Su Patiu n 34

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Notiziario della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - Oliena

N. 34 - Ottobre 2017

Oliena ricorda P. Giovanni Antonio Solinas

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Gesuitico, “luogo ricco di suggestioni e di rimandi – come a sottolineato il Prof. Francesco Palimodde moderatore dei lavori, nella sua introduzione – luogo della memoria condivisa, che tutti accumuna, in quanto olianesi e cristiani. Qui è parte del vissuto di intere generazioni che presso i Padri gesuiti si sono formate alla scuola del Vangelo e della vita”. In questo ambiente si è formato il Padre Solinas. Il presente numero del nostro periodico è perciò quasi interamente dedicato a questo Convegno, con i contributi dei vari relatori, a cui va tutta la nostra gratitudine per la disponibilità e per il significativo apporto del loro lavoro di ricerca. Queste relazioni sono state già pubblicate nel Settimanale diocesano “L’Ortobene”, che ringraziamo per il suo prezioso servizio e per la possibilità che ci dà di riunire questi interventi per conservare e per rileggere con più calma gli eventi che hanno contribuito a plasmare la personalità del P. Solinas. Con le relazioni vengono pubblicate anche le appropriate introduzioni fatte dal moderatore a ogni singolo intervento. Ci auguriamo che questa iniziativa serva a far conoscere sempre più e meglio la figura di questo illustre gesuita olianese e dia anche maggior slancio per arrivare quanto prima alla beatificazione. Don Giuseppe Mattana

er la Comunità di Oliena è motivo di grande soddisfazione l’introduzione e il cammino della Causa di beatificazione e Canonizzazione di P. Giovanni Antonio Solinas e dei suoi compagni eroici testimoni di fedeltà al Vangelo. Nel mese di gennaio di quest’anno, come abbiamo già avuto modo di parlarne, è venuta a Oliena, accompagnata da Don Andrea Buttu, Suor Isabella Fernandez, Postulatrice della Causa, che ha avuto modo di comunicare le varie fasi dell’iter della causa sia a livello diocesano nella Diocesi di Oran in Argentina, sia nella Congregazione delle cause dei santi a Roma. In quella occasione è nata l’idea di un evento che desse grande risonanza alla figura del P. Solinas, alla sua vita, alla sua missione e alla sua eroica testimonianza. Si è arrivati così a organizzare il 26 giugno un Convegno di Studio, con la collaborazione della Diocesi e della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna che ha offerto il suo qualificato contributo scientifico insieme a S. E. Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano e alla stessa Postulatrice Suor Isabella Fernandez. La Comunità parrocchiale, con il prezioso aiuto del Consiglio Pastorale e di tanti volontari, si è messa subito all’opera per far conoscere e per assicurare all’evento un positivo risultato. Il luogo del Convegno non poteva essere che il cortile dell’Ex Collegio pag. 1

Particolare dipinto di E. Farinelli

@ChiesaOliena

www. parrocchiaoliena.it

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Speciale Convegno

Introduzione del Convegno e presentazione degli interventi a cura del Prof. Francesco Palimodde

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uando don Mattana ha pensato di organizzare questo Convegno di Studio su padre Solinas, non poteva scegliere posto migliore dove tenerlo: il collegio, già dimora dei padri gesuiti. Luogo ricco di suggestioni e di rimandi, luogo della memoria condivisa, che tutti ci accomuna, in quanto olienesi e cristiani. Qui è parte del vissuto di intere generazioni che presso i padri gesuiti si sono formate alla scuola del Vangelo e della vita. Quel vissuto si irradia sino a noi e permea l’animo degli olienesi di ieri e di oggi. Qui si è formato padre Solinas. Riannodare i fili della memoria intorno alla sua esemplare figura è compito di ogni olienese. La sua vita, la sua diligente attività di studio nel collegio e nella missione, il suo desiderio di evangelizzare, di pacificare, la sua fede vissuta nella carità, la sua sollecitudine verso gli altri: i poveri, i lontani, i diversi, rappresenta un patrimonio di fede e di umanità che non può essere disperso, ma a cui occorre guardare con rinnovata fiducia, nella consapevolezza che il nostro Martire parla anche a noi: uomini, donne, giovani del terzo millennio. Con questa convinzione diamo inizio ai nostri lavori col saluto del nostro parroco, don Giuseppe Mattana.

Saluto al Convegno di Studio su Padre Giovanni Antonio Solinas

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n cordiale saluto a tutti voi qui presenti, anche a nome di Don Luca Mele, di Don Tomaso Puddu e del Consiglio Pastorale Parrocchiale. Saluto e ringrazio il nostro Vescovo Mons. Mosè Marcìa per la sua presenza e per il suo incoraggiamento nei confronti di questa iniziativa. Un saluto al Sindaco di Oliena Avv. Martino Salis e all’intera Amministrazione Comunale, anche per il Patrocinio assicurato a questo Convegno. Un cordiale e grato saluto ai relatori di questo Convegno: S. E. Mons. Ignazio Sanna, Arcivescovo di Oristano, Don Roberto Caria, Vice Preside della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, P. Guglielmo Pireddu, Superiore della Comunità Gesuitica della Pontificia Facoltà Teologica, Padre Dionigi Spanu, Segretario della

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Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, Don Totoni Cossu, Parroco di N. S. del Rosario in Nuoro e già missionario nella Diocesi di Oran in Argentina, Suor Isabel Fernandez, Postulatrice della Causa di Beatificazione di P. Giovanni Antonio Solinas. Proprio durante la visita a Oliena, nel mese di gennaio, da parte di Suor Isabel è nata l’idea di organizzare questo Convegno per dare un significativo contributo alla conoscenza di P. Solinas, il suo spessore spirituale, la sua appartenenza all’Ordine dei Gesuiti, il suo impegno apostolico e missionario. Come ha accennato il Prof. Francesco Palimodde, lo si è voluto celebrare in questo spazio altamente significativo della presenza dei Gesuiti a Oliena, in ordine alla formazione spirituale, culturale ed economica, e luogo

privilegiato della formazione del P. Solinas. Anche per questo si è voluto chiedere il qualificato apporto della Facoltà Teologica della Sardegna, ricca ancora oggi della presenza gesuitica. Un saluto e un grazie vorrei rivolgere all’artista Ezio Farinelli, per il pregevole e significativo dipinto su Padre Solinas, frutto di un lungo e appassionato studio dei documenti. Mi hanno assicurato la loro spirituale partecipazione S. E. Mons. Pietro Meloni, nostro Vescovo Emerito, S. E. Mons. Arrigo Miglio, Arcivescovo di Cagliari, S. E. Mons. Piergiuliano Tiddia, Arcivescovo Emerito di Oristano. S. E. Mons. Antioco Piseddu, Vescovo Emerito di Lanusei e S. E. Mons. Antonio Vacca, Vescovo Emerito di Alghero-Bosa. Auguro a tutti una proficua partecipazione. pag. 2


Lo stile missionario dei Gesuiti

Speciale Convegno

L’interesse culturale, religioso, letterario, sull’opera evangelizzatrice dei gesuiti è stato sempre rilevante. Al loro “Cristianesimo felice” continuano ad ispirarsi uomini di cinema come Martin Scorsese col suo “Silenzio” del 2016, o il corposo libro, ancora fresco di stampa, dal titolo: “Dialogo sulla missione degli ambasciatori giapponesi alla Curia Romana” che traduce il “De Missione” scritto intorno al 1590 da padre Alessandro Valignano, primo visitatore nelle Indie orientali, vent’anni dopo San Francesco Saverio. All’attualità di tanto interesse e tanto successo non è certo estraneo lo stile missionario dei gesuiti che ci verrà illustrato da padre Guglielmo Pireddu, superiore della comunità gesuitica della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

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on si può omettere nella storia delle missioni quello che è stato l’apporto della Compagnia di Gesù; voler prescindere dalla componente gesuitica è un’astrattezza; in quanto molti degli eventi missionari più significativi dei secc. XVII e XVIII sono intrecciati all’operato dei gesuiti. Una prima osservazione è che non è possibile indicare un modus operandi unico: un discorso è il mondo asiatico, un altro è quello dell’America latina, altro ancora fu il mondo africano. Per quanto concerne il Sud-America non mi dilungo sulle reducciones, perché oggetto di altri interventi; per cui, quanto esporrò qui vale soprattutto per l’Estremo Oriente. Una seconda osservazione è che lo stesso termine di “missione” ha un’origine gesuitica. Infatti, sino al XVI-XVII secolo la propagazione del Vangelo veniva definita con espressioni quali: “Dilatatio fidei”, “Propagatio fidei”, “Evangelii Praedicatio”, “ministerium Verbi”, “Procuratio salutis”, “Convocatio gentium”, “Praedicatio apostolica”. Senonché, a motivo dell’importanza data nelle costituzioni ignapag. 3

ziane al “voto circa le missioni” a cui i padri professi erano tenuti, il termine “missione” fu utilizzato per indicare l’apostolato presso i paesi non credenti in Cristo. Fu così che nel corso del XVII secolo il termine “missione” finì per designare le missioni estere. Nella storia delle missioni di questo periodo troviamo in generale due linee pastorali: 1) una che si svolge presso le corti, rispettosa della cultura e delle cerimonie locali; 2) un’altra di ambito popolare; caratterizzata fin dall’inizio da un annuncio globale dei misteri cristiani, ma che faceva tabula rasa di ogni tradizione precedente, considerata idolatrica.

