Madonne e Santi alla finestra L’iconografia religiosa devozionale sui muri delle cascine e delle case della Lomellina
pime EDITRICE P A V I A
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Realizzazione editoriale PI.ME. Editrice Srl Pavia 2017
Proprietà artistica riservata per tutti i Paesi Le riproduzioni per usi differenti da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione scritta rilasciata dall’Amministrazione comunale di Sartirana Lomellina che si riserva tutti i diritti
ISBN 978-88-7963-360-4
In copertina: Madonna del Rosario, Cascina Gorana Vecchia, Sannazzaro de’ Burgundi. In quarta di copertina: Beato Padre Francesco Pianzola, Sartirana Lomellina.
Per la salvezza della mia anima
Ex libris E.P.G.
Chi va alla ricerca di Dio, lo ha già trovato. Sant’Agostino AVE MARIA E te ne vai, Maria, fra l’altra gente che si raccoglie intorno al Tuo passare, siepe di sguardi che non fanno male, nella stagione di essere madre. Sai che fra un’ora forse piangerai poi la Tua mano nasconderà un sorriso: gioia e dolore hanno il confine incerto, nella stagione che illumina il viso. Ave Maria, adesso che sei donna, ave alle donne come Te, Maria, femmine un giorno per un nuovo amore, povero o ricco, umile o Messia. Femmine un giorno e poi madri per sempre, nella stagione che stagioni non sente. Fabrizio De André “La storia cristiana è fatta di Santi. Santi nascosti, senza altari, devozioni né eroismi visibili, che però fanno luce con la loro bontà alle persone che incontrano”. Joseph Ratzinger “Fu sempre il sogno della mia vita fare il bene, cercare di far cantare a tutte le creature le lodi del buon Dio. Voi Suore Missionarie continuerete questo mio sogno”… “…Salvare le donne con le donne…”. Beato Francesco Pianzola “Dopo venti secoli di storia e nonostante le crisi spirituali che hanno segnato la vita del continente, si deve ancora affermare che l’identità europea è incomprensibile senza il cristianesimo”. Cardinale Carlo Maria Martini “Dio ha un legame di parentela con l’uomo: fin a quando oppressione, sfruttamento, emarginazione incombono sulla sua creatura egli non può restare indifferente, relegato nei suoi cieli lontani e luminosi”. Cardinale Gianfranco Ravasi
CON IL CONTRIBUTO ED IL PATROCINIO
Fondazione Bagliani
MUSEO DEL CONTADINO ASSOCIAZIONE AMICI DEL MUSEO IN LOMELLINA ONLUS A.M.L.OM. - FRASCAROLO - PV
Suore Missionarie Immacolata Regina della Pace
Azienda Agricola Alberetta
CON IL CONTRIBUTO ED IL PATROCINIO
COMUNE DI CASTELNOVETTO
COMUNE DI COZZO
COMUNE DI DORNO
COMUNE DI GARLASCO
COMUNE DI MEDE
COMUNE DI MORTARA
COMUNE DI OLEVANO
COMUNE DI PIEVE DEL CAIRO
COMUNE DI ROSASCO
COMUNE DI SAN GIORGIO DI LOMELLINA
COMUNE DI SARTIRANA LOMELLINA
COMUNE DI TROMELLO
COMUNE DI VALLE LOMELLINA
COMUNE DI VILLA BISCOSSI
Introduzione Ernesto Prevedoni-Gorone Alberto Gallo
Prefazione Sua Eminenza Cardinale Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura Città del Vaticano
Sua Eccellenza Maurizio Gervasoni Vescovo di Vigevano
Prof. Giancarlo Vitali Presidente Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia - Onlus
Reverendo Dott. Prof. Don Cesare Silva Parroco di Sartirana Lomellina
Dott.ssa Prof. Luisa Denari Presidente Civica Biblioteca “Francesco Moro” Sartirana Lomellina
Perché un volume con un tema apparentemente lontano dalla nostra caotica realtà quotidiana? Lo spunto nasce dalla presa di coscienza che il nostro mondo ci sta sfuggendo di mano, travolto da falsi miti e dal sopravvento di altri modelli di vita troppo distanti da quelli rassicuranti dei nostri giorni passati. Non manca, all’inizio del terzo millennio, chi ha l’impressione che il mondo dei valori dell’Europa, la sua cultura e la sua fede, ciò su cui si basa la sua identità, sia giunto alla fine o, per meglio dire, sia già propriamente uscito di scena. Scrive il Cardinale Joseph Ratzinger “Qui c’è un odio di sé dell’Occidente, che è strano e che si può considerare come qualcosa di patologico. L’Occidente tenta sì in maniera lodevole di aprirsi pieno di comprensione a valori esterni, ma non ama più se stesso; della propria storia ormai vede solo ciò che è deprecabile e distruttivo, mentre non è più in grado di percepire ciò che è grande e puro”. Arnold Toynbee, storico inglese dell’800, descrive una civiltà come se fosse un modulo biologico che nasce, cresce ed, infine, si avvia al suo declino: proprio come appare essere oggi il continente europeo con la sua civiltà ormai ripiegata su se stessa, vuota e paralizzata, che necessita di nuova linfa e che, apparentemente, sembra averla trovata eseguendo nuovi innesti che tuttavia, ed inevitabilmente, non potranno che stravolgere, quando non eliminare del tutto, la sua intrinseca identità. Cito ancora Toynbee, che scriveva: “Il destino di una società dipende da minoranze creative… i cristiani credenti dovrebbero concepire se stessi come tale minoranza creativa e contribuire affinché l’Europa”, ed io dico l’Italia “riacquisti nuovamente il meglio della sua eredità e così… come sin qui fatto… sia a servizio dell’intera umanità”. Così, per riaffermare questi valori, mi è venuto in mente di parlare di loro, delle Madonne e dei Santi, quelli minimi che stanno tutto il giorno alla finestra di case e cascine, aspettando il frettoloso passante, aspettando uno sguardo fugace o una piccola preghiera che di solito non arriva, grazie allo spunto straordinario offertomi da Alberto Gallo e senza il quale quest’opera non avrebbe mai visto la luce, che con certosina pazienza ha percorso in lungo ed in largo la nostra Lomellina per immortalare con la sua macchina fotografica, alcune forse per l’ultima volta, le immagini sacre votive ancora presenti sui muri delle case dei nostri paesi e delle nostre cascine. Questo per rinforzare la mia – purtroppo tiepida – cattolicità e per cercare di difendere, anche attraverso questo percorso, la nostra ritrovata cristianità e, sembrerà strano, anche i nostri valori europei. Bandire dunque una nuova crociata per mantenere vive le nostre tradizioni e la nostra cultura, attraverso questo percorso, senza urlare né sgomitare ma con la fermezza propria dei nostri padri fondatori che, assieme ai loro semplici ma saldi principi, avevano al loro fianco la patetica passionalità dei loro santi protettori, sempre e comunque.
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ualcuno li ha visti volare in cielo, insieme, le Madonne e anche i Poveri Cristi, i Santi e gli Angeli. Sempre più smunti, sbiaditi, scrostati. Le pitture sacre sparse nelle città, nei paesi e nelle cascine si sono staccate dai muri. Madonne stanche di non esser più amate. Così si perde un pezzetto di cuore e che importa, tanto è arte povera. Perdendo colori e preghiere spariscono davvero in silenzio. Ma le Madonne e i Poveri Cristi hanno una forza sorprendente e resistono ostinatamente incollate ai muri e alla memoria. Stanno sbiadendo in un amen, non sperano neanche più in un lumino e una preghiera, ma si accontentano solo di uno sguardo. Madonnelle Così venivano e vengono chiamate a Roma le immagini sacre della Madre di Gesù: impulsi spontanei di devozione che arredano tante strade della capitale e offrono una testimonianza della fede ma anche del gusto estetico diffusi a Roma nei secoli passati. “Degnami della tua attenzione. La gradirò come se fosse un fiore”. L’epigrafe sottostante l’immagine della Vergine, sulla facciata dell’edificio in angolo tra via del Governo Vecchio e via della Chiesa Nuova, a Roma, sollecita dal frettoloso passante uno spontaneo impulso di devozione. E pone l’accento su una tipica espressione di arredo urbano che, considerata “minore” sotto il profilo architettonico ed artistico, si rivela importante sotto l’aspetto religioso e sociologico. Ci riferiamo appunto alle edicole sacre, comunemente note come “Madonnelle” perché contenenti, per la maggior parte, immagini della Madonna; una testimonianza ancora viva del sentimento di devozione e del gusto estetico diffusi nella Roma dei secoli passati. Anche altre città italiane – come Torino, Genova, Napoli, Venezia, Firenze, per nominarne solo alcune – presentano simili effigi nel fitto intreccio di vie, piazze e piazzette; ma è nella capitale della cristianità, “sacra” per eccellenza, che esse assumono più ampia consistenza. Una consuetudine di remota origine, suffragata da scarse notizie storiche, e che può farsi risalire a quei tempietti pagani, chiamati appunto aediculae, eretti nell’antica Roma in onore dei Lares Compitales, divinità preposte alla protezione dei viandanti. Con l’avvento del cristianesimo, che assorbì alcuni aspetti esteriori di altri culti, ma rinnovandoli con un diverso significato interiore, quelle divinità furono sostituite da immagini sacre: dapprima sulle austere mura e porte d’accesso all’Urbe, poi sulle facciate di palazzi nobiliari e in angusti vicoli, sotto scure arcate o in androni, su povere casette o su svettanti torri e campanili o in corrispondenza dei quadrivi. E la tradizione si perpetuò nei secoli, dal Medioevo al Rinascimento, acquistando maggiore diffusione all’epoca del Concilio di Trento e nel periodo compreso tra il Seicento e l’Ottocento. Centinaia di edicole, allora, furono sistemate in ricordo d’una circostanza importante o di un evento ritenuto miracoloso; talvolta come suggello di prestigio personale, più spesso per porre sotto la tutela della Madonna o di qualche Santo un’abitazione, una piazza, una contrada. Ma nemico invincibile delle sacre immagini fu, agli albori del Novecento, l’incalzante progresso. I profondi mutamenti intervenuti nel tessuto urbanistico e il modificarsi degli stessi sistemi di vita, determinarono la scomparsa di molte edicole. Alcune di esse furono ritirate dai proprietari e sistemate nei loro appartamenti o nelle cappelle private che le famiglie più agiate possedevano; altre furono trasferite negli àtri di nobili palazzi; altre ancora, collocate all’interno di chiese, assumendo, con il controllo diretto del clero, una più solenne autorevolezza. Ulteriori motivi della dispersione furono l’incuria, sia pubblica che privata, i danni provocati dalle intemperie, l’estinzione delle famiglie che le avevano amorosamente custodite per anni. Occasioni di una nuova fioritura, nel culto delle pittoresche “Madonnelle”, si ebbero durante e dopo i due drammatici conflitti mondiali; soprattutto dopo il 1944, quando, a Roma in particolare, furono installate numerose edicole in segno di ringraziamento alla Madonna del Divino Amore, proclamata Salus Populi Romani per aver protetto la città dai bombardamenti aerei.
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Ma fu solo un pallido riflesso del passato. In realtà – e non è aspetto marginale – il nuovo assetto urbano cambia pure il rapporto tra l’individuo e le pratiche devozionali. Le sacre immagini stradali perdono la caratteristica di centri di aggregazione, idonei ad accogliere un’umanità popolana in cerca di sollievo e speranza. Più realisticamente, diviene pericoloso, sotto l’incubo di un traffico inarrestabile, indugiare sulla pubblica via e guardare in alto. Le abitudini, anche migliori, si perdono; subentrano la trascuratezza e l’indifferenza nei confronti di quelle esteriori espressioni di fervore religioso. Le origini Le origini di queste testimonianze iconografiche religiose sono di varia natura e per cause molto diverse, anche se ne possiamo indicare almeno due come principali: come testimonianza di un fatto accaduto in quel luogo e che viene evocata attraverso l’immagine. Un miracolo, una guarigione, uno scampato pericolo. Altro è la presenza dell’immagine sacra e, in particolare, di un santo protettore, in funzione della particolare devozione ad esso dedicata. San Giuseppe protettore dei falegnami, Sant’Antonio di Padova protettore degli animali, San Giulio d’Orta protettore dei muratori, San Grato protettore dei campi ed in particolare dalla grandine, Sant’Eligio protettore degli orafi, fabbri e maniscalchi, tanto per citarne alcuni. Molto spesso la collocazione di una immagine sacra, quasi sempre la Madonna, è dovuta alla particolare necessità di un singolo individuo, il quale colloca sul muro della propria casa una immagine al fine di affidare i muri ed i suoi occupanti alle sue materne cure. Una specie di “polizza assicurativa” ante litteram dunque, collocata agli ingressi delle cascine e sui muri delle case padronali a scopo protettivo. Oppure per il rispetto di un vincolo testamentale. A tale riguardo mi piace ricordare un aneddoto che spesso la mia consuocera racconta. “Mio padre, l’architetto Giuseppe Massari, nel 1943, ancora studente, dotato ma squattrinato, ricevette l’incarico di dipingere l’immagine della Madonna del Carmine, vestita di rosso, con il capo coperto da un velo azzurro, che tiene in braccio il Bambino Gesù seminudo. Il bimbo sorride dolcemente ai passanti porgendo gli abitini. L’affresco, realizzato a quattro mani con Gino Testa, fu commissionato loro da un negoziante di tessuti. …Eravamo contenti di quello che avevamo realizzato, ricorda Giuseppe, e andammo ad avvertire il committente della fine del lavoro. L’uomo era indaffarato nel suo negozio e mise sul banco 1500 lire. Timidamente gli chiesi se non veniva a vedere l’affresco, ma lui, con un certo imbarazzo, disse che non aveva tempo e che gli bastava che la Madonna fosse del Carmine in quanto tale era l’obbligo impostogli da un lascito di un suo fratello defunto. Senza quell’opera, bella o brutta che fosse, non sarebbe entrato in possesso dell’eredità! ”. Quanto alla tipologia ed alla loro collocazione, nessun limite alle soluzioni suggerite dalla fantasiosa inventiva degli artisti: le più remote furono generalmente dipinte a fresco sui muri e, in seguito, sulla tela; dopo l’era rinascimentale si ebbero anche esemplari in maiolica ed altri in marmo o in mosaico. Talora arricchiti da elementi decorativi di contorno, come baldacchini, cornici, lapidi, mensole, ornati vari, fioriere. Analoga diversità nelle dimensioni e sistemazioni in loco delle edicole, anch’esse riflettenti l’estro dei realizzatori o la personale volontà dei committenti. A volte erano collocate all’interno di un altarino che veniva poi “rinfrescato” dalla devozione delle pie donne e, per le immagini dedicate alla Madonna, oggetto di un particolare culto nel corso del mese di maggio, durante il quale la chiesa dedica una particolare devozione.
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In alcuni casi, cito per esempio, la Madonna della Bozzola a Garlasco, attorno all’edicola si è poi costruito un santuario e la devozione si è trasformata in costante celebrazione. Soprattutto nelle campagne le circostanze che portavano all’erezione di una cappella votiva o alla iscrizione sui muri di immagini sacre erano spesso la continuazione di rituali pagani mai del tutto scomparsi o abbandonati, per attirare su un terreno, su una proprietà, la benevolenza di dei pagani quali protettori di boschi, delle acque, delle colture e delle attività ad esse connesse. Con il consolidarsi della religione cristiana queste credenze non sono state abbandonate ma, al contrario, in una sorta di sincretismo simbolico religioso, si sono fuse, adattate e a volte integrate fra loro come per un atto di sottomissione ad una volontà superiore da parte di animi semplici ed ingenui, al fine di ottenere in ogni caso una protezione superiore alla loro terrena capacità tutelare. Collocazione delle edicole Le edicole venivano collocate in posizioni tali che potessero essere sempre disponibili alla vista dei loro fruitori, stanziali od occasionali di passaggio. La realizzazione dei dipinti veniva eseguita spesso su tavola di legno poi applicata al muro, a volte con la tecnica dell’encausto e, spesso, mediante l’applicazione diretta sul muro previa preparazione della parete applicando uno strato di calce magra, secondo la tecnica più propriamente detta dell’affresco. Gli autori erano il più delle volte dei perfetti sconosciuti, dotati di scarsa preparazione tecnica né tantomeno di una particolare vena artistica. Spesso itineranti, applicavano i loro disegni sui muri dietro modesto compenso, spesso rappresentato esclusivamente da vitto ed alloggio. Più raramente, e solo nei casi di committenti influenti, gli artisti erano famosi nel loro campo. Di solito, specialmente nelle immagini murali, non aveva grande importanza la qualità della rappresentazione visiva. Bastavano spesso ad identificare il tale personaggio o la tale Madonna, dettagli meno complessi di un viso o di una mano: un bastone fiorito, un forcone, una graticola, un libro aperto. Era la devozione, il sentimento, la passione a prevalere e ad andare dritta nel cuore dei fedeli. E ciò bastava. Lo stato di conservazione dei dipinti e dei manufatti e delle cornici Circa il 20% dei manufatti presenti nel volume presentano evidenti segni di degrado anche se nel complesso sono ancora visibili. Il restante 80% è ben conservato anche se, in alcuni casi, le immagini sono state sostituite, in corso di ristrutturazione degli immobili ospitanti, da manufatti in ceramica o terracotta ma che abbiamo tuttavia voluto rappresentare in relazione alla tipologia dell’immagine ed ai simboli in essa raffigurati. Abbiamo effettuato una personale selezione delle opere presenti in questo volume tenendo conto di numerosi fattori e pertanto, nel caso siano state dimenticate alcune di esse, ce ne scusiamo sin d’ora con i nostri lettori. Perché tanti lavori sono stati dispersi o trascurati in maniera irreparabile è dovuto a diversi fattori. Innanzitutto l’incuria dei proprietari che, spesso nel ristrutturare i loro immobili, hanno pensato bene di eliminare del tutto le immagini presenti sui muri. Spesso per ragioni religiose una vecchia casa del centro storico acquistata per poche migliaia di euro da famiglie di immigrati praticanti differenti religioni ha portato alla cancellazione delle immagini votive presenti sui muri esterni. In altri casi le piogge acide che dal 1950 ad oggi si sono registrate in percentuale crescente hanno provocato il dilavamento e la scomparsa di dipinti realizzati spesso con pigmenti naturali, i primi a scomparire a fronte dell’aggressione di agenti chimici particolarmente invasivi. Anche le cornici meritano attenzione per la loro composizione. Alcune ricercate, la maggior parte semplici riquadrature eseguite con mattoni a vista, tegole rovesciate, greche
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semplici ed ingenue. Spesso la semplice riquadratura della finta finestra è sufficiente. Inoltre in molte case di campagna si può notare la presenza di una finta finestra sia per ragioni di simmetria e per “risparmiare” una intelaiatura, sia come spazio disponibile per una futura icona, molto spesso mai realizzata. Spesso le cornici sono completate da un piccolo altarino che la devozione popolare riveste con pizzi e merletti, corredata di fiori – purtroppo oggi spesso di plastica – e da ceri accesi in permanenza. Quali i simboli più ricorrenti presenti nella nostra ricerca Vorrei precisare che sono pochi i simboli presenti nelle immagini di seguito riprodotte. Compare un’unica compresenza fra una immagine pagana, la grottesca posta in alto alla cornice, ed il rosario nelle mani della Madonna nell’immagine di copertina scattata alla cascina Gorana Vecchia. Il mascherone che atterrisce qualunque malintenzionato si presenti alla porta del cascinale è supportato dalla presenza della Madonna con il suo rosario. Nelle altre immagini selezionate compaiono: serpenti, gigli, rosari, agnelli, colombe, croci cristiane, palme, il buon pastore ed i simboli proto cristiani per definire Gesù Cristo. Il nuovo che avanza Si registra tuttavia, ed è il caso di Mede e Sartirana – tanto per citarne alcuni –, il ritorno in numerose case di civile abitazione di nuovi e vecchi santi realizzati, questa volta sì, da mani sapienti, per riportare di nuovo la benedizione celeste in case particolarmente devote. Cito a mero titolo di esempio Germano Casone, poliedrico artista medese che ha realizzato diversi affreschi sul territorio richiamandosi a temi attuali oppure a consolidati temi classici. Oppure Antonella Andreoli, artista di Sartirana che, accanto ad immagini di Madonne, dipinge un piccolo animale, di solito un cane, in un curioso sincretismo pittorico che mischia sapientemente il sacro con il profano. Conclusione Al termine di questa importante fatica durata oltre due anni, vorrei dire che quando ho iniziato questo percorso lo spirito era animato unicamente dalla ricerca del bello e della estemporaneità del soggetto. Ma, man mano che mi addentravo nella ricerca storico iconografica piano, piano, le Madonne ed i santi sono scesi dal loro piedistallo, hanno abbandonato le loro finestre, mi hanno preso per mano e mi hanno insegnato a riconoscere la pietas, la vicinanza degli umili, mi hanno insegnato a percepire il valore della sussidiarietà e della speranza. Mi hanno rincuorato nel cammino quotidiano della vita e, soprattutto, mi hanno fortificato nella battaglia quotidiana a difesa dei nostri valori più profondi. Ringraziamenti Ringrazio Alberto Gallo, Maria Bruna Romito, Alfredo Signorelli, Giacomo De Ghislanzoni-Cardoli, Raffaella Garzia, Raffaella Balduzzi, Cristina Nese Jenner, Jan Jenner, Maria Sole Prevedoni-Gorone, Luisa Denari, Barbara Stradella, Cristina Porzio, Piero Ghiselli, Umberto De Agostino, Gilberto Pasini, Mario, Marco e Antonio Mellina, Clara Acquali, Silvana Di Dio Meschi, Angela Maria Vallegiani Panigada, Narciso e Gianluca Cominetti, i colleghi Sindaci e tutti coloro che, con il loro contributo, hanno consentito la realizzazione di questo volume. Un particolare ringraziamento va infine a Don Cesare Silva per la sua preziosa ed insostituibile consulenza. ERNESTO PREVEDONI-GORONE Sindaco di Sartirana Lomellina
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Why a book with a theme seemingly far away from our busy everyday reality? The idea was born from the realization that our world is getting out of hand, hit by myths and taken over by other models of life too distant from the reassuring ones of our past days. At the beginning of the third millennium, we have those who have the impression that the world of Europe’s values, its culture and its faith, on which it bases its identity, has run its course, or, better said, it has already left the scene. Cardinal Joseph Ratzinger writes: “Here is a self-hatred of the West, which is strange and can be considered as something pathological. The West tries indeed in a praiseworthy manner to open up full of comprehension of external values, but it no longer loves itself; of its history now he sees only what is deplorable and destructive, while it is no longer able to perceive what is still great and pure”. Arnold Toynbee, English historian 800’, describes a civilization as if it was an organic form that is born and grows, eventually starts to its decline: just as it appears to be today the European continent with its civilization now folded in on itself, empty and paralyzed, that needs new blood and that apparently seems to have found performing new grafts that however, and inevitably, will only disrupt, if not eliminate, its intrinsic identity. Again I quote Toynbee, who wrote: “The fate of a society depends on creative minorities… believing Christians should look upon themselves as such a creative minority and help ensure that Europe” , and I say Italy “repurchases again the best of his inheritance and so… as far done… is to service of all humanity”. So, to reaffirm our values, I had the idea to talk about them: the Madonna and Saints, all day “at the window” of houses and farms waiting for the hasty passer-by, waiting for a glimpse or a small prayer which usually does not arrive. All this thanks to the extraordinary inspiration offered to me by Alberto Gallo and without which this work would have never seen the light. Alberto, with great patience, has travelled the length and breadth of our Lomellina region to capture with his camera, some perhaps for the last time, the sacred votive images still present on the walls of the houses of our villages and our farms. This is to reinforce my – unfortunately lukewarm – catholicity and to try to defend, even through this path, our newfound Christianity and, it seems strange, even our European values. Let’s banish, therefore, a new crusade to keep alive our traditions and our culture through this path, without shouting or elbowing, but with the firmness of our own founding fathers, with their simple but strong principles, as they had on their side the pathetic passion of their patron saints, anyway.
