Comunicazione istituzionale_L150 / Quad_formez54

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QUADERNI FORMEZ


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l Formez-Centro di Formazione Studi ha avuto, da sempre, una particolare attenzione per le iniziative editoriali. Fin dai primissimi

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anni di attività si è impegnato nella produzione e divulgazione di collane e riviste su cui intere generazioni di funzionari pubblici si sono formate. In seguito al decreto legislativo 285/99, che ha

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individuato nel Formez l’Agenzia istituzionale che sostiene e promuove i processi di trasformazione del sistema amministrativo italiano, l’attività editoriale del Centro è stata

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rilanciata e rinnovata nella veste grafica e nei contenuti. Sono state create tre nuove linee editoriali: Quaderni, Strumenti e Azioni di Sistema

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per la pubblica amministrazione. In queste collane vengono pubblicati i risultati delle attività formative e di ricerca svolte dall’Istituto. Con “Quaderni” si diffondono Rapporti

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e riflessioni teoriche su temi innovativi per la p.a., mentre con due collane più specialistiche, quali “Strumenti” e “Azioni di Sistema per la pubblica amministrazione”, si mettono a disposizione

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strumenti di lavoro o di progettazione per quanti lavorano o si occupano di p.a. Tutte le pubblicazioni con un breve abstract vengono

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presentate sul web (www.formez.it). Carlo Flamment Presidente Formez


Formez

54 LA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE E LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

F o r m e z

U f f i c i o

S t a m p a

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E d i t o r i a


A cura di Maria Rosa Casuale Direzione scientifica Francesco Verbaro Coordinamento e supervisione Carlo Gelosi Contributi di Carlo Gelosi (autore dell’Introduzione e del cap. 1) Edoardo Giardino (autore del cap. 2) Germana Pitrola (autrice dei capp. 3, 4, 5, 6) Organizzazione editoriale Roberta Crudele, Vincenza D’Elia, Paola Pezzuto


Premessa

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Con l’entrata in vigore della legge 150 del 2000, “Disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni”, è stato riconosciuto il ruolo della comunicazione all’interno del settore pubblico quale attività da presidiare in modo specialistico, sistematico e continuativo con figure professionali adeguatamente preparate. Con l’introduzione delle nuove norme si afferma, dunque, il valore strategico della comunicazione pubblica, funzione indispensabile a identificare e soddisfare nel migliore dei modi la domanda pubblica di servizi e rafforzare il rapporto con la cittadinanza. Per migliorare qualitativamente e quantitativamente l’offerta dei servizi pubblici occorre, come nelle imprese private, curare il ciclo di vita del prodotto/servizio: analizzare la domanda e il settore di riferimento, precisare gli indirizzi che regolano la realizzazione dei servizi pubblici, assicurare in sostanza l’integrazione tra la politica di produzione (back office) e quella di erogazione del servizio (front office) e di contatto con l’utenza. L’affermarsi di un insieme di norme e principi che ridisegnano l’organizzazione pubblica e semplificano le attività amministrative; il crescente sviluppo di processi di innovazione che, insieme alle nuove tecnologie, sollecitano le amministrazioni a ricercare miglioramenti in termini di qualità del lavoro e riorganizzazione delle procedure; il decentramento sul territorio di nuove funzioni e competenze, con l’esigenza di gestire autonomamente compiti in sede locale, comportano la necessità di ripensare alla comunicazione interna come fattore di innovazione e di cambiamento. In un’organizzazione moderna la comunicazione interna deve assumere un ruolo strategico, in quanto strumento e supporto della gestione delle risorse umane. La continua evoluzione della società richiede agli enti pubblici un livello di concretezza e di efficienza nell’offrire i suoi servizi, nel progettarli, realizzarli, comunicarli ed erogarli. Le pubbliche amministrazioni dovranno adeguarsi strategicamente e gestire il necessario cambiamento: solo così potranno raggiungere l’obiettivo di offrire servizi pubblici mirati e soddisfare i bisogni “reali” dei cittadini, delle imprese, di gruppi organizzati, contribuendo a formare una “moderna cultura dell’amministrazione”.


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Le applicazioni tecnologiche per le relazioni e le comunicazioni interne appaiono, in particolare, decisive nella capacità di adattamento di un’amministrazione alle condizioni di innovazione richieste dal proprio contesto operativo. Non basta informare l’utente, bisogna disporre di una comunicazione all’interno che sia di supporto all’organizzazione e allo svolgimento efficace delle attività che riguardano il personale coinvolto nella produzione ed erogazione dei servizi, personale che ha bisogno di ottimizzare il lavoro rendendolo efficace, in modo da soddisfare il cittadino. L’attivazione di flussi di comunicazione interni favorirà il miglioramento dell’efficacia operativa, la divulgazione al personale di informazioni di servizio e di nuove attività e procedure, la conoscenza degli obiettivi raggiunti e i programmi futuri, la creazione di occasioni di incontro per scambiare opinioni, il trasferimento di elementi conoscitivi tra dirigenti e personale e lo sviluppo, infine, di una più efficiente interazione tra gli stessi dipendenti. Questo volume si rivolge agli operatori pubblici con l’obiettivo di fornire un contributo per sollecitare l’impiego della comunicazione interna-esterna che deve trovare, in generale, reale attuazione e sviluppo per migliorare l’efficienza delle amministrazioni pubbliche.

Francesco Verbaro Direttore dell’Ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni Dipartimento della Funzione Pubblica


INDICE

INTRODUZIONE di Carlo Gelosi CAPITOLO 1 La comunicazione interna e la pubblica amministrazione di Carlo Gelosi CAPITOLO 2 L’attività di comunicazione della pubblica amministrazione: aspetti normativi di Edoardo Giardino CAPITOLO 3 La comunicazione per la gestione delle risorse umane di Germana Pitrola

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CAPITOLO 4 Lo human resource management di Germana Pitrola

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CAPITOLO 5 La semplificazione del linguaggio e l’ICT di Germana Pitrola

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CAPITOLO 6 Il ruolo della Direzione risorse umane di Germana Pitrola

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BIBLIOGRAFIA

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Introduzione

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Il profilo della pubblica amministrazione è andato trasformandosi nel corso degli ultimi quindici anni grazie a due elementi di grande portata innovatrice: la semplificazione del procedimento amministrativo e al contempo, l’affermazione del diritto, nonché dovere da parte della p.a., di vedere garantiti per tutti i cittadini i principi della trasparenza e dell’accesso al procedimento stesso. È proprio degli inizi degli anni Novanta, la raggiunta consapevolezza, da parte del legislatore, del bisogno di un cambiamento nelle funzioni e nelle modalità di operare dell’amministrazione cui si chiedeva, in particolare dalla società civile, una piena ri-legittimazione, a seguito anche delle vicende che proprio in quegli stessi anni avevano minato la credibilità delle istituzioni. Si rendevano, pertanto, indispensabili ed urgenti alcuni interventi mirati alla definizione di un nuovo processo amministrativo non più autoreferenziale bensì rivolto maggiormente al servizio del cittadino, in un complesso quadro di riassetto normativo che vedesse come elemento centrale del cambiamento il tentativo, in gran parte poi riuscito, di realizzare un’amministrazione aperta, trasparente, condivisa e, soprattutto, in grado di operare per obiettivi. L’aver introdotto e, via via, sempre più rafforzato i principi della trasparenza e dell’accesso nei riguardi di una amministrazione fino ad allora apparentemente chiusa e poco disponibile al dialogo con i cittadini, ha rappresentato la chiave di svolta di un cambiamento che ha visto, per citare Giuseppe De Rita, il passaggio epocale da uno Stato-soggetto ad uno Stato-funzione, che si fa comprendere, consente di partecipare e, dunque, si legittima nella sua nuova dimensione di apertura e condivisione con i cittadini amministrati. Il consolidamento dell’azione amministrativa, avvenuto in questi anni, ha consentito di generare, da una parte, una forte e nuova professionalità nelle capacità di gestione ed organizzazione, e dall’altra, come si è accennato, il superamento di un diffuso profilo di autoreferenzialità, soprattutto di carattere culturale, che in passato aveva fatto perno sul saper essere piuttosto che sul saper fare.


INTRODUZIONE

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Il processo di trasformazione, si è andato definendo attraverso un forte impulso normativo che, a partire dagli anni Novanta, ha riguardato sia le competenze di carattere amministrativo sia le modalità di esercizio delle funzioni attribuite. L’innovazione prodotta dalla legislazione, negli ultimi anni, ha inciso fortemente soprattutto nell’ambito territoriale, dove il profilo dell’amministrazione si è trasformato più rapidamente e radicalmente, responsabilizzandosi in maniera diretta verso i cittadini. È in questo contesto, che la pubblica amministrazione ha imparato a svolgere più fattivamente le funzioni ad essa demandate e, inoltre, vale la pena rilevarlo, si è applicato, prima e meglio che altrove, il principio della partecipazione, attivando un processo di condivisione, aperto al contributo dei cittadini e rendendo il soggetto pubblico responsabile del buon andamento della cosa pubblica. Ciò è avvenuto e ancora sta avvenendo attraverso la coniugazione del suddetto principio di partecipazione (basato indubbiamente sull’accesso) con lo strumento della comunicazione ai cittadini. Perché lo Stato, non va dimenticato, è ai cittadini che deve rispondere, attraverso i suoi organi, le sue strutture e le sue azioni. L’elemento importante e che fa la differenza tra le diverse amministrazioni è, dunque, la trasparenza quotidiana dell’operato dei suoi dipendenti, nello svolgimento delle proprie funzioni, e questo è possibile attivando tutti gli strumenti disponibili per rendere davvero visibile e reale il significato di partecipazione e condivisione. Tra questi, assume una forte rilevanza la capacità di compiere un cambiamento innanzitutto di carattere culturale, partendo da due funzioni che si vanno evidenziando come strategiche per il rinnovamento dell’amministrazione: la gestione delle risorse umane (il personale tutto) e la comunicazione. Queste due funzioni vanno intese come vere e proprie attività da svolgersi sia all’interno della stessa amministrazione sia verso l’esterno. Il legislatore, nel corso di questi ultimi anni ha, infatti, compreso bene l’importanza di attivare nuovi modelli di relazione con i cittadini, partendo inevitabilmente da quelli che lavorano all’interno delle amministrazioni. Come si avrà modo di approfondire più avanti, infatti, il contributo di carattere normativo introdotto dalla legge 7 giugno 2000, n. 150, “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”, sottolinea e sancisce l’importanza e la necessità di fare attività comunicativa all’interno e all’esterno delle stesse. Da tempo, la comunicazione è considerata come una potente leva di sviluppo e cambiamento delle amministrazioni, così come avviene per le organizzazioni di carattere privatistico. Tanto è vero che il legislatore, ritenendo che la pubblica amministrazione, tranne che nei rapporti autoritativi, tende ad agire sempre più


INTRODUZIONE

come soggetto di diritto privato1, riconosce l’importanza dell’adozione di strumenti di legittimazione diretta, qual è la comunicazione, talvolta anche mutuati dalle esperienze delle organizzazioni private, e tuttavia riadattati e riorientati al contesto pubblico. Si è ben compresa, dunque, nel corso di questi ultimi anni, l’importanza di attivare nuovi modelli di relazione con i cittadini, partendo inevitabilmente da quelli che lavorano all’interno delle amministrazioni. È, d’altronde, necessario comprendere che occorre costruire e rappresentare un’immagine corretta e funzionale dello Stato e delle sue amministrazioni partendo proprio dalla preparazione e dalla professionalità di coloro che vi operano all’interno. I dipendenti, in quanto tali e come cittadini, sono naturalmente i primi destinatari dei servizi e delle attività del settore pubblico. La comunicazione interna si rileva, allora, come il primo strumento di relazione in grado di favorire un’evoluzione dell’amministrazione, non a caso non definibile come rivoluzione, proprio per non dare un segno di completa rottura con il passato bensì come un procedere migliorativo delle capacità di esercizio delle competenze, delle funzioni e delle attività proprie del settore pubblico. Pertanto, uno degli elementi qualificanti del processo di innovazione amministrativa in corso è rappresentato dall’introduzione di funzioni ed attività di comunicazione esterna ed interna. Ciò può avvenire sulla base di due importanti considerazioni: la prima, è che l’implementazione dei processi di comunicazione interna ha, evidentemente, forte impatto sull’organizzazione degli uffici nonché sulla cultura organizzativa e delle relazioni del personale che in essi opera; la seconda è che, di conseguenza, grazie all’innovazione organizzativa è possibile sviluppare un percorso di knowledge management capace di influire direttamente sulla formazione degli organigrammi e sui modelli operativi interni all’amministrazione. Una comunicazione diffusa rappresenta un fattore di condivisione delle conoscenze e dunque di comune responsabilizzazione nonché uno strumento per il miglioramento dei rapporti tra tutti coloro che lavorano all’interno delle amministrazioni, dirigenti, funzionari e dipendenti nel loro insieme. Grazie ad essa è possibile accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione verso l’organizzazione nella quale essi lavorano e, di conseguenza, anche migliorare la qualità del rapporto verso i soggetti esterni che con l’amministrazione si rapportano, incidendo notevolmente anche nella sfera della soddisfazione per i servizi ricevuti. Si va facendo strada, infatti la consapevolezza della importanza della citizen satisfaction, capace di tenere in considerazione e di valorizzare i diritti dei cittadini, peraltro acquisiti e riconosciuti per legge.

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Cfr. legge 11 febbraio 2005 n. 15, Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa, art. 1, comma 1, lettera b.

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INTRODUZIONE

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Va sottolineato, inoltre, come comunicare all’interno di un’organizzazione complessa, in particolare di natura pubblica, significhi affinare le capacità di gestione delle relazioni con il personale, in quella sfera ormai da tempo denominata delle risorse umane, che vede trasformare in positivo e valoriale l’antico concetto di gestione del personale. Risorse, perché in grado di generare valore aggiunto nell’organizzazione, dal suo interno e nel suo insieme; una vera ricchezza di professionalità ed esperienze che proprio attraverso la comunicazione e le relazioni interne può vedere concretizzarsi il senso ed il significato di condivisione della cosa pubblica. È opportuno, infine, compiere una seria riflessione sul nuovo e diverso modo di gestire le risorse umane all’interno di un settore, quello delle amministrazioni pubbliche, che negli ultimi anni ha visto confermarsi, a ragione delle difficili compatibilità di bilancio dello Stato, un blocco delle assunzioni e dunque anche di un naturale avvicendamento in termini di nuova occupazione. Questo ha reso necessario un riposizionamento e un ripensamento delle logiche e delle modalità di gestione delle dotazioni di personale, puntando maggiormente alla valorizzazione delle professionalità esistenti, in termini di selezione interna e di formazione in itinere e permanente. Ciò ha comportato la presa di coscienza del nuovo ruolo delle strutture di gestione del personale, all’interno delle singole amministrazioni, che hanno dovuto ricoprire un nuovo ruolo, di maggiore interesse rispetto alla tradizionale gestione amministrativa, indirizzato proprio a coniugare gli indirizzi sulla gestione delle risorse umane con l’utilizzazione di nuovi modelli di management, che puntino sempre più a coniugare capacità di relazione e strumenti di comunicazione interna. Quanto appena descritto va, inoltre, nella direzione anche della riforma della pubblica amministrazione, come elemento di qualificazione e adeguamento del personale operante all’interno di questo settore vitale del Paese, che non potendo più contare sull’incremento della quantità disponibile dei dipendenti, deve mirare i propri interventi alla loro qualificazione e valorizzazione, anche nella direzione di nuovi profili professionali. Il lavoro qui presentato assume, dunque, una particolare importanza per la sua capacità di definire e, allo stesso tempo, anche delineare alcuni elementi utili ad attivare un processo, innanzitutto culturale, di consapevolezza dell’utilità della comunicazione, al fine di gestire e valorizzare le risorse umane all’interno del settore pubblico. Per questa ragione, si è volutamente scelto di realizzare non un tradizionale manuale, bensì un testo contenente le linee principali di indirizzo del lavoro all’interno delle amministrazioni, una guida alla conoscenza, sia normativa che tecnica, delle opportunità e delle possibili difficoltà date dalle innovazioni in corso.


INTRODUZIONE

Allo stesso tempo, si è inteso proporre una modalità di adattamento degli strumenti disponibili alle realtà operative in cui ci si trova a compiere quotidianamente il proprio lavoro. Tali strumenti sono utilizzabili anche nei diversi contesti amministrativi e territoriali, sempre indirizzati a favorire quel processo di trasparenza che non è solo elemento di conoscenza e dunque di partecipazione, ma anche, e soprattutto, di legittimazione di un’amministrazione consapevole e responsabile. Si tratta di un contributo che il Formez intende sviluppare sul tema della comunicazione interna e della gestione e valorizzazione delle risorse umane, in una fase di trasformazione e innovazione dell’intera amministrazione pubblica, non solo possibile ma altrettanto necessaria, partendo proprio dall’interno di essa. Gli elementi qualificanti di questo contributo sono, infatti, da un lato l’aver individuato i principali contenuti normativi che consentono di definire un quadro certo di riferimento, all’interno del quale sia possibile predisporre un serio processo di gestione delle risorse professionali esistenti nell’amministrazione o potenzialmente in ingresso (l’analisi normativa, verrà più esaurientemente sviluppata nel secondo capitolo del volume). Dall’altro lato, si rileva un elemento qualificante l’aver riconosciuto e proposto l’importanza della comunicazione interna in una dimensione di condivisione e partecipazione dell’azione amministrativa, come elemento di accompagnamento di un cambiamento concreto basato sulla nuova capacità di garantire informazioni trasparenti, efficienza ed efficacia dei propri servizi e serio e durevole impegno nella formazione e valorizzazione del proprio personale. Questo lavoro offre alcuni importanti spunti di approfondimento che, presentati in una forma agile e facilmente comprensibile, consentono agli operatori, interessati al tema trattato, di coniugare le linee guida sulla comunicazione interna alle esperienze già realizzate e/o in corso. In tale dimensione, è possibile utilizzare il presente testo come un pratico strumento per riposizionare o modificare, nella maniera più opportuna e adeguata alla propria realtà amministrativa, i modelli fin qui adottati di integrazione tra i processi di gestione del personale e la comunicazione interna, considerando entrambi come fondamentali elementi di supporto per un reale processo di modernizzazione dell’amministrazione.

Carlo Gelosi

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CAPITOLO 1 LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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La comunicazione interna e la pubblica amministrazione di Carlo Gelosi*

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La comunicazione istituzionale, nel corso degli ultimi quindici anni, ha assunto un profilo fortemente innovativo per quanto concerne sia l’ambito delle relazioni con il cittadino, sia la stessa organizzazione della pubblica amministrazione al suo interno. Inoltre, nella quotidiana azione amministrativa, l’introduzione di nuove modalità di rapporto e, dunque, di comunicazione tra pubblici dipendenti e cittadini, ha comportato di per sé un necessario cambiamento della mentalità con cui si lavorava all’interno dell’organizzazione, consentendo, col tempo, l’affermazione verso l’esterno di una nuova cultura del servizio e all’interno di una politica di condivisione e partecipazione. La comunicazione è divenuta, in particolare dentro le organizzazioni complesse, un elemento di carattere strategico per la sua capacità di operare una trasformazione sia dei modelli organizzativi, sia delle modalità di lavoro e prestazione all’interno di un settore vitale della società, come quello delle amministrazioni pubbliche. Da tempo, infatti, in questo ambito si registravano alcuni forti ritardi nell’adeguamento dei modelli di gestione e operatività, che ne compromettevano, da una parte l’efficacia dell’intervento e dell’azione, ovvero la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati, e dall’altra l’efficienza, conseguibile attraverso l’adozione delle modalità migliori per raggiungere gli obiettivi prefissati, in termini di impiego di risorse economiche e soprattutto umane. L’introduzione della comunicazione come elemento innovativo adatto a favorire e a promuovere il cambiamento non si deve ad alcuna improvvisazione; occorre ricordare come essa sia stata introdotta e si sia successivamente diffusa attraverso un’accurata azione di adeguamento normativo e di riordino complessivo dell’amministrazione pubblica, anche dal punto di vista procedurale, che ha saputo implementare nuovi modelli e strumenti atti a integrare e migliorare la qualità del lavoro amministrativo. Si è, infatti, presa coscienza dell’importanza dei processi comunicativi nel cambiamento istituzionale del Paese. Tanto più questo è vero se

* Docente di Sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’Università di Lecce e di Comunicazione istituzionale presso l’Università Lumsa di Roma.


LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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si osserva quanto essi abbiano inciso profondamente nella direzione della semplificazione delle procedure e dell’accesso agli atti da parte del cittadino. Questa azione, prevalentemente di carattere normativo, ha avuto inizio nel momento in cui più forte e diffuso era il senso di sfiducia e delegittimazione verso le istituzioni, all’inizio degli anni Novanta, in una fase storica e politica molto delicata. Proprio in quel difficile contesto le stesse istituzioni sono state in grado di compiere una riflessione sul proprio ruolo da recuperare e rilegittimare, di predisporre nuovi strumenti in grado di recuperare la fiducia dei cittadini, di aprire, infine, l’amministrazione ad una dimensione di condivisione capace di coinvolgere sia i cittadini che gli stessi dipendenti pubblici1. In particolare, questi ultimi, i dipendenti pubblici, hanno rappresentato il soggetto, il fulcro intorno al quale far sviluppare il cambiamento e garantire quei principi di trasparenza accesso, informazione e comunicazione, alla base delle innovative norme che hanno caratterizzato il lavoro del legislatore. Il 1990 rappresenta, in particolare, l’inizio di un iter legislativo che in maniera molto evidente ha prima posto le basi di una modernizzazione delle istituzioni e delle amministrazioni centrali e locali, e che vede nella legge sul riordino dell’autonomia degli enti locali (142/90) e in quella sul procedimento amministrativo e sull’accesso agli atti e documenti amministrativi (241/90)2, i capisaldi di un nuovo modo di intendere e organizzare la pubblica amministrazione basati sull’introduzione di processi di relazione e comunicazione, precedentemente non regolati o sviluppati. Tale processo vede nel Decreto legislativo 29 del 3 febbraio 1993 l’istituzione di un’apposita struttura di comunicazione, l’Ufficio relazioni con il pubblico, come luogo fisico deputato all’incontro e alla comunicazione ai cittadini3. Successivamente, nel corso degli anni Novanta, il legislatore ha lavorato per introdurre nuovi e fondamentali strumenti di cambiamento, sancendo e consolidando attraverso specifiche norme l’affermazione dei principi quali ad esempio il decentramento, la semplificazione amministrativa, la tutela dei diritti personali, l’istituzionalizzazione dei processi di comunicazione, ecc.4.

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G. Arena, Comunicazione e amministrazione condivisa, in Rolando S. (a cura di) Teoria e tecniche della comunicazione pubblica, Etas, Milano 2003. Legge 8 giugno 1990, n. 142 in materia di Ordinamento delle autonomie locali; legge 7 agosto 1990, n. 241, Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29. Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego. Tra le principali vanno segnalate: legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa; a questa è seguita la legge 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e controllo; cui successivamente sono state apportate delle modifiche con le leggi 191/98 e 50/99


LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Questo percorso normativo ha considerato il tema della comunicazione come attività propria e strutturata all’interno delle amministrazioni e ha trovato un punto di sintesi e nello stesso tempo di legittimazione nella legge 7 giugno 2000, n. 150, “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Gli elementi qualificanti di questa legge quadro sono, senza dubbio: da una parte, aver affrontato un tema così delicato e strategico per le amministrazioni, definendo diversi profili professionali e altrettanti campi di azione e d’intervento, e dall’altra aver sottolineato il valore della cura e valorizzazione del personale interno di ogni singola struttura amministrativa, introducendo come elemento forte di questo processo la formazione del personale. Questa formazione poi, se vista in via generale viene sempre più intesa come fattore permanente di crescita e aumento delle competenze professionali. Dunque, non solo dal punto di vista comunicativo ma anche amministrativo. Si è affermata la necessità di adeguare progressivamente, ma anche continuativamente le capacità interne dell’amministrazione ai grandi cambiamenti sociali del Paese. Per tale ragione, uno dei meriti della nuova normativa è stato di avere, non da ultimo, evidenziato come la comunicazione interna sia uno degli strumenti dell’area della comunicazione pubblica, in particolare dell’Ufficio relazioni con il pubblico, accanto all’informazione, ai mezzi di comunicazione di massa e alla comunicazione esterna5, considerando quanto sia importante e strategico che le relazioni all’interno dell’organizzazione si sviluppino in maniera armonica con quelle rivolte verso l’esterno. Il grande rilievo dato alla comunicazione interna trova poi risalto, e viene così rafforzato, nella Direttiva, cosiddetta Frattini, sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni6, nella quale viene sottolineato che una buona comunicazione interna, fondata sulla circolazione delle informazioni sulle attività e i processi lavorativi, e il pieno coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento organizzativo, consente di creare una identità dell’amministrazione, favorisce il senso di appartenenza e migliora l’immagine della sfera pubblica. Dunque, appare evidente come lo stesso legislatore abbia voluto indicare una direzione certa e ben definita che pone come importante elemento innovativo la ricerca di coordinamento delle diverse funzioni amministrative, che da una parte vedono in prima linea i comunicatori e, dall’altra, coloro che operano nell’ambito della gestione delle risorse umane. Coordinamento che comporta lo sviluppo di moderni stru-

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che recavano disposizioni in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni e interventi di “Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi”. Infine, la legge 31 dicembre 1996, n. 675, “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali”. Ex art. 1, comma 4, legge 7 giugno 2000, n. 150. Direttiva del 7 febbraio 2002, pubblicata in G.U. il 28 marzo 2002, n. 74.

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LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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menti comunicativi all’interno e al contempo all’esterno dell’amministrazione, in una dimensione partecipativa, che non abbia più elementi di divisione tra cittadini e dipendenti e talvolta tra questi ultimi al loro interno a seconda delle funzioni svolte. Se per molto tempo la comunicazione interna, sia per quanto concerne il settore pubblico che quello d’impresa, ha significato mera informazione top-down, dal vertice al personale, col tempo si è andato affermando, anche alla luce della ricordata normativa, un integrato sistema di comunicazione che vede: • da un lato, gli operatori della comunicazione operare con strumenti tecnologici o tradizionali, al fine di condividere informazioni e conoscenze con i colleghi all’interno dell’amministrazione; • dall’altro lato, coloro che lavorano nel campo delle risorse umane, trasferire conoscenze e informazioni, non solo di ordinaria amministrazione per la gestione del personale, utilizzando anche gli strumenti predisposti dall’area della comunicazione. Si è vista, così, modificare e sviluppare tutta l’area della comunicazione interna attraverso, ad esempio, la creazione e gestione comune delle reti intranet. In questo senso, di notevole aiuto è stata la citata Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica. La sinergia tra le due aree, della comunicazione e delle risorse umane, non può che portare elementi di cambiamento molto significativi per quanto concerne l’organizzazione interna. Se alla base della normativa sulla comunicazione pubblica, vi è come è vero, la creazione e la gestione di strumenti di partecipazione del cittadino all’azione amministrativa, è utile allora sottolineare la necessità della misurazione e valutazione della stessa azione in termini di impatto sugli stessi dipendenti. La Direttiva 24 marzo 2004 sulle “Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni” indica all’area delle risorse umane alcuni interventi tra cui quelli tesi a: • aumentare la motivazione dei collaboratori, migliorare i rapporti tra dirigenti e operatori, accrescere il senso di appartenenza e di soddisfazione dei lavoratori per la propria amministrazione; • rendere attrattive le amministrazioni pubbliche per i talenti migliori; • migliorare l’immagine interna ed esterna e la qualità complessiva dei servizi forniti dall’amministrazione; • diffondere la cultura della partecipazione, quale presupposto dell’orientamento al risultato, al posto della cultura dell’adempimento; • realizzare sistemi di comunicazione interna. Proprio su questo ultimo punto si ritorna a parlare di strumenti di carattere anche gestionale nel rapporto con i dipendenti pubblici.


LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Non va, infine, dimenticato, il fattore organizzativo. La comunicazione verso i cittadini funziona se è bidirezionale, se dunque accanto ai messaggi promossi verso l’esterno si è in condizione di accogliere i messaggi che i cittadini rivolgono all’amministrazione in termini espliciti o meno. Si richiede, allora una forte capacità interpretativa che consenta di misurare la loro soddisfazione o insoddisfazione. Si veda a proposito la Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica (anch’essa del 24 marzo 2004) sulla customer satisfaction7, che coglie specificamente l’importanza del riscontro dell’azione amministrativa da parte del cittadino. Si tratta anche in questo caso di comunicazione dall’esterno che ha un forte impatto anche all’interno dell’amministrazione perché pone il problema del cambiamento organizzativo delle funzioni interne, proprio nella direzione della trasformazione del servizio. E dunque, l’elemento sinergico viene colto nel lavoro comune di chi è in grado e in condizioni di effettuare la misurazione dell’azione (l’area della comunicazione) attraverso i più scientifici strumenti di rilevazione e chi, in qualche modo, ne è il destinatario (l’area delle risorse umane) e che può intervenire a livello organizzativo per migliorare il servizio. Per lavorare in questa direzione, per sviluppare, dunque, un processo di cambiamento della organizzazione interna dell’amministrazione e delle sue funzioni, la comunicazione interna può rappresentare un utile contributo. A patto che siano definite delle procedure comuni, condivise e osservate da tutti, e che siano attivati strumenti di relazione adeguati alle esigenze di ciascuna organizzazione/struttura, compatibili con le risorse umane e finanziarie disponibili. Il compito delle strutture di comunicazione è pertanto anche quello di collaborare in stretta misura con quelle che gestiscono le risorse, in particolare del personale. La centralità della collaborazione e del coordinamento delle azioni di comunicazione interna risulta fondamentale, al fine di definire e gestire i contenuti informativi delle iniziative di partecipazione alla vita amministrativa. Il tema del coordinamento comunicativo è anche quello di organizzare per tempo i raccordi metodologici tra i due ambiti e competenze (risorse umane e comunicazione) che al momento opportuno e sulle iniziative programmate, diano risultati efficaci. Nel contempo, la direzione delle risorse umane, anche in collaborazione con le strutture impegnate nella comunicazione può favorire una corretta applicazione e utilizzazione degli strumenti di comunicazione ed in particolare della formazione favorendo: 1. una condivisione della missione dell’amministrazione, basata sullo scambio continuo di informazioni e comunicazioni; 7

Direttiva sulla “Rilevazione della qualità percepita dai cittadini”.

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LA COMUNICAZIONE INTERNA E LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

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2. un’immagine complessiva, articolata ma nello stesso tempo coordinata, della realtà interna, in cui le spinte al cambiamento e alla razionalizzazione organizzativa convivano con l’esigenza di confermare i valori connessi al ruolo e alle funzioni svolte; 3. l’individuazione di canali di comunicazione costanti e coerenti al fine di divulgare temi e contenuti omogenei nel tempo; 4. l’affermazione della cultura del rendimento e della valutazione8. Su questo punto vale la pena soffermarsi perché la valutazione rappresenta un circolo virtuoso in quanto comporta un’azione di feedback all’interno dell’organizzazione e una eventuale ridefinizione dei ruoli e delle competenze. Nell’ambito specifico della gestione delle risorse umane, la comunicazione interna, attraverso la definizione di alcuni parametri di valutazione, consente di misurare gli obiettivi da raggiungere e quelli raggiunti, i parametri di qualità realmente ottenuti, un’analisi dei ritorni organizzativi delle iniziative di comunicazione e di formazione. Si possono così ottenere degli importanti risultati in termini di trasparenza interna, rendicontazione, incentivazione ed eventuale correzione dei processi gestionali. Ecco che il tema della comunicazione interna per la gestione e valorizzazione delle risorse umane, definibile come governance, appare nella sua interezza come strumento di connessione e valorizzazione delle competenze sia giuridiche che funzionali interne all’amministrazione. Tale valorizzazione si può ottenere, infatti, disponendo di una comune conoscenza e consapevolezza della missione che ciascuna struttura ha e delle funzioni ricoperte. Organizzare una cultura condivisa nel gruppo dirigente così come nell’insieme del personale rappresenta un punto di forza nella gestione delle attività amministrative. Gli attori della comunicazione non saranno, pertanto, coloro che ad essa sono dedicati, ma il vertice, il gruppo dirigente, le risorse umane nel loro insieme e quelle impiegate per le relazioni e la comunicazione a livello centrale e periferico, in breve, ciascuno per la propria parte e tutti nel loro insieme. La comunicazione, sia essa rivolta all’esterno che all’interno dell’amministrazione, non può essere in nessun modo improvvisata, come si vedrà peraltro più avanti nel presente testo, per quanto riguarda l’uso di strategie e strumenti. Inoltre, si comprende bene che, se da una parte nell’ambito della comunicazione interna vi è e vi sarà sempre una componente di gestione ordinaria delle informazioni, parallelamente si evidenzia un’altra sfera di intervento che non può che essere gestita da coloro che professionalmente si occupano di comunicazione e che riguarda la condivisione delle informazioni, delle conoscenze, della partecipazione. In questo campo la sinergia tra le due funzioni (comunicazione e risorse umane) rappresenta il vero elemento di trasformazione e modernizzazione. 8

Civicom – rete professionale per la comunicazione di pubblica utilità, 2005.