Vediamo, dapprima, quelle caratteristiche, valide per qualsiasi missionario: 1) estrema povertà di mezzi; 2) consapevolezza di partire, generalmente, per sempre; senza fare più ritorno nella propria patria; 3) aspettativa di vita apostolica limitata, in quanto l’età media dei missionari era bassa; 4) tutti i missionari condividevano una prospettiva martiriale (ritenuto lo strumento più adatto per testimoniare il Vangelo); 5) il missionario era sempre portatore di una sua visione eurocentrica e occidentale (egli si portava appresso il suo mondo originario che cercava di riprodurre in loco). 6) dipendevano dal proprio ordine religioso, poco inclini a collaborazioni con altri ordini, e con Propaganda Fide. 7) spesso erano i rappresentanti e agenti della potenza coloniale (questa caratteristica non è valida per i gesuiti, in quanto appartenenti ad un ordine trans-nazionale); 8) nell’azione erano mossi dall’impellenza assoluta del battesimo; 9) visione paternalista; es.: magari difendevano gli indios dai Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno

soprusi, ma quasi nessuno ha tentato di mettere in discussione l’istituto della schiavitù (ritenuta intangibile); 10) inizialmente, avevano scarse competenze mediche, geografiche o scientifiche. La salvezza delle anime era l’unico obiettivo degno di nota. Concentrandoci sul modus operandi dei gesuiti, dobbiamo rilevare che questi si fecero assertori del metodo dell’adattamento, intuito dal Visitatore delle missioni gesuitiche in Estremo Oriente, l’italiano Alessandro Valignano. Le caratteristiche tipiche dei missionari gesuiti possono essere riassunte in quattro punti: 1) La prima di queste caratteristiche è l’ADATTAMENTO. Inizialmente i gesuiti, laddove incontrano civiltà evolute, si adattano nel linguaggio, negli abiti, nel rispetto delle tradizioni locali, valorizzandovi gli elementi locali in ciò che poteva essere assunto in un processo di evangelizzazione. Questo approccio è precedente ai gesuiti, basti pensare alle istruzioSu Patiu - Ottobre 2017 - n. 34

ni di S. Gregorio Magno ai suoi legati missionari. 2) Una seconda caratteristica fu L’EVANGELIZZAZIONE DELLE CLASSI ALTE. L’idea sottostante a questa strategia era che, nel caso di una conversione di questa élite, tutto il popolo sarebbe stato acquistato al cristianesimo. Tuttavia, tra i cristiani quelli che appartenevano all’élite, non superavano l’1% del totale. Tutti gli altri erano analfabeti e probabilmente poveri. Perciò, il mito che i gesuiti si occupassero soltanto delle élites, in realtà, è un falso da rivedere. 3) Terza caratteristica fu la DIFFUSIONE DELLE SCIENZE OCCIDENTALI. In parole povere i gesuiti offrirono il “sapere”; ciò era indispensabile, in quanto in Cina se si voleva essere stimati, occorreva avere “conoscenze” da offrire. 4) L’ultima caratteristica della loro strategia fu L’APERTURA E LA TOLLERANZA ALLA CULTURA E AI VALORI CINESI. Matteo Ricci intuì subito che non si poteva predicare il Vangelo ai

cinesi restandovi stranieri. I missionari incontrarono in Cina una cultura di livello elevato che aveva sviluppato dei valori sociali, per cui giocoforza occorreva adattarsi, adottando un atteggiamento tollerante verso certi riti. Questi quattro punti costituiscono le linee guida che racchiudevano l’azione missionaria dei gesuiti in Cina. Si possono confrontare con le strategie adottate dagli ordini medicanti nella stessa epoca. Questi erano meno preoccupati dell’adattamento, meno orientati verso l’élite, meno interessati dalle scienze, e infine meno tolleranti verso le tradizioni rituali locali. Tuttavia, bisognerebbe verificare se questo approccio fosse quello dominante. In realtà non dappertutto avvenne allo stesso modo. Al che intuiamo che dovunque un gesuita sia giunto, ciò che realizzò dipese molto dalle “richieste” della società che lo accolse. Possiamo, perciò, affermare che le caratteristiche della cultura corporativa dei gesuiti in Cina non sono false, ma presentano solamente un aspetto della storia. Un’obiezione pag. 4


Speciale Convegno metodologica importante deve tener conto che un’identità non nasce soltanto dallo sforzo del “singolo”, ma che evolve per via della sua interazione con “l’altro”. È vero che c’è il genio religioso del singolo missionario, ma bisogna anche ammettere che ciò che i gesuiti sono diventati, è anche merito de “l’altro” che li ha incoraggiati a diventare tali. Guardando la storia a partire dall’altro, si scopre che è questi l’attore principale nell’incontro missionario. Questa constatazione è pienamente valida anche per i gesuiti sardi che operarono nelle riduzioni del Paraguay: osservando le tribù guaranì, docili, più pacifiche di altre, ma anche molto acute, e rapide nell’assimilare le conoscenze trasmesse dai gesuiti, questi ultimi progettarono un ordine sociale che non ebbe riscontri nella storia delle missioni. Confronto con le missioni sudamericane e valutazioni finali A questo punto dobbiamo chiederci se le caratteristiche prima citate sono rintracciabili anche per i gesuiti che operarono nell’America latina. La riposta è parzialmente affermativa. Dovunque i gesuiti siano arrivati hanno sempre mostrato attenzione alle culture locali. Certamente nelle riduzioni i gesuiti non si vestivano come i guaranì, ma parlavano la loro lingua, anzi, furono essi a preservarla. Apparentemente, il secondo punto potrebbe apparire poco presente, ma in realtà non è così, non dimentichiamo che i gesuiti cercarono di rispettare l’ordine sociale delle tribù interessate. Il terzo punto è quello più evidente: la diffusione delle conoscenze occidentali. È noto quanto i gepag. 5

suiti abbiano insegnato ai guaranì in termini di costruzioni edili, tecniche agricole, allevamenti di bestiame, conoscenze musicali e artigianali. L’ultimo punto non fu adottato, in quanto la cultura guaranì presentava pochi aspetti “riciclabili”; per cui in questo ambito i gesuiti dovettero lavorare a fondo per una trasformazione positiva del mondo valoriale degli indios (non è un caso che il p. Solinas sia morto martire). Se proprio vogliamo individuare un limite, direi che l’esperienza delle missioni sudamericane mostra una troppo accentuata predisposizione dei gesuiti a dinamiche paternalistiche, che hanno poi impedito agli indios di reggersi, una volta venuta a mancare la presenza gesuitica. In positivo, invece, dobbiamo rilevare che le riduzioni costituirono il culmine di una esperienza sociale unica, in cui i guaranì non furono dei soggetti passivi, ma, al contrario, erano gli artefici del loro stesso sviluppo, il che portò

le riduzioni a raggiungere dei livelli altissimi di benessere economico, molto superiore a quello di tante zone europee. Questa constatazione, apre un altro filone, e cioè che i gesuiti con questo esperimento mostrarono che le tesi razziste spagnole dello sfruttamento coloniale, erano false e inficiabili. Da questo momento non era più possibile parlare di inferiorità delle popolazioni amerinde. I gesuiti dimostrarono che se a queste popolazioni fosse stato dato un opportuno “patrimonio di conoscenze”, queste potevano raggiungere dei risultati impensabili. Anche il p. Solinas col suo esempio ci mostra che il missionario va oltre l’interesse particolare della potenza coloniale che lo sponsorizza, avendo a cuore unicamente il progresso umano e spirituale di popolazioni che lui ama, rispetta e ed eleva in ogni possibile ambito di sua pertinenza. Guglielmo Pireddu S.I. Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno

Le Reducciones: un esperimento pedagogico e sociale per la libertà degli indios

Uno dei temi fondamentali della storiografia latino americana di oggi, ma che trova largo interesse anche da noi è quello delle Riduzioni. Esse infatti appaiono caratterizzate da una singolare concatenazione di problemi religiosi, linguistici, economici, antropologici, architettonici, urbanistici e persino musicali. Un crogiuolo di cultura europea e di cultura originaria, di fede cattolica e di religiosità mista a credenze consuetudinarie. È questo l’argomento che affronterà don Roberto Caria, vice Preside e docente della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

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a creazione di comunità nel Sud dell’America latina, nella zona del Rio de la Plata in un punto oggi suddiviso tra Argentina, Paraguay e Brasile, fu una delle opere più nobili e lodevoli della Chiesa Cattolica all’interno del grande Impero Spagnolo. L’iniziativa origina dalla fede e dall’impegno, dei francescani prima e dei gesuiti poi, per la evangelizzazione e la promozione umana dei popoli del Nuovo Mondo. Fu sicuramente un grande slancio spirituale e morale per inculturare il Vangelo presso i popoli indios, “ridotti” alla vita comunitaria per superare le precarietà della vita seminomade fino ad allora praticata. L’esperimento (così ci piace chiamarlo) condotto dai gesuiti in questa zona ebbe inizio nei primi anni del XVII secolo (1609) e si concluse circa centocinquant’anni dopo (1767) per motivi politici ed economici. All’origine del loro abbandono, nella seconda metà del Settecento, pesò sia la soppressione della Compagnia di Gesù che stava maturando in quegli anni, sia conflitti di frontiera fra i due imperi Spagnolo e Portoghese, che si prolungarono fino a Ottocento inoltrato. Padre Giuseppe Solinas da Oliena Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34

ha dato il suo prezioso contributo apostolico nelle reducciones di Itapùa e Santa Ana, nel Paranà e in Uruguay. Nel 1682 iniziò la Missione nel Chaco da parte della Compagnia, e come sappiamo p. Solinas collaborò insieme a p. Diego Ruiz, professore all’università di Cordoba, e il fratello coadiutore Silvestro Gonzàles, nel lavoro apostolico a Salta nel Chaco. Pochi mesi dopo troverà il martirio il 27 ottobre 1683 nella valle del Zenta, vicino alla città di Oràn (Salta, Argentina). Negli ultimi due secoli e mezzo seguiti alla fine delle riduzioni del Paraguay (tuttora sono attive quelle della Bolivia) le interpre-

tazioni date di tale esperimento sociale sono state varie e spesso fuorvianti. Lo studioso Robert Lacombe in una sua ricerca pubblicata nel 1993 (Guaranis et Jésuites. Un combat pour la liberté, Société d’Ethographie, Paris) afferma che l’interpretazione delle riduzioni è stata spesso tradita o deformata ideologicamente. Non si trattò, infatti, di un progetto politico volto a realizzare la cittàstato ideale sul modello platonico, tantomeno un progetto sociale di comunismo cristiano (la proprietà privata non era abolita, era inserita all’interno di una formazione graduale della libertà). Ma la cosa importante da evidenpag. 6


