ARCI POSTIGLIONE
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San Lucido di Aquara Storia, culto e luoghi
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San Lucido di Aquara Storia, culto e luoghi
Presentazione di Mons. ANTONIO DE LUCA Vescovo di Teggiano-Policastro
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PRESENTAZIONE Nel 1871 fu canonizzato San Cono, cittadino e patrono di Diano; nel 1880 fu la volta di San Lucido, cittadino e patrono di Aquara. In entrambi i processi si seguì il medesimo iter, bisognando provare il culto ab immemorabili. Due benedettini, originari di terre comprese nell’arco ampio della diocesi caputaquense, prima Lucido e poi Cono, si segnalarono per una vita trasparente, tutta dedicata a Dio e all’edificazione del prossimo. Il loro culto si pone come eccezione alla frase di Cristo, che a Nazaret, davanti all’incredulità dei compaesani, dovette prendere atto che nemo propheta in patria. San Lucido e San Cono ricevettero invece il culto più forte, e immediatamente dopo la morte, proprio nei loro rispettivi paesi di origine: Aquara fu tutta per Lucido, Diano tutta per Cono, a segno che assai spesso ne ripeterono i nomi al fonte battesimale. Pertanto, il solo nome di Lucido denota quasi con certezza la provenienza da Aquara, il nome di Cono la provenienza dianense. Sia nella canonizzazione del 1871, sia in quella del 1880 il merito principale va riconosciuto alla solerzia di monsignor Domenico Fanelli, secondo vescovo della diocesi di Diano. Egli, durante il soggiorno a Roma in occasione del Concilio Vaticano I, ebbe modo di conoscere un avvocato concistoriale a cui affidò la difesa della causa per il riconoscimento del culto ab immemorabili di San Cono. Postulatore invece fu il canonico penitenziere Alessandro Gallo, originario di Diano. Ho avuto modo di esporre queste notizie ad avvio di un recente volume di Arturo Didier sui mille anni della storia di San Cono. Ora, nel presente libro, ritrovo il medesimo canonico Gallo ancora nell’ufficio di postulatore nella causa di San Lucido. È evidente che la riuscita e l’esperienza acquisita nel riconoscimento del 1871 abbiano spianato la strada anche alla canonizzazione del 1880. Son particolari, questi, che possono riuscire utili; certo appagano la curiosità di chi ama i collegamenti. Ed ecco questo libro a cui con piacere diamo il benvenuto. Su San Lucido nel corso del Novecento erano state pur stampate alcune cose, soprattutto in loco; ma, se non erro, si trattava di scritti offerti in massima parte alla fede e alla conoscenza dei fedeli, e, come tali, non rispondevano sempre ai criteri della scientificità. Non così questo libro. Naturalmente, esso si rivolge anche ai fedeli, ma vuole accontentare anzitutto le più esigenti domande degli studiosi, dei cultori di storia e dei lettori esigenti. Donde l’impostazione scientifica, con note e documenti. Un libro esauriente, composto da cinque saggi saldi e compatti. Il primo è di Generoso Conforti sull’agiografia di padre Cirillo Caterino; Amato Grisi mette in rilievo aspetti della vita monacale del Santo; Marcello Maresca ha ricostruito il processo per il culto ed i riti in onore del patrono di Aquara; Rosa Carafa discorre sul primo busto reliquario del XV secolo; infine, Antonio Capano ci presenta i luoghi di San Lucido. Questo libro servirà a far conoscere meglio e più ampiamente la figura e il culto
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di San Lucido. Ai cittadini di Aquara servirà per chiarire e precisare le notizie che già posseggono; ma il libro è tale da potersi diffondere ben oltre i confini di Aquara e render nota la ricchezza di fede e di storia che in questo paese si conserva. Ritengo inoltre che possa stimolare altre ricerche, stuzzicando la curiosità di approfondire o proseguire qualche linea. Perché inesauste sono le vie della ricerca; anzi, quanto più si avanza tanto più si aprono nuove prospettive d’indagine. Questo libro, beninteso, farà bene anche alla fede dei devoti di San Lucido. Giacché la ragione nulla toglie alla fede, né la fede alla ragione: anzi, esse si aiutano e si arricchiscono a vicenda. Memorabile la frase di Chesterton: «Quando entro in chiesa, mi tolgo il cappello, non la testa». Letto questo volume, i devoti di San Lucido gli vorranno ancor più bene, poiché ne conosceranno meglio i lineamenti. E avranno ulteriore conferma che la sua santità non è frutto di leggende o di illusioni fantastiche, ma ha camminato sul terreno della storia. Non solo: così procedendo, potranno passare dal ruscello alla sorgente, cioè considerare quel versetto giovanneo, la cui meditazione si perde nell’infinito: Et Verbum caro factum est. Antonio de luca Vescovo di Teggiano-Policastro
PRESENTAZIONE Per gli Aquaresi il culto di S. Lucido era cominciato con la sua morte (1038) e solo dopo nove secoli, dietro istanza del Vescovo di Teggiano Mons. Domenico Fanelli, il Papa Leone XIII con decreto della Sacra Congregazione dei riti dell'8 gennaio 1880 riconosceva il culto prestato a San Lucido. Questo libro nasce su iniziativa della BCC di Aquara che ha recuperato presso gli Archivi Segreti Vaticani gli Atti del Processo (Processus 4068) per il riconoscimento e approvazione del culto "ab immemorabilis tempore" in onore del Servo di Dio Lucido di Aquara. Tutti gli Atti sono stati trascritti (copia del testo originario sono consultabili presso la sede della Banca) e sono presenti nel saggio di Marcello Maresca che insieme ai Saggi di G. Conforti, Amato Grisi, Rosa Carafa e Antonio Capano, completano questo volume e inquadrano storicamente la figura e il culto di San Lucido. Il processo si compone di dodici sessioni. La prima si apre il giorno 11 settembre 1875 e l'ultima si tiene il 18 novembre 1876 come si legge nel saggio di M. Maresca. Negli Atti sono presenti delle testimonianze di cittadini aquaresi legate alla figura e al culto di San Lucido: «Ho inteso dire che nel diruto convento di S. Pietro a noi vicino era un antico altare dedicato a S. Lucido, ove si celebrava, ed i nostri maggiori si andavano a raccomandare a detto Santo. È certo poi che nella nostra Chiesa Parrocchiale esiste la cappella di S. Lucido di antica costruzione, la quale è stata visitata da tanti vescovi, vi si è celebrato, vi si celebra e vi si prega.»… «Il nostro popolo a nessuno santo vuole tanto bene quanto ne vuole a S. Lucido, paesano e protettore nostro, e ne è stato divoto da tanti secoli, da che morì, perché faceva ed ha fatto tante grazie, e miracoli, per ragione de’ quali i nostri antenati, e noi gli siamo stati sempre senza interruzione divoti, e lo siamo attualmente con molti fedeli dei paesi vicini e lontani, come di Magliano, di Bellosguardo, di Roscigno, di Filitto e di molti altri, i naturali dei quali vengono alla festività del nostro santo, ed anche in altri giorni a ringraziarlo dei benefici ottenuti a sua intercessione e a pregarlo per grazie che sperano.» Queste testimonianze sono la sintesi di come gli aquaresi nel 1875 percepivano e sentivano la figura del monaco benedettino. La devozione popolare, trasmessa anche oralmente, fa parte del vissuto quotidiano della comunità aquarese, ne accompagna le scelte e mantiene vivo il ricordo dei luoghi aquaresi di San Lucido. Ancora oggi, le nostre feste processionali a San Lucido e alla Madonna ripercorrono questi stessi luoghi per manifestare la fede di un popolo che è rimasta intatta per secoli, sempre più radicata sul nostro territorio in luoghi carichi di sacralità e storia. Tutto questo per evidenziare il profondo legame che esiste tra la devozione degli aquaresi a San Lucido e il nostro mondo rurale. Da questo stesso mondo rurale il 26 gennaio del 1924 è nata la "Cassa Agraria di Prestito" e nel 1977
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è nata la Cassa Rurale ed Artigiana, oggi Banca di Credito Cooperativo, ma sempre Banca del territorio e sempre piÚ radicata sul territorio che va avanti e cresce senza dimenticare le origini. Un ringraziamento al nostro vescovo Mons. Antonio De Luca e agli autori per il certosino lavoro. Banca di Credito Cooperativo di Aquara
INTRODUZIONE Lo studio, che viene pubblicato grazie alla sensibilizzazione della Banca di Credito Cooperativo di Aquara, vuole essere un nuovo tributo in onore di San Lucido di Aquara. Probabilmente, riveste un’importanza particolare, perché in esso è contenuto il testo, fin ora inedito, del processo sul riconoscimento definitivo del culto in onore di San Lucido, presentatoci da Marcello Maresca (“Processo per il culto in onore di San Lucido”). Dagli atti si rileva che tale culto era praticato da tempo immemorabile, attestato anche dalle numerose offerte votive costituite soprattutto da ceri, risalenti addirittura ai primi anni dopo il Mille. A più riprese varie testimonianze confermano la vetustà di questo culto, che non cessa nemmeno oggi di radunare, intorno alla figura di S. Lucido, numerosi devoti. Generoso Conforti ripropone l’agiografia di Padre Cirillo Caterino, “San Lucido di Aquara - Storia e leggenda”, sempre attuale e ricca di informazioni, raccolte durante la presenza del Padre Cirillo ad Aquara per le predicazioni quaresimali, dalle quali, probabilmente, il frate trasse spunto per un testo da offrire ai fedeli di Aquara in segno di devozione, unitamente ad un dramma sacro in tre atti, “Vita di San Lucido di Aquara”, che ugualmente si ristampa. Nel saggio di Amato Grisi, “San Lucido, precursore e fondatore”, sono stati sottolineati due momenti essenziali della vita monacale del Santo. Egli fu un grande asceta, come testimonia la lunga permanenza nella grotta metelliana di Cava, e un uomo coraggioso e deciso, come quando, non accettando l’ingerenza del potere laico nell’elezione di un abate di Montecassino, lasciò quel monastero e, rimanendo fedele all’Ordine Benedettino, ne fondò un altro ad Albaneta, ove poi visse il resto della sua vita. Una particolareggiata analisi del primo busto reliquario del Santo e le sue controverse vicende storiche, artistiche e di conservazione, evidenziatesi con il recente restauro, ci viene presentata da Rosa Carafa, funzionario storico dell’arte della sezione territoriale Alburni della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Salerno ed Avellino, “Il Santo degli Alburni: San Lucido di Aquara ed un busto reliquiario del XV secolo”. Completa l’opera, un interessante contributo di Antonio Capano, dedicato ai luoghi legati alla figura di S. Lucido, “I luoghi di San Lucido”. Suddiviso in epoche, si parla in esso della valle Metelliana, dove Lucido dimorò, l’oratorio di Santa Maria del Piano ad Aquara, il monastero di Albaneta, fondato da San Lucido, il monastero di San Pietro sempre ad Aquara, dove il Nostro venne accolto dai frati bendettini. Altri luoghi menzionati sono: la Grancia di San Lucido, nel territorio di Magliano, oggi nel comune di Stio, ove era presente un cenobio ed una Chiesa in onore del Santo. Merita una menzione particolare il paese di San Lucido, in provincia di Cosenza, dove, secondo la tradizione, San Lucido fondò il cenobio di S. Maria di Persano e risulta ancora viva la memoria del monaco benedettino Lucido. A conclusione, una rassegna fotografia delle feste, delle tradizioni e dei luoghi di San Lucido, curata da Luciano Capozzoli.
SAN LUCIDO DI AQUARA STORIA E LEGGENDA DI PADRE CIRILLO CATERINO Generoso Conforti Sono pochi i paesi che possono vantarsi di aver dato i natali ad un testimone della Chiesa. Aquara è tra questi, giacché nel cerchio delle sue modeste mura vide la luce, sul calare del X secolo, Lucidus o Lucius o Liutius, il nostro S. Lucido. La suddetta Terra, nell’alto Medioevo, fu un centro religioso di non poca importanza. Nel proprio territorio, a breve distanza dal nucleo abitato, in contrada S. Pietro, fiorì un Monastero benedettino, alle dirette dipendenze di Montecassino. Qui Albino della Croce e Sabina Nicodemo, genitori di Lucido, accompagnarono il loro figlio, appena quindicenne, che aveva scelto di consacrarsi alla vita religiosa. In quell’austero edificio, a un tiro di schioppo da casa sua, il novello benedettino maturò gli anni e la formazione religiosa. Non fu mai Sacerdote ma rimase per tutta la vita Converso. Ben presto lasciò il luogo natio e si recò alla Casa Madre di Montecassino. Dopo alcuni anni tornò verso il sud ma si fermò suoi monti di Cava de’ Tirreni, dove, in compagnia di S. Alferio, il fondatore di quell’illustre Abbazia, trascorse alcuni anni in santità. Pare che a questo soggiorno metelliano vi sia giunto al ritorno da un viaggio in Terra Santa. Ad età matura, a pochissima distanza da Montecassino, presso un’antica chiesetta fondò il Monastero di S. Maria di Albaneta1, ove morì il 5 o il 6 dicembre dopo il 1038. La monografia, che viene ristampata così come fu edita ad Aversa nel 1922, è dovuta alla penna di Cirillo Caterino2. È un notevole contributo non solo alla vera conoscenza dei fatti del Santo ma ad un modo diverso di fare agiografia. Non più favole su favole, miracoli su miracoli, ma inquadramento storico il più attendibile che si possa, quando si 1 A Lui si deve anche la fondazione, in una radura tra S. Pietro ed Aquara, della chiesetta, che dedicò a “Maria Santissima del Piano”. 2 Cirillo Caterino, francescano dei Frati Minori Osservanti, nacque a S. Cipriano d’Aversa (CE) nel 1878 e fu un valente lettore, oratore, conferenziere, pubblicista e storico. Morì nel 1934 nel suo paese nativo. Fondò due riviste: Il Taumaturgo di Padova, organo del santuario di S. Antonio d’Afragola (NA), e La Celeste Regina delle Vittorie, periodico del santuario di S. Maria a Parete di Liveri (NA). Diede alle stampe diverse opere storiche, tra le quali segnaliamo: La Congiura di Frate Angelo Peluso (1832) nella Storia del Risorgimento Italiano (Napoli 1925), S. Francesco d’Assisi a Maddaloni. Il Convento e la Chiesa di S. Antonio (Napoli 1926), Storia della Minoritica Provincia Napoletana di S. Pietro ad Aram (3 voll., Napoli 1926-1927). È ricordato, in particolare, come oratore sacro, la cui “eloquenza originale e straripante tenne avvinte le folle”. E, forse, proprio per questo che si trovò più volte a predicare ad Aquara in occasione della Quaresima o di Feste Patronali. Cfr. M. Bossone, P. Cirillo Caterino - Profili biografici, Napoli 1949; Per un busto al dottor P. Cirillo Caterino - Omaggio, Aversa 1943; G. D’Andrea, I Frati Minori Napoletani nel loro sviluppo storico, Napoli 1967, pp. 475-476.
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narrano gesta e fatti di vita, avvenuti tanti secoli fa. Nell’ampia introduzione l’Autore mostra tutta la sua competenza, derivatagli da buoni studi storici, e vuole illuminare il lettore, affinché sia facilmente comprensibile il racconto, che farà sulla vita di Lucido, rapportata ai tempi, in cui visse. È sottolineata non solo la presenza attiva dei Benedettini nella società ma l’importanza, che essi ebbero nel progresso del sapere e della religiosità di tutto il popolo. Non sono trascurati gli avvenimenti politici, che diedero un nuovo corso al secolo, che iniziava. La vita del Santo di Aquara viene, dunque, narrata “spogliata dalle poetiche esagerazioni della leggenda e rimessa in una cornice severamente storica”. Quei pochi documenti disponibili sono scrupolosamente esaminati e citati volta per volta, per cui questo volumetto non è il solito trattatelo agiografico e può essere annoverato in una nuova maniera di scrivere le vite dei Santi: non solo più come un mezzo per edificare l’animo degli adolescenti e fortificare nella fede quello degli adulti, ma per soddisfare, sia pure in minima parte, l’esigenza dello storico. Padre Caterino è, perciò, meritevole di considerazione e lode, perché, con i pochissimi mezzi della scarsa documentazione, ha scritto un volume che sta bene anche tra i libri di storia. Ha avuto modo di leggere tutto quanto era disponibile tra le opere agiografiche su S. Lucido3. Il volume fu scritto su sollecitazione del parroco don Giovanni Andreola, al quale il libro è dedicato: “A Giovanni Andreola Arciprete di Aquara queste pagine che attinsero ispirazione dal suo infaticabile zelo per la gloria di S. Lucido”. L’Andreola, nato ad Aquara il 12 ottobre 1879 ed ivi deceduto il 13 settembre 1935, fu parroco eccezionale per la chiesa di Aquara, così come lo stesso Caterino ricorda: “L’attuale arciprete Giovanni Andreola nulla ha tralasciato per accrescere il culto di S. Lucido e per diffonderne la gloria in mezzo al suo popolo. Con gravi sacrifici personali egli ha restaurata tutta la chiesa parrocchiale, l’ha arricchita di sacri arredi e di nuove statue”. La fatica di Padre Caterino si articola in sette capitoli con una Introduzione e una Appendice, ove sono riportati diversi rari documenti, l’Ufficio divino4 e la Novena del Santo. Il Caterino ricorda le seguenti pubblicazioni su S. Lucido: Abate De Stefano, Vita di S. Lucido, opera manoscritta conservata nell’Archivio comunale di Aquara non più esistente (probabilmente si tratta di Lucido Di Stefano, autore dei tre libri Della Valle di Fasanella nella Lucania, manoscritti del 1781-83, pubblicati dal Centro “Alburnus” nel 1994-97; cfr. vol. II, p. 113); Sac. Lucido Martino, S. Lucido cittadino e protettore di Aquara, anche questo era un manoscritto, che si conservava nell’Archivio della Parrocchia; Ernesto Marchione, Brevi cenni sulla vita di S. Lucido cittadino e protettore di Aquara. Questo componimento, insieme ad una Novena e ad un dramma sacro settecentesco - scritto da un anonimo frate nel 1779, dal titolo La santità posta al cimento, ossia il trionfo di S. Lucido converso benedettino di Aquara -, fu stampato a Salerno per i Tipi del Commercio nel 1901. Il dramma è un’opera tutta intrisa di leggende e anche il suo valore letterario è di poco conto. 4 L’Officio fu pubblicato a Napoli nel 1890 dall’arciprete Mariano Serrelli col titolo Officium Sancti Lucidi Sacra Rituum Congregatione approbatum. 3
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Nell’Introduzione si fa una rapida panoramica storica dei secoli X e XI, nella quale pone al centro degli avvenimenti il fattore religioso e l’opera civilizzatrice dell’Ordine benedettino5. Esalta, quindi, le figure e gli operati di vari Santi. Va ricordato a questo punto, come quasi nello stesso periodo storico, un altro Santo, S. Cono, nel limitrofo Vallo di Diano, impreziosisce la Diocesi di Teggiano, del cui capoluogo è protettore, formando con S. Lucido una coppia di fari, che da secoli illuminano i fedeli nella fede e li proteggono dalle insidie, regalando loro molto spesso preziosi miracoli. Nel primo capitolo l’Autore descrive gli anni giovanili di S. Lucido, dopo aver dato una panoramica geografica alla valle del Calore. Pochi sono i cenni sull’educazione e sulla famiglia e la ragione è data dalla scarsa documentazione, per cui il racconto, pur cercando di distinguere la favola dalla verità storica, tenta ardite argomentazioni in cerca di una approssimazione la più verosimile possibile. Prettamente agiografica è la narrazione della vocazione, nonché dell’iniziazione monacale di Lucido nel Monastero di S. Pietro di Aquara. Nel secondo capitolo si continua a parlare della formazione spirituale del Santo nel suo peregrinare da Aquara a S. Magno di Fondi e Montecassino. Formazione che si completa e vivifica col viaggio in Terra Santa, di cui si è fatto cenno. Nel quarto è trattata la vita claustrale a Metellianum, vale a dire nell’Abbazia di Cava. La sua fama di Saggio e di Santo aleggia per la valle e giunse fino a Salerno, dimora del principe Guaimaro III, che volle conoscerlo, e che spesso gli chiedeva consigli, sempre molto apprezzati. Nel successivo capitolo si narra del ritorno di Lucido a Montecassino, del suo ritiro nella valle dell’Albaneta, ove accanto ad una antica chiesetta dedicata a S. Maria dell’Albaneta, costruì un modesto cenobio, e quivi visse fino a quando non lo colse la morte. Nel capitolo quinto si analizza la leggenda intorno agli ultimi anni e alla morte nella valle del Calore e si ribadisce la storicità di quella avvenuta nel monastero dell’Albaneta. Nel successivo si fa un po’ di cronistoria delle reliquie, che giacquero in quel sacro edificio fino al 1498, anno in cui furono traslate ad Aquara. A quanto sembra ciò avvenne il 28 di luglio, giorno in cui ancora oggi è festa solenne in paese. Nell’ultimo capitolo si tratta del culto del Santo, del cui inizio non se ne tiene Tra gli Autori più frequentemente consultati il Caterino ricorda: la Chronica Casinensis di Leone Ostiense (XI secolo); il Chronicon Salernitanum (974-978); il Chronicon Cavense di Francesco Maria Pratilli (1753); gli Annali critico-diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età di Alessandro Di Meo (Napoli 1795-1810); Rerum Italicarum Scriptores di Lodovico Antonio Muratori (Milano 1723-1751); la Storia della Cava distinta in tre epoche di Alfonso Adinolfi (Salerno 1846); il Codex Diplomaticus Cavensis; Acta Sanctorum (Venezia 1733-1740) e Annales Ordini S. Benedicti di Johannis Mabillon (1739); Historia Abbatiae Cassinensis di Erasmo Gattola (Venezia 1733); Essai historique sur l’Abbaye de Cava di Paul Guillaume (Cava de’ Tirreni 1877); ed altri. 5
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memoria: Aquara lo proclamò patrono nel lontano 1634, ma solo nel 1880 la chiesa cattolica riconobbe il culto e assegnò definitivamente a S. Lucido l’aureola di Santo. Le sue reliquie hanno subito varie peripezie nel corso dei secoli. Nel 1649 furono custodite in una statua d’argento. Questa, però, fu trafugata da sacrileghi ladri il 23 marzo del 1895. Alcuni mesi dopo, solo le reliquie furono rinvenute in una casa di campagna. Per questo miracoloso evento il popolo di Aquara volle far cesellare una nuova statua argentea. Il 28 febbraio 1975, anche questa fu rubata ma gli Aquaresi non si persero d’animo e, in quello stesso anno, ne fecero rifare una terza. Il Caterino - è doveroso, infine, ricordare - scrisse anche un dramma in tre atti dal titolo Vita di S. Lucido di Aquara, pubblicato sempre ad Aversa nel 1922, seguendo così la moda del tempo, che era quella di dare all’agiografia ordinaria una forma letteraria di grande effetto sull’animo popolare.
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SOMMARIO - INDICE Introduzione S. Lucido tra i secoli X e XI - L’Alba del Mille - Il rinascimento della civiltà cristiana e l’Ordine benedettino - I centri del rinascimento - Figure di dotti e di santi - S. Lucido - Storia e leggenda - La leggenda nella Valle del Calore - Documenti storici e loro attendibilità - Scopo di queste pagine. I I primi anni Le origini e i primi anni di Lucido - Unica fonte: la leggenda - La famiglia del Santo. La sua educazione - Nel monastero di S. pietro del Calore - Preghiera e lavoro - Leggende fiorite intorno a Lucido in questo periodo della sua vita - Il fondo storico. II Vita claustrale Da S. Pietro a S. Magno di Fondi - Attendibilità della dimora di S. Lucido nel monastero di S. Magno con Mansone - A Montecassino - Morte dell’Abate Aligerno (986) ed elezione di Mansone - Figura secolaresca di questo Abate - Protesta di 8 monaci e loro partenza da Montecassino - Lucido è fra i partenti - Governo di Mansone, sua disgrazia e sua morte violenta - Viaggio di Lucido in Terra Santa. III Ritiro di Metelliano Ritorno di Lucido in Italia (988) e suo ritiro a Metellianum - I suoi compagni di solitudine - Cronologia della dimora a Metellianum (988-1009) - Sua santità e sua celebrità - Diviene consigliere e padre spirituale del principe di Salerno Guaimaro III - Sue frequenti visite nella Valle del Calore - Cenno sulla Badia di Cava. IV Fondazione di S. Maria dall’Albaneta Ritorno di Lucido a Montecassino (1009) - Suo ritiro nella Valle dell’Albaneta Leggenda di S. Maria dell’Albaneta - Rivisita Guaimaro III a Salerno - Un cenno storico del ritiro dell’Albaneta. V Ultimi anni e morte di S. Lucido La leggenda della Valle del Calore intorno agli ultimi anni e alla morte di S. Lucido - La verità storica - S. Lucido visse e morì nel monastero dell’Albaneta - Anno della sua morte.
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VI resti mortali di S. Lucido Le reliquie del Santo - La traslazione al Aquara nel 1498 - Ipotesi d’una prima traslazione dall’Albaneta a S. Pietro del Calore - Vicende di queste reliquie fino ad oggi. VII Culto di S. Lucido Culto ab immemorabili di S. Lucido, riconosciuto dalla Santa Sede (1880) - Tradizioni nell’Ordine benedettino, nella Valle del Calore e in Calabria - Tabelle votive - Documenti - Aquara proclama S. Lucido suo Patrono nel 1634 - L’officio proprio e la messa, approvati dalla Santa Sede (1890) - Festa annuale del 28 luglio - Conclusione. Appendice Documenti del culto - L’Officium divinum - La novena del Santo. *** Introduzione Il monaco benedettino Lucido visse a cavaliere di due secoli, il X e l’XI, e va annoverato tra le più fulgide figure che con la santità e l’attività della vita concorsero al magnifico rinascimento della civiltà cristiana dopo la profonda notte dell’alto medio-evo. É noto come tra le leggende più universalmente accettate v’è quella intorno all’aspettazione della fine del mondo col compiersi del primo millennio dell’era cristiana. Famosi scrittori, senza produrre un solo documento coevo che valesse a giustificarne l’autenticità, hanno fatto a gara nel dipingere il quadro toccante e suggestivo delle ansie, delle trepidazioni, del terrore, del pianto disperato, delle volontarie rinunzie e passive acquiescenze di quella avvilita gente occidentale che, nell’ultimo scorcio del così detto tenebroso secolo X, attendeva il tristissimo e doloroso epilogo della morte universale col conseguente tragico dramma del giudizio finale. Sono note all’uopo le splendide pagine del Sismondi, del Michelet, del Quinet, del Ferrari, e fa ormai parte d’ogni accreditata antologia la magnifica prosa del Carducci che nei suoi discorsi Dello svolgimento della letteratura nazionale descrive, da poeta più che da storico, la trepid’alba, inaspettatamente fulgida e luminosa, del Mille. In buona pace di tanti illustri scrittori questo quadro di spavento e di terrore non ha ombra di fondamento storico e la critica lo ha già relegato tra le più poetiche leggende medievali. In questa fantasiosa e terrorizzante leggenda un sola verità emerge sicura: la rinascita, il risveglio del genio occidentale che seppe creare, dopo il Mille, uno dei più meravigliosi ed imperituri movimenti intellettuali e morali che noti mai la storia. Questo risveglio di vita morale ed intellettuale non fu del resto un salto mortale nel buio e non sorse con l’alba del Mille come per improvviso miracolo: la nuova civiltà
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latina non ha soluzione di continuità con l’antica, né è un passaggio di punto in bianco dalle tenebre alla luce. Il secolo X, cioè il secolo di Gerberto, non è solamente una notte di barbarie e di anarchia morale e sociale, ma di fronte ai secoli che lo precedettero, è una vera marcia verso tempi migliori per lo spirito umano. I germi gettati in questo secolo spuntarono e vigoreggiarono dopo il Mille e produssero il felice rinascimento della scienza cristiana. Ben lungi dall’offrirsi squallido e tetro, straziato - scriveva Francesco Novati6 - fin dai suoi inizi da penose sofferenze materiali, pestilenze, carestie, strazi, invasioni, acuite ancora da inesprimibili torture morali, il secolo undecimo s’annunzia allo studioso spassionato, quale un’epoca di grande, di feconda attività, in cui spuntano dal suolo e si sviluppano i germi nuovi che il Novecento v’aveva gettati. Le nazioni prendono stabile assetto, si sviluppano i loro caratteri etnici, si affermano i loro linguaggi, risorge l’agricoltura, il commercio s’intensifica, la popolazione aumenta, ferve da per tutto il lavoro, una nuova arte e un nuovo pensiero fioriscono in Europa, matura la libertà dei comuni in Italia, il papato supera una delle sue crisi morali più pericolose ed inizia un’attiva, feconda, colossale opera di riforma cristiana. L’Italia nostra fu in questo secolo - come sempre - faro di luce e di civiltà al mondo, come ne fanno fede documenti e scrittori coevi7. La lotta fra l’impero e la Chiesa nel secolo XI fu feconda di tragici episodi, di benefiche riforme morali, e d’un indiscutibile ed universale risveglio intellettuale. Il segnale della guerra veniva dato dal papato per il santo e nobile ideale di liberare la Chiesa dalle tiranniche ingerenze dell’imperatore teutonico, di affrancare dal potere secolare il clero e sottoporlo ai suoi legittimi pastori, di curare le cancrenose piaghe della simonia e del concubinato per ottenere una benefica e feconda riforma del popolo cristiano. Dopo i primi poco fortunati tentativi di Benedetto VIII e Clemente II, l’opera santa veniva definitivamente inaugurata da Leone IX col quale, secondo la scultorea frase di Desiderio, Abate di Montecassino, «una nuova luce sembrò sorgere nel mondo». Iddio mandò in questo periodo uomini che da una vita irreprensibile univano uno zelo, una energia di volere ed una destrezza negli affari piuttosto unica che rara: sovra tutti giganteggia il monaco Ildebrando che è passato alla storia col nome glorioso di Gregorio VII. Questa imponete opera di rinascimento intellettuale e di riforma morale e religiosa è dovuta in massima parte, in tutto il mondo occidentale, ai monaci di S. Benedetto. Quando, dopo la caduta dell’impero romano occidentale i barbari invasori distruggevano, depredavano, mettevano a ferro e fuoco tutti i monumenti dell’antica civiltà e le tenebre scendevano come un lenzuolo funereo ad avvolgere l’Europa caduta negli orrori Storia letteraria d’Italia scritta da una società di Professori. F. Novati: Le origini c. VI pag. 288. Ed. Vallardi, Milano. 7 Cfr. Wippone: Tetralogus in Mon. Germ. Hist. SS. XI; Geisebrecht: De literarum studiis apud italos; Savioli: La istruzione pubblica in Italia nei secoli VIII, IX e X; Ozanam: Le scuole e l’istruzione in Italia nel medio-evo; ecc. 6
San Lucido di Aquara - Storia e leggenda di Padre Cirillo Caterino
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dell’anarchia, sorgevano come fari di luce le badie e i monasteri del patriarca di Norcia e salvavano dal naufragio gl’inestimabili tesori dell’antico sapere ed ammansivano i barbari vincitori e li riconciliavano, nel nome di Cristo, coi vinti latini. Per circa sei secoli essi lavorarono indefessamente a quest’opera di salvataggio civile, da cui uscì il rinascimento del Mille, e in questi sei secoli si ergono, giganti del sapere o della santità, nella storia, dopo S. Benedetto, Gregorio Magno, Beda il Venerabile, Colombano, Bonifacio di Magonza, Alcuino, Rabano Mauro, Gerberto ed altri innumerevoli i cui nomi illustri, o ignorati dovrebbero essere segnati nell’albo d’oro dei benemeriti della civiltà umana8. I Benedettini prepararono il rinascimento del Mille ed essi ne furono i maggiori e più insigni rappresentanti fino a quando, nel secolo XIII, condivisero il primato del sapere e della santità coi figli di S. Francesco e di S. Domenico. Grandi figure di santi e di dotti si levano dall’aurora del secolo XI e nuovi monasteri sorgono in Italia e fuori come attivi centri di studio e di vita morale. Proseguono ad illuminare il mondo le badie di Montecassino, S. Gallo, Fulda, Corbia, Novalesa, Nonandola, Pomposa, Bobbio e sorgono in quest’epoca, fari di luce e di santità, quelle di Montevergine, Bec, Cluny, e Cava. Odilone, Guglielmo di Vercelli, Romualdo, Alferio, Pier Damiano ed altri numerosi eroi della virtù edificarono il mondo con la loro vita santa; Gregorio VII, Niccolo II, Alessandro II, Vittore III ed altri papi benedettini, coadiuvati potentemente dai loro confratelli, iniziarono e portarono a termine la riforma della Chiesa; gli oscuri copisti, i precettori di grammatica e di scienza, i grandi maestri delle fiorenti scuole interne ed esterne dei monasteri creavano la Scolastica e sistemavano la sapienza cristiana. Lanfranco di Pavia, Anselmo d’Aosta, Pietro Abelardo, Graziano davano un nuovo indirizzo alla filosofia, alla teologia, al diritto: dalle badie benedettine partiva la nuova parola del rinnovato pensiero cristiano. Lucido di Aquara va collocato in questo luminoso sfondo del Mille e la sua figura di asceta, anche spogliata dalle poetiche esagerazioni della leggenda e rimessa in una cornice severamente storica, va collocata a fianco ai più eminenti fattori del rinascimento cristiano dell’epoca. I documenti strettamente storici della sua vita non sono abbondanti, ma sono sufficienti a farne risaltare la bella fisionomia e la potente originalità. I pochi tratti della sua vita tramandatici dai cronisti contemporanei sono come quelle geniali pennellate con cui Michelangelo Buonarroti abbozzava le sue figure tutte muscoli e nervi. La leggenda - come sempre avviene delle figure storiche, forti ed originali - fiorita esuberante intorno a lui, specialmente nella sua nativa Valle del Calore, dove egli da secoli, dalla sua morte preziosa, riscuote il più fervido culto religioso e dove sono tuttora vive e palpitanti le tradizioni delle sue gesta gloriose. Queste leggende hanno senza alcun dubbio un fondo storico e completano mirabilmente i documenti della sua vita, necessariamente monchi ed incompleti. I documenti noi citeremo scrupolosamente volta per volta; le leggende l’esporremo come restano vive in mezzo al popolo e come
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Cfr. Montalembert: Hist, des moines en Occident, volume 7. 1860-1877.
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sono state raccolte e narrate da molti agiografi9 e consacrate nelle lezioni liturgiche approvate dalla S. Congregazione dei Riti. Il Mabillon, il Gattola, il Durac, il Buccellini, l’Abate Tosti, il Guillaume ed altri storici dell’Ordine benedettino ripetono su per giù le poche notizie tramandateci da Leone Ostiense, Pietro Diacono, l’Annalista Salernitano, dal Cronista Cavense e da alcuni documenti diplomatici dell’Archivio della Badia di Cava e di quello di Montecassino, che solo indirettamente si riferiscono al nostro Lucido. Gli Atti del rinascimento del culto ab immemorabili del nostro Santo utilizzano non solo i suddetti documenti, ma anche altri che riguardano il culto stesso e sono stati ricavati dall’archivio di Aquara e da quello vescovile di Capaccio. In quanto al valore storico dei documenti ecco quanto crediamo di avvertire, appoggiandoci sugli ultimi risultati della critica. Si può prestare sicura fede a Leone Ostiense che narra la fuoruscita di S. Lucido da Montecassino, il suo viaggio in Terra Santa, il suo ritiro alla Grotta di Metelliano, la fondazione del monastero di Albaneta e le circostanze della sua morte10. Pietro Diacono non sempre è esatto nel riferire le tradizioni dell’Ordine Benedettino e nell’utilizzare i cronisti precedenti; ma per quanto riflette S. Lucido egli sostanzialmente si attiene alla narrazione di Leone Ostiense11. Per ciò che riflette l’Annalista Salernitano, la sana critica non può tener conto della sua cronaca, anche per il modo strano col quale sarebbe giunta fino a noi. Essa - com’è noto - sarebbe stata scritta nel monastero di S. Benedetto di Salerno e va dal 794, anno della fondazione del monastero, al 1085. Fabio Vecchioni avrebbe trovato questa cronaca tra i manoscritti del Pellegrini e nel 1652 l’avrebbe da essi trascritta. I manoscritti del Pellegrini andarono, poi, distrutti da un incendio e quindi non ci è stato modo per i 9 Notiamo i principali agiografi di S. Lucido, che hanno scritto senza nessuna pretesa critica: l’Abate De Stefano: Vita di S. Lucido (manoscritto che si conservava nell’archivio comunale di Aquara); Sac. Lucido Martino: S. Lucido cittadino e protettore di Aquara (manoscritto conservato nell’archivio parrocchiale di Aquara); Ernesto Marchione: Brevi cenni sulla vita di S. Lucido cittadino e protettore di Aquara. Questi cenni sono pubblicati in un sol volume (Salerno, Tip. del Commercio, 1901), insieme ad un dramma sacro e una novena del Santo. Il dramma in 5 atti è intitolato: La Santità posta al cimento, ossia il trionfo di S. Lucido converso benedettino di Aquara. Il dramma fu scritto da un frate anonimo e pubblicato nel 1779 in Napoli (Tip. Dom. Roselli); il Marchione - come dichiara nella prefazione - ne ha curato la ristampa, apportandovi qualche lieve ritocco. Nel dramma sono ripetute tutte le leggende che andremo esponendo nel corso di questa narrazione e - come si costumava nel sec. XVIII - vi è introdotto un servo Napoletano, come personaggio comico. 10 La cronaca di Leone Marsicano, detto Ostiense perché vescovo cardinale di Ostia, è stata pubblicata col titolo di Chronica Casinensis dal Pertz nei Mon. Germ. Hist. SS. VII. 360 e seg. É questa l’edizione più corretta che noi citeremo nel corso del nostro lavoro. Un’altra edizione da noi consultata è quella fatta dall’Abate Angelo De Noce a Parigi nel 1668: Chronaca Sacri Monasterii Casinensis auctore Leone Card. episcopo Ostiensi, continuatore Petro Diacono eiusdem cenobii monachis - Edito ab ab. D. Angelo De Noce - Lutetiae Parisiorum 1668. 11 Cfr. di Pietro Diacono la sua opera: De ortu et vita Iust. Cass. c. 30, in Muratori: RR. It. SS.
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critici di controllare l’esattezza delle affermazioni del Vecchioni. Il Patrilli pubblicò la copia del Vecchioni del 1753 col titolo di Chronicon Cavense, perché l’originale sarebbe stato trovato dal Pellegrini nell’archivio della Badia di Cava12. Il De Meo fu il primo a denominare Annalista Salernitano questo preteso cronista cavense, cui egli dà, senza fondamento critico, una grande importanza13. Anche l’Adinolfi condivide l’opinione del De Meo intorno all’importanza dell’Annalista Salernitano, benché, convenga intorno agli errori di date e di fatti in cui molto spesso cade l’Annalista14. Il De Meo attribuisce questa cronaca a S. Pietro Abate della Cava, che intorno al 1079 l’avrebbe composta su note precedenti di cronisti di S. Benedetto di Salerno15. Il Capasso ha dimostrato tutta la infondatezza di queste affermazioni. L’altro Chronicon Cavense è formato dalle note marginali di un codice: De Temporibus di Beda, e, secondo il Mai, sarebbe dell’XI secolo16. Il Muratori fu il primo a pubblicare sotto il nome di Chronicon Cavense queste annotazioni storiche, scritte sui margini delle Tavole Decennovenali di Beda; l’edizione del Muratori è scorretta ed errata nei nomi, nelle date, nella interpretazione17. Un’edizione corretta ed esatta è stata data dal Pertz che pubblicò le note marginali col nome di Annales Cavenses18. Di questi Annali, riprodotti nella collezione intitolata: Codex diplomaticus Cavensis19, parla con competenza ed ampiezza il Capasso20. Nulla dicono di S. Lucido questi Annali, ma essi possono essere utilizzati per controllare alcune date della sua vita e per confutare alcune affermazioni dell’Annalista Salernitano. Nell’utilizzare i documenti su riferiti cercheremo di metterli d’accordo fin dove ci sarà possibile; useremo i criteri d’una critica temperata che, mentre sia lontana da ogni inconsulto ed irragionevole radicalismo, rifiuti in pari tempo di accettare come oro di coppella qualsiasi leggenda fiorita a traverso tanti secoli nella fervida ed ubertosa fantasia popolare. Quando l’elemento leggendario si troverà in contrasto coi documenti sicuri che possediamo, lo rifiuteremo senz’altro e tenteremo di spiegarne la genesi. Ci serviremo nel nostro modesto lavoro dei più accreditati storici dell’Ordine Benedettino É contenuta nel Tom. IV. 381 - 451 - della sua opera: Hist. Princip. Lang. Cfr. Annali critici - diplomatici del Regno di Napoli della mezzana età. Napoli, 1797, vol. III. pag. 185 e seg. 14 Giov. Alfonso Adinolfi: Storia della Cava distinta in tre epoche - Salerno, Stabil. tip. Migliaccio - parte II. 15 S. Pietro Pappacarbon fu il terzo Abate di Cava dopo S. Alferio e S. Leone di Lucca. Eletto nel 1709 morì nel 1122. 16 Class. Auct. III. pag. 385. 17 Muratori: RR. Ital. SS. vol. VII. pag. 915 e seg. - Milano - 1725. 18 Mon. Gem. Hist. SS. tom. III. pag. 185. e seg. 19 Codex diplomaticus Cavensis nunc primum in lucem editus Curantibus DD. Michaele Morcaldi, etc. Tom. V. Milano, Hoepli. 20 Bart. Capasso: Hist. dipl. R. Sic. inde ab anno 1250 ad an. 1266. Le fonti della Storia delle prov. napol, dal 568 al 1500 (in Arch. storico per le prov. napol. fascic. I). 12 13
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e segnatamente delle due badie di Montecassino e di Cava21. Attendiamo dai competenti in materia il più largo e fraterno compatimento ed accetteremo da essi qualsiasi appunto che valga ad illuminarci per una seconda edizione di queste pagine. II primi anni Intorno alle origini e ai primi anni di S. Lucido nulla risulta dai documenti coevi; ci atterremo, perciò, esclusivamente alla tradizione e alle leggende, delle quali molte risalgono indiscutibilmente al medio-evo. Su d’un poggio ridente e perennemente rivestito di verde sorge Aquara in provincia di Salerno, ameno villaggio di oltre 3000 abitanti, il cui nome - secondo il Marsella - etimologicamente sarebbe derivato dal latino aqua, poiché quel sito solatio ed incantevole è bagnato da numerose sorgenti di acqua potabile. Il paese domina la storica Valle del Calore, le cui acque lambiscono le falde delle colline, digradanti in cerchio, su cui giacciono appollaiati Serre, Controne, Castelcivita, Aquara, Ottati, S. Angelo a Fasanella, Corleto Monforte, Bellosguardo, Castel S. Lorenzo, Roccadaspide ed altri numerosi villaggi che si specchiano di lontano nel golfo di Salerno. In Aquara nacque Lucido, intorno al 960 dell’e. v., da ricchi e nobili genitori che probabilmente avevano il governo del paese nelle mani. Secondo un’antichissima tradizione i genitori di Lucido si chiamavano Albino Della Croce e Sabina Nicodemo; essi sarebbero morti per tempo e il fanciullo sarebbe rimasto affidato alle cure e alla tutela d’uno zio paterno a nome Olterigio. Il bambino fu chiamato Lucido o Lucio, ma i più antichi cronisti e storici dell’Ordine Benedettino lo chiamano Liuzio (Liutius): Lucido, Lucio o Liuzio derivano tutti e tre dal latino lux-lucis ed hanno perciò lo stesso significato. I genitori di Lucido erano due ferventi cristiani e il bambino sul loro esempio dette fin dai primi anni manifesti segni di santità e di pietà religiosa. La preghiera e la meditazione dei divini misteri erano la sua occupazione preferita; la modestia, la mortificazione, l’ubbidienza, la purezza brillavano nella vita dell’angelico giovinetto. Quando fu cresciuto negli anni, lo zio Olterigio che paternamente lo amava, pensò di collocarlo in matrimonio con una ricca ed avvenente donzella del paese, il cui nome non ci è stato tramandato dalla tradizione. All’onesta proposta dello zio Lucido rivelò il suo disegno, accarezzato fin dai primi anni, di abbandonare il mondo e dedicarsi al servizio di Dio nell’Ordine di S. benedetto. Olterigio esortò il nipote a ritornare sulla sua decisione e a meditare lungamente quali enormi sacrifici importasse la vita religiosa: Abbiamo utilizzate nel nostro lavoro le seguenti opere: 1. Mabillon Ioannis: Acta Sanctorum Ord. S. Ben. Venetiis. 1733 - 1740. Saeculum sextum, divisum in duas partes, pars. I. vol. VIII - 2. Idem: Annales Ord. S. Ben. Tom. IV. Lucae. Typ. vent. 1739 - 3. D. Erasmi Gattula: Historia Abbatiae Cassinensis - pars. I. Venetiis - 1733, - 4. Idem: Cod. Cassin. Access. ad hist. cass. II. - 5. D. Luigi Tosti: Storia della Badia di Montecassino. Roma - Pasqualini edit. 1888. Vol. I, lib. II. - 6. Idem: Bibliogr. Cassin. 1874. - 7. - Paul Guillaume: Essai historique sur l’Abbaye de Cava d’après des documents inédits. Cava dei Tirreni - Tip. della Badia 1877; ecc., ecc. 21
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lasciò peraltro il nipote pienamente libero di abbracciare lo stato cui Iddio l’aveva chiamato. Lucido, dopo d’avere invocato da Dio i lumi necessari al passo decisivo, un bel giorno abbandonò la casa paterna e si rifugiò nel monastero benedettino di S. Pietro, posto a poca distanza da Aquara sul declivio della collina verso il fiume Calore. Questo monastero che dipendeva da Montecassino, fu abitato fino al secolo XV sul cui tramonto rovinò completamente; i suoi ruderi erano visibili fino a pochi anni or sono. La leggenda ritiene che Lucido in questo monastero prese l’abito benedettino nell’umile condizione di converso; la leggenda non ha ombra di verità su questa circostanza, poiché tutti i documenti storici che riflettono la vita del nostro Santo, non dicono che egli fosse un converso, ma - come si vedrà da quanto andremo esponendo autorizzano piuttosto a ritenere che egli sia stato un sacerdote. Nel cenobio di S. Pietro Lucido emise i voti religiosi e si dette ad una vita di preghiera, di austere penitenze, di fecondo lavoro, conforme all’ideale della regola di S. Benedetto. Ancora oggi il popolo - dopo nove secoli - addita come Pietra di Santo Lucido un enorme sasso, in mezzo alle acque del fiume Calore, sul quale il Santo era solito di trattenersi lungamente a pregare e a meditare. Non mancarono all’uomo di Dio dolorose prove che purificarono nel crogiuolo del tormento le sue eroiche virtù; le prove, però, valsero a far rifulgere maggiormente la sua santità e a dargli occasione di rivelare col miracolo la gloria di Dio. Riferiremo le principali leggende come sono state raccolte in mezzo al popolo dagli agiografi del Santo. Un giovane di Aquara pretendeva di sposare la donzella che Olterigio aveva proposto al nipote. Respinto da costei pensò che il rifiuto della fanciulla fosse stato consigliato da Lucido. Con propositi di vendetta sorprese nel sonno il nostro Santo e tentò di ucciderlo. Ma la sua mano assassina fu arrestata da commoventi parole di pace e di perdono, profferite nel sonno da Lucido nell’atto che il nemico tentava di colpirlo. Preposto dall’Abate di S. Pietro alla custodia d’una vasta tenuta boschiva di proprietà del monastero, detta a quei tempi Morosa ed ora chiamata Pantana, fu accusato di barattare le piante e di farne oggetto d’una indegna speculazione. Duramente rimproverato dall’Abate il Santo non si difese punto, ma gli s’inginocchiò ai piedi e gli chiese umilmente la benedizione. Egli sapeva che i danni deplorati erano atti prodotti dalle belve dalle quali era infestato il bosco. Lascia, perciò, il monastero, e dopo il segno della croce nel nome di Gesù Cristo chiama a raccolta le belve e le raduna davanti alla badia e alla presenza dell’Abate le rimprovera dei danni recati alle piante e comanda loro d’essere buone e rispettose per l’avvenire. Le fiere devastatrici s’inchinano umili e mansuete dinanzi a lui e se e partono solo dopo d’aver ricevuto la benedizione ed udite parole di perdono dal superiore. La leggenda aggiunge che l’accusatore di Lucido, discendendo nella valle, s’imbatté nelle belve e tentò di ucciderne una con la scure. La belva ferita divenne più feroce, gli saltò addosso e con un terribile morso lo lasciò semivivo al suolo. La madre dell’infelice calunniatore fece ricorso all’Abate perché mandasse Lucido sul
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posto e il Santo, dimenticando l’offesa ricevuta, fece il segno di croce sul ferito e lo risanò sull’istante.Una donzella fu presa da una violenta passione per Lucido e, respinta da lui, lo accusò d’un turpe delitto. Ma non aveva finito di pronunziare la calunnia che divenne ossessa; solo allora fu liberata dallo spirito maligno, quando confessò pubblicamente d’aver calunniato il Santo. Questi le perdonò l’offesa ricevuta e pregò Dio perché la liberasse dal diavolo. Tra i prodigi che la tradizione attribuisce a Lucido, ve ne sono due che dimostrano anche l’ardente carità verso il prossimo, della quale ardeva il cuore del Santo. Il monastero di S. Pietro aveva urgente bisogno di pane; il forno ardeva già da molto tempo, ma mancavano gl’istrumenti adatti per spegnerne le fiamme. Il Santo, fatto il segno della croce, si gittò nel forno e ne rassettò le brace coi suoi stessi capelli; in mezzo alle fiamme, come un giorno i tre fanciulli ebrei nella fornace di Babilonia, egli cantava la gloria di Dio e ne usciva illeso come da un bagno refrigerante. Altra volta occorreva gran quantità di pesce per l’enorme numero di forestieri giunti nel monastero. Lucido si porta presso il fiume Calore e, poco dopo, un’abbondante pesca fornì al cuoco del cenobio tutto il necessario per disfamare monaci e forestieri. Prodigiosamente i pesci erano accorsi nella rete gittata dal santo uomo. Non tentiamo neppure di controllare queste leggende così facili a fiorire nella fantasia popolare, segnatamente nei tempi di mezzo, né pretendiamo di stabilire una qualsiasi base storica alle notizie, dinanzi esposte, intorno alle origini e ai primi anni di Lucido. Riveliamo soltanto ciò che può essere attendibile nel racconto degli agiografi che hanno utilizzato le tradizioni, ancora vive in mezzo al popolo dopo tanti secoli. Lucido nacque in Aquara e per tempo fu collocato nel vicino monastero benedettino di S. Pietro a scopo di educazione e d’istruzione, com’era uso dei tempi; più tardi, preso dal desiderio d’una maggiore perfezione, vestì le lane di S. benedetto. É noto che nel medioevo oltre alle scuole cattedrali, vi erano quelle cenobiali che hanno reso incalcolabili servizi alla civiltà a alla cultura. La regola di S. Benedetto aveva reso obbligatoria l’istruzione ai monaci; dopo la riforma monastica dell’817 nei chiostri sorsero due scuole: la schola interior e la schola exterior; la prima era destinata ai giovani candidati al monachismo, la seconda serviva per quei giovani che dovevano diventare sacerdoti secolari, o menar vita borghese. Gl’interni dovevano osservare le regole monastiche; tutti, poi, potevano essere ammessi e i poveri scolari venivano largamente soccorsi. A queste scuole claustrali affluivano in Italia i figli dei nobili, i discendenti di famiglia consolare, come i figli dei poveri22. L’istruzione era gratuita e sulla porta del monastero di Salzburgo stava scritto questo esametro: Discere si cupias gratis, quod quaeris habebis.
22 Cfr. Gregorii Magni Dialog. II. c. 3. - Ekkeharti: Casuum Mon. S. Galli in Mon. Germ. Hist. SS. II - Mabillon: Analecta IV.
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Più tardi, nel X e XI secolo, in molti monasteri, come a Montecassino23, per dolorose vicende civili furono abolite le scuole esterne e restarono solo quelle interne. Il monastero di S. Pietro nella Valle del calore doveva senza alcun dubbio avere la sua Schola interior della quale poté far parte Lucido che più tardi vestì, nello stesso cenobio, l’abito benedettino. Vita claustrale di S. Lucido Lucido dal monastero di S. Pietro nella Valle del Calore sarebbe passato, secondo la leggenda, a quello di S. Magno presso la città di Fondi. Il monastero di S. Magno dipendeva ugualmente dall’Abate di Montecassino e solo più tardi fu da questi ceduto agli Olivetani con l’obbligo d’un annuo tributo da corrispondersi alla badia di Montecassino. La dimora di Lucido a S. Magno ha tutti i caratteri dell’attendibilità, benché non risulti da nessun documento dell’epoca. Difatti in questo tempo era priore di S. Magno quel celebre Mansone che più tardi, nel 986, alla morte di Aligerno, fu imposto ai monaci di Montecassino come abate e produsse, con la sua intrusione, l’allontanamento di Lucido e di altri insigni monaci di quella badia. Dal racconto di Leone Ostiense - come vedremo in seguito - risulta che Lucido fu uno dei più fieri oppositori della imposta elezione di Mansone; questa opposizione, così franca e sicura sostenuta per altissime ragioni morali e religiose, dice chiaramente che a Lucido doveva esser nota per esperienza la vita secolaresca e la tirannia del governo di Mansone. É ovvio, perciò, pensare che egli fosse stato suo suddito a S. Magno di Fondi e che da questo monastero fosse passato a Montecassino precisamente per sottrarsi al mondano governo di Mansone. La dimora di Lucido nel monastero di S. Magno può stabilirsi intorno al 980, poiché nel 986 già lo troviamo da qualche tempo, secondo la espressione di Leone Ostiense, tra i più autorevoli monaci di Montecassino. Precisiamo ora le ragioni che nel 986 determinarono la fuoruscita e l’allontanamento di Lucido da Montecassino e il suo viaggio in Terra Santa. Ci atterremo nella nostra narrazione esclusivamente alla cronaca di Leone Ostiense, che la critica più austera ha dichiarata veridica ed esatta. Dopo 35 anni di saggio governo nel 986 morì l’Abate Aligerno che aveva restaurata la disciplina religiosa di Montecassino ed aveva benemeritato della riforma cristiana. Occorreva eleggere il successore e i monaci si apprestavano a compiere quest’atto così importante per la floridezza della loro badia. In questo mentre si presentò nel monastero Aloara, principessa reggente di Capua e tutrice del pupillo Landenulfo, ed impose ai monaci l’elezione ad abate di Mansone, cugino del defunto suo marito Pandolfo Capo di Ferro ed allora preposto del monastero di S. Benedetto di Capua, o, come ritiene S. Pier Damiano: Opusc. XXXVI. c. 16 in Opera: III. dell’edizione Migne: CXLV - Petri Diaconi: De viris illustr. Cass. - Caravita: Le arti e le scienze a Montecassino. Salvioli: Op. cit. passim. 23
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l’Ostiense, di S. Magno di Fondi. «Questo impronto favoreggiare della principessa osserva l’Abate Tosti24 - aspreggiò gli animi, tra perché non volevano padroni in casa propria, e perché Mansone giovane di anni, non aveva tempera a badiale uffizio. Quella insisteva, questi ruppero in discordia e fu fatto scisma». I vili piegarono alla prepotenza e alle lusinghe di Aloara e Mansone fu proclamato vigesimo ottavo Abate di Montecassino. Ma i migliori si mantennero fermi contro l’elezione di Mansone e si allontanarono da Montecassino25. I fuorusciti furono otto, dei quali il cronista solo di tre rammenta il nome. In seguito alla elezione di Mansone «avvenne - scrive l’Ostiense26 -, che alcuni frati, tra i maggiori e i migliori del monastero, preferirono allontanarsi anziché restare sotto di lui. Tra questi il primo fu D. Giovanni Beneventano, che in seguito fu Abate; il secondo fu Teobaldo anch’egli di poi abate, ed ancora D. Lucido (domnus Liutius), uno dei più religiosi ed eminenti monaci di questo monastero; di più altri cinque, i cui nomi non sono ricordati. Tre di essi da Montecassino si portarono a GerusalemmeÈ. L’Annalista Salernitano afferma che la partenza di Lucido e dei suoi compagni fu dovuta anche alle vendette di Mansone contro di loro27; quest’affermazione potrebbe trovare una giustifica nel carattere violento dell’intruso abate e nella brama di liberarsi dai suoi potenti oppositori. É degna d’esser riferita a questo proposito la testimonianza dell’Abate Desiderio che ritiene come la partenza degli otto coraggiosi monaci sia avvenuta con la licenza dell’istesso Mansone: ciò toglierebbe ogni carattere di scisma e di ribellione all’atto di Lucido e dei suoi compagni28. La protesta del nostro Santo e dei suoi compagni contro la illegale ed illecita Storia della Badia di Montecassino - vol. I Lib. II cap. II. Anche altri documenti confermano il racconto di Leone Ostiense: «986. Hoc anno defunctus est D. Aligernus Ven. Abbas, id est indictione 14, et Manso in loco eius constitutus est abbas, nobis invitis, ad Aloara Principessa cum filio suo, adhuc puer princeps». Ex Cod. Cass. 334 presso il Gattola: Access. ad Hist. Cas. II. 838. 26 «Manso, vigesimus octavus Abbas, sedit annis undecim. Iste consobrinus fuit Pandulfi principis; qui cum eo tempore quo Aligernus Abbas defunctus est, monasterio Sancti Magni iuxta Fundanam civitatem posito pracesset, propinguorum principum solacio fretus, non autem monacorum consensu, coenobii huius abbatiam adeptus est. Unde factum est ut nonnulli de prioribus ac melioribus huius monasterii patribus potius hinc egredi quam manere sub illo eligerent. E quibus domnus Iohannes Beneventanus, qui postmodum abbas axtitit, unus fuit; alter, vero, domnus Theobaldus, nihilominus postmodum abbas effectus; domnus etiam Liutius, de religiosioribus ac prioribus loci huius monachis unus; necnon et quinque alii, quorum nomina non recoluntur. Et tres quidem Ierosolimam profecti sunt. Quinque vero alii in Lombardiam, ect.». Leo Ostiense: Chronicos Cass. Lib. II e. XII, in Mon. Germ. Hist. SS. VII. 636. 27 Patrilli: op. cit. Chronicon Cav. ad annun 987. 28 L’Abate Desiderio, che fu poi papa col nome di Vittore III, quasi contemporaneo, scrive di Giovanni Beneventano: «Petita ab Abbate suo licentia, Ierosolimam perrexit». Lib. II Dialog. 24 25
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elezione di Mansone fu pienamente giustificata dagli eventi. Mansone fu più un principe secolaresco, anziché un abate: privo di ogni pietà monastica, audace, intraprendente, battagliero, seppe provvedere energicamente e largamente agl’interessi temporali della Badia, fondò Roccasecca e S. Elia Fiumerapido, tenne fronte spesso ai prepotenti feudatari ecclesiastici e laicali, ma non curò la disciplina morale e religiosa dei suoi monaci e cadde vittima dei propri intrighi mondani. Tratto in inganno da Alberico vescovo dei Marsi, fu accecato a Capua e poco dopo nel 996 morì di crepacuore29. Il viaggio di Lucido, Giovanni Beneventano e Teobaldo a Gerusalemme avvenne subito dopo la loro partenza da Montecassino, contrariamente a quanto pensano l’Annalista Salernitano30, e dopo di lui il De Blasi31, l’Adinolfi32 ed altri33, che fanno passare Lucido da Montecassino a Cava ed in seguito lo fanno partire per i Luoghi Santi. «Liuzio e compagni - scrive l’Adinolfi - non dimorarono qui per molto tempo; desiderosi di visitare i S. Luoghi di Gerusalemme per là partirono, con essersi imbarcati su d’una nave veneziana che da Salerno faceva vela per Soria, e con essi “sociatus est Paulus Praepositus Venusii et alii duo ex monachis nostri monasterii (di S. Benedetto di Salerno) et Malefrit Comes de Monte Aureo cum Magefrit eius filio”; né si fissarono in Soria, dappoiché dopo il maggio del 995 ne ritornò Liuzio con i suoi confratelli, “sed praepositus Venusii ibi (a Gerusalemme) mortuus est, et comes Malefrit remansus est illic”; non si sa, però, con certezza se Liuzio fosse ritornato ad abitare nella cella Metelliana; Leone Ostiense è per l’affermativa, anzi ci fa sapere che il principe Guaimaro lo scelse per suo penitenziere e che molti doni gli fece di arredi sacri preziosi e di vari codici; l’Abate della Noce, però, non lo dice espressamente e il Mabillon pretende che a questo Liuzio si debba riferire ciò che dice la Cronaca del Volturno all’anno 1011; certo è poi che ritornò a Montecassino, nelle di cui vicinanze edificò il rinomato oratorio di S. Maria di Albaneta e carico di meriti e di virtù terminò a Montecassino i suoi giorni sotto l’Abate Richerio». L’Adinolfi si perde dietro le tracce dell’Annalista Salernitano alle cui affermazioni egli crede ciecamente. Cita, ma non sa valutare Leone Ostiense alla cui autorità contrappone finanche quella dell’Abate della Noce, vissuto nel secolo XVII. Noi ritorniamo all’Ostiense che seguiremo sia per il viaggio di Lucido e dei suoi compagni in Terra Santa, sia per la sua dimora nella grotta di Metelliano. Il Santo partì per i Luoghi Santi nel 986, vi dimorò due anni e ne ritornò nel 988, dopo d’aver data piena soddisfazione Leone Ostiense: op. cit. lib. II e XIV. Cfr. pure S. Pier Damiano: Lib. IV epist. Ad Mainardum Episcopum Eucubinum. 30 Pratilli: op. cit. «A. 987. Liutius monachus de Casino propter mala que erant in dicto monasterio ex Abbatis ferocia, cum aliis fratibus venerunt Salernum et post aliquot dies habitare coeperunt nostram cellam in Metelliano». 31 Chron. ad. An. 987. 32 Storia della Cava. II. 33 Carraturo: in Ricerche stor. crit. sulla città di Cava, Ms. citato dal Guillaume: Essai hist sur l’Abbaye de Cava, pag. 2 e 13. 29
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alla sua pietà religiosa nella visita del paese di Gesù. Teobaldo ritornò con Lucido e molto più tardi fu Abate di Montecassino. Giovanni Beneventano, come asserisce Leone Ostiense34, si trattenne, per ben sei anni sul monte Sinai e verso il 992 passò in Grecia, dove si ritirò nella solitudine del monte Agynore. Ritornato in Italia, probabilmente dopo la morte violenta di Mansone, successe a Giovanni II nel governo della Badia di Montecassimo verso l’anno 997. I più accreditati storici dell’Ordine Benedettino, tra cui il Mabillon35, il Gattola36, il Guillaume37, accettano il racconto e la cronologia di Leone Ostiense intorno a questo tratto della vita di S. Lucido e noi non vediamo la ragione di allontanarci dalla sua cronaca. L’eremo di Metelliano Lucido ritornò dai Luoghi Santi nel 988. A Montecassino dominava Mansone e il Santo comprese che sotto il governo di quell’Abate non avrebbe potuto giammai godere quella necessaria tranquillità di spirito, che gli occorreva per raggiungere il suo altissimo ideale di perfezione religiosa. Egli, dunque, pensò di ritirarsi in un eremo inaccessibile presso Salerno, dove già si erano rifugiati altri pii solitari per attendere esclusivamente38 alla preghiera e alla meditazione delle verità eterne. L’eremo viene chiamato nei documenti del tempo Grotta Arsicia ed era situato nella valle Metellianum, dove ora sorge la famosa Badia della Santissima Trinità di Cava dei Tirreni. Secondo l’Annalista Salernitano39 la valle metelliana fu la prima volta abitata nel 966 dal monaco Ermerico, priore di S. Mauro in Centulis, che, costretto a fuggire dopo che il suo monastero fu distrutto dai Saraceni, si rifugiò nella Grotta Arsicia dove fu seguito da altri compagni, desiderosi al par di lui di vita solitaria. Ermerico costruì un eremo quasi sotto la cripta col consenso del Principe di Salerno Gisulfo e dell’Abate del monastero di S. Benedetto. L’istesso Annalista Salernitano, con qualche errore di data, riferisce molti donativi e privilegi ricevuti dai santi eremiti di Metellianum negli anni che ne precedettero la trasformazione, per opera di S. Alferio, in un regolare monastero40. 34 35
97.
Op. cit. II c. XXII. Annales Ord. S. Ben. Tom. IV. pag. 292-293. Acta Sanct. Ord. S. Ben. Tom. VIII. I. pag.