CAPITOLO 2 L’ATTIVITÀ DI COMUNICAZIONE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: ASPETTI NORMATIVI

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L’attività di comunicazione della pubblica amministrazione: aspetti normativi di Edoardo Giardino* 27

Premessa Si può agevolmente affermare che lo studio della comunicazione amministrativa prenda origine dai profondi cambiamenti che hanno segnato, nell’arco degli ultimi decenni, l’assetto organizzativo e funzionale della pubblica amministrazione. La comunicazione, infatti, si rivela uno strumento fondamentale nel quadro del processo di modernizzazione e trasformazione che ha interessato l’esercizio del pubblico potere, quindi, il rapporto p.a.-cittadino, democratizzandolo, ossia rendendolo partecipato e condiviso. Ebbene, detto approdo giuridico non è altro che l’esito di una storica evoluzione culturale, lungo la quale si è consumato il superamento di una visione accentrata e gerarchizzata dell’azione amministrativa, ispirata ad una logica di sovraordinazione ed autoreferenzialità, correlata a cittadini sempre più sudditi, giacché passivi destinatari del potere. In tale contesto, infatti, l’amministrazione perseguiva il fine pubblico, alla stregua sia di regole che escludevano il cittadino dall’esercizio del potere, sia di assetti che assegnavano allo Stato il ruolo di principale gestore. Con l’avvento dei processi di privatizzazione si è determinato, da un lato, un profondo ridimensionamento dello Stato medesimo, che è transitato dalla gestione alla regolazione, dall’altro, si sono affermate nuove finalità della pubblica amministrazione, la quale ha dovuto conformare la propria organizzazione a criteri efficientistici, più segnatamente ai parametri dell’efficienza, dell’efficacia, dell’economicità e della qualità, attraverso un processo di semplificazione, trasparenza, partecipazione e pubblicità amministrativa. In tale quadro, risulta agevole individuare nella comunicazione amministrativa lo strumento principe, funzionale a colmare il vuoto che separa l’amministrazione dal cittadino e, quindi, a rendere pienamente legittima l’azione pubblica, nel pieno rispetto dei vincoli costituzionali di imparzialità e buon andamento amministrativo. * Docente di Governo locale presso l’Università Lumsa di Roma.


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Già nel 1979 Massimo Severo Giannini, allora Ministro della Funzione Pubblica, nel noto Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato (c.d. Rapporto Giannini), rinveniva, proprio nell’adeguato livello di comunicazione e informazione, la condizione necessaria ed indefettibile onde garantire la libertà dei cittadini e, in particolare, “la libertà di essere informati circa i fatti dei poteri pubblici”1. Sul segreto, quindi, che per molto tempo ha costituito la regola amministrativa nei rapporti con i cittadini, ha prevalso, nel tempo, l’obbligo di informare e comunicare, in altri termini la necessità di trasmettere conoscenze alla collettività, non già quale momento giuridicamente eccezionale, bensì quale riflesso di una regola generale, tipica di un’amministrazione moderna, aperta, relazionale. Una scelta, questa, di certo imposta dalla necessità di non ledere le sfere giuridiche soggettive, essendo proprio la conoscenza presupposto necessario per un reale controllo sociale dell’operato amministrativo, quindi, tassello irrinunciabile di un’autentica democrazia2. Del resto, l’ampliamento dei margini conoscitivi, nel procedimento, si è progressivamente consolidato, avendo il legislatore, soprattutto dalla seconda metà degli anni Ottanta ed a più riprese, espresso dal punto di vista normativo la volontà di conferire alla fase comunicazionale una indubbia centralità, funzionale ad una compiuta tutela dell’interesse pubblico. Si è inteso, così, accostare il cittadino al potere, rendendone il dialogo, per molto tempo mediato e tutelato dai mezzi di comunicazione di massa, più immediato e diretto in ossequio al principio di pubblicità dell’azione istituzionale, che segna il superamento dello Stato autoritario a favore dello Stato di diritto, dove irrefutabile si rivela l’esigenza “di sommare all’istanza di ‘trasparenza’, che evidenzia la volontà dei cittadini di essere informati sul fondamento e sulle modalità dell’agire pubblico, il bisogno di razionalità e di certezza nel rapporto con l’apparato statale”3. La riforma della pubblica amministrazione unitamente al rafforzamento dei livelli locali di governo, in attuazione del principio di sussidiarietà e dei nuovi orizzonti finalistici delle amministrazioni, potranno concretizzarsi solo con il pieno consenso dei cittadini, singoli o associati, “da coinvolgere attraverso opportuni ed adeguati processi di relazione e comunicazione”4.

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M.S. Giannini, Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato, in Foro it., 1979, V, 314 ed in Id., Scritti, vol. VII – 1977-1983, Milano, Giuffrè, 2005, 342. Sull’attività conoscitiva cfr. S. Pugliatti, voce Conoscenza, in Enc. giur., IX, 1961, 45 ss.; R. Tomei, La conoscenza. Profili pubblicistici, Torino, 1990; M.P. Guerra, Funzione conoscitiva e pubblici poteri, Milano, 1996. Cfr. P. Marsocci, Poteri e pubblicità. Per una teoria giuridica della comunicazione istituzionale, Padova, 2002, XIX. Cfr. il par. Premessa della Direttiva sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni del Ministro della Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002, in www.funzionepubblica.it.


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Emerge, pertanto, l’indissolubile nesso che lega la pubblicità degli atti all’effettività delle tutele, la conoscenza delle scelte ad una reale democrazia, rivelandosi la comunicazione amministrativa fattore irrinunciabile nel quadro di un’amministrazione che sia non più per i cittadini ma dei cittadini, in particolare di cittadini co-titolari ed allo stesso tempo utenti5. 29

La comunicazione come funzione amministrativa Sebbene soltanto attraverso un più accurato esame evolutivo della normativa in materia – che si tenterà di offrire nei successivi paragrafi – sia possibile cogliere il valore che la comunicazione ha progressivamente assunto nelle dinamiche dell’esercizio del potere amministrativo, nondimeno, a fronte di quanto precedentemente asserito, è possibile da subito chiarire se la comunicazione si riveli mero strumento afferente l’organizzazione amministrativa o se, viceversa, essa assurga al rango di vera e propria funzione amministrativa. Dipanare siffatta problematica, in realtà, aiuterebbe non poco ad appurare il reale rilievo che la comunicazione ha assunto ormai e nel rapporto tra p.a.-cittadino e nelle modalità di gestione del pubblico potere. Al riguardo, non è superfluo ricordare che l’affermazione e la valorizzazione dell’istituto comunicazionale trovi fondamento costituzionale, in particolare negli artt. 21, comma primo e 97, comma primo della Costituzione, ove appunto si consacrano rispettivamente, quasi in una sequenza logica, il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero e l’indefettibile necessità di conformare l’organizzazione dei pubblici uffici ai vincoli del buon andamento e della imparzialità amministrativa. Non vanno, peraltro, taciuti gli artt. 1, comma secondo, 3 e 98, comma primo della Carta Costituzionale, dai quali si deduce l’appartenenza al popolo della sovranità, l’eguaglianza dei cittadini nonché la subordinazione esclusiva dei pubblici impiegati alla Nazione. Infine, siffatto esame si rivelerebbe viziato per difetto se escludessimo dal novero del fondamento costituzionale altresì il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 Cost., tanto nella sua componente verticale quanto in quella orizzontale, in quanto accostare l’esercizio del potere ai livelli istituzionali più vicini al cittadino ovvero addirittura ascrivere a quest’ultimo la titolarità dello svolgimento di attività di interesse generale resterebbe mera asserzione teorica priva di effettività se si prescindesse dalle attività di informazione e comunicazione, imprescindibili strumenti di un’agere amministrativo sempre più cittadinocentrico. 5

Sul cittadino-utente, cfr. F. Mignella Calvosa, Il cittadino utente, in Situazione e tendenze della comunicazione istituzionale in Italia (2000-2004). Rapporto al Ministro per la Funzione pubblica (coordinato da S. Rolando), in www.funzionepubblica.it, 30 ss.


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Si delinea, così, l’obbligo di adottare modelli di comunicazione onde assicurare una gestione efficientista ed orientata, giacché inderogabilmente volta alla cura dell’interesse pubblico primario. In tale contesto, la comunicazione, risultando segnata da una forza capace di abbattere i secolari argini di una amministrazione autoritariamente separata e chiusa, diventa elemento cardine di un’azione, quella pubblica, non più unilaterale, bensì partecipata e condivisa. L’“agire comunicativo” – volendo parafrasare un’espressione di Habermas 6 – assume, quindi, i connotati di funzione7, ossia di attività tesa a perseguire scopi fissati normativamente, quindi di attività volta a curare interessi pubblici attraverso il riconoscimento di un regime giuridico e di una forma procedimentale che conferiscono alla comunicazione stessa un ruolo centrale nel quadro dell’intero ordinamento8. Essa, così, “cessa di essere un segmento aggiuntivo e residuale delle pubbliche amministrazioni, e ne diviene parte integrante”9, di tal che la funzionalizzazione della comunicazione fa sì che questa si ponga al servizio del pubblico interesse, attraverso regole e modalità aventi valenza generale ed obiettiva, pertanto idonee ad assicurare tutela alle sfere giuridiche soggettive interessate dall’attività della pubblica amministrazione. Si realizza, in altri termini, un processo di osmosi tra modalità e finalità, ovvero tra lo strumento (id est la comunicazione) ed i fini da tutelare, visti sia nella loro dimensione individuale che generale10.

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J. Habermas, Teoria dell’agire comunicativo, tr. it., Bologna, 1986. Secondo B.G. Mattarella, Informazione e comunicazione amministrativa, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1/2005, 15, invece, piuttosto “che di un’autonoma funzione amministrativa, la comunicazione amministrativa dà luogo a un’attività accessoria rispetto allo svolgimento delle funzioni amministrative o è una parte di esso”. Al riguardo, cfr. in dottrina, G. Silvestri, Poteri dello Stato (divisione dei poteri), in Enc. dir., XXXV, 1985, 689 ss.; F. Benvenuti, Funzione amministrativa, procedimento, processo, in Riv. trim. dir. pubbl., 1952, 118; P. Marsocci, Poteri e pubblicità. Per una teoria giuridica della comunicazione istituzionale, cit., 142 ss. V., inoltre, M.P. Guerra, Il coordinamento dell’informazione nel sistema politicoamministrativo, in Sussidiarietà e pubbliche amministrazioni. Atti del convegno per il 40° della SPISA (a cura di F.A. Roversi Monaco), Rimini, 1997, 225; F. Merloni, Sull’emergere della funzione di informazione nelle pubbliche amministrazioni, in L’informazione delle pubbliche amministrazioni (a cura di F. Merloni), Rimini, 2002, 16. Per ulteriori approfondimenti sulla funzione amministrativa, cfr. F. Modugno, Funzione, in Enc. dir., XVIII, 1961, 301; G. Miele, Funzione amministrativa, in N.ss. dig.it., VII, 1961, 686; F. Benveuti, Funzione (teoria generale), in Enc. giur., XIV, 1989, 1; G. Marongiu Funzione amministrativa, in Enc. giur., XIV, 1989, 1; F.S. Severi, Funzione pubblica, in Dig. it. (disc. pubbl.), VII, 1991, 72; M.S. Giannini, Diritto amministrativo, I, Milano, 1988, 85 ss.; Per A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1952, 4. Cfr. “Direttiva sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni” del Ministro della Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002. Cfr. G. Azzariti, Introduzione: la comunicazione come funzione, in La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni (a cura di G. Arena), Santarcangelo di Romagna, 2001, 16 ss.. Per un esame completo dei differenti orientamenti dottrinali elaborati in ordine alla natura giuridica della comunicazione, cfr. D. Corletto, Comunicazione (III Comunicazione dell’atto amministrativo), in Enc. giur., VII, Roma, 1988, 1 ss. Sul tema, v. anche V. Ottaviano, Comunicazione (dir. amm.), in Nss. D.I., III, Torino, 1959, 850; Id., La comunicazione degli atti amministrativi, Milano, 1953.


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Quanto detto si manifesta, peraltro, attraverso una funzione che organizzativamente esprime profili bicefali, potendo questa, al tempo stesso, essere funzione specialistica e funzione diffusa, contemplandosi, infatti, “la presenza nelle amministrazioni da un lato di professionalità specializzate in materia, dall’altro di una generalità di dipendenti consapevoli della valenza comunicativa di tutta la propria attività”11. Questo denota, quindi, l’estensione che tale funzione ha ormai assunto nell’agire quotidiano delle pubbliche amministrazioni, un agire, questo, esplicato secondo criteri di razionale coinvolgimento, così da rendere più effettivo il legame tra atto e destinatario e trasformare, di conseguenza, una sterile imperatività provvedimentale in una feconda scelta condivisa.

Diacronia normativa della comunicazione amministrativa Gli ambiti ed i profili supra esaminati trovano piena rispondenza nella legislazione degli ultimi venti anni, giacché se è vero che il processo di radicale mutamento sia iniziato ad inizio degli anni Novanta, è pur vero, parimenti, che a metà degli anni Ottanta, a seguito della Raccomandazione 81/89 del 25 novembre 1981 – con la quale il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa sollecitava gli Stati membri, inclusa quindi anche l’Italia, ad adottare misure volte a favorire l’accesso dei cittadini alle informazioni della pubblica amministrazione – il legislatore in via attuativa varava una serie di leggi atte a recepire anche nel nostro ordinamento istituti di trasparenza amministrativa così da implementare il processo comunicativo ed informativo. Si considerino, ad esempio, le leggi nn. 93 del 198312, 816 del 198513, 349 del

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Cfr. G. Arena, La funzione pubblica di comunicazione, in La funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni (a cura di G. Arena), Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2001, 31. Sul rilievo assunto dalla dimensione relazionale, istituzionale e sociale dell’attività di comunicazione, cfr. C. Gelosi, Relazioni sociali, in Situazione e tendenze della comunicazione istituzionale in Italia (2000-2004). Rapporto al Ministro per la Funzione Pubblica, cit., 137; Id., Comunicare il territorio, Milano, 2004, 63 ss. Sulle conseguenze, invece, delle informazioni amministrative rispetto all’affidamento del cittadino, cfr. F. Merusi, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970, 161 ss. V. anche G. Cataldi, Le informazioni come oggetto di attività amministrativa, Studi Zanobini, I, Milano, 1965, 281 ss. La legge 29 marzo 1983, n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego) all’art. 2, n. 9 (poi abrogato dall’art. 74, comma 1, D.Lgs. n. 29 del1993), prevedeva una riserva di legge in materia di esercizio dei diritti dei cittadini nei riguardi dei pubblici dipendenti nonché di diritto di accesso e di partecipazione alla formazione degli atti della pubblica amministrazione. La legge 27 dicembre 1985, n. 816 “Adempimenti, permessi e indennità degli amministratori locali”, ha previsto, tra l’altro, all’art. 25, il diritto dei cittadini di prendere visione di “tutti i provvedimenti adottati dai comuni, dalle province, dai consigli circoscrizionali, dalle aziende speciali degli enti territoriali, dalle unità sanitarie locali e dalle comunità montane”. Tale articolo è stato abrogato dal D.Lgs. n. 267 del 2000.

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198614 nonché il D.P.R. n. 250 del 1988 (che ha modificato l’art. 56 del R.D. n. 444 del 1942)15, normative, queste, tutte volte a valorizzare sia l’uso dello strumento pubblicitario (e garantire, quindi, una compiuta conoscenza dei provvedimenti, dei servizi e dell’attività svolti dalla p.a.), sia la trasparenza amministrativa, attraverso la previsione di istituti partecipativi. In verità, sebbene innovative, tali previsioni comportarono soltanto timide aperture ad una amministrazione partecipata e trasparente, che, invece, trovò esplicito riconoscimento prima nella legge 8 giugno 1990, n. 142 (Ordinamento delle autonomie locali)16 e dopo nella legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi)17. Nella legge n. 142 del 1990 di assoluto rilievo si rivelava l’art. 7, il cui portato contemplava tanto il principio di pubblicità degli atti amministrativi quanto il diritto di accesso ai medesimi18. Quivi, oltre a disciplinare l’esercizio del diritto di accesso agli atti amministrativi, si riconosceva al cittadino la prerogativa di accedere all’informazione, ascrivendo alla fonte regolamentare il compito di dettare “le norme necessarie per assicurare ai cittadini l’informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull’ordine di esame di domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino (ed) assicura(re) il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle informazioni di cui è in possesso l’amministrazione”19. Decisamente più incisiva ai fini della democratizzazione dell’azione amministrativa si rivelò, invece, la legge n. 241 del 1990, la quale, favorendo con le sue

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La legge 8 luglio 1989, n. 349 “Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale”, all’art. 14, così disponeva: “1. Il Ministro dell’ambiente assicura la più ampia divulgazione delle informazioni sullo stato dell’ambiente. 2. Gli atti adottati dal Consiglio nazionale per l’ambiente debbono essere motivati e, quando la loro conoscenza interessi la generalità dei cittadini e risponda ad esigenze informative di carattere diffuso, vengono pubblicati per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ai sensi dell’articolo 3 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, con la menzione del numero del Bollettino Ufficiale del Ministero dell’ambiente, che riporta il testo integrale nonché il processo verbale delle sedute. 3. Qualsiasi cittadino ha diritto di accesso alle informazioni sullo stato dell’ambiente disponibili, in conformità delle leggi vigenti, presso gli uffici della pubblica amministrazione, e può ottenere copia previo rimborso delle spese di riproduzione e delle spese effettive di ufficio il cui importo è stabilito con atto dell’amministrazione interessata”. L’art. 56 del R.D. 21 aprile 1942, n. 444, così come modificato dal D.P.R. 23 giugno 1988, n. 250, dispone che chiunque può richiedere copia dei pareri resi dal Consiglio di Stato in sede di decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato o su richiesta della p.a., purché il Ministro competente non abbia comunicato, entro il termine di novanta giorni dalla ricezione del parere stesso, che quest’ultimo deve restare riservato. Tale legge è stata abrogata dall’art. 267 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Recentemente modificata dalle leggi nn. 15 e 80 del 2005. Alla partecipazione popolare la legge n. 142 del 1990 dedicava l’art. 6 (v. oggi art. 8 D.Lgs. n. 267/2000). Così l’art. 7, comma 4, legge n. 142 del 1990 (abrogato dal D.Lgs. n. 267 del 2000). Cfr., oggi, art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 267 del 2000. Vedi, inoltre l’art. 12 del D.Lgs. n. 267 del 2000 relativo ai Sistemi informativi e statistici.


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previsioni il superamento della dimensione unilaterale e gerarchizzata del rapporto p.a.-cittadino, si è posta in una relazione di ascendenza diretta con la successiva legge n. 150 del 2000, che a sua volta ha disciplinato precipuamente le attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni, le quali non possono realizzarsi se non in un contesto di rapporti tendenzialmente paritari. La legge sul procedimento amministrativo, infatti, ispirava l’azione amministrativa ai principi della partecipazione amministrativa, della semplificazione e dell’accesso ai documenti amministrativi, esigendo che l’attività amministrativa fosse retta da “criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità”20. E proprio la previsione del criterio della pubblicità conferma la necessità di consentire ai cittadini di controllare democraticamente l’operato di una pubblica amministrazione costretta a pubblicare, comunicare ovvero rendere accessibili gli atti ed i provvedimenti amministrativi21. A tal fine, si prevedevano, tra l’altro, la comunicazione di avvio del procedimento (artt. 7-8), il diritto di intervento nel procedimento (art. 9), il diritto di prendere visione degli atti del procedimento e di presentare memorie scritte e documenti (art. 10), la stipulazione di accordi procedimentali e sostitutivi (art. 11), l’autocertificazione (art. 18)22, l’accesso ai documenti amministrativi (artt. 22 ss.), l’obbligo di pubblicazione di una serie di atti (art. 26). È agevole appurare, pertanto, il delinearsi, da un lato, di situazioni giuridiche soggettive attive in capo al cittadino che lo legittimano ad essere coinvolto nell’agire amministrativo, dall’altro, di situazioni giuridiche soggettive passive in capo alla p.a. che la obbligano ad aprirsi ai consociati, attraverso l’esercizio di attività inclusive, consensuali e comunicative.

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Così l’art. 1, comma 1 della L. n. 241 del 1990. Tale previsione è stata modificata dall’art. 21, comma 1, lett. a) della legge 11 febbraio 2005, n. 15, secondo cui: “L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”. Risulta palese il rapporto che lega la pubblicità alla trasparenza amministrativa, risultando la prima una mera articolazione della seconda. Ai fini de quibus, cfr. i commi 2 e 3 secondo cui: “ 2. Qualora l’interessato dichiari che fatti, stati e qualità sono attestati in documenti già in possesso della stessa amministrazione procedente o di altra pubblica amministrazione, il responsabile del procedimento provvede d’ufficio all’acquisizione dei documenti stessi o di copia di essi. 3. Parimenti sono accertati d’ufficio dal responsabile del procedimento i fatti, gli stati e le qualità che la stessa amministrazione procedente o altra pubblica amministrazione è tenuta a certificare”. Il comma 2 (sostituito dall’art. 3, comma 6 octies, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, nella legge 15 maggio 2005, n. 80) così recita: “I documenti attestanti atti, fatti, qualità e stati soggettivi, necessari per l’istruttoria del procedimento, sono acquisiti d’ufficio quando sono in possesso dell’amministrazione procedente, ovvero sono detenuti, istituzionalmente, da altre pubbliche amministrazioni. L’amministrazione procedente può richiedere agli interessati i soli elementi necessari per la ricerca dei documenti”.

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Particolare sensibilità alle tematiche comunicative dell’amministrazione si manifestò con l’emanazione del D.P.R. n. 352 del 1992, il quale riconosce alle singole amministrazioni la possibilità di valutare “l’opportunità di istituire un ufficio per le relazioni con il pubblico” e comunque di individuare “un ufficio che fornisca tutte le informazioni sulle modalità di esercizio del diritto di accesso e sui relativi costi”. Si menziona, per la prima volta, uno degli istituti principali della comunicazione pubblica, sebbene relegato ad un ruolo eventuale e limitato appunto alle sole richieste di accesso da parte dei cittadini. Una eventualità che muta in obbligatorietà con il D. Lgs. 29 del 199323, il quale dispone che le amministrazioni pubbliche “al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, individuano, nell’ambito della propria struttura e nel contesto della ridefinizione degli uffici (…) uffici per le relazioni con il pubblico”24. Si ascrive a tali uffici il compito di provvedere “anche mediante l’utilizzo di tecnologie informatiche: a) al servizio all’utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241; b) all’informazione all’utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti; c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l’utenza”25. Si sancisce, peraltro, che, al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmino ed attuino “iniziative di comunicazione di pubblica utilità”26. Il responsabile dell’URP ed il personale da lui indicato potevano “promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure e all’incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell’amministrazione e ai documenti amministrativi”27. A conferma del rilievo che tali iniziative assumevano ai fini della valutazione professionale il citato D.Lgs. prevedeva che l’organo di vertice della gestione dell’amministrazione o dell’ente verificasse “l’efficacia dell’applicazione delle iniziative di cui al comma 5bis, ai fini dell’inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costitui(va) titolo autonomo valutabile in concorsi pubblici e nella progressione in carriera del dipendente”28.

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Tale D.Lgs. è stato abrogato dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Cfr. art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 29 del 1993. Art., 12, comma 2, D.Lgs. n. 29 del 1993. Cfr. art. 12, comma 4 prima parte, D.Lgs. n. 29 del 1993. Art. 12, comma 5bis, D.Lgs. n. 29 del 1993. Art. 12, comma 5ter seconda parte, D.Lgs. n. 29 del 1993.


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Parimenti innovativo risultava l’art. 5, comma 1 lett. b) e c)29, che individuava “nel collegamento delle attività degli uffici attraverso il dovere di comunicazione interna ed esterna ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici, nei limiti della riservatezza e della segretezza” nonché nella “trasparenza, attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini” alcuni dei criteri in virtù dei quali ordinare le pubbliche amministrazioni30. Un ulteriore impulso al processo di semplificazione e partecipazione amministrativa è stato offerto, tra l’altro, dalle leggi nn. 59 e 127 del 1997 e dai decreti legislativi nn. 80 e 112 del 1998. Giova, in particolare, ricordare, al riguardo, alcune disposizioni, tra cui l’art. 12, comma 1, lett. p), L. n. 59 del 1997 che sancisce la necessità di “garantire la speditezza dell’azione amministrativa e il superamento della frammentazione delle procedure, anche attraverso opportune modalità e idonei strumenti di coordinamento tra uffici, anche istituendo i centri interservizi, sia all’interno di ciascuna amministrazione, sia fra le diverse amministrazioni”31. Ed ancora il dettato normativo di cui all’art. 2, comma 1, lett. c) e d), D.Lgs. n. 80 del 1998, per il quale le amministrazioni pubbliche devono ispirare la loro organizzazione anche ai seguenti criteri: “c) collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante sistemi informatici e statistici pubblici; d) garanzia dell’imparzialità e della trasparenza dell’azione amministrativa, anche attraverso l’istituzione di apposite strutture per l’informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della responsabilità complessiva dello stesso”. 29 30

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L’intero art. 5 cit. è stato abrogato dall’art. 43, comma 1, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80. In attuazione del D.Lgs. n. 29 del 1993 furono emanate la circolare del Ministro per la Funzione pubblica del 27 aprile 1993 e la direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri (11 ottobre 1994). Secondo Marsocci (Poteri e pubblicità, cit., 228 ss.) proprio tale ultima direttiva “chiariva come l’attività degli URP dovesse mirare – nel garantire la trasparenza e il diritto di accesso – a rilevare sistematicamente i bisogni e il livello di soddisfazione dell’utenza rispetto ai servizi erogati; a collaborare per adeguarne la qualità; a proporre adeguamenti e correttivi per favorire l’ammodernamento delle strutture, la semplificazione dei linguaggi e l’aggiornamento delle modalità con cui le amministrazioni si propongono all’utenza. Era, da subito chiara l’intenzione di affidare agli URP – ma anche ad altre eventuali strutture – non solo i compiti connessi al rilascio di informazioni (relative all’indicazione del responsabile, dei tempi di conclusione e dello stato del procedimento, delle modalità di erogazione dei servizi e di svolgimento delle attività amministrative, e in genere ogni dato relativo alla conoscenza delle normative), il c.d. front office, ma i compiti di ricerca e di analisi strategica mirate al miglioramento del rapporto di comunicazione tra l’amministrazione e i privati, che intendono entrare in contatto con essa, il c.d. back office. La direttiva indicava inoltre i possibili strumenti a disposizione degli URP – oltre a quelli tradizionali, quelli telematici e multimediali –, ribadiva l’impegno alla formazione professionale dei comunicatori pubblici, assunto dalla Scuola della pubblica amministrazione, e istituiva una commissione per l’attuazione della direttiva”. Cfr. altresì la Direttiva del Presidente del consiglio dei Ministri del 27 gennaio 1994 (Principi sull’erogazione dei servizi pubblici).

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Infine, non meno rilevante si rivela l’art. 6, comma 1, del D.Lgs. n. 112 del 1998, nella parte in cui prevede che: “I compiti conoscitivi e informativi concernenti le funzioni conferite dal presente decreto legislativo a regioni ed enti locali o ad organismi misti sono esercitati in modo da assicurare, anche tramite sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze delle informazioni fra le amministrazioni, per consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale”. In questa fase storica, peraltro, si afferma la necessità di estendere il processo di semplificazione anche al linguaggio amministrativo, ritenendosi questo necessario ai fini di un compiuto processo di democratizzazione dell’azione amministrativa, la chiarezza del linguaggio e dei provvedimenti, presupposto necessario per una effettiva attività di informazione e comunicazione amministrativa. Infatti, un linguaggio oscuro e complesso, difficilmente comprensibile, intralcia la relazione con il cittadino, accentua la discrezionalità (rectius l’arbitrio) in sede interpretativa, facilita ed agevola il diniego dei diritti32. Si può, in definitiva affermare che le disposizioni e, più in generale, le normative prefate promuovono l’adozione di nuovi strumenti e modalità organizzative finalizzate a facilitare e semplificare i rapporti tra cittadino ed istituzioni, in tal guisa valorizzando la cultura della relazione, ossia rendendo il cittadino dominus di un’amministrazione servente.

La legge 7 giugno 2000, n. 150 L’interesse e l’attenzione che il legislatore ha manifestato, nel corso del decennio a partire soprattutto dalla legge n. 241 del 1990, trovano pieno compimento con l’emanazione della legge 7 giugno 2000 n. 150, avente ad oggetto la “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Al riguardo, è dato condividere l’idea di ritenerla, contemporaneamente, un punto di arrivo ed un punto di partenza, in particolare, “punto di arrivo, perché disciplinare con legge le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni vuol dire riconoscere che le amministrazioni ormai non possono non comunicare (…) punto di partenza perché da essa (o da una nuova legge) bisogna muovere per spostare ancora più avanti i confini della cittadinanza amministrativa, sapendo che la qualità del rapporto fra cittadini e amministrazioni è misurata anche dalla qualità del rapporto della comunicazione di interesse generale”33.

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Cfr. Fioritto (a cura di), Manuale di stile. Strumenti per semplificare il linguaggio delle amministrazioni pubbliche, Bologna, 1997. G. Arena, La comunicazione pubblica “parte integrante” dell’azione amministrativa, in Situazione e tendenze della comunicazione istituzionale in Italia (2000-2004). Rapporto al Ministro per la


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Trattasi di normativa volta a disciplinare le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, “in attuazione dei principi che regolano la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa”34, in tal modo confermando il nesso che lega la disciplina della comunicazione alla normativa sul procedimento amministrativo, in un’ottica di organica attuazione e riorganizzazione dei principi già enunciati nelle legislazioni antecedenti. La legge, pur discernendo l’attività di informazione da quella di comunicazione alla stregua dei differenti parametri dei destinatari e delle strutture competenti, tuttavia, accomuna entrambe le attività sotto il profilo teleologico, essendo ambedue finalizzate a: “a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione; b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento; c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza; d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale; e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell’avvio del percorso dei procedimenti amministrativi; f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonché quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale”35. Per quanto concerne, invece, le differenze tra le suddette attività, vanno considerati il profilo dei destinatari e le strutture coinvolte. Infatti, in ordine ai destinatari, mentre l’informazione è rivolta “ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici”36, la comunicazione esterna, invece, è “rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa”37. La comunicazione interna, infine, è “realizzata nell’ambito di ciascun ente”38. Per quanto, invece, attiene alla diversità derivante dalle strutture competenti, l’art. 6, comma 1, della cit. legge dispone che se “le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l’ufficio stampa (…) quelle di comunicazione (si realizzano) attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico, nonché attra-

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Funzione Pubblica (coordinato da S. Rolando), in www.funzionepubblica.it, 23. L’Autore aggiunge che “come le lucciole sono indicatori della qualità dell’ambiente, perché non possono vivere in un ambiente inquinato, allo stesso modo la comunicazione pubblica è un indicatore della qualità dei rapporti fra cittadini e amministrazioni (…)”. Per un’analisi dell’attività di comunicazione come strumento di trasparenza e democrazia, cfr. Mignella Calvosa F., Comunicare le riforme. Una nuova comunicazione negoziale tra vertici politici e amministrazione, in Riv. it. com. pubbl., n. 2/1999, 45 ss. Art. 1, comma 1, legge n. 150 del 2000. Art. 1, comma 5, legge n. 150 del 2000. Art. 1, comma 4, lett. a), legge n. 150 del 2000. Ex art. 1, comma 4, lett. b), legge n. 150 del 2000. Ex art. 1, comma 4, lett. c), legge n. 150 del 2000.

