GLUNews n.7

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ANNO III • N. 3 • NOVEMBRE 2010 • Periodico di aggiornamento per diabetici e non ⇔2,50 • copia omaggio

In piscina contro il diabete.

FOCUS Il counting dei carboidrati.

Alimentazione Gli “Snack amici”.

Attualità Specialisti del diabete.


Sommario EDITORIALE

pag. 3

FOCUS

pag. 4

Il counting dei carboidrati.

ALIMENTAZIONE

pag. 10

Gli “Snack amici”.

SPORT

pag. 14

In piscina contro il diabete.

ATTUALITÀ

pag. 18

Specialisti del diabete.

LA POSTA DEI LETTORI

pag. 21

CAPIRE LE ANALISI

pag. 22

L’INR.

STRUMENTI DI MISURAZIONE

pag. 26

Un aiuto per capire il proprio diabete.

DIABETENIGMISTICA

pag. 28

DOLCI CURIOSITÀ

pag. 30 GLUNews • ANNO III • N. 3 • NOVEMBRE 2010 Periodico di aggiornamento per diabetici e non Tiratura: 50.000 copie Direttore Responsabile Dott. Renato Saggiorato Medico Igienista Coordinamento Scientifico Prof. Andrea Giaccari Professore di Endocrinologia, Docente di diabetologia Policlinico Gemelli Roma giaccari@glunews.it

con la collaborazione di: Dott.ssa Annamaria Prioletta Specialista in Endocrinologia e Malattie del Ricambio Edizione, Redazione & Progetto Grafico CARISM S.r.l. - Torino Stampa AGES ARTI GRAFICHE -Torino Registrato al Tribunale di Torino, N. 44 - 28 Maggio 2008.

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Editoriale Ciò che, in questo ultimo periodo, più mi ha fatto piacere e inorgoglito, oltre allo strabiliante traguardo dei 6.000 abbonati, è stato scoprire GLUNews su internet, con la stessa sobrietà ed eleganza che caratterizza l’edizione cartacea, ricco di vita e di colori, semplice ed intuitivo, con l’autorevolezza data da un coordinatore scientifico del calibro del professor Giaccari e la serietà e l’impegno di tutta la redazione. Essere presenti anche sul web significa contribuire, con uno strumento in più, a creare una barriera di contrasto al diabete che sarà tanto più efficiente quanto più svolta in collaborazione con le strutture sanitarie dei vari paesi che già operano in sintonia e che da alcuni anni hanno dato vita alla Giornata Mondiale del Diabete. Si tratta di una manifestazione che anche quest’anno, a metà novembre, si svolgerà in tutte le principali piazze italiane e che vedrà la collaborazione non solo delle Associazioni Sanitarie ma dei cittadini, in particolare di coloro che sulla loro pelle hanno tratto esperienza e che sanno che Il diabete si può prevenire e che la prevenzione passa attraverso l’informazione. Esistono infatti delle situazioni, apparentemente banali, che rappresentano un segnale precoce di rischio di diabete e che bisogna cogliere in tempo prima che i danni arrecati siano irreversibili. Mi capita spesso di trascorrere parecchio tempo a contatto con gruppi di diabetici e di partecipare a numerose iniziative sul territorio promosse da alcune associazioni e quando qualcuno mi chiede cosa mangio durante queste esperienze, in particolare se nei ristoranti viene disposto un menù diverso per le persone con il diabete e per gli accompagnatori (pensando che i primi si sottopongano a terribili restrizioni dietetiche), rispondo con un sorriso. Niente di più errato. Il diabetico è una buona forchetta: mangia, eccome mangia! Parlo ovviamente del diabetico educato a mangiare, che sa scegliersi gli alimenti e la loro quantità, sa modulare terapia ed attività fisica a quello che mangia, perché è una persona consapevole ed informata, che legge, che partecipa alla vita associativa dove vengono tenute lezioni, dati consigli, corretti gli errori, fatte esperienze… GLUNews e GLUNews.it hanno proprio questo obiettivo: informare, educare, prevenire e aiutare chi ha il diabete a non rinunciare a nulla.

Renato Saggiorato

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FOCUS

A. Giaccari

Il counting dei carboidrati. Quanti di voi hanno il diabete da molti anni, si saranno probabilmente resi conto di come, nel corso degli anni, i consigli sulla dieta che vi hanno dato i diversi specialisti che si sono occupati della vostra patologia sia cambiato: si è passati dall’indicazione di drastiche riduzioni dell’apporto di carboidrati (per esempio del pane e della pasta), a schemi dietetici molto simili all’alimentazione di soggetti non affetti da diabete. Generalmente gli schemi dietetici più comunemente suggeriti si basano o su schemi fissi (i più odiati e i meno seguiti dai pazienti) o sulla regola dello scambio di alimenti (un po’ più accettato, ma sempre piuttosto rigido). Ed è per questo che, ancora oggi, il paziente cui viene diagnosticato il diabete si scontra con la difficoltà di dover modificare le proprie abitudini alimentari per contribuire a controllare al meglio i valori della glicemia o per cercare di evitare l’aumento di peso; anche se questi schemi di alimentazione appaiono facili, non tutti hanno facilità a comprendere immediatamente quali sono i cibi a cui fare più attenzione, quali limitare e quali preferire. I diabetologi, dal canto loro, si confrontano quotidianamente con le numerose domande dei pazienti su cosa, quanto e come mangiare, cosa evitare; nel caso dei 4


pazienti in terapia insulinica a queste domande si aggiungono i dubbi sulle unità di insulina da somministrarsi e a volte (ma solo a volte), su come modificarne il dosaggio in base ai valori della glicemia. Dico solo a volte perché purtroppo, ancora oggi, molti pazienti sono spaventati quando devono modificare le dosi di insulina e molti sono convinti che la correzione della terapia insulinica, anche transitoria, debba essere effettuata esclusivamente dal proprio diabetologo. La terapia insulinica a dosi fisse (quella che la maggior parte dei pazienti pratica) richiede necessariamente un'alimentazione costante, perché la variabilità si paga poi con brusche variazioni della glicemia. Ovviamente questo tipo di approccio è piuttosto limitativo poiché costringe il paziente a sottostare a un regime dietetico piuttosto rigido. Gli schemi di terapia che, al contrario prevedono variazioni del dosaggio dell’insulina in base alla glicemia e al tipo di pasto, consentono una maggiore flessibilità nelle scelte alimentari, oltre che, ovviamente, una maggiore probabilità di raggiungere un buon controllo glicemico. Vi è mai capitato una sera a cena di mangiare una bella bistecca alla fiorentina, con a seguire una ricca insalata condita con abbondante olio e aceto, un bel bicchiere di vino rosso, ed andare in ipoglicemia? Oppure, dopo 50 g di pasta in bianco, la glicemia sembra salire e non tornare più giù nonostante l’insulina sia sempre la stessa? Carne rossa, magari un po’ grassa, burro, olio, vi faranno ingrassare o alzare i grassi nel sangue ma contengono pochi carboidrati, praticamente nulla, non alzano la glicemia; paradossalmente, per fare la stessa insulina, devono essere accompagnati dal pane per avere una minima dose di carboidrati, altrimenti si va in ipoglicemia. Al contrario, il piccolo piatto di pasta in bianco (benché appaia minimo, di sacrificio, di dieta, magari pro-

I carboidrati rappresentano il 45-60% delle calorie giornaliere e sono il nutriente maggiormente responsabile delle variazioni della glicemia dopo un pasto.

prio per compensare il bisteccone del giorno prima) è composto di soli carboidrati, peraltro praticamente sprovvisti di fibre (è sempre meglio un bel condimento a base di verdure di stagione) e quindi rapidamente assorbiti. Ecco che sale la glicemia. Nella vostra (e nella nostra) vita vogliamo mangiare cibi diversi, cambiare, sperimentare (sempre cercando una dieta sana). Per questo non dobbiamo adattare la nostra alimentazione alla terapia, ma la terapia (anche insulinica) alle nostre abitudini alimentari. Se il peso ce lo permette, anche ai nostri capricci. Il counting (o conteggio) dei carboidrati s’inserisce appunto in questo scenario. Si tratta di un approccio relativamente nuovo che prevede la somministrazione di insulina a dosi variabili, decise dal paziente (e questo è l’aspetto più importante), in base alla quantità di carboidrati del pasto che vorrà mangiare. Si tratta di una tecnica utilissima per chi usa il 5


