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Turin in Mine Il gioco on line gratuito per i bambini in quarantena
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12 Nella vita invece da cosa fuggi? “Dalla violenza, dall’ignoranza, dal giudizio e soprattutto dalla cattiveria. Alcune volte mi sono ritrovata a giudicare persone che conoscevo poco e mi sono data della stupida per questo. Ogni volta cerco di imparare dagli errori. Instagram è una finestra e ogni volta che mi affaccio è brutto constatare quante persone dicano scemenze. Mi fanno cadere le braccia. Cerco di fuggire dal veleno che mi circonda. In questi giorni dopo che sono tornata da Milano ho ricevuto commenti poco carini. C’è chi mi ha dato dell’incosciente e chi addirittura dell’egoista”. Hai mai ricevuto in questi anni offerte per partecipare a reality? Se te lo proponessero accetteresti? “Mi sono arrivate proposte per partecipare a 'L’isola dei famosi' e al 'Grande Fratello Vip'. Non riuscirei perché per una come me che ama la libertà è impensabile stare in gabbia. In 'Celebrity Hunted' le telecamere si spegnevano la sera quando andavamo a dormire per poi riaccendersi la mattina alle 10. Non riuscirei a vivere con le telecamere puntate addosso tutto il giorno”. Hai debuttato come conduttrice in “Enjoy – Ridere fa bene”. Cosa ti ha lasciato questa esperienza e cosa ti ha insegnato in più? In Tv c’è un programma in particolare che sogneresti di condurre? “Mi ha insegnato e mi ha lasciato il fatto che la conduzione forse non fa per me. Mi sono divertita ma non so se è la mia strada. Forse lo sarà ma prima devo studiare tanto. I conduttori bravi sono quelli spontanei e che anche se non lo sono hanno fatto tanta gavetta. Basti pensare che la maggior parte di loro sono stati animatori nei villaggi. Io adoro Le Iene. Mi fa ridere e mi sciocca anche con alcuni servizi”. A Sanremo di qualche anno fa sei stata una vera mattatrice. Ti piacerebbe salire sul palco più come conduttrice o come cantante? “Bella domanda! Non mi sento né conduttrice né cantante. Quando mi chiedono cosa vorrei fare non so proprio la risposta. Amo il mondo dello spettacolo e sognerei di fare più cinema e televisione. L’attrice è quello che sento più vicina a me perché mi piace interpretare ruoli opposti rispetto a me. Pensa che una volta feci un provino e mi chiesero di interpretare una prostituta. L’addetta al casting rimase quasi sconvolta della mia trasformazione. Essendo una maniaca del controllo la recitazione mi permette di uscire fuori da me e di essere altro. In questo mio equilibrio visto che non fumo, non bevo e ho adottato un’alimentazione sana, recitare mi permette di evadere. A volta mi dicono che ho un linguaggio sboccacciato. Ecco, anche questo è un corto circuito di un mio aspetto dolce e carino”. Stando ad alcune indiscrezioni che circolano sul web sembra che tu stia per tornare a vestire i panni di Monica nella serie “Che Dio ci aiuti”. Confermi? Cosa ci puoi anticipare? “Non ho firmato ancora il contratto quindi non posso ancora confermare nulla. Posso dire però che c’è un’altissima probabilità che io possa tornare a vestire i panni di Monica. Non posso che esserne felice. Non so ovviamente quando inizieranno le riprese considerando anche l’emergenza coronavirus”. Sarai prossimamente al cinema con il film “7 ore per farti innamorare”. Ci parli del tuo personaggio? Ti sei mai ritrovata a dare consigli ad un tuo amico per rimorchiare? “E’ una commedia molto divertente di Gianpaolo Morelli al suo debutto come regista. Interpreto Giorgia la ex di Paolo a cui ha messo le corna con il datore di lavoro. Lui disperato cercherà di riconquistarla. Si imbatterà così in Valeria interpretata da Serena Rossi che ha una scuola di seduzione. Lei insegna agli uomini ad essere più affascinanti. Paolo seguirà queste lezioni e chissà cosa succederà. Si tratta comunque di regole che hanno una validità scientifica. Ho dato consigli su come scrivere messaggi per rimorchiare. Sai, gli uomini sono più semplici rispetto a noi donne che siamo invece più complesse”. Prossimi progetti? “Per il momento a parte “Che dio ci aiuti” le cui riprese durano sette mesi, che riprenderanno non appena finirà questa emergenza, non ho altri impegni. Vorrei tanto fare un musical della Disney”.
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16 # I o R e s t o A C a s a . B R I C K S 4 K I D Z ® l a n c i a u n ’ i n i z i a t i v a g r a t u i t a d e d i c a t a a i b a m b i n i , p e r c o n t r a s t a r e l ’ i s o l a - m e n t o e i n s e g n a r e a d a m a r e l ’ I t a l i a . L e l e z i o n i o n l i n e , i c o m p i t i… e p o i ? N i e n t e a m i c i , n i e n t e c o m p a g n i d i c l a s s e ; i n e v i t a b i l m e n t e b a m b i n i e r a - g a z z i t r a s c o r r o n o t a n t o t e m p o d a v a n t i a t v e v i d e o g i o c h i . L’ i d e a p e r t r a s f o r - m a r e q u e s t i m o m e n t i i n u n g i o c o e d u - c a t i v o , d i v e r t e n t e e a m a t i s s i m o a r r i v a d a u n a s t a r t u p t o r i n e s e . Bricks 4 Kidz® - startup torinese innovativa specializzata nell’insegnamento delle materie scientifiche con i Lego® - lancia Turin is MINE, un gioco gratuito che permetterà a bambini e ragazzi di incontrarsi virtualmente a Torino grazie a Minecraft®, uno dei videogiochi più amati al mondo. L’appuntamento, rigorosamente virtuale, è sotto la Mole Antonelliana e davanti alle Porte Palatine. Unico requisito avere un account Minecraft®, ma chi ancora non ce l’ha potrà crearne facilmente uno seguendo i tutorial sulla pagina Facebook della startup, B4KTorino. Dopo essersi iscritti sulla Pagina Facebook B4K bambini e ragazzi, in possesso del codice, potranno accedere in tutta sicurezza in un’area Creator dedicata e ritrovarsi in una Torino di mattoncini, tutti insieme. Si parte costruendo la Mole e le Porte Palatine ma sono già in arrivo altri monumenti storici. Mattoncino dopo mattoncino i partecipanti saranno supportati (e monitorati) dai tutor Bricks 4 Kidz® - giovani laureati in materie scientifiche che realizzeranno una serie di istruzioni per guidare i ragazzi e coordineranno lo sviluppo del progetto. “Lavoriamo tanto con le famiglie - spiega Cinzia Loiodice, founder di Bricks 4 Kidz® Italia - e ci siamo chiesti quale potesse essere il nostro contributo a superare questi giorni così particolari. Abbiamo pensato ad un’iniziativa all’insegna della didattica innovativa che potesse parlare lo stesso linguaggio dei ragazzi. Sono oltre 55 milioni gli user di Minecraft® in tutto il mondo e per questo abbiamo pensato che potesse essere lo strumento ideale per coinvolgerli. Il nostro obiettivo è che, grazie a Turin is Mine, i bambini siano meno isolati, diventino protagonisti e possano scoprire come un videogioco da loro tanto amato possa trasformarsi in uno strumento per imparare divertendosi”. Per partecipare al progetto, sarà sufficiente inviare un messaggio privato via Messenger alla pagina Facebook B4KTorino. Il messaggio dovrà contenere il nickname del giocatore, con il quale si verrà inseriti nella lista di accesso al server. Le specifiche sono disponibili sulla pagina Facebook B4KTorino. Bricks 4 kidz® nasce nel 2008 a Saint Augustine, FLORIDA, con l’obiettivo di avvicinare i bambini, sin dalla prima infanzia, alle materie S.T.E.M. (Scienze, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) utilizzando mattoncini e parti tecniche Lego®. La società ha conosciuto un importante sviluppo a livello americano e internazionale, ed è oggi presente in 44 Paesi con circa 600 centri educativi; numerosi premi le sono stati attribuiti per l’efficacia del metodo didattico. Bricks 4 Kidz® Italia è stata fondata nel 2017 da Cinzia Loiodice e Olivia Musso, due imprenditrici con precedenti esperienze in management, insegnamento e ricerca universitaria. La società è nata come start up innovativa a vocazione sociale e composizione femminile. Ad oggi conta 6 centri sul territorio nazionale. Ulteriori informazioni sul sito www.bricks4kidz.it