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verso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese”39. Si determina, così, un ampliamento delle soggettività deputate all’esercizio dell’attività comunicazionale, giacché sino all’avvento della legge in commento l’art. 12 del D.Lgs. n. 29 del 1993 si limitava ad ascrivere ai soli uffici per le relazioni con il pubblico la titolarità in tema di comunicazione istituzionale. Peraltro, anche in relazione alle funzioni rese dall’Ufficio delle relazioni con il pubblico (URP), la predetta legge n. 150 indica i criteri cui le pubbliche amministrazioni devono ispirarsi per provvedere alla ridefinizione dei compiti e alla riorganizzazione dei predetti uffici, indicandoli, in specie nei seguenti parametri: “a) garantire l’esercizio dei diritti di informazione, di accesso e di partecipazione di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni; b) agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti ai cittadini, anche attraverso l’illustrazione delle disposizioni normative e amministrative, e l’informazione sulle strutture e sui compiti delle amministrazioni medesime; c) promuovere l’adozione di sistemi di interconnessione telematica e coordinare le reti civiche; d) attuare, mediante l’ascolto dei cittadini e la comunicazione interna, i processi di verifica della qualità dei servizi e di gradimento degli stessi da parte degli utenti; e) garantire la reciproca informazione fra l’ufficio per le relazioni con il pubblico e le altre strutture operanti nell’amministrazione, nonché fra gli uffici per le relazioni con il pubblico delle varie amministrazioni”40. Si consolida, a ben vedere, il ruolo dell’URP attraverso un’integrazione delle funzioni indicate dall’art. 12 del D.Lgs. n. 29 del 1993, così da divenire struttura complessa con compiti strategici, anche per il processo di innovazione interna ed avente finalità di monitoraggio, informazione e valutazione dei bisogni dei cittadini. Diverso dall’URP è l’Ufficio stampa, di cui le amministrazioni pubbliche “possono dotarsi, anche in forma associata”41 e “la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa”42.

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L’art. 6, al comma 2, peraltro, recita: “Ciascuna amministrazione definisce, nell’ambito del proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le strutture e i servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro coordinamento, confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le funzioni di comunicazione e di informazione al personale che già le svolge”. Cfr. art. 8, comma 2, L. n. 150 del 2000. In tal modo, l’URP assicura la comunicazione intraistituzionale (v. art. 8, lett. c), d) e) prima parte), la comunicazione extraistituzionale (v. art. 8, lett. a) e la comunicazione interistituzionale (v. art. 8, lett. e) ultima parte). Art. 9, comma 1, legge n. 150 del 2000. Art. 9, comma 1, legge n. 150 del 2000.


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Sul piano organizzativo, detto ufficio è costituito “da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti”43 ed è diretto “da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell’amministrazione”44. In ogni caso, al fine di garantirne l’imparzialità gestionale, la legge45 esige che il coordinatore ed i componenti dell’ufficio stampa non possano “esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche” salvo deroghe eventualmente “previste dalla contrattazione collettiva”. Infine, a supporto dell’organo di vertice dell’amministrazione pubblica, la legge riconosce a quest’ultimo la possibilità di essere “coadiuvato da un portavoce, anche esterno all’amministrazione con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione”46. Nel segno dell’efficientismo organizzativo, la legge dedica spazio alla formazione professionale, ascrivendo alla p.a. il compito non solo di individuare, nel quadro delle proprie dotazioni organiche, il personale da adibire alle attività di informazione e di comunicazione ma, altresì, di programmare la formazione,

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L’art. 9, comma 2, L. n. 150 del 2000, infatti, recita: “Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’art. 5, utilizzato con le modalità di cui all’art. 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità”. Inoltre, ex art. 9, comma 4, della legge cit.: “I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5”. Art. 9, comma 3, L. n. 150 del 2000. V. l’art. 9, comma 4, L. n. 150 del 2000. Per completezza va richiamata la Direttiva del Dipartimento della Funzione pubblica del 7 febbraio 2002, par. “Funzioni degli organi dell’informazione e della comunicazione”, laddove recita: “l’Ufficio stampa, coordinato da un direttore di servizio, si occupa: • della redazione di comunicati riguardanti sia l’attività dell’amministrazione e del suo vertice istituzionale sia quella di informazione, promozione, lancio dei servizi; • dell’organizzazione di conferenze, incontri ed eventi stampa; • della realizzazione di una rassegna stampa quotidiana o periodica, anche attraverso strumenti informatici; • del coordinamento e della realizzazione della newsletter istituzionale e di altri prodotti editoriali”. Così l’art. 7, comma 1, legge n. 150 del 2000. Inoltre, la cit. direttiva del 7 febbraio 2002, al riguardo, precisa che a differenza “dell’Ufficio stampa e dei suoi compiti istituzionali, la figura del Portavoce, presente nelle amministrazioni complesse, sviluppa un’attività di relazioni con gli organi di informazione in stretto collegamento ed alle dipendenze del vertice pro tempore delle amministrazioni”.

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precisando che le attività di formazione sono svolte dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, dalle scuole specializzate di altre amministrazioni centrali, dalle università, con particolare riferimento ai corsi di laurea in scienze della comunicazione e materie assimilate, dal Centro di formazione e studi (Formez) nonché da strutture pubbliche e private con finalità formative che adottano i modelli formativi individuati da fonte regolamentare47. E proprio con regolamento è dato provvedere alla individuazione dei titoli per l’accesso del personale da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e comunicazione nonché prevedere e disciplinare gli interventi formativi e di aggiornamento per il personale che già svolge le predette attività di informazione e di comunicazione48. Questa legge, infine, non omette di contemplare utili strumenti volti ad assicurare un organico espletamento delle attività di comunicazione, prevedendo, in particolare, il Programma di comunicazione49, il Piano di comunicazione50 ed i Progetti di comunicazione a carattere pubblicitario51 ed attribuendo, in tale ambito, un ruolo centrale al Dipartimento dell’informazione e dell’editoria della Presidenza del Consiglio, atto a svolgere molteplici funzioni, tra cui annoverare, quelle di consulenza, di supporto organizzativo e propositive. Oltre ai programmi previsti per la comunicazione istituzionale non pubblicitaria, la legge contempla ulteriori modalità di esplicazione delle attività di informazione e comunicazione, prevedendo, infatti, che le stesse si dipanino “anche attraverso la pubblicità, le distribuzioni o vendite promozionali, le affissioni, l’organizzazione di manifestazioni e la partecipazione a rassegne specialistiche, fiere e congressi”52. Sul piano attuativo, alla atipicità dei mezzi adottabili – sancendosi, infatti, l’utilizzo di “ogni mezzo di trasmissione idoneo ad assicurare la necessaria diffusione di messaggi”53 – segue una tipizzazione strumentale, prevedendosi la possibilità di attuare l’informazione e la comunicazione “anche attraverso la strumentazione grafico-editoriale, le strutture informatiche, le funzioni di sportello, le reti civiche, le iniziative di comunicazione integrata e i sistemi telematici”54. 47 48

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Art. 4, legge n. 150 del 2000. Art. 5, legge n. 150 del 2000. Detto regolamento va emanato “ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” (così l’art. 5 cit.). A tal fine è stato emanato il D.P.R. 21 settembre 2001, n. 422 (“Regolamento per l’individuazione dei titoli professionali da utilizzare presso le pubbliche amministrazioni per le attività di informazione e comunicazione”). Cfr. art. 11, legge n. 150 del 2000. Cfr. art. 12, legge n. 150 del 2000. Cfr. art. 13, legge n. 150 del 2000. Così l’art. 2, comma 1, legge n. 150 del 2000. Art. 2, comma 2 prima parte, legge n. 150 del 2000. Art. 2, comma 2 seconda parte, legge n. 150 del 2000. Per completezza cfr. inoltre l’art. 3 (Messaggi di utilità sociale e di pubblico interesse) della suddetta legge.


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La normativa successiva alla legge n. 150 del 2000 Alla legge n. 150 del 2000 che, come già evidenziato, ha costituito un primo segnale di reale valorizzazione della comunicazione nell’ambito dell’attività amministrativa, è seguita una serie di provvedimenti volti ad attuare i principi legislativamente indicati. In tal senso si atteggia la direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002 (Direttiva sulle attività di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) con la quale si forniscono – in linea con la volontà di favorire un radicale processo di cambiamento della p.a. – gli indirizzi di coordinamento, organizzazione e monitoraggio delle strutture, degli strumenti e delle attività previste dalla normativa in tema di informazione e comunicazione pubblica. Più segnatamente, la direttiva si propone le seguenti finalità: “sviluppo di una coerente politica di comunicazione integrata con i cittadini e le imprese; gestione professionale e sistematica dei rapporti con tutti gli organi di informazione (mass media tradizionali e nuovi); realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione incentrato sull’intenso utilizzo di tecnologie informatiche e banche dati, sia per migliorare la qualità dei servizi e l’efficienza organizzativa, sia per creare tra gli operatori del settore pubblico senso di appartenenza alla funzione svolta, pieno coinvolgimento nel processo di cambiamento e condivisione nelle rinnovate missioni istituzionali delle pubbliche amministrazioni; formazione e valorizzazione del personale impegnato nelle attività di informazione e comunicazione; ottimizzazione, attraverso la pianificazione e il monitoraggio delle attività di informazione e comunicazione, dell’impiego delle risorse finanziarie”55. Si evidenziano, pertanto, i profili efficientistici, ponendosi infatti in capo agli uffici competenti (URP, Ufficio stampa ed analoghe strutture previste dalla cit. legge) “la ricerca dell’efficienza e dell’efficacia nei processi di produzione della comunicazione, quale obiettivo della loro attività”56. Di certo interessante si rivela il rilievo che la direttiva riserva alla comunicazione interna – intesa quale momento della funzione di comunicazione – in par-

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Direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica del 7 febbraio 2002 par. “Finalità e ambito di applicazione”. Questa direttiva, inoltre, “richiama e impegna la responsabilità dei vertici delle amministrazioni pubbliche all’applicazione della legge n. 150 del 2000 e alla definizione di strutture e risorse necessarie per: – progettare e realizzare attività di informatizzazione e comunicazione destinate ai cittadini e alle imprese; – procedere ad una rinnovata ingegneria dei processi di comunicazione interna e adeguare i flussi di informazione a supporto dell’attività degli uffici che svolgono attività di informazione e comunicazione, e il loro coordinamento, già individuati dalla legge 150/2000; – produrre e fornire informazioni, promuovere eventi che, tenendo conto dei tempi e dei criteri che regolamentano il sistema dei media, possano tradursi in notizie per i mass media tradizionali e nuovi – come i giornali on-line – e altri mezzi di diffusione di notizie di interesse pubblico”. Così la cit. direttiva, par. “Finalità e ambito di applicazione”.

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ticolare laddove per la stessa esige un coordinamento che ne gestisca, con efficacia, le interazioni e le sinergie. Infatti, solo una “buona comunicazione interna”, riflesso di un’ampia circolazione delle informazioni e di un pieno coinvolgimento del personale nei progetti di cambiamento organizzativo, assicura la costruzione di una nuova identità istituzionale, implementa il senso di appartenenza all’amministrazione, corrobora in melius l’immagine della sfera pubblica. A tal fine, si auspica che le amministrazioni assicurino il raccordo operativo tra i segmenti di comunicazione attivati (Portavoce, Ufficio stampa, URP, analoghe strutture) e prevedano “forme organizzative di coordinamento delle loro attività per massimizzare l’utilizzo delle risorse umane ed economiche, e creare sinergie ed integrazione tra le azioni di comunicazione per contribuire a rendere efficaci e soddisfacenti le relazioni con i cittadini”57. Agli Uffici per le relazioni con il pubblico ed alle analoghe strutture deve essere, inoltre, riconosciuta la possibilità di ricorrere a procedure di comunicazione interna codificate ed efficaci così da divenire “il terminale di destinazione di atti e documenti che consentano sollecite ed esaurienti risposte alle richieste dei cittadini”58.

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Così la cit. direttiva, par. “Modalità operative: il coordinamento degli strumenti della comunicazione”. Direttiva cit., par. “Funzioni degli organi dell’informazione e della comunicazione”. All’ufficio relazioni con il pubblico dedica spazio normativo, inoltre, l’art. 11 del D.Lgs. 2001, n. 165, secondo cui: “1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, individuano, nell’ambito della propria struttura uffici per le relazioni con il pubblico. 2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante l’utilizzo di tecnologie informatiche: a) al servizio all’utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni; b) all’informazione all’utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti; c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l’utenza. 3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell’ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita formazione. 4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per l’attuazione delle iniziative individuate nell’ambito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e servizi, da sottoporre all’approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri. 5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario. 6. Il responsabile dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all’accelerazione delle procedure e all’incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell’amministrazione e ai documenti amministrativi. 7. L’organo di vertice della gestione dell’amministrazione o dell’ente verifica l’efficacia dell’applicazione delle iniziative di cui al comma 6, ai fini dell’inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo autonomamente valutabile in


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Dopo aver dedicato alla formazione del personale ed al monitoraggio delle suddette attività un adeguato spazio di analisi, la direttiva, meritoriamente, auspica la semplificazione del linguaggio amministrativo usato nei contatti con i cittadini, onde rimuovere un vetusto ed ingiustificato burocratese e rendere, così, una comunicazione amministrativa chiara, semplice, sintetica, completa e corretta59. Un fattore, questo, imprescindibile ai fini di una comunicazione realmente di qualità e di un sistema autenticamente democratico, non essendo tale quell’ordinamento che non scongiura e reprime le forme di incomunicabilità o di difficile comprensione del potere e delle sue articolazioni. Del resto, un provvedimento incomprensibile o difficilmente comprensibile è un provvedimento insuscettibile di osservanza. Nell’ambito del processo di modernizzazione dell’azione amministrativa, intesa in senso lato, e dei rapporti amministrazione-cittadino, grande rilievo è stato assunto, nel tempo, dal fenomeno della digitalizzazione della funzione amministrativa, esito di una serie di interventi normativi che, con diverso grado di incisività, hanno mirato e mirano ancora oggi a consolidare l’utilizzo dell’informatica nella vita e nei rapporti dell’amministrazione. Lo scopo primo di tali provvedimenti è stato quello di dotare l’amministrazione di un sistema completamente digitalizzato, atto a contemperare le esigenze di certezza e trasparenza con quelle di celerità, efficacia, efficienza ed economicità60. A ben vedere, questi processi hanno coinvolto le attività comunicative ed informative, così da favorire l’uso di nuove tecnologie per promuovere una maggiore

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concorsi pubblici e nella progressione di carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un’adeguata pubblicizzazione delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme di pubblicazione”. In argomento va parimenti richiamato quanto sancito dall’art. 10 del D.Lgs. n. 165 del 2001, per il quale: “1. L’organismo di cui all’articolo 2, comma 1, lettera mm, della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del procedimento, definisce, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e sistemi informativi utili alla interconnessione tra le amministrazioni pubbliche. 2. La Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all’art. 18 del decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono, utilizzando il personale degli uffici di cui all’art. 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche nell’ambito dei progetti finalizzati di cui all’articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed integrazioni”. Per completezza, al riguardo, vanno richiamati, in particolare, il Codice di stile (1993) e la direttiva 8 maggio 2002 sulla “Semplificazione del linguaggio dei testi amministrativi” con il correlato progetto “Chiaro”. Sui processi di informatizzazione nella pubblica amministrazione, cfr. F. Merloni (a cura di), Introduzione all’E-Government, Torino, 2005; G. Vesperini (a cura di), E-government, Milano, 2004; N. Natalini, Lo stato dell’informatizzazione nelle pubbliche amministrazioni, in Giorn. dir. amm., n. 2/2006, 221 ss.; M.P. Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico: profili giuridici dell’accesso interamministrativo telematico. Tra testo unico sulla documentazione amministrativa e codice dell’amministrazione digitale, in Dir. pubbl., 2/2005, 525 ss.

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partecipazione dei cittadini al processo democratico nonché per facilitare l’esercizio di situazioni giuridiche soggettive attive sia individuali che collettive61. Tra gli interventi legislativi si segnalano, in particolare, il D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 (T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa), il D.Lgs. 28 febbraio 2005, n. 42 (Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione, a norma dell’art. 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229), il d. lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale)62, il D.Lgs. 4 aprile 2006, n. 159 (Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice dell’amministrazione digitale”). È utile, in particolare, richiamare il D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) per il quale: “Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali assicurano la disponibilità, la gestione, l’accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell’informazione in modalità digitale e riorganizzano ed agiscono a tal fine utilizzando con le modalità più appropriate le tecnologie dell’informazione e della comunicazione”63. In tal modo, ai cittadini e alle imprese è riconosciuto il “diritto a richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni centrali e con i gestori di pubblici servizi statali nei limiti di quanto previsto nel (suddetto) codice”64. Il processo di digitalizzazione investe i profili extraistituzionali, intraistituzionali ed interistituzionali delle attività comunicative ed informative, di guisa che l’amministrazione, nell’organizzare la propria attività, utilizzerà “le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione”65.

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Cfr. l’art. 9 (Partecipazione democratica elettronica) D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 “Codice dell’amministrazione digitale”. V. anche l’art. 4 (Partecipazione al procedimento amministrativo informatico), del medesimo decreto legislativo, secondo cui: “1. La partecipazione al procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi sono esercitabili mediante l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione secondo quanto disposto dagli articoli 59 e 60 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. 2. Ogni atto e documento può essere trasmesso alle pubbliche amministrazioni con l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione se formato ed inviato nel rispetto della vigente normativa”. In dottrina, per una completa disamina, cfr. E. Carloni (a cura di), Codice dell’amministrazione digitale. Commento al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, Rimini, 2005; M.P. Guerra, Circolazione dell’informazione e sistema informativo pubblico: profili giuridici dell’accesso interamministrativo telematico. Tra Testo unico sulla documentazione amministrativa e codice dell’amministrazione digitale, cit., 2/2005, 525 ss. Art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005. Art. 3 D.Lgs. n. 82 del 2005. Art. 12, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005.


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È lo stesso Codice, infatti, a stabilire che le pubbliche amministrazioni adottano “le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati, con misure informatiche, tecnologiche, e procedurali di sicurezza (…)”66. Le pubbliche amministrazioni, inoltre, opereranno “per assicurare l’uniformità e la graduale integrazione delle modalità di interazione degli utenti con i servizi informatici da esse erogati, qualunque sia il canale di erogazione, nel rispetto della autonomia e della specificità di ciascun erogatore di servizi” 67 nonché utilizzeranno “le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, garantendo, nel rispetto delle vigenti normative, l’accesso alla consultazione, la circolazione e lo scambio di dati e informazioni, nonché l’interoperabilità dei sistemi e l’integrazione dei processi di servizio fra le diverse amministrazioni (…)”68. Per quanto attiene, più segnatamente, alla disponibilità dei dati delle pubbliche amministrazioni, si dispone che questi siano “formati, raccolti, conservati, resi disponibili e accessibili con l’uso delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione che ne consentano la fruizione e riutilizzazione, alle condizioni fissate dall’ordinamento, da parte delle pubbliche amministrazioni e dai privati (…)”69. Di conseguenza, l’amministrazione gestirà “i procedimenti amministrativi utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione”70, e inoltre realizzerà “siti istituzionali su reti telematiche che rispettano i principi di accessibilità, nonché di elevata usabilità e reperibilità, anche da parte delle persone disabili, completezza di informazione, chiarezza di linguaggio, affidabilità, semplicità di consultazione, qualità, omogeneità ed interoperabilità”71. Non va, tuttavia, omessa la possibilità riconosciuta alle amministrazioni pubbliche di “stipulare tra loro convenzioni finalizzate alla fruibilità informatica dei dati di cui siano titolari”72.

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Art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 82 del 2005. Art. 12, comma 3, D.Lgs. n. 82 del 2005. Il comma 4 del medesimo articolo così recita: “Lo Stato promuove la realizzazione e l’utilizzo di reti telematiche come strumento di interazione tra le pubbliche amministrazioni ed i privati”. Art. 12, comma 5, D.Lgs. n. 82 del 2005. Così l’art. 50, comma 1 prima parte, D.Lgs. n. 82 del 2005, nella cui parte finale prevede “restano salvi i limiti alla conoscibilità dei dati previsti dalle leggi e dai regolamenti, le norme in materia di protezione dei dati personali ed il rispetto della normativa comunitaria in materia di riutilizzo delle informazioni del settore pubblico”. Cfr., inoltre, l’art. 50, commi 2 e 3 del cit. D.Lgs. In dottrina, cfr. E. Carloni, Nuove prospettive della trasparenza amministrativa: dall’accesso ai documenti alla disponibilità delle informazioni”, in Dir. pubbl., n. 5/2005, 573 ss. Cfr. l’art. 41, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005. Art. 53, comma 1, D.Lgs. n. 82 del 2005. Art. 58, comma 2, d. lgs. n. 82 del 2005. Giova precisare che per fruibilità di un dato si intende – ex art. 1, comma 1, lett. t, D.Lgs. n. 82 del 2005 – “la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un’altra amministrazione”.

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Non è, inoltre, superfluo precisare che quanto detto andrà, ovviamente, realizzato al fine di assicurare la qualità del servizio e, di conseguenza, la soddisfazione dell’utenza73. Ma il principio della necessaria condivisione dei dati tra amministrazioni pubbliche nonché le relative modalità operative di interoperabilità, connettività e cooperazione, hanno trovato compiuta disciplina nel suddetto D.Lgs. n. 42 del 2005 che istituisce il “Sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione”. Su tale ambito è da ultimo intervenuto il legislatore che con il D.Lgs. n. 159 del 2006, ex art. 30, ha introdotto il Capo VIII (Sistema pubblico di connettività74 e rete internazionale della pubblica amministrazione75) del D.Lgs. n. 82 del 2005. Affatto indifferente al tema della comunicazione amministrativa si è rivelata, altresì, la legge 11 febbraio 2005, n. 15 (che ha innovato la citata legge n. 241 del 1990) nonché il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 195 recante l’attuazione della direttiva 2003/4CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale. Infatti, nel modernizzare ulteriormente il procedimento amministrativo, potenziandone i profili partecipativi, di trasparenza e di semplificazione, non si è pretermessa la necessità di corroborarne l’accezione informativa e comunicativa, non solo inserendo la trasparenza tra i criteri che reggono l’azione amministrativa (unitamente alla economicità, alla efficacia e alla pubblicità)76, quanto affermando, tra l’altro, il valore assunto, in sede procedimentale, dall’uso della telematica nonché dalla dialettica pre-decisoria laddove si profili l’adozione di un provvedimento negativo. Più precisamente, l’art. 3bis della L. n. 241/9077 esige che per “conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentiv(i)no l’uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”.

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Al riguardo, cfr. l’art. 7 D.Lgs. n. 82/2005, per il quale: “1. Le pubbliche amministrazioni centrali provvedono alla riorganizzazione ed aggiornamento dei servizi resi; a tale fine sviluppano l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sulla base di una preventiva analisi delle reali esigenze dei cittadini e delle imprese, anche utilizzando strumenti per la valutazione del grado di soddisfazione degli utenti. 2. Entro il 31 maggio di ciascun anno le pubbliche amministrazioni centrali trasmettono al Ministro delegato per la funzione pubblica e al Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie una relazione sulla qualità dei servizi resi e sulla soddisfazione dell’utenza”. Si ricordi, inoltre, che nel 2005 è stato attivato il numero verde (800118855) dell’ispettorato del Ministero della Funzione pubblica per la lotta agli sprechi e ai disservizi, anche in collaborazione con la Guardia di Finanza. Sulla nozione e sulle finalità del Sistema pubblico di connettività cfr. gli artt. 73 comma 2 e 77 del D.Lgs. 82/2005. Sulla Rete internazionale della pubblica amministrazione, cfr. gli artt. 74 e 85 del D.Lgs. 82 del 2005. Cfr. l’art. 1, comma 1, legge 241/1990 così come novellato dall’art. 1, comma a), legge 15/2005. L’art. 3bis suddetto è stato inserito dall’art. 3 della legge 15/2005.


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Si ribadisce, così, il bisogno di una completa informatizzazione dell’agire amministrativo, sia nei rapporti intraistituzionali che interistituzionali ed extraistituzionali, trattandosi di processo direttamente funzionale alle imprescindibili esigenze efficientistiche che connotano una moderna amministrazione. Peraltro, la scelta si inserire detta previsione tra i principi della disciplina del procedimento amministrativo comprova – laddove ve ne fosse bisogno – il pregio ed il rilievo da tempo assunti dalla telematica nella cura e nel perseguimento dell’interesse pubblico. Non meno pertinente alla nostra analisi si rivela quanto disposto dall’art. 10bis della medesima legge, con il quale s’intende corroborare il momento procedimentale pre-decisorio attraverso lo strumento della comunicazione, prevedendosi, appunto, che nei procedimenti “ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”78. A corroborare infine, il profilo della comunicazione interistituzionale è intervenuto l’art. 22, comma 5, della suddetta legge79, per il quale è necessario informare al principio di leale cooperazione istituzionale l’acquisizione di documenti amministrativi da parte di soggetti pubblici, laddove questa non rientri nelle ipotesi di cui all’art. 43, comma 2 del D.P.R. n. 445 del 2000. Con il D.Lgs. n. 195 del 2005, invece, si desidera assicurare una informazione ambientale che sia, “ai fini della più ampia trasparenza, (…) sistematicamente e progressivamente posta a disposizione del pubblico e diffusa, anche attraverso i mezzi di telecomunicazione e gli strumenti informatici, in forme o formati facilmente consultabili, promuovendo a tale fine, in particolare, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”80. Anche in tal caso si rimarca la necessità di un’informazione ambientale di qualità, tanto da ascrivere al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio il compito di “garantire, se possibile, che l’informazione ambientale detenuta dall’autorità pubblica sia aggiornata, precisa e confrontabile”81. Si può, quindi, affermare che la comunicazione e l’informazione si rivelano, tanto nella lettera, quanto nella ratio di tali norme, strumenti efficaci per assi-

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Così l’art. 10bis, prima parte, della legge 241/1990 (articolo inserito dall’art. 6 della legge n. 15 del 2005). L’art. 22 suddetto è stato novellato dall’art. 15 della L. n. 15 del 2005. Art. 1, lett. b, D.Lgs. n. 195 del 2005. L’ulteriore finalità del predetto D.Lgs. è “garantire il diritto d’accesso all’informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche e stabilire i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio” (art. 1, lett. a, D.Lgs. n. 195 del 2005). Art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 195 del 2005.

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curare la piena trasparenza ed una effettiva partecipazione procedimentale, contribuendo, altresì, a deflazionare, per quanto possibile, il contenzioso giurisdizionale.

Conclusioni 48

La scelta del legislatore di contemplare la comunicazione tra le attività fondamentali dell’intero agire amministrativo rappresenta una conquista di civiltà e di progresso giuridico determinante lungo il percorso della democratizzazione dell’azione amministrativa. Tuttavia, a conclusione di questa analisi, non è dato tacere né esimersi dal rilevare le ragioni che, a tutt’oggi, impediscono una piena efficacia della comunicazione amministrativa e che possiamo, da subito, ritenere riconducibili ad alcuni limiti previsionali, segnatamente ad omissioni normative. A ben vedere, infatti, il quadro normativo emergente dalla legge n. 150 del 2000, decisamente innovativo e come tale apprezzabile sul piano organizzativo e dei principi, atto a dotare anche tale ambito di validi parametri, risulta meno sollecito nell’apprestare un adeguato livello sanzionatorio, così da attribuire all’intera previsione giuridica una reale effettività. È, infatti, fin troppo agevole rilevare che la norma giuridica, per essere tale, deve constare di un precetto e di una sanzione, entrambi elementi costitutivi, come tali cumulativamente necessari perché si possa ritenere obiettivamente configurata la norma medesima. Questo limite interessa l’intera disciplina ed in particolare la citata legge n. 150, nella quale non è dato rinvenire alcuna previsione sanzionatoria, donde sarà opportuno mutuare quanto al riguardo disposto da altre normative, in particolare dal D.Lgs. n. 165 del 2001, in ossequio a quanto, del resto disposto dall’art. 12, comma 1-ter, D.Lgs. n. 82 del 2005 (così come modificato dal D.Lgs. n. 159 del 2006), in ordine all’uso delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni nell’azione amministrativa. Detta previsione, infatti, dispone che: “I dirigenti rispondono dell’osservanza ed attuazione delle disposizioni di cui al presente decreto ai sensi e nei limiti degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali, civili e contabili previste dalle norme vigenti”. Sarebbe, quindi, non solo opportuno quanto necessario sul piano della sistematicità e coerenza ordinamentale almeno rendere tale previsione una regola generale per tutte le attività di informazione e comunicazione, dotando, così, la stessa legge n. 150 del 2000 di un adeguato profilo sanzionatorio, in assenza del quale quest’ultima si rivelerebbe una mera asserzione di principi, come tale, priva di reale incisività.


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Il bisogno e l’urgenza di un maggiore pragmatismo previsionale ed organizzativo inducono a sollecitare, parimenti, l’avvio di un processo che implementi il sistema dei controlli interni, onde accertare il tasso di efficienza ed efficacia raggiunto, unitamente al riconoscimento di una più intensa autonomia organizzativa, atta a riconoscere ai singoli uffici preposti alla comunicazione la prerogativa di autodeterminarsi in ordine alle modalità necessarie per perseguire i fini istituzionali, nel segno di un sistema che, evolvendo in senso autonomistico-direzionale, tenda a coniugare l’unicità di indirizzo e la molteplicità dei modelli gestionali.

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CAPITOLO 3 LA COMUNICAZIONE PER LA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE

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La comunicazione per la gestione delle risorse umane di Germana Pitrola* 53

Scrive Primo Levi ne “La chiave a stella”: se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppo è privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra: ma questa è una verità che non molti conoscono1. Questa frase costituisce un valido punto di partenza per affrontare il tema delle risorse umane e del contesto lavorativo in cui esse operano, adottando come chiave di interpretazione le riforme attuate in questi ultimi anni che hanno apportato numerosi cambiamenti nell’ambito della loro gestione e dell’organizzazione del lavoro. Le innovazioni introdotte nelle amministrazioni pubbliche hanno riguardato, infatti, anche la riforma del pubblico impiego, attuatasi in seguito alle numerose sollecitazioni provenienti dall’esterno e che riguardavano la necessità avvertita dai cittadini, di avere un’amministrazione più vicina alle loro esigenze e con servizi più efficienti. Il D.Lgs. 29/93 introduce, infatti, alcune peculiari innovazioni nel rapporto di lavoro alle dipendenze della p.a., che segnano l’avvio del processo di privatizzazione del pubblico impiego e contengono indicazioni generali sulla gestione delle risorse umane, successivamente approfondite dal D.Lgs. 165/01 che ha dettato il riordino della materia. Secondo tale decreto legislativo contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, per raggiungere un buon grado di efficienza è necessario “realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nella p.a., curando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici e ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a quelle del lavoro privato”. Un’esigenza di cambiamento dei rapporti lavorativi sentita, dunque, anche dal legislatore, e che nasce da un nuovo modo di concepire il ruolo dello Stato e di valutare la sua capacità di progettare interventi mirati al conseguimento degli obiettivi.

* Esperta di Comunicazione istituzionale e d’impresa, consulente Formez. 1 P. Levi, La chiave a stella, Einaudi, Supercoralli, I ed., Torino, 1978.