FOCUS microinfusore, consigliata a molti pazienti e ben accettata dagli stessi in terapia insulinica multi-iniettiva (cioè per chi fa più somministrazioni al giorno di insulina). Quasi tutti i pazienti con diabete a cui viene proposto lo accettano e lo seguono senza particolari difficoltà e, appena ne diventano padroni, ne sono molto soddisfatti poiché, sebbene richieda un certo impegno soprattutto all’inizio, regala in seguito una gran bella libertà. Cerchiamo di entrare un pochino più nel dettaglio, senza pretendere che diventiate dei tecnici. Il meccanismo su cui si fonda è piuttosto immediato da comprendere: tutti gli alimenti sono costituiti da nutrienti e tra questi i 3 più importanti ai fini del contributo in calorie sono i carboidrati, i grassi e le proteine; l'aumento della glicemia post-prandiale è sostanzialmente determinata dal quantitativo di carboidrati presente nel cibo che abbiamo introdotto (grassi e proteine poco influenzano la glicemia del post-pasto) e pertanto il fabbisogno di insulina è proporzionale a questo quantitativo in carboidrati. I carboidrati (cioè gli zuccheri), rappresentano il 45-60% delle calorie giornaliere e sono il nutriente maggiormente responsabile delle variazioni della glicemia dopo un pasto. Alla base della buona riuscita del metodo c’è un importante e intramontabile concetto nella 6

terapia del diabete mellito: l’educazione che in questo caso viene fatta dal diabetologo e dal dietista (figura professionale spesso importante per la buona riuscita del metodo). Potremmo riassumere, in maniera forse troppo semplicistica, il metodo in 4 passi:

1. Sapere cosa sono i carboidrati e identificare i cibi che li contengono. 2. Pesare gli alimenti, almeno all’inizio, per poi stimarne il peso. 3. Calcolare il quantitativo in carboidrati. 4. Calcolare il bolo di insulina in base al proprio rapporto carboidrati/insulina. Il primo punto può sembrare banale, ma non lo è affatto; vi assicuro che non tutti sanno cosa sono i carboidrati e quali sono i cibi che li contengono e quali invece ne sono privi. Sono presenti non solo nel pane e nella pasta, come solitamente si crede, ma anche nella frutta, nelle patate, nei legumi ecc. e sono, come abbiamo detto, il nutriente maggiormente responsabile delle variazioni della glicemia dopo un pasto. Una volta imparato a riconoscere i cibi che contengono carboidrati è importante saper stimare il peso dell’alimento che si sta per consumare (a tale scopo all'inizio sarà importante pesare tutto, al fine di fare esperienza per poi riconoscere “ad occhio” il


peso degli alimenti). Utili possono essere le unità di misura che potremmo chiamare “misure casalinghe” (per esempio con l’esperienza si imparerà che un mestolo di riso corrisponde a tot. grammi di riso o di farina ecc). Un altro metodo molto utile sarà leggere (con attenzione) le etichette dei cibi confezionati. Una volta riconosciuto e pesato l’alimento che contiene carboidrati dobbiamo imparare a calcolare con sufficiente precisione quanti carboidrati sono contenuti negli alimenti più comunemente utilizzati. Questa operazione, che apparentemente potrebbe sembrare la più complessa, viene notevolmente semplificata utilizzando tabelle di composizione degli alimenti, che il vostro diabetologo o il dietista vi potranno fornire oppure utilizzando delle versioni on-line (molto complete sono quelle fornite dall’Istituto Nazionale della Nutrizione in cui vengono indicate, per ogni alimento, le kilocalorie che fornisce, la composizione dei diversi nutrienti e la quantità di carboidrati per 100 g di prodotto), oppure leggendo l'etichetta presente sui cibi confezionati. Facciamo qualche esempio per cercare di chiarire

ancora di più le cose. Ipotizziamo di voler mangiare 40 g di pane. Prendo la tabellina della composizione degli alimenti e scopro che 100 g di pane bianco contengono 66 g di carboidrati. A questo punto per sapere quanti grammi di carboidrati contiene quel pezzetto di pane basta moltiplicare 40 g x 66 e dividere per 100 = 26 g. In poche parole state per mangiare 26 g di carboidrati. Se al posto del pane, invece, decidete di mangiare una mela che pesa 130 g, cercando sempre sulla tabellina, troverete che 100 g di mela contengono 10 g di carboidrati e quindi 130 x 10 diviso 100 = 13 g. Quando si sarà diventati abbastanza esperti con questi calcoli, bisognerà capire quanta insulina è necessaria per “coprire” quel quantitativo di carboidrati, ovvero sapere quanti grammi di carboidrati vengono metabolizzati a seguito della somministrazione di una unità di insulina o, in termini più semplici, quanta insulina serve affinché lo “zucchero” che si mangia non rimanga nel sangue e quindi non aumenti troppo la glicemia. Questo rapporto si definisce rapporto carboidrati/insulina ed è strettamente individuale (cioè diverso da paziente a paziente), perché non tutti rispondono allo stesso modo all’insulina; c’è chi risponde meglio e regola meglio le sue glicemie anche con poche unità di insulina e c’è chi è invece più “resistente” e quindi ha bisogno di maggiori quantità di insulina per ottenere lo stesso effetto. Il rapporto carboidrati/insulina va stabilito empiricamente, cioè, materialmente, durante le prime settimane si devono fare delle “prove”, in altre parole bisogna esercitarsi. Vediamo in termini pratici in cosa consiste questo esercizio. Per i primi tempi al paziente verrà suggerito di alimentarsi con cibi che forniscono un quantitativo 7


FOCUS costante di carboidrati, in modo tale da riuscire a calcolare, il più precisamente possibile, il fabbisogno insulinico per quel quantitativo di carboidrati. Prima di riuscire a stabilire con precisione il reale rapporto carboidrati/insulina (ci vorrà qualche giorno), il diabetologo vi indicherà un rapporto “calcolato” in base a diversi fattori (per esempio il peso). Essenziale ed indispensabile, in particolare in questa prima parte del processo educativo, è il diario del paziente (che in questo caso non è il classico diario delle glicemie a cui molti di voi sono abituati), su cui andranno appuntate le glicemie prima del pasto, quali alimenti si sono consumati, in che quantitativo, il loro contenuto in carboidrati, le unità di insulina somministrate e le glicemie dopo il pasto. Il periodo in cui ci si esercita al fine di stabilire il proprio “reale” rapporto carboidrati/insulina deve necessariamente essere un periodo in cui il controllo glicemico è buono, si segue una alimentazione regolare e non vi siano fattori che possano variare la sensibilità all’insulina (per esempio una infezione o l’uso di alcuni farmaci possono ridurla; l’attività fisica può migliorarla). Dopo le prime prove e i primi tentativi, insieme con il vostro diabetologo, stabilirete qual’è il vostro rapporto carboidrati/insulina e così potrete procedere; a questo punto è una semplice questione di matematica e di metodo. Facciamo qualche esempio per chiarirci un po’ le idee: ipotizziamo che il vostro rapporto di carboidrati/insulina sia 13 (solitamente si inserisce tra 8 e 15); questo significa che ogni 8

unità di insulina fa metabolizzare 13 g di carboidrati; quindi, se volete mangiare il pezzetto di 40 g di pane (che come abbiamo visto contiene 26 g di carboidrati) dovrete somministrarvi 2 unità di insulina rapida; se al contrario volete mangiare la mela (di 130 g), introdurrete 13 g di carboidrati e quindi dovrete somministrarvi 1 unità di insulina. Attenzione però, questo rapporto, che come abbiamo detto è strettamente individuale, può variare e pertanto va ricalcolato ogni qualvolta subentrino condizioni che possono influenzare la sensibilità insulinica. Abbiamo detto che il counting dei carboidrati è un metodo molto utile per i pazienti in trattamento con microinfusore, anche perché alcuni dispositivi consentono di impostare il rapporto insulina-carboidrati ed in tal modo il paziente può somministrarsi il bolo in funzione del pasto che sta per mangiare. Quindi, se il vostro diabetologo vi ha proposto il calcolo dei carboidrati o se pensate che possa essere un metodo adatto alla vostra patologia e al vostro stile di vita e volete discuterne con lui, il consiglio principale è: non mollate alle prime difficoltà! Dopo le prime prove, a volte infruttuose, dopo un inizio un po’ noioso dove dovrete fare in continuazione calcoli prima di sedervi a tavola, dopo qualche piccola sconfitta, quando avrete raggiunto un’adeguata autonomia, verrà quasi istintivo e dietro ogni alimento che state preparando o che vi preparate a consumare è come se ci fosse scritta sopra la quantità di insulina necessaria.


