingue >> diverse dal linguaggio. Più pure, forse; meno insozzate dalle implicazioni passate; più capaci, forse, di trattare la nuova epoca dell'automazione e del controllo elettronico. Ma non linguaggio. E finora, nella storia, è stato il linguaggio a essere il ricettacolo della grazia umana e il primo portatore di civiltà.
scarpata. La cosa poteva staccare / i mucchi di libri dagli scaffali, spezzarr 11. bottiglie in una fila [N.d.T.].
MOSE E ARONNE D I SCHOENBERG
23. IAadiscussione più esauriente dell'opera si può trovare in Karl H. Worner,
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IL MIRACOLO V U O T O
20. Comprensibilmente, questo saggio, scritto nel 1959, offese e irritò molti. Esso ha continuato a esser discusso e citato erroneamente fino a oggi. La rivista Sprache im technischen Zeitalter dedicò al dibattito un numero speciale, e la controversia si riaccese negli Stati Uniti nella primavera del 1966, al convc%gno degli scrittori tedeschi noti come il Gruppe 47. I1 mondo accademico, cui io appartengo con un certo disagio, prese una posizione particolarmente negativa nel caso. Se ripubblico << I1 miracolo vuoto W in questo libro, è perché penso che l'argo mento dei rapporti tra linguaggio e disumanità politica sia un argomento (li estrema importanza; e perché credo che possa esser visto con urgenza specifirsi e tragica in relazione agli usi del tedesco nel periodo nazista e ne1i'acrobaxi:i dell'oblio che seguì la caduta del nazismo. De Maistre e George Orwell hanrio scritto sulla politica del linguaggio, sul modo in cui le parole possono perder(& i propri significati umani sotto la pressione delle bestialità e della faisità politica. Noi abbiamo appena cominciato, per ora, ad applicare le loro intuiziorii alla stona reale del linguaggio e del sentimento. In questo campo quasi tutio è ancora d a fare. Ripubblico questo saggio anche perché credo che la sua linea di discussiori(. sia valida. Quando lo scrissi, non conoscevo ancora i1 notevole libro di Victoi Klemperer Aus dem Notirbuch eines Philologen, pubblicato a Berlino Est 1it.I 1946 e ora ristampato dalla Joseph Melzer Verlag, Darmstadt, con il titolo Dri unbewaltigte Sprache. Con una ricchezza di particolari assai maggiorr (li quella che io potevo offrire, Klemperer, un esperto linguista, descrive il crollo del tedesco nel gergo nazista e lo sfondo storico-linguistico che portò a trilo crollo. Nel 1957, apparve un piccolo lessico introduttivo del tedesco nazìstti . Aus dem Worterbuch des Unmenschen, compilato da Sternberger, Storz e S u h kind. Nel 1964, i suggerimenti da me fatti per uno studio più parti colar^^: giato furono ripresi da Cornelia Berning con V o m << Abstammungsnachwei~ rum << Zuchtwart >>. Dolf Sternberger h a ripreso l'intera questione nel saggio su << Mass/stabe des Sprachkritik >> in Kriterien (Francoforte, 1965). Iri 11 vicario di Hochhuth, soprattutto nelle scene in cui compaiono E:tchmann 1- i suoi compagni di lavoro, al tedesco nazista viene data un'espressione precis:i o nauseante. Lo stesso accade in L'istruttoria di Peter Weiss e, come cerco (11 mostrare nella mia a Nota su Gunter Grass >> che vien dopo questo saggio, nell'Hundejahre. In questi ultimi dieci anni, inoltre, h a avuto inizio un nuovo capitolo ri~.ll,i storia complessa della lingua tedesca e delle sue articolazioni della realtà 1)oli tica. La Germania Orientale sta evolvendo una volta ancora gran pari(, t l i quella grammatica di menzogne, di semplificazioni totalitaristiche, chc riil; giunse un così alto grado di efficienza nell'epoca nazista. Si possono coritriiiic~ mura tra le due parti di una città, ma anche tra le parole e il ~ o n t ( ~ i i i i t ~ ) umano. 21. a Eilà, eilà, gli ebrei di merda nel forno! [N.d.R.]. 22. Quest'affermazione era valida nel 1959, non oggi. E proprio volgendoni i i fronteggiare il passato che i1 dramma e la narrativa tedeschi hanno riar<liliiii,i to una forza vitale violenta, spesso giornalistica, ma innegabile.