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La fase di cambiamento non ha interessato soltanto, come si è visto, il profilo dello Stato dal punto di vista meramente normativo; si è proceduto con lungimiranza ad un adeguamento degli strumenti utili all’affermazione di un dialogo di carattere istituzionale tra i diversi soggetti amministrativi e i destinatari dell’azione pubblica, i cittadini. Il cambiamento dell’amministrazione ha accompagnato la trasformazione dei valori cosiddetti tradizionali del Paese e, in particolare, del mondo sociale e produttivo. Basti considerare, ad esempio, l’affermazione accanto a principi quali il rispetto assoluto delle normative, l’efficienza, la produttività, la standardizzazione dei processi, di nuovi concetti quali la creatività, la ricerca della qualità della vita e dei servizi, il benessere organizzativo, la soddisfazione del cliente e, più in generale, del cittadino. Non tutte le realtà organizzative, però, hanno compreso da subito l’importanza e la forza del cambiamento, con il risultato di non essere riuscite ad adeguarsi a questo nuovo profilo valoriale. Vecchi e nuovi valori sono, talvolta, entrati in antitesi tra loro, originando insicurezza e insoddisfazione. Per favorire un serio percorso di cambiamento all’interno delle amministrazioni pubbliche, si è cercato di introdurre novità culturali e normative nel processo amministrativo, a partire dall’anello apparentemente più cristallizzato come quello dell’organizzazione del personale. Le cosiddette risorse umane, al centro del processo di cambiamento della p.a., si sono trovate a dividersi costantemente, all’interno del proprio contesto lavorativo, tra la necessità di attenersi al rigido rispetto delle normative e l’esigenza di ricercare nuovi strumenti organizzativi mirati al conseguimento dei risultati. Poche volte in questo contesto ci si è fatti carico di apportare miglioramenti anche allo stile del lavoro, alle modalità di esercizio delle funzioni, alla crescita del personale. Eppure un’organizzazione, secondo la nuova dimensione valoriale, non è solo il luogo di lavoro dove gli individui si ritrovano per svolgere i compiti a cui sono chiamati, ma strutture composte da persone, esseri umani, che hanno proprie caratteristiche, esigenze e una propria soggettività. La difficoltà ad assimilare questo tipo di approccio è dipesa dall’insufficiente capacità di creare stimoli nuovi e incentivi che potessero spingere il dipendente a riconoscersi nella realtà lavorativa in cui operava, come risorsa fondamentale. Parliamo tanto oggi di incremento dell’efficienza e della efficacia amministrativa, ovvero della qualità delle prestazioni e dei risultati che si possono ottenere attraverso la valorizzazione delle competenze disponibili all’interno delle amministrazioni, che il livello successivo a cui bisognerebbe arrivare si concentra proprio sulla necessità di rivalutare le potenzialità inespresse del capitale umano.


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La visione di un dipendente costretto a lavorare in un contesto non motivante, tipico del modello burocratico di gestione del lavoro pubblico fino alla fine degli anni Ottanta, è ormai superata, per lasciare il passo a una realtà in cui il collaboratore appare maggiormente soddisfatto delle prospettive offerte non solamente a livello personale, ma anche lavorativo (si pensi a quante ore della giornata vengono spese sul luogo di lavoro e a come possa essere importante la gratificazione personale). Di certo il quadro di compatibilità economico del paese, in termini di risorse disponibili e utilizzabili per diversi investimenti nelle pubbliche amministrazioni non agevola una situazione in cui è ancora presente un elevato tasso di discrezionalità. Se consideriamo il quadro finanziario attuale, le amministrazioni, a causa del processo di contenimento della spesa pubblica, hanno difficoltà ad investire sull’assunzione di nuovo capitale umano. Le assunzioni sono, difatti, bloccate dalle leggi finanziarie che si sono susseguite negli ultimi anni, che hanno imposto una razionalizzazione dei costi che incide anche sulla rideterminazione delle dotazioni organiche interne all’organizzazione. Se dal punto di vista delle assunzioni questo fattore ha rappresentato un grosso limite (a causa dello sbarramento posto all’aumento o al turnover del personale con contratto a tempo determinato), non lo è stato invece sul piano del processo di gestione del personale già presente nell’amministrazione. Le amministrazioni, infatti, nell’individuare i propri fabbisogni di collaboratori hanno iniziato a riflettere sulla necessità di definire piani di intervento che abbiano come fine ultimo obiettivi di crescita del personale. Attraverso istituti quali le progressioni di carriera e la mobilità, il collaboratore già assunto viene formato e inserito a ricoprire nuovi incarichi più idonei a valorizzarne capacità e competenze. Ogni medaglia, potremmo dire a questo riguardo, ha due facce. Se da un lato con l’introduzione di queste normative vengono penalizzate le assunzioni, dall’altro viene effettuato un processo di rivalutazione delle competenze dei collaboratori già assunti che ha risvolti positivi su fenomeni che hanno causato la perdita di credibilità delle amministrazioni pubbliche come: il malessere organizzativo, un elevato tasso di assenteismo dei dipendenti e l’incremento del contenzioso interno. La necessità di trovare una soluzione a questi problemi ha portato di conseguenza alla ricerca di strumenti e metodologie che potessero dare nuovamente credibilità alle istituzioni. In questi ultimi anni, si è parlato molto, infatti, di concetti quali la fidelizzazione del cliente e la gestione delle relazioni con il cittadino, comunemente chiamato CRM (Citizens relationship management) come fattori in grado di migliorare il benessere organizzativo e l’erogazione dei servizi al cittadino.

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Nella ricerca del giusto mix di elementi che potessero dare i risultati attesi, si sono tralasciate soluzioni immediate e semplici a cui poter ricorrere. Non si è considerato che alla base dei rapporti umani l’elemento che fa la differenza è la capacità di comunicare, di trasferire pensieri, informazioni, contenuti. La comunicazione appare di fondamentale importanza per migliorare la motivazione del personale e il clima all’interno di un’amministrazione. La necessità di comunicare, presente in ogni essere umano (affermava, infatti, Aristotele che siamo animali sociali), può e deve essere sviluppata e rafforzata anche nel contesto lavorativo e può aiutare a migliorare la produttività sia in termini economici che lavorativi e di rapporti umani. Attraverso la comunicazione, infatti, si ottiene il superamento dell’autoreferenzialità delle amministrazioni, in passato orientate a sviluppare un rapporto con i propri dipendenti focalizzato quasi esclusivamente sullo sviluppo delle carriere. L’azione amministrativa diventa così finalizzata al coinvolgimento del personale nelle politiche organizzative e orientata al miglioramento dei servizi. Inoltre, la comunicazione acquisisce il ruolo di strumento di controllo sociale, poiché attraverso la pubblicazione degli atti, il principio della trasparenza, l’istituzione di strutture di contatto con i cittadini, l’amministrazione inizia a dar conto del proprio operato all’esterno. L’attivazione di flussi di comunicazione sia all’interno che verso l’esterno diventa, in questo modo, la soluzione adeguata per ridare smalto e vitalità alle pubbliche amministrazioni.

La riforma della pubblica amministrazione e la comunicazione interna La comunicazione pubblica ha rivestito, nel processo di cambiamento istituzionale, cui è stato soggetto il nostro paese negli ultimi 15 anni, il ruolo fondamentale di luogo di incontro e di partecipazione tra tre attori principali: istituzioni, dipendenti e cittadini, che hanno trovato nell’apertura di un dialogo di collaborazione, un terreno comune di scambio reciproco. La comunicazione nel suo aspetto di relazione si è così delineata come elemento strategico del cambiamento, ricevendo legittimazione sia dalle istituzioni (attraverso la realizzazione di leggi e direttive che ne hanno ribadito l’importanza), che da parte dei componenti dell’organizzazione stessa e dai cittadini. Queste sono state alcune delle considerazioni che hanno spinto le amministrazioni ad utilizzare sempre di più la comunicazione e i suoi strumenti per creare valore aggiunto nell’organizzazione. Il valore aggiunto, per un’organizzazione, indica la facoltà di coinvolgere, nella delineazione di obiettivi ed interventi, gruppi di persone che, seppur con ruo-


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li e mansioni differenti, concorrono al suo sviluppo. Considerata in tal senso, la comunicazione fornisce un valido supporto alle organizzazioni nella soddisfazione di uno dei loro principali intenti: suscitare protagonismo all’interno e a livello sociale2. Nella nostra società in cui particolare attenzione ha rivestito negli ultimi anni il concetto di apparire, le organizzazioni hanno individuato nella comunicazione uno strumento utile alla creazione dell’immagine aziendale. Con l’attuazione di nuove leggi di ordinamento (vedi D.Lgs. 29/93, art. 12, istitutivo degli uffici relazioni con il pubblico, URP), le amministrazioni, hanno cercato di potenziarne il ruolo, attraverso l’attivazione di strutture preposte al contatto con il pubblico (front-line), con il compito di fare da tramite nella relazione tra istituzioni e cittadini. Solo negli ultimi anni, in seguito alla nascita di nuove dinamiche interne alle organizzazioni complesse, quali ad esempio le amministrazioni o le imprese, si è capito che, per veicolare un’immagine positiva verso l’esterno non bastava puntare l’attenzione solamente sulle strutture di contatto, ma fosse necessario intervenire anche all’interno della stessa organizzazione, attraverso l’apertura di un rapporto di scambio tra essa stessa e i suoi primi interlocutori: i collaboratori. Il cambiamento tanto auspicato deve partire, innanzitutto, dal coinvolgimento, alle attività amministrative, delle risorse umane. Se consideriamo che la maggior parte delle relazioni che si instaurano dentro e fuori l’organizzazione è di tipo interpersonale, potremo capire come, nella relazione tra persone, l’influenza reciproca, sia essa negativa o positiva, ha un peso rilevante. Per questo motivo se le persone che lavorano all’interno dell’azienda hanno della stessa una visione di organismo efficiente, anche all’esterno apparirà tale, poiché saranno gli stessi collaboratori che contribuiranno al raggiungimento dell’obiettivo e a darne visibilità. Negli ambienti lavorativi in cui viene attivato un processo relazionale di coinvolgimento e di partecipazione si lavora meglio e si trova terreno più fertile per l’introduzione delle innovazioni sia a livello procedurale che tecnologico. Un alto livello di motivazione e di partecipazione produrrà risultati migliori a livello di produttività e di soddisfazione personale. Allo stesso modo in cui negli organismi degli esseri viventi, tutti gli organi sono dipendenti uno dall’altro, anche nelle organizzazioni, ogni fenomeno che coinvolge una parte del sistema si ripercuote sulla sua totalità. Se all’interno dell’organizzazione si respira un buon clima e il livello delle relazioni interpersonali è soddisfacente, tutto ciò si ripercuoterà sia al suo interno che all’esterno. Inoltre i collaboratori dimostreranno una maggiore capacità di adattarsi alle varie

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Quaderni Formez n. 22, La Comunicazione pubblica – Linee Operative, (a cura di) U. Costantini, E. Flora, G. Migliore, giugno 2004.

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situazioni e di conseguenza una minore resistenza ai cambiamenti che sarà necessario introdurre. Chi si trova a dover affrontare la realtà aziendale, in continua evoluzione, deve essere dotato di grande flessibilità e motivato da concrete prospettive di gratificazione su più livelli: personale, professionale e anche economico. Troppo spesso le aziende sono guidate, nella formulazione delle strategie, da una logica che si basa prevalentemente sul raggiungimento del profitto e non considerano rilevante per la crescita aziendale l’importanza del fattore umano. L’azienda non è un ingranaggio meccanico guidato da automi, ma da persone che hanno proprie esigenze e bisogni. Inoltre, molto spesso la rilevazione di questi bisogni (che dovrebbe costituire un importante momento di confronto), non avviene attraverso la predisposizione di strumenti per l’ascolto interno, ma è affidata al compito di aziende esterne, che li gestiscono senza riuscire ad attivare un reale coinvolgimento né da parte di chi li commissiona (la dirigenza), né da parte dei dipendenti. Non è possibile avviare un processo di miglioramento all’interno dell’organizzazione se non c’è un reale coinvolgimento di tutte le parti in causa. Il compito della dirigenza deve essere quello di sostenere le scelte che verranno intraprese e incentivarle, prestando attenzione alle politiche sul personale, quello dei dipendenti di massimizzare il profitto e collaborare alla gestione dell’organizzazione. Inoltre, è essenziale che tutti siano consapevoli delle trasformazioni che l’organizzazione vive, in modo da essere preparati alla gestione del cambiamento. La comunicazione interna diventa, attraverso questo impiego, l’elemento fondamentale per la costruzione di nuovi obiettivi e di nuove dinamiche relazionali che hanno il grande merito di produrre un effetto di forte ritorno per l’azienda: il miglioramento del clima organizzativo. In questo caso, l’organizzazione che viene analizzata è la pubblica amministrazione, che per la sua complessità ben si presta ad un’analisi che vuole evidenziare come in seguito all’apporto della comunicazione si attivi un processo che ha come fine il coinvolgimento di tutte le forze presenti sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione.

La comunicazione tradizionale e quella innovativa La capacità di una amministrazione di gestire i rapporti interpersonali che si instaurano al suo interno spinge i dipendenti ad attivare due differenti tipi di comportamenti; se il rapporto che si instaura è di tipo piramidale, i dipendenti tenderanno unicamente al rispetto della gerarchia e i flussi di comunicazione interna che si attiveranno saranno unidirezionali con l’unica funzione di generare conoscenza, ma non coinvolgimento o partecipazione.


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Questa situazione era riscontrabile nel periodo pre-riforma della metà degli anni Ottanta. La comunicazione (di tipo tradizionale) possedeva una connotazione formale, il dipendente non aveva voce in capitolo nella formulazione di proposte innovative nell’esercizio del proprio lavoro e poco spazio veniva lasciato alla creatività personale. Le informazioni diffuse erano per lo più di carattere informativo e ufficiale e non richiedevano una particolare forma di partecipazione da parte dei destinatari. Nel periodo post-riforma (il periodo attuale), invece, i dipendenti hanno acquisito un valore centrale all’interno dell’organizzazione. Si sono diffusi nuovi valori di partecipazione e relazione ed è stato individuato nella funzione di comunicazione (di tipo innovativo) lo strumento utile a favorire l’apprendimento attraverso cui generare e modificare le competenze, aumentarle e sviluppare know-how3. Una dimensione organizzativa improntata su questi elementi ha un valore inestimabile per l’organizzazione, poiché essa stessa viene intesa come un unicum in cui tutte le parti che la compongono sono in armonia fra loro e concorrono insieme alla produzione di cultura, ovvero quell’insieme di valori, simboli, linguaggi e pratiche comuni che determinano le scelte e le azioni degli individui. Viene rivalutata, in questo modo, la componente umana e di relazione delle persone che lavorano insieme al fine di produrre risultati comuni. I comportamenti delle persone che lavorano all’interno di un’organizzazione sono, infatti, il risultato della cultura che si respira all’interno della stessa. Affinché all’interno di un’amministrazione si crei un clima di benessere organizzativo può essere utile, dunque, cercare di agire sullo sviluppo di azioni di carattere culturale, arricchendole di nuovi valori e significati attraverso l’utilizzo della comunicazione come leva organizzativa, utile nel processo di consolidamento interno.

Il national well-being La produzione di una cultura condivisa non è l’unico fattore che determina un buon clima all’interno di un’organizzazione. Infatti, secondo un rapporto pubblicato dal Cabinet Office del governo britannico nel dicembre del 2002, intitolato “Life Satisfaction” la ricerca della gratificazione individuale è un altro dei punti critici su cui ruota il tema del benessere organizzativo. Tale rapporto poggia le

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Quaderni Formez n. 29, La Comunicazione interna nella p.a. regionale e locale, indagine diretta da V. De Magistris con la collaborazione di D. Imparato, novembre 2004.

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proprie basi sulle teorie di Daniel Kahneman4, il primo professore di psicologia ad aver vinto il premio Nobel per l’economia, i cui studi si basano sulla scoperta di una interrelazione tra benessere personale ed efficienza sul lavoro. Secondo Kahneman l’indice della felicità è uno dei parametri che migliorano il grado di sviluppo di un paese. Le sue ricerche sul tema della felicità hanno soprattutto lo scopo pratico di fornire un indicatore alternativo rispetto al reddito, un ‘indice del benessere nazionale’, che possa sostituire il reddito come indicatore standard di benessere. Di conseguenza le misure macroeconomiche fondate sulla stima del reddito o prodotto interno lordo di un sistema economico diventano parametri insufficienti per misurare il grado di sviluppo e benessere di una società. Daniel Kahneman è convinto che uno studio più attento delle emozioni, degli affetti, delle sensazioni e in generale delle esperienze edonistiche sia oggi indispensabile per fornire una base più seria e costruttiva a considerazioni sulla felicità e sulla soddisfazione. L’economia politica si trasforma, in questo modo, da disciplina della ottimizzazione a disciplina della interazione interpersonale. La ricerca del benessere dei propri dipendenti deve di conseguenza essere uno dei punti su cui indirizzare l’attività amministrativa. Più i dipendenti si sentiranno apprezzati e gratificati nel luogo dove lavorano, maggiore sarà il loro rendimento. Per far sì che un’organizzazione funzioni bene è necessario che al suo interno si respiri un clima di soddisfazione e che i dipendenti siano motivati. Lo Stato in questo senso è chiamato ad impegnarsi nei confronti di coloro che lavorano nelle pubbliche amministrazioni, a creare le condizioni affinché il principio della gratificazione individuale trovi applicazione, nella consapevolezza dell’importanza della valorizzazione delle risorse umane e del ruolo che la comunicazione può esercitare come punto d’unione tra istituzione, dipendenti e cittadini. Per creare un clima di collaborazione reciproca è però necessario che vengano attivati flussi di comunicazione non più unidirezionali e indifferenziati, ma estesi e differenziati, diversificati tra loro a seconda delle caratteristiche socio-economiche del target di riferimento. Al suo interno l’organizzazione è difatti com-

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Premio Nobel nel 2002 per le scienze economiche per “aver integrato argomenti della ricerca psicologica con le scienze dell’economia, con particolare riguardo ai processi decisionali e di giudizio nelle incertezze”. Il suo lavoro ha segnato la nascita dell’economia cognitiva. Tra i lavori più importanti sull’argomento in collaborazione con Ed Diener e Norbert Schwartz la raccolta pubblicata dalla Russell Sage Foundation nel 1999 dal titolo Well-being: the Foundations of Hedonic Psychology e in lingua italiana Kahneman è presente nell’antologia Felicità ed economia, a cura di Luigino Bruni e Pier Luigi Porta (Guerini, 2004) ed Economia cognitiva e sperimentale, a cura di Matteo Motterlini e Francesco Guala, Università Bocconi editore, 2005. Il 6 giugno 2005 gli è stata conferita la Laurea ad Honorem in Scienze dell’Economia dall’Università Bicocca di Milano.


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posta da persone classificabili secondo criteri differenti: per competenze, per età, per funzioni. Un messaggio che voglia raggiungere il proprio destinatario deve tener conto di queste differenze, poiché ogni persona ha sistemi di ricezione e decodifica delle informazioni dissimili. La comunicazione in questo modo diventa uno strumento malleabile e adattabile ai vari destinatari, contesti e situazioni e si trasforma in risorsa per l’organizzazione poiché in tal modo entra all’interno della sua vita stessa, influenzandone il modo di essere e agire. Se il dipendente viene messo dall’amministrazione nelle condizioni di condividerne la mission e la vision, egli stesso potrà sentirsi parte di un sistema di creazione di valori e potrà concorrere alla realizzazione di quegli obiettivi che l’organizzazione si è posta, nell’ambito di un processo di riconoscimento del proprio ruolo e della propria funzione all’interno delle strategie organizzative, concorrendo a realizzare i principi contenuti nella legge 150/2000 che indirizza le organizzazioni ad attuare azioni volte a potenziare le attività di comunicazione interna nell’ambito di ciascun ente.

La costruzione e l’identificazione di una strategia di comunicazione Nella Direttiva del Ministero della Funzione Pubblica del 24 marzo 2004, in cui sono indicate le misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo, le pubbliche amministrazioni vengono invitate a sviluppare gli aspetti della comunicazione interpersonale e a favorire il lavoro in gruppo, come strumento di arricchimento di competenze personali, in virtù della necessità da parte dei dipendenti, di acquisire maggiore consapevolezza delle dinamiche relazionali attivate. Affinché ciò avvenga, tuttavia, è necessario sviluppare un sistema di comunicazione interna basato sull’individuazione di una corretta strategia che si espliciti attraverso obiettivi precisi e la cui finalità ultima dovrà essere il raggiungimento del miglioramento del clima organizzativo e dei flussi di comunicazione.

La definizione di tale strategia comporta vari passaggi: • innanzitutto è necessario definire quale impatto i cambiamenti prospettati possono avere nell’organizzazione (attraverso un’analisi di scenario), tenendo conto del clima organizzativo che regna e delle dinamiche relazionali che si sono precedentemente instaurate. In tal modo si evidenziano i punti di forza e di debolezza aziendale, ovvero gli ostacoli da rimuovere e i vantaggi che vanno sfruttati per introdurre nuove iniziative;

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• il passo successivo consiste, invece, nel rilevare il capitale umano su cui poter investire e gli strumenti che saranno utilizzati e che bisognerà attivare per raggiungere gli obiettivi proposti; • una volta rilevati i mezzi, è necessario sviluppare un’azione di comunicazione del progetto che indichi chiaramente come si intende procedere e in cui verrà tracciato un prospetto riguardante i risultati raggiunti e da raggiungere; • infine si inizieranno a sviluppare le azioni volte al miglioramento, in cui si alterneranno fasi di programmazione a fasi di controllo.

La strategia di comunicazione potrà essere rimodulata nel corso del passaggio da una fase all’altra, secondo le necessità sorte e le difficoltà riscontrate durante il percorso.

Perché la comunicazione interna Dopo aver individuato le fasi attraverso cui è possibile delineare all’interno delle amministrazioni una corretta strategia di comunicazione, utile a supportare i cambiamenti in atto e a sostenere il processo di riorganizzazione, è utile chiedersi: “Perché le pubbliche amministrazioni dovrebbero investire nella comunicazione interna?”. La comunicazione si rileva come leva razionale e relazionale all’interno di un’organizzazione in quanto: • favorisce il processo di condivisione dell’identità dell’amministrazione e dei suoi valori; • accresce il senso d’identificazione dei dipendenti con l’azienda e li responsabilizza nei confronti degli utenti (le persone verso cui si indirizza l’attività della pubblica amministrazione e che ne costituiscono il presupposto); • aiuta l’organizzazione a costruirsi un’immagine positiva all’interno e all’esterno in relazione ai suoi interlocutori (dipendenti e cittadini); • interviene sulla motivazione del personale; • aiuta la diffusione e la condivisione di valori e idee coerenti con le strategie dell’ente; • fa emergere le “problematicità” connesse al cambiamento, facendo uscire allo scoperto il “malessere” con l’obiettivo di individuare le soluzioni più idonee per superarlo;


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• permette di trovare una via comune che medi tra esigenze di interesse generale ed esigenze particolari meritevoli di tutela. Un’amministrazione attiva e attenta alle sollecitazioni interne, in cui la comunicazione acquista una propria dimensione, raggiunge alti gradi di competitività e produttività. Con lo sviluppo della funzione di comunicazione all’interno delle pubbliche amministrazioni, il lavoro pubblico riacquista significato e dignità e l’amministrazione perde, in questo modo, la sua connotazione meccanicistica di “ingranaggio burocratico” dell’apparato statale, per umanizzarsi attraverso il riconoscimento dei bisogni dei propri dipendenti. Il ritorno di questo tipo di strategia che utilizza la comunicazione come leva di sviluppo aziendale si potrà notare in termini di immagine (innalzamento del livello di qualità percepita dal cittadino), di benessere organizzativo e di rinnovata attrattività del settore pubblico.

Il piano di comunicazione La comunicazione riesce, pertanto, ad incidere nell’organizzazione se diventa patrimonio delle istituzioni e delle persone che ne fanno parte e se viene strutturata in maniera coerente e secondo strategie preventivamente definite. In tal senso, al fine di chiarire il concetto di progettazione, è utile introdurre un nuovo elemento che costituisce l’espressione della cultura organizzativa: il piano di comunicazione. La principale attività della pubblica amministrazione consiste nel fornire ai cittadini servizi di pubblica utilità e la comunicazione, in questo caso, assume il compito di fornire un supporto all’azione organizzativa e ai cittadini. Pertanto, la definizione di un piano di comunicazione può essere utile per fissare in maniera chiara gli obiettivi verso cui si indirizza l’azienda, diventando un momento di progettazione interna comune e di condivisione. Cos’è un piano di comunicazione? È uno strumento che serve a programmare le azioni di comunicazione di un’organizzazione in relazione ad un determinato periodo di tempo5. La dirigenza predispone il piano al fine di dare un ordine ai flussi di comunicazione che verranno sviluppati e rendere noto al pubblico di riferimento:

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Dipartimento della Funzione Pubblica, I manuali di Cantieri, Il Piano di Comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, (a cura di) Nicoletta Levi, anno 2004.

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• perché si comunica; • chi sono gli attori e i destinatari della comunicazione; • cosa verrà realizzato e attraverso quali strumenti e risorse.

Per fare un piano di comunicazione è necessario innanzitutto che vengano esplicitati quali sono gli obiettivi strategici che si vogliono raggiungere e una volta che saranno stati individuati, organizzarli in un documento che deve contenere: • un’analisi di scenario che serva a comprendere meglio il contesto generale di riferimento in cui si vuole operare, cosa si deve fare e chi lo deve fare; • l’individuazione degli obiettivi di comunicazione. Essi discendono come diretta conseguenza degli obiettivi strategici dell’organizzazione e dei dati ricavati dall’analisi di scenario; • l’individuazione degli stakeholder (portatori di interesse, ovvero tutti quegli individui che possono influenzare il successo di un’organizzazione o hanno interessi nelle decisioni dell’organizzazione stessa ad esempio: clienti, fornitori, associazioni, mass media) in modo da rilevare i pubblici verso cui saranno indirizzati i messaggi; • la pianificazione di una strategia al fine di valutare quali saranno gli strumenti di comunicazione più idonei da utilizzare; • la decisione riguardo i contenuti della comunicazione, ovvero quali informazioni saranno veicolate; • l’individuazione delle azioni e degli strumenti di comunicazione, ricordando che devono necessariamente essere coerenti con i contenuti e con i destinatari della comunicazione; • l’individuazione del budget; • l’effettuazione di una fase di monitoraggio e misurazione dei risultati, in modo da verificare il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione.

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Per chiarire meglio le azioni che una pubblica amministrazione dovrà mettere in atto per realizzare un corretto piano di comunicazione, ci avvaliamo di uno specifico esempio (sotto riportato), in cui viene presa come riferimento un’organizzazione il cui obiettivo strategico è quello di utilizzare la comunicazione interna come leva strategica per ottenere un miglioramento delle relazioni con i propri dipendenti6.

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Finalità contenute nell’art. 1 comma 1 del D.Lgs. 165/2001, contenente le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.


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Elementi caratterizzanti il piano di comunicazione sono: • la premessa (scaturisce dall’analisi di scenario): nell’ambito del processo di rinnovamento della pubblica amministrazione si è dato un grande rilievo alla comunicazione come risorsa utile a consentire gli scambi sia all’interno dell’azienda (dirigenza/dipendenti), sia all’esterno (organizzazione/cittadini). Per questo motivo molte organizzazioni stanno adottando strategie e strumenti propri della comunicazione al fine di ottenere un miglioramento del clima e del benessere organizzativo; • gli obiettivi al fine di migliorare la comunicazione interna per ottenere un coinvolgimento delle risorse umane nel processo di gestione aziendale; costruire una nuova identità del dipendente pubblico attraverso una maggiore coscienza del suo ruolo e della sua importanza; • il target: dipendenti e collaboratori; • la strategia: differenziata rispetto al target (in considerazione di una ampia segmentazione dei dipendenti per: età, ruolo, status); di informazione rispetto allo stile comunicativo, al fine di trasmettere notizie e dati utili; di intrattenimento/divertimento per creare partecipazione da parte dei destinatari; • i contenuti: i contenuti del messaggio dovranno essere chiari, espliciti e veritieri in modo da poter essere compresi da tutto il pubblico a cui sono indirizzati. Inoltre, il messaggio dovrà essere adattabile agli strumenti di comunicazione su cui verrà veicolato e per avere maggiore possibilità di essere ricordato, colpire la sfera dell’emotività dei destinatari. Può essere formale o informale a seconda del contesto, della situazione e degli strumenti che verranno utilizzati; • le attività e gli strumenti: devono essere coerenti con i contenuti. In questo caso vengono privilegiati gli strumenti scritti (house organ, newsletter, opuscoli, manifesti, prodotti editoriali), quelli visivi (dvd, foto, mostre, fiere), quelli “parlati” (incontri, riunioni, dibattiti, lezioni) e quelli tecnologici (Internet e intranet) che soddisfano in pieno la strategia di informazione, mentre l’organizzazione di eventi creerà i presupposti per la soddisfazione della strategia di intrattenimento/divertimento; • la misurazione dei risultati: il monitoraggio e la successiva verifica dei risultati rappresentano la fase conclusiva del processo e sono necessari per valutare se il piano di comunicazione è stato efficace, quali sono stati gli effetti prodotti e se essi concordano con gli obiettivi principali.

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Principali strumenti della comunicazione interna Gli strumenti utilizzati dalla comunicazione interna si possono classificare in base alla tipologia e agli obiettivi che intendono perseguire in: scritti, parlati, visivi e tecnologici. 66

Gli strumenti scritti (lettere, circolari interne, rassegne stampa, bollettini, opuscoli, avvisi, house organ, newsletter, questionari, interviste e manuali) sono atti di comunicazione generalmente formale e di tipo top-down, il cui compito è quello di favorire l’apertura di un dialogo tra gruppo dirigente e collaboratori. Le informazioni veicolate in questo modo sono funzionali al buon andamento dell’organizzazione e alla sua efficienza. I contenuti riguardano per lo più la diffusione di programmi, politiche, norme, procedure, obiettivi, piani, attivazione di nuovi servizi, ecc., che sottendono la vita interna dell’organizzazione; i questionari e le interviste sono invece preposti alla rilevazione, attraverso la fase di monitoraggio, del clima aziendale (analisi di clima o motivazionale) e del benessere organizzativo. Gli strumenti “parlati” (incontri, riunioni, dibattiti, lezioni, conferenze, focus group) hanno il compito di favorire tutte quelle occasioni di incontro aziendale in cui i dipendenti hanno la possibilità di esprimere la propria opinione. In questo caso la comunicazione agirà in modo da sviluppare coinvolgimento e partecipazione. Attraverso questi strumenti, viene privilegiato prevalentemente l’aspetto dell’ascolto con una condivisione comune, tra gruppo dirigente e dipendenti, di progetti e risultati. L’utilizzo frequente di questi strumenti apporta un grande beneficio all’organizzazione in termini di immagine interna. Gli strumenti visivi (foto, tv, mostre, fiere, strumenti multimediali) hanno il grande potere di attivare coinvolgimento, dal momento che l’immagine crea un impatto emotivo maggiore rispetto allo scritto. La loro finalità è principalmente quella di dare origine a momenti di incontro e condivisione, nell’ottica del potenziamento del sentimento di identificazione tra dipendenti e organizzazione. Gli strumenti tecnologici (intranet, posta elettronica, call center) hanno carattere di interattività e consentono il veloce accesso alle informazioni evitando sprechi di tempo e di risorse economiche. Creano partecipazione e conoscenza. Un progetto coordinato dal Formez nel 2004, che ha promosso il programma “La formazione all’innovazione attraverso la condivisione e la diffusione di BuoniEsempi”, su un campione di circa 230 pubbliche amministrazioni, mostra, attraverso una rappresentazione grafica, la distribuzione di frequenza degli strumenti di comunicazione interna utilizzati dalle amministrazioni prese a campione.


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Il grafico mostra una chiara fotografia dello stato della comunicazione all’interno delle amministrazioni pubbliche, che evidenzia l’uso preminente di alcuni strumenti di comunicazione interna rispetto ad altri. Lo strumento maggiormente utilizzato è intranet (77%), seguito dalle lettere inviate ai dipendenti (73,7%). Anche i seminari (65,3%) come luoghi di approfondimento di conoscenze e di incontro risultano diffusi. L’interesse per il monitoraggio della motivazione aziendale si evince, invece, da un crescente incremento delle analisi sul clima organizzativo (28,2%), commissionate dalla dirigenza. Anche l’incontro tra i gruppi professionali (23%) e la diffusione del giornale interno (22,5%) sono strumenti di confronto utilizzati. Meno impiegati risultano essere invece i focus group (5,2%), la carta dei valori (4,7%) e i circoli di qualità (3,8%).

