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COL MAÓR Marzo 2005 Numero 1 – Anno XLII Presidente: Ezio Caldart Direttore Responsabile: Roberto De Nart

Periodico trimestrale del Gruppo Alpini “Gen. P. Zaglio” – Salce (BL) Sede: Via Del Boscon – 32100 BELLUNO

Stampato in proprio il 10/03/2005 Autorizz. Trib. BL n° 1/2004 del 28/01/2004

Redazione: Mario Brancaleone Cesare Colbertaldo Armando Dal Pont Daniele Luciani Ennio Pavei Michele Sacchet Paolo Tormen

COMPAGNIA DI LEVA: ALT!! PLOTONE PROFESSIONISTI: AVANTI MARCH?? Allora tutto iniziava con l’arrivo di una cartolina che ci convocava presso l’ospedale militare per la visita medica. La commissione medica, presieduta dal solito colonnello, ci diceva: “Abile arruolato” e noi aggiungevamo timidamente qualche raccomandazione con la speranza che nella scheda scrivesse “Corpo degli Alpini”, grazie al nostro paesino di montagna dove abitavamo, al fatto che sin da piccoli avevamo dimestichezza con gli sci e più avanti con le pareti rocciose, forti poi nel dire che il nostro nonno ed il nostro padre avevano combattuto la prima e seconda guerra mondiale negli Alpini. Ci rivestivamo con la speranza che i nostri desideri (e dei nostri padri) diventassero, un domani assai vicino, una bella realtà, perché essere Alpino era un onore. Dopo alcuni mesi ecco arrivare la cartolina precetto, proprio quella che con-

tava, per presentarsi al CAR (Centro Addestramento Reclute) di Mondovì (alpini) e di Boves (artiglieri da montagna), alla Scuola Militare Alpina di Aosta (ufficiali e sottufficiali alpini), a quella di Foligno (ufficiali e sottufficiali artiglieria da montagna). Qualche

delusione per chi doveva raggiungere Roma, Bari, Cremona, Napoli, sedi dei CAR di altri corpi dell’Esercito. Il giorno della partenza qualche lacrima della mamma, una pacca sulla spal-

la dal papà, qualche fazzoletto bianco della morosa ad accompagnare il lungo movimento della locomotiva che salutava con il penetrante “fischio del vapore”, dai finestrini braccia agitate dei quasi soldati per rispondere al saluto, orgogliosi e consapevoli di partire da giovani ragazzi e ritornare da uomini maturi e pronti ad affrontare le difficoltà della vita. La “naia” ci dava l’occasione per misurarci prima con noi stessi, poi con la società che ci circondava e che ci accoglieva come degni servitori della patria; ci insegnava la disciplina, l’obbedienza, il rispetto, il senso della rinuncia e della responsabilità, ma anche il sacrificio, l’ordine, la disponibilità ad aiutare il commilitone in difficoltà portandogli lo zaino o rincuorandolo nei momenti tristi per il distacco dalla famiglia; insomma acquisendo quello “spirito di corpo” che…(continua a pag. 2)

CRESCIAMO… Avete già notato che da questo numero la testata è colorata di verde, il nostro colore per eccellenza. Era un passo che la Direzione si era prefissata come primo obbiettivo, dovendo valutare le risorse disponibili. Ma non avevamo dubbi che così sarebbe stato. La piacevole sorpresa è venuta invece dal cospicuo materiale che dobbiamo pubblicare, grazie ad un inesauribile fonte di collaboratori e temi che fanno del nostro giornalino un moderno periodico di vari contenuti e tematiche sia generali che locali, non tralasciando la nostra storia che non deve essere necessariamente alpina, ma riportando spaccati della società e dei tempi sia passati che contemporanei. Questa scelta testimonia come l'elenco dei nostri abbonati sia composto da una tipologia di lettori di diversa natura, anche lontani dalla nostra associazione, ma vicini ai principi che essa rappresenta; è questo che importa e che apre una finestra verso un futuro dove l'Alpino, con la sua tradizione, sarà sempre più società civile. Il numero di agosto è dovuto uscire con venti pagine anziché sedici, quello di dicembre sacrificando qualche articolo. La Presidenza ha pertanto dovuto, con piacere, decidere di trasformarlo in periodico trimestrale. È un lavoro più gravoso ma con due vantaggi. Il primo, le notizie arriveranno più aggiornate; il secondo, il giornalino diventerà più appetibile con dodici pagine, ma sostanzialmente ancora di buon gradimento e leggibile "tutto d'un fiato" se fosse necessario far uscire qualche numero con sedici pagine. Tutto questo grazie ai vostri apprezzamenti, alla vostra collaborazione ed alle vostre testimonianze che hanno alimentato il nostro entusiasmo, lo stesso che animò Mario Dell'Eva, il suo fondatore, nel lontano 1964.


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(dalla prima pagina)

…solo noi Alpini conosciamo e del quale andiamo fieri e che molti ci invidiano. Quello spirito di corpo che ci ha spinto a soccorrere i terremotati del Friuli, dell’Umbria, del Belice, gli alluvionati della Valle d’Aosta, della Garfagnana in Toscana, dell’Alessandrino e Astigiano, della Borgogna in Francia e via elencando, a spegnere incendi in ogni dove e presidiare il territorio ligure sempre a rischio incendi d’estate; insomma quello che ha fatto nascere la nostra Protezione Civile, fiore all’occhiello dell’ANA, che da Associazione d’arma si sta avviando verso il volontariato puro. Qualcuno, forse sbagliando ed aiutato dalle sue convinzioni maturate frequentando associazioni o movimenti vari, ostentava che il servizio militare di leva era tempo perso e buttato alle ortiche; recentemente alcuni politici hanno affermato che è una “tassa” che un giovane non può e non deve più pagare e quindi da sopprimere. Detto fatto. Dal 1° gennaio 2005 le cartoline non arriveranno più nelle nostre case per chiedere ai giovani figli di servire la “Patria”, pardon la Nazione, con l’obbligatorietà del servizio militare di leva. È sufficiente, ora che viviamo l’era del mediatico, navigare in internet, accendere il televisore e guardarsi lo spot di turno od aprire i quotidiani a tiratura nazionale per ricevere l’invito a presentare volontariamente una semplice domanda per essere assunto nell’esercito professionale. Primo stipendio 700,00 €uro, meglio se degli Alpini con 50,00 €uro in più. Addio visita medica obbligatoria (era l’occasione per la prevenzione alla salute), addio obiettori di coscienza, addio servizio alternativo presso associazioni od enti in modo gratuito, addio volontariato, addio spirito di corpo. Avanti professionismo e diritti dei lavoratori, indennità e rimborsi, straordinari e recuperi, riposi e ferie, scatti di anzianità e contratto di lavoro, liquidazione e pensione. Tutte cose sacrosante, non c’è dubbio. Peccato che il legislatore, prevedendo un fallimento dell’esercito professionale come già registrato fino al 31 dicembre con ancora vigente la leva, abbia pensato di abolire la leva obbligatoria per istituire l’esercito obbligatorio. Infatti se un cittadino vuole fare di professione il carabiniere, il finanziere, il

poliziotto, il forestale, è obbligato a fare prima il servizio militare nell’esercito e poi la domanda nella quale scriverà “prestato servizio militare” e non più “militar-esente, studente o diplomato”. Questa sarebbe la grande novità, un nuovo modo di concepire l’esercito per renderlo più efficiente e più moderno, al passo con quelli europei od americano, come se le tante missioni che il vecchio esercito di leva ha sostenuto in questi decenni all’estero in missione di pace, fossero dei fallimenti più totali. Quanta stima, quanta ammirazione, quanti attestati di alta professionalità dai paesi nei quali abbiamo prestato la nostra opera di pace; quanti bambini con ancora negli occhi il terrore della guerra hanno apprezzato i nostri soldati, chiamandoli “amici”. Una cosa è certa: finché gli stanziamenti per le spese militari continueranno di fatto a chiamarsi “tagli”, come da trent’anni, l’esercito sarà sempre più francese, inglese, americano o polacco. All’Italia spetta e spetterà sempre il ruolo della comparsa, fra qualche anno quello della “scomparsa”, nella speranza che ci salvi l’esercito europeo ed allora nel mucchio, come al solito, tenteremo di fare anche bella figura. Si salverà anche Belluno con il suo glorioso 7° Rgt. Alpini e questa sarà una bella notizia, almeno finché ci è consentito sperare. Finalmente noi Alpini dell’ANA, non saremo più chiamati od etichettati come dei “militaristi e guerrafondai” dal politico di turno o dall’ente che “sfruttava” gli obiettori di coscienza a costo zero. Ora che i tempi sono diventati duri, cominceranno a chiamarci per cercare di riempire i vuoti provocati dall’esercito professionale. Tanto tuonò che piovve, bisogna dire. Ma il nostro volontariato è sempre stato e sarà gratuito, altrimenti non è più volontariato; abbiamo invece saputo che esiste il volontariato retribuito, ma allora bisogna chiamarlo con un altro nome, per non creare confusione. Sicuramente di una cosa siamo certi; l’Alpino rimarrà sempre quello, ancorato nella roccia ai principi che ci hanno trasmesso i nostri padri ed i nostri nonni, che hanno sacrificato gli anni più belli della loro vita, lottando per quella libertà che ora tutti godiamo e che molti non sanno ancora cosa sia. 50° AUC 2

SOMMARIO Professionisti della Leva

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La Gita a Rovereto

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Per non dimenticarli…

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L’Assemblea pubblica

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90 anni!!!

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Ruralità perduta…

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Addio Arcangelo

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Curiosità Alpine

8-9

Il Premio San Martino

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Ciao Mario

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Gita ad Asti

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Gli Alpini in Cina

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Del Cappello Alpino

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Befana Alpina

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E anca a Salce i fea filò…

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L’uccisione di “Varzi”

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GITA A SANREMO Per motivi di segreteria, preghiamo gli iscritti di fornirci la fotocopia della Carta d’Identità (interno ed esterno) nel più breve tempo possibile.

