La cittadinanza attiva come catalizzatore di politiche per uno sviluppo sostenibile del territorio.

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guido granello – architettura e paesaggio Università IUAV di Venezia – Dp – Fdp In collaborazione con il Politecnico di Milano, Dipartimento di architettura e pianificazione. Con il patrocinio del coordinamento Agende 21 Locali italiane Corso Post-laurea “Azione locale partecipata e sviluppo urbano sostenibile” a.a 2012-13

LA CITTADINANZA ATTIVA COME CATALIZZATORE DI POLITICHE PER LA PROMOZIONE DI SVILUPPI SOSTENIBILE DEL TERRITORIO. Confronto tra realtà di Parchi di area periurbana in Lombardia. Conflitti e convergenze all’interno di percorsi partecipativi in fasi di programmazione.

Indice: 1.

Introduzione ........................................................................................................................................ 2 1.1. Nota metodologica ....................................................................................................................... 5 1.2. Contesto normativo di riferimento: i PLIS(Parchi Locali di Interesse Sovra comunale) ............. 7 1.3. Metodi di integrazione tra politiche locali e di settore .................................................................. 8 2. I casi studio ....................................................................................................................................... 10 2.1. Il Parco delle Cave di Brescia .................................................................................................... 10 2.1.1. Descrizione del processo partecipato in corso; criticità e opportunità. .............................. 12 2.1.2. Suggerimenti di merito e di processo per un miglior approccio ......................................... 15 2.2. Parco Agricolo Ecologico Bergamo ........................................................................................... 16 2.2.1. Descrizione del processo partecipato in corso; criticità e opportunità. .............................. 19 2.2.2. Suggerimenti di merito e di processo per un miglior approccio ......................................... 20 2.3. L’esperienza di Milano nel recupero delle cave. ....................................................................... 21 2.3.2. Il parco Est delle Cave di Milano ....................................................................................... 23 2.4. Progetto 3P_ Progetto Partecipato nel Parco promosso dal Parco dell’Adamello ............... 24 3. Linee guida per le dinamiche partecipate ........................................................................................ 26 3.1. Considerazioni riguardo l’intervento sulle aree periurbane in fase di trasformazione .............. 26 3.2. Ipotesi strategica di promozione dei PLIS di tipologia periurbana ............................................ 27 4. Bibliografia ........................................................................................................................................ 30 Libri.................................................................................................................................................... 30 Risorse web .......................................................................................................................................... 31 Documentazione di Progetti ................................................................................................................. 31

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1. Introduzione Come costruire degli strumenti condivisi atti a supportare la conversione del territorio periurbano da un modello basato sullo sviluppo intensivo del territorio ad uno sostenibile senza rischiare l’immobilismo da parte dei settori capaci di investimento e la conseguente perdita di fiducia da parte dei cittadini attivi nei progetti di sviluppo? L’attività di ricerca che ha stimolato la formazione di questo quesito deriva dalla necessità di trovare nuovi strumenti per nuovi bisogni. Durante una conferenza al castello di S. Vigilio a Bergamo alta nel luglio 2012 esponenti di comitati provenienti da Brescia, Bergamo e Milano si sono ritrovati con l’intento di confrontarsi su realtà simili tra loro: aree periurbane di risulta con vocazione ad essere parchi territoriali. Seppur nella diversità di dimensione e caratteristiche locali, sono emersi problemi comuni che spesso ne pregiudicano l’iter di riconoscimento e formazione. Tra i caratteri comuni: - Le aree sono gli ultimi lembi di territorio che separano i confini della città dai paesi limitrofi; - la frammentazione del territorio può, se non l’ha già fatto, compromettere la funzione di connessione ecologica dei territori; - la pressione antropica che caratterizza le aree è superiore alla capacità di rigenerazione dei territori; - le economie residuali come agricoltura e allevamento sono in crisi e richiedono forme di supporto pubblico, mentre le cave e le industrie assistono a processi di dismissione-abbandono; - i terreni e il sottosuolo sono caratterizzati da fenomeni di inquinamento generalizzato che ne pregiudicano la resa produttiva e la capacità rigenerativa delle risorse naturali;

A fronte di queste situazioni che richiederebbero interventi di riqualificazione, ripristino e salvaguardia dell’ambiente, si delineano: -

forti contrasti tra le componenti attive della società e la difficoltà da parte delle amministrazioni di delineare strategie di intervento durature e incisive.

Le tre aree che vengono prese in considerazione, meglio specificate successivamente, rappresentano in Regione Lombardia una casistica di studio in cui si assiste ad un confronto tra interessi economici e di difesa del territorio e del suolo. Questa antitesi ha generato nuova consapevolezza e lo sviluppo di nuove progettualità da parte di soggetti che solitamente non venivano coinvolti nelle decisioni sullo sviluppo della città. Fino ad oggi i parametri considerati nel progresso di una città erano associati con la crescita e l’aumento di cittadini e servizi dedicati. Il ruolo delle amministrazioni pubbliche in questo senso era quello di favorire l’espansione e cercare in qualche modo di guidarla riducendo le occasioni di scontro tra diversi settori della cittadinanza. I progetti di espansione venivano accettati perseguendo il benessere dei cittadini che in cambio di nuove costruzioni ricevevano servizi aggiuntivi L’avvicinamento però delle frange estreme del tessuto urbanizzato con aree della città, cosiddette di risulta come cave, discariche e grandi infrastrutture, ha reso necessario ragionare sulle fasce periurbane della città in maniera diversa e più organica. Le aree in questione spesso innervate da arterie di trasporto sovra comunale e regionale, sono accomunate da una pressione costante derivante da progetti di poli logistici, artigianali e commerciali di grandi dimensioni. Questa pressione fa si però che nascano movimenti dal basso di opposizione ad un uso intensivo e continuo del territorio, che reputano la via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 2


guido granello – architettura e paesaggio conservazione di fasce periferiche della città come riserva di qualità ambientale e di servizio alle aree spesso povere di servizi e di attrattività per il cittadino. Il cambio di paradigma rispetto a ciò che viene considerato utile per il cittadini è un elemento di forte discussione e contrasto rispetto alle destinazioni urbanistiche di queste fasce residuali della città. Attraverso l’analisi di tre casi studio Il parco delle cave di Brescia, Il parco est delle Cave di Milano e il Parco Agricolo ecologico di Bergamo, si vogliono quindi investigare le tendenze legate a questo movimento che interessa molte delle nostra città e permeano la discussione rispetto al territorio, portando le diverse idee di città ad incontrarsi e spesso scontrarsi rispetto agli scenari futuri. In tutti i casi in questione possiamo ritrovare alcuni soggetti e portatori di interesse comuni. Uno degli obiettivi della ricerca sarà quello di comprendere quale sia il livello di coinvolgimento e responsabilizzazione degli attori territoriali. Attraverso lo studio parziale dei rapporti tra gli attori, nei contesti considerati, si potrà così ipotizzare quale sia il grado reale di partecipazione (nell’eventualità che vi siano percorsi organici da essere definiti come tali) secondo il modello proposto da Arnstein nel 1969 che divide i processi a seconda delle loro caratteristiche in non partecipazione, partecipazione senza reale potere decisionale (tokenism) e infine considera le partnership, la delega diretta o il controllo da parte dei cittadini dei processi come apice del livello di coinvolgimento dei cittadini nei processi pubblici. . Il fattore temporale è l’indicatore preso come riferimento per l’attività di ricerca. I casi scelti sono infatti ad oggi in tre stadi diversi e permetteranno di individuare punti di forza e di debolezza nei diversi momenti di formazione del parco. I tre casi hanno caratteristiche simili e due di questi sono già stati riconosciuti come Parchi Locali di Interesse Sovracomunale (d’ora in avanti PLIS) in base all’art. 13 comma 2 della legge Regionale 11/03/2005 n. 12, mentre il caso di Brescia, seppur tendenzialmente rivolto verso quella soluzione si trova in una fase precoce rispetto agli altri casi trattati. Visto che i casi considerati sono di recente formazione e i comuni se ne stanno occupando a fasi alterne, i relativi processi di coinvolgimento della cittadinanza hanno subito dei ritardi o degli stop improvvisi. Questo non ha permesso di considerare il percorso nella sua totalità e poter così definirne i punti di forza e di debolezza. Al fine di fornire uno sguardo completo sulle tendenze in atto nella pianificazione del territorio in Regione Lombardia saranno portati all’attenzione anche altri casi scelti per il loro valore esemplificativo di buone pratiche.

Parchi locali di interesse sovracomunale. 1. I parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS) sono aree comprendenti strutture naturali ed eventualmente aree verdi periurbane, anche in connessione con parchi regionali, riserve e monumenti naturali, di interesse sovracomunale per il loro valore naturale, paesistico e storico-culturale, anche in relazione alla posizione e al potenziale di sviluppo in contesti paesisticamente impoveriti, urbanizzati o degradati. I PLIS non possono essere individuati all’interno dei parchi naturali o regionali e delle riserve naturali. 2. I PLIS sono finalizzati alla valorizzazione e alla salvaguardia delle risorse territoriali e ambientali, che necessitano di forme di gestione e tutela di tipo sovracomunale e sono orientati al mantenimento e alla valorizzazione dei tipici caratteri delle aree rurali e dei loro valori naturali e seminaturali tradizionali. 3. I PLIS sono istituiti dai comuni interessati, singoli o associati, con apposita deliberazione consiliare, che definisce il perimetro del parco e la disciplina d’uso del suolo, improntata a finalità di tutela. Tale deliberazione può costituire adozione di variante allo strumento urbanistico del comune interessato. I comuni definiscono per il PLIS la più idonea forma di gestione, optando per il convenzionamento tra i comuni interessati, eventualmente allargato agli enti del sistema regionale di cui alla legge regionale 27 dicembre 2006, n. 30 (Disposizioni legislative per l’attuazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale, ai sensi dell’articolo 9-ter della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34“Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della regione”– Collegato 2007), ovvero per la costituzione di un apposito consorzio di servizi. 4. Il riconoscimento dell’interesse sovracomunale è effettuato dalla provincia in conformità agli indirizzi del PRAP valutata la compatibilità con il proprio piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) e in coerenza con la rete ecologica regionale e provinciale, su richiesta dei comuni territorialmente interessati. La deliberazione di via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 3


guido granello – architettura e paesaggio riconoscimento determina i criteri di pianificazione e di gestione del PLIS e la rispondenza degli strumenti urbanistici alla tutela e alla gestione unitaria dell’area in esame, nonché la perimetrazione del PLIS. 5. La Regione e le province concorrono, in conformità ai criteri definiti dal PRAP, alla realizzazione degli interventi previsti dai piani pluriennali di cui al comma 6, lettera a). 6. Il soggetto gestore del PLIS: a) approva un piano pluriennale degli interventi necessari alla tutela, riqualificazione e valorizzazione del parco; b) promuove la fruizione del parco nel rispetto della proprietà privata e delle attività antropiche esistenti; c) provvede alla vigilanza e informa le autorità competenti per l’attivazione delle idonee azioni amministrative. 7. In caso di volontà di recesso di un comune, espressa con atto formale, la provincia che ha riconosciuto l’interesse sovracomunale del PLIS ai sensi del comma 4, valuta la compatibilità con il proprio PTCP e le implicazioni che comporta per il PLIS stesso, esprimendo un parere obbligatorio in ordine alla permanenza dell’interesse sovracomunale.1

Il caso di Brescia si trova ad oggi in una fase in cui il Comune di Brescia a seguito del lavoro dei tecnici comunali e dell’ascolto delle istanze espresse dalle associazioni e rappresentanze dei cittadini ha deciso di acquisire alcune aree e di partire con una sperimentazione su di un’area limitata prima di estendere la qualifica di parco a tutta la superficie ipotizzata dal PRG del 2004 a firma B. Secchi. L’intervento prevede la sistemazione di 2 aree mentre il restante del territorio non risulta ad oggi considerato omogeneamente ed anzi viene spartito tra i diversi operatori che propongono nuove costruzioni che avrebbero come risultato la perdità di unitarietà e di qualità del parco. Visto che l’area ha da sempre la funzione estrattiva e ha ospitato attività impattanti, nella mente degli investitori e spesso anche dei politici, qui era il luogo dove permettere la costruzioni di discariche, poli logistici, bitumifici, etc… con il risultato che l’opposizione dei cittadini è diventata sempre più forte e la protesta organizzata ha toccato le sue punte più alte. A Bergamo invece si è al momento della costituzione da parte del comune di due tavoli partecipativi separati in cui discutere sul Parco Agricolo Ecologico. La scelta di definire due tavoli separati è quella di mediazione tra le istanze delle associazioni e dei comitati rispetto alle necessità degli operatori territoriali come agricoltori e allevatori. Anche in questo caso il movimento dal basso ha visto un’alleanza tra diversi soggetti per opporsi alla costruzione dello stadio dell’Atalanta, che avrebbe occupato una delle ultime aree di cintura della città verdi e con importanza agricola. Il caso di Milano invece è da un lato più complesso perché riguarda un’area con una fortissima pressione dovuta ad una infrastrutturazione viaria e del commercio tipica della periferia milanese che si scontra con la necessaria continuità del Parco Agricolo Sud Milano. Il PLIS est delle cave di Milano è nato nel 2009 dalla volontà di alcuni comuni tra cui quello di Brugherio di preservare queste aree senza però acquisirle. Anche qui la forte presenza di cave con laghi di acqua di falda ha fatto si che si potessero concentrare gli sforzi su di un area in particolare a seguito della cessazione dell’escavazione. L’interesse comune per la riqualificazione di questi territori ha promosso un lavoro comune che ha permesso il coinvolgimento di sindacati, associazioni, comitati e gruppi di cittadini al fine di promuovere la costruzione di un percorso comune a tutto i Parco. Il lavoro congiunto ha portato il Comune di Brugherio a riqualificare un bacino di cava creando il Parco Increa. Il processo di riqualificazione e ricucitura del territorio ha però subito una frenata in concomitanza con la richiesta di una impresa di costruzione di poter erigere un centro commerciale, Decathlon, che avrebbe separato la superficie del parco in due tronconi minando così la possibilità di deframmentazione e decompressione dei territori. Una volta cessata la protesta a seguito della decisione di non procedere con la proposta del Decathlon la forza data dalla protesta è cessata e gli attori senza più un casus belli hanno perso l’inerzia e non hanno proseguito nel progetto di ricostruzione degli ambiti del parco.La complessità amministrativa della gestione di questo parco con 2 provincie da interpellare, comuni commissariati e

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Art. 34 LEGGE REGIONALE (Lombardia)

30 novembre 1983 , N. 86 ‘Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l' istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale’

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guido granello – architettura e paesaggio bilanci bloccati a causa della spending review hanno fermato così tutto il processo necessario a supportare l’esistenza del PLIS stesso. I tre casi presi in considerazione sono così campi di sperimentazione dove tentare un cambio di paradigma da un sistema predatorio di tipo liberista, ad uno autosostenibile in cui dimensione sociale, economica, ecologica, geografica e culturale che come sostiene Alberto Magnaghi fonda la sua azione su di una nuova relazione co-evolutiva tra abitanti-produttori e territorio. In questo sforzo di riconnessione tra le abitudini, i saperi e le tecniche è fondamentale la sostenibilità politica che si pone come elemento di costruzione di una strategia di piano, e non di un progetto, capace di costruire una nuova comunità che si fondi sulla concertazione come metodo di risoluzioni dei conflitti naturalmente presenti. Il risultato di questo passaggio sarà una nuova cultura basata sul riconoscimento delle differenze tra soggetti diversi, attraverso soluzioni concertate. L’analisi dei rapporti tra i diversi attori, legando l’azione dei diversi soggetti a delle competenze riconosciute sarà poi la chiave che permetterà di approfondire il legame tra cittadini e corpi intermedi e tra corpi intermedi e amministrazioni pubbliche L’impegno diretto di questi nuovi cittadini contribuirà a costruire una fitta rete di strategie lillipuziane che contribuiranno alla creazione di una solida alternativa allo sfruttamento intensivo del paesaggio. Questo modello nuovo dovrà necessariamente mettere in crisi quello passato, basato su di un’idea di crescita continua, ma non sarà necessariamente causa della crisi del mercato della costruzione, degli investimenti privati, etc…bensì ne diventerà catalizzatore e facilitatore proprio perché l’intervento del privato in un contesto di bene pubblico diventerà più semplice e meno conflittuale della situazione attuale. Iniziative come quelle della Gronda Nord di Genova e del ‘Dibattito pubblico’ alla francese non possono che diventare momenti esemplificativi in cui riconoscere un’unione di intenti tra amministrazioni, enti pubblici e privati e la cosiddetta società civile costituita da cittadini singoli e associati.

