Zach Condon e la Beirut Band Succo di società di Versluis e Uyttenbroek Il prototipo tuttofare Jik Inkspinster, la zitella pasticciona Intervista a Paul Topolos
accazine - mensile - anno 1 n°1 Marzo 2011 - € 1,50
Redazione: Valentina Redi
direttrice responsabile e responsabile di produzione
Lucia Grassiccia
direttrice responsabile ed editor capo
Simona Matina
responsabile grafica
Alessandra Rigano responsabile grafica
Muta ma non tace
Fabio Amenta responsabile web
Elisa Raciti redattore
Marco Agosta redattore
Umberto Spampinato coresponsabile di produzione
Hanno collaborato: Gabriele Grillo Ilaria La Magna Dario Lo Verme Maurizio Maggi Simona Marano Vincenzo Orsini Fabrizio Spucches Rainman Vignette Chiara Filincieri Daniele Nicotra
Contatti: redazione@hzine.it
P
roprio così, muta ma non tace, che si trovasse o meno nei vostri programmi del giorno. Come si cominci a scrivere un editoriale, non ne abbiamo idea, ma paradossalmente iniziare a scriverne uno è ciò che abbiamo appena fatto, ché spesso le regole esistono solo nelle nostre cervella. Questo non è nemmeno il primo numero di Hzine, ma solo il suo annunciatore. A pensarci bene... quanto sudore per uno zero stampato in copertina, quale miglior rappresentante del fatidico nulla. Ma a pensarci ancora meglio, è davvero poi così orrendo il nulla? Chissà, in questo caro, arrugginito mondo, così pieno e rumoroso, forse non è la peggiore delle cose, l’assenza. Anche la nostra H nella lingua italiana assomiglia tanto a un’assenza. Così incompresa, nel suo mutismo, spesso minimizzata dalla collettività. Ci siamo allora presi la briga di diventare le sue corde vocali per dar voce a tutto quello che finora le è stato impedito di esprimere. Ricorda un po’ lo stato dell’arte, così misconosciuta, così appartata, come si avesse paura di fare la sua conoscenza. Eppure non uccide, non ferisce, non il corpo delle persone e non con armi fatte di metallo e polvere da sparo. Così veramente bella (accanto a lei, “bello” non è mai banale), così varia, così oscena. Fa male solo a chi non si aspetta di essere attaccato, ma è una fitta che fa presto a diventare riflessione. Hzine è appena nato, sgambetta ancora nella culla. Forse riceverà qualche consenso, ma se sarà bastonato dalle critiche il piacere non potrà che essere maggiore, si sarà quanto meno provocata una reazione, si sarà almeno corrugata qualche fronte che stava stiracchiata a prendere il sole. Quello che davvero ci preme è avvicinare all’arte, rendendola una pietanza, sì raffinata ma accessibile ai più. Ma sia ben chiaro, è prima di tutto per noi che stiamo facendo tutto questo, non siamo apostoli di nessuno, eccetto che di noi stessi. Lucia Grassiccia, Valentina Redi
Sommario 35 mm
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Il nomade il folk e la tastiera
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Barry Lyndon Pi Greco Fahrenheit 451 Persona
Futurismo crepato?
Il futurismo non fu una vacanza
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Pages
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Uguali = Diversi
Teresa Raquin Dracula Se una notte d’inverno un viaggiatore Fondazione e Terra
Abbiamo acchiappato un Topolos
Menomale che c’è Jik
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7 Inkspinster, la promessa... zitella
Intervista a Paul Topolos
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Raccattati
Tante piccole novità che non puoi non conoscere
Concorsi
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Dai vita alla tua creatività
Il nomade, il folk e la tastiera Gulag Orkestar (9 Maggio 2006) Condon accenna la musica etnica, non priva di rimandi a esperienze cantautorali contemporane.
The Flying Club Cup (9 Ottobre 2007) Momenti di eccesso bandistico in: “The Flying Club Cup” che tende a dirimere il patchwork sonoro delle di Beirut.
March Of The Zapotec (9 Ottobre 2007) L’ attenzione è rivolta agli aspetti della musica del Messico, realizzando sonorità simili alla discografia di Beirut.