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duzione per una nota compagnia assicurativa. E per chi pensa che sia solo “bella”, in tasca ha anche un diploma al Liceo Classico, sta studiando per diventare una deejay professionista e adora passeggiare alla scoperta delle bellezze della sua terra. Insomma, una ragazza “qualsiasi” se non fosse per un fascino che molte le invidiano e oltre 60mila followers che la seguono su Instagram. “Eppure sui social tutto è iniziato per gioco –racconta – mai e poi mai mi sarei immaginata di diventare una influencer”. I numeri raggiunti – e l’engagement reale – le hanno permesso di avviare collaborazioni con brand del settore moda, beauty, benessere. Un successo che, nell’arco di due anni, le ha cambiato le abitudini ma non i valori. “Ho iniziato a posare per diversi fotografi umbri ed ho partecipato a molti eventi, soprattutto quelli riguardanti il mondo dei motori – racconta Erika - Così, esperienza dopo esperienza, anche i social hanno iniziato ad ingranare raggiungendo numeri difficili da immaginare. Ma io non sono cambiata…”. Difficile però non notarti al primo impatto. “Per quanto riguarda il mio modo di vestire, confesso che non mi piace passare inosservata, amo vestirmi in maniera sexy ma mai cadendo nel volgare. Credo che i due principi fondamentali di una donna debbano essere l’eleganza e la femminilità”. Ritorniamo a Instagram e ai tuoi 60mila followers… “Tutto è iniziato per gioco, mai mi sarei immaginata di arrivare a questo numero. La sera, quando sono a casa, mi dedico a migliorare il mio profilo, è un momento che uso per evadere dalla mia vita reale. In realtà non mi piace definirmi influencer perché uso il mio profilo principalmente per sponsorizzare gli eventi a cui partecipo. Poi succede che le aziende vedono il profilo, lo trovano interessante e mi contattano per le collaborazioni”. Che messaggio vuoi trasmettere attraverso il tuo account? “Il mio scopo è far conoscere ai miei followers la vera Erika, cosa fa nella vita di tutti i giorni e quali sono le sue passioni, nient’altro. La soddisfazione più grande è leggere sotto le mie foto complimenti provenienti non solo dagli uomini ma anche dalle donne, perché come si dice il complimento di una donna vale doppio. Ovviamente sono esposta anche a critiche, ma io sono una ragazza testarda e determinata, che ha chiari i suoi obbiettivi e non mi lascio assolutamente influenzare da nessuno. D’altronde… non posso mica piacere a tutti!”. Lo scorso anno sei stata protagonista di una straordinaria opportunità. “Proprio così: l’estate scorsa mi è stata data anche la possibilità di vivere una bellissima esperienza, che ricorderò per tutta la vita. Ho partecipato a Miss Italia e sono arrivata alle finali regionali. Davvero una grande soddisfazione”. Hai un’arma in più? “Sono anche una ragazza molto solare, perché sono dell’idea che non si deve mai perdere il sorriso! La tristezza non fa per me”. Cos’altro bisogna sapere di te? “Amo follemente gli animali, in particolare i cavalli! Sin da piccola pratico equitazione e tre volte a settimana vado in palestra, dove mi alleno duramente, prendendomi cura del mio corpo. Per quanto riguarda le mie passioni, io amo stare in mezzo alla gente! Il venerdì e il sabato sera sono impegnata in vari locali di Perugia ma amo anche la tranquillità e, quando posso, faccio lunghe passeggiate in mezzo alla natura, che mi permettono di ammirare i paesaggi della mia meravigliosa Umbria”. Cosa ti aspetti dal futuro? “Non ho mai lavorato nel mondo dello spettacolo ma non nego che mi piacerebbe lavorarci. Vedremo il futuro cosa mi riserverà! Per il futuro mi vedo a fare esattamente quello che sto facendo adesso: voglio emergere e realizzarmi nel campo assicurativo, senza chiudere le porte al mondo dello spettacolo o degli eventi perché sono due mondi che amo e ai quali non intendo assolutamente rinunciare”. CONTATTI SOCIAL https://www.instagram.com/erikamannucchi
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Francesco Viapiana con il Pr esidente della Camera di Commercio di Harbin (Cina)
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missione in Cina”. Come si pianifica una missione? “La missione nasce a tavolino. Nel caso della Cina, per esempio, è stato stipulato un protocollo d’intesa con un gruppo di imprenditori cinesi che da trent’anni hanno la sede delle proprie aziende in campo di pelletteria, tessitura o ristorazione nell’area di Nocera Terinese. In questo caso è stato lo stesso vicesindaco di Nocera Terinese, Francesco Cardamone, a solleticarmi parlandomene per cui, una volta studiate le varie aree di mercato in cui si potevano presentare i nostri prodotti, assieme agli imprenditori cinesi abbiamo inoltrato delle proposte della missione che è stata ritenuta interessante dal Sindaco della città di Harbin, capitale del Heilongjiang, il quale si è reso disponibile ad accoglierci ed ospitarci in occasione del Festival dell’Ice Snow, una delle manifestazioni internazionali più importanti della sua Regione”. Le spese della missione come sono state coperte? “In parte ha provveduto la Camera di Commercio, assumendosi l’onere delle spedizioni dei prodotti. L’ospitalità dei componenti della missione è stata offerta dal Sindaco e dalla Camera di Commercio di Harbin per cui l’unica spesa vera è stata quella del costo del viaggio che ciascuna azienda ha affrontato personalmente, laddove abbia deciso di venire o con un contributo parziale fisso ed eguale per tutti, laddove invece abbia preferito farsi rappresentare”.
Quali sono state le aziende calabresi che hanno aderito alla missione? “Sono vere eccellenze della nostra terra: i vini della Cantina dell’Aera, il pastificio Colacchio di Vibo Valentia, la Dolciaria Monardo, le conserve e sott’olii della Sapori Antichi dei Fratelli Muraca, L’olio dop e biologico dell’Oleificio Ranieri di Borgia e l’immancabile ‘n duja del Salumicicio Ge.Ca di Nocera Terinese”. La Cina è nota per la sua grandissima capacità di riprodurre qualsiasi prodotto le capiti davanti: manca poco che ci si faccia pure su barzellette; non temi che, scoperto il prodotto lo “copino”? “Assolutamente no! Una delle cose difficili da copiare è il cibo, soprattutto quando la bontà e la qualità di un prodotto deriva dalle condizioni climatiche del luogo in cui avviene la produzione originale e ti assicuro che, per quanto possano destreggiarsi e sperimentare, non potranno mai riprodurre le capacità organolettiche dei nostri cibi, la cui caratteristica deriva dai sali minerali del terreno di coltivazione oltre che dalla maturazione avvenuta grazie all’illuminazione di un sole che davvero li sfido a copiarci”.
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Ti piace il mondo dello spettacolo? “Sì, i campi della moda, della tv, del cinema e soprattutto del canto mi affascinano molto. Sin da quando ero piccolina sono sempre stata attratta dalla musica e dal canto, tanto che ogni minima scusa era buona per cantare, da sola o in compagnia. Poi, crescendo, e cominciando a frequentare vari concorsi, sono stata indirizzata al contest Una Ragazza per il Cinema e, partecipando a qualche videoclip e cortometraggio, è nata in me anche la passione per la recitazione”. Cosa vorresti fare nella tua vita? “Vorrei tanto realizzarmi nell’arte in genere, magari nel campo della musica che è quello che sogno di più. Sto studiando canto e spero vivamente che questo mi possa portare ad ottenere dei buoni risultati”. Le tue passioni? “Come già detto, la mia più grande passione rimane il canto, seguita da quella per il cinema. Inoltre, mi piace sfilare e posare come modella e per servizi fotografici. Proprio per queste altre mie attitudini, tra i vari concorsi a cui ho partecipato, all'età di 19 anni sono arrivata alla finale nazionale a Taormina del contest 'Una Ragazza per il Cinema'”. Le tue esperienze lavorative al momento? “Ho già avuto delle esperienze professionali: sono stata la protagonista di un videoclip musicale, ho girato un cortometraggio 'La sorpresa di San Valentino', dedicato al tema di San Valentino, firmato dal regista Michele Conidi, in cui sono stata una dei protagonisti principali insieme all'attrice Luciana Frazzetto ed al disturbatore della tv Niki Giusino. Inoltre, ho partecipato con una piccola parte al film 'Pronto a tutto' del regista Andrea Pierini, di prossima uscita al cinema. Ora sono in attesa di risposte per altri nuovi progetti, e nel frattempo aiuto mia madre nel suo ristorante di Latina”. Chi ti senti di ringraziare per questi tuoi primi passi? I”n primis ringrazio mia madre, che ha sempre creduto ed avuto fiducia in me e mi ha sempre sostenuta, spronata ed incoraggiata in qualunque mia scelta. Il secondo ringraziamento voglio farlo ad una persona che mi segue in quelle che sono le opportunità che si presentano, ovvero il mio Agente Massimo Meschino, e poi ringrazio me stessa perché, nonostante le mille difficoltà che la vita mi ha posto di fronte, non ho mai mollato e continuo a inseguire i sogni. L’ultimo ringraziamento va a tutte le persone che mi seguono, mi vogliono bene e mi danno modo di continuare a coltivare le mie ambizioni. Non mi sono mai aspettata nulla, ho sempre guardato ai miei desideri con i piedi fissi a terra, con l’umiltà di chi è all’inizio e con la consapevolezza che nulla è cosa certa”.