Hist. Ab. Cass. pars. I. pag. 102. Op. cit. Chap. I. pag. 12. 38 Leone Ostiense scrive «Domnus Liutius, quem superius hinc egressum, Ierusolimam perrexisse retulimus, primo apud Salernum in quadam eremo, ubi nunc monasterium Sanctae Trinitatis constructum est, quod nuncupatur cavam, aliquandiu mansit; ubi a Guaimario principe agnitus, atque in maxima est reverentia habitus». Op. cit. Lib. II. c. XXX. 39 «A. 966. Ermericus, praepositus cellae S. Mauri in Centulis a Saracenis destructae, cellam prope Salernum ad latos Fenestrellae montis fecit cum Gisulfi et Abbatis nostri consensu». Pratilli: loc. cit. - Cfr. il Codex diplomaticus Cavensis - Tomus I. Synopsis historica - passim. 40 «A. 995. Guaiferius Comes et Ioannes Comes filii Laudoarii comitis de S. Severino obtulerunt in hoc monasterio (di S. Benedetto di Salerno) curtem in Metelliano et silbam gran36 37
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Nell’eremo di Metelliano si ritirò S. Lucido e in quella remota, profonda solitudine attese lungamente alla preghiera, alla meditazione, alla mortificazione dei sensi, all’esercizio d’ogni più bella virtù evangelica. Benché il Santo desiderasse d’essere ignorato dal mondo e si studiasse di covrire col velo della più profonda umiltà cristiana la sua santità, ben presto il suo nome divenne popolare in Salerno e in tutta l’Italia meridionale. La Grotta Arsicia divenne mèta di devoti pellegrinaggi e a lui si ricorreva per consiglio, per desiderio di ammirarne da vicino la vita santa e portentosa. L’esempio di questa devozione al Santo lo dava il principe Guaimaro III che aveva per lui - secondo una espressione di Leone Ostiense - «una grande riverenza». Guaimaro fu associato dal padre Giovanni II al governo del principato nel 989; nel 999 morì il padre ed egli gli successe e regnò da solo. Più tardi si associò Giovanni III e, morto quest’ultimo nel 1018, si associò suo figlio Guaimaro IV col quale regnò fino al 1027. In quest’anno Salerno si sollevò, stanca della tirannide di Guaimaro III, e lo rovesciò dal trono. Gli successe il figlio Guaimaro IV che si associò la madre Guaitelgrima. Guaimaro III morì tra il 1030 e il 1031. Egli fu un fervido ammiratore di Lucido, lo ebbe carissimo come un padre e ne fece il suo padre spirituale e il suo consigliere preferito. Vedremo in seguito come questa fervida amicizia non sia cessata con l’allontanamento del Santo da Metelliano e col suo ritorno a Montecassino. Giova notare come Guaimaro moderò i suoi istinti feroci e si mantenne al potere finché ebbe a fianco Lucido, né ascoltò e pose in pratica i saggi consigli; precipitò nella sventura e perdette il trono, quando, lontano da lui ed immemore dei suoi insegnamenti, si abbandonò alla più odiosa tirannia. É sempre, però, un insigne titolo di merito per Lucido l’essere stato scelto a consigliere e a padre spirituale del principe e della sua famiglia e l’averlo per tanti anni mantenuto nei limiti dei suoi doveri morali e civili e d’averlo salvato, così, dal furore del popolo tiranneggiato. Quanto tempo Lucido si trattenne nella Cella Metelliana? L’Ostiense non lo dice espressamente, ma se la sbriga con una sola frase: aliquandiu mansit. Questo avverbio farebbe credere che il Santo sia rimasto a Metellianum per un tempo relativamente breve. Il Guillaume tenta di ricostruire la cronologia della dimora di Lucido a Cava ed afferma che egli vi sia restato per ben 21 anni e cioè dal 988, data del suo ritorno da Terra Santa, al 1009, quando ritornò a Montecassino41. Noi non ci sentiamo di giurare su dem in fenestra cum piscariis et vinea, quae dicebatur Capitella, cum molendino et hortis in ipso loco, ut ex carta per manus Prjianni Iudicis de Salerno in 3 die intrante sept. Indic...». «A. 1006 Ioannicius ludex et Petrus Sacerdos cuncta sua bona donaverunt cellae Metelliani, ut ibi alios manachos aleret pro dei servicio». «A. 1007. Teobaldus abbas in Tuscianis necatus occubuit in vigilia Epiphaniae et Acipetus eius cancellarius abbas factus est in ibid. Ian., qui in Metelliano nova aedificia fecit et cum primis ibidem incolentibus tres alios monacos». Questi «tres alios monachos» sono quelli stessi di cui parla la Cronaca di S. Vincenzo del Volturno: Lib. IV. presso il Muratori: RR. Ital. SS. vol. I p. 11 e presso il Mabillon: Annales Ord. S. Ben. IV. 41 Op. cit. pag. 13.
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queste date e crediamo che non sia possibile - a meno che non fossero per l’avvenire esumati altri documenti - precisare matematicamente gli anni della dimora di Lucido nella Cella Metelliana. Scartiamo senz’altro la cronologia dell’Annalista Salernitano che ammette la presenza di Lucido a Cava, subito dopo la sua partenza da Montecassino nel 986, lo fa ritornare nel 995 dai Luoghi Santi e fa risalire la fondazione del monastero della Santissima Trinità di Cava per S. Alferio al 1006. S. Lucido che fu a Metelliano il predecessore di Alferio, ma non stette con lui, sarebbe partito per Montecassino prima del 1006. Queste date risultano evidentemente infondate da una breve e semplice ricostruzione della cronologia biografica di S. Alferio. Questi con molta probabilità nacque nel 931 dalla illustre progenie dei Pappacarboni, discendenti dai principi Longobardi. Mandato dal principe di Salerno, suo congiunto, come ambasciatore in Francia nel 995, dopo una grave infermità, prese l’abito benedettino nella famosa Badia di Cluny dalle mani di S. Odilone nell’istesso anno42. L’Abate Venosimo ed altri biografi del Santo tolgono ogni dubbio al riguardo43. Nel 1009, Guaimaro III dopo la partenza di Lucido nel quale il principe aveva riposto tutta la sua fiducia, pensò di non lasciar deserto il santo eremo di Metelliano; ed allora domandò in grazia a S. Odilone il ritorno in patria di Alferio. Nel 1010 Alferio lasciò Cluny e ritornò a Salerno, dove ricevette da Guaimaro III l’incarico di fondare a Metellianum un monastero secondo le regole di Cluny. Alferio accettò ben volentieri il compito perché, amante della solitudine, l’avrebbe trovata nella Valle Metelliana conforme ai suoi desideri. Nel 1011 prese possesso della grotta e nel 1012 pose mano all’immenso edificio del monastero e della chiesa della Santissima Trinità di cui fu primo abate44. Guaimaro III sottopose alla nuova Badia tutti i monasteri esistenti nel suo principato e la colmò di doni e privilegi45. L’Adinolfi ritiene che con S. Alferio il titolo abaziale da S. Benedetto di Salerno sia passato - dopo la morte dell’abate Teobaldo - al nuovo monastero di Cava. La data della presa di possesso della Valle Metelliana per parte di S. Alferio nel 1011 ci viene fornita dalla Cronaca di S. Vincenzo del Volturno, la quale dopo d’aver detto che l’Abate Monaldo morì nel 1011, prosegue: Hoc tempore Monasterium santae Trinitatis S’inganna dunque, l’Annalista Salernitano che fa vestire l’abito benedettino a S. Alferio nel monastero di S. Benedetto a Salerno nell’anno 992: «A. 992. Alferius princeps consanguineus fit Monacus in nostro Monasterio». 43 Vita S. Alferii dell’Ab. Venosimo, presso il Mabillon: Acta SS. Ord. S. Ben. p. I: vol. VIII: da pag. 638 a pag. 645. 44 L’Ab. Venosimo dice: «Dimissa grippe civitate, longe in ex celsi montis latere, cui Fenestra vocabulum est quietis prae locum subiit, primusque prae omnibus Metelliani Cavam monachorum mansionem fecit, et ut aperte jam ornietur omnis nostrae multitudinis seminarium fuit». 45 Vedi un diploma di Guaimaro III del marzo 1025 in Codex dipl. cav. n. 18 - arca magna lit. t. e nell’appendice del Guillaume: op. cit.. 42
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apud Salernum a tribus eremitis inhabitatis coepit46. Il Mabillon e il Muratori accettano questa data e la riferiscono alla presa di possesso di S. Alferio47. il Santo diresse personalmente i lavori della nuova badia, la governò lungamente, facendone un rifugio preferito di santi e dotti, e morì nel 105048. Ora la data del 1011 è il terminus ad quem, mentre quella del 988 è il terminus a quo della dimora di S. Lucido a Metellianum. Dimorò, forse, il Santo ininterrottamente colà per tanti anni? Non oseremmo affermarlo, anzi lo neghiamo e diamo piuttosto luogo ad un’ipotesi, che viene giustificata dalla tradizione. Questa falsamente ritiene che Lucido abbia passato gli ultimi anni della sua vita nel monastero di S. Pietro nella natia Valle del Calore. Quest’affermazione - come appresso vedremo - è recisamente smentita da Leone Ostiense e da tutti gli storici benedettini. Il popolo addita anche oggi una cappelletta: S. Maria del Piano che il Santo avrebbe edificato nella sua ultima dimora in S. Pietro, e nella quale si sarebbe trattenuto lungamente a pregare negli anni della sua vecchiezza. Ora la tradizione può essere interpretata nel senso che il Santo, dopo la sua prima partenza dal monastero di S. Pietro intorno al 980, sia in seguito molto spesso ritornato nella Valle del Calore e vi si sia lungamente trattenuto. É difficile che ciò sia potuto accadere nella sua prima dimora cassinese ed anche quando nel suo ritorno a Montecassino ebbe fondato il monastero dell’Albaneta, di cui fu priore. Riteniamo, perciò, che Lucido dal 988 al 1009 abbia molto spesso interrotto la sua dimora della Valle Metelliana per trattenersi a lungo nel vicino monastero di S. Pietro, dove aveva ricevuto la prima educazione religiosa e l’abito benedettino. Da Metelliano egli si assentava molto spesso sia per soddisfare alle continue insistenze di Guaimaro III, sia anche per percorrere le desolate terre dell’Italia Meridionale, portare ai popoli la sua parola di conforto, di morale e di religione e visitare a scopo di riforma i numerosi monasteri benedettini del principato di Salerno. In una delle sue prolungate soste nella Valle del Calore dové fondare l’oratorio di S. Maria del Piano nel territorio di Aquara. É dovuta probabilmente ad una di queste sue escursioni apostoliche l’origine del paese in provincia di Cosenza, che dal suo nome si chiama S. Lucido. VIl ritorno a Montecassino Lucido ritornava a Montecassino verso il 1009. L’ingrato ricordo di Mansone era ormai lontano e la famosa badia aveva ripreso il ritmo regolare della sua feconda vita religiosa e civile sotto la direzione degli ultimi abati, eletti in conformità delle regole e delle costituzioni benedettine. Il nostro Santo, però, abituato per tanti anni alle serene, recondite gioie della solitudine di Metellianum, mal si adattava ad una vita, senza dubbio, La Cronaca di S. Vincenzo del volturno si trova nel Muratori: RR. It. SS. vol. I. Mabillon: Ann. Ord. S. Ben. IV. - Muratori: RR. It. SS. VI. 201. Vittore III: Dialog. III. 48 Gli Annales Cavenses all’anno 1050 dicono: «Leo papa ordinatus est et Domnus Adalpherius Abbas Monasterii Sanctae Trinitatis obiit». In Pertz. tom. III. dei Mon. Germ. Hist. SS. pag. 185 e seg. 46 47
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regolare e disciplinata, ma non interamente dedicata al servizio di Dio e ai supremi interessi dell’anima. Egli pensò, per questo, di fondare un romitaggio, dove, insieme ad altri monaci desiderosi di vita contemplativa, avesse potuto proseguire nelle pratiche di pietà della Grotta Arsicia. L’amore alla solitudine era ritornato di moda ai tempi del Santo, specie dopo gli esempi di S. Romualdo, di S. Guglielmo di Vercelli, di S. Odilone e di S. Alferio. La visita di S. Romualdo, avvenuta in questo tempo alla badia di Montecassino, aveva infervorito molti di quei monaci a seguirne le orme49. E questi monaci secondarono mirabilmente i disegni di Lucido. A circa un chilometro lontano dalla Badia di Montecassino, sepolta tra piante secolari e frastagliata da rupi scoscese e grotte ascose si stendeva una valle chiamata fin da remotissimi tempi Albaneta. In mezzo a questa valle sorgeva un piccolo oratorio dedicato alla Vergine Madre. Lucido spesso vi si portava per attendere alla meditazione e alla preghiera e vi passava ininterrottamente non solo molte ore del giorno, ma anche delle notti insonni di estasi e di pace. Quella valle, nascosta tra i monti cassinesi, gli faceva ricordare con profonda commozione la Cella Metelliana presso il Silano. Egli pensò di edificare colà un monastero che avesse potuto raccogliere quei contemplativi che ora si trovavano a disagio nella badia di Montecassino e nei cenobii da essa dipendenti. Nel 1011 pose mano all’opera che ben presto fu portata a termine, grazie alla fenomenale attività del Santo ed ai generosi soccorsi che d’ogni parte gli vennero. Lucido ne fu contentissimo e scelse l’Albaneta a sua stabile dimora fino alla morte50. Leone Ostiense si diffonde nella sua Cronaca nel narrare i particolari della fondazione del monastero di S. Maria dell’Albaneta e tutti gli altri storici dell’Ordine benedettino si limitano a riprodurne il racconto51. Noi ne seguiremo fedelmente le tracce. Il luogo dove Lucido fece sorgere il suo monastero, fu prima di lui abitato da un pio solitario. Costui aveva pensato di costruire un oratorio utilizzando allo scopo una vecchia diruta cisterna. Mentre studiava a chi dovesse dedicare la nuova chiesetta, è fama che giungesse proprio in quel momento un fanciulletto suo alunno. il solitario, come ispirato da Dio, domandò al fanciullo se sapesse cantare, ed avutane risposta affermativa, gli ordinò di levare un canto a chiunque gli fosse venuto in mente, senza Leone Ostiense nella sua Cronaca (c. XVIII) parla diffusamente di questa visita di S. Romualdo a Montecassino: essa dovette avvenire verso il 1012, epoca in cui l’Istitutore dei Camaldolesi ritornò dalla Catalogna. Romualdo, nato a Ravenna intorno al 956, morì nel 1027; fu dunque contemporaneo di Lucido e dovette conoscerlo a Montecassino. 50 «Circa hace tempora dominus Liutius ... postmodum, vero, in monte hoc (Montecassino), loco Albaneta vocabulo, usque ad suum est obitum religiosissime conversatus». Leon. Ostiens. Chron. Cas. c. XXX. 51 Così fanno il Gattola (op. cit.), il Wion e il Menardo (Append. ad Martyr. Mon. Ben.), il Mabillon (Annales e Acta SS. già cit.), il Lubin (p. 5), Pietro Diacono (Lib. III, c. 37), il Tosti (Storia della Badia di Mont.), Mart. (Vet. Script. Mon. Tom. 6), ecc. Leone Ostiense narra la storia della fondazione del monastero dell’Albaneta al capo XXX della sua Cronaca Cassinese. 49
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punto rifletterci; egli aveva già in cuor suo stabilito di dedicare la chiesetta a Colui, ad onore del quale il fanciullo avesse cantato. Il fanciullo, senza frappor tempo in mezzo, intonò e cantò soavemente l’antifona biblica che la Chiesa ha dedicato alla Madre di Dio: Vieni, electa mea! L’uomo di Dio sussultò di gioia e comprese subito che la Vergine Nazzarena si sarebbe compiaciuta d’esser onorata in quel luogo dai suoi servi: Ben tosto, perciò, secondo le sue forze, il pio eremita costruì in quella valle solitaria una devota chiesetta, la dedicò alla Madre di Dio e presso di essa trascorse nel servizio divino e nella divozione di Maria la sua vita fino al suo placido passaggio all’eternità. Quella bella e poetica tradizione dovette commuovere l’animo di Lucido che, a somiglianza dell’antico solitario dell’Albaneta, amava svisceratamente la Vergine Maria e si sentiva irresistibilmente attratto dal fascino della solitudine. Dopo qualche tempo - scrive l’Ostiense - il nostro Santo si portò all’Albaneta e il luogo gli piacque immensamente. Stabilì, perciò, di fermarsi colà fino alla morte e di passare tutto il resto della sua vita nel servizio della Madre di Dio. A chi rivolgersi per avere i mezzi sufficienti a costruire il monastero e ad ampliare la chiesa in onore della Vergine Maria? é ovvio pensarlo: egli si ricordò della amicizia del principe di Salerno Guaimaro III e determinò di utilizzarla al santo scopo che si prefiggeva. Partì, dunque, alla volta di Salerno e nel suo viaggio dovè salire alla Grotta Arsicia, della quale Alferio aveva già preso possesso, e dovè con le pupille bagnate di lacrime rivedere l’eremo abitato per tanti anni, dove per penitenza, nell’estasi e nella preghiera aveva passato la primavera della sua vita. A parere del Guillaume questo viaggio di Lucido a Salerno, e forse nella Valle del Calore, fu l’unica parentesi che egli fece alla sua vita solitaria, dal suo ritorno a Montecassino alla sua morte preziosa. È ovvio pensare la gioia del principe Guaimaro e di tutta la sua famiglia nel rivedere Lucido che «era stato per sì lungo tempo suo padre spirituale e a preferenza di tutti suo intimo consigliere». Guaimaro lo colmò di doni per il suo nuovo monastero e per la sua chiesa; Lucido portò via da Salerno arredi sacri, preziosi codici antichi ed una ricca suppellettile per uso dei frati. Il principe «ben volentieri e con grande generosità gli concesse qualunque cosa gli piacesse di portar via». Ritornato all’Albaneta il Santo ampliò l’antica chiesetta in onore della Madre di Dio e la fece elegantemente decorare ed arricchire di belle figure. Costruì altresì un splendido monastero con molte celle, disposte in giro intorno al chiostro per comodo dei suoi frati, ed ivi definitivamente si ritirò con circa 30 monaci52. «Cum autem post aliquantum tempus praefatus domnus Liutius ibi venisset et plurimum sibi locus ipse placuisset, elegit ibi usque ad mortem consistere et in servitio ipsius Dei Genitricis perseverare. Regressus igitur ad principem Guaimarium, cui dudum et pater spiritualis, et familiaris super omnes extiterat, multa ab eo et diversa ornamenta ecclesiastica et codices nonnullos, necnon et aliam fratrum usus non modicam suppellectilem adquisivit; libentissime illo ac liberaliter cuncta quae vellet accipere, concedente. Mox itaque praedictam Dei Genitricis ecclesiam multo satis, quam erat, in omnibus ampliorem efficiens, atque depingens, habitacula quoque in circuitu, ad diversos commanentium (usus) usque non mo52
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Il monastero dell’Albaneta fiorì per molti secoli e fu il rifugio delle anime desiderose di trovare la pace e Dio. Ebbe non un abate, ma un preposto o priore che, soggetto all’abate di Montecassino, era obbligato all’annuo pagamento di un censo alla Camera Cassinese. L’Abate Desiderio - come riferisce Pietro Diacono53 - dal monastero dell’Albaneta prese metà della suppellettile e dei monaci per destinare quella e questi ad un altro cenobio. Del monastero di S. Maria dell’Albaneta troviamo mensione in non pochi documenti di Lucio III, Clemente III, Alessandro IV e di molti Abati Cassinesi, riportati dal Gattola54. Il monastero dell’Albaneta subì le vicende dei secoli e nel 1724 fu restaurato con la chiesa che fu ricostruita dalle fondamenta, perché cadente. Meritamente il Guillaume lo chiamava “famoso”, perché questo cenobio fondato da Lucido ha ospitato tra le sue mura S. Tommaso D’Aquino e S. Ignazio di Loyola. S. Tommaso vi dimorò come novizio benedettino dal 1231 al 1239, cioè dall’età di 5 anni a quella di 14, e vi studiò grammatica e filosofia55. S. Ignazio di Loyola vi stette ritirato nel 1538 per 50 giorni con Pietro Ortiz, ambasciatore dell’imperatore Carlo V presso la Santa Sede. Nel ritiro dell’Albaneta egli compose la regola dei Gesuiti e i suoi famosi Esercizi Spirituali56. Oggi il cenobio di S. Lucido è quasi un mucchio di rovine e - peggio ancora - è divenuto una scuderia, una stalla indecente. Abbandonato qualche secolo fa dai monaci cassinesi, questo insigne monumento della pietà e dell’apostolato di Lucido, non ha trovato un cuore generoso che l’avesse restituito all’antico splendore e all’antico culto. Nel secolo scorso l’ab. Tosti contemplava con dolore quelle rovine e scriveva: «Fa vergogna vedere questa casa, onorata già dalla presenza di tanti uomini illustri, abbandonata da molti anni dai Cassinesi, cadente per la forza deleteria del tempo e mutata in un’indecente stalla di armenti!»57. V Ultimi anni e morte di S. Lucido Nel monastero di S. Maria dell’Albaneta Lucido dimorò fino alla morte. Per circa dicae quantitatis aedificavit, ibique cum triginta circiter fratribus religiosissime conversari coepit». Leo Ost. c. XXX. 53 Lib. III. c. 37. op. cit. «De monasterio Albanetae integram omnium mobilium medietatem accipiens, et cum medietate etiam eiusdem loci Monacorum illuc trasmittens, etc.». 54 Op. Cit. pag. 102 e seg. Il Gattola riporta un doicumento del 1060, anno in cui era priore un certo Bono; un secondo del 1196 al tempo del priorato di Giovanni di Salerno, cardinale di S. Stefano in Monte Cellio; un terzo del 1221, quando era priore un tal Tancredi di Brittola; un quarto del 1224 col quale l’Abate cassinese Stefano fa alcune concessioni al monastero di S. Lucido. Il Gattola riporta doicumenti fino al 1481. 55 Cfr. De Vera: S. Tommaso D’Aquino e la Badia di Montecassino. Montecas. 1858. 56 Cfr. Gattola: Hist. Cass. II. - Bartoli: Della vita e dell’Istr. di S. Ignazio - Gravina: Vox turturis II. c. 32. 57 Bibl. Cass., 1874, I, prologo. p. VIII.
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trent’anni egli non pensò che ai supremi interessi dell’anima e raggiunse le più alte vette della perfezione religiosa. Il suo cenobio divenne il rifugio delle anime più perfette che a quei tempi di rinascimento religioso e morale non difettavano nell’Ordine di S. Benedetto. Egli era il padre, il maestro, il servo dei suoi frati e li precedeva tutti con l’esempio luminoso di una vita santa ed austera. L’Ostiense descrive mirabilmente con pochi tratti magistrali la vita del nostro Santo dalla fondazione del monastero dell’Albaneta fino alla morte; Pietro Diacono, il Mabillon, il Gattola ed altri storici dell’Ordine benedettino58 seguono le orme del Marsicano. Un’umiltà profonda che lo spingeva ai più bassi e volgari servizi del cenobio, un’austerità che faceva ricordare i più insigni penitenti del deserto nell’uso quotidiano di tutti i mezzi che valgono a domare le ree passioni della carne, una continua ascensione verso Dio mediante le due ali poderose della preghiera e della contemplazione, il più ardente amore verso Dio e verso i fratelli, la più accesa divozione a Gesù Sacramentato e alla Vergine Madre: ecco in poche parole la vita più divina che umana del Solitario dell’Albaneta. Egli a preferenza di tutti i suoi frati dava esempi di umiltà, di povertà, di abnegazione, si abbassava ai più umili servizi del monastero e non disdegnava di compiere i più vili lavori manuali. Leone Ostiense riferisce che Lucido «secondo il costume dei servi» preparava la farina per la confezione del pane, necessario ai frati e ai poveri, e mentre attendeva al lavoro cantava, senza tregua con trasporto e fervore, devoti salmi ed inni sacri. »Il Santo perseverò in questa grande umiltà ed austerità di vita, indefessamente, fino alla morte», che lo colse in età molto avanzata. La vita di Lucido fu una fedele, mirabile realizzazione dell’ideale benedettino: Ora et labora, e la regola del Patriarca di Norcia è la più esatta stregua per giudicare della sua eroica perfezione. Dove e quando morì il nostro Santo? La leggenda fiorita nella Valle del Calore, accolta anche nelle Lezioni del Breviario59, ritiene, come già abbiamo più innanzi accennato, che Lucido negli ultimi anni della vita sia ritornato nel monastero di S. Pietro presso Aquara sua patria, abbia, a poca distanza da esso, costruita la devota cappelletta di S. Maria del Piano e finalmente sia colà passato alla vita immortale, nientemeno, nell’anno 938 ... La leggenda è destituita d’ogni verosimiglianza ed è sfatata da Leone Ostiense sia nella data che nelle circostanze che accompagnarono la morte di Lucido. Pietro Diacono e tutti gli altri cronisti dell’Ordine benedettino sono d’accordo col Marsicano. S. Lucido morì nel monastero dell’Albaneta a Montecassino e colà fu sepolto al tempo in cui era abate Leo. Ost. Op. cit. c. XXXI. Pietro Diacono: op. cit. c. 30. Mabillon: Annales. IV. p. 292 e Acta SS. O. B. VIII. p. 97 ecc. 59 «Demum patriam repetens, inter Acquariam et Sancti Petri Monasterium, aediculam Deiparae Mariae de Plano construendam curavit, quam adhuc fideles pie venerantur. Ibidem, meritis et virtutibus onustus, placidissimo exitu obiit, anno reparatae salutis nongentesimo trigesimo octavo». 58
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il bavarese Richerio60. In quale anno e in quale giorno trapassò il Santo? Essendo egli morto al tempo dell’abate di Montecassino Richerio possiamo sicuramente assegnare la morte di Lucido dal primo giugno del 1038, epoca in cui fu eletto Richerio, all’11 dicembre del 1055, epoca della sua morte61. Inchiniamo a credere che il Santo sia morto sul principio del governo di Richerio verso la fine del 1038, più che ottuagenario. I menologî benedettini la commemorano il 5 o 6 dicembre ed assegnano evidentemente uno di questi giorni come data della sua morte62. Il Durac, il Buccellini, il Lubin ed altri agiografi benedettini utilizzarono nei loro menologî autori più antichi, cronisti cenobiali coevi, o per lo meno rispettabili tradizioni tramandate con solenni commemorazioni annuali nei monasteri, dove i santi e beati erano trapassati. Nel monastero dell’Albaneta che ai loro tempi era ancora abitato dai monaci, e nella stessa Badia di Montecassino S. Lucido doveva senza alcun dubbio essere commemorato ogni anno fin dall’epoca della sua morte. Possiamo, dunque, credere ai su detti agiografi per quanto riflette il giorno del beato passaggio di Lucido alla vita immortale63. VI I resti mortali di S. Lucido Da documenti inoppugnabili raccolti nei supplici libelli presentati alla S. Congregazione dei Riti, oltrecché da una costante, non mai interrotta tradizione, risulta che nel 1498 fu fatta la solenne traslazione dei resti mortali di S. Lucido dalla chiesa del monastero di S. Pietro alla chiesa parrocchiale di S. Nicola di Bari in Aquara. Le insigni reliquie del nostro Santo - il capo e molte ossa - erano chiuse in una teca di argento, conservate gelosamente ed esposte alla venerazione dei fedeli su d’un altare della chiesa di S. Pietro, dove accorrevano a venerarle da tutti i paese circonvicini. Il cenobio di S. Pietro, i cui ruderi ancora si vedono, andò in rovina nel secolo XV e Leo. Ost. I. c. «Richerii abbatis tempore in monasterio isto (dell’Albaneta) defunctus atque sepultus est». 61 Gli Annales Cavenses all’anno 1038 segnano: «Richerius fit abbas Monasterii Casinensis» e all’anno 1055: «Richerius Abbas Casinensis defungitur et Petrus Abbas Casinensis statuitur». 62 Cfr. il Durac: Mon. Cas. Tom. II. Il Buccellini al giorno 5 dic. del suo Menologium Benedectinum Sanctorum, etc. Augustae Vindelicorum 1656 scrive: «Nonis decembris: In Italia Beati Lucii Monachi Casinatis, quicum eximia virtutis laude floreret, magnam passim apud omnes consequutus est nominis existimationem; codidit vir sanctus Albanense coenobium, et multis praeclare gestis, in terris etiam immortalis, felix ad felicissimam illam immortalitatem nunquam moriturus evotavil». Mentre il Buccellini commemora S. Lucido il 5, Arnaldo Durac lo segna al 6 dicembre. 63 Nella Valle del Calore la leggenda popolare intorno alla morte di S. Lucido ritiene che, quando il Santo morì nel monastero di S. Pietro, il suo passaggio al paradiso fu accompagnato dal suono delle campane, non mosse dalla mano dell’uomo, e da concenti angelici. 60
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fu abbandonato dai monaci benedettini; la chiesa seguì le miserevoli sorti del monastero. Per sottrarre le reliquie di S. Lucido alla irriverenza delle intemperie e al pericolo di essere rubate con la teca di argento, il vescovo di Capaccio e l’Abate di Montecassino dettero di comune accordo il permesso, perché fossero trasferite nella chiesa parrocchiale di Aquara. La traslazione avvenne nell’ottava della Pentecoste, domenica dedicata alla festività della Santissima Trinità, nel 1498, con immenso concorso dei popoli circonvicini e tra solennissime manifestazioni di gioia; essa, però, è stata sempre nel 28 luglio di ogni anno. La tradizione ritiene che durante la solenne traslazione Dio operò molti miracoli per glorificare il nostro Santo. Narreremo più appresso le vicende delle reliquie di S. Lucido, che si confondono con quelle del suo culto nella Valle del Calore e fuori. Affrontiamo per ora una questione capitale per quanto spinosa ed insolubile: sono autentiche le reliquie del Santo, trasferite dalla chiesa di S. Pietro a quella parrocchiale di Aquara nel 1498? E nell’affermativa come potrebbe spiegarsi la loro presenza nel secolo XV, nella Valle del Calore, quando S. Lucido fu seppellito, come abbiamo innanzi provato, nella chiesa dell’Albaneta a Montecassino? Premettiamo che la leggenda è perfettamente consona a se stessa: essa fa morire S. Lucido a S. Pietro, fa colà riposare i suoi resti mortali e li dichiara presenti nell’istesso luogo fino al secolo XV. Poiché è falsa ed infondata la premessa che, cioè, il Santo sia morto e sia stato seppellito a S. Pietro, nella Valle del Calore, per dichiarare autentiche le reliquie traslatate nella chiesa parrocchiale di Aquara nel 1498, bisogna supporre necessariamente una prima traslazione di esse dal ritiro di S. Maria dell’Albaneta di Montecassino al monastero di S. Pietro. Questa traslazione non risulta improbabile se si pensa che il cenobio dell’Albaneta, come quello di S. Pietro, dipendevano tutti e due dall’abate di Montecassino che avrebbe dovuto autorizzare il trasferimento delle reliquie. I monaci di S. Pietro, dove Lucido era stato educato ed aveva vestito l’abito di S. Benedetto, dovettero chiedere in grazia all’Abate di Montecassino il sacro deposito che in tutta la Valle del Calore avrebbe immensamente accresciuto il loro prestigio. Vivissime istanze dovettero esser avanzate dai cittadini di Aquara e di tutti i paesi circonvicini che riguardavano Lucido come un’autentica gloria patria e già lo veneravano come santo. In qual’epoca poté avvenire questa prima traslazione dall’Albaneta a S. Pietro del Calore? Nel secolo XV, quando avvenne la seconda traslazione, la traslazione dell’autenticità delle reliquie di S. Lucido era così sicura e pacifica che nessuno osava dubitarne; essa, dunque, era antichissima e si confondeva con le origini del culto prestato al Santo nella Valle del Calore. Questo culto, come risultava fino a pochi anni fa dalle tabelle votive, da voti metallici, da cerei con date sicure, risale indiscutibilmente al XI secolo. Un documento del 1525 che non riporteremo per intero in appendice, dice che ab immemorabili in occasione di pubbliche calamità «è stato solito in d. Terra esponersi processionalmente la reliquia del Beato». Tutto questo ci fa pensare che i resti mortali di S. Lucido dovettero essere trasportati dall’Albaneta a S. Pietro nella Valle del Calore poco
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dopo la sua morte e cioè verso la metà del secolo XI. Queste - si comprende - non sono che induzioni con cui cerchiamo di metter d’accordo la sicura testimonianza di Leone Ostiense, intorno al sepolcro di S. Lucido a Montecassino, con la tradizione popolare, accettata anche dalla Chiesa intorno alla presenza delle sue reliquie prima nella chiesa di S. Pietro del Calore e poi in quella parrocchiale di Aquara. Riassumiamo le vicende posteriori delle reliquie del Santo in poche parole. Il cranio e le ossa, dopo la traslazione del 1498, furono custodite nella chiesa parrocchiale di Aquara. Nel 1649 il sacro deposito fu riposto nella statua di argento che i cittadini di Aquara eressero al loro protettore in segno di riconoscenza per tanti benefici ricevuti. Più tardi fu costruita un’apposita cappella con relativo altare di marmo, nella quale fu collocata la statua argentea con le reliquie, chiuse in una bella teca, ugualmente d’argento. L’edicola, in cui si conservano anche oggi le reliquie, è chiusa con grate di ferro e lastre di vetro. Le tre chiavi, con cui l’edicola è chiusa, sono state, secondo l’uso, conservate una dall’arciprete, la seconda dal sindaco e la terza dal procuratore della cappella di S. Lucido. Il 10 febbraio del 1895 sacrileghi ladri involarono il tesoro della cappella con preziosi oggetti votivi antichissimi. Il 23 marzo dello stesso anno portarono via anche il vetusto simulacro di argento e la teca con le reliquie del Santo. Il furto lanciò nel lutto il paese che pianse con calde lacrime la perdita irreparabile. Fortunatamente il 31 luglio di quell’istesso anno in una crollante casa rurale furono ritrovate intatte le sacre reliquie, insieme alla base di legno della statua e le vesti di cui era ricoperta. Il sacro deposito, debitamente riconosciuto, fu trionfalmente riportato nella chiesa parrocchiale di Aquara con immenso concorso di popolo che da tutti i paesi circonvicini era accorso per partecipare alla gioia dei concittadini di S. Lucido. Il ladro, identificato dalla giustizia, fu severamente punito. I figli di Aquara ancora una volta si mostrarono degni dei padri loro: volontariamente si tassarono e fecero cesellare una nuova statua di argento, che su disegno dell’insigne artista Cav. Cepparulo, eseguì il Cav. Vincenzo Catello dell’Istituto Casanova di Napoli. Le sacre reliquie furono chiuse nel nuovo simulacro argenteo e rimesse nella cappella del Santo al pubblico culto. Un’insigne reliquie del Santo si conserva nella chiesa parrocchiale di S. Lucido in Calabria; ma non sapremmo precisamente la provenienza e provarne l’autenticità. VII Culto di S. Lucido Il culto ab immemorabili reso a S. Lucido fu solennemente riconosciuto da Leone XIII con decreto della S. Congregazione dei Riti dell’8 gennaio 188064. Monsignor Domenico Fanelli vescovo di Teggiano raccolse i voti e le preghiere del clero e del popolo di Aquara 64
Vedi decreto nell’appendice.
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e li trasmise a Roma. Fu istruito regolare processo nel quale furono raccolti documenti e tradizioni e fu trionfalmente provato che il culto reso al Santo risaliva all’epoca della sua morte. Il decreto di riconoscimento del su detto culto, conforme alle norme segnate nel 1630 da Urbano VIII, fu accolto da solenni e clamorose manifestazioni di gioia e fu celebrato con pompose feste in tutta la Valle del Calore e specialmente in Aquara: esso metteva il sugello a circa 9 secoli di storia religiosa. Nell’Ordine benedettino la tradizione della santità e del culto di Lucido risale ininterrottamente al secolo XI: cronisti e storici sono pienamente d’accordo coi martirologi e i menologii dell’Ordine come può rilevarsi da quanto finora abbiamo scritto. Nelle Calabrie questo culto è antichissimo e n’è prova inconfutabile un paese - S. Lucido - in provincia di Cosenza, che s’intitola dal suo nome e lo ha da secoli per protettore. Nella Valle del Calore il Santo ha riscosso fin dalla sua morte il culto più devoto, come risulta non solo da testimonianze attendibilissime, da ex voti, cerei ed oggetti di divozione, sventuratamente in gran parte trafugati e perduti per il furto su accennato del 1895, ma altresì da numerosi documenti di cui ne riportiamo alcuni in appendice. Nel 1525 il 18 novembre - pochi anni dopo la traslazione delle reliquie del Santo da S. Pietro alla chiesa parrocchiale - l’Università di Aquara rivolse una commovente supplica al vescovo di Capaccio, alla cui diocesi a quei tempi apparteneva, per essere autorizzata a portare processionalmente la statua e i resti mortali del loro Santo concittadino, in tempi di pubbliche calamità. «L’Università ed Economi della Venerabile Cappella del glorioso S. Lucido della Terra di AquaraÉ espongono come i flagelli se compiace il Signore Dio a peccatori, di fame, infermità, dirotte piogge e siccità, è stato solito in d. Terra esponersi processionalmente la Reliquia del Beato...». Essi pregano il vescovo di permetter loro di «portar d. Beato processionalmente secondo il solito, avendo il popolo tutta la fede in d. processione, e fra l’altro quando il Beato viene asportato nella sua antica chiesa di S. Pietro, Monistero diruto dei PP. Cassinesi, dove era la stanza di esso loro Protettore». Nella supplica domandano al vescovo il permesso di esporre il Santissimo nella novena «prima della festività d’esso Beato», «atteso questa è la principale festa si fa in d. Terra». Il vescovo di Capaccio concede, senza difficoltà alcuna e come cosa normale, le richieste licenze65. Il 2 ottobre del 1634 con rogito pel Giudice dei Contratti, cioè per il notaio Virgilio Matteo, il Clero e l’Università di Aquara proclamarono solennemente S. Lucido principale Patrono e Protettore del paese. Innanzi al notaio convennero le autorità religiose e civili, tra cui l’arciprete Antonio Marinis, il Vicario generale del Card. Brancaccio Vedi il documento riprodotto per intero in appendice a questo volume e nella risposta al Promotore della fede: Dianen, seu Aquarien concessionis et approbationis officii et missae in honorem servi Dei Lucidi etc. Romae, typis Guerra, 1889. 65
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Vescovo di Capaccio, Antonio de Magistro Sindaco del paese, D. Antonio Spinelli, duca di Aquara; essi proclamarono, oltre S. Nicola di Bari, loro Patrono «il B. Lucido dell’Ordine Benedettino, insigne per Santità di vita, per miracoli e carità». Tra le ragioni della proclamazione di S. Lucido a protettore di Aquara vi è anche quella d’essere stato il Santo loro concittadino. Fra le acclamazioni del popolo viene letto l’istrumento e viene stabilita la prima domenica dopo l’Epifania come giorno in cui sarebbe stata celebrata la solenne festa del Santo. Il Vicario Generale Orazio Marsilio rivolge supplica all’Ordinario diocesano perché sancisca ciò che è stato stabilito intorno alla festività di S. Lucido. In data 10 dicembre 1642 il Card. Tommaso Carafa, vescovo di Capaccio, nella S. Visita approva quanto il Vicario Generale aveva domandato66. Nella prima domenica dopo l’Epifania si celebrava il Patrocinio di S. Lucido; nell’ottava di Pentecoste si celebrava la commemorazione della traslazione delle sue reliquie dalla chiesa di S. Pietro alla parrocchia di Aquara. Dopo il riconoscimento ufficiale del culto ab immemorabili, nel 1886 il clero e il popolo di Aquara pel tramite dell’Ordinario diocesano, Mons. Vincenzo Addessi trasmettevano alla Santa Sede devote suppliche perché concedesse l’ufficio e la messa propria di S. Lucido nelle due solennità di gennaio e del 28 luglio, giorno in cui veniva trasferita la festa della traslazione solita a celebrarsi nell’ottava di Pentecoste. La supplica dell’arciprete Mariano Serrelli e del clero porta la data del 12 giugno e quella del municipio a nome del popolo porta la data del 25 giugno del 1886. Monsignor Addessi trasmise i voti del clero e del popolo di Aquara a Roma con una speciale supplica del 13 luglio dell’istesso anno. Lo schema dell’ufficiatura comprendeva gl’inni, l’orazione propria e le lezioni del secondo notturno; il resto era desunto dal comune dei Confessori non Pontefici. La prima ufficiatura veniva stabilita all’8 gennaio con l’ottava al 15; nell’ottava le lezioni del secondo notturno erano tolte da S. Bernardo. Per la festa del 28 luglio venivano proposte le lezioni proprie del solo secondo notturno, nelle quali era narrata la solenne traslazione del 1498. La festa del gennaio veniva domandata col rito doppio di prima classe con l’ottava e quella di luglio col tiro doppio maggiore. Il Promotore della Fede Mons. Agostino Caprara fece le sue deduzioni in contrario, che furono trionfalmente confutate con una elaborata memoria, approvata dalla S. Congregazione dei Riti67. Finalmente il 27 febbraio 1890 la stessa S. Congregazione approva l’ufficio e la messa di S. Lucido con rito doppio di prima classe con l’ottava, per il solo 28 luglio di ciascuno anno68. Vedi in appendice i documenti su accennati. Vedi raccolte in un solo opuscolo l’ufficiatura e le memorie col titolo: Sacra Rituum Congregatione Em. ac R. mo Domino Card. Lucido Maria Parocchi relatore. Dianen seu Aquarien concessionis et approbationis officii proprii et missae in honorem Servi Dei Lucidi ex Ordine S. Benedicti Sancti ac Beati nuncupati. Instantibus Episcopo Dianensi et clero et populo civitatis Aquariae. Romae, Typis Guerra, 1889. 68 Vedi l’Officium col relativo decreto della S. Congregazione dei Riti nell’appendice di questo volume. Esso fu pubblicato a cura dell’arciprete Mariano Serrelli col titolo: Officium 66 67
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Restò, così, stabilita l’unica solenne festa del Santo per il 28 luglio, come tuttora si celebra con gran pompa e col concorso di tutti i paesi circonvicini. L’attuale arciprete Giovanni Andreola nulla ha tralasciato per accrescere il culto di S. Lucido e per diffonderne la gloria in mezzo al suo popolo. Con gravi sacrifici personali egli ha restaurata tutta la chiesa parrocchiale, l’ha arricchita di sacri arredi e di nuove statue, ha introdotto nell’annuale festa del Santo Patrono un solenne triduo eucaristico di preparazione, con musica sacra, con oratori di grido, e con pompose funzioni religiose. Queste stesse pagine, dirette ad illustrare la figura del Santo e ad accrescerne il culto, sono state scritte per le sue amichevoli insistenze e fraterne premure. S. Lucido rimane anche oggi, come nei secoli passati, per Aquara il padre, il concittadino, il patrono, la gloria, il rifugio nei momenti più critici della vita cittadina, domestica ed individuale. Le tabelle votive dimostrano l’animo grato del popolo e sono la migliore documentazione delle grazie e dei favori largiti al suo popolo dal gran Santo benedettino. Ormai il nome di Lucido è inciso a lettere d’oro sulle porte di Aquara e la storia della civiltà, della fede, del patriottismo di questa vetusta città lucana, si confonde, da nove secoli, con quella dell’apostolato, della santità, della gloria del suo figlio più grande e più celebrato. *** Documenti del culto di S. Lucido69 I Dianen seu Aquarien confirmationis cultus ab immemorabili Tempore praestiti Servo Dei LUCIDO ex ordine Sancti Benedicti, sancto et beato nuncupato. Quum in Ordinario Coetu Sacrorum Rituum Congregationis subsignata die ad Vaticanum coadunato, istantibus R.mo Episcopo utroque Clero, ac populo Dioeceseos Dianensis, E.mus et R.mus D.nus Cardinalis Ioannes Baptista Pitra huius Causae Ponens sequens Dubium proposuerit, nimirum: An sententia lata a Dianensi Episcopo super Cultu ab immemorabili praestito Servo Dei praedicto, seu super casu excepto a Decretis sa: me: Urbani Papae VIII sit confirmanda in casu, et ad effectum de quo agitur? = E.mi et R.mi Patres sacris tuendis Ritibus praepositi, omnibus accurato examine perpensis, auditoque voce et scripto R.P.D. Laurentio Salvati Sanctae Fidei Promotore, rescribendum censuerunt: Constatare de Cultu immemorabili praestito Servo Dei Lucido Beato et Sancto nuncupato, seu de casu excepto a Decreti Sancti Lucidi Sacra Rituum Congregatione approbatum - Neapoli Typis Mariani Ruggiani 1890. 69 Dei numerosi documenti del culto di S. Lucido specialmente in Aquara ne riportiamo solo alcuni più importanti; gli altri potranno essere consultati nei processi per il riconoscimento del culto stesso.
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Urbani Papae VIII = Die 18 Decembris 1879. Quibus per infrascriptum Secretarium Sanctissimo Domino Nostro Leoni Papae XIII fideliter relatis, Sanctitas Sua rescriptum Sacrae Congregationis ratum habuit et confirmavit = Die 8 Ianuarii 1880. D. Cardinalis Bartolinius S. C. R. Praefectus. SAC. RIT. CONGR. D. CAR. RALLI S. C. R. SERVIUS Sigilli locus
II Supplica dell’Università di Aquara al Vescovo di Capaccio (Dagli Archivi vescovili di Capaccio) L’Università ed Economi della Venerabile Cappella del Glorioso B. Lucido della Terra di Aquara, Umilissimi Servi ed Oratori di V. S. Illma con sup. umilmente l’espongono, come li flagelli se compiace il Signore Iddio a peccatori di fame, infermità, dirotte piogge e siccità, é STATO SOLITO in d. Terra esponersi processionalmente la Reliquia del Beato, per quale è stato sempre necessario mandarsi per ricevere la licenza di V. E. Illma o d’altri antecessori persona opposta; e ciò è sortito doppo essernosi inoltrati li flagelli per essere sottoposta detta loro Terra ad un terribile fiume; e però non puotesi in ogni occorrenza ciò fare. Perloché supplicatone V. S. Illma l’anno passato si compiacque a sentire, che nelle necessità fusse stato lecito esponere in processione d. Beato, e per dappocaggine de’ persone hanno disperso tal rescritto. Che però ne vengono a suoi piedi, e la sup. per le viscere di Christo concedere loro licenza che nelle necessità sia lecito portare d. Beato processionalmente SECONDO IL SOLITO, avendo il popolo tutta la fede in d. processione, e fra l’altre quando d. Beato viene asportato nella sua antica chiesa di S. Pietro Monistero diruto de PP. Cassinesi, dove era la stanza di esso loro PROTETTORE, il che in questi cattivi tempi non ha possuto sortire per le cause di sopra. Come pure la sup. voler assentire ordinare a’ Parrochi, che saranno e sono presenti, che si possa nove giorni prima della festività di esso Beato esponersi in detta Cappella ogni sera il sacrosanto Venerabile ogni anno affinché si avanzi la devozione prima di detta festa e che si prepari il popolo nove giorni prima a solennizzare la festività di d. loro PROTETTORE PRONO, e Patriota atteso questa è la principale festa si fa in d. Terra senza alcuna divozione eccetto delli vesperi e messa, tanto più che il popolo forastiere è innumerabile ed essendo ogni cosa giusta li sup. ti lo riceveranno, qua Deus, etc. Liceat ut petit: ect. dummodo fiat cum debita decentia, et circa expositionem Venerabilis cum numero Candelarum praefixo in Constitutionibus Synodalibus. Datum Caputatii ex Epli nostro Palatio hac die 18 Ms. 9bris 1525 = Augustinus Caput Capureg. = Gratis = Li Govern.ri della retrotta Cappella nuovamente supplicano V. E. Ill.ma a causa che
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il nostro Arciprete non vuole intervenire alla esposizione pred. che li commetta ad altro sacerdote li parerà che esponga e consacri, e che il R.mo Arciprete consegni la chiave della custodia vecchia, nella quale si riponeva il SS.mo Venerabile; essendo detta custodia conveniente atteso se ne servono anche nella settimana santa e del tutto ut Deus. Attentis denuo supplicatis cum iusta petentibus non sit denegandus assensus et maxime in illis quae tendent ad divinum Cultum Populique devotionem providendo, Mandamus Rev: Arch: quod. sub poena ducatoq. viginti, piis et pro illis mandati exsecutivi, aliusque arbitriis est esponat ut petitur Venerabile Eucharistiae Sacramentum in enunciata novena B. Lucidi, in qua expositione interveniant pat. Proc. fol. III. (Summ. sup. cultu in pagg. 11-13). III Istrumento pubblico con cui S. Lucido è proclamato Patrono di Aquara Die vigesimo nono mensis octobris secundae indictionis millesimo sexcentesimo trigesimo quarto Aquarique. Quod virum Sanctissimum Beatum Licidum Potronum hujus praefatae Terrae Aquariae adduximus, ut ea res invictissimo atque Augustissimo Regi nostro Philippo Quarto, et excellentissimo Principi Oliveti duci Terrae Aquariae, ac Vice Marchioni Populoque Aquariensi prospera et laeta eveniat votis omnibus precamur. Igitur quod omnibus innotescat hodie praedicto die cum praesentia, et interventu Reverendi Domini Caroli Antonii de Marinis Archipresbyteri praefatae Terrae Deputati ut dixit, per admodum Illustrissimum et Reverendissimum Dominium Oratium Marsilium generalem Vicarium Eminentissimi et Reverendissimi Domini Cardinalis Brancatis Episcopi Caput Aquensis = Costituti in nostra praesentia et in templo Sancti Nicolai ante aram maiorem praedictae Parrocchialis Ecclesiae, in qua conservatur Sanctissimum Sacramentum Eucharistiae liben tius de Magistro Antonio generalis sindacus, Antonellus Carusius, Ioannes Baptista Minella, Vincentuis Gagliardus, et Nicolaus De Mottula electi praedictae Terrae ac etiam infrascripti Deputati U. S. = Excellentissimus Dominus Don Antonius Spinelli Dux Aquariae, (seguono altri nomi d’illustri personaggi) per Universitatem praedictam ad hunc effectum specialiter deputati; astante etiam frequentissima et innumerabili, tum civium tum exterorum multitudine. Praedicti Sindacus et electi, ac deputati pubblici declaraverunt hanc Terram et Universitatem jamdiu summo studio concupiisse, atque exoptasse praedictum Beatum Lucidum Religionis Benedictinae vitae Sanctitate, miraculis et charitate insignem in Tutelarem PATRONUM referre, ut praeter Sanctum Nicolaum Beati quoque Lucidi, adjunctis precibus praepontes, et miserator Deus mala omnia avertat bonaque plena manu largiatur. Huius autem optandi PATROCINII praeter causas, quae cum aliis possunt esse communes, illae etiam accesserunt, quod ex hac ipsa Terra a Familia de Maria originem trahat, quod bonae vitae partum in hac Terra e sacra aede Sancti Petri traduxerit, quo tempore Cives omnes singulari studio complexus est. Quam ob rem re comunicata per V. I. D. Lutium Antonium Paganum Concivem cum Illustrissimo
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et Excellentissimo Domino Trajano Spinelli Oliveti Principi Vice Marchioni, et hujus etiam Terrae Aquariae Duce optimo et Patrono praestantissimo, non modo potestatem fecit, sed cohortatus est etiam operamque suam dedit apud Eminentissimum Cardinalem Brancantium Episcopum Caput Aquensis Dioecesis pollicitus, ac rem omnem postea singulari pietate promovit, tandem eminentissimus et Reverendissimus Episcopus, sive ejus Reverendissimus generalis Vicarius Universitatis precibus commotus collaudat ejus studio, ac pietate est ut id faceret voti compotem transmissis ad hanc Universitatem ipsosque et electos literis dimissorialibus, quae penes supradictum Archipresbyterium conservantur, et detinentur, et inferius descibentur. Quare Sindacus et electi praedictae Terrae et Universitatis nomine ejus voluntatem adimplere volentes, Beatum Lucidum in PATRONUM et PROTECTOREM accipiunt, eumdemque Beatum submisse, atque obsecrant, ut assiduas pro eo ad Deum praecess, infundat, Terramque a peste, fame et bello coeterisque infortuniis vindicet ac tucatur et in fidem, et tutelam acceptam Cives, atque incolas omni bonorum genere cumulet, ac divinum praecipue obsequium nostris impetret. Precare Phylippum Regem nostrum Catholicum quartum et fidei defensorem acerrimum, et Trojanum Spinellum Principem, ac Don Antonium ejus filium Ducem nostrum praestantissimum, et Dominum Angelum Carafam ejus conjugem cum eorum prole protegat, et foveat Sanctam justamque voluntatem eorum fortunet atque dirigat, eiusque longevam ac felicem aetatem exoret. Praedicti denique Sindacus, et electi ejusdem Beati Lucidi Augustissiman imaginem, ejus caput et corporis partem in bene deaurata theca repositum ad sacellum illud templi Sancti Nicolai, quod ad hunc effectum constructum et dicatum est collocari volunt ejusque Agregationis diem Dominicum post Festum Ephiphaniae singulis annis in perpetuum ut diem festum solemnem colendum ac celebrandum fore pollicentur, jurantes ad Sancti Dei evangelia tactis scripturis meque Ioannem Camillum Paganum Regia et Apostolica auctoritatibus Natarium rogaverunt ut haec omnia ad futuram rei memoriam, certitudinem et cautelam, ac plenam fidem meis tabulis referrem universo acclamante populo, ac Beati Lucidi nomen pluries, atque saepius iterante, et ad sua vota invocante unde etc. = Praesentibus pro Iudice et testibus = Virgilio Matteo Terrae Aquariae Regius ad contractus Iudice = Rev. Dom. Ioannes Andrea De Sylaestri Terrae Malensugni = Rev. Clerico Francisco Alberto de Neapoli ect. IV Lettera del Vicario Generale Marsilio al Card. Vescovo di Capaccio Ill.mo e Rev. mo Signore, L’Università di Aquara fa intendere a V.ra Ecc.nza Rev.ma come per le infinite grazie ricevute e miracoli visti del Beato Lucido de’ quali tene segnalate Reliquie della Testa, e
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infinite ossa, come in tutte le visite fatte in detta Terra dalli Vescovi sono state viste ed approvate ed in particolare dall’Ordinario Vescovo che nostro Signore salvi, mantenghi, et esalti, have in parlamento pubblico ricevuto, ed eletto quello per PATRONE, e PROTETTORE, e perché desidera in honor di quello farne segnalata solennità, cioè portarla per tutta la terra in processione, con far cantar solennemente la messa e vespero nella Domenica prima dopo l’Epifania per i miracoli e grazie ricevute in quel giorno, supplica V. E. Rev. ma resti servita concedere licenza, et ordinare all’Arciprete, e Clero che possa fare detta solennità in honor di quello senza addizione di messa, nè ufficio eccetto il corrente conforme al rito della Sacra Congregazione e la supplica anco a commettere a chi piacerà a V. E. Rev.ma di pigliare informazione delli miracoli per honor e gloria di nostro Sig: e di detto Beato e l’avrà a grazia singolarissima ut Deus etc. La supplica anco per licenza di fare le cautele necessarie per lo Patrocinio di detto Beato. Concedimus facultatem asportandi processionaliter supra Spta Reliquia ut petitur, ea qua decet reverentia, et decore et insuper Rdus Archipresbyter Terrae Aquariae informationem capiat de miraculis expressis in praed. supplicatione, fiantque praed. cautelae ad augendam Fidelium devotionem, Nosque postea certioranda etc. dantes etc. Salae, Quarto Iannuarii millesimo sexcentesimo trigesimo quarto. Oratius Marsilius Vicarius Generalis De Rosa Segretarius V La Santa Visita del 1642 In actu visitationis sub die decimo Decembris 1642 = Per Ill.mum Thomam Carafam Episcopum Caputaquensis festum Beati Lucidi ad universitatis praeces fecit missam celebrari in vie dominico post Pentecosten, et sic in octava Pentecostis cujuslibet anni. Visitavit reliquias Beati Lucidi repositas in statua lignea deaurata et venerantur et processionaliter deferuntur in die festivitatis quae celebratur in festivitate Sanctissimae Trinitatis, et aliquando in necessitatibus ad impetrandum divinum auxilium. ***
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OFFICIUM SANCTI LUCIDI SACRA RITUUM CONGREGATIONE ADPROBATUM DIE XXVIII JULII IN FESTO S. LUCIDI CONFESSORIS CIVIS AC PRINCIPALIS PATRONI AQUARIAEDUPLEX I CLASSIS (Cum Octava in Oppido) Omnia de Comm. Conf. non Pont. præter sequentia. IN I VESPERIS Hymnus
Vocibus læti resonis Patronum Lucidum, o cives, modulemur; almas Illius laudes renovet quotannis Uber Aquara. Integer vitæ scelerisque purus, Mente cÏlorum Dominum volutans, Quos cupit vanos facilis iuventa Sprevit honores. Quam rudem sumpsit Benedictus olim Induit castus tunicam; supernis Inclytus signis, miseros perenni Munere iuvit. Ergo si mundi premimur procellis Lucidi dextram populi benignam Invocent cuncti, dabit et precantum Vocibus aurem. Sit decus summur Triadi potenti, Quæ suam e cÏlo miserans Aquaram, Lucidi votis, mala nostra pellet Omne per ævum. Amen.
Oratio Deus, qui illuminas omnem hominem venientem in hunc mundum: intercessione et patrocinio Beati Lucidi Confessoris tui ita nos cÏlesti luce perfunde; ut ad sempiterna gaudia pervenire possimus. Per Dom.
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AD MATUTINUM Hymnus
Dive, qui lucem tribuis carenti Luce, qui callem pietatis illis Omnibus monstras, quibus est Iesus Summa voluptas; Si tui collis memor es virentis, Si mali nostri misereris, ista Vota, ferventes animique voces Comiter audi. Quisque iam fidum cupidus sequendi Te ducem vitæ, cupidus beatæ Sedis æternæ, sine labe quærat Degere tempus. Ut tamen nisus satanæ queamus Et dolos omnes removere, cives Tu iuva, serva, tegito precamur, Lucide sancte. Sit decus summum Triadi potenti, Quæ suam e cÏlo miserans Aquaram Lucidi votis, mala nostra pellet Omne per ævum. Amen.
IN I NOCTURNO Lectiones: Iustus, ut in Comm. 1° loco. IN II NOCTURNO Lectio IV Lucidus Aquariæ in Lucania, piis ac nobilibus parentibus natus, ab ipsa iam pueritia egregium futuræ sanctitatis specimen dedit. Adolescens bonis artibus vacans, cœpit maximis clarere virtutibus. Oblatas a patruo Olterigio honestas nuptias fortiter respuit, et sæculi illecebras atque terrenarum rerum contemnens cupiditates, in cœnobium Sancti Petri, Aquaria non longe dissitum, secessit. Ibi modestia et pietate clarus, ab Abbate Cassinensi monasticæ vitæ habitum recepit. Lectio V Non multis post annis ad Monasterium a Sancto Magno nuncupatum se contulit, ac vigiliis, ieiuniis et ciliciis corpus vel domare vel excruciare magis magisque in dies contendit. Deinde in Monasterio Cassinensi cœpit virtutes excolere illustriores, quas
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assiduo orationis studio confovebat. Attamen Iesu Christi Crucifixi amore flagrans, peregrinatione suscepta, Palaestinam invisit. In Italiam reversus, Cavæ, prope Salernum, cum Alferico coenobii illius fundatore in rupe delituit. Benevolentiam et admirationem Guaimari dynastæ adeptus, sed mundi illecebras et pompas aspernatus, Albanetam venit, ubi Monasterium ædificavit et rexit. Demum patriam repetens, inter Aquariam et Sancti Petri Monasterium, ædiculam Deiparæ Mariæ de Plano construendam curavit, quam adhuc fideles pie venerantur. Ibidem, meritis et virtutibus onustus, placidissimo exitu obiit, anno reparatæ salutis nongentesimo trigesimo octavo. Lectio VI Insignes Lucidi reliquiæ usque ad annum millesimum quadringentesimum nonagesimum actavum in æde Sancti Petri apud Aquariam servatæ fuere. At, destructo penitus coenobio, in Ecclesiam Aquariensem transferendas Abbas et Episcopus curarunt. Cum sacrum pignus pervenisset Aquariam, omnis clerus et ingens civium multitudo Lucidum, in patriæ subsidium et tutelam electum, plausibus sunt prosequuti. Ad eius autem beneficiorum memoriam posteris commendandam, argenteum simulacrum, quod sanctissimi Patroni caput et ossa tegeret, collato ære ereerunt; utque maiori, quo fieri posset, honore reliquiæ colerentur, additum est sacellum, altari marmoreo, argenteo simulacro et reliquiis cælata argenti theca servatis, maxime insigne. Quamvis autem Lucidus die quinto vel sexto Decembris e vita migraverit, eius tamen officium ac festum auctoritate Leonis Decimitertii Pontificis Maximi, qui etiam cultum immemorialem eidem praestitum approbavit, quotannis ad diem vigesimum actavum Iulii perpetuo transtatum fuit, quo solemnis ipsa exuviarum translatio recolitur. IN III NOCTURNO Homilia in Evang: Ecce nos reliquimus omnia: de Communi Abb. 3° loco. AD LAUDES Hymnus Iste, quem fidæ coluere terræ, Quas Calor lambit, superis repletus Ignibus, primi Domino dicavit Temporis annos. Ut graves Iesu melius dolores Corde sentiret, peragravit alma, Solus et lugens, loca quæ rigabat Sanguine Christus. Numini gratus, macerans frequenter Ictibus corpus, sociis ad astra
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Angelis vectus, meruit beata Sede potiri. Sede, qua præbet senibus quietem, Dat probos mores facili inventæ, Omnibus blandum miseris iuvamen, Rite vocatus. Sit decus summum Triadi potenti Quæ suam e cÏlo miserans Aquaram, Lucidi votis, mala nostra pellet Omne per ævum. Amne. IN II VESPERIS De Comm. Conf. non Pont. cum Hymno ut in primis. Missa De Communi Abbatum cum prima Oratione ut in Officio. * ** DIE IV AUGUSTI OCTAVA S. LUCIDI CONFESSORIS (in Oppido Aquariae) DUPLEX Omnia ut in Die festo praeter sequentia. IN I NOCTURNO Lectiones de Scriptura occurrente. IN II NOCTURNO Lectio IV De sermone Sancti Bernardi Abbatis. Gaudete in Domino, dilectissimi, qui inter continua suæ pietatis beneficia indulsit hominem mundo, cuius multi salvarentur exemplo. Iterum dico, gaudete, quod factus de medio appropriavit Deo, ut multo plures eius intercessione salventur. In terris visus est, ut esset exemplo; in cœlum levatus est, ut sit patrocinio. Hic informat ad vitam, illic invitat ad gloriam. Factus est mediator ad regnum, qui fuit incitator ad opus. Bonus
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mediator qui sibi iam postulans nihil, totum in nos transferre desiderat, et supplicantis affectum et supplicationis fructum. Quid enim quærat sibi, qui nullius eget? Lectio V Hæc dies gloriosæ migrationis ejus, dies letitiæ cordis ejus: exultemus et lætemur in ea. Introivit in potentias Domini, gaudeamus: quia nunc potentior est ad salvandum. Hodie Lucidus, posito corpore, tanto alacrior, quanto expeditior penetravit in sancta, similis factus in gloria Sanctorum. Hodie, despecto mundo, et mundi principe triumphato, supra mundum victor ascendit, accipiens de manu Domini coronam victoriæ. Ascendit autem cum immensa suppellectili meritorum: clarus triumphis, miraculis gloriosus. Sedet veteranus miles, debita jam suavitate et securitate quietus: securus quidem sibi, sed nostri solicitus. O venerandam etiam ipsis Angelis sanctitatem, quam pari studio, etsi dispari voluntate, et mali fugitant et frequentant boni! Nec facile dixerim, quid virum astruat sanctiorem, horum favor, aut pavor illorum. Lectio VI O miles emerite, qui christianæ militiæ duris laboribus angelicae felicitatis requiem commutasti: respice ad imbelles, et imbecilles, et imbecilles commilitiones tuos, qui inter hostiles gladios, et spiritales nequitias tuis laudibus occuparur. Quam pium, quam dulce, quam suave, o Lucide, in hoc loco afflictionis, et in hoc corpore mortis te canere, te colere, te precari! Nomesn tuum et mamoriale tuum favus distillans in labiis captivorum, mel et lac sub lingua eorum, qui tui memoria delectantur. Eja ergo, fortis athleta, dulcis patrone, advocate fidelis, exurge in adjutorium nobis; ut nos de nostra ereptione gaudeamus, et tu de plena victoria glorieris. * ** DIANEN SUE AQUARIEN Postquam per Decretum Sacræ Rituum Congregationis diei 8 Ianuarii 1880 a Sanctissimo Domino Nostro Leone Papa XIII confirmatus fuit cultus publicus ecclesiasticus ab immemorabili tempore præstitus Sancto Lucido Confessori; Rmus Dnus Episcopus Dianensis una cum Clero ac populo civitatis Aquariæ iteratis precibus expetivit, ut quotannis in ea civitate peragi valeat Festum in honorem prædicti Sancti cum officio et Missa de Communi Confessoris non Pontificis: additis Oratione, Lectionibus et Hymnis propriis, quæ Sacræ ipsius Congregationis approbationi humillime subiecit. Quum itaque Emus et Rmus Dnus Cardinalis Lucidus Maria Parocchi Episcopus Albanen, huiusce Caus¾ Ponens, novas ejusmodi preces retulerit in Ordinariis Sacræ ejusdem Congregationis Comitiis subsignata die ad Vaticanum habitis, Emi et Rmi Patres Sacris tuendis Ritibus præpositi, omnibus accurate perpensis, auditoque R. P. D. Augustino Caprara Sanctæ Fidei promotore, rescribendum censuerunt: Pro gratia, et ad
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Emum Ponentem cum Promotore Fidei. Quare harum Lectionum una cum Oratione Hymnisque propriis a præfatis Cardinali Ponente ac Sanctæ Fidei Promotore revisione ac correctione peracta, Sacra eadem Congregatio ea amnia, uti hiuc præjacent Decreto, approbavit, atque ut in Festo ejusdem Sancti Lucidi die XXVIII Iulii recolendo sub ritu duplici primæ classis e Clero præfatæ Civitatis usurpari benigne concessit die 27 Februarii 1890. Caj. Card. Aloisi Masella S. Uf. Praep. Vinc. Nusai Secr. * ** NOVENA DI S. LUCIDO V. Deus in adiutorium meum intende R. Domine ad adiuvandum me festina. Gloria Patri, etc. I Prostrati dinanzi alle tue spoglie mortali, o nostro glorioso Concittadino e Protettore, S. Lucido, meditiamo con umiltà di cuore e con spirito di mortificazione la tua santissima vita, modellata su quella di nostro Signore Gesù Cristo. La preghiera e la contemplazione dei divini misteri furono i due mezzi potenti, di cui ti servisti per guadagnare le supreme vette della perfezione evangelica, e l’estasi fu la continua gioia della tua anima pura. Deh! o gran figlio di S. Benedetto, impetra anche a noi da Dio lo spirito della preghiera e della meditazione delle verità eterne, perché l’anima nostra possa, con queste due ali divine, sollevarsi dal fango della terra e vivere continuamente con Dio. Pater, Ave, e Gloria. Della preghiera il fervido Spirito c’impetra, o Santo; Tu che pregasti tanto Nel gaudio e nel dolor. II O nostro glorioso Patrono, noi ricordiamo con ammirazione e stupore le tue aspre penitenze e la continua mortificazione cui tu, in questa Valle del Calore, sulle scoscese rupi di Montecassino e di Cava e nel Paese di Gesù, hai sottoposto il tuo corpo innocente, perché fosse ognora docile istrumento allo spirito nel cammino della perfezione. O S. Lucido, ispira anche a noi, in quest’età di sensualissimo e di smodate brame di piaceri terreni, lo spirito della mortificazione cristiana, perché l’anima nostra, domata la carne ribelle, possa sicuramente battere le vie della virtù e della perfezione. Pater, Ave e Gloria.