B
eirut. Progetto solista del precoce e poliedrico ventitreenne messicano Zach Condon. Che il ragazzo abbia viaggiato è ciò che più emerge dai suoi lavori. A 17 anni molla la scuola per l’Europa e la attraversa in lungo e largo. Per capire dove si sia fermato basta ascoltare i suoi pezzi, è lì che imprime i suoi vagabondaggi. Nei Balcani con “Gulag Orkestar”, a Parigi con “The Flying Club Cup”. Il collettivo Beirut ha pubblicato due Ep che vanno acquistati insieme. Il primo: “The March Of The Zapotec”. Condon è approdato in Messico. E’ supportato dalla Jimenez Band, banda funeraria parrocchiale. Le sei tracce sono
La tipica atmosfera colorata che nasconde una profonda inquietudine, un’ ironica tristezza.Il secondo Ep: “holland”.
La tastiera prende il sopravvento, la musica pulsa in dolci beat, la voce si trascina melodiosamente.
Forse la somma delle parti risulta stucchevole. Certo è però che il cambio di prospettiva si dimostra spiazzante e sorge un confronto con il primo Ep. Si spera, dunque, in una nuova ricerca di folklore musicale che rinnovi lo stile dei Beirut, ma che non lo neghi; in una nuova cartolina firmata Beirut.
caratterizzate da strumenti a fiato sospiranti che compongono tristi ballate. Un coro di suoni che vibrano insieme in un’ impressione di folklore familiare e allo stesso tempo maestoso.
Elisa Raciti HZINE 4
Uguali = Diversi
S
ucco concentrato al 100% della società: ecco come definire il lavoro di Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek.
Sembra di sfogliare un catalogo di moda, eppure i soggetti non sono rarefatti ed irraggiungibili modelli dallo sguardo glaciale, ma
piccoli modelli in scala di persone che ogni giorno, normalmente, ci vediamo passare davanti e di cui spesso nemmeno ci accorgiamo. Versluis e Uyttenbroek sono due fotografi che lavorano insieme dal lontano 1994 classificando, catalogando, separando, dividendo e sottolineando con estrema intelligenza quanto sottile sia la differenza (come categoria sociale) se rapportata ad un unico fattore antropologicamente imprescindibile: siamo tutti uguali,
punk o fighetti, tettone rifatte e lolite giapponesi; la differenza viene sottolinea-
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ta come presupposto dell’uguaglianza, come parte integrante di essa. Colpisce
infatti, come pur raccogliendo personaggi dai più disparati aspetti, ci si renda conto che quelle differenze sono costruite su una base d’uguaglianza; anche tra diversi ci si confonde e sembrano “tutti gli stessi”. Un’ opera di classificazione e catalogazione determinata da status symbol, da look e tendenze rapportate al modo d’essere, diviene lo spunto per la comprensione di come la diversità possa
costituirsi come principio d’uguaglianza, come valore
che sta alla base di ogni rapporto favorendolo e garantendone la costruzione. Siamo tutte scimmie divenute intelligenti, dopotutto.
La Provincia di Roma presenta, per la prima volta in Italia, la mostra Exactitudes, un progetto costituito da una serie di ritratti fotografici multipli realizzati dagli artisti Ari Versluis e Ellie Uyttenbroek. Un lavoro che dopo le esposizioni di Parigi, Berlino, Londra, Toronto, Buenos Aires, New York ed altre città in tutto il mondo, è possibile ammirare a Roma, a Palazzo Incontro (Via dei Prefetti, 22) dal 14 febbraio al 26 aprile 2009. La mostra è aperta, con ingresso gratuito, tutti i giorni dalle 10 alle 19.
