Dolci in sardegna b

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Rimbocchi x accoppiato

Rimbocchi x accoppiato

Segni di taglio x sovraccoperta

Segni di taglio x sovraccoperta

IN SARDEGNA â?Ś Storia e tradizione

IN SARDEGNA â?Ś Storia e tradizione

Segni di taglio x sovraccoperta

Rimbocchi x accoppiato

Segni di taglio x sovraccoperta

Rimbocchi x accoppiato


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DOLCI IN SARDEGNA â?Ś

Storia e tradizione fotografie Nelly Dietzel coordinamento editoriale Anna Saderi


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Diverse realizzazioni dei puzoneddos de su Cossolu.

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Pompia

Denominazione locale: pompia. Area di diffusione: Siniscola, Posada (Baronia). Il dolce si confeziona, pur con minore frequenza, anche a Oliena (PAULIS 2011, pp. 252, 366). Vitalità dell’uso: uso vivo; la ricetta ancora si tramanda di madre in figlia. Occasione: accompagna tradizionalmente tutte le ricorrenze più importanti della vita del paese; in occasione di feste, matrimoni, cresime, battesimi, è donata a padrini o testimoni; è offerta a personaggi illustri

Ingredienti: pompia, miele.

Cinque esemplari di pompia intrea impilati su foglie d’arancio. Il dolce, esito della canditura nel miele dell’albedo del frutto, costituisce un prodotto di pregio, attualmente divenuto presidio Slow Food.

come medici, notai, parroci. È considerato il dolce “nobile” di Siniscola. Forma e caratteristiche: il dolce consiste nell’albedo (intero o tagliato a fette) candito di un frutto denominato pompia (Citrus monstruosa): un ecotipo locale di antica origine e di difficile inquadramento tassonomico. Da molti ritenuto un cedro, si differenzia dalla specie Citrus medica L. per diversi caratteri sia dell’albero sia del frutto; mentre è più probabile che si


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tratti di un ibrido naturale originatosi nel contesto della popolazione agrumicola locale (AGABBIO 1994, p. 357). Il frutto, di colore giallo, presenta una superficie rugosa e bitorzoluta (donde la qualificazione “monstruosa”, cui allude la denominazione scientifica). Le dimensioni sono variabili: alcuni frutti possono raggiungere i 70 cm di circonferenza. L’albedo, la parte bianca sotto la scorza, viene utilizzato nella preparazione del candito omonimo, mentre dalla scorza, opportunamente lavorata, si ottengono liquori; diversamente il succo, piuttosto acido, non ha trovato finora nessun campo d’impiego. La raccolta si fa a mano da novembre a marzo. Dimensioni e peso: ca. Ø 12-13 cm, 180-230 g. Modalità di preparazione: dopo aver lavato accuratamente e asciugato il frutto, si asporta la parte superficiale della scorza, con un coltello o con una grattugia, in modo che rimanga solo l’albedo. Dopo aver praticato un piccolo foro in corrispondenza del picciolo, si estrae la polpa con l’aiuto delle dita o di un cucchiaino,

facendo attenzione a non danneggiare o rompere l’involucro che contiene gli spicchi. Eseguita questa operazione, la pompia, che ha assunto l’aspetto di una sfera bianca vuota, viene fatta sbollentare per 10 minuti circa, per eliminare l’eccesso di acidità, quindi è messa a sgocciolare e asciugare su un canovaccio per almeno 12-15 ore. A questo punto può avere inizio la fase di canditura. I frutti, sistemati in un tegame dove, in precedenza, è stato fatto scaldare il miele, in quantità necessaria a ricoprirli interamente, vengono cucinati a fuoco lento per almeno 5-6 ore, girandoli di tanto in tanto e riempiendo costantemente di miele l’interno della pompia fino a quando non assumerà il tipico colore rosso ambrato (colore de marengo). Il frutto viene poi fatto raffreddare e confezionato in barattoli di vetro o terracotta, ricoperto con la gelatina di cottura o con del miele nuovo che funge da conservante naturale. Così confezionato, il dolce dovrà essere tenuto al riparo da fonti di luce e di calore in modo da mantenerne inalterate le caratteristiche organolettiche. Note: a Siniscola la pompia era ed è ritenuta fra i dolci il più prelibato e raffinato. Proprio per questo è sempre riservata alle grandi occasioni. La lunga e minuziosa confezione del dolce da sempre ha fatto sì che la sua preparazione venisse considerata sofisticata e costosa, quasi un bene di lusso accessibile a pochi. La ricetta si è tramandata immutata nel tempo (alcune differenze si rilevano nella preparazione dello sciroppo di canditura, per il quale può essere impiegato anche lo zucchero unito al miele). Invariato è rimasto anche il suo sistema di vendita: anziché a peso, a dozzine.

Pompia intrea e sezione. Sa pompia intrea può essere confezionata anche nella variante prena, dotata di un ripieno di mandorle macinate e miele.

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Bianchinus ricamati di Anna Maria Sarritzu, chiamati altresì “dolci della sposa” poiché il colore candido, la delicatezza delle decorazioni e le colombelle di pasta in cortza apposte come ornamento li rendono particolarmente adatti all’occasione nuziale.