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Del corpo impuro i fremiti Distruggi e la rea brama; Infondi al cor che t’ama, Purezza e castità.
III Glorioso S. Lucido, tu sapesti disprezzare la nobiltà del sangue e calpestare le ricchezze della terra per i tesori immarcescibili del cielo. L’umiltà che ti spingeva a prestare i più bassi servizi ai tuoi fratelli, ti ha esaltato sul trono della gloria divina. Ispira, o nostro buon Padre, anche a noi la più profonda umiltà evangelica, con la quale, reprimendo il nostro orgoglio e frenando le nostre passioni, possiamo essere sollevati, nel dì della retribuzione, alla gloria del paradiso. Pater, Ave e Gloria. Nell’alme nostre, o Lucido, Tu l’umiltà trasfondi; Del ciel la pace infondi Nel popol tuo fedel. IV O gran Santo dell’amore, la tua vita è una continua pratica del precetto evangelico: ÇAmate Dio sopra tutte le cose e il prossimo vostro come voi stessiÈ. Tu amasti Dio d’un amore sommo, indistruttibile, operoso, e fecondo e i tuoi fratelli confortasti con soccorsi materiali, offrendo per essi anche la tua vita. Ispira anche a noi il più ardente amore divino e la più eroica carità verso il prossimo, perché, rotto il ghiaccio dell’indifferenza e dell’egoismo, possa presto trionfare il regno di Dio sulla terra. Pater, Ave e Gloria. D’amor divino, o Lucido, Infiamma i nostri cori; Accresci in noi gli ardori Per i miseri mortal. V O Apostolo di pace, di bontà, di amore, tu percorresti le nostre incantevoli contrade, predicando con l’esempio e con la parola, Gesù Cristo, Redentore delle nostre anime. Esercita, o gran Santo, anche su di noi quel fascino benefico che faceva prostrare al tuo passaggio i popoli venerabondi e li guadagnava al tuo Santo ideale di perfezione. Converti le nostre anime che sono lontane da Dio, e ridonaci la pace della coscienza, che è il più gran bene della vita terrena ed è un preludio di quella celeste. Tu predisasti ai popoli D’amor la pia parola; I figli tuoi consola E li conduci al ciel.
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Preghiera Dopo d’aver devotamente meditate le tue eroiche virtù e la tua portentosa santità, o nostro glorioso Protettore, umilmente ti preghiamo d’impetrarci da Dio la grazia di seguire in questa valle di lacrime le tue sante orme per esser con te partecipi della gloria del paradiso. O nostro inclito Concittadino, proteggi le nostre famiglie, le nostre anime, la nostra comune patria, la nostra diletta Aquara, e conserva in noi intatto il prezioso deposito della fede, della civiltà e della morale cristiana. Allontana da noi, come hai praticato per nove secoli, i flagelli, il dolore, le sventure, le infermità e le epidemie corporali e spirituali. Sii tu per sempre il nostro vanto, il nostro inespugnabile presidio, l’onore del nostro popolo, la gloria di nostra gente, l’angelo della difesa e del conforto, posto da Dio sulle porte della nostra città per la perenne tutela del nostro patrimonio temporale e spirituale. Implora per noi da Dio quelle grazie che, liberandoci dalle calamità del tempo, ci siano di valido aiuto, per la conquista della gloria immortale. Così sia. Del popol tuo presidio, Tu nostro vanto e onore, Tu l’angelo d’amore, Divino Protettor; A Te devota, supplice, La tua diletta Aquara, Quando la vita è amara Chiede pietà e mercé. Su le sue porte vigila Ognor la sua fortuna; Nelle sue case aduna Ricchezza e santità. Dopo le Litanie lauretane si canti l’inno del Santo: Vocibus laeti resonis Patronum, come a pag. 65.Dopo l’inno si canti: V. Ora pro nobis Sancta dei Genitrix. R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi. V. Ora pro nobis Sancte Lucide. R. Ut digni efficiamur promissionibus Christi. V. Dominus vobiscum. R. Et cum spiritu tuo.
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OREMUS Concede nos famulos tuos, quaesumus, Domine Deus, perpetua mentis et corporis sanitate gaudere; et gloriosa Beatae Mariae semper Virginis intercessione, a praesenti liberari tristitia et aeterna perfrui laetitia. Per Christum dominum nostrum. Amen. OREMUS Deus qui illuminas omnem hominem venientem in hunc mundum; intercessione et patrocinio Beati Lucidi Confessoris tui ita nos coelesti luce perfunde, ut ad sempiterna gaudia pervenire possimus. Per Christum Dominum nostrum. Amen. (Dopo le su dette orazioni si canti il Tantum Ergo e s,impartisca la benedizione col Santissimo).
Nulla osta Aversa, 30 Gennaio 1922. Can. Giuseppe Simonelli revisore ecclesiastico
S. LUCIDO, PRECURSORE E FONDATORE
Amato Grisi
S. Lucido di Aquara, un converso benedettino del X secolo1, fu ritenuto santo e proclamato tale dalla devozione popolare, fin da quando era in vita e subito dopo la sua morte. Valsero, cioè per lui, quelle consuetudini che avevano caratterizzato questo argomento fin dal III secolo e, principalmente, adoperate nel V e nel VI. In altre parole, nei suddetti tempi, la santificazione di un individuo era proclamata dal popolo. Nel Medioevo la cosa fu anche molto facile, perché percepita nel martirio (eroica testimonianza di fede) e nel monaco. Allo stato di martire si univano la fuga dal mondo, la pratica della castità e della fedeltà al Vangelo, che insieme costituivano gli elementi cardini della testimonianza cristiana. Successivamente, la Chiesa volle regolamentare la cosa mediante articoli di legge e, avocando tutto a sé, istituì il processo di canonizzazione. Solo a lei spettava, dunque, riconoscere lo stato di santità. Per il nostro ciò avvenne l’8 gennaio del 1880, nell’indifferenza generale degli Aquaresi, per i quali S. Lucido era tale fin dall’anno della sua morte. Il monachesimo cristiano nacque in Oriente e fu regolato per gran parte dalle norme dettate da S. Basilio e dagli esempi della sua vita. I Monaci se ne stavano lontano dalle cose del mondo e anche dagli uomini, i quali, però, non li ignoravano. Presso questi ultimi godettero sempre di un considerevole prestigio, che ne agevolò la diffusione. In Occidente fu l’operosità dei discepoli di S. Benedetto a costellare di monasteri buona parte dell’Italia meridionale, che nel X secolo raggiunse la massima espansione. In Aquara, e propriamente nel suo territorio nei pressi del fiume Calore (Calore Salernitano), fiori il monastero benedettino di S. Pietro, del quale non se ne conoscono le origini. Fu certamente opera dei Benedettini cassinesi, che operarono nella zona, probabilmente, dagli inizi del IX secolo2. All’età di 15 anni Lucido scese dal suo paesello e raggiunse S. Pietro. Chiese all’Abate (o al Priore) del tempo di essere accolto in quella comunità, come in effetti avvenne. Da quel momento iniziò il cammino verso la santità e attese anche a dotarsi di un a robusta erudizione, che gli varrà ad accrescere la sua fama di ricercato oratore. Infatti, il maggior numero delle sue uscite dal convento furono quelle per andare a predicare la fede del vero Dio. È rimasto memorabile un suo viaggio verso le Calabrie, dove, in un’antica località, ove forse una volta sorgeva l’antica città di Temesa, fu tale l’ammirazione e, quindi, l’affetto di quegli abitanti, che durò nel tempo, e i loro successori vollero chiamare il nuovo paese S. Lucido3. Qualche attento biografo osserva giustamente che, analizzando le diverse azioni della sua vita, non è tanto fuori di luogo ritenere che S. Lucido sia stato consacrato presbitero. 2 Non fu, quindi, opera dei Monaci di Cava, come si potrebbe presumere, perché S. Pietro è anteriore alla fondazione cavense. 3 Si tratta della cittadina di S. Lucido, in provincia di Cosenza, che fu poi la patria del cardinale Ruffo, il famoso condottiero borbonico. 1
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Nel 986 il monaco Lucido dimorava a Montecassino già da alcuni anni, quando mori l’abate di quel Monastero, di nome Aligerno, che tanto bene aveva fatto alla comunità e al cenobio. Bisognava eleggere il successore. Mentre i monaci si preparavano scrupolosamente a compiere il proprio dovere, giunse presso di loro un messo di Aloara, principessa di Capua, tutrice del figlioletto Landenolfo, che impose ai presenti di eleggere il monaco Mansone, cugino del defunto suo marito, Pandolfo Capo di Ferro. Il Capitolo cassinese non fu unanime ad accettare tale imposizione e un nutrito gruppo di frati (pare che fossero in numero di otto), capeggiati da Giovanni Beneventano, Teobaldo e il nostro Lucido (domnus Lutius) abbandonarono il consesso e lasciarono addirittura il monastero. Temporaneamente, decisero di soprassedere ad ogni nuova azione e, in quello stesso anno, andarono in pellegrinaggio in Terrasanta. Quello descritto non fu un atto di ribellione di Lucido ma solo un tentativo di sottrarre l’ordine monastico dall’ingerenza dei politici, come sempre opererà nella sua vita. Si trattennero i suddetti tre frati circa due anni a Gerusalemme e nel 988, in ordine sparso, fecero ritorno in Europa. Lucido, dopo una breve sosta a S. Pietro di Aquara (supposta, perché non documentata), s’incamminò verso Salerno, fermandosi nella grotta di Metelliano, a Cava de’ Tirreni. Era questo un luogo conosciuto da vari anacoreti, ma il nostro scelse il suo posto e vi si trattenne per lunghi anni. Poco più tardi in questo stesso ambiente S. Alferio fonderà la famosa Abbazia cavense. Durante tutto il tempo che Lucido qui trascorse in sacrifici e preghiera, la fama della sua santità e della sua sapienza si diffuse ampiamente per tutto il contado. Lo stesso principe di Salerno, Guaimario III, ne rimase affascinato tanto da sceglierlo come suo confidente spirituale e consigliere4. Nel 1009, non sappiamo per quale motivo, Lucido lascia Cava e ritorna a Montecassino. Quivi trovò lo stesso clima di rilassatezza spirituale e prevalenza di atteggiamenti di vita, poco consoni allo spirito voluto da S. Benedetto. In un paio d’anni maturò in lui la decisione di fondare un nuovo convento, che fosse il più possibile vicino alla casa madre di S. Benedetto, ove ci si potesse dedicare in tutta tranquillità alla fondamentale “regola” dell’Ordine, quell’Ora et labora, che ormai sembrava una pratica riservata a pochi eletti. A non oltre un chilometro dall’Abbazia-madre si distendeva una splendida pianura, modesta ma non priva di un particolare fascino, occupata solo per un modesto tratto da un vecchio oratorio, al quale si fermava, non tanto spesso, il viandante per elevare brevemente la sua mente e il suo cuore a Dio. Lucido ne fu affascinato e pensò di trasformare quel cadente oratorio in un comodo e capiente convento, ove quanti lo avessero voluto fra i suoi colleghi avrebbero potuto abitarlo. L’opera richiedeva l’impiego di un discreto capitale, che certamente il nostro non possedeva. L’uomo di fede risoluto e fiducioso nell’aiuto di Dio, non si scoraggiò e partì immediatamente per Salerno, ove a quel principe, che era ancora il devoto Guaimario, chiese aiuto per la realizzazione del suo progetto. Se ne tornò soddisfatto e carico di doni, per cui immediatamente diede inizio alla fondazione 4 Quanto sopra ho riferito può leggersi in P. Guillaume, Essai historique sur l’Abbaye de Cava, Cava dei Tirreni 1877, pp. 11-14.
San Lucido precursore e fondatore
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del Monastero dell’Albaneta, che era il nome dell’amena località prescelta, e correva l’anno 1011. Nel giro di non lungo tempo poté ritrovarsi tra quelle novelle mura con un discreto numero di frati. Lucido fu contento e mai più si mosse da quel luogo. Il suo desiderio si era realizzato: egli nessuna scissione aveva creata, né mai voluta per il suo ordine, agognava solo vivere con Dio senza ingerenza di poteri secolari. Non fu un riformatore, dunque, ma un raddrizzatore del cammino lungo la via tracciata dal fondatore. A S. Maria dell’Albaneta (questo fu il vero nome del novello monastero) trascorse i rimanenti anni della sua vita, che lo abbandonò ad una età molto avanzata, al tempo dell’Abate cassinese Richer (1038-55)5. Il suo corpo giacque per secoli in un avello di quella chiesa. Non si conosce la data, allorché i cittadini di Aquara ottennero dall’Abate di Montecassino di poter trasferire i suoi resti mortali nel convento aquarese di S. Pietro, ove si trovavano nel 1498, allorché furono definitivamente trasportati nella chiesa parrocchiale di S. Nicola, al centro del paese. L’Albaneta, per questa istituzione, fu famosa nei secoli e il suo tramonto si ebbe soltanto in tempi recenti. Venne poi distrutta nel corso della seconda guerra mondiale, quando in quella pianura infuriò una tremenda battaglia tra Tedeschi e Polacchi. A suo tempo vi dimorò S. Tommaso d’Aquino, che ivi studiò a lungo, apprendendovi la grammatica e la filosofia. Nel 1538 vi si trovava colà anche S. Ignazio di Loyola, ove attese alla compilazione di quella poi conosciuta come “Regola dei Gesuiti” e anche gli “Esercizi spirituali”6. S. Lucido, dunque, fu anch’egli un fondatore e un pilastro dell’ordine benedettino. Il popolo di Aquara e spesso quello dei paesi vicini gli tributarono grandi onori in ogni tempo. Spesso coloro che conoscevano, per lettura o per tradizione, le sue gesta le tramandarono ai posteri in varie forme, senza riuscire quasi mai a liberarsi dalle abbondanti incrostazioni leggendarie. Anche la drammaturgia non volle essere da meno e particolarmente nella prima metà del XX secolo se ne possono leggere alcune. Non farle conoscere al devoto moderno, o anche a chi ama tale espressione letteraria, mi sembra una lacuna fastidiosa7. Se ne propone qui di seguito la lettura di un dramma sacro, dalla lettura facile e briosa, in tre atti dal titolo Vita di S. Lucido di Aquara, scritto da P. Cirillo Caterino e pubblicato ad Aversa nel 1922.
Si ritiene, comunemente, che la morte sia avvenuta il 5 dicembre del 1038, come riportano tutti i cenni agiografici. 6 Ivi, p. 13. 7 Una simile manifestazione di cultura sacra si ebbe anche nella non lontana Campagna, ove altro affermato scrittore si cimentò in un’opera di drammaturgia. Ivi il Santo più venerato era il concittadino S. Antonino abate, in onore del quale furono scritte varie canzonette e poesie oltre l’opera di E. Grieco, S. Antonino Abate, dramma in 5 atti, Campagna 1923. 5
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Vita di San Lucido di Aquara - Dramma in tre atti
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PROCESSO PER IL CULTO IN ONORE DI SAN LUCIDO Marcello Maresca Gli atti del Processo1, per il riconoscimento e approvazione del culto “ab immemorabili tempore”, in onore del Servo di Dio Lucido di Aquara, constano di dodici sessioni. Procederemo con una rapida presentazione dei contenuti delle singole sessioni. Alcune di esse risultano più interessanti per la presenza di numerose informazioni sulle consuetudini e ritualità, diffuse nella comunità aquarese. La prima sessione si apre, il giorno 11 dicembre 1875, sotto il pontificato di Papa Pio IX nel suo trentesimo anno di regno2. Alla presenza del Vescovo Domenico Fanelli3, nell’aula del Palazzo Episcopale, si riuniscono D. Michele Marmo, Promotore4 Fiscale, il notaio apostolico, D. Luigi di Sarli, e il mansionario D. Angelo Raffaele Covino con il ruolo di cursore (ovvero messo). Alla loro presenza compare D. Alessandro Gallo, Postulatore5, ed alla loro presenza si apre il processo per il riconoscimento definitivo del culto in onore del Servo di Dio Lucido. Si obbligano i presenti a mantenere il segreto in questa fase, sotto pena di scomunica, giurando sulle Sacre Scritture. Vengono introdotti, nel corso della sessione, anche due testi: D. Vincenzo Finamore e D. Raffaele Sansevero. Viene nominato, come notaio aggiunto, D. Gaetano Finamore. La seconda sessione si tiene il giorno 14 dicembre 1875 e vengono fissati i criteri per Archivio Segreto Vaticano, Congregazione dei Riti, processus 4068. Papa Pio IX (in latino Pius PP. IX, nato Giovanni Maria Mastai Ferretti, Senigallia 13 maggio 1792-Roma 7 febbraio 1878) è stato il 255° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica e 163º ed ultimo sovrano dello Stato Pontificio (1846-1870). Il suo pontificato, di 31 anni, 7 mesi e 23 giorni, rimane il più lungo della storia della Chiesa cattolica dopo quello di san Pietro. Fu terziario francescano ed è stato proclamato beato nel 2000. 3 Domenico Fanelli, nato in Riccia di Molise, Arcidiocesi di Benevento, il 4 luglio 1807, fatto Vescovo di Teggiano il 27 settembre 1858 sino alla morte il 14 agosto 1883 . 4 Il promotore è un ecclesiastico che, nei processi di beatificazione, rappresenta la legge, esamina i testimoni e i documenti, solleva le eccezioni di rito e di diritto. 5 Il Postulatore è la persona fisica che, provvista di mandato legittimo, approvato dall’autorità ecclesiastica competente, è designata a condurre e a seguire lo svolgimento della causa di beatificazione. Segue la causa a livello diocesano, durante la prima fase del processo, e, successivamente, ne porta avanti tutti gli aspetti nella seconda fase romana. Risiede a Roma e viene nominato dalla Congregazione per le Cause dei santi. Rappresenta il vero e proprio motore del processo e collabora con l’autorità ecclesiastica nella ricerca della verità. L’esito della causa di canonizzazione, presupposte le virtù eroiche e la fama di santità del candidato alla canonizzazione, dipende in gran parte dal postulatore. Dipende soprattutto da quest’ultimo la sveltezza nelle pratiche per dar corso al processo. È, inoltre, un rappresentante della comunità dei fedeli davanti all’autorità competente. 1 2
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gli interrogatori di varie persone, in riferimento alla figura di San Lucido e al suo culto. Vengono presentati dodici schemi di domande. La terza sessione si tiene il 15 dicembre 1875 e vengono introdotti i testimoni, i quali giurano e promettono di deporre liberamente, senza costrizioni e condizionamenti e senza alterare la veridicità della deposizione. La quarta sessione si svolge il 16 dicembre 1875 alla presenza del Vescovo, Postulatore, Promotore e Notaio. Vengono registrate le deposizioni dei testi. È, sicuramente, questa sessione una delle più interessanti, perché vengono resi noti elementi sul culto e altri riti, legati alla figura del Servo di Dio Lucido. Si insiste sulla vetustà delle tradizioni che, da tempi immemorabili, uniscono le popolazioni della valle del Calore intorno a Lucido d’Aquara. Tra i testi chiamati a deporre figuravano: Nicola Peduto fu Gaetano di anni 55, Giovanni Sorgente fu Alessandro di anni 58, Lucido Durante fu Michele di anni 56, Gaetano Capozzoli fu Pasquale di anni 64, Luigi Romanelli fu Nicola di anni 61. La quinta sessione si tiene il 17 dicembre 1875. Vengono in tale occasione presentati altri due testi: Cosmo Peduto e Giuseppe Iuliano. La sesta sessione si tiene il 20 dicembre 1875. Si prosegue nell’interrogatorio dei due testi: Cosmo Peduto fu Michele, di anni 68, e Giuseppe Iuliano fu Nicola, di anni 74. I due testimoni forniscono interessanti notizie sul culto di San Lucido. Nella seconda parte della sessione vengono prodotti alcuni documenti, come una lettera apostolica del Papa Paolo, riproposta dal Papa Clemente e datata, nell’occasione, 11 maggio 1730, in realtà del 14646. Il secondo documento è una bolla pontificia dello stesso Papa Clemente, datata 4 gennaio 1733, la quale fa riferimento alla Commenda di San Lucido, in terra di Magliano, posseduta dal monastero di San Benedetto di Salerno. Risultava Abate commendatario il Vescovo di Lecce, Fabrizio Pignatelli7. Seguono, nella stessa sessione, una serie di citazioni, tratte da testi di autori legati alla tradizione benedettina, che fanno riferimento alla figura di Lucido e al suo apostolato. Il primo autore citato è Pietro Diacono, che fa riferimento a Lucido nel testo: “De ortu et obitu Iustorum Cassinensium”. In una “Cronica” di Leone Marsicano vengono fornite altre informazioni. Notizie anche Papa Clemente XII (in latino Clemens PP. XII, nato Lorenzo Corsini; Firenze 7 aprile 1652-Roma 6 febbraio 1740) è stato il 246° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica dal 12 luglio 1730 alla sua morte 6 febbraio 1740. Il Papa Paolo citato è: Paolo II, nato Pietro Barbo (Venezia 23 febbraio 1417-Roma 26 luglio 1471), fu il 211º papa della Chiesa cattolica dal 1464 alla morte. 7 Figlio di Aniello e di Giovanna Brancia, nato in Montecorvino, diocesi di Acerno, il 2 novembre 1659. Sacerdote il 25 febbraio 1696, eletto Vescovo di Lecce il 2 aprile 1696 e consacrato a Roma dal Card. Giacomo Boncompagni l’8 aprile 1696. Il 1° settembre 1709 inaugurò il nuovo Seminario. L’11 novembre 1711 fu costretto “per intollerabilem laicalis potestatis abusum” a lasciare la Diocesi, che sottopose all’interdetto, esule a Roma. Il 24 aprile 1719 ritornava a Lecce, dove moriva il 12 maggio 1734. 6
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nel Merologio Bacellini e nel libro “Lignum vitae” di Arnaldo Wion. Successivamente, vengono passati in rassegna altri santi con il medesimo nome di Lucido, vissuti in varie epoche, citati nei martirologi e cataloghi dei Santi. Interessante, sempre nella stessa sessione, l’elenco degli oggetti d’arte, presenti nella Chiesa di Aquara, sempre riferiti al laico benedettino Lucido. Seguono due atti notarili: il primo, datato 16 agosto 1761, nel quale i governanti della terra di Aquara dichiarano come Lucido, nato ad Aquara, entrò nell’ordine benedettino, visse nel cenobio del casale di San Pietro, conducendo una vita santa e, per tal ragione, viene ritenuto patrono della sua terra. Il secondo atto è datato 29 ottobre 1634, in cui San Lucido è ufficialmente proclamato Patrono di Aquara. Spicca fra tutti i personaggi presenti alla stipula, la famiglia Spinelli, signori di Aquara. Vengono riportate importanti autorizzazioni sulla celebrazione della festa. Annotazioni sulle visite pastorali dal ‘600 in poi confermano la grande venerazione per san Lucido. Si riporta il testo di una lapide, presente sul territorio di Magliano, posta a terra. L’iscrizione della lapide fa riferimento alla concessione in enfiteusi del territorio suddetto alla Chiesa di Magliano8. Seguono in questa corposa sezione una serie di attestati di vari comuni della valle del Calore, dove il culto di San Lucido era, particolarmente, sentito al punto tale che molti cittadini portavano il nome di Lucido. In particolare gli attestati sono nell’ordine dei parroci di Castelcivita, per san Nicola D. Giuseppantonio Soldani e per San Cono D. Francesco Zonzi; attestati per Corleto dal parroco di Santa Barbara D. Nicola Barone e per San Giovanni Battista D. Pietrangelo Greco. Per Albanella attestato dell’arciprete D. Gabriele Albini. Per Bellosguardo l’arciprete di San Michele D. Carmine Marmo attesta. Per Roscigno il parroco di San Nicola D. Francesco Resciniti attesta. Per Felitto l’arciprete di Santa Maria Assunta D. Raffaele Migliaccio attesta. Per Ottati a Fasanella il parroco di San Biagio D. Teodoro Bamonte attesta. Per Controne il parroco di San Nicola D. Pietro de Vecchi attesta. Per Piaggine soprane l’arciprete di San Nicola D. Giuseppe Maria Vairo certifica. Per Sant’Angelo a Fasanella l’arciprete di Santa Maria Maggiore D. Francesco Palladino Il territorio, detto bosco di san Lucido, comprendeva al suo interno una Chiesa e un monastero, presumibilmente fondati da San Lucido, di proprietà del Monastero di San Benedetto di Salerno. Vedi G. Colicigno, Stio: Casale, Università, Comune 100 anni si storia dello “Stato di Magliano” e Casali, Edizioni del Centro di promozione culturale per il Cilento, Agropoli 1997, pp. 53-55. I due strumenti notarili del 1761 e del 1634, che vengono riportati negli atti del notaio Vincenzo Serriello di Aquara sotto la voce: “Istrumento di accettazione dell’acclamazione di S. Lucido in padrone di questa terra di Aquara”, sono trascritti nell’atto. In allegato si trovano: un’altra copia dell’atto del 16 agosto 1761 e una copia della proclamazione di san Lucido a Patrono di Aquara, datata 29 ottobre 1634 del notaio Giovan Camillo Pagano di Aquara (Archivio di Stato di Salerno, Protocolli Notarili, notaio Vincenzo Serriello, bs. 448, a. 1761, ff. 104r-109v). 8
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attesta. Per Castel San Lorenzo l’arciprete D. Giovanni De Augustinis attesta come i precedenti. La sessione settima si tiene il 10 gennaio 1876. In essa viene ribadita l’antichità del culto pubblico ecclesiastico di san Lucido, iniziato già nel 1534 e confermato un secolo dopo dai decreti del Papa Urbano VIII9 e culminato con la proclamazione, esattamente cento anni dopo, di San Lucido patrono di Aquara. La sessione ottava si tiene il 13 gennaio 1876. Vengono introdotti i testimoni D. Francesco Sanseverino e D. Gaetano Finamore, cancelliere e notaio ecclesiastico aggiunto. Segue uno schema di domande, articolato in dodici punti, da osservare durante gli interrogatori. La sessione nona si tiene il 9 novembre 1876, durante la quale vengono riletti gli atti fino a quel momento trascritti. La sessione decima si tiene il 10 novembre 1876. Continua la lettura delle rimanenti pagine della documentazione. La sessione undicesima si tiene il 15 novembre 1876, durante la quale si completa la lettura degli atti. La sessione dodicesima ed ultima si tiene il 18 novembre 1876, durante la quale c’è la conclusione del processo e la conferma del culto “ab immemorabili tempore”.
Mons. Domenico Fanelli vescovo di Teggiano (1858-1883) *** Urbano VIII, nato Maffeo Vincenzo Barberini (Firenze, 5 aprile 1568-Roma, 29 luglio 1644), fu il 235º papa della Chiesa cattolica dal 1623 alla morte. 9
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Dianensis Acta Beatificationis Servi Dei Lucidi, Ordinis S. Benedicti Romam ACTA Processus super Cultu ab immemorabili tempore praestito Servo Dei Lucido ex ordine S. Benedicti, Terrae Aquariae, Sancto nuncupato per Ill.mum ac R.m Dominum Dominicum Fanelli Episcopum Diani ordinaria Auctoritate conditi. Sessio prima In Dei Nomine Amen Dianensis Beatificationis Servi Dei Lucidi,Ordinis S. Benedicti Terrae Aquariae Anno a Salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione romana III die vero undecima mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi D.ni N.ri Pii Papae IX feliciter regnantis anno XXX. Coram Ill.mo ac R.mo D.no Dominico Fanelli Episcopo Dianen pro tribunali sedente in Aula Palatii Episcopalis, praesentibus R.mo D.no Michaele Marmo Canonico Decano Curato hujus Cathedralis Ecclesiae Promotore Fiscali, R.mo D.no Alojsio Canonico di Sarli Notario in Actuarium electo, ac Mansionario Angelo Raphaele Covino in Cursorem deputato, omnibus praecidenter per memonitis, testibusque infrascriptis praesentibus comparuit R.mus D.nus Canonicus Cantor Alexander Gallo Postulator constitutus specialiter ab eodem Ill.mo ac R.mo Episcopo, prout docuit per literas patentes Mandati Procurae in sui personam factas inferius registrandas, atque humillime exposuit praefatum Servum Dei Lucidum cum magna Sanctitatis fama demortuum a Christifidelibus publico cultu ab immemorabili tempore honoratum fuisse, atque hunc Cultum ad haec usque tempora perseverare. Propterea petiit ut Ill.mus et R.mus Episcopus vel per se, vel per Iudicem, et adiunctos ab eo Deputatos, devenire dignetur ad constructionem Processus super huiusmodi immemorabili Cultu praedicto Servo Dei Lucido exhibito. Hinc rogavit Ill.mum et R.mum Episcopum, ut juramentum prius exhibere dignetur, illudque deferat Iudici, Adjunctis, Procuratori Fiscali, Notario Actuario, et Cursori praestandum, ac simul loca, et loca locorum deputet, praefigens dies, et horas tam pro audientiis, et actis publicis praesentis processus, quam pro examinibus testium recipiendis ad formam decretorum generalium S.R.C., et actum ac decretum aliud quodcumque necessarium et opprtunum fiat et interponatur in forma omni. Ex tum Ill.mus et R.mus D.us Episcopus, iis visiset auditis, primum inspexit procurae mandatum, ac inspiciendum tradidit Promotor Fiscali, qui illud admisit, ligitimum atque authenticum
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declarans. Deinde, statuens seipsum Episcopum actis interesse ac praeesse velle, deputavit de novo pro confectione hujus Processus in Promotorem Fiscalum R.mum Canonicum Decanum Curatum Michaelum Marmo, in Notarium Actuarium R.mum Canonicum D.num Alojsium di Sarli, in Cursorem Angelum Raphaelum Covino, qui omnes collatum numus ea qua par est reverentia et obsequio acceptarunt. Post haec Ill.mus et R.mus Episcopus juramentum detulit officialibus deputatis ad constituendum processum, quod unus post alium praestiterunt ut infra. Ego Michael Marmo Procurator Fiscalis deputatus in causa Servi Dei Lucidi tactis hisce sacrosanctis Evangeliis coram me positis juro et promitto munus mecumfideliter implere circa fabricationem processus super Cultu Servo Dei Lucido exhito, necnon fideliter servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in interrogatoriis dandis, quam depositiones testium super iisdem, et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis Ill.mo ac R.mo Episcopo, et Notario Actuario sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a summo Pontifice, excluso etiam Majori Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim. Et ita promitto et juro, sic me Deus adjuvet, et haec Sancta ejus Evangelia. Ego Michael Can.us Decanus Marmo sic juro, ac promitto. Deinde R.mus Canonicus D. Alojsius di Sarli in notarium Actuarium Deputatus sui Notariatus Privilegium exhibens mihi traditum ad effectum illud registrandi in fine sessionis, jusjurandum praestitit, ut seguitur. Ego Alojsius di Sarli in Notarium Actuarium Deputatus in causa Servi Dei Lucidi, tactis hisce Sacrosanctis Evangeliis coram me positis, juro et promitto numus mecum fideliter implere circa fabricationem processus super Cultu Servo Dei Lucido exhito, necnon fideliter servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in interrogatoriis per R.um D.um Promotorem Fiscalem dandis, quam depositiones testium super iisdem, et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis Ill.mo ac R.mo Episcopoet eodem Procuratore Fiscali poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a summo Pontifice, excluso etiam Majori Penitentiario, praeter quam in articulo mortis absolvi possim. Et ita promitto et juro, sic me Deus adjuvet, et haec Sancta ejus Evangelia. Ego Alojsius di Sarli Notarius Actuarius sic juro et promitto. Immediate Angelus Raphael Covino Cursor Deputatus praestitit juramentum ut infra. Ego Angelus Raphael Covino Cursor, seu Nuncius deputatus, tactis hisce sacrosanctis Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto fideliter adimplere munus mihi commissum circa fabricationem processus ordinarii super cultu Servo Dei Lucido ab immemorabili praestito, sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a Summo Pontifice, excluso etiam Majori Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim, et ita promitto et juro, sic me Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Ego Angelus Raphael Covino Cursor sic juro et promitto. Hujusmodi juramentis expletis, instante eodem causae Postulatore pro Deputatione loci, et loci locorum tam pro actis publicis praesentis Processus, quam pro juramentis, et examinibus
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testium, ac pro constitutione dierum et horarum, necnon pro relactione citationis contra Promotorem Fiscalem ad dicendum contra jura et articolos, videndum testes induci ac jurare, dandum interrogatoria dictus R.mus D. Michael Marmo Promotor Fiscalis protestatus est nihil fieri, nisi in sua praesentia, et nisi prius R.mus D. Alexander Gallo Postulator compareus juret de calunia quod testium examen, nisi antea exhibitis opportunis interrogatoriis, quae omnino dare intendit. Quo circa idem R.mus D. Causae Postulator huic protestationi inherendo, statim calumniae juramentum emisit, quod genuflexus ad sacra Dei Evangelia praestitit ut sequitur. Ego Alexander Gallo infrascriptus tactis hisce Sanctis Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto, me non accedere, neque accessisse, nec accessurum ad hanc causam, et confectionem processus, neque ad aliquem illius actum odio, amore, timore, seu alio quovis respectu humano, sed solum zelo honoris et gloriae Dei, qui glorificatur in sanctis suis, et hanc intentionum habet etiam Ill.mus ac R.mus Episcopus Postulator Generalis, Principalis meus, in cujus animam, sicut et in animam meam juro sub omnibus clausulis in simili calumniae juramento latius contenta et expressis, sic me, et dictum meum Principalem Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Ego Alexander Gallo Postulator sic juro et promitto. Hoc autem praestito juramento Ill.mus et Re.mus D. Episcopus sedens; deputavit pro loco, et loco loci audientiarum et actorum publicorum praesentis Causae ipsam suam Aulam Episcopalem, ac pro loco, et loco loci juramentorum et examinum testium suum proprium Sacellumin ipso Palatio. Pro testibus infirmis, aut alio impedimento detentis eorum domos, et cubiculum in quo jacent infirmi, pro monialibus earum Monasteria, et eratis ipsarum colloquutorii, sive fenestram unde ipsae sacram Eucarestiam suscipiunt. Pro diebus, et horis destinavit omnes dies in posterum decarrendos, exceptis feriatis in honorem Dei, et Sanctorum, de mane ab hora 2a post ortum solis usque ad horam opportunam, et vespere a meridie usque ad solis occasum, reservata sibi facultate praedicta loco, dies, et horas variendi toties quoties opus fuerit, nec non decrevit futuram sessionem habendam die XVI hora 2a post ortum solis, et ideo relaxavit petitam citationem contra D.m Promotorem Fiscalem ad comparendum die dicta in praefato Sacello, mandans mihi ut illam extendam, et exequendam tradam Cursori deputato, et postquam in fine praesentis sessionis registraverim tenorem privilegii Notariatus Actuarii deputati, et etiam Notariatus mei ipsius de praemissis rogati, omnia acta originalia huc usque gesta tradam, et consignem D. Alojsio di Sarli Notario ut supra in actuarium deputato, prout me facturum promisi, et tandem injuncto mihi ut de omnibus in praesente sessione gestis publicum Instrumentum conficiam, sese una cum Promotore Fiscali subscripserunt. Dominicus Fanelli Episcopus Iudex - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis Ego Alojsius di Sarli Notarius in Actuarium deputatus - Adest signum Notariatus - Vincentius Finamore textis vocatus - Raphael Sansevero textis vocatus.
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Super quibus omnibus et singulis uti supra gestis ego infrascriptus ad praemissa vocatus hoc praesens publicum Instrumentum confeci. Actum Diani die, mense et anno, ac Pontificatu quibus supra praesentibus R.D. Vincentio Finamore et Raphael Sansevero testibus ad praemissa specialiter habitis atque rogatis - Ita est Cajetanus Finamore Notarius publicus Ecclesiasticus - Dilecto Nobis in Christo R.mo D.no Alexandro Gallo Canonico huius nostrae Cattedralis Ecclesiae. Salutem in Domino sempiternam. Cum de idoneo Postulatore providere cupiamus, qui Procuratoris munus in Canonizatione, et beatificatione Sanctorum specialiter exeneat, erga personam tuam aciem nostrae mentis direximus, cuius vitae honestas, morum probitas, aliaque virtutum merita apud nos multiplicis commendantur testimonio. Quapropter illarum intuitu tenore praesentium de in Postulatorem, seu Promotorem in Beatificationem et canonizationem Sanctorum, et praesertim Servo Dei Lucidi Ordinis S. Benedicti Terrae Aquariae constituimus et deputamus, mandantes ad quos spectat, ut te in talem habeant et recognoscant. In quorum fidem has potentales literas manu nostra subscripsimus Sigillo nostro episcopali signanimus et per nostrum secretarium ex arari mandavimus. Datum Diani ex Ep.li Palatio die 23 Maii 1869. Dominicus Episcopus Dianensis Loco †sigilli Reg. N. 167 fol. 163 in Episcopali Curia C. Finamorea secretis. Dilectio Nobis in Christo R.mo D.no Alojsio di Sarli Canonico hujus Cathedralis Ecclesiae. Salutem in Domino sempiternam. Fides, diligentia, probitas, et idoneitas tua quibus apud Nos multiplici commendaris testimonio. Nos inducunt, ut nostram Curiam de idoneo Notario providere cupientes, qui nostro Tribunali inserviat, et qui in illo agenda erunt diligenter adimpleat peripturos Instrumenta, et alia similia conficiat et roget, erga tuam personam aciem nostrae mentis direximus. Quo circa tuarum virtutem intuitu, tenore praesentium auctoritate ordinaria nostra, et omni meliori modo quo possumus, de in hujus nostrae Curiae Dianen Notarium publicum eligimus, et deputamus cum facultate universa omnia agendi et faciendi, quae gerere et facere possunt Notarii Episcopalis, ita ut tuis scripturis durante officio, omnis fides in judicio, et extra adhibeatur. Mandantes omnibus nostrae jurisdictioni subjectis, ceterisque ad quos pertinet, ut se in talem recognoscant et recipiant. In quorum fidem has patentales literas manu nostra subscriptas, ac Sigillo nostro Episcopali signatas, per nostrum secretarium exarari mandavimus. Datum Diani ex Episcopali Palatio die 23 Maii 1869. Dominicus Episcopus Dianensis Loco †sigilli Reg. in Ep.li Curia N. 166 fol. 163 C. Finamore a secretis. Dilecto Nobis in Christo R.mo D. Cajetano Finamore Presbytero Seculari Comunitatis Padulae. Salutem in Domino sempiternam. Cum de idoneo Cancellario seu Notario providere cupiamus, qui Nobis, et Tribunali nostro inserviat, et quae in illo agenda sunt diligenter adimpleat, et seripturas, librosque ad nostram
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Curiam spectantes fideliter custodiat, erga personam tuam mentis nostrae aciem direximus, cujus vitae honestas, morum probitas, fides, diligentia habilitas, aliaque apud nos commendaris testimonio. Quopropter illarum intuitu tenore praesentium Auctoritate ordinaria de in nostrum Cancellarium, seu Notarium eligimus et deputamus cum facultate ea agendi et faciendi tam in voce, quam in scriptis quae gerere et facere possunt et debent Cancellarii seu Notarii Episcopalis, ita ut tuis scripturiis, durante officio, omnis fides in judicio et extra iudjcium adhibeatur; insuper cum omnibus et singulis privilegiis, honoribus, et emolumentis, quibus tam de juri, quam de consuetudine nostri Cancellarii seu Notarii uti frui, potiri, et gaudere solent et debent. Mandantes omnibus nostrae jurisditioni subjectis, ceterisque ad quos pertinet, ut Te in talem habeant et recipiant. Praesentibus ad nostrum beneplacitum valituris. In quorum fidem has manu nostra subscripsimus, ac Sigillo nostro Episcopali Signavimus. Datum Diani die 1 Novembris 1858. Dominicus Episcopus Dianensis Loco †Sigilli Reg. in Ep.li Curia N. 131 fol. 161. Cajetanus Finamore Notarius Ecclesiasticus. Ego Alojsius Canonicus de Sarli Notarius Publicus in Actuarium deputatus ad conscribendum processum auctoritate ordinaria super Cultu Servo Dei Lucido ab immemorabili praestito, recepi a R. Cajetano Finamore Notario publico Ecclesiastico omnia et singula processus acta primordialia ab eo hactenus rogata, una cummandato procurae, de quibus ei acceptum feci, praesentibus testibus vocatis, D. Vincentio Finamore et Raphaele Sansevero. In fidem me subscripsi hac die duodecima mensis Decembri 1875. Alojsius Can. de Sarli Notarius Actuarius manu propria - Adest signum Notariatus - Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus
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Sessio Secunda In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D. N. I. Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione Romana III, die vero decima quarta m. Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem Sanctissimi in Christo Patris, et D. N. divina Providentia Pii Papae IX anno XXX. Coram Ill.mo et R.mo Domino Episcopo Dianen Iudice Ordinario in praesenti causa Beatificationis Servi Dei Lucidi pro Tribunali sedente in Aula Episcopali, pro audientiis et actis publicis praesentis causae et processus specialiter, uti loco, et loco loci destinata, praesentibus R.mo D.no Michaele Marmo Procuratore Fiscali, testibus infrascriptis specialiter vocatis, nuque Notario actuario pariter infrascripto, comparuit Angelus Raphael Covino Cursor in Causa deputatus, et retulit in scriptis se sub hesterna die personaliter vitasse R. D.um Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem ad comparendum his die et hora et loco, et videndum fieri prout in originali citatione continetur, cuius copia mejus manibus reliquit, et modo originaliter reproducit, una cum relatione exequationis in casu tenoris inferius registrandi. Relatione facta, comparuiit R. D.us Postulator Alexander Gallo, et repetita citatione iam supra per Nuncium reproducta, una cum relatione legitimae illius executionis, in illius termino produxit Positiones, seu Articulos, semper quibus testes examinari debent, instituitque pro corum admissione nec non eodem tempore exhibuitalium separatum folium, seu notulam, continentem nomina et cognomina Testium, quos facto induxit, petiitque quod illis juramentum deferatur, et successive examinentur super dictis positionibus, sive articulis, salvo jure, ac reservata facultate alios articulos, et alios testes, quatenus opus fuerit, aut sibi placuerit, producendi et inducendi non se tamen adstringens ad omnes et singulos testes inductos, aut denno inducendos examinandum, etiam in casu quo juramentum ab illis praestitum fuerit, dequo expresse et solemniter protestatus fuit et protestatur, non solum praemisso, sedet omni alio meliori modo. Statim vero dictus Postulator tradidit mihi Notario actuario nonnulla folia continentia dictas Positiones et Articulos, nominaque et cognomina Testium inductorum, et in causa examinandorum tenoris pariter inferius registrandi. Petiit insuper Postulator ante dictus moneri D.um Promotorem Fiscalem ad comparendum in sacello hujus Ep.lis Palatii uti loco, et loco loci ad recipienda juramenta, et examina Testium specialiter prout in Actis destinato, et interessendum juramentis ab ipsis Testibus praestandis, et successive dandum interrogatoria, nec non interessendum eorumdem Testium examinibus, alios videndum; et citationem decerni contra testes inductos ad comparendum in eodem loco, et praestandum juramentum, nec non perhibendum veritatis testimonium, sive se subjiciendum examini, et actum et decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri, et interponi in forma. Ea adverso dictus D.nus Promotor Fiscalis contra asserta jura et articulos dixit pronum generalia verba, salvo jure. Quoad vero Testes inductos et alios quoseumque in posterum quomodolibet inducendos protestatus fuit et protestatur, non posse deveniri, necesse deveniendum ad receptionem juramentorum et examinum eorundem nisi in sua praesentia, et insuper quoad examen non fuit, nisi cum interrogatoriis ab ipso dandis, et in reliquis nihil fieri nisi reservata forma Decretorum generalium, atque novissimorum Sacrae Congregationis
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Rituum, aliisque de jure, stylo et consectudine reservandis alias protestatur de nullitate non solum, sed et omni. Ex tunc Dominatio sua Ill.ma et Rev.ma productos Articulos et Testes inductos admisit, si et in quantum, et deinde mandavit ut in fine praesentis sessionis per me Notarium Actuarium registretur tenor citationis superius per Nuncium reproductae, una cum relatione illius executionis, atque etiam tenor hunc Articolarum per Postulatorem supra productorum, tum etiam Notulae continentis nomina et cognomina Testium inductorum et demum decrevit seguentem sessionem habentam esse die XV huius m. Decembris hora secunda post ortum solis, ad quem affectum monuit praedictum D.um Promotorem Fiscalem ut compareat in sacello hujus Ep.li Palatii loco et loco loci pro juramentiset examinibus testium inductorum specialiter destinato dictis die et hora, et adsistat Testium juramentis, necnon citationem relaxavit contra Testes inductos ad praestandum juramentum et successive se subjiciendum examini, ac testimonium veritatis perhibendum, alias cogendos et compellendos per censuras et poenas ecclesiasticas arbitrio Dominationis suae Ill.mum et Rev.mum mihi notario actuario mandavit, ut tandem citationem extendam, atque exequendam tradam Nuncio, sive Cursori deputato, demum injunxit pariter mihi Notario Actuario, ut de omnibus gestis in praesente sessione publicum Instrumentum conficiam in forma, ac se una cum Procuratore Fiscali suscripsit. Dominicus Fanelli Episcopus Judex - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Super quibus omnibus et singulis hic et supra gestis Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus hoc praesens publicum Instrumentum de mandato ejusdem Ill.mum ac R.mum D.num Episcopi confeci et publicavi in forma, ideo in fidem hic me subscripsi, mecumque solitum Notariatus signum apposui requisitus. Datum Diani in Episcopali Palatio die anno Pontificatu et loco quibus supra praesentibus R. D. Vincentio Finamore et Raphaele Sansevero Testibus ad praemissa specialiter adhibitis, vocatis atque rogatis. Ita est. Alojsius Can. de Sarli Notarius actuarius specialiter deputatus. Adest Signum Notariatus. De mandato Ill.mum ac R.mum D.num Episcopi Dianen construentis auctoritate ordinaria processum super Cultu ab immemorabili tempore praestito Servo Dei Lucido citetur R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis ad componendum coram Dominatione ejusdem Ill. mi ac R.mi Episcopi die XV hujus mensis Decembris hora 2a post ortum solis in sua aula Episcopali pro audientiis et actis publicis praesentis causae et Processus nec non dicendum, adprobandum admitti, nec non induci Testis in causa examinandos, eisque juramentum deferri, dandum interrogatoria super quibus iidem Testes examinari debeant, alias etc. assistendumque juramentis et examinibus praefatorum Testium, et actum ac Decretum aliudquodcumque desuper necessarium et opportunum fieri et interponi ad dictam diem et horam restante R. D.no Alexandro Gallo Postulatore specialiter constituto ab Ill.mo et R.mo Episcopo seu Principali. Ego infrascriptus Cursor sive Nuncius publicus et in praesente causa specialiter deputatus refero ac testor sub hesterna die personaliter citasse R.mum D.num Michaelem Marmo Promotorem
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Fiscalem ad erectenda in praesente citatione, cujus copiam, ostenso prius originali, in propriis ejus manibus reliqui, et ita refero et testor. Hac die decima quinta mensis Decembris 1875. Ego Angelus Raphael Covino Cursor deputatus manu propria - Ita est Alojsius de Sarli Notarius publicus et actuarius specialiter deputatus - Adest Signum Notariatus - Notula Testium inductorum a causae Postulatore R. D. Alexander Gallo - Nicolaus Peduto q.m Cajetani - Joannes Sorgente q.m Alexandri - Lucidus Durante q.m Michaelis - Cajetanus Capozzoli q.m Paschalis Alojsius Romanelli q.m Francisci Xaverii - Dianen die XIV Mensis Decembris 1875 - Alexander Gallo Postulator - Ita est Alojsius de Sarli Notarius in Actarium Deputatus. Positiones et Articuli exibiti A me subscripto Postulatore specialiter deputato, ut ex actis in praesenti causa super quibus interrogari debent Testes a meipso producti, ad probandum Cultum publicum ecclesiasticum, immemorabilem Servo Dei Lucido Terrae Aquariae, ex Ordine S. Benedicti, adhaecusque tempora praestito. Positiones Prima: quatenus veritas fuit, et est, quod Servus Dei Lucidus obiit cum fama Sanctitatis, propter heroicas ejus virtutes. Secunda: Post mortem vero paulatim caepit, et mirabiliter processit et adhaec usque tempora excrevit ejus religiosa veneratio, et Cultus publicus ecclesiasticus, sicut deponent et declarabunt Testes publicae vocis et famae. Articuli interrogandi 1°. Ubi et quando Servus Dei Lucidus obferit? Quomodo Testis hoc sciat, vel dici audiverit? 2°. Quidnam circa famam Sanctitatis, et sublimium ejus virtutum et in vita et post mortem? 3°. Ubinam tumulatae ejus exuviae. An statim post obitum veneratae? 4°. An exuviae Servi Dei extent adhuc, ubi depositae, an alio sint translatae. Quando... Qua ratione, et quo modo? 5°. Interrupto ne aliquando ejus veneratio... vel adhuc perseverat, et augetur? 6°. Num praeter devotionem Aquariensium, etiam alibi propagata sit Veneratio et cultus ejus... ubi... Quo tempore... Quo modo? 7°. Est ne, ac semper fuit publicus ejus Cultus... Approbatus... et praestitus etiam ab ecclesiasticis Auctoritatibus? 8°. Adfuerunt nec ne, et adsunt adhuc Ecclesiae, Altaria, vel Cappellae publicae Servo Dei Lucido dicatae, ubi Missae celebrantur, et piae praxes in suum honorem exercentur... etiam cum votis donariis, tabellis pro gratiis acceptis..nec non lampadinibus accensis? 9°. Sunt ne Imagines, Statuae cujusvis speciei Servum Dei caprimentes cum radiis, ac splendoribus ad caput, et aliis solitis sanctitatis signis? 10°. Nunc sciat Testis, vel audiverit, editam esse vitam aliquam hujus servi Dei, quoad ejus virtutes, et miracula... vel libros aliquos circa idem objectum, ut pia exercitia erga Ipsum continentes? Et, si affirmative, an etiam ipse Testis viderit, vel leguit, aut etiam ab auctoribus ecclesiasticis approbati?
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11째. An publicae Festivitates quolibet anno in suum honorem institutae fuerint cum omni sacra pompa, et solemnitate... Celebratae etiam aliquando ab ipsis Ordinariis pro tempore... Cum orationibus panegiricis... Processionibus... aliorumque populorum concursu? 12째. Num semper titula Sancti ab omnibus Servus Dei honoratus et invocatus, vel hoc eodem titulo etiam ab Ecclesiasticis Auctoritatibus fuerit cohonestatus, et numcupatus? Ad haec omnia alia similia adjungendo et scientiae causam. Cum facultate addendi alias interrogationes, vel propositas modificandi, vel mutandi pro majori claritate, aut prout melius in Domino expediat. Dianen die XIV m. Decembris 1875 Alexander Gallo Causae Postulator Ita est Alojsius di Sarli Notarius in Actuarium deputatus.
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Sessio III In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D.N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione Romana III die vero decima quinta mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem S.mum in Christo Patris, et D. N. divina Providentia Pii Papae IX anno trigesimo XXX. Coram Ill.mo et R.mo Episcopo D.no Dominico Fanelli, Iudice ordinario in praesente causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, pro tribunali sedente in sacello seu Episcopalis Palatiis loco, et loco loci pro juramentis et examinibus Testium in praesente causa examinandorum specialiter destinato praesentibus R. D.no Michaele Marmo Promotore Fiscali pro tris die, hora, et loco specialiter monito, Testibus infrascriptis specialiter vocatis, meque Notario pariter infrascripto, comparuit Angelus Raphael Covino Nuncius, sive Cursor in Causa deputatus, et retulit in scriptis se sub hesterna die personaliter citasse omnes et singulos Testes in calca originalis citationis descriptos, et estenso prius originali, in propriis manibus illius copiam reliquisse, quam quidem citationem una cum relatione illius executionis hic facto reproduxit in forma tenoris inferius registrandi. Relatione facta, comparuit R. D.nus Alexander Gallo Causae Postulator et repetita citatione per Nuncium modo reproducta, ac relatione illius executionis in illim termino, sicut et in termino monitionis in praeterita sessione facta ante dicta D.no Promotore Fiscali, reverenter petiit et institit deferri Testibus inductis atque citatis juramentum de veritate dicenda, et secreto servando, et successive destinari diem, et horam pro inchoando illorum examine, et ad hunc effectum moneri tam dictum D.num Promotorem Fiscalem, quam Testem primo loco examinandum, ut compareant in hoc eodem loco, die et hora destinandis, atque ipse Procurator Fiscalis producat Interrogatoria, et idem Testis se subjiciat examini, et actum et decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri et interponi informa etc. Ex adverso dictus D.nus Promotor Fiscalis hic praesens dixit, nihil fieri nisi ipso praesente et ad Testium examen non deveniri, nisi cum Interrogatoriis quae, ipse omnino dari intendit, in reliquis servari formam decretorum generalium, et novissimorum Sacrae Congregationis Rituum, alias protestatus fuit et protestatur de nullitate omnium actorum et agendorum non solum isto, sedet omni alio meliori modo. Ex tunc praefatus Ill.mus et R.mus Episcopus, Ordinarius Iudex, visis et auditis praedictis, mandavit mihi Notario, ut in fine praesentis sessionis registrem tenorem citationis per Nuncium reproductae, una cum relatione illius excutionis et deinde testibus inductis juramentum detulit, quod illi unus post alium, separatione, genibus flexis et tactis sanctis Dei Evangeliis praestiterunt, ut infra sequitur videlicet. Et primo Nicolaus Peduto q.m Cajetani Testis inductus et citatus suum praestitit juramentum ut infra. Ego infrascriptus Nicolaus Peduto, tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super articulis, super quibus exsaminabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec
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alicui penitus revelare tam contenta in iisdem interrogatoriis, quam responsiones, et depositiones a me feciendos super iisdem et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona exceptis dominatione vestra Il.ma et R.ma R.D. Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad Causam deputato, sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a Summo Pontifice, excluso etiam Maiore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim. Ita promitto et juro,sic me Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Io Nicola Peduto cosĂŹ prometto e giuro. Ego infrascriptus Joannes Sorgente, tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in iisdem interrogatoriis, quam responsiones, et depositiones a me feciendos super iisdem et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis dominationes vestra Il.ma et R.ma R.D. Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad causam deputato, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a Summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo, absolvi possim. Ita promitto et juro, sic me adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Io Giovanni Sorgente. Ego infrascriptus Lucidus Durante, tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super articulis, super quibus examinabor in causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in iisdem interrogatoriis, quam responsiones, et depositiones a me faciendos super iisdem et super articulis nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis dominationes vestra Il.ma et R.ma R.D. Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad Causam deputato, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim. Ita promitto et juro, sic me Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Lucido Durante. Ego Cajetanus Capozzoli q.m Paschalis, tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super Articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contento in iisdem interrogatoriis, quam responsiones a me faciendos super ijsdem, et super articulis,nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis dominatione vestra Il.ma et R.ma R.D. Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad Causam Deputato, sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim. Ita promitto et juro, sic me Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Signum crucis Cajetani Capozzoli, qui nescit scribere, ut declaravit. Ego Raphael Romanelli q.m Francisci Xaverii tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi nec non juro et promitto religiose servare
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secretum, nec alicui penitus revelare tam contento in iisdem interrogatoriis, quam responsiones a me faciendos super iisdem, et super Articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis dominatione vestra Il.ma et R.ma R.D. Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad causam Deputato, sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in articulo mortis, absolvi possim. Ita juro et promitto, sic me Deus adjuvet et haec sancta ejus Evangelia. Signum crucis Raphaelis Romanelli, qui scribere nescit, ut declaravit. Ego Alojsius Romanelli, tactis SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis, quam super Articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in iisdem interrogatoriis, quam responsiones a me faciendos super iisdem et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis dominationes vestra Il.ma et R.ma R.D.no Promotore Fiscali, et Notario Actuario ad Causam Deputato, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua non nisi a summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in articulo mortis absolvi possim. Ita juro et promitto, sic me Deus adjuvet, et haec sancta ejus Evangelia. Signum crucis Alojsii Romanelli, qui scribere nescit, ut declaravit. Quibus juramentis uti supra praestitis, antedictus Ill.mus et R.mus Dominus D. Dominicus Fanelli Episcopus et Iudex ordinarius mandavit inchoavi Testium examen die decimasexta hujus m. Decembris, hora secunda post ortum solis, et ad hunc effectum monuit dictum R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem, ut comparuit in hoc eodem loco dictis die et hora, et assistat examini primi testis, exhibeatque Interrogatoria, super quibus Testes examinari debeant, alias et respective monuit Nicolaum Peduto q.m Cajetani primo loco examinandum, ut compareat et se examini subjiciat, et deinde injunxit mihi Notario Actuario ut de omnibus gestis in praesente sessione publicum Instrumentum conficiam in forma, et tandem se, una cum Promotore Fiscali subscripsit ut infra. Dominicus Fanelli Episcopus Iudex - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Super quibus omnibus et singulis sicut supra gestis, Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus hoc praesens publicum Instrumentum de mandato Dominationis suae Ill. mae et R.mae Iudiciis Ordinarii confeci, et publicavi in forma. Ideo in fidem hic me subscripsi, mecumque solitum Notariatus signum apposui requisitus Actum die, mense, anno, Pontificatu, et loco quibus supra, praesentibus R. D. Vincentio Finamore, et Raphael Sansevero Testibus ad praemissa specialiter habitis, vocatis atque rogatis. Ita est. Alojsius de Sarli Notarius publicus in Actuarium deputatus. Adest signum Notariatus. De mandato Ill.mi et R.mi Episcopi Judiciis ordinarii in praesente Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, citantur omnes et singuli Testes inferius nominandi ad comparendum coram eodem Ill. mo et R.mo D.no Ep. die XV hujus mensis Decembris hora secunda post ortum solis in Sacello Episcopalis Palatio, loco et loco loci, ad recipienda eorum juramenta et examina, specialiter
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ut in actis destinato, ad praestandum juramentum, et successive se subjiciendum examini, sive testimonium veritatis perhibendum, alios cogendi et compellendi per censuras, aliasque poenas ecclesiasticas arbitrio Dominationis suae Ill.mae et Rev.mae, et actum et Decretum quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri, et interponi in forma ad dictam diem et horam. Instante R. D. Alexander Gallo Postulatore in causa specialiter costituto a Principali, sive etc. Alojsius de Sarli Notarius specialiter Deputatus. Ego infrascriptus Cursor, sive Nuncius publicus deputatus refero ac testor sub hesterna die personaliter citasse Nicolaum Peduto, Joannum Sorgente, Lucidum Durante, Cajetanum Capozzoli, Raphaelum Romanelli, et Alojsium Romanelli ad contenta in praesenti citatione, cujus copiam, ostenso prius originali in propriis eorum manibus reliqui, et ita refero ac testor. Hoc die XIV Decembris 1875. Ego Angelus Raphael Covino Cursor deputatus manu propria. Ita est. Alojsius de Sarli Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus. Adest Signum Notariatus.
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Sessio Quarta IV In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D. N. Jesu Christi millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione Romana III die vero decima sexta mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem Sanctissimi in Christo Patris et D.ni N.ri divina Providentia Pii Papae Noni anno trigesimo XXX. Coram Ill.mo et R.mo D. Dominico Fanelli Episcopo ac Iudice ordinario in praesente causa Beatificationis Servi Dei Lucidi Ordinis S. Benedicti, pro Tribunali sedente in Sacello Episcopalis Palatii, loco et loco loci pro juramentis et examinibus Testium in praesenti Causa examinandis specialiter destinato, praesentibus R. D. Michael Marmo Promotore Fiscali, et Nicolao Peduto Teste inducto, et jurato primo loco examinando pro his die et hora et loco specialiter monitis, comparuit R. D. Alexander Gallo Postulator, et in termino monitionis in praeterita sessione factae, reverentia petiit et institit inchoari primi Testis examen, et actum et Decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri, et interponi in forma omni. Ex adverso dictus D.nus Promotor Fiscalis ibidem praesens facto exhibuit plicum clausum et sigillatum continens interrogatoria, super quibus petit, et instat Testes omnes et singulos examinari priusquam examinentur super articulis. Completo autem, sive suspenso testes examine, petit quod dictus plicus claudatur, et obsignetur, una cum depositionibus testes examinati, non aperiendus nisi in actu futurae sessionis, seu examinis similem clausuram et aperitionem respective in principio et in fine cujuslibet sessionis servandam, et adhibendam esse dixit, et ulterius institit quod ante inchoationem examinis cujuslibet Testis denus deferatur ipsi Testi examinando juramentum alias praestitum, reliquis servetur forma Decretorum generalium et novissimorum Sacrae Congregationis Rituum, aliaque adhimpleantur de jure, stylo et consuetudine servanda et adhibenda, alios protestatus fuit et protestatur de nullitate examinum, et totius processus non solum isto, sed et omni meliori modo. Quibus visis et auditis praefatus Ill.mus et R.mus D.nus Episcopus Judex ordinarius mandavit inchoari examen Nicolai Peduto Testis inducti, citati atque jurati, cui denno detulit juramentum veritatis dicendae, et secretum religiose servandi, quod ille iterum praestitit genibus flexis, et manu imposita super librum Evangeliorum, repetendo eadem ut praecisa verba, alias in actis registrata, dicens “ita promitto et juro�, sic me Deus adjuvet, et haec SS. ejus Evangelia. Et postea mandavit ex hoc loco discedere Causae Postulatorem, prout ille statim recessit, et clausis foribus, jussit aperiri plicum interrogatoriorum clausum et sigillatum exhibitum per dictum D.num Promotorem Fiscalem. Quo quidem plico statim per me Notarium de mandato ac aperto deventum fuit ad examen dicti Testis, qui ad interrogationes sibi factas sive ab Ill.mo et R.mo Ep.o Judice Ordinario, sive a Promotore Fiscali, dixit et deposuit prout infra. Et ego Notarius Actuarius ad dictamen alterutrius uti supra.Testis responsiones de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate descripsi et registravi ut infra videlicet. Ad primum interrogatorium respondit
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Conosco la santità del giuramento, e le tristi conseguenze dello spergiuro, e sarò per dire non altro che verità. Ad secundum interrogatorium respondit Io mi chiamo Nicola Peduto, figlio del fù Gaetano, del Comune di Aquara, ove ho sempre domiciliato, di anni cinquantacinque. Son di condizione bracciante, ammogliato con cinque figli, vivo comodamente con la fatica mia e dei miei. Iuxta tertium interrogatorium respondit In ogni anno ho soddisfatto al Precetto Pasquale, ricevendo la S. Eucaristia. Di presente pratico il S. Giubileo, e spero conseguire le indulgenze praticando le opere ingiunte. Iuxta quartum interrogatorium respondit Non sono stato mai processato, inquisito, incarcerato, nè accusato per delitto di qualsivoglia sorta. Iuxta quintum interrogatorium respondit Per grazia di Dio non sono stato mai scommunicato, nè legato da altre censure. Iuxta sextum interrogatorium respondit Non sono stato istruito da nessuno sul modo di rispondere sulle domande a farmisi. Iuxta septimum interrogatorium respondit Né lucro, né speranza, né onore, né timore mi ha indotto a far da testimone, ma la sola gloria di Dio, e di S. Lucido. Iuxta octavum interrogatorium respondit Ho sempre inteso nominare da’ miei maggiori S. Lucido, dell’ordine di S. Benedetto. Nelle disgrazie, nei bisogni lo hanno i miei antenati chiamato in loro aiuto. Io sono divoto di S. Lucido, è poggio sulla sua protezione per conseguire i beni eterni e temporali. Iuxta nonum interrogatorium respondit Non altro sapere che esiste in Aquara la testa di S. Lucido, ch’egli morì con fama di santità per le virtù praticate in vita, i miracoli operati. Che nella chiesa di S. Nicola vi ha altare proprio, ove si espongono le enunciare reliquie, che si venerano pubblicamente, come si è fatto per secoli, giusta mi dicevano i miei avi, ed ho inteso fin da fanciullo raccontare dai vecchi sacerdoti. Attualmente si venerano le sacre reliquie da me, dai miei paesani, da’ forestieri, e si offrono continuamente al Santo ceri, oro, argento, ed altri donativi. Iuxta decimum interrogatorium respondit Il popolo di Aquara ha da tempo remotissimo nutrita viva devozione verso S. Lucido, nella quale è fervorosa e persistente. Che tal devozione non è stata mai interrotta, siccome mi è stato raccontato. In mia vita mi è noto per fatto, come per fatto conosco la divozione dei paesi vicini e lontani concorrenti nella sua festività, e portanti donativi al Santo stesso. Iuxta undecimum interrogatorium respondit É certissima l’esistenza della Cappella di S. Lucido nella Chiesa di S. Nicola, ove si è celebrato e vi si celebra tuttavia il Sacrificio della Messa. Tal cappella appare antica assai, ma non so quando sia stata edificata, nè conosco se sia stata approvata da qualche Vescovo; molti vescovi però vi hanno celebrato. Nella stessa Cappella vi si prega, vi si cantano litanie, e quivi conviene il popolo nelle pubbliche calamità, ed i privati a supplicare il Santo perché loro impetri qualche grazia. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit In Aquara esiste una statua di argento di antica struttura, nella quale son’ riposte le sacre reliquie del Santo.