LA GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE

2010

Eccoci di nuovo all’annuale appuntamento con l’educazione e la prevenzione: La Giornata Mondiale del Diabete. I lettori affezionati di GluNews sapranno che si tratta di un evento di sensibilizzazione che si svolge ogni anno in numerose piazze italiane, rivolto non solo a chi ha il diabete, ma anche ai loro familiari e in generale a tutti coloro che hanno voglia di informarsi su questa diffusissima patologia. Il 13 e 14 novembre saranno allestiti in numerose piazze italiane e in alcuni centri commerciali, dei presidi diabetologici dove potrete trovare medici, dietisti, infermieri che, a titolo gratuito, vi forniranno materiale informativo e consigli pratici di prevenzione e gestione del diabete. Nei presidi sarà inoltre possibile effettuare la prova della glicemia capillare (con il glucometro), la misurazione della pressione arteriosa e di altri parametri clinici. Come ogni anno, inoltre, chi si recherà nei presidi della GMD, sarà invitato (ed aiutato) a compilare un questionario, composto da 8 semplici domande, che fornirà un risultato numerico, espressione del vostro rischio futuro di sviluppare il diabete. Il medico presente presso il presidio, inoltre, commenterà con voi il risultato del questionario e qualora fosse necessario, vi potrà consigliare come continuare gli accertamenti. Quale migliore occasione per portare al presidio i vostri parenti per valutare il loro rischio. Il tema anche per quest’anno sarà “L’educazione e la prevenzione del diabete”. L’obiettivo è centrare l’attenzione sull’importanza di educare sul tema del diabete e sulla possibilità e la necessità di prevenirlo. Attenzione però, non solo prevenzione, ma anche educazione e appoggio concreto ai soggetti che il diabete lo hanno già. Sarà un’occasione concreta per cercare di chiarire le idee e di risolvere eventuali incertezze. Vi aspettiamo ancora una volta numerosi alla Giornata Mondiale del Diabete 2010!

A. Giaccari

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ALIMENTAZIONE

Gli

“Snack amici”. A. Prioletta

A chi non è mai capitato di trovarsi in preda ad un attacco di fame, dopo un periodo di digiuno o dopo aver mangiato poco durante il pasto principale? Chi di voi non ha mai sentito il desiderio e a volte il bisogno, facendo una pausa dal lavoro, di uno spuntino, magari sfizioso? E quante volte dopo aver consumato una di queste leccornie, abbiamo avuto i rimorsi di coscienza? Ebbene, fare una pausa con uno snack è sicuramente importante: consente di placare la fame (a volte improvvisa), tira un po’ su il morale e consente di staccare un po’ dai ritmi spesso frenetici degli impegni quotidiani. Ma gli attacchi di fame che colpiscono all’improvviso, possono essere molto pericolosi, perché il rischio di mangiare più calorie di quelle necessarie è molto alto e questo principalmente perché il nostro cervello avverte la sensazione di sazietà solo 10


dopo qualche minuto dall’introduzione del cibo e, inoltre, in queste occasioni si tende a mangiare qualsiasi cosa si trovi a portata di mano. Che lo spuntino sia importante in un’alimentazione equilibrata lo sentiamo e lo leggiamo un po’ dappertutto; la maggior parte degli esperti di nutrizione consiglia di suddividere l’alimentazione in tre pasti principali (colazione, pranzo e cena), intervallati da 2 spuntini, che solitamente vengono consumati a metà mattina e metà pomeriggio. Queste regole valgono anche per chi ha esigenze nutrizionali particolari come i pazienti con diabete, perché intervallare i pasti principali con dei piccoli spuntini, consente di mantenere un apporto energetico costante durante la giornata, aiuta ad attenersi alle indicazioni dietetiche (il pranzo e la cena di chi fa una dieta sono solitamente meno ricchi di come si è abituati) ed anche ad evitare ipoglicemie lontano dai pasti. Ma attenti a quello che si sceglie di mangiare durante questi spuntini, perché il rischio è quello di annullare ogni possibile vantaggio o di fare dei danni alla nostra salute se gli snack sono sbagliati o non adeguati alle nostre esigenze. Cerchiamo di fissare dei punti fermi e delle regole che bisognerebbe conoscere per riuscire poi a scegliere lo snack giusto, senza cadere in grossi sbagli che poi si pagano con la linea o peggio con la salute. Lo spuntino, che solitamente è costituito da un solo alimento, dovrebbe svolgere principalmente una funzione energetica, ma non fornire più del 10% delle calorie giornaliere. Questi aspetti lo differenziano da un pasto completo (come il pranzo e la cena), che ha il compito di fornire anche proteine, vitamine, sali minerali, fibre, acqua ecc, oltre che calorie. Lo snack deve essere consumato ad intervalli regolari dai pasti principali, solitamente non prima di 2-3 ore dal pasto (che è il tempo

necessario affinché gli alimenti che si sono mangiati vengano digeriti e si avverta la sensazione di fame), evitando di consumarlo subito dopo il pasto o peggio, mentre si guarda la televisione (si rischia di perdere il controllo di ciò che si sta mangiando rischiando di “ingurgitare” troppe calorie). Qualcuno si potrebbe chiedere a questo punto: ma qual è lo spuntino ideale? Non esiste una risposta esatta o sbagliata a questa domanda, perché lo spuntino giusto è strettamente legato al tipo di vita che si conduce, al fabbisogno calorico giornaliero (cioè al consumo di calorie), alla necessità o meno di seguire una dieta ipocalorica o alla presenza di qualche patologia. Per esempio, se si ha la necessità di perdere peso e si segue un’alimentazione ipocalorica è bene consumare snack leggeri come della frutta di stagione o uno yogurt magro oppure delle verdure (tenendo presente che queste ultime sono in grado solo di “tamponare” la sensazione di fame, ma non apportano calorie e quindi non

Lo spuntino ideale è strettamente legato al tipo di vita che si conduce...

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ALIMENTAZIONE forniscono energia). Nella scelta di uno spuntino bisogna cercare di valutare anche quelle che saranno le attività della giornata; ok a spuntini leggeri o a delle verdure se si fa una vita sedentaria, ma nel caso di attività fisica intensa (un allenamento o una gara) o ritmi di

li). Lo stile di vita molto frenetico a cui siamo abituati, rende difficile preparare il cibo da portare con sé da casa e per questo l'industria alimentare ci propone una serie infinita di soluzioni per rendere i nostri spuntini pratici e gustosi. Questi snack, solitamente disponibili

vita più movimentati, è bene sfruttare lo spuntino per fare un pieno energetico (pur sempre con la moderazione dettata dai propri bisogni,

sotto forma di barrette, sortiscono un enorme successo perché la pubblicità li presenta come buoni, al tempo stesso leggeri e pratici. Ne esistono di tutti i tipi e per tutti i gusti, possono essere acquistate ovunque e il rischio spesso è quello di infilarle in maniera automatica nella borsetta e magari, siccome sono anche molto gustose, di mangiarne più di una. Data l’enorme diffusione e varietà, non è sempre così semplice orientarsi nell’acquisto del prodotto giusto e come al solito l’importante è imparare a leggere l’etichetta con i valori nutrizionali e riuscire a capire cosa sono i nomi e le sigle, talvolta piccole piccole. In generale la composizione di questi snack fa sì che vi sia un apporto piuttosto ricco di carboidrati derivante dai diversi cereali utilizzati e che forniscono una riserva di energia e anche una discreta percentuale di fibre che aiutano a sviluppare un senso di sazietà. Per quanto riguarda l’apporto totale di energia, tutto varia a seconda del prodotto ma, quello che rende maggiormente famosi questi snack è indubbiamente essere pubblicizzati come cibi dietetici, a basso contenuto calorico. Effettivamente se andiamo a dare un’occhiata all’etichetta nutrizionale di molte di queste bar-

dai propri limiti di salute). Abbiamo detto che non esiste uno spuntino ideale, ma a prescindere dalle esigenze individuali, l’ideale sarebbe comunque consumare spuntini che siano per quanto possibile semplici, “equilibrati” (soprattutto per quanto riguarda la quantità di carboidrati, grassi e proteine) e leggeri (ideale uno yogurt o della frutta), perchè i cibi molto ricchi di zuccheri e grassi, oltre al danno da un punto di vista metabolico, rischiano di appesantire e dare sonnolenza in situazioni in cui, al contrario, è richiesta la massima efficienza, per esempio la ripresa del lavoro. Aspetto altrettanto importante è controllare sia le dosi degli snack (ottima la frutta o lo yogurt, ma non a dosi sproporzionate, altrimenti il rischio è comunque un eccessivo carico di zuccheri o di grassi) che la frequenza (evitare di superare i due spuntini al giorno e talvolta non è neppure strettamente necessario consumare tutti e due gli spuntini nell'arco della giornata perché molto dipende dalle abitudini alimentari, dai tempi e dalle caratteristiche dei pasti principa12