Speciale Convegno ziare, secondo Lacombe, è che tra gesuiti e guaranì nacque gradualmente un vero “contrat de confiance”, un rapporto di fiducia e collaborazione reciproca, che gradualmente condusse gli indios all’autonomia morale e all’indipendenza politica. Basti pensare, solo per fare un esempio, che la lingua guaranì è l’unica che è diventata lingua ufficiale di uno Stato (Paraguay), grazie alla cura che i gesuiti ebbero anche per conservare la lingua e le più sane tradizioni locali. Dunque, quando parliamo delle Riduzioni in Paraguay ci riferiamo ad una grande opera spirituale innanzitutto, secondo il motto gesuitico: Ad Maiorem Dei Gloria. Ogni opera autenticamente spirituale ha sempre una ricaduta comunitaria e sociale: tale esperimento pedagogico favorì la promozione e la maturazione morale degli indios. Un esperimento pedagogico che contribuì anche alla formazione ad una sana proprietà privata e alla vera sovranità politica. Si trattò di una maturazione nella libertà non solo esterna (con raggiungimento graduale dell’indipendenza politica), ma prima di tutto interiore e spirituale.

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Un vero e proprio «combat pour la liberté», come la chiama ancora R. Lacombe, un lotta per la libertà a tutti i livelli: spirituale, morale, economico e politico. Un grande sforzo per la formación cristiana integral de un pueblo nuevo. Quando Pio XII incontrò il primo rappresentante diplomatico del Paraguay presso la Santa Sede, il 12 luglio 1949, fece un accorato riferito al momento storico in cui la Chiesa cattolica incontrò i popoli guaranì, e fu un incontro fruttuoso: «Estas realizaciones sociales (reducciones) han quedado allí para la admiración del mundo, el honor de vuestro país y la gloria de la Orden ilustre que las realizó, no menos que para la de la Iglesia católica, pues ellas surgieron de su seno maternal». L’opera svolta dai gesuiti coraggiosi e pieni di zelo apostolico, come Giuseppe Coco Tolu di Posada e Giuseppe Solinas di Oliena, nella America latina, è motivo di ammirazione, ma deve anche suscitare domande su come oggi possiamo imitare quel coraggio e quella passione per il Vangelo. San Giovanni Paolo II ricorda la vera finalità della missione, così come è stata condotta nel Para-

guay: «La Chiesa e i missionari sono promotori di sviluppo anche con le loro scuole, ospedali, tipografie, università, fattorie agricole sperimentali. Ma lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi» (Redemptoris Missio, n. 58). Quanto fecero i gesuiti nelle Riduzioni, dunque, non può essere solo argomento di ricerca storica o ammirazione per un’opera lodevole del passato: essa ha tanto da insegnare anche al presente, a tutti gli educatori ed evangelizzatori che hanno a cuore l’autentica libertà dei giovani, di ogni persona, di ogni tradizione culturale. Papa Francesco ci ricorda che la realtà attuale, dove la parola libertà è condotta all’eccesso del capriccio personale trascurando il fondamento spirituale di ogni libertà, ha tanto bisogno di una nuova opera di educazione alla libertà di pensiero e di pratica morale: «Viviamo in una società dell’informazione che ci satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello, e finisce per portarci ad una tremenda superficialità al momento di impostare le questioni morali. Di conseguenza, si rende necessaria un’educazione che insegni a pensare criticamente e che offra un percorso di maturazione nei valori» (Evangelii Gaudium, n. 64). Da quella esperienza gesuitica in Paraguay di tre secoli fa abbiamo tanto da attingere per imparare come oggi si possa educare alla libertà e alla fede in modo autentico. Roberto Caria Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno

Profilo spirituale di Padre Giovanni Antonio Solinas

In questo contesto così magistralmente e plasticamente delineato si muove e opera padre Giovanni Antonio Solinas. Una figura di uomo e di sacerdote che sempre più ci viene restituita, nella sua straordinarietà, dalla lettura dei documenti che emergono dai diversi archivi e che concorrono a tracciare un profilo sempre più compiuto della sua spiritualità. Di questo aspetto peculiare ci parlerà Padre Dionigi Spanu segretario della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna.

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ota biografica sul padre vatore Pinna. Questi, mentre era Giovanni Antonio Soli- in refettorio coi suoi confratelli nas S.I. nel Convento di Bitti, in modo umanamente imprevedibile, con Nasce a Oliena (NU) il 15 feb- espressioni molto vivide e crude braio 1643. Entra in Compagnia descrisse gli ultimi istanti di vita di Gesù, a Cagliari, il 12 giugno del padre Solinas. Il suo raccon1663. Viene ordinato sacerdote to fu successivamente confermato a Siviglia (Spagna) il 27 maggio dal Provinciale dei Gesuiti, infor1673. Mandato in missione (fa mato tempestivamente dai confraparte della spedizione del padre telli in Paraguay del padre Solinas Cristoforo Altamirano), giunge (S. BUSSU, Martire per amore, a Buenos Aires (Argentina) il 15 Oliena 2005, p. 56). aprile 1674. Inviato tra i Gua- ****** ranì, emette gli ultimi voti nella La vita spirituale di un cristiano Riduzione dell’Incarnazione (Pa- consiste nel lasciarsi guidare dalraguay) il 15 agosto 1682. Nello lo Spirito Santo (cfr. Rm 8,14), stesso anno è destinato come mis- il quale aiuta a discernere la vosionario nella regione del Chaco, lontà di Dio che si realizza nella dove incontra la morte il 27 otto- nostra santificazione, secondo la bre 1683 per mano degli Indios vocazione propria di ciascuno: di Macobìes e Tobas insieme al sa- laico, di ministro di Dio, o di percerdote diocesano don Pedro Ortiz de Zarate e a 18 laici cristiani. Non possiamo tacere il fatto prodigioso con cui il Signore ha voluto accompagnare il transito del padre Solinas. Mentre concludeva la sua esistenza terrena in Paraguay, versando il suo sangue per Cristo, il Dio Vivente ha voluto far conoscere “in diretta” il momento e le circostanze del passaggio da questo mondo al Padre (cfr. Gv 13,1) di questo suo figlio, illuminando misticamente il Cappuccino di Oliena fra’ SalSu Patiu - Ottobre 2017 - n. 34

sona consacrata attraverso la professione dei consigli evangelici di castità, povertà e obbedienza. Perciò, parlando di padre Solinas, vogliamo mettere in evidenza i frutti da lui maturati nel suo itinerario di vita spirituale. Il primo frutto è l’amore di Dio. All’età di vent’anni Giovanni Antonio si sente chiamato dal Signore a entrare a far parte della Compagnia di Gesù, e obbedisce alla voce misteriosa dello Spirito. Inviato in missione, nella provincia gesuitica del Paraguay, si adoperò per far conoscere la buona notizia del Vangelo, prima di tutto con la parola, avendo appreso molto bene la lingua dei suoi ascoltatori: il guaranì. Ma un tale insegnamento era sostenuto da una incessante preghiera, nella misura

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Speciale Convegno in cui ciò gli era consentito dagli impegni di apostolato e di carità. Insieme alla parola e alla preghiera, l’apostolato del nostro missionario era sostenuto dalla sofferenza. Come San Paolo (cfr. Col 1,24), desiderava soffrire il più possibile per far conoscere il Signore a tutte le genti. Giorni prima del suo martirio venne a sapere che alcuni appartenenti agli Indios Tobas e Mocobìes volevano la sua morte, come quella degli altri missionari. Il padre Giovanni Antonio non solo non indietreggiò nell’annunzio di Cristo e del suo Vangelo, anzi proseguì con più impegno di prima nel lavoro del primo annunzio e di catechesi. Da genuino figlio di Sant’Ignazio, come aveva appreso nel mese di Esercizi Spirituali, aveva una particolare devozione per la Santissima Umanità di Cristo e per i misteri della sua vita, morte e risurrezione. Queste verità di fede, approfondite in seguito nello studio sistematico della Teologia e fatte oggetto di meditazione nella preghiera personale e liturgica, erano vissute quotidianamente nella Celebrazione Eucaristica. Anche l’ultimo giorno della sua vita terrena riuscì a celebrare la Santa Messa. Spesso, quando era richiesto per qualche attività pastorale, lo si trovava in adorazione davanti al Santissimo Sacramento. “Tutte le cose – scrive Sant’Ignazio nelle Costituzioni della Compagnia – saranno condotte e ordinate per il maggior servizio e lode di Dio nostro Signore [...] e per pag. 9

il maggior bene universale, che è il solo fine che si cerca in ogni cosa”. Insieme all’amore per il Signore, il padre Solinas aveva anche un culto particolare per gli amici di Dio, cioè la Vergine Maria e i

Santi. La devozione alla Madonna l’aveva appresa nel paese natale, Oliena, la cui chiesa parrocchiale era dedicata a Santa Maria. Un tale culto è proseguito nella vita religiosa in Compagnia di Gesù le cui Costituzioni raccomandano la recita del Rosario e invitano i membri dell’Ordine a servirsi di questa pia pratica quale aiuto nella meditazione e contemplazione dei misteri della vita di Cristo. L’amore alla Vergine è testimoniato anche dal Rosario insanguinato, trovato legato alla cintola della veste talare quando, il 1 novembre 1643, venne ritrovato il suo corpo martoriato.