PROGRAMMA FERMATE PULLMAN: 04,20 SAGROGNA 04,30 BIVIO S. GERVASIO – VIALE EUROPA 04,35 BEL SIT 04,40 GIAMOSA 04,45 COOPERATIVA 04,50 COL DI SALCE 05,10 SANTA GIUSTINA A SEGUIRE FELTRE E FONZASO Il programma viene confermato come riportato nel Col Maòr di DICEMBRE.

Buon Viaggio!!!


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CONOSCERE PER NON DIMENTICARE Gita al Museo Storico Italiano della Guerra Così abbiamo denominato la gita d’apertura della nostra attività annuale. Dopo quella di Caporetto dello scorso anno, domenica 27 febbraio è stata la volta di Rovereto; una giornata intensa, interessante, commovente, che ci ha fatto riflettere a lungo sulle tragedie delle due guerre con quelle spaventose cifre di morti, purtroppo a sei zeri, che abbiamo dovuto leggere. Abbiamo visitato il Museo Storico Italiano della Guerra, ideato nel 1919 da un gruppo di cittadini roveretani per ricordare il conflitto da poco concluso, inaugurato da Vittorio Emanuele III° il 12 ottobre 1921. Durante la guerra, Rovereto era stata evacuata, bombardata e colpita da gravi perdite, divenne quindi il simbolo della “guerra di redenzione” ed il Museo un “luogo della Memoria”, al quale affluirono in grande quantità documenti e cimeli da cittadini, ex combattenti ed istituzioni. Nei decenni successivi estese il proprio interesse ad altri conflitti, dall’età moderna alle guerre coloniali alla seconda guerra mondiale. Abbiamo notato una gran quantità di documenti e cimeli che rappresentano il Corpo degli Alpini. Con sede nel quattrocentesco Castello di Rovereto dai cui spalti abbiamo potuto ammirare anche un ampio panorama della città e della valle Lagarina, il Museo ha destato vivo interesse nelle due ore di visita. Ci siamo recati poi a visitare la Campana

dei Caduti sul Colle di Miravalle, per rendere omaggio con una preghiera a tutti i Caduti, ricevendo una particolare indulgenza dai Sommi Pontefici Pio XI° e Pio XII°, dove di quest’ultimo è stato inciso un augusto autografo “Nulla è perduto con la pace, Tutto può essere perduto con la guerra”.

La campana più grande del mondo, ideata dal sacerdote roveretano don Antonio Rossaro, è frutto della fusione del bronzo dei cannoni offerto dalle nazioni partecipanti al primo conflitto mondiale. Dal diametro di metri 3,21 e alta metri 3.36, pesa 226 q.li, il battaglio 6, il ceppo 103; la Campana suona tutte le sere cento solenni rintocchi per onorare i Caduti di tutte le guerre e per invocare pace e fratellanza fra i popoli del mondo intero. Dopo il pranzo a Villa Lagarina presso la trattoria “Dal Barba”, siamo stati ospiti, sempre in paese, della famiglia Marza-

dro, titolare dell’omonima distilleria; quella storica, dove abbiamo potuto assaggiare i migliori prodotti della grappa e i suoi impieghi, approfittando per fare un po’ di scorta, e quella nuova che andrà in produzione con la prossima vendemmia, con impianti tecnologicamente tra i più sofisticati, una meravigliosa costruzione non solo sotto l’aspetto architettonico, ma anche per la destinazione di alcuni ricercati locali che saranno meta di tanti turisti per uno spuntino, un pranzo completo o un’occasione per assorbire un digestivo, con la possibilità di acquisto degli oltre venti tipi di prodotti. Un grazie è venuto dai partecipanti per una giornata fino alle tredici di conoscenza, commozione e preghiera, il pomeriggio più spiritoso e piacevole. Una giornata di splendido sole, anche se con un venticello freddo; è bastato lasciare la provincia autonoma di Trento per trovare dopo la galleria di Primolano i fiocchi di neve che dal pomeriggio cadevano abbondanti nel Bellunese. E il Gruppo di Salce ringrazia l’amico bocciofilo del nostro capogruppo, il Sig. Franco Brugnara di Villa Lagarina per averci segnalato il ristorante (ottimo), nonché proposto ed organizzato la visita alla distilleria Manzadro. Il capogruppo durante il rientro, ringraziando i presenti, ha annunciato che per il prossimo anno ha già in mente una meta che sarà di sicuro interesse.

ADUNATA DI PARMA - Ultima ora! Dal 14 al 15 maggio si terrà a Parma, capitale del prosciutto, la 78ª Adunata Nazionale. La nostra “squadra festeggiamenti” è come sempre pronta per affrontare l’arduo impegno. Per l’accampamento tutto dovrebbe essere a posto, con base nelle vicinanze del centro e, come sempre, speriamo di avere con noi gli amici di San Damiano d’Asti e di Chiavari. La partenza e le altre formalità verranno definite in una prossima riunione del Consiglio. Come sempre ricordiamo ai partecipanti di non dimenticare cappello alpino (chi lo dimentica pagherà da bere), sacco a pelo, pedule da passeggio, e l’indispensabile “set da gnagno” e briscola. VI ASPETTIAMO NUMEROSI!!!! 3

In tradotta? In nave? In corriera? Non abbiate timore! Sicuramente per il 2006, ad Asiago, un mezzo lo troviamo!!!


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PER NON DIMENTICARLI… Soldati della parrocchia di Salce caduti in guerra A cura di Armando Dal Pont Continua la nostra rubrica parlando di Vittorio Carlin, Antonio Dal Pont, Angelo Reolon e Giuseppe Lamo.

VITTORIO CARLIN Da Salce. Prozio di Renato Cadorin e proavo di Guido Cadorin, ambedue da San Gervasio (BL); discendente dallo stesso ceppo delle altre famiglie Carlin di Salce. Nato il 09.02.1893, di Celeste e Da Ros Rosa. Celibe. Muratore, lavorò in Svizzera. Soldato del 10° Regg. Fanteria, Brigata Regina (9° e 10° Regg. Fant.), incorporata nella 21^ Divisione – XI° Corpo d’Armata-3^ Armata (fronte tra Lucinico ed il mare). Morto in combattimento a Bosco Cappuccio, il 12.11.1915, alle pendici del monte San Michele a sud-est di Gradisca (Carso), durante la IV^ battaglia dell’Isonzo (10 novembre – 2 dicembre 1915). Detta battaglia costò agli italiani 48.967 uomini fuori combattimento, contro i 25.191 dei loro avversari, ottenendo soltanto modesti successi. Concesse due medaglie a ricordo della guerra 1915-18.

ANGELO REOLON Da Col del Vin. Zio delle sorelle Liliana, Francesca e Sandrina Reolon, di Mirella Bortot ed Emidio Luisetto. Nato il 21.12.1897, di Francesco ed Anna Fratta. Celibe. Muratore. Soldato del 128° Regg. Fanteria, Brigata Firenze (127° e 128° Regg. Fant.), incorporata nella 3^ Divisione (fronte Vodice-Kuk (Cucoo). Angelo morì l’8.07.1917, colpito da schegge di granata, mentre gli austriaci tentavano la riconquista del suddetto monte. Egli ora riposa nel Sacrario Militare di Oslavia. Concesse due medaglie a ricordo della guerra 1915-18.

Il Sacrario Militare di Oslavia (Gorizia) dove riposano: Angelo Reolon (nella foto), Alessandro De Vecchi e Luca Speranza

ANIME BÒNE Trevissoi Natale, De Bona Dino, Colle Mario, Pitto Duilio, Fant Mario, De Nart Mirella, Colle Gilberto, Dal Pont Maurizio, N.N., Brancaleone Mario, Lorenzet Maurizio, Delle Vedove Antonietta, Trevissoi Anna Maria, Casoni Ezio, Fagherazzi Dina, Fontana Giuseppe, Dal Pont Norina, Bortot Vittorio, Lai Franco, Velo Gianni, Antinucci Lucio, Bettio Titta Augusto, Da Rold Dario, Cesa Amelia.

ANTONIO DAL PONT Da Salce. Prozio di Armando, Fausto, Nadia e Corrado (da Mestre), tutti Dal Pont. Nato il 04.12.1891, di Luigi e De Nart Giovanna. Celibe. Muratore, Lavorò in Austria. Caporale Maggiore dell’8° Regg. Bersaglieri, incorporato nella 2^ Divisione (tra val Travenanzes e monte Piana in Cadore) – I° Corpo d’Armata (fronte dolomitico). Morto il 10.11.1916, travolto da una valanga di neve. Concesse due medaglie a ricordo della guerra 1915-18. L’inverno 1916-17 fu eccezionalmente freddo e nevoso, le valanghe furono numerosissime, migliaia di soldati morirono sepolti dalla neve o assiderati. I due eserciti impararono un nuovo crudelissimo sport: la valanga artificiale a colpi di cannone. “Da sotto fai appena in tempo a vederla, immensa come la certezza che stai crepando e non c’è niente da fare, è la morte bianca”.

GIUSEPPE LAMO Da Col di Salce. Zio di Luciano Righes ed Angela Righes ved. Fontanella. Mato a Sedico il 28.08.1886, di Antonio e Amabile Sovilla. Celibe. Contadino. Soldato del 50° Regg. Fanteria, Brigata Parma (49° e 50° Regg. Fant.), poi della 112^ Compagnia mitragliatrici. Morto in combattimento il 22.03.1917, a Villa Rossi, tra Asiago e Gallio, fronte Tridentina. Concesse due medaglie a ricordo della guerra 1915-18

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TESSERA A.N.A. ANNO 2005 Ricordiamo a tutti gli iscritti che il termine ultimo per il rinnovo del tesseramento all’ANA e relativi abbonamenti annuali a “L’Alpino” e “In Marcia” (oltre che al nostro “COL MAÒR”) è già scaduto.