Grafico 1 I più utilizzati strumenti di comunicazione interna nella p.a. (valori %) 3,8

Circoli di qualità Carta dei valori

4,7

Focus group

5,2

House organ

22,5

Momenti di confronto

23,0 28,2

Indagini sul clima

40,9

Seminari politici

65,3

Seminari di programmazione

66,7

Seminari strategici

73,7

Lettere

77,0

Intranet 0

10

20

30

40

Fonte: La comunicazione interna nella p.a. regionale e locale, cit.

50

60

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La comunicazione interna ed esterna: verso un progetto di comunicazione integrata

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Una organizzazione è in buona salute se al suo interno viene attuato un processo di auditing (ascolto dei propri dipendenti), vi è un’apertura all’innovazione tecnologica e culturale, un’attenzione verso gli stimoli provenienti dall’esterno e un orientamento alla comunicazione. L’orientamento alla comunicazione rappresenta il vero punto di forza di un’organizzazione attorno al quale ruotano i rapporti di scambio tra interno ed esterno, tra istituzioni e cittadini, nell’ambito di un contesto sociale nel quale è impossibile non comunicare7. Inoltre, riunisce in sé momenti differenti della stessa funzione; da un lato attraverso la produzione di messaggi indirizzati verso l’esterno, dall’altro nella creazione di messaggi complessi verso l’interno. Nella maggior parte delle organizzazioni, la comunicazione prevalente (interna/esterna) risulta essere in larga misura di tipo interpersonale. Di frequente accade che, nelle relazioni tra le persone, l’influenza reciproca costituisca un fattore da non sottovalutare nei processi comunicativi. Per questo motivo nella valutazione finale saranno gli aspetti di comunicazione e relazione che avranno il peso maggiore e che saranno considerati dai cittadini come parametri di riferimento per determinare la qualità del rapporto con le istituzioni. Più il personale sarà motivato e capace di trasmettere la visione di organizzazione funzionante e attenta ai bisogni del cittadino, maggiore sarà la qualità percepita dall’utente finale. I processi di comunicazione, sia interna che esterna, devono essere strutturati, finalizzati e devono coinvolgere tutti i partecipanti al processo di produzione dell’attività/servizio, che hanno il compito di relazionarsi con il pubblico al fine di attirare consensi dall’esterno. In tal modo la comunicazione esterna diventerà un output della comunicazione interna e raggiungerà il suo obiettivo: creare un’immagine positiva dell’organizzazione realizzando un progetto di comunicazione integrata.

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E. Guidotti, Comunicazione integrata per l’impresa, FrancoAngeli editore, Milano, 1998.


CAPITOLO 4 LO HUMAN RESOURCE MANAGEMENT

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Lo human resource management di Germana Pitrola

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La comunicazione interna come fattore determinante per la costruzione dell’identità organizzativa e come supporto che interviene sulla motivazione del personale, ha un ruolo di primo piano nella determinazione delle strategie legate allo sviluppo del concetto di human resource management. Le pubbliche amministrazioni, già da tempo, hanno focalizzato la loro attenzione sulle tematiche di gestione e sviluppo delle risorse umane, avendo costato che favorendo il processo di rivalutazione del personale presente nell’organizzazione – e di conseguenza del suo potenziale umano e professionale – è possibile raggiungere un duplice obiettivo. Da un lato si punta al raggiungimento di un miglioramento delle performance individuali del dipendente (da cui trae beneficio l’intera organizzazione) e dall’altro all’attivazione di un processo di innovazione e rinnovamento delle procedure e delle strutture organizzative, in linea con i cambiamenti di indirizzo politico, economici e sociali in atto all’interno dell’amministrazione. L’interesse di un’organizzazione, rivolto verso il proprio capitale umano, fa parte di quella politica di human resource management (letteralmente governo/gestione delle risorse umane), che sta interessando, negli ultimi anni, sia l’Italia che gli altri paesi dell’Unione Europea. In un periodo in cui l’economia impone alle imprese una razionalizzazione dei costi e delle risorse umane, appare naturale che anche la pubblica amministrazione rivolga la propria attenzione al conseguimento di obiettivi, che si fondano sulla capacità di gestire in maniera corretta le proprie risorse sia umane che economiche. Questo processo di contenimento degli sprechi, che mira all’utilizzazione e alla razionalizzazione di tutte le risorse disponibili in maniera corretta è necessario che, per ricevere consenso e attuazione a livello sociale, venga comunicato ed esteso, in particolar modo ai dipendenti, con gli strumenti, i mezzi e le tecniche proprie della comunicazione. In questo caso l’obiettivo della comunicazione sarà il raggiungimento e il coinvolgimento del proprio pubblico di riferimento: le risorse umane presenti nell’organizzazione.


LO HUMAN RESOURCE MANAGEMENT

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Gli ambiti su cui si focalizza l’HRM sono essenzialmente: • i processi di recruiting e selezione; • i sistemi di valutazione; • le politiche retributive; • le progressioni di carriera; • la mobilità; • la formazione.

La mancanza di comunicazione sui procedimenti che regolano le carriere all’interno delle pubbliche amministrazioni è stata una delle cause che hanno provocato la nascita di un senso di insoddisfazione nei dipendenti. Questa incapacità di comunicare, registrata soprattutto nel passato, ha portato ad una sorta di allontanamento del personale dall’organizzazione, ad una visione della Pubblica amministrazione come di organismo poco trasparente e non equo (danneggiandone l’immagine), ad una notevole perdita di attrattività del settore pubblico e al realizzarsi di sistemi di relazione avversa. Oggi, in base ai concetti su cui si fonda il CRM (Citizens Relationship Management), il cui obiettivo è di creare un rapporto di fiducia e di fidelizzazione tra istituzioni, risorse umane e cittadini, il capitale umano ha acquisito una centralità che si riscontra sulla base delle più puntuali e precise richieste da parte dei cittadini e del personale di aumento degli standard di qualità rispetto ai servizi erogati dalle amministrazioni. Registriamo, inoltre, il proliferare di nuovi bisogni ed esigenze quali: una più puntuale circolazione delle notizie, l’apertura di un dialogo tra vertice amministrativo e dipendenti e tra amministrazione e cittadini, una maggiore responsabilizzazione della dirigenza e dei dipendenti sulla rilevanza del ruolo che ogni singola professionalità esercita nell’organizzazione e infine la necessità di considerare la comunicazione come risorsa fondamentale e non più come elemento accessorio dell’azione amministrativa. Per capire come si arrivi a voler sviluppare un sistema di HRM nell’ambito delle attività di gestione delle risorse umane analizziamo uno per volta gli ambiti su cui si focalizza. Le procedure di selezione, inerenti all’immissione nell’organizzazione di nuove risorse provenienti dall’esterno, vengono svolte dalle singole amministrazioni che nella scelta dei criteri selettivi, sono tenute al rispetto dei vincoli di carattere normativo, procedurali ed economici posti dal Governo. Una volta individuato il fabbisogno di personale le pubbliche amministrazioni indicono i concorsi per effettuare il reclutamento per la copertura dei posti


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vacanti. I requisiti di ammissione, oltre al possesso dei titoli di studio, del diritto di cittadinanza e delle qualifiche professionali, negli ultimi tempi si sono estesi anche alla rilevazione delle competenze, potenzialità e abilità personali del candidato. Il concorso è pubblico in rispondenza al principio di trasparenza degli atti amministrativi e la sua diffusione avviene attraverso la Gazzetta Ufficiale (accessibile a tutti in forma cartacea e on-line). Una mancanza che ancora si registra a livello di una puntuale informazione riguarda il fatto che molto spesso i candidati ad un concorso pubblico non conoscono al momento dell’iscrizione il ruolo che svolgeranno all’interno dell’organizzazione. La valutazione del personale è uno strumento molto importante per la crescita di un’amministrazione. Il suo scopo è essenzialmente quello di responsabilizzare e incentivare il personale a partecipare attivamente al proprio sviluppo professionale; di stimolare un incremento delle prestazioni in vista del conseguimento di obiettivi prefissati dall’amministrazione; di raccogliere informazioni relative ai percorsi di carriera dei dipendenti e di supportare i processi di cambiamento già in atto o ancora da attivare. La valutazione può focalizzarsi: • sulla rilevazione delle prestazioni (strumento innovativo dell’attività della pubblica amministrazione che riguarda la valutazione del personale dal punto di vista del raggiungimento di specifici obiettivi e in relazione alle competenze possedute); • sul possesso di specifiche abilità specialistiche; • sulle potenzialità (questo tipo di valutazione rientra tra le procedure di selezione di nuovo personale da inserire nell’amministrazione). La valutazione è uno strumento che prevede sia gli aspetti più generali dell’azione amministrativa che si focalizzano sulla rilevazione dei risultati conseguiti dall’organizzazione e sul suo potere di coinvolgimento dei dipendenti (quali la rispondenza delle prestazioni agli obiettivi e la rilevazione di scelte strategiche condivise), per arrivare a toccare aspetti più specifici stimolando partecipazione e senso di appartenenza all’organizzazione. Spesso però accade che le valutazioni vengano utilizzate solo con la finalità di fornire ai dipendenti una incentivazione puramente economica, sottovalutando il ruolo che potrebbero avere nel sostenere la crescita professionale individuale e nello stimolare il personale verso il raggiungimento di obiettivi sempre più importanti. Gli attori che partecipano al processo di selezione sono generalmente quattro: la Direzione del personale, il valutatore, eventuali esperti (interni o esterni) e il valutato. Inoltre prima di effettuare la valutazione sul personale, è necessario comunicare quali siano i criteri di verifica e le aspettative su cui si fonderà la valutazione. Secondo la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 15 novembre 2001, il Dipartimento della Funzione Pubblica ha il compito di sovrintendere

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(come organo di controllo) a tutte le attività legate alla valutazione del personale. Ogni singola amministrazione conserva, però, il compito di stabilire le modalità di valutazione, sulla base delle sue specifiche esigenze. Se la valutazione viene utilizzata come strumento di scambio e di riflessione (utilizzando forme di partecipazione come ad esempio i colloqui che si fondano sul rafforzamento dei rapporti interpersonali), può essere un fortissimo stimolo per l’amministrazione e per il personale in vista della condivisione di obiettivi e risultati, poiché si fonda sul concetto di umanizzazione del lavoro. Le politiche retributive sono uno strumento di gestione del personale che agisce su più livelli: sulla motivazione del personale come forma di incentivo, sulla produttività e sul livello delle prestazioni, sulla mobilità poiché gli incentivi economici possono essere di valido aiuto nel supportare il processo di ricollocazione del personale (nel rispetto dei vincoli imposti dalla necessità di contenimento della spesa pubblica) e infine sulla maggiore appetibilità e attrattività del settore pubblico rispetto al privato. Generalmente un aumento della retribuzione, nel passato, coincideva con un passaggio d’anzianità o era originata da modificazioni dei contratti di lavoro (retribuzioni a pioggia) mentre oggi, l’obiettivo è quello di legare l’incentivo sempre più alla rilevazione della performance dei lavoratori o alla copertura di specifiche posizioni. Attraverso il decentramento amministrativo si è voluto cercare di lasciare alle amministrazioni, almeno in parte, la possibilità di definire da sé le politiche retributive più idonee per la copertura degli incarichi. In questo caso, al fine di evitare motivi di malcontento sarebbe opportuno che ci fosse una maggiore circolazione delle informazioni che ruotano attorno alle politiche retributive, attivando strumenti di comunicazione adatti a creare conoscenza, visibilità e trasparenza, nell’ottica della condivisione e della partecipazione ai criteri di valutazione e incentivazione economica. Le progressioni verticali costituiscono uno dei punti di criticità dell’azione amministrativa. Succede spesso che i percorsi di carriera non siano chiari. Generalmente le progressioni sono vincolate a requisiti di anzianità o guidate da criteri di immissione automatica. Si è reso necessario per questo motivo un intervento da parte delle amministrazioni al fine di garantire il rispetto dell’equità e della trasparenza di modo che l’accesso da un ruolo ad un’altro sia legato alla maturazione di nuove competenze o all’acquisizione di know-how. In tal modo, questi passaggi saranno percepiti come un momento di crescita, a cui tutti, se in possesso dei requisiti, potranno prendere parte. L’avanzamento professionale generalmente può essere basato: sulla carriera, per cui la progressione avviene con il passaggio di grado, che si ottiene con la


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maturazione dell’anzianità professionale o sulle posizioni secondo cui il ruolo viene ricoperto in base ad un processo di valutazione delle specifiche competenze possedute dal candidato. I processi di riqualificazione professionale sono disciplinati dai contratti collettivi di lavoro che dispongono che i passaggi avvengano per area, attraverso procedure di selezione e per il passaggio da un’area ad un’altra, mediante il concorso. Se utilizzate in maniera corretta le progressioni verticali e orizzontali hanno il ruolo di facilitare la distribuzione delle competenze, di rispondere in maniera più puntuale ai fabbisogni rilevati dall’organizzazione, consentendo un utilizzo migliore del personale. La non corretta allocazione delle risorse, infatti, spesso dipende da una mancanza di informazione sulle eccedenze e sulle disponibilità di personale che permetterebbero una più puntuale pianificazione delle dotazioni organiche. La mobilità riguarda la capacità di un’organizzazione di ricollocare le risorse umane, che ha a disposizione, attraverso una più efficiente distribuzione al suo interno. Si possono realizzare differenti tipi di mobilità. Nel caso in cui il dipendente effettui una rotazione professionale con il mantenimento delle stesse mansioni e incarichi, si parlerà di mobilità orizzontale, se assumerà ruoli o posizioni differenti, parleremo invece di mobilità verticale. Nell’ultima ipotesi considerata, l’assunzione di un nuovo ruolo porterà ad un accrescimento della sfera di competenze del personale in mobilità, all’acquisizione di nuove capacità e ad una più approfondita conoscenza dell’organizzazione. Un’ulteriore forma di mobilità, detta flessibilità interna, si realizza, invece, attraverso l’assegnazione al dipendente di funzioni che non richiedono variazioni formali di struttura o di ruolo. La mobilità può avvenire tra vari ambiti: all’interno della stessa amministrazione, tra pubbliche amministrazioni differenti, nel passaggio da pubblica amministrazione a settore privato o a livello internazionale (la mobilità a livello internazionale nasce come risposta all’esigenza dell’Unione Europea di valorizzare lo scambio di esperienze comunitarie attraverso la creazione di una cultura condivisa e comune tra le amministrazioni). La mobilità, così come le progressioni verticali, è sottoposta al controllo dei vincoli e delle limitazioni poste dalle normative, per la maggior parte dalle leggi finanziarie. I vincoli della legge finanziaria riguardano per lo più la necessità di razionalizzare le spese attraverso una più corretta distribuzione dei dipendenti (a livello geografico/territoriale) e l’attuazione di politiche che abbiano come fine ultimo l’aumento della produttività. Negli ultimi anni le leggi finanziarie hanno posto dei forti limiti all’assunzione di personale a tempo indeterminato. Uno dei metodi attraverso cui si è tentato di aggirare il problema è stato il ricorso, per la copertura dei posti vacanti, alle pro-

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gressioni di carriera interne attraverso l’impegno delle amministrazioni a riutilizzare il personale già presente all’interno dell’organizzazione. L’impossibilità di assumere personale esterno attraverso i concorsi ha inoltre causato il proliferare di contratti di lavoro flessibile, che hanno aggirato il problema delle assunzioni, ma non l’hanno risolto. Abbiamo, infatti, rilevato l’incapacità delle amministrazioni di effettuare una pianificazione strategica delle proprie risorse attraverso l’utilizzo di strumenti quali la mobilità e le progressioni interne utili al controllo dei fabbisogni amministrativi, causando la nascita di un’ampia fascia di personale in cerca di una collocazione e di un’integrazione permanente all’interno dell’organizzazione. Le prassi utilizzate per l’attivazione dei processi di mobilità sono essenzialmente due: la prima in cui è il dipendente stesso che chiede di poter accedere ad altri ruoli (in questo caso la mobilità sarà concessa qualora la posizione richiesta risulti vacante) o il caso in cui (mobilità coattiva) lo spostamento sarà effettuato senza richiedere il consenso del dipendente (viene attuata generalmente quando risulta del personale in eccedenza o vi sia in atto un processo di riorganizzazione dell’organizzazione). La mobilità in tal modo diventa, per le pubbliche amministrazioni, uno strumento di controllo e gestione delle risorse umane, che ha l’obiettivo di raggiungere l’ottimizzazione delle attività e dei risultati. Quando viene attivato un processo di mobilità, il trasferimento di ruolo o il cambiamento di mansioni non devono essere percepiti dal dipendente come una forma di declassamento, ma essere vissuti come una possibilità di esercitare un lavoro più corrispondente alla propria preparazione o formazione. Se esiste un rapporto di fiducia tra dirigente che propone il cambiamento e dipendente, il passaggio avverrà senza inconvenienti e in maniera naturale. In questo modo si potrà verificare una crescita della motivazione del personale e il luogo di lavoro sarà dunque percepito come un territorio in cui poter esercitare e veder valorizzate le proprie competenze e professionalità. Ogni individuo è, infatti, un micro-cosmo di esperienze e di vissuti ed è proficuo sia per il dipendente stesso che per l’organizzazione, che non vengano sottovalutati tutti quei processi che sottendono la vita lavorativa del dipendente, utilizzando, per la loro rilevazione, analisi di tipo motivazionale e un approccio socio-psicologico, che abbia lo scopo di analizzare quali siano le strutture di riferimento personale. L’analisi motivazionale si rivolgerà quindi in direzione del contesto formale in cui il collaboratore opera e analizzerà il tipo di relazioni che è riuscito ad instaurare all’interno dell’organizzazione e la sua capacità di creare rapporti informali con i propri colleghi. La creazione di un buon clima aziendale è, infatti, uno dei fattori che maggiormente influenza la produttività e la motivazione. Il dirigente


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che voglia realizzare all’interno della propria amministrazione un approccio di questo tipo, dovrà concentrare i propri sforzi sulla valorizzazione della comunicazione come strumento utile a favorire lo sviluppo dei rapporti interpersonali, curando con attenzione alcuni aspetti che possono originare una distorsione dell’informazione quali ad esempio: le dissonanze che si verificano tra ciò che viene detto e ciò che viene fatto, i toni utilizzati e le narrazioni. Il fine ultimo è quello di ridurre il senso di diffidenza soprattutto in quei dipendenti che si sentono isolati all’interno di un ingranaggio organizzativo che percepiscono come asettico e impersonale. La comunicazione servirà, dunque, a creare le basi per la nascita di un nuovo rapporto, tra organizzazione e dipendenti, basato su un sentimento di fiducia reciproco e su un rapporto di collaborazione. La mobilità si deve focalizzare oltre che sul miglioramento delle relazioni interpersonali anche sui fattori ambientali che determinano la differente distribuzione dei dipendenti sul territorio nazionale. È stato più volte rilevato, infatti, a livello territoriale una differente distribuzione del personale tra amministrazioni del sud e del nord Italia. Si registra infatti un esubero del personale nel sud e una forte carenza nel nord. Le cause di questa differente distribuzione riguardano: • le motivazioni di carattere economico (maggiore costo della vita al nord piuttosto che al sud); • gli aspetti socio-culturali (vicinanza alla famiglia e agli affetti che determina la mancata disponibilità al trasferimento); • i problemi relativi all’età (eccessiva anzianità); • i problemi di genere (le donne sono meno propense al trasferimento in relazione al ruolo che hanno all’interno dell’economia domestica); • il sentirsi pienamente inseriti nel proprio contesto lavorativo (quindi la difficoltà a distaccarsene); • la creazione di relazioni stabili con i colleghi d’ufficio (che porta ad un processo di nidificazione); • il sentirsi liberi dai controlli a livello lavorativo (si origina uno stato di comodo del dipendente). Il compito di un dirigente che voglia fare della mobilità uno strumento di corretta gestione delle risorse umane, in questo caso, deve essere quello di non trascurare gli aspetti citati, ma di cercare ove sia possibile di superarli, sia attraverso l’ausilio di azioni mirate di comunicazione e informazione, che attraverso l’utilizzo degli strumenti che ha a disposizione quali: incentivi economici, ascolto, programmazione dei fabbisogni e delineazioni di obiettivi e strategie comuni. In questo modo l’organizzazione si fonderà su una cultura fatta di valori condivisi, originati non più da esperienze individuali, ma generate dagli stessi dipendenti all’interno dell’organizzazione.

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La formazione è uno dei punti chiave della vita di un’organizzazione. Se le risorse umane hanno conoscenze (know-how) e competenze adeguate e un interesse a partecipare attivamente al raggiungimento degli obiettivi posti dall’amministrazione, il rendimento sarà massimo. Una corretta cultura della formazione può portare al conseguimento di diversi obiettivi: • accresce il livello d’immagine dell’azienda e la sua capacità di attrarre risorse e di fidelizzare quelle già esistenti; • stimola i processi di innovazione e modernizzazione, agevola i rapporti di scambio con organismi particolarmente competitivi sul mercato; • ha la funzione di fungere da stimolatore della motivazione. L’amministrazione nella scelta delle modalità di erogazione del progetto formativo può decidere se gestire la formazione dall’interno, attraverso l’impiego di personale specializzato già presente nell’organizzazione o commissionare la richiesta ad aziende esterne (outsourcing). I fabbisogni formativi generalmente vengono individuati dal management che deve avere una forte sensibilità e disponibilità alla rilevazione delle necessità aziendali, derivante dalla capacità di prevedere quali saranno le competenze che andranno incrementate, di attivare processi di ascolto dei dipendenti, di utilizzare le nuove conoscenze e tecnologie per migliorare e velocizzare il passaggio delle informazioni, di utilizzare la comunicazione per migliorare i rapporti interpersonali e di offrire al personale già presente carriere appetibili. La Direttiva del Consiglio dei Ministri del 2001 sulla formazione e valorizzazione del personale delle pubbliche amministrazioni, ha disposto che tale intervento e attività si concentrassero principalmente su tre ambiti: lo sviluppo delle competenze manageriali, l’implementazione delle tecnologie e dell’informatica e la formazione a livello internazionale. Il compito del processo formativo deve essere quello, infatti, di diventare il supporto teorico dei cambiamenti che intervengono a livello socio-organizzativo nell’amministrazione. I costanti aggiornamenti formativi sul personale e la necessità di un adeguamento alle esigenze del momento, hanno portato all’individuazione di nuove competenze e di nuove figure professionali all’interno delle amministrazioni: professionisti di comunicazione pubblica, esperti d’informatica, formatori ed esperti di gestione del personale, che si sono affiancate alle professionalità già esistenti. Questi profili si sono distinti per la capacità di interpretare esigenze di cambiamento e hanno avuto un ruolo fondamentale nella fase di passaggio dall’amministrazione per obiettivi ad un’amministrazione per risultati. La necessità, quindi, dell’inserimento di queste nuove professionalità nel tessuto organizzativo, con la finalità di completarlo e valorizzarlo, ha fatto sì che si attivasse un processo di


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acquisizione di nuove risorse. Nei criteri che hanno guidato la scelta di acquisizione di nuovo personale particolare rilevanza hanno avuto come interlocutori privilegiati le Università, per la loro capacità di offrire al mondo del lavoro personale già formato e/o comunque di riqualificare e specializzare coloro che già sono in possesso di un titolo di studio e di specifiche competenze. In ambito universitario per rispondere alle esigenze di un’amministrazione più dinamica e competitiva, sono stati attivati diversi corsi di laurea con il compito di sviluppare nuove competenze per futuri professionisti della pubblica amministrazione. In modo che il percorso formativo possa iniziare ancor prima dell’arrivo del dipendente nell’organizzazione. La formazione universitaria per definirsi veramente completa però non deve fermarsi ad un teorico trasferimento di conoscenze agli studenti, ma deve svolgere la funzione di attivare percorsi di apprendimento sul campo (attraverso stage e seminari), in vista della piena realizzazione di un sistema avanzato di formazione/reclutamento. Ma le Università non sono gli unici interlocutori privilegiati della p.a., poiché anche le scuole di alta formazione (tra le quali ad esempio la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione), hanno l’importante compito di supportare, di fornire consulenza e di agevolare lo scambio di esperienze, che dovranno orientare in un futuro prossimo l’azione amministrativa. Oggi grazie all’introduzione delle nuove tecnologie, le azioni formative possono essere svolte anche a distanza attraverso la modalità e-learning, che permette di attuare un risparmio di tempi e costi, di coniugare tradizione e innovazione e di ottenere nuovi vantaggi e opportunità per l’organizzazione e per i suoi collaboratori.

E-learning e gestione delle risorse umane La maggiore attenzione delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei servizi erogati al cittadino, il crescente interesse mostrato per la formazione e la valorizzazione delle risorse umane (espresso nella Direttiva del 13 dicembre 2001, emanata dal Ministro della Funzione Pubblica), l’esigenza crescente di nuovi profili e competenze all’interno delle organizzazioni e l’automazione delle procedure, hanno portato come diretta conseguenza ad un mutamento dell’offerta formativa. Con l’entrata in scena delle nuove tecnologie che hanno accompagnato e accelerato i processi di cambiamento amministrativo, si è avvertita sempre di più, l’esigenza di accostare ai tradizionali sistemi formativi, nuove procedure, che potessero migliorare l’efficienza e l’efficacia della formazione, eliminare gli sprechi di tempo e ridurre i costi. Si è così sviluppata la modalità e-learning (nell’ambito

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della formazione a distanza) che si avvale delle tecnologie attualmente disponibili allo scopo di raggiungere in maniera capillare e rapida i propri destinatari. Come possono essere migliorati i servizi dell’ente? Che tipo di profili e competenze sono necessari all’interno dell’organizzazione al fine di fornire ai cittadini servizi migliori? Sono queste alcune delle domande che è necessario porsi se si vuole collocare correttamente l’e-learning nell’ambito dell’azione amministrativa. I fabbisogni formativi e quindi la richiesta di formazione, vengono individuati volta per volta dalle amministrazioni, il cui compito, non si esaurisce nella fase di progettazione degli interventi, ma continua attraverso il monitoraggio costante e continuo di tutte le fasi del processo di gestione delle risorse umane in modo da verificare se realmente sono stati ottenuti dei cambiamenti nell’organizzazione del lavoro e nell’aumento della produttività. Possiamo evidenziare alcuni vantaggi e potenzialità di un sistema di e-learning: • l’erogazione di attività formative con abbattimento o contenimento dei tempi di spostamento e dei costi di erogazione per grandi numeri; • l’informazione, attraverso l’aggiornamento continuo su novità di settore oltre che generali; • il potenziamento dei processi di comunicazione interna ed esterna; • l’attivazione di una collaborazione continua attraverso la creazione di gruppi di lavoro mirati per settore; • la possibilità di intervento sulla produttività; • la misurazione e valutazione delle performance. Le tecnologie e le innovazioni di processo adottate e utilizzate attraverso la realizzazione di esperienze di e-learning sono utili a migliorare la gestione delle risorse umane, infatti e-learning e processi di gestione del personale sono entrambe facce della stessa medaglia, dato che tale sistema, utile alla soddisfazione dei fabbisogni formativi, non può prescindere dalla definizione di nuovi obiettivi organizzativi e di nuovi profili professionali (quindi dalla governance delle risorse umane). La formazione e lo sviluppo tecnologico sono in grado insieme di offrire un contributo importante per rendere più efficiente la gestione delle risorse umane e l’azione amministrativa. Le attività formative possono essere allo stesso tempo, sia attività di formazione che si inseriscono nel filone della formazione continua (life long learning), che attività di formazione mirata per aggiornamenti di settore. L’e-learning può contribuire, in questo modo, a creare un vero e proprio bagaglio di conoscenze condivise attraverso la realizzazione di attività che non devono essere percepite come estemporanee e di risposta a particolari esigenze riscontrate in determinati momenti, ma si devono inserire nel contesto organizzativo, come attività permanenti.


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In questa dimensione, attraverso l’e-learning potranno essere diffuse capillarmente anche le nuove metodologie di lavoro al fine di creare profili professionali polivalenti ed un mercato del lavoro interno alla singola p.a. e nell’intero settore pubblico. Parlare di e-government significa, infatti, attuare attività di formazione, di individuazione di nuove professionalità e di selezione e acquisizione di personale in grado di interpretare i cambiamenti e le innovazioni in atto e affrontarle. All’interno di un processo che mira ad attivare partecipazione e consenso da parte delle risorse umane e acquisizione di innovazioni che agevolino il cambiamento organizzativo, l’e-learning si inserisce di conseguenza come strumento di governance del personale, utile ad attivare processi di comunicazione interna e a tutelare la “customer satisfaction” dei collaboratori. Infatti, l’ultima generazione della formazione a distanza, poggiando sull’interattività e sulla partecipazione attiva del destinatario all’attività di formazione, consente di realizzare aree di partecipazione che hanno un impatto significativo sull’apprendimento, sull’innovazione e quindi sulla gestione.

La human governance La diffusione di un clima di collaborazione tra gli Stati e l’intensificarsi dei rapporti di scambio hanno messo in evidenza che il rinnovamento che ha coinvolto la pubblica amministrazione italiana fa parte di un processo che ha interessato anche gli altri paesi dell’Unione Europea. I risultati del cambiamento a livello istituzionale, sociale ed economico hanno favorito e ispirato un rinnovamento culturale, i cui valori cardine sono stati identificati nella valutazione dell’importanza del principio di democrazia e nella riaffermazione della centralità dell’individuo rispetto alle azioni poste in essere dalla pubblica amministrazione. L’importanza di questi principi è stata percepita anche da quei paesi che solo recentemente sono entrati a far parte dell’Ue (principalmente i paesi dell’Est), che per cultura, per situazione politica e per tradizioni sono sempre stati più distanti dal modello culturale occidentale. All’interno del quadro di riferimento tracciato, l’Italia, paese in cui questi cambiamenti sono stati particolarmente avvertiti, si è fatta promotrice (alla conferenza tenutasi a Bruxelles il 3 marzo 2005, che ha visto coinvolti i rappresentati dei paesi dell’Ue) della proposta di preparare una “Carta dei valori”, che potesse evidenziare l’importanza del cambiamento e sancire l’affermazione di principi comuni, da condividere con gli Stati membri. Il contenuto della “Carta” si baserà sulla riaffermazione dei valori comunitari e di alcuni degli ambiti di interesse dell’attività amministrativa (principio di trasparenza, libero accesso agli atti,

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informazione, comunicazione e attività di formazione) attorno a cui uniformare le azioni delle pubbliche amministrazioni europee. Nello specifico i quattro punti fondamentali trattati riguarderanno: • il miglioramento della qualità dei servizi erogati al cittadino; • un incremento degli investimenti sull’ICT (Information e Communication Technology) al fine di attuare lo sviluppo di una politica di e-government al passo con i tempi; • la focalizzazione sulle problematiche legate allo sviluppo e alla formazione delle risorse umane. La proposta avanzata fa parte di un articolato progetto che prende il nome di human governance (con il significato letterale di governo dal volto umano per e con i cittadini), che ha lo scopo di avviare una riflessione su quelli che sono i temi collettivi e le problematiche che accomunano le pubbliche amministrazioni di tutti i paesi, in modo da avviare un confronto e un dialogo che possa portare alla crescita e alla formulazione di strategie condivise. In tal modo, i cittadini avranno sempre più modo di sentirsi parte di una comunità che varca le frontiere nazionali e si propone come unitaria (si afferma in questo modo la volontà delle nazioni che aderiscono all’Ue di collaborare). La valenza della “Carta”, è di natura politica, pertanto per ottenere l’approvazione dovrà essere sottoscritta da tutte le nazioni che intendono partecipare all’iniziativa e che intendono applicarne i principi nei propri paesi. Il concetto human governance non è del tutto nuovo poiché, con la sottoscrizione del “Codice di buona condotta amministrativa” approvato dal Parlamento europeo, il 6 settembre 2001, erano stati avviati, in vista del conseguimento degli stessi obiettivi, processi di collaborazione europea. Nel Codice veniva esplicitato il diritto attribuito al Mediatore europeo di condurre indagini sui casi di cattiva amministrazione, in modo che fosse chiaro agli occhi del cittadino (sempre più esigente e attento) la volontà delle amministrazioni di instaurare un rapporto basato sulla fiducia e sulla garanzia del perseguimento degli interessi comuni. Successivamente il concetto è stato ripreso e la sua evoluzione ha portato all’individuazione della human governance come risposta all’esigenza di una pubblica amministrazione sempre più competitiva ed efficiente. L’aspetto innovativo della human governance riguarda il modo di concepire il rapporto tra Stato e cittadino, dalla volontà di umanizzarlo, mettendo al centro dell’azione amministrativa l’individuo con i suoi valori e i suoi diritti. I compiti dell’amministrazione si centrano, quindi, sulla necessità di migliorare e accompagnare questo processo attraverso l’apertura al dialogo e alla comprensione dei bisogni espressi dal cittadino.