www.exactitudes.com
Meno male che c’è Jik impiantare nel nostro nervo ottico, capaci di trasformare gli impulsi elettrici in byte da custodire gelosamente in memorie fisiche incorporate in appendici fisiologiche, ma di un oggetto che memorizza la nostra esperienza sensoriale quotidiana fornendocene una traccia multimediale. Un guanto multiuso, da non sfruttare in caso di urgenze casalinghe (piatti sporchi inclusi), ma da indossare quando quell’insensata voglia di tecnologia ci prende. Proprio quando
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e con il solo battito delle ciglia potessimo registrare ogni nostra esperienza visiva non dovremmo preoccuparci di cellulari scarichi, fotocamere smarrite o videocamere ingombranti... beh, proprio nell’era in cui possediamo i più svariati mezzi per immortalare i nostri momenti, non siamo ancora arrivati a tanto. Non parleremo quindi di sofisticati microchip da
ci va di premere il tasto rec della nostra vita, che sia cosparsa di moti, suoni, visioni o stati febbrili, poco importa, il guanto è in grado di rilevare movimenti, cattu-
rare rumori ed immagini (girando perfino dei video), misurare gradi centigradi. Selezionando l’impostazione “Auto mode” è il dispositivo a scegliere cosa e come registrare, mentre in “Manual mode” la
decisione spetta solo alla posizione delle nostre dita. Tramite connessione WiFi è poi possibile scaricare i dati nel computer, e col software li si può raccogliere ed organizzare in vari modi creando un variegatissimo diario personale da poter condividere in rete, partecipando così ad un processo creativo che sfrutta una nuova forma di comunicazione. È solo un proget-
to di tesi, a completamento di un percorso formativo all’ISIA di Roma, che segue la filosofia di Achille Castiglioni secondo cui “non si progettano prodotti bensì comportamenti” o un prototipo che presto vedremo concretizzarsi nel mercato tecnologico? Valeria Fuso è la neo-designer in questione, che ha scelto di offrire una prospettiva differente da cui guardare il mondo. Simona Matina HZINE 6
Inkspinster, la promessa… zitella
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a felicità è un cucciolo caldo”. E chi l’avrebbe mai detto che un aforisma sì commovente, partorito dalla genialità indiscussa di un Charles M. Schulz, potesse essere dissacrato dalla fantasia traboccante di una ribelle della Nona Arte... Inkspinster: battuta mordace, alquanto logorroica ma non di quel tanto cianciare di cui sono pieni molti sottoprodotti in ambito fumettistico. La mocciosa
ha sempre da dire la cosa giusta al momento giusto, con occhietti che guardano il mondo con un pizzico di cinismo e la gratuità di una bambina. Tante cose l’accomunano ad una piccola della sua età: l’amore per i cuccioli, ai quali non risparmia però torture di ogni sorta; l’affetto per un ragazzino, che rifiuta i suoi reiterati corteggiamenti.Sembra una cuginetta italiana di Mercoledì o una 7 HZINE
sorella del depresso Vincent di Burton.Che cosa significherà mai quel nome così cacofonico che Deco (Elisabetta Decontardi) le ha appioppato? La sua traduzione è zitella d’inchiostro, scarabocchio che si aggira per le vignette a sciorinare anche la sua sguaiatezza, un formato 4x2 che lascia sorpresi per la sua originalità e il suo ordine. Nulla è casuale, ogni dettaglio è minuziosamente curato, in uno stile ottocentesco con un gusto nel riempire di fitti ghirigori, di terminazioni ovoidali i tratti.
Pennino ed inchiostro, una scelta che consente l’estemporaneità e la velocità d’esecuzione. Le ispirazioni si rintracciano in superficie: Tim Burton, Roman Dirge, sono evidenti. Che dire di più? Lasciatevi invitare a sbirciare le elucubrazioni di una bambina linguacciuta. Ilaria La Magna
Deco, pseudonimo di Elisabetta Decontardi (Voghera, 1 ottobre 1973), è un'autrice di fumetti italiana, nota in particolare per la serie InkSpinster. Benché sostenga di amare molto più l’illustrazione che il fumetto, inizia proprio dai fumetti nel 2000. In questo campo è una assoluta autodidatta, non avendo fatto alcuna scuola di disegno o artistica. Nel 2001 crea InkSpinster che verrà pubblicato per la prima volta nel 2003. Lavora principalmente come illustritrice collaborando con quotidiani, riviste, pubblicità e libri per bambini.
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Il
non fu una vacanza N
iente, ci si potrebbe rispondere domandandosi cosa resta oggi del Futurismo. Gran parte delle ideologie di Marinetti&Co ai giorni nostri suonerebbero in fondo antiche e anacronistiche: folle pensare a una guerra “per pulire il mondo”. Lasciatecelo augurare, almeno. Sì, insomma, quest’anno il Futurismo compie cent’anni, siamo tutti entusiasti, tutti lo festeggiano, tutti lo lodano e bla e bla. Questo è quanto. No, questo è niente. Visto che in pochi, infine e al solito, conservano quel po’ di curiosità che serve a chiedersi perché. Oltre a lasciarci un’ effigie per le attuali monete da venti centesimi, qualcosa devono aver fatto, questi futuristi, se nel 2009 hanno smosso tanto gli animi degli appassionati d’arte. Gli appassionati d’arte. Giusto per cominciare non era il solo pubblico a cui urlavano la loro rivolta. Perché il Futurismo intendeva travolgere, secondo i suoi principi, molte sfere del pensiero umano. Dunque non solo pittura, scultura, architettura, ma anche letteratura, teatro, musica, cinema, politica, perfino il lessico, in qualche caso. Se oggi gira voce sulla xenofobia o su un vago nazionalismo italiani, facciano riflettere il quisibeve, il pranzoalsole, il peralzarsi, il traidue, sostituiti ai meglio noti bar, pic-nic, dessert, sandwich, per portare qualche esempio che oggi procura sorrisi. Ma forse il legame più profondo fra il 1909 e l’anno che stiamo vivendo è individuabile in un valore in particolare: la velocità. 9 HZINE
Questo mito, perché tale si può considerare, è per i nostri tempi un elemento imprescindibile. Non si parla d’altro che di velocità: collegamenti ADSL veloci, treni ad alta velocità, auto che scambiano le strade per piste da F1... e sbrighiamoci, in ogni occasione, o non riusciremo mai a portare a termine i nostri compiti. Il mondo non è mai stato tanto veloce quanto lo è adesso, e quanto ancora spera di diventare, ma non accenna a premere sul freno.