La quota associativa è sempre di Euro 18,50 Da versare sul Conto Corrente Postale C/C n° 11090321


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ASSEMBLEA PUBBLICA Lunedì 7 Febbraio il Comitato Civico di Salce ha convocato l'Assemblea dei Cittadini, presso il salone della Scuola Materna, per illustrare il lavoro svolto nel 2004. Significativo è stato l'intervento sulla strada dei Piai, il cui primo lotto prevedeva la sua realizzazione fino al sottopasso della ferrovia. Grazie al contributo della Comunità Montana è stato possibile completarlo e tanto è stato il compiacimento che la stessa ha già assegnato un altro contributo per il 2° lotto. La Protezione Civile degli Alpini è sempre disponibile. Altro intervento significativo quello sulla strada che collega l'abitato di S. Fermo alla strada comunale di TrivaPasa. Il Comitato Civico ha continuato a tenere tutti i contatti possibili, e sono stati tanti, con le pubbliche Amministrazioni per segnalare i problemi della zona, con particolare riguardo alla situazione della strada statale per il suo

allargamento e per gli incroci di Giamosa e Salce. I temi principali dell'assemblea prevedevano il tratto stradale Marisiga-S. Fermo, la discarica di Cordele, gli spogliatoi del campo sportivo e varie. Ad illustrare i progetti e programmi erano presenti il Presidente della Provincia Sergio Reolon, con gli assessori Piol (viabilità) e Pison (ambiente), il Sindaco di Belluno Ermano De Col con gli assessori Viel (urbanistica), Nevyjel (mobilità), Agostini (ambiente) ed il Dirigente Ing. Burigo. Il numeroso pubblico, al limite della capienza della sala, ha seguito con particolare attenzione tutti i vari passaggi degli Amministratori, supportati anche dagli elaborati grafici riproducenti il tracciato della viabilità principale della Val Belluna, che interessa in modo diretto e consistente la nostra zona. Molti gli interventi dei cittadini, sempre mirati ed altrettanto civili, caratteristica

propria delle nostre assemblee pubbliche tanto che il Comitato Civico ha ricevuto i complimenti dal Presidente della Provincia, per la prima volta a Salce dopo la sua recente elezione. È stata una serata interessante, oltre due ore di lavoro, con i presenti sempre molto attenti e disponibili alla collaborazione ed al dialogo. Soddisfazione anche degli Amministratori e gratitudine per il contributo che hanno potuto dare informando i cittadini sulle reali situazioni dei due punti essenziali per la qualità della vita nella zona di Salce, strada statale e discarica di S. Fermo. Il portavoce del Comitato Civico Fant ha concluso la serata augurandosi che i cittadini di Salce non siano costretti ad attuare iniziative di protesta per attirare l'attenzione dei media come amplificatori; dall'incontro di questa serata sembra che non sia proprio necessario, visto l'impegno e l'interessamento delle massime Autorità della Provincia e del Comune. Rimanere vigili comunque è d'obbligo.

NONNO VITTORIO HA COMPIUTO 90 ANNI ex combattente fronte greco-albanese e socio fondatore Era il freddo inverno del 1915, quando Vittorio Bortot emise i suoi primi vagiti. Erano gli anni del primo conflitto mondiale, seguirono poi quelli del secondo, nel quale fu protagonista, rimanendo ferito sul Monte Golico. Alcuni consiglieri sono andati a fargli festa a Castiglion Fiorentino (Arezzo) dove sta trascorrendo il periodo invernale. A Villa Schiatti, un albergo immerso nel verde delle colline della Val di Chiana, completamente recuperata dal figlio Gildo con 15 anni di duro lavoro e condotto con capacità dalla nipote Patrizia, Vittorio ancor oggi attende ai lavori di manutenzione sia della villa che del suo giardino. È stata l'occasione per consegnargli il piatto in ceramica che ricorda il 40° di costituzione del Gruppo, per ascoltare tanti ricordi belli e tristi della sua vita, per gustare un delizioso pranzetto preparato dalla cuoca, per brindare con un superbo Montepulciano, per tagliare la torta che avevamo fatto decorare con cappello alpino e tricolore, per visitare l'intero complesso con Vittorio in testa, su e giù per scale e scalette, dimostrando che il nonnino del Gruppo è sempre in splendida forma, tanto da scendere in paese tutti i giorni per la passeggiata mattutina. Siamo rientrati stanchi per il viaggio, ma soddisfatti per aver compiuto il nostro dovere, ancor prima di un nostro piacere di aver festeggiato con il più anziano socio del nostro Gruppo di Salce. Anche questo è un valore umano che i nostri "veci" ci hanno trasmesso e di cui noi più giovani ne andiamo fieri per averlo recepito. E Vittorio ha tangibilmente dimostrato tutta la sua gratitudine per la gradita sorpresa e la nipote Patrizia per l’ospitalità con la quale ci ha accolti, magari ritornando come turisti a trascorrere le ferie lontano dai ritmi e dai rumori della frenetica vita moderna.

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QUANDO TUTI SE AVEA ‘NA VACHETA RICORDI DI UNA RURALITÀ PERDUTA, O QUASI A cura di Paolo Tormen

La mutua dei bistian Il 14 Luglio 1960 nasce ufficialmente, con l’approvazione di un proprio Statuto, la Società Mutua di Assicurazione sugli infortuni e malattie degli animali, che meglio ricordiamo come la mutua dei bistian. L’idea prende avvio un paio di anni prima, nell’ambito di un corso di zootecnia promosso localmente dall’allora Ispettorato Agricoltura. Le cattedre ambulanti, così si chiamavano quei primi esempi di formazione professionale, avevano come finalità il tentativo di infondere un minimo di coscienza imprenditoriale in una categoria che emergeva a fatica dalle ceneri della sudditanza imposta dal sistema mezzadrile. Lo scopo sociale della Mutua, espresso al primo punto dello Statuto: … indennizzare i Soci che subiranno perdite di capi bovini per infortunio o malattia, conteneva, nella sua estrema semplicità, un concetto di straordinaria modernità, se consideriamo il fatto che la Previdenza Sociale in agricoltura, con la costituzione del Servizio Contributi Agricoli Unificati SCAU, era appena nata, sia a livello nazionale (1957) che in provincia di Belluno (1958). Il primo Consiglio Direttivo era composto da: Silvio Toffoli, Giuseppe Carlin, Sperandio Dell’Eva, Cesare Colbertaldo, Paolo Bortot, Costante Bortot, Ugo Dallo, Angelo Roni e Giacomo Dal Pont, quest’ultimo fu anche il primo Presidente eletto. La Mutua rimase attiva fino ai primi anni ’80, ma conobbe la sua maggiore diffusione attorno al 1970 quando annoverava tra i suoi iscritti ben 79 famiglie di Salce, Col di Salce, Giamosa, Bettin, Casarine, Bes, Sois, Col del Vin, con un patrimonio zootecnico rappresentato da 226 bovini adulti e 175 capi di giovane bestiame. Sono numeri che fanno pensare, soprattutto se paragonati alla realtà attuale. Tutta la storia della mutua, raccolta nello Statuto, nei verbali delle Assemblee o delle riunioni di Consiglio, bilanci, rendiconti, giaceva da circa vent’anni dentro un’ impolverata cassa

di legno, ma che, una volta aperta, si è rivelata uno scrigno colmo di ricchezze e preziosità. Leggendo attentamente quelle numerose pagine manoscritte e ancora di più osservando, ad occhi socchiusi, tra le righe si materializza davanti a noi uno spaccato di vita rurale che non esiste più, ma che nel cuore di molti di coloro che leggono queste cronache (e di chi le scrive) è ancora fortemente presente. Tutto il materiale, già oggetto di studio, verrà valorizzato e reso fruibile in un prossimo futuro, ma già in questa sede possono essere condivise alcune considerazioni o flash.

Un primo motivo di riflessione proviene dai numeri accennati poc’anzi. La diffusione così capillare dell’allevamento bovino di tipo familiare era strettamente correlata con l’esigenza di approvvigionamento di foraggio, soddisfatta da un’altrettanto capillare e meticolosa coltivazione di tutte le superfici prative a disposizione sul territorio locale. Un’altra importante indicazione ci viene offerta dall’esame dei pesi degli animali macellati. Sicuramente si trattava di soggetti di piccola taglia, probabilmente di razza Bigia o meticci derivanti dall’incrocio con la Bruna Alpina o la Pezzata nera Olandese. L’analisi dei pesi, sovrapposta alla casistica delle cause determinanti 6

l’abbattimento forzoso, fornisce inoltre una chiara descrizione dei cosiddetti punti critici dell’allevamento zootecnico di allora. La grossolana e scorretta assistenza ai parti determinava, senza dubbio, il maggior numero di “vittime”. Banali distocie, ma anche decorsi di parto normale, venivano trattati in maniera così innaturale da provocare spesso casi di emorragie, disarticolazioni del bacino, prolassi uterini, mortalità neonatale, ecc. Le condizioni, a volte pessime, di stabulazione degli animali, conducevano a gravi forme artrosiche nei soggetti più vecchi e a episodi di soffocamento da catena o fratture agli arti negli animali giovani e quindi naturalmente più inquieti e dinamici. E come non commuoversi di fronte a tutti quei verbali di Consiglio o alle contabilità scritte a mano con una evidente quanto ammirevole difficoltà a descrivere in italiano corretto il resoconto di discussioni e ragionamenti fatti certamente in dialetto. I numerosi errori di ortografia, dunque, non appaiono in senso negativo ma incutono tenerezza e rispetto pensando alle mani di chi li ha commessi, certamente più avvezze al manego del restel o della forca piuttosto che alla penna stilografica. Come già detto, la storia e l’attività della Mutua dei bistian termina ufficiosamente (non è mai stata sciolta) verso la metà degli anni ’80 in seguito al graduale ma inesorabile affermarsi di due fenomeni importanti in concorso tra loro: l’abbandono quasi completo di ogni forma di attività zootecnica e la venuta del tanto sospirato benessere economico che invadeva tutte le famiglie della zona, facendo precipitare l’interesse per i cosiddetti prodotti di “bassa macelleria”, economici, ma così poco tollerati dalle nuove tendenze di consumo.