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Davide Buzzi Un artista a tutto tondo che nel suo ultimo libro ha trovato la cura ai mali della vita
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di Francesca Ghezzani
P e r p a r l a r e d i D a v i d e B u z z i c o m e a r t i s t a b i s o g n a t o r n a r e i n d i e - t r o d i d i v e r s i a n n i , f i n o a l 1 9 8 2 , q u a n d o d a g i o v a n i s s i m o i n i z i a l a s u a c a r r i e r a p a r t e c i p a n d o a l f i l m d i N e l o R i s i “ L’ o r o n e l c a - m i n o ” . I n s e g u i t o s i d i s t i n g u e n e l m o n d o c a n t a u t o r a l e i t a l o - f o n o , p u b b l i c a n d o n e l 1 9 9 3 i l s u o p r i m o C D , a l q u a l e n e s e g u i r a n n o a l t r i t r e .
Nel 2013 approda al mondo letterario con il libro di racconti dal titolo "Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte" e nel 2017 pubblica il racconto breve “La multa”. Il 17 febbraio, per la casa editrice 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni di Follonica è uscita sul mercato la sua nuova fatica editoriale, il thriller noir “Antonio Scalonesi: Memoriale di un anomalo omicida seriale”, romanzo biografico di genere spoof che racconta le gesta del serial killer Antonio Scalomesi, attivo a cavallo fra Svizzera, Italia e Francia fra il 2004 e il 2010. Potremmo dire tante altre cose, ma lascio a lui la parola e l’onere/onore di parlare di sé come cantautore, fotografo, scrittore, giornalista, ex poliziotto, uomo… Davide, che persona e che artista sei, come ti descriveresti? “È una domanda che non mi sono mai posto, in verità. Ci dovrei pensare…In effetti sono una persona onesta, che ha il brutto vizio della sincerità a ogni costo e questo non sempre piace a tutti. Anzi spesso non piace per niente! Certamente ho avuto una vita ricca di esperienze, sia positive che negative. Professionalmente ho fatto un sacco di cose e ogni volta con grande soddisfazione, anche se il cambiamento sta un po’ nel mio DNA. Nasco come fotografo, professione per la quale ho svolto l’apprendistato e mi sono diplomato nel 1987. Poi, dopo aver prestato servizio nell’esercito svizzero, ho lavorato per qualche anno nel corpo delle Guardie di Confine svizzere (tipo la Guardia di Finanza in Italia), quindi ho fatto l’assicuratore e adesso sono attivo nel campo del giornalismo. In tutti questi anni mi sono comunque sempre mosso in ambito artistico, quale autore e cantautore, esibendomi un po’ dappertutto in Europa, ho inciso 4 album e ho scritto canzoni per altri artisti. Insomma, non so bene come descrivermi, ma credo che la parola 'iperattivo' possa calzarmi abbastanza bene”.
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Negli anni hai ricevuto tanti riconoscimenti per il tuo lavoro cantautorale, quali sono stati quelli che conservi maggiormente nel cuore? “I riconoscimenti sono arrivati quasi tutti agli inizi degli anni 2000. Si erano accorti di me e del mio lavoro e qualcuno ha pensato che potessi meritare dei premi. Comunque i riconoscimenti che più mi stanno a cuore sono il 'Premio Myrta Gabardi', assegnatomi a Sanremo nel 2002, e la nomination ai 'NAMMY Award' di Niagara Falls per la mia canzone 'The She Wolf', incisa dal songwriter americano Jimmy Lee Young. In quell’occasione volai alle cascate del Niagara per partecipare alla serata finale, dove incontrai diversi miti della canzone americana e mondiale, vivendo un’esperienza indimenticabile”. Di recente, per la casa editrice 96, Rue de-La-Fontaine Edizioni di Follonica, è stato pubblicato il tuo nuovo romanzo “Antonio Scalonesi: Memoriale di un anomalo omicida seriale”. È un titolo particolare, cosa ci preannuncia? “Si tratta di un thriller autobiografico molto particolare, scritto tutto in prima persona e che si rifà al genere spoof. La storia inizia praticamente dalla fine, quando l’11 novembre 2011 Antonio Scalonesi, un uomo assolutamente normale, imprenditore immobiliare e ex sportivo d’elite benvoluto e rispettato da tutti, entra nel palazzo della Procura della Repubblica e del Cantone Ticino di Lugano e chiede di incontrare l’allora Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi, al quale confessa di essere un serial killer. Improvvisamente Cortesi si ritrova davanti a un racconto dai risvolti terribili e inimmaginabili, una lunga serie di delitti che a partire dal 2004 e fino al 2010 si dipana fra Svizzera, Italia e Francia. Ma non è tutto, perché nello svolgersi della confessione ad un certo punto la storia sembra ribaltarsi fino a rivelare un risvolto inaspettato che proietta Scalonesi all’interno di uno spietato intrigo internazionale. Antonio Scalonesi è davvero chi dice di essere oppure è un abile millantatore che riesce a destreggiarsi abilmente fra menzogna e verità?”. Mentre descrivevi i crimini del più spietato serial killer che il Ticino abbia mai conosciuto, Antonio Scalonesi, non hai mai provato profondo terrore per quello che usciva dalla tua penna? “Assolutamente no, anche perché i primi capitoli di questo racconto erano nati come una specie di sfogo personale nei confronti di certi aspetti della vita che mi stavano affogando. Dentro di me avevo tanta negatività e rabbia, che non sapevo come gestire. Ma sapevo scrivere bene e allora ho pensato di gettare sulla carta tutta la rabbia che mi covava dentro e, improvvisamente, è comparso questo personaggio che raccontava di ammazzamenti come se questi fossero la cosa più normale del mondo. Nel frattempo ho avuto la possibilità di far leggere questi scritti ad alcune persone, dottori, giornalisti, avvocati, persino al capo della polizia scientifica del Cantone Ticino e pure all’ex avvocato di Bernardo Provenzano. Grazie alle loro suggestioni il racconto ha cominciato a svilupparsi e a prendere corpo, fino a diventare la vera storia del serial killer Antonio Scalonesi. Alla fine di tutto quel lavoro, durato una decina d’anni, ho deciso di includere una serie di documenti che contribuivano a far comprendere chi fosse realmente Antonio Scalonesi. E così è nato il libro. Questo romanzo per me è stata la terapia che mi ha permesso di sopravvivere a un momento difficilissimo della mia
35 vita, che fra le varie traversie comprende pure il cancro, malattia contro la quale sto ancora combattendo ma dalla quale non intendo assolutamente farmi sconfiggere”. Il Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi nella sua introduzione descrive Scalonesi come un tipo assolutamente normale, lavoro, casa, sport, ecc., del quale nessuno avrebbe potuto sospettare la presenza di un’anima nera e criminale. Tutti noi possiamo nascondere un lato sconosciuto e talmente oscuro da portarci a commettere un atto irreparabile o un crimine? “Antonio Scalonesi per 33 anni è stato il vicino di casa che tutti vorremmo avere, nessun problema con la giustizia, nessuna lite, nessun gesto di violenza nei confronti di nessuno (che si ricordi, almeno), pare fosse astemio, o quasi, e quindi nessun problema di alcolemia. Poi la mattina del 18 dicembre 2004, tutto si stravolge. Scalonesi prende una pistola, scende in strada e spara freddamente all’imprenditore Gianni Verzaschi, uccidendolo sul colpo. Riuscendo pure a farla franca. Sì, sono convinto che per ogni essere umano esista una chiave scatenante che possa in qualche modo farci arrivare a pensare o, nelle situazioni peggiori, commettere delle cose veramente brutte. Di casi che potrebbero essere presi ad esempio ne è piena l’attualità. Non bisogna però nemmeno esagerare con i pensieri negativi, in quanto e per fortuna la maggior parte della gente convive in pace e armonia”. Potresti scrivere altri generi in futuro? “Recentemente ho concluso una storia di paese che a me piace davvero tanto e che si svolge in un villaggio della Valle di Blenio, dove la locale società calcistica ha deciso di ritirare la sua squadra dal campionato. Nel frattempo in paese muore una donna anziana. I due episodi apparentemente non dovrebbero aver niente a che fare l’uno con l’altro, invece gli eventi si concateneranno in una tragicomica serie di eventi, fino a sfociare in un finale dall’esito sorprendentemente divertente. Niente di tragico quindi. In questo momento invece mi sto dedicando ad un'altra storia che si rifà al genere spoof, ma non sarà un thriller. Si tratta di un racconto ambientato nel mondo della musica italiana degli anni 70”.Un’ultima domanda. Tu sei nato ad Acquarossa, in Svizzera: quali differenze e quali analogie riscontri tra il panorama editoriale italiano e quello elvetico? Sono le stesse che ritrovi nel spesso patinano mondo dello spettacolo? “Sia nel mondo della discografia che in quello editoriale, Svizzera e Italia non anno assolutamente niente in comune. In Svizzera vi è la particolarità che si parlano quattro lingue diverse più l’inglese. Quindi, se ci si muove nel panorama italofono, in Svizzera possiamo contare sì e no su un bacino d’utenza di poco meno di 400 mila persone, un quartiere di Milano. Nel resto del Paese non c’è nessun interesse per quanto viene prodotto in lingua italiana. Quindi è difficilissimo trovare una casa editrice disposta a pubblicarti ed è ancora più difficile trovare qualcuno che abbia voglia di leggerti. Per questo il nostro occhio artistico si dirige verso l’Italia. Parliamo la stessa lingua e abbiamo le stesse tradizioni, con la differenza che l’Italia conta 60'milioni di abitanti. Insomma, le probabilità di essere letti e apprezzati (o anche criticati) aumentano in modo esponenziale”.