Super. È diventato un punto verso il quale propendere, super tutto.
Non ce ne abbiano Nietzsche, Dostoevskij e D’Annunzio, che a lungo hanno dibattuto sull’esistenza del libero arbitrio e sui valori dell’individualismo, ma di superuomini oggi ce ne sbattono in faccia uno al minuto. I luoghi privilegiati: la poltrona del cinema e quella di casa, dove comodamente divoriamo i comics. Basta ricordare, e doverosamente, i più celebri supereroi in calzamaglia, come quelli editi dall’americana DC, Superman e Batman. Queste fanzine, tutt’ora in commercio, sono tra le più vendute nel mondo. Al battesimo di Superman nessuno si è spremuto le meningi per trovare un nome che designi altro dall’essere, appunto, una creatura dalle sembianze umane dotata di sensi che oltrepassano i limiti della natura. Super forza, super velocità.
è in fondo ciò che galleggia nelle speranze
dell’uomo odierno, pronto a biasimare ogni suo limite. Da questi fumetti sono stati prodotti
numerosi film, alcuni dei quali molto recenti. Talvolta queste pellicole prendono spunto anche da altre appartenenti al passato. Qualcuno ricorda il nome della città in cui Clark Kant barra Superman vive e opera? Metropolis. Mica bazzecole. Da essa non si diversifica troppo Gotham City, città del cugino Batman. Ora, potrebbe essere un caso, ma Metropolis (oltre a intitolare un quadro di George Grosz del 1916) è anche il titolo di uno dei più grandi film muti mai girati, per mano di un certo Fritz Lang, fra i capostipiti dell’Espressionismo tedesco. E a vederlo sembra
un concentrato di tutti gli ideali futuristi in movimento: macchine, industrie, guerra, architetture e ambientazioni più o meno futuribili. Anche se quello di Lang poteva sembrare un
monito lanciato ai posteri sui rischi di un cieco amore per la meccanizzazione, monito che a quanto pare in pochi hanno raccolto. I Queen, però, ne hanno raccolto qualche fotogramma, usato nel montaggio del videoclip di Radio ga ga, se qualcuno desiderasse un antipasto del film. Restando in ambito più tradizionalmente artistico, sebbene parlando di Futurismo sia indelicato, se non pericoloso, accostare il termine “tradizione” a quello di “arte”,
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certo nel contemporaneo i riferimenti a questa corrente si inseguono. Lo sguardo potrebbe facilmente cadere su ciò che succedeva negli anni Cinquanta e Sessanta, quando al diffondersi della Pop Art corrispondeva la nascita e la maturazione di movimenti altrettanto validi come il Minimalismo, l’Optical Art, Fluxus. Nell’organizzazione di quest’ultimo, l’architetto lettone George Maciunas contemplò parecchio il concetto di indeterminazione, di caso, esattamente come John Cage, maestro musicista che ispirò il gruppo. E fino ad allora la sola avanguardia (che, oltretutto, fu anche la prima del Novecento) che in ciò li aveva anticipati era stata proprio il Futurismo. Fluxus ne ereditò anche la multimedialità, lo straripamento di ogni forma d’arte in tutte le altre. E bisognerebbe chiudere gli occhi e tapparsi le orecchie per non trovare alcuna connessione fra l’ intonarumori di Russolo e le performance di Phil Corner, che si esibisce demolendo un pianoforte, in cui il solo suono a essere percepito è quello prodotto dal martello e dalle seghe. C’è poi l’Arte Cinetica, o Optical, che nutrendo forte interesse per i meccanismi scientifici da cui scaturisce il movimento, la dinamicità, ha fatto tesoro degli studi portati a termine dai futuristi, altrettanto attenti al modificarsi dei volumi nello spazio. La
freddezza della pittura si fa più estrema, il sentimento e l’emozione scompaiono per la-
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sciare spazio solo a un gesto pittorico meccanico. Forse è proprio questa stessa freddezza,
la tentazione di identificarsi con la moderna città industriale e l’analisi del dialogo delle opere con lo spazio che condiziona il modo di fare arte all’epoca del Minimalismo, che dagli anni Sessanta a tutt’oggi è una delle correnti dominanti, con le sue gigantesche, basilari e asettiche forme geometriche. Proprio il sostegno per la modernità, forse, ha preso per mano i futuristi e li ha condotti a impegnarsi anche nella comunicazione grafica e pubblicitaria. Questa richiede tutto ciò che essi propugnavano: velocità, sintesi, esibizione, oltre che una reazione da parte dello spettatore. Come dimenticare i manifesti creati da Depero per Campari, Strega, Saccardo? Potremmo dire che fu il primo artista che osò
parificare il livello tra un quadro e un manifesto pubblicitario, il primo a riconoscere negli industriali i nuovi committenti delle opere, sostituti di signori ed ecclesiastici.