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Addio ad ARCANGELO DE BIASI Combattente su tre fronti della 2^ Guerra Mondiale Arcangelo De Biasi, classe 1919, residente nella frazione di Canzan “è andato avanti”. La cerimonia funebre ha avuto luogo lunedì 14 febbraio nella chiesa di Col di Salce. Chiamato alle armi il 10 marzo del ’40 nel 7° Reggimento Alpini del Battaglione Belluno, Arcangelo aveva avuto il battesimo di fuoco nel giugno del 1940 sul Fronte occidentale, in seguito all’aggressione alla Francia. Quella, che nei calcoli di Mussolini, doveva risolversi in un “migliaio di morti necessari per sedersi al tavolo della pace”. Dal 14 gennaio 1941 al 23 aprile dello stesso anno combatté nella Campagna di Grecia ed Albania inqua-

drato nel Battaglione Val Cismon, in quella che fu definita “una sporca guerra di rugginosi comandi”. E dal 16 agosto del ’42 al 21 marzo del ’43 fu inviato in Russia, sulla linea del Don, con la Divisione Alpina Julia, IX Reggimento Alpini, Battaglione Val Cismon. Il battaglione che pagò un tributo elevatissimo di sangue con il 93 per cento di perdite (1609 su 1730). Un’esperienza di cui Arcangelo non fece mai parola, nemmeno con i figli Loris e Dario. I suoi ricordi sulla Campagna di Russia non andarono mai al di là di un generico riferimento al grande freddo sofferto, e nulla di più. Sopravvissuto alla Russia, rimase con il IX Reggimento Alpini dal maggio del ’43 fino all’armistizio dell’8 settembre, nelle province di Gorizia, Fiume, Trieste e Pola. Nel dopoguerra ha trascorso l’intera sua vita lavorativa alle Poste di Belluno. E da pensionato, fino ad un paio d’anni fa, lo incontravamo con qualsiasi tempo in sella al motorino per

Da sinistra Arcangelo De Biasi, Antonio Coletti e Domenico Martin in Albania nel 1941

il suo consueto giro in centro per la partita a carte e quattro chiacchiere con gli amici. (R.D.N.)

Ciao Arcangelo, goditi ora il riposo eterno assieme a tanti commilitoni che con te combatterono disperatamente sul Don. Ai figli Loris e Dario le nostre più sentite condoglianze.

VARIE • Vittima di un incidente in via Feltre, è dovuta ricorrere alle cure dei medici la mamma di Roberto ed Enrico De Nart. Dopo la ricomposizione di alcune fratture al S. Martino, la Signore Ottorina sta trascorrendo la convalescenza in una casa di cura. Gli amici Alpini augurano un pronto recupero fisico, con il pieno ritorno alle sue attività domestiche. • Silverio Tormen è stato vittima di una accidentale caduta, che gli ha procurato una frattura del femore, mentre era impegnato con il suo coro il giorno della Befana, a rallegrare l’assemblea del Gruppo Alpini di Limana e gli ospiti della casa di riposo. Speriamo gli vengano riconosciute le “cause di servizio”. Forza Silverio, gli Alpini superano anche queste bufere improvvise; e noi ti auguriamo una pronta guarigione, per essere presente ai nostri prossimi appuntamenti.

LUTTI • • • • •

Mario De Luca è stato colpito nei suoi affetti più cari, per la morte improvvisa del fratello Egidio, persona molto impegnata nel volontariato come ha sottolineato il parroco di Mussoi. Gli amici Alpini partecipano con sentito cordoglio al lutto della famiglia De Luca. Il Gruppo e la Redazione partecipano commossi al lutto che ha colpito il nostro abbonato Stefano Bristot per la scomparsa della mamma Rosetta, dopo una lunga e progressiva malattia. Ci ha lasciato Agnese Capraro. Il Gruppo Alpini la ricorda con riconoscenza, sempre presente alle nostre gite finché la salute l’ha sostenuta. Alla sorella Maria le nostre sentite condoglianze. Alla bella età di 95 anni ci ha lasciato Olimpia, mamma di Alda e Silvia, nonna di Pierpaolo Caldart. Il Gruppo Alpini porge le più vive condoglianze. Ha lasciato questa vita terrena Tecla Ranon. Il Gruppo Alpini e Col Maor partecipano al dolore della figlia Franca e del genero Armando Dal Pont, nostro grande collaboratore del giornale e della mostra fotografica in occasione del 40° anno di costituzione del Gruppo.

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CURIOSITÀ ALPINE Gli Italiani in Africa Orientale – La conquista dell’Impero A cura di Daniele Luciani (IVª e ultima puntata)

Badoglio conduce la guerra. Dopo la sostituzione di De Bono, Badoglio riprese le operazioni nel gennaio 1936. Nel frattempo il Negus era passato al contrattacco. A fronteggiare l’aggressione italiana erano stati mobilitati almeno 300.000 uomini ; erano truppe motivate che conoscevano alla perfezione il territorio e disponevano anche di molti moderni armamenti europei. Erano certamente svantaggiati di fronte agli ingenti mezzi messi in campo dagli Italiani, ma la grossa minaccia per il nostro esercito era, come in passato, di scontrarsi con un avversario numericamente sempre molto superiore e perfetto conoscitore del territorio. Avere le linee difensive sfondate o dover combattere corpo a corpo significava essere massacrati. Ed infatti Badoglio rischiò di perdere in questo modo la sua prima battaglia. Dal 20 al 24 gennaio la divisione camice nere “28 Ottobre” ed il XII Battaglione Ascari Eritrei si scontrarono contro l’armata di Sejum, il ras del Tembien, al Passo Uarieu. La battaglia di Passo Uarieu fu senz’altro la più cruenta ed epica combattuta dalle nostre truppe in Etiopia. Qui gli Abissini attaccarono con la loro tecnica : una massa enorme di uomini urlanti si lanciarono ripetutamente contro le nostre linee difensive dando sfogo a tutto il loro istinto sanguinario e guerriero. Fu un corpo a corpo colossale sotto un sole cocente : come in una gigantesca rissa i colpi

giungevano da ogni parte, baionette e scimitarre aprivano i ventri ed amputavano gli arti, i calci dei fucili e le mazze sfondavano le teste e spezzavano le ossa. La marea abissina era immensa, ma le camice nere (cc.nn.) e gli Ascari seppero contenere gli assalti ed alla fine contrattaccarono ed espugnarono il passo. L’impresa delle cc.nn. a Passo Uarieu fu esaltata in Patria, ma fu anche duramente criticato l’aver mandato allo sbaraglio degli uomini che erano dei volontari, spinti da entusiasmo politico e patriottico, ma con una preparazione militare non adeguata. Intanto, per costringere il Negus ad impegnare forze anche nel sud del paese, il generale Rodolfo Graziani era entrato dalla Somalia Italiana su due direttrici. Appena Badoglio ebbe a disposizione gli Alpini, decise di lanciare l’offensiva all’Amba Aradam (m 2986), la montagna che costituisce la “porta dell’Abissinia” e sbarra la strada per l’Amba Alagi. Il 12 febbraio gli Italiani attaccarono l’Amba Aradam. L’attacco fu condotto in simultanea dalla divisione camice nere “3 Gennaio” e dalla 16ma Divisione di fanteria Sila, che si scontrarono con l’armata del Ras Mulughietà, ministro della guerra del Negus. Gli Etiopi, conoscendo l’importanza strategica dell’amba, lanciarono ripetuti rabbiosi e violenti contrattacchi, ma gli Italiani resisterono. Il 14 la Pusteria, che era di rincalzo, scavalcò le cc.nn. e si preparò per l’attacco finale. Il 15 un reparto del “Pieve di Teco” ed una legione cc.nn. della “23 Marzo” raggiunsero la vetta, conquistando con attacchi alla baionetta una posizione importantissima nei piani di Badoglio. I nemici in fuga per poco non caddero nella morsa attuata da reparti della “Sila” a sinistra e dal Btg. Trento della Pusteria a destra, che nel frattempo avevano aggirato la montagna. L’avanzata italiana proseguì immediatamente e puntò verso l’Amba Alagi (m 3415) dove si erano arroccati i ras Cassà e Sejum dopo la sconfitta al Passo

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Uarieu e le truppe in ritirata dall’Amba Aradam. Agli Alpini fu dato l’incarico di accerchiare le forze nemiche, tramite l’occupazione di una posizione strategica e sulla carta inespugnabile : l’Amba Uork. La notte del 27 febbraio, un plotone del VII Btg. Complementi comandato dal tenete Rambaldi, dopo un’ardua scalata, giunse in cima all’Amba Uork (montagna d’oro in aramaico) e dopo aspri scontri e gravi perdite la conquistò.

Grazie a questa azione, il 28 febbraio gli Italiani riconquistarono l’Amba Alagi, dove nel 1895 aveva trovato la morte il maggiore Toselli (vedi la prima puntata). A seguito di questa azione il VII Btg. Complementi prese ufficialmente il nome di Btg. Uork Amba (come da cartografia inglese) e gli venne concessa la medaglia d’argento al valor militare (oggi sulla bandiera di guerra del Btg. Feltre). Il motto di questo nuovo battaglione non poteva essere più esplicito e reale : “Le aquile rapirono l’oro alla montagna”. Conquistata l’Amba Alagi, la Pusteria si schierò sulle alture del Passo Mecan predisponendo un’accurata linea difensiva. Era necessario creare una forte barriera difensiva perché il Negus stava avanzando con oltre 50.000 uomini. Hailè Selassiè era personalmente al comando della sua Guardia Imperiale, 6.000 soldati perfettamente armati ed addestrati dai sopra citati consiglieri militari europei. Scrisse nel suo diario il S.Ten. (sottotenente) Pierluigi Caccia Dominioni della 65ma Compagnia del Feltre: “Lo spiegamento del nemico è provabilmente : contro l’11°Alpini ras Cassà (15 mila uomini); sul Feltre, Pieve e II Ascari il Negus (quale onore !! 30 mila uomini) e degiacc Gabriet (10 mila uomini), L’Exilles è in profondità per prendere d’infilata il Passo Mecan orientale. Cinquantamila contro diecimila, ma noi siamo fortissimi.”.