Marco Casula “Scogliere d’ombra”: una lettura per tutti
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di Roberto Ruggiero
È i n t u t t e l e l i b r e r i e “ S c o g l i e r e d ’ o m b r a ” i l n u o v o r o m a n z o d e l l o s c r i t t o r e s a r d o M a r c o C a s u l a e d i t o d a I n t r e c c i E d i t o r e . A l f r e d o , c o l p i t o a m o r t e , g i a c e q u a s i c a d a - v e r e i n u n a p i s c i n a . È l ì c h e p a r e r i f l e t t e r e s u l l a p r o p r i a v i t a . È d a v v e r o m o r t o ? G l i i s t a n t i d e l s u o t r a p a s s o s o n o l a r i e v o c a z i o n e d i u n i n c u b o c h e u s u r p a u n p r e s e n t e a n g o s c i a n t e , i l l u s o r i o e f r u s t r a n t e d i p i a c e r i e a m b i z i o n i . A l f r e d o g a l l e g g i a s u l l o s p e c c h i o d ’ a c q u a e l a d i s g r e g a z i o n e d e l l a s u a p s i c h e s i c o n s u m a i n u n a s o r t a d i f u g a d a l l a G i u n g l a I n e s t r i c a b i l e d e l l a m e n t e .
36 L’angoscia prende forma attraverso le sembianze della sua città, al tempo delle aspirazioni giovanili. Alfredo parte, dunque, con l’amico Nanni verso la Città Giusta, luogo utopico, per un viaggio di de-costruzione e di emancipazione interiore. Solo alla fine il protagonista farà una scoperta che sembra banale, ma che per uno che sa di morire (e che certamente morirà) è sconcertante: la vita è un mattino che si ripete tutti i giorni. L’esistenza è un continuo ripiegarsi su se stessa. Dramma psicologico, romanzo di introspezione e ricostruzione. Una riflessione sulla ciclicità della vita: niente muore davvero. Casula, lei era un funzionario pubblico. Come nasce la passione per la scrittura? “Premetto che non basta scrivere uno o due o anche più libri per sentirsi scrittori. Come disse qualcuno che se ne intendeva:
molti sono i chiamati, pochi gli eletti. Perché se in passato per me lo scrivere era soltanto uno scrivere tecnico, strumentale, funzionale e marginale rispetto all’attività che svolgevo, la lettura - questa sì, è stata la vera passione che sempre ho coltivato da bambino sino all’età adulta. Dalla narrativa alla saggistica passando per quella più prettamente specialistica collegata al mio lavoro, sino a qualche anno fa. E tuttora la lettura, più della scrittura, occupa gran parte del mio interesse. La scrittura è stata dunque una scoperta tarda, maturata durante un viaggio doloroso che ha corretto il mio percorso imprimendogli un’accelerazione imprevedibile e mi ha introdotto in un territorio a me ignoto. Ho scoperto così il mio daimon”. Quali sono i suoi scrittori di riferimento? “Amo quelli che mi portano fuori dal nascosto delle cose e mi conducono alla presenza , allo Svelamento. Sono quelli che mi fanno vivere un’esperienza narrativa fuori da me ed entrano in me, in questo senso diventano tuoi intimi. E capisci subito che non sei tu che leggi loro, ma sono loro che leggono te. Direi Proust per la profondità introspettiva e la scrittura sublime, poi Joyce, monumentale. Quindi Faulkner che mi ha introdotto a Cormac McCarty, l’evocativo Haruf e DeLillo. Questi per il fascino discreto, la prosa sorvegliata e il ricco lessico. Continuando e schematizzando Calvino e Gadda fondamentali e Morante, ho imparato molto da loro”. Come è nato “Scogliere d'ombra”? “È stato un percorso molto travagliato durato una decina d’anni. Nato dopo l’uscita del primo romanzo, «La maschera sotto la neve», aspiravo a un racconto che non fosse la classica fabula con un inizio uno svolgimento e una conclusione. Abbandonato e ripreso più volte, l’ho quasi dimenticato. L’ho recuperato dopo qualche anno,
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rivoltandolo come un calzino finché dopo un’attenta revisione ho giudicato che valesse la pena”. “La vita è un mattino che si ripete tutti i giorni. L’esistenza è un continuo ripiegarsi su se stessa". Questa considerazione è molto attuale ai tempi del Coronavirus. “In un certo senso, sì. Questa epidemia, come tutte le epidemie mettono in questione le nostre nozioni sull’individuo e sull’identità, dicendoci che la specie umana è solo un altro ospite di questo pianeta e ci pone di fronte al significato della nostra finitudine. Devo dire che ho giocato molto su questo concetto del doppio: ombra e luce, coscienza e inconscio, vita e morte, e poi: il doppio dei personaggi, del personaggio principale direi, che attraversa quel confine tra individuo-identità e la fine dell’idillio con l’utopia. E lo spaesamento che ne consegue. Una lettura questa che parte dal titolo. Scogliere d’ombra evoca quel limite appunto che sta tra vita e morte. In altro modo possiamo dire che tutti noi siamo dentro questa frontiera, galleggiamo tra l’ombra e la luce, ogni giorno. Possiamo dire una lotta senza quartiere tra una ragione che mette in campo la potenza della tecno-scienza per la nostra sopravvivenza e per sconfiggere oggi il virus malefico e l’inconscio collettivo gravido di paure ancestrali che porta al panico all’angoscia per il futuro”.
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37 Ci dia tre buoni motivi per acquistare “Scogliere d'ombra”. “Spero che la lettura di questo libro porti a un grado superiore di consapevolezza sui nostri limiti come genere umano. Naturalmente l’ho fatto adottando un linguaggio immaginifico. Per parafrasare Elsa Morante, che ho prima citato, evocando vicende simboliche di relazioni umane. In secondo luogo la lettura di questo libro offre significati meta letterari con citazioni, riferimenti, suggestioni e chiavi di lettura che tocca al lettore scoprire. Infine, direi che è una lettura per tutti, segnatamente per chi ama una letteratura che non si accontenta e non chiede il lieto fine. Ma a ben vedere in questo romanzo direi che non c’è una fine. Si chiude con un punto interrogativo, ma non c’è risposta perché non c’è un perché alla domanda”.
Roberto Zichittella “In questa emergenza gli italiani non si sono arresi”
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di Simone Mori
N a t o a M i l a n o , è d i v e n t a t o g i o r n a l i s t a p r o f e s s i o n i s t a d o p o a v e r f r e q u e n t a t o l ' I s t i t u t o p e r l a F o r m a z i o n e a l G i o r n a l i s m o . L a u r e a t o i n S c i e n z e P o l i t i c h e . P e r F a m i g l i a C r i - s t i a n a v i a g g i a i n I t a l i a e n e l m o n d o r a c c o n t a n d o s t o r i e d i p e r s o n e , v i c e n d e p o l i t i c h e e s o c i a l i . H a c o l l a b o r a t o c o n I l R i f o r m i s t a , i l M e s s a g g e r o , L i n k i e s t a .