Insomma uno dei motivi per cui il Futurismo è ancora così sentito è la sua attualità paradossalmente costante, l’averci infilato due dita nelle orbite e aperto meglio gli occhi per farci smettere di guardare solo dietro le nostre nuche, quando il presente è altrettanto critico e ben più famelico. Lucia Grassiccia
35 mm
selected movies
Barry Lyndon
Ci sono registi e Registi come ci sono film e Film. Kubrick è uno dei registi con tutte le lettere maiuscole, nonché fotografo e sceneggiatore; un maestro che ha lasciato una produzione di bellezza e importanza indubbia, sebbene concisa (13 film più qualche documentario). Di tutti i suoi film però ce n’è uno che è rimasto sempre in penombra, su cui si sono sentiti aneddoti divertenti ma che pochi cinofili hanno visto: Barry Lyndon (1975). Tratto dal romanzo di w. M. Thackeray, vincitore di 4 premi oscar, è puro cinema. Per realizzare questo film, tra lo storico e il drammatico con tratti ironici, si è servito di tutta la sua conoscienza in fatto di cinema. Le riprese sono avvenute esclusivamente con la luce naturale, o comunque di candele o elementi scenici, e ciò implicò la sperimentazione di particolari lenti Zeiss progettate per la NASA e di nuove macchine da presa della Panavision. Forse non esiste una scena al chiaro di luna bella come quella presente in questo film. Da vedere. U.S.
Pi Greco
Un brillante matematico, fermamente convinto che tutta la natura possa essere ricondotta ad un modello logico, cerca uno schema capace di prevedere gli esiti della borsa con rigore scienti- fico. Le sue ricerche sono però inter- rotte da incontrollabili emicranie che lo perseguitano dall’età di sei anni, fin- ché un giorno il suo supercomputer va in tilt dopo aver stampato una sequenza casuale. La risposta che Max cerca da una vita è lì, minacciata da una multinazionale e da un gruppo di Ebrei studiosi della Cabala.È questa la trama di Pi Greco, film di Darren Aronofsky del ‘98 girato in un bianco e nero fortemente contrastato, a simboleggiare il leitmotiv del film, il contrasto fra ordine e caos. Colpisce l’attenzione ai particolari: il gioco del go con le sue partite imprevedibili, le allucinazioni di Max durante i suoi mal di testa, i primi piani sconvolgenti e un finale problematico e aperto fanno di questa pellicola un capolavoro del cinema indipendente, sicuramente da vedere. G.G.
Fahrenheit 451
“Li riduciamo in cenere e poi bruciamo la cenere!”. È il motto del corpo dei pompieri di Fahrenheit 451, film girato da François Truffaut nel 1966 e tratto dal romanzo (Gli anni della Fenice il titolo italiano) di Ray Bradbury. Non una pellicola eccellente, ma un sicuro omaggio dell’autore nei confronti della letteratura, della prosa specialmente, sua predilezione.Nella visione futura di una società sotto costante controllo, in cui le casalinghe anelano e hanno un ruolo nella comme- dia della Grande Famiglia e ciò che sembra un quotidiano è in realtà solo una serie di immagini, la memoria abbandona le menti umane. “Basta tenerli occupati, è questo l’importante” recita il primo fra i pompieri, i quali piuttosto che di idranti sono armati di lanciafiamme. Le parole stampate, unico mezzo per trasmettere la conoscenza umana, finiscono per ac- cartocciarsi lentamente, per sparire dal mondo. Montag, resosi conto di tutto ciò, cerca una soluzione, che troverà nei pazienti uominilibro. L. G.