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Nella soffitta della Chiesa Parrocchiale vi è l’immagine del medesimo su tela egualmente antica, in atto venerabile ed avente l’aureola intorno al capo. Iuxta decimum tertium respondit Nella detta cappella ho visto stare sospesi molti donativi in grossi ceri con iscrizioni remote. So pure ed ho visto moltissimi donativi in oro ed argento di antica e recente struttura, che anno per anno si sono conservati e conservano in apposta cassa, e si espongono nel dì della festività del Santo. Tali offerte non si sono interrotte, e continuano in ogni anno si per grazie ottenute, si per fervente divozione. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit Gli antichi del Paese han chiamato sempre santo il nostro servo di Dio Lucido, sempre santo lo chiamano, ed ho inteso chiamarlo Beato solamente da’ Panagiristi nel tesserne gli elogi. Che le Autorità ecclesiastiche abbiamo chiamato Lucido Santo mi è stato detto, ed appare dai Rescritti per le novene e Processioni da essi rilasciate. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Ho inteso dire che esistevano ed esistono libri manoscritti riguardanti la santità della vita, ed i miracoli del servo di Dio: io poi ho letto una vita manoscritta, e restai sorpreso ed ammirato di tante sue virtù, e degli svariati e grandi miracoli operati. Non so poi se tali manoscritti siano stati approvati da qualche Ordinario Diocesano. Expletis interrogatoriis, deventum est ad examen super articulis, super quibus Testis dixit se tantum scire quantum super deposuit super interrogatoriis. Et absoluto examen tamen super interrogatoriis, quam super articulis, fuit per me Notarium demandato Ill.mi et R.mi D.ni Dominici Fanelli Episcopi ac Judiciis Ordinarii alta et intellegibili voce lecta eidem testi integra ejus depositio, nempe a principio usque ad finem, impertita eidem facultate addendi, minuendi, seu corrigendi, quam depositionem per eum bene auditam et intellectam de verbo ad verbum, approbavit, ratificavit, et confirmavit. Demum ipsi Testi a praefato Ill.mo ac R.mo Domino Episcopo ac Judice injunctum fuit ut se subscriberet, prout illico fecit, videlicet. Così per la verità ho deposto, approvo, ratifico, confermo. Io Nicola Peduto. Licentiato et absoluto praedicto. Teste, Ill.mus ac R.mus Episcopus Judex, priusquam e loco examinis discederet, cum adhuc esset hora opportuna et conveniens, mandavit per me Notarium vocari secundum testem inductum, citatum, atque juratum Joannem Sorgente, quo vocato, idem Ill.mus et R.mus D.nus Episcopus Judex detulit ei denno juramentum veritatis dicendae, et secretum religiose servandi, quod iterum ille praestitit genibus flexis, et manu imposita super librum Evangeliorum repetendo eademmet praecisa verba, alias in actis registrata, dicens “Ita promitto et juro”, sic me Deus adjuvet, et haec Sancta eius Evangelia, et adhuc absente causae Postulatore, sed praesente Promotore Fiscali, clausis faribus, deventum fuit ad examen dicti secundi Testis, qui ad interrogationes sibi factas sive ab Ill.mo et R.mo Episcopio, sive a Promotore Fiscali dixit et deposuit prout infra. Et ego Notarius Actuarius ad dictamen alterutrius, uti supra Testis responsiones de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate descripsi et registravi ut infra, videlicet. Iuxta primum interrogatorium respondit Resto inteso del rispetto dovuto al giuramento, e quanto sia grave lo spergiurare: per cui dirò la verità per quanto io conosco.
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Iuxta secundum interrogatorium respondit Io mi chiamo Giovanni Sorgente fu Alessandro del Comune di Aquara, ove ho sempre domiciliato. Ho cinquantott’anni: sono ammogliato con sei figli, ed esercito il mestire di sarto, con che lucro il vivere per me e per la mia famiglia. Iuxta tertium interrogatorium respondit Non ho mai mancato all’adempimento del Precetto Pasquale con ricevere il SS. Sacramento della Penitenza, ed Eucaristia. Molte volte mi sono confessato fra l’anno, e nel corrente intendo anche confessarmi e comunicarmi nella conclusione delle visite pel S. Giubileo; delle quali sono in corso. Iuxta quartum interrogatorium respondit Avendo cercato nel miglior modo di fare i propri doveri, non sono stato mai accusato, inquisito, processato. Iuxta quintum interrogatorium respondit Per grazia di Dio sono stato rispettoso alle leggi di nostra S. Madre Chiesa, perciò non sono stato scomunicato, ne ligato mai da sorta di censure. Iuxta sextum interrogatorium respondit Non vi è stata persona che m’abbia istruito sulle domande che mi verranno fatte, ma mi sono presentato all’eccellenze vostre senza sapere che cosa mi dovevate domandare. Iuxta septimum interrogatorium respondit Per nessun fine temporale mi sono qui recato a fare da testimone; ma mi ci ha indotto la gloria che si deve a Dio, e la divozione al mio S. Lucido. Iuxta octavum interrogatorium respondit I miei genitori, i miei Avi, i vecchioni del mio paese mi hanno sempre raccontato che uno del nostro paese chiamato Lucido fu un giovane sempre santo, che poi si fece monaco di S. Benedetto, e stava nel monastero poco distante dal nostro Paese, che si chiamava S. Pietro, ed in quel monastero, da più tempo diruto, menò vita integra, santa. Che andò ad altri monasteri dell’Ordine, e dopo tanti miracoli operati morì da santo e per tale è stato stimato. Io ne sono divoitissimo, come lo sono i miei paesani, ed anche molti forestieri. Ho accresciuto in me tale devozione, perché avendomi rotta una gamba, e disperando della guarigione, mi raccomandai a S. Lucido nostro, ed in brevissimo tempo ottenni da Dio a sua intercessione la grazia della sanità. Iuxta nonum interrogatorium respondit Non sono stato curioso di domandare dove e quando morì S. Lucido. Mi dicevano i vecchioni che visse santamente nell’antico e ora diruto convento benedettino circa due miglia distante da Aquara: che faceva miracoli anche prima di morire: che andava a più monasteri per obbedire a’ suoi superiori, e che andò anche a Roma. Mi pare di avere da altri inteso che fusse morto a Roma; ma non lo ricordo certo. Conosco che nella statua di argento sono situate le sue reliquie, anzi mi dicono che la testa del Santo è proprio dentro la testa d’argento. La Cappella di S. Lucido è frequentata da paesani e da forestieri, i quali si mettono in ginocchio innanzi alle reliquie, e chiedono grazie, come ho fatto io stesso ho fatto più volte non senza essere stato esaudito. Questo che dico si è praticato da centinaia d’anni, come mi hanno raccontato gli antichi del paese. Iuxta decimum interrogatorium respondit Ho inteso nominare il servo di Dio Lucido non spesso, ma sempre dai miei compaesani, che lo hanno chiamato in aiuto nelle loro tribolazioni e necessità temporali e spirituali. Ho visto ed udito nel corso dei miei anni di ragione molti forestieri presentarsi in Aquara, e cercare la cappella di
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S. Lucido, ove si sono prostrati chi per ringraziarlo di grazie ottenute da Dio a sua intercessione, che per pregarlo a liberarlo da cecità, da cancrene, da dolori e da altre infermità. Poi i miei avi ed i vecchi del Paese mi hanno raccontato la vita santa che menava, le penitenze, che praticava, ed i grandi miracoli che faceva mentre era vivo, siccome avevano inteso da altri loro antecessori. Io poi sono divoto del nostro S. Lucido, perché me l’ho trovato sempre propizio nei miei bisogni, e specialmente in parecchie infermità dalle quali sono stato da lui liberato. Desidero si la sua Beatificazione; affinché sia più conosciuto il nostro benedetto santo, e ne sia più glorificato Dio. Per le ragioni che ho detto il popolo di Aquara ne è divotissimo, e lo ha sempre venerato con tutto affetto, come lo venerano più e più paesi lontani, e vicini, e si osserva da naturali di essi, che vengono nella sua festa ad offrirgli doni. Iuxta undecimum interrogatorium respondit Ho inteso dire che nel diruto convento di S. Pietro a noi vicino era un antico altare dedicato a S. Lucido, ove si celebrava, ed i nostri maggiori si andavano a raccomandare a detto Santo. È certo poi che nella nostra Chiesa Parrocchiale esiste la cappella di S. Lucido di antica costruzione, la quale è stata visitata da tanti vescovi, vi si è celebrato, vi si celebra e vi si prega. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit Nella Chiesa Parrocchiale abbiamo la statua di argento, e dentro la testa di essa vi sono le reliquie di S. Lucido; sulla soffitta poi della Chiesa vi è un quadro con le immagini di detto santo dipinto sopra tela, ed intorno al suo capo luminosi raggi si vedono. Mi hanno raccontato che la statua di argento è stata fatta da più di due secoli, ed il quadro più prima della statua. Iuxta decimum tertium interrogatorium respondit Non solo mi è stato raccontato che si sono fatti da tempi antichi doni a S. Lucido; ma a tempo mio li ha visto io stesso fare. Chiunque poi entra la sua Cappella può vederli ed osservarli nuovi e stravecchi di più secoli: Sempre poi si portano doni per le grazie ricevute dal Santo. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit Sempre santo lo chiamiamo noi, e cosi lo abbiamo sempre inteso chiamare. Quando hanno predicato l’ho inteso chiamare Beato. I miei maggiori m i dicevano che lo chiamavano santo da che era vivo. Dopo morto sempre cosi lo hanno chiamato, e cosi lo hanno chiamato i Vescovi quando hanno permesso il suo panegirico. Iuxta decimum quintum respondit Io non ho letto libri, o storie del santo perché non sono troppo istruito, ma ho inteso da persone probe che vi sono dei libri che parlano delle sue virtù, dei suoi miracoli, ed ho inteso cantare dei responsorii. Non so se siano stati approvati. Expletis interrogatoriis, deventum est ad examen super articulis, super quibus Testis dixit se tantum scire quantum supra deposuit super interrogatoriis. Et absoluto examine tam super interrogatoriis, quam super articulis, fuit per me Notarium demandato Ill.mi ac R.mi Episcopi alta et intellegibili voce lecta eidem Testi integra jus depositio, nempe a principio usque ad finem, impartita eidem facultate addendi, minuendi seu corrigendi, quam depositionem per eum bene auditam et intellectam de verbo ad verbum approbavit, ratificavitet confirmavit. Demum ipsi Teste a praefato Ill.mo ac R.mo D.no injunctum fuit ut se subscriberet, proutfacit, videlicet. Così per la verità ho deposto, approvo, ratifico, confermo Io Giovanni Sorgente.
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Licentiato et absoluto praedicto Teste, Ill.mus et R.mus Ep. Judex, priusquam e loco esaminis discederet, cum adhuc esset hora opportuna et conveniens, mandavit per me Notarium vocari tertium Testem inductum, citatum atque juratum Lucidum Durante, quo vocato, idem Ill. mus et R.mus D.nus Ep.us Judex detulit ei denno juramentum veritatis dicendae, et secretum religiose servande, quod iterum ille praestitit genibus flexis, et manu imposita super librum evangeliorum, repetendo eademmet verba alias in actis registrata, dicens “Ita promitto et juro”, sic me Deus adjuvet et haec Sancta ejus Evangelia. Et adhuc absente Causae Postulatore, sed praesente Promotore Fiscali, clausis faribus, deventum fuit ad examen dicti tertii Testis, qui ad interrogationes sibi factas sive ab Ill.mo et R.mo Episcopo, sive a Promotore Fiscali, dixit et deposuit prout infra, et Ego Notarius actuarius ad dictamen alterutrius, uti supra Testis responsiones de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto, aut immutato, eodem quo ab ipso relate sunt idiomate descripsi et registravi ut infra videlicet. Iuxta primum interrogatorium respondit Resto persuaso della santità del giuramento, e dalla gravezza dello spergiuro, che Dio tenga sempre lontano. Si, dirò la sola verità. Iuxta secundum interrogatorium respondit Mi chiamo Lucido Durante del comune di Aquara, ove sono nato,, ed ho sempre dimorato. Son figlio del fu Michele, di anni cinquantasei: Sono ammogliato con quattro figli, di condizione bracciante, e lucro il vitto ed il vestito con la fatica, vivendo onestamente. Iuxta tertium interrogatorium respondit Non ho mancato all’adempimento del Precetto Pasquale, mi sono comunicato nel tempo stabilito dalla Chiesa. Alle volte mi sono comunicato nella festa del nostro Protettore S. Lucido, ed ora sto in mano del confessore per fare il S. Giubileo. Iuxta quartum interrogatorium respondit Non sono stato mai processato, inquisito, o carcerato, perché ho badato sempre ai fatti miei, ed ho osservato le leggi. Iuxta quintum interrogatorium respondit Ho sempre ubbidito alla Chiesa, e non mi sono soggettato a scomuniche, o ad altre pene ecclesiastiche. Iuxta sextum interrogatorium respondit Mi hanno chiamato per testimone, ma niuno m’ha suggerito su cosa debbo fare, ne so che dire se non mi dimandate. Iuxta septimum interrogatorium respondit Per le spese di viaggio il Parroco mi ha dato due lire, sapendo che io vivo sul lucro giornaliero. Non per questo mi sono indotto a fare da testimone, o per altro fine temporale, ma per sola gloria di Dio, ed onore di S. Lucido. Iuxta octavum interrogatorium respondit Ma vi pare che non ho inteso nominare il servo di Dio Lucido? I nostri antenati lo hanno tenuto per loro speciale proettore e difensore nelle disgrazie e nelle calamità. Io l’ho per tali sperimentato stimarsi dai miei paesani, i quali vecchi e giovani hanno raccontato i suoi tanti miracoli, e le grazie ottenute: ed acciocché sia più glorificato desidero la sua beatificazione. Iuxta nonum interrogatorium respondit
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Ho inteso raccontare da che ero ragazzo, che viveva nel nostro paese più ottocento anni addietro un monaco santo chiamati Lucido, propriamente nel monastero di S. Benedetto nel casale poco distante da Aquara chiamato S. Pietro, dove mori da santo, ed in quella chiesa fi seppellito. Che poi fu scavato il suo corpo, ma anticamente, e quei monaci lo posero dentro una cassa: che da circa 300 anni le reliquie furono trasferite nella nostra Chiesa Parrocchiale, perché il monastero fu abbandonato, ed ora si conservano nella sua cappella: e la testa è certo in quella della statua di argento, innanzi la quale s’inginocchiarono, si prostrano a pregare i fedeli, come ho fatto e faccio anch’io. Iuxta decimum interrogatorium respondit So ed ho visto, come si vede, che il popolo ha grande divozione verso S. Lucido, la quale non si è mai inetrrotta da che mori da vero santo, e ci hanno avuto devozione i forestieri ancora, e fin anche il Re, perché mi raccontano che un certo Re lo venne a visitare, ma non ricordo il nome, e lasaciò certe medaglie, e monete sue: ma questa è cosa vecchia assai raccontatami da mia ava che era una donna divota: anche nel paese chiamato Magliano è venerato S. Lucido nostro, e c’è pure una chiesa sua. Iuxta undecimum interrogatorium respondit A Magliano come ho detto vi è certo una chiesa in onore di S. Lucido. In Aquara vi è la sua Cappella fatta a spese della divota popolazione da moltissimi anni, e ci si è celebrato, vi si celebra, ed è stata visitata da Vescovi della Diocesi quante volte sono venuti in Aquara, ed in detta Cappella, che è nella Chiesa Parrocchiale, sono andati i nostri maggiori a pregare, come si va adesso da forestieri e cittadini, cantandosi litanie ed orazioni. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit Come ho visto e veggio io la statua di argento, ed il quadro a tela nella Chiesa Parrocchiale, cosi possono tutti vederli. L’una e l’altro sono assai vecchi, ma non saprei dire quanto. Sono però circondati di raggi intorno al capo, ed è cosa visibile. Le figure poi che si sono sempre dispensate in occasione della festa di S. Lucido,e qaundo i divoti le hanno chieste ispirano divozione, e sono ornate di detti raggi. Iuxta decimum tertium respondit Nella Cappella dove si conserva la statua con le reliquie di S. Lucido si osservano ceri antichissimi colle scritte, che io non ho saputo leggere, ci sono pure tanti voti.; e dei quadri che ricordano grazie ottenute dal santo. Si conservano poi in una cassetta assaissimi doni di oro e di argento fatti al nostro santo da’ tempi remotissimi fino all’ultima festa in ringraziamenti dei favori spirituali e temporali a’ suoi divoti concessi. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit I forestieri che vengono in Aquara, e sono venuti da tempo remoto alla festa del nostro Protettore, hanno dimandato dove è la Cappella, il corpo di S. Lucido? Dunque lo hanno chiamato Santo. Se quelli che raccontano la sua vita intensa, e la preziosa sua morte ne pronunziano il nome, e lo fanno precedere dal titolo di Santo. Questo titolo poi si è da ritenere come costantemente dato a si gran servo di Dio, perché altrimenti non avrebbero potuto raccontare tanti prodigi che faceva quando era vivo, e dopo morto. Dai Sacerdoti poi l’ho inteso chiamare anche Beato quando cantano la sua orazione. Suppongo che santo l’avessero chiamatoanche i Vescovi che hanno permesso processioni, tridui, novene in suo onore. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Io non so di leggere molto bene, ma ho inteso dire che molte cose si trovano scritte di S. Lucido. Fra le altre mi hanno fatto sentire una vita sua, che è bella assai e lunga e vi sta scritto come sapeva servire Dio, le penitenze che faceva, li tanti miracoli, che se vostra Eccellenza mi permettesse di dire, vi farei restare meravigliato: Mi hanno
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fatto sentire pure tante belle poesie antiche di uomini dotti; ma io poco l’ho capite, e me ne ho fatto spiegare qualche cosa; ma scritti ce ne sono assai, e miracoli che non finiscono mai. Non ho mai domandato se siano stati approvati detti libri di vita, di poesie, e di orazioni. Expletis interrogatoriis, deventum est ad examen super articulis, super quibus Lucidus Durante Testis dixit, se tantum scire quam supra deposuit super interrogatoriis. Et absoluto examine tam super interrogatoriis, quam super articulis, fuit per me Notarium demandato Ill.mi et R.mi Domini Dominici Fanelli Episcopi ac Judicis Ordinarii alta et intellegibili voce lecta eidem Testi integra ejus depositio, nempe a principio usque ad finem, impartita eidem facultate addendi, minuendi, seu corrigendi, quam depositionem per eum bene auditam et intellectam de verbo ad verbum approbavit, ratificavitet confirmavit. Demum ipsi testi a praefato Illustrissimo ac Reverendissimo Domino Episcopo et in Causa Judice Ordinario injunctum fuit ut se subscriberet prout ipse Testis Lucidus Durante illico fecit, videlicet. Così per la verità ho deposto, approvo, ratifico, confermo. Lucido Durante. Licentiato et absoluto praedicto Teste, Ill.mus ac R.mus Episcopus, priusquam e loco esaminis discederet, mandavit per me Notarium vocari quartum Testem inductum, citatum, atque juratum Cajetanum Capozzoli, quo vocato, idem Ill.mus et R.mus D.nus, detulit ei denno juramentum veritatis dicendae, et secretum religiose servandi, quod iterum ille praestitit genibus flexis, et manu imposita super librum Evangeliorum repetendo eademmet praecisa verba alias in actis registrata, dicens “Ita promitto et juro”, sic me Deus adjuvet, et sancta ejus Evangelia, et adhuc absente Causae Postulatore, sed praesente Promotore Fiscali, clausis foribus, deventum fuit ad examen dicti quarti Testis, qui ad interrogationes sibi factas sive ab Ill.mo et R.mo Episcoposive a Promotore Fiscali, dixit et deposuit prout infra, et Ego Notarius Actuarius ad dictamen alterutrius, uti supra,Testis responsiones de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate descripsi et registravi ut infra, videlicet. Iuxta primum interrogatorium respondit Spero a Dio che io fossi un buon cristiano, e perciò faccio stima del giuramento, ed il Signore mi scansi dal terribile peccato dello spergiuro: ringrazio la vostra Eccellenza però, che mi ha fatto tante belle istruzioni delle qauli approfitto e dirò la sola verità. Iuxta secundum interrogatorium respondit Io sono del comune di Aquara, donde non mi sono mai allontanato, e mi chiamo Gaetano Capozzoli fu Pasquale di anni sessantaquattro, esperto misuratore di terreni, e coltivatore dei medesimi: sono ammogliato con figli, e vivo comodamente coi frutti del lavoro. Iuxta tertium interrogatorium respondit In ogni anno mi ho fatto il Precetto Pasquale, e qualche volta mi sono confessato fra l’anno, come ho fatto anche in questo per acquistare le indulgenze del S. Giubileo, se Dio me ne ha fatto degno. Iuxta quartum interrogatorium respondit Ho fuggito i delitti, e le occasioni di cader in essi, per cui non sono stato mai accusato,inquisito, e processato. Iuxta quintum interrogatorium respondit Signor no, non sono stato mai scommunicato, né interdetto, né altro che dice vostra Eccellenza, Dio mi liberi.
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Iuxta sextum interrogatorium respondit Sono stato citato, e sono venuto per testimone, ma nessuno mi ha parlato di che debbo deporre, come non so su che cosa vengo domandato. Iuxta septimum interrogatorium respondit Nossignore, non ho speranza, ne a lucro ne ad onore, ne a commodo, ma poggio alla divina provvidenza, e mi metto timore di Dio solamente, per la gloria del quale mi sono mosso a trasferirmi fin qua a fare da testimone. Iuxta octavum interrogatorium respondit Tutti quanti noi paesani non nominiamo altro che S. Lucido nostro, che era monaco di S. Benedetto. Lo nominavano i nostri avi,i nostri Preti vecchi, che c’imparavano tante belle cose della sua vita santa e ci inspiravano ad essere divoti, come lo sono con la mia famiglia, e desidero che venga dal Papa beatificato, affinché sia di maggior gloria di Dio e sua. Iuxta nonum interrogatorium respondit Ho inteso sempre raccontare dai vecchi che S. Lucido mori, sono otto o novecento anni addietro, nel monastero di Benedettini che era nel vicino casale chiamato S. Pietro, e che fu sepolto dentro quella Chiesa de’ Padri, che quando viveva S. Lucido non solo serviva Dio, ma faceva miracoli, mori in concetto di santità, e quindi in poi si è avuto sempre per santo. Che le sue reliquie stettero in quella chiesa fino a che se ne andarono i monaci dal Monastero, e poi furono trasportate in Aquara nostro paese da molto tempo; ma non saprei dire quando, e furono poste in venerazione,, e poi situate parte dentro la testa dellas statua di argento, e parte sotto il busto della statua stessa, la quale sta dentro la Cappella di S. Lucido, dove andiamo a pregare ed a raccomandarci allo stesso santo. Non conosco nè ho inteso parlare di permesso di vescovi; ma non si può supporre che sia mancato, mentre sotto gli occhi loro si sono fatte e cappella e statua e processioni, e tante sante cose per S. Lucido. Se non le avessero permesso, l’avrebbero proibite. Iuxta decimum interrogatorium respondit Il nostro popolo a nessuno santo vuole tanto bene quanto ne vuole a S. Lucido, paesano e protettore nostro, e ne è stato divoto da tanti secoli, da che mori, perché faceva ed ha fatto tante grazie, e miracoli, per ragione de’ quali i nostri antenati, e noi gli siamo stati sempre senza interruzione divoti, e lo siamo attuaslmente con molti fedeli dei paesi vicini e lontani, come di Magliano, di Bellosguardo, di Roscigno, di Filitto e di molti altri, i naturali dei quali vengono alla festività del nostro santo, ed anche in altri giorni a ringraziarlo dei bvenefici ottenuti a sua intercessione e a pregarlo per grazie che sperano. Iuxta undecimum interrogatorium respondit Nella nostra Chiesa parrocchiale vi è la Cappella coll’altare di S. Lucido dove si è detto sempre Messa. Tanto l’uno quanto l’altro mi sembrano antichi, ma non so propriamente in qual tempo siano stati fatti. Mi persuado che vi sia stato il permesso dei Vescovi, perché essi li hanno visitati, vi hanno celebrato, ed hanno ordinato qualche cosa, che ci mancava; che poi vi si prega lo dicevano gli antichi; ma se ho detto che vi si è celebrato, e vi si celebra la messa, volete una preghiera più grande? Iuxta duodecimum interrogatorium respondit Abbiamo nella nostra Chiesa di Aquara una statua di legno vecchio di più di 700 anni, un’altra d’argento, che avrà più di cento anni. Vi abbiamo pure delle immagini pittate sul muro e su tela, ma non conosco, né ho domandato quanti anni potessero contare. Tutte dette immagini hanno i raggi intorno al capo, e sentiedi raccontare che il popolo nel fare la statua di argento, perché aveva molta divozione a S. Lucido, dal quale era protetto e liberato da’ mali.
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Iuxta decimum tertium respondit Nella nostra Cappella stanno appesi de’ quadretti coi miracoli di S. Lucido, uno dei quali mi si raccontava proprio da’ mio avo, il quale fu testimone della liberazione di un uomo dall’essere offeso da un’arma, chiamando S. Lucido mentre gli crepava esplodendo fra le mani. Vi sono appesi tanti voti, e fra gli altri due grandi ceri vecchissimi, che si è detto sempre d’essere stati regalati al nostro santo da un Principe più di 700 anni addietro. Dentro una cassa poi stanno conservati tanti voti d’oro, e di argento, regalati da’ paesani e da’ forestieri, che continuano a donare per effetto di devozione e di grazie ricevute. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit Il nostro protettore è stato chiamato ora Beato ora Santo: noi però lo chiamiamo santo, e sempre cosi, come lo chiamavano i nostri antenati, che lo avevano imparato dai loro predecessori, senza che alcuno vio si fosse opposto, nè lo poteva, perché i miracoli sono assai ed chiari. Quando sono venuti i Vescovi alla S. Visita non so se lo avessero chiamato Santo o Beato, ma se non fosse stato santo non l’avrebbero fatto dire le Messe, né portarlo in processione. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Ho inteso raccontare che vi ha una vita lunga di S. Lucido, e tante altre cose scritte di miracoli, ma io non ho letto, perché non sono stato alla scuola, ma ne sono certo, perché tanti grandi miracoli che mi raccontavano i miei antenati l’avevano intesi da altri che si conoscevano per tradizione a voce, per lettura, e per propria testimonianza. Non so di approvazione avvenuta, perché non ne hgo inteso parlare. Expletis interrogatoriis, deventum est ad examen super articulis, super quibus idem Testis dixit, se tantum scire quantum supra deposuit super interrogatoriis. Et absoluto examine tam super interrogatoriis quam super articulis, fuit per me Notarium demandato Ill.mi ac R.mi Domini allata et intellegibili voce lecta eidem Testi integra ejus depositio, nempe a principio usque ad finem, impartita eidem facultate addendi, minuendi, seu corrigendi, quam depositionem per eum bene auditam et intellectam de verbo ad verbum, approbavit, ratificavit,et confirmavit. Demum ipsi Testi a praefato Ill.mo et R.mo D.no E.po Judice injunctum fuit ut signum crucis apponat, prout illico fuit quia nescit scribere. Adest signum Crucis. Licentiato et absoluto praedicto Teste, Ill.mus et R.mus Ep.us priusquam e loco examinis discederet, cum adhuc esset horaconveniens et opportuna, mandavit per me Notarium vocari quintum Testem inductum, citatum atque juratum Alojsium Romanelli, quo vocato, idem Ill. mus et R.mus Episcopus Judex detulit ei denno juramentum veritatis dicendae, et secretum religiose servandi, quod iterum ille praestitit genibus flexis, et manu imposita super librum Evangeliorum repetendo eademmet verba alias in actis registrata, dicens “Ita promitto et juro”, sic me Deus adjuvet, et haec Sancta ejus Evangelia. Et adhuc absente Causae Postulatore, sed praesente Promotore Fiscali, clausis foribus, deventum fuit ad examen dicti quinti Testis, qui ad interrogationes sibi factas sive ab Ill.mo et R.mo D.no Ep.o, sive a Promotore Fiscali,dixit et deposuit prout infra, et ego Notarius Actuarius ad dictamen alterutrius, uti supra,Testis responsiones de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate descripsi et registravi ut infra, videlicet. Iuxta primum interrogatorium respondit Non sia mai, ed io offendo la santità del giuramento, e cada nello spergiuro, che è peccato gravissimo, secondo mi
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ha cosi bene spiegato vostra Eccellenza. Iddio già vede che sono disposto al vero come lo conosco. Iuxta secundum interrogatorium respondit Io Luigi Romanilli nacqui dal fu Nicola in Aquara, ove dimoro, e ho sempre dimorato: ho sessant’uno anni, sono agricoltore di mediocre fortuna acquistatami mercé il lavoro, col quale provvedo a quanto bisogna per me, per mia moglie, pei miei figli. Iuxta tertium interrogatorium respondit Ho adempiuto al Precetto Pasquale dagli anni di pubertà, meno una volta perché mi trovai in carcere, e dopo non vi pensai. Fra l’anno mi sono confessato, e talvolta anche comunicato in qualche festività principale, ed in quest’anno ho principiato il Giubileo: ma non ancora mi sono confessato da che fu Pasqua. Iuxta quartum interrogatorium respondit Sono stato una volta carcerato per circa sette mesi a causa di una rissa nella quale mi trovai; dopo la causa però uscii libero, perché constò che se menai ben bene fui provocato. Ne prima ne dopo tal fatto sono stato inquisito o accusato o processato. Iuxta quintum interrogatorium respondit Non sono stato giammai scommunicato, o seggetto ad altre censure ecclesiastiche. Iuxta sextum interrogatorium respondit Mi sono presentato a vostra Eccellenza senza alcuna prevenzione anzi non so che cosa vuole domandarmi; e quando sono stato mandato mi disse l’Arciprete che avessi pensato di dire la verità, e niente altro m i è stato suggerito. Iuxta septimum interrogatorium respondit Sarebbe bello venderci l’anima, giusto addesso che ci avviciniamo alla morte. Non spero nè lucro nè comando, ne cuore, e sono venuto a fare da testimone senza fine e senza timore, ma solo per dare gloria a Gesù Cristo ed a S. Lucido nostro. Iuxta octavum interrogatorium respondit E come non ho inteso nominare S. Lucido? Mio Padre, mia Madre ed i loro genitori me ne dicevano tante belle cose: che era nato in Aquara stesso, che era monaco di S. Benedetto nel vicino, ora distrutto monastero di S. Pietro, che menava una vita tutta di Dio, che faceva tanti miracoli, che i loro antenati ci avevano avuto sempre fede, sentendo queste cose, e vedendo il popolo avere devozioni verso il nostro santo Protettore, anche io e la mia famiglia ne siamo divoti, perché è nostro avvocato presso Dio. Desidero la sua beatificazione acciocchè sapendosi si accresca la divozione verso un santo cosi miracoloso. Iuxta nonum interrogatorium respondit Ho inteso dire fin dalla fanciullezza che S. Lucido mori da sette o ottocento anni nel monastero di S. Pietro, e quivi fu seppellito. Che aveva menato una vita santa fino a fare miracoli con distruggere le fiere con un segno di croce, e tanti altri, che son pronto a raccontare quanti me ne ricordo. Mi dicono che le sue ossa furono prima scavate da quelli monaci e poste dentro una lamina d’argento; ma poi partiti i monaci, e più appresso essendo in male stato la Chiesa del monastero, le ossa furono trasportate nella nostra Chiesa Parrocchiale con molta gioia e pompa, ed ora si trovano situate da qualche centinaio e mezzo di anni nella testa e nel busto della statua di argento. Le dette reliquie sono venerate continuamente non solo da me e da miei paesani, ma anche da’ forestieri, come ho visto da che ho uso di ragione. Credo che i vescovi abbiano data licenza,ma non lo so certo. Iuxta decimum interrogatorium respondit
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Il popolo di Aquara si farebbe trascinare per S. Lucido, e questo lo può osservare ognuno, e da che si sono raccontati tanti prodigi di lui ne sono stati divoti i paesani e forestieri. Da tempo remotissimo, come mi raccontavano i miei antenati, gli Aquaresi andavano a venerare il nostro santo nella Chiesa distrutta di S. Pietro, e dopo che le reliquie furono trasportate nella Chiesa Parrocchiale gli Aquaresi, i naturali di paesi vicini, come di S. Angelo, Bellosguardo, Magliano, Rocca; ed anche di paesi lontani, come di S. Arsenio, ed altri convengono alla celebrazione della sua festa con divozione e donativi. Iuxta undecimum interrogatorium respondit Una Cappella coll’altare di S. Lucido è conosciuto da me, e tutti la possono vedere, perché edificata da’ tempi assai lontano nella Chiesa Parrocchiale. In detto altare si sono celebrate e si celebrano messe col consenso del Vescovo, perché ci sono le messe di obbligo proprio a S. Lucido, e questo lo dovevano sapere i Vescovi. Nella stessa Cappella si fanno preghiere, ed in essa corriamo nei nostri bisogni, specialmente quando abbiamo qualche malato in pericolo, quando temiamo qualche sventura e flagello, e queste cose si sono praticate dagli antenati, e si osservano continuamente. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit So che in Aquara vi sono due statue di S. Lucido, una di legno che adesso si è fatta brutta per l’antichità, e l’altra di argento, che è pure un poco vecchia, perché ne anche mio Padre si ricordava quando fu fatta. Ho visto pure un quadro al soffitto della Chiesa, ed una pittura sull’intonaco della Cappella; ma non so quanti anni stanno colà. Di figure ne ho visto dall’uso di mia ragione dispensare a migliaia. Tutte le immagini hanno i raggi intorno al capo, ma mi pare che la statua di legno sia senza niente in testa, perché il diadema si potè guastare o perdere. Iuxta decimum tertium respondit Tre tabelle mi pare che stanno sospese dentro la Cappella su nominata di S. Lucido, in memoria di grazie ottenute: vi sono pure molti ceri, tra quali due vecchissimi, che portano il nome di una persona grande, che li regalò al santo nostro. Si conservano poi molti donativi di oro e di argento, i quali si sono offerti da tempo remotissimo fino all’ultima festa. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit Da che mori il nostro Protettore mi è stato raccontato di aver avuto il nome di Santo: io poi l’ho inteso chiamare ora santo, ora beato, ma quest’ultimo titolo glielo hanno dato più i forestieri, specialmente Preti o monaci che hanno predicato, anzichè i paesani. Ho sempre poi creduto che i vescovi lo abbiano onorato ora col titolo di Beato ora di Santo, perché i miei predecessori mi dicevano che i vescovi a loro memoria quando andavano in Chiesa genuflettevano ed oravano innanzi le reliquie e dicevano messa nell’altare del nostro Protettore. Quando erano lontani permettevano al Clero di fare la processione con dette reliquie; ed io so che quando a tempo mio sono venuti Vescovi alla santa Visita hanno fatto lo stesso. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Si è detto sempre che esistevano ed esistono scritti della vita, di miracoli del nostro Protettore, come pure orazioni ed altro, che ho intesi anche leggere, ma non ne ho letto io, perché i miei genitori non badarono a farmi istruire nelle lettere. Expletis interrogatoriis, deventum est ad examen super articulis super quibus dictus testis dixit se tantum scire quam supra deposuit super interrogatoriis. Et absoluto examine tam super interrogatoriis, quam super articulis, fuit per me Notarium demandato Ill.mi ac R.mi D.ni E.pi Judicis alta et intellegibili voce lecta eidem Testi Alojsio
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Romanelli integra ejus depositio, nempe a principio usque ad finem, impartita ei facultate addendi, minuendi seu corrigendi, quam depositionem per eum bene auditam et intellectam de verbo ad verbum approbavit, ratificavit, et confirmavit. Demum ipsi Testi a praefato Ill.mo ac R.mo D.no injunctum fuitse subscriberet, sed quia nescit scribere, injunctum fuit ut signum crucis apponat, prout illicofecit, videlicet. Adest signum crucis. Dimisso et licentiato praedicto Teste, coram eodem Ill.mo ac R.mo D.no comparuit R. D. Alexander Gallo Causae Postulator, dixitque atque declaravit se alias haberetestes, sed nonnulli indicari et examinari, cum satis sint examinati, ideoque cum iam absolutum fuerit examen Testium a se inductorum institit procedi ad ulteriora in publicationeet exemplatione processus, et Decretum, etc. omni. Ex adverso dictus R. D. Promotor Fiscalis dixit et protestatus fuit non posse ad ulteriora procedi, nisi prius ad formam Decret. Sac. Congreg. Rituum alii Testis ex officio examinentur. Et tam Dominatio sua Illustrissima ac R.ma seguentes Testes ex officio induxit, videlicet Cosmum Peduto et Josephum Iuliano. Quocirca R. D. Promotor Fiscalis, inhaerendo protestationibus omnibus alias emissis, petiit et institit dictis Testibus, ut supra ex officio vocatis, deferri juramentum de veritate dicenda, et de secreto servando ad formam Decretorum S. R. C., et postea illos examinari pro diebus et horis certis intimondis, ac nihil fieri nisi ipso semper praesente, alias de nullitate. Exinde praefatus Ill.mus et R.mus E.pus Judex pro Tribunali sedens dictis Testibus, ut supra ex officio nominatis, mandavit deferri juramentum antedictum, ideoque decrevit et destinavit novam Sessionem habendam decimaseptima hujus mensis Decembris, hora secunda post ortum solis in sacello sui Episcopali Palatii, et deinde post receptionem dictorum juramentorum mandavit ipsos examinari, ideoque relaxavit et relaxat citationes necessariaset opportunas contra eosdem Testes ad comperendum die et hora praefixit in sopradicto loco, eorumque juramentum praestandum nec non monuit R. D.num Promotorem Fiscalem ut die et hora praedictis intersit, mihique Notario commisit ut citationes ipsas extendam, Cursorique Deputato exequendos tradam, Demum mandavit per me Notarium actuarium claudi et absignari interrogatoria, et Testium depositiones, non aperienda nisi in actu futuri examinis decoruum Testium supra ex officio nominatorum per me monendorum ut accedant ad ipsius Episcopi Sacellumdie decima septima hujus mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, ut examini se subjiciant, postquam juramentum miserint veritatis dicendae, et secretum religiose servandi. Demum injunxit pariter mihi Notario Actuario ut de omnibus gestis in praesenti sessione publicum instrumentum conficiam in forma, ac se una cum Promotore Fiscali subscripsit ut infra. Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Canonicus Decanus Marmo Promotor Fiscalis. Supra quibus omnibus et singulis sicut supra gestis, Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus qui de praemissis me rogavi, hoc praesens Instrumentum de mandato praefati Ill.mi ac R.mi D.ni D. Dominici Fanelli Episcopi et Juducis Ordinarii confeci in forma. Ideo in fidem hic me subscripsi, mecumque solitum Notariatus Signum apposui requisitus. Actum Diani mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra. Ita est. Alojsius de Sarli Notarius in Actuarium specialiter deputatus - Adest Notariatus Signum.
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Sessio V In Dei Nomine Amen Anno a salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione Romana III die vero decimaseptima mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi in Christo Patris et Domini Nostri, divina Providentia Pii Papae IX feliciter regnantis anno XXX. Coram Ill.mo et R.mo Domino D.no Dominico Fanelli Episcopo, ac Iudice in praesente causa Beatificationis Servi Dei Lucidi ordinis S. Benedicti pro Tribunali sedente in Sacello sui Episcopalis Palatiis, praesentibus R. D. Michaele Marmo Procuratore Fiscali, Testibus infrascriptis, meque Notario pariter infrascripto. Comparuit Angelus Raphael Covino Nuncius sive Cursor deputatus, et retulit in scriptis se sub die hesterna decima sexta hujus m. Decembris personaliter citasse Cosmum Peduto, et Josephum Iuliano, et ostenso prius originali, in propriis manibus corum copiam reliquisse, quamquidem citationem cum relatione illius exequutionis hic facto reproduxit in forma tenoris inferius registrandi. Relatione facta dictus R. D. Promotor Fiscalis hic praesens, repetita citatione per Nuncium mox supra producta, ac relatione illius executionis in illius termino sicut et in termino monitionis in praeterita sessione factae, institit ut dictis Testibus ex officio deferatur juramentum de veritate dicenda, et de secreto servando, et successive destinari diem et horam pro inchoando illorum examine; et ad hunc effectum moneri primum Testem examinandum ut compareat in eodem loco, die et hora destinandis ut se subjiciat examini, et actum ac Decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri et interponi in forma omni, etc. Ex tum praefatus Ill.mus et R.mus D.nus E.pus Judex, visis et auditis praedictis, mandavit mihi Notario out in fine praesentis sessionis registrem tenorem citationis superius per Nuncium productae, una cum relatione illius executionis, et deinde Testibus ex officio citatis juramentum detulit, quod ipsi genibus flexis, et tactis sacrosanctis Dei Evangeliis, unus post alium praestiterunt, ut infra sequitur, videlicet sequentia verba recitando. Et primo: Ego Cosmus Peduto Testis ex officio vocatus, tactis hisce sacrosanctis Dei Evangeliis coram seu positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis quam super articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in iisdem interrogatoriis, quam responsiones et depositiones a me faciendas super ijsdem et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona exceptis dominatione sua Ill.ma ac R.ma, R. D. Promotore Fiscali, et Notatio actuario ad Causam Deputato, sub poena perjurii et excommunicationis latae sententiae a qua nonnisi a Summo Pontifice (excluso etiam Majore Penitentiario) praeterquam in mortis articulo, absolve possim. Ita promitto et juro, sic me Deus adiuvat et haec Sancta ejus Evangelia. Signum crucis Cosmi Peduto, qui scribere nescit, ut declaravit. Et secundo: Ego Joseph Iuliano Testis ex officio vocatus tactis hisce sacrosanctis Dei Evangeliis coram seu positis, juro et promitto dicere veritatem tam super interrogatoriis quam super articulis, super quibus examinabor in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, nec non juro et promitto religiose servare secretum, nec alicui penitus revelare tam contenta in iisdem
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interrogatoriis, quam responsioneset depositiones a me faciendas super iisdem et super articulis, nec de iis loqui cum aliqua persona, exceptis Dominatione sua Ill.ma et R.ma, R. D. Promotore Fiscali et Notatio Actuario ad causam Deputato, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a Summo Pontifice (excluso etiam majore Penitentiario, praeterquam in mortis articulo), absolve possim. Ita promitto et juro, sic me Deus adiuvat, et haec Sancta ejus Evangelia. Signum crucis Josephi Iuliano qui scribere nescit, ut declaravit. Quibus juramentis ut supra praestitis Ill.mus et R.mus D.nus E.pus, instante R. D. Michaele Marmo Promotore Fiscali mandavit inchoari examen Testium ex officio a dicto Promotore Fiscali inductorum et juratorum die vigesima hujus mensis Decembris hora secunda post ortum solis, et ad hunc effectum monuit tam dictum R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem, quam Cosmum Peduto Testem ex officio primo loco examinandum, ut compareant in hoc eodem loco dictis die et hora, et assistat examini dicto Testis tam super interrogatoriis, quam super articulis, et deinde injunxit mihi Notario et Actuario, ut de omnibus gestis in praesente sessione publicum instrumentum conficiam in forma, et tandem se subscripserunt ut infra. Dominicus Episcopus Dianen - Michael Canonicus Decanus Marmo Promotor Fiscalis Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Actum Diani die, anno, Pontificatus, et loco quibus supra, praesentibus R. D. Vincentio Finamore, et Raphaele Sansevero testibus ad praemisso specialiter adibitis, vocatis atque rogatis. Ita est. Alojsius de Sarli Notarius in Actuarium specialiter deputatus - Adest Notariatus Signum. De mandato Ill.mi et R.mi D.ni Dominici Fanelli Episcopi et Judicis Ordinarii in praesenti causa Beatificationis Servi Dei Lucidi ex Ordine S. Benedicti, citentur omnes et singuli testes inferius nominandi ad comparendum coram Dominatione sua Ill.ma et R.ma, die decima septima hujus mensis Decembris, hora secunda post solis ortum in sacello sui Ep.lis Palatii loco et loco loci ad recipienda eorum juramenta et examina, specialiter ut ex actis, destinato, et praestandum juramentum, et successive se subjiciendum examini, sive testimonium veritatis perhibendum alias cogendi et compellendi per censuras aliasque poenas ecclesiasticas arbitrio Dominationis suae, et actum et decretum quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri, et interponi in forma ad dictam diem et horam. Instante R.D. Michaele Marmo Promotore Fiscali in Causa specialiter costituto. Alojsius de Sarli Notarius deputatus. Ego infrascriptus Cursor, sive Nuncius publicus, et in praesente causa specialiter deputatus refero ac testor sub die decima sexta hujus mensis Decembris personaliter citasse Cosmum Peduto, et Josephum Iuliano ad contenta in praesenti citatione, cujus copiam, ostenso prius originali, in propriis eorum manibus reliqui. Et ita refero, ac testor praedicta die XVI Decembris, annis 1875. Angelus Raphael Covino manu propria nuncius deputatus. Ita est Alojsius Can. de Sarli Notarius publicus et actuarius deputatus - Adest Notariatus Signum.
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Sessio Sexta In Dei Nomine Amen Anno a salutifera D.ni N.ri Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo quinto, Indictione Romana III die vero vigesima mensis Decembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi in Christo Patris et D.ni N.ridivina Providentia Pii Papae Noni feliciter regnantisanno XXX. Coram Ill.mo ac R.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo, ac in praesenti causa Iudice Ordinario pro Tribunali sedente in Sacello sui Episcopalis Palatiis, praesentibus R. D. Michaele Marmo Promotore Fiscali, neque Notario Actuario, absente causa Postulatore, et clausis jannis ad instantiam dicti R. D. Promotoris Fiscalis inchoatum fuit examen Cosmi Peduto Testis ex officio primo loco examinandi, citati, jurati, cui iterum delatum est juramentum, quod dille praestitit tactis SS. Dei Evangeliis, juxta eandem verbum formulam alias in actis registratam, dicens haec praecisa verba, “Ita juro et promitto”, sic me Deus adjuvet, et haec SS. Ejus Evangelia. Et interrogatus praefatus Testis juxta interrogatoria, aperto prius per me, de mandato Dominationis suae Ill.mae et R.mae plico interrogatoriorum ac Testium depositionem adhuc usque clausos penes me asservato, juxta illa dixit et deposuit prout infra. Ego autem Notarius Actuarius testis responsiones descripsi de verbo ad verbum, nihil penitus addito, dempto, aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate, ut infra sequitur videlicet. Iuxta primum interrogatorium respondit Ho capito quanto mi ha detto vostra Eccellenza: Non sia mai, non commetterò un peccato di spergiuro per tutto l’oro del mondo, e rispetto la santità del giuramento. Iuxta secundum interrogatorium respondit Il mio nome è Cosmo Peduto del fu Michele del comune di Aquara ove ho sempre dimorato; ho sessantotto anni, sono ammogliato senza figli; la mia condizione è di lavoratore di terreni, mercé la quale vivo decentemente con mia moglie. Iuxta tertium interrogatorium respondit Si nel tempo pasquale di ogni anno ho ricevuto i SS. Sacramenti della Confessione e Comunione, e qualche volta anche in talune feste principali. Ho prefisso di farmi anche il S. Giubileo, ma per trascuraggine ancora non l’ho cominciato. Iuxta quartum interrogatorium respondit Non sono stato mai né inquisito, nè accusato, nè carcerato per grazia di Dio. Iuxta quintum interrogatorium respondit Ne anche sono stato scommunicato, o soggetto ad altre misure ecclesiastiche. Iuxta sextum interrogatorium respondit Quando sono venuto qua’ mi si è detto che doveva fare da testimone per la causa di S. Lucido, ma non si è detto quali cose doveva deporre solamente mi si è insinuato dall’Arciprete di tenere Dio avanti gli occhi, ricordarmi bene se avessi conosciuto qualche cosa di quelle mi sarebbero dimandate, e dire solo la retta la verità. Iuxta septimum interrogatorium respondit Nessun motivo mi ha spinto a venire a fare da testimonio, ma la sola gloria di Dio. Niuno mi ha nè incoraggiato, nè minacciato, ne fatto promesse di sorta.
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Iuxta octavum interrogatorium respondit Da miei antenati, e specialmente da un mio zio sacerdote, defunto già da molto tempo, sentiva spesso raccontare di essere vissuto da molti secoli addietro un nostro paesano chiamato Lucido, il quale si fece monaco di S. Benedetto, visse da santo in tutti i monasteri dove era destinato, specialmente nel monastero di S. Pietro non molto distante dal nostro Paese, ove mori, si gloriavano di aver avuto un paesano tanto miracoloso, e mi incitavano alla sua divozione, alla quale mi affezionai, e che pratico a gloria di Dio, e sua, desidero la sua beatificazione a cciocché sapendosi per altre parti venga più venerato il nostro Protettore. Iuxta nonum interrogatorium respondit Secondo ho inteso dire S. Lucido mori da più di otto, o novecento anni nel monastero di S. Pietro, che ora è caduto, e lo stesso fu seppellito: mori senza dubbio con forma di santità perchè tutti hanno raccontato che faceva miracoli in vita, e se ne volete sentire qualcheduno, io ne so assai. Le sue ossa stettero molto tempo nella chiesa del detto monastero, ma poi furono trasportate pomposamente e con gran festa nella nostra Chiesa Parrocchiale e chiuse dentro una statua di legno, e poi da questa tolte furono poste dentro la statua di argento. Io però non ricordo queste cose se non per detto di mio zio e de’ miei antenati che me li raccontavano con tanta gioia; però non dimandava quando proprio fossero tali cose avvenute. Si veneravano le reliquie quando erano a S. Pietro, ed ora si venerano nella Chiesa Parrocchiale da ogni ceto di persone di Aquara e di altri paesi, come ho visto io proprio, che con essi e tante volte solo mi sono prostrato avanti le dette reliquie. Iuxta decimum interrogatorium respondit Dopo Dio e la Vergine Maria non si ha nel mio paese altro santo a cui si porti maggiore divozione quanto a S. Lucido. Noi Aquaresi ci facciamo spogliare per amore del nostro S. Protettore. Questra divozione io l’ho trovata in Aquara quando ho cominciato a capire, come l’ebbero trovato i miei antenati, suppongo che tale divozione ebbe principio da che morì S. Lucido, perché se faceva miracoli vivente, se ne fece a centinaia dopo morto, non dovevano essergli divoti? Per me conosco che tale divozione è stata sempre, e continua, e come si può vedere dalla bella festa, che gli facciasmo, non solamente in Aquara, ma anche in Magliano col concorso di migliaia di forestieri. Iuxta undecimum interrogatorium respondit Una bella Cappella coll’altare di S. Lucido è nella nostra Chiesa Parrocchiale fatta da molto tempo, ma non so propriamente quando, perché è antica, ed in essa mi ricordo che si è detto sempre la santa Messa. Credo che vi sia stato il permesso dei Vescovi, i quali l’hanno visitata, vi hanno celebrato, come ho visto io, e come mi è stato narrato. In detta Cappella si continua a celebrare, a pregare ed intercedere grazie. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit Due statue abbiamo in Aquara rappresentanti S. Lucido, una di legno vecchissima, e non sta in venerazione, l’altra d’argento contenente le reliquie del Santo dentro la testa e dentro il busto. Un quadro a tela sta nella soffitta della Chiesa, altra immagine a pennello in un muro della Cappella. Di immagini poi su carta ne ho visto a migliaia da che son vivo dispensare ai convenuti nella Festività, e tutte hanno i raggi intorno al capo. Iuxta decimum tertium respondit Tre tabelle ho visto esposte dentro la Cappella suddetta, che ricordano grazie ottenute da S. Lucido, vi sono poi tanti donativi in cera, fra quali due grandi ceri, che si ritengono regalati da un Principe di Salerno da più secoli addietro. Di doni poi d’argento e di oro se ne conservano assai dentro una cassa, ed in ogni anno si accrescono da’ fedeli o per grazie ottenute, o per grazie che si sperano. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit
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A dir la verità non saprei dire se lo hanno chiamato più volte santo o più volte beato Lucido, perché non mi sono fissato su tale differenza, credendo che i due stati valevano lo stesso, ma o l’uno o l’altro titolo gli si è detto sempre, ed è passato da generazione a generazione da che viveva S. Lucido nostro. Ricordo che mio zio sacerdote, questionando con un Prete che facendo il panegirico lo chiamò beato, disse, sei più dotto tu di papa Clemente che lo chiamò Santo con una Bolla? Io poi non so chi era questo Clemente. Nessuno si è opposto a tali titoli, che ho inteso dati anche dai Vescovi nel permettere le processioni, i panegirici, ed anche quando sono venuti in S. Visita ed hanno fatto i loro decreti. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Mi è noto che in Aquara vi è una vita di S. Lucido, responsori e lodi, dove si fa menzione di tanti miracoli che ha fatto in vita ed in morte, ma io non li ho letti, perché analfabeta, ned so se siano approvati dai Vescovi. Absoluto examine dicti Testis ex officio etiam super articulis, super quibus praefatus Cosmus Peduto dixit se tantum scire quantum supra deposuit, demandato Ill.mi et R.mi E.pi fuit per me Notarium eidem testi lecta integra ejus depositio, quae per ipsum bene audita et intellecta, eam approbavit, ratificavit et in omnibus confirmavit, signumque crucis hic apposuit, ut segnitur. Licentiato et absoluto dicto primo Teste ex officio vocato, idem Ill.mus et R.mus Dominus Ep.us priusquam e loco examinis discederet, cum adhuc esset hora conveniens, et opportuna, absente jam causae Postulatore, et Promotore Fiscali praesente, mandavit per me Notarium vocari secundum Testem ex officio citatum atque juratum, Josephum Iuliano, quo vocato, clausisque foribus, detulit ei denno juramentum, veritatis dicendae, et secretum religiose servandi, quo dille iterum praestitit tactis SS. Dei Evangeliis, iuxta eandem verborum formulam alias in actis registratam, dicens haec praecisa verba, ita promitto et juro, sic me Deus adjuvat et haec SS. ejus Evangelia, et deventum fuit ad examen secundi Testis, iuxta interrogatoria, super quibus dixit et deposuit prout infra. Ego autem Notarius Actuarius Testis responsiones descripsi de verbo ad verbum nihil penitus addito, dempto aut immutato, eodem quo ab ipso relatae sunt idiomate et registravi prout infra. Iuxta primum interrogatorium respondit Ho sempre rispettato la santità del giuramento, e Dio mi liberi dallo spergiuro cosi punito da Dio come dice Vostra Eccellenza. Iuxta secundum interrogatorium respondit Il mio nome è Giuseppe, ed il cognome Juliano, mio padre chiamavasi Nicola. Son nativo di Aquara, ove ho sempre dimorato; ho settantaquattro anni, sono di condizione contadino, ammogliato con due figli. La provvidenza mi ha concesso di vivere onestamente col lavoro delle proprie braccia, ed i frutti di un mediocre podere portato in dote da mia moglie. Iuxta tertium interrogatorium respondit Mi ho fatto sempre il Precetto Pasquale, e talvolta mi sono confessato fra il corso dell’anno, ma non sempre. Quest’anno sì, perché anno di Giubileo. Iuxta quartum interrogatorium respondit No per grazia di Dio, non sono stato mai inquisito, accusato, e carcerato. Iuxta quintum interrogatorium respondit Né anche sono stato in vita mioa scomunicato, o affetto da altre censure ecclesiastiche.
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Iuxta sextum interrogatorium respondit Non sono stato istruito delle cose da rispondere in questo esame, ne so quel che Vostra Eccellenza mi vuole dimandare, né anche mi si è suggerito il modo da condurmi: mi fu detto solamente che avessi manifestato quel che avessi saputo in coscienza. Iuxta septimum interrogatorium respondit Le mie speranze le ho sempre poste in Dio, e per mla sua sola gloria mi sono determinato a far qui da testimonio, senza altra speranza, e senza alcun timore o fine temporale. Iuxta octavum interrogatorium respondit S. Lucido nostro si è nominato da’ paesani e da’ forestieri da che mi ricordo di essere vivo, chiamandolo in soccorso in ogni necessità. I miei parenti mi dicono ch’era nostro paesano, ch’era un gran servo di Dio, e come tale morì, e fu per tale stimato e venerato dalli stessi monaci di S. Benedetto, de’ quali faceva parte. Che tale notizia l’havevano essi ricevuta man mano dai loro paesani. Iuxta nonum interrogatorium respondit Gli stessi miei parenti mi informavano di aver essi saputo che il gran servo di Dio morì da molti secoli addietro nell’ora diruto Monastero di Benedettini, e quivi stesso fu sepolto. Che visse con fama di Santo, perché alle altre sue virtù aveva quell’aggiunta di far miracoli vivewnte. Le sue reliquie furono da moltissimo tempo trasportate nella nostra Chiesa Parrocchiale, affinché i paesani avessero avuto più vicino quel sacro tesoro, e lo avessero venerato, come infatti io con i miei paesani non solo, ma con altri di paesi vicini e lontani lo veneriamo, l’ho visto venerare nel corso della mia vecchia età. Non so d’approvazione di Vescovo. Iuxta decimum interrogatorium respondit Vostra Eccellenza parla di devozione degli Aquaresi verso S. Lucido? E n on sa la gran festa che gli facciamo, che gli si è fatta da secoli? Se non vi avessimo una vecchia e costante divozione non sentiremmo tanta gioia nel giorno suo. So che in Magliano si venera S. Lucido specialmente, ed in altri paesi ancora, altrimenti non verrebbero alla nostra festa. Iuxta undecimum interrogatorium respondit Nella nostra Chiesa Parrocchiale esiste una Cappella coll’Altare dedicato a S. Lucido da secoli, perché ne’ anche mio Avo si ricordava quando erano stati fatti. In essa si è celebrato, e si celebra offrendosi molte messi al Santo, come ancora vi si cantano litanie ed altre preci per ottenere grazie ad intercessione del nostra Santo Protettore, certamente i Vescovi hanno dovuto approvare tanto l’altare quanto la Cappella, altrimenti non vi si avrebbe potuto dir messa, ne’ farsi legati a S. Lucido. Iuxta duodecimum interrogatorium respondit Figure in carta del nostro Santo ne ho viste a migliaia da che ho òl’uso di ragione, e tutte coi raggi intorno al capo. Abbiamo una statua di legno indorata stravecchia. L’altra statua poi è di argento, e dentro di essa stanno le sante Reliquie. Questa statua è situata in una nicchia dentro la Cappella, ove fu posta da qualche secolo, ed ha in capo il diadema con i raggi. Cosi è ancora il vecchio quadro su tela che sta attaccato alla soffitta della Chiesa parrocchiale. Queste cose si vedono, e Vostra Eccellenza pure le ha viste. Iuxta decimum tertium respondit Non solamente ho inteso, ma ho visto tre tabelle, che stanno sospese nella Cappella dove sono le reliquie in ricordanza di grazie operate dal nostr Santo. Niente vi dico della gran quantità di ceri che stanno quivi sospesi da
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più centinaia d’anni frà quali due grandissimi stravecchi regalati da un Principe, donativi poi d’oro e di argento ne ha avuti e ne ha S. Lucido ogni anno in ringraziamento delle grazie che ottiene ai suoi devoti. Iuxta decimum quartum interrogatorium respondit Ho inteso chiamarlo ora Santo, ora Beato, senza che alcuno si fosse opposto a questi titoli che gli si sono dati con venerazione; ordinariamente noi paesani che l’abbiamo chiamato e chiamiamo Santo, come anche i forestieri, meno alcuni dai quali ho inteso dire che per chiamarsi Santo ci vuole il permesso del Papa. Noi altri non sappiamo fare questa distinzione, e lo chiamiamo Santo come lo chiamavano i nostri antenati da che vivevano, non solo da che morì S. Lucido nostro. Vescovi che mi ricordo io lo hanno chiamato Santo, come lo avessero chiamato gli altri se Santo o Beato bisogna vederlo nei permessi da loro dati per i panegirici e per le processioni. Iuxta decimum quintum interrogatorium respondit Io non ho letto storie od altro riguardante S. Lucido, perché non so di leggere; però ho inteso leggere la sua vita, in cui stanno scritte tante penitenze, e miracoli a non finire, come pure ho inteso leggere alcune carte, ch’io non capiva, perché erano latine, e non dicevano che parlavano pure delle sue virtù, e miracoli. Non ho mai domandato se fossero state approvate dal Vescovo. Absoluto examine dicti secundi Testis ex officio, etiam super articulis, super quibus praefatus Josepho Iuliano dixit se tantum scire quantum supra deposuit, demandato Ill.mi et R.mi Domini Ep.i fuit per me Notarium Actuarium eidem Testi lecta integra ejus depositio, quae per ipsum bene audita et intellecta, eam approbavit, ratificavit, et in omnibus confirmavit, acceptoque calamo signum crucis apposuit et infra, quia nescit scribere ut declaravit. Dimisso et licentiato dicto Teste, de mandato ejusdem Ill.mi ac R.mi D.ni Ep.i fuit per me Notarium Actuarium accessitus R. D. Alexander Gallo Causae Postulator qui habita notitia completum jam fuisse examen Testium ex officio, petiit et institit pro compulsatione nonnullarum documentorum, quais probare intendit immemorialem Cultum Servi Dei Lucido ad haec usque tempora exibitum, ac reverenter petiit et institit ea singula admitti ac in actis registrare. Ex adverso dictus R. D. Promotor Fiscalis dixit et protestatus fuit non esse admittenda ea documenta, neque compulsanda, nisi prius eorum recognita legalitate, alias de nullitate. Ex tum Ill.mus et R.mus D.nus Ep.us Judex prae manibus habens praedicta documenta, singula attenta inspexit et consideravit, eaque, R. D. Promotori Fiscali consideranda tradens, ipso consentienti, authentica, integra nullaquein parte vitiata declararunt, proptereaque mihi Notario jusserunt utea reciperim, et in actis compulsarem, earumque tenorum in fine hujus sessionis registrarum, prout in facturum promisi. Deinde praedictus causae Postulator petiit et institit penes Dominationem Suam Ill.mum et R.mum pro publicatione definitivae sententiae super Cultu Servo Dei Lucido ab immemori ali praestito. Ex adverso R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis dixit nihil fieri nisi ipso praesente, ac nisi in omnibus servata fuerint decreta generalia S.R.C. alias de nullitate tam actorum quam totius processus protestatus fuit non solum in isto sed in omni meliori modo. Quibus auditis Ill.mus et R.mus D.nus Ep.us mandavit mihi Notario Actuario ut expediam citationem contra R. D.num Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem pro futura sessione habenda in hoc eodem loco die decima proximi Mensis Januarii incipientis anni 1876, hora secunda post solis ortum ad audiendam sententiam definitivam in causa qua agitur. Demum
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injunxit utinterim interrogatoria et Testium depositiones claudam, et obsignum in plico, non aperienda, nisi in actu proximae publicationis Processus, prout feci. Quibus peractis Ill.mus et R.mus D.nus una cum R. D. Promotore Fiscali, se subscripsit infine praesentis sessionis. Dominicus Episcopus Dianen - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis Super quibus omnibus et singulis ut supra gestis. Ego Notarius Publicus Actuarius specialiter Deputatus hoc praesens Instrumentum confeci in forma, de mandato. Actum die, mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra. Ita est Alojsius Can.us de Sarli Notarius actuarius - Adest Notariatus Signum - Tenor Documentorum, quae per R.mum D.num Alexander Gallo Causae Postulatorem exibita fuerunt, est ut seguitur. Clemens Episcopus Servus servorum Dei. Venerabili Fratri Episcopo Caputaquen salutem et Apostolicam Benedictionem. Si rationabilibus Cunctorum fidelium petitionibus et solita sedis Apostolica benignitate gratum consueverimus praestare assensum Personarum (tu) Pontificali Dignitate fulgentium. Votis per quae singolorum Monasteriorum Utilitates procurari possint et commoda aures et (auditionis) libentius inflectimus eaque favoribus prosequimur opportunis Judicum si quidem felicis recordationes Paulo (P. Piae) Predecessore nostro emanarunt Literae tenoris seguenti, videlicet. Paulus Episcopus Servus servorum Dei, ad perpetuam rei memoriam. Cum in omnibus judiciis sit rectitudo justitiae et conscientae, puritas observanda id multo magis in concessionibus alienationum rerum Ecclesiasticarum convenit observari in quibus (dexpti) Patrimonio et dispensatione pauperum non de proprio cujusque peculio agitur vel tradatur quapropter oportet ut in examinandis (hujusmodi) alienationum causis quae a Sede Apostolica in forma si in evidentem utilitatem cedunt oneratis Ecclesiasticorum Judicum conscientiis delegaretur nihil favor usurpet, nihil timor extorqueat nulla expectatio premii justitiam, conscientiamque subvertat, monemus ingredi sub interminatione Divini Judicii omnibus Commissariis et delegatis (hujusmodi) districte praecipimus ut caute et diligenter attendant causas in literis Apostolicis per supplicationes expressa illasque sollicite examinent atque discutiant testis et probationes super narratorum veritate recipiant et solum Deum pro oculis habentes omni timore et favore deposito Ecclesiarum indemnitatibus consulant me in lesionem aut detrimentum carum decretum quomodolibet interponant si quis autem Commissarius vel Delegatus conscientiae suae prodigus in gravaum aut detrimentum Ecclesiae et per (gratiam) aut timorem vel sordes alienationi consenserit aut decretum vel auctoritatem interposuerit Inferior quidem episcopo sententiam escomunicationis incurrat. Episcopus vero aut superior ab executione officii per annum non erit se suspensum ad existimationem detrimenti Ecclesiae illate nihilus condemnandus sciturus quod se suspensione durante damnabitur se incesserit in divinis irregularitatis laqueo se involvat a qua non nisi per summum Pontificem poterit liberari se. Vero qui dolo vel fraude aut scienter in detrimentum Ecclesiarum alienationum fieri procuraverit aut per sordes vel impressionem alienationis decretum extorserit similem sententiam excomunicationis incurret a qua non nisi per
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Romanum Pontificem potuit absolvi ad restitutionem nihilus rerum alienatarum cum fructibus quomodocumque de praemissis constiterit condemnandus. Volumus autem quod Legati et Commissarii praedicti de poenis Constitutionis nostrae (huoc) specifice moneantur, et in quibuscumque literis et concessionibus (huoc) hoc statutum nostrum inseratur. Nulli ergo hominum liceat hanc paginam nostrae monitionis praeepti et voluntatis infungere vel ei ausu temerario contraire, si quis hoc autem attuare prosumpserit indignationem Domini potentis Dei ac Sanctorum Petri et Pauli Apostolorum eius se non erit incursum. Datum Romae apud Sanctum Petrum Anno Incarnationis Domini millesimo et septingentesimo trigesimo 1730. Quinta Idus Maii. Pontificatus nostri Anno primo et deinde exibita Nobis nuper pro parte Venerabilis Fratris nostri Fabritii Pignatelli moderni Episcopi Liioien qui Monasterium Abbatiam Sancti Benedicti Salernitan Ordinis ejusdem S. Benedicti in Comendam ad sui vitam ex concessione et dispositione Apostolicis obtinet quod ipse Fabritius Episcopus ut suam et dicti Monasterii conditionem efficiat meliorum nonnulla praedia (sempetia) Terrae cum censibus ad dictum Monasterium ratione Grancia Sancti Lucidi inter cetera ejusdem Monasterii bona legittima spectantia et in Territorio Terrae Magliani Caputaquen Dioecesis iuxta suos notissimos fines posita ex quibus Octo Ducati Moneta Regni Napolitanus ad pauperos etrahuntur in enphiteusim perpetuam dilectis filiis Moderni Rectoris Parochialis Ecclesiae Terrae Magliani alisque Clericis seu Presbyteris servitio ejusdem Parochialis Ecclesiae adscriptis eorumque Mensa seu Massa communi pro annuo canone decem ducatorum dicta moneta sub nostro et Apostolica Sedis licentia suffragetur, et facultas. Cum autem sicut eadem petitio subjungebat, datio et concessio (huoc) si stiant in evidentem dicti Monasterii cessura sint utilitatem. Quare pro parte Fabritii Episcopi et Modernorum ac pro tempore excellentium Rectoris Parochialis Ecclesiae dictae Terrae aliorumque Clericorum seu presbyterorum praedictorum Nobis fuit muniliter supplicatum questiones dationum et concessionum locorum confirmare et approbare de benignitate Apostolica dignaremur. Nos igitur qui quantumcum Domino possumus Monasteriorum et aliorum Regularium hujusmodi quorumlibet utilitates et commoda libenter procuramus Fabritium Episcopum ac Modernos et pro tempore excellentem Rectorem Parochialis Ecclesiae dictae Terrae aliosque Clericos seu Presbyteros ad scriptis specialibus favoribus et gratiis prosequi colentes ipsumque modernum dictae Parochialis Ecclesiae Rectorem aliosque Clericos seu Presbyteros adscriptos et corum singulares personas a quibuscis excomunicationis, suspensionis, et interdicti aliosque Ecclesiasticis sententiis censuris et poenis si quibus quomodolibet innodati - - -10 serie absolventes et absolutos fare consurtes ac praediorum (sempetiorum) Terrae (huoc) situationes, confines, vocabula et denominationes praesentibus pro expressi habentes (huoc) supplicationibus inclinate ex Voto Congregationis Venerabilium fratrum nostrorum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalium negotiis et consultationibus Episcoporum et Regularium propositae fraternitate tuae per Apostolica scripta mandamus questiones veris exentibus narratis et praevia edictorum affictione vocatisque ad id qui fuerint 10
Nel testo: “Mancano alcune parole perché logorata”.