I Santi verso i quali il padre Solinas aveva particolare venerazione erano Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio e attraverso la loro intercessione riuscì ad ottenere dal Signore diversi prodigi a favore dei suoi Indios. Il secondo frutto della maturazione nello Spirito è l’amore del prossimo. Quanti conobbero il nostro missionario sono concordi nel sostenere la sua affabilità e simpatia e nel considerarlo un esempio di perfezione cristiana e religiosa. Un confratello testimoniò che, durante una predicazione quaresimale, il padre Giovanni Antonio lavorava così bene sia nel confessionale che nel pulpito che era da tutti stimato e ammirato. Le opere di misericordia, corporali e spirituali, occupavano buona parte del suo tempo. E questo soprattutto nei riguardi di coloro che lo avevano offeso. Secondo l’insegnamento di Gesù, insultato non rispondeva con insulti (cfr. 1 Pt 2,23), anzi vinceva il male col bene (cfr. Rm 12,21). I doni di Dio non sono concessi solo per la perfezione personale ma anche per l’utilità comune (cfr. 1 Cor 12,7). Perciò, nella istituzione e conduzione delle Associazioni di Azione Cattolica, come le Congregazioni Mariane, il padre Solinas esortava coloro che ne facevano parte a coltivare la propria vita spirituale, senza chiudersi in sé stessi ma aprendosi alle necessità del prossimo, nell’esercizio delle opere di misericordia. Il terzo frutto della crescita spirituale del nostro Padre è la pratica dei consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza. Su di essi – scrive San Tommaso d’Aquino Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno – “si fonda ogni stato di vita religiosa, che confessa vita di perfezione, poiché alle ricchezze si rinuncia con il voto di povertà; ai piaceri della carne con la perpetua castità; alla superbia della vita con la sottomissione all’obbedienza”. Il padre Solinas ha vissuto questi consigli evangelici sforzandosi – con la Grazia di Dio e il suo impegno umano – di mettere in pratica, nella vita di ogni giorno, quanto aveva promesso al Signore il giorno degli ultimi voti in Compagnia. La povertà la manifestava nel distacco da tutte le realtà terrene. Per assomigliare di più a Cristo sceglieva la povertà invece della ricchezza (cfr. Esercizi Spirituali 167). Il padre Maccioni, biografo del Solinas, testimonia che “viveva distaccato da tutte le cose terrene [...]; amava e venerava come madre la santa povertà [...]; il suo letto era uguale a quello dell’indio più povero e miserabile [...]; il suo vestito intimo era tale che non si riconosceva il tessuto principale, poiché ai rammendi vincolava tutte le risorse di cui poteva disporre per un altro più nuovo o meno rovinato [...]; il suo vestito [esteriore] era il necessario per la decenza della sua condizione e sempre il più povero”. La castità: il padre Solinas era convinto che il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo (cfr. 1 Cor 6,19), perciò lo trattava con santità e rispetto (cfr. 1 Ts 4,4), come si fa con i luoghi di culto, dove è presente il Signore. Inoltre aveva compreso molto bene la lezione dell’Apostolo, che trattava duramente il suo corpo e lo dominava (cfr. 1 Cor 9,27). Ad esso, infatti, concedeva solo il necessario e spesso gli toglieva anche quello. Già dal Noviziato aveva imparato la mortificazione che aumentava Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34

ogni giorno a mano a mano che andava avanti negli anni. Da degno figlio di Sant’Ignazio, aveva fatta propria la raccomandazione del Fondatore: per conformarsi pienamente a Cristo “il più grande e più grave dovere di ciascuno deve essere di cercare, nel Signore nostro, la maggiore abnegazione e la continua mortificazione di sé stessi, per quanto è possibile, in ogni circostanza” (Costituzioni S.I., 103). Parlando dell’attività missionaria del padre Solinas e della stima di cui godeva, sia nel periodo in cui visse nelle Riduzioni, sia quando venne inviato tra i soldati, il suo biografo testimonia che “nessuno osò mai in sua presenza proferire parole, né commettere azione che fosse inadeguata in termini di rispetto”. L’obbedienza è il carattere distintivo della Compagnia di Gesù. Nella celebre lettera sull’argomento Sant’Ignazio osserva: “Possiamo tollerare che in altri Istituti religiosi ci si superi in digiuni, veglie e altre austerità [...] ma nella purezza e perfezione dell’obbedienza [...] desidero tanto [...] che si segnalino coloro che in questa Compagnia servono Dio nostro Signore e che da questo si riconoscano i suoi figli genuini, non mirando alla persona cui si obbedisce, ma in essa a Cristo nostro Signore, per cui si obbedisce”. Il padre Solinas ha letto e meditato questa lettera, ma soprattutto l’ha messa in pratica. Come raccomandava Sant’Ignazio, il padre Giovanni Antonio non guardava alla persona a cui obbediva, ma in essa vedeva Cristo nostro Signore. Perciò si sottoponeva all’obbedienza ai Superiori non solo quando riceveva da essi un or-

dine esplicito, ma anche quando ne intuiva il desiderio di essere ubbiditi. Il quarto frutto dello sviluppo spirituale del padre Solinas è l’osservanza delle Regole della Compagnia di Gesù. Esse sono un insieme di direttive spirituali che aiutano i membri dell’Ordine ignaziano nel loro comportamento, con sé stessi, con i Superiori, con i confratelli e con il prossimo in genere. Quanti conobbero il nostro Padre sono concordi nel ritenere che egli non ha mai violato alcuna regola della Compagnia. Queste Regole, nella sostanza, risalgono a Sant’Ignazio il quale, con l’aiuto dei primi compagni, le ha composte a poco a poco, in parte con la preghiera, in parte con il ragionamento e l’esperienza. Si comprende, perciò, come la loro osservanza ha aiutato i membri della Compagnia a progredire nel servizio di Dio, e questo per oltre tre secoli. Attualmente, infatti, e a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, queste Regole – ad eccezione di quella della modestia – sono state sostituite con altri ordinamenti, più confacenti al tempo in cui viviamo. A conclusione di questo breve scritto, vogliamo esprimere l’auspicio che la nostra Chiesa locale di Nuoro abbia al più presto la possibilità di venerare anche pubblicamente il padre Giovanni Antonio Solinas, quale modello da imitare per tutti i sacerdoti. I laici possono già guardare con fiducia alla beata Antonia Mesina, e le persone consacrate hanno già nella beata Maria Gabriella Sagheddu un esempio da seguire nella loro vita di ogni giorno.

Dionigi Spanu S.I.

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Cronaca di Vita Parrocchiale

Cronaca di vita parrocchiale Avvenimenti vissuti nella nostra comunità dal mese di marzo al mese di ottobre 2017

15 marzo: Incontro con i genitori dei frequentanti il catechismo. 20 marzo: Festa di S. Giuseppe e incontro con le ragazze e i ragazzi che si stanno preparando alla Prima Comunione e alla Cresima. 21 marzo: Inizio della benedizione delle famiglie. 24-26 marzo: S. Quarantore. 31 marzo: Consiglio parrocchiale di Azione Cattolica. 11 aprile: Nella chiesa di S. Maria Concerto della Polifonica di Oliena. 12 aprile: Nella chiesa di S. Croce, a cura dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Oliena e della locale Pro-Loco, Concerto “Cantos de lughe”, la Passione di Cristo in lingua sarda, con la partecipazione di Franca Masu, INDIRIZZI e NUMERI TELEFONICI Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola Piazza Collegio, 7 - 08025 OLIENA (Nu) Tel. e Fax 0784.285655 mail: p.santignazio@tiscali.it web: www.parrocchiaoliena.it Don Mattana tel. 0784.285655 - 340.7661593 Don Luca tel. 349.5484738 Don Puddu tel. 0784.288707 Per le vostre eventuali offerte: Conto Corrente Postale n. 13151071 intestato a: Parrocchia S. Ignazio di Loyola - Oliena

Alessandro Girotto e Salvatore Maltana. Sono presenti: il Coro “Nugoro amada” di Nuoro, Coro “S’Ena Frisca” di Putifigari, il pianista Pier Franco Meloni, con la Direzione Artistica di Maria Luisa Congiu. 13 aprile: Giovedì Santo. 14 aprile: Venerdì Santo. Paraliturgia de “S’Incravamentu”, Processione dei Misteri e “S’Iscravamentu”. 16 aprile: Pasqua di Risurrezione. Si rinnova il suggestivo rito de “S’Incontru” in Piazza S. Maria. 22 aprile: Ritiro dell’Azione Cattolica Parrocchiale a Monserrata. 26 aprile: I sacerdoti della Forania con il Vescovo Mons. Marcìa, ospiti della Parrocchia, visitano la località di Tiscali accompagnati da Gianni Maricosu. Dal 29 al 30 aprile: Pellegrinaggio dell’Azione Cattolica a Roma. 1° maggio: Convegno dei Ministranti a Orune. 7 maggio: Questua da parte del Comitato N. S. di Monserrata. 10 maggio: Incontro genitori e padrini dei cresimandi. 11 maggio: Pellegrinaggio parrocchiale a Orgosolo in occasione

NOTIZIARIO della Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola - OLIENA

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Direttore Responsabile: GIUSEPPE MATTANA Gruppo Redazione: LUCA MELE, ANTONELLO PULIGHEDDU, PEPPINO NIEDDU, FRANCO GARDU, FRANCESCO PALIMODDE, FRANCA MASSAIU, MATTIA SANNA, GUGLIELMO PULIGHEDDU, BASTIANINA CANUDU Grafica: Antonello Puligheddu - Stampa: Arti Grafiche Su Craminu - Dorgali Iscrizione Reg. G. e P. N. del Trib. di Nuoro n. 03/2004 del 20 Ottobre 2004