1.1.Nota metodologica La ricerca proprio per la complessità a cui un Architetto del Paesaggio si ritrova a far fronte ogni qual volta si propone di intervenire in contesti periurbani, vuole sondare quelle risorse spesso nascoste che il territorio plasma attraverso l’attività di tutte le sue componenti. A tal fine è quindi importante comprendere i movimenti e il lavoro fin qui svolto così da valorizzare a pieno gli apporti che diversi soggetti hanno generato fino ad oggi. Il lavoro condotto da diversi cittadini e associazioni ha spostato l’attenzione in Italia sul concetto di Bene Comune, facendo si che i principali stakeholders non siano più considerati solamente espressione dei settori trainanti dell’economia come investitori e costruttori, ma vengano considerate anche le istanze dei cittadini che divengono così una componente fondamentale dei processi decisionali e soggetti attivi nella costruzione dei programmi. Si passa così dal concetto di costruttori a quello di Produttori di Paesaggio, sostenendo che ogni azione che si svolga sui territori sia per sua natura parte del paesaggio per quello che significa, modificare, mantenere, restaurare scenari, panorami e contesti tipici della nostra cultura e non solo con l’accezione di trasformare il paesaggio. In questo scenario nuovo, soprattutto in un momento di crisi, il termine Bene Comune deve essere associato all’opportunità di valorizzazione della risorsa territorio in un ottica di sviluppo economico integrato. La situazione di degrado e di inquinamento che vede il territorio della Pianura Padana è tra le più critiche d’Italia, ma proprio per questo l’attenzione è alta e può favorire la nascita di nuove sinergie tra gli operatori dell’industria e della formazione per trovare soluzioni innovative ai problemi di chi lavora con un paesaggio che non p in grado al momento di esprimere valori alti e condivisi. Per affrontare il tema di ricerca si è scelto di seguire, come indicato nell’introduzione, il progresso dell’iter di formazione di 3 parchi perir urbani della Regione Lombardia, al fine di comparare le modalità scelte e seguirne poi le dinamiche attraverso un lavoro di sondaggio delle diverse posizioni sia istituzionali, che degli attori locali attraverso una serie di interviste. Data la poca strutturazione dei via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 5


guido granello – architettura e paesaggio diversi percorsi non è stato possibile seguire un metodo comune alle diverse situazioni, ma si è cercato il più possibile di interagire con persone interessate da tavoli istituzionali, tavoli tecnici, consulte gruppi di associazioni, comitati,etc… . L’iter formativo dei parchi scelti vede ad oggi un rallentamento dovuto a diversi fattori di tipo politico, economico, di cambiamento istituzionale e di aggiornamento delle politiche comunitarie. Al fine di esemplificare i diversi percorsi si è così deciso di descrivere brevemente il percorso fatto fin qui cercando di estrapolare le caratteristiche più importanti, gli attori coinvolti, le tecniche fin qui usate e le metodologie di coinvolgimento scelte presentando i casi nella loro struttura visibile. Si è a conoscenza di altri ‘luoghi’ dove si sono tenuti processi paralleli che hanno contribuito a definire strategie di intervento diverse da quelle auspicate dai tavoli e che contribuiscono a mettere in crisi i modelli partecipativi scelti. In un contesto come quello Lombardo però con forte pressione antropica il lavoro che si svolge sui bordi della città è costantemente condizionato da una disomogeneità di sviluppo territoriale e da una continua ridefinizione del concetto di limite.2 I parchi scelti si distinguono per storie simili anche se con caratteristiche territoriali diverse e peculiarità antropiche varie. La scelta dei casi studio deriva propriamente dalla presenza di norme e regole che sanciscono la creazione di una fascia di rispetto e conservazione di aree libere da costruzioni in fasce ad alta pressione antropica Il percorso di Brescia è il più giovane e vede le aree inserite con la denominazione Parco solo attraverso la definizione data dal PGT del Comune di Brescia. Il lavoro per creare un PLIS parte quindi dalla necessità di coinvolgere gli altri comuni, che già hanno definito a parco o come fasce di rispetto le aree sui propri confini, per definire un tavolo di lavoro che possa preparare in documenti necessari alla convenione da stipulare tra i Comuni e da far ratificare dalla Provincia. I casi di Bergamo e Milano invece vedono il percorso di istituzione del PLIS già definito a livello normativo attraverso la ratifica delle convenzioni da parte delle provincie, manca però il lavoro successivo per trasferire un’idea di parco dalla carta al territorio. Il lavoro delle diverse amministrazioni è stato fino ad ora frutto di studi di fattibilità sviluppati negli anni passati e si è limitato spesso a discutere di un confine, quello del parco. È corretto però definire un limite al parco senza conoscere a priori quello che esso contiene? È possibile pensare ancora che un parco abbia un confine netto che sancisca un dentro e un fuori? I limiti di un parco nella realtà sono sfumati, non sarà necessario adeguare la normativa ad una visione più progressiva del territorio?Non seguendo questa accortezza negli anni i diversi strumenti urbanistici, dai PRG ai PGT hanno sottinteso promesse di trasformazioneche hanno portato i diversi attori locali ad affezionarsi ad un’idea/un sogno agli albori del progetto e a costruire poi una serie di percorsi che a momenti alterni hanno permesso il supporto o il contrasto delle diverse opzioni che seguivano l’iter di formazione dei parchi. A seguito dell’avvio del processo di riconoscimento dei parchi di Bergamo e di Milano progetti diversi ne hanno caratterizzato la nascita spostando l’attenzione non tanto a valorizzarli, ma a proteggerli rispetto ad ipotesi di costruzione di stadi, discariche, centri commerciali, etc… Brescia ha visto una stessa situazione con la differenza che l’area in oggetto non è stata ancora compresa in una perimetrazione di un PLIS e quindi il comune abbia diviso le aree all’interno del PGT differenziando due aree di cui una riservata a parco naturale ed un’altra contenente un’ipotesi di cittadella dello sport.Gli uffici tecnici dei comuni hanno raccolto negli anni ricerche e studi di fattibilità che hanno indicato alcune direzioni e operazioni da compiere, mentre i tempi della politica e le pressioni esterne hanno spesso ridotto l’importanza del loro lavoroal punto che intorno al 2010 i tre ‘parchi’ subiscono un attacco che rischia di metterne la parola fine, almeno nella forma in cui si erano definiti. Le ipotesi di costruzione di un centro commerciale, uno stadio o una caserma militare si sono affacciate sulla discussione pubblica delle 3 realtà. I tre interventi più che di una reale necessità ricadevano sotto la tipologia della speculazione edilizia in nome di una non meglio nota necessità di nuove infrastrutture distribuite lungo le arterie di trasporto capaci di 2

Il concetto di ampia trattazione può essere approfondito nel contesto lombardo attraverso ad esempio: M. Mazza, E. Onofrio, Studio del territorio e del paesaggio, in Quaderno 02, Centro di Forestazione Urbana di Milano; Treu M.C., Palazzo D., (a cura di) Margini. descrizioni, strategie , progetti., Alinea, Firenze

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guido granello – architettura e paesaggio veicolare nuovi interventi commerciali e logistici, tendenza questa molto in auge in tutto l’arco prealpino. A questi tentativi di costruzione di grandi complessi di natura privatistica, e di dubbio interesse generale si è opposto un movimento trasversale che ha promosso tramite comitati ed associazioni studi e ricerche su un diverso modello di sviluppo e di gestione del territorio. La forza di questo lavoro ha fatto si che le stesse amministrazioni impegnate nel supportare i progetti di costruzione aprissero una fase di ripensamento e rivedessero le premesse a supporto dei progetti stessi. Forse anche grazie alla crisi economica che dal 2008 ha rallentato la speculazione e ha messo in crisi il modello di crescita fin qui promosso, assistiamo oggi ad un freno alle richieste speculative con l’allentamento delle pressioni esercitate dalle imprese di costruzione, che abbandonano progetti di cui non si ha la certezza di vedere una fine in nome di contesti in cui la dinamica sociale sia spesso meno impegnativa e le possibilità di opposizione agli interventi minori L’assopimento del settore edilizio immobiliare costruttivo se da un lato permette di ripensare territori di bordo della città, con la possibilità di salvaguardare aree destinate ad essere cementificate, non risolve il problema fondamentale della gestione di queste aree in rapporto alla bassa rendita che si ha dalle stesse. Le caratteristiche morfologiche di queste porzioni di territorio vedono la presenza di un’agricoltura in crisi, frammentata e con possibilità di sviluppo ridotte a causa della presenza di inquinanti e alle pressioni esercitate dalla città che non si serve più dei frutti della propria terra, ma importando le materie prime svaluta l’importanza dell’agricoltura di prossimità. A questo dobbiamo aggiungere l’esistenza di grandi aree abbandonate dalla conformazione variabile, che rappresentano i lasciti dell’attività estrattiva a cui è stato concesso dalle Provincie di sfruttare in maniera intensiva il territorio asportando milioni di metri cubi di sabbie e ghiaie lasciando così in eredità grandi bacini caratterizzati dalla presenza di Laghi di cava o di fondi umidi e instabili. Proprio per questa svalutazione delle terre coltivate e delle aree libere vicine alle città, queste aree, spesso enormi, sono oggetto di contese contese aspre tra le ipotesi di trasformazione in oasi naturali, tipo WWF, e quelle di produzione di grandi impianti di smaltimento rifiuti o aree di tipo logistico vista la vicinanza con le grandi arterie di traffico. Queste due opzioni potrebbero sembrare una positiva e l’altra negativa, perché antepongono sfruttamento e recupero di un sito naturale, ma se visti in un’ottica nuova sono entrambe la rappresentazione di una cultura antica che relegava importanti habitat all’interno di oasi così da lasciare il restante territorio libero per lo sfruttamento. Nel contesto in cui siamo oggi in cui il territorio non è più in grado di rigenerarsi dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento e preservando le oasi perché importanti per la biodiversità creare con esse dei sistemi integrati con le porzioni di territorio più antropizzato.

1.2. Contesto normativo di riferimento: i PLIS(Parchi Locali di Interesse Sovra comunale) Per comprendere la realtà che vige al momento in Italia e in particolare in Regione Lombardia è importante definire le strategie che attualmente vengono usate dalle principali amministrazioni pubbliche per poter gestire un territorio fortemente infrastrutturato attraverso un uso intensivo della risorsa suolo. Attraverso la legge regionale n.86 del 30 novembre 1983 viene demandata ai comuni la possibilità di istituire i PLIS parchi locali di interesse sovracomunale che devono essere poi riconosciuti dalla Provincia che ne indica le modalità di gestione e di pianificazione. Diventa chiaro che la volontà principale di istituire questi strumenti urbanistici derivi dai comuni interessati dai progetti che di comune accordo devono individuare le aree in questione e intraprendere un percorso con i principali soggetti portatori di interesse per far si che non si creino squilibri sul territorio.

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guido granello – architettura e paesaggio Si tratta di Parchi istituiti da una o più amministrazioni comunali che condividono la volontà di prendersi cura di una parte del proprio territorio con l'obiettivo di tutelare, valorizzare, rivalutare zone a diversa vocazione (rurale, naturalistica, etc…), aree periurbane ed in generale ambiti da salvaguardare per la loro valenza storico-culturale e paesaggistica, che in questo modo vengono sottratti all'urbanizzazione, al degrado e all’abbandono. Il fenomeno dei PLIS è altamente innovativo al momento è uno strumento esclusivo della regione Lombardia. Tra l’84 e il 2009 questo strumento ha visto una crescita esponenziale che vede oggi la presenza di 87 parchi di nuova formazione. Questi assieme ai 24 Parchi Regionali, alle 64 riserve naturali e ai 31 Monumenti Naturali contribuiscono a definire un’insieme di interventi che vanno a comporre la Rete Ecologica Regionale insieme ad altri strumenti come sistemi verdi e Piani di Indirizzo Forestale.3 Se però la Lombardia sperimenta buone pratiche e sviluppa un sistema integrato delle aree verdi rimane una delle regioni che più soffre del problema del consumo di suolo agricolo che viene utilizzato per costruire nuovi insediamenti. I dati forniti dall’Osservatorio Nazionale sul Consumo di Suolo4 nel rapporto del 2012 vedono Brescia ad esempio con un indice di 2,3 Ha/giorno di gran lunga superiore alla media della regione che si attesta su un parametro di circa 1 Ha/giorno. Unendo il dato indicato dalla presenza di PLIS in Provincia di Brescia, che ad oggi vede attestarsi la presenza a 8 perlopiù individuati da zone fluviali e quindi già parzialmente protette dallo sviluppo urbano, attraverso i contratti di bacino con il consumo di suolo possiamo senza dubbio sostenere che la Provincia di Brescia nel passato ha perso una grande occasione di gestione e di tutela del proprio territorio. La mancanza di attenzione verso il territorio e le sue dinamiche ha fatto si che i pochi strumenti messi in campo dai comuni non fossero sufficienti per arginare lo sfruttamento intensivo tipico del territorio attorno alla città. Per questi motivi, unito ad una maggior attenzione verso il territorio nata dagli anni ’80 si è assistito alla nascita di un un movimento d’opinione che si è reso conto della necessità di una nuova politica rispetto alla gestione del suolo. Aiutato dalle ricerche condotte dalle università e spinto dalle associazioni e comitati questo movimento d’opinione ha raggiunto le più importanti istituzioni nazionali, facendo si che lo stesso Primo Ministro abbia speso alcune parole sul tema dello stop al consumo di suolo: «La cementificazione del territorio agricolo sta assumendo in Italia proporzioni sempre più preoccupanti», ha detto il presidente del Consiglio Mario Monti in conferenza stampa. «Basti pensare - ha aggiunto che negli ultimi 40 anni la superficie agricola é passata da 18 a 13 milioni di ettari, con una perdita pari alla somma dei territori di Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna».5 Lo stesso tema è inoltre oggetto di un recente documento promulgato dalla Comunità Europea dal titolo “Orientamenti in materia di buone pratiche per limitare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo”, causa prima di problemi idrici ed ambientali.