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Schoenberg's a Moses and Aaron (trad. di P. Hamburger, Londra, 1963). Tra le discussioni tecniche più importanti sulla musica vi sono quelle di Hans Keller in T h e Score (n. 21, 1957) e di W. Zillig in Melos, Zeitschrift fu7 Neue Musik (vol. 3, 1957). Una rassegna affascinante, anche se spesso tortuosa e inutilmente oscura, dello sfondo filosofico e storico dell'opera si può trovare in T. W. Adorno, <( Sakrales Fragment: Ueber Schoenberg's Moses und Aron >> (una conferenza tenuta a Berlino nell'aprile 1963 e ristampata lo stesso anno in Quasi una fantasia di Adorno). 24. Tutte le citazioni sono tratte dalle Letters, a cura di Envin Stein (Londra, 1964). 25. E per questo motivo che mi sembra che una rappresentazione parlata del terzo atto, che Schoenberg stesso prese in considerazione e ritenne ammissibile, non aggiunga nulla, e anzi indebolisca la bellezza e la forza misteriosa della chiusa musicale. OMERO E GLI STUDIOSI
26. . Odissea. XI. vv. 121-128 - Trad. it. di R. Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino, 1963 [ N . ~ . T . ] . 27. Odissea, XIII, W. 291-299. Trad. cit. di R. Calzecchi Onesti [N.d.T.]. 28. Odissea, XI, W. 482-492. Trad. cit. di R. Calzecchi Onesti [ N . d . T . ] . SHAKESPEARE
- QUARTO CENTENARIO
29. Come nobile (fosse) per la sua ragione, come infinito nelle sue facoltà nella forma e nel movimento, come preciso e ammirevole. Hamlet, a. 11, sc. 11. Questa e le traduzioni che seguono sono a cura di M. Praz in W. Shakespeare, Tutte le opere, Sansoni, Firenze, 1964 [N.d.T.]. 30. Ma, amico, egli sovrasta lo stretto mondo / come un colosso e noi omuncoli / passeggiamo sotto le sue enormi gambe e scrutiamo attorno / per trovarci tombe disonorate. Julius Caesar, a. I , sc. 11, W. 135-138 [N.d.T.]. 31. E perciò il magnifico pianeta Sole / è in nobile eminenza installato e posto nella sfera / tra gli altri. Troilus and Cressida, a. I, sc. 111, W. 89-91 L1v.a.r .l. 32. Tu puoi sull'alto e vertiginoso albero della nave / chiudere gli occhi al mozzo cullando il suo cervello / al moto del rude e impetuoso flusso, / tra gli incessanti venti che battono... King Henry the Fourth - Part T w o , a. 111, sc. I, W. 18-21 [N.d.T.]. 33. No, ma vivere / nel fetido sudore di un letto unto di grasso, / crogiolata nella corruzione, dicendo parole melliEue e facendo all'amore / sul sudicio brago... Hamlet, a. 111, sc. IV, W. 92-95 [N.d.T.]. 34. (( È bmtto il bello, è bello il brutto >). Macbeth, a. I, sc. I., v. 11 [N.d.T.]. 35. << Vi auguro ogni gioia col serpente >>, Antony and Cleopatra, a. V, sc. 11, v. 28. Steiner cita in maniera inesatta, in quanto la frase è a I wish you Yoy O' the worm ».La pregnanza dell'espressione sta nel fatto che worm W , pur indicando il << serpente >), significa in realtà << verme e allude quindi al prossimo corrompersi del corpo di Cleopatra [N.d.T.]. 36. << Così saturo di vita d a cogliere, esistendo, la forza della vita W. I1 passo si trova nel Poetmter, dove la battuta è attribuita a Orazio e si riferisce a Virgi-
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