Persona
Talvolta apprezzato per i pregi tecnici (notevole la fotografia di Sven Nykvist) e per la profondità delle tematiche, talaltro accusato di caos narrativo e di un inutile intellettualismo, Persona (1966) resta una delle pellicole più intriganti di Ingmar Bergman e probabilmente la più sperimentale. Il prologo del film non può che confermare quanto appena detto: 6minuti di fotogrammi silenziosi e inquietanti (era presente in origine anche l’immagine di un pene in erezione, naturalmente censurata). Un’attrice teatrale durante una rappresentazione si chiude improvvisamente in un mutismo che non dipende da un blocco psichico ma dalla sua volontà. Le viene affidata un’infermiera, dalla personalità più fragile, che per compensare al silenzio di Elisabeth finisce per raccontarsi completamente. Sebbene molto diverse, tra le due nasce un legame profondo e complesso che le porta a una identificazione. Straordinaria l’interpretazione di Andersson e Liv Ullmann. L. G.
HZINE 12
selected books
Emile Zola
Bram Stoker
“Teresa e Lorenzo sono due esseri bestiali e null’altro.In questi due bruti ho voluto seguire, a passo a passo, il sordo travaglio delle passioni, gli impulsi dell’istinto ...” Il racconto di come l’animo forzatamente addormentato dell’una esplode in tutta la sua selvaggia brutalità alla vista dell’altro. Le estreme conseguenze delle azioni che si rivolgono loro contro, trasformando un tentativo di egoista ricerca della felicità in desiderio di annullamento. “In Teresa Raquin ho voluto studiare indoli, non caratteri.”. Così scrisse Emile Zola nella prefazione alla seconda edizione del romanzo, difendendosi nei confronti della critica del suo tempo, che considerò l’opera orrida e di scarsa qualità. Visto sotto questa luce è più facile apprezzare Teresa Raquin, che non venne più considerata “pozza di fango e di sangue” ma “ammirevole autopsia del rimorso”(De Gouncourt). Da qui in poi Zola verrà ritenuto lo scrittore che analizzò i corpi vivi come “i chirurghi fanno con i cadaveri”.
Con il successo di Twilight si è re-innescato il fenomeno del vampirismo: librerie, cineteche, pagine web...tutto invasodai vampiri! Non c’è dubbio che questo, ancora oggi brulicante, germinatoio ha dato vita a tante “opere” di dubbio gusto, che malgrado tutto ne alimentano il mercato: ricche di fantasia ma non di spessore. La faccenda più strana è che una delle prime opere (seconda solo a Carmilla di Le Fanu), e senz’altro più interessante, è stata eclissata: Dracula di Bram Stoker. Libro scritto in maniera quasi scientifica, ricco di descrizioni storiche e geografiche, avvincente malgrado sia passato più di un secolo dalla sua stesura. Anche Coppola ne apprezzò il valore, realizzando la trasposizione cinematografica nel ‘92. Un classico da gustare, spesso punto di riferimento per i lavori vampireschi, fino ai più recenti. Capita talvolta, però, che i padri siano migliori dei figli. U.S.
Teresa Raquin
E.R. 13 HZINE
Dracula
Italo Calvino
Se una notte d'inverno un viaggiatore
Sorprendente! Forse basterebbe questo aggettivo a descrivere quest’opera. Al di là del titolo, molto romantico ed evocativo, sta infatti un romanzo rivoluzionario, unico nel suo genere, che stravolge il concetto classico di libro: protagonista è il lettore, tema principale il piacere di leggere (e scrivere) libri.Esatto, non avete letto male. Il protagonista è proprio il lettore, che comincia a leggere dieci romanzi ma, per una serie di “incidenti”, non riesce a completarne uno. Quasi non sembra più Calvino, ma realmente dieci mani differenti come differenti sono i temi narrati, che cambiano genere ad una velocità quasi disarmante; unico filo conduttore sonoil lettore e una storia d’amore che emerge tra le burrascose vicende. Con chi?! Ma ovviamente con la lettrice! Il risultato è un’opera moderna che coinvolge in prima persona il fruitore: in quello che l’arte contemporanea cerca ormai di fare da tempo, Calvino è riuscito egregiamente! U.S.