rette, vediamo che ognuna di queste fornisce all’incirca 80 kcal. Attenzione però, perché questo ridottissimo apporto calorico (che è più o meno quello di una mela di 150 g), va rapportato al peso della barretta e lo stesso vale anche per il contenuto dei diversi nutrienti (in particolare dei grassi). Cerchiamo di spiegarci meglio: una barretta mediamente pesa 20 g e fornisce 80-90 kcal, facendo un rapido calcolo ci accorgiamo che le calorie per 100 g sono circa 400, che in pratica equivale a dire una merendina classica o meglio 5 belle mele. La stessa attenzione va posta per il contenuto di grassi che sono principalmente vegetali ed idrogenati, quindi grassi dannosi per la salute. Quindi, per riassumere e cercare di far un pochino luce sul “magico mondo delle barrette alimentari”, potremmo dire che se proprio vogliamo fare uno spuntino con una barretta, facciamo in modo che effettivamente sia 1 (e per aiutarci scegliamo quelle più ricche di fibre e aiutiamoci bevendo dell’acqua), cerchiamo di scegliere quelle che contengono grassi quanto più possibile “sani” (sarà difficile trovarne qualcuna all’olio extravergine di oliva, ma ci potremmo accontentare di quelle all’olio di cocco che è fatto di acidi grassi a media catena, un pochino più salutare di quelli saturi oppure all’olio di girasole o di soia, evitando quelli che contengono mix di oli o quelle in cui non viene specificato il tipo di olio utilizzato), facciamo attenzione alle “barrette dietetiche sostitutive del pasto” (solitamente un po’ più grandi delle altre) che contengono potenzialmente tutti i nutrienti di un pasto completo e quindi molte più calorie delle classiche barrette e che quindi non possono essere considerate degli snack; altra cosa ancora sono le barrette energetiche, utilizzate in ambito sportivo per fornire energia durante la gara o gli allenamenti; sono molto ricche di carboidrati semplici, facilmente digeribili e molto calorici.

Polpette di verdure Secondo

Ingredienti per 4 persone • 200 g di zucchine • 200 g di fagiolini • 200 g di broccoletti • 2 uova • 1 spicchio d'aglio • parmigiano grattugiato • olio d'oliva extra vergine • pangrattato • sale e pepe PREPARAZIONE: Lessare le verdure e tagliarle a pezzettini. In una terrina aggiungete 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva, le uova, il sale e l’aglio tritato e qualche fogliolina di basilico. Mescolate bene fino ad amalgamare tutti gli ingredienti e poi aggiungete il parmigiano grattugiato. Con le mani modellate delle piccole palline, passatele nel pangrattato e disponetele sulla teglia del forno (rivestita di carta da forno) a 180°. Infornate e fate cuocere per 15-20 minuti circa o finché le polpette saranno dorate. Servitele calde. Valori nutrizionali (approssimativi) a porzione: Calorie: 110 kCal Carboidrati: 10 g (25%) Proteine: 12 g (37%) Grassi: 4 g (38%) 13


SPORT

In piscina contro il diabete.

D. Rindone

Il nuoto è un’ottima attività fisica per chi ha a che fare con il diabete, così come gran parte delle attività fisiche praticate in piscina, come l’acquagym, l’idrospinning, l’acquastep... Oltre agli indubbi benefici sul fisico, la piscina è un ottimo ambiente dove rilassarsi e staccare dallo stress quotidiano; dove è semplice fare nuove amicizie ma è anche possibile dedicarsi unicamente a se stessi concentrando l’attenzione sul proprio corpo e i propri movimenti, cosa non sempre possibile ed immediata quando si praticano altre attività sportive. Il nuoto in piscina è oltretutto un’attività a bassissimo rischio di infortuni (tanto che gran parte degli incidenti che si registrano avvengono a bordo vasca e non durante l’attività vera e propria) e con pochissime controindicazioni per le persone con il diabete: sono sufficienti quei 14


piccoli accorgimenti che si adottano tutti i giorni (controllo dei valori glicemici, cura dei piedi e evitare gli sbalzi termici).

IL BELLO DELLA PISCINA. Il peso corporeo nell’acqua diminuisce di circa il 90%: è proprio grazie a questo fenomeno fisico che il nuoto o le attività sportive in genere svolte in acqua sono particolarmente consigliate alle persone sovrappeso o con problemi legati alle articolazioni. La resistenza opposta dall’acqua, infatti, permette di effettuare qualsiasi movimento senza gravare sugli arti e sul tronco e, contemporaneamente, una maggiore sollecitazione dei muscoli impegnati nel movimento o anche nel semplice galleggiamento. Questo, produce quindi un beneficio evidente al tono

Il nuoto è uno sport che non grava sui piedi, parte molto sensibile in caso di diabete.

muscolare. Un allenamento costante ben calibrato favorisce l’ossidazione dei carboidrati e permette un maggiore accumulo di scorte di glicogeno nei muscoli: questo aumenta la sensibilità dell’organismo all’insulina. Chi fa uso di insulina, infatti, noterà che, rispetto a prima di iniziare a praticare questo sport, avrà bisogno di dosi inferiori per gestire i pasti della giornata. Il nuoto è infatti un’attività aerobica che facilita questo processo, ed è particolarmente indicata per le persone con il diabete. L’ambiente acquatico e le sue caratteristiche fisiche facilitano anche un apprendimento più intuitivo della calibrazione dello sforzo e della coordinazione dei movimenti, rendendo questo genere di attività più semplice e meno impegnativo anche in età più avanzate. Un altro aspetto peculiare del nuoto, legato alle caratteristiche ambientali, riguarda il fatto di non gravare, come gran parte degli altri sport, sui piedi, parte molto sensibile in caso di diabete; questo però non significa che vadano trascurati: se, da un lato, gli arti inferiori non subiscono la pressione del corpo ed i relativi movimenti (come sfregamenti o urti), dall’altro i rischi maggiori sono rappresentati dall’umidità e dalla possibilità di contrarre funghi qualora non si facesse attenzione ad indossare in tutti gli ambienti le ciabatte. È utile inoltre provvedere a lavarli ed asciugarli con cura alla fine di ogni allenamento. Un ulteriore vantaggio della piscina è rappresentato dalla presenza di bagnini che controllano e rendono maggiormente tranquillo e sicuro questo genere di attività: per questo motivo è importante informarli della condizione diabetica, in modo che sappiano intervenire tempestivamente qualora ce ne fosse bisogno. 15


SPORT

IN PISCINA, MA CON STILE! Nel caso specifico del nuoto è sicuramente più importante la tecnica che non la prestanza fisica: senza una buona coordinazione e la padronanza di almeno due stili risulterebbe praticamente inutile, se non dannoso, qualunque programma di allenamento “fai da te”. Per questo motivo si raccomanda di praticare un corso di nuoto base che permetta l’acquisizione di una tecnica e di una coordinazione sufficienti, tali da percorrere almeno 100 metri senza troppa fatica e senza sforzi eccessivi. La respirazione, per esempio, è un aspetto cruciale soprattutto per i neofiti: l’acqua esercita una pressione sulla gabbia toracica quando si è “a pancia in giù” ed è evidente come si faccia una maggiore fatica a mantenere lo stesso ritmo respiratorio che abitualmente si ha fuori dall’acqua, oppure quando si nuota a dorso. Bisogna quindi acquisire una cadenza di inspirazione ed espirazione più lenta e profonda, coordinata con il movimento delle braccia e adattare la velocità degli arti alle personali capacità polmonari. Non è così semplice ed immediato imparare ad espirare quando 16

la testa si trova sott’acqua ed inspirare l’aria necessaria congiuntamente al ritmo di una bracciata, proprio a causa delle diverse condizioni fisiche dell’ambiente acquatico.