1.3.Metodi di integrazione tra politiche locali e di settore Attraverso le procedure per la creazione del PLIS, Parco di interesse sovra comunale – i comuni hanno la facoltà di svolgere una serie di operazioni necessarie all’istruzione della pratica per il riconoscimento dei confini del parco da parte della provincia. Per poter ottenere risultati soddisfacenti i comuni interessati dovranno creare dei tavoli ad hoc al fine di riconoscere quali siano gli elementi di forza del progetto e quali le criticità. Attraverso il lavoro congiunto si potranno quindi ottenere sviluppare degli 3

Delibera di Giunta Regionale del 16 gennaio 2008 n .6447.

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Il Rapporto 2012 è realizzato da INU, Legambiente e DiAP (Politecnico di Milano) nell’ambito del progetto di ricerca Criteri, metodi e procedure per il rilevamento dei consumi di suolo su base comunale, finanziato da Fondazione Cariplo, con il contributo di Regione Lombardia, Regione Toscana e Provincia di Lodi

Mario Monti, (Presidente del Consiglio), in Conferenza stampa del 14 settembre 2012 di presentazione del DL «quadro in materia di valorizzazione delle aree agricole e di contenimento del consumo del suolo»

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guido granello – architettura e paesaggio studi su diverse componenti del paesaggio quali lo stato delle risorse naturali, la presenza di biodiversità e lo stato dei diversi habitat; il livello di frammentazione dei sistemi verdi, la presenza di produttori di paesaggio e la loro condizione operativa; il coefficiente di rischio rispetto alla perdita di suolo naturale e la pressione antropica. Per analizzare tutti questi valori è importante che le amministrazioni demandino la costruzione di analisi a enti terzi, che diano così risultati in linea con gli standard europei e possano garantire un livello di indipendenza necessario a non perdere la fiducia da parte della cittadinanza. Sarà così fondamentale coinvolgere nel percorso di sviluppo del Parco istituzioni riconosciute a livello nazionale come Osservatori sul paesaggio, Agenzie per il controllo della qualità ambientale (ARPA, ASL, etc…), e corpi intermedi come Legambiente, Italia Nostra, Slow food, Coldiretti, con evidenti legami con la buona gestione di uno sviluppo integrato del territorio. Le associazioni e i comitati garantiranno così l’intervento diretto dei cittadini e lo sviluppo di una coscienza e un campo di conoscenze comuni da diffondere sul territorio. Solamente tramite un percorso organico e coinvolgente sarà possibile quindi definire una serie di obiettivi sostenibili per il territorio che diventeranno così fonte di supporto per i diversi soggetti e non causa di continui scontri tra portatori di interessi. Come esempio di una buona pratica in questa direzione si segnala il caso del contratto di Rete per la costruzione della Rete Ecologica della Provincia di Varese

Il contratto di Rete per la costruzione della Rete Ecologica della Provincia di Varese Esempio di un modello di sviluppo che al fine di perseguire obiettivi generali, si applica alla realtà locale e territoriale è la costruzione della Rete Ecologica seguito dalla Provincia di Varese. Lo strumento da poco introdotto anche nelle legislazioni nazionali e regionali ha trovato subito un vasto campo di applicazione, e si è ritagliato un importante ruolo nella definizione delle strategie conservative e proattive del territorio. In un contesto come quello italiano la costruzione delle Reti Ecologiche deve prevedere non solo limiti e vincoli ma anche un’attivazione del territorio al fine di ricostruire la consapevolezza che un ambiente in buono stato possa essere di notevole vantaggio anche per una corretta vivibilità dei territori. Prati, fiumi, laghi, etc…hanno un forte impatto sull’economia e ad oggi esistono molti studi che quantificano il grande apporto anche economico che gli ecosistemi hanno nei confronti della vita umana. Mantenere uno standard ambientale adeguato è prioritario per ridurre deficit di bilancio e spreco di risorse pubbliche. Al fine di ricomporre le reti ecologiche che hanno regole biologiche di funzionamento molto precise non è possibile eseguire solamente studi tecnici, ma l’esperienza degli ultimi anni, tra cui spicca il caso di Varese, denota la grande importanza da attribuire allo scenario territoriale e alle conoscenze sviluppate dai diversi attori che per vie anche diverse hanno toccato il tema. La necessità di ricostruire uno scenario pluriennale di analisi, raccogliere informazioni sulla flora e sulla fauna, sui transiti di animali, sulle modifiche dovute a importanti eventi climatici o naturali, ha movimentato una grande componente di sapere che altrimenti sarebbe andata perduta. A Varese si è sperimentato un modello partecipativo di costruzione della rete che ha visto inanellarsi una serie più o meno fortuita di buone pratiche che insieme hanno portato a generare un percorso molto importante per il passaggio da un contesto locale ad uno trans provinciale e addirittura trans-nazionale. Le reti ecologiche, proprio per la loro natura non hanno una scala precisa, ma sicuramente superiore al livello comunale. Il caso del Contratto di Rete sviluppato a Varese ha visto il concatenarsi di una serie di azioni che hanno permesso l’integrazione di politiche comunitarie all’interno delle politiche comunali, con un atteggiamento volontario da parte dei comuni. Gli ingredienti di questo processo sono stati tra gli altri: -

La presenza di ricerche pregresse dovute ad una forte presenza di siti della Rete Natura 2000 (che fino ad ora non erano mai diventati rete vera e propria) e che hanno permesso una formazione di conoscenze

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tecnico scientifiche di alto livello con la creazione di un ampio catalogo di ricerche messe a disposizione dei diversi attori. Un’amministrazione provinciale che ha da sempre sviluppato politiche per ridurre la frammentazione territoriale, senza però trovare una reale sponda legislativa a supporto della volontà tecnico-politica. Una serie di dirigenti e tecnici di alto livello di associazioni di categoria, che hanno potuto lavorare insieme. La sperimentazione di nuove tecnologie di coinvolgimento e partecipazione a supporto degli strumenti tradizionali, che hanno generato interesse e una buona base informativa ai partecipanti del percorso. Il rapporto con un ‘vicino’ di alto profilo, come la Svizzera che ha fornito un buon esempio di pratiche relative al tema e ha poi accolto gli esiti del percorso facendosi coinvolgere poi in un programma Transfrontaliero che assume le considerazioni finali del Contratto di Rete come basi per la cooperazione.

L’insieme di questi fattori insieme ad una nuova consapevolezza maturata dagli attori in questione fa si che si possa ritenere che questo progetto non si perda nel nulla di fatto una volta approvato. La totalità dei comuni contattati ha partecipato al percorso e la metà lo ha fatto con convinzione. Ad oggi non si è ancora assistito alla firma vera e propria del contratto di Rete, ma si ritiene che la maggior parte dei comuni non avrà alcuna remora alla sottoscrizione dello stesso. L’esito di questo lavoro denota un grande pregio, che però rende anche molto difficile la riproposizione di un lavoro come questo in tutte le realtà dove è necessario ricostruire la Rete Ecologica, cioè tutta l’Italia: la concatenazione di eventi favorevoli e la presenza di alcuni tra i più grandi esperti sul tema ha costituito la base solida della conoscenza tecnica su cui si è sviluppato il progetto; questo ha permesso agli amministratori di potersi opporre alle tradizionali dinamiche di consumo del suolo con una forza mai avuta in precedenza.

2. I casi studio 2.1.Il Parco delle Cave di Brescia Il Parco delle Cave definito dal PRG del 2002 si estende su circa 450 ettari nel territorio di Brescia. Con il PGT del 2011 è stato scomposto in due parti rispettivamente chiamate Parco delle Cave (destinazione naturalistica) e Parco dello Sport (destinazione ludico sportiva). Si può ipotizzare che la sua superficie possa aumentare con l’individuazione di altri bacini di escavazione presenti nei comuni limitrofi e dal conseguente coinvolgimento di queste aree nel progetto complessivo. Si ipotizza quindi che la sua superficie nella versione finale si estenda sui comuni di Borgosatollo, Castenedolo, Rezzato e in parte su Botticino raggiungendo la dimensione di circa 600 ettari. La dimensione del parco, che corrisponde a circa 4 volte alla superficie del centro storico di Brescia rappresenta già di per se una sfida resa ancor più difficile dall’eterogeneità della gestione dei suoli e dalle attività presenti sul territorio. Il tutto reso ancor pù arduo dalla presenza di numerosi siti inquinati, discariche non controllate e impianti di trattamento di sostanze pericolose del cui impatto ancora poco si conosce. Quadro Istituzionale di Riferimento: inserito nel PRG del 2004 come Progetto Norma è stato poi smembrato all’interno del PGT del 2011 in due parti. La prima Parco dello Sport, con previsione di infrastrutture sportive pesanti è stata sottratta all’analisi della VAS, mentre la seconda definita Parco delle Cave è stata destinata a Parco con la possibilità di costruire strutture leggere. Quando è iniziato il processo e quale è lo stato attuale: L’attenzione dei cittadini sulle aree dura da almeno 20 anni a seguito del PRG, in attesa della dismissione delle cave. Nel 2010 però i progetti di dismissione sono stati affiancati da ipotesi di riuso non idonee con la destinazione, come discariche di amianto (ad oggi sotto sequestro da parte della procura per problemi progettuali e ambientali), poli logistici (ora in standby anche a causa della crisi), etc… La pressione dei comitati dei cittadini e delle associazioni ambientaliste che hanno creato a livello cittadino gli Stati Generali dell’ambiente da cui è scaturita la proposta di un processo partecipato da costruire su di una porzione di area denominata Parco delle Cave dal PGT. Gli assessori comunali hanno così pensato, forse via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 10


guido granello – architettura e paesaggio anche a fini elettorali, di istituire un tavolo tecnico a cui sono stati invitati i membri della consulta dell’ambiente. Il tavolo tecnico a cui è stata aggiunta la denominazione di partecipato ha creato una confusione di attribuzione che ha generato problemi di obiettivi, strumenti e rapporti tra i diversi soggetti presenti al tavolo. Parallelamente e a supporto di questo tavolo si è insediato un gruppo ‘Parchi e tutela dell’ambiente’ interno alla consulta dell’ambiente che a seguito di una discussione rispetto agli obiettivi del tavolo ha individuato dei rappresentanti per presenziare al tavolo tecnico del Comune. Quali sono gli obiettivi: La divisione su due tavoli ha portato ad un problema di attribuzione da parte delle associazioni, ma che se ben gestito potrà portare a dei buoni risultati rispetto al contesto generale. Il tavolo tecnico istituito dal Comune verte su di un’area precisa ad oggi di proprietà di un cavatore che però si è impegnato a cedere riqualificata in cambio di una multa per eccesso di escavazione. La discussione di questo progetto, su spinta della consulta, sta in realtà permettendo ai settori tecnici del comune, spesso isolati e alle associazioni di discutere insieme del futuro di queste aree, rimettendo in discussione i idiversi interventi previsti, anche al di fuori delle aree previste. Quali gli attori coinvolti: Gli attori coinvolti principalmente al tavolo tecnico sono i settori del comune di Brescia interessati, i professionisti incaricati di progetti da parte del privato, i professionisti che collaborano con l’amministrazione, le associazioni ambientaliste e sportive e i comitati facenti parte della Consulta dell’Ambiente. Ente gestore: l’ente gestore del processo è il comune stesso, nella figura del tecnico firmatario dell’accordo con il privato e quindi il privato stesso che si è accollato l’onere dei lavori in cambio della cancellazione della sanzione. In ogni momento, se il privato ovviamente non fosse d’accordo con le proposte potrebbe sempre pagare la multa e non cedere più le aree, però al momento questa opzione non sembra percorribile o conveniente.

A seguito di 50 anni di escavazione di sabbie e ghiaie quel che rimane in eredità sono 9 grandi laghi di dimensioni tra 10 e 20 ettari l’uno e altri laghi e stagni di dimensione più piccola. Questi bacini sono costituiti da acqua di falda con temperatura costante tra i 10 e 12° C. Proprio perché alimentati da acque sotterranee affiorate a causa dell’escavazione i laghi si trovano a circa 10 m al di sotto del piano di campagna costituendo così delle vere e proprie oasi protette rispetto al territorio circostante. Qui hanno trovato negli anni dimora diverse specie di uccelli stanziali e migratori. Dai dati degli ultimi avvistamenti6 condotti da parte di una naturalista si sono potute osservare circa 39 diverse specie tra le quali 30 nidificanti e quindi strettamente correlate all’habitat delle cave. Tra queste si è riscontrata la presenza di 9 specie con priorità di conservazione delle quali 3 protette da parte della Direttiva Uccelli 09/147. L’acqua fino ad ora è di buona qualità grazie anche al lavoro svolto dal Monumento Naturale Parco delle Cariadeghe7, sito di interesse comunitario perché costituito da un altopiano carsico in cui si incanala l’acqua che dopo un percorso di alcuni kilometri all’interno della roccia va a costituire l’acquifero della pianura padana. A causa della divisione tra le proprietà tipica del sistema delle cave i bacini si ritrovano al momento separati tra di loro da strade e corsi d’acqua. Lo sfruttamento ha marcato fortemente il paesaggio ma ne ha rispettato la struttura agricola originaria limitando la sua erosione ai bordi delle strade, dei corsi d’acqua e avvolgendo le cascine presenti sul territorio. Proprio per questa ragione troviamo bacini regolari con forme sagomate lungo alcuni bordi. Rispetto al totale dei 450- 600 ettari del parco la componente liquida si attesta intorno ad un quarto della sua superficie mentre gli altri tre quarti sono composti da campi agricoli, strade e zone di rispetto di infrastrutture e fabbriche.

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Silvia Mora e Stefania Capelli, sopralluoghi effettuati nel 2011 nelle cave di Buffalora (ATE g 25) Vedi rapporto del Consorzio di Gestione del Monumento Nazionale Altopiano di Cariadeghe, Serle (BS)

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guido granello – architettura e paesaggio Il lavoro svolto a Brescia potrà essere oggetto anche di ricerca in quanto alcuni progetti potranno trarre spunti in futuro rispetto a progetti di sviluppo territoriale con tipologie similari alla situazione descritta. Se l’approccio dovesse risultare sostenibile e si ottenessero benefici rispetto alla coesione sociale insieme all’integrazione di politiche comunitarie si potrebbe trasferire il know-how in tutta l’area del nord Italia interessato da casi simili. Il test e la sfida su scala più ampia diventerebbe quindi l’integrazione di questo tipo di politiche ad esempio nella gestione dei terreni interessati dalla nuova linea di alta capacità che dovrebbe nel suo progetto attraversare la bassa bresciana collegandosi con l’aeroporto di Montichiari, che nei progetti della regione potrebbe diventare un nuovo hub di trasporto aereo passeggeri o merci. Il progetto presentato dalla Regione Lombardia inserisce una fascia di rispetto tra i due aeroporti presenti che rappresenta la continuazione fisica del parco delle cave. L’integrazione delle diverse politiche porterebbe così al risultato di creare sistemi verdi di grande dimensione, Greenaway e connessioni della rete ecologica regionale utilizzando i PLIS come strumento di guida e di sperimentazione delle opportunità del territorio, senza creare politiche di tipo prescrittivo che limitano lo sviluppo. Il processo che ne deriverebbe sarebbe quindi continuo nel tempo e caratterizzato dalla creazione continua di obiettivi e di momenti di formazione dell’identità dei luoghi condivisi tra i diversi attori del territorio.