38 È tra i conduttori del programma radiofonico della Rai “Radio3mondo”, dedicato all'attualità internazionale. Sempre per Radio3 ha realizzato diversi audiodocumentari in Italia e all’estero. Tanti spunti interessanti in questa nostra intervista con lui Che ne pensa della situazione italiana in relazione al coronavirus e sugli effetti che questa cosa avrà sulla nostra economia? “In Europa, ma potrei dire in tutto l'Occidente, l'Italia ha reagito all'emergenza coronavirus prima degli altri Paesi. Il Governo, su consiglio della comunità scientifica, ha preso decisioni drastiche, prima limitate al Nord Italia, poi estese a tutto il Paese, inedite in tempo di pace. Gli italiani stanno facendo grandi sacrifici (non mi riferisco tanto allo stare in casa, quanto a chi ha dovuto chiudere la sua attività economiche), inoltre l'impatto emotivo di questa tragedia è molto forte, soprattutto nelle zone con più vittime, come la Lombardia, l'Emilia Romagna e il Veneto. Si piangono i morti e purtroppo si piangono a distanza, senza neppure il conforto degli abbracci, delle lacrime condivise, di un funerale. Serviranno nervi saldi e lucidità per non farsi travolgere dallo sconforto, anche perché non ne usciremo subito. Stiamo navigando in acque inesplorate. Nessun italiano poteva avere memoria di qualcosa di simile. Servono pazienza, disciplina e responsabilità. Intanto il Governo ha deciso degli interventi di sostegno all'economia, ai lavoratori e alle aziende, mentre anche le Borse vanno su e giù. L'impatto economico di questa pandemia sarò devastante e nessun Paese potrà farcela da solo senza una reale solidarietà internazionale. Pensiamo a quante volte, in questi anni, l'Europa ha discusso di una comune politica di difesa e di un eventuale esercito europeo. Era davvero questa la priorità dell'Europa? Ora, quando il nostro nemico non è un esercito ma un virus, scopriamo che nessuno aveva pensato a forme di coordinamento più efficaci per proteggere la salute di tutti”. Che mi dice della classe politica italiana, c'è ancora fiducia da parte del popolo? “La fiducia nella classe politica mi sembra molto bassa. I politici sembrano più concentrati su schermaglie tattiche e giochi di potere, mancano visioni e idee per il futuro dell'Italia e questo alla fine gli elettori lo percepiscono. Inoltre i tempi delle leadership si sono molto accorciati. Chi oggi è in ascesa, domani diventa facilmente un perdente. Ormai, a mio parere, Renzi e Salvini appaiono come dei perdenti. O ritorni di fiamma li vedo poco probabili”. Parliamo di elezioni Usa. Manca ancora un bel po', ma possiamo già farci qualche idea sul candidato democratico e su un eventuale rielezione di Trump? “Mi pare chiaro che ormai il candidato democratico che sfiderà Trump sarà Joe Biden, l'ex vicepresidente di Barack Obama. Biden era partito male nelle primare, ma poi si è ripreso. Lui si presenta come l'usato sicuro, un politico esperto e capace. Ha 77 anni e appare un po' invecchiato, ma sarà un avversario tosto per Trump. Trump può contare sui buoni risultati dell'economia USA, ma ora l'emergenza coronavirus rimette tutto in discussione. Se Trump saprà gestire bene l'inevitabile emergenza (i morti negli USA sono già centinaia) può farcela, ma se fa pasticci si gioca la rielezione”. Le vicende internazionali riguardanti i migranti, come vengono trattate dai nostri media? E che percezione ha la gente di cosa accade in Siria oppure in Africa o in altre zone dove la guerra uccide giornalmente migliaia di
persone? “I media trattano le vicende dei migranti in modo discontinuo, a seconda del clamore delle varie crisi internazionali di turno. Invece quella dei migranti e dei rifugiati è una emergenza umanitaria permanente. A volte servirebbe approfondire le cause delle migrazioni, raccontare meglio i conflitti, le violazioni dei diritti umani che costringono le persone a fuggire. Bisogna ricordare poi che dietro i numeri delle migrazioni ci sono volti, storie, persone, donne, soprattutto bambini. Questo non va mai dimenticato. Circa l'Italia, è sbagliato alimentare l'idea che ci sia una invasione di migranti, i numeri ci dicono che non è così. Anche l'Europa non è invasa, le migrazioni sono soprattutto interne. Tanti africani si muovono all'interno del loro continente”. Hai raccontato molte storie, hai conosciuto tante persone. Quali sono le emozioni che saranno per sempre dentro di te? “Tante le emozioni in tanti anni di lavoro.Tra le persone incontrate direi Andrea Camilleri (due anni fa ho trascorso oltre un'ora ad ascoltare incantato e divertito i suoi racconti nella sua casa in Toscana), i preti albanesi che mi raccontavano la loro vita clandestina durante gli anni della dittatura nello stato allora dichiarato "il più ateo del mondo", i coraggiosi giornalisti algerini in prima linea negli anni del terrorismo alla fine del secolo scorso, un medico bresciano che visita e cura i malati poveri della Bolivia, i reportage insieme a Mario Dondero, uno dei pià grandi fotografi del Novecento e splendida persona. Come luoghi ricordo il Sud Sudan insanguinato dalla guerra civile; la frontiera fra il Messico e gli Stati Uniti, dove i migranti tentano di entrare gli USA (ne ricordo due, appena fermati dalle guardie di frontiera); i centri di accoglienza di Pozzallo, in Sicilia, dove arrivavano i migranti appena sbarcati; le ini
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39 ziative di aggregazione e formazione per i bambini e gli adolescenti dei Quartieri Spagnoli di Napoli. Devo dire che, anche nelle situazioni più drammatiche, ho sempre trovato spazi di umanità e di solidarietà.” L’Unione Europa. Le sue eccellenze e le sue falle. “Europa: il grande merito è quello di aver garantito decenni di pace fra paesi che per secoli e fino al 1945 si erano duramente combattuti in varie guerre. Altro merito è quello di aver creato un’area di valori condivisi. Inoltre l’area Shengen e programmi come l’Erasmus hanno reso più facile viaggiare, incontrarsi, sentirsi davvero cittadini europei senza frontiere. Tra le falle metto la lentezza a reagire di fronte alla emergenza, la tendenza a far prevalere gli interessi nazionali rispetto a quelli generali. La Francia si sentirà sempre una grande potenza superiore alle altre (ha l’arma nucleare e siede nel Consiglio di Sicurezza ONU), allo stesso modo si comportava il Regno Unito prima di Brexit. Trovo l’allargamento dell’Unione Europa una buona cosa, ma mi rendo conto che la ricerca dell’unanimità è impossibile. Servono riforme dei meccanismi decisionali”. Sei esperto di Vaticano. Cosa pensi della strumentalizzante ai danni del Papa Emerito? Ci sono fronde che lo sfruttano a loro piacimento, non trovi? “Il Papa Emerito è stato certamente strumentalizzato più volte da frange conservatrici della Chiesa. Alcuni lo considerano addirittura il solo papa legittimo, molti lo vogliono contrapporre a Francesco. Credo che Ratzinger sia sempre stato vittima di questi tentativi, mai complice. Il suo staff ha gestito male la sua agenda organizzando incontri e dando ok a iniziative che avevano il solo scopo di strumentalizzare il papa emerito, e infatti mi pare che ora ne stiano pagando le conseguenze”. Il lavoro invece di Francesco ad oggi come lo giudichi? “Francesco ha dato una scossa alla Chiesa. Apprezzo il suo rifiuto della mondanità e il costante richiamo all’attenzione verso i poveri, le periferie geografiche ma anche esistenziali. Mi piace la sua critica continua al clericalismo, all’autoreferenzialità della Chiesa, alla pigrizia nell’azione pastorale. Purtroppo molti di questi suoi richiami restano inascoltati, la Chiesa stenta a seguirlo”. Ci consigli qualche libro da leggere? Naturalmente di tuo piacimento. “Qualche libro che ho amato “Guerra e pace” di Tolstoj (il respiro della grande letteratura, personaggi indimenticabili) Qualsiasi racconto o romanzo di Joseph Roth: 'La cripta dei Cappuccini', 'la Marcia di Radetzky', 'Fuga senza fine'. 'Patria' di Fernando Aramburo, che racconta in modo geniale, attraverso la descrizione di due famiglie, il terrorismo basco. ‘La donna della domenica', di Fruttero e Lucentini, gran bel giallo e straordinaria cura della scrittura. 'Un prato in pendio', una raccolta di poesie di Pierluigi Cappello (1967-2017)”.
Federica De Benedittis “Non so dare consigli e preferisco riceverli, specie in amore”
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di Giulia Bertollini
L a p e r f e z i o n e n o n e s i s t e . L o s a b e n e F e d e - r i c a D e B e n e d i t t i s c h e n e l l a s o a p p o m e r i - d i a n a d i R a i U n o “ I l p a r a d i s o d e l l e s i g n o r e ” , a n d a t o i n v e s t e i p a n n i d i R o b e r t a , u n a r a - g a z z a d i n a m i c a e a m b i z i o s a c h e h a i l s o g n o d i d i v e n t a r e i n g e g n e r e . F e d e r i c a c i h a c o n f i - d a t o d i n o n a v e r e m o l t i p u n t i i n c o m u n e c o n i l s u o p e r s o n a g g i o . I n f a t t i , s i d e f i n i s c e d i - s o r d i n a t a e p o c o o r g a n i z z a t a .