QUANDO E COME ANDARE IN PISCINA. Non esistono orari consigliabili a priori per entrare in acqua, ma è necessario avere una sufficiente consapevolezza del comportamento del nostro organismo, soprattutto in funzione della personale situazione diabetica. È necessario in tutti i casi un periodo di “adattamento degli orari e degli stili alimentari” in concomitanza con le lezioni o con gli appuntamenti della piscina. È per questo motivo molto importante scegliere con cura (e con il proprio diabetologo) i momenti migliori della giornata e della settimana in cui recarsi in piscina per svolgere l’attività fisica ed adeguare la dieta generale, le dosi e la tipologia di alimenti da assumere in prossimità dell’allenamento. In linea generale è possibile scegliere ogni orario, a patto che sia adeguatamente inserito nel piano di gestione diabetica (assunzione di anti-


diabetci orali, periodicità e unità di insulina iniettata). Chi lavora, per esempio, potrà presumibilmente optare per la pausa pranzo (anticipando o posticipando l’assunzione di cibi), oppure per il tardo pomeriggio al termine della giornata: in entrambi i casi sarà necessario adattare dieta ed eventuale terapia farmacologica con il proprio medico per non rischiare di immergersi troppo appesantiti dal pasto o senza la giusta dose di zuccheri, e quindi di energia, per sostenere in tutta tranquillità lo sforzo fisico. Se si considera che un pasto completo impiega all’incirca 3-4 ore per essere digerito, nel caso in cui si scegliesse la pausa pranzo sarebbe utile rinforzare la colazione e implementare con uno spuntino a mezza mattinata per scongiurare le ipoglicemie; nel caso in cui si preferisse nuotare dopo le 18:00, allora risulterebbe utile una leggera merenda tra le 16:00 e le 16:30. Oltre alla gestione del cibo e degli zuccheri è importante badare anche ai liquidi e soprattutto ai sali minerali: anche se non ce ne accorgiamo, quando si nuota si suda molto, perciò al termine

di ogni sessione è buona norma bere e assumere degli integratori salini. Prima di tuffarsi in acqua è bene effettuare qualche esercizio di stretching e qualche allungamento per scaldare i muscoli: questo servirà ad evitare crampi e ad addolcire l’ingresso rendendo “meno traumatico” l’impatto con una temperatura inferiore a quella esterna. È proprio la differenza termica una delle insidie maggiori per chi ha a che fare con il diabete e decide di frequentare una piscina: l’acqua fredda ha un effetto di vasocostrizione sul nostro corpo, che quindi sopperirà a questa differenza con un maggior consumo di calorie. Per evitare sorprese, quindi, è opportuno monitorare con attenzione le proprie reazioni glicemiche a questo genere di attività fisica per capire come e dove intervenire in accordo con il proprio medico di riferimento. La misurazione dei valori glicemici prima dell’ingresso in acqua, all’uscita e a distanza di un paio d’ore dall’allenamento permetterà al diabetologo di ottimizzare le vostre performance e ridurre al minimo i rischi e le preoccupazioni legate al diabete.

PRONTI PER LA PISCINA? COSA METTERE IN BORSA: ACCAPPATOIO CIABATTE COSTUME. OCCHIALINI, CUFFIA GLUCOMETRO, STRISCE, PUNGIDITO E DIARIO EVENTUALE INSULINA ZUCCHERI SEMPLICI INTEGRATORE SALINO TESSERA SANITARIA ASCIUGAMANO CAMBIO CAPPELLINO DI LANA

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PICCOLI ACCORGIMENTI PER NUOTARE TRANQUILLI • • • • • • •

MISURARE LA GLICEMIA PRIMA DELL’INGRESSO IN ACQUA, ALL’USCITA E A UN PAIO D’ORE DI DISTANZA DALLA NUOTATA DEDICARE DAI 2 AI 5 MINUTI AL RISCALDAMENTO MUSCOLARE PRIMA DI ENTRARE IN ACQUA EFFETTUARE UN PO’ DI STRETCHING AL TERMINE DELLA SESSIONE DI NUOTO INDOSSARE SEMPRE LE CIABATTE QUANDO SI È FUORI DALL’ACQUA ASCIUGARE CON CURA E CONTROLLARE LO STATO DEI PIEDI EVITARE DI USCIRE DAGLI SPOGLIATOI CON I CAPELLI BAGNATI O NON SUFFICIENTEMENTE COPERTI INTEGRARE CON SALI MINERALI AL TERMINE DELL’ALLENAMENTO

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ATTUALITà

Specialisti del diabete.

A. Giaccari

Se state leggendo questa rivista (o questa pagina web, ora GLUNews è anche online) è perché siete in qualche modo interessati a comprendere meglio cosa sia il diabete: per tenervi aggiornati con la ricerca e cercare di avere una visione globale della patologia ed al tempo stesso approfondire gli argomenti che vi riguardano più da vicino. Forse avete intuito che capendo meglio il diabete, diventandone “specialisti” è più facile curarlo. Infatti, l’approfondimento sui temi inerenti la malattia, da parte del paziente, è considerato dagli stessi medici una vera e propria terapia. L’efficacia, in alcuni casi, è paragonabile, se non addirittura superiore, a quella di un farmaco. Tutto questo rappresenta l’“educazione terapeutica”. Oggigiorno, grazie ai mezzi di informazione a disposizione di noi tutti (internet, associazioni pazienti, riviste specializ18


zate), è sempre più semplice aggiornarsi. Tanto più lo si fa, tanto più si ha sete di informazioni che vorremmo far nostre. Non sono rare le visite diabetologiche in cui i pazienti, piuttosto che raccontare il proprio stato di salute, formulano domande sempre più approfondite e basate sulla ricerca di risposte concrete. D’altra parte non crediate che per lo stesso diabetologo sia più facile. Non più di 10-15 anni fa gli strumenti che il medico aveva a disposizione erano molti di meno; niente computer, esami cardiologici o vascolari, due sole classi di farmaci (ma forse più “mani sul paziente”). Oggi invece è un continuo inseguimento verso sempre maggiori aggiornamenti; nuovi farmaci (ne esce uno nuovo all’anno, ognuno con tanti

sottotipi, marche, associazioni) linee guida per il cuore, la pressione, la prevenzione, con obiettivi da raggiungere, strumenti da utilizzare, dati da inserire, carte da compilare. Certo, penserete, è uno specialista diabetologo, studiare ed aggiornarsi fa parte del suo mestiere e deve farlo, così come voi dovete studiare o aggiornarvi per la vostra professione. Il mestiere di specialista diabetologo non è reso difficile solo dalla complessità della malattia. Per diversi motivi (lo avrete letto spesso sui giornali, e comunque non è difficile intuirne le cause) il numero dei diabetici aumenta a dismisura. Questo comporta un aumento della “pressione” nei centri di diabetologia, con liste di attesa più lunghe, visite più brevi, la perdita di quel sano

Oggi, in molte strutture, si è creato il cosiddetto “team diabetologico”, dove chi ha il diabete, lungo un percorso terapeutico assistenziale personalizzato, può trovare risposta ai suoi bisogni di salute.

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ATTUALITà rapporto tra medico e paziente. Il diabete, anche grazie alla provvidenziale legge 115 del lontano 1987, fa si che gran parte dei processi di cura siano in regime di esenzione, in altre parole a carico della sanità pubblica. Per fronteggiare l’incremento dei pazienti l’unica stra-

l’ambulatorio non “rende” né economicamente né per prestigio alle strutture sanitarie. Così anche gli ambulatori “complessi” vengono chiusi, accorpati fra di loro o, peggio, reinseriti all’interno di altre strutture. Così, lo specialista diabetologo si trova sempre più

tegia efficace è la prevenzione (e questo è infatti il tema della Giornata Mondiale del Diabete 2010). La spesa sanitaria continua inesorabilmente ad aumentare, ed ora, in un’ottica di ottimizzazione nella gestione delle risorse, si interviene, perlopiù, tagliando i bilanci sanitari regionali e territoriali. Così, negli anni, il diabete è diventato una malattia “inappropriata” per essere trattata con un ricovero ospedaliero. Spesso è così, ma non sempre. Come conseguenza, gran parte dei reparti specialistici sono stati chiusi. Anche il Day Hospital o ricovero diurno è inappropriato; anche i Day Hospital vengono chiusi. Allora il diabete deve, gioco forza, essere trattato quasi esclusivamente in ambulatorio. Ma

pieno di richieste da parte dei suoi pazienti, ma al tempo stesso gli viene richiesto di ridurre il proprio carico di lavoro per il diabete, perché considerato “meno importante” rispetto ad altre procedure. Per uscire da questo vicolo cieco in molte strutture si è creato il cosiddetto “team diabetologico”, dove chi ha il diabete, lungo un percorso terapeutico assistenziale personalizzato, può trovare risposta ai suoi bisogni di salute. Perché il percorso funzioni, tuttavia, è indispensabile un ruolo proattivo (in compartecipazione, in collaborazione) della persona con diabete con il suo diabetologo o, meglio, con il suo team. Tutti, paziente compreso, devono essere parte del team. Tutti devono diventare specialisti del diabete.

i t s i l a i Spec 20

. e t e b a i d l de


LA

POSTA DEI LETTORI Gentile professore, ho 59 anni e ho il diabete da circa 3 anni. Non prendo nessun farmaco, faccio solo la dieta, anche perché sono in netto sovrappeso. Sono riuscito a perdere qualche chilo e i miei valori di glicemia sono scesi. Il mio diabetologo mi ha detto che se continuo a perdere peso potrei anche guarire dal diabete. È vero?