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della Novena in onore della Beata Antonia Mesina. 13 maggio: A Nuoro viene inaugurato il Tribunale Ecclesiastico Interdiocesano (Nuoro-Lanusei). 19 maggio: Incontro a Mamoiada dei rappresentanti dei Consigli Pastorali Parrocchiali della Forania con l’équipe del Consiglio Pastorale Diocesano. 20 maggio: Viene inaugurata la nuova Cooperativa olivicoltori nella Zona Industriale. 27 maggio: Mons. Mosè Marcìa amministra la S. Cresima in Parrocchia. 29 maggio: Nella chiesa di S. Maria, la polifonica di Oliena esegue il Concerto Mariano. 31 maggio: Pellegrinaggio a Monserrata a conclusione del mese di maggio e presentazione del nuovo altare esterno nel Santuario. 9 giugno: Riunione del Consiglio Pastorale Parrocchiale. 18 giugno: Solennità del Corpus Domini e Prime Comunioni. Al pomeriggio solenne Processione Eucaristica con la partecipazione dei Cavalieri e delle Dame dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Dal 25 giugno al 1° luglio: Campo del Reparto dell’Oliena 1 nella zona di Dorgali. 26 giugno: Viene celebrato a Oliena, nel Cortile dell’Ex Collegio, il Convegno di Studio su Padre Giovanni Antonio Solinas con la partecipazione, oltre del Parroco, del Sindaco e del Vescovo Mons. Marcìa, dei relatori: P. Guglielmo Pireddu, Don Roberto Caria, P. Dionigi Spanu, Mon. Ignazio Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Prime Comunioni

Boe Michele, Canudu Gabriele, Cappeddu Giorgia, Carta Matteo, Columbu Francesco, Concas Salvatore, Congiu Fabio, Corda Claudia, Cucca Federico, Cucca Pietro, D’Angelo Chiara, Deledda Giorgia, Fadda Chiara, Fadda Salvatore, Fancello Maria Chiara, Firinu Angelica, Firinu Beatrice, Flore Serena, Gabbas Sara, Gabbas Cristian, Gaia Francesco, Giobbe Aurora, Lai Giada, Langiu Marco, Malatesta Beatrice, Maricosu Chiara, Mastroni Nicola Rosa, Monni Pietro, Murgia Veronica, Natante Furru Gabriele, Palimodde Rebecca, Passarelli Beatrice, Pau Gianpietro, Pinna Giorgia, Piras Elena, Pische Elena, Puddu Giorgia, Puligheddu Angela, Puligheddu Mattia, Pulloni Cristiana, Pulloni Marianna, Salis Riccardo, Sanna Chiara, Sanna Gemma, Scano Jole, Secchi Lorenzo, Serra Luca, Soddu Mario, Tocca Alessandro, Tupponi Giuseppe, Vargiu Pierfrancesco, Zola Laura.

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Costa Antonio Francesco, Manca Camilla, Maricosu Giada, Pische Federica, Piga Franco, Mereu Sara, Maricosu Ilaria, Maricosu Gabriele, Massaiu Emanuela, Monni Nadia, Ruiu Arianna, Sale Franco, Careddu Carlotta, Catte Elisa, Corbeddu Paolo, Cucca Anna Chiara, Maisola Daniela, Mula Andrea, Pinna Giorgia, Puligheddu Giuseppe, Pulloni Francesca, Solinas Giuseppe, Piras Valentina, Ruiu Marco, Arru Eleonora Maria, Caggiari Greta, Carrus Manuela, Forcinetti Sofia, Gardu Silvia, Malune Alessia, Piras Simone, Piredda Antonella, Puddighinu Cristiano, Solinas Emma, Ticca Francesco, Tuffu Gabriele, Uras Stefano, Bassu Giovanna, Carta Adriana, Maricosu Pietro, Ruiu Francesco, Ticca Antonio, Piras Pietro.

Cresime

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Cronaca di Vita Parrocchiale Sanna, Don Totoni Cossu e Suor Isabella Fernandez. Ha moderato i lavori il Prof. Francesco Palimodde, con la partecipazione del Tenore Ulianesu di Antonio Putzu. Dal 2 all’8 luglio: Si svolge a Monserrata il campo dei lupetti del gruppo Scout di Oliena. 14 luglio: Consiglio Pastorale Parrocchiale per discutere sui gravi fatti avvenuti nel corso della festa di S. Giovanni, con la presentazione della Lettera del Parroco al Vescovo per gli opportuni provvedimenti. Dal 20 al 24 luglio: Pellegrinaggio dell’ADI a Lourdes. Dal 31 luglio al 6 agosto: Si svolge a Galanoli il campo scuola dell’ACR parrocchiale. 16 agosto: Inizio Novena in preparazione alla festa di S. Lussorio. Il 30 agosto: Ha inizio la Novena in preparazione alla festa di N. S. di Monserrata. Predicatore della Novena è Don Piero Mula, parroco della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù in Nuoro. Dall’8 al 10 settembre: Si rinnova a Oliena l’appuntamento di “Cortes apertas”. Il 7 ottobre: Si è svolto nel Santuario di N. S. di Monserrrata il Ritiro parrocchiale per l’inizio del nuovo Anno Pastorale. Domenica 8 ottobre: È stato inaugurato il nuovo Anno Catechistico. Il 27 ottobre: Con una solenne cerimonia e con la benedizione della lapide, la Stazione Carabinieri di Oliena è stata intitolata al Maresciallo Giuseppe Melis.

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SONO TORNATI ALLA CASA DEL PADRE: Pasqualina Porcu Giovanni Lai Roberta Costa Monserrata Puggioni Roberto Papalini Pietro Antonio Gabbas Giuseppe Careddu Mariantonia Pische Natalia Cappeddu Raimondo Fele Piero Congiu Francesca Maria Puddu Antonio Mastroni Pietrina Catzeddu Antonio Zola Natalia Cucca Nicolosa Murru Pasqua Picca Francesco Carta Mariantonia Fois Giuliana Catte Pietro Piga Giovanni Francesco Palimodde Annunziata Puggioni Antonio Fois Raimonda Puligheddu Maria Maricosu Maria Giobbe Stefano Puddu Pasqua Fois Leonardo Lai Monserrata Cossu Giuseppe Fancello Francesco Cattide Pietro Piga Mario Floris Mariangela Mossa

SI SONO UNITI IN MATRIMONIO: Antonio Solinas e Maddalena Corrias Giuseppe Sanna e Ilaria Flore Andrea Bassu e Gianfranca Puligheddu Gian Luigi Pulloni e Paola Sale Federico Longo e Silvana Rubanu Marco Serra e Gianfranca Fenu Massimo Massaiu e Francesca Fiasco Mario Romanu e Graziella Flore Alessandro Serusi e Marianna Catte Antonio Mastini e Marianna Puligheddu Giambastiano Goddi e Maria Chiara Mula Giampiero Corbeddu e Francesca Piga Giovanni Giuseppe Salis e Giovanna Massaiu Nino Massaiu e Silvia Mameli Costantino Secchi e Giuseppina Manca Mario Fiori e Anna Corrias Danilo Pinna e Valeria Lostia Antonino Vargiu e Simona Fiori Marcello Mussissu e Giuseppina Catte SONO STATI BATTEZZATI IN CRISTO: Anna Andrea Corrias Maria Antonietta Corrias Anna Clara Mannu Eleonora Casula Emma Giobbe Daniele Fenu Maria Francesca Acquas Pietro Massaiu Salvatore Bassu Angela Puligheddu Elisa Ticca Giuseppe Maria Lai Matteo Picca Marco Zola Matteo Mula Ludovica Manzo Graziano Massaiu Paolo Picca Fabio Fele Mattia Fenu Lidia Cappai Gianna Fenu Nicola Canudu Miriam Forcinetti Nadia Maria Candino Adele Carta Marianna Piga Giada Canu Gloria Dezzola Greta Porcu pag. 14


Speciale Convegno

I santi senza altare della Sardegna

Con felice espressione, giusto vent’anni fa, don Salvatore Bussu, nel ricostruire la vicenda umana e spirituale di padre Giovanni Antonio Solinas, titolava il suo libro “Martiri senza Altare”. Da tempo, in un continuo crescendo, in più parti del mondo, assistiamo al martirio di tanti cristiani. Il tema del Martirio, con un sguardo rivolto alla Sardegna, sarà trattato da Sua Eccellenza Monsignor Ignazio Sanna Arcivescovo metropolita di Oristano.