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evocandi de praemissis Terrae diligenter informes, et se per informationem eandem dationem et concessionem (huoc) se fiant in evidentem dicti Monasterii utilitatem cessuras esse, repereris petitam facultatem concedendi praedicta praedia (sempetia) Terrae praedictis Modernis et pro tempore excellentibus Rectore dictae Parochialis Ecclesiae adscriptis clericis seu Presbyteris servitio ejusdem Parochialis Ecclesiae adscriptis eorumque Mensae seu Massae communi in enphiteusim perpetuam pro annuo canone et cum conditionibus supra expressis pro tuis arbitrio et conscientia eodem Fabritio Episcopo auctoritate nostra concedaset impartiaris ita ut concesus annus solvatur proecipimus et liberet in instrumento concessionis (huoc) quo inseratur planta dictorum praediorum (sempetiorum) Terrae cum confinibus et mensurationem per Peritos facienda. Non obstantibus praecepta Pauli Praedecessoris (huoc), aliiqui constitutionibus et ordinationibus Apostolicis ac Monasterii et Ordinis confirmatione Apostolica vel quavis firmitate alia roboratis statutis et Consuetudinibus contrariis quibuscumque volumus autem quod singulis annis durante concessione (huoc) illius renovatio fieri ac in primis et ante omnia praesentes et post quam facta fuerint Instrumenta singularum renovationum ut supra faciendarum in actis Curiae Episcopalis Caputaquen registrari et antequam licentia (huoc) concedatur monumentum lapideum seriem facti denotans in aliqua proediorum (sempetiorum) suae (huoc) parte tibi bene visa apponi omnino debeat alioquin gratia et inde secuta qaecumque mella sint, eo ipso quodque cessante excomunicationis capite enphiteusi (huoc) praedica (sempetia) Terrae praedictae cum omnibus juribus et pertinentiis suis ac quibusvis melioramentis desuper pro tempore quomodolibet factis ad Monasterium pleno jure revertantur illique liberi cedant absque equidem renovatio concessionis aut melioramentorum refectio quam quovis pretextu et ex quovis caussa peti praedicti vel praedicendi valeat. Datum Romae apud Sanctam Mariam Majorem. Anno Incarnationis Domini millesimo septingentesimo trigesimo tertio. Pridie Nonis Januarii. Pontificatus nostri Anno quarto. N. Soderinnos - A. Caraffala - Per copia conforme - Aquara lì 14 luglio 1874 - Ernesto Marchione. Ita est Alojsius de Sarli Notarius in Actuarium deputatus. A tergo della Bolla Retroscriptae litterae Apostolicae fuerunt - R.mo et Ill.mo Domino Episcopo Caputaquen et Apostolico Delegato per quem fuerunt omni qua docet rec. supra caput receptae, et dictum quod exequanti iuxta illarum seriem Continentiam et securem et ita est. Datum Caputatis die 22 Mensis Martii 1734 et Menlectius. Diversis Archivii Cassinensis manuscriptis necnon ex pluribus Bibliothecae libris sedulo excussis nullum cas. hoc nomine “Lucido” orthatum, qui sanctitatis fama gavisus fuerit invenimus monachum. Attamen nisi nos decipit opinio nostra, hunc Lucidum de quo vestra loquitur. Reverentia, a Lyutio seu Lucio, quem in Justorum Cassinensium numerum refert Petrus diaconus, non deferre, legitime conjectare licet. Haec enim in libro de Ortu et Obitu Justorum Cassinensium legimus: “Lyutius Cassinensis monachus ab eodem Coenobio egrediens Hierosolyniam petiit, indeque reversus primo apud Salernum in quadam eremo, in loco qui dicitur ad Cavam, aliquamdiu mansit postmodum vero in monte hoc loco Albaneta vocabulo
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monasterium construxit, ibique cum triginta circiter fratibus conversari religiosissime coepit. Ipse autem prae caeteris omni vilitate et extremitate contentus, tam humili se officiomancipavit, ut farinam in pistrino ad panem faciendum famulorum more discernent; cum interim de ore illius Dominica cantica nunquam cessarent. In cujus vitae humilitate ac nimia abstinentia austeritate usque ad finem vitae perduravit. Sepultus vero est in monasterio Cassinensi”. De eodem Lucio in Chronicis Leonis Marsicani a Petro Diacono continuatis, abundantiora inveniuntur documenta. Loquens enim de Mansone qui hujus monasterii fuit 28.mo Abbas, illudque rexit per decem annos (986-996) non consensu monachorum Cassinensium, sed potentia fretus consobrini sui Pandulfi principis, abbatiam adeptus haec ait: “Unde factum est, ut nonnulli de prioribus ac melioribus hujus monasterii fratribus potius hinc egredi quam manere sub illo eligerent. E quibus dominus etiam Liutius de religiosioribus ac prioribus loci huius monachis unus ... et tres quidem primi (de quibus erat Lucius) Ierusolimam profecti sunt ... Circa haec tempora (sub Abbate Atenulfo Pandulfi principis Beneventani filio, An. 1022) reversus dominus Liutius, quem superius hinc egressum Ierusolimam perrexisse retulimus, primo apud Salernum in quodam heremo, ubi nunc monasterium Sanctae Trinitatis constructum est quod nuncupatur ad Cavam aliquandiu mansit, ubi a Guaimario principe agnitus, atque in maxima est reverentia habitus; postmodum vero in monte hoc, loco Albaneta vocabulo, usque ad suum est obitum religiosissime conservatus ... (In hoc loco jam quidem servus Dei veterem cisternam in Oratorium Beatissimae Vergini dicatum mutaverat ibique paulo ante adventum Lucii post vitam sanctam mortuus erat) ... Cum autem post aliquantum tempus praefatus Liutius ibi venisset et plurimum sibi locus ipse complacuisset, elegit ibi usque ad mortem consistere, et in servitio Sancta Dei genitricis perseverare. Regressus igitur ad principem Guaimarium, cui dudum et pater spiritualis et familiaris super omnes extiterat, multa ab eo et diverso ornamenta ecclesiastica, et codices nonnullos, nec non et aliam ad fratrum usus non modicam suppellectilem adquisivit, libentissime illo, ac liberaliter cuncta quae vellet accipere concedente. Confestim itaque praedictam Dei genitricis ecclesiam multo satis, quam fuerat ampliorem efficiens, atque depingens, habitacula quoque in circuitu ad diversos commanentium usus non modicae quantitatis edificavit, ibique cum triginta circiter fratribus conversari religiosissime coepit. Ipse autem prae ceteris omni vilitate et extremitate contentus, tam humili se officio mancipaverat, ut farinam in pistrino ad panem faciendum famulorum more discerneret cum interim de ore illius Davidica cantica numquam cessarent. In cujus vitae humilitate ac nimia abstinentiae austeritate usque ad extremam vitae indefesse perdurans. Poicherii abbatis tempora (1038-1055) in monasterio isto defunctus atque sepultus est. Per Merologio Bucelini ad diem V Decembris (Augustae Vindelicorum 1656 pag. 827) legimus: “In Italia Beati Lucii Monachi casinatis, qui cum eximia virtutum laude floreret, magnam passim apud omnes consequutus est nominis sui existimationem, condidit vir sanctus Albanense coenobium, et multis praeclare gestis, in terra etiam immortalis, felix ad felicissimam illam immortalitatem nunquam moriturus evolavit”. De eo fit mentio Arnaldus Wion in suo libro cui titulus “Lignum Vitae”, illumque Sanctum Lucium et Albanetae monasterii fundatorem vocat. Ex data Testi nostri Lucii a Bucelino
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indicata ex aliis documentis quae apud Reverentiam vestram sunt, non scitu impossibile erit utrem Lucido et Lucius eundem indicent Sanctum, nocere. Si noster Lucius vester fuerit Lucido, tum felices ad vos mittemus accurationem hujus sancti historiam, exemplar ad verbum ex Chronicis Cassinensubus desumptum et quidquid in codicibus Albanetae invenire poterimus. Hoc Monasterium Lucii mille circiter distans passibus a Monte Casinensi, inter montes sicut avis in nidulo jacens Divum Thomam adhuc puerum recepit. Hic Angelicus doctor Benedictinam hausit doctrinam hic piissimus societatis Jesu institutor sicut in novo Sinai per quadraginta mansit dies. Illius conclave picturis adornatum nunc semidirutum coelum habet pro formie vocant, veniant tempora, in quibus orationis locus nunc pastorum habitatio nese fiat orationis locus. Has notulas sumpsimus ex CC. 361, 202, 688, ex Actibus Benedectinis (Saecul. VI Luteciae 1701), ex Menologio Bucelino ex Wion ex Zaccaria Sereno Cas., etc. Nota. In Martyrologio Romano Francisci Mariae Florentinii ad diem 3 Januarii: “In Africa Lucidei Martialis etc.”, in Menologio Bucelini ad 10 Jun., “Romae depositio venerabilis Lucidi episcopi Ficuleni” ... In catalogo Sanctorum Italiae F. Philippi Ferrarii Alexandrini ad 26 April: “Lucidius episcopus 15 Veronensis”. Commissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti de’ antichità e belle arti nella Provincia di Principato Citeriore Gabinetto n. ... Salerno addì 1° Aprile 1875. Il sottoscritto archeologo Cav. Giustino Pecori, avendo esaminato con studio e diligenza gli oggetti di antichità e belle arti relativi al culto del beato Lucido, laico Benedettino che si venera nella terra di Aquara sotto la santità del giuramento Attesta Che gli oggetti che han richiamato la sua speciale attenzione sono i seguenti: I. Due statue rappresentanti il Beato Lucido l’una in legno l’altra in argento. II. Un’immagine del medesimo incisa in rame. III. Un’altra incisa in un suggello. IV. Cinque quadri rappresentanti il Beato Lucido uno a fresco e quattro in tela. V. Due antichi ceri votivi. 1° Statue 1. Statua in legno. È un antico busto scolpito in legno a fondo d’oro e rabescato azzurro, siccome appare da alcuni vestigii avvanzati al di sotto dell’attuale ultimo malaugurato restauro. Veste abito di Laico Benedettino con mani giunte in attitudine di orare. Il capo è di ottone a getto e voto nello interno con calvaria mobile per mezzo di cerniera. La testa è piccola, rotonda, quasi calva con piccolo ciuffo nella fronte, con barba corta perché non tutto gli copre il mento. La fronte è piccola ma di linee precise, ha l’aria di populano ma risoluta ed il corpo asciutto dell’uomo di azione, tutto fa credere che sia il suo viso ritratto eseguito nel calco della sua maschera, specialmente se si riflette ad una morte apparente che osservasi nel viso. La testa era fornita di aureola a disco, siccome appare da alcuni avvanzi. Questo busto è della piena decadenza, rozzo, duro, senza artistica bellezza, anteriore di certo al secolo XIII.
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2. Statua in Argento. La immagine di argento laminato a mezzo busto del Beato Lucido, contenente le sue reliquie, chiusa entro nicchia con cancello triclave sull’erettoli altare, ha il capo con aureola raggiata, lo stile è scorretto e barocco, proprio dell’epoca del Bernini e del fatale Borromini, allorché chiara apparisce essere stata costruita nel XVII secolo II L’immagine incisa in rame. Del medesimo stile apparisce la effigie del Beato Lucido fatta incidere in rame dall’università. Il Beato ha la testa aureolata, e sta in atto di genuflettersi dinanzi all’immagine di Nostra Donna a mezz’aria col bambino benedicente, di cui ne invoca il patrocinio a pro’ della terra di Aquara il cui caseggiato vedesi nel suo sinistro fianco. L’epoca quindi di tale incisione non risale oltre il XVII secolo, giù vi è la scritta: S. Lucido ora pro populo tuo Aquariese. III Suggello inciso Una immagine incisa rozza, con testa aureolata a raggiera l’effigie del Beato Lucido osservasi nella punta di un ferro per uso di siggillo per imprimere il pane. Dai caratteri estrinseci appare essere stato fatto nel secolo XVIII. IV Quadri 1. Affresco. Nella Cappella del Beato Lucido, nella parete in cornu epistolae vedesi un affresco ov’è rappresentato il Beato Lucido da Laico Benedettino col capo circondato da aureola, che ad un suo cenno appariscono un buon numero di belve innanzi allo attonito sguardo dell’Abbate e di alcuni altri Monaci Benedettini, chiusi in un cenobio - giù vi è la scritta: LUCIDE, TE LUCIDAMNO CULPAVERAS ABBAS INNOCUUS NOCUAS TU GERIS ANTE FERAS Quest’affresco è condotto nel medesimo stile della statua d’argento e della incisione sul rame, quindi apparisce certo dell’epoca stessa del XVII secolo. 2. Quadro nel soffitto della Parrocchia. È una tela con su la Triade, a mezz’aria Nostra Donna, e giù S. Nicola di Bari, San Rocco ed il Beato Lucido aureolato vestito da Laico Benedettino - ai loro piedi la scritta: SUMMA TRIAS PRAESIT VIRGO NICOLAUS OLIMPO LUCIDUS ET ROCHUS TRISTITIA11 FATA FUGANT. Dallo stile del dipinto chiaro apparisce che va oltre del XVIII secolo. 3° Quadri votivi Sono tre quadrettini in tela, l’uno indicante la guarigione d’uno storpio, l’altro quello d’una donna, e l’ultimo la liberazione d’un prete dalla esplosione di un arma da fuoco, che vedesi poco 11
Tristia.
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discosta sulla medesima parete. Per tutti vedensi il Beato Lucido che viene in soccorso di chi l’implora vestito sempre da Laico Benedettino con testa aureolata. Son del secolo XVIII. Cerei votivi Tra i doni offerti al Beato Lucido sono rimarchevoli ed interessanti due cerei dell’epoca stessa a volerne giudicare dallo stile di rabeschi di cui son fregiati, dal colore, quantità e peso specifico della bellissima cera. L’uno di esso è mutilato nella base, l’altro è intero e porta incise per fondamento nella cera le iniziali G. S. M. C. A. D. 1074. Fa meraviglia veder adoperati nell’XI secolo i numeri arbi, quandocché questi non furono in uso che solo dopo la metà del XIII secolo. Ad ogni modo è questo un fatto che richiama l’attenzione degli Archeologi. Reggeva in quel tempo la vicina Contea di Magliano il salernitano Guiselgardo, zio di Guaimario Baldo Principe di Salerno, attalchè pare sia certo che le iniziali volessero indicare GUISELGARDUS SALERNITANUS MALLEANI COMES. Opinione sostenuta con molto acume dal Dottor Lucido de Stefano, alla quale si uniforma pienamente il sottoscritto. Per fede di che si rilascia il presente certificato giurato per la verità. Addi 1° Aprile del 1875 L’Archeologo Giustino Cav.e Pecori. Si certifica da me qui sottoscritto Arcip.e Curato della Chiesa di S. Nicola di Bari del Comune di Aquara, Diocesi di Diano, essere costante la tradizione della nascita del nostro Protettore S. Lucido, Monaco Benedettino, avvenuta nell’anno 858. Egualmente la tradizione ha tramandato che morì nell’anno 935, e questa epoca viene avvalorata da un cartellino in pergamena conservato tra le sue reliquie posto nel busto della statua di argento (posteriore all’antichissima di legno) nel quale si leggono le seguenti parole: Istae sunt verae reliquiae B. Lucidi Aquariesi. Beate Lucide ora pro nobis famulis tuis aquarien. Dominum Deum tecum Anno novecentesimo trigesimo octavo, aetatis octuagesimo. La stessa tradizione ci accerta di moltissimi miracoli operati dal lodato nostro S. Protettore, di diverso ordine. Tra i più rimarchevoli se ne rilevano Num. 34 costantemente narrati da generazione in generazione, e trovansi registrati nella vita del Santo scritta dal Dottor D. Lucido di Stefano nell’anno 1781, oltre quelli sperimentati da noi paesani, e da forestieri durante la nostra età. Lo scrittore di Stefano alla integrità di vita, e di costume univa una pietà singolare, come dall’elogio che trovasi scritto nel N. 4 Libro dei defunti di questa Parrocchia, lo che dimostra la incapacità di poter mentire. Si certifica parimenti, che tra le reliquie del Santo si conservano due monete di argento donategli nel 1306 dal Re Roberto di Napoli per sua speciale devozione, nelli quali da una parte è improntata la croce con quattro gigli circondata dalle seguenti parole, “Honor Regis iudicium diligit”. Dalla parte opposta delle dette monete, o medaglie, vedesi l’effigie del Re assiso su due leoni, coronato; circondato dalla iscrizione: “Robertus Dei gratia Hyerusalem et Siciliae Rex”. Che nell’inventario dei beni del Monastero di S. Pietro, ove visse S. Lucido, rogato per ordine
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Regio a 4 Maggio 1498, anno in cui ne partirono i Monaci, dal Notar Nicola Comunale De Notariis di Aquara, si legge: “Nunc possidet Monasterium praedictum Faciem et vani Argenti cum Testa S. Lucidi intus”. Si certifica ancora che il culto verso detto S. Protettore non è stato mai interrotto, come si ha non solo dalla tradizione, ma benanche da quanto è riportato nei libri Parrocchiali, negli atti di S. Visita dei Vescovi pro tempore, da doni de ogni epoca fin a noi, presentati in ringraziamento dei beneficii ricevuti, e dalla divozione esternata di naturali di Aquara, i quali dal XV secolo fino al presente, hanno spesso imposto nel S. Battesimo il nome di Lucido ai loro figliuoli, enumerondosene 911, senza far menzione di altri innumerevoli de’ paesi limitrofi. Si certifica finalmente che si conservano svariati composizioni in lode del Santo, scritte da uomini dottissimi e pii, in più epoche, in diverse lingue, in prosa e in rima. Tra gli autori si marcano il Dottor D. Gennaro Perelli di Laurino, il Dottor Giuseppe Venesio, il Parroco di S. Giovanni e Paolo di Napoli, il P. Diffinitore de MM. OO. Lodovico Peduto, i RR. Arcipreti de Gregorio e Capozzoli di Aquara, nonché l’Ill.mo e Re.mo Monsignor Rossi Vescovo di Marsico. Tutto ciò si certifica sotto la santità del giuramento. Per la verità ne ho ridatto il presente da me sottoscritto e munito del solito mio siggillo Parrocchiale. Aquara 31 Aprile 1875 Mariano Serrelli Arciprete Curato
In Dei nomine amen. Die decima sexta mense Augusti nonae inditionis millesimo septingentesimo sexagesimo primo. Aquariae Provincia Principatus Citrae Regnante... Constituti in nostri, et infrascritti Mag.ci ad contractus Judicis ac Testium praesentia intus Parochialem Ecclesiam Sancti Nicolai hujus praedictae Aquariae, et proprie in Sacello Sancti Lucidi de jure Patronatus Universitatis hujus praedictae Terrae, et ante ipsius aram de licentia his Vicarii Foranei etiam ob diem festum presens Januarius Minella generalis Syndacus, Magister Dominicus Amitrano, Cosmus Angrisano, Hyeronimus Marchese, et Michelangelus Marchese electi ad regimen Universitatis praedictae, simulque Magister Anselmus Amitrano Procurator, et Thomas Gagliardo Economus dictae Univ. Capellae, cum magno civium interventu, ac concursu: qui electi, Procurator, et Economus sponte, non vi, dicto cum juramento tactis scripturis assuerunt, traditione usque modo comptum fuisse inter homines hujus Terrae, Sanctum Lucidum ex Divi Benedicti familia in hacmet Patria natum in parantiquo Divi Petrii Caenobio in Casale S. Petri affabre constructo, num ruinis paenis excisso, in Sancti Benedicti familiam intrasse, ibique ejus regulas, et Instituta strictissime servasse, sancte vixisse, ac quam plurimis claruisse miraculis, Terramque hanc pluriis innumeris liberasse infortuniis, quas ob causas in contutelarem, specialemque Patronum a Concivibus solemni scripto, superiorumque placito fuisse assumptum, atque acclamatum nec documentum ullum solemne hujusce acclamationis innotuisse, tandem ad supra constitutos notitiam pervenisse, Instrumenta, que ab universitate et civibus hujus Terrae in Patronum Sanctus ipse acclamatus fuit confactum fuisse per Notarium
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quondam Joannem Camellum Pagano hujusmet Terrae Aquariae ejusque schedam ad Magnum Notarium Hieronymum Marino Terrae Laurini pervenisse; qua propter a dicto Notario de Marino dictae schedae conservatore postulasse, et obtimuisse copiam solemnem, et legitimam Instrumenti prg. Verentes itaque, in temporis decursu, notitia praecitati Instrumenti memoria hominum (ut jam evenerat) decederat, aliquove casu originale deperiret, eo magis quia extra hanc Terram osservatur, maturo consilio statuisse ac deliberasse, exemplum authenticum, quod a dicto Notario de Marino Conservatore habuerunt, penes publicum Regiae auctoritate Notarium hujusce Terrae deponere, interque publica ejus acta redegi, ac osservare facere, ut hujus rei perennis sit memoria. Addentes etiam, quod tam Magni Patroni, comivisque Patrocinium, tanti semper Patriae et civibus fuit adjuncto, ut elapso seculo, Patria haec Sanctoque ipso apud Deum optimum maximum intercedente, universali pestis, immunis, atque libera evasit, in cujus singularissimi particularisque beneficii memoriam, universitos, homines, et cives hujus Terrae pro eorum grati animi testimonio, arguiteam proprio ex illi erigere fecerunt statuam, in quam anno millesimo secentesimo quinquagesimo nono ipsius inclyti Patroni Sanctum integrum caput, ceteraque ossas ejus de Ordinarii auctoritate collocari fecerunt, ubi adhunc etiam quotidie magno exterorumi, civiumque accessu, innumeras et acceptas gratias ieneratur. Quibus sic assertis, P.pti Sup.ra constituti exhibuerunt coram Nobis praedicti Instrumenti acclamationis in Protectorem authenticam copiam, mihique Notario tradiderunt osservandam in meo Protocollo, cujus tenor talis est. Die vigesimo nono mensis octobris secundae Indictionis millesimo secentesimo trigesimo quarto Aquariae. Quod virum Sanctissimum Beatum Licidum Patronum hujus praefatae Terrae Aquariae adduximus, ut ea res invictissimo, atque Augustissimo Regi nostro Philippo Quarto, et excellentissimo Principi Oliveti duci Terrae Aquariae, ac Vice Marchioni Populoque Aquariensi prospera et laeta eveniat votis omnibus precamur. Igitur quod omnibus innotescat hodie, praedicto die, cum praesentia, et interventu Reverendi Domini Caroli Antonii de Marinis Archipresbyteri praefatae Terrae Deputati, ut dixit, per admodum Illustrissimum et Reverendissimum Dominum Oratium Marsilium generalem Vicarium Eminentissimi, et Reverentissimi Domini Cardinalis Brancatis Episcopi Catut Aquensis. Constituti in nostra praesentia et in templo Sancti Nicolai ante aram majorem praedictae Parochialis Ecclesiae, in qua conservatur Sanctissimum Sacramentum Eucaristicae libentius de Magistro Antonio generalis sindacus, Antonellus Carusius, Joannes Baptista Minella, Vincentius Gagliardus, et Nicolaus De Mottula electi praedictae Terrae, ac etiam infrascripti Deputati U. S. Excellentissimus Dominus Don Antonius Spinelli Dux Aquariae, Illustrissimus Dominus Don Virginius Spinelli, Illustrissimi Domini Don Fabritius, Don Carolus, et Don Joseph Spinelli, Don Didacus, et Don Franciscus de Argulio de Neapoli V. I. D. Fabius Marchutius, Franciscus Antonius Muscarellus, Livius et Jeronimus Paulini, Angelus Antonius ijunone, Muscarellus de Muscarelli, Joannes Baptista Paganus, Franciscus et Flavius de Andriola, Joannes de Marino, David de Marino, Vincentius Longus, Franciscus et Cesar de Peduto, Julius Malleus, Santorus
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de Sexto, Alexander de Gregorio, Bartholomeus de Martino, Donatus de Cirinillo, Cristofarus de Magistro Antonio, et Pascalis de Marino per Universitatem praedictam ad hunc effectum specialiter deputati; astante etiam frequentissima et innumerabili tum civium, tum exterorum multitudine: Praedicti Sindacus, et electi, ac deputati publice declaraverunt hanc Terram, et Universitatem jamdiu summo studio concupuisse, atque exoptasse praedictum Beatum Lucidum Religionis Benedictinae vitae Sanctitate, miraculis et charitate insignem in Tutelarem Patronum referre, ut praeter Sanctum Nicolaum, Beati quoque Lucidi, adjunctis praecibus praepontes, et miserator Deus mala omnia avertat bonaque plena manu largiatur. Huius autem optandi Patrocinii praeter causas, quae cum aliis possunt esse communes, illae etiam accesserunt, quod ex hac ipsa Terra a Familia de Maria originem trahat, quod bonae vitae partum in hac terra e sacra aede Sacti Petri traduxerit, quo tempore Cives omnes singulari studio complexus est. Quam ob rem, re communicata per V. I. D. Lutium Antonium Paganum Concivem cum Illustrissimo, et Excellentissimo Domino Troiano Spinelli Oliveti Principi, Vici Marchioni, et huius etiam Terrae Aquariae Duce optimo et Patrono praestantissimo, non modo potestatem fecit, sed cohortatus est etiam operamque suam dedit apud Eminentissimum Cardinalem Brancatium Episcopum Caput Aquensis Diocesis pollicitus, ac rem omnem postea singulari pietate promuovit, tandem Eminentissimus et Reverendissimus Episcopus, sive ejus Reverendissimus generalis Vicarius Universitatis praecibus commotus collaudat ejus studio, ac pietate ut id faceret voti compotem transmissis ad hanc Universitatem ipsosque Sindacum, et electos litteris dimissorialibus, quae poenes supradictum Archipresbyterum conservantur, et detinentur, et inferius describentur. Quare Sindacus et electi praedictae Terrae, et Universitatis nomine ejus voluntatem adimplere voluntas, Beatum Lucidum in Patronum, et Protectorem accipiunt, eumdemque Beatum submisse, atque obsecrant ut assiduas pro eo ad Deum praeces effundat, Terramque a peste, fame et bello caeterisque infortuniis vindicet ac tucatur, et infidem, et tutelam acceptam Cives, atque incolas omni bonorum genere cumulet, ac divinum praecipue obsequium Nobis impetrat. Praeterea Philippum Regem nostrum Catholicum quartum, et fidei defensorem acerrimum, et Trojanum Spinellum Principem, ac Don Antonium ejus filium Ducem nostrum praestentissimum, et Domna Angelam Carafam ejus conjugem cum eorum prole protegat, et foveat, Sanctam, justamque voluntatem eorum fortunet, atque derigat, eisque longevam, ac felicem aetatem exoret, Praedicti denique Sindacus, et electi ejusdem Beati Lucidi, Augustimam immagine, ejus caput, et corporis partem in aenea deaurata theca repositum ad sacellum illud templi Sancti Nicolai, quod ad hunc effectum constructum et dicatum est collocari volunt, ejusque Agregationis diem domini cum post Festum ephifaniae singulis annis in perpetuum ut diem festum solemnem colendum, ac celebrandum fore pollicentur, jurantes ad Sancti Dei evangelia tactis scripturis, meque Ioannem Camillum Paganum Regia, et Apostolica auctoritatibus Notarium rogaverunt ut haec omnia ad futuram rei memoriam, certitudinem, ut cautelam, ac plenam fidem meis tabulis referrem universo acclamante populo, ac Beati Lucidi nomen pluries, atque sepius iterante, et ad sua vota invocante, unde etc. Praesentibus pro Iudice, et testibus - Virgilio Malleo Terrae Aquariae Regius ad contractus Iudice - Rev. Don Ioanne Andrea de Sylvestri Terrae Melansugni - Rev. Clerico Francisco Alberto de
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Neapoli - Mag. Ioanne Baptista de Fortiatis Terrae Castellucciae, et Mag. Alojsio Sorece ejusdem Terrae, alias de Martino, Josepho Marathea Terrae Vici - Rev. Don Francisco Carbone Terrae Roccae Gloriosae - Ambrosio Viviano Civitatis Campaniae. Tenor vero praedictorum litterarum commissionalium aequitur: Ill.mum e Rev.mum Sig.re. L’Università di Aquara fa intendere a V. E. Rev.ma come per le infinite grazie ricevute, e miracoli visti del beato Lucido, de quale tene segnalata Reliquia de la testa, et infinite ossa, come in tutte le visite fatte in detta Terra delli vescovi sono state viste ed approvate, ed in particolar dall’Ordinario Vescovo, che nostro Sig.re salvi, mantenghi, et esalti, have in parlamento publico ricevuto, ed eletto quello per Patrono, e Protettore, e perché desidero in honor di quello farne segnalata sollennità, cioè portarla per tutta la terra in processione, con far cantare sollennemente la messa, e vespero nella Domenica prima dopo l’epifania per i miracoli e grazie ricevute in quel giorno, supplica V. E. R.ma resti servita concedere licenza, et ordinare all’Arciprete, e Clero che possa fare della sollennità in honor di quello, senza addizione di messa, ne ufficio, eccetto il corrente conforme al rito della sacra Congregazione, e la supplica anco a commettere a chi piacerà a V. E. R.ma di pigliare informazione delli miracoli per honor e gloria di nostro Sig.re, e di detto Beato e l’averà a gratia singolarissima, ut Deus, et la supplica anco per la licenza di fare le cautele necessarie per lo Patrocinio di detto Beato. Concedimus facultatem asportandi processionaliter suprascripta Reliquia ut petitur, ea qua dicit reverentia, et decore, et insuper Idus Archipresbyter Terrae Aquariae informationem capiat de miraculis expraessis in praedicta supplicatione, fiatque praedictae cautelae ad augendum fidelium devotionem, Nosque postea certiorandadantes Salae quarto Januaris millesimo sexcentesimo trigesimo quarto. Oratius Marsilius Vicarius Generalis de Rosa segretarius In margine adest adnotatum ut sequitur: V. E. In actu visitationis sub die decimo Decembris 1642 Per Ill.mum Thomam Carafam episcopum Caput aquensis, Festum Beati Lucidi ad universitatis praeces fuit jus iam celebrari in die dominico post Pentecostem, et sic octava Pentecostes cujuslibet anni ... e che per conservatone detta reliquia si facciano tre chiavi, una tenga l’Arciprete, l’altra il Sindaco e l’altra il Procuratore del Beato. Vi è un memoriale spedito da Monsignor Tommaso Carafa addì 11 Dicembre 1642 in atto di visita, che l’università eligga il Rationale al Procuratore, dove intervenga a pigliare li conti l’Arciprete, et Economi, et si possa mandare cercando la carità per tutta la Diocesi. Extructa est praesens, licet aliena manu, copia a suo prep. originali libro Protocollo quia Notariis Joannis Camilli Pagano Terrae Aquariae, quod paenes me conservatur, et facta collatione bene concordat meliori semper salva et in fidem ego Not. Ill.mum Regnum Hieronymus de Marino Terrae Laurini Prov. Princ.tus Citra, et rg. meo solito signo signavi. Adest signum. Et rogaverunt Nos, ut copiam ipsam, ut supra praeinsextam hunc actui
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alligaremus, et inde supra consituti Procurator et Econimi Capellae praedictae et Universitatis hujus Terrae administratores nomine hujus Terrae Aquariae eiusque Civium et hominum praedictam electionem, et acclamationem Sancti Lucidi in Tutelarem et Protectorem hujus Patriae, Instrumentumque praedictum, ut supra praeinsertum, per ipsos antecessores super ea confectum confirmaverunt, ratificaverunt et omologaverunt, prout predicto Instrumento acceptant, ratificantet confirmant de verbo ad verbum et singula singuliset juxta supra insertam cipiam et ejusque formam, continentiam et tenorem et nihil detrahurs. De quibus omnibus rogaverunt Nos, ut publicum conficeremus actum et copiam praedictam alligatam conservaremus, unde die fecimus et Nos enim. Et ad laudem praedicti nostri Patroni hoc Ego Notarius cecini Tetrasticon, Quem luci genuit, veneratur Aquaria Divum, Patronumque sibi praeligit ipsa Parans. Oh felix! Patriae columen, dum Lucidus ad sit Protegat et popili vota, precesque sui. Presens copia cortor scriptura numero quinque una cum presente extracta est a Protocollo mei subscripta Notarii, quorum facta collatione concordat, meliori et in fidem ego Reg. auctoritate per tutum Regnum Not. Vincentius Serriello hujus Terrae Aquariae reg. signavi. Sotto il di ventotto Novembre dell’anno mille settecento sessantadue 1762 visto un atto pubblico rogato per mano di me pred. Notajo per il titolo della partita de Fiscali, che la Ven. Cappella di S. Lucido possiede su l’università di questa Terra di Aquara, notata ne libri del Regale Patrimonio de Fiscali 69XI folio 164 - Not. De Serriello. Copia - Die Jovis 19a mensis Junii 1676 ad R. J. D. Don Anellus la Guardia associatus discessit a Terrae Roccae Aspidi et adiit Terram Aquariae et perventus ante fores Parochialis Ecclesiae S. Nicolai, fuit receptus a toto clero processionaliter, ut moris est, cum praecedente et recepta obedientia, factaque mortuorum... Visitavit reliquias Beati Lucidi repositas in statua lignea deaurata, et venerantur, et processionaliter deferuntur in die festivitatis, quae celebratur in festivitate Sancte Trinitatis, et aliquando in necessitatibus, ad impetrandum divinum auxilium. Osservatur dicta statua in altari proprio sub tribus clavibus, licet ad primum clauditur locus sub cancellis ferreis, ac vitriata sub duobus clavibus, una quarum detinetur a Rev. Archipresbytero et alia a procuratore Cappellae praedictae, et altera, quae deficit, detineri solet ab Universitate, scilicet a magnifico Syndico. Mandavit Universitate quod provvideat... La presente viene dagli atti di S. Visita praticata nell’anno 1676, come sopra, ed è conforme all’Originale. In fede. Diano (Tegiano) 10 Decembre 1875. Sacerdote Gaetano Finamore Cancelliere Archivario. Copia - die 2a Mensis Junii 1716 Rev.mus Vicarius Ep.lis Caputaquen expeditus a visitatione locali Casalis Funcareum, annessit ad oppidum Aquariae... Visitavit Cappellam Beati Lucidi. Adsunt onera Missarum, ut in praecedenti Visitatione.
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Altare est decentur ornatum. Habet redditus, qui administrantur a Procuratore eligendo a magnifica Universitate, et mandavit exiberi computa per totam presentem diem sub poena excommunicationis ad finem revidendi. In nicla adest statua argentea antiqui laboris Beati Lucidi, in qua adsunt reliquiae ejusdem Beati, et defenditer a crate ferrea eleganter elaborata, quae clauditur tribus clavibus, quarum una detinetur a R. Parocho, altera a Procuratore dictae Cappellae, et tertia ab uno ex magnificis electis Universitatis, etc. La presente viene dagli atti di S. Visita, ed è conforme all’originale. In fede. Diano (Tegiano) 10 Decembre 1875. Sacerdote Gaetano Finamore Cancelliere Archivario. Copia ecc. Visitavit die X m. Junii Abbatiam S. Petri. Habitationes sun penitus dirutae ex devotione vero Civium Aquariae fuit a fundamentis noviter extructa Ecclesia adhuc perfecta et apta pro celebrazione Missarum, sed iidem cives pietatis causa et fervente devotione erga Beatum Lucidum, qui traditur ibidem commorasse dum vitam agebat in hoc saeculo, de proximo sunt ut opus perficiant, et commendavit tantum devotionem. La presente copia viene dagli atti di S. Visita, ed è conforme all’originale. In fede. Diano (Tegiano) 10 Decembre 1875. Sacerd. Gaetano Finamore Cancelliere Archivario. Ill.mo e Rev.mo Sig. Il Sindaco ed eletti e Governatori della Cappella del Glorioso S. Lucido Jus Padronato di essa Cappella della Terra di Aquara Diocesi di V. S. Ill.ma umilissimi servi, ed oratori di V. S. Ill.ma con umilissime suppliche li rappresentano, come diedero supplica al fù Monsignor Odoardi suo antecessore, che avessero potuto esponere e portare processionalmente la statua con la reliquia, che nel principale di detta statua intera stà conservata per li bisogni, che continuamente accadono, o impetrare serenità di etere, o piogge per l’innondatione de’ fiumi, e tempi corrotti, che non si può venire a piedi di Voi. Ill.ma si compiacque esso suo antecessore in perpetuo annoire e dispensare la pretesa grazia di potere come sopra portare processionalmente detta statua con reliquia, siccome si degna V S. Ill.ma osservare dal rescritto originale qui accluso, acciocché benignamente si degni a loro umilissime suppliche nuovamente confirmare, con quelle clausole e pene che in esso rescritto si contengono, tanto per le processioni, quanto le novene, e il tutto l’attendono dal suo zelantissimo Pastoral zelo e speciale carità e bene universale qua Deus. Liceat ut petit, dummodo omnia fiant cum debita decentia ad praescriptum confecit Synodum dantis pro datum Caputatum die 12 m. Xmbris 1742. Ill.mo e Rev.mo Sig. L’Università ed Economi della Venerabile Cappella del Glorioso B. Lucido della terra di Aquara, Umilissimi servi, ed oratori di V. E. Ill.ma come sopra umilmente l’espongono, come li flagelli se compiace il Sig.re Iddio a peccatori, di fame, infermità, dirotte piogge e siccità, è stato solito in detta terra esponersi processionalmente la reliquia del detto Beato, per quale è stato sempre necessario mandarsi per ricevere la licenza di V.E. Ill.ma, o d’altri antecessori; persona apposta
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e ciò è sortito doppo essernosi inoltrati li flagelli per essere sottoposta detta loro terra ad un terribile fiume, e però non puotesi in ogni occorrenza ciò fare. Perlocché supplicatone V. Ill. ma l’anno passato, si compiacque assentire, che nelle necessità fusse stato lecito esponere in processione detto Beato, e per dapocagine di persone hanno disperso tal rescritto. Che però ne vengono ai suoi piedi, e la sup.no per le viscere di Christo conceder loro licenza che nelle necessità sia lecito portar detto Beato processionalmente, secondo il solito, avendo il popolo tutta la fede in detta processione, e fra l’altro quando detto Beato vien asportato nella sua antica Chiesa di S. Pietro monistero diruto de PP.ri Cassinesi, dove era la stanza di esso loro Protettore, il che il questi cattivi tempi non ha possuto sortire per le cause di sopra. Come pure la sup.no voler assentire ordinare a Parrochi, che saranno e sono presenti, che se possa nove giorni prima della festività di esso Beato esponersi in detta Cappella ogni sera il sacrosanto Venerabile ogni anno, affinché si avanzi la devozione prima di detta festa, e che si prepari il popolo nove giorni prima a solennizzare la festività di detto loro Protettore, Prom. e Patriota, atteso questa è la principale festa si fa in detta Terra senza alcuna divozione, eccetto delli vesperi e messa, tanto più che il popolo forestiero è innumerabile ed essendo ogni cosa giusta li sup.ti lo riceveranno, qua Deus. Li Gov.ri della retro.tta Cappella nuovamente supplicano V.E. Ill.ma a causa che il nostro Arciprete non vuole intervenire all’esposizione predetta che li commetta ad altro sacerdote li parerà che esponga e consacri, e che il R.ndo Arciprete consegni la chiave della custodia vecchia, nella quale si riponeva il SS.mo Venerabile, essendo detta custodia conveniente, atteso se ne servono anche nella Settimana Santa ed il ut Deus. Liceat ut petit. Et dummodo fiat cum debita decentia, et circa expositionem Venerabilis cum numero Candelorum praefixo in Costitutionibus Synodalibus. Datum Caputatii ex Ep.li nostro Palatio hac die 18 m. 9bris 1525
Attentis Denno supplicatis cum juxta petentibus non sit denregandus assensus et maxime in illis quae tendent ad divinum Cultum, Populique devotionem providendo. Mandamus Rev. Arch.ri quod sub poena ducatum viginti, piis et pro illis mandati executivi, aliisque arbitris est exponat ut petitur Venerabile Eucharistiae sacramentum in enunciata novena B. Lucidi in qua expositione interveniant potimur. Abbas Capit. Canone sec. Tra altri titoli che si conservano nell’archivio della cennata Chiesa ne rilevo le seguenti annotazioni Bona demanialia ecc. S. Lucidi de Magliano Prioratus ecc. ac Granciae dictae Abbatiae S.i Benedicti, sunt. In primis un territorio montuoso, e piano bosco lavorativo di tomola cento, di circuito un miglio e mezzo, dentro il quale ci è l’Ecclesia, sive nominata intitolata Santo Lucido, distante da Magliano mezzo miglio in circa. Joannes de Rocchi ... Confessus fuit tenore unicam redditiam Ecclesae Sancti Lucidi. Il bosco e territori suddetti in mezzo del quale sono le vestigie
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del Monistero. Dippiù nel 22 maggio 1594 Gio. Dom e Giovan. Simone Pausola di Stio: una vigna denominata lo piano delle prune, sulla quale vi gravitava un censo che rendeva alla V.le Chiesa di S. Lucido. Nel 1559 Scipione Pausola a 10 8bre vendé a D. Gio. Berardino dè Fiore una metà di chiusa alberata di querce nel tenimento di Stio, dove si dice lo Cesenale, e la confina con beni della V.le Chiesa di S. Lucido. A 9 Giugno 1596 Francesca Penta v.a del q.m Scipione dè Fiore vende a Detio Pasca della terra di Magliano un fondo detto li Porcili, e lo confinò da un lato con i beni della V.le Chiesa di S. Lucido. Tali annotazioni e confinazioni con i beni della V.le Chiesa di S. Lucido sono annotati a 20 agosto 1596, a 13 9bre 1596, e 16 7bre 1591. E tali annotazioni ho potuto raccogliere dai pochi titoli qui esistenti, essendo gli altri presso il ricevitore a causa dell’incameramento dei beni di questa Chiesa. Magliano 2 giugno 1874 Samuele Maucione Parroco. Visto per la legalità della firma del parroco il Sindaco. Certifichiamo noi qui sottoscritti curati della Chiesa Parrocchiale di S. Nicola e S. Cono di Castelcivita, come da tempo immemorabile i nostri figliani hanno sempre professato e professino un fervido culto verso il Beato Lucido del Comune di Aquara della Diocesi summenzionata, in modo che nel dì consacrato alla sua festa, ricadente in ogni anno nel giorno della SS.ma Trinità, si recano colà a motivo di venerare detto Beato non senza presentargli dei donativi di cera ed altro. D’avvantaggio accogliamo pure, che rovistando i nostri Parrocchiali Registri dei Battezzati abbiamo osservato, che fin dall’anno 1635 insino al presente per divozione verso al prelodato Beato parecchi de’ nostri popolani hanno portato il nome di Lucido. Per la verità ne rilasciamo il presente munito delle nostre firme e timbri delle rispettive Parrocchie. Castelcivita 18 Agosto 1874 Curato di S. Nicola Giuseppantonio Soldani. Curato di S. Cono Francesco Zonzi. Certifichiamo noi qui sottoscritti Arcip.e Nicola Barone Parroco della Chiesa di S. Barbara, e Pietrangelo Greco Parroco della Chiesa di S. Giovanni Battista, tutti e due del Comune di Corleto Monforte, Diocesi di Diano-Tegiano, che i Parrocchiani di queste due Chiese hanno da remotissimo tempo professata devozione verso S. Lucido, e che celebrandosi in ogni anno nel Comune di Aquara la festa con solennità in onore dello stesso, vi si recano ad ossequiarlo, ricevendosi pure il pane benedetto sotto il nome dello stesso, e facendogli offerte per le grazie a sua intercessione ottenute. Certifichiamo inoltre, che leggendo i libri dei battezzati, abbiamo trovato che a parecchi bambini viene imposto il nome di Lucido, per la venerazione che si ha per tale santo, le cui reliquie sono in gran venerazione nella Chiesa Parrocchiale di Aquara e vien riguardato come il Santo Protettore di quel Comune. Corleto Monforte 28 luglio 1874. Nicola Arcip.e Barone Par.co di S. Barbara. Pietrangelo Greco Parroco della Chiesa di S. Giovanni Battista. Visto certificato vero Pel Sindaco, l’Assessore Arcangelo Mordente. Certifico io qui sottoscritto Arciprete Curato del Comune di Albanella, egualmente in questo paese vi è una fervida divozione per S. Lucido di Aquara, e per lo passato nel dì della sua festa i devoti di questo paese hanno presentato i doni di ceri e d’altro al menzionato Santo, e per la stesso divozione, rilevo dai libri Parrocchiali che molti da cento anni in qua hanno il nome di Lucido. Per la verità. Albanella 13 Agosto1874 Gabriele Albini Arciprete. Visto per la verità della firma Pel Sindaco l’Assessore Deleg. Raffaele Anzisi. Si certifica da me qui sottoscritto Arciprete Curato dell’unica Chiesa Parrocchiale sotto il titolo
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di S. Michele Arcangelo in Bellosguardo, che da tempo immemorabile si è avuto in questo medesimo comune una speciale devozione verso del Beato Lucido del vicino Comune di Aquara, tanto che nella festa che ogni anno si celebra nella Chiesa Parrocchiale della patria di detto Beato, questi fedeli son corsi là, e per divozione e per isciogliere i loro voti per qualche grazia ricevuta. Più avendo perquisiti i registri di nascita da tempi remoti fin oggi, ho trovato che a molti fu imposto il nome di Lucido, come tuttavia si continua in questa mia Parrocchia ad imporre ai battezzati tal nome in venerazione del Beato in parola. Che in fede ne ho rilasciato il presente a richiesta del Parroco di Aquara da servire per uso conveniente. Bellosguardo 14 maggio 1874 Carmine Arciprete Marmo. Il Parroco della Chiesa di S. Nicola di Bari di Roscigno certifica. Essersi da tempo immemorabile celebrata ogni anno in Aquara la festa di S. Lucido, ed ogni anno esservi accorsa molta gente da tutti i paesi circonvicini. E per la verità ne rilascia il presente certificato a richiesta del Rev.do Parroco di Aquara, Signor Mariano Serrelli. Roscigno lì 20 maggio 1874. Il Parroco Francesco Resciniti. Attesto e fò fede io sottoscritto Arciprete Curato della Chiesa Parrocchiale di S. M.a Assunta in Cielo del Comune di Felitto in Diocesi di Capaccio-Vallo, come da tempo immemorabile, si i trapassati paesani che gli attuali hanno tenuto tengono in somma venerazione S. Lucido del limitrofo Comune di Aquara, e che nella solennizzazione della di lui festività, che si celebra nel giorno della SS. Trinità di ciascun anno, moltissimi dei miei figliani vi si portano per i prodigi operati da d.o Santo. Molti nomi di Lucido vi sono stati in questo d.o Comune, come ho rilevato dai libri Parrocchiali, come molti ve ne sono tuttavia per devozione di suddetto Santo. Ed in virtù del vero ne ho rilasciato il presente munito del suggello della Parrocchia. Felitto 30 gennaio 1874. Raffaele Migliaccio Arciprete Curato. Certifico io qui sottoscritto Parroco Curato della Chiesa di san Biagio del Comune di Ottati a Fasanella, che questo popolo animato da sensi di pietà, secondo la tradizione degli antichi è stato sempre solito accorrere alla festa che il dì della Trinità si celebra in onore del Beato Lucido, nel limitrofo Comune di Aquara, ed a conferma maggiore di tal divozione nei libri dei nati di questa Parrocchia, incominciando da quelli del secolo passato, hanno ai vari imposto il nome di Lucido, il che non avrebbe potuto avvenire senza un culto speciale verso il nomato Venerabile . E per la verità ne ho rilasciato il presente. Ottati otto del mese di Settembre 1874. Teodoro parroco Bamonte. Visto dal Sindaco Mariano Pecori. Certifico io sottoscritto Parroco del comune di Controne qualmente, nel celebrarsi ogni anno da tempo immemorabile nel Comune di Aquara la festività del Beato Lucido, Protettore del Comune medesimo, molti Contronesi ogni anno parimenti si portano colà con molta fede e divozione a venerare il Beato non solo, ma ancora a soddisfare al medesimo i promessi donativi. E per la verità ne ho rilasciato il presente sottoscritto e roborato col sigillo della Chiesa Parrocchiale di San Nicola. Per uso della Santificazione del Beato Lucido. Controne 4 Agosto 1874. Pietro de Vecchi Parroco. Certifico io qui sottoscritto Arciprete Curato della Parrocchiale Chiesa di S. Nicola di Bari del Comune di Piaggine Soprane, qualmente questa popolazione è stata, come lo è tuttavia, assai
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divota di S. Lucido, talché per venerare tal santo non poche persone annualmente si recano nel Comune di Aquara, ove si solennizza tal festività. Certifico ancora, che avemo perquisito i libri dei rigenerati anche più antichi e di remota epoca di questa suddetta Parrocchia ho rinvenuto che non pochi individui portano il nome di Lucido e ciò dimostra la divozione che questa popolazione ha sempre professata verso il Santo. E per la verità Piaggine Soprane 28 settembre 1874 L’arciprete Curato Giuseppe Maria Vairo. Certifico io qui sottoscritto Arciprete Curato della Chiesa Parrocchiale sotto il titolo di St.a M.a Maggiore di questo Comune di S. Angelo a Fasanella Provincia di Salerno qualmente gli abitanti di questo Comune ab immemorabili e con successione secolare non interrotta in ogni anno e propriamente nel giorno della SS.a Trinità, muovono da questo paese, e si portano nel vicino Comune di Aquara, ove con divozione e raccoglimento visitano in quella Chiesa l’altare in cui stanno esposte al culto del pubblico le ossa del Venerabile Santo Lucido concittadino del menzionato Comune. In quella occasione portano seco loro dei donativi di oro, argento, cere ed altro in segno della loro devozione. Certifico benanche che per antica tradizione si è sempre asserito che il detto San Lucido intercede da Dio la vista ad un cieco di questo ripetuto Comune a fervorosa richiesta di miserabile vedova, tanto che in seguito come tuttavia, non pochi di questi abitanti portano per divozione il nome di Lucido. In testimonio del vero, ed a richiesta dell’Arciprete della Chiesa di Aquara, ne ho rilasciato il seguente. S. Angelo a Fasanella lì 15 ottobre 1874. L’Arciprete Curato Francesco Palladino. Visto per la legalità della firma dell’Arciprete Palladino. Il Sindaco F. Conte. Certifico io qui sottoscritto Arciprete Curato di Castello San Lorenzo Diocesi di CapaccioVallo in Provincia di Principato Citeriore, che da tempo immemorabile, ed anche al presente i miei figliani hanno sempre prestato devozione verso S. Lucido, in guisa che nel giorno della sua festività, che si celebra nel dì sacro alla SS.ma Trinità, si recano a venerare il santo nel Comune di Aquara, ed in alcuni anni tale venerazione, per le grazie ricevute, è accompagnata anche da doni, come pure per quanto rilevo dai registri Battesimali i padri di famiglia per divozione verso del Santo fin dal 4 Febbraio del 1633, ed in seguito hanno imposto ai loro figli il nome di Lucido. In onor del vero, ed affinché costi, ne ho rilasciato la presente scritta, e sottoscritta da me, munita benanche del sigillo Parrocchiale. Da servire per solo uso delle autorità ecclesiastiche. Castello San Lorenzo lì 31 luglio 1874. Giovanni de Augustinis Arciprete Curato certifico come sopra. Certifico da me qui sottoscritto Arciprete Curato della Parrocchiale Chiesa di San Nicola di Bari del Comune di Aquara, aver letto nella nota alla pagina 133 di cenni storici sulle Chiese Arcivescovili, Vescovili, e prelatizie (nullius) del Regno delle due Sicilie raccolti, annotati, scritti per Abbate Vincenzo d’Avino, opera stampata in Napoli nel 1848, la seguente notizia scritta dall’Ill.mo e R.mo Canonico ed Arciprete della Cattedrale di Tegiano Sig.re D. Angelo Marchesano, che riguarda il nostro Protettore S. Lucido, tenuto in venerazione e concetto di Santità: “... Diremo soltanto che la Religione Cattolica è stato il retaggio che questa Diocesi ha sempre custodito e difeso gloriosamente, e che molti dell’uno e dell’altro sesso sonosi distinti per santità eroica, e sono tenuti in venerazione di Santi e di Beati (la romita S. Elena di Laurino, S. Cono di Diano, il Beato Lucido di Aquara, il Venerabile Andrea Pepoli di Piaggine Soprane, il
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Padre Donato Pinto Celestino di Novi, e Giovan Filippo Romanelli di Laurito) ...”. Per la verità ne ho rilasciato il presente da me sottoscritto e munito del solito mio sigillo Parrocchiale da servire a sol uso ecclesiastico. Aquara 2 maggio 1874. Il Parroco Mariano Serrelli. Visto per la legalità della firma del Parroco Serrelli. Pel Sindaco impedito l’Assessore anziano Lucido Capozzoli. Certifico io qui sottoscritto Parroco della Chiesa Parrocchiale di Magliano sotto il titolo di Santa Maria Assunta in Cielo, come di proprio pugno ho estratto copia da una lapide che giace a terra nel bosco di S. Lucido della seguente epigrafe: D. O. M. Divi Lucidi S. Bened. Commende Prior. Praedium hoc aliqua praedicta jura, actiones Apostolica autoritate impartita sub datum Romae predie nonas Januaris 1733. E.mus D.nus D. Josepho Card. Ferrau, perpt. Comendat. ne vel ne res tam expetenda inelaborata remaneret clauso extremo die Fabriti Pignatelli illud sive illa concessit in emphitheusium perp. Matrici Ecclesiae Terrae Malleani ad annuum canuum ducatorum duodecim ut ex actis Magnifici Noratii Joannis Jacobi de Cogitori Civitatis Salerni sub die Februari 1737. Et hoc ad Eternitatis memoriam monumentum Sancta Sede imp. arci.te Ecclesia ipsa erigi curavit anno D.ni MDCCXXXVII.
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Sessio Septima In Dei Nomine Amen Anno a Salutifero D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die vero decima mensis Januarii, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi in Christo Patris et D.ni N.ri divina providentia Pii Papae IX anno XXX. Coram Ill.mo ac Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo ac in praesenti causa Judice ordinario comparuit Angelus Raphael Covino Nuncius in praesente causa deputatus, ac reproduxit citationem ad sententiam relaxatam contra R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem, et ab eodem exequutorem, una cum relatione illius executionis. Facta reproductione antedicta, comparuit R. D. Alexander Gallo Postulator, qui, repetita dicta citatione, petit et institit pro reiteratione terminorum substantialium, quodque a dominatione sua Ill.ma et Rev. ma properatur definitiva sententia super immemoriali Cultu Servo Dei Lucido exibito, seu super paritione Decretis S. M. Urbani Papae Octavi, non solum et sed omni. Ex adverso dictus R. D. Promotor Fiscali dixit et protestatus fuit nihil fieri nisi ipso praesente, ac nisi servata forma tam Decretorum S. M. Urbani VIII, tum novissimorum quod ea quae circa hunc processum disponuit, alios de nullitate etc. omni et. Ex tunc Ill.mus et Rev.mus D.nus Ep.us Judex, visis auditisque praemissis, citationem ad calcem praesentis sessionis registrari mandavit, et successive Rev. D. Promotorem Fiscalem admisit ad reiterationem terminorum substantialium eosque pro rite et recte servatis haberi voluit ac declaravit, prout vult et declarat, et pronuntiat sententiam definitivam, prout in cedula quam prae manibus habens vidit, lexit, et deliquiter consideravit, eamque propria manu subscriptam mihi Noratio Actuario. Tradidit ad effectum illam legendi, publicandi et inserendi in Processu, cujus cedulae tenor est infrascriptus, videlicet. Nos Dominus Fanelli Episcopus hujus S.ae Ecclesiae Dianen Judex ordinarius ad conficiendum Processum ordinarium super Cultu ab immemoriali tempore exibito Servo Dei Lucido ex ordine S. Benedicti Christo Nomine invocato pro Tribunali sedens, et solum Deum prae oculis hebens per hanc nostram definitivam sententiam, quam de Jurisperitorum consilio in his scriptis ferimus in causa Beatificationis praedicti servi Dei, quae coram Nobis primo et in primo vertitur instantia inter Alexandrum Gallo Postulatorem specialiter constitutum ex una, et Michaelem Marmo Promotorem fiscalem ex altera parte, de et super paritione Decretis Sanctae memoriae Urbani Papae VIII super cultu ab immemoriali tempore exibito, Servis Dei, qui cum magna Sanctitatis opinione obijerunt, visis omnibus et singulis actis Processus in huc causa contractis, visis videntis, consideratis considerandis, dicimus, pronunciamus, decemimus, declarimus, ac definitive sententiamus, a tempore immemorabili, atque ante annum millesimum quingentesimum trigesimum quartum 1534, quo centenarium Urbanianum initium habet servum Dei Lucidum cultu publico ecclesiastico in hac praescitum Diocesi potitum fuisse, atque hunc cultum nunquam interruptum aut inimiuntum ad nostram usque actatem feliciter esse deductum; ideoque nihil obstare quominus accensendus sit inter casus exceptos a Decretis S. M. Urbani VIII.
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Hoc pronuntioni ego Dominicus Fanelli Episcopus Judex Ordinarius - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis. Lecta, lata et publicata fuit ista sententia in sacello Ep.lis Palatii ab eodem Ill.mum et Rev.mum Episcopo Judice hic pro tribunali sedenti, et per me Notarium Actuarium promulgata, citato, praesente, et interessante R. D. Promotore Fiscali, hac die decima mensis Januarii 1876, et ibidem praesentibus Canonico Vincentio Finamore et sacerdote Raphaele Sansevero Testibus ad praemissa specialiter vocatis habitis ac rogatis. Et ego Alojsius di Sarli Notarius Actuarius de hisce omnibus fidem facio - Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sensevero testis vocatus. Deinde dictus R. D. Alexander Gallo Causae Postulator petiit et institit poenas dominationem suam Ill.mum et Revmum pro publicatione Processus, nec non mandare confici illius exemplum mittendum Romam ad S. R.um Congregationem, et ad hujusmodi effectum relaxari citationem contro R.mum D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem pro die et hora Dominatione suae magis bene visis ad videndum fieri publicationem Processus eligique scriptorem, qui illius transumptum conficiat, nec non Notarium adjunctum pro collatione, et quodcumque Decretum fieri et interponi in forma. Demum institit ut R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis proferat si quid habeat contra acta iamgesta, et quatenus et ad libellandum, et alia facienda necessaria et opportuna, omni etc., non solum etc., sedet omni etc. Ex adverso R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis contra acta dixit generalia verba, salvo jure etc., et reservata sibi facultate in posterum deducendi in reliquis, protestatus fuit non posse devenire ad asurtam publicationem. Processus, et electionem scriptoris, nisi ipso praesente, et nisi servata forma Decretorum S. R. C. tam generalium quam novissimorum; alias de nullitate etc., non solum etc., sedet omni etc. Quibus auditis Ill.mus et Rev.mus Dom.nus Episcopus decrevit alteram sessionem pro publicando Processu, et eligendo scriptore, qui illius transumptum conficiat, habendam die decimatertia hujus mensis Januarii, hora secunda post ortum solis in sua Aula Episcopali ad quem effectum relaxavit citationem contra R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem, ut compareat dicta die et hora in antedicto loco etc. Demum injunxit mihi Notario Actuario, ut interim interrogatoria ac Testium Depositiones claudam et obsignam in plico non aperiendo, nisi actu proxime publicationis Processus, prout feci. Quibus peractis praefatus Ill.mus et Rev.mus D.nus Episcopus una cum R. D. Promotore Fiscali, meque Notario etc. infine praesentis sessionis se subscripsit, ut infra. Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Canonicus Decanus Marmo Promotor Fiscalis. Super quibus omnibus et singulis ut supra gestis, Ego Notarius publicus actuarius specialiter deputatus hoc praesens Instrumentum confeci et stipulavi in forma de mandato etc. Actum Diani die, mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra. Ita est Alojsius Can. de Sarli Notarius Actuarius deputatus de mandato Ill.mi et Rev.mi D.ni Judicis in causa Beatificationis Servi Dei Lucidi citetur R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis ad comparendum coram Dominatione sua Ill.ma et Rev.ma in Sacello sui Episcopalis Palatii die decima hujus mensis Januarii, hora secunda post ortum solis audiendam definitivam sententiam in Causa alias videndum fieri necessaria et opportuna, et Decretum quodcumque desuper
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necessarium et opportunum fieri et interponi in formam ad dictam diem et horam. Justante R. D. Alexandro Gallo Postulator costituto ab eodem Ill.mo et Rev.mo Episcopo. Ego infrascriptus Cursor, sive Nuncius etc. refero ac testor sub die octava hujus mensis personaliter citasse R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem ad contenta in praesenti citatione, cujus copiam, ostenso, prius originali, inejus manibus reliqui, et ita fero, ac testor. Hac die octava m. Januarii 1876. Ego Angelus Raphael Covino Cursor manu propria - Ita est Alojsius de Sarli Notarius publicus et actuarius specialiter deputatus - Adest Notariatus Signum.