È vero! Il diabete di tipo 2 (quello che ha lei), è un diabete che vede tra le sue principali cause l’aumento di peso. Il peso in eccesso e il grasso rendono difficile la funzione principale dell’insulina, cioè abbassare la glicemia. Se lei riuscisse a perdere peso, il suo organismo diventerebbe più sensibile all’insulina (cioè la stessa quantità d’insulina, che adesso non è sufficiente, potrebbe diventarlo) e lei potrebbe “guarire” dal diabete. Attenzione però, la dieta e lo stile di vita sano che le permetteranno di controllare i suoi valori della glicemia, dovranno accompagnarla sempre, perché il diabete o comunque la glicemia alta saranno sempre in agguato. E continui a controllarsi anche se si sentirà “guarito”!

Sono Francesca, ho 34 anni e ho il diabete da quando ne avevo 18 e da qualche anno uso il microinfusore di insulina. Il mio diabetologo mi ha consigliato di fare una specie di calcolo dei carboidrati che mangio, dicendomi che così facendo potrò regolare da sola il bolo di insulina da farmi prima dei pasti e potrò anche permettermi qualche dolcetto in più. Volevo chiederle se questo è vero.

Cara Francesca, il Focus del numero di novembre di GLUNews spero riuscirà a rispondere ai suoi dubbi sul conteggio o counting dei carboidrati. Una persona giovane come lei e che utilizza il microinfusore è certamente una delle più indicate ad utilizzare, o quantomeno a provare, questa tecnica. La risposta alla sua domanda è certamente SI. Il counting dei carboidrati le consentirà, dopo un primo periodo di prova e qualche difficoltà iniziale, a calcolare da sola il bolo di insulina da somministrarsi prima del pasto, in base alla quantità di carboidrati che quello che sta per mangiare contiene. Inoltre, se avesse voglia, per esempio, di mangiare un dolcetto a metà pomeriggio, potrà farlo con tranquillità, somministrandosi le unità di insulina necessarie per “coprirlo”. Attenta però, il conteggio dei carboidrati non deve prescindere dal conteggio delle calorie (soprattutto se non può permettersi di ingrassare!).

Sono Nicola e soffro di Iperglicemia moderata (130-140). Desiderando preparare in casa delle confetture di frutta vorrei sapere che tipo di zuccheri potrei usare per non avere problemi col mio livello glicemico. Ringrazio anticipatamente per la sua cortese disponibilità.

(Risponde la dott.ssa Prioletta, curatrice della rubrica di alimentazione) Gentile signor Nicola, purtroppo preparare della marmellata senza aggiungere zucchero è quasi impossibile, infatti lo zucchero che si aggiunge per la preparazione della confettura di frutta, serve non solo a conferirle il sapore dolce, ma anche e soprattutto a consentire una corretta conservazione della stessa. Le ricordo inoltre, come sicuramente avrà letto in una recente rubrica di alimentazione sulla nostra rivista, che i famosi "dolci per diabetici" molto di moda (e tra questi anche la marmellata per diabetici), solitamente sono preparati senza zucchero, ma con altre sostanze molto simili al comune saccarosio. Il consiglio è pertanto la moderazione; mangi pure la marmellata di frutta (e la prepari pure con la classica ricetta della nonna!), ma non ne faccia abuso, l'importante rimane sempre il conteggio delle calorie! Tenga presente che 1 cucchiaio di marmellata, che corrisponde a circa 30 g, contiene circa 70 Kcal. Un’ultima raccomandazione: per controllare il diabete (che lei definisce “Iperglicemia moderata”) è indispensabile controllare anche l’emoglobina glicata. Se è sotto 7%, va bene!


CAPIRE LE ANALISI

L’INR. A. Giaccari

La sigla INR (International Normalized Ratio), che molti di voi che ci leggono hanno già sentito o hanno già letto su qualche referto, è un indice necessario per il monitoraggio della fluidità del sangue di quei pazienti che fanno uso di anticoagulanti orali. I farmaci anticoagulanti orali, possono essere utilizzati per molte malattie, come la trombosi e/o embolie, fibrillazione atriale, sostituzione di valvole cardiache ecc. Come sappiamo, dopo un piccolo taglio o una piccola ferita il nostro sangue tende a coagularsi, in modo da arrestare la perdita di sangue. Questo processo che porta alla formazione del coagulo di sangue, è dovuto all’attivazione di alcune sostanze che si accorgono della ferita, si attivano e cercano di chiuderla. In alcune malattie tuttavia, è possibile che il sangue tenda a coagularsi troppo (ad esempio nelle trombosi) attivandosi anche se non serve e formando dei coaguli che formano dei veri e propri “tappi”, non permettendo al sangue di circolare. In alcune situazioni, questi coaguli possono staccarsi ed andare in giro nel sangue fino a quando non incontrano un vaso troppo 22

piccolo per il loro passaggio, tanto da chiuderlo spesso quasi completamente. Quando il rischio per queste malattie è elevato, i medici prescrivono farmaci che rallentano la coagulazione, evitando la formazione di questi coaguli o “tappi”. Capite bene tuttavia, l’importanza di avere una coagulazione rallentata (in modo da non rischiare la formazione dei coaguli non necessari) ma non troppo (in modo da non sanguinare troppo per il più piccolo trauma). Per controllare l’adeguatezza della coagulazione viene dosato nel sangue un parametro, il tempo di protrombina, che viene poi paragonato a quello delle persone normali; questo rapporto è definito, l’INR. Cerchiamo di spiegarci meglio. Il tempo di protrombina (che potete trovare indicato come PT) misura, in secondi, il tempo necessario alla formazione del coagulo dopo che, in laboratorio, al plasma (cioè alla parte liquida del sangue) si aggiungono 2 sostanze che attivano la coagulazione (tromboplastina e calcio). Il tipo di tromboplastina usata (che può essere diversa nei vari laboratori), influenza il tempo di protrombina,


potendo fornire risultati diversi per lo stesso paziente. Per questo motivo è stato introdotto un parametro per cercare di uniformare il risultato del PT ricavato dai diversi laboratori. Attraverso questi calcoli, che per i non addetti ai lavori possono sembrare un po’ complicati, si ottiene un valore numerico che è sempre confrontabile (INR), anche quando il paziente effettua l’analisi presso laboratori diversi. L’INR è diventato quindi facilmente valutabile dal medico che ha prescritto la terapia. Chi fa la terapia anticoagulante orale sa quanto questo sia importante! Quando parliamo di INR non parliamo solo di sigle, numeri e rapporti. La terapia anticoagulante orale necessita di un attento e stretto monitoraggio, che sia il più possibile affidabile, perché dal valore dell’INR dipende il successivo adeguamento della terapia e il possibile rischio trombotico o emorragico. Il range terapeutico, cioè l’intervallo numerico entro il quale deve posizionarsi il valore dell’INR, è piuttosto stretto e va controllato continuamente, anche perché oltre al dosaggio del farmaco, altri aspetti possono modificare l’efficacia della terapia e quindi il valore dell’INR. Se siete in terapia con anticoagulanti orali, riferite al vostro medico l'aggiunta o l'eliminazione di qualsiasi farmaco, perché alcuni di questi (anche i più insospettabili, come alcuni farmaci da banco), possono influenzare l'azione degli anticoagulanti orali. Non dobbiamo poi dimenticare che esistono delle sostanze (presenti in alcuni cibi) che sono potenzialmente in grado di

aumentare l’efficacia dei farmaci anticoagulanti orali (per esempio l’olio di pesce, il succo di pompelmo o di mirtillo) ed alcuni che al contrario ne riducono l’efficacia perché contengono alti quantitativi di vitamina K (come broccoli, cavoli). Se il valore dell'INR scende al di sotto dell’intervallo di riferimento (stabilito dal vostro medico) aumenta il rischio di un evento trombotico e/o embolico: sarà quindi necessario aumentare il dosaggio dell’anticoagulante. Al contrario, se l'INR sale al di sopra dell’intervallo di riferimento, aumenta il rischio di emorragia e quindi il dosaggio del farmaco andrà ridotto.