40 In questa simpatica chiacchierata, oltre a raccontarci qualcosa in più sul suo personaggio, Federica ci ha svelato un po’di più di sé tra curiosità e passioni. Federica, come è cambiato il tuo personaggio? “Nella prima stagione abbiamo conosciuto una Roberta saggia, studiosa e intelligente. Quest’anno invece è un po’ più umana. E' arrivato un nuovo personaggio, Marcello, che è il suo opposto e che la conquista. Proverà a scacciare quel qualcosa che sente dentro senza sapere se ci riuscirà. Ricordiamo che Roberta è fidanzata con Federico che è partito militare. Quando lui tornerà il mio personaggio si troverà ad un bivio e sarà costretta a scegliere”. Quanto avete in comune tu e il tuo personaggio? “Mi assomiglia un po’ nell’essere secchiona. A scuola sono
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sempre stata a b b a s t a n z a brava e sul lavoro sono una perfezionista. Per il resto, non so dare consigli e preferisco riceverli soprattutto in amore. A differenza di Roberta, sono molto disordinata”. La notizia della chiusura della serie, lo scorso anno, deve essere stata un bel colpo. “Ho provato un immenso dispiacere anche perché la serie stava registrando buoni ascolti superando le aspettative. Allo stesso tempo sono andata avanti. Infatti, quest’estate ho girato 'Il commissario Montalbano'. Finito l’ultimo giorno di set mi sono concessa un taglio di capelli e mi sono tinta. Così da bionda sono diventata mora”.
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voro. Mi dispiace perché senza di lui il camerino è vuoto. Alla fine però anche l’anno scorso ci incrociavamo nei corridoi perché i ritmi sono veloci. Ci rivedevamo la sera a casa”. A cosa ti dedichi nel tempo libero? “Mi piace molto viaggiare e prendermi cura di me stessa attraverso l’attività fisica. Per anni ho fatto danza mentre ora mi dedico alla corsa. La palestra non fa per me”. Il viaggio che vorresti fare? “Mi piacerebbe andare in Giappone perché è un posto distante da noi e diverso per tradizioni e cultura”. Con quale regista e attore ti piacerebbe lavorare in futuro? “Mi piacerebbe lavorare con Marco Bellocchio. La mia attrice di riferimento invece è Paola Cortellesi. La trovo meravigliosa sia nel drammatico che nel comico. E’ per me una fonte di ispirazione”. Guardi le serie tv? “Guardo molto Netflix”.
Smessi gli abiti anni 60, cosa indossi? “Prediligo la comodità piuttosto che la ricercatezza. Sono un tipo sportivo e amo vestirmi casual. Infatti, quando sono sul set odio indossare le scarpe decolleté. Per questo, quando è possibile, mi metto le scarpe da ginnastica”. (ride) Quest’anno non condividi però il set con il tuo fidanzato Giulio Corso. Come l’hai presa? “Sono felice per lui perché sta facendo un altro la
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41 Nei momenti di difficoltà a chi chiedi consiglio? “A mia mamma perché so che incondizionatamente mi dice la verità. Sapendo che su alcune questioni è un po’ antica, chiedo alle amiche”. Un tuo difetto che nessuno sopporta? “La mancata organizzazione. Sono quella dell’ultimo minuto. Infatti sto organizzando una cosa molto importante per me in un mese nonostante ci si impieghi un anno”.
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Eleonora Puglia con Iago Garcia
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È u n o d e i g i o v a n i t a l e n t i d e l l a r e c i t a z i o n e . U n a b e l l i s s i m a r a g a z z a c o n u n v i s o a c q u a e s a p o n e . N e l l a v i t a è l e g a t a s e n t i m e n t a l m e n t e a I a g o G a r c i a , s t a r s p a g n o l a m o l t o p o p o l a r e . S c o p r i a m o l a m e g l i o a t t r a v e r s o q u e s t a i n t e r v i s t a .
43 Eleonora quando hai cominciato a muovere i primi passi come attrice? “A 17 anni dalla danza classica ho deciso di passare alla recitazione, lasciando la mia Accademia a Firenze per trasferirmi a Roma, dove ho iniziato i miei studi presso un’accademia di cinema e teatro”. Tu sei anche ballerina. Come fai a conciliare la danza con la recitazione? “La danza rimarrà sempre nel mio cuore ed è un enorme bagaglio che utilizzo anche nella recitazione. Oramai però la mia professione è recitare”. Recentemente ti abbiamo vista anche come giurata in "All together now" su Canale 5. Come mai questo legame con la musica? “All’inizio della mia carriera come danzatrice ho preso parte ad alcune opere liriche importanti, e li ho scoperto anche la mia passione per il canto. Ad oggi da un anno a questa parte sto lavorando al mio primo LP, che dovrà uscire intorno a dicembre. Dedicato agli anni ottanta”. Hai appena finito di girare un film con Eric Roberts. Come è stato lavorare con star di Hollywood? In realtà le star erano due, perché c’era anche Michael Madsen. “È stato emozionante per me a soli 23 anni avere la possibilità di recitare nello stesso cast di questi mostri sacri del cinema, con un ruolo molto intenso. Ci tengo a ringraziare il regista Carlo Fusco, per questa opportunità e i due protagonisti Ieva Lykos e Sokol Martini”. Sappiamo tutti che da anni ormai sei la compagna dell'attore Iago Garcia. Che tipo di rapporto è il vostro? “Siamo molto legati. Oltre ad amarci ci stimiamo molto professionalmente”. Sei giovanissima... Quale sarà il tuo prossimo obiettivo? “Dopo essere stata a Venezia alla Biennale, durante la quale il nostro cortometraggio “Push Out” prodotto da Le Brì Production scritto da Francesca Giuliano e diretto da Marco d’Andragora, con protagonista Francesca Giuliano oltre a me, ha avuto un grande successo tanto da farci aprire il Red Carpet di Brad Pitt, e che sarà presentato anche al festival del cinema di Roma, A breve mi rivedrete su Canale 5, e in questo momento sto avendo l’opportunità di essere diretta da un grande regista del teatro italiano Lauro Versari (l'intervista è stata realizzata prima che scoppiasse l'emergenza coronavirus ndr), che oltre ad avermi assegnato un ruolo, quello di Dulcinea. Più avanti sarò impegnata di nuovo su altri due set cinematografici di cui ancora non posso parlare. E poi come già anticipato avrò un grosso impegno a livello musicale. Il cd Prodotto da Luciano Patitucci”.
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L’Albero Azzurro È tornato in onda su Rai 2 e Rai Yoyo
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di Roberto Ruggiero
45 S u R a i 2 e R a i Yo y o è t o r n a t o “ L’ A l b e r o A z z u r r o ” . U n a n u o v a e d i z i o n e p e r l o s t o r i c o p r o g r a m m a d e l l a R a i , c h e q u e - s t ’ a n n o f e s t e g g i a 3 0 a n n i . I n o c c a s i o n e d e l l ’ a p e r t u r a s u R a i 2 d e l l a f a s c i a m a t - t u t i n a d e d i c a t a a i b a m b i n i , c h e i n q u e s t i g i o r n i s o n o a c a s a i n s e g u i t o a l l a c h i u - s u r a d e l l e s c u o l e p e r l ’ e m e r g e n z a s a n i t a - r i a , l a t r a s m i s s i o n e v a i n o n d a a l l e o r e 7 : 3 0 s u R a i 2 e a l l e o r e 1 6 : 2 0 s u R a i Yo y o . L e p u n t a t e s o n o d i s p o n i b i l i a n c h e s u R a i P l a y e l ’ A p p R a i P l a y Yo y o . Ritroviamo in onda Dodò, che con Laura Carusino e Andrea Beltramo dà vita ad avventure ideate per affrontare con gioia e leggerezza, ma anche con grande chiarezza e verità, le piccole e grandi conquiste di ogni giorno.
Pensato per offrire a un target di bambini compreso tra i 4 e 7 anni una grande varietà di stimoli, proposte, suggerimenti e spunti, L’Albero Azzurro propone ogni giorno un appuntamento in cui Dodò va alla conquista di nuovi apprendimenti che provengono dal confronto con il mondo. Al suo fianco ci sono Andrea e Laura, i due conduttori che proteggono, sostengono, invitano all’autonomia e quando serve forniscono l’aiuto necessario a superare piccoli ostacoli o stati d’animo depotenzianti, richiamando rassicuranti ruoli genitoriali. Completano il quadro, gli irresistibili amici di Dodò: Zarina è la zanzarina saputella che con i suoi appuntiti interventi sfida Dodò a mettersi alla prova. Ruggero è un cucciolo di leone che si sente già uno spavaldo avventuriero. Pur non avendo ancora una criniera degna di questo nome, l’acerbo re della foresta sogna di lanciarsi in imprese più grandi di lui e porta scompiglio e divertimento nel mondo dell’Albero.