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Sessio VIII In Dei Nomine Amen Anno a salutifera D. N. J. Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die vero decima tertia mensis Januarii, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi in Christo Patris, et D.ni N.ri divina providentia Pii Papae IX anno XXX. Coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo Dianen Judice Ordinario in praesente causa pro Tribunale sedente R. D. Promotore Fiscali, testibusque infrascriptis, meque Notario actuario in Sacello sui Episcopalis Palatii, comparuit Angelus Raphael Covino Cursor deputatus, qui reproduxit citationem per ipsum exequatam contra dictum Promotorem Fiscalem, quam facto dedit cum relatione illius executionis tenoris inferius registrandi. Qua facta reproductione, comparuit R. D. Alexander Gallo causae Postulator in praesente causa specialiter constitutus, qui, repetita dicta citatione, petiit et institit per Ill.mum et Rev.mum Dominum Episcopum, ordinarium Judicem devenire ad publicationem Processus, nec non eligi et deputari scriptorem pro conficiendo illius exemplo, aliaque necessaria et opportuna fieri prout in dicta citatione etc. omni etc. Ex adverso dictus R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis dixit et protestatus fuit non esse deveniendum ad petitam publicationem, et scriptoris deputationem, nisi ipse in quolibet actu praesente servatisque in omnibus decretis generalibus et novissimis S. R. C. quae respiciunt praesentem Processum, omnibusque aliis et singulis de jure, stylo et consuetudine servandis et adimplendos, alios protestatus fuit de nullitate non solum isto, sedet omni meliori modo. Ex tunc praefatus Ill.mus et Rev.mus D.nus mandavit mihi Notario ut registrum citationem supra reproductam cum relatione illius executionis, nec non publicat praesentem Processum omni etc.; mandavitque et mandat aperiri plicum Interrogatoriorum, et depositionum Testium ad effectum, ut eadem interrogatoria per me Notarium registrentur infine praesentis sessionis, prout Ego Notarius etc. parendo mandatis, praesente antedicto Promotore Fiscali plicum interrogatoriorum et depositionum aperuiet desigillavi. Successive idem Rev.dus Dom.nus Episcopus mandavit fieri exemplum sive transumptum integri Processus, et ad hunc effectum deputavit et deputat Rev.mum Dom.num Franciscum Sanseverino ibidem praesentem, et munus sibi commissum libenter acceptantem, cui statim detulerunt juramentum de fideliter adhinplendo munere sibi commisso, prout dictus scriptor ingenua provolutus ad contactum Sanctorum Evangeliorum juravit per haec praecisa verba, videlicet. Ego sacerdos Franciscus Sanseverino, tactis hisce Sanctis Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto fideliter exercere officium mihi commissum in trascribendo et exemplando Processu in hac civitate constructo super immemoriali Cultu Servo Dei Lucido exhibito, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a summo Pontefice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo absolvi possim. Et ita juro et promitto sic me Deus adjuvat et haec Sancta Ejus Evangelia. Ego Franciscus Sanseverino ita juro, et promitto successive in Notarium adjunctum pro auscultatione et collatione facienda deputavit et deputat R. D. Cajetanum Finamore Sacerdotem Curiae Cancellarium, ac Notarium Ecclesiasticum specialiter deputatum, qui idem statim
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accersitus commissum munus sibi notificatum acceptavit, suique Notariatus Privilegium in finem praesentis sessionis registrandum exhibuit, et genuflexus, sanctaque Dei Evangelia manibus tangens suum praestitit juramentum, videlicet. Ego infrascriptus Notarius adjunctus ad collationandum et auscultandum Processum ordinaria autorictate constructum super immemoriali Cultu servo Dei Lucido exibito, tactis hisce SS. Dei Evangeliis coram me positis, juro et promitto fideliter imptere munus mihi commissum in collatione dicti Processus, sub poena perjurii, et excommunicationis latae sententiae, a qua nonnisi a summo Pontifice, excluso etiam Majore Poenitentiario, praeter quam in mortis articulo, absolvi possim. Et ita promitto etjuro sic me Deus adjuvat, et haec SS.ejus Evangelia. Ego Cajetanus Finamore sic juro et promitto. Post haec Ill.mus et Rev.mus Dom.nus Ep.us mandavit mihi Notario Actuario, ut registratis pius in fine praesentis sessionis tam citatione contra R. D. Promotorem Fiscalem et supra executa et reproducta, quam praedictis Interrogatoriis, et privilegio Notariatus dicti Notarii in adjunctum Deputati, consignem scribae deputato atque jurato omnia acta praesentis Processus, ut illa excenptet, et hausumptet, nec non decrevit et decemit novam Sessionem habendam in hoc eodem loco die et hora destinandis postquam exemplata et absoluta fuerit praedicta copia. Quapropter relaxavit, et relaxat citationem contra R. D. Promotorem Fiscalem D. Michaelem Marmo ad comparendum et interessendum in eodem loco die et hora ut supra designandis mihi Notario Actuario eam commisit juxta stylum extendam, prout me facturum promisi. Quibus omnibus decretis, Ill.mus et Rev.mus D.nus Ep.us ad Actus complementum in fine praesentis sessionis, ut infra se subscripsit una cum R. D. Promotore Fiscali, meque Notario etc. Demum praesens antedictus Processus fuit traditis et consignatus dicto Rev.do Sacerdote D.no Francisco Sanseverino ad effectumtranscribendi et exemplandi, qui promisit illum reportare una cum illius copia, omni etc. Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis - Cajetanus Finamore Notarius adjunctus - Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Super quibus omnibus et singulis ut supra gestis, Ego Notarius Actuarius specialiter Deputatus hoc praesens Instrumentum confeci in forma, de mandato etc. Actum Diani etc., die, mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra praesentibus R. D. Vincentio Finamore, et Raphaele Sansevero Testibus praemissa specialiter habitis, vocatis, atque rogatis - Ita est Alojsio de Sarli Notarius Publicus in Actuarium specialiter Deputatus - Adest Notariatus signum. De mandato Ill.mi et Rev.mi D.ni Dominici Fanelli Ep.i Dianen, Judicis Ordinarii in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, citatur R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis ad comparendum coram Dominatione sua Ill.mo et Rev.mo in Sacello sui Ep.lis Palatii die decima tertia hujus mensis Januarii, hora secunda post ortum solis ad audiendam publicationem Processus, et electionem scriptoris, qui illius transumptum conficiat, et alios videndum fieri necessaria, et opportuna, et decretum quodcumque desuper necessarium et opportunum fieriet interponi in
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formam ad dictam diem et horam justante R. D. Alexander Gallo Postulatore constituto ab eodem Ill.moet Rev.mo Ep.o. Ego infrascriptus Cursor etc. refero ac testor sub hac die undecima mensis Januarii personaliter citasse R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem ad contenta in praesenti citatione, cujus copiam, ostenso prius originati, in ejus manibus reliqui, et ita refero ac testor. Hac die 11a Juanuarii 1876. Ita est Alojsius de Sarli Notarius pub. et Actuarius specialiter Deputatus. Tenor Privilegii et solarii adjuncti. Dilecto Nobis in Christo R. D. Cajetano Finamore Presbytero saeculari Comunitatis Padulae salutem in D.no sempiternam Cum de idoneo Cancellario, seu Notario provideri cupiamus, qui Nobis et Tribunali nostro inseriat, et quae in illo agenda sunt diligenter adhimpleat, et scripturas librosque adnostram Curiam spectantes fideliter custodiat, erga personam tuam mentis n.rad. aciem direximus, cujus vitae honestas, morum probitas, fides, diligentia habilitas, aliaque apud Nos commentaris testimonio. Quapropter illarum intuiter, tenora praesentum auctoritate nostra ordinaria. Te in nostrum Cancellarium, seu Notarium eligimus et deputamus, cum facultate ea agendi et faciendi tam in voce, quam in scriptis, quae facere et gerere possunt et debent Cancellarii, seu Notarii Episcopalis, ita ut tuis scripturis, durante officio, omnis fides in judicio et extra judicium adhibeatur, et insuper cum omnibus et singulis privilegiis, honoribus, et emolumentis, quibus tam de jure quam de consuetudine nostri Cancellarii seu Notarii uti, frui, potiri et gaudere solentet debent. Mandantes omnibus nostrae Jurisdictionis subjectis, caeterisque ad quos pertinet, ut Te intalem habeant et recipiant. Praesentibus ad nostrum beneplacitum valituris. In quorum fidem has manu nostra subscripsimus, ac sigillo nostri Ep.li signavimus. Datum Diani die 1a Novembris 1858. Dominicus Ep.us Dianensis. Locus sigilli Regis. in Ep.lis Curiae N. 131, fol 161. Concordat cum originali etc. Alojsius de Sarli Notarius pub. Actuarius Deputatus - Adest Notariatus Signum. Dianensis Schema Interrogationum - Beatificationis Servi Dei Lucidi Terrae Aquariae, ex ordine S. Benedicti, Sancti nuncupati. Interrogatoria quae dat, facit, exibet, ac producit R. Promotor Fiscalis in Processu ordinaria auctoritate condendo hic Dianen super immemorabili cultu praedicto Servo Dei ad haec usque tempora exibito, iuxta quae priusquam deveniatur ad examen super articulis, petit et instat omnes et singulos Testis fideliter examinari per Ill.mum et Rev.mum Dom.num Ep.um Judicem Ordinarium, aut per alium circum probum et idoneum Ecclesiasticum ab ipso Ill.mo ac Rev.mo D.no delegatum, petit insuper et instat interrogatoria praedicta semper elacia et sigillo ipsius Judicis, aut delegati, obsignanda, nec aperienda esse nisi in actu examinis, cum receptis testium depositionibus claudenda iterum et obsignanda, sicque clausa et obsignata servanda esse, donec absolutus fuerit Processus, alios de nullitate omni protestatur, non solum isto, sed et omni meliori modo.
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Primum - Moneatur quilibet Testis de vi, et sanctitate juramenti, et de gravitate perjurii, praesertua in hisce causis Beatificationis et Canonizationis servorum Dei gravissimis et ordinis, cum audem sint in majoribus in Ecclesia Dei. Secundum - Interrogatur quilibet Testis de nomine, cognomine, patria, parentibus, aetate, statu, exercitio, gradu, divitiis seu paupertate, aliisque circumstantiis ad ejus personam et conditionem quomodolibet pertinentibus. Tertium - Interrogatur an quolibet anno duplici satisferevit Ecclesiae Praecepto, quo Paschali tempore Exhomologesim peragere et ad sacram Synaxim accedere jubemur. Nunc alias infra annum ad eadem sacramenta accedat, et quandonam postrema vice id egerit. Quartum - Interrogatur an fuerit cumquam ob aliquid crimen inquisitus, accusatus, vel processatus, quodnam fuerit crimen, coram quo Judice inquisitus, quo tempore an semel vel plures et quoties an secuta absoluta vel condemnatio. Quintum - Interrogatur an aliqua de causa fuerit mequam excomunicatus, aliae censurae ecclesiasticae obnoxius, et quare. Num fuerit insuper absolutes, vel potius eodem censura adhuc ligatus permaneat. Sextum - Interrogatur an fuerit unquam ab aliqua persona instructus voce vel scripto de iis quae deponenda sunt in hoc examine, vel de modo quo se gerere debeat in eo. Si affirmet Testis, dicat a quo, quoties, quomodo, et quo tempore. Septimum - Interrogatur nunc ad testimonium ferendum indictus sit ullius lucri, commodi aut honoris spe, aut damni metu vel quovis alio fine temporali, vel potius zelo et gloria Dei. Octavum - Interrogatur an unquam nominari audierit Servum Dei Lucidum ex Ordine S. Benedicti, et qautemus affirmative dicat a quo, qua occasione, quo tempore, ad quem finem. Interrogatur etiam an peculiari devotione illum persequatur, et qua de causa, num desiderat ejus beatificationem, cur, et qua ratione. Quonia Testis referat adjuncta omnia quae necessaria et opportuna videantur. Nonum - Interrogatur nunc sciat vel dici audieverit ubi et quando servus Dei objerit, et quo loco fuerit tumulatus. An sanctitatis opinione floruerit, et qua de causa. Nunc ejus Exuviae semper jamerint in sepulcro ubi post obitum humatae sunt, vel alio translatae sint. Si affirmet Testis edisserat quando id factum sit et qua de causa an accesserit venia ordinarii, an locus ubi Exuviae repositae publicam nec ne venerationem pertendat, an Testis eas unquam sit veneratus analii etiam accesserint, afferendo in omnibus singula adjuncta, et scientiae causam. Decimum - Interrogatur nunc sint aut dici audiverit an Aquariae Populis devotionem enutriat erga Dei famulam. Si affirmet Testis referat quando etquomodo veneratio haec inceperit, an unquam interrupta sit, an perseverat adhuc. Decet quoquean alibi etiam memoriam Servi Dei honoratur, ubi, et quomodo, afferendo in omnibus singula adjuncta nequenon scientiae causam. Undecimum - Interrogatur num sciat aut dici audiverit quod altaria et Cappellae Servo Dei fuerint dictae, ubi quando, quomodo. Si affirmat, dicat an accesserit venia Ordinarii, vel saltem consensus praesumptus, referat quoque an altaria haec et Cappellae adhuc existant, an sacrum ibidem celebratur in honorem Sevi Dei, an piae praxes aguntur ad colendum ejus memoriam. In omnibus autem afferat singula adjuncta,et causam scientiae. Duodecimum - Interrogatur num sciat vel dici audiverit an aliquando fuerint imagines, statuae etc. Servi Dei pictae vel sculptae aut aliter formatae. Si affirmativae respondeat, dicat an antiquani
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redoleant aetatem, et quam, an radios circa Caput vel splendores habeant, aliave sanctitatis indica an in loco sacro asserventur, ubi et quomodo, afferatque in omnibus singula adjuncta, neque non scientiae causam. Decimumtertium - Interrogatur num sciat vel dici audiverit an in loco ubi jacent Servi Dei Exuviae vel alibi appensae fuerint sabellae votivae, donaria, etc., an adhuc ibidem retineantur. Si affirmet Testis, dicat ubi, quando, quomodo id evenerit, an adhuc fidelis ejusdem donaria offerant, exponatque in omnibus singula adjuncta, et scientiae causam. Decimumquartum - Interrogatur num sciat vel dici audiverit an Sancti, vel Beati titulo Servus Dei fuerit cohonestatus, si affirmet Testis, dicat an haec nuncupatio statim ab ejus pretioso obitu inceperit nec ne, an adhuc perseverat, ubi, et quomodo, dicat etiam an quisquam eidem appellationi contradixerit, an ecclesiastica Auctoritas titulo Sancti, vel Beati unquam Servum Dei honoraverit, offeratque in omnibus adjuncta singula et scientiae causam. Decimumquintum - Interrogatur num sciat vel dici audiverit an historiae vel libri editi fuerint quoad Servi Dei virtutis et miracula. Si affermative respondeat, exponat an ab Ordinario eredem, veli idem approbati fuerint, an eos unquam vederit vel legerit, quod si Testis affirmat, dicat quid contineant, afferendo in omnibus singula adjuncta, et scientiae causam. Et haec omnia cum facultate addendi alia interrogatoria, vel proposita danundi mutandi pro re nata, sicut melius expedere in Domino videbitur. Dianen die XVI Decembris 1875 Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis - Ita est Aloysius de Sarli Notarius in Actuariam deputatus.
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Sessio IX In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die vero nona Novembris, hora II post ortum solis, Pontificatus autem SS.mi in Christo Patris, et D.ni N.ri divina providentia Pii Papae IX anno XXX. Coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo Dianen, Judice Ordinario in praesente Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, pro tribunale sedentein Sacello sui Ep.lis Palatii, praesentibus R. D. Michaele Marmo Promotore Fiscali, testibusque infrascriptis, meque Notario Actuario pariter infrascripto comparuit Reverendus Sacerdos Dominus Franciscus Sanseverino, et exposuit se absolvisse exemplum sive transumptum Processus ideoque illud una cum Actis originalibus reportavit, et mihi Notario Actuario consignavit, declarans se in illo faciendo omnem possibilem diligentiam adhibuisse, et ita etc. omni etc. Illico, et incontinente coram Ill.mo et Rev.mo Dominatione sua comparuit R. D. Alexander Gallo Causa Postulator,et in termino monitionis de mandato ipsius Dominationis suae Ill.mo et Rev.mo oretenus factae, reverenter petiit inchoari collationem, et successive continuari et absolvi, et actum et decretum aliud quodcumque desuper fieri necessarium et opportunum, et interponi in forma omni etc. Ex adverso R. D. Promotor Fiscalis dixit, nihil fieri, nisi ipso praesente, et nisi servatis servandis ad formam protestationum alios ab ipso facturum, secus de nullitate etc. sedet omni etc. Ex hunc praefatus Ill.mus et Rev.mus D.nus Epi.us mandavit statim inchoari collationem et auscultationem praedicti transumpti, prout statim Ego Notarius Actuarius, et alter Notarius in adjunctum Deputatus ipsam collationem inchoavimus, legente me Notario Actuario alta et intelligibile voce exemplar, seu transumptum per scribam factum, et praedicto D.no Notario adjuncta Acta originalia sub oculis habente. Dicta autem collatio et auscultatio facta a folio primo usque ad folium trigesimum quartum, attenta tarditate horae, de mandato Dominationis suae suspensa et intermissa est. Ipsa autem Dominatio sua destinavit diem sequentem horam secundam post ortum solis ad eam reassumendam et proseguendam ad quem effectum monuit dictos R. D. Promotorem Fiscalem, et Rev.um D. Cajetanum Finamore Notarium adjunctum ut compareant in hoc eodem loco dictis die et hora, et intersint continuationi et prosequutioni dictae collationis, et auscultationis. Deireum decrevit ut tam sessionis hujus quam subsequentium acta usque ad esitum in exemplo seu intransumpto exscribantur, quo horum etiam actorum sensim cum actibus originalibus collatio fiat. Postea injuncto mihi Notario Actuario ut de omnibus gestis in praesente sessione publicum Instrumentum conficiam in forma, se subscripsit ut sequitur. Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis - Vincentius Finamore Testis vocatus Raphael Sansevero testis vocatus - Super quibus omnibus et singulis sicut supra gestis. Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus qui de premissis me rogavi, hoc praesens publicum Instrumentum de mandato ejusdem Ill.mi et Rev.mi Domini confeci et publicavi in forma. Ideo in fidem subscripsi, mecumque solitum Notariatus signum apposuire quisitus. Actum Dianen die, mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra praesentibus R. D. Vincentio
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Finamore, et Raphaele Sansevero testibus vocatis, atque rogatis. Ita est. Alojsius de Sarli Actuarius deputatus C. Finamore Adjunctus Adest Notariatus Signum Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. De mandato Ill.mi et Rev.mi D.ni D. Dominici Fanelli Episcopi Dianen, Iudicis ordinarii in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, citetur R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis ad comparendum coram Dominatione sua Ill.ma et Rev.ma in aula suae Audientiae die nona mensis Novembris hora secunda post ortum solis ad interessendum, collatione et auscultatione exempli seu transumpti Processus a scriba deputato absoluti, et alios videndum fieri necessaria et opportuna, et decretum quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri, et interponi in formam ad dictam diem, et horam. Instante R. D. Alexander Gallo Postulatore constitutoab eodem Ill.mum et Rev.mum Episcopo. Ego infrascriptus Cursor etc. refero ac testor sub hoc die septima mensis Novembris personaliter citasse R. D. Michaelem Marmo Promotorem Fiscalem ad contenta in praesente citatione, cujus copiam, ostenso prius originali, in ejus manibus reliquiet ita refero, ac testor hac die septima hujus mensis Novembris. Ego Angelus Raphael Covino Cursor deputatus manu propria - Ita est. Alojsius de Sarli Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus - Adest Notariatus Signum.
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Sessio X In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die vero X hujus mensis Novembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem Servum in Christo Patris et D.ni N.ri divina Providentia Pii Papae IX anno trigesimo XXX. Coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Ep.o Dianen, ac Judice ordinario in praesenti causa, pro tribunale sedentein sua Aula Episcopali loco et loco loci pro audientis et Actis publicis eiusdem praesentis Causae et Processus specialiter destinato, presentibus R. D. Promotore Fiscali, testibus infrascriptis specialiter vocatis, et Notario in adjunctum deputato, meque Notario Actuario pariter infrascripto. Comparuit R. D. Alexander Gallo Causae Postulator, et in termino monitionis in praeterita sessione factae institit et petit, quod reassumatur, et continuetur collatio et auscultatio Processus et Decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri et interponi in forma omni etc. Ex adverso R. D. Promotor Fiscalis Michael Marmo dixit nihil fieri nisi ipso praesente, et nisi servatis de jure servandis ad formam protestationum alios ab ipso factorum, secus de nullitate etc. non solum etc. sed et omni etc. Ex hunc antedictus R.mus Dom.us Ep.us mandavit riassumit et continuari collationum et auscultationem praefatam, prout statim Ego Notarius Actuarius, et R. D. Cajetanus Finamore alter Notarius in adjunctum deputatus praedictam collationem et auscultationem prosequute sumus a folio trigesimo quarto, ubi fuerit intermissa, usque ad folium septuagesimum secundum. Dicta autem collatio et auscultatio facta a folio trigesimo quarto usque ad folium septuagesimum secundum, attenta tarditate horae de mandato Dominationis suae Ill.mae et Rev.mae suspensa et intermissa est. Ipsa autem Dominatio sua destinavit diem XV hujus mensis Novembris horam secundam post ortum solis pro ea reassumenda et prosequunda ad quem effectum monuit dictos R. D. Promotorem Fiscalem, et Notarium in adjunctum, ut compareant in hoc eodem loco dictis die et hora, et intersint continuationi et prosequutioni dictae collationis et auscultationis, et postea injuncto mihi Notario Actuario ut de omnibus gestis in praesenti sessione publicum Instrumentum conficiam in forma, se subscripsit. Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis - Cajetanus Finamore Noatrius adjunctus - Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Super quibus omnibus et singulis sicut supra gestis. Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter deputatus, qui de praemissis me rogavi, hoc praesens publicum Instrumentum de mandato Ill.mi et Rev.mi D.ni Ep.i Judicis confeci et publicavi in forma. Ideo in finem me subscripsi, meumque solitum Notariatus signum apposui requisitus. Actum Diani die, mense, anno, Pontificatus, et loco quibus supra, praesentibus R. D. Vincentio Finamore, et Raphaele Sansevero Testibus ad praemissa specialiter habitis vocatis atque rogatis. Ita est Alojsius de Sarli Notarius publicus et actuarius specialiter deputatus - Adest Notariatus Signum.
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Sessio XI In Dei Nomine Amen Anno a salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die vero decimo quinta hujus mensis Novembris, hora secunda post ortum solis, Pontificatus autem Servum in Christo Patris et D.ni N.ri divina providentia Pii Papae Noni feliciter regnantisanno XXX. Coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli hujus sacellae Ecclesiae Dianen Ep.o Judice ordinario pro tribunali sedente in aula sui Ep.lis Palatii loco et loco loci pro audientiis et actis publicis praesentis causae et Processus specialiter destinato, praesentibus R. D. Promotore Fiscali, Testibus infrascriptis specialiter vocatis et Notario adjunctum deputato, meque Notario Actuario pariter infrascripto. Comparuit R. D. Alexander Gallo Causae Postulator, et in termino monitionis in praeterita sessione factae institit et petiit, quod reassumatur et continuetur collatio et auscultatio Processus, et Decretum aliud quodcumque desuper necessarium et opportunum fieri et interponi in forma omni etc. Ex adverso R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis dixit nihil fieri nisi ipso praesente, et nisi servatis de jure servandis ad formam protestationum alios ab ipso factorum, secus de nullitate etc. non solum etc. sed et omni etc. Ex tunc Ill.mus et Rev.musDom.us Ep.us mandavit reassumi, et continuari collationum et auscultationem praefatam, prout statim Ego Notarius Actuarius, et R. D. Cajetanus Finamore Notarius in adjunctum deputatus praedictam collationum et auscultationem prosequiti sumus a folio septuagesimo secundo, ubi fuerit intermissa, usque ad folium LXXVII septuagesimum septimum qui est ultimus et postremus totius exemplaris, atque emendatis et approbatis omnibus calami erroribus, qui inventi fuerunt, expleta fuit collatio. Absoluta praedicta collatione et auscultatione integri exempli seu transeunpti cum actis originalibus, Illl.mus et Rev.mus D.nus Ep.us mandavit ut acta quoque praesentis sessionis hunc usque gesta transcribantur in dicto exemplare, seu transumpto prout exequatur fuit. Collatis autem per me Notarium actuarium, et per Notarium adjunctum etiam hujusce sessionis actis in exemplari seu transumpto transcriptis cum actis originalibus successive demandavit mihi ipsi et alteri Notario in adjunctum deputato, ut per Nos fiat publica attestatio de collatione et auscultatione rite ac recte a principio ad finem peracta, nostro respective charactere fermata, signisque nostri Notariatus munita, quo constet revera in omni parte exemplum seu transumptum cum actis originalibus concordare, et ab iisdem nullo prorsus modo discrepare. Cum autem id consonum sit veritati, ideo promptos paratosque nos exhibuimus ad petitam attestationem faciendam, prout revera facimus ut sequitur. Fidem facimus atque testamur Nos Notarii publici Ecclesiastici infrascripti fuisse per Nos coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo Dianen, Iudice Ordinario ad construendum ordinaria auctoritate in Civitate Dianen Processum super Cultu ab immemorabili tempore prestito servo Dei Lucido ex Ordine S. Benedicti, sancto nuncupato, praesente, et bene intelligente R. D. Promotore Fiscali integre collationem et auscultationem peractam exempli seu
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transumpti antedicti Processus cum actis originalibus a principio usque ad finem. Idcirco fidem facimus, et verbo veritatis testamur, praefatum exemplum seu transumptum, bene per Nos collatumet auscultatum, additis verbis ac litteris per errorem praetermissis aliisque vero per errorem appositis deletis, et per Nos Notarium adjunctum et actuarium a probatis singillatim omnibus corretionisbus atque lituris quas in collatione explenda offendimus, in omnibus et per omnia concordare cum actis originalibus a principio usque ad finem, solvo semper etc. In quorum fidem etc. hic nos subscripsimus nostrique tabellionatus signa apposuimus. Datum Diani die decima quinta mensis Novembris anno 1876 Indictione Romana IV - Ita est Cajetanus Finamore Notarius adjunctus -Adest Notariatus Signum - Ita est Alojsius de Sarli in Notarium Actuarium deputatus - Adest Notariatus Signum. Quibus expletis Ill.mus et Rev.mus D.nus Ep.us ad instantiam R. D. Alexander Gallo Causae Postulatoris sequens Decretum pronunciavit. Ex tum idem Ill.mus et Rev.mus D.nus D. Dominicus Fanelli Episcopus et Iudex ordinarius pro Tribunali sedens, declaravit et declarat auscultationem et collationem exempli seu transumpti supradicti Processus hic Dianen confecti Auctoritate sua ordinaria super Cultu ab immemorabili tempore praestito servo Dei Lucido ex Ordine S. Bendicti, Sancto nuncupato, cum interventu ac praesentia R. D.ni Michaelis Marmo Promotoris Fiscalis, per me Alojsium de Sarli publicum Notarium in Actuarium deputatum, et per R. D. Cajetanum Finamore pariter auctoritate rogatum Notarium, et pro hac collatione explenda specialiter electum, diebus et horis intimatis fuisse et esse rite, recte, calide et legitime peractam, transumptumque seu exemplum una cum nonnullis apostillis marginalibus et lituris per Nos Notarium Actuarium, et adjunctum approbatis, in omnibus et per omnia cum suo proprio originali concordare, salvo sempreche, eidemque exemplo seu transumpto praefati processus adhibendam fore et esse plenam, et in dubiam fidem. Super quibus omnibus et singulis praemissis praefatus Ill.mus et Rev.mus Do.nus Ep.us suum interponendum fore, et esse Decretum dixit, prout solemniter interposuit et interponit, supplendo et sanando omnes et singulos tam juris, quam facti defectus, si qui forsan in praedictis intervenerint, aut intervenire quodquomodo potuerint. Subinde idem Ill.mus et Rev.mus Dom.us Episcopus mandavit mihi Notario Actuario, et reliqua acta praesentis sessionis registrantur, et transcribantur in eodem exemplo seu transumpto, atque ut eodem transcriptione peracta, tam autographum quam exemplar praedicti Processus exhiberem ipsi Ill.mo ac Rev.mo D.no Episcopo in sessione habenda coram eadem Dominatione sua Ill.ma et Rev.ma, die, hora, et loco legitione intimandis, praesente R. D. Promotore Fiscali, qui citandus est addicendum et apponendum quidquid vult et potest contra dictum Processum ac illius exemplar, antequam utrumque subscribatur ab eodem Ill.mo ac Rev.mo D.no Episcopo, et exemplar idem clausam et sigillis absignatum ad S. R. Congregationem transmittatur. Quocirca mihi Notario pariter commisit ut hac de re citationem contra dictum Promotorem Fiscalem juxta stylum extendam, Cursorique deputato exequendam tradam, quo ipsa loco, die, et hora legitima indicendis intersit, prout me facturum promisi. Demum in fidem omnium praemissorum, antedictus Ill.mus et Rev. mus D.nus Ep.us cum R. D. Promotore Fiscali, meque Notario Actuario, ac Notario adjuncto et testibus ad praedicta vocatis se subscripsit ut infra.
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Dominicus Episcopus Dianensis - Michael Can.us Decanus Marmo Promotor Fiscalis - Alojsius de Sarli Notarius Actuarius - Cajetanus Finamore Notarius adjunctus. Super quibus omnibus et singulis tamquam rate recte et calide gestis rogatus fui ut hoc publicum Instrumentum conficiam, prout confeci, de mandato etc. Actum Diani die decima quinta m. Novembris anno millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, hora 6a post ortum solis, praesentibus Testibus infrascriptis ad praemissa vocatis habitis, atque rogatis. Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus - Ita est de Sarli Notarius Actuarius - Alojsius de Sarli Notarius Actuarius - Adest Notariatus Signum.
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Sessio XII In Dei Nomine Amen Anno a Salutifera D. N. Jesu Christi Nativitate millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV die decima octava hujus Mensis Novembris, Pontificatus autem SS.mi D.ni N.ri divina Providentia Pii Papae IX anno XXX, hora secunda post ortum solis, legitime intimatis. In causa Dianensi Servi Dei Lucidi ex Ordine S. Benedicti. Coram Ill.mo et Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Ep.o Dianen, Iudice ad construendum Auctoritate ordinaria in hac civitate Dianen Processum super Cultu ab immemoriali tempore praestito servo Dei Lucido ex Ordime S. Benedicti, Sancto nuncupato, sedente pro Tribunali in Aula audientiae sui Episcopalis Palatii, loco et loco loci pro hac sessione ab eodem Rev.mo Ep.o destinato, praesente R. D. Michaele Marmo Promotore Fiscali, meque Notario ac testibus infrascriptis, comparuit Angelus Raphael Covino Cursor deputatus, qui reproduxit citationem per ipsum sub die decima quinta hujus mensis Novembris, personaliter executam contra R. D. Promotorem Fiscalem, prout ex illius relatione facta in calce ejusdem citationis, quam mihi Notario originaliter tradidit, et hic alligatur tenoris seguentis. Ill.mo ac Rev.mo Domino Episcopo Judice - Beatificationis Servi Dei Lucidi ex Ordine S. Benedicti - Citetur R. D. Michael Marmo Promotor Fiscalis ad componendum Die decima octava hujus Mensis Novembris, hora secunda post ortum solis coram eodem Rev.mo Episcopo Judice in praefata causa, et dicendum, deducendum, et opponendum quidquid coluerit, ac possit contra Processum in hac Civitate, ordinaria Auctoritate constructum super Beatificatione praefati Servi Dei, et contra illius authenticum exemplar sive transumptum, Ill.mi et Rev.mi Domini Ep.i legalitate muniendum, neque non contra clutionem Portitoris per ipsium Episcopum nominandi, cui exemplar idem tradatur adhuc ut ipsum Romam transferat, ac demum super praemissis Decretum quodcumque necessarium et opportunum fieri et interponi ad dictos dierm et horam. Instante R. D. Alexandro Gallo Postulatore, sive etc. Alojsius de Sarli Notarius Actuarius feci personaliter contra dictum R. D. Promotorem Fiscalem. Qua citatione ut supra reproducta. Ego Notarius Actuarius, ut in mandatis habueram ab Ill.mo et Rev.mo Episcopo, tam acta originalia, quam exemplar seu transumptum Processus ab eodem constructi exibui. Quibus acceptis Dominatio sua Ill.ma ac Rev.ma interrogavit R. D. Promotorem Fiscalem, ut si quid contra utrumque vel alterutrum objciendum esset, aperiret. Cum igitur idem R. D. Promotor Fiscalis nihil objecerit, nisi generalia contra idem Ill.mus et Rev.mus Ep.us, viso decreto, omnibusque aliis a Dominatione sua Ill.ma ac Rev.ma visis et apprime expensis tam authographum Processum, quam ejus exemplar, seu transumptum, integrum et authenticum declaravit. Post haec coram eadem Dominatione sua Ill.ma et Rev.ma comparuit R. D. Alexander Gallo Causae Postulator, et reverenter petiit et institit, non posse deputari Partitorum, qui praefati Processus transumptum ad S. R. Congregationem deferat, abstantibus non levibus periculis sive processus sive Portiteris in hisce temporum circumstantiis sed expedire potius ipsum transumptum licterarum diribitorio fidere (vulgo raccomandarsi alla Posta) viro probo et honesto directum. Ex adverso R. D. Promotor Fiscalis dixit generalia verba, et protestatus fuit de hoc modo
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transmittendi, tamquam S. R. C. Decretis, aliisque de Jure servandis oppositum alios etc. Ex tum Ill.mus et Rev.mus Dominus Episcopus Judex, sedulo perpensis et circumstantiis et pericoli a R. D. Postulatore relatis, et revera existentibus, ad effectum deferendi Romam eundem transumptum Processus, de quo agitur, bene visum existimavit, et declaravit, non obligare in hoc casu dispositiones et Decreta Sc.ae R. Congregationis et prudentius ac convenientius decrevit, sicut decretet, transumptum ipsum licterarum Diribitorio fidere, vero digno, et intelligenti, peculiari et appositio officio rogato, Romam directum. Et interim commisit mihi Notario Actuario et hoc officium extendam in personam Ill.mi D.ni D. Francisci Marsilli,qui S. R. C. una cum plico aliarum licterarum, ut sequitur, exhibeat ad formam deputationis Dominationis suae Ill.mae et Rev.mae et tenorem hujus officii post praesentem sessionem inserere. Mandavit quoque mihi Notario Actuario, ut de omnibus gestis in praesenti sessione publicum instrumentum conficiam in forma, prout me facturum promisi. Quo circa injunxit, ut postquam dictum transumptum in omnibus et per omnia completum, et tam hoc, quam authographum seu originale ab eodem Ill.mo et Rev.mo D.no Ep.o Judice subscriptum, proprioque suo sigillo munitum fuerit, per me Notarium Actuarium fiat recognitio dictae subscriptionis et sigilli. Mandavit item, ut apposita ad calcem legalitate Ill.mi et Rev.mi Ep.i super mei Notarii subscriptione, et sigillo ipsius firmata, atque eodem transumpto clauso, et sigillo tantum ipsius Rev.mi Episcopi a parte exteriori munito, eidem transumpto per me Notarium actuarium apponatur subscriptio cum debita legalitate. Iniunxit quoque mihi Notario actuario ut transumptum hoc una cum sopradictis plicis litterarum tradam et affidem publico litteram Diribitorio (vulgo francarlo ed assicurarlo alla Posta) et de hac traditione conficiam separatum Instrumentum publicum in forma. Hujus modi autem instrumenti publici tenorem jussit et iubet registrare in originali Processu in fine praesentis sessionis, ac denique Processum ipsum seu acta originalia penes ipsam Dominationem suam Rev.am remanere ad effectum ea adsportandi in Archivium hujus Curiae Episcopalis, ibique ad perpetuam rei memoriam osservandi et custodiendi. Demum antequam se subscriberit mandavit, ut acta quoque omnia praesentis sessionis transcriberentur in exemplari, seu transumpto, quod illico factum est. Qua peracta trascriptione, jussit ut quae usque ad praesens, post collationem factam a me cum Notario adjuncto, ex originali in transumpto, seu exemplari transcripta sunt, accurate conferrentur. Quod cum sedulo gestum esset, tum Ill.mus et Rev.mus Ep.us Judex cum dicto Promotore Fiscali ac Testibus rogatis, tam in originali, quam in transumpto sese subscripserunt ut sequitur. Dominicus Episcopus Dianen - Michael Marmo Promotor Fiscalis - Vincentius Finamore Testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus. Super quibus omnibus et singulis sicut super gestis. Ego Notarius publicus et Actuarius specialiter Deputatus, qui de praemissis me rogavi, hoc praesens Instrumentum de mandato etc. confeci in forma. Ideo in fidem. Actum Diani anno, mense, die, hora at Pontificatus quibus supra praesentibus supra dictis Testibus ad praemissa specialiter vocatis, atque rogatis. Ita est. Alojsius de Sarli Notarius Actuarius Deputatus. Subscriptiones tam Ill.mi et Rev.mi D.ni Episcopi, quam D.i Michaelis Marmo Promotoris
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Fiscalis, nec non Testium vocatorum esse manu propria appositas, fateor Ego Alojsius de Sarli publicus Notarius. Fateor pariter sigillum ab Ill.mo et Rev.mo Episcopo penes subscriptionem appositum idem esse, de quo ordinaria utitur, grypho arborem ascendente, nec non stellis binis, ac cruce, in summitate, et episcopali galaro in apice ornatum. Signum autem a Promotore Fiscali inibi pariter appositum est de quo ipsa utitur, circuli forma, et litteris initialibus tam sui nominis et cognominis, quam Officii inmedio scuti decoratum. Diani die 18 mensis Novembris 1876 - Alojsius de Sarli Notarius publicus in Actuarium deputatus. Nos Dominicus Fanelli Episcopus hujus Sanctae Ecclesiae Dianen fidem facimus atque testamur, Rev. D. Alojsium de Sarli esse publicum Notarium ecclesiasticum, et omnem merari fidem. Diani die 18 mensis Novembris 1876 - Dominicus Episcopus Dianen.
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A Sua Santità Leone Papa XIII ed Agli Eminentissimi Cardinali componenti la Sacra Congregazione dei Riti in Roma I Sottoscritti Principali Cittadini del Comune di Aquara, in Provincia di Salerno, Diocesi di Diano, umilmente espongono, che essendo questo suddetto Comune povero, a titolo di Carità dimandano alla Santità Vostra ed agli Eminentissimi Cardinali componenti la Sagra Congregazione dei Riti, la convenevole approvazione degli Ufficii e Messe del Patrocinio e Translazione del nostro Protettore e Concittadino S. Lucido da celebrarsi il primo nel dì 8 gennaio di ciascun anno, e la seconda nel dì 28 luglio, essendosi di già dalla Santità Vostra con Decreto del dì 8 gennaio 1880, confermato e ritenuto per rato e fermo il Culto immemorabile allo stesso esibito... Tanto sperano, e l’avranno per grazia specialissima. Prostrati avanti l’Augusto Trono della Santità Vostra, Le baciano divotamente il sacro piede, ed agli Eminentissimi Cardinali il Sacro Anello... Aquara 22 giugno 1886 Antonio Andreola Guardia fores. Provinciale - Vincenzo Marino - Lucido Pecori - Angelo Ant. Serrelli - Alfonso Martino - Berardino Andreola - Giovanni Sorgente - Giovanni Gagliardi Lucido Palamone - Giuseppe Ametrano - Luigi Durante - Rinaldo Capozzoli - Giuseppe Peduto - G. De Sero - Dottor Pasquale Valente - Mariano Serrelli - Ambrogio Consolmagno - Leonardo Serrelli - Domenico Marino Leoni XIII Pontifici Maximo Beatissime Pater Vincentius Addessi, Dianensis Episcopus, ad pedes Sanctitatis Vestrae provolutus, humillime, ac instantissime rogati ut concedere dignetur Clero, et populo fideli communitatis Aquariae, in hac Dioecesi, Officium proprium et Missam in honorem S. Lucidi Civis et Patroni eiusdem loci, pro die VIII M.s Iuanuarii, in qua recurrit eius Patrocinii Festum, et die XXVIII M.s Iulii, in qua quyotannis Translatio recolitur. Ab re non erit, si Sanctitas Vestra, quae Mense Ianuario a. 1880 recognovit confirmavitque Cultum Ei ab immemorabili praestitum, ad augendum religionis fervorem, et ad pietatem erga S. Civem Patronum fovendam, benigne gratiam Oratoribus indulgeat. Minimus tandem Episcoporum, deosculatis Sanctitatis Vestrae pedibus, Apostolicam Benedictionem pro se, Capitulo, et sua Dioecesi enixe expetit. Datum Diani die XIII m. Iulii a. MDCCCLXXXVI +Vincentius Episcopus Dianensis
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A Sua Santità Leone Papa XIII ed Agli Eminentissimi Cardinali Componenti la Sagra Congregazione dei Riti in Roma Beatissimo Padre ed Eminentissimi Cardinali I sottoscritti Parroco e Clero della Parrocchial Chiesa di San Nicola di Bari del Comune di Aquara, in Provincia di Salerno, Diocesi di Diano, umilmente dimandano alla Santità Vostra ed agli Eminentissimi Cardinali componenti la Congregazione dei Riti, la grazia come appresso: Gli Eminentissimi e Rev.mi Padri proposti nella Sagra Congregazione dei Riti, dopo accurato esame, ascoltato la voce e scritto del R.P.D. Lorenzo Salvati Promotore della S. Fede, unanimamente con Rescritto del dì 18 Dicembre 1879 sanzionarono cioè: “Constare de Cultu immemorabili praestito Servo Dei Lucido Beato e Sancto nuncupato, seu de casu excepto a Decreto Urbani Papae VIII”. Siffatto Rescritto presentato dal Segretario di detta Congregazione alla Santità Sua, con Decreto del dì 8 gennaio 1880, lo confirmò, ritenendo per rato e fermo il Culto immemorabile. Ciò premesso divotamente, ed a titolo di carità, supplicano e pregano la Santità Vostra, non che gli Eminentissimi Cardinali, e precise Parrochi che di Lucido ne portano il nome, volergli loro concedere la debita approvazione degli Uficii e Messe del Patrocinio e Translazione delle reliquie del nostro Protettore e Concittadino San Lucido, da celebrarsi il primo nel dì 8 gennaio di ciascun anno, e la seconda nel dì 28 luglio; atteso che vi sono d’approvarsi tre Inni sacri pei Vesperi, Mattutino, e Laudes, con le rispettive leggende ed orazioni, così, dietro maturo esame, pregano volergli tutto ciò accordare, per solo favore e grazia specialissima. Prostrati appo l’augusto Trono della Santità Vostra le baciano il sagro Piede, ed agli eminentissimi Cardinali il lembo della sagra Porpora, non che la mano col sagro Anello. Aquara 12 giugno 1886 Il Parroco - Mariano Serrelli I Sacerdoti - Ferdinando Cantor Martino - Lucido Sacerdote Martino Visto - Il Pro Vicario Generale di Diano - Angelan.io Arcipr. Marchesano
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PROVINCIA DI SALERNO Circondario di Campagna MUNICIPIO DI AQUARA A sua Santità Leone Papa XIII ed Agli Eminentissimi Cardinali Componenti la Sacra Congregazione dei Riti in Roma Beatissimo Padre, Eminentissimi Cardinali, I sottoscritti Sindaco, e Consiglieri Municipali del Comune di Aquara, in Provincia di Salerno, Diocesi di Teggiano, umilmente domandano, a titolo di carità alla Santità Vostra, ed agli eminentissimi Cardinali componenti la Sacra Congregazione dei Riti la debita approvazione degli uffici e delle messe del Patrocinio e Translazione delle Reliquie nel nostro Protettore San Lucido, da celebrarsi il primo nel dì 8 gennaio di ciscun anno, e la seconda nel dì 28 luglio; essendosi di già dalla Santità Vostra con Decreto del dì 8 Gennaio confirmato, e ritenuto per rato e fermo il Culto immemorabile, che si è sempre esibito. Tanto sperano, e l’avranno a grazia specialissima. Prostrati appo l’augusto Trono della Santità Vostra le baciano il piede, ed agli eminentissimi Cardinali il Sacro Anello. Aquara li 23 Giugno 1886 Il Sindaco - Davide Andreola I Consiglieri - Lucido Capozzoli - Vincenzo Serrelli - Lucido Palamone - Ferdinando Martino - Vincenzo Andreola - Giuseppe De Sevo - Giuseppe Capozzoli Daniele Guadagno - Domenico Marino - Giuseppe Manzione - Lucido Martino Visto - Il Parroco - Mariano Serrelli Visto - Il Pro Vicario Generale di Diano - Angelant.io Arcipr. Marchesano
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Carte relative al culto del beato Lucido Presentato il 25 agosto 1876 SACRAE RITUM CONGREGATIONI Plicus Litterarum Ill.mi et Rev.mi Episcopi D. Dominici Fanelli Iudicis ordinarii, et Rev.mi Promotoris Fiscalis, neque non Instrumenti traditionis eorundem litterarum, et clausurae et traditionis transumpti Processus auctoritate ordinaria in Civitate Dianensi constructi, in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, Terrae Aquariae, ex Ordine S. Benedicti. Romam - Ita est Alojsius Canc.us de Sarli Notarius publicus in Actuarium deputatus SACRORUM RITUUM CONGREGATIONI Subscriptus Episcopus Dioecesis Dianen, in transmittendo Sacrae Ritum Congregationi Processum super immemoriali Cultu ecclesiastico, Servo Dei Lucido, ex Ordine S. Benedicti, exhibito, testatur rite ac diligenter confectum fuisse, nihil omnino fuisse in eo conficiendo omissum et ad ancussim omnia, quae requiruntur a Decretis tum Romanorum Pontificum, tum Sacrorum Rituum Congregationis, expleta fuisse. Hinc a subscripto petitur, ut Venerabilis Rituum Congregatio dignetur supradictum Processum benigne excipere, et ad Dei gloriam, et ad majorem Ecclesiae decorem et exaltationem Servus Dei Lucidus in Sanctorum catalogo inscribatur. Datum Diani die 21 Novembris 1876 Humillimus famulus - Dominicus Episcopus Dianen SACRORUM RITUUM CONGREGATIONI Promotor Fiscalis subscriptus, in conficiendo Processu super Cultu immemorabili Servo Dei Lucido, ex Ordine S. Benedicti, praestito, testatur nihil omnino omissum ex omnibus, quae ex decretis Ecclesiae Romanae, sive summorum Pontificum, sive S. Rituum Congregationis ordinata sunt, quin imo omnia diligenter, rite, ac legatione expleta fuisse. Pariterque enixe precatur S. Rituum Congretionem, ut quam citius pro Dei gloria, et Ecclesiae decore, Servus Dei Lucidus inter Sanctos referatur. Datum Diani die 21 Novembris 1876 Michael Marmo Promotor Fiscalis. In Dei nomine Amen Cunctos ubique pateat et notum sit, quod anno a Nativitate Domini nostri Jesu Christi millesimo octingentesimo septuagesimo sexto, Indictione Romana IV, die vigesima secunda mensis Novembris, Pontificatus autem SS.mi D.ni N.ri Pii Papae Noni anno trigesimo XXX. Coram Ill.mo ac Rev.mo D.no D. Dominico Fanelli Episcopo hujus S. Ecclesiae Dianen, ac Iudice ordinario in causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, Terrae Aquariae, pro Tribunali sedente in aula audientiae ipsius Ill.mi et Rev.mi Domini, praesente R. D. Michaele Marmo Promotore Fiscali, et Testibus infrascriptis, Ego Notarius Actuarius, de mandato Dominationis suae Ill.
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mae et Rev.mae, clausi et obseravi Processum auctoritate ordinaria in hoc Civitate Dianen constructum super immemoriali Cultu praedicto Servo Dei exhibito, eique ab extra apposui sequentem suprascriptionem, et ita clausum, obseratum, inscriptum, et obsignatum pluribus in locis sigillo Ill.mi et Rev.mi Episcopi D. Dominici Fanelli ad hoc mihi tradito, unacum litteris ipsius Dominationis suae, neque non D.ni Promotoris Fiscalis in alio plico praesentis Instrumenti inclusis, tradidi litterarum Diribitorio (vulgo l’ho affrancato ed assicurato alla Posta) manibus mei Notarii Actuarii infrascripti, ut Romam secure ac tutior perveniant in manus Rev.mi D.ni D. Francisci Morsilli, cui per ipsam reudam postalem appositum officium praefati Ill.mi et Rev.mi D.ni Episcopi Iudicis perveniat in forma deputationis, cujus tenor registratur prout infra, ut ipse Rev.us Morsilli diligenter et accurata exhibeat Sacrorum Rituum Congregationi, sive ejus R. P. Secretario, aut cui de jure exberi debet. Super quibus omnibus et singulis, de mandato ipsius Ill.mi et Rev.mi Episcopi, hoc praesens Instrumentum confeci in forma, etc. Actum Diani die, mense, et loco quibus supra, praesentibus R. D.no Vincentio Finamore, et Raphaele Sansevero testibus ad praedicta specialiter habitis, atque rogatis Dominicus Episcopus Dianen - Michael Marmo Promotor Fiscalis - Vincentius Finamore testis vocatus - Raphael Sansevero testis vocatus Ita est. Alojsius de Sarli Notarius in Actuarium Deputatus Tenor Officii R.mo D.no Francisco Morsilli directi «Ill.mo ac R.mo D.no D. Francisco Morsilli - Romam - Ill.ma ac R.ma Domine - Cum nobis opus esset Transumptum Processus ordinaria nostra autoritate confecti super immemorabili Cultu Ecclesiastico jam praestito Servo Dei Lucido, Terrae Aquariae, Sancto nuncupato, ex Ordine S. Benedicti, in istam Sanctam Urbem transmittere, una cum alio plico aliorum litterarum, ac instrumenti ejusdem transmissionis, et S. Rituum Congregationi, vel ejus R.mo P. Secretario exhibere, non aliam nisi dignissimam ac benignissimam personam suam ad hoc existimavimus obsecrare et deputare - Quocirca, ob solum zelum gloriae Dei planat ipsi benignitati suae hoc munus suscipere, et studiosa, ac diligenter exercere ad cujus affectum eandem R.mam personam suam specialiter eligimus, et ad formam peculiaris nostrae deputationis nominamus, et declaramus, commandantes ad quos spectat, ut in talem habeant et recognoscant - In quorum fidem hunc appositum officium manu propria subscriptum, et episcopali sigillo signatum, per infrascriptum nostrum publicum Notarium ecclesiasticum in actuarium specialiter deputatum exarari mandavimus - Datum Diani die XXII m. Novembris 1876 - Dominicus Episcopus Dianen - Ita est - Alojsius de Sarli Notarius publicus in actuarium deputatus». Tenor suprascriptionis extra Processum Exemplum sive transumptum publicum et authenticum integri Processus Auctoritate ordinaria in Civitate Dianen constructi ab Ill.mo et Re.mo Episcopo D.no D. Domenico Fanelli in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, Terrae Aquariae, super immemoriali Cultu ad haec usque tempora eidem exhibito, praesentandum et exhibendo eidem S. Congregationi, vel ejus R. P. D.
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Secretario, et non nisi de mandato ejusdem S. R. C. aperiendum - Romam Ita est. Alojsius Can. de Sarli Notarius in actuarium deputatus Nos Dominicus Fanelli Episcopus hujus S. Ecclesiae Dianen fidem facimus atque testamur, R.mum D. Alojsius de Sarli esse publicum Notarium ecclesiasticum, et omnem fidem morari Diani die XXII Novembris 1876 Dominicus Episcopus Dianen. SACRAE RITUUM CONGREGATIONI Exemplum sive transumptum publicum et authenticum integri Processus Auctoritate ordinaria in Civitate Dianen constructi ab Ill.mo et R.mo Episcopo D.no Dominico Fanelli in Causa Beatificationis Servi Dei Lucidi, Terrae Aquariae, super immemoriali Cultu ad haec usque tempora eidem exhibito, praesentandum et exibendum eidem S. Congregationi, vel ejus R. P. D. Secretario, et non nisi de mandato ejusdem S. R. C. aperiendum Ita est - Alojsius Can. de Sarli Notarius in actuarium deputatus Nos Dominicus Fanelli Episcopus hujus S. Ecclesiae Dianen fidem facimus atque testamur R. D. Alojsium de Sarli esse publicum Notarium ecclesiasticum, et omnem fidem morari Diani die XXII Novembris 1876 Dominicus Episcopus Dianen ***
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IL SANTO DEGLI ALBURNI: SAN LUCIDO DI AQUARA ED UN BUSTO RELIQUIARIO DEL XV SECOLO Rosa Carafa 1. Premessa Lo studio qui espresso rileva un precedente contributo della scrivente quale: Artisti regnicoli in provincia di Salerno: annotazioni per una produzione scultorea tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento1, pubblicato nel 2013. Un’indagine che nasce dal recupero di uno sconosciuto busto reliquiario (Fig. 1), il primo contenitore reliquiario realizzato per contenere il cranio dell’abate benedettino Lucido di Aquara vissuto tra il 960 ed il 1038. Il santo morto ad Albaneta, nel Lazio, nell’abbazia benedettina da lui fondata ed in cui lo stesso risiederà fino alla sua morte, è stato successivamente traslato in una data imprecisabile ad Aquara, presso l’abbazia di San Pietro e poi nella chiesa madre di san Nicola2, nel corso del XVII secolo. L’opera recentemente restaurata configura un’inedita scoperta, di indubbio valore nel panorama artistico di Aquara e del territorio di Principato Citra. Nell’affrontare con organicità uno studio sulla figura del santo sono emersi ulteriori elementi di rilievo (Fig. 1) Busto reliquiario di San Lucido sull’aspetto storico-artistico del nostro manufatto e sulle (dopo il restauro), Aquara vicende del cenobio benedettino di San Pietro. 2. Aquara e l’abbazia di San Pietro «[...] (95) Fu la terra di Aquaro secondo la testimonianza di Scipione Mazzella nella Descrizzione di Principato Citeriore, così chiamata dall’abbondanza dell’acqua, che suo territorio perenne sgorga, e in placidi torrenti, e in quaranta cinque pubbliche fontane. Ella è distante dal Fiume Sele e dal Mare quattordeci miglia, edificata su di una aprica, e dilettevole collina, che partecipa più del Settentrione, che coll’aspetto del meriggio, in sito declive, e di perfetto scolo dell’acque né lati. Ha un orizonte così vago ed R. Carafa, Artisti regnicoli in provincia di Salerno: annotazioni per una produzione scultorea tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento, in Cinquantacinque racconti per i dieci anni. Scritti di Storia dell’Arte, a cura del Centro Studi sulla civiltà artistica dell’Italia meridionale “Giovanni Previtali”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013, pp. 65-94. 2 Si veda: Brevi Cenni sulla vita di San Lucido Benedettino, a cura di Pasquale Marino, Salerno 1979, p. 21. 1
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amplo, che dall’occaso si estende al Mar Tirreno, o sia Seno Pestano, colla veduta dell’Isola di Capri, della costiera di Amalfi, della Terra di Eboli, della Real Caccia di persano, e da alcune parti, anche della Città di Salerno (...) Il territorio è diviso in colline, ed è parte declive, e la maggior parte in piano, atto alla semina, e al pascolo degli animali; è vestito (96) di selve, di cerque, di olivi, di viti, ed arbostato. È abbondatissimo di ciriegia, di Pesche, Bricocole, Pera, e Mela d’està e d’inverno, di Prugna, e di Fichi (...) (104) Ciò premesso, essendo stata Aquaro edificata in distanza di un miglio dal Calore, ed essendo certo, che la Via militare dalla Calabria in Capoa per vicino a detto fiume passava, (...) è certo ancora, che partito S.Pietro dalla Palestina per portarsi in Roma a piantarvi la vera Fede, e sbarcato nella Sicilia negli anni 43 del Signore, incaminatosi per la costiera di Calabria giunse in Sorrento, Pozzuolo, e Napoli, ed indi in Roma, è certo dissi, che per Sanpietro Casale di Aquaro per dove la citata via passava, caminar dovette; e perciò piamente credo, ch’essendovi lontano Aquaro un terzo di miglio, si fusse colà portato a predicar a quel Popolo il Santo Evangelo, (...) essendo possuto avvenire, che lo stesso Tempio, dedicato l’avessero allo stesso Principe dell’Apostoli, tanto coll’andar degl’anni, anche il Casale, che col Monistero dè Benedettini si edificò, lo stesso nome di S. Pietro adottò [...]»3. A configurare il territorio di Aquara, nel XVIII secolo, in un riscontro puntuale è la sapienza erudita di Lucido De Stefano, nobiluomo aquarese che nel 1781 realizza un’impresa editoriale di grande rilievo, con l’importante contributo storico “Della/ Valle di Fasanella/nella Lucania/Discorsi del Dottor/Lucido Di Stefano/della Terra di Aquaro/ nella stessa Lucania”, un’opera in tre tomi in cui convergono le maggiori informazioni sull’antico territorio e i centri abitati della Valle del Fasanella; nel secondo volume lo storico dà ampio spazio ad Aquara, al casale di San Pietro ed alle vicende costruttive dell’omonima abbazia. Le notizie relative alla fondazione del complesso abbaziale risalgono con molta probabilità al IX-X secolo4. Essa è, sin dall’inizio, una pertinenza di Montecassino; quindi, si esclude un interessamento della Badia di Cava e di quella di San Benedetto a Salerno, a cui, invece, apparteneva il «Priorato di san Lucido di Magliano». Quest’ultimo ricordato come possedimento del monastero di San Benedetto di Salerno è citato nella Platea del 1544, pubblicata dal Balducci: «[...] la ecclesia ruinata intitulata de Magliano, priorato e grancia de S. benedicto de Salerno (...) sito nella pertinentia de la terra de Magliano, vulgarmente dicto S. lucido, distante da magliano mezzo miglio in circa [...]»5. Dalle informazioni rese note dal Balducci emerge, in modo inequivocabile, come nel tempo si sia diffuso il culto e la memoria del santo di Aquara, anche in aree diversamente collocate sul territorio del Principato Citra. L. Di Stefano, Della Valle di Fasanella nella Lucania. Discorsi del Dottore Lucido Di Stefano della Terra di Aquaro nella stessa Lucania, 1781, voll. 3, Edizioni Arci Postiglione, Salerno 1995, II, pp. 101 e 103. 4 P. C. Caterino, S. Lucido di Aquara - Nella storia e nella leggenda, a cura di Generoso Conforti, Salerno 2000. 5 A. Balducci, L’Abbazia Salernitana di S. Benedetto, in “Rassegna Storica Salernitana”, a. XXIX-XLIII (1968-1983), pp. 3-78, p. 25. 3
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Le prime notizie sul complesso benedettino e l’omonimo Casale risalgono, però, alla fine del Quattrocento e sono scaturite da una Platea, stipulata il 1° maggio del 1498 dal notaio Nicola Comunale de Notaris in Aquara6, in presenza dell’Abate di San Pietro, Frate Antonio Costanzo. Si tratta, infatti, di un inventario notarile, effettuato in seguito al decreto regio del re Federico D’Aragona, che nominava un procuratore, il nobile Ruggiero Albino di Castelcivita7, ed assegnava la Commenda all’abate Andrea Loisio Russi di Napoli, ponendo fine all’esistenza cenobitica dei monaci e l’acquisizione da parte del nuovo abate commendatario di tutti beni e delle rendite fondiarie dell’abbazia. Il nuovo conferimento, avvenuto tra il 1516-1517, determina così lo spostamento della comunità dei monaci benedettini stabilitisi, loro malgrado, definitivamente presso il vicino complesso abbaziale benedettino di Castel San Lorenzo. La nuova designazione a commenda della Badia di San Pietro rientra in un diffuso fenomeno, generalizzatosi nel Regno meridionale nel corso del XV secolo, che priva i territori delle antiche signorie monastiche, istituzioni religiose fortemente radicate e della loro vitalità culturale8 e, contestualmente, configura così uno strumento per alimentare il lusso degli insigniti, che reggevano la badia ed i vasti possedimenti terrieri, attraverso disinvolti procuratori. Dalla platea, ordinata per inventariare tutti beni della badia di Aquara, compresi il patrimonio artistico ed il corredo liturgico9, mediante la redazione di un atto notarile, affiora preponderante la complessità fondiaria dell’abazia costruita nel tempo, la più importante azienda agricola della valle, in cui confluivano, come osservano i curatori Teodoro e Antonio Bamonte: «[...] 251 lotti di terreno bonificato e 83 coloni con le loro famiglie. La decima parte dei frutti garantivano la sopravvivenza dei coloni e delle loro famiglie, e della Comunità che dirigeva l’azienda [...]». Inoltre, gli stessi riportano i privilegi acquisiti nel corso dei secoli dai monaci della Badia, quali la concessione della Fiera mercato da parte di re Manfredi nel XIII secolo per festeggiare la solennità di San Pietro - e la facoltà di molire gratis il grano al molino
La Platea è resa nota nel 1983. In merito si cfr.: Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, a cura di Antonio e Teodoro Bamonte, sl, 1983. 7 Ruggiero Albino di Castelluccia (oggi Castelcivita), nominato direttamente dal re Federico d’Aragona, era nipote dell’Abate Giovanni Albino di Castelluccia, il più alto dignitario della corte aragonese, educato alla scuola del Pontano e del Panormita ed autore dell’opera “De Gestis Regum Neapolitanorum ab Aragonia Libri Quator”. Si veda Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, cit., p. 3. 8 D. Catalano, Dipinti in Molise tra XV e XVI secolo, in D. Catalano - D. Ferrara - F. Vignone, Rinascimento in Molise. Materiali per la ricerca e valorizzazione, Palladino Editore, Campobasso 2010, pp, 97-127, p. 100. 9 Dall’inventario risultano due messali, di cui uno longobardo in pergamena, una mitria, un pastorale in avorio e la testa di San Lucido, quest’ultima descritta per la prima volta. Cfr. Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, cit., pp. 25-28. 6
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della Curia, corrispondendo al mugnaio un pane ed un fiasco di vino10. Nel XVII secolo, per la piccola badia ulteriori informazioni emergono dall’Apprezzo, redatto da Francesco Del Baglivo, incaricato dall’Abbate Commmendatario di San Lorenzo del Castello e di San Pietro di Aquara il 27 agosto del 1698, per verificare lo stato dei beni fondiari della stessa; le notizie da esse desunte configurano lo stato di conservazione della badia e la sua chiesa: «[...] Il governatore si è recato nella chiesa di san Pietro di Aquara quale è posta e situata nella parte di sotto della terra di Aquara mezzo miglio distante e proprio dove si dice il Casale di san Pietro verso mezzogiorno al presente quasi tutta diruta con sole poche muraglia all’erta, e per informazione da me pigliate si ha che in detto luogo anche fusse stato eretto monastero per habitazione dei PP. Benedettini, il che anche come si vede dalli vestigia e dalle muraglie. Si ha per antica tradizione che avanti il monastero suddetto dove è una piazza larga vi si fusse fatta ogni anno nella giornata del glorioso San Pietro una fiera, dove il cennato monastero o Abbate o suo delegato aveva il diritto di esigere alcuni divieti dalli compratori e venditori nella fiera, hoggi è dismessa. (poi il Del Baglivo passa alla descrizione della chiesetta di San Pietro) Nella chiesa suddetta et Abbadia di S. Pietro dalle informazioni da me ritrovate si ha che vi fusse stata una statua grande 11di rilievo di legno da parte indorata con sedia medesimamente di legno, quale statua con sedia si conserva nella Chiesa Madre della terra di Aquara ed anche da informazioni che nel campanile di detta chiesa di S. Pietro vi fusse una campana [...]»12. Per la chiesa, sia nella Platea del 1498 che nell’Apprezzo del 1698, viene descritto il patrimonio artistico esistente, ma nessun elemento che possa configurare l’impianto architettonico e lo stato di conservazione della struttura. Le notizie giungono dal Di Stefano che ci ricorda come essa nel 1712 è ricostruita dall’Università di Aquara: «[...] Essendo detta Chiesa rovinata, fu dalla nostra Università in publico Consiglio dè Cittadini conchiuso a 20 agosto 1712 di riedificarsi a sua spesa, come seguì, sebene più corta di quella era [...]»13. Nel XIX (1811), nell’ambito dell’inventariazione da parte dei parroci e sindaci dei Comuni, in vista della soppressione napoleonica, la chiesa rurale della Badia di San Pietro è citata. Luigi Avino, autore della pubblicazione dei documenti redatti in quegli anni, riporta le dichiarazioni dell’arciprete curato Vincenzo di Gregorio che scrive: «[...] chiesa rurale di S. Pietro Apostolo, partenente alla real badia sotto lo stesso titolo, abbiamo ritrovato, cioè: Statue. Una statua di s. Pietro d’intiero busto. Quadri. Un quadro di s. Francesco Saverio. Delli quali s’ignora l’autore. [...]»14. Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, cit., p. 5. La statua si riferisce ad un San Pietro raffigurato in trono, di cui oggi non si ha più notizia. 12 La fiera è soppressa nel 1649 ma nel 1781 si ha notizia che durava otto giorni. Si cfr. G. Barra, La Platea di San Pietro di Aquara del 1698, in “Il Postiglione”, aa. XVII-XVIII, nn. 18-19, giugno 2006, pp. 113-126, p.114, nota 6. 13 L. Di Stefano, op. cit., II, p. 188. 14 L. Avino, Gli inventari napoleonici delle opere d’arte del Salernitano, Dea Edizioni, Baronissi 2003, pp. 24-26, p. 26. 10 11
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L’omonimo Casale, già ricordato nella platea quattrocentesca, attraverso le giurisdizioni spettanti alla Badia di San Pietro, specie nei giorni della Fiera, è, invece, descritto, successivamente, nel XVII secolo, come luogo disabitato ed estinto per via delle conseguenze della peste nera del 165615. Nel XVIII secolo, Lucido De Stefano16 lo colloca in un importante asse stradario parallelo a quello principale, quale l’antica via Popilia maggiore, poi via Regia, a metà strada tra il centro abitato di Aquara e la riva del fiume Calore; costituita da una cinta di mura, l’area che conteneva anche il complesso abbaziale ed una fontana, era caratterizzata dalla presenza di una torre e da due porte denominate porta del Tuoro e porta delle Rose; inoltre, dalle informazioni desunte dalla platea, presso di esso si svolgeva l’antica Fieramercato, concessa nel XIII secolo dal re Manfredi, per festeggiare la solennità di San Pietro. Lo stesso annota le peculiarità del piccolo borgo e della sua badia, lodando i luoghi, esaltando la natura, i suoi prodotti e le acque; riconosce in essa la terra provvida che era, celebrata attraverso immagini e suggestioni di antica memoria: «[...] Dentro il recinto di questo casale eretto vi fu un magnifico, e celebre Monistero dell’ordine di san benedetto, come le venerande ruine dimostrano. Era circondato da bellissimi giardini con piedi di Aranci, e melgranati, irrigati in tempo estivo dall’acqua perenne della Fontana a zampilli, che in mezzo nel cortile esisteva, come se ne vedono le vestigia, conducendosi in quella l’acqua per sotteranei cimentizj acquedotti da vicino Aquaro,dal luogo detto il Pantano, dalle Fontane della Pergola. Vi era un’ala, e gran Torre verso l’occaso a guisa di loggia, che anche serviva di diporto à Monaci, la quala fu dal tremuoto rovinata a 20 agosto 1561, con una Corsia di Botteghe per riponervi le merci in tempo di Fiera. [...]»17. 3. Il busto reliquiario di San Lucido: vicende e manomissioni L’opera scultorea, un busto reliquiario, ubicata oggi nella chiesa parrocchiale di San Nicola, raffigura il santo in atto di pregare con le mani giunte; essa è stata restituita alla fruizione del culto e posta all’attenzione degli studiosi, come precedentemente osservato dalla scrivente, grazie al recente restauro che ha evidenziato antiche manomissioni che hanno interessato sia la testa che conteneva il cranio del santo completamente ridipinto, sia l’intero busto ligneo. Il restauro avvenuto nel corso del 2012 grazie all’impegno economico della comunità parrocchiale di San Nicola di Aquara e sotto l’alta sorveglianza dell’allora Soprintendenza BSAE di Salerno e Avellino18 ha evidenziato un contenitore G. Barra, La Platea di San Pietro di Aquara del 1698, cit., pp. 113-126. Così riporta il De Stefano sull’antico assetto viario, che attraversava il Casale di San Pietro: «[...] Per mezzo del medesimo casale passava la Regia via, che conduce in Salerno, per la quale anticamente passava il Regio Procaccio prima di situarsi la strada nova, ed era il terzio ramo militare della via Appia, altrove descritto [...]» (L. Di Stefano, op. cit., p. 183). 17 Ivi, p. 184. 18 Il restauro, realizzato nel corso del 2012 dalla Ditta Pieffe Restauri di Flora Pellegrino, è stato finanziato dalla comunità parrocchiale di San Nicola di Aquara, con il grosso impegno da parte del suo parroco don Antonio Romano. La Soprintendenza BSAE di Salerno 15 16
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reliquiario multimaterico, ovvero la testa in rame dorato che si innesta in un busto ligneo dall’intaglio asciutto, formalmente essenziale, di colore azzurro con una base che contiene un incasso per racchiudere una piccola reliquia. In effetti già con gli atti profusi per il processo per il culto del beato Lucido del 1875 da parte della «Commissione Conservatrice dei monumenti ed oggetti de’ antichità e belle arti della Provincia di Principato Citeriore Gabinetto n... Salerno», redatta dall’archeologo Giustino Pecori, si documenta non solo la scultura, ma un vero e proprio restauro: «[...] È un antico busto scolpito in legno a fondo d’oro e rabescato azzurro, siccome appare da alcuni vestigii avvanzati al di sotto dell’attuale ultimo malagurato restauro. Veste abito di Laico Benedettino con mani giunte in attitudine di orare. Il capo è di ottone a getto e voto nello interno con calvaria mobile per mezzo di cerniera. La testa è piccola, rotonda, quasi calva con piccolo ciuffo nella fronte, con barba corta perchè non tutto gli copre il mento. La fronte è piccola ma di linee precise, ha l’aria di populano ma risoluta ed il corpo asciutto dell’uomo di azione, tutto fa credere che sia il suo vero ritratto eseguito nel calco della sua maschera, specialmente se si riflette ad una morte apparente che osservasi nel viso. La testa era fornita di aureola a disco, siccome appare da alcuni avanzi. Questo busto è della piena decadenza, rozzo, duro, senza artistica bellezza, anteriore di certo al XIII secolo [...]»19. Nella relazione il Pecori rileva sul busto ligneo tracce originarie con un fondo d’oro e rabescato azzurro; configurazione dorata confermata dalla Visita Pastorale effettuata, nel 1642, dall’Ill.mum Thomam Carafam episcopum caput aquensis, Festum Beati Lucidi ed ancora in quella del 1676, dove si scrive «Visitavit reliquias Beati Lucidi repositas in statua lignea deaurata»20. Nel 1698, le sacre ossa del cranio risultano, invece, essere in una «statua di argento ben custodita»21. Un nuovo busto, quindi, ricordato anche dal Di Stefano, che osserva come nella chiesa di San Nicola sia presente: «[...] il terzo Altare, come dissi, è di S. lucido nostro Concittadino dell’Ordine cassinese, ove le sacre sue ossa in statua d’argento racchiuse, si venerano [...]»22. A chiarire la presenza in chiesa anche dell’opera in argento sono le informazioni scaturite dalla documentazione profusa per il “Processo per il culto in onore di S. Lucido”, ragguagli segnalatomi da Marcello Maresca; essi indicano due momenti topici per il culto del santo e la definitiva collocazione del primo busto reliquiario, contenente le ossa della testa nella chiesa madre di Aquara. In effetti la nomina del Beato Lucido a Patrono di Aquara avviene il 29 ottobre ed Avellino ha svolto l’alta sorveglianza da parte di chi scrive, funzionario storico dell’arte della sezione territoriale degli Alburni. 19 Si cfr. in questo volume il contributo di M. Maresca, Processo per il culto in onore di San Lucido, pp. 141-224; p. 185. Ringrazio il prof. Maresca per avermi segnalato i documenti. 20 Ivi, pp. 191 e 192. 21 P. Ebner, Chiesa baroni e popolo nel Cilento, I, Roma 1982, pp. 524-525. La statua d’argento, quella della fine del XVII secolo, non esiste più, perché rubata nel 1895. 22 L. Di Stefano, op. cit., p. 112.