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SAngels. omeone saw them fly in the sky, together, the Madonna and even “poor Christs”, Saints and Increasingly emaciated, faded, peeled. Sacred paintings scattered in the cities, in the towns and farms became separated from the walls. Madonna definitively tired of not being the most popular. So you lose a little bit of heart and mind, but it is poor art after all. Losing colours and prayers they really disappear, in silence. But the Madonna and all their associates have a surprising strength, and resist stubbornly glued to the walls and memory, fading in an amen, and they do not trust in a candle and a prayer anymore, but for only for a fleeting glimpse. Madonnelle So were and are called to Rome the sacred images of the Mother of Jesus: spontaneous devotional impulses that decorate many streets of the capital and offer a testimony of faith but also of aesthetic taste widespread in Rome during the past centuries. “Give me your attention. I will accept it as if it was a flower”. The inscription below the image of the Virgin, on the facade of the building on the corner of Via del Governo Vecchio and Via della Chiesa Nuova, Rome, calls from the hurried through a spontaneous impulse of devotion. It focuses on a typical urban design expression, considered “minor” from an architectural and artistic point of view, it proves important in the religious and sociological aspect. We just refer to sacred shrines, commonly known as “Madonnelle” because they contain, for the most part, images of the Holy Mother of Christ; a lively testimony of devotional sentiment and aesthetic taste widespread in the Rome of the past centuries. Other Italian cities – such as Turin, Genoa, Naples, Venice and Florence, to name a few – have similar effigies in their vast network of streets, squares and piazzas; but it is in the capital of Christendom, “sacred” for excellence, that they acquire greater consistency. A custom remote origin, supported by limited historical information, and that can be traced back to those pagan temples, called precisely aediculae, erected in ancient Rome in honour of the “Lares compitales”, divinity responsible for the protection of travellers. With the advent of Christianity, which however absorbed some external aspects of other religions, but renewing them with a different inner meaning, those deities were replaced by sacred images: first the austere walls and gateways of “Urbe”, then on the facades of buildings in noble and narrow alleys, under dark arches or doorways, or of poor houses of soaring towers and steeples, or at the crossroads. And the tradition is perpetuated through the centuries, from the Middle Ages to the Renaissance, gaining more widespread at the time of the Council of Trento and in the period between the seventeenth and nineteenth centuries. Hundreds of shrines, then, were placed in memory of an important circumstance or event considered miraculous; sometimes as a seal of personal prestige, more often to put under the protection of the Virgin Mary or some Saint, a house, a square, a district. But invincible enemy of sacred images was at the dawn of the twentieth century the relentless progress. The profound changes in the urban fabric and the change of the same systems of life, led to the disappearance of many shrines. Some of them were withdrawn by the owners and arranged in their apartments or in private chapels that the wealthiest families possessed; others were transferred in the courts of noble palaces; others, placed in churches, gaining, with direct control of the clergy, a more solemn authority. Further reasons of the dispersion were neglect, both public and private, the damage caused by the weather, the extinction of the families who had lovingly preserved them for years. Opportunities for a new flowering, in the worship of the picturesque “Madonnelle”, occurred during and after the two dramatic World Wars; especially after 1944, when, in Rome
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in particular, many shrines were installed in gratitude to Our Lady of Divine Love, declared Salus Populi Romani for protecting the city by aerial bombing. But it was only a pale reflection of the past. In fact – and it is not a marginal aspect – the new urban order changes as well the relationship between the individual and devotional practices. The sacred road images cease to be community centres of aggregation, designed to welcome commoners in search of relief and hope. More realistically, it becomes dangerous, under the threat of a relentless traffic, to linger on the public street and look up. Habits, even the best ones, are lost; taken over by neglect and indifference of those outward expressions of religious ardour. The origins The origins of these religious iconographic testimonies are varied as different are the causes even though we can indicate at least two as main: as evidence of something that happened in that place and that is evoked through the image. A miracle, a healing, one narrow escape. Another one is the sacred image and, in particular the presence of the image of a patron Saint, depending on the particular devotion dedicated to it: St. Joseph patron of carpenters, St. Anthony of Padua protector of animals, San Giulio from Orta protector of masons, San Grato protector of fields and in particular by hail, Sant’Eligio protector of goldsmiths, blacksmiths and locksmiths, just to name a few. Often the placement of a sacred image, usually the Holy Mother of Jesus, is due to the particular needs of a single individual who places a picture on the wall of his own home in order to entrust the building and its occupants to Her maternal care. A kind of “insurance policy” ante litteram, therefore, placed at the entrances of farms and on the walls of the manor houses for their protection. Or according to a constraint of a will. In this respect I would like to recall an anecdote that often my daughter’s mother-in-law tells. “My father, the architect Giuseppe Massari, in 1943, yet talented student but penniless, was commissioned to paint the picture of Our Lady of Mount Carmel, dressed in red, with her head covered by a blue veil, holding the baby Jesus half naked. The baby smiles sweetly at passers-by, offering his dresses. The fresco, realized in duet with his friend Gino Testa, was commissioned by a draper. …We were happy with what we had achieved, recalls Joseph, and so we went to inform the customer of the end of our work. The man was busy in his fabric store and put on bench 1500 italian livres. Shyly I said, why don’t you come to see the fresco? But he, with some embarrassment, said he did not have time. It was enough that the fresco shall represent Our Lady of Mount Carmel, as such was the obligation imposed on him by a legacy of his deceased brother. Without that work, good or bad that it was, he would not have entered into possession of the inheritance!” . As for the type and their placement there were no limits to the solutions suggested by the imaginative creativity of artists: the remotest were generally painted in fresco on the walls and, later, on the canvas; after the Renaissance Era also had specimens and other tiled in marble or mosaic. Sometimes embellished with decorative contour elements such as canopies, frames, plaques, shelves and decorated with various flower boxes. A similar diversity in size and placements, also reflecting the creativity of the artist, or the will of their customers. Sometimes they were placed in a shrine which was then “refreshed” by the devotion of the holy women, and for the pictures dedicated to the Virgin Mary the subject of a special worship during the month of May, during which the church dedicates a particular cult. In
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some cases, I quote for example Our Holy Lady of Bozzola in Garlasco, around the shrine was later built a temple, and devotion then became constant celebration. Especially in the countryside the circumstances that led to the erection of a votive chapel and the inscription on the walls of sacred images, were often the continuation of pagan rituals never completely disappeared or abandoned, to draw on land or on a property, the benevolence of the pagans Gods as protectors of forests, water, crop and activities related to them. With the consolidation of the Christian religion these beliefs have not been totally abandoned but, to the contrary, in a sort of symbolic religious syncretism, have merged, sometimes adapted and integrated with each other in a sort of submission to a greater willingness on the part of simple and naive souls, to obtain, in any case, superior protection to safeguard their earthly capacities. Placement of shrines The shrines were placed in such positions that could still be available at the sight of their permanent or occasional passing users. The realization of the paintings was often carried out on wooden table then applied to the wall, sometimes with the encaustic technique and often, by the direct application on the wall after specific preparation by applying a layer of lean lime, according to the fresco technique. The authors were most often strangers, with little technical knowledge nor a particular artistic talent. Often itinerant, they were applying their designs on the walls behind modest fee, often represented exclusively by food and lodging. More rarely, and only in cases of affluent customers, the artists were famous in their field. Usually, especially in wall pictures, it had no great importance to the quality of visual representation often enough to identify this character or this madonna, less complex details of a face or a hand: a flowering staff, a pitchfork, a grill, an open book. It was the devotion, the feeling, the passion to prevail and to go straight into the hearts of the faithful. And that was enough. The state of preservation of paintings, artifacts and frames About 20% of the works present in this volume show evident signs of degradation even though overall they are still visible. The remaining 80% are well preserved even if, in some cases, the images have been replaced, in the course of restructuring of the host properties, with ceramic or earthenware works but we, nevertheless, wanted to represent in relation to the type of the image and symbols depicted in it. In particular we performed a personal selection of the works, taking into account many factors and therefore, in the event that we may have forgotten some of them, we apologize right now with our readers. The reason why are so many crafts lost or irreparably neglected, it is due to several factors. First, the neglect of the owners who, during the renovation of their homes, decided to eliminate all the pictures on the walls. Often for religious reasons, an old house in the historic center of the town purchased for a few thousand euro from immigrant families practicing different religions, led to the cancellation of votive images found on the exterior walls. In other cases, the acid rain that since 1950 there has been an increased proportion, have caused runoff and the disappearance of paintings often painted with natural pigments, the first to disappear because the aggression of particularly invasive chemicals. The frames also deserve attention for their composition. Some sought, most simple squaring performed with bricks, overturned tiles, simple and naive painted Greek picture frame. Often the simple squaring of the fake window is enough. Additionally, in many country houses you can notice the presence of a mock window, for reasons of symmetry and to “save�
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a frame both as a space available for a future icon, very often never realized. Often frames are complemented by a small altar that popular devotion plays with lace, accompanied by flowers – unfortunately today often plastic – and candles lit at all times. What are the most common symbols in our research I would like to point out that there are few symbols in the reproduced images which will follow. For instance, I want to point out that there is only a single-presence of a pagan image, a grotesque at the top of the frame, and the rosary in the hands of Holy Mary in the cover taken to the Gorana Vecchia farm. The mask that terrifies any attacker will come up to the door of the farmhouse is supported by the presence of the Madonna with her rosary. In other selected images you can find: snakes, lilies, rosaries, lambs, doves, Christian crosses, palm trees, the good shepherd and the proto Christian symbols to define Jesus Christ. The new advances However there was, such is the case of the town of Mede and Sartirana Lomellina – so to name a few –, the return in many residential houses of new and old saints made, this time yes, by expert hands, to bring back the heavenly blessing in particularly devoted homes. I quote by way of example Germano Casone, versatile artist from Mede, who has made several frescoes in the territory referring to current issues or to consolidated classical themes. Or Antonella Andreoli, Sartirana Lomellina’s artist who, alongside the images of the Holy Mother of Christ painted a small animal, usually a dog, in a curious pictorial syncretism that cleverly mixes the sacred with the profane. At the conclusion At the conclusion of this important effort, I would say that when I started this journey the spirit was driven solely by the search for beauty and the originality of the subject, but as I got deep into the historical research, slowly, slowly, the Holy Mothers and Saints have come down from their pedestal, left their windows, took me by the hand and taught me how to recognize the piety, the proximity of the humble. They have taught me how to perceive the values of subsidiarity and hope, they heartened me in my daily journey of life and, above all, have strengthened me in the daily battle to defend my deepest values. Thanks I thank Alberto Gallo, Maria Bruna Romito, Alfredo Signorelli, Giacomo De Ghislanzoni-Cardoli, Raffaella Garzia, Raffaella Balduzzi, Cristina Nese Jenner, Jan Jenner, Maria Sole Prevedoni-Gorone, Luisa Denari, Barbara Stradella, Cristina Porzio, Piero Ghiselli, Umberto De Agostino, Gilberto Pasini, Mario, Marco and Antonio Mellina, Clara Acquali, Silvana Di Dio Meschi, Angela Maria Vallegiani Panigada, Narciso and Gianluca Cominetti, all my colleagues the Mayors and everyone who has contributed, with their support, to the realization of this Book. A special thank you finally goes to Don Cesare Silva for his precious and irreplaceable consulting. ERNESTO PREVEDONI-GORONE Mayor of Sartirana Lomellina
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uando nella primavera del 2015 pensai di fotografare ed inventariare le immagine sacre rappresentate sui muri delle case dei paesi della Lomellina, non avrei certo pensato, per dirla in vernacolo locale da trà in bal ’na bügà insì (di impegnarmi in un lavoro tanto impegnativo). Mai avrei immaginato di venir così coinvolto in questa ricerca, di percorrere centinaia e centinaia di chilometri tra bicicletta, auto e pedibus calcantibus, di avvalermi di tecnologie informatiche come Google Map per esplorare in modo virtuale le strade e le viuzze dei paesini alla ricerca di qualche “pecorella smarrita” da ricondurre all’ovile. E come un micologo che con il tempo e la pratica addestra l’occhio ed è pervaso da un’immensa gioia quando scorge dietro la riva di un fosso o sotto un pioppo un bel gruppo di chiodini, anch’io piano piano ho cominciato a notare ciò che prima non vedevo e solo inconsciamente sfioravo. Per prima cosa ho cercato di documentarmi sui controversi confini che delimitano il territorio chiamato Lomellina e definire così il mio campo d’azione. A questo proposito ho assunto per buono quanto riportato dall’Enciclopedia Treccani che se non altro, per il suo antico prestigio, è meno facilmente contestabile. “I limiti della Lomellina si possono considerare i seguenti: a Sud il Po, a Est il basso corso del Ticino, a Ovest il basso corso del Sesia, e a Nord una linea, meno facilmente determinabile, che unisce i due ultimi fiumi a sud di Vercelli e di Novara. La regione è pure attraversata dai due torrenti Agogna e Terdoppio e da due rami del grande Canale Cavour”. Armato della mia Nikon come Tex Willer della sua Colt e cavalcando un’agile Specialized in carbonio anziché il focoso Dinamite, ho così battuto ogni angolo di paese tra subdole punture di zanzare nella calura estiva ed il gracchiare di infreddolite cornacchie nei rigidi e brevi pomeriggi invernali. Ogni tanto qualche bar diventava il mio saloon, senza pupe e pianisti, dove rinfrescarmi o scaldarmi a seconda della stagione, per poi far ritorno al mio ranch stanco ma quasi sempre con qualcosa di nuovo nel carniere. Più di una volta mi sono sentito guardato con sospetto e diffidenza dalla gente locale che vedeva in uno sconosciuto (furèst) che armeggiava sotto la loro magione, qualcuno da tenere d’occhio e non escludo che la targa della mia auto sia stata segnalata a qualche solerte vigile o carabiniere. Quasi certamente ciò è avvenuto ad Alagna Lomellina dove una donna, nascosta dietro ad un’imposta al primo piano di una casa, vedevo che controllava ogni mio movimento per poi affacciarsi, appena allontanatomi, per attirare l’attenzione della sua dirimpettaia con ampi gesti del braccio. Pur non udendolo, mi sembrava di sentire il dialogo: “Deh Rosina, hai visto quel signore sotto casa mia con la macchina fotografica?”. “Sì Matilde, l’ho notato anch’io. Dammi ascolto: stasera chiudi bene la porta e avvisa tuo marito. Hai preso la targa?”. Una cosa che mi ha colpito è stato constatare come tante persone che abitano a poche decine di metri da un’edicola votiva o da un dipinto sacro non li abbiano mai notati o non ci abbiano mai fatto caso. Un pomeriggio attraversavo Ottobiano in bicicletta quando, alzando lo sguardo, vidi che dietro alla finestra di un caseggiato anziché la canonica tenda si ergeva la figura in grandezza naturale di un Santo. Pareva un manichino e la cosa mi incuriosì. Scattata la fotografia mi accingevo a ripartire quando vidi un uomo che armeggiava davanti al portone di quella casa in cerca del mazzo di chiavi. “Scusi, mi sa dire chi è quel santo?”, gli chiesi indicando con la mano la finestra. “Non lo so: la casa non è la mia, io ci abito da ventitré anni, ma sono in affitto…”. Rimasi basito e fermai allora un “indigeno” che transitava in quel momento pedalando a mò di bradipo una vetusta e incolore “Graziella”. “Mi sa dire chi è quel santo lì?”.
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Sfiorando il terreno con la suola delle pantofole si fermò e in dialetto mi disse: “Non ho idea, è la prima volta che ci faccio caso… Questa però è via San Michele e quello potrebbe essere proprio lui”. Un’altra cosa che mi ha piuttosto meravigliato è la disparità riscontrata nel numero di immagini votive tra un paese e l’altro. Alle quattordici rinvenute a Cassolnovo, alle dieci di Sartirana, alle nove di Valle Lomellina, alle cinque di San Giorgio e di Mede, fanno da contraltare le fatidiche sette camicie che ho dovuto sudare per fotografarne dopo ore di ricerca una ed una soltanto ad Albonese, Castello d’Agogna, Ferrera Erbognone. Credo di essere stato il primo (e forse anche l’ultimo…) ad aver fatto un simile lavoro di archiviazione quasi completo e questo mi ha portato a immortalare anche soggetti non propriamente artistici ma apprezzabili tutt’al più per l’impegno profuso dall’autore. Purtroppo in alcune famiglie c’è spesso un “artista” o pseudo tale e non sempre il suo talento rimane confinato nell’ambito delle quattro mura domestiche. L’effetto che può provocare un pennello in mano a certe persone è lo stesso di un fiammifero tra le dita di un piromane anche se i danni non sono comparabili. La differenza tra il responsabile dei due misfatti sta nel fatto che mentre il piromane si defila e fa di tutto per non farsi riconoscere il “pittore” firma e data con orgoglio e senza pudore la sua opera ad perpetuam rei memoriam. Purtroppo diverse immagini votive si sono perdute anche a causa della demolizione di molti fabbricati, della loro ristrutturazione, della non manutenzione e per l’ignoranza di tanta gente che non si cura più delle radici del proprio passato ma vive un presente fatto spesso di nulla, del vuoto più assoluto privo di valori e pieno di rumori. Un giorno stavo armeggiando su Google Map quando vidi sopra la serranda di un negozio una deliziosa Madonnina dipinta presumibilmente ai primi del Novecento ma ben conservata. La cosa mi sorprese poiché quella strada l’avevo percorsa più volte sulla mia bici ma non avevo mai fatto caso, passando per Valeggio, della sua presenza. Presi così la Nikon, saltai sulla macchina e mi diressi a colpo sicuro verso la meta. Lo slogan pubblicitario “ti piace vincere facile?” si adattava perfettamente alla situazione. Quando arrivai, grande fu invece la mia delusione nel vedere che la casa era stata da poco ritinteggiata di giallo ocra, la Madonna si era involata in cielo ed al suo posto spiccava un cartello rosso con due lunghe corna bianche e la scritta “Carne Monferrina”. Com’è vero il detto “mai dire mai”. Mai infatti avrei pensato di poter un giorno solidarizzare coi vegani! L’avvistamento di un Santo o di una Madonna in lontananza mi ha messo anche in situazioni critiche per non dire di pericolo. In un paio di occasioni sono infatti stato rincorso in prossimità di due cascine da cani da pagliaio molto ligi alle loro consegne di vigilare sulla pace e sulla sicurezza dei loro padroni. Se a Mede la stradina asfaltata e la minuscola taglia del cagnolino mi hanno notevolmente agevolato, a Castelnovetto ho dovuto faticare non poco su un sentiero di campagna dissestato e ghiaioso per non farmi raggiungere da un bastardone bavoso il cui istinto di addentarmi i garretti è stato fortunatamente frenato dalla stentorea voce del suo padrone. Scampato il pericolo, ho fatto l’amara considerazione che se anziché il cane, mi fosse corso dietro il figlio, mi avrebbe sicuramente raggiunto e menato perché a differenza degli animali la prole di oggigiorno non ascolta più i genitori, tanto meno i padri. Tra i Santi quello di gran lunga più “gettonato” è sempre Sant’Antonio di Padova seguito a debita distanza da San Pietro e dal monaco eremita egiziano Sant’Antonio Abate (Sant’Antoni dal pursè). Sicuramente in un ipotetico podio olimpico le medaglie andrebbero assegnate in questo ordine. Tutti gli altri, santi, beati, vergini e martiri di ogni ordine, livello e grado seguono a grande distanza come centometristi bianchi in una finale che vede alla partenza i migliori atleti di colore giamaicani e statunitensi.
