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Ei passò
accadde a Correggio Giulio Fantuzzi EI PASSÒ
BASTA CON I NOBILI, PROCLAMÒ BONAPARTE QUEL GIORNO
Quel giorno, il generale Napoleone Bonaparte, passò da Correggio. Due volte, al mattino e poi al pomeriggio. Era il 15 ottobre (pardon, vendemmiaio) del 1796. La sua carrozza si fermò in piazza delle Erbe (l’attuale piazza Garibaldi) alla posta dei cavalli. La cronaca di Correggio del Vellani racconta l’episodio con dovizia di particolari e con una malcelata diffidenza per quello spirito rivoluzionario e giacobino che, pochi giorni prima, aveva issato sotto l’Orologio di piazza una pioppa ornata di tricolore, coccarda e berretto frigio: l’albero della libertà. Napoleone, durante il cambio dei cavalli, ricevette l’omaggio dei rappresentanti dell’amministrazione ducale decaduta. A loro disse che, secondo il voto della Repubblica Francese, il popolo doveva essere libero e felice: in nome di tale principio si doveva avvisare tutta la città ed il contado per eleggere una nuova municipalità, fatta di artisti, operai, possidenti e gente savia. Non di soli nobili, che non
avevano fatto altro che opprimere i popoli ed ordire le catene ai
sovrani. E chiese di bruciare, l’indomani, per mano di uno sbirro, il libro d’oro che riportava i nomi dei nobili correggesi. Via i privilegi della nascita e largo ad uno stato di uguaglianza, con la preminenza dei capaci. La vera nobiltà sono i meriti, disse. Poi si sa come va il mondo. Il libro d’oro venne bruciato, ma dopo qualche tempo fece la stessa fine anche l’albero della libertà. Erano passate da Correggio le truppe degli austriaci con il vessillo della restaurazione. Un solenne “Te Deum” in San Quirino cantò subito la ritrovata fedeltà dei correggesi ai sovrani estensi. Questo non toglie che durante il periodo repubblicano e del Regno d’Italia un ordine nuovo, nel nome di Napoleone, portasse notevoli riforme nell’amministrazione municipale, nell’istruzione, nella milizia e nella sanità. Grande sovrano è il tempo, che scandì poi quel 5 maggio 1821. Duecento anni fa. Ei fu. Ma non invano.