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1634 nella chiesa parrocchiale di San Nicola alla presenza «dell’Excellentissimo Domino Troiano Spinelli e di sua moglie Angelam Carafam». Troiano Spinelli, signore di Aquara, in quell’occasione decide di far collocare definitivamente il busto di san Lucido in chiesa, su un altare da costruire e impone la festività del santo patrono da festeggiare la prima domenica dopo l’Epifania. Dal documento del 1634 emerge, quindi, l’antico reliquiario: «[...] Praedicti denique Sindacus, et electi ejusdem Beati Lucidi Augustimam immagine, ejus caput, et corporis partem in aenea deaurata theca repositum ad sacellum illud templi Sancti Nicolai, quod ad hunc effectum constructum et dicatum est collocari volunt [...]». In un ulteriore atto del 1661 è ormai definitivo e consolidata la presenza del primo busto reliquiario del Patrono Lucido nella chiesa di san Nicola «intus Parochialem Ecclesiam Sancti Nicolai hujus praedictae Aquariae, et proprie in Sacello Sancti Lucidi de jure Patronatus Universitatis hujus praedictae Terrae». Ed, inoltre, dallo stesso atto emerge che nel 1659 la cittadinanza aquarese aveva commissionato un nuovo busto in argento, di cui oggi non si conosce l’artefice: «[...] universitos, homines, et cives hujus Terrae pro eorum grati animi testimonio, arguiteam proprio ex illi erigere fecerunt statuam, in quam anno millesimo secentesimo quinquagesimo nono ipsius inclyti Patroni Sanctum integrum caput, ceteraque ossas ejus de Ordinarii auctoritate collocari fecerunt [...]»23. 4. Il busto reliquiario: oreficeria rinascimentale e committenza nel Principato Citra Delineate le molteplici vicissitudini del nostro primo contenitore reliquiario, passiamo a configurare per esso gli aspetti formali, stilistici ed un’eventuale committenza, privilegiando in questo caso la testa, un notevole manufatto di oreficeria, realizzata nel corso del Quattrocento. Il San Lucido è originariamente concepito secondo la tradizione medievale, che tendeva a riprodurre le forme della reliquia contenuta, con la testa in lamine in rame dorato ad amalgama; una tipologia mirante ai reliquiari ‘topici’ o ”parlanti’, che come annotato da Giorgio Leone: «[...] si è sviluppata direttamente o come una variante dei reliquiari detti a ‘testa’, pressocchè esclusivi della custodia del cranio-intero o in parte-del santo venerato. La particolare caratterizzazione del reliquiario a busto, benchè abbia origini molto antiche, fu in uso specialmente nel Quattrocento e nel Cinquecento ed ebbe sviluppi alquanto artificiosi nella successiva epoca barocca, quando determinò la realizzazione di vere e proprie sculture soprattutto lignee, d’argento o d’altro metallo [...]»24. In Campania allo stato attuale dei contributi critici e degli studi, i più antichi busti reliquiari metallici finora pervenuti risalgono al XIII secolo, come il busto reliquiario di San Gennaro a Napoli (Fig. 2), realizzato tra il 1304-1305 dai maestri orafi francesi, M. Maresca, Processo per il culto in onore di San Lucido, pp. 190, 188 e 189. Si veda G. Leone, Scheda in Argenti di Calabria. Testimonianze meridionali dal XV al XIX secolo, a cura di Salvatore Abita, Paparo Edizioni, Napoli 2006, pp. 52-57. 23 24
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quali il maestro Etienne, Godefroy, Milet d’Auxerre e Guillame de Verdelay, maestri attivi presso il sovrano Carlo II d’Angiò, sin dal 1297-1298, configurando per esso un contesto figurativo franco-angioino «come una delle esperienze più alte della cultura gotica transalpina di primo ‘300, sull’asse tra le corti di Napoli e Parigi»25. Nel Principato Citra, la costa d’Amalfi presenta, in una plusvalenza di importanti committenze, episodi di alto valore artistico, come la Santa Barbara del Museo Diocesano di Ravello (Fig. 3), un reliquiario costituito da due parti distinte, quali la testa in argento sbalzato ed il busto in legno dorato, risalente ad un rifacimento (Fig. 2) Busto reliquiario di San Gennaro, Napoli degli anni ‘60 del Novecento. L’opera assegnabile agli ultimi anni del XIII secolo è di difficile collocazione, come documentano le contrastanti ipotesi ad essa assegnate, che la vedono, da una parte, contestualizzarsi in ambito federiciano26 con ascendenze bizantine e, dall’altra, il frutto di una produzione dell’Italia centrale, attraverso la realizzazione delle madonne lignee della fine del Duecento27. A quest’ambito e ad un’analoga cronologia vengono fissate le tre teste reliquiarie di San Filippo, San Basilio Magno vescovo e San Diomede 28 del Museo Diocesano di Amalfi (Fig. 4). L’arte orafa napoletana rinascimentale in Costiera amalfitana è presente con il reliquiario di Santa Caterina (Fig. 5), anch’esso collocato ad Amalfi, una testa in argento del XV secolo, che a prima vista sembrerebbe un antico pezzo di fattura ellenistico, ma che in realtà sembra potersi ben contestualizzare negli sviluppi e agli 3) esiti formali di Francesco Laureana29. A quest’ultimo, (Fig. Busto reliquiario di Santa Barbara, Ravello afferisce il bel busto reliquiario di San Vito di Positano (Fig. 6), la cui testa è in argento ed è anteriore al busto in rame dorato, che reca la data 25 Cfr. il contributo di P. Leone de Castris, Ori, argenti, gemme e smalti della napoli angioina 1266-1381, a cura di Pierluigi Leone de Castris, arte’m, Napoli 2014, pp. 76-85. 26 E. C. Catello, L’Oreficeria a Napoli nel XV secolo, Cava dei Tirreni 1975, p. 6; P. Sabino, Scheda in Tesori d’arte dei Musei Diocesani, Torino 1986, p. 204; A. e L. Lipinsky, Il Tesoro sacro della Costiera Amalfitana, Amalfi 1989, p. 112. 27 A. Braca, Le culture artistiche del medioevo in costa d’Amalfi, Amalfi 2003, pp. 303-304. 28 Così identificate da A. e L. Lipinsky, op. cit., p. 47, p. 112. 29 Ivi, p. 111.
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(Fig. 4) Busti reliquiari di San Filippo, San Basilio Magno vescovo, San Diomede, Amalfi
1599; l’opera è similmente riconducibile ad una produzione di oreficeria della fine del Quattrocento30. A Cava dè Tirreni, presso la Cappella delle Reliquie dell’Abbazia della SS.,Trinità, è collocato il busto reliquiario di Santa Felicita (Fig. 7), dell’ultimo quarto del XV secolo, la cui cifra (Fig. 5) scultorea riconduce Testa reliquiario di Santa Caterina, Amalfi ad una cultura e matrice iberica, propriamente catalana. La scultura, un manufatto di oreficeria napoletana, composta in due pezzi quale la testa in argento ed il busto in rame argentato, presenta il punzone NAPL a caratteri gotici con corona usato, durante il regno aragonese fra il 1456 ed il 150531. Probabilmente, il reliquiario è stato realizzato quando l’abbazia di Cava, con quella (Fig. 6) Busto di San Vito, Positano
Ivi, p. 145; P. Sabino, I Santi Patroni della Costiera Amalfitana. La forma della devozione, Castrocielo (FR) 2001, pp. 34-35. 31 Cfr. La Badia di Cava dei Tirreni, a cura di G. Fiengo e G. Strazzullo, Cava de’ Tirreni 1985, pp. 151-152; si veda, inoltre, A. Braca, Oreficeria in età aragonese, in Venti Catalani. Impronte iberiche nella cultura artistica del salernitano nel XV secolo, a cura di Rosa Carafa con introduzione di Ferdinando Bologna, Salerno 2001, pp. 64-71, p. 71. 30
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(Fig. 7) Busto reliquiario di Santa Felicita, Cava dè Tirreni
(Fig. 8) Busto reliquiario di San Lucido (prima del restauro), Aquara
(Fig. 9) Busto reliquiario di San Lucido (la testa durante il restauro), Aquara
di Montecassino e Montevergine, diventa commenda cardinalizia ed è affidata a Giovanni d’Aragona, figlio di Ferrante re di Napoli. A Napoli è invece documentato un busto reliquiario, anch’esso rinascimentale, raffigurante San Bartolomeo proveniente dal monastero di Santa Chiara, un opera del maestro Francesco Leone datata 147032. Per il san Lucido di Aquara la scrivente, nel suo precedente contributo, non ancora in possesso delle informazioni, scaturite dalla ricordata Platea del 1498, aveva indicato per l’opera di cultura rinascimentale, una cronologia oscillante tra la fine del Quattrocento ed i primi anni del Cinquecento, contestualizzandolo nell’ambito dell’attività di Guido Mazzone33, scultore ritrattista modenese operante in area padana, che tra il 1489 ed il 1494 è a Napoli presso la corte aragonese di Alfonso II, dove lavora al Compianto in terracotta (1490-1492) di Monteoliveto, oggi Sant’Anna dei Lombardi. Attribuzione oggi non più plausibile per via della confermata presenza, nella suindicata Platea del 1498, della testa in metallo, così come riportato: «[...] (introdotti nella chiesa il notaio Nicolò Comunale de Notaris di Aquara e l’Abate di San Pietro Frate Antonio Costanzo, essi osservano) in dicta Ecclesia Sancti Petri predicti invenimus infrascripta bona mobilia, quae dicebant dicti abbas, et monaci cum juramento fusise et esse dictae Ecclesiae Sancti Petri videlicet: (...) faciem unam argenti cum testa Sancti Lucidi intus [...]»34. L’opera è, quindi, ben visibile sia al notaio che al procuratore, nominato per formulare l’inventario dei beni mobili esistenti nella chiesa e dei possessi fondiari della Badia di San Pietro. La Badia di Cava, cit, p. 152. R. Carafa, Artisti regnicoli ..., cit., pp. 65-94, p. 80. 34 Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, cit., pp. 25-26. 32 33
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Nel valutare i dettagli della testa35 e del volto, liberato da un ulteriore intervento pittorico con colori acrilici, avvenuto negli anni ‘60 del XX secolo (Figg. 8-9), si riscontra sulla superficie metallica un ductus che indugia in intensi particolari descrittivi, con una addolcita intonazione naturalistica del viso, dallo sguardo empatico per chi l’osserva. Il bagaglio stilistico espresso dall’ignoto scultore-modellatore nel minuto intaglio della barba contenuta, ma a riccioli, e dei capelli posti anteriormente sulla nuca, echeggia formalismi stilizzati di antico gusto ellenico; i rotondi occhi spalancati, gli zigomi pronunciati e le rughe che segnano gli angoli degli occhi e della fronte, configurano nell’opera in esame un netto distacco con la tradizione medievale (Fig. 10) Busto reliquiario di San Lucido (la testa dopo il restauro), Aquara precedente delle produzioni di reliquiari antropomorfi. Il santo è lontanissimo dalla tipizzazione ieratica e metafisica che richiedeva tradizionalmente l’oggetto devozionale. Il volto ha tratti decisi ed espressivi, un carattere fisiognomico per nulla astraente, come dimostra lo sguardo fisso ma eloquente delle pupille ben delineate (Fig. 10). L’effige del Beato Lucido manifesta una sintassi formale che al momento, a parere di chi scrive, non trova confronti possibili con i pochi pezzi reliquiari di oreficeria napoletana del Quattrocento, presenti sul territorio meridionale. La testa del santo (escludendo l’aureola, manufatto più tardo, probabilmente del XVII secolo, forse realizzata in occasione della nomina a santo Patrono) non presenta alcun bollo; essa è opera di una cultura artistica di probabile derivazione dell’Italia centrale di cultura toscano-senese degli anni’60-’70 del Quattrocento, che in pittura trova consenso nelle prime novità rinascimentali fiorentine con inflessioni e citazioni di un lessico senese ancora tardo-gotico. Un bagaglio culturale, difficile da decifrare con una combinazione di elementi figurativi “sincronici” e, soprattutto, con le credenziali di 35
La testa presenta una calotta con cerniera per l’ispezione della reliquia.
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una possibile e rilevante “commissione” di importazione extra-regionale. Il reliquiario di San Lucido si colloca, infatti, come oggetto di un’autorevole committenza feudale, come possiamo desumere dalle notizie che Lucido di Stefano riporta a proposito di quel Severo de Petruciis, di origine senese, napoletano del Sedile del Nilo, che promuove la ricostruzione della badia di san Pietro, distrutta con molta probabilità nel 1456, dopo il grave terremoto, che colpì il Regno meridionale. Lo storico, infatti, nel riportare una serie di notizie relative alla Badia di San Pietro, trascrive un’iscrizione in pietra, senza data, posta sulla porta grande del monastero, che lo stesso vede: [...](S)EVERUS DE PETRUCIIS NOBILIS SEDILIS/ NIDI NEAPOLITANUS V.I.D. SENENSI PA/TRIA EX ANTIQUIS PARENTIBUS ORIUN/DUS.HANC DOMUM IN HONOREM DEI ET/DIVI PETRI A FUNDAMENTIS refeCIT/T et in VITAM FECIT ut e mundo trans/IENS VIVeret in Coelis et volu/IT UT hic post moriam sepelliretur [...]36. Ricordiamo come la famiglia Petrucci o de Petruciis abbia origini toscane (secolo XIII) e sia particolarmente influente a Siena dove Pandolfo Petrucci (1452-1512) Moderatore di Siena gestisce il governo della Signoria della città, tra la fine del XV secolo ed il primo quarto del XVI secolo. A Napoli, i Petrucci risiedono, sin dai primi decenni del Quattrocento, nell’omonimo palazzo prospiciente piazza San Domenico maggiore con uno dei maggiori rappresentanti della famiglia, quale Antonello Petrucci; questi, inizialmente operante presso la cancelleria reale di Alfonso I d’Aragona, è poi nominato segretario regio di re Ferrante, che, fra l’altro, gli conferisce una serie di privilegi ed il titolo di barone. Reso corresponsabile nella “Congiura dei Baroni” del 1485, Antonello è arrestato e trova poi la morte nel 1487. Il figlio Giovanni Antonio, uomo colto, accademico pontaniano presso la corte aragonese, è in relazione con i più celebri umanisti che insegnarono nello Studio napoletano nella seconda metà del Quattrocento. Autore di un “Canzoniere”, lo stesso sposa, per volontà paterna, Sveva Sanseverino, nipote del Principe di Salerno ed, inoltre, acquisisce la contea di Policastro, che terrà dal 1456 al 1486. Anch’egli, coinvolto 36 L. Di Stefano, op. cit., pp. 192-193; L’evento del terremoto del 1456 sembra essere l’ipotesi maggiormente credibile anche per il Di Stefano, che in precedenza aveva considerato anche il fatto che a distruggere l’abbazia erano state nel XIII secolo le truppe di Federico II, a seguito della cosiddetta congiura di Capaccio del 1246, che pose morte e saccheggi anche sulle piccole realtà cittadine del territorio alburnino. Ma lo stesso Di Stefano ricorda come il terremoto «[...] che si fu orrendo, e fiero per tutto il Regno (...) tanto che voleano i Monaci abbandonare il Monistero per non potervi abitare, se con Regola munificenza non fusse dal Re Alfonzo I d’Aragona rifatto [...]». L’ipotesi del terremoto del 1456, causa della distruzione della badia, è concordemente accettata anche dai curatori della Platea del 1498. In merito si veda Regesto della Badia di San Pietro di Aquara, cit., p. 11.
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nella congiura baronale, finirà imprigionato e condannato a morte. Un contesto culturale ragguardevole quello della nobile famiglia napoletana di origine senese, orbitante nella sfera d’azione aragonese, pronta a promuovere le arti e dare svolgimento ai segni e alle idee culturali propagate dalla stessa corte napoletana. Un aspetto significativo, che rafforza l’ipotesi che la commissione della testa in metallo di Aquara sia opera ed espressione tangibile di una nuova feudalità, varia nella sua componente sociale e munifica; una nobiltà che, con l’intento di rendere manifesta la gratitudine alla Divinità e di esprimere la propria devozione religiosa, definisce nuovi orientamenti, apportando nella produzione artistica locale la complessità di un linguaggio visivo espresso altrove. Ad Aquara, quindi, una commissione prestigiosa, preceduta dalla ricostruzione del complesso abbaziale ad opera e per volontà del regnante aragonese, dopo i drammatici eventi37; iniziativa generata, forse, anche dall’arrivo delle reliquie del monaco38, tale da immortalarne la memoria e diffondere il culto e la santità, ricorrendo ad importazioni tematiche e forme provenienti dall’Italia centrale, più congeniali nel gusto e nelle novità artistiche39. L’effigie del beato Lucido, realizzata dall’ignoto orefice in una eleganza lineare ed accuratezza calligrafica, sembra contestualizzarsi, infatti, nello svolgimento analogo di un particolare aspetto della pittura senese, sviluppatosi negli anni ‘60-’70; una koinè dall’intricata “rete di incertezza”, tra una grande tradizione di stampo gotico internazionale, che si affaccia alle nuove istanze rinascimentali della pittura fiorentina, i cui esiti rappresenteranno uno dei momenti più alti della cultura senese del secondo Quattrocento40. Al nuovo orientamento della pittura senese verso Firenze, possono aver contribuito gli echi donatelliani, quelli di Padova degli anni 1443-1453 «con la loro eloquenza profondamente espressiva e la rilevazione di nuovi ideali fiorentini di anatomia, proporzione e prospettiva»41. Ma anche la diretta presenza dell’artista nella 37 In merito si cfr. le annotazioni riportate da Lucido De Stefano, trascritte nella nota n. 36 di questo contributo. 38 Il padre Cirillo, riprendendo le fonti agiografiche del santo, riporta una data di arrivo delle ossa reliquiarie, quale il 1498. Ma a quella data, come abbiamo visto nella platea, il reliquiario è già presente. Si veda P. Cirillo Caterino, San Lucido di Aquara. Nella Storia e nella leggenda, cit., p. 39. 39 Non dimentichiamo, infatti, che nell’età di Ferrante d’Aragona partirono, con il figlio Alfonso II (erede al trono), le più importanti committenze e la svolta verso la cultura fiorentina che poi a Napoli portò Giuliano da Maiano e Bernardo Rossellino ad operare a Monteoliveto. Si cfr. F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il sud angioino e aragonese, Donzelli Editori, Roma 1998, pp. 191-192. 40 A. Angelini, La pittura a Siena nel secondo Quattrocento, San Gimignano tra senesi e fiorentini, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Electa, Milano 1987, I, pp. 328-341, p. 332. 41 P. Humfrey, La pittura a Venezia nel secondo Quattrocento, in La Pittura in Italia. Il Quattrocento, cit., II, pp. 184-209, p. 188.
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città senese dal 1457 e quella di un altro fiorentino, Bernardo Rossellino, entrambi pronti a dividersi le commissioni papali di Pio II Piccolomini, tra Siena e Pienza. Una produzione che in pittura trova consenso, sullo scorcio della prima metà del ‘400, ancora nell’attività pittorica di gusto tardo-gotico di artisti importanti, come Sassetta, Domenico di Bartolo, Pietro di Giovanni Ambrogi, il “Maestro dell’Osservanza”, tutti scomparsi verso la metà del secolo; e nella rinnovata attenzione verso le novità rinascimentali, a partire dagli anni ‘60 e ‘70 del secolo da parte di una generazione anziana di artisti, come Matteo di Giovanni, nativo di Borgo San Sepolcro, ma senese di formazione, Sano di Pietro e il Vecchietta pittore e scultore, quest’ultimo pronto a guardare alla produzione matura di Donatello. Seguono sulla scia degli anziani i più giovani allievi come il senese Neroccio dè Landi (1447-1500), il veronese miniaturista Liberale da Verona (1445-1530) ed il senese Francesco di Giorgio Martino (1439-1501), disposti ad operare pienamente in forme e stilemi autenticamente rinascimentali. Che il San Lucido di Aquara sia dentro quest’ambito culturale è reso certo da alcuni “riscontri” morelliani su alcuni dettagli morfologici del viso, come gli effetti pittorici del volto, nei riccioli della capigliatura e della barba contenuta, quest’ultima di “crivelliana” memoria42. La “tonsatura della testa” si allontana dalle copiose “capigliature e barbe”, che abbiamo riscontrato nella pittura fiorentina del primo Quattrocento; essa, infatti, si configura - in una graduale risoluzione figurativa che trova impulsi anche dalla coeva produzione miniaturistica - nel riscontro delle morfologie “tornite” dei volti rotondeggianti dei santi, che trovano ampio consenso ed utilizzo nella produzione pittorica del Sassetta, cioè Stefano di Giovanni ed ancora in quella di Pietro di Giovanni d’Ambrogio; per giungere, infine, alle soluzioni fisionomiche dei santi monaci ed apostoli adottate negli anni ‘70 in alcuni dipinti su tavola, dai giovani Neroccio dè Landi e Liberale da Verona43. Il San Lucido di Aquara è un’opera di oreficeria rinascimentale senese, del primo ventennio della seconda metà del Quattrocento, e rappresenta un ulteriore tassello per delineare, con maggiore ampiezza, un aspetto ancora poco conosciuto della produzione artistica meridionale, qual’è l’oreficeria “parlante” del XV secolo. Il reliquiario, un episodio artistico di altissima qualità, è parte di una produzione, al momento difficile da decifrare con chiarezza, vista la penuria di documentazione archivistica. È utile, però, configurarlo come testimonianza di una ritrovata identità culturale. Il suo restauro non solo ci restituisce un’opera d’arte di indubbio valore artistico, per le qualità formali disvelate, ma ci pone nella condizione di riscoperta dei luoghi di appartenenza, affinché le comunità riallaccino i fili della propria storia ed identità. In merito, si veda la tavola del pittore veneto Carlo Crivelli il trittico di Montefiore, particolare, prov. da Montefiore dell’Aso (Ascoli Piceno) in R. Battistini, La Pittura del Quattrocento nelle Marche in La Pittura in Italia. Il Quattrocento, cit., II, pp. 384-413, p. 397, fig. 555. 43 Cfr. A. Angelini, La pittura a Siena..., cit., I, p. 329, figg. 455-456. 42
I LUOGHI DI SAN LUCIDO Antonio Capano L’Alto Medioevo Il X secolo è caratterizzato dalla lotta tra l’Imperatore Teutonico e la Chiesa che, a sua volta, al suo interno opera con le sue grandi figure, a partire soprattutto da Leone IX e dal monaco Ildebrando, il futuro papa Gregorio VII, contro la simonia, il concubinato e la corruzione dei costumi, e si manifesta l’opera meritoria dell’Ordine Benedettino che solo nel XIII fu affiancato dai Francescani e dai Domenicani1. «Lucido nasce ad Aquara, secondo la tradizione, intorno sul 960, “da ricchi e nobili genitori ... che si chiamavano Albino Della Croce e Sabina Nicodemo”, che lo affidarono «alla tutela d’uno zio paterno a nome Olterigio. Il bambino ha il nome di Lucido o Lucio, ma i più antichi cronisti dell’Ordine Benedettino lo chiamano Liuzio (Liutius): Lucido, Lucio o Liuzio derivano tutti e tre dal latino lux-lucis»2. Comunque, anche se “da diversi manoscritti dell’Archivio Cassinense e da numerosi libri della Biblioteca non si è rinvenuto alcun esempio del nome Lucido” che godé della fama di santità, «con riverenza, da Lyutio o Lucio, che Pietro Diacono riporta nel numero dei giusti di Cassino, è legittimo ipotizzare che non si discostasse»3. Lucido, rifiutando un conveniente matrimonio con una “ricca ed avvenente donzella del paese”, si ritirò nel monastero benedettino di S. Pietro di Aquara, dipendente da Montecassino4, ove secondo la tradizione sarebbe stato un converso, ma le fonti lo fanno ritenere sacerdote5. Qui si era formato intorno alla badia, favorito anche dall’essere attraversato da una importante viabilità che dal Vallo di Diano conduceva, tramite il Calore, agli Alburni ed alla pianura pestana6, un villaggio, da cui prendeva il nome anche una delle cinque porte P. Cirillo Caterino, S. Lucido di Aquara nella storia e nella leggenda, a cura di Generoso Conforti, Sergio Capozzoli Editore, Salerno 2000 (= Caterino 2000), pp. 19-20. Per la presentazione critica delle fonti e degli studiosi, Ivi, pp. 21-24. 2 Ivi, p. 26. 3 Vedi in questo volume, il saggio di M. Maresca, Processo per il culto in onore di San Lucido (Atti della Sacra Congregazione dei Riti = SCR), p. 183. 4 La badia è citata da padre Lubin nel catalogo delle abbazie italiane (P. Ebner, Chiesa baroni e popolo nel Cilento, vol. I, Roma 1982 (= Ebner 1982), pp. 520-521). 5 Caterino 2000, pp. 26-27. 6 D’estate la strada “passava per Fasanella, San Pietro d’Aquaro, ed era un terzo ramo della Via Appia...” (Della Valle di Fasanella nella Lucania. Discorsi del Dottor Lucido Di Stefano della Terra di Aquaro nella stessa Lucania, Libro II, 1781 (= Di Stefano 1781), Centro di Cultura e Studi Storici “Alburnus”, Edizioni “Arci Postiglione”, Salerno 1995, p. 100 (trascrizione del manoscritto a cura di Giuseppe Barra, Antonio Capano, Giovanni Di Capua, Amato Grisi, Giuseppe Melchionda, Raffaele Rago, Antonio Luciano Scorza, coordinati da 1
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del borgo murato7. Tra i miracoli che la leggenda gli attribuisce sono interessanti, per il riferimento alle località la “Pietra di Lucido”: “un enorme masso, in mezzo alle acque del fiume Calore, sul quale il Santo era solito di trattenersi lungamente a pregare e meditare”; o l’episodio in cui “preposto dall’Abate di S. Pietro alla custodia di una vasta tenuta boschiva di proprietà del monastero, detta a quei tempi Morosa ed ora chiamata Pantana, fu accusato di barattare le piante e di farne oggetto d’una indegna speculazione”, ma ben presto ebbe modo di dimostrare la sua innocenza e la sua indulgenza verso il diffamatore8. Presso la badia di S. Pietro, toponimo poi collegato al leggendario passaggio di S. Pietro9, Lucido frequentò la scuola “interna”, destinata ai futuri monaci, dopo che a Montecassino, “per dolorose vicende”, come in altri monasteri, fu abolita quella “esterna” per sacerdoti secolari e borghesi10 . Intorno al 980 egli si sarebbe trasferito nel monastero di S. Magno di Fondi11 di cui era preposto Mansone, cugino del principe di Generoso Conforti). Per una trattazione specifica sulla viabilità dell’area, cfr. A. Capano, La viabilità degli Alburni e del Calore tra l’antichità e l’età moderna, in “Il Postiglione”, aa. XXIVXXV, nn. 25-26, giugno 2013, pp. 5-52. 7 Di Stefano 1781, p. 106. 8 Caterino 2000, p. 27. Non mancano, soprattutto in epoca moderna, il nome Leucio (de Calcaneis da Capua, in Abbazia di Montecassino. I Regesti dell’Archivio, a cura di Tommaso Leccisotti, vol. VI, Roma 1971, pp. 336 e 340), Lucio (Ivi, p. 355); Lucente (di Cola Giacomo da Pratola, Ivi, vol. V, Roma 1969, p. 361, a. 1602, e vol. V, p. 356), Luzio (Pellicchiaro di S. Germano, Ivi, vol. VI, Roma 1972, p. 429); Lucita (Lucia) (di Lorenzo di Antonio da Villetta, Ivi, p. 355), Lucida (dall’Aquila, badessa, Ivi, vol. V, Roma 1971, p. 325, a. 1518), e Lucheria (del fu notaio Valentino, Ivi, p. 356, a. 1607), Lucenzia (de Jacobis, Ivi, vol. IV, p. 339, a. 1535). Di Aquara era Lucidantonio Pagano “detto Luzio”: “giureconsulto, Governadore di Bisceglia, e Avvocato in Napoli, morì in Aquaro nel 1671” (Di Stefano 1781, pp. 140 e 144, ove è citato come “Lutio Antonio”). 9 Di Stefano 1781, pp. 109-111. 10 Caterino 2000, pp. 29 e 39. 11 Ivi, p. 30. «Secondo il racconto di San Gregorio Magno, il monastero fu edificato per volere di Sant’Onorato nel 522 per onorare il martirio di San Magno, ucciso insieme a San Paterno e a 2597 cristiani, come si legge in alcuni documenti agiografici di epoca medievale, le Passiones, dedicate ai due santi. Del complesso monastico sono state rinvenute: la chiesa di epoca medievale, a croce latina e dotata di cripta, che conserva pregevoli affreschi; la chiesa rinascimentale riaperta al culto e intitolata a san Benedetto; alcune strutture pertinenti forse alle ultime fasi di vita del complesso, in particolare il mulino, la foresteria e delle vasche di lavorazione dell’olio. Il corpo di san Magno giacque nella cripta della chiesa fino all’847 quando fu saccheggiato da Platone di Veroli, capitano della Campania, e lo adagiò nella chiesa di Sant’Andrea. Successivamente con l’invasione saracena di Veroli, il corpo di san Magno fu spostato ad Anagni.Il monastero, fino al 1072, fu autonomo e gestito dai monaci ordinari. In seguito il console Gerardo di Fondi donò il monastero all’abbazia di Montecassino. Nel 1492 Alessandro VI con una bolla pontificia fece passare il monastero alla congregazione olivetana. Nel XV secolo il monastero fu ricostruito da Prospero Colonna (non si sa se prima il monastero fu demolito o distrutto per cause naturali (terremoti,
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Capua Pandolfo Capo di Ferro, e vi rimane pochi anni se nel 986 Leone Ostiense lo cita tra i più autorevoli monaci di Montecassino12. Anche qui non soggiornerà lungamente in quanto contesterà l’imposta elezione da parte di Aloara, vedova e “principessa reggente di Capua e tutrice del pupillo Landenulfo” dell’inadeguato giovane Mansone a 28° Abate di Montecassino, allontanandosene ben presto (996) insieme ad altri sette monaci; con 3 di essi (Giovanni Beneventano e Teobaldo che saranno successivamente abati di Montecassino), “desiderosi di visitare i S. Luoghi di Gerusalemme”, probabilmente dopo una sosta a Cava, raggiunse Salerno, donde salparono per Soria su una nave veneziana, unendosi al preposto Paolo Venosino, ad altri due monaci benedettini, a Melefrit conte di Montedoro e a suo figlio Megefrit. Vi ritornò nel 998 insieme a Teobaldo (il conte vi era morto mentre il figlio vi rimase), mentre Giovanni Beneventano, che si era fermato per due anni sul Monte Sinai, nel 997 è stato eletto abate di Montecassino, successore di Giovanni II, nominato a sua volta dopo la morte violenta di Mansone13. Ritornato a Montecassino14, decise subito dopo di “ritirarsi in un eremo inaccessibile presso Salerno, la Grotta Arsicia, nella Valle di Metellianum, nella cui cella “aliquando mansit” (Leone Ostiense). Vi sarebbe rimasto circa 21 anni fino al 1009, quando ritornò a Montecassino15 (Guillaume)16. Guaimario III (+1030/1031), secondo Leone Ostiense, nutriva “una grande riverenza” per S. Lucido, che ne diventò padre spirituale e consigliere; e numerose volte Lucido avrebbe interrotto la sua dimora a Metillianum per visitare su invito del principe e “a scopo di riforma i numerosi monasteri benedettini del principato di Salerno. In una delle sue prolungate soste nella Valle del Calore dové fondare l’oratorio di S. Maria del Piano nel territorio di Aquara, dove la tradizione vuole che abbia vissuto gli ultimi nani bradisismo, ecc.). Nel corso dei secoli il monastero, data l’importanza dello stesso stabile, conobbe alterne fortune contabili e spogliazioni di vandali (nel 1798 i francesi distrussero parte del monastero e spogliarono gran parte dei locali monastici).Quindi il monastero conobbe l’oblio (in seguito fu usato anche, addirittura, come stalla per pecore), ma molti ambienti perdurarono a mostrare splendori rinascimentali. Oggi il monastero è affidato all’arcidiocesi di Gaeta e alla cura della Fraternità del monastero (www.monasterosanmagno.it) ed è in atto il restauro/ricostruzione del complesso». Abbazia di San Magno - Wikipedia, it.wikipedia.org/wiki/Abbazia_di_San_Magno). 12 Caterino 2000, p. 30. 13 Ivi, pp. 32-34. 14 Qui, però, non poteva essere abate Mansone (+996), come invece scrive Caterno 2000, p. 32. 15 Ivi, p. 37 e rif. a Guillaume. L’anno seguente (1010), su invito di Guaimario III, Alferio (+1050) lasciò Cluny e ritornò a Salerno ove ebbe l’incarico di fondare un monastero a Metillianum (Ivi, p. 38); ne prese possesso nel 1011 (doc. di S. Vincenzo al Volturno) e l’anno successivo pose inizio all’opera. Al monastero probabilmente pervenne dopo la sua costruzione il titolo abbaziale di S. Benedetto di Salerno (Ivi, p. 38, con riferimento ad Acocella). 16 Ivi, pp. 35-37.
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della sua vita17. È dovuta probabilmente ad una di queste sue escursioni apostoliche l’origine del paese in provincia di Cosenza, che dal suo nome ha preso il nome S. Lucido18, toponimo noto nel Medioevo, che, però, anche da illustri studiosi, si ritiene derivato dal toponimo Nìcetum19, ciò che, comunque, non si può accettare in quanto ad Aquara i due nomi sono contemporaneamente citati nei documenti20. Albaneta «A circa un chilometro lontano dalla Badia di Montecassino, sepolta tra piante secolari e frastagliata da rupi scoscese e grotte ascose si stendeva una valle chiamata fin da remotissimi tempi Albaneta. In mezzo a questa valle sorgeva un piccolo oratorio dedicato alla Vergine Madre, ottenuto da un pio eremita da una cisterna riadattata. Egli pensò di edificare colà un monastero che avesse potuto raccogliere qui contemplativi che ora si trovavano a disagio nella badia di Montecassino e nei cenobi da essa dipendenti, dedicandolo alla Madre di Dio, titolo che la tradizione vuole originato dal canto spontaneo di un fanciullo, in cui Lucido aveva interpretato la volontà divina21. Nel 1011 questi pose mano all’opera che ben presto fu portata a termine grazie alla fervida attività del santo ed ai generosi soccorsi che d’ogni parte gli vennero, come narra il principale biografo, Leone Ostiense, soprattutto da Guaimaro III che lui incontrò durante un viaggio specifico a Salerno per la ricerca di fondi»22. Ivi, p. 39. Ibidem. San Lucido, comune di 5.932 abitanti in provincia di Cosenza, confinante, tra l’altro, a Nord con Paola, a Ovest col Mar Tirreno, sorge su siti archeologici (ad es. in Contrada Palazzi (ora Petralonga) e possiede toponimi che solitamente si riferiscono ad insediamenti e culti di origine romana come San Giovanni e Santo Pietro, o altomedievale come S. Cono; deve il suo nome al cenobio di Santa Maria di Persano (del cui convento rimangono alcuni ruderi a circa 2 km dal paese) costruito dal monaco benedettino Lucido di Aquara “che vi rimase per un lungo periodo”(non doc.) (Wikipedia). 19 Ad es., un riferimento al centro di S. Lucido in Calabria si ha per il 1° giugno 1387 con una lettera di re Ladislao all’arcivescovo di Cosenza, al giustiziere di Vallegrata etc., all’Università ed agli uomini di S. Lucido (Abbazia di Montecassino. I Regesti dell’Archivio a cura di Tommaso Leccisotti, vol. II, Roma 1965, p. 151, n. 34). Sulla derivazione supposta di Lucido quale “forma svisata dell’agionimo San Niceto” (C. Marcato, S. Lucido, in Dizionario di toponomastica italiana , UTET, Torino 1990 = Marcato 1990); “da altri è detto San Lucido”(G. Rholfs, Dizionario toponomastico ed onomastico della Calabria, Angelo Longo Editore, Ravenna 1974, p. 291), in quanto da Nìcetum>Lìceto>Lùcito (G. Alessio, Saggio di toponomastica calabrese, Olschki, Milano 1939, p. 22). Santo Nicetu è anche una contrada di Motta S. Giovanni. Cfr. Marcato 1990, p. 582. 20 Ad es. nella seduta del comune di Stio del 18 marzo 1882 si tratta della quotizzazione dei fondi del patrimonio Comunale Nucito, S. Lucido, Piano Ferrari e Comunicchio (v. oltre). 21 Caterino 2000, p. 41. 22 Ivi, pp. 41-42. 17 18
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«Ritornato all’Albaneta il Santo ampliò l’antica chiesetta in onore della Madre di Dio e la fece elegantemente decorare ed arricchire di belle figure. Costruì altresì uno splendido monastero con molte celle; ed ivi definitivamente si ritirò con circa 30 monaci»23. Qui operò con umiltà e devozione: «Leone Ostiense riferisce che Lucido "secondo il costume dei servi” preparava la farina per la confezione del pane, necessario ai frati e ai monaci, e mentre attendeva al lavoro, cantava, senza tregua con trasporto e fervore, devoti salmi ed inni sacri»24. Il Marsicano, seguito dalla maggioranza degli studiosi, scrive che «S. Lucido morì nel monastero dell’Albaneta a Montecassino e colà fu sepolto25 al tempo in cui era abate il Ivi, p. 43. Ivi, p. 45. 25 «... nel libro di nascita e di morte dei Giusti Cassinesi: “Lyutio monaco cassinese uscendo da quel Cenobio raggiunse Hierosollyniam, e quindi fermatosi dapprima in un eremo presso Salerno, nella località detta presso Cavam (Caverna!), per un certo periodo rimase invero sul monte e costruì il monastero nella loc. Albaneta, ove con molto senso religioso formò un gruppo di circa trenta frati”, vivendo con grande umiltà ed astinenza e mai omettendo i canti al Signore; qui terminò la sua vita ed è sepolto nel monastero di Cassino» (SCR, pp. 183-184). Ancor più abbondanti documenti sul medesimo Lucio si rinvengono nelle Cronache di Leone Marsicano, continuate da Pietro Diacono. Parlando, infatti, di Mansone, 28° abate di quel monastero, da lui retto per 10 anni (986-996), non perché richiesto dai frati ma per perché cugino del principe Pandolfo, Lucio partì dal monastero con altri due frati per aderire alla Ierosolimam e, al tempo dell’abate Atenulfo Pandulfo figlio del principe di Benevento, a. 1002, si sarebbe fermato a Salerno, trasformando la cisterna dell’eremo in un oratorio dedicato alla Vergine. Padre spirituale e “familiare” del principe Guaimario, egli ebbe da lui numerose donazioni con cui poté costruire la chiesa ed ampliarla. Anche ora si rimarca la sua vita dedita all’umiltà ed all’astinenza e la sua morte e sepoltura nel monastero ai tempi dell’abate Poicherio (1038-1055). Nel Menologio di Bucelino, sotto la voce 5 dicembre (Augustae Vindelicorum, p. 827) si legge che “In Italia il beato Lucido monaco di Cassino fondò il cenobio Albanense e si rese immortale per le sue illustri gesta. Di lui fa menzione Arnaldo Wion nel suo libro dal titolo “Legno di Vita”, e lo definisce anche fondatore del monastero di Albaneta. Il Postulatore della causa di beatificazione non è contrario a considerare che Lucido e Lucius siano la stessa persona. Il monastero di Lucio, distante circa mille passi dal monte di Cassino. ... Abbiamo acquisito queste notizie da CC. 361, 202, 688, dagli Atti Benedettini (Saecul. VI Luteciae 1701), dal Menologio di Bucelino, dal Wion, da Zaccaria Sereno cassinense, etc. Nota. Nel Martirologio romano di Francesco Maria Fiorentino al giorno 3 gennaio: “In Africa Lucidei Martialis etc.”, in Menologio Bucellini al 10 giugno: “A Roma la deposizione del venerabile Lucido vescovo Ficuleni”... Nel catalogo dei santi d’Italia di F. Filippo Ferrario Alessandrino al 26 aprile: “Lucidius episcopus 15 Veronensis”(Ivi, ff. 55v-57r). Filippo Ferrari (Philippus Ferrarius) (1551-1626), Catalogus sanctorum generalis (1625). Su Bucellino, cfr. G. Bucelin, Menologium benedectinum sanctorum, beatorum atque illustrium eiusdem Ordinis virorum, Weldkirchii 1655 . Sul “triste governo di Mansone”, e sulla fondazione “del piccolo monastero di S. Maria dell’Albaneta, vicinissimo a Montecassino, da parte del monaco Liuzio” (il nostro Lucido!) cfr. anche M. Inguanez, Montecassino, in “Enciclopedia Treccani”, vol. XXIII (Roma 1934), p. 731. 23 24
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bavarese Richerio (1038-1055)»26, cioè agli inizi del 1038, allorché Caterino è propenso a porre l’anno della morte di Lucido27, poco conta se il 5 o il 6 dicembre, come registrato variamente dai menologi benedettini28. Tale monastero “ebbe non un abate, ma un preposto o priore che, soggetto all’abate di Montecassino, era obbligato all’annuo pagamento di un censo alla Camera Cassinese. L’abate Desiderio (Benevento, 1027-Monte Cassino, 16 settembre 1087), - come riferisce Pietro Diacono - dal monastero dell’Albaneta prese metà della suppellettile e dei monaci per destinare quella e questi ad un altro cenobio”29. Esso “nel 1724 fu restaurato con la chiesa che fu ricostruita dalle fondamenta, perché cadente”30. Nel XX secolo l’abate Toschi scriveva: «Fa vergogna vedere questa casa, onorata già dalla presenza di tanti uomini illustri31, abbandonata da molti anni dai Cassinesi, cadente per forza deleteria del tempo e mutata in un’indecente stalla d’armenti»32. Durante la 2° Guerra mondiale la “masseria Albaneta” fu oggetto di uno dei più importanti episodi bellici33.
Leo Ost., 1. c. Ann. Cav., a. 1038. 28 Caterino 2000, p. 57 e n. 5: Durac., Mon. Cas., Tom. II: 5 dicembre; Buccellini, Menologium Benedectinum Sanctorum..., Augustae Vindelicorum 1656, (6 dicembre). 29 Caterino 2000, p. 43. 30 Ivi, p. 43. 31 Ivi, p. 44 e note 7-8: S. Tommaso d’Aquino, novizio benedettino dal 1231 al 1239, “e vi studiò grammatica e filosofia” (C. M. De Vera, S. Tommaso d’Aquino e la Badia di Montecassino, Montecassino 1858). Su S. Ignazio da Loyola che “vi stette ritirato nel 1538 per 50 giorni con Pietro O. ambasciatore di Carlo V presso la Santa Sede”: E. Gattola, Historia abbatiae Cassinensis, Ed. Coleti, Venezia 1733; D. Bartoli, Della vita e dell’Istituto di S. Ignazio fondatore della Compagnia di Gesù libri cinque del p. Daniello Bartoli della medesima Compagnia, In Roma, appresso Domenico Manelfi, 1650; Idem, Della vita ecc., Gravina, Vox. Turturis, II, c. 32. 32 Ivi, n. 9: Bibl. Cass., 1874, I, prol., p. VIII 33 «Attacco all’Albaneta: Il 19 marzo 1944, nell’ambito della terza battaglia di Cassino, gli Alleati pianificano un attacco che, secondo il piano, avrebbe dovuto appoggiare le operazioni in città e prendere l’Abbazia ed i suoi difensori alle spalle. La terza battaglia di Cassino non venne combattuta solo in città e sulle colline immediatamente attigue. Parte di essa si sviluppò anche in collina e più precisamente alle spalle del Monastero stesso, ormai ridotto in rovina da più di un mese. In questa zona, all’imbocco di una piccola valle incassata tra le colline, si trovano i ruderi della Masseria Albaneta, ovvero ciò che rimane di un antico convento sorto subito dopo l’anno 1000 e utilizzato dai tedeschi durante la battaglia come ospedaletto da campo e deposito di rifornimenti» (digilander.libero.it/historiatris/ albaneta.htm) Battlefield Tour - Libero - Community - I siti personali, in digilander.libero. it/historia_militaria/batouralbaneta.htm). Cassino 1944 - Forum gratis: Historia - Storia & Militaria historia.4forum.biz/t5-Cassino-1944). 26 27
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Il Medioevo La badia dové seguire, in parte, il destino del villaggio di S. Pietro, depredato dai saraceni nel X-XI secolo, posto a sacco dall’esercito di Federico II nel 1246, anno dell’assedio di Capaccio, ricostruito dal dottor napoletano di ambedue le leggi Severo de Petruciis nella prima epoca angioina, gravemente danneggiato dal terremoto del 1456 (anno da preferire alla tradizionale data del 1449) e ricostruito grazie alla generosità di Alfonso I d’Aragona34. Nella Platea del 1542 sono riportate le bolle dei pontefici Innocenzo II, Alessandro III e Clemente III, indirizzate al monastero di S. Benedetto, con le quali si confermano i possedimenti e si dichiara altresì l’esenzione dalla giurisdizione episcopale. “Queste bolle documentano l’esistenza della “grancia di S. Lucido” fin dal XII° secolo, il che ci fa ritenere che la sua fondazione sia di epoca anteriore . Nella bolla di Alessandro III° dell’anno 1167, si legge: apud Maglianum ecclesiam S. Lucii ..., in Monteforte ecclesiam S. Blasii cum pertinentiis suis. Nell’altra bolla di papa Clemente III° dell’anno 1188 è riportato “... terras et rusticos apud Mallianum, ecclesia S. Lucii cum pertinentiis suis...”35. Il XV e il XVI secolo Sappiamo che nel 1498, per il decadimento delle strutture e per evitare furti, si provvide alla «solenne traslazione dei resti mortali di S. Lucido dalla chiesa del monastero di S. Pietro, ove probabilmente erano stati trasferiti da Albaneta già alla metà dell’XI secolo, alla chiesa parrocchiale di S. Nicola di Bari in Aquara. Le insigni reliquie del nostro Santo - il capo e le ossa - erano chiuse in una teca d’argento ... La traslazione avvenne nell’ottava di Pentecoste, domenica, dedicata alla festività della Santissima Trinità ... essa, però, è stata sempre nel 28 luglio»36 . Sulle condizioni del monastero nel XVI secolo e sui pericoli derivanti dal Fiume Calore sono pochi ma significativi gli accenni documentali: Il 18 novembre 1525 si Di Stefano 1781, pp. 192-194. G. Colicigno, Stio. Casale - Università - Comune, Edizioni del Centro di Promozione Culturale per il Cilento, Acciaroli 1997 (= Colicigno 1997), p. 54. 36 Caterino 2000, pp. 48-49. Sul 1498, cfr. Di Stefano 1781, pp. 185 e 187. Sul documento del 1525 relativo all’esposizione delle reliquie (Ivi, pp. 49 e 52-53); sulla proclamazione a Protettore di S. Lucido nel 1634 (Ivi, p. 53); sulla deposizione delle reliquie nella statua di argento nel 1646 (Ivi, p. 50); sulla costruzione della cappella dedicata al Santo (Ivi, p. 50); sul furto di preziosi oggetti votivi, il 10 febbraio 1895, su quello successivo della statua e della teca con le reliquie (23 marzo), queste ultime rinvenute abbandonate, il 31 luglio, “in una crollante casa rurale” (Ivi, pp. 50 e 52). Sulla richiesta del 1886 per la messa ufficiale nelle due solennità di gennaio e 28 luglio (Ivi, p. 54). Sulla ordinazione della seconda statua d’argento (Ivi, p. 51). La statua d’argento con le reliquie e l’altare di S. Lucido sono ricordati anche dal Di Stefano, non solo in riferimento ad Aquara (1781, pp. 112 e 119), ma anche alla confraternita laicale di Pantoliano che «ogn’anno processionalmente con quel Clero si portava in Aquaro a visitare il sacro Avello del nostro San Lucido, e ’l certifica ancora il P. Aquario nelle sue memorie storiche M.S.» (Ivi, p. 100). 34 35
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è confermata l’autorizzazione episcopale caputaquense sull’esposizione processionale della reliquia in particolari circostanze, “quando d. Beato viene asportato nella sua antica chiesa di S. Pietro Monistero diruto de PP. Cassinesi”, come da richiesta annuale presentata nel passato, che però non sempre si può inoltrare a causa dei “flagelli per essere sottoposta detta loro Terra ad un terribile fiume”37. «L’esistenza e l’antichità della “Grancia di S. Lucido” chiesa e priorato, è documentata fin dall’anno 1167. Documento basilare e la Platea del monastero di S. Benedetto di Salerno; la Platea rispecchia la situazione amministrativa e patrimoniale del monastero nell’anno 1542, quando su istanza di Cesare Vives, in quell’anno nominato abate commendatario del monastero di S. Benedetto dal papa Paolo III, re Carlo V ordinò che si fosse proceduto all’inventario ed alla restituzione di tutti i beni, possedimenti e diritti del monastero. Ciò fu fatto con verbale del 6 Maggio I544 del notaio Bracale di Napoli38. Per oltre 150 pagine viene descritto in dettaglio il patrimonio ed i beni del monastero, dopo l’elencazione dei beni posseduti in Salerno e contrade, si elencano i priorati e le grancie del monastero. I priorati erano dodici e tra essi il “Priorato di S. Lucido” di Magliano ed il Priorato di S. Biase di Monteforte, che mons. Balducci ritiene essere Monteforte Cilento. Del Priorato di S. Lucido si parla per 8 pagine, da pag 541 a pag. 549, nella Platea: «... la ecclesia ruinata intitulata s. Lucido, priorato et grancia de s. Benedicto de Salerno ... sito nella pertinentia de la Terra de Magliano, vulgarmente dicto S. Lucido, distante mezzo miglio in circa...». Seguono beni e reddenti. Nel 1582 con l’avvento degli Olivetani, nel monastero di S. Benedetto di Salerno, si ebbe una rinascita spirituale che però ebbe vita breve, incalzata dal soffocante prevalere delle “commende”. «Oltre delli Vescovi Suffraganei tiene l’Arcivescovo molte Abbadie tanto Diocesane, quanto Provinciali, le quali devono nelle cause d’appellazioni ricorrere alla Curia Arcivescovile come Metropolitana, nonostante che siano esenti dalle giurisdizioni dell’Ordinarij nelle Diocesi de’ quali sono situate, come fra l’altre sono l’Abbadie di Controne, di S. Lorenzo d’Altavilla, di Tramotola, di Saponara, di S. Pietro d’Aquara, di S. Angelo a Fasanella, di S. Lorenzo della Polla, del Castello di S. Lorenzo di Padula, di Sassano, di S. Nazario, di Centola, di Corleto, di Contursi, di Pattano, di Rofrano, et altre»39. Caterino 2000, pp 58-59. Su A. Balducci, cfr. nota seg. 39 L. Cassese, Spigolature archivistiche. La Platea generale della Chiesa Salernitana del sec. XVIII, in “Rassegna Storica Salernitana” (RSS), a. II, n. 2, agosto 1938 - XVI, p. 314. Interessante per tale Chiesa anche L. E. Pennacchini, Pergamene salernitane conservate nel R. Archivio di Stato in Roma,Ivi, pp. 296 ss. Inoltre, A. Balducci, L’Archivio della Curia arcivescovile di Salerno, Parte II, Cartulario Ecclesiae Salernitanae del sec. XVII (841-1650), in “RSS”, a. XII (1951). Ed Idem, L’Archivio diocesano di Salerno, Salerno 1959 (Parte I), 1960 (Parte II): Parte I, p. 80, riguardo a Margano. Da aggiungere Idem, Un chartularium ecclesiae Salernitanae del sec. XVII, Parte I, 37 38
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«Nel gennaio del 1574 troviamo la Bolla di D. Domenico Margano, Abate di S. Pietro di Aquara, Vicario Generale di Capaccio, con la quale conferisce a D. Marco Grasso la Cappellania di S. Pietro, nella Chiesa Parrocchiale di S. Maria del Paradiso in Lauriano»40. Nel primo sinodo della diocesi di Capaccio, celebrato nella chiesa madre di Padula da mons. Paolo Emilio Verallo nel 1567, è apposta la firma del presidente Domenico Margano, abate di S. Pietro di Aquara, vicario generale e visitatore della diocesi41. Il vescovo di Campagna Gerolamo Prignano, originario di Novi, nella relazione della Visita ad Limina per la sua diocesi, datata 8 dicembre 1586, scriveva che nell’ambito di centoventi villaggi e centri abitati fortificati, di 700 presbiteri, di 1300 chierici, di monasteri, vi erano tredici abbazie, tra le quali quella “sancti Petri de Aquaria” e che la rendita di chiese e benefici era tanto esigua da permettere appena che i rettori potessero vivere decentemente. Inoltre, che vi erano tre badie, cioè quelle di S. Pietro di Aquara (“sancti Petri Terrae Aquariae”) del valore di 150 ducati, di S. Andrea di Oppio in agro di Roscigno del valore di circa 100 ducati e l’altra di S. Pietro di Sanza di circa 70 ducati. Tra l’altro, Giovanni Camillo Scorzelli “commendatario seu Abbate” di S. Pietro di Aquara rifiutava di contribuire alle spese per il seminario e, di fronte alle minacce di quel vescovo di ricorrere a censure e ad altri rimedi legislativi, si appella all’Arcivescovo di Salerno dal quale ottiene l’assoluzione, dopo tre anni di inadempienza per le spese del seminario che il commendatario giustifica come esenzione ricevuta dal vescovo di Capaccio. Da aggiungere che ad Aquara come anche ad Ottati, Polla, Laurito, Giungano e nel casale dei Cornuti, vi erano conventi domenicani42. Il XVII secolo La grancia di S. Lucido resta patrimonio del monastero di S. Benedetto di Salerno e la ritroviamo descritta nell’inventario degli Olivetani nell’anno 1642: «grancia di S. Lucido per un valore di 30 ducati annui, ed un territorio seminatorio e boschivo a Magliano con
in “RSS”, a. VI (1945), pp. 248-344. Badie Nullius quelle di Altavilla, S. Pietro di Aquara, S. Nazario, S. Maria de Populeto e Rofrano: A. Balducci, Parte II, 1960, cit., p. 132 e n. 2. Domenico Margano in Di Stefano 1781, p. 131 e p. 187. Su S. Pietro, cfr. il Discorso XI del Di Stefano (1781, pp. 183-194): fondazione del monastero da parte di Desiderio o di Carlo Magno (Ivi, p. 184); giurisdizione civile dell’abate, perduta tra il 1498, anno in cui è attestata nella platea del monastero del 4 maggio 1498, contenuta negli atti del notaio Nicola Comunale de Notariis, e viene per la prima volta nominato un abate commendatario (Andrea Luigi Rosso di Napoli), e il 1517 quando fu barone di Aquara Giulio de Scorziatis della Castelluccia (Ivi, p. 185 e 187). 40 A. Balducci, Archivi Salernitani. L’Archivio della curia arcivescovile di Salerno, Parte I, Regesto delle pergamene (945-1727), in “RSS”, a. XI (1950), p. 315. 41 C. Troccoli, La Riforma tridentina nella Diocesi di Capaccio (1564-1609), Napoli 1994 (= Troccoli 1994), pp. 168-169 e 172. 42 G. Barra, Il convento dei Domenicani di Aquara, cit., pp. 33-48.
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valore di 18 ducati annui»43. Nel 1629, «al Sinodo Carafa si lamentarono parecchie assenze, ma tra i contumaci a Laurino, furono molte abbazie che invece furono presenti al Sinodo che il Brancaccio convocò a Sala venti anni prima… le abbazie di Sant’Angelo a Fasanella, Controne, Centola, Castel di San Lorenzo, S. Pietro d’Aquara, Pattano, Pasitano per l’Abbadia di Abbate Marco, S. Cecilia, Castello dell’Abate». «S’era allora in pieno clima di conflitti giurisdizionali fra vescovi e abbati; n’è prova lo stesso titolo XXIX del Sinodo Carafa, particolarmente severo verso gli abbati che “usurpavano” la giurisdizione episcopale»44. Il 28 ottobre 1634, ad Aquara, si accolgono le richieste della cittadinanza per nominare S. Lucido protettore della località e si decide di conservare le sue reliquie (testa e ossa del corpo) in una teca nella cappella di S. Nicola della Chiesa madre45; nella visita apostolica del 10 dicembre 1642 si chiedono altre informazioni sui miracoli di S. Lucido, si ufficializzano le festività seguite e si dispone di chiudere a chiave la teca46. Le reliquie, durante la santa visita del 19 giugno 1676, risultano riposte in una stata linea “deaurata”,
Colicigno 1997, p. 54 e n. 15 = A.S.S. Pr. Not. 4895-1642-4984-1648-184 A. Cestaro, Il Cilento nel ‘600 e ‘700, in “Rivista di Studi Salernitani”, n. 3, gennaiogiugno 1969, p. 137. 45 SCR, pp. 189-190: «... le preghiere rivolte al re Filippo IV e all’Ecc.mo Principe di Oliveto e duca della Terra di Aquara, e Vice marchese. Alla presenza dell’arciprete del rev. Signor Carlo Antonio de Marinis, incaricato da Orazio Marsilio vicario generale del cardinale Brancati vescovo di Capaccio, si riuniscono nella chiesa parrocchiale di S. Nicola davanti all’altare maggiore, in cui è conservato il Santissimo sacramento dell’Eucarestia i rappresentanti dell’Università: il sindaco Antonio de Magistro, gli Eletti Antonello Carusi, Giovanbattista Minella, Vincenzo Gagliardo, e Nicola De Mottola, ed anche i seguenti deputati: il duca di Aquara D. Antonio Spinelli, D. Virgilio Spinelli e D. Francesco “de Argulio” di Napoli, U. I. D. Fabio Marcuzio, Francesco Antonio Moscarello, Livio e Geronimo Paolino, Angelo Antonio Iunione, Moscarello dei Moscarelli, Giovambattista Pagano, Francesco e Flavio di Andriola, Giovanni de Marino, Davide de Marino, Vincenzo Longo, Francesco e Cesare de Peduto, Giulio Malleo, Santoro de Sesto, Alessandro de Gregorio, Bartolomeo de Martino, Donato di Cirillo, Cristofaro de Magistro, Antonio e Pasquale de Marino. Il Sindaco e gli Eletti accolgono in nome della cittadinanza il beato Lucido come Patrono e protettore perché preghi Dio di difendere la Terra dalla peste, dalla fame e dalla guerra». 46 Il Vicario generale Orazio Marsilio, assistito dal segretario De Rosa, durante la visita apostolica del 10 dicembre 1642 (SCR, pp. 191-192), concede la facoltà di portare in processione la reliquia di S. Lucido e si incarica l’arciprete di informarsi della veridicità dei miracoli espressi nella supplica. Inoltre, in nome del vescovo Tommaso Carafa, si ufficializza la consuetudine di celebrare la festa in onore di San Lucido la domenica dopo Pentecoste e nell’ottava di Pentecoste di ogni anno; infine si dispone che per conservare la reliquia “si facciano tre chiavi, una tenga l’Arciprete, l’altra il Sindaco e l’altra il Procuratore del Beato”. (L’atto del notaio Giovanni Camillo Pagano è conservato dal notaio Geronimo de Marini di Laurino). 43 44
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posta sul proprio altare e protetta da una cancellata di ferro e da una vetrata47. Il casale di S. Pietro, sorto nelle vicinanze del convento omonimo, dal cui abate dipende fino alla presenza in loco dei Benedettini, passando poi alla giurisdizione dell’arciprete di Aquara ed all’università locale, rispettivamente per le competenze religiose e civili, già in fase di decremento demografico tra il 1634 ed il 1655 (da 8 a 5 famiglie)48, fu quasi del tutto spopolato dalla peste del 1656 che colpì l’area. Essa si era diffusa da Napoli, al seguito di coloro che avevano cercato di evitarla rifugiandosi nei paesi cilentani di origine49. «Don Giovanni Geronimo Gascon, Abate Commendatario di San Lorenzo del Castello e di San Pietro di Aquara, il 27 agosto 1698 incaricò Francesco Del Baglivo, governatore dello Stato di Laurino, di formare la Platea delle due Badie, poiché «... si possiedono molti beni tra terreni, censi, affitti ed altro e l’attuale Abate intende esigere e pagare eventuali debiti ... Si procedé all’affissione di bandi nelle pubbliche piazze di Castel di S. Lorenzo, Felitto, Aquara, Albanella e Castelluccia e si ordinò al banditore di emanare le disposizioni in modo che tutti quelli che possedevano beni, come terre seminatorie, vigne, orti, oliveti, giardini, case ed altro della Badia di S. Lorenzo del Castello e di San Pietro di Aquara si recassero davanti al Governatore per giurare e testificare a voce di portare tutti i relativi documenti in loro possesso, al fine di formare delle copie, per stilare la Platea dei beni delle Badie. La stessa cosa per i censi, rendite, affitti, enfiteusi, pesi, decime, in grano o altri beni e in denaro»50. Il primo bando fu emanato il 17 dicembre 1698 e i possessori di tali beni si dovevano recare ad Aquara entro sei giorni e, per chi non si presentava entro tale termine, vi era la pena di 150 ducati, che veniva applicata immediatamente dal Regio Fisco; inoltre, restava privo della tenuta posseduta. Nella relazione della “Platea”, o come la chiameremo oggi “inventario” dei beni, Francesco Del Baglivo riporta la descrizione del tenimento e accenna a come si presentava la chiesa: «Il governatore si è recato nella chiesa di San Pietro di Aquara quale è posta e situata nella parte di sotto della Terra di Aquara mezzo miglio distante e proprio dove si dice il Casale di San Pietro verso mezzo giorno al presente quasi tutta diruta con sole poche muraglie all’erta, e per Da una copia della visita apostolica del 19 giugno 1676, fatta il 10 dicembre 1875 dal Cancelliere Archiviario, il sac. Gaetano Finamore (SCR, p. 192), si legge che il Rev. J. D. Don Aniello La Guardia, in qualità di associato, dalla Terra “Roccae Aspidi” giunse nella parrocchiale di S. Nicola di Aquara e, tra l’altro, visitò le reliquie del Beato Lucido “riposte nella statua lignea deaurata e venerate e portate processionalmente nel giorno della festività che si celebra in quella della SS. Trinità, anche per impetrare in particolari circostanze il soccorso divino. La statua, posta nel proprio altare, risulta protetta da una cancellata di ferro e da una vetrata con due chiavi, di cui una in possesso dell’arciprete e l’altra dal Procuratore della Cappella, ed un’altra, che manca, suole essere tenuta dal sindaco”. 48 Ebner 1982, p. 523. 49 F. Volpe, Il Cilento nel XVI secolo, Ferraro Ed., Napoli 1981, pp. 139-172. 50 G. Barra, La Platea di S. Pietro di Aquara del 1698, in “Il Postiglione”, aa. XVII-XVIII, nn. 18-19, giugno 2006 (= Barra 2006), pp. 113-126: p. 113. 47
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informazione da me pigliate si ha che in detto luogo anche fusse stato eretto monastero per habitatione dei PP. Benedettini, il che anche come si vede dalli vestigia e delle muraglie. Si ha per antica tradizione che avanti il monastero suddetto dove è una piazza larga, vi si fusse fatta ogni anno nella giornata del glorioso San Pietro una fiera, dove il cennato monastero o Abbate o suo delegato aveva il diritto di esigere alcuni diritti dalli compratori e venditori nella fiera, hoggi è dismessa (p. 114, n. 6: Le fiera fu soppressa nell’anno 1646, mentre nel 1781 si eseguiva per 8 giorni, secondo il Di Stefano). Cento passi distante dall’abbadia e Chiesa suddetta di San Pietro si trova un’altra chiesa posta e situata fra l’abbazia e il territorio di Aquara, sotto il titolo di Santa Maria del Piano51, quale chiesa per il passato è stata nel medesimo pericolo di rovina e demolizione, al presente da pochi giorni in qua riparata di fabrica e copertura a segno che già si vede fuora et esente dal pericolo suddetto, all’entrata della chiesa si trova una porta mediamente buona di legname inforata con masco (serratura!). La chiesa suddetta sta formata in una nave lunga da palmi quaranta, alla testa di detta nave, e proprio dirimpetto alla porta suddetta sta situato un altare sopra e nel mezzo del quale sta una statua della Beata Vergine col Bambino in braccio tutta di stucco intitolata S. Maria del Piano, adornato l’altare con tovaglie e con solo due candelieri antichi di ottone, e l’altare suddetto accio si rende atto alla celebrazione ha bisogna di pietra sagra, scabello et altra utensileria. Alla parte destra dell’altare si trova un altro altare col quadro in tela del glorioso san Domenico, con cornice negra attorno senza altro adobbo in detto altare. Nella chiesa suddetta et Abbadia di S. Pietro dalle informazioni da me ritrovate si ha che vi fusse stata una statua grande di rilievo di legno da parte in parte indorata con sedia medesimamente di legno, quale statua con sedia si conserva nella Chiesa Madre della Terra di Aquara ed anche da informazioni che nel campanile di detta chiesa di S. Pietro si fusse stata una campana di metallo di peso ai due cantara52 circa quale campana similmente al presente sta conservata dentro la Chiesa Madre di Aquara e sappiamo ancora che un calice con piede di rame indorato al presente e sempre nella Chiesa Madre del Castello di Santo Lorenzo [...]». Si formò prima la descrizione del territorio della Badia: «San Pietro di Aquara possiede un territorio, seu comprensorio con dentro il detto Monastero e la detta chiesa di San Pietro e la chiesa di Santa Maria del Piano. Designazione del territorio: A di 18 dicembre 1698 fatto l’accesso sopra la faccia del luogo del tenimento seu comprensorio assieme con gli esperti, persone timorate di Dio, di buona fama, Donato de Fierto di Aquara di anni 65, Boetio Maglio della medesima Terra di anni 66, Giuseppe Guadagno d’anni 64, e mastro Domenico Peduto di anni 74 tutti di Aquara, dicono essere coloro massari di campo e bracciali, huomini pratici, esperti, et informati del territorio e confini del Monastero e con giuramento hanno detto: sanno molto bene che la Badia di Santo Pietro di Aquara, da tempo immemorabile che non vi è memoria d’uomo in contrario, ha sempre tenuto e posseduto pacificamente un territorio consistente in un comprensorio di grandissima capacità sistente nel territorio Sulla chiesa di “S. Domenico sotto vocabolo di Santa Maria del Piano”, già cella della badia di S. Pietro insieme alle chiese rurali di S. Elia e di S. Valentino, Di Stefano 1781, pp. 190-191. 52 Il cantaio o cantara è una misura di peso che equivale a 100 rotoli ed è pari a Kg 89,100 (M. Nigro, Primo dizionario etimologico del dialetto cilentano, Agropoli 1989 (= Nigro 1989), cantàro, p. 103: dall’ar. qintar). 51
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di Aquara, quale tenimento che possiede la Badia parte e laboratorio e parte e luogo imboscato di cerri, cerque, sopra del quale l’Abbate possiede tutte le ragioni e jus, dominio et intiero stato, come vera Signora e padrona, esigendo dalli territori suddetti li terraggi alla ragione di ogni dieci una e percependo li frutti dalli suddetti boschi e selve nelli corpi stabili. Parte del quale territorio al presente si ritrova in potere di molte persone che gli Abbati predecessori hanno concesso». I confini sono i seguenti: dalla pietra grande chiamata Pietra della Ionta dentro lo fiume tra il Castello e l’Aquara>feudo chiamato delli Magli>la sepe delli Alinella>fiume di Aquara da sotto lo Temponi dell’Eriche>fiume>Valloncello delli Vairi>lemete di Santo Nicola>Aira delli Vairi>via che va a Santo Pietro>Porcile>Vallone delle Conche>Varco della Ventola>via pubblica della Ventola>via vecchia seu lemete di mastro Gasparre Marchese>granatelle avanti la Badia di Santo Pietro>via vecchia ad alto che scende da Aquara a Santo Pietro>muro di dietro la Chiesa di Santa Maria del Piano>strettola che va al casalino di Giuseppe Maglio>Vallone della Chiaia>lemete di Lorenzo Marchione>strada che scende da Aquara e proprio dove si dice Cerza Madalena>Costa Rosa sino al Valloncello dove l’olive di santo Nicola>via che va alla Pantana>condotto dell’acqua, che va dentro la vigna della Corte>lo fuosso>passa la via>pietra stante crociata al Serratiello confinante colli beni di Santo Spirito di Corleto>per la via vecchia>via a basso, che va alla Rocca>Tempone della Ciambello>cerritiello crociato allo Ferritiello>Tempetiello sopra dell’Isca delli Covazzi>fiume fiume ad alto sino alla pietra della Jonta da dove si è principiato. “In detto territorio vi è un pezzo di terra della Corte di Aquara, di tre tomoli, proprio dove si dice le Terre Fuorti con altro territorio di due tomola e proprio dove si dice la Caminata e per ultimo un altro territorio di tre quarti quale confina colla via che va al mulino del Castello”. I beni demaniali dell’abbadia di S. Pietro di Aquara: Aira di Santo Valentino; Bracano, seu alli Condutti; Caminata; Camporotundo sopra Aquara; Casalicchio; Fontana della Tina, confinante coi beni del Beato Licido, da pede via pubblica; Fontana delli Nuci; Gaudelluzzo; In capo li Lauri; l’Acqua della Fica e proprio sopra lo Camino (conf.: territorio di San Lorenzo del Castello); Li Lauri e proprio alla Fontana della Tina; Pantano; Pastini, seu Santo Pietro; Pera di Notar Mario, seu allo Pinto; Pietra Molina (conf.: pede lo fiume, Vallone dello Cestina, Gorgo delli Scola; Cerrantuono da sopra lo Acquaro (conf.: pede con lo fiume); Pisciolo; S. Rocco; Santo Pietro; Terra delli Monaci; Tuoro53. “Rendite, seu cenzi in Aquara”: n. 149, alcuni dei quali, solitamente 2 o 3 intestati a singoli titolari: Canale; Condutti; Fontana delle Nuci; Fontana dello Scorziello; Fontanella; Gaudelluzzo; Gaudo; Santo Pietro e proprio al Vallone della Chiaia; Mastro Biasi o Ferrari; Pantano; Piano dello Vottaro seu Gaudelluzzo; Piano dello Vottaro; Piano seu Casalicchio; Pietra Molina; Santo Elia; Santo Pietro; Serra delli Monaci; Serra; Tuoro; Ventola; Vignale delli Filici54. 53 54
Barra 2006, pp. 116-118. Ivi, pp. 118-126.