N

el lunedì della Cattedrale di qualche anno fa, prendendo lo spunto dal libro di Don Salvatore Bussu dedicato ai martiri senza altare, in occasione dell’anno del sacerdote, ho presentato una breve scheda di nove sacerdoti sardi che ho chiamato santi senza altare, per indicare che essi non sono proclamati santi dalla Chiesa ufficiale ma sono considerati tali dalla devozione popolare. Come è noto, essi non sono santi dal momento in cui, con la canonizzazione, sono dichiarati santi ufficialmente, ma dal momento in cui hanno vissuto come santi e sono stati venerati come tali dal popolo santo di Dio. In alcuni casi, come in quello di S. Antonio da Padova, morto nel 1231, la canonizzazione è avvenuta appena un anno dopo, nel 1232, ad opera di Papa Gregorio

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IX. In altri casi, come, per esempio, per S. Ignazio da Laconi, la canonizzazione è avvenuta molti anni dopo la morte. Infatti, S. Ignazio è morto nel 1781 ed è stato canonizzato dal Pio XII nel 1951. I miracoli che sono necessari per la beatificazione e la canonizzazione non sono il loro frutto ma la loro causa. I martiri senza altare della Sardegna sono il gesuita p. Giovanni Antonio Solinas di Oliena, ucciso nel 1683 in Argentina; il cappuccino fra Tommaso da Calangianus, martirizzato a Damasco nel 1840; il francescano Mons. Giovanni Sotgiu di Norbello, ucciso dai briganti in Cina nel 1930; l’oblato di Maria vergine p. Raffaele Melis di Genoni, morto a Roma durante un bombardamento, nell’agosto del 1943, mentre soccorreva

i feriti. Negli ultimi decenni del Novecento, si sono aggiunti almeno altri tre sacerdoti, appartenenti a tre istituti missionari: il comboniano Silvio Serri di Ussana, morto in Uganda nel 1979, il saveriano Salvatore Deiana di Ardauli, morto in Brasile nel 1987, il missionario del Pime Salvatore Carzedda di Bitti, morto nelle Filippine nel 1992. Due altre figure sacerdotali sono di particolare importanza per le popolazioni della Sardegna, anche se non nate in territorio sardo: P. Felice Prinetti, (1842–1916), fondatore della prima e più importante Congregazione Religiosa Femminile della Sardegna, le Figlie di S. Giuseppe di Genoni; P. Giovanni Battista Manzella, (1885-1937), missionario vincenziano ed evangelizzatore instancabile della nostra gente. Questi sacerdoti sono quasi tutti

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Speciale Convegno membri di istituti missionari, che sono presenti anche nella nostra isola. Il primo istituto missionario maschile in Sardegna è stato l’istituto dei Saveriani di Parma, nel 1947, a Tortolì. Poi sono arrivati i Missionari del Pime a Sassari nel 1951, e i Missionari della Consolata a Olbia nel 1959. Gli istituti missionari femminili sono arrivati con le Saveriane a Oristano nel 1985, e le Suore del Pime a Sassari nel 2003. Prima di riferire poche note biografiche su ognuno dei nostri martiri, vorrei richiamare l’attenzione sulla necessità di proporre a tutti i fedeli concreti itinerari di santità possibile. “In realtà, porre la programmazione pastorale nel segno della santità significa esprimere la convinzione che, se il Battesimo è un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristo e l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsi di una vita mediocre, vissuta all’insegna di un’etica minimalistica e di una religiosità superficiale. Chiedere a un catecumeno: «Vuoi ricevere

il Battesimo?» significa al tempo stesso chiedergli: «Vuoi diventare santo?». Significa porre sulla sua strada il radicalismo del discorso della Montagna: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Come il Concilio stesso ha spiegato, questo ideale di perfezione non va equivocato come se implicasse una sorta di vita straordinaria, praticabile solo da alcuni «geni» della santità. Le vie della santità sono molteplici e adatte alla vocazione di ciascuno. Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. È ora di riproporre a tutti con convinzione questa «misura alta» della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione. È però anche evidente che i percorsi della santità sono personali, ed esigono una vera e propria pedagogia della santità, che sia capace di adattarsi ai ritmi delle singole persone.

Essa dovrà integrare le ricchezze della proposta rivolta a tutti con le forme tradizionali di aiuto personale e di gruppo e con forme più recenti offerte nelle associazioni e nei movimenti riconosciuti dalla Chiesa (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, n. 31). Mons. Giovanni Sotgiu nasce a Norbello il 1° aprile del 1883. Quando il capitolo generale dei frati minori decise di aprire due missioni, la Santa Sede affidò ai missionari sardi, tra cui p. Sotgiu, la missione di Hingan, nello Shensì Meridionale, una zona povera e montuosa della Cina Centrale. Il p. Sotgiu rimase in Cina cinque anni, fino alla data del martirio, avvenuto il 12 novembre del 1930. La sua bara venne portata ad Hingan e qui si svolsero i funerali solenni con partecipazione di tutte le autorità civili e della grande massa di cittadini buddisti e musulmani. Fr. Tommaso da Calangianus, al secolo, Francesco Antonio Mossa, nacque a Calangianus il 4 febbraio 1777. Rivela singolari attitudini allo studio nel settore della farmacia, che lo appassiona dai dodici ai diciotto anni, anno in cui indossa il saio cappuccino a Ploaghe. Perfezionati gli studi viene successivamente inviato in Siria e precisamente a Damasco. Allo stesso tempo, apostolo della fede cristiana e promotore della sanità pubblica, si rese noto per aver vaccinato migliaia di bambini senza distinzione religiosa. Scomparve a Damasco il 5 febbraio 1840 terribilmente trucidato insieme al suo servitore locale Ibrahim Amara. P. Raffaele Melis nacque a Genoni il 25 marzo 1886. La sua ope-

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Speciale Convegno P. Salvatore Deiana: nato ad Ardauli, Oristano, 17 luglio 1956, morto a Brasil Novo, Brasile, 16 ottobre 1987. “Ha fatto il missionario con il piede sull’acceleratore”, hanno detto di lui. Ed è morto su un’automobile, mentre correva dai poveri. P. Salvatore Deiana aveva fretta di amare, di fare, di testimoniare il Vangelo. Forse sentiva di avere poco tempo. Se ne é andato a 31 anni, dopo soli 4 di missione in Brasile. Un incidente al chilometro 23 della Transamazzonica, o un attentato contro il vescovo difensore dei deboli che viaggiava con lui.

ra toccò il culmine durante i durissimi bombardamenti di Roma. Il primo bombardamento alleato sulla città sacra del mondo ebbe come centro di morte il popolarissimo quartiere di San Lorenzo, 19 luglio 1943. Il secondo si scatenò il 13 agosto 1943 alle ore 11 sul Casilino, quartiere parimenti popolarissimo, territorio della Parrocchia di Sant’Elena, affidata a Padre Melis. Egli morì con il volto squarciato dall’esplosione, con l’Olio santo nella mano sinistra, e la mano destra rimasta nell’atto di amministrare il sacramento ai feriti e ai morti.

Zamboanga, Filippine, il 20 maggio 1992. È stato un uomo del dialogo e la sua morte viene attribuita proprio al suo impegno nel dialogo con i musulmani. Nell’isola di Mindanao egli voleva realizzare il suo sogno: fondare un movimento di dialogo tra cristiani e islamici, chiamato “silsilah - catena”. Si trattava di un gruppo di musulmani e cristiani che s’incontrano per approfondire un cammino di fede e fraternità attraverso la preghiera, la riflessione e i gesti di solidarietà. Per questo suo continuo impegno per la vita attraverso il dialogo e il confronto, il 20 maggio del 1992 cadde vittima di un Padre Salvatore Carzedda, mis- attentato da parte di chi, di fronsionario del PIME, è nato a Bitti, te ai grandi valori, sa rispondere il 20 dicembre 1943 ed è morto a solo con la violenza. pag. 17

Padre Silvio Serri nacque il 3 settembre 1933 ad Ussana (Cagliari). Nel dicembre 1962 arrivò in Africa ad Arua, in Uganda. Nel 1976, si offerse per la fondazione di Obongi, una missione particolarmente difficile, perché isolata, infestata da zanzare e circondata da paludi che la rendono quasi irraggiungibile durante la stagione delle piogge. Con lui andò P. Jorge Martinez. I due Padri trovarono una popolazione di circa 18.000 abitanti. In tre anni i cattolici, da poche centinaia, salirono a 6.000; i musulmani erano altrettanti. Don Silvio Serri concluse a soli 46 anni, la sua luminosa ed eroica esistenza, assassinato da un soldato del dittatore Amin. I suoi funerali svoltisi il 13 settembre nella missione di Ombaci, dove era stato trasportato, furono seguiti da una marea di fedeli piangenti, e lì fu tumulato fra la sua gente ugandese, a cui aveva promesso: “Starò con voi qualunque cosa accada”. ✠ Ignazio Sanna, Arcivescovo Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno

I servi di Dio Pedro Ortiz de Zárate e Giovanni Antonio Solinas verso gli altari

Da tempo i legami con l’Argentina, si sono rinsaldati, grazie ai missionari della nostra Diocesi. Il loro impegno, quello dei Vescovi, delle chiese locali, hanno contribuito a rinnovare l’interesse verso due degli artefici della prima evangelizzazione in quelle terre: don Pedro Ortiz de Zárate e padre Giovanni Antonio Solinas e dei 18 loro collaboratori, trucidati in odium fidei. Oliena, l’intera diocesi di Nuoro e di Oran invocano e pregano perché il loro sacrificio sia riconosciuto dalla Chiesa Universale. Ci parlerà delle fasi del processo canonico in corso Suor Isabel Fernandez postulatrice per la Causa di Beatificazione.

