La tradizione e il folklore italiano. Dalle memorie iconografiche regionali al visual design.

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La tradizione e il folklore italiano.

Dalle memorie iconografiche regionali al visual design.



Politecnico di Torino Dipartimento di Architettura e Design, Design e Comunicazione visiva Tesi di laurea di primo livello

La tradizione e il folklore italiano. Dalle memorie iconograďŹ che regionali al visual design.

Candidati Alberto Naldi Helena Sciavarrello Relatore Fabio Guida



Abstract

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00 – Introduzione Premessa Obiettivi Contenuti

13 14 17

01 – Fase di ricerca Introduzione

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Panorama culturale e tradizionale in Italia

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Regionalismo Critico architettonico

40

Regionalismo Critico visuale

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L’evoluzione degli studi sulla cultura popolare Ritualità, movimenti religiosi e devozione popolare Varietà linguistica Tradizione culinaria e cultura Il legame tra ambiente naturale e cultura

Una “fecondazione incrociata” Declinazioni e applicazioni nel mondo

Classificazione dei progetti e casi studio I Maestri: Mario Cresci e Mauro Bubbico Opere selezionate Progetti di ricerca

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02 – Fase progettuale Introduzione

156

Analisi di scenario

158

Analisi del target

166

Selezione dei progettisti e delle opere

174

Progettazione dell’esposizione

180

L’identità visiva

276

Comunicazione visiva a Torino e in Piemonte I Graphic Days® Le realtà coinvolte

Target attuale Target potenziale Personas

Criteri di selezione Comunicazione con i progettisti Raccolta e categorizzazione dei materiali ricevuti

L’allestimento I Maestri Progetti di ricerca Opere selezionate I pannelli divisori Progettazione del percorso di visita

Casi studio Il naming Il font La palette colori I supporti

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L’evento

304

Disallestimento

316

Open call

318

Il percorso di visita La situazione del settore culturale in Italia post-lockdown

Il sito web

03 – Scenari futuri Introduzione

324

Mostra virtuale

326

Mostra itinerante

384

Casi studio La mostra e le sue tipologie Tecnologie utilizzate Considerazioni critiche Proposte progettuali Archivio digitale Tour virtuale App di AR

La mostra itinerante e i suoi vantaggi L’influenza del Covid-19 sulle mostre itineranti Casi studio Proposte progettuali Allestimento modulare in acciaio Allestimento modulare in compensato

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04 – Conclusioni

413

05 – Fonti Bibliografia Sitografia Iconografia

419 423 425

06 – Ringraziamenti Ringraziamenti generali Ringraziamenti di Alberto Ringraziamenti di Helena

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431 432 433


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Abstract Singolare Plurale è la mostra sviluppata in occasione della quinta edizione di Graphic Days®, quest’anno con tema Transitions. La tesi vuole raccontare, seguendo un ordine logico e cronologico, la progettazione dell’esposizione e definirne possibili sviluppi futuri. Il percorso espositivo è un’indagine sulle rivisitazioni delle memorie iconografiche e simboliche peculiari delle regioni in chiave contemporanea, attraverso lo strumento del visual design. Il risultato è una mostra che ha ospitato opere e progetti provenienti da tutta Italia, con l’intento di stimolare nel visitatore una riflessione sulla realtà e sui suoi cambiamenti, attraverso la creazione di un ponte tra presente e futuro e rafforzando il legame con il territorio e la propria storia personale. La progettazione di Singolare Plurale si avvia con le ricerche sul folklore e la tradizione italiana, sulla teoria architettonica del Regionalismo Critico di Frampton e con la definizione della libera trasposizione di questa nella comunicazione visiva: il Regionalismo Critico visuale, tema della mostra e del volume di tesi. Ai fini dell’esposizione sono state svolte ricerche relative ai progetti da presentare e la loro classificazione per tematiche. Conclusa la fase di ricerca è stata svolta la fase progettuale, a partire dall’analisi di contesto fino alla progettazione degli allestimenti, del percorso di visita, dell’identità visiva e della call sempre aperta in un’ottica di mostra dinamica. Infine sono stati proposti dei possibili sviluppi futuri di Singolare Plurale, in particolare negli ambiti del digitale e delle mostre itineranti, con l’intento di diffondere la mostra in tutta Italia e farle raggiungere un pubblico più ampio possibile.