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In questi due anni di attività “foto-spirituale”, posso garantirvi di aver visto più Madonne di Santa Bernardette Soubirous a Lourdes, pastorelli di Fatima o veggenti di Med-jugorje e spesso la sera mi addormentavo con queste “paradisiache” immagini ancora negli occhi. Una selezione delle foto inserite nel libro sono state utilizzate a scopo benefico in occasione del S. Natale 2015 per la realizzazione di due poster dal titolo: Lomellina: Madonne alla finestra - Lomellina: Santi alla finestra. Devo dire che l’idea è piaciuta molto e ancor di più l’originalità di proporli come piccolo regalo natalizio arrotolati all’interno di un tubo di cartone bianco con un fiocchetto rosso e lo slogan: “Per Natale regala un tubo”. L’iniziativa ha riscosso un notevole successo e già questo risultato appagava e gratificava abbondantemente il mio impegno, ma non avevo ancora fatto i conti con i casi e le combinazioni della vita. Qualche tempo dopo infatti ricevetti una telefonata dal Sindaco di Sartirana Dott. Ernesto Prevedoni-Gorone il quale, visti i manifesti, mi invitava da lui per un colloquio. Non lo conoscevo personalmente ma solo attraverso alcuni bellissimi libri di carattere locale da lui curati che avevo avuto occasione di sfogliare e di apprezzare anche per la raffinatezza della veste grafica e per l’originalità della composizione dei testi e delle immagini. Ci incontrammo presso il suo ufficio comunale, mi espose la sua intenzione maturata tempo addietro di realizzare un libro sulle immagini devozionali presenti sui muri delle case e delle cascine della Lomellina e fui subito colpito dal suo dinamismo e dalla chiarezza delle idee sull’impostazione del lavoro. Ebbe così inizio la nostra collaborazione i cui frutti, raccolti in questo libro, spero abbiano a risultare gustosi, soprattutto per il lettore. Grazie a questo fortunato incontro, le mie foto ora si “pavoneggiano” sulle pagine patinate di questo bel libro che vuol essere un ponte tra presente e futuro, una testimonianza da lasciare e tramandare alle nuove generazioni perché il ricordo e la memoria del nostro passato non vadano perduti. E non si dimentichi neppure il valore anche simbolico delle immagini sacre raffigurate sulle case dove spesso le preghiere e le invocazioni si accompagnavano a fatica e sudore sotto l’ala protettrice della Madonna o del Santo a cui si era più devoti. Ecco l’intendimento che ci ha spinti a realizzare questa pubblicazione, un tassello mancante al mosaico che compone la storia della nostra terra, della sua gente, delle nostre radici. “Perdere il passato significa perdere il futuro” (Wang Shu) ALBERTO GALLO Fotografo
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hen in spring 2015 I thought of photographing and inventorying the sacred images painted on the walls of the houses of the Lomellina’s villages, I did not certainly think to commit myself to a job so challenging! I had never imagined that I would have been so involved in this research, to travel hundreds of kilometres using my “calcantibus pedibus”, my bike, my car, as well as the new technologies like Google Map, to virtually explore the streets and alleys of the villages, looking for some “lost sheep” due to the fold. Or, as a mycologist that with time and practice he trains the eye and is pervaded by an immense joy when he sees behind the bank of a ditch, or under a poplar, a whole bunch of honey mushrooms, so I too slowly began to notice what I couldn’t, and what before I only subconsciously touched. First of all I tried to read up on controversial boundaries that mark the territory called Lomellina, and so define my field of action. In this matter I have relied on what it is reported by the Treccani encyclopedia that, because of its recognized prestige, is less easily contestable. “The limits of Lomellina can be considered as follows: to the South the river Po, in the East the river Ticino, to the West the river Sesia, and North a line combining the last two rivers, south of Vercelli and Novara. The region is also crossed over by two rivers, the Agogna and Terdoppio, and by two branches of the grand Cavour Canal”. Armed with my Nikon, like Tex Willer of his agile Colt and riding a specialized carbon bike instead of the fiery Dynamite horse, I covered, in the hot summer, every corner of the country, between subtle mosquitoes bites and the cawing of the chilled crows, during the short and rigid winter afternoons. Every now and then, a country inn became my saloon, but without girls and pianists, where to cool or warm, depending on the season, and then return to my ranch almost tired but always with something new in my bag. More than once I felt looked with suspicion and distrust by local people who saw a stranger fumbling under their mansion, someone to keep an eye on, and I do not exclude that often the plate of my car has been reported to some policeman. Almost certainly this happened in Alagna Lomellina where a woman, hidden behind a window, was checking my every move and then look out, just after I left, to draw attention to her neighbour with sweeping arm gestures. One thing that struck me, was realizing how many people live just a few dozen meters from a shrine or a painting, yet anyone’s ever noticed them. One afternoon I crossed the town of Ottobiano with my bike when, glancing, I saw that behind the window of a building stood a fullsized figure of a Saint. He looked like a dummy and I was intrigued. Taken the photograph, I was about to leave when I saw a man who tinkered at the front door of the house in search of keys. “Excuse me, can you tell me who is that Saint?”. “I do not know, he answered: the house is not mine, I have lived here for 23 years, but I am renting!”. I was thrilled and stopped then one “indigenous” passing at that time, slowly pedalling on an old and colorless “Graziella” bike. “Excuse me Sir. Can you tell me who that Saint there is?”. He stopped, touching the ground with the sole and in dialect answered: “I have no idea but, as this street is San Michele street, the saint could be San Michele as well!”. Something else that has rather amazed me was the disparity which exists, in the number of votive images, between one village and another. Errors excepted, I found fourteen in Cassolnovo, ten in Sartirana Lomellina, nine in Valle Lomellina, five in San Giorgio and in Mede, but only one in Albonese, Castello d’Agogna, Ferrera Erbognone and many others.
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I think I was the first one and maybe the last to have made such a thorough job in archiving for the Lomellina region, so this led me to immortalize also subjects not strictly artistic but nevertheless worth mentioning, at least for the efforts of the artists. Unfortunately several devotional images are lost, partly because of the demolition of many buildings, because of renovation, maintenance and also because of the ignorance of many people who do not care about the roots of their past, but live a present often made by nothing, absolute vacuum, devoid of values and full of noises. One day I was surfing on Google Map when I saw above the shutter of a shop a beautiful Madonnina, presumably painted in the early 1900s, but still well preserved. The discovery surprised me since I had travelled several times along that road on my bike towards the Valeggio village, but I never noticed it. I took my camera, I jumped into my car and I headed towards the destination. The famous advertising slogan “do you like to win easy?” fit perfectly to my situation. When I arrived, I was disappointed to see the house which had been recently repainted yellow ochre. Our Lady was ascended into heaven and in her place stood a red sign with two long white horns and the word “Monferrina Meat”. How true the saying “never say never”. In fact, I never thought I would one day stand in solidarity with vegans! The sighting of a Saint or Madonna in the distance, put me also in critical situations. On a couple of occasions I have in fact been chased, near two farmhouses, by two very loyal dogs seriously committed to ensure the peace and security of their masters. If in Mede I was greatly facilitated by the paved road and the tiny size of the puppy which was attacking me, in Castelnovetto I greatly struggled on a bumpy, gravel campaign trail, fighting with a big slobbering beast, whose attacks where thankfully slowed by the stentorian voice of his master. Escaped the danger, I wondered that if instead of the dog, the son had run after me, I would have been definitely caught up and beaten up because unlike animals the progeny of today no longer listens to parents, especially fathers! Among the most popular Saints, there is Saint Anthony from Padua, followed by Saint Peter and the Egyptian Hermit Monk Sant’Antonio Abate. Surely in a hypothetical Olympic podium, medals should be assigned in that order. Everyone else, Saints, Blessed, Virgins and Martyrs of all types and level, follow at a long distance, like white sprinters in the final of the 100 meters against the best Jamaican and American black sprinters. In these two years of “spiritual - photo activity”, I can assure you that I saw many Madonna with Saint Bernadette Soubirous in Lourdes, the shepherds of Fatima or the visionaries of Med-jugorje and often, at night, I fell asleep with these heavenly “pictures” still in my mind. A selection of the photos, now included in this book, were used for charity on Christmas 2015 to complete two posters entitled: “Lomellina: Madonna at the window Lomellina: Saints at the window”. I must say that at that time I loved the idea and even more the originality of offering little Christmas present as the posters wrapped inside a white cardboard tube, with a red bow and the slogan: “Per Natale, regala un tubo” ! The initiative was quite successful and this result generously graced my commitment, but I hadn’t dealt yet with the cases and combinations of life. In fact, some time later I got a phone call from the Mayor of Sartirana Lomellina, Dott. Ernesto Prevedoni-Gorone who, having seen the posters, invited me to Sartirana Lomellina for an interview.
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I didn’t know him personally, but only through some beautiful books of local character he had edited and I had the opportunity to browse and appreciate for the refinement of graphic design as well as for the originality of the composition of the texts and images. We met at his office and he talked to me about his intention to publish a book – an idea he had matured a long time ago – on devotional images painted on the walls of houses and farmhouses of Lomellina. I was immediately struck by his dynamism and clarity of ideas on how the job should have been organized. Thus began our collaboration whose results, collected in this book, I hope they going to be greatly appreciated, especially by the young readers. Thanks to this successful meeting, my photos now stand out on the glossy pages of this beautiful book that wants to be a bridge between the present and the future, a legacy for the future generations, to ensure that the memory of our past shall not be forgotten. And, please, don’t forget the symbolic value of the sacred images, depicted on houses where often the prayers and invocations where accompanied by toil and sweat, under the loving wings of the Virgin Mary or the Saints, to whom they were devoted. This is the deep reason that led me to this publication, still a missing piece to the mosaic that makes up the history of our Lomellina, our people, our roots, our values. “Losing the past means losing the future” (Wang Shu) ALBERTO GALLO Photographer
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P er tutti coloro che, come me, hanno origini lombarde, la Lomellina, una pianura alluvionale di circa 1300 kmq, dotata di uno straordinario patrimonio irriguo, è innanzitutto la terra del riso, del foraggio, della zootecnica. C’è poi, a livello culturale, la presenza di alcune città significative: solo per fare un esempio, pensiamo a Vigevano con la sua splendida piazza ducale su progetto bramantesco, ma anche con lo scrittore Lucio Mastronardi che alla gente vigevanese ha dedicato i suoi romanzi con figure emblematiche come il famoso “maestro” o il “calzolaio”. Nella Lomellina, però, c’è anche una rete di centri minori e di villaggi segnati da una loro storia, da tradizione folcloriche, da memorie artistiche, da testimonianze religiose. Ecco, Ernesto Prevedoni-Gorone, che è Sindaco di una di queste località, Sartirana Lomellina, ha compiuto una sorta di pellegrinaggio culturale e spirituale alla ricerca di quei volti aureolati che si affacciano dai muri di case e cascine della Lomellina, volti spesso modesti e quotidiani, diversi dai sontuosi profili di santi che si affacciano nelle grandi cattedrali e nei santuari celebri, eppure dotati di una loro originalità e freschezza creativa. È un’eredità storica e artistica che non entra nei musei e nelle gallerie d’arte ma che non è meno espressiva dell’identità di un popolo e di un territorio. Spesso, camminando per le strade e i vicoli di Roma, mi fermo ad ammirare le tantissime “Madonnelle” collocate nei crocicchi delle strade o sulle facciate dei palazzi. L’attenzione a queste testimonianze, però, non è solo di coloro che, come turisti o visitatori, transitano per quegli spazi. Negli ultimi anni il repertorio delle centinaia di edicole romane è stato pubblicato in sei volumi, corrispondenti ai diversi rioni del centro storico della Capitale. È il segno di un interesse non marginale per queste opere, più o meno ricche e solenni, che accompagnano i passi e la vita quotidiana degli abitanti, dei commercianti, dei passanti che attraversano le vie della città. Documentare l’esistenza delle edicole sacre, raccontarne la storia o gli aneddoti che le riguardano, fotografarle per evidenziarne anche i pregi artistici o semplicemente per evitarne la scomparsa, è certamente non solo un’opera meritoria ma necessaria, se si vuole che una città, un territorio, una popolazione mantengano vive le proprie radici, la propria identità, le proprie tradizioni. Nelle “Madonnelle”, infatti, sono racchiuse, come in uno scrigno, vicende umane, devozione popolare, necessità di singoli e di comunità, espressioni di fede semplice ma sincera, spontanea ma genuina. Il valore delle edicole sacre non è, però, esclusivamente di carattere storico o artistico. Anche per l’oggi queste immagini possono rappresentare un appello, forse una provocazione, sia alla preghiera sia alla riflessione personale. Le iscrizioni che le accompagnano cominciano talvolta con un “Fèrmati!”: è più che mai necessario che anche oggi impariamo a sostare, a distogliere lo sguardo dal cellulare o dal volante dell’auto e ad alzare gli occhi per lasciarci interrogare sul senso del cammino quotidiano, sulla solitudine interiore e profonda che spesso lo caratterizza. Madonne e santi alla finestra sono lì a ricordarci che non siamo soli, che essi ci accompagnano e ci sono vicini. Fissando i nostri occhi nei loro, possiamo aprire anche per noi delle finestre su una realtà “altra” rispetto a quella della trama delle nostre opere e dei giorni, avviandoci su un cammino interiore che può diventare itinerario di autenticità umana e religiosa. L’opera di Ernesto Prevedoni-Gorone, condotta con rigore ma anche con passione, oltre a suscitare nuovo
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interesse per queste opere da salvaguardare e custodire, potrà sollecitare tanti, soprattutto ragazzi e giovani, a riappropriarsi della propria identità, del proprio cammino esistenziale e civile e della gioia di percorrerlo in buona compagnia. E sarà anche un modo per valorizzare quella fede di un popolo e le sue tradizioni, particolarmente esaltate da Papa Francesco. Ma vorrei concludere con la testimonianza di un poeta un po’ dimenticato eppure significativo, il laziale di Tarquinia, Vincenzo Cardarelli. Pochi versi della sua raccolta Il sole a picco (1929) ci fanno risalire, attraverso una tenera rivisitazione, all’atmosfera delle città e dei paesi non ancora secolarizzati, cablati, trafficati come oggi, con le loro edicole e chiesuole dedicate alla Madonna e a “santi alla buona”, per citare il poeta, da Giuseppe a Rocco e Sebastiano, da Agnese a Francesco e Luigi e così via. Ecco i versi di Cardarelli: “Ce ne sono di chiese e chiesuole, / al mio paese, quante se ne vuole! / E santi che dai loro tabernacoli / son sempre fuori a compiere miracoli. / Santi alla buona, santi famigliari, / non stanno inoperosi sugli altari”. Sua Eminenza Cardinale GIANFRANCO RAVASI Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura Città del Vaticano
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or all those who, like me, have their origins in Lombardy, the Lomellina, a floodplain of about 1300 square kilometers, with an extraordinary irrigation legacy, is the land of rice, fodder, animal husbandry. There is, then, the presence of certain culturally significant cities: just as an example, we think of Vigevano, with its beautiful Piazza Ducale on Bramante’s project, but also with the writer Lucio Mastronardi who to the vigevanese people has dedicated his novels, with emblematic figures such as the famous “Vigevano’s teacher” or “The Shoemaker”. In Lomellina, however, there is also a network of smaller towns and villages marked by their history, artistic, folkloric tradition, memories from religious testimonies. Well, Ernesto Prevedoni-Gorone, who is the Mayor of one of these locations – Sartirana Lomellina –, has made a sort of cultural and spiritual pilgrimage in search of those haloed faces facing out from the walls of homes and farmhouses of Lomellina’s region, some modest and common, others different from the sumptuous profiles of Saints facing in great cathedrals and famous sanctuaries, but yet with their inner originality and freshness. It is an historic and artistic heritage which does not fit in the museums and art galleries but nevertheless expressive of the identity of a population and of a territory. Often, walking the streets and alleys of Rome, I stop to admire the many “Madonnelle” placed on the highways or the facades of the buildings. Attention to these testimonies, however, is not only of those who, as a tourist or visitor, passing through those spaces. In recent years the Repertoire of hundreds of roman shrines was published in six volumes, corresponding to the different districts of the Capital’s historic center. It is the sign of a non-marginal interest for these works, more or less rich and solemn, accompanying the steps and the daily life of the inhabitants, shopkeepers, pedestrians crossing the streets. To document the existence of shrines, to tell the story or anectodes that concern them, photograph them also to underline the artistic merits or simply to avoid their disappearance, is certainly not only a meritorious work but a necessary one if you want a city, a territory, a population to keep their roots, their own identity, their own traditions alive. In these “Madonnelle”, in fact are included, as in a basket, human events, popular devotion, individual and community needs, simple but sincere, spontaneous but genuine expressions of faith. The value of the shrines is not, however, solely historical or artistic. Even today these images can represent an appeal, perhaps a provocation, both to pray or for a personal reflection. The inscriptions that accompany them are at times starting with a “!Stop!” and this means that is more necessary than ever that, even today, we learn to stop, to look away from our smart phone or from the steering wheel of the car and to raise our eyes to let us examine the meaning of the daily walk on inner and deep solitude that often characterizes it. Madonna and Saints at the window are there to remind us that we are not alone, that they are with us and close to us. Fixing our eyes on theirs, we can open the window on “another” reality different for us than that of the theme of our deeds and daily lives, we move on an inner journey that can become a route full of human and religious authenticity. So Ernesto Prevedoni-Gorone’s work, conducted with rigour but also with passion, not only raises new interest in these works in order to protect them and care for, but can also urge many people, especially young people, to reclaim their identity, their existential and civilized daily life journey and to perceive the joy to walk the path together, in good company.
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And it will also be a way to preserve the faith and the traditions of people, particularly enhanced by Pope Francis. I would like to conclude with testimony of a poet a bit forgotten but yet significant, the laziale of Tarquinia, Vincenzo Cardarelli. A few lines of his collection: “Il sole a picco” (1929) bring us back through a tender revisiting to the atmosphere of the towns and villages not yet secularized, wired, trafficked as today, with their shrines and little churches dedicated to the Madonna and the ‘poor good Saints’, to quote the poet, by Joseph, Rocco and Sebastiano, by Agnese to Francesco and Luigi, and so on. Here are Cardarelli’s verses: “There are many churches and small churches / in my town, as many as you want! / And Saints who from their Tabernacles / are always out to perform miracles. / Poor good Saints, family Saints, / they are not idle on the altars”. His Eminence Cardinal GIANFRANCO RAVASI President of the Pontifical Council for Culture Vatican City
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L a raccolta e la pubblicazione di fotografie che ritraggono le “Madonnelle” – altrove chiamate “Santelle” – della Lomellina costituiscono un’evidente provocazione per la mentalità che oggi condividiamo. Il libro non si preoccupa di proporre una lettura agiografica e neppure teologica e devozionale. Lascia che sia il lettore a lasciarsi provocare dalle Madonne, dai ritratti del Signore Gesù, dai Santi. Dietro a ogni immagine e alla sua collocazione pubblica, stanno situazioni umane, familiari, sociali, ecclesiali diverse, ma convergenti per il fatto stesso di attuare un’ostensione. Che significa mettere in pubblico un segno che esprima qualcosa che tocca profondamente il cuore e non può rimanervi dentro? L’introduzione del libro avanza alcune interpretazioni, ma soprattutto lascia sfogare le sensazioni del cuore, partendo proprio dal desiderio di affidarsi alla protezione del cielo che queste immagini esprimono e dalla volontà di condividere con tutti questo sentimento. Oggi tali forme di ritualità popolare non sembrano essere più tanto condivise. Ma le cause che le hanno occasionate ci sono ancora. Si esprimono in altri modi. Noi tutti assistiamo al desiderio di sicurezza per vincere la paura, oggi come allora gli uomini percepiscono che la vita presenta pericoli riferibili agli uomini e all’intrecciarsi imprevedibile dei fatti. In passato ci si affidava al Cielo, oggi… alle telecamere e alle forze di polizia… Com’è cambiato l’occhio “celeste” che ci guarda dall’alto! Mi sovviene un testo biblico. Quando Davide, comandando il censimento, ha peccato contro Dio volendo porre a Lui un vincolo di potere, Dio in espiazione gli ha chiesto tre pene. Davide ha preferito avere giorni di pestilenza, piuttosto che cadere nelle mani dei nemici. Meglio cadere nelle mani di Dio che in quelle degli uomini! Sua Eccellenza MAURIZIO GERVASONI Vescovo di Vigevano
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he collection and publication of photographs depicting the “Lomellina’s Madonnelle”, elsewhere called “Santelle”, constitute a blatant provocation to the mindset that we share today. The book doesn’t bother to offer an hagiographic reading nor a theological and devotional one. On the contrary it makes the reader influenced by Virgins, Saints, from the portraits of the Lord Jesus. Behind every image and its public location there are different human, family, social, and ecclesiastical situations, but all of them converging for the very fact of implementing an exposition. What does it mean putting in public a sign that expresses something that deeply touches the heart and cannot remain inside? The introduction of the book puts forward some interpretations, but above all vent the feelings of the heart, starting from the desire to rely on the protection of heaven that these images express and from the desire to share with everyone this sentiment. Today these forms of popular ritual do not seem to be so much shared. But the causes which have incurred are still there, express themselves in other ways. We all desire to overcome fear, and now, as before, men perceive that life presents dangers related to men and to the unpredictable intertwining of facts. In the past we relied on the Sky today… on security cameras and on police officers. How different is the eye of heaven watching us from above! I am reminded of a biblical text. “When David, commanding the census, sinned against God, wanting to make Him a constraint of power, God in atonement asked him three punishments, but David preferred to have days of plague rather than falling into enemy hands”. I would say that it is better to fall into the hands of God, than in those of men! His Excellency MAURIZIO GERVASONI Bishop of Vigevano
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Che Prima cosa si nasconde dietro la devozione popolare? Che cosa ci raccontano le “Madonnelle”? di tutto ci dicono: non abbiate paura. Non abbiate paura di nulla. Siate saldi. Pregate. Credete in Dio e nella Provvidenza. E poi custodite la vostra fede – come la vostra casa – con cura e con orgoglio. Perché il volume dell’iconografia religiosa e devozionale sui muri delle cascine e delle abitazioni della Lomellina è, in realtà, il catalogo dei numerosi tentativi di ricondurre una comunità, la gente, alle proprie origini. Risalendo a ritroso nel tempo e nella storia fino ad arrivare alle radici cristiane di questo continente. Se la teoria delle fotografie scattate da Alberto Gallo, con l’interessante commento di Ernesto Prevedoni-Gorone, non scivolasse, inevitabilmente, verso la religiosità, rimarrebbe comunque il valore di una raccolta che ha le connotazioni storiche. Si “legge” anche così, infatti, la storia dei nostri paesi e del nostro territorio: attraverso le manifestazioni di un’arte povera, dell’arte sacra, che ci suggerisce da dove veniamo, cosa abbiamo fatto, quale grado di consapevolezza abbiamo raggiunto e in quali valori abbiamo sempre creduto. Tutto si tiene; tutto si tramanda. Tutto fa parte del patrimonio culturale. Quello che la Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia, talvolta muovendosi controcorrente, talvolta sottraendolo al fluire delle mode, non ha mai smesso di valorizzare e di fare conoscere ai giovani. Si tratta di un tentativo di arginare l’imbarbarimento dei tempi. Di un gesto molto “urbano” che spinge la conoscenza verso la profondità, che dà senso ad una concezione di filantropia in cui la persona – rubata e salvata dalla società liquida in cui è costretta a galleggiare, suo malgrado – è messa al primo posto. La Fondazione contribuisce alla crescita e allo sviluppo di questo “posto” – cioè di questa Provincia – in cui opera, con un obiettivo non dissimile dal desiderio che ha animato le tante persone che hanno collaborato alla stesura del volume: la lotta contro l’iconoclastia. Quella reale – le immagini delle “Madonnelle” non vanno cancellate in nome di nessun restauro né assecondando l’estro di nessun architetto post moderno – e quella dell’inciviltà, di chi dimentica, di chi disprezza, di chi non ha mai tempo e voglia di ascoltare l’altro, di chi non fa volontariato, di chi è sordo ai bisogni del mondo. Noi siamo una “Fondazione di comunità” perché apparteniamo ad una “comunità” e la salvaguardiamo, perché in essa ci riconosciamo. Non stiamo alla finestra, ma ci impegniamo per il prossimo. Condividiamo i vostri progetti e vi aiutiamo a farli crescere. Ascoltiamo le domande che ci vengono da chi non ha voce. Sappiamo, soprattutto, che il passato, in cui ci specchiamo, anche il passato fatto di buone pratiche devozionali, ci serve per costruire il futuro. Non disperdiamolo. Ma alleniamoci a intercettarlo; fermiamoci a scrutarlo… davanti al muro di una casa in cui un artista naif ce lo ridona nel tratto di una pennellata un po’ sbiadita dal bel sole di Lomellina. Prof. GIANCARLO VITALI Presidente Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia - Onlus