L'Albero Azzurro aveva debuttato il 21 maggio del 1990 su Rai 1, e ha sempre visto come protagonista il pupazzo Dodò, un piccolo uccello bianco (forse ispirato al dodo, specie ormai estinta nella realtà) che vive all'interno di un grande albero azzurro con tanti altri personaggi che gli ruotano attorno. L'Albero Azzurro segue una formula di “intrattenimento educativo”, che racchiude sia spazi dedicati alla creazione e al gioco, sia momenti di svago attraverso racconti e scenette. Nel 1994 è avvenuto il primo cambiamento nel format. Dal 15 gennaio 2007 L'Albero Azzurro è passato su Rai 2. Le prime edizioni del programma sono state realizzate presso gli studi Rai di Torino a cui è seguito un trasferimento della produzione a Milano per poi tornare a realizzare il programma negli studi di via Verdi dove si trova tuttora. Dal 2013 il programma è trasmesso su Rai Yoyo.
Dallo spazio rassicurante dell’Albero, si parte per vivere tante nuove avventure in un limbo bianco dove prendono vita situazioni e personaggi che sembrano nati dalla fantasia stessa dei bambini. Oggetti simbolici ricorrenti, ambientazioni, grafica e musiche armonizzano e legano tra loro i tanti elementi che insieme creano ogni giorno una nuova storia, semplice ed essenziale ma profonda e curata in ogni dettaglio. A ogni puntata i più piccoli, seguendo il cammino di Dodò, entrano in contatto con la rappresentazione delle loro emozioni, elaborano competenze e conoscenze utili a superare le paure, apprezzare il valore della solidarietà e dell’amicizia, scoprire la ricchezza che risiede nella diversità e nell’accettazione. E dopo ogni avventura, si fa ritorno all’Albero, con tanti nuovi spunti per giocare e fare esperienza, e con un carico di filastrocche e canzoni allegre da cantare insieme ad amici, insegnanti, genitori. Lo sguardo è attento anche al mondo digital, sul sui social network di Rai YoYo e sull’APP RaiPlay Yoyo dove si potranno trovare spunti e contenuti extra, per una più forte interazione con il pubblico dei più piccoli.
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Pietro Genuardi “Amo recitare ma ancora di più cucinare. Non posso vivere senza ragù”
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di Giulia Bertollini
C o n f e s s a d i a m a r e i l c i b o . E c ’ è d a c r e d e r g l i c o n s i d e r a n d o l a v o r a c i t à c o n c u i d i v o r a i p a n i n i c h e l a p r o d u z i o n e h a m e s s o a d i s p o s i z i o n e d e l l a s t a m p a . S t i a m o p a r l a n d o d e l s i m p a t i c o a t t o r e P i e t r o G e n u a r d i , n e w e n t r y d e l l a s o a p p o - m e r i d i a n a d i R a i u n o “ I l P a r a d i s o d e l l e s i g n o r e ” .
Il suo personaggio, Armando Ferraris, è rimasto vedovo in seguito alla morte della compagna ma il suo vissuto l’ha temprato rendendolo un uomo migliore. In questa intervista, oltre a raccontarci qualcosa in più su questa nuova esperienza professionale, Pietro ci ha parlato del suo rapporto con la cucina e dei suoi ricordi di gioventù. Pietro, sei una new entry de “Il paradiso delle signore”. Come ti sei trovato? “Molto bene. Nella soap interagisco soprattutto con Antonella Attili che interpreta Agnese Amato e con Giancarlo Comare. Quest’ultimo ragazzo è stata una grande scoperta perché oltre a essere anagraficamente più giovane di me e quindi più fico è veramente bravo. E’ un piacere lavorare con lui”. Dopo l’avventura di “Centovetrine” sei tornato alla lunga serialità. “Sono convinto che la lunga serialità sia una palestra straordinaria. Quando ero a 'Centovetrine' per un periodo il mio personaggio finì sulla sedia a rotelle. Per 9 mesi girai in queste condizioni e mi arrabbiai moltissimo quando gli scenografi decisero di alzare i tavoli per permettermi di muovermi con più facilità. Mi opposi perché volevo mostrare le difficoltà che poteva incontrare un disabile nella vita di tutti i giorni. E’ una presa di coscienza profonda di quello che viene raccontato”. Ci racconti qualcosa sul tuo personaggio? “Armando Ferraris è il nuovo capo magazziniere. La produzione ha deciso di ripristinare il luogo scenico del magazzino che nella precedente stagione era scomparso. I giovani verranno ad attingere dalla saggezza di questo ex partigiano, comunista convinto, sindacalista. Ha un background importante. Porta
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Annalisa Favetti in una scena di “Pop Black Posta”
Annalisa Favetti La bravissima attrice interpreta Lady D
di Mara Fux
P o p o l a r e v o l t o d e l l a t e l e v i s i o n e e d e l c i n e m a , A n n a l i s a F a v e t t i è p r o t a g o n i s t a a s s o l u t a d i u n a p i e c e t e a t r a l e c h e p r o p o n e l a c o n t r o v e r s a v i c e n d a t e r r e n a d e l l a P r i n c i - p e s s a T r i s t e .
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Come mai la scelta di portare Lady D? “La verità? E’ un’idea che nasce da Pietro De Silva, il quale ogni volta che mi incontrava in qualche sala o a casa di amici comuni, insisteva nel farmi notare la somiglianza con la principessa inglese, ripetendomi 'devi fare uno spettacolo su Lady D' fino a che non mi è venuto spontaneo rispondergli 'tu sei autore, no? Allora scrivimene uno!'. E lui lo ha fatto: la scorsa estate si è presentato con il testo per partecipare a una rassegna di corti teatrali e, visto che lo spettacolo riusciva e l’idea piaceva, lo ha ampliato traendone un copione molto interessante”. Ci hai aggiunto del tuo o ti sei attenuta semplicemente allo scritto? “Ci ho messo parecchio del mio, probabilmente perché vedevo in quello
56 che facevo la nascita vera e propria di un progetto dal taglio quasi cinematografico. Nello spettacolo ho cercato di far venir fuori la linea malinconica che ha permeato tutta la vita di Diana, portando in scena i tormenti interiori della donna Diana. Sono pensieri senza tempo e senza spazio da cui esce la donna buona ma anche i suoi lati oscuri; si dicono cose forti, da cui esce il ritratto di una donna per certi versi anche ambiziosa; di una donna che arriva all’altare cosciente che stava sposando un uomo ben poco innamorato di lei e del quale, probabilmente, non era nemmeno lei troppo innamorata”. Come avete affrontato la stesura di un testo del genere? “Attraverso tanta documentazione, tutto quello che noi diciamo è già stato scritto, analizzato, denunciato dalla stampa inglese; in fase di scrittura ci è stato molto vicino un giornalista della BBC, il quale ha confermato come lei fosse ben decisa a costruirsi un sogno, il sogno di diventare regina. Sapeva bene dove andava. Parliamo di tutto, dei suoi amanti, di come sapesse già da prima del matrimonio della relazione tra Carlo e Camilla. Parliamo anche della sua sofferenza nel sentire Elisabetta sempre molto distaccata; nello spettacolo Pietro me lo fa dire: davanti all’assenza della regina persino all’omaggio resole dalla cittadinanza al St. James Park con migliaia e migliaia di fiaccole, fa dire a Diana, cioè a me, 'Lei non c’era mai!'. Parliamo davvero di tutto, si accenna persino alla possibile paternità di Henry. Ma ripeto: tutto quello che si dice nello spettacolo è stato pubblicato dalla stampa o dai suoi biografi”. C’è qualcosa di questi documenti che ti ha colpito? “Beh ci sono cose che in qualche modo sconvolgono, tipo che essendo moglie di un reale devi garantire comunque una discendenza e quindi devi, come dire, procreare anche quando non ti va. Dai documenti si parla addirittura di un suo ovulo fecondato e impiantato in una infermiera che si è prestata a partorirlo in caso servisse un futuro erede. Una cosa assurda, ma di cui si parla e legge. Insomma cose molto forti che riguardano i reali”. Come ne viene fuori, che idea ti sei fatta? “Che sia stata una donna infelice ma che cosciente della sua posizione l’abbia utilizzata per far qualcosa
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di grande, scelta che ha fatto di lei una gran donna. Nel momento in cui ha preso coscienza di quello che era nelle sue potenzialità, guardando quello che all’epoca avveniva nel mondo, ha capito che qualcuno doveva fare qualcosa e si è detta 'perché non io?' ha preso una posizione importante. Ha smesso di piangere e si è data da fare”. Ti senti somigliante fisicamente a lei? “No, ma siccome molti dicono di si, immagino che una certa somiglianza ci sia. Anche se ammetto che guardando i suoi video, mi riconosco nella sua gestualità e in molti modi di fare, come l’uso di muovere lo sguardo dal basso verso l’alto, tipicità delle persone molto timide. Diciamo che mi sento diversa da lei ma in effetti ci sono aspetti affini”. Cammeo del testo è l’uso che fai dell’acrobatica. Come nasce quest’idea? “Io sono sempre stata molto sportiva, ho fatto nuoto, ginnastica artistica ma fin da bambina ho amato tanto stare a testa in giù facendo verticale, capriole e appendendomi ai cerchi. Da un po’ di anni pratico l’acrobatica che comprende trapezio, cerchi e fasce. Saperlo per Pietro è stato un invito a nozze perché ha sposato pienamente la sua idea di fare di Lady D una sorta di figura fatua, fluttuante nell’aria, vaga come quel passato che riaffiora dopo l’incidente. Lo spettacolo si apre proprio con il corpo di lei scomposto semicoperto dalle lamiere e termina con il suo funerale, ci sono proiezioni, immagini e io interpreto i suoi pensieri facendo uso dell’acrobatica”. Quindi niente scene, costumi, trucco? “La scenografia è molto astratta, ci sono lamiere accartocciate che formano quasi un monte su cui io salgo e mi muovo; il costume richiama qualcosa di ultraterreno ma è al tempo stesso elegante e borghese come era lei. Per quanto riguarda il trucco sfruttiamo al massimo la somiglianza che dicono io abbia, null’altro”. Pensi che avrà lunga vita come spettacolo? “E’ un lavoro unico, un vero cammeo che porteremo il più possibile in giro durante l’estate ma che tornerà in scena la prossima stagione, anche se ancora non so dirti dove”. Sei anche attrice di cinema e di televisione. Progetti imminenti? “Nelle sale c’è 'Dolcemente Complicate' di Angelo Frezza (l'intervista è stata realizzata prima che esplodesse l'emergenza coronavirus ndr) mentre con la tv non ho progetti in corso. In compenso a metà aprile debutto al Teatro Sette in Boeing Boeing di M. Camoletti con Matteo Vacca in un ruolo assolutamente comico, un appuntamento brillante a cui vi invito tutti per trascorrere una spensierata serata di sano divertimento”.