Pages
Isaac Asimov
Fondazione e Terra
Lo spazio non è mai sembrato così immenso visto da queste pagine. La saga della Fondazione appartiene al padre di tutte le fantascienze, Isaac Asimov, ma paradossalmente non soddisferà il vostro immaginario e le vostre aspettati- ve, le aggirerà e vi mostrerà la galassia giudicandovi come l’infinitesimale cellula di un organismo immenso. Un lungo viaggio, tutt’altro che “allucinante”, anzi lucido e freddo, che durerà più di mezzo millennio alla ricerca del senso del brulicare umano. Nonostante Fondazione e Terra sia un libro che “si regge benissimo da solo” dare una sbirciatina ai quattro volumiche lo precedono non sarebbe di cattivo gusto. In questo modo i cinque romanzi si assicureranno certamente uno degli scaffali migliori della vostra libreria e segneranno la vostra visione delle cose vita natural durante. E. R.
Abbiamo acchiappato un Topolos! Volo e camera prenotati... Si parte! Siamo a Torino per un concentrato di cultura digitale, i quattro giorni più intensi dedicati al mondo della computer grafica (View Conference 2008), ed è lì che lo incontriamo, lui, Paul Topolos, uno dei matte painter che ha dato vita a quel mondo perfettamente “imperfetto” in cui vive Wall-E. Ignaro della nostra presenza, lo incrociamo tra le strade di torino, sembra quasi che lo pediniamo. Armati di coraggio e telecamera, con le ginocchia ancora tremolanti dall’emozione, il giorno dopo siamo lì, seduti insieme a lui, a scambiare quattro chiacchiere.
C
ome non notare i riferimentii grandi classici. Il suo aspetto, la sua dolcezza fanno di Wall-e l’E.T. del nuovo millennio (anche se Johnny5, dal film Cortocircuito sembra averlo anticipato). Il grande e grosso obbiettivo di “Auto” sembra il cugino di HAL, l’ avvenieristico computer di bordo di 2001: Odissea nello spazio.Solo distratte ispirazioni o veri e propri tributi alla storia della fantascienza? Ci siamo persi qualche altro riferimento? Io e Adrew Stanton siamo cresciuti con ognuno di questi film. Credo anche che ci siano molti riferimenti da altri film. Siamo tutti amanti dei film di fantascienza, è normale che sia un mix. Jhonny5... non direi. In molti guardando le sue ruote pensano che Wall-E sia ispirato a lui, ma in realtà non ci siamo rifatti ad altro che ad un binocolo e ad una scatola. Come ho detto prima, siamo tutti influenzati da questi film perché fanno parte della nostra infanzia, credo che ognuno di noi sia condizionato da ciò che ci colpisce da bambini.Ben Burtt, ad esempio, il sound designer di Walle, è lo stesso di Star Wars, quindi possiamo dire che c’è anche un po’ di Star Wars in questo film. Gli splendidi titoli di coda sembrano raccontare una rinascita. Geroglifici egizi, arte greco-romana, impressioni-
smo, Van Gogh e in conclusione la computer art. Sembra che adesso tocchi a voi narrare il nostro tempo. Jim Capobianco, che si era occupato in passato dei titoli di coda di Ratatouille, ha fatto uno splendido lavoro. Ho dovuto vedere i titoli di coda due volte per capire che si trattasse del futuro, di come l’uomo può sopravvivere. Credo che sia stato un ottimo modo per mettere insieme i problemi dell’umanità, ricordando alle persone la propria storia attraverso l'arte. Sì, mi è piaciuto e penso sia un ottimo lavoro di digital piantino. Un film come questo dimostra come sia possibile trasmettere un messaggio costruttivo e puro strappando una risata senza alcuna volgarità. Qual'è il segreto di questo sognante e raffinato stile Pixar? Il discorso è che Andrew non voleva creare un film partendo da un messaggio fisso. Questo perché quando siamo cresciuti noi, eravamo tartassati da film pieni di messaggi. Un esempio è Il pianeta delle scimmie, che principalmente ammonisce l’uomo, avvertendolo che di questo passo si arriverà all’autodistruzione. Andrew voleva tutti gli uomini fuori dai piedi per poter avere Wall-E da solo sulla terra, e man mano che faceva il film si rendeva sempre più conto di quanto fosse interessante
l’idea di questo robbottino rimasto solo sulla terra ad accumulare in ordine tutta la spazzatura che gli esseri umani avevano creato e lasciato dietro di sé per non aver riciclato.Inoltre Andrew non voleva fare un film per l’ambiente, ma un film che rilassasse gli spettatori. Mandando un messaggio indiretto verso ogni persona che vedesse il film ad interpretazione aperta. Ad esempio un mio amico mi ha detto che lui ha interpretato il film come un messaggio rivolto ai genitori, di non lasciare i figli pulire il giardino da soli. Come riuscite a sembrare sempre così divertiti lì negli studios? Credo che la Pixar sia il miglior studio in cui lavorare. Hanno a cuore gli impiegati, le storie sono interessanti, è perfetto insomma. Anche noi abbiamo le nostre giornate no, ma è molto incoraggiante lavorare su film che piacciono al pubblico, piacciono ai bambini, ai genitori, perfino a me. Qual’è il personaggio sul quale è stato più divertente lavorare fino a questo momento? Il mio ruolo riguardava principalmente gli scenari, ma amo Wall-E per la sua semplicità. Sembra quasi che non si renda conto di essere solo fin quando non s’innamora di Eve. HZINE 14
Raccattati Golden Boy
The Chirping Crickets
A 50 anni dalla scomparsa di uno dei punti di riferimento maggiori del rock ‘n’ roll americano ricordiamo Buddy holly, morto in un incidente aereo a soli 22 anni. Lui e la sua band in The Chirping Crickets.