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WhatFirstit isofhidden behind the popular devotion? What do the “Madonnelle” tell us? all they tell us: do not be afraid! Do not be afraid of anything. Be strong. Pray. Believe in God and Providence. And, then, look after your faith – as your home – with care and pride. This volume on religious and devotional iconography on the walls of farms and houses of Lomellina is, in fact, a catalogue of the many attempts of the authors to bring a community, the people, to their inner origins, going back in time and in history, up to their deep Christian roots. If the theory of the photos taken by Mr. Alberto Gallo, with the interesting comments and insertions of the Mayor of Sartirana Lomellina, Mr. Ernesto Prevedoni-Gorone, do not slip inevitably towards religiosity – as it, on the contrary, finally does – it would still remark the value of a collection that has deep historical connotations. We read, even so, in fact, the history of our villages and of our region: through the representation of a poor, sacred art which suggests to us where do we come from, what we did in the past, what degree of awareness we have reached and in what values we have always strongly believed. Everything is held, everything is handed down. Everything is part of our cultural heritage which the Community Foundation of the Pavia Province, sometimes moving against the stream, often distancing itself from the flow of fashion, has never ceased to value and to make young people aware of it. It is an attempt to stem the barbarism of our times. A very “urban” act that pushes knowledge towards the depth; which gives way to philanthropic conception in which the person – stolen and saved from the liquid common life in which despite himself is normally forced to float – is placed as first. The Foundation contributes to the growth and development of this “Place” – the Pavia Province –in which operates. With a goal not dissimilar from the desire that animated many people who contributed to the drafting of this book: the fight against iconoclasm. The real one – the images of “Madonnelle” – should not be deleted in the name of any restoration or seconding the inspiration of any post-modern architect – or the incivility of those who forget, who despises, who has never time and desire to listen to the others, to those who does not act as social volunteers, those who are deaf to the needs of the world. We are a “Community” Foundation because we belong to a community of people, and we protect them because in them we recognize ourselves. We do not stay at the “window” but, on the contrary, we are daily committed to our next. We share your projects and help you make them grow. We listen to the questions that come to us from those who usually have no voice. We know above all that the past, even the past of good devotional practices, in which we mirror, is useful to build a bright future. So that, do not throw it away but let us train to intercept it. Let us pause to examine it… even staying in front of the wall of a house in which, a naïf artist has restored, with the evocative stroke of his brush, a strong image, even if a little faded by the bright, generous sun of Lomellina’s County. GIANCARLO VITALI President Community Foundation of the Pavia Province
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Irendono molti chilometri di campagna che separano un paese dall’altro nella nostra Lomellina facilmente individuabile l’agglomerato urbano da una certa distanza: il profilo dei tetti rossi inizia a manifestarsi dietro qualche filare di pioppi più o meno regolare, disposti attorno al campanile o più frequentemente ai campanili delle chiese. Spesso altissimi e solenni, o tozzi e imponenti, altre volte un po’ pendenti e modesti, ricordano la tenacia dei nostri vecchi che hanno messo mattone su mattone, con sacrifici spesso impensabili per la poca fede dei nostri giorni, e l’audacia dei confratelli che per le proprie chiese sfidavano in mole o in eleganza il campanile della parrocchiale. E poi le torri delle più svariate fogge, spesso mozzate, dalle merlature cadute, ovvero normalizzate da gronde di coppi quasi a eguagliare questi manieri decaduti con le case ancorché vaste ma di uso quotidiano dei fittabili. I castelli di Lomellina, presenti in quasi tutti i paesi, sovrastano con la loro mole rosseggiante le case come le chiese, le cui cuspidi recano statue e croci posti a veglia dei fedeli. Poi, entrando in questi paesi, ci si accorge di quanto siano sonnacchiosi, dimenticati, diversi uno dall’altro, eccentrici rispetto ai centri cosiddetti vitali. Le case sono in buona parte abbandonate, i muri screpolati, si scorgono nobiltà agresti decadute tra le cornici erose e le persiane consumate dal sole, cortili silenziosi, tetti crollati o sul punto di cedere, tanti, ovunque, divenuti quasi tutti ormai inutili. E poi le chiese, numerose, alcune splendide, dalle facciate barocche o dalle cornici gotiche, spesso chiuse tutte il giorno; e poi tante di esse ormai definitivamente chiuse, svuotate da sciocche menti e da avide mani delle opere accumulate nei secoli. Segno di decadenza di una civiltà sostituita dal nulla, condannate dall’indifferenza e dall’ignoranza, catene spezzate di una tradizione secolare infrantasi nella frenesia della modernità. E qua e là sui muri delle case e delle stalle le immagini sbiadite di un mondo che non esiste più, qualche volta riprese e rinnovate da mani nuove. Sono le Madonne e i Santi delle edicolette dei nostri paesi. Quante siano nessuno le hai mai contate: questo volume intende piuttosto presentarle in rassegna, quasi a riproporre quel mondo che le ha create e che in qualche modo sopravvive ai nostri giorni, in chi continua a curare queste sacre immagini, a rinnovarle o a farne anche di nuove, mentre la maggior parte di esse sbiadiscono e cadono nell’indifferenza. La pratica di raffigurare immagini sacre a scopo votivo o semplicemente devozionale è antica quanto il cristianesimo, e non è qui il caso di soffermarci sugli aspetti storici, religiosi e artistici generali. Di immagini devozionali erano piene le chiese, ed ebbero un particolare sviluppo soprattutto nel secolo decimo quinto: chi ne aveva la possibilità faceva dipingere una Madonna o un Santo alle pareti delle chiese, e qualche volta esse si sono fortunosamente conservate. Penso alla chiesa di Sant’Albino a Mortara o San Rocco a Sant’Angelo. Talvolta le immagini devozionali diventavano oggetto di culto straordinario e gli venivano attribuiti miracoli. In genere i dipinti riconosciuti miracolosi (spesso collocati su piloni in campagna) sono stati trasportati nelle chiese più vicine, che diventavano santuari: è il caso della Madonna della Bozzola a Garlasco o della Madonna di Casaletto a Valle. Oppure veniva costruita una chiesa davanti al dipinto che diventava così la pala dell’altare maggiore, come la chiesa del SS. Crocefisso (o del Cristo) a Vigevano. Oltre che in campagna, su piloni o muretti, le immagini votive si trovano negli ambienti urbani. L’origine è la medesima: sono ex voto a seguito di grazie ricevute, oppure espressione di devozione o, ancora, richiesta di protezione. Talvolta le immagini sono corredate da iscrizioni commemorative che ricordano il committente e la data di esecuzione, un po’ come si
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vedono dipinti oppure incisi, la data e le iniziali del proprietario sui muri di molte vecchie case (di solito appena sotto il colmo del tetto, nella parete più esposta). Altre volte vengono commissionate in occasione di particolari ricorrenze, generalmente richiamate da iscrizioni: Anni Santi (specialmente quelli mariani del 1954 e 1987), Missioni al popolo, la “Peregrinatio Mariae” (1949). Il soggetto più rappresentato è la Vergine Maria, e non potrebbe essere altrimenti: alla Madonna il popolo cristiano da sempre attribuisce una particolare riverenza che si tramuta in confidenza, perché, lasciando la parola a Dante Alighieri: “qual vol grazia ed a te non ricorre / sua disianza vuol volare senz’ali”. Le immagini murali hanno sempre avuto una funzione religiosa e sociale ben marcata: come le sottane dei preti e il suono delle campane, sembrano ricordare a un mondo che non crede più che Dio esiste. E se sono sempre più rare le pie donne che si radunano davanti alle Madonne a dire il rosario il giorno della festa, gli uomini che si tolgono il cappello (è anche fuori moda il portarlo, è vero), e le donne che si fanno il segno della croce e che insegnano ai bambini a fare altrettanto. Tuttavia restano segni che dicono una presenza, anche nel vuoto contemporaneo. Sono testimonianze di fede che parlano una lingua oggi poco conosciuta ma tuttavia efficace, che può parlare al cuore, oggi come ieri, di chi trova il tempo per alzare gli occhi e magari fermarsi un poco. Sono parte di una identità comunitaria che non dobbiamo ridurre a rimembranza per nostalgici o a materiale di ricerca per etnografi. La Madonna è raffigurata generalmente con il Bambino, secondo l’iconografia popolare diffusasi fin dal Medioevo: spesso l’autore sceglie di raffigurare la Madre di Dio con fattezze di donna del popolo ed espressione materna, con un Bambino paffuto, talvolta nudo, con tratti e gesti accuratamente realistici. La devozione diffusa dagli Ordini Religiosi attraverso Confraternite e Compagnie laicali ha portato a raffigurare la Madonna secondo iconografie peculiari: la Madonna del Rosario (diffusa dai Domenicani) con Maria e Gesù che porgono la corona del Rosario o quella del Carmine (dall’omonimo Ordine mendicante) con gli scapolari (e qualche volta le fiamme e le anime del Purgatorio), o la Cintura (di derivazione agostiniana). Più recente, e dalla diffusione vastissima, Maria Ausiliatrice, la cui iconografia fu portata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, le suore salesiane un tempo capillarmente diffuse in Lomellina. Vengono raffigurate poi le immagini venerate nei santuari: da quelli locali, come la Bozzola o Casaletto, a quelle più o meno vicini: Caravaggio (la Madonna della fonte), Tortona (la Madonna della Guardia di Genova, diffusa in Lomellina da San Luigi Orione), Oropa, Loreto, Lourdes. L’immagine della “Medaglia Miracolosa” di Santa Caterina Labourè ha ancora molta diffusione, come è in crescita quella della Madonna di Med-jugorje, venerata nel famoso santuario bosniaco. Dopo la Santa Vergine, i Santi più venerati trovano spazio nella iconografia delle pitture murali votive dei nostri paesi. Primeggiano Sant’Antonio, anzi i due Antonio della pietà popolare: l’Abate invocato per gli animali della campagna e per la terribile infezione detta “fuoco di Sant’Antonio” o il Patavino, con il giglio e il Bambino Gesù in braccio, che è il Santo più venerato al mondo. Vi sono poi i Santi della tradizione locale, come Rocco o Luigi Gonzaga: il primo venerato nei secoli passati come protettore dalla peste (e titolare in quasi ogni paese della Lomellina di una chiesa e di una confraternita, in coppia fissa con San Sebastiano), e il secondo venerato come patrono della gioventù, specialmente tra Otto e Novecento. Non è mancato poi chi ha voluto dipingere il Santo di cui portava il nome o per il quale nutriva particolare devozione: così è frequente San Carlo Borromeo (tra i più venerati e
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raffigurati dal secolo XVII) ma si incontrano San Gaetano Thiene e San Domenico. Particolare anche per l’iconografia spesso famigliare della Sacra Famiglia, di Sant’Anna e di San Giovanni Battista (generalmente raffigurato fanciullo con l’Agnello) rispettivamente nonna e cuginetto del Signore Gesù. Non sono mancati esempi di raffigurazioni iconografiche più raffinate od esotiche, come i Sette Dormienti (della tradizione orientale) il cui affresco su una casa della periferia di Vigevano non esiste più, ma è ricordato dal nome di una strada. E del resto non sono così rari in Lomellina strade o quartieri che hanno preso il nome dal soggetto di una immagine votiva. I dipinti murali, esposti alle intemperie e molto spesso eseguiti con tecniche poco durature e su supporti facilmente deteriorabili, non hanno mai avuto lunga vita e sopravvivono per molti decenni solo quando realizzati con buone calci e ancor migliori tinte ben fissate a fresco. Qualche esemplare sembra risalire al secolo XVIII, ma sono casi purtroppo sporadici: molto spesso sono stati oggetti di ridipinture successive, spesso di qualità inferiori. E qui mi si consenta una nota poco piacevole: molte immagine antiche sono state ridipinte in anni recenti da mani inesperte ed improvvisate, che hanno cancellato opere di un certo pregio per imbrattamenti di nessun pregio e qualche volta di sgradevole effetto. Buone le intenzioni (soprattutto dei committenti) ma infelice le scelte degli esecutori. Non mancano casi di sostituzioni di affreschi con rilievi o mosaici. Gli autori di questi dipinti non erano sempre pittori improvvisati, anzi si trovano mani anche di una certa abilità, rimaste anonime come i committenti e i devoti che vi hanno sostato innanzi in preghiera. A Vigevano Giovanni Battista Garberini (1819-1896) ha lasciato diverse immagini devozionali, talvolta malamente ridipinte: si ricordano dalle nostre parti dipinti eseguiti da autori locali ma di qualche pregio, come il sannazzarese Paolo Maggi (1810-1890), il dornese Biagio Canevari (1864-1925) o il pavese Pasquale Massacra (1819-1849). Né dobbiamo dimenticare autori contemporanei viventi come il pavese Remo Faggi o il lomellese Vladi Viterbone. Non abbiamo usato sempre il tempo passato, perché ancora oggi le immagini votive murali vengono curate, restaurate e ne vengono dipinte di nuove. È un segno di continuità e di speranza. Don CESARE SILVA Parroco di Sartirana Lomellina
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he kilometres through the countryside that in our Lomellina separate one village from another, make the urban agglomeration easily identifiable from a distance: the profile of red roofs begins to manifest itself behind some more or less regular row of poplars arranged around the bell tower or, more frequently, around the steeples of churches. Often very high and solemn, or stocky but yet impressive, sometimes a little pendants and modest, they remind the tenacity of our elderly who built, with often unthinkable sacrifices for the little faith of our days, and the boldness of the confreres who, for their churches, challenged in mole or elegance the bell tower of the nearby parish church. And then the towers, often severed; sometimes similar to the most normal huge houses of the agricultural renters. Lomellina’s castles, present in almost all villages stand and overlook with their reddish mass the houses and the churches, whose spires host statues and crosses to protect the faithful. Then, entering these villages you realize that they are sleepy, forgotten but different from one other, eccentric from the so-called vital centres. Their houses are mostly abandoned, with cracked walls, a lapsed rural nobility that can be seen between eroded frames and sun-consumed shutters; quiet courtyards, collapsed roofs on the verge of surrender. Many everywhere, almost all of them, now, useless. And then the numerous churches, some beautiful, with Baroque facades or Gothic frames, often closed all day long; many of them now permanently closed, flushed by silly minds and greedy hands of the artistic works accumulated in centuries. Sign of the decline of a civilization which is replaced by nothing, condemned by indifference and ignorance; broken chains of tradition destroyed by the frenzy of modernity. Nevertheless, here and there on the walls of houses and barns you can discover faded images of a world that no longer exists, often clumsy renovated by new, hasty hands. These are the Madonna and Saints of our villages’ shrines. No one has ever counted them: this volume intends to show them almost close to that world that created them and that somehow survives to the present day, in those who continue to treat these sacred images, to renew or make even new ones, while most of them fade and fall into indifference. The practice of depicting religious images for votive or simply for devotional purposes is as old as Christianity, and we should not dwell on the historical, religious and artistic aspects. Churches were filled of devotional images, and they had a particular development especially in the fifteenth century: rich people commissioned a painting of a Madonna or a Saint on the walls of churches, and sometimes they were fortuitously preserved. For example the Church of Sant’Albino in Mortara or San Rocco in Sant’Angelo Lomellina. Sometimes the devotional images became an object of worship and miracles were attributed to them overtime. Usually the paintings recognized as miraculous were moved away and put in the closer churches, which then became sanctuaries: it is the case of the Madonna della Bozzola in Garlasco or the Madonna of Casaletto in Valle Lomellina. Or a church was built just in front of the painting which then became the main altarpiece, like the Church of the Most Holy Crucifix (or Christ) in Vigevano. As well as in the countryside, on piers or low walls, votive images are also found in urban environments. The source is the same: they are ex-voto, following a received grace, or the expression of a generic devotion, or a request for protection. Sometimes the images are accompanied by commemorative inscriptions usually recalling the client and the execution date, like the date and initials of the owners engraved on the walls of many old houses (just
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below the ridge of the roof in the most exposed wall). Sometimes they are commissioned in special occasions: The Holy Years (especially the 1954 and 1987), The Popular Missions, the “Peregrinatio Mariae” (1949). The most represented subject is the Virgin Mary, and it could not be otherwise: Christians always attribute to Holy Mary a particular reverence, that turns into confidence, because, as Dante Alighieri said “qual vol grazia a te non ricorre, sua disianza vuol volar senz’ali”. Mural images have always had a religious and well-marked social function: as the priest’s headdress and the bells’ sound seem to remind to the world that no longer believes that God exists. And the Holy women who congregate in front of Madonna’s images to say the Rosary on the day of the Festival, are increasingly rare; men who take off their hat (it’s also out of date to put it on, it’s true!), and women who do the sign of the cross and that teach their kids to do the same. However there remain signs of a presence, even in a contemporary vacuum. They are the testimonies of faith, who speak a language today not known but nevertheless effective, a language that can speak to the heart, today, as in the past; of these who finds time to raise their eyes and maybe stop for a while. They are part of a common identity that we should not reduce as a remembrance for nostalgic or to research material for ethnographers. Our Lady is generally depicted with the Child, according to the popular iconography spread since the middle Ages: often the author chooses to portray the mother of God to look like a commoner woman and maternal expression, with a chubby baby, sometimes naked, with very realistic strokes and gestures. The devotion spread out by religious orders through Confraternities and secular Companies led to represent our Lady according to distinctive iconography: the Madonna del Rosario (spread by the Dominicans) with Mary and Jesus showing the Rosary, or the Madonna del Carmine (from the Beggars Order), with scapulars (and sometimes the flames and the souls in Purgatory), or the Belt (Augustinian derivation). More recently, and widely spread, Mary Help of Christians, whose iconography was brought by the Daughters of Mary Help of Christians, the Salesian Sisters in the past widespread in Lomellina. Then portrayed are the images venerated at shrines: from local ones, like Bozzola or Casaletto, to those more or less closer: Caravaggio (the Madonna della Fonte), Tortona (the Madonna della Guardia in Genoa, widespread in Lomellina by St. Luigi Orione), Oropa, Loreto, Lourdes. The image of the “Miraculous Medal” of Saint Catherine Labourè has still a huge spreading, while is growing significantly that famous shrine of our Lady of Med-jugorje, venerated in Bosnia Herzegovina. After the Blessed Virgin, the most revered Saints find place in the iconography of votive walls paintings of our villages. Excel Sant’Antonio, indeed the two Antonio in the popular piety: the Abbot pleaded for the animals of the countryside and to the terrible infection called shingles) or the Paduan, with a lily and the Christ child in his arms, which is the most revered Saint in the world. Then there are the Saints of local tradition, such as San Rocco or San Luigi Gonzaga: the first revered in past centuries as a protector from the plague (and patron in almost every village of Lomellina area of a church and a fraternity, paired with Saint Sebastian), and the second is venerated as patron of youth, especially in the nineteenth and twentieth century. There was also people who wanted to paint the Saint of whom they had a special devotion for: so San Carlo Borromeo is frequent (among the most venerated and depicted Saint in the 17th century) but we also frequently find San Gaetano Thiene and San Domenico, as well as the iconography of the Holy family, Anne’s family and often of St John the Baptist (generally depicted with the Child and the lamb), respectively grandmother and cousin of the Lord Jesus.
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There also have been examples of iconographic and exotic depictions such as the Seven Sleepers (by Eastern tradition), whose fresco on a house on the outskirts of Vigevano no longer exists but it is remembered by the name of a street. And there are not so rare in Lomellina, streets or neighbourhoods that took the name from the subject of a wayside cross. The wall paintings, exposed to the elements and very often performed with little lasting techniques and perishable, have never had a long life and will survive for several decades only when made with good lime and best colours, firmly in place. Some specimen seems to date back to the 18th century, but unfortunately the cases are sporadic: very often there were subsequent repaintings, often of inferior quality. And now I would stress an unpleasant little note: many ancient image were repainted in recent years by improvised and inexpert hands, who cancelled the works of a certain value, for soiling of any merit and sometimes of unpleasant effect. Good intentions (mostly by the client) but unhappy performers’ choices. We notice also cases of replacement of frescoes with low reliefs or mosaics. But the authors of these paintings were not always improvised painters, indeed there were also excellent hands, often remained anonymous as the clients and devotees who stopped first in prayer. In Vigevano, Giovanni Battista Garberini (1819-1896) left several devotional images, sometimes badly repainted. I report in our area some paintings by local but appreciable artists, such as Paul Maggi from Sannazzaro (1810-1890), Biagio Canevari from Dorno (1864-1925) or Pasquale Massacra from Pavia (1819-1849). And i do not forget the still living artists such as Remo Faggi as well from Pavia and Vladi Viterbone from Lomello. We have not always used the past tense because still today votive wall pictures are treated, restored and painted in new. It is a sign of Continuity and Hope. Don CESARE SILVA Pastor of Sartirana Lomellina Parish
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ome Presidente della Civica Biblioteca Francesco Moro non posso che esprimere la mia personale soddisfazione per la qualità di questo volume, unico nel suo genere nel paesaggio culturale lomellino. Con i suoi scatti sapienti Alberto Gallo ha immortalato una parte della cultura della nostra regione destinata inevitabilmente a scomparire, travolta da falsi miti e dalla totale mancanza di stimoli culturali originali, sommersa dalla omologazione e dalla fretta. I testi inclusi che descrivono momenti inediti della vita dei santi rappresentati, i proverbi dialettali che li sottolineano, sono un altro importante tassello del quadro generale, sapientemente delineato. È questo il quarto volume recentemente edito dal Comune di Sartirana con il patrocinio dell’Ente da me attualmente presieduto, che andrà certamente ad arricchire le biblioteche personali dei miei concittadini, a testimoniare l’amore per le nostre radici e per le tradizioni, elementi, questi ultimi, che costituiscono la base insostituibile della nostra cultura cristiana. Dott.ssa LUISA DENARI Presidente Civica Biblioteca “Francesco Moro” Sartirana Lomellina
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s President of the Civic Library Francesco Moro I can only express my personal satisfaction with the quality of this volume, unique in the cultural Lomellina’s landscape. With his shots Alberto Gallo has captured a part of the culture of our region inevitably destined to disappear, overwhelmed by false myths and by the total lack of original cultural projects, overcome by cultural levelling and by haste. The texts included, describe original moments of the lives of the Saints represented inside, while the dialectal proverbs underline another important part of the overall framework. This is the fourth book recently published by the Municipality of Sartirana Lomellina under the auspices of the Institution presently presided by me, which will certainly enrich the personal libraries of my fellow citizens, to bear witness to the love for our roots and traditions which form the irreplaceable basis of our Christian culture. Dr. LUISA DENARI President Civic Library “Francesco Moro” Sartirana Lomellina
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Andând in gir par la vegia Pavia s’incontra suens l’imagin ad’ Maria, in si mür tla trôvat long a la strà: o cul Bambin, o cul rusari, o adulurà. Una quèidüna pusisiunà arenta un vultòn, g’né ancasì vüna cun la bala d’un canòn. Pitur anonim che l’num cunusam no, han dat vita a figür chi rèsistn ummò. Certi jèn lì bei lüster, ciar e lüghì, àltar al temp e l’incüria i culur jan sbiadì, ma tüti i cunservân ummò la pas a l’armunia che al viandânt risèrva l’espresiòn ad Maria. Jèn stat miss lì par dimustrà la devusiòn che i paves i g’avivân cun cunvinsiòn, e ummò incö un quèi credent cun tânt amur, s’dimentica no da purtag un fiur, invucând Maria cun un Pater, Ave, Gloria da cunservà sempâr Pavia in dlá memoria. Mario Grazioli Pavia
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ALAGNA
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Alagna Madonna con Bambino e santa velata Via Monte Grappa 44
Alagna Cristo morto compianto dalla Madonna Via Nazario Sauro 45
Alagna Immacolata - Medaglia Miracolosa Via Piave 46
Medaglia Miracolosa Medaglia Miracolosa (o medaglia della Madonna delle Grazie, o medaglia dell’Immacolata), è il nome che la tradizione cattolica ha dato alla medaglia realizzata in seguito a quanto accaduto nel 1830 a Parigi, in rue du Bac n. 140, a Santa Caterina Labouré, novizia nel convento delle figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli, la quale avrebbe avuto delle apparizioni mariane. Secondo quanto riferito da suor Labouré, questa medaglia fu coniata – in seguito a quanto richiesto dalla Madonna durante la seconda apparizione (27 novembre 1830) – come segno di amore, pegno di protezione e sorgente di grazie. Secondo il racconto di suor Labouré, all’inizio dell’apparizione del 27 novembre la Madonna, ritta su una semisfera, reggeva fra le mani, all’altezza del cuore, un globo dorato, offrendolo a Dio con atteggiamento materno, mentre una voce interna diceva alla veggente: “Questo globicino simboleggia il mondo intero ed ogni anima in particolare!”. Qui è l’immagine missionaria di Maria, la Virgo Potens, nel suo ruolo regale di mediatrice fra Dio e gli uomini, con l’intento di fare del regnum hominis il regnum Dei. Da allora, la cosiddetta “Cappella delle Apparizioni” è divenuta un frequentato luogo di culto, aperto a tutti i fedeli.