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Il XVIII secolo Interessante è la visita del 2 giugno 1716, effettuata ad Aquara dal Vicario diocesano che vi è giunto da Fogna (“Casalis Funcareum”) (SCR, p. 192). «Visitò la Cappella del Beato Lucido. Vi sono oneri di messe, come nella precedente visita. L’altare è ornato decentemente. Possiede un reddito amministrato dal Procuratore da eleggersi dalla Università; si ordina di portare il libro dei conti nello stesso giorno per un loro controllo, pena la scomunica. Si osserva che nella nicchia è la statua argentea di antica fattura del Beato Lucido, nella quale sono le reliquie di quel beato, difesa da una grata in ferro di elegante ornato, che viene chiusa con tre chiavi...». «Visitò il 10 giugno l’abbazia di S. Pietro. Le abitazioni sono dirute ma con la devozione dei cittadini di Aquara fu costruita una nuova chiesa ad ora perfetta ed idonea alla celebrazione di messe...». Nel palazzo episcopale di Capaccio, il 18 novembre 1525 si ordina che l’esposizione del Venerabile abbia il numero di candele fissato nelle Costituzioni sinodali (SCR, p. 194). L’Arciprete dovrà garantire l’osservanza delle disposizioni, sotto pena di duc. 20. Nello stesso secolo si intende recuperare terraggi per la Badia di S. Benedetto anche dalla Grancia di S. Lucido, ubicata presso il diruto casale di S. Pietro, e dalle terre di proprietà a Magliano (Vetere)55 e si scrivono opere sulla vita di S. Lucido, andate purtroppo perdute, da parte di Lucido Di Stefano e “Padre F. Ludovico Peduto de’ Minori Osservanti di S. Francesco, detto altresì il Padre Aquario”(1724)56. La chiesa di San Pietro, nel 1781, si presentava ben curata con la statua in legno raffigurante San Pietro in abiti pontificali sedente in Cattedra, molto antica, simile a quella in bronzo che sta a Roma in San Pietro. La chiesa era stata riedificata dall’Università nel 1712 ma in forme ridotte: era più corta57. La Bolla papale del 9 gennaio 1733 (SCR, p. 142) si rifà alla richiesta del 5 maggio 1730 “del Venerabile Fratello nostro Fabrizio Pignatelli attuale vescovo di Lecce” che il monastero Abbazia di S. Benedetto ottenga terraggi anche dalla Grancia di San Lucido e dai beni esistenti nelle Terra di Magliano da cui si ricavano da enfiteusi 8 ducati. Il 16 agosto 1761 (SCR, pp. 188-191), con licenza del Vicario Foraneo in quanto giorno festivo, ad Aquara, si riuniscono i magnifici giudici a’ contratti e i testi nella chiesa Parrocchiale di S. Nicola e precisamente nella Cappella di S. Lucido di diritto patronato dell’Università, insieme al sindaco Gennaro Minella, agli eletti mastro Domenico Amitrano, Cosmo Angrisano, Geronimo Marchese e Michelangelo Marchese, al procuratore mastro Anselmo Amitrano, all’economo dell’università Tommaso Gagliardo, con gran concorso di popolo. I rappresentanti dell’università dichiarano, previo giuramento, che per tradizione è ritenuta sicura presso tutta la cittadinanza locale la nascita del benedettino S. Lucido nel casale di S. Pietro, ora diruto, la cui vita ricca di virtù e miracoli è stata dichiarata, insieme all’acclamazione di lui come Protettore al defunto notaio Giovanni Camello Pagano di Aquara, il cui atto pervenne al notaio Geronimo Marino di Laurino. Liberati grazie alla intercessione di S. Lucido dalla peste del 1656, gli abitanti di Aquara gli dedicarono una statua nella quale nel 1659 fecero inserire il suo integro capo e le altre ossa, oggetto di continuo pellegrinaggio e richiesta di grazie. 56 Di Stefano 1781, p. 113 e pp. 100 e 135. 57 Ivi, pp. 186-188. 55
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Della Badia facevano parte come grancie la chiesa di S. Elia, di San Valentino, di S. Domenico, detta Santa Maria del Piano, le prime dirute nel 1781, l’ultima aperta al culto58 . La lapide e la “grancia” di S. Lucido a Stio lo storico di Stio, P. Barbato «... era in agro di Stio in vista di Magliano... nel 1882 fu decifrata una pietra con iscrizioni59. Si è giunti al recupero di due frammenti di una lapide che in origine doveva essere posta come frontone di un edificio di culto; i frammenti erano presso l’ingresso di un casolare in località S. Lucido del Comune di Stio non lontano da una sorgente detta “Fontana della Pastena»60. Da un mio calcolo l’intera lapide in origine doveva avere dimensioni di circa m. 1,40 x m. 0,80, manca pertanto la parte maggiore per la corretta lettura dell’iscrizione. Dai dati leggibili, ritengo che la lapide faccia riferimento alla chiesa “grancia” di S. Lucido che nel 1755 era commenda. L’edificio, oggi adibito a pollaio, presenta interessanti caratteristiche che ci fanno ritenere di aver individuato quella che nei documenti conservati presso l`Abbazia Benedettina di Cava dei Tirreni, è detta “grancia di S. Lucido”. L’edificio, privo di copertura, è a pianta rettangolare di m. 8x25 circa, sorge su un pianoro ed in posizione sopraelevata di un metro rispetto al piano di campagna circostante. Ha orientazione Ovest-Est con ingresso sul lato Ovest, secondo i canoni delle chiese di impianto italogreco. Questo elemento può far ipotizzare un insediamento anteriore alla colonizzazione benedettina. Era costituito da due ambienti separati da strutture ad arco, oggi crollate, di cui si conservano tracce delle basi. Al vano anteriore si accede dalla porta sul lato Ovest su cui era posta la lapide di cui facevano parte i frammenti ritrovati. Il vano posteriore, più piccolo, aveva accesso sia dal vano anteriore che da una porta posta nel lato Nord della costruzione. La muratura perimetrale è ben conservata e presenta i connotati tipici di una tecnica molto antica; blocchi di pietra squadrata di media grandezza messi in opera con malta e conci di cotto. Una cura particolare era usata per gli spigoli murari e per le porte dove si alternano pietre a cuneo e conci rettangolari simmetricamente disposti. L’esame delle tipologie murarie, delle dimensioni, della struttura, dell’orientamento, e dell’ubicazione dell’edificio consolida la nostra ipotesi di aver individuato il sito dove era l’antica “grancia di S. Lucido”, ed il ritrovamento dei due frammenti di lapide nei suoi pressi costituisce la prova documentale certa»61. Essa, riportata tra le “Carte relative al culto del Beato Lucido”, esibite alla Sacra Congregazione, è la seguente: D. O. M./Divi Lucidi S. Bened. Commendae Prior. Praedium hoc aliqua praedicta jura, actiones Apostolica auctoritate impartita sub Di Stefano 1781, p. 188; Ebner 1982, pp. 521-522; Barra 2006, p. 115 e n. 10. P. Barbato, Monografia di Stio, manoscritto inedito. 60 Mappa IGM, Foglio 209, Comune di Stio. 61 Colicigno 1997, p. 54. 58 59
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datum Romae predie nonas Januaris 1733. E.mus D.nus D. Josepho Card. Ferraù perpet. Comendat. ne vel ne res tam expetenda inelaborata remaneret clauso extremo die Fabriti Pignatelli illud sive illa concessit in emphitheusium perp. Matrici Ecclesiae Terrae Malleani ad annuum canuum in ducatorum duodecim ut ex actis Magnifici Horatii Joannis Jacobi de Cogitori Civitatis Salerni sub die Februari 1737. Et hoc ad Eternitatis memoriam monumentum Sancta Sede imp. arci.te Ecclesia ipsa erigi curavit anno D.ni MDCCXXXVII62. Nel 1754 il “priorato di S. Lucido” è ancora in vita come Commenda: «... priorato di S. Lucido spettante alla Commenda di S. Benedetto di cui è commendatore l’ecc/mo card. Ferraù, possiede in questa terra annuo canone perpetuo di docati 12 che esige dalla chiesa di Magliano per concessione fatteli d’alcuni territori»63. L’abate Stefano Pinto U. J. D., rettore della chiesa parrocchiale di S. Pantaleone di Vallo e di Spio e vicario del Rev.mo Signore D. Agostino Odoardi vescovo di Capaccio in Spiritualibus dichiara, nella causa di concessione in enfiteusi di alcuni terreni della Badia di S. Lucido, Commenda di S. Benedetto della Città di Salerno, esistente nella Terra di Magliano, suoi casali, e nella Terra di Laurino, che i documenti furono esibiti nella Curia Episcopale, cioè nel Vallo di Novi, dal Clero; viene presentato un documento papale del 5 maggio 1464 diretto al vescovo attuale Fabrizio Pignatelli; il censo annuo, per il periodo di 29 anni, è di duc. 10. Dato a Roma presso S. Maria Maggiore nelle mese di Gennaio, quarto anno di Pontificato. Il documento di concessione è siglato 24 marzo ed infine 28 maggio 1734, Angelo Vecchio Cancelliere e Angelo Pinto cancelliere, e dovrà essere affisso sulla porta della chiesa citata. Sono presenti il Rev. D. Albino, che si impegna a produrre gli atti dell’assenso da parte della Curia vescovile di Capaccio, il Rev. Sign. D. Geronimo Genovese, il regio giudice ai contratti Jacobo Vassallo di Salerno e, in qualità di testimoni, il Rev. Signor D. Pietro Guida di Vietri di Potenza, il Sign. Canonico D. Donatantonio Caricchio della Città di Acerno, il Sign. D. Giovanni Antonio Freda di Acerno e il signor Nicola Cerino di Olevano (Salerno, 26 febbraio 1737). Riportiamo una traduzione in italiano, per quanto possibile “D.O.M./Priore della Commenda di S. Lucido di S. Benedetto. Questo predio con alcuni predetti diritti ed azioni impartite con autorità Apostolica in Roma sotto la data delle prime none di Gennaio 1733. Eccellentissimo Signore D. Giuseppe Ferrau, in perpetuo Commenda perché non rimanga dubbia, defunto Fabrizio Pignatelli che quella concesse in enfiteusi alla madre chiesa di Magliano con il canone annuo di ducati 12, come dagli atti del magn. notaio Giovanni Giacomo de Cositori della città di Salerno nel febbraio 1737. E questo monumento a ricordo eterno e con l’autorizzazione della Santa Sede, l’arciprete e la chiesa stessa curò la sua erezione nell’anno del Signore 1737”. «Certifico io qui sottoscritto Parroco della Chiesa Parrocchiale di Magliano sotto il titolo di Santa Maria assunta in Cielo, come di proprio pugno ho estratto copia di una lapide che giace a terra nel bosco di S. Lucido della seguente epigrafe (SCR, p. 198): D.O.M./Divi Lucidi S. Ben. Commende Prior Praedium hoc aliqua...». 63 Colicigno 1997, p. 55 e n. 16 = ASN, Catasti onciari, Magliano, vol. 4465. 62
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Il 16 febbraio 1737 «a Salerno, prima ora di notte e tre lumini accesi per osservare la solennità in atti notturni ... Costituiti personalmente in presenza nostra il Signor D. Girolamo Abbate Genuese di questa predetta città di Salerno, Reggente e Procuratore Generale dell’Eccellentissimo Cardinale D. Giuseppe Firrao Abbate e perpetuo Commendatario dell’Abbadia di S. Benedetto di questa Città di Salerno e della Grancia di S. Lucido della Terra di Magliano, siccome apparisce da mandato di procura che si conserva dal Magn. Notaro Andrea di Gilio di Salerno», cui si aggiungono due lettere del cardinale del 18 dicembre dell’anno passato e del 29 del passato mese di gennaio. «Dall’altra parte è il Rev. Sign. D. Albinio Tarallo della Terra di Magliano, al presente in questa Città di Salerno, Procuratore in virtù di special mandato di procura inferius inserendo dalli Rev.di Signori Arciprete e Sacerdoti della Venerabile Parrocchiale chiesa di S. Maria dell’Assunta di detta Terra di Magliano ... il sudetto Signor d. Albinio nel suo proprio nome promette voler ratificare e che abbiano li medesimi da rattificare il presente istrumento e quant’in esso si contiene de verbo ad verbum frà lo spazio di giorni quindeci da oggi numerandi...». L’atto di procura all’Albinio, economo curato della chiesa, da parte dei sacerdoti riuniti nella chiesa di Magliano è del 21 febbraio 1737 (Reverendi D. Nicola Guariglia Procuratore, D. Carlo Maucione, D. Gaetano Imbriaco, D. Angelo Cinelli, che è debitore di un censo enfiteutico di duc. 12 annui che consegna all’abate Genovese. Questi, a sua volta, dichiara che alla Badia e Grancia di S. Lucido appartengono i seguenti “corpi da beni stabili, et annui redditi”: “un territorio nominato Santo Lucido arbustato, con arbori di cerque, cerri, e castagne montuoso, e piano, di capacità circa tomoli cento, sito, e posto nelle parte della Terra di Magliano, confinante da capo colli beni di detta Parochial Chiesa denominati Limito, da pede con altri beni di detta Parochial Chiesa de’ nominati Piani delli Ferrari, e Zerilli ...; un territorio con pochi piedi di cerri di capacità da circa mezzo tomolo” a “ Santo Lio”; un seminativo di 3 tomoli a S. Benedetto; un altro seminativo di 2 tomoli al Serracchio; altro seminativo di 1 tomolo alla Grotta; un “terreno seminatorio, seu isca” a Laurino in loc. Isca di “Santo Ligio”di circa 5 tomoli, confinato da piedi con fiume Calore; un annuo reddito di mezzo tomolo di grano dovuto dalla chiesa parocchiale in loc. Chiusa di Santo Marjano; gr. 15 da un privato su una vigna al Piano delle Pruna; gr. 2 su una vigna a S. Pietro; gr. 10 da privati su una vigna alla…mensa Romana; gr. 16 su un terreno ai Portelli; gr. 5 su una vigna al Piano; gr. 7 su una vigna alle Fornaci (28 maggio 1734). Si concede l’enfiteusi per doc. 12 annui, da pagarsi a Salerno al card. Ferrau, come prima annata, entro l’ultimo giorno di dicembre del corrente anno 1737. Se nel periodo di 2 anni consecutivi non si è proceduto al pagamento, i diritti della chiesa di Magliano decadranno; inoltre il contratto si dovrà rinnovare ogni 29 anni e l’Albinio dovrà far erigere un “monumento di pietra” in uno dei terreni concessi recante i patti contrattali; entro un mese dovrà produrre copia dell’istrumento.
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Roma 18 dic. 1736, Card. Firrao. Magliano, 14 febbraio 173764. Il decennio murattiano (1806-1815) In tale periodo si redigono i catasti provvisori o murattiani con l’intenzione di fissare le proprietà e le rendite di privati ed enti. Ritroviamo il toponimo S. Pietro (n. 353) e Chiusa di S. Pietro (n. 644) nella Sez. A del comune di Stio, unito a quello di Gorga, e nel “Casamento di Stio e Gorga” (nn. 227-236), tra 2a Emma e Capo Gorga. Nel supplemento della Sezione C, per “i fondi controvertiti col Comune di Magliano”, è registrato Roviezzo unito a Cerri del Baglivo che confina con S. Lucido (n. 94) Bosco della Chiesa di Magliano (n. 97), S. Lucido. Questo, a sua volta confina con “Piano de’ ferrari” (n. 98, Incolto del Comune di Stio) (Salerno, lì 18 aprile 1815). Quanto ad Aquara, il catasto provvisorio registra l’esistenza di arbusti, oliveti, orti a secco, querceti, vignali, vigneti a S. Pietro, ove sono attestate anche una casa di 6 stanze e un “suolo di membri 2 diruti”, forse resti del villaggio omonimo o della badia (?) intestati a Nicoletta Gesualdo fu Bartolomeo Tavernaro (n. 727, Sez. B, n. 448). Interessante per la identificazione dei discendenti del noto Lucido di Stefano, autore del manoscritto su Aquara del 1781, la registrazione di proprietari di tal cognome alla fine del 3° volume del catasto murattiano, che contiene anche successivi aggiornamenti, cui rinviamo per futuri studi, anche per le divisioni in quote dei demani locali e dei terreni ex feudali65. Oltre a Stefano di Giuseppe fu Gregorio, colono (n. 876) e a Stefano di Lucido di Giuseppe, bracciale (n. 877), sono maggiormente calzanti per la condizione sociale ed il comune antenato Stefano di Luigi fu Lucido, possidente (n. 878), Stefano di Nicola e Luigi fu Lucido, possidenti (n. 879) e Stefano di Nicola fu Lucido possidente (n. 880)66. Il periodo borbonico “Certifico io qui sotto scritto sacerdote secolare, e beneficiato della Regia Badia di S. Pietro sistente nel Comune di Aquara, essere nel numero de’ viventi. Et acciò costare della verità, ne rilascio il presente scritto, e sottoscritto di proprio pugno. Laurino, primo Gennaro 1843. Antonio Abbate Marino. Visto e certificato vero da me Sindaco
64 Una copia di atti relativi alla concessione è estratta dai protocolli del notaio Domenico Rosario Morra Capitiani dello Status Malleani. 65 Ad Aquara su una superficie di 5588 tomoli registrata nel catasto provvisorio, la superficie demaniale corrisponde allora a 1246 tomoli, quella ex feudale 357; il numero delle quote fu di 209 per una superficie di 336 tomoli ed una rendita di Lire 168 (G. Cirillo, Il barone assediato, Avagliano Editore, Cava dei Tirreni 1997, p. 202). 66 Un D. Nicola di Stefano (+6 ottobre 1764), zio paterno di Lucido, era stato arciprete di Aquara nel XVII secolo (Di Stefano 1781, p. 144).
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Durante”67 . Ad Aquara era anche la cappella di S. Aloja e nella lettera «A sua Eccellenza Rev.ma D. Gregorio Fistilli Vescovo e presidente della Amministrazione diocesana di Capaccio. Dichiaro io qui sottoscritto sacerdote Giuseppe de Augustinis del Comune di Prignano, qual beneficiato delle rispettive cappellanie di S. Arcangelo di Capaccio, di S. Maria la Neve, e S. Onofriello di Petina, di S. Nicola delle Mortelle in Bellosguardo, e S. Leonardo, e S. Aloja in Aquara, conferitemi con real decreto de’ 22 Maggio 1844 a titolo di sacro patrimonio, giusto le disposizioni dell’ultimo decreto, fo noto trovarmi attualmente nel seno della famiglia, ed essere nel numero de’ viventi. Ed in pruova di ciò n’ho rilasciato il presente certificato. Prignano 21 Marzo 1847. Visto da me Sindaco per la semplice legalizzazione della Firma. Ferdinando de Agostinis»68. Vertenze tra Stio, e il comune e il Clero di “Maglianovetere” sui fondi S. Lucido e Piano Ferrari “Vertenze la chiesa di Magliano sui fondi “Bosco di S. Lucido” e “Piano Ferrari con pianta al Foglio 19”, 1845-1861 n. 7769. “Segretario del Consiglio/Stio e Magliano Vetere/Vertenze con la chiesa di Magliano pe’ fondi bosco di S. Lucido, e Piano Ferrari ... Commesso Sign. Cataldo”. La vertenza su tali terreni “tra la Chiesa di Magliano, ed i Comuni di Stio e Magliano vetere - si scrive nella nota dell’Intendente, Salerno 31 maggio 1845 - in seguito di avviso del Consiglio d’Intendenza fu disposto di procedersi dal Controloro delle Contribuzioni dirette ad una esatta intestazione catastale; di un rapporto del Sottintendente di Vallo del 20 Dicembre 1844 num. 12577 il Consiglio emise nell’8 febbraio ultimo il seguente avviso: “... Opina 1° - Trasmettersi al Controlore copie delle citate ordinanze, perché siano eseguite con regolare apposizione di termini ed eziandio sta bene inviarsi copia del verbale del 19 maggio 1811, e le piante richieste. 2° - Di farsi la mentovata operazione con l’intervento di due deputati per parte di ciascuno de’ due Comuni con l’intervento ancora di rappresentanti del Clero di Magliano. 3° - Di eseguirsi dopo ciò la mutazione di quote a’ termini di legge. 4° - Il Controloro si potrà/ valere del perito agrimensore destinato per effetto della legge del 10 giugno 1817, e la spesa sarà per ora anticipata dal Comune di Magliano, salvo una diffinitiva partizione”. Il Sottointendente scrive a sua volta che: “Col mio rapporto de’ 15 dicembre ultimo n. 113 le rassegnai che l’intestazione catastale fatta al Comune di Stio per i fondi Bosco S. Lucido e Piano Ferrari Archivio di Stato di Salerno (ASS), Amm. Diocesana di Capaccio, bs. 42. Un altro certificato dello stesso tenore era stato sottoscritto dall’abate Marino, sempre da Laurino, il 20 gennaio 1841, con visto dal sindaco Durante. 68 Un’altra dichiarazione del De “Augostinis” è del 18 giugno 1846, vista dal sindaco Cerulli. 69 ASS, Atti demaniali, Stio, bs. 798/5. 67
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era regolarissima, dappoiché i detti fondi colla sentenza del Commissario ripartitore Sig. Giampaolo de’ 14 dicembre 1810 furono assegnati al sudetto Comune, quindi nel riscontro non verte la quistione alla rettificazione catastale, siccome ha opinato il Consiglio d’Intendenza, ma pel recupero per parte di Stio de’ fondi S. Lucido, e Piano Ferrari posseduti presentemente dal Parroco di Magliano, e dall’Amministrazione di Magliano vetere, ad eseguirsi da me tutto ciò che ha sanzionato il prelodato Consiglio col suo divisamento...”. Comunque è bene “doversi prima dare completa esecuzione alle ordinanze del Commissario Ripartitore Sign. Giampaolo, riguardante anche la sciolta promiscuità de’ Comuni di Magliano, Maglianovetere, Capizzo, Stio e Gorga, per indi risolversi la questione del contributo fondiario” (firma del Segretario del Consiglio d’Intendenza). Dagli atti risulta, quanto alle caratteristiche dei fondi in questione, che “il bosco di S. Lucido era una selva di cerri di moggi cento valutata per ducati mille, mentre il Piano Ferrari era un seminativo di moggi 70 valutato per duc. 700 e che Prati era un fondo alborato di cerri, quercie e castagni di moggi cento valutati per ducati mille. Quindi l’uso civico della comune di Magliano sul Piano di Ferraro fu valutato per un quarto del valore capitale del fondo stesso ed in conseguenza per ducati 175. L’uso civico sopra S. Lucido fu valutato per la metà del valore capitale: duc. 333. Quanto allo scioglimento della promiscuità, «si venne ad assegnare alle riunite Comuni di Magliano e Maglianovetere e Capizzo la seguente porzione de’ beni, cioè tutta la estensione della Montagna di Diana, tutto il Tempone e la metà del Prato, a Stio poi e Gorga li seguenti altri fondi cioè Comunicchio, Vesceglina, Gaudo, Aria di Emilia, Quadri e Casamandruli, e la metà del Prato, oltre il compenso loro assegnato sopra i beni ecclesiastici di pertinenza della parrocchiale Chiesa di Magliano nominati Bosco S. Lucido, e Piano di Ferrari in ducati 675 e sopra il fondo Frieri del Signor Passarelli in duc. 333”; con tirarsi una linea di demarcazione, secondo sta detto nelle succitate ordinanze. La porzione assegnata a Magliano, Maglianovetere e Capizzo ammontò al valore di ducati 2120 e quella di Stio e Gorga a ducati 3278, e quindi per la prima quasi un terzo minore della seconda, giusta la porzione in cui si trovavano le rispettive popolazioni. Si dispose quindi di confinarsi i rispettivi fondi secondo la stabilita linea di demarcazione. Il Comune di Magliano aveva particolarmente per suoi fondi patrimoniali due fondi, uno detto Pratillo di moggi quattro e l’altro detto Tempa del Giudice di moggi cinque, ambedue seminatori. Questi due fondi si ordinò di doversi dividere in quote tra i cittadini di Magliano. I Sindaci/rispettivi e l’agente demaniale furono incaricati della esecuzione. Si ordinò pure a cura de’ sindaci di Magliano e Stio tra un mese di elevarsi da un perito agrimensore la pianta di tutto il territorio delle Comuni, in cui si dovranno distinguere il colto, l’incolto e il boscoso co’ vari generi di coltura. Per effetto di tale ordinanza fu proceduto al distacco delle porzioni de’ fondi della chiesa di Magliano detti bosco di S. Lucio e Piano de’ Ferrari, ossiano Destre e Zirillis, giusta il verbale del 19 maggio 1811 e furono assegnati all’università di Stio, e Gorga.
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Si distaccò pure la porzione del fondo Frieri, ed assegnato alla stessa università di Stio, e Gorga giusta l’altro verbale del 3 giugno 1811 e 8 detto mese ed anno. Solo da parte del Comune di Maglianovetere si elevarono allo stesso Commissario ripartitore de’ reclami in quanto al modo con cui fu sciolta la promiscuità, poiché si sosteneva che la divisione avrebbe dovuto eseguirsi secondo l’antico istrumento, e secondo antichi giudicati, attaccandosi di deferenza l’agente demaniale Sig. Angelo Salati. Il Commissario Giampaolo però con lettere del 26 giugno 1811 riscrisse al sindaco che la divisione si era eseguita di consenso delle stesse parti, ed uniformemente al prescritto della legge./... Con provvedimento dell’Intendente del 28 1812 fu incaricato il Consigliere Franceschini di andare sopra luogo onde procedere alla quotizzazione, indagando le cause che avevano impedito ai cittadini a concorrere per l’assegnamento delle quote ... (sulle quali “nel Comune di Magliano Vetere vi sarebbe l’altra ingiustizia di pagarsi il contributo odierno mentre il godimento è presso altri”, mentre alcuni fondi appaiono accatastati a Stio “quantunque fosse vero il possesso attuale del parroco”) ... A venire sul modo di divisione e scioglimento di promiscuità già eseguito in tempo del Signor Giampaolo, iniziando pure altra operazione per soggettare a divisione altri fondi della parrocchiale chiesa di Magliano che si dissero messi nella primitiva divisione”. Ma l’intervento del Franceschini rimase incompleto. Il 27 marzo 1846 nel Comune di Stio, il “Controloro” delle Contribuzioni Dirette del Distretto di Vallo, in base alla controversia sulla “fondiaria intestata al Comune di Stio sotto l’art. 82 del Catasto di detto Comune pe’ fondi Bosco S. Lucido, e Piano de’ Ferrari, che si sostiene possedersi dall’Amministrazione comunale di Maglianovetere, e dalla Parrocchiale chiesa di Magliano”, si reca in sopralluogo con i periti, i sindaci dei Comuni interessati e con il sac. D. Samuele Maucione, procuratore della chiesa di Magliano. Eseguitasi dall’architetto “la misura geometrica de’ rispettivi fondi S. Lucido e Piano de’ Ferrari” e la pianta allegata (Fig. 1)70, “il primo fondo è risultato della totale estensione Legenda della pianta: “feudo Bosco S. Lucido: La intera estensione del Fondo è di tomoli 89, misure 9 e Palmi Quadrati 2400./La estensione assegnata al Comune di Stio nella quale è compresa la parte posseduta dal Comune di Magliano, che è di tomoli 4 mis. 1 e P. Q. 1120, è di tomoli 48, Misure 7 e P. Q. 400. La porzione restata alla chiesa di Magliano è di tomoli 41, misure 2 P. Q. 2000”. Fondo Piano Ferrari: La intera estensione del fondo è di tomoli 72 misure 8 e P. Q. 300./ La parte posseduta del Comune di Magliano è di tomoli 43, misure 7 e P. Q. 2100/La parte posseduta dalla Chiesa è di tomoli 29, mis. 0, P. Q. 650/La parte distaccata al Comune di Stio è di Tomoli 19, misure 19 e P. Q. 1200. Con la lettera D è “la pietra colle croci intagliate” (ASS, Atti demaniali cit., p. 19). Il 28 marzo a Stio si legge la deliberazione di quella Amministrazione del giorno precedente “nella quale si enunciavano come fondi soggetti all’uso civico in prò de’ due sudetti Comuni Bosco, Nocito, Rovezzo, Cesinelle, Chiuse seu Monaci, Destre, Quarto di Calore, Zerelli, Verguce, Arenaro, e Castagnetello. I due Corpi Amministrativi hanno ad unanimità deliberato di essere regolare e giusto quanto trovasi espresso nella succitata deliberazione...”. Firme dei sindaci di Stio e Magliano Angelo Trotta e Moncelli (Stromilli!). 70
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dei tomoli catastali 82 mis. 9, e palmi quadri 2400. Da tale estensione la parte segnata in questa colla lettera A di tomoli 85 mis. 5 e palmi 1280 vien posseduta dalla Parrocchial Chiesa di Magliano; quella marcata in pianta colla lettera B di tomoli 4, misure 1 e palmi 1120 è in possesso dell’Amministrazione comunale di Maglianovetere...». Il 27 marzo 1846 “nella Comune di Stio” si riunisce separatamente “il Corpo amministrativo del Comune di Maglianovetere” su invito del Controloro delle Contribuzioni Dirette del Distretto di Vallo per produrre i suoi rilievi sulla identificazione, ed osservazioni sulla operazione eseguita dal Controloro, e Architetto fiscale (Bellotti!), riguardante l’operazione della identificazione, misura, e distacco de’ fondi S. Lucido, e Piano Ferrari”. 1° - Che dall’operazione eseguita, chiaro rilevasi, che il fondo S. Lucido nella sua totalità si è posseduto, e possiede dalla chiesa di Magliano, ad eccezione di un pezzetto, di circa quattro tomoli, di natura involto, che è in potere del Comune di Magliano vetere, per lo che resta egualmente chiaro, che dalla chiesa debbosene soddisfare il peso fondiario al Comune di Stio, che lo reclama. Sullo stesso proposito se ne mosse questione sin dal 1818 dal Comune di Stio e finalmente nel 1826 venne deciso dal Consiglio d’Intendenza, che la Chiesa avesse pagata la fondiaria arretrata, e la consecutiva, e ne pagò infatti ducati cento cinque, per l’arretrato, e si pose al corrente fino al 1832, dopo di cui Stio cessò di esiggere, senza causa, dalla Chiesa, e cominciò a reclamare contro il Comune di Maglianovetere, tantocché la contestazione è arrivata all’estremo, in cui trovasi, come spese, che si è dovuta anticipare da Maglianovetere, mentre giustizia detta, che ne sia ristorata/dal Comune di Stio, che non ha voluto dalla Chiesa continuare l’esazzione”, tanto più che “il risultato dell’operazione attualmente eseguita dai menzionati funzionarj verificatorj, ha prodotto i medesimi risultati...”. 2° - Che dalla stessa operazione dal Cotroloro eseguita, essendo risultato, che indebitamente era catastato a Stio il bosco di S. Lucido, si può eseguire la mutazione di quote in testa al Comune di Maglianovetere, che è in possesso della rimanente parte del contingente dato dalla Chiesa di Magliano sul fondo Piano Ferrari, quantunque sebbene catastata al Comune di Stio, e Gorga, null’ostante dal Comune di Maglianovetere pagasene il contributo fondiario al Comune di Stio... 4°. Tutto il dippiù che sarassi addotto dalla municipalità di Stio è estremo non solo, a quanto dalla stessa si è piatito dal 1818 fino al presente, ma bensì dal disposto del prelodato Consiglio d’Intendenza... Altronde il Comune di Maglianovetere che ha posseduto, e possiede al dilà di trenta anni il contingente dato alla Chiesa di Magliano al Comune sui fondi in parola, nol possiede/per forza, bensì, come devesi presumere, per decisioni posteriori alle sentenze del Consigliere Giampaolo...”. Sottoscrivono il sindaco Liborio Stromillo, il decurione Catiello Dematteis, Filippo Morra, ed altri.
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Età contemporanea Atti della Sacra Congregazione dei Riti sulla beatificazione di S. Lucido Il 13 luglio 1886 a Teggiano Vincenzo Addessi, vescovo dianense chiede al papa Leone XIII «di degnarsi di concedere al Clero, e popolo fedele della comunità di Aquara, in questa Diocesi, l’Officio proprio e la messa in onore di S. Lucido cittadino e Patrono di quella località, per il giorno 8 gennaio, quando ricorre la festività di quel patronato, ed il 28 luglio, in cui si celebra ogni anno la Traslazione. Tale richiesta segue al riconoscimento ed alla conferma papale dal mese di gennaio del 1880 del culto a lui tributati da epoca immemorabile, al fine di aumentare la fede verso il patrono» (p. 217) Luigi De Sarli pubblico notaio incaricato degli atti dei Riti annota un plico di lettere del vescovo D. Domenico Fanelli, giudice ordinario e promotore fiscale, accompagnate dalla sua richiesta del 21 novembre 1876, in merito agli atti relativi alla causa di Beatificazione, istruita a Teggiano, del Servo di Dio Lucido dell’Ordine di S. Benedetto, nativo della Terra di Aquara, affinché “sia inscritto nel catalogo dei Santi”. Simile e contemporanea richiesta è del Promotore fiscale Michele Marmo. Il plico, con le firme del vescovo, viene inviato a Roma dall'Ill.mo e Rev.mo Signor D. Francesco Marsilli perché lo consegni presso la Sacra Congregazione o un suo segretario. Nella prima sessione del processo di beatificazione, 11 dicembre 1875 (Ivi, pp. 147-151), il vescovo è presente nella sala episcopale insieme al Rr.mo Signor Michele Marmo Canonico Curato della cattedrale e Promotore fiscale, al citato notaio R.mo D.no Canonico Luigi di Sarli, al Mansionario Angelo Raffaele Covino incaricato come Cursore e, subito dopo, al R.mo Signor Canonico Cantore Alessandro Gallo in qualità di Postulatore che richiede il processo di beatificazione. La richiesta è accettata dal vescovo che stabilisce quale luogo dell’udienza e degli atti pubblici della causa la sala episcopale e per luogo dei giuramenti e degli esami dei testi la sua Cappella nel Palazzo. Egli fissa la successiva sessione per il giorno 16 “seconda ora dopo il sorgere del sole”. Presenti il R. D. Vincenzo Finamore e Raffaele Sansevero come testi, il notaio pubblico Ecclesiastico d. Gaetano Finamore e il R.mo Signor Alessandro Gallo Canonico della cattedrale. Nella seconda sessione, il 15 dicembre 1875, si presenta l’elenco dei testi invitati per la causa di Beatificazione da Angelo Raffaele Covino (Ivi, pp. 153-156): Nicola Peduto fu Gaetano, Giovanni Sorgente fu Alessandro, Lucido Durante fu Michele, Gaetano Capozzoli fu Pasquale, Luigi Romanelli fu Francesco Saverio, per rendere le proprie dichiarazioni su due punti principali, cioè sulla verità in merito alla morte con fama di santità del Servo di Dio Lucido e sui tempi della sua venerazione e culto pubblico. Nella terza Sessione (Ivi, pp. 157-160) giurano i testimoni (solo il Capozzoli e il Romanelli risultano analfabeti apponendo il segno di Croce). Nella quarta (Ivi, pp. 161-173), 16 dicembre 1875, si interrogano i testimoni che rispondono ad ogni domanda. Nella quinta (SCR, 17 dic., pp. 174-175) giurano altri due testimoni: Cosmo Peduto e Giuseppe Iuliano, ambedue analfabeti, che vengono interrogati nella successiva sessione del 20 dicembre (SCR, pp. 176-198).
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Nella Sessione settima, il 10 gennaio 1876 (Ivi, pp. 199-201), durante il pontificato di Pio IX, anno 30°, davanti al vescovo di Capaccio Domenico Fanelli, nel confronto tra il postulatore Alessandro Gallo e il Promotore fiscale Michele Marmo si sentenzia definitivamente e favorevolmente nella causa di beatificazione del predetto Servo di Dio che “da tempo immemorabile, e prima dell’anno 1534, nel quale con Urbano VIII ha inizio il culto pubblico ecclesiastico di S. Lucido”. Si decide che la sessione successiva si terrà il 13 di gennaio nella cappella del palazzo episcopale; si dovrà pubblicare il processo e nominare chi ne faccia un transunto, mentre il notaio deve formare un plico degli atti per la prossima pubblicazione. Nella sessione ottava (Ivi, pp. 202-206), il 13 gennaio, si nomina Francesco Sanseverino, presbitero secolare della comunità di Padula, per il transunto e Gaetano Finamore come notaio aggiunto per ascoltare e fare la collazione degli atti. Il 16 dicembre viene pubblicato una schema di interrogatorio diviso in 15 domande. Nella IX Sessione (SCR, 9 novembre, pp. 207-208) si riassume e si procede alla collazione e all’auscultazione del processo dal foglio 1 al 34, nella X Sessione dal 34 al 72 (10 novembre, p. 209), nella XI (Ivi, 15 novembre, pp. 210-212) fino al foglio 77, nella XII (Ivi, 18 novembre, pp. 213-215) si fa il transunto che munito del sigillo notarile, si spedisce, insieme al plico delle lettere, a Roma, a D. Francesco Marsilio. “Conciliazione pei frutti e spese da restituirsi al Comune di Stio dalla Chiesa di Magliano e Comune di Maglianovetere sulle quote de fondi S. Lucido e Piano Ferrari indebitamente da essi possedute e reintegrate a Stio” Il 9 settembre 1861 dal Commissario Demaniale del Principato Citeriore Nicola Tramontano si dà incarico al Sign. Giovanni Salati, consigliere provinciale, «in esecuzione di ordini del dì 8 ottobre 1846 con cui il Comune di Stio venne reintegrato nel possesso di più fondi giusta un’ordinanza scritta a p. 107 del processo». Dopo il giuramento del Salati, in qualità di agente demaniale, questi convoca una riunione delle parti per lo stesso mese di ottobre. Per il comune di Stio è presente il sindaco D. Ferdinando Trotta, il consigliere Pietro Merola ed altri, mentre il comune di Maglianovetere è rappresentato dal sindaco D. Francescantonio Feola e dai consiglieri D. Benedetto Stromillo, D. Giovanni Morra, D. Raffaele Cinelli ed altri. Per la chiesa sono presenti il canonico d. Samuele Maucione e il procuratore D. Domenico Corcelli. Si precisa che la richiesta del comune di Stio di recuperare i frutti indebitamente percepiti da Maglianovetere e dalla Chiesa di questo comune non era corredata da una ripartizione di quanto dovuto (ordinata poi con sentenza del 6 novembre). Al tempo della richiesta del comune di Stio (13 dicembre 1852) «i fondi erano fittati per duc. 20, che tenuto però il calcolo del prodotto di altre cento piante di cerri della chiesa nel bosco di S. Lucido avrebbe potuto aversi la rendita di annui duc. 60, che nondimeno ad evitare osservazioni e verifiche poteva questa rendita fissarsi per equità ad annui duc. 40, si fanno i frutti ascendere alla somma complessiva di duc. 1280, dal 1815 al 1846 epoca
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dell’effettivo rilascio de’ fondi in parola, senza nulla dirsi sull’ammontare delle spese» (di giudizio e per il compenso dell’avvocato). Il comune di Magliano pretese la ripartizione del contributo (deliberazione del 27 giugno 1860), chiedendo «una specifica che faceva ammontare i frutti a duc. 328.10 e la fondiaria pagata a duc. 288.91 e compensandolo trovava tutta la differenza di duc. 46.19. Nulla osservava per le spese. Il Clero della Chiesa di Magliano non si difese». Unica soluzione era una conciliazione tra le parti. Se la questione permaneva sulla sola quantità dei frutti, «difficile da rintracciarsi per mancanza di documenti statistici», essa poteva superarsi, «fissando una norma proporzionata e ad arbitrio dei boni viri». Ciò viene accolto dai due Comuni ma non dalla Chiesa che intende esporre le sue ragioni direttamente al Commissario demaniale. Segue, il 19 novembre, il verbale di conciliazione: il comune di Magliano è rimasto debitore nei riguardi di quello di Stio in duc. 234.10 e la Chiesa di Magliano in duc. 211.10. Ma, dopo l’appello delle due parti alla generosità del comune di Stio, il debito viene ridotto: a duc. 170, da pagarsi in tre anni, al comune di Magliano, e a duc. 150, pagabili in 4 anni con rate uguali, alla Chiesa citata. Finalmente, il Salati comunica il 10 dicembre 1861 al Commissario Demaniale l’avvenuta conciliazione con la ratifica del procuratore Cerulli e del prete partecipante Terzella e con la lettera del Vicario della Diocesi, «non essendovi il vescovo titolare, che dà il suo assenso all’operato ed assicura che i due nominati preti e l’economo Mancini formano tutto il Clero della Parrocchia». Eppure, ancora il 3 maggio 1862 il prefetto risponde al sindaco di Stio che aveva richiesto chiarimenti sul ritardo dell’esecuzione della pratica, che essa era già stata inviata al Regio Commissario in Napoli con rapporti del 30 novembre e 18 dicembre dello scorso anno per la superiore approvazione”, sollecitandola, infine, il successivo 16 aprile 1862. Il Regio decreto è firmato il 13 luglio 1862 e viene spedito in quel mese da Torino, Ministero di Agricoltura Industria e Commercio, al prefetto di Principato Citra. La quotizzazione dei demani Nella seduta del comune di Stio del 18 marzo 1882 per la quotizzazione dei fondi del patrimonio Comunale Nucito, S. Lucido, Piano Ferrari e Comunicchio si tratta dei recuperi dei diritti di uso civico spettanti al Comune sui fondi della Chiesa di Gorga71. Il 1° giugno 1885, l’agente demaniale F. Galietti scrive al Comune di Stio che “ il “Quotizzazione dei demani S. Lucido, Piano Ferrari. Progetto di divisione in quote dei demani suindicati, con n. 2 piante ai fogli 55 e 102 redatto dal perito demaniale Galietti” (ASS, Atti demaniali, Stio, b. 801, fasc. 42). La quotizzazione complessiva nel comune di Stio ha riguardato una superficie demaniale di 321 tomoli , una superficie feudale di 220 tomoli per una superficie di quote corrispondenti ai 321 tomoli (G. Cirillo, Il barone assediato, cit., p. 203). 71
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giorno 2 corrente mi trasferirò in codesto Comune per procedere alle quotizzazioni dei fondi demaniali San Lucido e Piano Ferrari. Prego la S. V. di voler convocare il Consiglio Comunale, affinché sia dall’Assemblea provveduto alla nomina di una Commissione, composta da tre Consiglieri Comunali onde presenziare alle operazioni da farsi; di un perito geometra per la formulazione della pianta (Fig. 2) in quote di detti fondi; di un esperto di campagna per la valutazione del terreno ed un indicatore per additare i confini de’ fondi stessi ... I periti devono essere estranei al Comune di Stio”. Il 3 giugno successivo vengono nominati nel Consiglio comunale i consiglieri Gerardo d’Ambrosio, Lello Tommaso, Stefano d’Angelo, Prospero Volpe; inoltre il Sign. Antonio Ciolente, Sotto Ispettore Forestale di Vallo a perito geometra; Domenico Pino del Comune di Magliano ad esperto di campagna e Pietro Lillo ad indicatore. L’11 maggio 1885 la Commissione si reca nel demanio Bosco S. Lucido. Si appongono i termini lapidei del fondo insieme al confinante Nicola Pasca, presente anche in rappresentanza del “germano” Signor Cesare. Il primo termine “dista dal ponticello della Strada provinciale Stio-Magliano, ad esso sottostante ed in direzione del quale è stato situato per metri 44; il secondo dista dal primo per metri 68; il terzo dal secondo per metri 76; il quarto dista dal terzo, formante angolo con questo per metri 34. Questo termine contrassegna la linea che va a terminare nel burrone detto Rovezzo. Il demanio San Lucido dista per circa metri 1500 dall’abitato di Stio: esposto a NordEst, ha giacitura acclive in media di circa il dodici per cento; variamente ondulato, e frastagliato. Il terreno è argilloso siliceo e variante per natura e produttività. Il demanio stesso è diviso in due sezioni. La superiore è confinante ad oriente coi beni dei fratelli Pasca, ove si sono apposti i termini descritti, a mezzogiorno con i beni degli stessi fratelli e con altro demanio comunale denominato Rovezzo e Casalicchio; a settentrione con la strada provinciale Stio-Magliano, ad Ovest col burrone Rovezzo. La sezione inferiore confina a Mezzogiorno con la detta strada provinciale StioMagliano, ad Ovest col Vallone Rovezzo, che la divide dai beni della Chiesa di Magliano e da quelli di Francesco Trotta di Stio, a Settentrione con la via mulattiera che mena alla sottoposta campagna ed ai Comuni di Magliano e Laurino; e ad Oriente con altro burrone e proprietà di Lillo Angelo. Questa sezione contiene delle piante di querce e castagne che sono state già alienate dall’Amministrazione Comunale. Tenuta presente la deliberazione del Comitato Forestale del 25 giugno 1880 e 28 marzo 1885 che scioglieva dal vincolo i demani San Lucido e Piano Ferrari, sono iniziate le misurazioni del perito e la valutazioni dell’esperto di campagna. Il 13 aprile 1887 Federico Galietti, a seguito della deliberazione del Consiglio comunale del 17 febbraio precedente “che ammetteva i più poveri dei cittadini al numero di 27”, vengono sorteggiate le quote tra gli ammessi. Il sorteggio, ad es., concede a Ferdinando Petrullo di Felice le quote 16, 14 e 13, per are 67, centiare 29 e con L. 9 di canone, nell’ambito di una estensione catastale del fondo S. Lucido di ettari 20.35.21 (art. 83), mentre Piano Ferrari è di Ettari 6.96.12. I canoni
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complessivi ammontano a L. 45 e corrispondono a 17 quote per S. Lucido e a 10 per Piano Ferrari. Il 30 marzo 1886 vi era stato il sopralluogo a Piano dei Ferrari. Il geometra e l’esperto avevano poi diviso in 3 classi i terreni dei due demani in rapporto alla valutazione del suolo, la quale nei punti acclivi e depauperati dalla irruzione delle acque fluviali, e nella parte pianeggiante e nella valle conserva maggiore produttività. La 1° classe è valutata a L. 200 al tomolo, la 2° a L. 100, la 3° a L. 80. Quanto all’estensione dei due demani, come si evince dal bando del Comune di Stio del 19 aprile 1886, a firma del Galietti, quello S. Lucido corrisponde a moggia 23, misure 3 e palmi q. 7 pari ad ettari 1.66.15 di 1a classe, a moggi 11 e mis. 12 la 2a pari ad ettari 0.97.57 e moggi 11 e mis. 18 la 3a classe, per un valore complessivo di L. 6800. L’estensione complessiva dei due demani è di ettari 25, are 27 e centiare 32 , per un valore totale di L. 10.800 compresi le querce. Le quote sono ciascuna del valore di L. 400, assoggettata ad un canone di L. 20 annue, da cui bisogna dedurre il rispettivo tributo fondiario. Il recupero e la valorizzazione Il recupero dell’ex Badia di S. Pietro in Aquara: «A poco più di due anni dall’entrata in vigore della Legge n° 394/91 e dopo una prima fase di dibattiti e confronti (spesso con toni anche accesi) sui contenuti, sui vincoli, sulla perimetrazione, sui compiti e ruoli degli Enti Locali, sembra ormai diffusa l’opinione che sia giunto il momento di iniziare ad affrontare seriamente tutte le varie questioni che investono una corretta strategia di attuazione. È quanto mai evidente che se il regime vincolistico dovesse rimanere ancora per lungo tempo disgiunto da un complessivo e concreto programma di interventi finalizzato a rilancio dell’economia e dell’occupazione così come ad un uso corretto del territorio e delle risorse locali, rimarrebbe ben poco da sperare per l’immediato futuro. Se da una parte, quindi, viene avvertita l’esigenza di individuare in tempi brevi nuovi strumenti e modalità di attuazione del Parco Nazionale del Cilento-Vallo di Diano, dall’altra non si può non riconoscere la necessità di effettuare a monte tutta una serie di studi e ricerche specifici che consentano di individuare proprio quegli strumenti e modalità di attuazione a cui si accennava innanzi. Ferma restando la necessità di procedere entro breve ad una approfondita analisi delle varie questioni che concorrono a definire un complessivo programma di interventi, per ora possiamo solo affermare che ogni ipotesi di sviluppo non potrà concretizzarsi se non attraverso il recupero e/o il rilancio di alcuni settori economici come: a) l’agricoltura; b) l’artigianato; c) il turismo e l’agriturismo attraverso la salvaguardia delle risorse ambientali ed il recupero del patrimonio architettonico, culturale e storico-artistico. Rispetto a quest’ultimo settore basti pensare che la sola Paestum conta circa 276.777 visitatori all’anno e che gli scavi di Pompei sono al primo posto di una graduatoria a livello nazionale con circa 1.389.978 presenze, di molto superiore, ad esempio, della Galleria degli Uffizi o delle Cappelle
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Medicee, del Colosseo e così via. Il progetto di recupero dell’ex Badia di S. Pietro, senza la pretesa di offrire una soluzione definitiva e con tutti i limiti propri di una prima ipotesi di intervento, vuole solo suggerire da una parte la necessità che un tale bene, anche se ridotto a rudere, non deve assolutamente andare perduto, dall’altra una prima proposta progettuale di massima che necessariamente deve essere ulteriormente discussa e approfondita, tale da costituire un pratico esempio da potersi eventualmente ripetersi in tanti altri casi analoghi. In tutto il territorio del Cilento, visto che ci si trova di fronte non ad una “concentrazione” del patrimonio architettonico e storico-artistico, bensì ad una intensa ma, in ogni caso, diffusa presenza di “emergenze” architettoniche, tutto sommato l’aspetto più interessante è forse quello di riuscire ad individuare un metodo di intervento tale da definire un quadro quanto più possibile complessivo capace di garantire una effettiva valorizzazione di tutto il patrimonio storico, artistico ed architettonico sempre in funzione di più favorevoli condizioni economiche ed occupazionali. Si pensi, ad esempio, alla creazione di itinerari turistici cosi come di strutture ed infrastrutture turistiche e del terziario da proporzionare rispetto agli eventuali flussi turistici e così via. La sola area del Parco Nazionale del Cilento V.di D., infatti, attualmente si estende su una superficie territoriale di circa 2.234,23 Kmq, su circa 3.010 Km dell’intero comprensorio ed una popolazione di circa 245,403 abitanti con una densità di 99,29 ab/Kmq. Lo sviluppo economico dell’intero comprensorio potrà, quindi, avvenire solo a condizione che venga attuata per il futuro una corretta politica degli interventi pubblici e privati, dei redditi e, conseguentemente, dei benefici economici ed occupazionali ottenibili. Un nuovo modello di sviluppo economico e di riorganizzazione territoriale dovrà necessariamente passare attraverso il recupero e la riorganizzazione non distruttiva delle preesistenze ed in modo particolare dell’insieme del patrimonio ambientale, culturale, architettonico e storico-artistico. In tal senso trova sicuramente una motivazione logica l’ipotesi di recupero dell’ex Badia di S. Pietro a maggior ragione se inserita in un quadro più complessivo di interventi esteso all’intero comprensorio del Cilento-Vallo di Diano»72. La cartografia su Aquara e il suo villaggio di S. Pietro - Cilento da Agropoli a Maratea [titolo attribuito], Giovanni Gioviano Pontano (curatore) ed Altri, sec. XV (seconda metà?), con aggiornamenti successivi. Manoscritto cartaceo di cm. 53,0x128,0, Scala 1:70.000, Bibliotheque Nationale, Paris, Carte et Plans Ge-AA 1305/6; Idem, in Archivio di Stato di Napoli – Raccolta Carte e disegni, Cart. XXXII, n. 2, in V. Aversano (a cura di), Il territorio del Cilento nella Cartografia e nella Vedutistica. Secoli XVI-XIX, Palazzo Vargas Edizioni, Vatolla (Sa) 2009 (= Aversano 72
p. 3.
Il recupero dell'ex Badia di S. Pietro in Aquara, in “Nuova Solidarietà”, n. 1, agosto 1994,
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Fig. 1
Fig. 2
2009), pp. 124-131: p. 127. Sono registrati Aquara ed il villaggio di S(an)to Pietro, a N. Castelluccia e Pantoliano, senza alcuna precisione di ubicazione, ed a SO “Malliano vetere” e “Malliano nova” (Fig. 1). Nella seconda carta queste ultime due e “Spio”(Stio!) (Fig. 2).
Fig. 3
Fig. 4
- Principato/Citra/ olim/ Picentia. lncisione a colori di 350x460, tratta dall’Atlante di Giovanni Antonio Magini (Bologna 1620). - Biblioteca Nazionale di Napoli, in Aversano 2009, pp. 22-23. Sono riportati: Aquara, Ottatello (villaggio scomparso), S. Pietro (badia di) (Fig. 3).
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-Di Napoli 1657. Particolare della Carta d’Italia in 12 fogli (1630), che misurano nel complesso metri 2.08x1.14, ed edita da Matteo Greuter a Venezia nel 1630, con successive edizioni, come quella di Venezia 1657 e tratta da Roberto Almagià, Monumenta Italiae cartographica, Firenze 1929, tav. LXV: Sono riportati: Pantoliano (villaggio scomparso), Ottatesto (Ottatello), Aquara, S. Pietro (badia di). - Joannes Janssonius, Principato Citra olim Picentia, s. e., Amsterdam 1636. Carta a stampa di cm. 55x44, presso Fondazione Giovambattista Vico di Vatolla (Sa), in Aversano 2009, pp. 32-33 (Fig. 4). - [Principato Citra] 4, 1650. Incisione di 224x247 tratta da La Certosa di Padula di Antonio Sacco, Roma 1914, vol. I Tav. X, e tratta da J. Blaeu, Thaeatrum orbis terrarum, Amsterdam 1650, per la quale cfr. Aversano 2009, pp. 34-35: identica alla carta del Magini. Sono riportati: Pantoliano (villaggio scomparso), Ottatello (villaggio scomparso), S. Pietro (badia di). - Francesco Cassiano De Silva (stampatore Antonio Bulifon), Principato Citra, s. e., s. l., 1692. Carta a stampa di cm. 21,0x31,6, Biblioteca Nazionale di Napoli, in Aversano 2009, pp. 36-37) (Fig. 5). Fig. 5 - Palkaart/der Zeekusten van/Italien/ Tuschen./Piombino, en C. dell’Arme/Met de./ Noord-kust, van’t Eyland/Sicilia/Met Privilegie, voor 15 Iaren/‘t Amsterdam, by/Iohannis Van Keulen/Bockverkoper, aan de Nieuwenbrug..., Inde/Gekronde Loots-man, pubblicata ad Amsterdam in tre volumi fra il 1682 e il 1686 da Joannes Van Keulen per conto dell’autore Claes Jansz Wooght. La carta, ed. Amsterdam 1695, riporta, S. Pietro (Badia in territorio di Aquara) (in Aversano 2009, pp. 40-41) (Fig. 6). - Regnum Neapolis Siciliae et Lipariae Insulae/multis locis correctae Novissima Descriptio Amstelodami per Iustinum Fig. 6 Danckerts cum Privilegio Ordinum
I luoghi di S. Lucido
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Fig. 7
Fig. 8
Hollandiae et Westfrisiae. 1696 (dopo il). Incisione con coloritura di 575x480. Sono riportati, ad es., S. Pietro (Badia di, in territorio di Aquara), Corneto (Corleto Monforte). - Incisione di 470x570 dedicata a Filippo V di Spagna e tratta da Jean Baptiste Nolin, Le Royaume de Naples, Paris 1702: Aquara, S. Pietro (badia di), e Roscigno. - Prov. di Principato Citra, 1702. Incisione di 200X283 firmata da D. F(Rancesco) Cassiano De Silva, inserita tra pag. 168 e 169 del primo volume di G. B. Pacichelli, Il Regno di Napoli in prospettiva, Napoli 1703 (cfr. per un’altra edizione, Aversano 2009, pp. 36-37). Sono riportati: Ottatello (villaggio scomparso), S. Angelo (a Fasanella), S. Pietro (badia di). - Regnum Neapolis, subdivisum in suas peculiares Provincias Aprutium nempe Ulter: et Citerius... per G. et L. Valck. Altkolor. Kupferstich von Gerhard und Leonhard Valk, Amsterdam 1709. Incisione di 585x495. È riportato S. Pietro (badia di). - Provincia/Del Principato Citra/già delineata dal Magini/e nuovamente ampliata secondo lo stato presente/Data in luce da Domenico de Rossi/e Dedicata/All’Ill.mo Sig.re/Il Sig.r Avocato Diego de Pace, 1714. Incisione di 250x285, pubblicata da Antonio Sacco, La Certosa di Padula, Roma 1914, vol. I,Tav. XI (Cfr. Aversano 2009, pp. 42-43). La carta, molto simile a quella del Blaeu del 1650, riporta: Pantuliano (Pantoliano), Ottatella (Ottatello), S. Pietro (badia di) (Fig. 7). - NEAPOLIS REGNUM QUO CONTINENTUR APPRUTIUM ULTERIUS ET CITERIUS,... COMITATUS MOLISIUS TERRA LABORIS CAPITANATA PRINCIPAT. ULTERIOR ET CITERIOR BARIANUS ET HYDRUNTINUS AGER BASILICATA CALABRIA CITERIOR ET ULTERIOR CURA ET CAELO TOBIAE CONRADI LOTTERI, CHALC ET GEOGRAPHI AUGUSTA VIND. CUM GRATIA ET PRIV. S. R. I. VICARATIUS IN PARTIB. RHENI, SVEVIAE ET JURIS FRANCONICI. (s. d.) Incisione su rame in foglio unico. Orografia prospettica
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a monticelli. Abitati principali rappresentati in pianta e riempiti in rosso. Manca la rete stradale. Territori e confini politici a colori. In basso a sinistra la leggenda dei segni convenzionali. Cfr. P. Arrigoni - A. Bertarelli, Le carte geografiche dell’Italia conservate nella raccolta delle stampe e dei disegni, Milano 1930, n. 2255. Cfr. anche la carta al Fig. 9 n° d’inv. 2216 Neapolis Regnum quo continentur Aprutium ecc. 1730 circa. Incisione colorata di 570x485 che ricalca quella del Magini. Sono indicati: Ottati, S. Pietro (badia di). - Clermont, Carte/de la premiere partie/du Royaume de Naples..., s. l., s. e., 1780. Carta a stampa acquerellata di cm. 38x50, presso Fondazione Giambattista Vico di Vatolla (Sa), in Aversano 2009, pp. 48-49) (Fig. 8). - G. Antonio Rizzi Zannoni, Atlante Geografico del Regno di Napoli, particolare, s. l., s. e., 1788. Acquaforte e incisione su rame di cm. 54x78 - Tascabile. Presso Collezione privata Nicola Ventre e Biblioteca Nazionale di Napoli, in Aversano 2009, p. 58. (Fig. 9). - Idem, presso Biblioteca Nazionale di Napoli (Fig. 10). - CARTA DELLA CAMPANIA ECCETTO LA PROVINCIA DI Fig. 10 NAPOLI, sec. XIX? Carta manoscritta (sfumata e a colori), conservata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, bs. 5c n. 64. Sono riportati nel territorio di Aquara: Il Carmine, Acquara (Aquara), S. Pietro (badia di).
INDICE Presentazione Mons. Antonio De Luca...................................................................... p. 3 Presentazione BCC di Aquara...................................................................................... p. 5 Introduzione........................................................................................... p. 7 San Lucido di Aquara Storia e leggenda di Padre Cirillo Caterino Generoso Conforti.............................................................................. p. 9 San Lucido, precursore e fondatore Amato Grisi........................................................................................... p. 53 Vita di San Lucido di Aquara Dramma in tre atti P. Cirillo Caterino............................................................................... p. 57 Processo per il culto in onore di San Lucido Marcello Maresca............................................................................... p. 141 Il Santo degli Alburni: San Lucido di Aquara ed un busto reliquiario del XV secolo Rosa Carafa........................................................................................... p. 225 I luoghi di San Lucido Antonio Capano................................................................................... p. 239 Rassegna fotografica Luciano Capozzoli............................................................................... p. 273
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Processione della Madonna del Piano - 1974
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Processione del 1974 - Ruderi di San Pietro
Ruderi di San Pietro
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Processione del 1974 e del 2012
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Processione del 1988
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Tela del Bargellini situata in origine nella Chiesa di San Nicola di Bari
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Stessa tela oggi nella Chiesa della Madonna del Piano
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Piazza Vittorio Veneto 1911 e 1930
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