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Il 31 marzo il Negus lanciò l’attacco frontale e per spiegare quel che successe citiamo ancora alcuni passaggi del diario del S.Ten. Caccia Dominioni : “Alle 06:30 ecco il loro attacco. Attacco frontale dall’11° agli Ascari. Sparatoria fantastica.Putiferio incredibile. Alle 12:30 attacco violentissimo contro gli Ascari che respingono 4, 5, 6 attacchi. Poi gli Ascari si buttano al contrattacco. Si battono corpo a corpo. E’ una lotta feroce : gli ascari sono mussulmani, gli Etiopi copti, quindi c’è fanatismo religioso nel loro odio. Loro contrattaccano noi (il Feltre) ed il Pieve (di Teco), ma vengono fracassati dalla nostra batteria che spara a zero (significa ad altezza d’uomo). L’attacco è violentissimo. Anche le loro artiglierie sono precise. Coi binocoli vediamo diverse facce bianche tra di loro : sono ufficiali europei che dirigono il loro tiro ; il nostro fuoco si concentra su di loro. Alle 16 il solito acquazzone che non rallenta il combattimento. Le batterie continuano a sparare, la nostra a fine giornata avrà sparato 815 colpi. Da questa mattina un cecchino spara munizioni su munizioni con tiro preciso su ogni penna nera che si erge dalla trincea : abbiamo impiegato ogni arma contro di lui, ma inutilmente. Alle 20 la battaglia si smorza ed alle 20:30 è silenzio assoluto. Quattordici ore consecutive di fuoco sono molte e che genere di fuoco! Siamo ubriachi di fame, sete, stanchezza e rumore. Ci si scrolla di dosso il fango e l’acqua. 1 Aprile - il fuoco ha inizio alle 06 : inizia bene il mese ! Attaccano ancora il Pieve e gli Ascari. Alle 08 inizia a piovere e con il sole di prima dà una nebbia fittissima che rende ridicola quella della pianura padana. Alle 09:45 la nebbia finisce. Pattuglie nemiche fuori tiro recuperano morti, feriti ed armi.”. Nei tre giorni successivi gli Abissini si ritirarono, ostacolando con la retroguardia l’avanzata della Pusteria e degli Ascari verso il lago Ascianghi e la città di Quorum e difendendo la fuga di Selassiè verso Addis Abeba. Scrisse il S.Ten. medico Krainer dell’ XI Battaglione Complementi Alpini: “Non appena abbiamo raggiunto la zona dove si è combattuto i giorni scorsi, il villaggio di Mai Ceu e la piana del Passo Mecan, ci si è parato davanti uno spettacolo raccapricciante. Il numero di cadaveri di abissini sul terreno sorpassa la fantasia e le esalazioni sono tali da rendere difficile il superamento di alcuni chilometri.”. E pensare che c’è ancora chi considera la guerra in Etiopia come “una serie di scaramucce”.

Con questa battaglia il Negus aveva definitivamente perso la guerra ; il 2 maggio abbandonò la capitale etiope e fuggì in esilio a Londra. L’Impero Il 5 maggio 1936 il maresciallo Badoglio entrò in Addis Abeba. Mussolini pronunciò il seguente discorso alla nazione : “Il maresciallo Badoglio mi telegrafa: “Oggi 5 maggio alle ore 16:00, alla testa delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba”. Durante i trenta secoli della sua storia, l’Italia ha vissuto molte ore memorabili, ma questa di oggi è certamente una delle più solenni”. La conquista dell’Etiopia segnò il punto di maggior consenso popolare al fascismo ed al suo capo. Il 9 maggio il re d’Italia Vittorio Emanuele III assunse ufficialmente il titolo di Imperatore d’Etiopia. Badoglio venne nominato Governatore Generale e Viceré d’Etiopia. La conquista italiana fu riconosciuta anche dalla Società delle Nazioni che sciolse le sanzioni economiche. Per la campagna

d’Etiopia alle unità della Pusteria vennero concesse le seguenti onorificenze al valore militare : al 7° ed all’ 11° Reggimento Alpini la croce di cavaliere dell’Ordine Militare di Savoia ; al Btg Pieve di Teco ed al Btg Intra la medaglia d’argento ed al Gruppo Belluno la medaglia di bronzo., tutti per la battaglia di Passo Mecan ; al Btg. Trento la medaglia di bronzo per le operazioni svolte durante tutta la campagna ed al VII Btg. Complementi, come già detto, la medaglia d’argento per la conquista dell’Uork Amba. A titolo individuale furono inoltre concesse 4 O.M. di Savoia, 5 medaglie d’oro, 72 d’argento, 93 di bronzo e 321 croci di guerra. Il dopo guerra. Subito dopo la fine della guerra gli Italiani iniziarono le costruzioni di grandi opere civili : ospedali, scuole, strade, dighe, acquedotti, fognature. In 5 anni fu costruita una rete di 6.000 km di strade e collegamenti ferroviari. Fu abolita la schiavitù ed iniziarono i processi di scolarizzazione e di interventi sanitari su vasta scala (vaccinazioni). Si avviò l’opera di riorganizzazione economica del paese sia nell’ambito industriale che agricolo. Tantissimi ex-combattenti ed operai militarizzati si fermarono a lavorare nella nuova colonia e furono raggiunti da moltissimi connazionali. La fine dell’Africa Orientale Italiana. Nel 1940 con lo scoppio della II guerra mondiale e la chiusura del Canale di Suez alle nostre navi, il principe Amedeo d’Aosta ed il suo esercito, tra cui gli Al9

pini del “Uork Amba”, si trovarono completamente isolati dalla madrepatria. Dopo un’iniziale avanzata, le nostre truppe, senza nessun tipo di rifornimento, furono costrette via via ad indietreggiare. Nel maggio del ’41, malgrado lo strenuo valore dei nostri soldati e degli Ascari, i resti del nostro esercito si arrese agli Inglesi, con l’onore delle armi, sull’Amba Alagi. Immediatamente dopo la resa italiana, Hailè Selassiè tornò in Etiopia e volle rientrare in Addis Abeba il 5 maggio, il giorno in cui cinque anni prima era entrato Badoglio. Nel 1936 aveva lasciato una nazione priva di tutto ed ora ne trovava una completamente trasformata. Il Negus non potè non constatare che gli Italiani non avevano trattato il suo paese come “colonialisti”, secondo lo stile di altre nazioni europee, ma da “colonizzatori” per compiervi opere di lavoro e di civiltà. La stessa opinione la ebbe evidentemente anche la popolazione etiope, che spontaneamente non attuò nessuna ritorsione e violenza verso i molti civili italiani insediatisi nella colonia. Gli “Ascari fedeli”. L’ultimo pensiero vada agli Ascari eritrei, che si rivelarono ottimi soldati per coraggio, disciplina e fedeltà alla nostra Bandiera.

Saluto del Gen. Luigi Negri Cesi ai soldati del Pusteria al rientro in patria “Tra poche ore scenderemo sul suolo patrio, raggiungerete le vostre caserme e, congedati, tornerete alle vostre famiglie sparse per tutta la cerchia alpina. Portate con voi la tranquilla fierezza del dovere compiuto, la gioia di avere appartenuto alla Pusteria, pura e salda espressione dell’anima alpina. Voi avete vinto il nemico in battaglie decisive, avete lungamente marciato e duramente lavorato, con valore, con serietà e tenacia alpina. Avete mantenuto fede alla consegna. Non potevate fare di più e meglio per vendicare Menini e gli eroi alpini del Rajò, per mantenere alta la fama delle fiamme verdi in terra d’oltre mare. La riconoscenza della Patria vi è assicurata : questo vi spinga a compiere opere altrettanto degne nella vita civile. Eleviamo il nostro commosso pensiero ai Compagni caduti in terra d’Impero, oggi più che mai presenti tra noi ; ricordiamo i camerati rimasti laggiù a fecondare col loro lavoro la nuova terra d’Italia. Alpini, artiglieri e genieri alpini della Pusteria, vi accompagni nei vostri nuovi destini il fervido voto e il grato commosso pensiero del vostro Comandante.” Mare Nostro, da bordo del P.fo Lombardia 12 aprile 1937 XV


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UN GIUSTO RICONOSCIMENTO Al salcese dott. Giambattista Arrigoni il Premio S. Martino Anche quest'anno è stata celebrata la Festa di San Martino, Santo Patrono della Città di Belluno. Nella stessa ricorrenza è stato conferito il Premio San Martino. Lo scopo istituzionale del conferimento di questo ambitissimo riconoscimento è quello di premiare la persona che si è distinta per meriti straordinari nella sua vita e nella sua attività a beneficio della gente della nostra città conformemente allo spirito del santo che divide il mantello con il povero. Il premio esalta dunque quel valore morale e civile che è la solidarietà, valore su cui si reggono tutte le società politiche. Per questo motivo la Conferenza dei Capigruppo, composta da maggioranza e opposizione, ha deciso all'unanimità di conferire il Premio San Martino 2004 al dott. Giambattista Arrigoni. Le sue qualità rappresentano infatti tutti i valori che questo premio si propone di sottolineare. L'unanimità sull'assegnazione del riconoscimento onora prima di tutto il nostro concittadino che lo riceve, ma mi pare giusto, come Presidente del Consiglio sottolineare che questa decisione unanime è anche la dimostrazione della capacità di tutti i capigruppo di riconoscersi nello spirito di San Martino superando le barriere ideologiche e ritrovandosi nei valori fondamentali della

nostra cultura. Il curriculum del dott. Arrigoni è una dimostrazione lampante dell'impegno profuso a beneficio delle persone più bisognose. La sua attività che dura da oltre 50 anni spazia dal campo della professione di medico a quella dell'attività politica, nella quale è doveroso ricordare che è stato consigliere comunale, vicesindaco, assessore alle politiche sociali e consigliere provinciale, presidente della Casa di Riposo. Ma come ben sappiamo Giambattista Arrigoni ha meritato il Premio San Martino in particolare per lo straordinario impegno morale nel volontariato: da oltre 20 anni il nostro illustre concittadino è presidente del Comitato D'Intesa che raggruppa oltre 80 associazioni di volontariato nella nostra Provincia; premiandolo si è voluto anche premiare il simbolo stesso del volontariato che è ormai indispensabile nella nostra società in cui cresce il bisogno di attenzione verso il nostro prossimo meno fortunato. Il volontariato infatti oltre a tradursi in azioni quotidiane di solidarietà è anche un modo di dare un significato profondo alla propria vita e a quella degli altri traendo quella intima gratificazione che è il premio vero di una vita.