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ALBONESE
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Albonese Immacolata Via P. Grocco 50
BORGO SAN SIRO
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Torrazza (Borgo San Siro) Madonna con Bambino Via Maestra 52
Torrazza (Borgo San Siro) Deposizione di Cristo Via Maestra 53
BREME
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Breme Madonna Ausiliatrice con due santi in abito domenicano Via Carabinieri d’Italia 56
Breme Madonna con Bambino (Santuario del Pollicino) Via Abbazia di San Pietro 57
CANDIA
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Candia San Francesco Maria da Camporosso Via De Reali 60
San Francesco Maria da Camporosso Camporosso, 27 dicembre 1804 - Genova, 17 settembre 1866 17 Settembre
Al secolo Giovanni Croese, è stato un religioso italiano, appartenente all’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, proclamato santo da Papa Giovanni XXIII nel 1962. Le sue doti di altruismo gli permisero di intervenire, con aiuti tempestivi e continui, a sostegno delle famiglie in difficoltà, particolarmente quelle dei marinai e degli emigrati in America, guadagnandogli l’appellativo di Padre Santo. Estremamente rigido con se stesso, si infliggeva penitenze, dormiva su nude assi, si accontentava solo di tozzi di pane inzuppati in acqua calda, vestiva abiti rozzi e rattoppati, lo si vedeva sempre a piedi nudi, in convento come per le vie della città. Morì nel 1866, durante un’epidemia di colera scoppiata nell’agosto di quell’anno, che lo vide in continua fervida preghiera a favore dei bisognosi per alleviarne le pene. Dopo la morte i fedeli continuarono a ricorrere a lui con devozione filiale e furono molte le dichiarazioni di grazie e miracoli attribuite alla sua intercessione. Nel 1911 le sue spoglie vennero traslate dal cimitero di Staglieno al complesso conventuale della Santissima Concezione, in cui aveva trascorso la sua vita e dove tuttora riposa, esposto alla venerazione dei fedeli, in una cappella adiacente alla chiesa. La causa di beatificazione fu introdotta il 9 agosto 1896 e completata il 30 giugno 1929 da Papa Pio XI. Fu proclamato santo da Papa Giovanni XXIII il 9 dicembre 1962.
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Candia Madonna Consolata (Santuario di Torino) Viale Garibaldi 62
CASSOLNOVO
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Cassolnovo Madonna di Caravaggio Via C. Lavatelli 64
Cassolnovo Medaglia Miracolosa Via San Giorgio 65
Cassolnovo Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina da Siena Via Carlo Alberto 66
Cassolnovo Madonna con Bambino Piazza della Chiesa 67
Cassolnovo San Tommaso d’Aquino Via Carlo Alberto 68
San Tommaso d’Aquino Roccasecca, 1225 - Fossanova, 1274 28 Gennaio
Fanciullo oblato nel monastero di Montecassino, studiò a Napoli. Entrato nei domenicani, ricevette l’abito religioso nel 1244. Proseguì quindi gli studi universitari a Parigi e poi a Colonia dove fu discepolo di Alberto Magno. Tornato a Parigi, vi insegnò per quattro anni e nel 1257 fu inserito nell’albo dei professori di teologia. Tornato in Italia, svolse larga attività: iniziò a lavorare alla Summa teologiae la grande opera teologica che gli darà fama in tutti i secoli successivi e al De Regimine principum, commentò scritti aristotelici, di Platone e di Simplicio. Tommaso scrive la Summa tenendo presenti le fonti propriamente religiose, cioè la Bibbia e i dogmi della Chiesa cattolica ma anche le opere di alcuni autori dell’antichità. Aristotele è l’autorità massima in campo filosofico e Agostino d’Ippona in quello teologico. Scritta in latino, essa è costituita da articoli che hanno tutti la stessa struttura: una serie di questioni circa il tema trattato formulate come domande; a ogni questione si enunciano gli argomenti od osservazioni che sono contro la tesi proposta, poi un argomento decisivo a favore e nel corpo principale si sviluppa la risposta alla questione. Infine si contestano se necessario le obiezioni iniziali. Chiamato nel 1274 al Concilio di Lione, morì durante il viaggio. Canonizzato da Giovanni XXII nel 1323, Pio V lo dichiarò dottore angelico nel 1567. Il santo ha come attributi iconografici il sole o una piccola stella sul mantello, un libro e la penna. È spesso raffigurato nella sua apoteosi mentre gli rendono omaggio santi, dottori della chiesa e filosofi pagani.
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Cassolnovo La TrinitĂ incorona la Santa Vergine con due Santi Via Carlo Alberto 70
Cassolnovo San Gaetano Thiene Via Carlo Alberto 71
San Gaetano Thiene Thiene, 1480 - Napoli, 1547 7 Agosto
Nacque a Vicenza da nobile famiglia nel 1480. Laureatosi a Padova in materie giuridiche a soli 24 anni, si dedicò allo stato ecclesiastico senza però farsi ordinare sacerdote perché non si riteneva degno. Trasferitosi a Roma nel 1506, divenne subito segretario particolare di Papa Giulio II ed ebbe l’incarico di scrittore delle lettere pontificie, ufficio questo che gli diede l’opportunità di conoscere e collaborare con tante persone importanti. Gaetano però non si lasciò abbagliare dallo splendore della corte pontificia e prese ad assistere gli ammalati dell’Ospedale di San Giacomo, si iscrisse all’Oratorio del Divino Amore, associazione che si riprometteva di riformare la Chiesa partendo dalla base, il tutto alternandolo con il lavoro in Curia. Nel settembre 1516 a 36 anni accettò di essere ordinato sacerdote. In una lettera scritta all’amica suor Laura Mignani, Gaetano confidò che durante la celebrazione della Messa gli apparve la Madonna che gli depose tra le braccia il Bambino Gesù. Ritornato nel Veneto, nel 1520 fondò alla Giudecca a Venezia l’Ospedale degli Incurabili. La sua attività multiforme si esplicherà anche a Napoli dove morì dopo aver fondato ospedali per anziani e i Monti di Pietà da cui nel 1539 sorse il Banco di Napoli, il più grande Istituto bancario del Mezzogiorno. Papa Urbano VIII lo beatificò nel 1624 e Papa Clemente X lo canonizzò il 12 aprile 1671.
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Cassolnovo Immacolata (dal Murillo) Via Montebello 73
Cassolnovo San Defendente Via Beretta Zuleika 74
San Defendente Tebe (Egitto) - Agaunum (Svizzera), 286 2 Gennaio
San Defendente è uno dei martiri cristiani della Legione Tebea guidata da San Maurizio che furono martirizzati perché non vollero lasciare la fede cristiana sotto l’imperatore romano Massimiano (280-310). L’eccidio avvenne mediante decapitazione ad Agauno, presso il Rodano dove erano accampati per essere poi mandati a combattere contro i Galli: prima della partenza si fece un solenne sacrificio agli dei a cui non vollero prendere parte i soldati cristiani presenti fra le truppe. Massimiano per domare questa opposizione, fece flagellare e decapitare un soldato ogni dieci ma, non recedendo nessuno dalla propria fede, ordinò di decapitare tutti gli altri. Il martirio avvenne intorno al 286 durante l’episcopato di Teodoro Vescovo di Martigny. San Defendente ebbe a godere di largo culto a partire dal secolo XIV soprattutto nell’Italia settentrionale nelle città di Chivasso, Casale Monferrato, Novara e Lodi. È patrono anche di Cassolnovo. Egli veniva invocato contro il pericolo dei lupi e degli incendi.
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Cassolnovo Madonna Assunta in cielo con Sant’Antonio dal pursè e San Rocco Via Beretta Zuleika 76
Cassolnovo “Madonna del Cannone� - Deposizione di Cristo Via Roma 77
La Madonna del Cannone La tradizione popolare vuole che durante una delle tante guerre in cui anche Cassolnovo fu coinvolta, la città fosse presa d’assedio e bombardata ed una palla di cannone sparata contro la casa che ospitava l’affresco della Madonna situata nell’attuale via Roma, una deposizione peraltro ora molto deteriorata, centrasse in pieno la facciata, passando per la camera da letto del proprietario che stava dormendo. Per intercessione della Madonna la palla sfiorò il letto e uscì dall’altra parte lasciando indenne e spaventato il povero proprietario. Da allora la tradizione popolare cassolese chiama questo dipinto murale la Madonna del Cannone. Di un fatto analogo esiste traccia a Pavia con la cosiddetta Madonna della palla sita in una edicola di via Lanfranco 5. In questo caso la palla di cannone, sparata nel corso dell’assedio di Pavia da parte dei francesi a fine del 1655, è rimasta conficcata nel muro, quasi al centro dell’icona, di cui resta peraltro solo l’elegante incorniciatura dove angeli-telamoni reggono i capitelli in cui si imposta il timpano arrotondato contenente lo Spirito Santo. L’affresco, forse cinquecentesco, salvatosi nonostante la palla di cannone rimastavi conficcata, purtroppo non è sopravvissuto ai danni del nubifragio del 1988. L’altra Madonna della palla si trova sempre a Pavia, in Corso Garibaldi al 32. In questo caso tutta la struttura appare degradata e non si rileva evidenza dell’immagine in essa contenuta. La palla sembrerebbe essere stata collocata successivamente, quasi come una sorta di ex-voto, in analogia con la leggenda di Cassolnovo.
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Cassolnovo Beato Pacifico Ramati da Cerano Via San Giorgio 79
Beato Pacifico Ramati da Cerano Cerano, 1426 - Sassari, 4 giugno 1482 4 Giugno
Nativo di Cerano in provincia di Novara, Pacifico Ramati rimase orfano dei genitori in tenera età, accolto nel monastero di San Lorenzo dei Benedettini, fu educato dal superiore agli studi e all’amore per il prossimo. Ormai giovane, alla morte del superiore-benefattore, scelse di rimanere nello stato religioso, preferendo però l’Ordine dei Minori Francescani, entrando così nel celebre convento di San Nazario della Costa già culla di futuri santi dell’Ordine. Divenuto sacerdote fu inviato dai superiori alla Sorbona di Parigi, dove ottenne il dottorato. Ritornato in Italia, si dedicò alla predicazione con fervore e competenza, sì da essere considerato un altro San Bernardino e soprannominato “oratore apostolico famosissimo”. Combatté l’ignoranza religiosa sia dei fedeli che del clero, soprattutto in materia di penitenza. Scrisse una Summa pacifica pubblicata nel 1474 in lingua volgare così da poter essere alla portata di tutti. La sua opera si svolse in particolare in Piemonte e Lombardia, ed a Cerano dove tornava spesso, fece erigere una cappella alla Madonna per accrescerne la devozione; nel 1471 Papa Sisto IV lo mandò in missione speciale in Sardegna e poi una seconda volta nel 1480 durante l’invasione araba di Maometto II, con l’incarico di organizzare una crociata speciale contro i turchi. Dopo due anni di fecondi sforzi missionari, il 4 giugno 1482, morì a Sassari consumato dalle fatiche apostoliche. Esaudendo i suoi desideri, il suo corpo fu sepolto a Cerano; è stato considerato dagli studiosi “insigne per dottrina e santità, conforto e presidio della sua patria”.
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Cassolnovo Madonna del Carmine Via IV Novembre 81
Cassolnovo Madonna del Rosario Via Cavour 82
CASTELLO D’AGOGNA
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Castello d’Agogna Madonna con Bambino Strada Provinciale 494 per Mortara 84
CASTELNOVETTO
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Castelnovetto Sant’Antonio Abate Via Rizzo Biraga - Tenuta “La filanda” 86
Castelnovetto Madonna con Bambino - Madonna nera di Oropa Via Regione Braglia 87
La Madonna nera di Oropa La diffusione e il culto delle Madonne nere in Occidente sembrano essere stati particolarmente intensi all’epoca delle crociate, sia perché diversi crociati portarono in patria icone orientali, sia per l’azione di alcuni ordini religiosi (carmelitani e francescani in primis, molto attivi anche in Terrasanta e Siria) o cavallereschi (soprattutto quello dei templari, che disponevano di proprie chiese nelle principali città europee). I templari e gli altri ordini cavallereschi erano legati alla figura di San Bernardo di Chiaravalle, che predicò la seconda crociata. San Bernardo scrisse un commento al Cantico dei Cantici, in cui la sposa nigra sed formosa, principale personaggio del libro, è considerata una delle figure femminili dell’Antico Testamento che possono essere interpretate come profezie della Vergine. La predicazione di San Bernardo, quindi, potrebbe essere una delle cause della diffusione delle Madonne nere. Si racconta che l’antico simulacro della Madonna nera del Santuario di Oropa, in origine bianca, manifesterebbe alcuni fatti particolari: la statua, nonostante il tempo, non presenterebbe alcuna traccia di tarlatura e di logoramento; il piede, nonostante l’uso antico di far toccare oggetti ricordo destinati a fedeli e ammalati, non sarebbe consumato; sui volti della Vergine e del Bambino non si fermerebbe mai la polvere.
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Castelnovetto San Giuseppe Via Mirabella 89
Castelnovetto Madonna del Carmine Via Sabbione
La Madona carminèla la porta la spìa bèla. 90
CERETTO
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Ceretto Madonna Consolata Via Roma
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Ceretto Immacolata Via Roma 93
CONFIENZA
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Confienza San Lorenzo Strada Provinciale 197 per Novara 96
San Lorenzo martire Huesca (Spagna), 251 - Roma, 258 10 Agosto
Visse ai tempi della crisi dell’impero romano nel periodo in cui l’imperatore Valeriano, succeduto a Decio, ordinò la persecuzione anticristiana (257). Vennero vietate le adunanze dei cristiani, bloccati gli accessi alle catacombe e preteso il rispetto per i riti pagani. A poco a poco la persecuzione si fa sempre più feroce e Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti: Cipriano di Cartagine, dapprima esiliato viene decapitato e la stessa sorte tocca ad altri vescovi ed allo stesso Papa Sisto II. Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca in quanto il prefetto imperiale è convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Nel frattempo Lorenzo si affretta a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore e si presenta davanti al prefetto con una turba di malati, storpi ed emarginati dicendo: “Ecco, i tesori della Chiesa sono questi”. Condannato a morte, probabilmente venne decapitato anche se la tradizione dice che fu messo su una graticola: un supplizio che ispirerà opere d’arte, testi di pietà e detti popolari per secoli. È il patrono dei diaconi, dei cuochi e dei pompieri. È annoverato fra i più nominati Santi Guaritori contro la lombaggine. La tradizione vuole che, dopo essere rimasto sul fuoco per un certo tempo, chiese che lo girassero, così da bruciare anche dall’altro lato. I suoi aguzzini eseguirono la richiesta, finché egli disse: “Ora sono cotto a puntino, potete iniziare a mangiare…”.
San Luréns al fa bel temp. San Luréns l’üga la tens. San Luréns, la calüra poc temp la düra.
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Confienza Madonna di Caravaggio Strada Provinciale 197 per Novara 98
COZZO
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Cozzo Sant’Antonio di Padova Via Castello 100
Cozzo Madonna del Rosario di Pompei Via Castello 101
Cozzo Madonna di Loreto Via Roma 102
Celpenchio Madonna del Rosario Via Maestra 103
DORNO
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Dorno Madonna di Caravaggio Via Cairoli 106
Dorno Immacolata Via Monsignor Passerini 107
Dorno Agonia del Signore Via Monsignor Passerini 108
La croce cristiana È il simbolo cristiano più diffuso, riconosciuto in tutto il mondo. È una rappresentazione stilizzata dello strumento usato dai romani per la tortura e l’esecuzione capitale tramite crocifissione, il supplizio che secondo i vangeli e la tradizione cristiana è stato inflitto a Gesù Cristo. Tuttavia si tratta di una forma simbolica molto antica, un archètipo che prima del cristianesimo aveva già assunto un significato universale: rappresenta l’unione del cielo con la terra, della dimensione orizzontale con quella verticale, congiunge i quattro punti cardinali ed è usata per misurare e organizzare le piante degli edifici e delle città. Con il cristianesimo assume significati nuovi e complessi come il ricordo della passione, morte e risurrezione di Gesù, e come un monito dell’invito evangelico ad imitare Gesù in tutto e per tutto, accettando pazientemente anche la sofferenza.
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Dorno GesĂš Redentore Via Secondo Bonacossa 110
Dorno Madonna della Bozzola Via 11 Febbraio 111
Dorno Madonna di Pompei con San Domenico e Santa Caterina da Siena Via Riccardo Rossi 112
FERRERA ERBOGNONE
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Ferrera Erbognone Immacolata Via Roma 114
FRASCAROLO
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Frascarolo Madonna del Carmine Casa retro Chiesa Santa Maria Maggiore 116
Frascarolo Madonna con Bambino Via Vittorio Veneto 117
La Vergine con l’Uva Le rappresentazioni della Madre di Gesù col Bambino in braccio, con motivi di tipo viticolo, non sono frequenti, anche se si conoscono immagini famose come quella che rappresenta la Vergine con l’Uva di Pierre Mignard, celebre ritrattista della famiglia reale e della corte di Luigi XIV, conservata presso il museo del Louvre a Parigi o la Madonna dell’uva del pittore Giuseppe Ghedina (il Pordenone) che si trova presso la Loggia del Lionello ad Udine. Altre Madonne sono raffigurate in bellissimi quadri che si trovano specialmente nelle gallerie d’arte: la Madonna della Pergola di Gian Battista Cima da Conegliano o la Nostra Signora delle Vigne a Genova, o la Madonna con Bambino a Gorizia (dipinto anonimo). Qual è il significato di queste immagini? Qual è l’origine di questi attributi della Vergine? Le spiegazioni possono essere diverse: o per invocare la protezione delle vigne da parte di Maria; o quella di ricordare il luogo coltivato a vite dove venne costruita o già si trovava una chiesa o una cappella dedicata alla Madonna. Così all’abbazia di Hautecombe dove nel 1889 fu posta una statua della Vergine, Notre Dame des Vignes, per invocare la protezione nelle vigne ricostituite dalla fillossera. C’è poi un’altra ipotesi, che è la più accreditata – in particolar modo tra gli artisti – che è quella di aver aggiunto nelle raffigurazioni della Madonna col Bambino, il complemento “uva” a scopo decorativo, ma quale simbolo significativo. Infatti il grappolo d’uva è con la mela, la melagrana, l’uccello, fra gli emblemi della Madonna, rappresentando il simbolo del vino eucaristico e quindi il sangue del Redentore.
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Frascarolo Madonna con Bambino Via Castello 119
GAMBOLÃ’
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Gambolò San Rocco Via Carrobbio 122
San Rocco Montpellier, 1345 - Voghera, 1379 16 Agosto
Nacque a Montpellier. Recatosi pellegrino a Roma, dopo alcuni anni prese la via del ritorno passando per Rimini. A Piacenza venne colpito dalla peste, dopo aver curato innumerevoli appestati. Per non esporre altre persone al contagio, si isolò volontariamente in una grotta. La leggenda racconta che a questo punto Rocco si salvò grazie a un cane che gli portava ogni giorno del pane; il padrone del cane, Gottardo, lo seguì e conobbe Rocco a cui chiese di prenderlo come discepolo, ma Rocco lo dissuase e, appena guarito, ripartì. Dopo aver preso la via del ritorno verso Montpellier, fu fermato a Voghera e incarcerato perché sospettato di spionaggio. Si sarebbe salvato se avesse detto il proprio nome, ma non lo fece per non approfittare dei privilegi che spettavano ad un nobile. Rocco morì, appena trentaduenne e fu sepolto a Voghera, dove i fedeli si recarono ad onorare questo giovane che aveva la fama di guarire gli appestati, che aveva un grande cuore e che amava i poveri come fratelli. Non c’è paese lomellino che non abbia presente l’immagine di San Rocco. Famosissimo, a braccetto con le pestilenze sempre incombenti, è il santo protettore degli appestati. Ma non solo. La piaga che appare spesso sulla coscia potrebbe rappresentare un’altra piaga oltre quella della peste: la lue venerea, oggi AIDS, malattia già diffusissima nel passato come, peraltro, purtroppo anche al giorno d’oggi. Veniva invocato in caso di epidemie di peste e di colera e veniva considerato come protezione più efficace dopo la fuga, l’isolamento e la pulizia personale, misure precauzionali accessibili a pochissime persone. Anche la sopravvivenza per immunità naturale o per costituzione particolarmente vigorosa veniva attribuita a San Rocco. Dopo la fine delle pestilenze la sua influenza venne trasferita ad altre malattie contagiose, oltre che varie calamità naturali come il fuoco ed i fulmini. In Francia, fino ad epoca recente, in diverse aree vi era l’usanza di benedire un mazzo di “erbe di San Rocco” e di appenderle fuori della porta in segno di protezione.
San Roc al vòia al sùkòt.