ALCUNI CONSIGLI PER CHI USA FARMACI ANTICOAGULANTI Se capita di dimenticare il farmaco non prendere mai una dose maggiore nel tentativo di compensare quella non presa. Cercate di prendere l'anticoagulante alla stessa ora (lontano dai pasti); questo è utile per mantenere i valori costanti e crea una sorta di riflesso condizionato che aiuta a ricordare le assunzioni giornaliere. Attenzione alle iniezioni intramuscolari: se possibile meglio evitarle. Non ci sono problemi per le vaccinazioni, è comunque consigliabile praticarle sottocute o in un muscolo ben visibile (es. deltoide) e, se necessario, facilmente comprimibile, al fine di evitare la formazione di fastidiosi ematomi. Qualunque altra procedura dobbiate fare (ad esempio dal dentista) ricordatevi sempre di avvisare che state seguendo questa terapia. 23


CAPIRE LE ANALISI Linee di indirizzo per il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti in terapia antitrombotica In Italia circa 1 milione di persone sono sottoposte alla Terapia Anticoagulante Orale, numero che risulta ad oggi in costante aumento. Viene stimato che circa il 25% di questi pazienti siano in cura presso i Centri di sorveglianza (Centri CSA, Centri per la diagnosi della trombosi e la sorveglianza delle terapie antitrombotiche) mentre il restante 75% risulta essere seguito da strutture non ospedaliere, quali Medico di base o Specialista. La Terapia Anticoagulante Orale viene definita a tutti gli effetti una terapia “salvavita” poiché è attraverso una sua corretta gestione che è possibile evitare l’insorgenza di eventi avversi di tipo trombotico o emorragico. Per questo monitoraggio diventa fondamentale che il paziente si sottoponga a periodici controlli del proprio valore di PT/INR. Così come già avviene in molti paesi europei, è possibile per il paziente determinare il valore di PT/INR attraverso coagulometri portatili, ovvero strumenti diagnostici di piccole dimensioni completamente automatici ed in grado di misurare questo parametro attraverso una sola goccia di sangue prelevata dal polpastrello. Questi strumenti, grazie alla loro semplicità d’uso, alla loro affidabilità ed alla rapidità nella produzione del risultato, rendono possibile la gestione del paziente in terapia anticoagulante non solo a livello del laboratorio centrale, ma anche in strutture dislocate sul territorio, per arrivare ad essere utilizzati direttamente dal paziente stesso per l’autocontrollo del valore di INR. Recentemente si è giunti ad un importante Accordo tra Stato, Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano che stabilisce nuove Linee Guida per il trattamento del Paziente in TAO (Accordo, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281 tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano concernente “Linee di indirizzo per il miglioramento della qualità e la sicurezza dei pazienti in terapia antitrombotica”). Uno dei punti salienti dell’accordo riguarda il mandato per “la costruzione o il consolidamento di reti diagnostico-terapeutiche regionali e/o interregionali che permettano il coinvolgimento e l’integrazione dei Centri antitrombosi (CAT), con le strutture ospedaliere, i Medici di Medicina Generale (MMG), gli specialisti del settore (cardiologi, angiologi, ematologi e altri) e strutture di assistenza territoriale e domiciliare, laddove presenti”. Si prevede inoltre “in presenza di particolari condizioni o necessità del paziente o di situazioni logisticamente disagiate, l’utilizzo di coagulometri portatili con modalità di gestione di tipo self-test per la determinazione del valore di PT/INR.”. L’emanazione di questa nuova Linea di indirizzo è un passo molto importante verso una corretta e appropriata sorveglianza del paziente in TAO, che si riflette non soltanto in una miglior efficacia della terapia, ma soprattutto in un miglioramento della qualità della vita del paziente stesso non più costretto a continui spostamenti e tempi di attesa a volte molto lunghi per l’adeguamento ed il conLa Redazione trollo della propria terapia anticoagulante.



STRUMENTI DI

MISURAZIONE

Un aiuto per capire il proprio

diabete. Dr. R. Scalpone

Nelle linee guida SID-AMD “Standard italiani per la cura del diabete mellito 2009-2010”, redatto dalle due maggiori istituzioni nazionali di diabetologia, viene approfondito, tra gli altri, il tema dell’autocontrollo glicemico. Nei pazienti diabetici in terapia ipoglicemizzante (cioè che fanno insulina o farmaci potenzialmente capaci di determinare ipoglicemia) l’autocontrollo glicemico risulta utile sia per raggiungere gli obiettivi terapeutici sia per ridurre il rischio di ipoglicemie gravi. Inoltre, l’autocontrollo quotidiano risulta indispensabile per la persona con diabete in terapia insulinica intensiva. Il monitoraggio della glicemia è comunque potenzialmente utile per tutti i diabetici, anche non in trattamento insulinico. Infatti la gestione ottimale della patologia diabetica, cui può contribuire anche l’autocontrollo glicemico, riduce notevolmente l’incidenza e la progressione delle complicanze micro/macrovascolari come, ad esem26

pio, la retinopatia o la coronaropatia. Nonostante la sua indiscussa utilità, l’automonitoraggio della glicemia presenta attualmente numerosi aspetti che possono essere migliorati. Alcune potenzialità sono tutt’ora inespresse, e ampliamente inutilizzate. Infatti, avere la possibilità, per il paziente, di monitorarsi quotidianamente la glicemia e poter visualizzare i dati in maniera chiara e precisa con un software dedicato, porta notevoli vantaggi. Se da una parte rafforza, nel paziente, la consapevolezza dell’autogestione della patologia, dall’altra rappresenta per il diabetologo uno strumento indispensabile per l’ottimizzazione della terapia. È pertanto evidente come, soltanto l’analisi computerizzata delle informazioni e la rappresentazione grafica di esse, può consentire un’interpretazione ragionevole delle misurazioni. A quanto detto, si aggiunga anche che, nonostante le raccomandazioni del proprio diabeto-


logo di fiducia, pochi pazienti aiutano l’equipe medica portando dei diari glicemici ben tenuti e veritieri sulla storia del periodo glicemico antecedente la visita di controllo. Il dosaggio giornaliero di insulina può essere ottimizzato potendo visualizzare con un grafico le glicemie del paziente in un mese o sovrapporre l’andamento delle stesse in diverse giornate! Il diabetologo tramite la visualizzazione giornaliera grafica del diario glicemico informatizzato può scoprire ad esempio che l’effetto di una insulina ad azione lenta non copra esattamente le 24 ore previste poiché si evidenzia un’iperglicemia prima di cena tutte le sere, oppure che un ipoglicemizzante orale assunto da quel paziente prima del pranzo crea un’ipoglicemia nel pomeriggio essendo troppo potente. La possibilità di visualizzare attraverso un grafico le informazioni scaricate, integrata con le informazioni chieste al paziente o con le osservazioni che lo stesso può fare, aiuta e velocizza la loro analisi da parte del diabetologo. Lo stesso può quindi adattare la terapia correttiva nel minor tempo possibile. Il diabetico che utilizza sistemi di misurazione glicemica associata a software di scarico dati, quando si reca dal proprio diabetologo di fiducia, in pochi secondi vede trasferire in grafica le sue misurazioni giornaliere direttamente sul PC del medico. Con l’utilizzo del diario glicemico su supporto informatico scaricato dallo specifico glucometro, i dati sono trasferiti automaticamente, senza errori di trascrizione e omissioni; e questo è già un vantaggio non da poco; infatti appare chiaro come sia più semplice vedere gli effetti dello schema insulinico o farmacologico adottato in base alle risultanze glicemiche. Così il paziente prende atto del proprio stato di salute e delle proprie abitudini alimentari eventualmente da correggere. In altre parole il diabetico riesce con la visualizzazione grafica, anche con disegni a diagramma per punti di glice-

mia o istogrammi giornalieri, settimanali e mensili, a comprendere meglio le reazioni glicemiche del suo organismo in concomitanza di eventi che possono ripetersi nel tempo (pasto fuori orario, crisi ipoglicemica , crisi iperglicemica, episodi febbrili, attività fisica, ecc.) e che soltanto la gestione elettronica dei dati è in grado di esternare sempre e in maniera precisa e perentoria. Oltre al vantaggio puramente clinico, con l’utilizzo di questi sistemi integrati, si aggiunge il miglioramento del dialogo tra paziente e diabetologo. Il paziente, più diventa esperto nell’utilizzo del sistema, meglio arriva a capire come evolve il suo equilibrio glicemico. Grazie al fatto che, sempre più spesso, medico e paziente guardano insieme i grafici, sono sempre di più i diabetici che stanno diventando capaci di interpretare serie anche complesse di dati glicemici. In questo modo, il medico riesce a spiegare più facilmente le origini di un problema o le ragioni che lo spingono a proporre un adeguamento della terapia. La qualità del dialogo medicopaziente ne esce enormemente rafforzata. Ecco allora che i diari elettronici, in grado di recuperare, analizzare e valutare le misurazioni glicemiche, rappresentano un valido strumento per l’ottimizzazione della terapia nella gestione della patologia nei pazienti diabetici. 27