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La human governance si inserisce in questo contesto di conseguenza come un progetto ambizioso, non facile da attuare e che se realizzato può contribuire fattivamente alla costruzione, giorno dopo giorno, di un elemento portante della storia di ciascun paese, e cioè alla costruzione di quella coscienza civile collettiva, che sola, è alla base di un ordine in cui ogni persona e ogni comunità umana possono vedere riconosciuta la loro dignità e favorito il loro sviluppo1. 83

Principi per la Dichiarazione 2 sulla human governance 1) Responsabilità sociale Intesa quale attuazione di comportamenti socialmente responsabili da parte della pubbliche amministrazioni, non lesivi dei diritti e delle opportunità di benessere degli utenti, dei cittadini e imprese. Occorre diffondere l’utilizzo, da parte delle pubbliche amministrazioni, del Bilancio sociale (accountability), strumento di dialogo e di confronto necessario per avviare la condivisione del processo della programmazione e della valutazione dei risultati, in grado di aiutare le amministrazioni ad individuare le priorità di intervento. 2) Educazione del cittadino Intesa quale percorso di apprendimento da attuare nel sistema scolastico ed educativo, finalizzato alla formazione, alla informazione, alla promozione di una maggiore responsabilità, al coinvolgimento dei cittadini nella realizzazione degli obiettivi di Buona Governance, al rafforzamento del senso di appartenenza a un quadro istituzionale internazionale, nazionale e locale e al consolidamento in ciascuno della coscienza del sistema di diritti e doveri che questa appartenenza comporta. Occorre rafforzare e diffondere la comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni e realizzare adeguate campagne di sensibilizzazione nonché di orientare opportunamente i programmi formativi.

1

2

Intervento del Ministro della Funzione Pubblica On. Baccini, dal titolo Human governance: per una cultura della pubblica amministrazione, al Global Forum sul re-inventing government, Seoul 24 maggio 2005. M. Baccini, Human governance per una cultura della pubblica amministrazione, Dipartimento della Funzione Pubblica, Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2005. La Dichiarazione si pone come obiettivi il rispetto della persona umana e la definizione di regole comuni e universalmente accettate che possano favorire la crescita della società in maniera organica ed equilibrata.


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3) Uguaglianza della libertà Intesa quale necessità di garantire a tutti, senza alcuna discriminazione, uguali possibilità di crescita formativa e professionale, di aggregazione, di partecipazione democratica e di utilizzo del tempo libero, tenuto conto, in particolare, delle problematiche connesse alla presenza sempre più numerosa di immigrati nelle diverse aree del mondo e in vista delle opportunità di favorire l’integrazione e rafforzare il dialogo interculturale. Occorre valutare la possibilità di promuovere adeguate politiche per la gestione della diversità, stimolando il rapporto con la società civile, l’approccio interculturale, anche dotando le singole amministrazioni di una figura professionale ad hoc. 4) Partecipazione Intesa quale opportunità di dialogo tra amministrazioni e cittadini oltre che quale coinvolgimento dei privati (cittadini, imprese, società civile organizzata) nell’azione amministrativa, anche al fine di migliorare la qualità dei servizi forniti e di garantire il diritto dei cittadini all’informazione e all’accesso ai documenti che li riguardano. Nel pieno rispetto dei diritti fondamentali stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite dei Diritti dell’Uomo e in altri documenti adottati a livello regionale, si dovrebbero individuare adeguati strumenti di informazione, consultazione e partecipazione di cittadini, imprese e associazioni – ivi incluso l’utilizzo delle nuove tecnologie – per garantire l’accesso alla documentazione, il diritto ad una buona amministrazione e maggiore effettività al processo di partecipazione democratica. 5) Sostenibilità Intesa quale complesso di interventi diretti al miglioramento del benessere dei cittadini nell’ambito delle proprie attività civili e professionali, nel rispetto dell’ambiente, del territorio e del patrimonio culturale. Dovrebbero essere promossi e realizzati progetti che favoriscano il perseguimento degli obiettivi di miglioramento della qualità delle prestazioni rese dalla Pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla disponibilità dei servizi, all’accoglienza del pubblico, all’anticipazione dei bisogni, tenendo conto anche della “disabilità”, della parità tra i sessi, delle esigenze delle diverse fasce di età e della diversa provenienza sociale, culturale, religiosa e linguistica. 6) Sussidiarietà Intesa come modalità di relazione con gli utenti e di erogazione dei servizi il più possibile vicina ai cittadini e alle imprese, per la garanzia di una piena


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e soddisfacente Governance, in ogni caso assicurando la costante qualità dei servizi di interesse generale. Sarà favorita la modernizzazione di tutte le amministrazioni, comprese quelle locali e promosso il ricorso a più efficaci strategie di gestione dei servizi, outsourcing, partnership pubblico-privato nonché a efficaci tecniche di privatizzazione, nel rispetto delle differenti tradizioni e dei regolamenti locali. 7) Competitività sul piano internazionale Itesa quale semplificazione e trasparenza del sistema normativo e miglioramento della qualità dell’azione amministrativa, per garantire condizioni ottimali di produttività e concorrenza, nel rispetto della sostenibilità della crescita economica e sociale. Sarà intensificato il processo di semplificazione e di miglioramento della qualità della regolazione, con particolare attenzione all’impatto sui destinatari. 8) Adeguamento delle prestazioni amministrative Intesa quale obiettivo cui, a breve termine, devono tendere i Governi, anche mediante il ricorso a standard minimi di qualità, così da assicurare ai cittadini e alle imprese la creazione di uno Spazio amministrativo dove i servizi siano erogati in maniera omogenea e con equivalenti livelli di efficienza ed efficacia. Andrà favorito il costante scambio di informazioni e buone pratiche tra le amministrazioni, anche mediante l’uso di indicatori di performance e la realizzazione di attività in comune che sostengano il processo di modernizzazione delle amministrazioni a livello nazionale e internazionale. 9) Affidabilità Intesa quale risultato di un più equilibrato e paritario rapporto tra Stato e cittadino basato sul dialogo, sul consenso e sull’instaurazione di un clima di rispetto e di fiducia reciproca, nella consapevolezza che l’amministrazione ha come scopo primario solo e sempre il bene comune. Si potrebbero favorire gli interventi volti ad assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, il rispetto degli standard di qualità promessi ed una corretta e completa informazione sui risultati raggiunti, sulla base di una relazione paritaria amministrazione-cittadino regolata dai principi del diritto comune.

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CAPITOLO 5 LA SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO E L’ICT

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Il linguaggio delle pubbliche amministrazioni di Germana Pitrola

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Una delle variabili più importanti di cui si deve tener conto quando si parla di comunicazione è il suo contenuto, ovvero il senso/significato di cosa si vuole trasmettere, poiché rivestirà un peso particolare sulla comprensibilità del messaggio che veicoleremo attraverso la nostra comunicazione. La diffusione delle notizie ad opera dei mass media ha provocato, a livello sociale, il fenomeno dell’eccesso di informazione che ha portato come diretta conseguenza a un impoverimento dei contenuti. Al contenuto è stata, infatti, preferita la forma, imposta dall’avvertita necessità di attirare l’attenzione sui singoli messaggi al fine di creare visibilità e stimolare l’attenzione dei destinatari attraverso operazioni di estrema sintesi e di spettacolarizzazione dell’informazione. A livello istituzionale, invece, la situazione assume connotazioni differenti. Le amministrazioni solo recentemente hanno iniziato ad aprirsi e ad avvertire la necessità di comunicare con i propri interlocutori e inoltre a comprendere il bisogno di comunicare contenuti che fossero differenti dal semplice trasferimento di informazioni di carattere burocratico e giuridico. La mancanza di una comunicazione tra cittadini, amministrazioni e dipendenti nasce quindi proprio dall’incapacità di saper gestire i flussi di comunicazione e di adoperare forme e linguaggi non adeguati ai pubblici di riferimento e al contesto. La predominanza di una cultura giuridica ha inoltre influenzato il modo di fare informazione e comunicazione delle istituzioni, con ripercussioni sia a livello di contenuti che di linguaggi adoperati. I riflessi dell’uso di un linguaggio molto tecnico e poco accessibile hanno interessato due diversi tipi di destinatari: i cittadini e lo stesso personale interno alle amministrazioni con conseguenze disastrose sulla percezione dell’immagine dell’apparato amministrativo. Per questo motivo le Direzioni del personale hanno iniziato a concentrarsi sempre di più sul tema dell’efficacia della comunicazione sia a livello di comprensione grafica del testo che del contenuto. Si è infatti percepito come una maggiore facilità di ricezione delle informazioni comporti un maggior grado di coinvolgimento e di identificazione nella vita dell’organizzazione con un conseguente miglioramento sia delle opinioni che di modifica di atteggiamenti critici.


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La maggior parte delle attività svolte dalle pubbliche amministrazioni si basa sulla produzione di atti e documenti di pubblico interesse. Le circolari interne ed esterne, i moduli per la richiesta di prestazioni generali o particolari, sono solo alcuni degli strumenti dell’attività amministrativa utilizzati dalle istituzioni per comunicare e informare. Le istituzioni, avendo compreso la frequenza e l’importanza delle interazioni con i propri pubblici, stanno puntando la loro attenzione sulla necessità di utilizzare gli strumenti adatti a favorire una corretta interazione, conferendo una concreta attuazione a parole così spesso utilizzate quali: ascolto, adesione, comunicazione, trasparenza ed efficienza. L’apertura di un dialogo presuppone, infatti, che gli strumenti di comunicazione adoperati dalle istituzioni, atti e documenti amministrativi, siano utilizzati in maniera tale da attivare consenso e partecipazione. Questo nuovo modo di intendere e governare le risorse disponibili (strumentali e umane) si manifesta con una sempre crescente tendenza delle amministrazioni a dare un peso maggiore ai temi della comunicazione pubblica e dei processi decisionali inclusivi. Cambiare il modo di comunicare, cercando di adeguarlo alle necessità riscontrate all’esterno e all’interno di un’organizzazione, infatti, è uno dei primi passi verso il miglioramento della qualità dei rapporti, del mutamento di mentalità delle persone e della cultura di un’azienda di cui il linguaggio è espressione. Come comunicano le istituzioni? Che tipo di linguaggio utilizzano? Con quali obiettivi? Sono questi alcuni degli interrogativi che dobbiamo porci per fare un salto di qualità verso la creazione di nuovi rapporti basati sulla fiducia e sul rispetto. Se analizziamo la produzione amministrativa, ciò che risulta subito evidente, è che la maggior parte delle comunicazioni istituzionali ha carattere prevalentemente giuridico e che il linguaggio utilizzato è formale e specialistico, lontano dal parlato della vita di ogni giorno. Trovarsi spiazzati di fronte a frasi del tipo: “Dichiarazioni mendaci”, “Corresponsione degli emolumenti” o “Diritto di non ingerenza” è diventato ormai un fatto di routine. Espressioni di questo genere sono chiaramente indirizzate ad un pubblico di addetti ai lavori e non ai cittadini o ai dipendenti, veri interlocutori delle amministrazioni, senza i quali l’apparato burocratico non avrebbe ragione di esistere. Il “burocratese” (linguaggio delle istituzioni), utilizzato come forma di esercizio di potere, nasceva dalla volontà di queste ultime, in un passato non troppo remoto, di tenere lontano qualsiasi soggetto non direttamente coinvolto nei processi decisionali dall’azione amministrativa. Oggi molte istituzioni stanno attivando interventi per cercare di colmare questo divario, avvertito soprattutto in seguito alle numerose indagini sull’ascolto, interno ed esterno, che hanno rivelato il biso-


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gno di trovare nuovi canali di comunicazione e la determinazione dei pubblici interessati ad essere coinvolti nella delineazione di strategie e interventi. L’esigenza di fondare su nuove basi il rapporto tra amministrazioni, risorse umane e cittadini, trova la sua massima espressione nella volontà del legislatore di semplificare il linguaggio istituzionale. La semplificazione viene ad essere in questo modo l’espressione di un diritto di democrazia, in cui il burocrate si riconosce come servitore del cittadino e il cui compito primario diventa quello di rendere attuale il principio contenuto nell’art. 3 della nostra Costituzione: l’uguaglianza. Considerare che i destinatari del messaggio saranno una generalità di persone comuni con un livello di cultura medio, dovrà essere dunque uno dei principali obiettivi di chiunque si cimenti a scrivere un testo. Che la produzione amministrativa sia nota ai più è indubbio, ma ciò che è realmente importante è che sia compresa. A questo riguardo sono stati avviati programmi di semplificazione del linguaggio con il compito di fornire un valido supporto alle organizzazioni. Il primo documento scritto sulla semplificazione del linguaggio delle p.a. è stato il Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso delle amministrazioni pubbliche, che già a partire dagli anni Novanta (esattamente nel 1993) segnalava l’incapacità e la difficoltà delle istituzioni di comunicare e forniva una serie di raccomandazioni utili su come scrivere un testo comprensibile (dal contenuto alla grafica, utilizzando esempi concreti tratti da documenti adoperati dalle p.a.). Sabino Cassese diceva del linguaggio delle istituzioni: le sigle incomprensibili, le forme antiquate, le espressioni rompicapo, che sembrano fatte apposta per allontanare il cittadino dalla casa comune, quale dovrebbe essere lo Stato. Anche quando vuole assicurare “diritti irrefragabili” dei cittadini, quest’ultimo lo fa con tecniche che chiamerò repulsive. Al Codice, alcuni anni più tardi è seguito il Manuale di stile pubblicato nel 1997 dal Dipartimento della Funzione Pubblica curato da Alfredo Fioritto, che sulla scia del precedente, indica le regole per la costruzione logico-concettuale di un testo, prestando attenzione sia all’impostazione grafica dei documenti che all’utilizzo del linguaggio nella pratica quotidiana. Numerose amministrazioni sia a livello centrale che periferico, nel corso degli anni ne hanno seguito i suggerimenti, con risultati di successo e di sensibilizzazione al problema. Con la Direttiva sulla semplificazione del linguaggio viene dato carattere formale e vincolante ai consigli contenuti nei due testi e vengono stabiliti dei criteri a cui le pubbliche amministrazioni devono uniformarsi nella stesura degli atti e dei documenti1.

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Direttiva del Ministro della Funzione Pubblica 8 Maggio, 2002.

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Scrivere un testo, che non sia fine a sé stesso, pertanto, non è così semplice poiché è necessario rispettare una serie di regole e criteri che hanno il compito di conferirgli il carattere della legittimità, leggibilità e comprensibilità.

Un testo per essere completo, secondo una famosa regola del giornalismo inglese, presa in prestito dal modello di Lasswell2, deve rispondere a 5 domande, le cosiddette 5 W:

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1) who? Chi è il destinatario del messaggio? Identificare i destinatari è un atto di rispetto nei confronti delle differenze anagrafiche, sociali, economiche e culturali proprie delle persone; 2) what? Qual è il contenuto della comunicazione? Cosa si vuole comunicare? Scrivere in modo chiaro spesso è indice di un modo di pensare chiaro; 3) when? Quando deve essere veicolata la comunicazione? Fissare un limite temporale permette che la comunicazione sia più precisa e puntuale. 4) where? Dove? Dove è diretto il nostro messaggio? In quale luogo? 5) why? Perché? Qual è l’obiettivo che vogliamo raggiungere con la nostra comunicazione?

Una volta che sarà stata data risposta alle domande e il senso e il contenuto della comunicazione saranno chiari, si entrerà in possesso di un’efficiente scaletta di riferimento su cui poter costruire un testo semplice, immediato e fruibile.

Le regole e i criteri di scrittura Una delle caratteristiche principali della nostra lingua è la plasticità, ovvero la sua capacità di adeguarsi ai contesti e alle situazioni. Per Hjelmslev3 il linguag-

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Accademico presso l’Università di Chicago dove insegnò scienze politiche per poi trasferirsi all’Università di Yale. Numerosi sono i suoi lavori (si contano circa 30 titoli tra cui Psicopathology and Politics e Propaganda, Communication and Public Opinion). Laureato in Linguistica Comparata nel 1923, elaborò una teoria del linguaggio che chiamò “glossematica” che si ritrova nel suo scritto più famoso intitolato I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi, 1968. L’autore intende per glossemi le forme minime, ovvero le invarianti irriducibili che la teoria conduce a stabilire come basi della spiegazione.


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gio nasce dall’unione di forma e sostanza; la sostanza è ritagliata nella materia dalla forma, è la materia stessa messa in forma. Secondo questa tesi la “materia” in sé non ha significato, lo acquista solamente quando viene articolata e organizzata nella forma. Da questa unione nasce il linguaggio, così come noi lo conosciamo. La “materia”, a sua volta, offre infinite possibilità di organizzazione e strutturazione logica. Sia al linguaggio scritto che parlato, infatti, possono essere attribuiti una molteplicità di sensi e opportunità che danno luogo ad altrettante espressioni e modi di dire. Tra questi ve ne sono alcuni che in determinati contesti possono essere utilizzati con maggiori risultati di comprensibilità e chiarezza, rispetto ad altri. Saper scegliere quali espressioni adottare in relazione alla circostanza in cui ci si trova è importante e puntare l’attenzione sui destinatari della comunicazione, potrebbe essere un modo per capire che tipo di linguaggio impiegare. Uno stesso testo può, infatti, apparire più chiaro ad alcune persone piuttosto che ad altre. La sua facilità o difficoltà dipende dalla capacità di chi legge di comprenderne il significato. L’elemento che distingue l’italiano dalla maggior parte delle altre lingue parlate nel mondo è la sua propensione ad essere utilizzato, nella forma scritta, in maniera formale e altisonante. Il motivo di questo impiego va ricercato a monte, a livello del nostro substrato culturale, di cui, come abbiamo precedentemente ricordato, il linguaggio è espressione diretta. Le parole utilizzate nei testi dovrebbero essere scelte invece nell’ambito di un “vocabolario” comune (che racchiude tutte quelle parole mediamente conosciute dalla maggior parte delle persone appartenenti ad una determinata comunità linguistica), contenuto nel cosiddetto vocabolario di base che comprende circa 7.000 vocaboli attraverso cui è possibile spiegare ogni concetto, dal più facile al più complicato. È necessario, pertanto, che chi scrive abbia un’umiltà di intenti che unita ad una reale volontà di comunicare, faccia sì che si realizzi attraverso la produzione di atti e documenti amministrativi, un servizio utile alla comunità, con un occhio di riguardo alle fasce più deboli della popolazione (i lettori meno istruiti). Per fare l’analisi di un testo, in modo da verificarne l’accessibilità, bisogna analizzarne i tre suoi livelli di struttura che sono: l’organizzazione logico-concettuale4, la

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Per organizzazione logico-concettuale intendiamo il modo in cui le informazioni vengono presentate nel testo. Risponde ad una necessità di pianificazione dello scritto attraverso la richiesta di specifiche informazioni quali: il destinatario a cui è rivolta la comunicazione, il contenuto del messaggio e l’obiettivo della comunicazione (esempi di obiettivi possono essere: un tipo di comunicazione che voglia informare su qualcosa, sollecitare un comportamento o richiedere un pagamento).

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sintassi5 e il lessico6, ricordando che questi tre livelli interagiscono tra di loro in maniera tale da non risultare a volte distinguibili.

Affinché un testo sia comprensibile, deve infatti rispondere ai criteri di: • • • •

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ordine; semplicità; essenzialità; leggibilità.

Un testo è ordinato quando contiene: • l’indicazione del mittente e del destinatario (è necessario capire i soggetti a cui è rivolta la comunicazione e la fonte del messaggio); • l’indicazione dell’oggetto dell’atto (di cosa stiamo parlando?); • l’indicazione di cosa deve sapere/fare il destinatario (l’atto deve avere un contenuto chiaro e deve specificare quali comportamenti o decisioni devono essere messi in atto dal destinatario); • frasi brevi e concise (le frasi brevi sono più comprensibili di quelle lunghe con abbondanza di subordinate e tendono ad essere ricordate più facilmente); • l’omogeneità delle informazioni (è essenziale raggruppare le informazioni in blocchi coerenti, completi e ordinati utilizzando magari una scaletta con gli argomenti da trattare come supporto); • il rispetto delle regole grammaticali e della punteggiatura.

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6

La sintassi indica il modo in cui le parole si legano fra loro per formare le frasi di un testo. Uno scritto per essere chiaro a livello di sintassi deve contenere: frasi brevi (non superare cioè le 20-25 parole), contenere una sola informazione attorno a cui ruoti tutto il contenuto, frasi semplici con poche subordinate a cui preferire le coordinate (le frasi che si legano alla principale attraverso le congiunzioni: e, ma, ovvero, cioè), verbi di forma attiva con modi e tempi verbali semplici, specificazione del soggetto e frasi di forma affermativa. Il lessico ci segnala quali sono le parole scelte per comunicare (è il nostro vocabolario, l’insieme di tutte le parole che formano la nostra lingua). Affinché un testo sia di facile comprensione a livello di lessico è necessario utilizzare: parole di uso comune, concrete e dirette, pochi termini specialistici e poche abbreviazioni e utilizzare la punteggiatura in maniera corretta.


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Un testo è semplice se contiene: • parole utilizzate nel linguaggio comune (in modo che chi legge possa dare un senso al testo); • frasi brevi (possibilmente ogni frase non dovrebbe contenere più di 20 parole); • parole con significato non ambiguo (il testo deve essere esplicito); • parole di origine italiana (appesantire le frasi con latinismi, grecismi o parole di origine straniera rischia di rendere oscuro il testo); • uso di sigle limitato o con accanto una spiegazione del significato; • tecnicismi in quantità limitata (solo quando necessari) e accompagnati da una breve spiegazione.

Un testo è essenziale quando: • fa un uso limitato di aggettivi e avverbi (è meglio utilizzare i verbi che sono di più facile comprensione, il tempo verbale preferito è l’indicativo); • evita parole antiquate e ricercate (rischiano di appesantire e rendere incomprensibile il testo); • limita i tecnicismi (da utilizzare solo se strettamente necessari); • limita le sigle e le abbreviazioni (chi non capisce non può chiedere spiegazioni o precisazioni nell’immediato).

La leggibilità riguarda: • la capacità di utilizzare la grafica a supporto del contenuto in maniera tale da agevolare la lettura; • la capacità di utilizzare gli indici di leggibilità forniti dai supporti informatici per effettuare una valutazione dal punto di vista linguistico del documento.

Un altro utile accorgimento da utilizzare nella redazione di un testo riguarda l’uso della forma attiva del tempo piuttosto che della forma passiva. Le frasi attive risultano, infatti, maggiormente comprensibili e meno oscure. Molti dei documenti amministrativi, invece, riportano frasi al passivo, poiché così facendo evitano di indicare il soggetto che compie l’azione (può risultare in molti casi una situazione di comodo). Quando realmente non si conosce il soggetto allora sarà

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concesso l’uso del passivo. La regola generale consiglia comunque di utilizzare prevalentemente l’attivo e se proprio non se ne può fare a meno, il passivo. Questi suggerimenti hanno il compito di aiutare chi scrive un testo a farlo nella maniera più funzionale possibile e vanno applicate solo dopo aver valutato le situazioni caso per caso. Dobbiamo ricordare in ultimo che ogni istituzione è governata da esseri umani che hanno i propri limiti e che per ogni situazione esistono infinite possibilità e prospettive, per cui può essere utile cercare di spaziare sulle varie alternative disponibili in modo da effettuare la scelta migliore. Per comprendere meglio come la semplificazione del linguaggio possa incidere sulla comprensibilità di un testo può essere utile confrontare i due documenti riportati di seguito. Il primo è un modulo di richiesta per l’assegno familiare normalmente utilizzato dalle amministrazioni, il secondo identico al primo a livello di contenuto, è stato riscritto seguendo le regole della semplificazione. È utile notare come seguendo i piccoli accorgimenti si possa raggiungere gradi di comprensibilità e chiarezza maggiori. Di seguito l’esempio di come può essere utilizzato un processo di semplificazione su un testo normalmente in uso presso le pubbliche amministrazioni7.

MODELLO ATTUALMENTE IN USO NELLE P.A. Domanda assegno per il nucleo familiare AL................................................ ................................................... l.. sottoscritt……………………… nat..... a …………………………………… il............................ ❏ in servizio presso ………………………………………………… tel. ..................................(1) ❏ titolare di stipendio (partita spesa fissa n....................... chiede ❏ l’attribuzione ❏ la rideterminazione (1) dell’assegno per il nucleo familiare a decorrere dal ....................... Al riguardo dichiara A – che il proprio nucleo familiare compreso il sottoscritto, è composto come segue: Cognome e nome Relazione di parentela Data di nascita …………………………… il richiedente …………… 1) ................................... …………………………… …………………………… 2) ………………………… …………………………… …………………………… 3) ………………………… 4) ………………………… …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… 5) ………………………… …………………………… …………………………… 6) ………………………… …………………………… …………………………… 7) ………………………… …………………………… …………………………… 8) ………………………… 7

A cura di Ricco A.


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❏ B – che la persona indicata al n.......... si trova, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, nell’assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi a un proficuo lavoro ovvero, se minorenne, ha difficoltà persistente a svolgere le funzioni proprie della sua età (in proposito si allega, in quanto ancora non presentata, la certificazione – o copia autenticata rilasciata dalla U.S.L. o dalle preesistenti Commissioni sanitarie provinciali); (1) ❏ C – che si trova nella condizione di vedovo/a, divorziato/a,separato/a legalmente ed effettivamente, celibe o nubile (1) ❏ D – che la persona indicata al n......... è orfana; (1) ❏ E – che per il proprio nucleo familiare non è stato richiesto nè si richiederà altro trattamento di famiglia nè dal sottoscritto nè dal coniuge (Firma del coniuge)............................................ ❏ F – che per il proprio nucleo familiare non è stato richiesto, nè si richiederà altro trattamento di famiglia da parte di soggetti che non compongono il nucleo familiare (ex coniuge, coniuge separato, convivente o altri). Il sottoscritto consapevole delle sanzioni previste per coloro che rendono attestazioni false, dichiara sotto la propria responsabilità che le notizie indicate alle lettere.............................. Sono complete e veritiere. Il sottoscritto si impegna a segnalare le variazioni della situazione dichiarata entro 30 giorni dalla variazione della stessa Data ……………………………

Firma……………………………

Al fine suindicato il sottoscritto, a conoscenza delle sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in materia in caso di dichiarazioni mendaci, rilascia la seguente dichiarazione riguardante i redditi-assoggettabili all’IRPEF, compresi quelli a tassazione separata, al lordo degli oneri deducibili e delle detrazioni d’imposta, nonché i redditi esenti da imposta o assoggettati a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva, in quanto di importo superiore a euro 1032,91 annui (già lire 2.000.000) percepiti nell’anno 2001 dai componenti il proprio nucleo familiare indicati al punto A: Redditi (in euro)

Dichiarante

Coniuge non separato

Figli minorenni maggiorenni inabili Fratelli, sorelle, nipoti Orfani minorenni o maggiorenni inabili

Totali

Redditi da lavoro Dipendente e assimilati (2)

…………

…………

…………

…………

Redditi a tassazione Separata (3)

…………

…………

…………

…………

Altri redditi (4)

…………

…………

…………

…………

Redditi esenti (5)

…………

…………

…………

…………

TOTALI

…………

…………

…………

…………

Reddito complessivo

………… Firma ..............................................

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1) Barrare le voci che interessano. 2) Gli importi vanno desunti dai punti 1, 2 e 3 dei certificati fiscali di cui all’art. 7 bis del D.P.R. n.600/73 (CUD). 3) Gli importi vanno desunti dai punti 47 e 48 dei certificati fiscali di cui all’art. 7 bis del D.P.R.n.600/73 (CUD). Sono esclusi i trattamenti di fine rapporto e le anticipazioni su tali trattamenti. 4) Gli importi vanno desunti dai vigenti modelli fiscali (per il mod.730 vedere 730/3, righi 1, 2, 3 e 5, per il modello Unico vedere i dati riportati nei singoli quadri compilati). I redditi da fabbricati vanno computati al lordo dell’eventuale deduzione relativa all’abitazione principale. 5) Vanno inclusi anche i redditi assoggettati a ritenuta d’imposta alla fonte o ad imposta sostitutiva (interessi su depositi bancari, su titoli, ecc) se superiori, complessivamente, a euro 1032,91 annui.

Di seguito l’esempio dello stesso modello modificato secondo le regole della semplificazione del linguaggio.

MODELLO MODIFICATO E SEMPLIFICATO Domanda assegno per il nucleo familiare8 – Cosa è: un beneficio economico legato alla composizione del nucleo familiare e al reddito riscosso dai membri della famiglia. La misura dell’assegno è più alta per le famiglie con un basso reddito, con molti figli, con persone disabili, dove manca un coniuge. – Chi ne ha diritto: i dipendenti dello Stato: di ruolo e precari, ai quali la Direzione dei Servizi Vari paga lo stipendio e che hanno un reddito familiare nel quale lo stipendio e la pensione sono l’entrata più importante. – Chi non ha diritto: i dipendenti che, nella loro famiglia, hanno redditi da: • lavoro autonomo; • da fabbricati o terreni; • da partecipazione a impresa; • da qualunque altra fonte che non sia stipendio o pensione; • che, sommati fra loro, superano il 30% del totale dei redditi familiari. – Cosa occorre per compilare il modulo: • I dati anagrafici dei familiari; • I certificati dei redditi: modello CUD (certificazione unica dipendenti) Modello 730 Modello Unico • Leggere attentamente le istruzioni che precedono le autocertificazioni sulla composizione della famiglia e sui redditi. Generalità del richiedente Mi chiamo ………………………………………… Sono nato a …………………………………………… il …………………………………………… Risiedo a ………………………………………… in via …………………………………………… Lavoro presso ………………………………………… Il mio numero di partita di Spesa fissa è ………………………………………… (questo numero si trova sullo statino dello stipendio sotto il cognome e nome)

8

Vedi la legge n. 153 del 1988.