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Gambolò Immacolata Strada per Remondò 124
Gambolò Sacra Famiglia Via Molino della roggia 125
Garbana (Gambolò) Madonna del Rosario Via Pavia 126
Remondò (Gambolò) Santa Margherita di Antiochia Via Ferrarin 127
Santa Margherita di Antiochia Antiochia di Pisidia, 289 - Antiochia di Siria, 304 20 Luglio
Secondo una passio priva di testimonianze concrete, redatta in greco da Teotimo (che si dichiara testimone dei fatti), Margherita nacque nel 289 ad Antiochia di Pisidia. Figlia di un sacerdote pagano, dopo la morte della madre fu affidata ad una balia, che praticava clandestinamente il cristianesimo durante la persecuzione di Diocleziano, ed allevò la bambina nella sua religione. Quando venne ripresa in casa dal padre, dichiarò la sua fede e fu da lui cacciata: ritornò quindi dalla balia, che l’adottò e le affidò la cura del suo gregge. Mentre pascolava fu notata dal prefetto Ollario che tentò di sedurla, ma lei, avendo consacrato la sua verginità a Dio, confessò la sua fede e lo respinse: umiliato, il prefetto la denunciò come cristiana. Margherita fu incarcerata e venne visitata in cella dal demonio che le apparve sotto forma di drago e la inghiottì: ma Margherita, armata della croce, gli squarciò il ventre e uscì vittoriosa. Per questo motivo viene invocata per ottenere un parto facile. In un nuovo interrogatorio continuò a dichiararsi cristiana: si ebbe allora una scossa di terremoto, durante la quale una colomba scese dal cielo e le depositò sul capo una corona. Dopo aver resistito miracolosamente a vari tormenti, fu quindi decapitata il 20 luglio (dies natalis) del 304 all’età di quindici anni. È molto venerata (col nome di “Marina”) anche dalla Chiesa ortodossa, che ne celebra la memoria il 17 luglio e la invoca contro le febbri malariche. La stessa data è utilizzata nelle regioni meridionali dell’Italia, dove il culto fu probabilmente importato da monaci bizantini durante le persecuzioni iconoclaste.
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GARLASCO
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Garlasco Sant’Antonio Abate Via Asilo 130
Garlasco Madonna della Bozzola Piazza Giuseppe Garibaldi 131
Garlasco Madonna della Bozzola Via Sonno 132
La Madonna della Bozzola “Voglio qui un Santuario a protezione di tutta la Lomellina. Saranno tante le grazie che io farò in questo luogo, che i miei figli esperimenteranno i tesori delle mie misericordie”. La protagonista del fatto miracoloso che portò alla costruzione del Santuario è Maria, una ragazza tredicenne di Garlasco, che aveva perso l’uso della parola durante l’eccidio di tutta la sua famiglia ad opera di bande di soldati che all’epoca si fronteggiavano sul territorio. Maria aveva portato gli animali al pascolo tra le querce ed i cespugli di biancospino della “Busslà”. Verso mezzogiorno vedendo il cielo rabbuiarsi e pensando a un temporale, si rannicchiò sotto l’edicola con l’immagine della Vergine. All’improvviso, un globo di luce andò a posarsi sopra un cespuglio di busslà (biancospino). Apparve la figura della Madonna che disse alla ragazza: “Maria Benedetta, vai a dire alla gente di Garlasco, che voglio qui un Santuario a protezione di tutta la Lomellina. Saranno tante le grazie che io farò in questo luogo, che i miei figli esperimenteranno i tesori delle mie misericordie. Come segno che ti sono apparsa tu hai già udito il mio messaggio, ora lo porterai alla gente di Garlasco”. Maria, ancora scossa, tornò in paese. Grande fu la sorpresa dei compaesani nell’udire la ragazza ripetere, con la sua voce, quelle parole udite alla “busslà”. Della giovane pastorella – che cominciarono a chiamare Maria Benedetta – non si ebbe più notizia. La tradizione vuole che si sia ritirata in un monastero di clausura, alla Cascina Veronica, vicino al torrente Terdoppio, dove pare sorgesse un convento di monache vallombrosane. Il messaggio del quale si fece ambasciatrice non cadde nel vuoto. La comunità di Garlasco, attorno all’immagine murale di Maria Vergine, cominciò a costruire una “casa”, una grande casa, che i secoli via via trasformeranno nel Santuario che oggi si impone, in tutta la suggestione architettonica, nella piana lomellina. Le cronache collocano l’evento prodigioso nell’anno 1465. I “CARAGNÒN” DLA’ BOSLA Quanti hanno sentito parlare o sentito dire “i caragnòn dla Bosla”? Beh queste “figure” nascono nel 1623… Si trattava infatti di statue raffiguranti persone che piangevano la morte di Gesù… Ma con il passare del tempo i “Caragnòn” non rimasero statue… Infatti, si decise di creare un vero e proprio gruppo di persone, che durante i funerali di persone povere o con pochi parenti, piangevano! Ovviamente era un pianto a “comando”, senza alcun tipo di emozione! Ed ecco da dove deriva la frase… “l’è n’ Caragnòn dlà Bosla”… ossia quando una persona piange senza motivo serio o piange dei suoi sbagli!
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Garlasco Madonna incoronata (con Angeli e Santi non identificabili) Via Santa Lucia 134
San Biagio (Garlasco) Madonna Immacolata Strada Provinciale 185 per Bereguardo 135
GRAVELLONA
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Gravellona Madonna di Med-jugorje Piazza Pietro De Lucca 138
Madonna di Med-jugorje Madonna di Med-jugorje, detta anche Regina della Pace o Gospa (“la Signora” o “Madonna”), è l’appellativo con cui viene venerata dai credenti Maria, madre di Gesù, in seguito ad alcune presunte apparizioni, iniziate a Med-jugorje e testimoniate da sei veggenti: Ivanka Ivankovic´, Mirjana Dragic´evic´, Vicka Ivankovic´, Ivan Dragic´evic´, Jakov Cˇ olo e Marija Pavlovic´; queste apparizioni mariane sarebbero tuttora in atto. I veggenti affermano di aver ricevuto la prima apparizione della Vergine Maria il 24 giugno 1981; in seguito si presenterà con il titolo di “Regina della Pace” (Kraljica Mira), altro appellativo con cui è venerata. Per questo motivo Med-jugorje è divenuta meta di numerosi pellegrinaggi. Il 24 giugno 1981 sei ragazzi avrebbero visto “una figura femminile luminosa sul sentiero che costeggia il Podbrdo”, con un Bambino fra le braccia. Il giorno seguente ella si sarebbe presentata come la “Beata Vergine Maria”. Secondo i veggenti, la protagonista delle presunte apparizioni inviterebbe i fedeli alla conversione, alla preghiera, alla pace. Il messaggio principale è la pace (nel suo significato più ampio: con Dio, con gli uomini, ma anche interiore) e i veggenti affermano che la Madonna avrebbe indicato loro che si può raggiungere attraverso cinque strumenti, “le cinque pietre”, paragonate ai ciottoli scelti da Davide, armato solo di fionda e bastone, per abbattere Golia. Secondo i messaggi diffusi dai veggenti, se rispettati i cinque precetti appena indicati, la Madonna avrebbe promesso la sua intercessione favorendo anche la conversione personale. Secondo loro è preferibile pure dedicare un posto della casa, una sorta di altarino, alla Madonna.
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Barbavara (Gravellona) Madonna con Bambino Via Gravellona 140
Barbavara (Gravellona) Presepe Via Gravellona
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Origine del Presepio Questa usanza, all’inizio prevalentemente italiana, la si deve a San Francesco d’Assisi che nel 1223 realizzò a Greccio la prima rappresentazione della Natività dopo aver ottenuto l’autorizzazione da Papa Onorio III. Francesco era tornato da un paio d’anni dalla Terra Santa e, colpito dalla visita a Betlemme, intendeva rievocare la scena della Natività in un luogo – Greccio – che trovava tanto simile alla cittadina palestinese. Tommaso da Celano, cronista della vita di San Francesco, descrive così la scena della Legenda secunda: “Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l’asino. Si cerca ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l’umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme”. Nella rappresentazione preparata da San Francesco, non erano presenti la Vergine Maria, San Giuseppe e Gesù Bambino: nella grotta c’era soltanto una mangiatoia sulla quale era stata disposta della paglia e i due animali ricordati nella tradizione. Nella Legenda prima, Tommaso da Celano ci fornisce una descrizione più dettagliata della notte in cui fu allestito il primo presepe. Il racconto di Tommaso viene poi ripreso da Bonaventura di Bagnoregio: “I frati si radunano, la popolazione accorre, il bosco risuona di voci e quella venerabile notte diventa splendente di luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L’uomo di Dio (Francesco) stava davanti alla mangiatoia, pieno di pietà, bagnato di lacrime, traboccante di gioia. Il rito solenne della Messa viene celebrato sopra alla mangiatoia e Francesco canta il Santo Vangelo. Poi predica al popolo che lo circonda e parla della nascita del Re povero che egli chiama ‘il bambino di Betlemme’”. La descrizione di Bonaventura è la fonte che ha usato Giotto per comporre l’affresco “Presepe di Greccio” nella Basilica Superiore di Assisi.
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GROPELLO CAIROLI
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Gropello Cairoli San Carlo Borromeo Agriturismo “Cascina San Carlo” 144
San Carlo Borromeo Arona, 2 ottobre 1538 - Milano, 3 novembre 1584 4 Novembre
Morto a soli 46 anni nel 1584, Arcivescovo di Milano, viene raffigurato abitualmente con il rocchetto e mozzetta di porpora o, più raramente, con la pisside in mano. La figura di San Carlo Borromeo è oggi ricordata con uno straordinario monumento, unico nel suo genere: una gigantesca statua posta ad Arona e chiamata popolarmente il Sancarlone per le enormi dimensioni che la contraddistinguono e che la rendono visibile anche a lunga distanza. Nelle intenzioni della città di Arona, essa avrebbe dovuto essere il culmine di un Sacro Monte a lui dedicato, ma mai completato. Tale opera, alta 23 metri, in lamina di rame fissata con rivetti, su un’anima in muratura, ha ispirato la tecnica di costruzione della Statua della libertà. Su volontà del cugino Federico, Arcivescovo di Milano e suo successore, iniziarono nel 1624 i lavori per la costruzione di un Sacro Monte che ne celebrasse la memoria. Federico Borromeo insieme all’Oblato Marco Aurelio Grattarola, supervisore dei lavori del Sacro Monte, vollero anche costruire un’enorme statua visibile dal lago Maggiore. Il disegno fu di Giovanni Battista Crespi, detto “il Cerano”, e la statua fu realizzata con lastre di rame battute a martello e riunite utilizzando chiodi e tiranti in ferro. San Carlo è rappresentato in piedi in abito semplice con rocchetto e mozzetta con nella mano sinistra un libro e con il braccio destro nell’atto di impartire una benedizione. L’opera fu conclusa dopo 84 anni di lavoro nel 1698 e il 19 maggio dello stesso anno il Cardinale Federico Caccia, Arcivescovo di Milano, diede la solenne benedizione. La statua è aperta al pubblico e vi si accede da una ripiegatura del rocchetto, dopodiché si sale una scala prima a chiocciola e poi subito ripida a pioli, arrivando fin dentro la testa di San Carlo dalla quale, attraverso i fori degli occhi e delle orecchie, è possibile ammirare il panorama mozzafiato antistante il lago.
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Gropello Cairoli Madonna Pellegrina Via Roma 146
LANGOSCO
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Langosco Medaglia Miracolosa fronte Chiesa San Martino 148
Langosco Madonna di Caravaggio Via Matteotti 149
LOMELLO
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Lomello Madonna del Carmine Via Roma 152
Lomello San Luigi Gonzaga Via Roma 153
San Luigi Gonzaga Castiglione delle Stiviere, 7 marzo 1568 - Roma, 21 giugno 1591 21 Giugno
Era figlio di Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere, un uomo orgoglioso e duro, dedito al gioco ma anche attaccato alla famiglia e alla fede e di Marta di Santena, una contessa piemontese, donna molto buona e religiosa che lascerà su di lui una profonda influenza. Luigi era di intelligenza brillante e aperta, dal carattere forte e focoso, a volte ostinato. Aveva il destino già segnato: diventare marchese imperiale come il padre. E così, fin da bambino, fu gradualmente fatto entrare in quel mondo nobile e dorato, spesso corrotto e corruttore dove non di rado regnava il culto dell’effimero e dell’apparenza. Fu all’età di dieci anni che Luigi nella Chiesa dell’Annunziata a Firenze si offrì a Dio e spontaneamente “si consacrò a Maria come Lei si era consacrata a Dio”. Da Firenze passò a Mantova e qui si ammalò. I medici gli ordinarono una dieta durissima e Luigi approfittò della situazione per imparare volontariamente a fare penitenza per amore a Cristo Crocifisso. Qui poi ebbe la consolazione di fare la prima comunione dalle mani del Cardinale Carlo Borromeo in visita pastorale. Luigi entrò nella Compagnia di Gesù nel 1587, a Roma, dopo il noviziato ed era già impegnato negli studi di teologia quando sulla città di Roma si abbatté un’immane tragedia: prima la siccità, poi la carestia, infine un’epidemia di tifo. Nell’opera di assistenza che i Gesuiti prestarono fu presente anche lui, sempre a fianco dei malati specialmente i più gravi e i più ripugnanti. Girava anche per i palazzi dei nobili a chiedere l’elemosina ed il suo motto era “come gli altri” dimenticando cioè tutti i suoi vecchi privilegi. Questo coraggio e questa forza, anche fisica, sentiva che gli veniva da Dio stesso e dal Cristo che lui serviva nei sofferenti, fino a quando raccolse un moribondo, malato di peste e se lo caricò sulle spalle per portarlo all’ospedale. Probabilmente fu contagiato proprio in quella circostanza. Morì il 21 giugno 1591 a soli 23 anni come martire della carità. Viene invocato contro le malattie dei polmoni.
San Luis, crâssa la barba, cala i barbìs. San Luis, l’erba di prà la va n’ti ris.
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Lomello Sacro Cuore di GesĂš Via Circonvallazione 155
Lomello Deposizione di Cristo Via XX Settembre 156
MEDE
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Mede Madonna nera di Oropa Via Garibaldi 158
Mede San Carlo Borromeo Strada Provinciale per Castellaro 159
Mede Madonna con GesĂš e San Giovanni Battista Via Cesare Battisti 160
Mede Madonna della seggiola (da Raffaello Sanzio) Strada Provinciale per Castellaro
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Mede Madonna di Caravaggio Via Cesare Battisti 162
Nostra Signora di Caravaggio Santa Maria del Fonte o Nostra Signora di Caravaggio, è il titolo attribuito alla Madonna in seguito all’apparizione che, secondo la tradizione cattolica, sarebbe avvenuta il 26 maggio 1432 nelle campagne circostanti Caravaggio, in Lombardia. Sul luogo venne eretto il Santuario; Santa Maria del Fonte è oggetto di devozione in numerose altre località, tra le quali la città di Farroupilha, nello stato brasiliano del Rio Grande do Sul, dove si trova il più grande tempio mariano a lei dedicato. Il Vescovo Danio Bolognini, padre conciliare nell’anno 1962, con approvazione della Sede Apostolica dichiarò la Beata Vergine del Sacro Fonte in Caravaggio compatrona della comunità diocesana di Cremona. Nella prima metà del XV secolo la zona di Caravaggio era stata interessata da una continua lotta fra gli stati di Milano e Venezia, che si contendevano il possesso dell’area nota come Gera d’Adda; era un periodo di estreme divisioni politiche e sociali per l’intera regione. Fu in questa cornice che, alle ore 17 di lunedì 26 maggio 1432, sarebbe avvenuta l’apparizione a Caravaggio della Madre di Dio, di fronte a una giovane contadina del luogo, Giannetta de’ Vacchi. Secondo attendibili fonti coeve la donna, trentaduenne, era tormentata dai problemi di alcolismo che affliggevano il marito, Francesco Varoli, un ex uomo d’armi dal carattere burrascoso che la picchiava. In un momento di grande sofferenza si era recata nelle campagne a sud-ovest del borgo di Caravaggio, nel campo di Mazzolengo, a 2 km dal centro cittadino. Riferì di aver visto, fra le lacrime, una giovane donna simile a una regina, che si era presentata come Maria, Madre di Dio, invitandola a non avere paura e affidandole il seguente messaggio: “Mi è stato concesso di salvare i Cristiani dalle imminenti e meritate punizioni della Giustizia Divina, e di venire ad annunciare la Pace”.
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MORTARA
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Mortara Sant’Antonio Abate Cascina Costa
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Mortara San Giorgio Via Cadorna 167
San Giorgio Cappadocia, 275-285 circa - Nicodemia, 23 aprile 303 23 Aprile
Nel Medioevo la lotta di San Giorgio contro il drago diviene il simbolo della lotta del bene contro il male e, per questo, il mondo della cavalleria vi vide incarnati i suoi ideali. La leggenda del soldato vincitore del drago contribuì al diffondersi del suo culto, che divenne popolarissimo in Occidente ed in tutto l’Oriente bizantino, ove egli è per eccellenza il “grande martire” e il “trionfatore”. Rapidamente egli divenne un santo tra i più venerati in ogni parte del mondo cristiano. In Italia nel 1996, su richiesta di alcuni appartenenti alla vigilanza privata, il Vescovo di Piacenza, Monsignor Luciano Monari, si fece promotore verso i vertici ecclesiastici per fare riconoscere San Giorgio martire di Lydda come patrono delle Guardie Particolari Giurate. Il Vescovo propose San Giorgio, perché in vita svolgeva un lavoro che potrebbe paragonarsi a quello delle GPG. Secondo l’iconografia dei Santi, San Giorgio era un personaggio che difendeva terreni e villaggi, tanto che uccise un drago per salvare una fanciulla d’un villaggio da lui difeso. È conosciuto principalmente come l’uccisore del drago e il salvatore della fanciulla. Egli è uno dei Santi Cristiani più popolari, venerato in epoche diverse nelle tradizioni cristiane, orientali ed occidentali; occupa anche un posto nell’agiografia islamica, che gli dà il titolo onorevole di Profeta. Fu uno dei santi ausiliari che, dal XIV secolo si ritenne avessero poteri di intercessione di speciale efficacia. In tempi diversi è stato patrono di armieri, soldati, cavalieri, arcieri, e persino dei contadini grazie ad un gioco di parole sulla forma greca del suo nome. Anche individui ammalati di peste, lebbra, malattie della pelle e malattie veneree cercano la sua intercessione.
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Mortara Immacolata Via Trento 169
Mortara Sant’Antonio Abate Cascina Costa 170
Mortara Madonna e Sant’Anna Via Porta di Giove 171
Sant’Anna 26 Luglio
Nonostante che di Sant’Anna ci siano poche notizie e per giunta provenienti non da testi ufficiali e canonici, il suo culto è estremamente diffuso sia in Oriente che in Occidente. Quasi ogni città ha una chiesa a lei dedicata, Caserta la considera sua celeste Patrona, il nome di Anna si ripete nelle intestazioni di strade, rioni di città, cliniche e altri luoghi; alcuni Comuni portano il suo nome. La madre della Vergine, è titolare di svariati patronati quasi tutti legati a Maria; poiché portò nel suo grembo la speranza del mondo, il suo mantello è verde, per questo in Bretagna dove le sono devotissimi, è invocata per la raccolta del fieno; poiché custodì Maria come gioiello in uno scrigno, è patrona di orefici e bottai; protegge i minatori, falegnami, carpentieri, ebanisti e tornitori. Perché insegnò alla Vergine a pulire la casa, a cucire, tèssere, è patrona dei fabbricanti di scope, dei tessitori, dei sarti, fabbricanti e commercianti di tele per la casa e biancheria. È soprattutto patrona delle madri di famiglia, delle vedove, delle partorienti, è invocata nei parti difficili e contro la sterilità coniugale. Gioacchino ed Anna erano sposi che si amavano veramente, ma non avevano figli e ormai data l’età non ne avrebbero più avuti; secondo la mentalità ebraica del tempo, il gran sacerdote scorgeva la maledizione divina su di loro, perciò erano sterili. L’anziano ricco pastore, per l’amore che portava alla sua sposa, non voleva trovarsi un’altra donna per avere un figlio; pertanto addolorato dalle parole del Sommo sacerdote Ruben, si recò nell’archivio delle dodici tribù di Israele per verificare se quel che egli diceva fosse vero e una volta constatato che tutti gli uomini pii ed osservanti avevano avuto figli, sconvolto non ebbe il coraggio di tornare a casa e si ritirò in una sua terra di montagna e per quaranta giorni e quaranta notti supplicò l’aiuto di Dio fra lacrime, preghiere e digiuni. Anche Anna soffriva per questa sterilità, a ciò si aggiunse la sofferenza per questa ‘fuga’ del marito; quindi si mise in intensa preghiera chiedendo a Dio di esaudire la loro implorazione di avere un figlio. Durante la preghiera le apparve un angelo che le annunciò: “Anna, Anna, il Signore ha ascoltato la tua preghiera e tu concepirai e partorirai e si parlerà della tua prole in tutto il mondo”. Così avvenne e dopo alcuni mesi Anna partorì.
Sânt’Anna e Sân Simò guàrdâs da la tarfinna e dâl trò.
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Mortara Immacolata Strada vecchia di Gambolò 173
Casoni Sant’Albino (Mortara) Sant’Antonio di Padova Via Maestra 174
Il giglio Nella tradizione ebraica e cristiana, il giglio era sinonimo di gioventù, verginità e fertilità. Con l’avvento del cristianesimo, il fiore bianco ‘Lilium candidum’ – che sbocciava nella tarda primavera e fioriva in estate – diventò conosciuto come ‘giglio della Madonna’, ‘giglio di San Luigi’, o ‘giglio di Sant’Antonio’, sinonimo di castità, purezza e virtù, come testimoniano le scritture della letteratura e l’iconografia religiosa. Fu quindi strettamente associato a numerosi Santi martiri, tra i quali Sant’Antonio di Padova, protettore del matrimonio e patrono della procreazione, rappresentato con questo fiore in mano in nome della sua purezza, nel corpo e nell’anima, e della battaglia che condusse contro il demone fin dall’infanzia. San Giuseppe venne raffigurato tradizionalmente con Gesù Bambino in braccio, mentre teneva in mano un bastone da viandante dal quale sbocciavano dei gigli bianchi, l’unico fiorito miracolosamente tra quelli posti sull’altare, e quindi decisivo per designare lo sposo di Maria, secondo quanto tramandato dal Protovangelo di Giacomo. I tre petali del giglio vennero anche ritenuti simbolici delle tre virtù – fede, speranza e carità – e quindi allusivi alla Sacra Trinità. L’idea che Antonio sia invocato per ritrovare oggetti smarriti sembra risalire ad un episodio che coinvolse un novizio, il quale aveva rubato una copia preziosa di un salterio che Antonio usava, forse trascritto a mano dal santo, e questi pregò perché fosse ritrovato. Nella sua fuga il novizio doveva attraversare un fiume e, a quel punto, ebbe una visione che lo scosse e lo impaurì: sull’altra sponda qualcuno gli intimava di riportare il libro, cosa che fece immediatamente. Sant’Antonio è invocato contro la sterilità coniugale e per la salute dei bambini.