2.1.1. Descrizione del processo partecipato in corso; criticità e opportunità. Dopo anni di discussione e parecchi progetti presentati, grazie allo smantellamento delle prime attività di cava alcuni cittadini hanno potuto fruire di alcuni bacini, aperti dal privato, per permettere feste private, attività sportive e momenti aggregativi. Questo trend di scoperta delle cave, che normalmente vede il superamento dei limiti fisici dei bacini costituiti dalle motte di terra che le circondano è la fase fondamentale perché la città si accorga delle enormi opportunità possedute. Questa fase vede diversi soggetti coinvolti a partire da chi ogni giorno percorre i sentieri presenti attorno ai bacini e agli attori locali che si occupano insieme alle amministrazioni di preparare il territorio per essere fruito. Ovviamente il singolo accesso, sebbene molto importante non basta per far si che si generi un corretto percorso di coinvolgimento nella progettazione del parco. Organizzandosi spontaneamente le diverse associazioni hanno organizzato camminate e biciclettate di scoperta del territorio che hanno permesso di riunire le diverse osservazioni in mappe tematiche su criticità individuate e luoghi di possibile valorizzazione. Le aree presenti all’interno delle centinaia di ettari del parco sono di proprietà di proprietari e compagnie diverse. Non ci sono aree di proprietà pubblica da mettere a disposizione, senza che ci siano aree pubbliche a supporto di interventi diretti, anche se il comune si sta adoperando a tal fine con attraverso diversi strumenti di acquisizione. Tra i più efficaci, i tecnici comunali hanno definito la strategia di acquisizione di alcune aree che sotto la progettazione della municipalità diventino la base per un progetto pilota del parco stesso. Lo strumento utilizzato è la conversione di alcune sanzioni per eccessiva escavazione, tramite la cessione delle aree recuperate dall’amministrazione a seguito di una loro riqualificazione e rinaturalizzazione basate sulla base delle indicazioni degli uffici tecnici del comune. La quota della prima sanzione che viene determinata dagli uffici è di circa 5 milioni di euro e verrà versata al comune tramite la cessione di aree per un totale di 1,4 milioni di euro e opere da eseguire sull’area per 2,6 milioni di euro più una parte come versamento diretto rateizzato negli anni. Questo percorso vuole inserirsi all’interno di un progetto più ampio di ricucitura del territorio grazie alla connessione delle reti ecologiche per quanto possibile alla progettazione di percorsi di mobilità dolce tra i diversi punti attrattivi del parco. In questa ottica di intervento il Comune offre la possibilità di eseguire lavori di recupero delle cave utilizzando il proprio know-how al privato che realizzerà direttamente la trasformazione dell’area, consegnandola poi al patrimonio pubblico. via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 12


guido granello – architettura e paesaggio Questa enorme opportunità che viene presentata al settore pubblico è sicuramente da sfruttare, perché a detta degli assessori del Comune stesso porterebbe ad una acquisizione di area infrastrutturata a costo zero per il comune, eliminando anche gli eventuali ricorsi alle sanzioni da parte delle parti, e quindi la certezza della riscossione in forma alternativa alla monetarizzazione. Esiste però, a fronte di vantaggi da entrambe le parti il rischio di sovradimensionare lavori che in realtà per il pubblico potrebbero non essere necessari. Tra questi ad esempio quelli che vedono migliorie limitate a fronte di spese di acquisizione e movimentazione materiale all’interno del bacino. In questo caso sarà molto importante quindi definire i margini di intervento all’interno del processo rispetto alle reali possibilità di modifica dei progetti in campo e delle tempistiche reali adeguate alla costruzione di nuovi scenari. Per far fronte a questa necessità di controllo delle opzioni progettuali l’amministrazione ha recepito come valore la richiesta delle associazioni di partecipare alla progettazione del progetto pilota creando un tavolo tecnico che serva ad unire i diversi settori dell’amministrazione facendoli dialogare con le associazioni, i cittadini e i diversi portatori di interesse. L’obiettivo del tavolo è quello di definire alcune strategie base per la progettazione e la futura gestione del parco mediando tra le diverse istanze. La speranza è quella di riuscire a sviluppare un momento di confronto allargato in cui valorizzare le competenze e le richieste di tutti. La delibera della Giunta Comunale n.13 dell’11.1.2013 denominata Comunicazione in merito alla costituzione di un tavolo tecnico per la progettazione partecipata per il Parco delle Cave, ha sancito la nascita di un tavolo tecnico comprendendo i settori Parco delle Colline, delle Cave; Urbanistica; Giovani Sport e Innovazione, Manutenzione spazi aperti unitamente ai rappresentanti della Consulta per l’Ambiente e eventuali altri apporti richiesti dai partecipanti all’interno di un iter partecipativo. La delibera vede per la prima volta la presenza ad un tavolo tecnico dei rappresentanti delle associazioni che fanno parte della consulta. La consulta è un organo istituzionale del comune di Brescia e quindi vi possono partecipare per statuto solo quelle associazioni che ne fanno richiesta e che rispettano determinati parametri. Il primo problema quindi, una volta pubblicizzato il tavolo, è stato quello di gestire la richiesta di associazioni e comitati interessate a parteciparvi. La partecipazione proprio perché mediata dalla consulta impone che associazioni prima mai coinvolte nei lavori dei gruppi di lavoro della Consulta stessa, si debbano iscrivere ad un registro. L’ufficio di presidenza della consulta ha così svolto un attento lavoro di inclusione anche di quei soggetti che formalmente non avrebbero avuto diritto a parteciparvi al fine però di promuovere la partecipazione. Visto che non era possibile presenziare agli incontri del Tavolo Tecnico da parte di tutte le associazioni, la Consulta si è dotata di un organo specifico per affrontare il tema dei parchi, attraverso la costruzione di un gruppo di lavoro dal nome ‘Parchi e tutela del territorio’. La nascita di questo gruppo ha fatto si che le associazioni ed i comitati interessati fossero invitati con possibilità di voto all’interno del medesimo gruppo. Il gruppo Parchi e Tutela del Territorio della Consulta dell’ambiente A seguito di istituzione del gruppo e del recepimento di istruzioni rispetto ad un primo incontro del Tavolo Tecnico, il gruppo Parchi si è così riunito iniziando una discussione su quello che secondo le diverse associazioni dovesse essere il modello di sviluppo del parco. Le visioni diverse ovviamente hanno creato una moltiplicazione delle visioni e anche in alcuni momenti la nascita di contrasti tra posizioni, che a seguito di frizioni anche per attriti pregressi tra gruppi, hanno poi in sostanza stabilizzato le posizioni su 3 diverse istanze: - La posizione più radicale, che vede in sostanza il parco come rimborso all’ambiente rispetto ai deceni di sfruttamente e che si ripropone di creare un’area completamente rinaturalizzata in cui fauna e flora si possano sviluppare autonomamente e in cui l’approto dell’uomo dovrà essere minimo e sicuramente privo di impatti; via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 13


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Una posizione che vede i gruppi sportivi in primis per deidicare le aree allos viluppo sportivo della città che da sempre subisce una carenza per l’attività quotidiana. Vista la vicinanza alla città di acqua con caratteristiche idonee a diversi tipi di sport acquatici permetterebbe così di poter praticare attività anche di tipo professionale senza doversi spostare verso i laghi o i fiumi. - Una posizione forse meno legata ad un modello, ma che pone l’accento sulla questione della fruizione dell’area da parte di tutti e preme perché sia garantito il libero accesso da parte di tutti alle diverse aree. Queste differenze saranno un leit motive per tutta la durata del percorso di discussione e spesso genereranno incomprensioni rispetto ai diversi meriti del progetto. Il gruppo a seguito di una discussione generale sulle idee di parco ha così incaricato 4 rappresentanti che presenzieranno al Tavolo Tecnico del Comune e che saranno incaricati di svolgere il ruolo istruttorio per poi attivare percorsi di partecipazione alla costruzione di scenari da parte della Consulta attraverso strumenti che si potrano decidere in seguito. Questo gruppo è stato formato dal Presidente della Consulta stesso, la referente del Gruppo Parchi, un membro del gruppo rappresentante di un Comitato di cittadini, un tecnico che dovrà affiancare i lavori ed occuparsi dei rapporti con gli uffici comunali e predisporre il materiale per i momenti di discussione. Il tavolo tecnico del Comune di Brescia Il lavoro del gruppo parchi della consulta ha generato molte aspettative verso il tavolo tecnico, che veniva visto come momento di confronto su tutti i temi che negli anni avevano visto l’amministrazione confrontarsi anche aspramente con i cittadini rispetto a scelte di sviluppo giudicate erronee o a interventi da parte di privati che hanno rischiato di generare ricadute negative sul territorio. Se però i membri delle associazioni si aspettavano un discorso ampio e complesso, i settori tecnici del Comune, senza un mandato sicuro sulle questioni in campo, hanno dichiarato la volontà di inserire solamente nella discussione del Tavolo Tecnico le aree contenute nell’accordo in relazione al pagamento dell’ordinanza ingiunzione n.70626 del 19.9.2011 stipulato dal Dirigente del settore Parco delle Colline e Cave del Comune e dalla Società Nuova Beton s.p.a proprietaria delle aree. Questo atteggiamento ha quindi creato immediatamente un primo contrasto tra il percorso fatto dalle associazioni per trovare dei valori condivisi e invece un atteggiamento altamente tecnicistico da parte del Comune. La sensazione di tutti era quella di una disparita di intenti da parte dei diversi settori e una mancanza di discussione rispetto al tema tra i diversi settori dell’amministrazione. Sebbene aperto dall’intervento dell’assessore ai lavori pubblici e all’urbanistica con la volontà di trovare un progetto condiviso rispetto all’intervento, i diversi settori comunali arrivati al tavolo con buoni propositi e disposti a mettere in discussione anche alcuni preconcetti, non hanno trovato un supporto adeguato a poter mettere in gioco lavori magari portati avanti da alcuni anni. Le associazioni avevano dato mandato chiaro però ai membri del Gruppo parchi che ha richiesto per poter continuare il lavoro, la disponibilità a fornire per tempo tutti i materiali inerenti la discussione, gli elementi completi dei diversi progetti, compresi i capitoli di spesa, e tutti quei materiali utili a capire le linee guida per gli sviluppi dell’area vasta (per tutti i 450 ettari del parco). A questa richiesta non è stata data, almeno fino ad oggi alcuna risposta organica e quindi il Tavolo, così come tutte le figure coinvolte non hanno mai avuto una cornice precisa in cui muoversi e su cui discutere. Al secondo incontro del Tavolo Partecipato il comune ha invitato i progettisti di Nuova Beton , incaricati di svolgere i lavori sull’area che hanno presentato il progetto nei suoi particolare, spesso confutando affermazioni di tecnici del comune pregresse e generando ancora più perplessità rispetto alle scelte progettuali. La situazione di incertezza per tutti i membri del tavolo, si è avuta quando invece è via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 14


guido granello – architettura e paesaggio intervenuto sempre su invito al tavolo un professionista incaricato di stendere un progetto di area vasta, che per le scelte progettuali si poneva in contrasto con alcuni progetti portati avanti dagli uffici tecnici. Si è quindi riscontrato un problema di organicità nelle proposte del Comune che ha così messo in risalto una criticità dei diveris settori a lavorare insieme. La differenza di visioni rispetto ai progetti di area vasta sono sicuramente dati dalla frammentazione degli interventi, ma visti con l’occhio dei cittadini diventano fonte di sospetti e di mancanza di fiducia nelle istituzioni. Le elezioni politiche e l’inasprimento dei rapporti I ritardi e i tempi tecnici del tavolo hanno fatto si che i lavori si portassero a ridosso della tornata elettorale delle elezioni amministrative comunali. La scadenza elettorale ha radicalizzato le posizioni, visto che le associazioni ed i comitati sono stati toccati da candidature e da coinvolgimenti in percorsi politici. A seguito dell’inasprirsi delle posizioni e dalle polarizzazioni delle stesse si è deciso di rimandare eventuali decisioni e nuovi incontri a dopo l’elezioni della nuova dirigenza politica del comune. Il fatto però ha scatenato una serie di scambi di dichiarazioni anche sulla stampa locale, che ha radicalizzato i rapporti e richiesto un momento di ridefinizione del mandato. L’incontro ha avuto luogo il giorno 23 maggio 2013, a pochi giorni dalla scadenza e a fronte di nuovi scenari portati a conoscenza del tavolo ha fatto si che il tavolo stesso si sia posto 2 diversi piani di lavoro: -

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Una prima scadenza legata ai lavori da iniziare entro l’estate, in cui indicare al privato quali operazioni eseguire. Si è scelto quindi di studiare soluzioni adeguate perché venga eseguito un intervento neutro che lasci nei proissimi periodi utili di cantierizzazione i margini di manovra per modificare le scelte. Vista la necessità di movimentare grandi volumi di rocce da scavo, si è ottenuto che il progettista consegni al Tavolo documentazione aggiuntiva e materiale idoneo a poter modificare scelte progettuali nell’ottica di effettuare i lavori necessari e spostare risorse su voci non considerate. Un mandato a lungo termine da rimodulare a seguito delle elezioni in cui definire la discussione generale di area vasta, affiancando ai lavori del tavolo una serie di operazioni di mappatura del contesto dei 450 ettari presenti sul comune di Brescia, e cercando il confronto con gli altri comuni per le restanti aree. Questa posizione è ovviamente una pura ipotesi perché potrà essere modificata dalla nuova Giunta Comunale in caso di cambi radicali di ottica sul Parco.

2.1.2. Suggerimenti di merito e di processo per un miglior approccio Il percorso finora descritto è ancora in via di svolgimento anche se si possono trarre alcune considerazioni parziali rispetto alle dinamiche fin qui osservate. È importante al fine della comprensione futura del percorso identificare alcuni capi saldi che, se affrontati nel modo corretto potranno definire un percorso organico di partecipazione: -

Struttura promotrice del Percorso Partecipato: La Consulta dell’Ambiente del Comune di Brescia è un organo istituzionale di collegamento tra cittadini e amministrazione, ma il suo progetto è strutturato attraverso strumenti di discussione e di conoscenza, coinvolgendo di volta in volta realtà ed associazioni che si interessano del tema ecologico ambientale secondo i criteri dell’Agenda 21. Le associazioni di riferimento quindi, se non difendono ‘interessi’ parziali, sono comunque abituate ad agire con le proprie metodologie e perseguendo i propri obiettivi. In un contesto in cui il rapporto amministrazione – cittadini non è strutturato la Consulta non ha da sola gli strumenti tecnico-politici a rappresentare un vero percorso di gestione di un processo partecipato a supporto di un tavolo tecnico decisionale, a meno che il proprio Ufficio di Presidenza non si renda promotore di un reale percorso di condivisione ampio e ben strutturato.