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Chiedo (segnare con una X la voce che interessa): CONCESSIONE MODIFICA SOSPENSIONE

❏ ❏ ❏

dell’assegno per il nucleo familiare a partire dal ………………. 99

Nota bene (a proposito di date) Si possono presentare richieste per l’assegno anche per gli anni passati, purché non si vada indietro oltre cinque anni dal giorno in cui si presenta la domanda: ad esempio se si presenta la domanda il 15 settembre 2002, si può risalire al 15 settembre 1997. Normalmente la concessione dell’assegno abbraccia il periodo dal 1 luglio al 30 giugno dell’anno successivo. Tuttavia si può presentare la richiesta a partire da qualunque data in cui si verifica un evento (ad esempio: nascita, matrimonio, morte, eccetera) da cui può derivare la concessione o la modifica dell’assegno. Occorre comunque prestare attenzione all’anno del quale bisogna utilizzare i redditi: – se la data a partire dalla quale si chiede il pagamento dell’assegno si trova fra il 1 gennaio e il 30 giugno occorre avere a portata di mano, per indicarli nell’autocertificazione, i modelli fiscali (CUD – 730 – Unico) di due anni prima: ad esempio se si chiede l’assegno dal 1 marzo 2001 bisogna considerare i redditi del 1999. – se la data è fra il 1 luglio e il 31 dicembre bisogna considerare i redditi dell’anno immediatamente precedente: ad esempio se si chiede l’assegno dal 1 ottobre 2001 bisogna indicare i redditi del 2000. Istruzioni per autocertificare composizione e caratteristiche del nucleo familiare Per ottenere l’assegno occorre indicare: 1) i dati anagrafici di chi presenta la domanda; 2) i dati anagrafici del coniuge non legalmente ed effettivamente separato 3) i dati anagrafici dei figli di età inferiore ai 18 anni 4) i dati anagrafici dei figli maggiorenni solo se dichiarati inabili al lavoro al100%(in questo caso si deve unire alla domanda il certificato medico in originale) 5) i dati di eventuali nipoti (figli dei propri figli) se sono conviventi e a totale carico del richiedente 6) i dati anagrafici dei fratelli del richiedente solo se sono orfani di entrambi i genitori, se sono minorenni e convivono con la famiglia del richiedente 7) i dati anagrafici dei fratelli maggiorenni orfani, conviventi con il richiedente, solo se sono dichiarati totalmente inabili al lavoro e privi di pensione. Autocertificazione del nucleo familiare Cognome e nome 1 …………………………… 2 …………………………… 3)…………………………… 4)…………………………… 5)…………………………… 6)…………………………… 7)…………………………… 8)……………………………

Relazione di parentela

Data di nascita

il richiedente................ il coniuge..................... …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… ……………………………

…………………………… …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… …………………………… ……………………………


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Autocertificazione delle caratteristiche del nucleo familiare: – il mio stato civile è: (segnare con una X la voce che interessa) a) vedovo – b) divorziato – c) separato legalmente ed effettivamente – d) celibe o nubile. – il familiare indicato al n……….è orfano.

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– per il mio nucleo familiare non è stato, né verrà richiesto altro trattamento di famiglia né da me medesimo, né dal mio coniuge. (firma del coniuge)…………………. – per il mio nucleo familiare non è stato richiesto né si richiederà altro trattamento di famiglia da parte di persone non indicate nella composizione del mio nucleo (ex coniuge, coniuge separato, convivente o altri). DICHIARO che: il familiare indicato al n……. si trova per malattia o difetto fisico nell’assoluta e totale impossibilità di lavorare oppure se minorenne ha difficoltà persistenti a svolgere i compiti propri della sua età. Unisco a questa domanda il certificato medico originale che conferma la mia dichiarazione. Firma del dichiarante ………………………. Istruzioni per l’autocertificazione dei redditi Nell’autocertificazione vanno indicati: a) tutti i redditi per i quali si paga l’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche) al lordo della suddetta imposta (questi redditi si trovano nei punti 1 – 2 – 3 del certificato fiscale modello CUD) b) I redditi a tassazione separata (sono le somme riscosse come arretrati per gli anni precedenti quelli a cui si riferisce il modello CUD e si possono leggere nei punti 47 e 48 del modello CUD.) c) I redditi di qualunque altra natura che si possono leggere nei certificati fiscali: – per il Mod. 730 vedere la parte 730/3, ai righi 1, 2, 3, 5; – per il Mod. Unico vedere i singoli riquadri compilati relativi ad esempio a fabbricati o terreni; i redditi riferiti all’abitazione principale vanno indicati al lordo della deduzione per la prima casa). d) I redditi per i quali non si pagano imposte o sottoposti a ritenuta alla fonte o a imposta sostitutiva, ad esempio interessi su depositi bancari, su titoli ecc.. vanno indicati solo se superano l’importo di € 1032,91 (lire 2.000.000). Nell’autocertificazione non vanno indicati: 1) L’indennità di buonuscita. 2) Tutti i trattamenti di fine lavoro (liquidazioni) e le relative anticipazioni. 3) Tutte le somme che hanno natura di risarcimento quali: le rendite infortunistiche I.N.A.I.L.(Istituto nazionale per l’assicurazione sugli infortuni nel lavoro); le pensioni di Guerra, le indennità di Accompagnamento per gli invalidi. Autocertificazione dei redditi Al fine del pagamento dell’assegno per il nucleo familiare, consapevole delle sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali in caso di dichiarazioni non vere, AUTOCERTIFI-


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CO i redditi percepiti nell’anno ……… dalle persone appartenenti al mio nucleo familiare come indicato in questa domanda. Redditi (in euro)

Dichiarante

Coniuge non separato

Figli

Redditi da lavoro dipendente o da pensione

…………

…………

…………

………… …………

Redditi a tassazione separata

…………

…………

…………

………… …………

Altri redditi

…………

…………

…………

………… …………

Redditi esenti

…………

…………

…………

………… …………

TOTALI

…………

…………

…………

………… …………

Totale complessivo

Fratelli Nipoti

Totali

€ ____________ Firma del richiedente ____________

Attenzione Qualunque variazione della composizione del nucleo familiare o qualunque aumento dei redditi che può causare la perdita dell’assegno va comunicata a questa Direzione entro 30 giorni dal momento in cui accade.

Il ruolo dell’Information e Communication Technology (ICT) La pubblica amministrazione si è assunta il compito di attivare all’interno delle amministrazioni una procedura di acquisizione delle conoscenze informatiche, attualmente disponibili, utili a favorire una più rapida e capillare diffusione delle informazioni. Attraverso le nuove frontiere dell’informatica, infatti, è possibile razionalizzare l’attività amministrativa con l’utilizzo di tecnologie e metodologie che hanno avuto il grande merito di apportare una diminuzione degli sprechi in termini di risorse fisiche ed economiche e di accelerazione delle procedure nel trasferimento di messaggi, immagini e conoscenze. Nel processo di cambiamento in atto nelle amministrazioni, l’alfabetizzazione informatica (ovvero la capacità di utilizzare le nuove tecnologie) ha ottenuto, per questi motivi, un ruolo di primo piano. Internet ha rivoluzionato il modo di lavorare, di acquisire conoscenze e di comunicare, con implicazioni di grande portata a livello sociologico, poiché ha dissolto i tradizionali confini spazio-temporali, modificato le relazioni, i linguaggi e il modo di comunicare. È, infatti, oggi uno dei mezzi di comunicazione

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maggiormente utilizzati perché per la sua grande e semplice accessibilità facilita lo scambio di informazioni tra gli individui e l’acquisizione di conoscenza. Quali sono le potenzialità di questo strumento?

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Internet offre numerosi vantaggi quali: • l’interattività: l’utente non è più un ascoltatore passivo, ma fornisce il suo contributo nel processo di comunicazione attraverso l’attivazione di feedback di risposta ai messaggi e alle sollecitazioni che riceve, contribuendo a creare un senso e un contenuto alla comunicazione stessa; • la personalizzazione: è possibile veicolare contenuti personalizzati per ciascun utente, in questo modo la comunicazione sarà indirizzata a target mirati; • l’attivazione di un processo di acquisizione di informazioni di tipo Pull: il soggetto nella fase della navigazione entra a contatto solo con i messaggi a cui è interessato e può quindi operare una scelta e una selezione); • la capacità di sviluppare reti di conversazioni: ogni utente è allo stesso tempo fruitore e veicolo di informazione per gli altri utenti. Il vantaggio è che in questo modo viene a crearsi una comunità di utenti partecipata. Anche le organizzazione traggono benefici dalla comunicazione interattiva poiché in questo modo possono dialogare più facilmente con i propri interlocutori.

L’utilizzazione degli strumenti informatici ha, inoltre, anche il compito di facilitare e agevolare la circolazione delle notizie e delle informazioni, ponendo i vari rami dell’organizzazione in contatto tra loro e con l’esterno. Basti pensare a come attraverso la comunicazione in rete, per mezzo di intranet, si siano ridotti i costi economici e di tempo per la diffusione di messaggi indirizzati ad un pubblico interno. Con intranet, le informazioni arrivano veloci e non sorge più la necessità di spostarsi fisicamente da un posto ad un altro poiché per riceverle bisogna solamente possedere un terminale. Viene favorita in questo modo anche la dimensione umana del processo di comunicazione, poiché attraverso la rete (intranet, e-mail e newsletter) si costituisce una comunità virtuale, composta da persone reali, dove i flussi di comunicazione vengono agevolati e facilitati, con un conseguente miglioramento delle relazioni interpersonali e dei processi di apprendimento. Un altro strumento di dialogo importante principalmente per le organizzazioni è il sito web, che negli ultimi anni è diventato uno dei principali strumenti di comunicazione utilizzati dalle amministrazioni. Se tenuto in costante aggiornamento può essere un’efficace fonte di informazioni sulle attività, i servizi e le novità che riguardano l’organizzazione e a cui possono accedere liberamente tutti gli utenti.


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I siti web delle pubbliche amministrazioni hanno l’obiettivo di fornire soprattutto informazione e servizi accessibili a tutti attraverso la rete. Un sito web, per poter esprimere appieno tutte le sue potenzialità e diventare uno dei canali più efficienti, deve avere precise caratteristiche: innanzitutto la facilità d’uso (la navigazione sul sito deve essere intuitiva in maniera tale che anche gli utenti meno abituati all’uso della tecnologia possono navigare senza incontrare troppe difficoltà), una grafica chiara, assicurare prestazioni veloci (i percorsi creati devono agevolare la rapidità delle prestazioni), l’adozione di un linguaggio adatto al mezzo (in questo caso è utilizzato lo stile web le cui caratteristiche sono: chiarezza, aggiornamento e sinteticità) e infine trasmettere agli utenti una sensazione di sicurezza e affidabilità (garantendo il rispetto della privacy). Inserita in tale contesto, l’ICT ha il compito fondamentale di aumentare l’efficienza, l’efficacia e la qualità delle transazioni sia esterne che interne.

L’evoluzione tecnologica in Italia Gli utenti di Internet sono aumentati negli ultimi anni in maniera consistente, allo stesso modo dei criteri di sicurezza nell’utilizzo delle tecnologie informatiche poste a tutela dell’accesso e dell’utilizzo dei dati personali, infatti a tale proposito sono stati stabiliti criteri validi che permettano agli utenti di utilizzare i servizi erogati in totale tranquillità. Se prima gli utenti che navigavano sui siti delle pubbliche amministrazioni lo facevano prevalentemente per scopi informativi, adesso è cresciuto il numero dei cittadini che si collega ai siti pubblici per scaricare moduli e accedere a procedure informatizzate che permettono un notevole risparmio di tempo e la velocizzazione delle procedure. Anche se i progressi sono stati notevoli, è ancora necessario che molte di queste procedure vengano implementate e si attuino maggiori investimenti nelle tecnologie, che permettono oltre al contenimento dei costi anche un maggiore grado di competitività e di efficienza dell’azione amministrativa. Secondo l’ultimo Rapporto dell’Osservatorio della società dell’informazione pubblicato nel novembre 2005, i cittadini (sono circa 9,8 milioni gli utenti che hanno effettuato l’accesso ad Internet nel solo mese di giugno 2005) utilizzano Internet con sempre maggiore dimestichezza attraverso non solo il tradizionale pc, ma anche tramite il telefonino, il palmare, la televisione digitale, che fanno comprendere i passi da gigante compiuti dal progresso tecnologico. E questo dato è destinato a crescere. Internet sarà sempre più il modo facile ed immediato per ricevere informazioni in tempo reale. I siti pubblici secondo i dati tratti dall’Osservatorio hanno riscontrato un incremento di traffico (sono 11,6 milioni i cittadini che nel primo semestre 2006

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si sono collegati a siti della p.a.) e le donne che vi accedono sono in continuo aumento. Le parole chiave della società dell’informazione, sono diventate flessibilità e velocità. Secondo l’Osservatorio, il grado di sviluppo tecnologico ha la funzione di monitorare le dinamiche di cambiamento delle pubbliche amministrazioni, la loro capacità competitiva nel fornire sempre maggiori servizi on line, la loro capacità di adeguamento e quindi il grado di efficienza. È importante, per poter valutare il grado di penetrazione della tecnologia in un paese, comprendere anche come i cittadini si rivolgono nei confronti di essa e il loro grado di preparazione, in modo da poter effettuare una stima futura dei servizi che verranno richiesti e i futuri sviluppi. Al fine di accelerare il processo di assimilazione delle nuove tecnologie nei paesi membri, la Commissione europea ha definito un piano di azione denominato eEurope, che fissa obiettivi comuni e che ha visto successive riformulazioni. Nella versione del 2002 gli obiettivi che si intendevano raggiungere prevedevano: • il miglioramento dei criteri di accesso, di sicurezza e di rapidità su Internet; • investimenti nella formazione degli utenti (cittadini) e delle risorse umane; • la promozione, attraverso azioni di comunicazione, dell’utilizzo di Internet. Il successivo piano di azione riformulato a tre anni dall’ultimo, eEurope 2005, dopo aver rilevato l’effettiva penetrazione di Internet nei vari paesi, ha previsto la necessità di implementarne ulteriormente l’utilizzo, in modo che tutti ne potessero trarre i benefici come mezzo efficace ad accompagnare la crescita economica. Gli obiettivi proposti in questo caso sono stati: • l’accesso ad Internet in banda larga; • un modello di sicurezza ICT; • servizi istituzionali interattivi; • un ambiente dinamico dove avviare uno sviluppo competitivo sul mercato; • nuove procedure di formazione on line (e-learning). L’obiettivo del piano è di realizzare l’e-government, intendendo con tale termine un processo che vede applicate le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione alle relezioni esterne e interne della pubblica amministrazione con lo scopo di rendere maggiormente fruibili i suoi servizi e di migliorare la sua stessa efficienza di governo. Oggi, volendo fare una stima del grado di sofisticazione dei servizi utilizzati dalla pubblica amministrazione (in media vengono presi a campione 20 servizi), ci troviamo davanti ad una classificazione che prevede 4 livelli:


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• • • •

offerta di sole informazioni (25%); possibilità di scaricare i moduli (dal 25% al 49%); possibilità di presentare i moduli on line e autenticarli (dal 50% al 74%); possibilità di evadere l’intera pratica (dal 75% al 100%).

La percentuale finale viene calcolata come la media delle percentuali di 20 servizi offerti dalla pubblica amministrazione per ogni paese. L’Italia fra i paesi dell’Ue risulta all’ottavo posto con 10 servizi su 20 totalmente disponibili su Internet (vedere tabella 1). Tabella 1 Il livello di sofisticazione dei servizi ai cittadini disponibili on-line ottobre 2004 Imposte sul reddito Ricerca del lavoro Assistenza e previdenza sociale Documenti personali Immatricolazione auto Concessione edilizia Denunce alla polizia Biblioteche pubbliche Certificati di nascita e di matrimonio Iscrizione alla scuola media superiore Cambio indirizzo Servizi sanitari

100% 57% 76% 50% 100% 15% 100% 100% 24% 78% 22% 32%

ottobre 2001 100% 100% 56% 50% 50% 2% 34% 5% 11% 27% 3% 4%

var % 2004/2001 – -43% 20% – – 13% 66% 95% 13% 51% 19% 28%

Fonte: Federcomin/ DIT – Osservatorio della società dell’informazione Elaborazione centro studi MIT

Dopo un primo slancio iniziale le pubbliche amministrazioni sono risultate più caute nell’investimento di soluzioni di e-government, poiché partite dalla consapevolezza di alcune carenze interne. Infatti per avere un front end efficace è necessario avere un back office preparato e capace di gestire le nuove tecnologie. Ritorna in questo frangente l’importanza del tema della formazione indispensabile per creare personale in grado di affrontare le nuove sfide poste dalla società dell’informazione. Una leggera discrepanza nell’utilizzo delle tecnologie si nota tra nord e sud dell’Italia, poiché mentre al nord il grado di fruibilità di servizi on line è molto alto, la percentuale al sud tende a diminuire a causa della difficoltà di approccio ai sistemi informatici dato sia dalla scarsità di investimenti in ICT e in personale da formare, sia dalla difficoltà dei cittadini nell’approcciarsi alla tecnologia, poiché molte persone preferiscono il rapporto diretto con il personale di sportello.

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Eppure se non ci fermiamo esclusivamente a rilevare le differenze nell’utilizzo dei sistemi informatici da parte dei cittadini a livello territoriale, risulta cresciuto nel secondo semestre del 2005 il numero dei cittadini che si interfacciano on line con le amministrazioni e una percentuale del 38% rivela che gli utilizzatori dei siti della p.a. sono donne. I siti più visitati sono quelli dei ministeri, della Comunità europea e delle amministrazioni locali, delle organizzazioni sindacali, dei principali enti pubblici, delle istituzioni politiche e il sito della Gazzetta ufficiale per la consultazione dei bandi di concorso. Il processo di interazione dei cittadini si sta sviluppando per fasi progressive. Se ormai è consolidata la pratica di fruizione di Internet per la ricezione delle informazioni, si sta sempre più consolidando la competenza a scaricare modulistica. Si assiste ad una progressiva familiarizzazione con Internet che si completerà quando il cittadino riuscirà ad interagire completamente attraverso l’evasione dell’intera pratica e l’accesso a tutti i servizi disponibili on line. È necessario che in questo caso la pubblica amministrazione, attraverso azioni di comunicazione, metta i cittadini a conoscenza di ciò che è attualmente disponibile e che informi, aggiorni e formi in modo da accelerare l’assimilazione delle procedure informatiche. La maggior parte degli utilizzatori dei servizi su Internet è soddisfatto dell’offerta attuale, e cioè circa il 60,4% dei cittadini intervistati in tutt’Italia, mentre il 48,7% degli intervistati è convinto che in futuro i cittadini si collegheranno sempre di più ai siti delle pubbliche amministrazioni. Questi dati rilevano quanto il ruolo dei servizi interattivi sia destinato a crescere e a modificare il rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione. La scelta di fare e-government si intreccia con la necessità di snellire le procedure burocratiche e semplificarle attraverso l’immissione di tecnologia nei pubblici uffici, ma la vera sfida è rappresentata dalla gestione di pratiche di lavoro che si modificano, dalla necessità di maturare competenze tecniche, dal cambiamento del rapporto tra amministrazione e cittadino. È importante però che l’innovazione si diffonda a macchia d’olio nei circa 8.000 comuni che compongono il nostro paese, che spesso devono fare i conti con bilanci ristretti che consentono loro di affrontare solo le spese essenziali. Eppure è proprio questa condizione che rende ancora più indispensabile lo sviluppo dell’e-government che consentirebbe una razionalizzazione dei costi e prestazioni sempre più evolute. In questo modo si opererebbe un potenziamento delle capacità operative della p.a. locale nell’ottica del federalismo. Sono nati a tale proposito i Centri regionali di competenza (CNR), previsti dal Codice dell’amministrazione digitale istituito dal d.lgs. n. 82 del 7 marzo 2005. Tali Centri hanno il compito di supportare le amministrazioni regionali e locali nell’affrontare le nuove sfide tecnologiche nell’ottica di una piena collaborazione


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in rete a livello territoriale e nazionale. I CRC sono presenti in tutte le regioni (tranne il Molise) e agiscono su tutto il territorio in maniera integrata e forniscono il grado di sviluppo dell’ICT nelle regioni del nostro paese. Il punto di raccordo dei Centri di competenza è individuato nella Conferenza per le innovazioni tecnologiche. Le amministrazioni devono comunicare alla segreteria della Conferenza le convenzioni già attivate e gli ostacoli che si frappongono alla loro adozione. Una volta raccolta la documentazione, la Conferenza ha il compito di offrire supporto e consulenza, mentre il Centro nazionale per l’informatica della p.a. (CNIPA) fornisce su richiesta delle amministrazioni, assistenza tecnica. Il codice impone inoltre che siano resi pubblici i bandi di gara e tutti gli altri dati che non necessitano di un’autentificazione informatica, mentre in caso contrario bisogna disporre di una carta di identificazione informatica o di una carta nazionale dei servizi9.

Il ruolo dell’ICT nei paesi dell’Unione Europea L’Italia non è l’unico paese ad aver avviato una fase di informatizzazione, poiché già da tempo anche negli altri paesi dell’Unione Europea il ruolo dell’ICT sta accompagnando il procedimento di revisione dei modelli e delle strutture organizzative all’interno delle pubbliche amministrazioni. Infatti, non si può pensare di introdurre innovazioni a livello di gestione delle risorse umane in un contesto in cui l’efficienza non sia garantita dall’automazione delle attività. Dai dati forniti da una ricerca effettuata nel 2003 all’interno delle pubbliche amministrazioni europee10, si evince che quasi tutte le amministrazioni considerate, hanno avviato un processo di alfabetizzazione informatica, dotando i propri dipendenti di un personal computer per lo svolgimento delle mansioni lavorative. Se questo dato è rilevante e indica come ormai già da tempo la tecnologia accompagni e faciliti l’esecuzione dei compiti lavorativi, appare ancora troppo bassa la percentuale di dipendenti che hanno la possibilità di avere un collegamento regolare ad Internet. Ciò è assai rilevante se si considera l’importanza della navigazione in rete ai fini di una maggiore rapidità ed efficienza di esecuzione dei compiti tale che dovrebbe essere garantita a tutti. Negli ultimi anni sono stati effettuati molti investimenti da parte delle amministrazioni a livello di dotazioni tecnologiche, al fine di facilitare l’erogazione di

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Disposizioni contenute nella Direttiva del Ministro per le Riforme e le Innovazioni nella pubblica amministrazione “Per una Pubblica Amministrazione di qualità” del 19 dicembre 2006, emanata dal Ministro Luigi Nicolais. Dipartimento della Funzione Pubblica, ricerca su L’Uso attuale e tendenziale delle nuove tecnologie nella gestione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni dei Paesi dell’Unione Europea, (a cura di) Andrea Tabladini, Giancarlo Capitani, Roberto Gatti, anno 2003.

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molti dei servizi, che se in precedenza i cittadini portavano a termine presso gli sportelli, adesso possono essere compiuti attraverso la rete. Un altro dato rilevante che viene evidenziato dalla ricerca riguarda la limitata diffusione dei certificati con la firma digitale. Questo strumento infatti risulta molto importante poiché conferisce valore legale ai documenti inviati tramite la rete, facilitando lo snellimento e la velocizzazione delle procedure, dato che, come è ben noto, la produzione di documenti rappresenta una delle principali attività della Pubblica amministrazione. Nonostante sia ancora avvertita la necessità di sviluppare ulteriormente e diffondere in maniera capillare alcune procedure informatiche, il processo di innovazione tecnologica risulta, comunque, già avviato (Regno Unito, Francia, Olanda e Austria sono i paesi in cui i processi di digitalizzazione sono più permeanti). La necessità di integrare le attività amministrative utilizzando il supporto della tecnologia, deriva dalla volontà della Commissione europea di ottenere che in ogni Stato si realizzi un progetto di e-government, che possa condurre all’obiettivo finale di ottenere un miglioramento delle prestazioni erogate ai cittadini. Questa prospettiva è stata evidenziata dal report dal titolo “e-government in Europe: the State of Affairs”, presentato dall’EIPA alla conferenza tenutasi a Como nel luglio 2003. Dal report si è rilevato che per ottenere dei risultati concreti in termini di efficacia delle prestazioni è necessario che le amministrazioni aumentino il loro grado di interazione tra loro attraverso la comunicazione in rete e che anche i dipendenti siano orientati verso il performance management. E inoltre si è evidenziata la necessità delle amministrazioni di incoraggiare i propri dipendenti a sviluppare, attraverso percorsi formativi ad hoc, le competenze necessarie per l’utilizzo delle tecnologie. Uno tra i procedimenti maggiormente innovativi individuati e che potrebbe apportare significativi cambiamenti nei processi di gestione delle risorse umane, riguarda la creazione di un database centrale, in cui dovranno essere inseriti tutti i dati attinenti alla vita lavorativa di ogni dipendente in modo da seguirne con precisione l’iter professionale (dal momento dell’assunzione della mansione fino alla fase del pensionamento), rilevando il percorso di carriera che è stato compiuto, la formazione ricevuta e gli eventuali percorsi di mobilità. In tal maniera, si otterrebbe una visione integrata e completa dei percorsi di carriera e si attuerebbe una più corretta pianificazione delle risorse umane disponibili. Questa prospettiva risulta ancora in fase embrionale, dal momento che sono molti i paesi (Italia inclusa) che ancora non hanno adottato queste procedure. Appare chiaro come lo sviluppo tecnologico, di conseguenza, diventi un elemento di rilievo per la crescita della motivazione e della condivisione di obiettivi e prospettive nell’ambito del proprio contesto lavorativo.


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Il livello di progresso tecnologico di una nazione risulta fortemente legato a due fattori di rilievo riscontrabili da un lato nella crescita economica e culturale e dall’altro nel grado di competitività a livello internazionale. Entrambi i fattori indicano l’indice di sviluppo di un paese. Nel corso degli ultimi anni si sono registrati segnali positivi e di ottimismo che hanno evidenziato la diffusione sempre più capillare e il potenziamento degli strumenti tecnologici e la collaborazione tra le nazioni si è rinnovata attraverso la stesura di piani d’azione comuni (il più recente è stato denominato eEurope 200511) che hanno avuto come obiettivo l’incremento dell’utilizzo delle soluzioni tecnologiche nei contesti lavorativi statali e la possibilità di rafforzare lo scambio di informazioni e servizi tra gli Stati membri. La priorità del piano si concentra sulla necessità di portare a tutti i cittadini e alle imprese i benefici di Internet attraverso: • una possibilità di accesso e fruibilità alla rete continui; • l’implementazione di modelli che garantiscano la sicurezza della circolazione delle informazioni attraverso la rete; • sistemi governativi on-line interattivi (realizzando in tal modo una politica di e-government); • sistemi sviluppati di e-Health (sulla salute) ed e-Learning (formazione a distanza) efficienti. Si tenterà attraverso queste soluzioni di far penetrare la cultura tecnologica nelle tre realtà che sono alla base della crescita economica di un paese quali: imprese, cittadini e istituzioni, in modo che la tecnologia venga considerata non più come un costo, ma come leva essenziale per la crescita e lo sviluppo delle nazioni, favorendo quel processo di conversione alla digitalizzazione che ha ancora il potere di dividere e differenziare le diverse realtà e i paesi tra loro.

L’Europa della comunicazione Con l’avvento del processo di globalizzazione, che ha portato alla nascita di una nuova cultura comunitaria e condivisa tra i paesi dell’Unione Europea, si è intensificato lo scambio di esperienze e di know-how (conoscenza) tra le nazioni, anche su temi di interesse della comunicazione pubblica. Al fine di potenziare la collaborazione tra gli Stati, quattro Associazioni di comunicazione pubblica (Italia, Spagna, Belgio e Francia) hanno stabilito un protocollo di coopera-

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Disponibile su sito web www. innovazione.gov.it

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LA SEMPLIFICAZIONE DEL LINGUAGGIO E L’ICT

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zione con lo scopo di favorire gli scambi, le esperienze, le riflessioni sulla deontologia professionale tra loro e tutte le Associazioni di comunicazione pubblica europea interessate all’iniziativa. Le Associazioni (che si sono incontrate durante il Salone Europeo della comunicazione pubblica e dei servizi al cittadino e alle imprese – COM-PA), hanno deciso di rafforzare la loro cooperazione impegnandosi a definire i punti di vista comuni sulla comunicazione istituzionale e a favorire gli incontri tra le Associazioni che abbiano come terreno di scambio contenuti sulle iniziative, le riforme delle pubbliche amministrazioni e la professione dei comunicatori pubblici (con funzioni di indirizzo e controllo). A tal fine è stata, infatti, redatta la Carta di Bologna, che costituisce il protocollo di cooperazione tra le Associazioni, sottoscritta in occasione del COMPA (5 novembre 2004). Il documento ribadisce la necessità di una cooperazione tra le associazioni di comunicazione pubblica europee allo scopo di creare maggiori possibilità di confronto sui temi comuni e favorire lo scambio di esperienze. Secondo la Carta, infatti: “La comunicazione pubblica e istituzionale è progressivamente riconosciuta come un dovere che risponde al diritto dei cittadini all’informazione e al dibattito pubblico. È essenziale alla trasformazione e alla modernizzazione delle istituzioni pubbliche, delle amministrazioni e all’esercizio della democrazia”. La missione individuata dal comitato permanente si è concretizzata attraverso la costituzione di una federazione di tutte le Associazioni dell’Unione Europea (FEACP) creata con il compito di rafforzare la collaborazione e stabilire indirizzi e azioni comuni12, attraverso i quali favorire la migliore funzionalità delle pubbliche amministrazioni. La FEACP si propone, infatti, di rappresentare le Associazioni di comunicazione pubblica europee con l’obiettivo di rafforzare la cultura della comunicazione e valorizzare la professionalità e il ruolo dei comunicatori pubblici.

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Protocollo di cooperazione tra le Associazioni di “Comunicazione Pubblica” dell’Unione Europea, 5 novembre 2004, Bologna.


CAPITOLO 6 IL RUOLO DELLA DIREZIONE RISORSE UMANE

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Il ruolo della Direzione risorse umane di Germana Pitrola

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Nel periodo antecedente alle riforme, i cittadini percepivano la Pubblica amministrazione come una struttura rigida e accentratrice, governata da un sistema normativo che lasciava poco spazio alla libertà d’iniziativa e molto alla consuetudine. Con i cambiamenti intercorsi, che hanno introdotto un modello di organizzazione che trae esempio ed impulso dal settore privato e una politica di decentramento di funzioni a livello locale, sono state attivate nuove modalità di gestione dell’apparato amministrativo. Di conseguenza, anche i processi che regolano gli equilibri organizzativi quali, ad esempio, la gestione del personale e gli interventi di razionalizzazione delle strutture e degli organici (determinati, peraltro, anche dalla diminuzione del numero degli enti pubblici in ragione di una politica di accorpamento e dall’attivazione di processi di mobilità) hanno subito importanti modifiche. La comunicazione, che in questo contesto ha ottenuto la sua legittimazione, acquisisce di conseguenza la funzione di guida per l’amministrazione con il compito di condurla verso lo sviluppo di metodologie rivolte alla pianificazione delle attività e alla definizione dei ruoli e delle posizioni interne all’ente. La difficoltà, tuttavia, ad utilizzare potenzialità e vantaggi della comunicazione, ha portato all’attenzione di tutti la necessità di avvalersi di personale specializzato e di strutture dedicate. Se in passato tali attività erano lasciate all’improvvisazione del personale interno (dirigenti e dipendenti), che acquisivano competenze e conoscenze attraverso l’esperienza sul campo, oggi la situazione appare differente. Le attività di comunicazione interna all’amministrazione, svolte nell’ambito della Direzione del personale, consentono di definirne un ruolo strategico all’interno dello stesso ente. I compiti della Direzione, rivolti quasi esclusivamente alla cura dei profili amministrativi e contabili del rapporto di lavoro, con la nuova riorganizzazione si estendono e la comunicazione inizia a essere vista sempre più come valore aggiunto e come utile strumento di governo e gestione delle risorse umane. Fino a pochi anni fa, l’operato della Direzione del personale era strettamente vincolato al rigido rispetto delle normative e dei contratti collettivi di lavoro.


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Con il decentramento amministrativo e i nuovi contratti di lavoro, le Direzioni hanno ottenuto una maggiore autonomia e hanno iniziato ad adottare delle procedure meno standardizzate, basate su criteri di flessibilità e di personalizzazione dei metodi. L’attenzione si è così focalizzata su aspetti che precedentemente erano stati trascurati, quali: • l’intensificazione dello scambio di esperienze tra organizzazioni private e pubbliche; • l’introduzione di forme di lavoro flessibile e di una maggiore mobilità dei dipendenti e dei dirigenti (a livello nazionale e internazionale); • l’introduzione di strumenti di valutazione dei risultati ottenuti, capaci di determinare l’entità dei cambiamenti. Queste trasformazioni hanno prodotto un cambiamento di mentalità degli operatori pubblici che hanno compreso che un aumento della disponibilità e dell’interesse da parte di chi presidia la gestione del personale, dà luogo a risultati positivi, in termini di miglioramento dei rapporti interpersonali e della salute dell’organizzazione.