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Casoni Sant’Albino (Mortara) Madonna del Rosario Via Maestra 176
NICORVO
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Nicorvo Deposizione del Signore Via IV Novembre 178
OLEVANO DI LOMELLINA
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Olevano di Lomellina Maria Ausiliatrice Via Roma 180
Olevano di Lomellina Sant’Antonio Abate Via Solferino 181
Olevano di Lomellina San Giuseppe Via Roma 182
San Giuseppe 19 Marzo
San Giuseppe fu lo sposo di Maria, il padre putativo di Gesù, il capo della “sacra famiglia”. Discendente della casa di Davide, la vita lo costrinse a fare l’artigiano nell’accurata lavorazione del legno. San Giuseppe non è solo il patrono dei padri di famiglia ma oggi è festeggiato in campo liturgico quale patrono degli artigiani e degli operai. Papa Giovanni XXIII gli affidò addirittura il Concilio Vaticano II. Vuole tuttavia la tradizione che sia protettore in maniera specifica di falegnami, di ebanisti e di carpentieri, ma anche dei pionieri e dei senza tetto. Che il culto di San Giuseppe abbia raggiunto in passato vette di popolarità, lo dimostrano anche le dichiarazioni di moltissime chiese relative alla presenza di sue reliquie. Per fare qualche esempio, nella chiesa di Notre-Dame di Parigi ci sarebbero gli anelli di fidanzamento, il suo e quello di Maria; Perugia possederebbe il suo anello nuziale, nella chiesa parigina di Foglianti si troverebbero i frammenti di una sua cintura. Ad Aquisgrana si espongono le fasce o calzari che avrebbero avvolto le sue gambe e i camaldolesi della chiesa di Santa Maria degli Angeli in Firenze dichiarano di essere in possesso del suo bastone. Giuseppe prese l’ultimo bastone: ed ecco che una colomba uscì dal suo bastone e volò sul capo di Giuseppe. Il sacerdote disse allora a Giuseppe: “Tu sei stato eletto a ricevere in custodia la vergine del Signore”. Ancora oggi non sappiamo dove si trovi la tomba del santo. Nelle cronache dei pellegrini che visitarono la Palestina, si trovano alcune indicazioni circa il sepolcro di San Giuseppe. Due riguardano Nazareth e altre due Gerusalemme o la valle del Cedron. Non esistono tuttavia argomenti consistenti al riguardo. È invocato come patrono, in particolare dai padri di famiglia, dai falegnami e da altre categorie impegnate in lavori manuali, oltre che per le sofferenze degli agonizzanti e per una buona morte.
San Giüsèp, cul só bel Bambì, lè prutetur di làdar e d’iàsasìn. (proverbio lomellino)
San Giüsèp, tira andrè al prèv.
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OTTOBIANO
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Ottobiano Madonna della seggiola (da Raffaello Sanzio) Cascina Brella 186
Ottobiano San Michele Arcangelo Via San Michele
San Miché, â’s bata i nus cul mataré. San Miché, l’acqua lè bona da lavas i pé. 187
San Michele Arcangelo 29 Settembre
Il suo nome deriva dall’espressione “Mi-ka-El” che significa “Chi è come Dio?” e siccome nessuno è come l’Onnipotente, l’Arcangelo combatte tutti coloro che si innalzano con superbia sfidando l’Altissimo. Nella tradizione Michele è l’antitesi di Lucifero, capo degli angeli che decisero di fare a meno di Dio e perciò precipitarono negli inferi. Michele, generale degli angeli, è colui che difende la Fede, la Verità e la Chiesa. Dante illustra mirabilmente la bellezza e la potenza di questo Principe celeste e la sua solerzia nel proteggere il genere umano dalle insidie di Satana. Maria Vergine e l’Arcangelo Michele sono associati nel loro combattimento contro il demonio ed entrambi, iconograficamente parlando, hanno sotto i loro piedi, a seconda dei casi, il serpente, il drago, il diavolo in persona che l’Arcangelo tiene incatenato e lo minaccia pronto a trafiggerlo con la sua spada. Il suo culto è molto diffuso sia in Oriente che in Occidente, ne danno testimonianza le innumerevoli chiese, santuari, monasteri e anche monti a lui intitolati. In Europa, durante l’alto Medioevo, furono edificati in suo onore tre gioielli di devozione, di storia, di architettura ed arte: l’abbazia di Mont Saint-Michel in Normandia, la Sacra di San Michele sul Monte Pirchiriano sopra Torino e il Santuario del Monte Gargano in Puglia. Difensore della Chiesa, la sua statua compare sulla sommità di Castel Sant’Angelo a Roma ed egli è protettore del popolo cristiano come un tempo lo era dei pellegrini medievali contro le insidie che incontravano lungo la via. È patrono della polizia, dei radiologi e dei droghieri.
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Ottobiano Resurrezione di San Lazzaro Cascina San Lazzaro 189
PALESTRO
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Palestro San Giovanni Battista con l’Agnus Dei Piazza XXIV Maggio 192
San Giovanni Battista 24 Giugno
Ben individuabile dal perizoma di pelle di cammello che gli cinge i lombi, l’Agnello ed il cartiglio che detta “Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi”, il dito puntato sull’Agnello ad indicare la sua prossima venuta. L’unico luogo in cui si celebra un’apparizione di San Giovanni Battista, la seconda domenica di maggio, è la cittadina fluviale di Pontecorvo in provincia di Frosinone, in ricordo del miracoloso intervento di San Giovanni Battista in favore di un giovane contadino. Secondo la tradizione, il 14 aprile del 1137 Giovanni Mele, intento a lavorare il suo fondo sulla sponda sinistra del fiume Liri, fu tentato dal demonio. Seduto sulla sponda opposta, il diavolo, nelle sembianze di un nobile signore vestito elegantemente, offrì all’ingenuo villico una borsa (o, secondo altra versione, una coppa d’argento) piena di monete d’oro, invitandolo ad attraversare il fiume perché potesse prenderla. Il contadino, vinto dal desiderio di tanta ricchezza, che lo avrebbe affrancato per sempre dal duro lavoro dei campi, tentò di attraversare il fiume. Giunto però nel mezzo, dove l’acqua era più profonda, iniziò ad annegare. Sul punto di soccombere, si rivolse allora a San Giovanni Battista per essere salvato. Il santo ascoltò la supplica e apparve al giovane, che fu preso per una mano e tratto in salvo dalle acque del Liri. Nella tradizione popolare pontecorvese Giovanni Mele diventa per contrazione Camele e ancora oggi “camele” è epiteto vernacolare per indicare persona ingenua e credula. Ultimo dei profeti, la sua testa finì nelle mani di Erodiade e, in seguito, venne tenuta come reliquia a Costantinopoli, Gerusalemme, Amiens e persino in una moschea di Damasco. Nella notte di San Giovanni, nelle campagne del parmense, si usa mettere una spiga di grano sotto il cuscino del letto per invocare una messe copiosa. È invocato, ovviamente, contro l’emicrania.
San Giùan al mùstra l’ingànn. San Giùan, la giurnà püsè longa a dl’an.
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Palestro Madonna in trono con Bambino Via Vittorio Emanuele II 194
PARONA
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Parona Madonna di Caravaggio Via IV Novembre 196
PIEVE DEL CAIRO
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Pieve del Cairo San Giovanni Battista Via G. Garibaldi 198
Pieve del Cairo Santa Rita Via Stefano Marianini 199
Santa Rita da Cascia Roccaporena, 1381 - Cascia, 22 maggio 1457 22 Maggio
Secondo la tradizione devozionale, la sera del Venerdì Santo dell’anno 1432, ritiratasi in preghiera per la Passione di Gesù, dopo la predica di fra’ Giacomo della Marca, avrebbe ricevuto una spina dalla corona del Crocifisso conficcata in fronte. L’evento è uno dei pochi della vita della monaca esplicitamente ricordato nell’iconografia quattrocentesca pervenutaci e nel breve testo dipinto sulla “cassa solenne” (1457), nel quale si legge “quindici anni la spina patisti”. Non si hanno notizie di altre stimmate ma si hanno prove certe delle sue cure alle consorelle malate e della sua capacità di consigliare i laici in visita al suo monastero. La ferita sulla fronte guarì miracolosamente allorché le fu concesso di visitare Roma per il Giubileo del 1450. In Italia viene invocata come patrona dei “casi difficili”, specialmente quelli che hanno attinenza con la vita matrimoniale. Sempre secondo la tradizione che lega strettamente Rita alle api, come apparvero api bianche sulla sua culla, così apparvero api nere sul suo letto di morte. Inoltre, nonostante la fredda stagione, nell’inverno prima di morire Rita mandò sua cugina a prendere una rosa e due fichi nel suo orto a Roccaporena. La cugina, incredula, pensava che delirasse, ma effettivamente trovò tra la neve la rosa rossa e i fichi richiesti, segni interpretati come la salvezza ed il candore dell’anima di suo marito e dei suoi figli. Sulla base di questi racconti, le api, le rose e la spina sono diventati gli attributi iconografici più frequenti della Santa.
Sânta Rittâ, al rusè l’è tütta nà fiurìtâ.
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Pieve del Cairo Madonna con San Luigi Gonzaga ed altro Santo Via Garibaldi 201
Pieve del Cairo Madonna della Guardia Via Sebastiano Gianzana 202
Pieve del Cairo Sant’Antonio di Padova Via Partigiani 203
Sant’Antonio di Padova Lisbona, 15 agosto 1195 - Padova, 13 giugno 1231 13 Giugno
È uno dei santi più amati e venerati dalla cristianità. La Basilica di Padova dove si trovano le sue spoglie mortali è meta ogni anno di milioni di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo. Nel 1946 Pio XII lo ha proclamato Dottore della Chiesa. Fernando di Buglione nasce da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione. A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, quindi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra dove studia scienze e teologia. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Quando i frati del convento di monte Olivares arrivano per accogliere le spoglie dei martiri, Fernando confida loro la sua aspirazione di vivere nello spirito del Vangelo. Ottenuto il permesso, entra nel romitorio dei Minori e fa subito professione religiosa mutando il nome in Antonio. A Pentecoste è invitato al Capitolo generale ad Assisi: arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco ma non di conoscerlo personalmente. Dallo stesso Francesco, gli viene assegnato il ruolo di predicatore e insegnante dapprima in Romagna e successivamente nell’Italia settentrionale. Antonio apre nuove case, visita i conventi per conoscere personalmente tutti i frati, controlla le Clarisse e il Terz’ordine, va a Firenze finché fissa la residenza a Padova e in due mesi scrive i Sermoni domenicali. Convinto assertore del dogma dell’Assunzione della Vergine, per tre anni viaggia senza risparmio, è stanco, soffre d’asma ed è gonfio per l’idropisia. Torna a Padova e memorabili sono le sue prediche per la Quaresima del 1231. Per riposarsi si ritira a Camposampiero, vicino a Padova, dove il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un grande albero di noce. A mezzogiorno del 13 giugno 1231, Antonio si sente mancare e prega i confratelli di portarlo a Padova dove vuole morire. Caricato su un carro trainato dai buoi, alla periferia della città le sue condizioni si aggravano al punto che si decide di ricoverarlo nel vicino convento dell’Arcella dove in serata muore. Si racconta che mentre stava per spirare, ebbe la visione del Signore e che al momento della sua morte, nella città di Padova, frotte di bambini presero a correre e a gridare che il Santo era morto. Patrono degli affamati e dei poveri. Esiste, riferita a Sant’Antonio, una sorta di giaculatoria scaramantica, abbastanza diffusa a livello popolare, nella quale si invoca il santo per ritrovare qualcosa che si è smarrito.
“Sant’Antoni guarda zü, famm truà cul ch’iò pardü”. (dialetto lomellino) Questo modo di dire si trova nei luoghi dove c’è tradizionalmente maggiore devozione al santo, e si declina in modi differenti secondo i dialetti e secondo la tradizione.
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ROBBIO
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Robbio Madonna di Lourdes Via Manzoni 206
La Madonna di Lourdes e Bernardetta 11 Febbraio
Marie-Bernarde Soubirous detta Bernadette (in occitano Maria Bernarda) (Bernadeta; Lourdes, 7 gennaio 1844 - Nevers, 16 aprile 1879) è stata una religiosa e mistica francese, canonizzata dalla Chiesa cattolica. È conosciuta per le apparizioni mariane alle quali riferì di aver assistito in una grotta del suo paese natale (Grotta di Massabielle). Tali visioni di una “signora vestita di bianco”, divenuta nota poi come Nostra Signora di Lourdes, cui l’allora quattordicenne Bernadette avrebbe assistito, sono spesso messe in correlazione con prodigi che sono stati dichiarati non spiegabili scientificamente da una commissione medica appositamente istituita dall’amministrazione del Santuario. Gli accadimenti di cui fu protagonista la giovane Bernadette hanno reso Lourdes uno dei principali luoghi di pellegrinaggio per chi professa la fede cattolica. Tuttavia, i pellegrinaggi compiuti con la specifica intenzione di chiedere la guarigione sono stati spesso criticati in quanto offrono una speranza che rimarrà molto probabilmente delusa, provocando una comprensibile amarezza, invece di incoraggiare le persone inferme a “venire a patti” con le proprie infermità e a riprendere il controllo della propria vita. Ma la fortissima esperienza di Lourdes con i malati, gli assistenti, i brancardiers (barellieri), i popotiers (addetti alle cucine), ed i “sani” che vi si recano per i propri motivi, è una riaffermazione di fede e di speranza attraverso un esercizio di carità comunitaria che difficilmente può trovare eguali altrove.
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Robbio Crocifissione Via Ospedale 208
ROSASCO
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Rosasco Sant’Antonio Abate Via Fornino 210
Sant’Antonio Abate Coma (Egitto), 250 - Egitto, 17 gennaio 356 17 Gennaio
Meglio conosciuto come dal pursè, cioè del maiale, pur avendo dalla sua parte una Vita scritta da Sant’Attanasio, deriva la sua popolarità non tanto per la sua tempra di studioso ed eremita, ma quanto dal fatto che gli si attribuisce la protezione del nìmal, dell’animale per eccellenza di cui non si butta via nulla e la cui immagine per secoli è stata ritratta ai suoi piedi. In passato ogni anno i parroci, dopo aver benedetto la casa, passavano direttamente nella stalla utilizzando una delle tante benedizioni che facevano riferimento appunto a Sant’Antonio. A far tempo dall’anno mille egli ebbe fama di grande guaritore. È invocato contro i foruncoli, il prurito, le malattie contagiose, della pelle e veneree, le varici, lo scorbuto, l’epizoozia e, tradizionalmente, contro l’herpes zoster comunemente definito “fuoco di Sant’Antonio”.
A Sant’Antoni e San Bastiàn, salta fora c’un la pala in màn. Sant’Antoni, San Bastiàn e Sant’Agnés mârcànt a’d fioca.
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Rosasco Immacolata (da Murillo) Strada Provinciale 21 per Robbio 212
Rosasco Madonna di Caravaggio Via Angelo Beia 213
Rosasco Medaglia Miracolosa Via dei Mulini 214
Rosasco San Pietro Strada Provinciale 21 per Robbio 215
San Pietro Apostolo Bethsaida - Roma 29 Giugno
San Pietro è l’apostolo investito della dignità di primo Papa da Gesù Cristo stesso: “Tu sei Pietro e su questa pietra fonderò la mia Chiesa”. Pur non essendo stato il primo a portare la fede a Roma ne divenne il profeta, insieme a San Paolo, fondatore della Roma cristiana, stabilizzando e coordinando la prima Comunità, confermandola nella Fede e testimoniando con il martirio la sua fedeltà a Cristo. Nacque a Bethsaida in Galilea, pescatore sul lago di Tiberiade, insieme al fratello Andrea, il suo nome era Simone, che in ebraico significava “Dio ha ascoltato”; sposato e forse vedovo perché nel Vangelo è citata solo la suocera, mentre nei Vangeli apocrifi si dice che avesse una figlia, la leggendaria Santa Petronilla; il fratello Andrea, dopo aver ascoltato l’esclamazione di Giovanni Battista: “Ecco l’Agnello di Dio!” indicando Gesù, si era recato a conoscerlo ed ascoltarlo e convintosi, disse poi a Simone “Abbiamo trovato il Messia!” e lo condusse con sé da Gesù. Fu tra i più intraprendenti e certamente il più impulsivo degli Apostoli, per cui ne divenne il portavoce e capo riconosciuto, con la celebre promessa del primato: “E io ti dico che sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. Ti darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. Ciò nonostante anche lui fu preso da grande timore durante l’arresto e il supplizio di Gesù, e lo rinnegò tre volte. Ma si pentì subito di ciò e pianse lacrime amare di rimorso; egli non è un’asceta, un diplomatico, anzi è uno che afferma drasticamente le cose. Le dice, protesta come quando il Maestro preannuncia la sua imminente morte, Pietro pensa e poi afferma: “Il Maestro deve morire? Assurdo!”, come altrettanto decisamente si rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù, durante l’ultima cena, ma in questa ed altre occasioni riceve i rimproveri del Maestro ed egli pur non comprendendo, accetta sempre, perché sapeva od aveva intuito di trovarsi davanti alla Verità. È un uomo semplice, schietto, diremmo sanguigno, agisce d’impeto come quando cerca con la spada, di opporsi alla cattura di Gesù, che ancora una volta lo riprende per queste sue reazioni di essere umano, non ancora conscio del grande evento della Redenzione e quindi, privato delle sue forze solo umane, non gli resta altro che fuggire ed assistere impotente ed angosciato agli episodi della Passione di Cristo. Dopo la crocifissione e la Resurrezione Pietro, ormai convinto della missione salvifica del suo Maestro, riprende coraggio e torna quindi a radunare gli altri Apostoli e discepoli dispersi, infondendo coraggio a tutti, fino alla riunione nel Cenacolo cui partecipa anche Maria. La grandezza di Pietro consiste principalmente nella dignità di cui fu rivestito e che trascendendo la sua persona, si perpetua nell’istituzione del papato. Primo Papa, Vicario di Cristo, capo visibile della Chiesa, egli è il capolista di una gerarchia che da venti secoli si avvicenda nella guida dei fedeli credenti.
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SAN GIORGIO DI LOMELLINA
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San Giorgio di Lomellina Madonna con Bambino e San Rocco Via Veneto 218
San Giorgio di Lomellina Sant’Antonio di Padova Via Dante 219
San Giorgio di Lomellina Santa Teresa d’Avila Strada vecchia per il Cimitero 220
Santa Teresa d’Avila Gotarrendura (Spagna), 28 marzo 1515 - Alba de Tormes (Spagna), 4 ottobre 1582 15 Ottobre
Teresa fu la prima donna nella storia della chiesa a scrivere sistematicamente e a lungo sulla vita spirituale e, sempre prima donna nella storia, le fu conferito nel 1970 il titolo di Dottore della Chiesa. Sui cristiani di oggi esercitano un fascino particolare le sue lettere: ella poteva essere completamente distaccata dal mondo in un momento ma, in quello successivo mostrava quanto fosse ferita per essere stata delusa dagli amici. Parte del fascino duraturo esercitato da Teresa come santa e mistica è dovuto proprio al fatto di essere diventata santa senza aver mai smesso di essere umana. “Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d’oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po’ di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era così vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era così grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c’era da desiderarne la fine, né l’anima poteva appagarsi che di Dio. Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po’, anzi molto. È un idillio così soave quello che si svolge tra l’anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento”. (Santa Teresa d’Avila, Autobiografia, ESTASI - XXIX, 13) Nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Roma, l’imponente statua barocca del Bernini la raffigura nel momento in cui il suo cuore è perforato dall’amore divino ed ella esprime al tempo stesso dolore ed estasi. Per questa ragione la santa viene invocata a protezione dei malati di cuore.
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San Giorgio di Lomellina Madonna in trono e San Gaetano Thiene con Bambino Via Maiocchi 222
San Giorgio di Lomellina San Carlo Borromeo Via Dante 223
SANNAZZARO DE’ BURGUNDI
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Sannazzaro de’ Burgundi Madonna con Bambino Piazza Cesare Battisti 226
Sannazzaro de’ Burgundi Madonna del Rosario Cascina Gorana Vecchia 227
Madonna del Rosario 7 Ottobre
La Madonna del Rosario è una delle più celebri ed importanti raffigurazioni nelle quali la Chiesa cattolica venera Maria. La Vergine è rappresentata con una veste azzurra e una corona del Rosaio tra le mani. Si tratta di una rappresentazione particolarmente frequente nella devozione dopo la Controriforma la cui iconografia è ripresa da quella più antica della Madonna della cintola. L’origine della Madonna del Rosario è stata attribuita all’apparizione di Maria a San Domenico nel 1208 a Prouille, nel primo convento da lui fondato. La Chiesa cattolica celebra la festa della Madonna del Rosario il 7 ottobre di ogni anno. Questa festa fu istituita con il nome di “Madonna della Vittoria” da Papa Pio V a perenne ricordo della battaglia di Lepanto svoltasi appunto il 7 ottobre 1571 nella quale la flotta della Lega Santa (formata da Spagna, Repubblica di Venezia e Stato della Chiesa) sconfisse quella dell’Impero Ottomano. Il successore, Papa Gregorio XIII, la trasformò in festa della Madonna del Rosario. I cristiani attribuirono infatti il merito della vittoria alla protezione di Maria che avevano invocato recitando il Rosario prima della battaglia.
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SANT’ANGELO LOMELLINA
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Sant’Angelo Lomellina Gesù Cristo Via Perani 230
SARTIRANA LOMELLINA
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Sartirana Lomellina Madonna della seggiola (da Raffaello Sanzio) Via Cavour 232
Sartirana Lomellina Madonna della Guardia Via Marconi 233
Sartirana Lomellina Madonna di Caravaggio Via Mazzini 234
Sartirana Lomellina Madonna con San Francesco d’Assisi, San Luigi Gonzaga e devoto Via Mede 235
Sartirana Lomellina San Francesco d’Assisi Piazza XXVI Aprile 236
Sartirana Lomellina San Sebastiano Via Mede
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Sartirana Lomellina Madonna delle lacrime (Santuario di Siracusa) Via Gramsci 238
Madonna delle lacrime La lacrimazione sarebbe avvenuta a Siracusa, dal 29 agosto al 1° settembre 1953, in via degli Orti di San Giorgio al n. 11, nell’abitazione di due giovani coniugi, Angelo Iannuso e Antonina Lucia Giusto. Antonina, in attesa del primo figlio, aveva una gravidanza difficile, con ricorrenti abbassamenti della vista: verso le tre di notte del 29 agosto la vista scomparve del tutto, per tornare normale alle 8.30 del mattino, quando Antonina vide lacrime scendere sul viso di una Madonnina in gesso, posta a capo del letto. Il mezzo busto in gesso smaltato (cm 23 di base per cm 28 di altezza), montato su di un supporto di vetro opalino, raffigurante la Madonna che mostra il proprio Cuore Immacolato, era un regalo ricevuto per le nozze, celebrate il 21 marzo di quell’anno. La lacrimazione si ripeté almeno 58 volte e la notizia si divulgò rapidamente rendendo casa Iannuso meta di incessante pellegrinaggio. Il parroco, Don Giuseppe Bruno, con il permesso della Curia sottopose il fenomeno a una commissione medica, presieduta dal dottor Michele Cassola. La commissione si recò in casa Iannuso il 1° settembre: venne prelevato circa un centimetro cubo del liquido che sgorgava dagli occhi della Madonnina; sottoposto ad analisi, il liquido fu classificato come “lacrime umane” e, dopo un esame anche del quadretto, il fenomeno fu dichiarato non spiegabile scientificamente. Domenica 30 agosto dello stesso anno, un cineamatore di Siracusa, Nicola Guarino, era riuscito a filmare una lacrimazione, documentando il fenomeno in circa trecento fotogrammi. Altri filmati amatoriali che documentano la lacrimazione sono conservati presso la Curia Vescovile di Siracusa, e furono mostrati nel programma Mixer del 2 maggio 1994 (RAI, G. Minoli), all’interno di una ricostruzione degli eventi.