I

n qualità di postulatrice della causa dei Servi di Dio Pedro Ortiz de Zárate e Giovanni Antonio Solinas, – questo ultimo figlio di questa terra –, è un onore per me condividere lo stato della causa. Mi soffermo su tre punti. In primo luogo, dirò solo alcune parole circa la biografia dei servi di Dio, poiché conosciamo la loro storia e la loro dedizione totale. Tuttavia, è necessario che renda conto di alcune informazioni che dopo saranno necessarie per capire lo sviluppo della causa. In secondo luogo, dirò che cosa è una causa di beatificazione per martirio. La storia e gli eventi della morte dei servi di Dio, fanno sì che il processo abbia certe particolarità rispetto al resto dei processi di beatificazione e canonizzazione. D’altra parte, essendo i servi di Dio, persone che vissero nel secolo XVII, la causa si definisce, dal punto di vista canonico, come “causa storica”. In terzo luogo, mi addentrerò propriamente nel processo di beatificazione di Pedro Ortiz di Zárate e Giovanni Antonio Solinas nella sua fase diocesana e romana. Farò un elenco di ciò che ha portato alla chiusura della causa nella Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34

sede diocesana di la Nuova Orán il 14 novembre del 2016, cioè con gli atti finali dell’istruzione in fase diocesana. E per ultimo, mi riferirò alla fase romana del processo. I Servi di Dio Pedro Ortiz di Zárate nacque nel 1622 in Jujuy, oggi in territorio Argentino, a quel tempo un piccolo villaggio di una zona economicamente prospera grazie alle vicine miniere di argento del Potosí. Si sposò ed ebbe due figli, e poi, rimasto vedovo, seguì la strada del sacerdozio e fu ordinato nell’allora Diocesi di Cordoba del Tucumán. Tanto nella sua vita secolare come in quella sacerdotale, brillò per le sue virtù e per gli incarichi che gli furono affidati. Nel 1682 si offrì al vescovo e alle autorità reali per intraprendere l’opera di evangelizzazione e di pacificazione degli indigeni del territorio del

Zenta, nell’attuale provincia di Salta. Si unì a questa missione anche un piccolo gruppo di gesuiti, tra i quali vi era anche padre Solinas. Insieme entrarono nei territori pericolosi dello Zenta, senza tuttavia riuscire a evangelizzare e a collegarsi con la ampia rete di missioni gesuitiche. Il 4 maggio del 1683 si incontrano in due gruppi in Sianzo. A partire da lì e per cinque mesi intrapresero una missione comune, riuscendo ad evangelizzare tribù indigene. I gesuiti e parte del gruppo di laici che li accompagnava partirono per Salta a cercare provviste. Verso la fine di ottobre don Pedro, padre Solinas ed altre ventitré persone uscirono per aspettarli nella cappella di Santa Maria, a circa sei leghe da San Rafael. Lì si avvicinò a loro un gruppo di cinquecento indios Tobas e Mocovies pronti per la guerra. I sacerdoti iniziarono la loro opera di evangelizzazione, che implicava uno scambio di regali. Il 27 ottobre del 1683, dopo la celebrazione dell’eucaristia furono attaccati e massacrati. Che cosa è una causa di beatificazione per martirio In forma sintetica potremmo dire che una causa di beatificazione pag. 18


Speciale Convegno per martirio è un’investigazione che si realizza dalla Chiesa, per mezzo delle sue legittime autorità, su persone considerate modello di virtù per i fedeli. Martire è colui che è stato ucciso per la sua condizione di cristiano. Il Processo di beatificazione e canonizzazione è portato avanti dalla Congregazione per le Cause dei Santi, e presenta due istanze: la fase diocesana e la fase romana. Per il martirio, le norme attuali esigono di provare il momento della morte. Soltanto per la canonizzazione si esige il miracolo. Cominciamo con la fase diocesana: l’attore è colui che si impegna a portare avanti la causa, promuovendo le azioni, sia processuali che economiche. Egli può scegliere un collaboratore esterno. Per iniziare un Processo deve presentare la domanda al vescovo diocesano del luogo in cui sono stati martirizzati i servi di Dio, che ha l’autorità e la competenza per iniziare un processo. Prima di dare inizio formale, egli deve consultare i vescovi della provincia ecclesiastica e la Santa Sede. Il postulatore rappresenta l’attore. Quando il vescovo diocesano ha l’opinione favorevole della Santa Sede (“nihil obstat”, nulla si oppone), nomina una commissione storica, due censori teologi e poi un tribunale composto da un giudice, un promotore di giustizia ed un notaio. A partire da questo momento si incomincia a chiamare Servo di Dio colui che si vuole beatificare. Il giudice deve raccogliere le prove, prendere le testimonianze, essendo il dovere del promotore di giustizia verificare che tutto si faccia in accordo alle norme ed in maniera integra senza mancare alla verità obiettiva. La Commispag. 19

sione storica investiga tutto l’arco della vita dei Servi di Dio, raccoglie le prove documentali ed elabora una relazione applicando il metodo storico-scientifico. L’obiettivo del Processo è provare la fama di santità e il martirio. È fondamentale presentare il motivo della morte. La morte deve essere violenta, non per malattia o per un altro motivo ed il persecutore deve avere agito per odio alla fede. Riunite le prove, sia da parte della commissione storica che da parte del tribunale il vescovo diocesano procede alla chiusura della fase diocesana.

Le copie del Processo vengono inviate a Roma e comincia così la fase romana. L’attore presenta un nuovo postulatore che deve essere approvato dalla Congregazione. Arrivato a Roma il postulatore sollecita per primo l’apertura delle scatole contenenti la documentazione e poi sollecita il decreto della validità giuridica. Passato questo momento processuale, sollecita un relatore, cioè chi accompagna a realizzare la Positio con l’aiuto di un collaboratore esterno, la quale dopo sarà messa all’esame di periti storici e teologi. È compito del relatore identificare eventuali difficoltà e Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno reclamare ulteriori ricerche al fine di risolvere gli ostacoli. Tra i periti intervengono: un perito teologo che dirige il congresso peculiare di teologi, dà il proprio voto e prepara la relazione di quanto realizzato in detto Congresso; il promotore della fede interviene attualmente solamente nella fase del giudizio sul merito della causa. Poi con l’opinione favorevole dei teologi e della Congregazione Ordinaria, il prefetto del Dicastero presenta i risultati al Papa. Egli, in virtù del magistero infallibile, determina se si tratta o no di martirio. Se lo è, firma il decreto sul martirio e si procede alla beatificazione. Bisogna tenere presente che nelle cause del martirio, conta unicamente la morte sofferta ed accettata per amore a Gesù Cristo, senza che supponga un ostacolo il fatto che il Servo di Dio abbia commesso qualche errore nella

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sua vita passata, o perfino, abbia vissuto una situazione abituale di peccato. Il Processo non deve portarsi fino all’estremo di cercare di provare che il martire praticò tutte le virtù in grado eroico durante la sua vita, benché sia opportuno addurre attestazioni della sua condotta generalmente virtuosa.

di dicembre, il 15 gennaio 2017 è stata presentata la postulatrice alla Congregazione per le Cause dei Santi, il 20 gennaio è stata chiesta l’apertura, ed alcuni giorni fa, l’8 giugno, è stato promulgato il decreto di validità giuridica. Il 20 giugno abbiamo chiesto la nomina del relatore e abbiamo proposto come collaboratore esterno il dottor Moutin. Per tanto in questi giorni siamo in attesa. La maggior parte del lavoro di investigazione è stato realizzato da don Salvatore Bussu e don Andrea Buttu, e mi permetto di dire che la pubblicazione del libro Martiri senza altare, di don Bussu, ha costituito il punto di partenza per il Processo Canonico della nostra causa e per la conoscenza della loro vita.

Il passato e lo stato attuale della causa Pedro Ortiz di Zárate e Juan Antonio Solinas furono uccisi il 27 novembre 1683. Nel 1988 incomincia il Processo. Il primo scoglio da superare fu che si ignorava l’identità di quei laici che morirono con Pedro Ortiz di Zárate e Juan Antonio Solinas. La raccomandazione della Santa Sede fu che si presentassero solamente i due sacerdoti per la loro beatificazione. Nel 2011 si nomi- na la commissione storica ed il tribunale diocesano termina i suoi compiti nell’ottobre del 2016. La causa approdò a Roma nel mese

Suor Isabel Fernandez

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Speciale Convegno

L’attuale impegno missionario della Diocesi di Nuoro in Argentina

L’impegno missionario della nostra Diocesi trova, oggi, nel martirio del Chaco, nuovo slancio e nuova vitalità. Da olienesi ricordiamo con affetto e gratitudine don Nunzio Calaresu, missionario in Argentina insieme a don Franco Casula, già nostro vice parroco. Consentiteci anche di salutare con affettuosa riconoscenza don Andrea Buttu, nostro amato vice parroco, che continua la sua missione ad Oran. Dell’attualità di questo infaticabile lavoro missionario ci parlerà don Totoni Cossu.

U

n cordiale saluto a tutti voi che avete accettato di prender parte a questo convegno di studio sul Martire Padre Giovanni Antonio Solinas e “Grazie di cuore” agli organizzatori (Parrocchia Sant’Ignazio di Loyola nella persona del suo parroco don Giuseppe e del suo Vice don Luca) per l’invito rivoltomi a presentare una breve testimonianza dell’impegno della nostra Diocesi in Argentina. Sono profondamente grato e lo faccio non solo perché Direttore dell’Ufficio Missionario Diocesano ma sopratutto perché “malato di argentinite” dicono i miei parrocchiani, visto anche i due anni trascorsi nella Diocesi di Oran. La nostra Chiesa locale vanta una bella, ricca, significativa storia di presenza nella vasta terra di Argentina. In due momenti e modi diversi si possono scandire l’impegno missionario della nostra Diocesi in Argentina. Inizialmente vediamo come i nostri sacerdoti diocesani partono missionari “in Argentina” per poi invece concretizzare la propria presenza nella diocesi di Oran. Nella prima fase troviamo la partenza dei compianti don Franco Casula e don Nunzio Calaresu che negli anni ’60 ottengono di poter svolgere la missione nella Diocesi di San Luis. pag. 21