Il dott. Arrigoni tra il Sindaco De Col e la Presidente del Consiglio Comunale Maria Cristina Zoleo.

Il Gruppo e la Redazione si complimentano con il Dott. Arrigoni per l'ambito e meritato riconoscimento, sottolineando come la piccola Comunità di Salce, sempre attenta ai valori del volontariato e della cultura, abbia dato alla città di Belluno altri due Premi San Martino con il prof. Enrico De Nard e il maestro Mario Dell'Eva, alpini che purtroppo sono "andati avanti".

Maria Cristina Zoleo

MARIO FANT CI HA LASCIATO IMPROVVISAMENTE Nato il 25.04.1921, è stato chiamato alle armi nel '41 e inquadrato nel 5° RGT Artiglieria da montagna con l'incarico di conducente. Fu collocato in congedo provvisorio il 03.06.41 per la morte in combattimento del fratello Giuseppe a Monastero in Albania a seguito di ferite multiple. Richiamato il 29.07.43 presso il deposito di Belluno del 5° RGT, l'8 settembre si trovava in caserma a Belluno e seguiva gli eventi sopravvenuti all'armistizio. Ci eravamo visti l'ultima volta a Natale, quando ci siamo scambiati gli auguri consegnandogli il piatto in ceramica che celebrava i 40 anni di costituzione del Gruppo, del quale fu socio fondatore. Avevamo ricordato tante belle cose, tan-

ti raduni alpini, i suoi gioiosi incontri con gli amici del '21, don Gioacchino, Bepi D'Incà, Silvio Toffoli, il presidentissimo Bruno Zanetti, Tullio De Pellegrin, l'aggregato amico Mario Dell'Eva, ma anche la sua qualificata professionalità che lo ha fatto girare per l'Italia intera a montare e riparare impianti di segherie. Sempre presente alle nostre gite in compagnia della moglie, ha vissuto la sua fede alpina con particolare intensità ed attaccamento alla penna nera. In questo momento di grande dolore, il Gruppo e la redazione sono particolarmente vicini alla moglie Amelia ed ai figli Adriana, Angelo, Adelia e Alida, sicuri che coglieranno questo triste di-

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stacco con quella serenità che Mario ha sempre profuso come uomo buono, giusto ed alpino generoso.

Ciao Mario, tu lo sai che per noi alpini sei solo "andato avanti".


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A OTTOBRE 2005 IN GITA NELLE MERAVIGLIOSE “LANGHE” Quello che prevedevamo è puntualmente accaduto. Vista la meta ed il programma della tradizionale gita di primavera, temevamo una rincorsa per la prenotazione, anche se la quota era aumentata rispetto alle precedenti, viste le prestigiose ed altrettanto costose località dall’aria mondana. Ma non credevamo che, arrivato il Col Maor con la presentazione della gita, in quarantott’ore il pullman fosse esaurito. Telefoni bollenti di sera e di buon mattino; purtroppo molti amici dovranno rinunciare e questo ci dispiace, come è capitato per Vienna. Avevamo spostato anche il termine dell’iscrizione di 15 giorni, ma tant’è. Il Consiglio è corso ai ripari e darà la possibilità di passare un fine settimana altrettanto favoloso, con la speranza che gli esclusi si possano rifare, cercando di riservare loro i posti in sede di iscrizione. Su Col Maor di dicembre, nella cronaca della gita a Caorle, era scritto che per la gita settembrina si prevedeva una “bomba”. La bomba è scoppiata: Sabato 8 e Domenica 9 ottobre 2005, nelle LANGHE. Una gita enogastronomica di alto livello in occasione della “75a Fiera Nazionale del Tartufo Bianco d’Alba”. Il programma di massima prevede: Sabato 8 partenza alle ore 05:00, arrivo e sistemazione in albergo, pranzo alla Trattoria da Porro a S. Martino Alfieri, incontro con gli amici di S. Damiano d’Asti. Pomeriggio visita al castello di Grinzane Cavour (sarà possibile ammirare un torchio dalle misure impensabili), sede dell’Enoteca regionale, dell’ordine dei Cavalieri del tartufo e dei vini d’Alba, del prestigioso Premio letterario Grinzane Cavour che ha visto destinatario anche l’alpino Mario Rigoni Stern, castello che fu di proprietà del Conte Camillo Benso di Cavour, già sindaco dal 1832 al 1849. Si prosegue per Alba, sede della conosciuta industria dolciaria Ferrero, con visita al piccolo centro, famoso anche per le sue industrie tessili. Tutti in libertà, con possibilità di visitare la mostra al Palatartufo, sede di una

delle più importanti vetrine dell’eccellenza enogastronomica piemontese, in un percorso di colori, profumi e sapori tipici di quella terra. Si potranno osservare, protetti da teche ben solide, i più bei esemplari di tartufo bianco (per l’acquisto sarà bene meditare a quale istituto bancario rivolgersi), ma anche assaggi e acquisto di formaggi, salumi, dolci, funghi, noci, nocciole e i vini dai nomi altisonanti delle Langhe e del Roero. Cena volante e libera in locali o posti di ristoro di Alba (un piccolo spuntino, visto il pranzo sostanzioso di mezzogiorno). Rientro verso le 21:00 in albergo, dove a cento metri c’è una pizzeria, per coloro che avessero ancora fame.

2004 - 74a Fiera Nazionale del Tartufo Bianco Il gruppo dei gitanti col Sindaco di Alba

Domenica sveglia, colazione e S. Messa nella chiesetta della borgata Valdoisa che ci ha ospitato in occasione dell’adunata di Asti, celebrata da don Antonio, che tanto si augurava di rincontrarci dopo quel sabato pomeriggio in chiesa. Poi visita alla cantina dei F.lli Povero a Cisterna d’Asti. Dopo aver percorso tutti i momenti della lavorazione, dal conferimento dell’uva alle operazioni di stoccaggio dei cartoni pronti per la consegna, attraverso tutte le fasi di vinificazione con le più moderne apparecchiature, ci porteremo nella taverna per assaggiare e degustare i famosi Dolcetto, Bonarda, Nebbiolo, Barbera, Barolo e del famo11

so Arneis, coltivato nelle sabbiose colline costituite da depositi marini di Cisterna e del Roero; questo bianco secco con sentori di frutta e fiori bianchi è l’artefice del più recente rilancio vitinicolo delle variegate colline del Sud Piemonte, poco meno di 400 ettari, ma capaci di grandi produzioni. Possibilità di acquistare i vini di produzione dei Povero, e sottolineo, proveniente da coltivazione esclusivamente biologica. Ci sposteremo poi in collina per immergerci all’interno dei vigneti della proprietà del F.lli Povero, in uno scenario di estrema bellezza collinare, avvolti da un profumo magico, essendo la vendemmia in quel periodo ancora in corso. Verso le tredici, sempre a Cisterna, a pochi metri dal vigneto e dal Castello in cima al colle, pranzeremo presso la Trattoria Garibaldi, un locale rinomato tutto da scoprire, degustando i piatti più caratteristici delle Langhe in un clima in crescendo che anima sempre i nostri rientri. Verso le 16:00 circa, Nebbiolo e Arneis permettendo, partenza per il rientro. Questo itinerario lo abbiamo già sperimentato, andando a far visita agli amici di Valdoisa, proprio per condividerlo con voi quest’anno, in occasione della gita settembrina. Il mese di ottobre nelle Langhe è come il mese di agosto a Rimini; i turisti arrivano da tutta Europa e lo abbiamo verificato proprio per la difficoltà di trovare l’albergo, che abbiamo già confermato da gennaio, per non ricorrere alle tende come in occasione delle adunate nazionali. È necessario pertanto muoversi subito, per inviare la relativa caparra. Le prenotazioni dovranno pervenire a Caldart Ezio al 0437 838052 e Colbertaldo Cesare 0437 296969 immediatamente con il versamento di un anticipo di €. 100,00. I posti disponibili in albergo sono 45. La quota di partecipazione potrà aggirarsi attorno ai 150,00 €., hotel 4 stelle di nuova costruzione, viaggi Prealpi come sempre; ma di questo vi saremo più precisi in seguito. È un’iniziativa tutta nuova per il Gruppo ed il Consiglio ha creduto di dare la possibilità a tanti amici alpini di provare un’esperienza mai vissuta prima.