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“Siamo Eternità” Al Fonclea il primo live romano dei FORJAY
di Mara Fux
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T r a g l i a p p l a u s i d e l p u b b l i c o e g l i i n c i t a m e n t i a f f e t t u o s i d e i f a n e d e g l i a m i c i p i ù s t r e t t i , s i è s v o l t o s u l p a l c o s c e n i c o d e l F o n c l e a i l p r i m o l i v e d i “ S i a m o E t e r n i t à ” , n u o v o e p d e i F O R J AY l a r o c k b a n d m a r c h i g i a n a c h e s t a i m p e r v e r s a n d o s u l w e b c o n b r a n i d a l s a p o r e s p e c i a l e s u l l a g r a n b e l l e z z a d e l l a v i t a , r i t a g l i a n d o s i d i g i o r n o i n g i o r n o s e m p r e p i ù a s c o l t a t o r i .
60 “Abbiamo appena spento le 42 candeline da quando nel 1977 ci siamo innamorati di questa splendida cantina di Via Crescenzio e, rimboccateci le maniche, ne abbiamo fatto un pub” ricorda Claude Mage una dei quattro moschettieri che avviarono, non senza azzardo, l’attività di intrattenimento e ristorazione nel cuore del quartiere Prati. “Tra birre ed hamburger il nostro palco è divenuto il fiore all’occhiello del live romano, ospitando band allora esordienti ma oggi conosciutissime ed artisti estroversi e, perché no, geniali.” “Siamo davvero onorati di calcare questo palco” dice con orgoglio Simone Cesaro, front man e vocalist dei FORJAY “il percorso musicale di una piccola band come la nostra è già di per sé articolato e cantare brani come “Per ogni volta” o “L’inventore” che inneggiano alla bellezza della vita e alla riscoperta dei valori, è anomala nell’attuale panorama.” Tanto di cappello quindi al Fonclea che nonostante i 42 anni di intensissima attività, ha ancora la voglia e l’energia di accogliere a braccia aperte gli emergenti.
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Premio Bianca d’Aponte Aperte le iscrizioni per il contest riservato alle cantautrici
S o n o a n c o r a a p e r t e l e i s c r i z i o n i a l - l ’ u n i c o c o n t e s t i n I t a l i a r i s e r v a t o a c a n - t a u t r i c i , s e n z a p r e c l u s i o n i d i g e n e r e s t i l i s t i c o . È i l P r e m i o B i a n c a d ’ A p o n t e d i Av e r s a , d i v e n t a t o o r m a i u n o d e i p i ù i m p o r t a n t i a p p u n t a m e n t i i n I t a l i a p e r l a c a n z o n e d i q u a l i t à .
62 Il bando di concorso è disponibile, insieme alla scheda di iscrizione, su www.premiobiancadaponte.it: la partecipazione è come sempre gratuita. Alla scadenza del bando, fissata al 28 aprile, le finaliste saranno selezionate fra tutte le iscritte da un nutrito Comitato di garanzia, composto da decine di operatori del settore di notevole rilievo. Le finali della 16a edizione sono previste al teatro Cimarosa di Aversa il 23 e 24 ottobre 2020, con la direzione artistica di Ferruccio Spinetti. I primi ospiti, che si alterneranno sul palco alle finaliste, sono già stati confermati. Si tratta di due band di culto della scena musicale italiana, gli ‘A 67 e i Têtes de Bois, mentre il fondamentale ruolo di madrina sarà ricoperto da una artista di grande popolarità come Arisa, che nelle serate di ottobre ad Aversa presiederà la giuria e canterà (e inciderà) un brano di Bianca d’Aponte, la cantautrice a cui la manifestazione è dedicata. A precedere Arisa in questa veste è stata lo scorso anno Tosca e prima ancora altre cantautrici di peso del panorama musicale italiano: Rachele Bastreghi dei Baustelle, Rossana Casale, Ginevra di Marco, Cristina Donà, Irene Grandi, Elena Ledda, Petra Magoni, Andrea Mirò, Simona Molinari, Nada, Mariella Nava, Brunella Selo, Paola Turci, Fausta Vetere. Ma il cuore dell’iniziativa restano le cantautrici finaliste, che oltre ad esibirsi avranno anche l’opportunità di creare - durante il festival - momenti di incontro, di approfondimento e di confronto con discografici, artisti di fama, autori, promoter, giornalisti, addetti ai lavori. Importanti anche i bonus: alla vincitrice del premio assoluto sarà attribuita una borsa di studio di € 1.000, mentre per quella del Premio della critica “Fausto Mesolella” la borsa di studio sarà di € 800. Riconoscimenti della giuria andranno anche alla migliore interpretazione, al miglior testo ed alla migliore musica. Sono poi previsti molti altri premi assegnati da singoli membri della giuria o da enti e associazioni vicine al d’Aponte.
A vincere nel 2019 è stata Cristiana Verardo, mentre il Premio della critica “Fausto Mesolella” è andato a Lamine. Nelle precedenti edizioni il premio assoluto è andato a Veronica Marchi e Germana Grano (ex aequo, 2005), Chiara Morucci (2006), Mama’s Gan (2007), Erica Boschiero (2008), Momo (2009), Laura Campisi (2010), Claudia Angelucci (2011), Charlotte Ferradini (2012), Federica Abbate (2013), Elisa Rossi (2014), Irene Ghiotto (2015), Sighanda (2016), Federica Morrone (2017), Francesca Incudine (2018). Il premio della critica, ribattezzato “Premio Fausto Mesolella” in omaggio allo storico direttore artistico della manifestazione, è stato invece attribuito a Marilena Anzini (2005), Ivana Cecoli (2006), Giorgia Del Mese (2007), Silvia Caracristi (2008), Momo e Giorgia Del Mese (ex aequo, 2009), Paola Rossato (2010), Rebi Rivale (2011), Cassandra Raffaele e Paola Rossato (ex aequo, 2012), Rebi Rivale (2013), Elsa Martin (2014), Helena Hellwig (2015), Agnese Valle (2016), Fede ‘N’ Marlen (2017), Francesca Incudine e Irene Scarpato (2018). Per ulteriori informazioni: 336 694666 – 335 5383937; info@biancadaponte.it - info@premiobiancadaponte.it
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Cristiana Verardo, vincitrice nel 2019 © foto di Gior gio Bulgar elli
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