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La difficoltà in casi come questo però sta nel fatto che spesso i membri direttivi della consulta sono anche membri di rilevanza dei diversi soggetti rappresentati e sono quindi inseriti a pieno titolo nella discussione. Mandato e ruoli dei diversi momenti partecipativi: La non chiarezza e divisione tra ambiti decisionali Tavolo Tecnico e ambiti di costruzione di scenari del Gruppo parchi della Consulta, ha portato alla creazione di una situazione di incomprensione rispetto al ruolo che ogni attore si trova ad avere nei diversi contesti. Demandare alla Consulta e alle sue associazioni la costruzione di un percorso partecipato senza definire un mandato chiaro da parte dell’amministrazione (che avrà poi il potere deliberativo) diventa fonte di contrasti e attiva dei percorsi che poi non posseggono le caratteristiche di rappresentatività necessari a diventare determinanti. La difficoltà del linguaggio tecnico e la complessità degli interventi rispetto ad un settore come quello delle cave genera una serie di problemi e di incomprensioni che non è facile da sanare. La mancanza di una analisi e ad una rilevazione dello stato di fatto condivisi fa si che ognuno porti il suo background costruito negli anni, ma che risulta parziale e non riesce a diventare comune se non si adoperano determinati accorgimenti come la costruzione di una fase istruttoria in cui i materiali posseduti dai diversi attori vengano rielaborati e fatti diventare base di lavoro per tutti. Interazione con i diversi livelli amministrativi: La mancanza di coinvolgimento di altri settori e livelli amministrativi nonché di comuni limitrofi e relativi attori territoriali, seppur rendendo più semplice la discussione priva il processo di una serie di apporti e conoscenze già possedute che si potrebbero implementare al fine di generare maggior consapevolezza rispetto alle dinamiche territoriali. La costruzione ad esempio di aree naturalistiche senza il supporto di un’analisi delle opzioni per la ricostruzione della rete ecologica diventa un esercizio puramente teorico perché non verificabile con studi più generali. Comunicazione, trasparenza e riconoscibilità: La mancanza di costruzione di un percorso completamente trasparente e di una metodologia chiara pregiudica in effetti un’eventuale decisione da parte di fondazioni come CARIPLO che hanno attivi dei canali di finanziamento come ad esempio il bando ‘Realizzare la Connessione Ecologica’ rivolta a progetti reali di deframmentazione e collegamento di ambiti naturali per favorire la biodiversità.

La progettazione legata al Parco delle Cave potrà essere il primo processo partecipato sul territorio Bresciano a definire modifiche sia nell’assetto istituzionale, promuovendo migliorie di processo; la costruzione di uno scenario condiviso, o almeno della definizione di alcune strategie decise a livello collettivo; la mappatura degli attori sul territorio e la comprensione delle dinamiche territoriali di un’area vasta. Per percorrere questa strada al momento manca una visione chiara da parte di chi amministra la città. Al fine di promuovere una cultura che supporti gli amministratori a scegliere un percorso partecipato invece che una progettazione tradizionale in accordo solamente con la componente degli investitori. Questo cambio di paradigma deve essere supportato da tutti gli attori del territorio, che se anche conflittuali devono riconoscersi reciprocamente attraverso il lavoro condiviso.

2.2.Parco Agricolo Ecologico Bergamo Il Parco Agricolo-Ecologico di Bergamo-Stezzano, ora Parco Agricolo Ecologico Madonna dei campi ricopre una superficie di circa 380 ettari tra i comuni di Bergamo e stezzano. L’area possiede, nel contesto territoriale, una particolare valenza ambientale e pesaggistica. Costituisce infatti, nel disegno dell’area urbana di Bergamo, una spina verde di penetrazione che, pur in un contesto densamente urbanizzato e infrastrutturato, garantisce continuità degli spazi aperti dalla pianura fin dentro il tessuto della città. Rispetto al sistema delle aree protette l’area si connette direttamente a sud con il PLIS del Morla e delle rogge; tale PLIS, con andamento est-ovest, possiede la forza di elemento di connessione (da completare) di alta pianura tra i sistemi ambientali strutturanti dei fiumi Brembo e Serio. Nel confine via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 16


guido granello – architettura e paesaggio a nord con il tessuto interno della città l’area del progetto di Parco Agricolo-Ecologico si connette con il sistema verde del Parco Ovest, oggetto di potenziamento paesistico-ambientale, e oltre, con l’area dei nuovi Ospedali Riuniti di Bergamo che vedono una corona verde capace di strutturare le relazioni ambientali che più a nord, attraverso il varco inedificato esistente, determina una connessione con apprezzabile valenza ecosistemica con lo sperone della Benaglia e quindi con il sistema del Parco Regionale dei Colli di Bergamo. Quadro istituzionale di riferimento: il PAE di Bergamo e Stezzano è un PLIS che si è formato a seguito di un percorso comune delle amministrazioni di Bergamo e Stezzano che hanno portato al riconoscimento dei confini del parco, con Delibera Giunta Provinciale numero 292 del 20 giugno 2011. I comuni hanno quindi provveduto a inserire la perimetrazione del parco all’interno dei rispettivi PGT. Il PLIS è uno dei pochi che si è dotato di un regolamento, visto che lo stesso non contiene norme cogenti, di solito definite all’interno degli strumenti urbanistici. Quando è iniziato il processo e qual è lo stato attuale: a seguito del mancato finanziamento di Fondazione Cariplo di un progetto ‘spaziare’ proposto dalla provincia di Bergamo in collaborazione con Reti Civiche di Milano, il Comune di Bergamo ha scelto di convocare due tavoli di consultazione rispetto alle tematiche del parco con i rispettivi attori territoriali. Il percorso ha subito un arresto a seguito dei primi incontri. Quali sono gli obiettivi: gli obiettivi espressi dai tavoli sono di sondare il contesto e trarre ipotesi da inserire nei prossimi piani di intervento. Quali gli attori coinvolti: gli attori coinvolti nei due tavoli sono rispettivamente gli operatori del territorio, inclusi in base alla proprietà o lavorazione dei terreni compresi nel Parco, e le associazioni interessate di temi territoriali. Ente gestore: l’ente gestore è il Comune di Bergamo, capofila Alcuni dati: Piano pluriennale degli interventi 2011-2013: Determinazione Dirigenziale numero 2422 del 06 settembre 2011. Comuni: Bergamo, Stezzano. Provincia: Bergamo. Superficie: 299,5 ettari così suddivisi per Comune: Bergamo 208 ettari, Stezzano 91,5 ettari. (interessata da ipotesi di ridimensionamento) Altimetria: 230/200 metri sul livello del mare.

Il parco è stato istituito dalla Provincia di Bergamo nel giugno 2011 in base alla L.8 del 2008 (parchi); i comuni di Bergamo e Stezzano hanno scelto la gestione INHOUSE del Parco, tramite una convenzione tra i 2 comuni stipulata per 5 anni. La gestione viene svolta attraverso 2 organi pricipali: -

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Comitato di Coordinamento (Politico), formato dagli assessori all’ambiente ed ecologia dei Comuni di Bergamo e di Stezzano: Decide le Linee Programmatiche per il Triennio successivo; Comitato Tecnico, formato dagli uffici tecnici dei 2 comuni definisce gli interventi e ne coordina gli interventi diretti per strutturare il parco.

Le due commissioni di Servizio sono convocate a ottobre e a marzo di ogni anno allo scopo di stendere il programma pluriennale degli interventi e la previsione di bilancio. I fondi vengono così stanziati di anno in anno in base al bilancio Comunale e seguono 2 modalità di finanziamento in base a due diversi parametri di riferimento: il 70% in funzione della popolazione, il 30% in funzione del territorio interessato. In base a questi parametri il comune di Bergamo vede una quota parte dell’84%, mentre il Comune di Stezzano il 16%. Mentre il programma pluriennale degli interventi lavora attraverso una previsione di impegno rispetto a tre anni, i fondi a supporto dello stesso sono decisi dall’amministrazione comunale, sottostando via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 17


guido granello – architettura e paesaggio ovviamente alla Spending Review e al Patto di stabilità. I fondi sono quindi decisi annualmente e sono sempre a rischio. Esiste quindi una difficoltà di previsione vista la necessità di sottintendere le necessità del parco rispetto al Bilancio della città. Le aree comprese all’interno dei limiti del parco vedono la presenza di un importante traccia geomorfologica chiamata Paleoalveo del Morla che rende visibile l’antico percorso del Rio Morla. Quest’area di circa 50 ettari, seppur spina portante della connessione ambientale, risulta al momento esterna all’area del Parco. Questa decisione in fase di modifica deriva dai progetti che si sono succeduti negli ultimi anni riguardanti i progetti di costruzione di Nuovo stadio dell’Atalanta con annesso intervento commerciale e della caserma della Guardia di Finanza. Al momento è presente una richiesta di includere nuovamente queste aree all’interno dei confini del Plis, anche se la decisione deve essere attentamente vagliata da tutti gli organi preposti. L’area del PLIS era il Granaio di Bergamo costituito per lo più dai terreni dei Conti Moroni che fonderanno poi il Comune di Stezzano. I terreni ricadenti sul territorio del Comune di Bergamo sono invece diventati parte del patrimonio del comune stesso, che li ha concessi in affitto ad aziende agricole e cooperative (affittuari storici). I terreni residui sono divisi tra circa 20 diversi proprietari. La gestione è a volte diretta da parte dei proprietari, altre viene affidata a mezzadri minori. Su questi terreni operano diverse aziende agricole e allevatori che spesso rappresentano delle eccellenze nel proprio campo. Il valore da dare all’agricoltura è quindi di parte fondante del territorio e questo rende così più facile un’approccio conservativo della funzione anche se rende più complesso il coinvolgimento di funzioni di tipo diverso come quella fruitiva e turistica. Gli interventi finora previsti e finanziati dai settori competenti del comune (circa 60.000 euro) si dividono in educativi e progettuali: Sono stati stanziati fondi per attività didattiche (10.000 euro) scuole di Stezzano e di Colognola (quartiere di Bergamo). Organizzate uscite sul territorio. Concorso di Idee per il nuovo logo del PLIS e per il nome del parco. Gli interventi diretti invece hanno interessato la cura e il ripristino di percorsi e alvei del tessuto irriguo; non sono state invece interessate al momento le aree private di tipo agricolo dal progetto di portare persone alla scoperta del parco per i problemi di interferenza con le attività dei contadini. Un progetto sviluppato da un professionista si è applicato alla creazione di un anello di percorsi, attraverso la riqualificazione di tracce esistenti, che collegheranno l’abitato di Colognola, Il comune di Stezzano di Lallio e il santuario della Madonna dei Campi. Rispetto ai percorsi e alla cura degli stessi sarà necessario prevedere una sistemazione che li preservi dall’usura e dal disfacimento del manto, che poi è prassi sia ripristinato con l’uso di macerie edilizie che rovinano la resa dei percorsi e creano discariche a cielo aperto. Sono contenute all’interno del regolamento di cui si è dotato il parco previsioni per l’introduzione di cartellonistica specifica al fine di segnalare gli accessi al parco e i percorsi del parco. La gerarchizzazione dei percorsi indotta da questi strumenti sarà necessaria al fine di garantire una convivenza tra agricoltori e fruitori del paesaggio. Per avvicinare questi due mondi si propone di creare alcuni punti di contatto come piccoli spacci di prodotti agricoli, fattorie didattiche in collaborazione con le scuole dell’intorno. Gli attori presenti sono espressione di un territorio ricco di organizzazioni che intersecano tutti i settori della società. Sono presenti 3 grandi aziende agricole (Santinelli, Il torriani, Cooperativa biologica Biplano) e altri 20 agricoltori piccoli e medi che si rappresentano direttamente nei percorsi di consultazione; piccoli apicoltori (100-200 casse); allevatori di bestiame da carne e da latte (Balzarini, Moroni, Cividini, Santinelli); associazioni di promozione del territorio come Slow Food, Italia nostra, Legambiente, Civiltà contadina, Decrescita felice, Merato e Cittadinanza (Cittadinanza sostenibile); comitati come il PAE, Comitato sovra comunale del PLIS (cittadini e partiti di minoranza contro lo stadio), etc…

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guido granello – architettura e paesaggio 2.2.1. Descrizione del processo partecipato in corso; criticità e opportunità. Nella formazione del Parco le diverse amministrazioni hanno agito in autonomia definendo diversi percorsi di analisi del territorio. Questo approccio ha portato così all’annuncio di diversi interventi come la nuova tangenziale sud, lo stadio e la stazione della Guardia di Finanza senza aver creato un momento definito e pubblico di decisione rispetto alle prospettive per quest’ampia area periurbana che vede la presenza di numerose infrastrutture. Ad oggi non sono mai stati organizzati tavoli di coinvolgimento di altre istituzioni (Regione, Gestori di infrastrutture, etc…), mentre la Provincia di Bergamo non è coinvolta direttamente se non per l’approvazione del rendiconto economico. Non si può però pensare che un’area di questo tipo non venga considerata nei progetti delle diverse istituzioni sovra comunali e di settore, il problema è però che vista la mancanza di un interesse diretto, di ampio respiro sulle aree essa viene sempre trattata come uno spazio in negativo, che rimane schiacciato tra l’abitato e i diversi nastri delle infrastrutture. Bergamo è una città in cui la maggior parte delle aree verdi sono gestite tramite PLIS che funzionano relativamente bene per le colline e quindi il Parco Agricolo confina con diversi altri parchi che si sviluppano per lo più lungo corridoi ecologici di tipo verde o blu. Non vi però allo stato attuale ne in previsione momenti di confronto con gli altri PLIS limitrofi (P.L.I.S. Agricolo del torrente Morla e delle rogge, P.L.I.S. dell’alto corso del fiume Brembo) ne progetti di valorizzazione comune. Nel 2011 la Fondazione Reti Civiche di Milano ha presentato insieme alla Provincia di Bergamo, i Comuni di Bergamo e di Stezzano, il P.L.I.S. del Rio Morla e delle Rogge ha presentato un progetto organico di programmazione partecipata dal titolo “Spaziare” – Spazi Aperti Rurali ed Ecologici nella cintura verde di Bergamo, che però non è stato finanziato dal bando di Fondazione Cariplo e dopo un periodo di ricerca di nuovi finanziamenti è stato accantonato. Il progetto prevedeva un metodo e delle fasi per la partecipazione: - iniziative di informazione e di sensibilizzazione; - un tavolo di partecipazione provinciale con il coinvolgimento di enti e consorzi,etc…; - due tavoli partecipativi per discutere sugli ambiti dei due PLIS; - l’adozione di un Patto Partecipativo con sottoscrizione dell’impegno dei partecipanti; - la condivisione delle conoscenze territoriali; - la definizione di obiettivi all’interno dello studio di fattibilità. Per assicurare la buona riuscita del progetto, la Fondazione aveva già impostato una piattaforma web (www.spaziverdibergamo.it) oggi chiusa e trasferita su altri progetti. Il progetto basato su un software DCM era impostato per accogliere e supportare tutte le fasi del progetto con strumenti di georeferenziazione degli studi e dei progetti, una comunicazione ed informazione istruita sulle fasi del progetto e degli strumenti di deliberazione via web a supporto del processo partecipato.8