Molti lo conoscono come anime, ma il fumetto è meno leggero di quello che vi ha fatto credere MTV! Dei 10 volumi, solo il primo è stato animato; il resto è una critica oscena sulla società giapponese, repressione sessuale, l’inutilità della scuola...e molto altro, riservato ad un pubblico senza tabù!
"Urban" Bag In una borsa come questa, tra portafogli e cellulare, non ci si stupirebbe di trovare ruspa e martello pneumatico. Il materiale è quello che sembra, il classico nastro da “lavori in corso”, ma a metterci le mani (e l’estro!) è il designer David Shock.
360° Paper
Come può uno scoglio arginare il mare?Beh, se può una bottiglia di carta... Contiene con efficacia qualsiasi liquido ed ha pure un tappo innovativo che fa invidia alla comune cugina in plastica. 100% riciclabile per un usa e getta senza pensieri!
Tango
Dalla Polonia con furore, latino furore, il regista e video artista Zbig Rybczynski coglie, come dire, la palla al balzo. Nel 1980 un esilarante “Tango” conquista l’Oscar per il miglior corto di animazione. Nel frattempo, da allora ad oggi, qualcuno ha tentato di pronunciare il nome dell’autore.
Amami se hai coraggio
Francese, surreale e magica commedia di Yann Samuell (2003). I giochi proibiti di due bambini, Julien e Sophie, e una scatola porta caramelle per sfidarsi a fare le cose più folli, fino a diventare adulti, fino alla perversione. “Giochi o non giochi?”
anobii.com
Esibizionismo da social network sì, ma a base di sana cultura. Potrete finalmente mostrare al mondo gli scaffali della vostra libreria, anche se solo virtualmente. Recensirete, troverete utenti con gusti simili ai vostri e potrete persino catalogare nel dettaglio i vostri volumi.
Concorsi SCULTURE PER UN MUSEO L’Associazione culturale Montemag organizza il X° Concorso Internazionale di scultura “Sculture per un museo” con la finalità di selezionare durante la mostra, una o più opere da installare nel percorso parco del museo di sculture all’aperto localizzato sul Montemaggiore.
TEXTILE DESIGN CONTEST La terza edizione del Textile Design Contest propone ai suoi partecipanti la progettazione e il disegno di un tessuto che sia in grado di valorizzare ed esaltare le peculiarità del filato impiegato; non solamente dunque la proposta di un tessuto ma la sintesi di un intero percorso creativo.
CELESTE PRIZE 2009 Concorso per l’arte con- temporanea in cui gli artisti decidono chi vince!40.000 Euro di premi in 5 categorie: Painting, Photography & Digital Graphics, Installation & Sculpture, Video & Animation.Mostra finale e consegna dei premi a Berlino, Ger- mania, fine Settembre 2009.
PREMIO TARGhETTI ART Il tema dell’edizione 2009 del premio indetto dalla Fondazione Targetti è: l’utilizzo della luce arti- ficiale come strumento espressivo e contenuto pri- mario di un’opera d’arte. AI vincitori andranno 10.000 €, inoltre avrà la possibilità di collaborare con i tecnici specializzati di Targetti.
Scadenza: 14.04
Scadenza: 01.04
Scadenza: 31.03
Scadenza: 04.04
15 HZINE
di Giuseppe Bianca e Ramona Punzo