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Gente di Bracciano n 18 Febbraio 2018

Luigi Petroselli: Il sindaco delle periferie

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“L’Etrusco” che conquistò Roma e la fece grande

C’è Roma e Roma, c’è oggi quella grillina, c’era un tempo quella di Luigi Petroselli, una Roma che guardava alle borgate al rilancio culturale dell’estate romana di Renato Nicolini, della valorizzazione dei fori nel segno di Antonio Cederna. è forse proprio “l’Etrusco” come veniva spesso chiamato per i suoi natali nel 1932 a Viterbo, il sindaco più amato di Roma.

Una figura, prematuramente scomparsa, che molti nostalgici rimpiangono quale simbolo di una stagione che appare ormai conclusa. Una Roma comunista.

La formazione di “Gigi” Petroselli vede un periodo al seminario, quindi il liceo classico. Fondamentale l’esperienza delle battaglie contadine.

Viene arrestato a seguito dell’occupazione, durata solo 3 giorni, della tenuta “Colonna” di Bomarzo “per avere pubblicamente (…) istigato i cittadini di Bomarzo nelle ore serali del 29 settembre 1951 a compiere il delitto di invasione di terre poste nell’agro del comune di Bomarzo”.

Per quell’episodio venne trattenuto in carcere per 40 giorni e condannato poi a dieci mesi di prigione e a pagare una multa di 10mila lire. Importante anche la fase che lo vide frequentare la scuola centrale del Pci “Anselmo Marabini” di Bologna dove lo studente, acquisita una certa maturità politica, si distinse per il saggio su “Stato e rivoluzione” di Lenin, citato sul n. 4 di Rinascita del 1954, e per la tesi su “Il Partito come moderno principe in Gramsci - spunti e considerazioni”. E in questo periodo che scrive: “Il dirigente comunista non si forma la sua personalità politica una volta per sempre, ma arricchendola ogni giorno di nuove esperienze, di nuovi contenuti. Quel che importa è che non rimanga schiavo della “pratica” o prigioniero degli schemi”. Negli anni successivi a Viterbo è giornalista e lavora come corrispondente de L’Unità. è il 1969 quando Enrico Berlinguer lo chiama a dirigere il Comitato regionale del Lazio.

Anni dopo, nel 1976, Petroselli sarà capolista per il Pci alle elezioni. Nasce la giunta Psi-Pci guidata dall’indipendente Giulio Carlo Argan. Quando Argan rassegna le sue dimissioni nel 1979, Petroselli ne raccoglie l’eredità.

Il primo discorso da sindaco di Roma oltre ad omaggiare la figura del suo precedessore è una dichiarazione d’amore alla sua Roma. “Ho fiducia - dice Petroselli nel suo intervento di insediamento - nel movimento operaio, popolare, democratico

romano di cui sono espressione. Ho fiducia in questa città, sottoposta a prove durissime e a tentazioni ricorrenti e quotidiane di resa al peggio, alla prepotenza e ai veleni di quanti si adoperano di sfruttarla e di piegarla ai propri fini particolari ma insieme città straordinariamente viva e aperta al nuovo, straordinariamente democratica. Questa è la capitale di Porta San Paolo e delle Ardeatine. è la capitale della Repubblica sorta con la Resistenza, è la capitale della grande risposta democratica alla sfida di via Fani e di via Caetani”.

Anticipa poi, nella stessa occasione, il suo programma politico, quello che avrebbe poi contribuito a trasformare il volto di Roma e a fare di lui il “sindaco delle periferie”. “Solo se i mali di Roma saranno affrontati, solo se la parte più oppressa e più debole della società, dai poveri e dagli emarginati agli anziani, dalle borgate ai ghetti della periferia, avranno un peso nuovo su tutta la città, essa potrà essere risanata e rinnovata. Solo se sarà più giusta e più umana, potrà essere ordinata, potrà essere una città capace di custodire il suo passato e di preparare un futuro”.

E il risanamento delle borgate, la questione urbanistica di ricucitura tra il centro di Roma e il suo contorno è uno degli obiettivi politici più evidenti della giunta Petroselli in linea con le linee programmatiche delle “giunte rosse”. Il periodo è oggetto ancora di studi storici e sociologici. Per Petroselli “il risanamento delle borgate non è solo un problema di norme urbanistiche, è un farsi città di parti vitali

e fondamentali del territorio, è un riscatto civile, sociale e culturale che condiziona la esistenza stessa di Roma come comunità cittadina”. “C’è un nesso - ebbe a dire - profondo, organico, politico tra destino del centro storico e destino delle borgate che assumiamo fino in fondo”. Un percorso che venne avviato. La stagione del sindaco più amato dai romani durò poco.

Riconfermato sindaco con le elezioni del 1981 nelle quali conquistò 130mila preferenze, Petroselli venne stroncato da un infarto il 7 ottobre del 1981 al termine di un discorso al Comitato Centrale del Pci. Gian Carlo Pajetta su L’Unità il giorno dopo scrisse: “è morto come Togliatti a Yalta, come Di Vittorio a Lecco, è morto sul lavoro, come si dice di un edile o di un minatore. Come altri compagni di prima o di dopo, che non hanno risparmiato nulla di sé, proprio perché in questo partito, in mezzo alla gente, inseguendo quasi l’ossessione di poter fare ancora qualche cosa è sembrato loro di poter essere pienamente se stessi”.

La lezione di Petroselli di una città inclusiva senza marginalità, il suo incondizionato appoggio all’esperienza culturale dell’estate romana, restano da esempio.

Una prospettiva politica che sarebbe quanto mai necessaria nell’ambito dell’architettura istituzionale di una Città Metropolitana che vive per lo più solo sulla carta e nella quale Roma la fa da padrona marginalizzando e umiliando il suo hinterland.

A cura di Claudio Calcaterra

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