Su esempio del progetto RCM si sono tentati oggi due tavoli con l’obiettivo di corsi di coinvolgimento e consultazione delle diverse anime del territorio. Un tavolo istituito dal settore ambiente del Comune coinvolge i proprietari terrieri che oltre al Comune stesso possiedono le aree, e le aziende agricole che operano sui relativi terreni agricoli. Questo tavolo ha dimostrato che il sistema economico periurbano possiede alcune esperienze di valore di aziende che lavorano tramite processi biologici e nel rispetto di alcuni valori di recupero delle qualità ambientali dei territorio. I produttori del paesaggio hanno però messo a nudo una problematica legata alla conversione dalla cultura intensiva della produzione di foraggi per l’alimentazione animale a coltivazione più sostenibili, perché la filiera produttiva che vede presenti numerosi allevamenti necessità di un determinato tipo di prodotto. Al momento quindi la scelta è quella di seguire un primo percorso conoscitivo per sondare i diversi fattori di problematicità e le opportunità di sviluppo facendo risaltare la grande conoscenza del territorio di chi lo lavora ogni giorno. 8

Fondazione RCM, 2011, SPAZIARE ‐Qualificare gli spazi aperti in ambito urbano e peri‐urbano, Relazione tecnica di Progetto, Milano

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guido granello – architettura e paesaggio Questa scelta che a prima vista può sembrare esclusiva rispetto alla cittadinanza e alle associazioni permette però di rompere il timore da parte degli agricoltori di restare vittima di imposizioni esterne. Bisogna infatti ricordare che il PLIS per sua natura non ha potere impositivo sulle pratiche sulle strategie, mentre può definire linee guida e mettere in mostra alcune strategie di sviluppo dei territori, in mancanza di un progetto complessivo come quello non finanziato da Fondazione Cariplo. Al fine di mantenere un equilibrio tra questa necessità e il bisogno dei cittadini di godere e fruire di nuovi paesaggi è stato ipotizzato il secondo tavolo che riunisce le diverse associazioni ambientaliste presenti sul territorio e che dovrebbe essere il momento in cui vengono discusse le strategie per rendere il parco fruibile infrastruttura verde di collegamento tra le frange della città e dell’hinterland. Al fine però di rendere questo confronto calato sulla realtà e sulle vere potenzialità del territorio sarà necessario dotare il tavolo di alcuni momenti e strumenti di analisi diretta sul campo e progetti di progettazione e sperimentazione delle ipotesi presentate. A questa fase che vede l’avvicinamento di diverse figure al tema del paesaggio sarà fondamentale per portare alla luce le conoscenze e le abilità sopite e a costruire un percorso collettivo di consapevolezza e di cooperazione che potrà poi supportare la gestione del Parco. Il comune in mancanza di altre figure di mediazione dovrà quindi elaborare simulazioni che possano supportare la modellizzazione dei diversi scenari possibili. Le associazioni ambientaliste vorrebbero un’accessibilità pubblica dei terreni, e vorrebbero proporre modelli di sviluppo diversi da quelli attuati dagli agricoltori al momento. Gli agricoltori sono quindi restii alla modifica delle colture proposte dal comune perché abituati a monocoltura (coltivazioni da foraggio) e dipendenti dai finanziamenti per lo sviluppo rurale. La paura di poter perdere questa sicurezza senza le certezze necessarie per considerare la scelta di cambiamento economicamente sostenibile limita il campo di discussione. Alcuni agricoltori, seguendo però alcune strade innovative hanno però già attivato la collaborazioni con Slow Food e presidi locali alcuni agricoltori stanno scegliendo modelli di sviluppo sostenibile e del biologico. Per favorire la fruizione turistica e la qualità visiva del paesaggio il comune potrebbe proporre il mantenimento di alcune coltivazioni connotate come infestanti come il tulipano o la colza che contribuiscono alla creazione di colorazioni particolari (finanziate attraverso fondi FEASR della comunità europea), non utilizzando pesticidi e favorendo la biodiversità. La scelta di mantenere queste coltivazioni ha però come conseguenza una minor produzione dei campi in questione. Il comune sta cercando quindi di trovare finanziamenti, sgravi o facilitazioni al fine di promuovere scelte di questo tipo. Forse anche qui sintesi dei punti salienti

2.2.2. Suggerimenti di merito e di processo per un miglior approccio Il percorso di coinvolgimento a seguito dei due interventi sopradescritti ha subito uno stop apparentemente per mancanza di volontà da parte dell’amministrazione nel continuare il percorso. Valutando i diversi caratteri dell’operazione portata avanti a Bergamo si possono definire alcune criticità riscontrate che denotano una mancanza di visione rispetto alla soluzione di problemi contingenti: -

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Il Plis è gestito dal Comune capofila che mette a disposizione la sua struttura tecnica ai fini del parco. Se a prima vista si può considerare questo un elemento positivo perché garante di una visione pluridisciplinare da parte del comune porta però a una gestione non dedicata ai fini del parco. Nel bilancio complessivo del Comune la definizione delle strategie per la sua gestione e la preservazione di politche incentivanti è sempre subordinato a decisioni strategiche di livello superiore come nuova infrastrutturazione, tagli di bilancio, etc… Il fatto che venga definito un piano pluriennale degli interventi, ma che gli stanziamenti previsti vengano decisi annualmente dal comune attraverso il bilancio dell’ente fa si che non is possa

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assicurare la copertura finanziaria di progetti necessari per la ricostruzione di ambienti e di sostegno all’agricoltura che invece sono necessari per lo sviluppo di politiche virtuose di integrazione tra economia agricola e di promozione territoriale. La mancanza di coinvolgimento e di dialogo con i Parchi Locali di Interesse Sovra comunale limitrofi con maggior valore naturalistico fa si che il PAE si trovi isolato dalle politiche di deframmentazione territoriale e quindi non sviluppi le necessarie attenzioni verso il mantenimento dei corridoi ecologici e dei varchi per la biodiversità. La spinta che le associazioni hanno avuto a seguito della ‘provocazione’ definita dalle proposte di stadio e di caserma della guardia di finanza ha generato diversi momenti di incontro e costruzione di nuovi scenari che però non essendo stati guidati o recepiti dall’amministrazione non riescono a fornire l’apporto adeguato alla costruzione di politiche a supporto dell’azione del parco.

2.3.L’esperienza di Milano nel recupero delle cave. Questo sottocapitolo si inserisce nella discussione generale con il ruolo di esemplificare due situazioni analoghe al contesto del Parco delle Cave di Brescia, che sono presenti nella città di Milano, capoluogo di Regione e che portano in se l’emblema di processi di sviluppo delle aree periurbane della città. Saranno quindi analizzati alcuni aspetti di questi percorsi senza voler descrivere tutta la situazione di Milano che si lega ovviamente alle dinamiche di area metropolitana come Il Parco Agricolo Sud di Milano, le infrastrutture legate ad Expo, comprese le vie d’acqua che interesseranno tutti i parchi ad ovest della città (primo vero progetto di Expo 2015 che vede già una profonda opposizione dei cittadini e di alcuni operatori del settore), le infrastrutture di nuova formazione come la Brebemi e la TEM.

2.3.1. Il Parco delle Cave di Milano Il Parco delle Cave di Milano gestito fino al 2009 da Italia Nostra è un’icona per quasi tutti i paesaggisti e ad oggi seppur non più gestito dalla storica organizzazione, ma direttamente dal Comune di Milano, rappresenta una delle realtà più conosciute e apprezzate dalla cittadinanza intera. Ne è esempio la recente mobilitazione per difendere il parco rispetto ad una delle opere accessorie di Expo 2015 che prevede il passaggio di una via d’acqua navigabile all’interno del parco. Il progetto di un canale navigabile sembra ormai archiviato, però l’iter progettuale del canale di scarico del sistema di raffrescamento dei padiglioni di Expo dovrebbe lo stesso interessare la superficie del parco. Il caso è esemplare, anche se non sarà oggetto di questa trattazione perché rende ancor più netto il fatto che il problema non stia nella bontà o meno di un’opera, quanto nel fatto che in mancanza di una condivisione sugli intenti spesso ci si trova a commettere errori che i cittadini non accolgono di buon grado e anzi non fanno altro che sviluppare fenomeni Nimby9. È curioso come in questo caso il fattore scatenante possa essere un canale e una pista ciclabile annessa che in realtà a molti non darebbe assolutamente fastidio, ma il fatto che l’intervento vada a toccare un valore condiviso, la rende un fattore di contrasto non gestito. Per comprendere le motivazioni di tanta affezione verso il Parco delle Cave bisogna ripercorrerne il suo iter formativo. I primi a vedere nei ‘buchi’ creati da anni di escavazione terminata negli anni ’80 una risorsa per il territorio sono stati i membri di Italia Nostra. Sfruttando la congiuntura che vedeva alcune

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Con il termine NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, letteralmente “Non nel mio cortile”) si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori in cui verranno costruite, come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche, o più recentemente nucleari, solo per citare i casi più noti.

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guido granello – architettura e paesaggio di queste aree già di proprietà del comune, hanno proposto all’amministrazione un piano di intervento fondato su due principi basilari: - la sistemazione delle aree doveva essere fatta attraverso interventi ‘minimi’ che permettessero la fruizione in totale sicurezza e l’’apertura di un territorio alla percorrenza lenta e alla sosta; - l’impegno da parte dell’amministrazione a procedere con successive campagne di ‘annessione’ di altre aree del parco al progetto unitario di Parco delle Cave. Il fatto che Italia Nostra si fosse trovata in quel momento con una proposta concreta, fu sicuramente un fattore a vantaggio del progetto perché catalizzò la preoccupazione per la gestione di un area a forte presenza criminale visibile (droga e prostituzione) e ne favori l’accettazione da parte dei cittadini e il conseguente affidamento ad Italia Nostra. Il fatto di poter contare su di un progetto unitario e di una forte volontà di riprendersi dei territori fu determinante, e come riferisce Silvio Anderloni10, intervistato proprio su questo tema, favori un moto di appropriazione da parte dei cittadini. “All’inizio non fu facile e le camminate di quartiere erano spesso organizzate ad hoc e vedevo strategie per evitare l’intromissione da parte di spacciatori o delinquenti locali. Il lavoro è stato molto lungo e ha visto la forte presenza da parte dei cittadini, ma soprattutto una collaborazione con l’ente che oltre a creare gli Interventi Minimi per la fruizione delle aree doveva vigilare sulla preservazione delle aree”. Alla domanda se il parco delle Cave di Milano abbia seguito interventi di partecipazione della costruzione nelle scelte Anderloni sorride e ricorda un aneddoto che se a prima vista potrebbe sembrare privo di interesse diventa importante per la comprensione dei moti spontanei in questo campo d’azione. L’aneddoto si rifà alla costruzione dell’area umida del Parco delle Cave che seppur oggi molto amata dai cittadini e punto di riferimento per le scuole nel passato divise fortemente Italia Nostra e le altre associazioni locali. Visto l’abbandono delle aree per molti anni, la componente spontanea in casi come questo diventa predominante. In quest’area un agricoltore aveva ripristinato la quota del campo riempiendo la buca con inerti di vario tipo e in alcuni anni era riuscito a rendere il campo di nuovo produttivo per l’agricoltura. Tutto il quartiere conosceva la fatica fatta dall’uomo e chiamava infatti la zona il ‘Monte Sinai’. Quando il CFU propose il progetto di realizzare un’area umida in molti si schierarono contro perché la ritenevano corpo estraneo, possibile generatore di problemi. In quel caso i tecnici del centro decisero di continuare seguendo le loro convinzioni e ad oggi si può dire che il risultato sia di alto valore e non abbia attirato sciami di zanzare, come era stato paventato dai suoi detrattori. La partecipazione al Parco delle Cave ha quindi preso negli anni ’90 una strada opposta ai percorsi partecipati che stiamo trattando in questa ricerca, che non ha portato ad un progetto condiviso, lasciato invece in mano agli esperti del settore, bensì ad un percorso di valorizzazione dell’area grazie alla riconquista di un uso da parte dei cittdini scalzando gli usi impropri che si erano susseguiti nel tempo.. È così che le 27 associazioni + un comitato che hanno seguito l’iter formativo del parco attivando momenti di comprensione delle dinamiche delinquenziali in corso, anche con l’aiuto di esperti come magistrati, studiosi, etc…La comprensione dei fenomeni ha favorito così l’intendimento e l’appoggio alla nascita del parco come l’affermazione della democrazia sul malaffare. La gestione del territorio risulta quindi essere una delle componenti fondamentali in cui le associazioni e i comitati hanno sviluppato una forte sensibilità ed è anche un campo che ha visto la ricerca di soluzioni ‘innovative’ per la risoluzione dei problemi. Il controllo di 130 Ha di territorio con il rischio di inquinamento della falda e il continuo utilizzo a discarica a cielo aperto è stato affrontato con un lavoro sul campo continuo da parte degli operatori con l’aiuto dei cittadini e qualche volta con idee come quella di usare le foto trappole per il controllo faunistico per mappare ben altro tipo di fauna. A seguito della fine della concessione a Italia Nostra dopo vent’anni, nel 2009 il Comune ha deciso di riprendere la gestione del parco in-house. Questa decisione, ha provocato un ridimensionamento dei rapporti che le associazioni avevano ormai consolidato con l’ente parco che a sua volta le supportava nei problemi quotidiani. Il passaggio di tutti i compiti nelle mani dei tecnici comunali che spesso non 10

Vicepresidente del Centro di Forestazione Urbana, Milano

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guido granello – architettura e paesaggio sono sul posto, se non per dei rilievi fa si che il parco non sia più gestito direttamente, ma subisca la complessità della macchina amministrativa, limitandone i poteri di intervento. Senza entrare nel merito delle scelte, questa esperienza può essere esemplificativa del problema che i comuni si trovano alla fine di un percorso per così dire di tipo sperimentale, quando sentono la necessità di rientrare in possesso del progetto seguendo un percorso di normalizzazione. Può essere che il dinamismo che regola la nascita e lo scioglimento delle associazioni sia un fatto strutturale di questo tipo di percorsi, ma spesso il passaggio da una modalità di gestione ad un’altra, rischia di far perdere i valori che il territorio con fatica era riuscito a sviluppare. Italia Nostra, oggi rimane ente gestore dell Boscoincittà, progetto in cui molte delle conoscenze acquisite attraverso il Parco delle Cave si sono riversate, rappresenta oggi un esempio di come un’area possa resistere alla pressione delle aree periurbane, anche se con molta difficoltà, e addirittura si possa estendere e realizzare nuovi progetti. Ad onor del vero la costruzione di questa enclave che ad oggi collega la periferia ovest di Milano con l’area dove sorge l’inceneritore Silla 2 risente della volontà da parte dell’imprenditore Ligresti di mantenere i campi limitrofi al parco ancora produttivi e gestiti. Il Boscoincittà, molto frequentato da scolaresche e da giovani è quella che si può dire una scuola di partecipazione a cielo aperto, in cui attraverso il lavoro sul campo tramite laboratori appositi si trasmettono valori alle nuove generazioni che poi avranno il compito di trasmettere ai propri amici e famigliari le conoscenze apprese piantando un albero, costruendo un laghetto o un capanno per gli attrezzi. Progetto ultimo del Boscoincittà e fortemente voluto da Anderloni è stato il Giardino dell’acqua che ha preso vita nell’area tra Figino e l’area del depuratore Silla 2. Il progetto del giardino è stato eseguito da tecnici esperti del paesaggio e realizzato attraverso laboratori da volontari e cittadini. Questa necessità ha fatto si che venissero ideati sistemi di costruzione semplici e veloci. Per i capanni ad esempio si è optato per un sistema costruttivo a capriate montate a terra e poi posizionate in verticale così da costruire la struttura della parte comune agli orti che funge anche da area di svago coperta. Questa struttura data l’economicità e facilità di montaggio unita ad una spiccata qualità realizzativa è stata poi riutilizzata in altri progetti di orti urbani come quello recentemente realizzato a Sesto San Giovanni (Mi).