DIABETENIGMISTICA

A soluzione ultimata, nelle caselle colorate si leggerà un utile consiglio. ORIZZONTALI 1. Sono "faziosi" per la propria terra e le sue tradizioni - 13. Elenco schematico degli argomenti da trattare - 21. Una cura a base... di sole! - 22. Fine di sprint - 23. Laurence, grande attore inglese - 26. Hanno l'ardiglione - 27. Leggermente impregnati - 28. Simulacro indigeno - 29. Pesci pregiati - 30. Estratto Conto - 31. Tra un tic e l'altro - 32. Quelle delle ambulanze... non sono quelle di Ulisse - 33. Un colore degli scacchi - 34. La santa da Cascia - 35. Piccolo boss di quartiere - 47. Uno... a Bonn - 49. Alcaloide usato come farmaco contro la tosse - 51. Il materassino dei judoisti - 53. Breve corso d'acqua - 54. Li indossava un famoso gatto delle fiabe - 56. Lo sono le persone che godono di grande stima - 57. La parte di scale tra due pianerottoli - 63. Chi la segue, non eccede a tavola - 64. Piccolo uccello dal piumaggio bruno - 66. Il liquore di lunga vita - 68. Certificati di Credito del Tesoro - 69. Fine di commandos - 70. Il compagno di Massa alla Ferrari - 71. Inizio di impiego - 72. Un ingrediente della cioccolata - 73. Antica città etrusca. VERTICALI 1. Tenuto nascosto - 2. Decorazioni per divise - 3. Leggendaria o irreale - 4. Pianta ornamentale col fusto ricadente - 5. La perdita dei diritti civili nell'antica Grecia - 6. Sono perenni ad alta quota - 7. è posta tra cornea e cristallino - 8. è... lover quando piace alle donne! - 9. Iniziali di Pindemonte - 10. Le bottiglie per il seltz - 11. Un abito da cerimonia - 12. Integrata e accettata in un ambiente sociale - 13. Provocati... positivamente - 14. Piccoli pappagalli domestici - 15. I ferri del caminetto - 16. Elaborata con cura - 17. La moglie di Peron interpretata da Madonna in un musical cinematografico - 18. Il Wood discusso campione di golf - 19. Le imbratta il pittore da due soldi - 20. Trasformano la cesta in carta - 24. La dea della discordia - 25. La lettera... in incognito - 36. Leggeri velivoli - 37. Quella... di capo è un severo rimprovero - 38. Abituale, consueto - 39. Inventò la lampadina - 40. Difetto di poco conto - 41. Riunione vescovile - 42. Vi si prende il caffè - 43. Una tecnica decorativa realizzata incastrando elementi lignei 44. Il giorno più corto - 45. Macchina agricola che frantuma le zolle - 46. Celebrato, decantato - 47. Fuga in massa - 48. Lo stato africano con Niamey - 49. è Grande quello che attraversa Venezia - 50. Ha interpretato il motivo conduttore del film La vita è bella - 52. Il Bolognini regista - 55. Combinazione... di primi piatti - 58. Medicina Legale - 59. La moglie del Mister (abbrev.) - 60. Si posò sul suolo lunare - 61. Si ripetono nelle spalle - 62. Nostro in breve - 65. Il cuore dell'eroico - 67. Coda di... paglia - 68. Iniziali di Verdone.

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Diabetici famosi Il quadro rappresentato nell’immagine è l’autoritratto di un celebre pittore impressionista francese (1839 – 1906). Cancellate dallo schema le parole elencate sotto che potete trovare in tutte le direzioni possibili e che si incrociano tra loro. Al termine le lettere rimaste lette di seguito daranno nome e cognome di questo celebre artista diabetico. ABBONATO • ARBITRO • ASFALTO • CALAMARO CAPPELLO • CAPRA • CICLAMINO • CICLISMO COSTOLA • COSTUME • COTOLETTA • DIAMETRO FAMIGLIA • FIAMMA • GIORNALE • IMPATTO MANISCALCO • MANTELLO • MURENA • OBOLO PASTA • PISTILLO • RISCHIO • SARACENO • SCANSIONE • SEGHETTO • SILVESTRO • SOTTOSUOLO TINOZZA • TRAPPOLA • VORTICE

Le differenze Individuate le sei differenze fra le due vignette.

Soluzione: (vedi immagine) 1 – “Anima mia” è diventato “O glicemia”. 2 – sul parafango posteriore appare un uccellino. 3 – manca una delle nuvolette di fumo vicino al tubo di scappamento. 4 – una parte metallica della carrozzeria in basso da rossa è diventata azzurra. 5 – sul serbatoio manca la scritta. 6 – manca il fanale anteriore

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DOLCI CURIOSITà Il caffè potrebbe aiutare a prevenire il diabete. Fumihiko Horio ed il suo staff hanno testato le reazioni glicemiche e la sensibilità all'insulina su un gruppo di topi di laboratorio, nutriti per un certo periodo di tempo con acqua e caffè. I risultati sono stati sorprendenti: aumento della sensibilità all'insulina, benefici sulla steatosi epatica e sulle adipocitochine infiammatorie e riduzione dell'aumento della glicemia: tutti segnali che vanno nella direzione di una sensibile riduzione del rischio di diabete. La caffeina sarebbe il vero responsabile di tale effetto ed ulteriori studi di laboratorio sembrerebbero confermarlo. TRATTO DA MEDICAL NEWS TODAY - FONTE: JOURNAL OF AGRICULTURAL AND FOOD CHEMISTRY.

Uva contro cardiopatie e diabete. Nel corso di uno studio sulle reazioni metaboliche dei ratti a diverse "diete", i ricercatori dello University of Michigan Health System hanno provato ad alimentare regolarmente un gruppo di cavie con uva bianca, nera e rossa. Ad un altro gruppo di cavie hanno sostituito l'uva con calorie e zuccheri di pari contenuto calorico. Dopo soli 3 mesi i due gruppi manifestavano valori metabolici molto diversi tra loro: il gruppo nutrito con l'uva aveva una migliore funzionalità cardiaca, con conseguente riduzione della pressione sanguigna e indici minori di infiammazione nel cuore e nel sangue. L'ovvia deduzione è che l'uva abbia un effetto positivo legato alla riduzione dei fattori di rischio cardiovascolari e alla sindrome metabolica (situazione clinica che comprende una serie di fattori di rischio, come obesità, ipercolesterolemia, diabete...). Gli scienziati dell'Università di Michigan suppongono che tali effetti benefici siano da imputarsi ai fitochimici (sostanze biologicamente attive che si trovano negli alimenti di origine vegetale, con effetti benefici per la salute, come terpeni, caroteni, licopeni, flavonoidi) contenuti nell'uva. TRATTO

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DA

SCIENCE DAILY


Sempre più cani e gatti soffrono di diabete. Non è un problema solo "umano": il diabete è una patologia cronica presente anche in cani e gatti. Ed è in aumento probabilmente anche a causa delle pessime abitudini di vita che condividiamo con i nostri amici animali. Si stima che circa 1 cane su 500 venga colpito dal diabete. Per i gatti la situazione è leggermente migliore, ma solo per il carattere più indipendente che li contraddistingue. Sedentarietà, diete sproporzionate rispetto all'attività fisica svolta e problemi congeniti legati alla razza sono le cause maggiori del diabete animale... esattamente come per noi umani. Per esempio, risultano essere i cani di mezza età maggiormente predisposti allo sviluppo del diabete ed in particolar modo le cagne non sterilizzate. I sintomi che possono aiutarci a capire che il nostro animale domestico soffre di diabete sono la poliuria (urina troppo frequente), polidipsia (beve troppa acqua), perdita di peso nonostante non diminuisca la mole di cibo mangiato e una maggiore letargia. Sono ovviamente indispensabili esami delle urine e del sangue per effettuare una diagnosi corretta.

Gary Hall Gary Wayne Hall Junior, classe 1974, è il più grande nuotatore diabetico di tutti i tempi e l'atleta più veloce della storia del nuoto americano. Inizia a vincere medaglie a 16 anni, a 18 diventa campione americano nella categoria juniores e a 21, alle Olimpiadi di Atlanta, sale ben quattro volte sul podio: due argenti nelle gare individuali e due ori nelle staffette. È all'apice della sua carriera agonistica, quando, durante una festa, si accascia a terra. Dichiara al medico una frequente spossatezza, sete e diuresi. Il responso clinico conferma le intuizioni del medico: chetoacidosi da diabete di tipo 1. Temendo per la propria salute decide di interrompere la sua carriera agonistica, finché non incontra la dottoressa Peters che lo sprona a non rinunciare alle competizioni e decide di affiancarlo in questa impresa. Riesce a qualificarsi "per il rotto della cuffia" alle Olimpiadi di Sydney dove segnerà il nuovo record del mondo nei 50 metri in stile libero. Chiuderà la carriera agonistica alle Olimpiadi di Atene con un bilancio complessivo di dieci medaglie olimpiche (5 ori, 3 argenti e 2 bronzi), gran parte ottenute dopo la scoperta del diabete.

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