Il ruolo della Direzione del personale nel settore privato e nel settore pubblico: un confronto Con il processo di privatizzazione, la pubblica amministrazione, ha mutuato dalla realtà organizzativa privata, elementi di gestione e organizzazione che hanno apportato notevoli miglioramenti al tradizionale modo di fare amministrazione pubblica. La Direzione delle risorse umane è stato uno dei settori che hanno beneficiato maggiormente di queste trasformazioni basate principalmente sull’acquisizione di nuove conoscenze sul modo di governare le risorse umane presenti nell’organizzazione e che ha avuto come conseguenza un miglioramento del clima, della motivazione e del sentimento di appartenenza dei dipendenti all’amministrazione. Inoltre con l’aumento delle funzioni attribuite alle Direzioni sono aumentate anche le responsabilità introdotte dal nuovo processo di riorganizzazione aziendale. Anche la Direzione del personale in ambito privato ha subito nel corso degli ultimi anni delle trasformazioni che gli hanno conferito maggiore autonomia e nuovi strumenti utili alla gestione del personale. Entrambe le Direzioni (sia pubbliche che private), come si può notare, si muovono seguendo percorsi simili e adottando per quanto sia possibile, data la differenza degli ambiti di interesse e dei pubblici di riferimento, le stesse procedure.


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Le tre le tappe fondamentali che hanno contrassegnato l’evoluzione della Direzione del personale: • al momento della sua istituzione all’interno dell’organizzazione, la Direzione esercitava prevalentemente funzioni di amministrazione del personale. I suoi compiti riguardavano in particolar modo: la gestione delle presenze e delle retribuzioni (calcolo dell’erogazione degli stipendi, attuazione degli adempimenti fiscali e assicurativi), la disciplina e la risoluzione dei rapporto di lavoro, la gestione delle controversie e l’erogazione dei servizi ai dipendenti1. Le funzioni esercitate erano rigidamente gerarchizzate e soggette ai vincoli imposti dalle normative in vigore; • con il passare del tempo, la Direzione del personale ha acquisito funzioni che l’hanno resa molto più recettiva agli stimoli provenienti dall’esterno – da parte di dipendenti, cittadini, sindacati – (si iniziano, infatti, a delineare nuovi metodi di reclutamento e selezione del personale e vengono intensificati i rapporti con i sindacati). La funzione esercitata dall’organismo si qualifica, pertanto, come promozione del personale. Assumono particolare rilevanza i processi di selezione del personale che si focalizzano adesso anche sull’analisi della motivazione e delle attitudini dei candidati (rilevati con l’utilizzo di test psico-attitudinali e colloqui) e sull’utilizzo della formazione2 come strumento di apprendimento di nuove competenze indirizzate, all’interno del contesto lavorativo, sia al gruppo dirigente che ai dipendenti. La direzione del personale conquista maggiore autonoma e si rapporta con le altre tradizionali funzioni come struttura capace di governare il mercato del lavoro interno; • allo stato attuale i compiti delle Direzioni sono indirizzati verso lo sviluppo e la valorizzazione strategica del personale. La Direzione ha assunto un ruolo centrale nell’organizzazione, poiché concorre a pianificare strategicamente le scelte che dovrà affrontare l’azienda (che riguardano principalmente la selezione e la collocazione del personale) contribuendo in misura rilevante alla costruzione dell’immagine aziendale al suo interno. Sono state poste in questo modo, le basi per la creazione di un

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Dipartimento della Funzione Pubblica, Le Direzioni del Personale delle amministrazioni Centrali dello Stato, ricerca a cura dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne, maggio 2002. Per formazione non si deve intendere solamente il processo di addestramento e riqualificazione del personale, ma quel processo di sviluppo organizzativo che agisce all’interno dell’organizzazione e che mira all’accrescimento delle competenze piuttosto che al trasferimento di specifiche conoscenze. La differenza risiede nel fatto che mentre i corsi di qualificazione professionale spesso sono svolti da scuole di formazione esterne, in quest’ultimo caso sono esercitati da personale interno all’organizzazione o dal gruppo dirigente.

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stretto raccordo tra scelte strategiche aziendali e potenzialità delle risorse umane. L’organizzazione, in questo modo, viene ad essere guidata da un sistema integrato di sinergie che si muovono in direzione di una valorizzazione del potenziale inespresso. 116

Tra le due Direzioni, del settore privato e di quello pubblico, si riscontrano forti similarità, riguardanti soprattutto i vari stadi evolutivi, poiché entrambe le realtà hanno attraversato una fase di passaggio che le ha viste trasformarsi da direzioni rigide e poco autonome, a perno delle attività che si svolgono all’interno dell’organizzazione e motori di ricerca del potenziale esterno ed interno. Uno dei punti di difformità, invece, riguarda l’ambito di interesse: le pubbliche amministrazioni si trovano ad operare in un settore non governato dalle regole del mercato (come accade nel privato) basato sulla competizione e sulla libera concorrenza, ma devono avere come fine ultimo della loro azione il raggiungimento del bene pubblico, pertanto devono focalizzarsi sull’erogazione di servizi di qualità per il soddisfacimento dei bisogni del cittadino. Inoltre, pur con tutta l’autonomia che la Direzione del personale in ambito pubblico è riuscita ad ottenere in questi anni, non bisogna dimenticare che operare nel settore pubblico significa essere soggetti alle regolamentazioni normative, alle pressioni dello Stato e delle procedure burocratiche, poiché anche se sono stati avviati processi di snellimento e semplificazione delle procedure, rimane pur sempre un preciso apparato di regole che devono essere rispettate.

Il Bilancio sociale La legge 241/903, che ha avuto l’importante compito di introdurre il diritto dei cittadini all’accesso e alla trasparenza degli atti emanati dalle amministrazioni, è stata da sempre considerata la risposta alla richiesta di questi ultimi di partecipare attivamente alle decisioni e alle azioni delle organizzazioni. Questa necessità che trova fondamento nella possibilità di effettuare, per la prima volta, un controllo sugli atti e sulle procedure amministrative e di veder tradotti in pratica i principi di trasparenza e partecipazione rientra a pieno titolo tra i maggiori riconoscimenti ottenuti dal cittadino, nel corso di questi ultimi

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Si ricorda che la legge 241/90 è stata modificata ed integrata con la legge 11 febbraio 2005 n. 15, nella quale – tra l’altro – il diritto di accesso viene elevato a vero e proprio “principio generale” cui deve essere uniformato l’intero operato della p.a.


IL RUOLO DELLA DIREZIONE RISORSE UMANE

anni di riforme. La sua attuazione, indirizza, infatti le istituzioni verso la consapevolezza che la governance si realizzi solamente attraverso una partecipazione attiva e consapevole. Per rispondere alle esigenze riscontrate dai cittadini e in maniera sempre più puntuale ed efficace agli obiettivi tracciati dalle amministrazioni, le istituzioni hanno individuato un nuovo strumento: il Bilancio sociale, che deriva dal mondo del privato, come elemento aggiuntivo del bilancio economico e si colloca come strumento di controllo sociale. Nelle imprese private, come si può intuire, l’attenzione verso questo strumento, non si focalizza sull’interesse pubblico o “sui criteri di responsabilità sociale, in cui valeva il principio smithiano della mano invisibile per cui facendo bene il proprio mestiere l’imprenditore contribuiva al benessere collettivo”, ma poggia su una logica basata sull’innalzamento del livello dell’immagine aziendale e della credibilità verso l’esterno. In ambito pubblico, il Bilancio sociale si afferma, invece, con finalità pubbliche e con l’intento di diventare una funzione di sviluppo del benessere collettivo. Attraverso il Bilancio sociale le pubbliche amministrazioni inaugurano l’apertura di un dialogo e di un confronto con i cittadini e istituiscono una nuova mission: garantire l’erogazione di servizi efficienti e efficaci dimostrando che l’esistenza delle amministrazioni non nasce esclusivamente come conseguenza della volontà del sistema politico e del sistema normativo come forma di esercizio del potere, ma deriva dal consenso pubblico. Attraverso una costante rendicontazione delle proprie azioni e delle proprie attività, inoltre, le pubbliche amministrazioni hanno il vantaggio di poter attivare una fase di monitoraggio dei risultati ottenuti e di risposta alle istanze sollevate dai propri interlocutori. Il Bilancio sociale si inserisce, dunque, in quella fase di progettazione, programmazione e pianificazione, che produce una chiara proiezione delle azioni, delle finalità che verranno realizzate o che sono in corso di realizzazione all’interno delle amministrazioni. Questo documento risulta, inoltre, di grande utilità anche all’interno dell’amministrazione stessa che se ne serve per aumentare la partecipazione dei dipendenti alle azioni poste in essere dall’organizzazione attraverso la capillare diffusione in rete del documento. Il Bilancio sociale4 rappresenta un nuovo modo di comunicare le scelte fatte e le risorse impiegate per realizzare i piani previsti, in rispondenza ad un progetto di rivalutazione della comunicazione istituzionale come strumento che

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Per maggiori approfondimenti consultare il volume I manuali di Cantieri, Dipartimento della Funzione Pubblica, “Il Bilancio sociale nelle amministrazioni pubbliche” (a cura di) Angelo Danese, aprile 2004.

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incide in misura rilevante sulla percezione, da parte del cittadino, del livello dei servizi resi 5.

Dal customer relationship management al citizens relationship management 118

I cittadini sono il cuore della democrazia. Questa affermazione costituisce la frase iniziale con cui si apre il rapporto sul servizio del Management pubblico dei paesi dell’OECD (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) di cui fa parte anche l’Italia. Secondo il documento, il concetto di democrazia, come sistema di governo, si fonda sul consenso dei cittadini che lo esercitano attraverso elezioni libere e assemblee rappresentative. Sono i cittadini, dunque, a legittimare il sistema istituzionale di un paese. Le istituzioni negli ultimi anni hanno riconosciuto la centralità del ruolo del cittadino nel duplice ruolo di colui che da un lato ha potere di legittimazione e, dall’altro, di essere interlocutore privilegiato delle amministrazioni. La necessità di realizzare processi inclusivi dei cittadini nella sfera dell’azione pubblica diventa in questo modo il principale dovere/compito delle istituzioni. Si rilevano nuove esigenze che fondano la loro esistenza sul concetto di democrazia come luogo in cui vengono esercitati valori fondamentali quali: trasparenza, responsabilità e partecipazione. I cittadini, dal canto loro, hanno dimostrato di poter e saper partecipare attivamente al governo della “cosa pubblica”, valorizzando le opportunità loro offerte dall’informazione (che in tale ottica costituisce la pre-condizione per una partecipazione attiva), riuscendo in tal modo a dare voce alle loro richieste e offrendo un contributo attivo allo sviluppo della sfera pubblica. Lo sviluppo della relazione tra cittadini e istituzioni, vista in tale ottica, si muove lungo direttive tra loro complementari e interdipendenti che sono: informazione, consulatazione e partecipazione attiva6.

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Intervento del Ministro della Funzione Pubblica, On. Mario Baccini, Human governance: per una cultura della p.a., Bruxelles, 3 marzo 2005. Citizens as Partner: Information, Consultation and Public Participation in Policy-Making, OECD 2001.


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L’informazione è il primo gradino della relazione. Le amministrazioni creano le informazioni e le diffondono ai cittadini, che acquisiscono il ruolo di soggetti attivi del rapporto. Infatti, la funzione passiva dell’informazione costituita dal libero accesso, si trasforma in partecipazione attiva dato che sono i cittadini stessi a richiedere maggiore informazione e il governo è pronto a mettere in atto misure per agevolare una più puntuale diffusione. Esempio: lo Stato oltre a garantire il pubblico accesso ai documenti e agli atti amministrativi e la pubblicità dei concorsi attraverso le Gazzette Ufficiali, comunica le attività amministrative realizzando i siti web istituzionali. La consultazione costituisce il secondo gradino. I cittadini attivano un feedback con le istituzioni. Il governo stabilisce i valori per la consultazione, le priorità dell’attività amministrativa e le strategie, mentre i cittadini sono invitati a contribuire a queste attività attraverso le loro opinioni e punti di vista. La partecipazione attiva è l’ultimo gradino della relazione. I cittadini partecipano attivamente nella definizione e nei contenuti all’attività amministrativa, sono propositivi e aperti al dialogo anche se le decisioni definitive spettano alle istituzioni.

Queste considerazioni ci aiutano a capire come una pubblica amministrazione che voglia essere competitiva e funzionare in maniera efficiente, deve oggi rivolgere la sua attenzione soprattutto al potenziamento del rapporto con i propri interlocutori, senza dimenticare, però, di erogare servizi competitivi e di qualità. Per raggiungere un obiettivo tanto ambizioso, le istituzioni si sono ispirate al concetto di fidelizzazione del cliente nella definizione di questo nuovo tipo di relazione. Nella determinazione di strumenti e strategie adeguati a ottenere risultati di successo ci viene nuovamente in aiuto il mondo del privato che già da alcuni anni ha sperimentato, con esito positivo, soluzioni di CRM (Customer Relationship Management). Il CRM è una strategia di business che basa la sua azione sull’orientamento al cliente per avere successo7. Le aree su cui si focalizza il CRM sono sostanzialmente tre: • la gestione della relazione con il cliente che si ottiene facendo leva sull’uso di una strategia basata sulla multicanalità integrata, ovvero la compresenza di 7

T. Schael, Tendenze del CRM in Italia, VoiceCom News, n. 6 gennaio 2005.

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più canali di comunicazione che creino contatto diretto con il cliente quali: sportelli, call center, Internet, e-mail, posta tradizionale, chioschi (i cosiddetti contact center); • la strategica gestione dei processi commerciali e della forza vendita; • l’utilizzazione di strategie di marketing. 120

Il CRM in ambito pubblico si trasforma in Citiziens Relationship Management dal momento che l’ambito di interesse è differente rispetto al privato (nel caso specifico la sfera pubblica, per cui gli interlocutori privilegiati diventano i cittadini). Nel CRM, ciò che accomuna pubblico e privato è l’attenzione posta alla relazione che precede il momento dell’erogazione del servizio, in un’ottica di miglioramento, di personalizzazione e di soddisfazione delle aspettative del cliente. Le finalità sono invece differenti: prettamente economiche e orientate al profitto per il privato, e istituzionali per il pubblico. Stesse le sfide delle aziende private: razionalizzazione dei costi, aumento della produttività, accrescimento della soddisfazione dell’utente, miglioramento della qualità dei servizi, accesso continuo e puntuale alle informazioni, gestione e sviluppo delle risorse umane. Infatti a tal proposito è importante considerare l’attenzione rivolta anche alla gestione delle risorse interne all’organizzazione. Perché una strategia risulti vincente è infatti necessario puntare sulle risorse aziendali per ottenere il miglioramento del rapporto con i cittadini. Le risorse umane sono le prime interlocutrici con cui si interfacciano i clienti delle pubbliche amministrazioni. È necessario quindi a tal proposito adeguare la preparazione del personale alle richieste che possono pervenire dal cittadino attraverso azioni di formazione. Un’amministrazione che voglia orientarsi al cittadino può trovare nelle soluzioni improntate al CRM una risposta ai problemi di gestione delle risorse umane, di scelta delle tecnologie da utilizzare e dell’attivazione di soluzioni di monitoraggio per la valutazione delle performance ottenute. L’orientamento al cittadino nell’ottica di un’amministrazione “amica”, che lo accompagna verso la soddisfazione dei suoi bisogni, ha portato inoltre alla nascita del concetto di amministrazione intelligente, la cosiddetta i-admnistration. La pubblica amministrazione attraverso i suoi canali (telematici, uffici e contact center) si assume il compito di fornire le risposte più adeguate alle richieste formulate. Possiamo individuare alcune caratteristiche e i vantaggi di una i-administration: • i servizi versus procedimenti (i servizi rivolti al cittadino diventano il reale scopo dell’attività amministrativa); • la personalizzazione (i servizi sono creati in rispondenza alle esigenze di target ben definiti);


IL RUOLO DELLA DIREZIONE RISORSE UMANE

• la proattività (partecipazione attiva del cittadino); • l’integrazione dei sistemi di informazione (utilizzo di più sistemi di informazione tra loro integrati); • la multicanalità (scelta di più canali di comunicazione per essere più vicini al cliente e per avere maggiori possibilità di raggiungerlo in modi diversi); • l’interoperabilità tra le amministrazioni (creazione di un clima di collaborazione tra le varie amministrazioni); • la qualità ed eccellenza (ricerca di servizi sempre più competitivi e di qualità); • l’orientamento totale al cittadino (il cittadino acquista finalmente un ruolo centrale nell’amministrazione verso cui si indirizza la sua attività); • il cambiamento di cultura delle organizzazioni pubbliche (si respira una nuova cultura fatta di valori condivisi e creati all’interno della stessa organizzazione); • la collaborazione tra settore pubblico e privato (ricerca di un punto di unione tra realtà pubblica e privata nella scelta e valutazione di strategie di successo). Non dimentichiamo, infine, che sia la i-administration che il CRM fanno largo uso dell’ICT, poiché molte azioni su cui si basano entrambi i processi si fondano proprio sull’uso degli strumenti tecnologici (oggi ad esempio è possibile prenotare alcuni servizi pubblici attraverso gli sms o ricevere informazioni in tempo reale tramite Internet e intranet).

La comunicazione e i comunicatori Il paradosso della comunicazione consiste nelle difficoltà, a volte riscontrata, di riuscire a fare da mediatrice nei contatti tra le persone e nel creare validi presupposti per la nascita di una interazione in cui vengano messi in risalto gli aspetti umani e di relazione. L’aspetto informativo della comunicazione, che si sviluppa attraverso la circolazione delle notizie sembra, invece, non risentire del problema, a causa del fenomeno sempre più frequente della sovrapproduzione di informazioni. L’eccedenza di informazione ha fatto sì che venissero celati sotto una indistinta massa di notizie temi di grande rilievo e importanza, tralasciati in funzione di annunci più immediati, e che si sviluppasse l’aspetto divulgativo della comunicazione. Proprio in considerazione della spersonalizzazione della funzione di comunicazione e dei rapporti di relazione sociale, ci sembra importante sottolineare l’apporto delle persone che sono chiamate a riequilibrare il rapporto tra informazione e comunicazione: i comunicatori pubblici.

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Creare i presupposti per ridurre le barriere tra le persone e metterle in relazione tra loro, stabilire l’agenda setting (il grado di importanza e l’ordine secondo cui devono essere trattate le varie notizie di interesse pubblico, in considerazione del fatto che l’ordine di importanza dato ai problemi dai media non è lo stesso per le istituzioni o per i cittadini8), contribuire a rendere le pubbliche amministrazioni non più oggetto di comunicazione, spesso critica, ma soggetto, migliorando la loro capacità di comunicare con i loro pubblici di riferimento, sono solo alcuni dei compiti affidati oggi alla figura del comunicatore pubblico. In tal senso, infatti, il comunicatore è colui che riesce a trasmettere il cambiamento, a interpretare rapidamente le situazioni e le tendenze in atto all’interno della società. La sua funzione, da cui derivano compiti e responsabilità, nasce dal riconoscimento dell’importanza delle attività di comunicazione e informazione e dalla volontà delle pubbliche amministrazioni di istituire una persona con una formazione specifica a cui affidare il difficile compito di mediatore nel delicato rapporto tra cittadini e istituzioni. La figura del comunicatore, a livello normativo, è stata istituita e legittimata dalla legge 150/2000. In passato, ricordiamo invece che, le attività di comunicazione e informazione svolte nell’ambito della pubblica amministrazione, erano affidate a personale interno non abilitato a tale esercizio. La legge 150/2000 oltre ad indirizzare le amministrazioni su come gestire le attività di informazione e comunicazione, istituendo la figura del comunicatore pubblico, indica anche quale debba essere il ruolo di colui che è deputato a gestire i flussi di comunicazione esterni e interni di una pubblica amministrazione. Il comunicatore ha, infatti, potere di coordinamento, promozione e sviluppo di progetti che interessano le attività di comunicazione e informazione, nel rispetto dei principi di trasparenza, partecipazione e di tutela dei dati. A tal proposito, infatti, il codice deontologico e di buona condotta promosso dall’Associazione Italiana di Comunicazione Pubblica e Istituzionale, vieta di divulgare dati personali dal momento che gli stessi rientrano a pieno titolo tra i diritti fondamentali e inviolabili della persona. Il comunicatore pubblico si trova così ad esercitare il delicato compito di fare da spartiacque tra il dovere di agevolare l’accesso alle informazioni e il garantire il diritto alla riservatezza. Le pubbliche amministrazioni nel tentativo di ottenere un miglioramento dei propri servizi, hanno rilevato che ottimi risultati potevano essere raggiunti attraverso l’uso di una efficace comunicazione esterna e di un accurato processo comunicativo interno che permettesse ai dipendenti di condividere obiettivi e

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D. Mc Quail, Sociologia dei media, il Mulino, Bologna 2001.


IL RUOLO DELLA DIREZIONE RISORSE UMANE

risultati amministrativi. La comunicazione in questo modo è diventata un processo tri-direzionale che ha messo, cioè, in relazione i tre soggetti del rapporto (p.a., risorse umane e cittadini) consolidando e agevolando lo scambio reciproco9. Infatti, pur avendo la più efficiente delle amministrazioni, senza l’apporto e il contributo dei dipendenti e dei cittadini, non ci sarebbero i presupposti utili per un buon funzionamento dell’apparato amministrativo. In una società complessa come la nostra, riuscire a creare una cittadinanza attiva è uno degli obiettivi primari che si sono poste le istituzioni. Attraverso la comunicazione si è dato non solo nuovo valore, ma un riscontro concreto dell’operato amministrativo (che non è solo quello di governare risorse e processi, ma di produrre servizi) ai cittadini. La comunicazione in questo frangente diventa il modo attraverso cui i cittadini esercitano una funzione di controllo sociale sull’operato delle istituzioni, nella piena realizzazione dei principi di trasparenza e visibilità dell’azione amministrativa e il comunicatore pubblico, come persona che verifica l’andamento dello stato dell’arte, assume il ruolo di garante. Comunicazione e comunicatori, elementi così controversi, ma così importanti e che solo di recente hanno ottenuto legittimazione, purtroppo ancor oggi non riescono a entrare di diritto all’interno di tutte le pubbliche amministrazioni, poiché sono ancora percepiti come fattori marginali dell’attività amministrativa. Il riconoscimento del ruolo della comunicazione e della professionalità del comunicatore sono, quindi, solo un primo passo verso l’individuazione della loro funzione strategica e di verifica dello stato reale di attuazione della legge 150 del 2000.

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A. Margheri, Comunicazione interna: un “asset” strategico, Pubblico impiego, Il Sole24Ore, aprile 2005, n. 4.

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Sitografia www.dueparole.it www.formez.it www.funzionepubblica.it www.mestierediscrivere.it www.innovazione.gov.it www.padigitale.it www.urp.it


Le collane del Formez

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Quaderni 1. Quarto rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (maggio 2001) 2. La riforma del welfare e le nuove competenze delle amministrazioni regionali e locali (giugno 2001) 3. Patti territoriali e Agenzie di sviluppo (giugno 2001) 4. Il ruolo delle Agenzie locali nello sviluppo territoriale (luglio 2001) 5. Comuni e imprese – 56 esperienze di Sportello unico (ottobre 2001) 6. Progetto Officina – Sviluppo locale e eccellenza professionale (febbraio 2002) 7. Quinto rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. - Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (maggio 2002) 8. Lezioni sul nuovo ordinamento amministrativo italiano (ottobre 2002) 9. Le Province nell’attuazione del Piano di egovernment (novembre 2002)

12. L’amministrazione liberale – Appunti di lavoro (giugno 2003) 13. La valorizzazione sostenibile della montagna (giugno 2003) 14. Governare lo sviluppo locale – Le aree protette marine della Sardegna (giugno 2003) 15. Le Agenzie di sviluppo al Centro Nord – Strategie di rete e comunità professionali (giugno 2003) 16. Contabilità ambientale negli Enti locali (giugno 2003) 17. Le Agende 21 Locali (giugno 2003) 18. Integrazione dell’offerta formativa – Normativa regionale (luglio 2003) 19. Piani di azione e politiche di innovazione – Il caso dello Sportello unico (dicembre 2003) 20. Le autonomie locali nelle Regioni a Statuto speciale e nelle Province autonome (marzo 2004) 21. La pubblica amministrazione e il sistema delle imprese – Rapporto di ricerca (marzo 2004) 22. La comunicazione pubblica – Linee operative (giugno 2004)

10. Integrazione dell’offerta formativa – La normativa nazionale (aprile 2003)

23. La semplificazione amministrativa nelle Regioni (giugno 2004)

11. Sesto rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (maggio 2003)

24. Settimo rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (luglio 2004)


25. La formazione nella p.a. che cambia – L’esperienza del Ministero dell’Ambiente (luglio 2004) 26. L’attrattività dei territori nelle politiche di internazionalizzazione (ottobre 2004) 132

27. La governance dell’internazionalizzazione produttiva- Il laboratorio (ottobre 2004) 28. La governance dell’internazionalizzazione produttiva – L’osservatorio (ottobre 2004) 29. La comunicazione interna nella p.a. regionale e locale (novembre 2004) 30. La public governance in Europa (7 voll.) (dicembre 2004) 31. Nuovi soggetti della governance esterna (dicembre 2004) 32. L’analisi di impatto della regolazione in dieci Paesi dell’Unione europea (gennaio 2005) 33. Le risorse culturali – Studi di fattibilità ed esperienze di gestione (gennaio 2005) 34. Scenari per il ‘buon governo’ delle Regioni (aprile 2005) 35. Qualità nei Servizi per l’Impiego – Sistemi locali e nuovi strumenti di rilevazione (aprile 2005) 36. Ottavo rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (luglio 2005) 37. L’empowerment degli Sportelli unici (settembre 2005) 38. Note e commenti sul sistema amministrativo italiano – 2004 (3 voll.) (ottobre 2005)

39. Autonomia tributaria e federalismo fiscale (novembre 2005) 40. Nuovi profili di accountability nelle p.a. (2 voll.) (novembre 2005) 41. Il governo della salute – Regionalismi e diritti di cittadinanza (dicembre 2005) 42. Autonomia regionale e unità della Repubblica (dicembre 2005) 43. La contrattazione integrativa nei comparti della p.a. – Quadriennio 2001/2004 (febbraio 2006) 44. Sostenibilità urbana e decentramento – La Rete dei Municipi di Roma per Agenda 21 Locale (febbraio 2006) 45. Scenari e tendenze della formazione pubblica (marzo 2006) 46. I livelli essenziali delle prestazioni – Questioni preliminari e ipotesi di definizione (giugno 2006) 47. Nono rapporto nazionale sulla formazione nella p.a. – Lo scenario della formazione nel sistema delle autonomie locali (luglio 2006) 48. L’amministrazione per sportelli (ottobre 2006) 49. I confronti di performance tra Comuni come strumento di apprendimento (ottobre 2006) 50. La semplificazione tra Stato, Regioni e Autonomie locali – Il caso della legge 241 (novembre 2006) 51. Note e commenti sul sistema amministrativo italiano in contesto internazionale. 2006 (3 voll.) (dicembre 2006)

Strumenti 1. Il contenzioso nel lavoro pubblico (maggio 2001)

2. Modello e strumenti di valutazione e monitoraggio dei corsi RIPAM (luglio 2001)


3. Appunti di programmazione, bilancio e contabilità per gli Enti locali (gennaio 2002)

19. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione Campania (maggio 2004)

4. Project Cycle Management – Manuale per la formazione (marzo 2002)

20. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione del Veneto (luglio 2004)

5. Il governo elettronico – Rassegna nazionale e internazionale (marzo 2002)

21. Il contratto di servizio – Elementi per la redazione e la gestione (luglio 2004)

6. Il governo delle aree protette (aprile 2002)

22. Guida alla progettazione dell’offerta formativa integrata (luglio 2004)

7. Il contenzioso nel lavoro pubblico – L’arbitrato (aprile 2002)

23. Programmazione e gestione della formazione – Il sistema Informal (novembre 2004)

8. Common Assessment Framework – Uno strumento di autovalutazione per le pubbliche amministrazioni (giugno 2002)

24. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione Piemonte (dicembre 2004)

9. Il controllo di gestione negli Enti locali (luglio 2002)

25. La governance locale – Linee guida per i Comuni (agosto 2005)

10. Comunità di pratiche, di apprendimento e professionali – Una metodologia per la progettazione (dicembre 2002)

26. Il lavoro coordinato e continuativo nella p.a. – Linee guida (settembre 2005)

11. Modello e strumenti web based di valutazione e monitoraggio dei corsi RIPAM (marzo 2003) 12. L’impresa artigiana e lo Sportello unico per le attività produttive (marzo 2003) 13. Programmazione e realizzazione di progetti pubblici locali – Un sistema di monitoraggio degli interventi (giugno 2003) 14. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione Lombardia (giugno 2003) 15. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione Emilia-Romagna (settembre 2003) 16. Il sistema normativo della Protezione civile (novembre 2003)

27. La finanza di progetto – Esperienze a confronto (ottobre 2005) 28. La governance locale – Linee guida per le Province (novembre 2005) 29. La governance locale – Linee guida per le Comunità montane (dicembre 2005) 30. Le garanzie nel sistema locale delle comunicazioni: le deleghe ai Co.Re.Com. – Linee guida per le materie delegate (dicembre 2005) 31. Manuale per il responsabile dello Sportello unico – Regione Lazio (dicembre 2005) 32. Le misure del cambiamento nella p.a. – Indicatori di performance (febbraio 2006)

17. Il ruolo delle Province in materia di viabilità (febbraio 2004)

33. La governance locale – Strumenti e buone pratiche (3 voll.) (maggio 2006)

18. Investimenti pubblici e processo decisionale (maggio 2004)

34. Scenari della riforma dell’Unione europea (dicembre 2006)

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Azioni di sistema per la pubblica amministrazione

1. Sportello unico e servizi alle imprese – Le azioni delle Regioni (novembre 2002) 2. L’impatto economico dello Sportello unico (novembre 2002)

15. L’esperienza dei PIT – Studi di caso (aprile 2004) 16. La formazione continua nella p.a. – L’approccio integrato di Gymnasium (aprile 2004)

134 3. Scambio di innovazioni tra amministrazioni (aprile 2003) 4. Il Bilancio di Competenze – Una proposta per la pubblica amministrazione (giugno 2003) 5. Progetti integrati e sviluppo territoriale – Regioni Obiettivo 1 (luglio 2003) 6. L’attuazione della riforma del welfare locale (2 voll.) (agosto 2003) 7. Le politiche di incentivazione del personale nella p.a. (agosto 2003) 8. Lo sviluppo delle risorse umane – Casi di sistemi premianti (agosto 2003) 9. Lo Sportello unico e le politiche regionali per le imprese (dicembre 2003) 10. Modelli di gestione per i Progetti Integrati Territoriali (dicembre 2003) 11. Governance e sviluppo territoriale (dicembre 2003) 12. Le competenze delle Agenzie di sviluppo – Sperimentazione in Calabria e Sardegna (dicembre 2003)

17. Lavoro pubblico e flessibilità – Manuale operativo (maggio 2004) 18. Gestione delle procedure telematiche di acquisto nelle p.a. – Linee guida sul marketplace (maggio 2004) 19. Sistemi informativi per i Progetti Integrati Territoriali (luglio 2004) 20. Percorsi evolutivi dei Piani Sociali di Zona – Analisi di sfondo (novembre 2004) 21. Riforma del welfare e gestione dei servizi sociali – Quadro normativo e strumenti di lavoro (dicembre 2004) 22. Lo sviluppo dei sistemi turistici locali – Regioni Obiettivo 1 (dicembre 2004) 23. Gli osservatori provinciali sociali (febbraio 2005) 24. Strategie di utilizzo del marketplace nelle amministrazioni pubbliche (marzo 2005) 25. Sviluppo territoriale, Agenzie e pubblica amministrazione – Interpretazioni e pratiche innovative (maggio 2005)

13. Il partenariato socioeconomico nei Progetti Integrati Territoriali (dicembre 2003)

26. La programmazione sanitaria – Metodologie e strumenti di valutazione per le Regioni e le Aziende Sanitarie (giugno 2005)

14. Apprendimento e cambiamento organizzativo nella p.a. – Tre casi europei a confronto (aprile 2004)

27. Dai sistemi di qualità alla qualità di sistema – La domanda-offerta di formazione per la p.a. (dicembre 2006)


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Formez Centro di Formazione Studi Presidenza e Direzione Generale via Salaria 229, 00199 Roma tel. 06 84891 www.formez.it

Stampa SocietĂ Tipografica Romana srl Finito di stampare nel mese di marzo 2007 Pubblicazione non in vendita


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