2.3.2. Il parco Est delle Cave di Milano Non tutti sanno che a Milano non esiste un solo parco delle Cave, ma bensì due. Il Secondo a cui viene aggiunta la dicitura Est così da differenziarlo è in realtà un parco sovra comunale, un cosiddetto PLIS che oltre i confini del Comune di Milano comprende i comuni di Brugherio, Carugate, Cernusco sul Naviglio, Cologno Monzese e Vimodrone. Il suo perimetro approvato nel 2009 è di ben 573 ettari di cui però al momento solo 33 realmente investiti da un progetto di riqualificazione che ha preso il nome di Parco Increa situato nell’area del Comune di Brugherio. Riconoscimento: Deliberazione di Giunta Provinciale n. 501 del 25/05/2009 Comuni: Brugherio (MB), Carugate (MI), Cernusco sul Naviglio (MI), Cologno Monzese (MI), Vimodrone (MI). Superficie riconosciuta: 319 ettari (limitatamente alla Provincia di Milano) Forma di gestione: Convenzione tra Comuni (capofila: Cernusco sul Naviglio)

Il caso del PLIS est delle cave di Milano, anche se non presenta al momento attività di tipo partecipato in corso, viene presentato per esemplificare un contesto in cui si è assistito ad un’impennata dell’’attività’ o della presenza del parco, nel caso di interventi di speculazione all’interno dei suoi confini, per poi però tornare a esercitare la funzione di strumento urbanistico dormiente perché i comuni interessati non trovano valori aggiunti in una sua promozione. Il PLIS è frutto di uno studio di fattibilità del 1985, dove era prevista un’area di circa 700 Ha. Successivamente il limite del parco si è ridotto e con il grande boom edilizio e la pressione delle aree via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 23


guido granello – architettura e paesaggio circostanti i comuni hanno sottratto sempre più territori attestando con l’ultima perimetrazione, sancita dall’atto di riconoscimento della Provincia di Monza e Brianza e di Milano, un area di circa 550 Ha. Il parco diventa così una sottile striscia ‘verde’ all’interno del contesto urbanizzato e si pone come ultimo strumento per evitare la saldatura dei fronti urbani. Così come il Parco del Lura in Brianza, il PLIS Est delle Cave è lungo e stretto, ma a differenza di quest’ultimo non possiede alcuna caratteristica fisica, come può essere un fiume, un bosco o altro per giustificarne la protezione. È in questo scenario che nel 2011 a soli 2 anni dalla formazione del parco viene proposta la costruzione di un centro commerciale, che se realizzato avrebbe portato a separare definitivamente i due lembi del parco e negare la continuità ecologica tra le due aree. A questa opzione che avrebbe disatteso inoltre le previsioni della Rete Ecologica provinciale, si è opposto un ampio fronte di cittadini che Costituitosi in Comitato ha fronteggiato le scelte delle amministrazioni per 2 anni, costituendo uno zoccolo duro di tipo trasversale. Questo lavoro ha seguito in parte anche la costruzione dell’area di svago Increa che ha di fatto rinaturalizzato un’area di escavazione rendendola adeguata agli standard di fruizione pubblica. Questo embrione di parco potrà essere fondamentale per il futuro dell’area, che però dovrà vedere ulteriori e differenti regimi di coinvolgimento perché la superficie del parco è composta in maggioranza da terreni agricoli che per loro natura subiscono una fortissima pressione antropica, la presenza di inquinanti che ne pregiudicano la produttività e la svalutazione o rivalutazione a seconda delle dinamiche urbanistiche. Così come per il PAE di Bergamo sarà quindi necessario studiare la metodologia più idonea per coinvolgere i cittadini e gli operatori sul territorio al fine di delineare le migliori strategie di sviluppo per la sostenibilità del parco stesso. Al momento ogni percorso di attivazione e di conseguente trasformazione del territorio è impraticabile per l’immobilità di alcuni comuni data da commissariamento dei Consigli comunali e il periodo di stagnazione economica.

2.4. Progetto 3P_ Progetto Partecipato nel Parco promosso dal Parco dell’Adamello Il progetto partecipato 3P viene qui proposto al fine di esemplificare un caso particolare in cui le Aree Naturali, considerate da sempre come riserve di naturalità, vivano invece oggi il bisogno di agire non solo sulla preservazione della natura, ma si pongano come elemento catalizzatore di politiche riguardandi settori come la preservazione del lavoro, delle caratteristiche dei luoghi, delle strutture sociali favorendo l’innovazione e la sperimentazione di nuovi modelli. In qualche maniera questo caso rappresenta il tentativo della riserva di uscire dai propri confini, per diffondere buone pratiche di gestione del territorio. Con il progetto tre P, il Parco dell’Adamello vuole promuovere un percorso di partecipazione delle comunità locali alla definizione condivisa di una Politica del Paesaggio, nella convinzione che la corretta tutela dei caratteri identitari del paesaggio costituisca uno dei fondamenti dello sviluppo futuro della Valle. L’itinerario di tre P prevede: la costruzione di un Inventario partecipato delle risorse paesistiche, la definizione di una strategia condivisa(Politica del Paesaggio), la definizione di specifici Obiettivi di Qualità Paesistica per gli ambiti edificati e per le aree agricole e forestali, la redazione di progetti per la riqualificazione paesistica in aree campione. Per raggiungere i propri obiettivi, il progetto punta a coinvolgere e a far interagire tra loro: le amministrazioni locali,i cittadini e le realtà economiche e associative,i tecnici e gli esperti. Proprio con questo spirito e nel nome di questi impegni vogliamo aggiornarti, nelle pagine che seguono, su quanto fatto fin qui, e proporti di unirti al nostro lavoro. I comuni interessati dal progetto tre P sono: Ponte di Legno, Temù, Vione, Vezza d'Oglio, Incudine, Edolo, Sonico, Malonno, Berzo Demo, Cedegolo, Cevo, Saviore Adamello, Paspardo, Cimbergo, Ceto, Braone, Niardo, Breno, Prestine. via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 24


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Per raggiungere gli obiettivi sopra tratteggiati, l’elemento fondamentale è ottenere il coinvolgimento attivo delle comunità e degli amministratori locali per poter cogliere il punto di vista di ciascuno sul paesaggio, sulle sue trasformazioni e sulle misure da adottare per proteggerlo, riqualificarlo dove è necessario e per mettervi mano con intelligenza. Il progetto tre P dunque ha preso avvio con alcuni incontri dedicati ai Sindaci dei comuni del territorio e ad esperti del paesaggio e dell’ambiente locale, per cominciare ad ascoltare la loro opinione sulle risorse del territorio, sull’importanza della tutela e della valorizzazione del paesaggio e sulle possibili iniziative da assumere, e per assicurarsi il loro coinvolgimento nelle attività del progetto. Il metodo partecipativo adottato da tre P per consentire di affiancare alle analisi tecniche le conoscenze relative al tema paesaggio custodite dagli abitanti del Parco dell’Adamello. È stato proposto di aderire ai lavori sottoscrivendo un Patto Partecipativo che prospettava gli impegni che ciascun partecipante si assumeva scegliendo di partecipare al processo, oltre che le regole per il lavoro comune e per prendere insieme via via decisioni consensuali.11

Il Parco dell’Adamello è stato un parco naturale con una lunga storia iniziata agli inizi del ‘900, ma istituito per legge nel 2003. Il percorso è quindi relativamente giovane rispetto ad una legislazione che porti i cittadini dei comuni interessati ad aderire ad un progetto complesso ed organico di valorizzazione e protezione del territorio. Le ricerche fatte riguardano quindi tutta l’area del parco comprese le aree urbane vista la loro importanza per la caratterizzazione dei luoghi e l’impatto che il turismo ha ormai sui luoghi stessi. La decisione di intraprendere un percorso partecipato diventa così strategica per rafforzare il ruolo del Parco nei confronti della popolazione che in un momento di stagnazione potrebbe prendere l’istituzione parco come gabbia e non come risorsa. Il percorso pensato da RCM unisce una serie di ricerche quantitative ad analisi qualitative delle tendenze ed un sapere esperto confrontato con un sapere quotidiano al fine di generare delle alleanze necessarie a portare avanti politiche nette e incisive. Il fatto più importante è la stipula di un Patto Partecipativo che impegna i partecipanti a seguire determinate regole di ingaggio e che portano ad una legittimazione di uno strumento altrimenti aleatorio. I cittadini e il Parco saranno così certi che le amministrazioni chiamate in causa non utilizzeranno il percorso per fini elettorali o ‘personali’, ma dovranno riconoscere l’iter all’interno delle proprie politiche. Allo stesso tempo la sottoscrizione da parte degli operatori del territorio fa si che i cittadini siano responsabilizzati rispetto alla responsabilità assunta rispetto alle proprie azioni quotidiane. Questo risultato è possibile grazie alla compresenza di 4 attori principali nel percorso consapevoli della necessità di che 3 di questi, il Parco, I Comuni, i cittadini siano ugualmente necessari alla riuscita armonica del progetto. Il quarto attore necessario e capace di poter mediare i conflitti e sanare le differenze tra gli attori è RCM che segue attraverso diversi strumenti il percorso come ad esempio la newsletter, questionari e ricerche sul campo, attività di promozione ed informazione via web, facilitazione e semplificazione delle differenze tecniche. Ottimo strumento a supporto di tutto il percorso è stata la costruzione di un Atlante dei luoghi inteso come uno strumento di ricerca qualitativo con cui definire l’attribuzione di peculiarità particolari ai luoghi considerati. Questa ricerca ha preso un campione variegato costituito al più da adolescenti e giovani (facilitazione data dalla facilità di accesso nelle scuole) e adulti di età media compresa tra 30 e 50 anni. La costituzione di questo campione denota come la fascia di giovani tra i 20 e i 40 spesso non vivono più con i genitori per motivi di studio o di lavoro. Gli anziani invece vivono spesso soli, anche se in un sistema di supporto e coinvolgerli è molto più complesso.

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Estratto de ‘Newsletter n. 1 – febbraio 2008’ del Progetto 3P curato dal Parco dell’Adamello

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3. Linee guida per le dinamiche partecipate 3.1.Considerazioni riguardo l’intervento sulle aree periurbane in fase di trasformazione I casi presentati in questa ricerca sono parziali e limitati ma sembrano utili per rappresentare molti dei conflitti e delle peculiarità di territori per i quali le amministrazioni devono prendere delle decisioni in merito al loro sviluppo futuro e alla modalità di costruzione delle scelte di sviluppo future. Le aree compresse tra i fronti urbani delle città e dei comuni di cintura mantengono una loro struttura grazie ad elementi naturalmente limitanti come corsi d’acqua o laghi (anche se di tipo artificiale) e riescono a resistere rispetto alla fortissima pressione antropica grazie ad una cultura nuova che vede nel paesaggio non solo una componente naturale, ma anche un ruolo educativo e di sviluppo economico prima mai valorizzato. A seguito della ricezione della Convenzione Europea del Paesaggio si è compreso che le cosiddette aree abbandonate o in trasformazione, pur non avendo una specifica funzione urbana sono valorizzate da un uso minuto seppur costante dei cittadini presenti nell’area che negli anni hanno mutato la loro fruizione reagendo così, almeno a livello emotivo, allo sfruttamento del territorio. Le dinamiche di delocalizzazione della residenza tipiche del decennio passato hanno definito un sistema di sviluppo in cui si è assistito alla ricerca continua di luoghi con una componente residua di naturalità e a prezzi accessibili. A seguito di questo fenomeno si è assistito ad un innalzamento dei valori delle aree di cintura e quindi un relativo processo di rallentamento del fenomeno migratorio. L’incontro tra le anime dei residenti storici, stanchi di assistere al saccheggio del proprio territorio e, alla volontà dei nuovi cittadini di mantenere lo stato ‘rurale’ dei territori di loro nuovo insediamento ha portato ad un movimento di forte resistenza e opposizione alle opzioni di trasformazioni urbanistiche proposte dai privati che tradizionalmente avevan ottenuto l’avvallo delle amministrazioni pubbliche. Questo movimento sarà uno dei fattori che qualificheranno il concetto stesso di parco in assenza di valori ambientali già consolidati e di qualità. In questo scenario diventa così predominante la protesta dei cittadini che nei diversi contesti spinge verso la costruzione di un percorso trasversale e condiviso, il coinvolgimento di esperti nel settore e la volontà da parte di alcune amministrazioni ‘illuminate’ di preservare il proprio territorio. Lo strumento dei PLIS è figlio di questo movimento nato negli anni ’80 e che ha sostenuto la nascita di tutti quei progetti di conservazione per ampliare l’offerta dei parchi e delle riserve regionali. Se però lo strumento dei PLIS riesce con fatica a gestire situazioni in cui la componente strutturale del paesaggio è costitutiva, come fiumi e boschi, non si può dire lo stesso per quella serie di Parchi nati per unire questi ultimi tra di loro o preservare i collegamenti tra la fascia alpina e la pianura. La linea guida che definisce questi parchi è la preservazione di aree libere tra i fronti urbani e la limitazione dello sfruttamento del territorio. Mancando però una forma di tutela specifica di salvaguardia come ad esempio quelle legate ad importanti presenze ambientali, storiche o culturali, le sole norme non cogenti del parco non bastano a definirne una forma di preservazione adeguata. A questa necessità hanno spesso risposto in maniera intermittente, ma con una forte componente di valore aggiunto le strutture spontanee nate dai territori stessi e che sotto forma di associazioni, comitati, presidi hanno colmato quella mancanza di senso e di valore producendo un complesso sistema di riconoscibilità del parco basato su di una collettivizzazione dell’esperienza personale. Fino ad oggi si può dire che questi movimenti hanno preservato i confini dei parchi da sottrazioni di territori, interventi pregiudicanti come discariche o poli logistici, e hanno portato all’attenzione delle amministrazioni il problema. Si può dire che scelte spesso fatte da amministratori lungimiranti siano via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 26