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del fiume Pei-ho, nel Mar Giallo. Da sottolineare che durante il loro viaggio soldati ed ufficiali apprendono con sbigottimento del regicidio di Monza, dove il sovrano, che aveva ordinato loro di partire, è morto e sul troartiglieria da Fortezza e del 12° reggiGià nel 1900 gli alpini vengono manno siede il suo giovane figlio, Vittorio mento artiglieria di Capua. dati in Cina a far la guerra. Mai sono Emanuele III°. Della spedizione al comando di un batandati a combattere così lontano dalla Appena sbarcati, i reparti vengono avtaglione di fanteria, fa parte anche il patria. viati per ferrovia a Tien-Tsin per opetenente colonnello degli Alpini TomaErano stati mobilitati per sedare la rirazioni di polizia. volta dei “boxer”; pochi Ai primi di novembre gli italiani sanno di che cosa artiglieri alpini, con il si tratta. grosso della spedizione, In Cina un agguerrito e arrivano a Pechino e di fanatico gruppo di naziopresidio vi rimangono finalisti (chiamato dagli euno al maggio 1902. ropei “boxer” e dai cinesi È bello ricordare che del “I-hoch’uan”, cioè pugni gruppo di spedizione fece patriottici), contrasta le parte anche Franco Primire espansionistiche dei mo, alpino classe 1880, di bianchi. San Damiano d’Asti, In pratica vogliono toglienonno materno del nostro re alcune vantaggiose amico Giuseppe Giaccoconcessioni ferroviarie e ne, zio di Domenica e minerarie a ditte britanniMariella. Giuseppe, alpiche, francesi, tedesche, no a sua volta, presterà russe e statunitensi, cacservizio nel 1964 proprio ciando tutti gli stranieri e alla caserma Tomaso SalTruppe alleate impegnate a contrastare i “boxer” rivoltosi distruggendo i cristiani. sa di Belluno. La rivolta ha il suo epicenso Salsa, al quale Belluno ha intitolato Il destino della vita riserva anche quetro a Pechino e culmina il 21 giugno la caserma sede del 7° reggimento Alsto; l’onore di fare il servizio militare 1900, con l’assedio di legazioni diplopini. nella caserma intitolata al comandante matiche e della cattedrale cattolica, con Il corpo di spedizione, al comando del del nonno. lo sterminio di centinaia di cristiani, colonnello Vincenzo Garioni, giunge il Gli alpini sono capaci di questo e altro. con l’uccisione dell’ambasciatore tede29 agosto nella rada di Taku, alla foce sco e del cancelliere della legazione giapponese. Le grandi potenze minacciate nei loro interessi decidono di ristabilire l’ordine e si accordano per inviare un corpo di • La casa di Giorgio Tibolla è stata allietata dalla nascita della nipotispedizione alleato al comando del mana Emma. Alla mamma Antonella e al papà Giacomo Gerlin le più belle resciallo tedesco Waldersee. felicitazioni da parte del Gruppo. Felice sarà anche la Befana Alpina, Aderisce anche l’Italia e forse con proprio quella che il bisnonno Giovanni volle con tenacia far arrivare a troppa disinvoltura, Re Umberto I°, Salce nel lontano 1969. Speriamo che con Emma la borgata di Casarine dopo il parere del Consiglio dei Miniinizi un’inversione di tendenza e che si ricominci a sentire nel cortile stri presieduto da Giuseppe Saracco, quel vociare gioioso di bambini, rincorsi da genitori o nonni come in decreta l’invio di truppe. passato. Partono da Napoli a bordo di tre piroscafi il 19 luglio 1900; in totale duemi• Rina Segatel, assidua frequentatrice delle nostre gite, è diventata la uomini, un centinaio dei quali portabisnonna con l’arrivo di Matteo, figlio di Stefano Cicuto e mamma Fiono la penna nera sul cappello. renza. Gli Alpini si felicitano con i genitori, ma anche con i nonni RicSono artiglieri alpini (114 di truppa e 4 cardo ed Elsa; a Rina i complimenti per questa ambita “promozione”. ufficiali) del reggimento artiglieria da montagna di Torino, della 3^ Brigata

GLI ALPINI IN CINA NEL 1900 PER SEDARE LA “RIVOLTA DEI BOXER”

AUGURI

A giornale in stampa aggiungiamo che Arrigo Cadore è stato riconfermato Presidente della Sezione per il triennio 2005 - 2007. Delle elezioni per il rinnovo del Consiglio e dei lavori dell'assemblea del 6 marzo, riferiremo nel prossimo numero. 12


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…VANGELO PER I GIURAMENTI E COPPA PER LA SETE… a cura di M.M.a. Antonio Caldart • Il cappello dell’ufficiale è uguale con • La prima divisa degli alpini è la divisa l’aggiunta del grado e della penna non della fanteria datata mod. 1871. più di corvo ma d’aquila. • Serve per individuare i reparti sui • È da ricordare che tutto il personale campi di battaglia. addetto ai comandi dei battaglioni solda• Giacca color blu scuro, pantaloni azti, sottufficiali e ufficiali portava, al posto zurri e un bel cappello rigido con visiera della penna di corvo, la penna d’oca. e stellone completa la divisa. • Tale distinzione viene riservata dopo il • Nel marzo 1873 vengono apportate le 1880 agli ufficiali superiori. prime varianti al corredo del nuovo cor• E scherzosamente che ci fu detto: chi po. porta la penna d’oca “scarpina di meno”. • Lo stesso anno viene adottato il cap• Nel 1878 vengono apportate lievi mopello nero che ricorda la foggia della difiche al cappello alpino. bombetta civile comunemente chiamato cappello alla calabrese. • Nel 1880 viene abbandonato il fregio Calotta di feltro nero, falda larga e rigida con stellone e adottato quello nuovo a con fascia di tela uno stellone con il nutrofeo, appaiono sullo stesso l’aquila ad mero della compagnia, sempre sul lato ali semiaperte che trattiene il corno da sinistro un galloncino rosso,colore che montagna, due fucili incrociati con picdistingue la fanteria, ed infine una penna cozza e l’ascia, il tutto guarnito da ramo nera di corvo fissata ad una coccarda con di quercia e alloro. bottoncino metallico. • Nel 1882 con la costituzione dei reg-

gimenti viene abbandonata la mappina rossa, modificata per la truppa per adottare le mappine bianca, rossa, verde, blu e gialla che andranno a distinguere i vari Btg. dei reggimenti alpini. • Nel 1923 viene modificata l’uniforme dell’esercito ma per gli alpini il cappello rimane identico. • Dagli anni settanta il cappello alpino viene sempre distribuito, ma non viene adoperato come cappello da campagna: al suo posto si alterna il berretto di foggia norvegese, chiamato in senso dispregiativo “STUPIDA” perché non ha la penna.

UNA BEFANA DI SOLIDARIETÀ PER I BIMBI BOSNIACI L'iniziativa nata nel lontano 1969, con il passare degli anni ha sempre più consolidato i suoi valori, garantendo oltre alla tradizionale calzetta anche un’oretta di animazione nel salone della scuola materna, seguita dalla degustazione di cioccolata e dolci per i piccoli presenti. Arrivata sul carrettino realizzato da Toni Tamburlin ed addobbato di tante calzette, la Befana ha atteso i bambini all'uscita della Chiesa, dove avevano ricevuto la benedizione dal Parroco nella tradizionale funzione, per avviarsi accompagnata dagli stessi e dai genitori e nonni verso la scuola, dove ha distribuito le calzette ai figli e nipoti dei nostri Soci, ma anche agli iscritti alla materna e a tutti i presenti, non "universitari". La Befana, sempre lei da 35 anni senza perdere un colpo, ha assistito nel salone, attorniata dai bambini, alle scenette preparate dal Gruppo Giovani di Salce. Veramente bravi e geniali questi ragazzi e ragazze, che sono diventati ormai un simpatico appuntamento del 6 gennaio. La novità di quest'anno, una gradita sorpresa, il Clown Stefano, il dottore che cura tutti i “mali capitati”. È stato però anche un momento di solidarietà per interessare proprio i bambini sulle realtà che ci circondano.

Il Gruppo Alpini ha infatti lanciato l'iniziativa "un quaderno per la Bosnia", cioè una sottoscrizione per l'acquisto di materiale didattico da consegnare ad una scuola della Bosnia, la scuola elementare di Khezina, vicino a Sokolac. Gli Alpini, come da tradizione, hanno voluto inoltre essere sicuri che tutto arrivasse a destinazione così come partito da Salce e si sono avvalsi della disponibilità di un amico che per doveri istituzionali opera a pochi chilometri dalla scuola, che ha regolarmente visitato per constatarne le esigenze, e che ha trasportato e consegnato personalmente il materiale,

il Tenente bellunese Antonio Cesare, del 14° Rgt Alpini di Venzone, 114 compagnia mortai, al quale va tutta la nostra riconoscenza per l’idea che ci ha trasmesso, a dimostrazione dello spirito di collaborazione che da sempre lega gli Alpini in armi ed in congedo. Che dire: bravi alpini, ma bravi anche coloro che hanno contribuito a realizzare questa indovinata ed importante iniziativa. Un gesto, seppur piccolo, sulla faticosa via della ricostruzione, anche morale, di un paese che troppo spesso rischia di essere dimenticato.

La nostra Befana nell’edizione 2005

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E anca a Salce i fèa filò…

ECHI DALLA MOSTRA Pa i “Quaranta anni”…

WILMA DE BONA POETESSA DIALETTALE (a cura di Armando Dal Pont)

Salcese di nascita, figlia di Giuseppe e Maria Mazzorana, ultima nata di quattro fratelli (Mario, Ivan e Rosetta), abita a Belluno col marito e due figli. La famiglia, escluso Mario, si allontanò da Castel Cuch nel 1971, quando Wilma aveva vent’anni. Vivere in città, non più in campagna a contatto con la natura, ha provocato nel suo animo tristezza, nostalgia e desiderio di libertà, che si riversano ovviamente nelle sue poesie. È una donna schiva, riservata che scrive soprattutto per se stessa, per dare sfogo ai propri sentimenti, con la capacità non comune di esprimerli in versi, con semplicità ed immediatezza. Di lei hanno scritto: “le so poesie le e kome dei kuadret fati kon poke penelade, de bona fatura e de sikuro efeto”. Faceva parte del Circolo Dialettale Bellunese “AL ŽEMPEDÒN” dal 1972. Le poesie di Wilma sono state pubblicate, da detto circolo, su: “ANTOLOGIA DIALETTALE” (1975) “A FILÒ KO L ŽEMPEDÒN” (Antologia 1985) e su “L’Amico del Popolo”. In questo numero ne presentiamo quattro: “Via Feltre” (1975) e le altre tre inedite, relative a Salce ed agli alpini.

Via Feltre Mi stae te na via ke l e senža poeşía… Drio kaşa pasa la ferovía, tut intorno l e sfalt e čemento, roba da far spavento! Olaríe korer via da kuá do pa i coi e pa i pra, inkóntreghe a la libertá.