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Sartirana Lomellina San Sebastiano Via Patrioti 240
NELL’ANNO DEL SIGNORE 380 PER QUESTA VIA TRANSITARONO LE SPOGLIE DI SAN SEBASTIANO VERSO IL MONASTERO DI TEODATE IN PAVIA. LA TREMENDA PESTE CHE QUI INFURIAVA SUBITO SCOMPARVE. IN RICORDO DEL MIRACOLOSO FATTO I SARTIRANESI TRAMANDARONO LA DEVOZIONE. Questa la scritta sottostante la figura di San Sebastiano nella pagina precedente.
San Sebastiano martire Narbona, 256 - Roma, 20 gennaio 288 20 Gennaio
Viene raffigurato come un bel ragazzo, nudo e muscoloso, dai lunghi capelli, trafitto dalle frecce, strumento del suo martirio. Anch’esso protettore dalla peste rappresenta inoltre, secondo alcune interpretazioni moderne, la testimonianza del corpo nudo come strumento di peccato. San Sebastiano è invocato come patrono delle Confraternite di Misericordia italiane, poiché si rileva in lui l’aspetto del soccorritore che interviene in favore dei martirizzati, dei sofferenti: l’agiografia vuole che fosse proprio lui a soccorrere i suoi colleghi uccisi in odio alla fede cristiana e a provvedere almeno alla loro sepoltura. Questo tipo di confraternita infatti ha tuttora un preciso carisma assistenziale e gestisce direttamente, con l’opera dei propri volontari, una fitta e variegata rete di servizi socio-sanitari di precisa ispirazione e collocazione cristiana e cattolica. San Sebastiano è anche patrono degli Agenti di Polizia Locale e dei loro comandanti, ufficiali e sottufficiali.
San Bastiàn, al cuntrari àglà ant’là mâ. San Bastiàn, la viòla in mâ. 241
Sartirana Lomellina Madonna del Rosario Via Cavour 242
Sartirana Lomellina Beato Padre Francesco Pianzola Esterno Chiesa Parrocchiale 243
Beato Padre Francesco Pianzola Sartirana Lomellina, 5 ottobre 1881 - Mortara, 4 giugno 1943 4 Giugno
Francesco Pianzola è stato dichiarato venerabile da Papa Benedetto XVI il 26 giugno 2006 e proclamato beato il 4 ottobre 2008 nel Duomo di Vigevano dal Cardinale José Saraiva Martins, prefetto emerito della Congregazione per le Cause dei Santi, davanti ad una folla di oltre 6.000 persone. È conosciuto con gli appellativi di “don Niente” – dal termine con cui amava definirsi – e di “apostolo della Lomellina”, avendo a lungo predicato nei campi e nelle fabbriche di quella zona. Per i fedeli locali rimane nella memoria anche come “àl prèf sànt di mùndìn”, ossia “il santo prete delle mondine”. Ha fondato i Padri Oblati diocesani dell’Immacolata e l’8 maggio 1919 l’Istituto delle Suore Missionarie dell’Immacolata Regina della Pace, note anche come suore pianzoline. Il suo corpo è esposto alla venerazione dei fedeli in una cappella, presso la Casa Madre delle suore dell’Immacolata, a Mortara. Nella sua casa natale a Sartirana Lomellina, visitabile su appuntamento, si trova anche l’Eremo, luogo di meditazione e di preghiera, visitato da coppie e da giovani in cerca del mistero benevolo che accompagna il santo delle mondine.
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SCALDASOLE
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Scaldasole Madonna con Bambino Via Piave 246
Scaldasole Maria Ausiliatrice fronte Castello 247
SEMIANA
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Semiana Madonna con Bambino Via Valle 250
Semiana Madonna che veglia sulla cascina Cascina Cerino
Mâduninâ d’lâ Lümlinâ La lüs ât viscâ la mâtinâ pâr spigiàt in tì nos ris pö’d benedisâ la câsˇinâ, la sò gent, i nos pâis, la sirâ, i tò bras, Mâduninâ, ’i slargân un gran mântèll pâr cuâtà tütâ la Lümlinâ e’lüminalâ âmmà dâ stèll. (Alberto Gallo) 251
SUARDI
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Suardi Cuore Immacolato di Maria Via Maestra 254
TORREBERETTI E CASTELLARO
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Castellaro Madonna con Bambino Via Mede 256
Torreberetti San Pio V (Antonio Michele Ghislieri) Cascina San Pio - Via Frascarolo 257
San Pio V (Antonio Michele Ghislieri) Bosco Marengo, 17 gennaio 1504 - Roma, 1 maggio 1572 30 Aprile
Antonio Ghislieri nacque da Paolo e Domenica Augeria a Bosco (oggi Bosco Marengo, in provincia di Alessandria), villaggio appartenente all’epoca alla diocesi di Tortona e quindi al ducato di Milano. Per sopravvivere fece il pastore, finché all’età di quattordici anni entrò nei domenicani di Voghera assumendo il nome di fra Michele. Nel 1519 professò i voti solenni a Vigevano, poi s’iscrisse all’Università di Bologna e completò la sua formazione teologica sulla Summa Theologiae di San Tommaso d’Aquino. Negli anni di preparazione al sacerdozio, insieme a una solida formazione teologica, facilitata da un’intelligenza vivida, manifestò quell’austerità di vita che gli avrebbe meritato tanta stima negli anni successivi. Nel 1528 fu ordinato sacerdote a Genova e presto diede prova delle opinioni che avrebbero trovato realizzazione pratica nel corso del suo pontificato, sostenendo a Parma trenta proposte a supporto del seggio pontificio contro le eresie. Insegnò Filosofia presso l’Università di Pavia dal 1528 al 1544 e per breve tempo fu docente di Teologia presso l’Università di Bologna. Seguì la regola monastica conducendo una vita ascetica. Si recò spesso fuori dal monastero per fare visita ai poveri e ai dimenticati. Fu responsabile per l’educazione dei novizi a Vigevano, poi divenne priore del monastero domenicano. Fu priore anche del monastero di Alba. Teologo ed inquisitore domenicano, eletto Papa operò per la riforma della Chiesa in tutti i suoi settori secondo le linee tracciate dal Concilio di Trento. Il suo nome sarà così accostato a quelli di San Carlo Borromeo e Sant’Ignazio di Loyola come uno dei principali artefici e promotori della Controriforma. Durante il suo pontificato furono promulgati il nuovo Messale romano, il Breviario e il Catechismo, fu intrapresa la revisione della Vulgata, furono fondati seminari e nuovi ordini religiosi. A Pavia esiste il Collegio universitario Ghislieri, fra i più antichi d’Italia, fondato nel 1567 da San Pio V.
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TROMELLO
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Tromello Madonna del Rosario e San Domenico Via Trento 260
Tromello San Martino e il povero Via Carso 261
San Martino di Tours Szombathely (Ungheria), 317 - Candes-Saint Martin, 397 11 Novembre
Originario della Pannonia, nell’odierna Ungheria, esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo impero romano. Tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa cattolica, è venerato anche da quella ortodossa e da quella copta. Si celebra l’11 novembre, giorno dei suoi funerali avvenuti nell’odierna Tours. La leggenda: in quanto circitor, eseguiva la ronda di notte e l’ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne l’episodio che gli cambiò la vita (e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall’iconografia). Nel rigido inverno del 335 Martino incontrò un mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con il mendicante. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. Udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi.
Fare San Martino. Fà âl sammartì. L’origine di questa espressione risale ad alcuni secoli or sono ed aveva un riscontro pratico sino a qualche decennio fa, quando una significativa parte della popolazione attiva della pianura padana era occupata nel settore agricolo in qualità di braccianti o mezzadri. L’anno lavorativo dei contadini terminava agli inizi di novembre, dopo la semina. Qualora il datore di lavoro (proprietario dei campi e della cascina) non avesse rinnovato il contratto con il contadino per l’anno successivo, questi era costretto a trovare un nuovo impiego altrove, presso un’altra cascina. L’organizzazione del lavoro (in assenza di efficienti mezzi di trasporto) prevedeva che il contadino abitasse sul luogo di lavoro in un’abitazione messa a disposizione dal padrone del fondo agricolo. Quindi, un cambio di lavoro comportava per il contadino e la sua famiglia il trasferimento in una nuova dimora, un vero trasloco. La data scelta per il trasloco, per tradizione e per ragioni climatiche (estate di San Martino), era quasi sempre l’11 novembre, giorno in cui la Chiesa ricorda San Martino di Tours.
San Martì, la fioca ân tâl kamì. San Martì, la levra la va al kamì. San Martì, tant agh’nà l’oca mè âl pavarì. San Martì, sciapa la sücca e beva al vì. San Martì âl vündass, san balabiut âl dùddass.
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Tromello San Giuseppe Strada Vecchia per Mortara 263
Tromello Madonna di Caravaggio Via Cavour 264
Tromello Sant’Antonio di Padova Via C. Delcroix 265
Tromello Agonia del Signore Via Trieste 266
VALEGGIO
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Valeggio Madonna con Bambino Strada per Ottobiano 268
VALLE LOMELLINA
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Valle Lomellina Madonna con Bambino Contrada lunga 270
Valle Lomellina Madonna Consolata Via Casserotto 271
Valle Lomellina Madonna della Guardia Strada per Cozzo 272
La Madonna della Guardia L’evento miracoloso avrebbe avuto come protagonista Benedetto Pareto, un contadino della zona. Il cognome Pareto è relativo ad una serie di località rurali; nel caso era riferito a un nucleo di famiglie che abitavano in una frazione della parrocchia di Livellato, detta Pareti, in dialetto Parei o Paej, da cui presero il cognome. Benedetto Pareto era sposato, e aveva due figli, Pasquale e Bartolomeo, che avrebbero poi eretto il primo santuario. Il primo resoconto del miracolo risale al 1530, ed è costituito da una Memoria del santuario che, composta in tali anni, intende provare la veridicità dei fatti. In essa viene narrata la storia del presunto miracolo, basandosi sul racconto di tre testimoni – Nicheroso Parodi di Cesino, Bartolomeo Piccaluga di Morego, Francollo Verardo di Livellato – tutti all’epoca di età tra gli 85 e i 90 anni, i quali riferiscono di avere conosciuto di persona Benedetto Pareto e di conoscere con esattezza lo svolgersi dei fatti. La cima del monte Figogna era una comunaglia, cioè terreno lasciato liberamente ai contadini delle comunità che potevano qui venire a fare il fieno, tagliare legna, ecc. Secondo il racconto dei testimoni, nel 1490 Benedetto Pareto era sul Monte Figogna intento al lavoro, tagliando il fieno. Verso le 10 del mattino, mentre attendeva che la moglie gli portasse il pranzo – nella Val Polcevera di allora i contadini mangiavano a quell’ora –, vide una signora maestosa, dal viso bellissimo, i modi dolcissimi e l’aspetto splendido, che gli disse di essere la regina del cielo, precisando per rassicurarlo di essere Maria, la madre di Gesù, indicandogli poi il punto del monte dove costruire una cappella a lei dedicata. Poiché Pareto era povero, ella gli aveva promesso l’aiuto necessario. Pareto raccontò il fatto alla moglie quando questa arrivò con il pranzo; la donna subito lo derise credendolo impazzito, e il contadino si dimenticò dell’apparizione. Ma il giorno dopo, salito su un fico per mangiarne i frutti, a causa della rottura di un ramo cadde, restando in fin di vita. Sempre secondo le testimonianze, aveva appena ricevuto i sacramenti quando ebbe una seconda apparizione della Madonna, che gli rinnovò la richiesta di costruire la cappella, facendolo guarire improvvisamente. La guarigione convinse i presenti a credergli, e con l’aiuto di volontari iniziò la costruzione della cappella.
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Valle Lomellina Madonna della Guardia Strada per Semiana 274
Valle Lomellina Santa Margherita d’Antiochia Via Stazione 275
Valle Lomellina Nostra Signora di Casaletto Via Coelli 276
Nostra Signora di Casaletto Come ogni Santuario anche quello di Casaletto ha una sua storia, che chiameremo leggenda, non nel senso di un fatto inventato ma in quello etimologico di una storia da raccontare, perché dice qualcosa sempre di nuovo all’uomo di oggi. Vuole la tradizione che il dipinto fosse realizzato sui muri di una casa di Moncalvo, un paese sulle colline del Monferrato. Un uomo eretico, disprezzante la devozione alla Madonna che i buoni cattolici hanno nei confronti delle immagini sacre, prese un badile e, colpendola violentemente, sfregiò il volto di Ella e del Bambino. Avvenne allora un fatto prodigioso: l’immagine scomparve da quel muro e riapparve molto lontano, nella pianura lomellina. Una ragazza muta vide apparire la Vergine a non molta distanza dal santuario dove si incontravano alcune rogge e sorgeva un’antichissima edicola raffigurante l’immagine miracolosa custodita nella chiesa di Casaletto. La Madonna parlò alla ragazza dicendo, con parole del poeta lomellino Don Clemente Barbieri che tradusse in lingua italiana un poema latino composto dal Teologo Don Gerolamo Avanza, nativo di Valle e prevosto di Pieve del Cairo: Lasciai le terre ingrate Ove cuori sconobbero la Madre In questa feconda pianura porrò la mia dimora Dove cuori mi saranno amorosi Annunzia ai Sacerdoti: qui un tempio si eriga Sarà glorioso di sole Dispensiere di grazie La ragazza muta – in singolare analogia con la giovane Maria della Bozzola – fu miracolosamente guarita, accorse dal parroco di Valle a raccontare l’accaduto ed i Vallesi accorsero al luogo dell’apparizione e trasportarono la porzione di muro con l’immagine miracolosa nella lontana chiesa campestre di Santa Maria di Casaletto. La pratica di trasportare una immagine miracolosa dal luogo di apparizione di miracoli alla chiesa più vicina è molto comune nella storia dei santuari. L’affresco miracoloso fu quindi collocato nel muro laterale destro del presbiterio, volgendo simbolicamente le spalle alle colline del Monferrato che si intravedono all’orizzonte, oltre le risaie. E lì rimase fino a non molti decenni fa.
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Valle Lomellina Madonna della seggiola Contrada lunga 278
Valle Lomellina Madonna con Bambino Via Roma 279
Valle Lomellina - Cascina Olgiati Madonna di Casaletto Strada Provinciale per Zeme 280
ZEME
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Zeme Madonna del Latte Via Marchese Pallavicino 282
La Madonna del Latte La Vergine è rappresentata a seno scoperto, colta nell’atto di allattare il figlio o in procinto di farlo, oppure mentre un singolo getto di latte o distinte gocce del medesimo scendono dal suo seno direttamente nella bocca di Gesù, di un Santo, di un alto prelato oppure di altri personaggi legati alla religione cristiana. Nella prima versione dell’iconografia, Maria è rappresentata frontale come Madre di Dio e patrona delle puerpere: l’opera ha carattere intimo e materno ed esprime la natura umana insita in Cristo assieme a quella divina. Nella seconda, lo scopo della composizione è quello di mostrare la predilezione di Maria per un personaggio concretamente vissuto, il quale, volendo essere presentato come esempio da seguire dalla Chiesa alla comunità dei fedeli, è mostrato nell’atto di ricevere la benevolenza della Vergine. Talora la sua benevolenza è diretta a un gruppo indefinito di uomini, quali le anime del Purgatorio, che ricevono sollievo dalle loro sofferenze grazie al latte che ella generosamente concede loro. L’iconografia è risalente all’Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le immagini della dea Iside intenta ad allattare il figlio Horus e il cui culto durerà ancora a lungo intrecciandosi con il Cristianesimo. Addirittura molte statue di Iside furono ribattezzate o venerate come Madonne originali. Nell’Europa occidentale con il culto si diffuse inoltre l’uso di custodire nelle chiese come reliquie ampolle contenenti il latte della Madonna (il Sacro Latte), cui si attribuivano gli effetti miracolosi di restituire il latte alle puerpere che lo avessero perso. L’umanizzazione della Madonna e del bambino incontrò il favore dei fedeli e la sacralizzazione dell’atto di allattare un bambino convinse le donne ad identificarsi maggiormente coinvolgendole anche emotivamente. Il culto della Madonna del Latte si diffuse in tutta Europa e soprattutto nelle campagne dove i contadini le attribuirono una forte valenza simbolico-taumaturgica attribuendole anche svariati miracoli.
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Zeme San Carlo Borromeo Strada Provinciale 494 per Mortara 284
Zeme Madonna nera di Oropa Via G. Garibaldi 285
Zeme Sacra Famiglia Via G. Robecchi 286
ZERBOLÃ’
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Zerbolò Madonna della seggiola Via Roma 288
Zerbolò Madonna della Bozzola Via Roma 289
ZINASCO
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Zinasco Madonna con Bambino e San Domenico di Guzman Strada Provinciale per Dorno 292
San Domenico di Guzman Caleruega (Spagna), 1172 - Bologna, 1221 8 Agosto
Lo spagnolo Domenico di Guzmán, nel XII secolo, raccolse intorno a sé un gruppo di preti poveri ma istruiti, pronti a spostarsi da una città all’altra per predicare il messaggio cristiano. Egli fondò l’ordine dei predicatori, che nel corso dei secoli ha fornito alla Chiesa numerosi uomini di cultura, impegnati nella lotta contro l’eresia e nello studio della teologia, ossia della riflessione su Dio e sulla fede. Domenico nacque intorno al 1172 a Caleruega, nel regno spagnolo di Castiglia, da una nobile famiglia della regione. Studiò teologia e divenne sacerdote; per aiutare i poveri vendette persino i propri libri. Nella Francia meridionale incontrò gli eretici catari che rifiutavano la divinità di Gesù, la Croce e l’autorità della Chiesa. Riuscì a convertirne alcuni, ma si rese conto che solo sacerdoti istruiti, capaci di spiegare la parola di Dio e la dottrina cristiana e pronti a imitare la vita in povertà di Cristo e degli Apostoli, potevano replicare in modo convincente alle loro critiche. Dopo aver ottenuto l’approvazione del Papa, Domenico si recò più volte in Spagna e a Bologna, fondando diversi conventi. Morì a Bologna il 6 agosto 1221. La leggenda Solo un decennio dopo la sua morte i frati avvertirono l’esigenza di valorizzare la sua figura per giustificare la crescente importanza dell’ordine da lui fondato. Nel 1233 il suo corpo fu trasferito nell’attuale basilica a lui dedicata e l’anno seguente fu canonizzato, ossia proclamato santo dal Papa. A partire da questo periodo vennero redatte anche le Vite del santo, che mescolavano notizie attendibili ed elementi leggendari per proporre ai lettori un preciso modello: San Domenico rappresentava ciò che dovevano essere i suoi frati, impegnati nella predicazione, nello studio e nell’insegnamento della dottrina cristiana e nella lotta all’eresia. Giordano di Sassonia racconta una sfida tra Domenico e gli eretici: il libro del santo, gettato nelle fiamme, restò miracolosamente intatto, e così fu mostrata davanti a tutti la santità della sua dottrina. Secondo un racconto scritto verso il 1248, il Papa avrebbe visto in sogno il santo mentre reggeva sulle proprie spalle la Basilica di San Giovanni in Laterano che stava per cadere, simbolo della Chiesa minacciata dall’eresia e dalla corruzione dei preti. Il nuovo ordine era quindi chiamato a salvare la Chiesa da queste minacce. Dopo la morte del santo, i pontefici chiamarono i frati a svolgere anche la funzione di giudici nel nuovo organismo creato per combattere l’eresia. Ancora oggi i domenicani indossano una tonaca bianca con la cappa e un mantello nero con un cappuccio. Nelle opere d’arte Domenico è raffigurato con un libro in mano, che richiama il valore della cultura, e un giglio, che evoca l’ideale della castità e la devozione alla Madonna.
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BIBLIOGRAFIA ARNOLD TOYNBEE Lo sfacelo dello stile di vita dell’Occidente cristiano e il rigetto dell’eredità cristiana nel mondo occidentale (cfr. Storia e Religione. Alle radici della civiltà. Milano 1984 p. 178) CARDINALE JOSEPH RATZINGER Europa. I fondamentali spirituali, ieri, oggi e domani. 13.5.2004 FRANCESCO OGLIARI, PAOLO MARABELLI Madonne nelle vie e nelle piazze di Pavia. Edizioni Selecta MARCO SANTAGATA I maestri dei santi pallidi. Guanda. Parma 2002 GIOVANNI VACHINO I santi sui muri. Repertorio dei dipinti devozionali nella provincia di Biella. DocBi 2009 SERGIO TRIVERO Le vie del Biellese ai Santuari mariani. Biella 1954 CARDINALE GIANFRANCO RAVASI La bellezza salverà il mondo. Marcianum press 2013 500 curiosità della fede. Mondadori 2010 Il volto di un Dio vicino. Servizi RnS 2014 In compagnia dei Santi. ECRA. Pepi Merisio, Luca Merisio, Gianfranco Ravasi. Edizioni del credito cooperativo 2014 CARDINALE CARLO MARIA MARTINI L’Europa, la fede, la parola. Centro editoriale dehoniano 2012 Il Vangelo di Maria. Àncora 2008 FRANCESCO MORO Proverbi Lomellini. SAT. Roma 1977 UMBERTO DE AGOSTINO Süch e amlò la sò stagiò. Cinquecento proverbi lomellini in rima. Circolo culturale Giancarlo Costa 2002 REZA ASLAN Gesù il ribelle. Rizzoli 2013 MICHEL HOUELLEBECQ Sottomissione. Bompiani 2015 DIEGO MANETTI, STEFANO ZUFFI Santi guaritori - Salute e Serenità. Piemme Electa. Mondadori 1986 DONATELLA BERGAMINO Grande Libro dei Santi. Rusconi Libri 2012 CESARE SILVA Il Santuario della Madonna di Casaletto in Valle Lomellina (PV). Velar Editrice 2014 MARIA CRISTINA MARTINI Madonnelle. Edicole e immagini sacre sui palazzi di Roma. MMC Edizioni 2012 295
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI SETTEMBRE DUEMILADICIASSETTE PRESSO LA TIPOGRAFIA PI-ME EDITRICE S.R.L. DI PAVIA