guido granello – architettura e paesaggio state riaffermate e riportate ricordate dai cittadini agli stessi amministratori che poi si erano persi nella complessità burocratica, nella spening review e nei project financing fino ad annullare il progetti stessi. Se il modello dal basso ha portato ad una crescita culturale dei territori non si può però dire lo stesso rispetto alle sue forme di organizzazione. Le diverse reti di coordinamento che innervano la società italiana così come per le professioni tendono spesso a segmentare i contesti invece che ad integrarli l’uno con l’altro. Sarà forse questo il motivo per cui spesso le realtà dal basso al momento di decidere sulle desitnazioni delle aree abbiano trovato i modi più disparati per ergere barricate tra uno sviluppo naturalistico, sportivo o di fruizione delle aree. Si può dire che se la protesta unisce e amalgama la proposta invece sia costellata da distinguo, prese di posizione, verità inconfutabili che spesso vengono sanati dall’imprevedibilità della natura che attraverso la risorsa temporale favorisce eventi naturali e imprevedibili che possono volgere il percorso verso scenari non previsti, come ad esempio la comparsa di fauna protetta in aree non previste, etc… In questo campo minato penso quindi che la strategia più interessante per un tecnico che si adoperi per sbrogliare la matassa sia di seguire il modello proposto tra gli altri dalla Professoressa Marianella Sclavi che fa dell’uscita dalle cornici, del cambiamento del punto di vista, dall’effetto di spiazzamento dei punti di forza. Per realizzare questo tipo di obiettivo bisogna però agire sui singoli, sulle emozioni e andare a toccare anche la sfera emozionale delle persone. L’immagine di un tasso con i suoi piccoli ripreso da una foto trappola posta lungo un corridoio ecologico può stupire, commuovere, lasciare indifferenti se lo si guarda con l’emotività tipica di un contatto con la natura. Allo stesso tempo la stessa immagine può scatenare se vista dalla stessa persona con la ragione e quindi con la sua sfera più razionale e quindi legata al suo ruolo sociale una sensazione di pericolo, di disagio, in problematicità da affrontare così come ad esempio l’agricoltore che si preoccupa per il suo raccolto. Quali possono essere quindi gli strumenti usati per definire nuove strategie che possano non solo preservare questi ambienti, ma conferire loro una connotazione ed una funzione territoriale a prescindere da una loro trasformazione in qualcosa di diverso? È possibile creare un sistema di valori che possa essere più forte del mero vincolo di non trasformabilità delle aree del PLIS? Avendo investigato i 3 casi studio possiamo così provare a definire quali potrebbero essere i connotati di strategie orientate verso quei valori aggiunti che aiutino gli amministratori a confutare le proposte di trasformazioni di tipo predatorio delle aree e a ri-orientare la loro logica di intervento verso forme di supporto adeguato alla complessità dei territori in trasformazione.

3.2.Ipotesi strategica di promozione dei PLIS di tipologia periurbana Operativamente questo tipo di approccio deve prevedere la mobilitazione della società attraverso le modalità e le strutture organizzative già presenti sul territorio. La creazione di nuovi luoghi di partecipazione dovrà essere espressione degli attori presenti e non qualcosa imposto dall’esterno o dall’alto, così come succede spesso nei casi di fondi europei. Solamente se l’attività di ripensamento dei territori sarà un qualcosa di leggero che andrà ad adagiarsi sul territorio senza creare scompensi e forzature allora sarà davvero digerito dalla società stessa. Questo approccio non vuole contrapporsi ai conflitti, che sono la rappresentazione di un livello di vitalità per i contesti, ma vuole incanalare questi ultimi in percorsi in cui questi possano esprimere attraverso la loro forza le diverse aspirazioni del territorio. La responsabilità di chi mette in moto percorsi come questi sarà quella di non portare l’attenzione su progetti già blindati creando situazioni di conflitto insanabili oppure coinvolgendo i cittadini e i tecnici delle amministrazioni senza fornire loro un adeguato supporto. In prima approssimazione si possono individuare due componenti principali di questa strategia: via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 27


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la messa in campo di un intervento a breve termine di carattere esplorartio e di catalizzazione delle risorse locali la costruzione di un percorso e di una metodologia condivisi dai diversi portatori di interesse e supportata dal lavoro attivo dei soggetti presenti sul territorio

In relazione alla prima componente, con un riferimento temporale di medio periodo sarà quindi fondamentale coinvolgere i soggetti già proattivi per creare un percorso organico e di breve durata che possa così costituire il primo nucleo di sviluppo del parco, costruendo la base per gli sviluppi futuri. Questo percorso dovrà essere affiancato necessariamente da un’operazione di valorizzazione delle risorse del territorio circostante, con conseguente informazione della popolazione dei territori limitrofi e l’empowerment di soggetti fino ad oggi rimasti in disparte. Questa attività avrà lo scopo di sondare i reali bisogni dei cittadini, le tendenze presenti e spesso non individuabili con gli strumenti della statistica, così da tarare il livello di intervento rendendolo sostenibile ed in linea con la capacità ricettiva del contesto socio economico. L’attenzione ai tempi di intervento e di risposta delle risorse territoriali sia naturali che antropiche permetterà così di rendere l’approccio di piano coerente con la realtà esistente senza creare aspettative non realizzabili o limitare l’azione modificatrice perché generatrice di malcontento e di movimenti di topo Nimby.12 In relazione alla seconda componente, sarebbe opportuno definire un percorso condiviso che porti ad una metodologia condivisa: -

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Modalità di interazione. Sarebbe opportuno creare un tavolo permanente a livello provinciale (giaà promosso da alcune Provincie come quella di Bergamo, ma che non coinvolge il PLIS Agricolo Ecologico) o comunque sovra comunale che coinvolga le istituzioni e gli enti che sono preposti al controllo, alla salvaguardia e allo sviluppo sostenibile dell’ambiente al fine di condividere le analisi sulla situazione degli elementi fisici del territorio con particolare attenzione a acqua, suolo e aria. Questi luoghi di decisione dovrebbero quindi approfondire gli studi e realizzare così quella connessione necessaria tra gli strumenti di pianificazione e le reali condizioni delle aree. Innovazione istituzionale. Le amministrazioni pubbliche dovrebbero dotarsi di strutture preposte a poter affrontare la complessità dei progetti come quelli da sviluppare sulle aree periurbane, affiancando i piccoli comuni in caso di difficoltà o di mancanza di tecnici competenti in merito. La costruzione di un sapere condiviso avverrebbe così attraverso una serie di strumenti opportunamente attivati e consapevolmente gestiti da esperti che possano anche definire quanto un progetto abbia una valenza reale o sia una mera proposta costruita spesso ad hoc come contropartita di tipo urbanistico. Al fine di responsabilizzare le strutture comunali nel rispetto degli obiettivi comuni potrebbe essere interessante mutuare l’esperienza dei Contratti di Bacino in cui i diversi attori definiscono le proprie competenze (strada già seguita dal Contratto di Rete di Varese con risultati del tutto soddisfacenti). Ascolto degli attori che operano con il paesaggio. Al fine di coinvolgere agricoltori e operatori del paesaggio come vivaisti, agronomi, etc…sarà opportuno coinvolgere le loro strutture di riferimento così da costruire dei quaderni degli attori in cui mettere in evidenza problematicità e proposte che serviranno poi a costituire quella conoscenza della situazione senza la quale non si potranno generare nuovi scenari. Questi apporti dovranno sondare anche le reali problematiche che i soggetti hanno nell’aderire a progetti di valorizzazione del parco.

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Alla sua VII edizione, L’Osservatorio Nimby Forum® rileva un ulteriore aumento (+3,4% sul 2010) dei progetti contestati, che raggiungono quota 331. Tra questi, 163 sono i casi emersi nel solo 2011, mentre i restanti 168 sono presenti nel database Nimby anche a partire dall’edizione 2004. In generale, il 51% delle contestazioni emerge a fronte di progetti non ancora autorizzati e spesso allo stato di mere ipotesi. via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 28


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Formazione. Le scuole, le università, gli istituti di ricerca proprio per la loro caratteristica di enti formativi potrebbero avere il ruolo di veri e propri catalizzatori di pro positività grazie alla loro caratteristica di terzietà che potrà evitare la generazione di un malcontento diffuso tipico invece delle azioni da parte delle amministrazioni. Questo è un nodo fondamentale perché tramite gli studenti ed i ricercatori in un’alleanza operativa potrà essere possibile educare i cittadini alla conoscenza del proprio territorio e successivamente stimolare la spontaneità di processi di programmazione e progettualità. La rete degli attori locali come risorsa conoscitiva. Il coinvolgimento di una serie di realtà che sono da sempre presenti sul territorio come associazioni, circoli, oratori, parrocchie, gruppi di amatori, etc… sarà la chiave invece per raccogliere tutta quella serie di dati sul territorio che in alternativa richiederebbe lo studio di anni e l’impiego di risorse ingenti. Sarà così importante ricostruire la rete dei percorsi e dei tracciati storici riconosciuti dalla popolazione; i luoghi che sono importanti per la storia delle comunità. In questo lavoro potrà essere importante un lavoro di trasposizione cartografica di saperi e di conoscenze senza però rendere troppo evidenti alcuni usi del territorio che ad esempio per i più giovani sono importanti in quanto non conosciuti ai più. Per realizzare questo scopo potrebbe essere interessante prendere spunto dal patrimonio strumentale rappresentato dalle mappe di comunità, con l’aggiunta di una serie di elaborazioni che rappresentino lo stesso territorio a seconda delle diverse generazioni, culture.

La costruzione di un percorso di questo tipo sembra complessa e molto dispendiosa se vista secondo i canoni tradizionali delle amministrazioni pubbliche come portatrice di elementi di conflitto senza un reale riscontro per la costruzione di politiche pubbliche. Questo tipo di approccio porterebbe invece ad una costante mobilità e versatilità delle componenti della città necessaria a cogliere le opportunità che possono provenire ad esempio dalla comunità europea attraverso le politiche comunitarie relative a diversi fondi di finanziamento tra i quali la Rete Natura 2000 e il progetto Life+, il FEASR e il PSR, etc… Fattori di criticità di questa visione: -

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Seppur presenti sul territorio, questi soggetti, o alcuni di loro, possono incontrare difficoltà a lavorare insieme e seguire un iter definito con delle premesse comuni e una costruzione di scenari di lungo periodo realmente fattibili. Sarà quindi necessaria quindi un’azione forte di sostegno e accompagnamento al fine di sollevare gli attori dalle difficoltà contingenti. Nel caso non si riescano a trovare canali finanziari pubblici o privati adeguati, i progetti anche se di buon livello non riescono spesso a trovare una propria applicazione sul territorio e vengono quindi poi tralasciati per soluzioni più immediate anche se meno performanti dal punto di vista dell’interesse pubblico. E’ quindi importante astenersi dal compiere percorsi ed azioni che non abbiano degli esiti definitivi. Valore fondamentale sarà inoltre da assegnare alla condivisione delle conoscenze ed alla diffusione degli esiti, che favoriranno così la creazione di una rete tra i diversi Parchi che possa diventare un supporto per gli stessi. Come negli altri percorsi partecipati, i diversi attori coinvolti anche se non di tipo economico o di investimento sono portatori di un interesse che può derivare anche da fattori personali, storicopolitici, di rapporti. Questi elementi di non facile individuazione, se non tenuti nel giusto conto e affrontati con metodologie adeguate potrebbero complicare il processo e minare le prerogative di base. Sarà quindi necessario studiare la storia delle associazioni e dei diversi attori al fine di spersonalizzare e decontestualizzare alcune decisioni, così da superare le divisioni tipiche derivanti dal sistema politico – culturale italiano.

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4. Bibliografia Libri AA.VV., 2004, Piano regolatore generale 2002 – 2004 del Comune di Brescia, relazione illustrativa, AA.VV., 2005, LOTO – Landscape Opportunities, La gestione paesistica delle trasformazioni territoriali: linee guida e casi pilota, Land and urban Direction of Lombardy Region AA.VV., 2008, Urban Green Spaces: a key for sustainable cities – Conference Reader. AA.VV., 2012, CRCS Rapporto 2012, Centro ricerche sul Consumo di Suolo, Bobbio L, 2004, A più voci. Amministrazioni pubbliche, imprese, associazioni e cittadini nei processi decisionali inclusivi, Roma, Edizioni Scientifiche Italiane. CRAS srl, (2011) Sustainable Development Research center, La terra è casa tua, progetto di sensibilizzazione finalizzato all’adozione di stili di vita sostenibili, in Primo monitoraggio relativo alla città di Brescia, Risultati – Novembre 2011, Corner J, 1999, Recovering landscape – Essay in contemporary landscape architecture, Princeton Architectural Press. Magnaghi A., 2000, Il Progetto locale, Torino, Bollati Boringhieri, Magnaghi A., 2006, Il territorio come soggetto di sviluppo delle società locali, Relazione tenuta al convegno internazionale organizzato dall’Università di Macerata: Lo sviluppo in questione: le forme umane della trasformazione, Falconara Marittima Matteotti M - Tedeschi M, 2003, Brescia il Piano e i progetti, materiali e documenti sulle trasformazioni urbane, Brescia, Edizioni Grafo. Quaini M., Il paesaggio è morto, viva il paesaggio!, relazione del coordinatore del recente Rapporto “I paesaggi italiani” della Società geografica italiana al convegno di Agriturist (Confagricoltura) a Riomaggiore, 1° dicembre 2009 Rocca A, 2008, Parchi e fiumi: il paesaggio naturale del territorio milanese, Milano, Editrice Abitare Segesta. Sartori M., 2009, Partecipazione, sostenibilità e paesaggio, Documento metodologico per l'attuazione di processi partecipativi nella definizione di Poilitiche del paesaggio, Fondazioni Reti Civiche Milano, documento online Schwarze-Rodrian M, 2005, Masterplan Emscher Landschaftspark 2010, Essen, Klartex Verlag. Zamprogno L, 2009, Dossier 2009, PLIS Parchi di Interesse Sovracomunale, Identikit di un fenomeno Lombardo. via V.Pansa n. 10 – 28100 novara , cell. +39 3283820536 @ guido.granello@gmail.com 30


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Risorse web www.greenkeys-project.net www.nimbyforum.it www.fondazionercm.it

Documentazione di Progetti Fondazione RCM, 2011, SPAZIARE -Qualificare gli spazi aperti in ambito urbano e peri-urbano, Relazione tecnica di Progetto, Milano Adobati F. , Azzini A., Studio di fattibilità per il Parco Agricolo Ecologico di carattere intercomunale, Rapporto Finale, Luglio 2006, con la collaborazione di Divisione Pianificazione Urbanistica Generale del Comune di Bergamo Convenzione tra i comuni di Bergamo e Stezzano per la Gestione Tecnico Amministrativa del Parco Locale di Interesse Sovracomunale “ Parco Agricolo Ecologico", delibera consigliare n. 55 Prop.Del./76 Reg. del 17/04/2009 Fondazione RCM, Paesaggio, Biodiversità e Partecipazione: il progetto “Biodiversità – la connessione ecologica per la biodiversità, in collaborazione con Provincia di Varese e Lipu-onlus Fondazione RCM, Progetto treP – Paesaggio Partecipato nel Parco Documento di Politica del Paesaggio del Parco dell’Adamello, Newsletter n. 1 – febbraio 2008 del Progetto 3P curato dal Parco dell’Adamello Newsletter n. 2 – settembre 2008 del Progetto 3P curato dal Parco dell’Adamello

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