Don Franco si distingue per la sua vicinanza ai poveri contro le ingiustizie dei ricchi. Muore, appena quarantenne, in circostanze poco chiare. Inizialmente si era parlato di un omicidio per far tacere quella voce che si era alzata per difendere i diritti dei poveri e degli ultimi contro le prepotenze e ingiustizie dei ricchi proprietari. Versione questa poi smentita perché in realtà investito da un camioncino sul ciglio di una strada dove si era dovuto fermare perché la sua auto era rimasta senza carburante. Don Nunzio vive anche lui la sua missione nelle “pampas” di San Luis dal 1965 al 1976 e poi dal 1979 al 1991. Rientrato in Diocesi per motivi familiari, sem-

pre sognava di poter ripartire e nel suo ministero pastorale a Budoni e frazioni, sempre ricordava ed espressamente citava i suoi anni argentini. La seconda fase, caratterizzata dalla presenza continua nella Diocesi di Oran, ha inizio con la partenza di Don Ignazio Truzzu. Nativo di Siniscola e ordinato sacerdote il 29.06.1965, dopo alcuni anni di ministero pastorale come viceparroco prima a Gavoi e poi a Lodè, nel 1971 parte Fidei donum e per 9 anni (27 novembre 1980) vive la sua missione nelle vaste zone rurali della Diocesi di Oran. Muore in seguito ad un intervento chirurgico nell’ospedale San Vicente de Paul in Oran. Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno La Diocesi San Ramon de la Nueva Oran è giovane di storia con appena 56 anni di vita (è stata eretta canonicamente il 10 aprile 1961 da papa Giovanni XXIII. Siamo all’estremo nord dell’Argentina, nella provincia di Salta (2 ore e 15 di aereo da Buenos Aires per intenderci). Si estende per un territorio vasto circa 57 mila km2 (quasi due volte la Sardegna) con 380 mila abitanti, la stragrante maggioranza cattolica. In questi 56 anni di storia si sono succeduti 7 vescovi, compreso l’attuale Mons. Gustavo Oscar Zanchetta. La storia della diocesi è caratterizzata negli ultimi 40 anni dalla presenza ininterrotta e costante dei nostri sacerdoti. Don Ignazio Truzzu, infatti, alcuni mesi prima di morire è stato raggiunto dal suo vecchio parroco in Siniscola don Diego Calvisi. Dall’agosto del 1980 è tuttora presente e sempre attivo questo sacerdote nativo di Bitti e che in tanti nella nostra diocesi di Nuoro si pensava vecchio partendo in missione a 60 anni. È considerato un santo dalla gente comune (a Oran esiste già una via

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intitolata con il suo nome!). Piccolo di statura e ormai incurvato nel fisico, ma grande (gigante!) nel suo ministero sacerdotale. Forte e profonda la sua spiritualità, semplice e saggio a cui sacerdoti e laici fanno continuamente ricorso per averne una sicura guida, è diventato (e lo è tuttora nonostante i suoi 97 anni) nello scorrere del tempo il punto di riferimento nella vita pastorale della diocesi. I vescovi che si sono succediti lo hanno sempre voluto al loro fianco come vicario generale. Alla sua opera si deve la realizzazione della Parrocchia della Madonna Assunta in Yrigoyen, con salone e aule catechistiche e la chiesa e casa parrocchiale di Santa Teresita in Oran. Dal punto di vista materiale l’opera principale del P. Diego è l’Hogar de los Niños, struttura che accoglie bambini e adolescenti a rischio. Alla prima costruzione ha fatto seguito l’aggiunta di altre due strutture, diventando nel corso del tempo “luogo della Provvidenza”, a cui tutti (servizi sociali, forze dell’ordine e tribunali…) fare ricorso per

salvare dalla violenza delle famiglie e dai pericoli della strada, dai tentacoli della droga e della devianza i piccoli più bisognosi di cui nessuno voleva farsi carico. Sempre alla sua opera si deve la costruzione del monastero dove attualmente vive e presta il suo servizio pastorale aiutando materialmente e spiritualmente le monache. Dal 1990 lo ha raggiunto e affiancato nell’opera missionaria don Andrea Buttu, nativo di Gavoi dove era stato ordinato sacerdote il 3 luglio del 1966. Dopo 11 anni di ministero come viceparroco qui a Oliena e altri 15 a Nuoro come viceparroco prima a San Giuseppe e poi parroco a San Francesco, nel corso del Sinodo Diocesano chiese e ottenne da mons. Giovanni Melis di poter partire in missione. Chiedo scusa della immagine ma la trovo molto realista e vera! Don Andrea nella Diocesi di Oran è contemporaneamente, oltre che (prima di tutto!) sacerdote, anche grande impresario! Novello san Francesco che a San Damiano sente il Crocifisso dirgli “va’ e ripara, costruisci la mia Chiesa!”, padre Andres (come tutti li lo chiamano), nel corso di questo quasi trentennio, di volta in volta si è visto chiamare dai vescovi ad andare a “costruire la chiesa” sia come comunità ma anche come edificio. La presenza del sacerdote è importante per l’annuncio del Vangelo, della salvezza che Cristo Risorto ci dona. Con la sua parola e le opere di carità testimonia il grande comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato. Il sacerdote diventa anche il simbolo di quel riscatto sociale dei poveri, degli sfruttati, degli ultimi che la dottrina sociale della chiesa predica. Di tutto questo ne è continuamente testimonianza don Andrea pag. 22


Speciale Convegno

nella esperienza missionaria. Segno tangibile e concreto di questo è anche la costruzione di una chiesa sia nei quartieri periferici delle grandi cittadine sia di cappelle più piccole nei paesini di campagna. Don Andrea credo che in questo sia davvero maestro e la sua quasi trentennale presenza in Argentina lo testimonia. Sintetizzo al massimo tutte le sue opere che per completezza di informazione mi sono fatto mandare direttamente da lui. A Tartagal ha lavorato nella Parrocchia di San Ramon costruendo la chiesa parrocchiale e nel suo territorio la Chiesa di San Antonio. Trasferito a Salvador Mazza (l’antica Pocitos), proprio al confine con la Bolivia, ha costruito la nuova chiesa parrocchiale de la Virgen de Lujan insieme ad alcune cappelle nei barrios di periferia. Stessa identica opera per la chiesa parrocchiale di Santa Victoria Este con l’aggiunta della casa parrocchiale. Chiamato a Oran, nella parrocchia della chiesa cattedrale di San Ramon, si attiva per la costruzione di alcune cappelle nelle zone più lontane e distanti pag. 23

dal centro (Capilla la Mision y Lipeo - Capilla Sagrado Corazon in Caballito, uno dei quartieri più malfamati e pericolosi di tutta la città). Queste cappelle oltre che luogo di culto e di catechesi, sono centri di aggregazione, permettendo così alla gente di incontrarsi, realizzando anche il servizio della carità e attenzione alle fasce più povere. Nella Parrocchia di San Antonio “l’impresario” padre Andres ha realizzato le aule catechistiche permettendo così di affrancarsi dai condizionamenti posti dalla scuola, dove prima si svolgeva l’attività catechistica. In contemporanea nella zona periferica del Barrio Estacion dove prima c’era solo la cappella, oltre la casa catechistica anche la casa parrocchiale e, in collaborazione con l’ospedale e i servizi sociali del comune un ambulatorio medico per la prima assistenza dei poveri. La stessa identica opera nelle ultime due parrocchie (San Cayetano) dove è stato fino a tre anni fa e nella Virgen del Valle dove oggi svolge il suo ministero pastorale. Credo nasca spontanea

la domanda come concretamente e materialmente sia possibile ciò. Tante opere che certamente sono “opera di Dio”, grazia della Divina Provvidenza ma anche segno del grande cuore, della generosità della nostra Chiesa Diocesana e delle sue parrocchie. Il “piccolo obolo della vedova” che Gesù nel Vangelo porta ad esempio di generosità e di fede, in tutti questi anni nelle nostre parrocchie è diventato costante realtà. È sempre un po’ antipatico parlare di se stessi (e ve ne chiedo scusa se adesso lo faccio!) ma è quanto ho toccato con mano nella mia breve esperienza, solo due anni, in Argentina. Insieme al vescovo Mons. Jorge Lugones, nel luglio 2008, camminavamo nel barrio El Milagro a Colonia Santa Rosa. Le strade, è chiaro, non asfaltate e rese umide dai rivoli fognari, ambiente ideale per il proliferare di sciami di zanzare e moscerini (mosquitos y sancudos!). Mi piange il cuore e non lascio cadere una sua domanda: “Ma non si può fare qualcosa?” Quando torno in Sardegna per l’ordinazione sacerdotale di Su Patiu - Ottobre 2017 - n. 34


Speciale Convegno Don Roberto Carta, parlo di questo al mio parroco a Orgosolo, don Michele, il quale mi incoraggia a proporgli qualche iniziativa concreta. Rientrato in Argentina, nello scetticismo del Consiglio Pastorale della parrocchia di Santa Rosa, faccio fare da un tecnico un progetto per realizzare la rete fognaria in quel quartiere. Costo dell’opera 80 mila euro. Scrivo ad alcuni amici parroci e 5 mi rispondono impegnandosi ad aiutarmi. Solo in parte sono venuto a sapere delle iniziative, che con le proprie comunità, si sono inventati. Finale: nel marzo/aprile 2009 mi

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fanno pervenire quasi la metà (39 mila euro) necessaria al progetto e questa cifra è stata sufficiente (perché la Divina Provvidenza ha fatto succedere 3 novità rispetto al mio pensiero iniziale!) per realizzare l’intera opera. 5 mesi dopo 118 famiglie (1200 persone) possono godere di un bene di base come quello della rete fogniaria. È vero che il Signore non abbandona mai il suo consacrato ma è altrettanto vera e senza limiti la generosità della nostra gente. L’impegno di collaborazione della nostra Diocesi con quella di Oran continua adesso con l’apertura

di un nuovo capitolo attraverso l’invio, annunciato dal Vescovo nella celebrazione della Messa Crismale lo scorso Giovedì Santo, di don Antonello Tuvone. Queste due chiese locali tanto distanti geograficamente, culturalmente e socialmente, sono però vicine perché attraverso la preghiera e la carità fraterna siamo espressione dell’unica chiesa cattolica di Gesù Cristo. Dal cielo, certamente il servo di Dio Padre Giovanni Antonio Solinas guarda e sorride per questa testimonianza di comunione e di solidarietà. don Totoni Cossu

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