Alpin Alpin, no sol an capel ma…testa…. žervel, man, sempre pronte a aiutar ieri, ancoi, doman

Castel Kuch

A “Salce” i alpini del “C O L M A O R”, so na mostra fotografica, i à riunì co amor: nò sol Alpini, ma an tut de sti ani dove se leze: sorisi…… speranze……. afani….. An tut ben scrit so sti cari visi che sa madurar lagrime e sorisi: momenti de vita de noni, mame, papà, zii, amighi cari…. de an temp passà. Chi se ritrova a l’asilo tosatèl….. mi, co me sorelle, a Belun, tél Campedèl. Chi se rivede, là ben fotografà, co sot la naia, l’era proprio soldà……. Lampi de vita de tempi passadi, che nessun cancèla: entro el cor restadi. Luigina Tavi / Belluno 31 ottobre 2004

L’era an di de April che mi tò lasà, nei me pensieri sempro te se restà, i me sogni i e restadi, an vial de carpen tacadi.

Nere Tut le silenžio. la tel žimitero, čiacola sol la fontana par cantarghe ai mort la nina nana.

Wilma De Bona e Chechi Prest, Presidente del C.D.B. “AL ŽEMPEDÒN”, il 24.02.1979 all’Istituto “Sperti” di Belluno, durante “’na sera ko l nostro dialeto”, indetta dal nostro Quartiere il nr. 9 14


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21 APRILE 1945 L’UCCISIONE DI “VARZI” E DI ALDO CARLI di Roberto De Nart 60 ANNI FA, IL 21 APRILE 1945, I TEDESCHI UCCIDONO IL PARTIGIANO “VARZI” (MARIO BENVENUTO GUGLIELMO) A GIAMOSA. LO STESSO REPARTO PROSEGUE VERSO BETTIN ED UCCIDE ALDO CARLI

Siamo nella primavera del 1945, alle ultime battute della Seconda guerra mondiale. Vincitori e vinti oramai sono chiari a tutti e con loro si delinea anche il futuro spartiacque convenzionale tra buoni e cattivi. Le formazioni partigiane sono sempre più impegnate in azioni di sabotaggio, con deragliamento dei treni, l’uccisione delle spie e puniscono con la rasatura dei capelli quelle donne ritenute “allegre amiche” dei tedeschi. Il 10 marzo, nel Bosco delle castagne, sono impiccati 10 partigiani, ed altri 4 vengono appesi ai lampioni centrali di piazza Campitello (oggi piazza dei Martiri in memoria del triste episodio) il 17 marzo. All’inizio di aprile, il Comando partigiano della piazza, venuto a conoscenza della presenza di un deposito d’armi a Giamosa, dà l’incarico a Varzi, Sgiufa, Aquila e Nemo (Bisa) di effettuare un sopralluogo nella zona. Alle 8 di mattina del 21 aprile del ‘45 i quattro giovani partigiani, armati di pistola, si dirigono verso villa Tattara a Giamosa. Quella stessa mattina, però, c’è un plotone di trenta tedeschi impegnato in una manovra di rastrellamento, almeno secondo quanto riportato nel libro “I patrioti della città del Piave”, scritto dal maestro Giuseppe Fontana nell’immediato dopoguerra (Tipografia Silvio Benetta – Belluno; non è precisato l’anno di pubblicazione né l’editore). Dalle ricerche condotte del nostro storico Armando Dal Pont, tuttavia, risulta che non si trattava di un rastrellamento finalizzato alla cattura di partigiani, bensì di una precisa operazione tecnica per localizzare e neutralizzare una stazione radio partigia-

na che trasmetteva dalla destra Piave. A sostegno di quest’ultima ricostruzione, infatti, c’è la testimonianza fornita da un autorevole testimone oculare, la signora Rosanna Vedana (vedova del Senatore Arnaldo Colleselli), già staffetta partigiana col nome di Paola, addetta al collegamento con la Missione Aztec, comandata dal maggiore italo americano Benucci con base a Giamosa. “Ogni giorno dalla mia casa di Praloran di Limana attraversavo il Piave - scrive la Vedana negli appunti consegnati a Dal Pont – per raggiungere Villa Tattara di Giamosa a portare e ricevere la corrispondenza. Nella villa c’era un bunker molto sicuro, che nascondeva i membri in divisa della Missione Aztec. Un giorno il nostro informatore Rodolfo Dalvit (Sette) mi avvertì tramite suo fratello che i tedeschi disponevano di un radiogoniometro per localizzare le radio clandestine. Disse inoltre, che c’era stata qualche segnalazione al comando tedesco della Gestapo sulla presenza di una radio sul versante della destra Piave verso Feltre. Allora mi precipitai in bicicletta per avvisare i soldati della Missione del pericolo e, strada facendo, sorpassai un grosso veicolo munito di un’antenna che avanzava lentamente”. Ritorniamo alla cronaca del Fontana. I quattro giovani partigiani incaricati di raggiungere il deposito di armi a Giamosa, vedono dei soldati tedeschi che dalla strada principale avanzano in direzione Belluno, quindi attraversano la campagna e si avvicinano a Villa Tattara. I quattro partigiani si nascondono dietro una siepe che costeggia una stradina. Sgiufa ed Aquila si allontanano subito senza essere notati, mentre Varzi e Nemo rimangono nascosti. Probabilmente ce l’avrebbero fatta anche loro, se in quell’istante non fosse sopraggiunta una ragazza, che nota la presenza dei due e con il suo atteggiamento di stupore fa insospettire i soldati. Per Varzi e Nemo, dunque, diventa troppo rischioso fuggire e 15

non rimane loro che buttare via le armi ed aspettare l’arrivo dei soldati senza opporre resistenza. Fermati da un sottufficiale tedesco, i due rispondono all’interrogatorio tramite un soldato bolzanino che fa da interprete. Affermano innanzitutto di non conoscersi. Varzi dichiara semplicemente che stava andando alla villa in cerca di uova. Nemo sostiene che era lì per effettuare dei controlli ai libretti assicurativi dell’Inps del personale in servizio alla villa. I militari passano quindi al controllo dei documenti. Quelli di Nemo sono in regola, mentre sorgono dei sospetti su quelli del Varzi che, di conseguenza, viene perquisito. “Bandito porco” gli urla l’interprete bolzanino, quando gli trova in tasca una copia del giornale

Guglielmo Benvenuto Mario, “Varzi”

clandestino “Avanti popolo”. Ma il giovane partigiano mantiene il controllo e dichiara prontamente che tutti i bellunesi possiedono copie di quel giornalino. Subito dopo, però, la situazione si aggrava perché dallo stivale escono delle cartucce di pistola che non era riuscito a buttare via in tempo. Il bolzanino prende allora a schiaffeggiarlo. In un primo momento, Varzi subisce senza reagire. Poi perde il controllo, lo colpisce e lo


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getta a terra. Tra i soldati tedeschi c’è un momento di scompiglio, Varzi ne approfitta e fugge giù per il sentiero. Nessuno dei soldati però lo rincorre e dunque, questo comportamento avvalorerebbe la tesi sostenuta da Armando Dal Pont. Secondo la quale i soldati tedeschi avevano l’ordine di neutralizzare la stazione radio e non quello di catturare partigiani come avveniva nei rastrellamenti. Varzi, quindi, scompare e tutti i soldati rimangono immobili, limitandosi a puntare il fucile nell’attesa di scorgere il fuggiasco. Ce l’aveva quasi fatta – racconta il Fontana nel suo libro – e probabilmente credeva d’esser fuori tiro. Anziché rimanere nascosto scendendo lungo il letto del ruscello, Varzi decide di uscire allo scoperto ed attraversare il ponticello. E’ la fine. Una raffica di mitra lo colpisce alla schiena uccidendolo. Non aveva ancora compiuto 22 anni Varzi, ovvero Guglielmo Benvenuto Mario, autista, nato a Belluno il 26 luglio del 1923, partigiano appartenente al Primo settore del Comando della Piazza. I soldati tedeschi proseguono in dire-

zione Belluno. Raggiunto un bosco tra Giamosa e Bettin vedono un uomo, gli intimano di fermarsi, ma è un “povero mutolo, che nella sua infelice mania pregava vicino ad un albero” scrive il Fontana. Si tratta di Aldo Carli di Bettin, un disabile immaturo, che al sopraggiungere dei soldati fugge e viene freddato. Secondo la versione di Aldo Sirena (La memoria delle Pietre – Pilotto editrice 1995), invece, Carli non riesce a spiegarsi a causa del suo handicap ed i tedeschi, che non credono alla sua infermità, lo uccidono. In sua memoria, la madre disporrà un lascito alla Parrocchia di Salce, con il quale verrà eretta la Scuola materna di Col di Salce, che porta appunto il suo nome Luigi Aldo Carli (Luigi era il nome del padre di Aldo). L’episodio di Aldo Carli merita una parentesi. Egli, infatti, faceva parte di quei bellunesi che si erano recati a Voltago Agordino per le apparizioni della Madonna. Una storia iniziata nel 1937 sulla quale interverrà nientemeno che il Vaticano, e che si concluderà nel maggio del ’43 con la

scomunica dei due principali protagonisti: Antonio Basso di Lovadina (Treviso) e Maria Miana di Voltago. Ebbene, queste presunte apparizioni coinvolsero fortemente Aldo Carli, tant’è che tutti i giorni egli si recava a pregare la Madonna nel bosco nei pressi della sua abitazione di Bettin dove perderà la vita. Non abbiamo detto di Nemo, il partigiano in regola con i documenti fermato dai tedeschi a Villa Tattara. Ebbene, egli resiste senza contraddirsi per tre giorni di duri interrogatori in cella, confermando sempre la prima versione data, ossia quella di essere un ispettore dell’Inps incaricato alla verifica della situazione contributiva del personale della villa. Ed anche la verifica fatta dai tedeschi presso la sede dell’Inps combaciava perfettamente con la dichiarazione resa dal prigioniero. Il direttore dell’istituto, infatti, che nel frattempo era stato informato dal controspionaggio partigiano della circostanza, non ebbe alcun dubbio nel confermare la versione resa dal partigiano. Anche perché quel direttore era il padre di Nemo.

COL MAòR AUGURA A TUTTI I LETTORI

UNA BUONA PASQUA! 16


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