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PAGINE 12 – 17

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Introduzione


00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE –

Img 01 – Graphic Days® Transitions


– 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE

Premessa La tesi è stata sviluppata all’interno del contesto Graphic Days®, festival che ogni anno, a partire dal 2016, ospita gli artisti, i professionisti e gli studi più rilevanti del panorama del visual design internazionale, con l’obiettivo di sostenere il valore culturale della comunicazione visiva, fornire nuovi stimoli progettuali ed espressivi e contribuire allo scambio e al confronto critico attraverso il coinvolgimento diretto dei visitatori. È necessario sottolineare l’unicità di questa edizione rispetto alle precedenti, in quanto si è dovuta plasmare sulla base delle restrizioni dovute alla pandemia mondiale in corso. Il progetto di tesi riguarda, in particolare, la progettazione di Singolare Plurale, la mostra principale dell’edizione 2020 del festival. Singolare Plurale indaga le rivisitazioni

00.01 – Introduzione

contemporanee delle tradizioni culturali e folkloristiche italiane attraverso l’esposizione di progetti provenienti da tutto il paese. Il percorso espositivo, che si basa sul concetto di Regionalismo Critico visuale, teorizzato dal team Graphic Days® a partire dall’omonima corrente architettonica del Regionalismo Critico di Kenneth Frampton, attraverso la creazione di connessioni tra presente e futuro, vuole stimolare nel visitatore una riflessione sulla realtà e sui suoi cambiamenti. Il risultato è un volume che affronta le fasi progettuali di un’esposizione di comunicazione visiva, dalla ricerca iniziale alla realizzazione degli allestimenti e dell’identità visiva, sino alle riflessioni e spunti di realizzazione per possibili scenari futuri.

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00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE – 00 – INTRODUZIONE –

Obiettivi Il volume vuole raccontare in modo completo e coerente come avviene e come si sviluppa la progettazione di un percorso espositivo parte del festival Graphic Days®, un contesto fortemente definito e con un’identità solida, e in un periodo di generale instabilità del settore culturale, dovuto alla pandemia da Covid-19. In quest’ottica è risultato fondamentale descrivere la fase di ricerca che si pone alla base del concept della mostra, della

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selezione dei progetti da esporre e dell’organizzazione degli spazi espositivi, anche in relazione alle misure di sicurezza necessarie alla prevenzione del virus. In ultima istanza, il progetto di tesi analizza gli scenari futuri del mondo della cultura, con l’intento di diversificare i metodi e le tecnologie di racconto di una mostra e proporre spunti progettuali, con un focus sulle esposizioni virtuali e itineranti.

00.02 – Introduzione


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Img 02 – Graphic Days® Transitions


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Img 03 – Graphic Days® Transitions


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Contenuti Il manuale, che nasce con l’obiettivo di raccontare la progettazione della mostra Singolare Plurale, lanciata durante la quinta edizione dei Graphic Days®, e di definirne possibili sviluppi, si articola in tre fasi distinte seguendo un ordine logico e cronologico: fase di ricerca, fase progettuale e scenari futuri. Della prima fase fanno parte le ricerche sulla tradizione e sulla cultura regionale italiana e sul Regionalismo Critico architettonico teorizzato da Frampton, utilizzate poi per definire al meglio le caratteristiche del Regionalismo Critico visuale e infine una panoramica sui progetti relativi al tema con conseguente selezione di quelli più interessanti per la mostra. La fase progettuale, dopo aver svolto l’analisi di scenario e target, si è sviluppata partendo dalla definizione e organizzazione dei progetti da esporre, successivamente sono stati progettati e realizzati gli allestimenti, il percorso di visita e in

00.03 – Introduzione

contemporanea l’identità visiva. Il capitolo seguente guarda la progettazione del sito web per aprire una call Singolare Plurale permanente e la sua promozione; infine sono stati descritti l’evento, la sua promozione e il disallestimento. L’ultima sezione analizza come Singolare Plurale intende svilupparsi nel prossimo futuro, tenendo conto sia dell’attuale situazione globale sia degli obiettivi prefissati dal team di lavoro. In particolare si è ragionato sui concetti di mostra digitale e mostra itinerante e per entrambi gli scenari sono stati proposti degli spunti progettuali, tra cui un archivio digitale, una mostra virtuale, un’app di realtà aumentata per smartphone e delle proposte di allestimenti in acciaio e in compensato per un’ipotetica esposizione itinerante. Il volume si conclude con i capitoli che contengono bibliografia, sitografia ed iconografia e i ringraziamenti.