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Gupulettas di Orune Denominazione locale: gupulettas. Adattamento della parola sarda all’italiano regionale: copulette. Area di diffusione: Orune. Vitalità dell’uso: uso vivo. Occasione: Ognissanti (sos Santos), Pasqua (Pasca de aprile). Nelle pasticcerie si trovano ormai in qualsiasi periodo dell’anno. Forma e caratteristiche: il dolce presenta prevalentemente una foggia floreale. Dimensioni e peso: ca. 7,5 cm, 40 g. Modalità di preparazione: per la preparazione del ripieno la buccia d’arancia essiccata si mette in ammollo per una notte, poi si fa bollire per circa mezzora in abbondante acqua; una volta tolta dal fuoco si scola e si macina finemente per essere poi cucinata con il miele, aggiungendo, quasi a fine cottura, le mandorle macinate e il caffè. In una conca si sbattono insieme le uova e lo zucchero, fino a ottenere un impasto

Ingredienti: per la sfoglia: 3-4 kg di farina, 20 uova, 1,250 kg di strutto, 2 kg di zucchero, ammoniaca, ½ litro di latte, 1 bustina di lievito per ogni kg di farina; per il ripieno: 1 kg di buccia d’arancia, 1 kg di miele, 1 kg di mandorle, 2 tazzine di caffè; per la glassa: acqua calda, zucchero a velo.

omogeneo; si aggiunge lo strutto, quindi il latte tiepido, l’ammoniaca e il lievito. Per ultima si versa la farina e si lavora l’impasto finché non diventa liscio, morbido e mediamente compatto. Una volta pronto, se ne prendono dei pezzi che vengono tirati a sfoglia con il matterello fino ad uno spessore di circa 2 cm. Al centro di ciascuno di essi si sistema una piccola quantità di ripieno che viene ricoperto da un’altra sfoglia. Dopo aver sigillato i lembi si procede a conferire loro la caratteristica forma a fiore con l’apposito strumento. Si sistemano le gupulettas nelle teglie unte con lo strutto e si mettono nel forno a temperatura media fino a quando non raggiungono una colorazione leggermente dorata. Mentre si lasciano freddare i dolci, si prepara la glassa, con acqua tiepida e zucchero a velo, e la si stende con un coltello sulla superficie delle gupulettas, che si decorano con la trazea e si lasciano asciugare.


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Decorazioni: la superficie viene ricoperta di glassa, e cosparsa di trazea prima che il rivestimento zuccheroso si asciughi; nei negozi specializzati si realizza una variante senza glassa, caratterizzata da un’apertura centrale dalla quale si intravede la farcia.

La superficie superiore delle gupulettas, nel caso che non venga ricoperta di glassa e cosparsa di trazea, viene leggermente incisa, in maniera tale che si intraveda il ripieno di arantzada.


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Candelaus prenus variamente decorati: con glassa reale e argentinus, e con glassa reale e indoru. Pagina a lato in alto: Candelaus sbuidus forgiati a mo’ di scodelline e di scarpine.

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Tiliccas Denominazione locale: tiliccas, tiriccas, tericcas, thiliccas, tziliccas (Sardegna centrale e parte della Sardegna settentrionale), cucciuleddi e meli, cucciuleddi e sapa (Gallura), caschettas (Mamoiada, Tertenia), còtzuli (Sorso), còtzulos (Sennori), fraones (Silanus), seddines/siddines (Benetutti, Nule), panigheddos (Luras). Adattamento della parola sarda all’italiano regionale: tilicche. Area di diffusione: tutto il territorio regionale con varianti di forma e denominazione.

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Vitalità dell’uso: uso vivo. Occasione: Ognissanti; Commemorazione dei Defunti; Sant’Antonio abate (17 gennaio); Natale; Pasqua. Forma e caratteristiche: dolce ripieno dalle forme più svariate (ferro di cavallo, ellisse, mezzaluna, cuore, lettere, spirale), la cui superficie esterna è costituita da una sottile striscia di pasta violada (una pasta ben lavorata con lo strutto), di semola, tagliata con rotelle dai bordi variamente frastagliati, farcita con un ripieno di mandorle e miele o sapa. La sfoglia viene poi richiusa a mano, in foggia di coroncina.


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Tiliccas olianesi, del tutto simili alle caschettas di Mamoiada nella forma e nel ripieno a base di miele.

Panigheddos di Luras, con ripieno a base di miele, noci e scorza d’arancia.

Ingredienti:* per la sfoglia: 1 kg di farina semolata (granito), 250 g di strutto; per la farcia: 250 g semola, 150 g di mandorle dolci sgusciate, 1 litro di sapa, scorza grattugiata di due arance, trazea per la decorazione. * La sapa può essere sostituita dal miele e il ripieno arricchito da ulteriori qualità di frutta secca. Decorazioni: confettini colorati (trazea e sim.).

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Rimbocchi x accoppiato

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Segni di taglio x sovraccoperta

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Rimbocchi x accoppiato

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