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PAGINE 20 – 153

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Fase di ricerca


01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

Il progetto si avvia con la fase di ricerca. Inizialmente è stato analizzato il panorama culturale e tradizionale italiano (01.01), andando a delineare l’evoluzione degli studi sul folklore in Italia e le declinazioni in cui si sviluppa: religione, lingua, tradizione culinaria e il rapporto con la natura. In seguito vengono riportate le ricerche relative al Regionalismo Critico architettonico (01.02) teorizzato da Frampton, accompagnate da diversi casi studio in Italia

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01.00 – Introduzione


– 01 – FASE DI RICERCA– 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA

e nel mondo, per definire al meglio le caratteristiche del Regionalismo Critico visuale (01.03), tema di Singolare Plurale. In ultima istanza è stata svolta una ricerca più inerente all’esposizione vera e propria: i progetti da presentare e la loro classificazione per tematiche e tipologie (01.04), suddivisi in Maestri, Opere selezionate e Progetti di ricerca (01.05 – 01.07).

01.00 – Introduzione

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01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

Panorama culturale e tradizionale in Italia Abbot, C. (2006) Italy. Morellini Editore.

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De Martino, E. (2009). La terra del rimorso. Contributo a una storia religiosa del Sud (3rd ed.). Il Saggiatore.

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De Martino, E. (1953). Etnologia e cultura nazionale negli ultimi dieci anni. Società.

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L’evoluzione degli studi sulla cultura popolare La cultura è intesa come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi, comportamenti e tradizioni che caratterizzano un gruppo umano particolare; un’eredità storica che definisce i rapporti all’interno di un gruppo sociale e quelli verso il mondo esterno. L’Italia, centro dell’Impero Romano, melting pot di numerose civiltà mediterranee, culla di artisti di tutti i generi, fin dall’antichità, è tra i centri culturali più rigogliosi d’Europa: possiede la più alta presenza di siti patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e, secondo una stima, ha più della metà dei tesori d’arte del mondo. 1 Ancora grazie all’UNESCO, negli anni Novanta, è avvenuto un passaggio epocale nella concezione del patrimonio culturale: l’ente ha iniziato a prendere in esame anche i beni etnografici – quelli che consistono in saperi, forme espressive tramandate dalla tradizione orale e legate esclusivamente alla memoria, alle pratiche, al linguaggio di portatori viventi. In Italia già nell’Ottocento si andava formando un’idea di folklore come patrimonio culturale del Paese, sostenuto da un concetto etnografico di cultura, con una particolare attenzione alle differenze che distinguono le regioni.

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


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Negli anni del fascismo si è visto un uso strumentale del folklore ai fini del consenso, ma, col secondo dopoguerra, la nozione di popolare in connessione con quella di cultura ebbe un rinnovato rilievo e credito, in particolare grazie ai Quaderni del carcere (1948-51) di Antonio Gramsci. Tra le pagine dedicate al folklore viene trattata ciò che allora si chiamava Storia delle tradizioni popolari, che negli anni Novanta prese il nome di Studi demo-etnoantropologici (DEA): demo indica gli studi di storia delle tradizioni popolari italiane, etno si riferisce agli studi legati a culture tradizionali e antropologia definisce gli studi sulle culture umane o sulla complessità del mondo contemporaneo. 2 Dagli anni Cinquanta furono svolti studi significativi riguardo la cultura popolare, da parte di ricercatori che influenzarono e cambiarono fortemente il senso di essi: Ernesto de Martino, Diego Carpitella e Alberto Mario Cirese. A quest’ultimo si deve il più ampio e sistematico progetto di rilevamento etnografico che l’Italia abbia mai conosciuto: una documentazione rappresentativa del patrimonio narrativo di tradizione orale nelle varie regioni, registrata su bobine, poi depositate all’archivio della Discoteca di Stato.

“Ma io entravo nelle case dei contadini come un ‘compagno’, [...] e che vuol rendersi partecipe, insieme agli uomini incontrati, della fondazione di un mondo migliore.” 3

Negli anni Sessanta e Settanta, insieme alla nascita delle regioni, il patrimonio narrativo popolare e tradizionale entra nel mercato e nell’industria culturale: dalla cinematografia (Novecento del 1976, di Bernardo Bertolucci; L’albero degli zoccoli del 1978, di Ermanno Olmi), alla fotografia (Lello Mazzacane, Francesco Faeta), alla narrativa, alla pedagogia (Mario Lodi), alla

01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia

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01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

Togni R., Forni G., Pisani F. (1997) Guida ai musei etnografici italiani. Olschki.

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Bravo G.L. (2013). Italiani all’alba del nuovo millennio. Franco Angeli.

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memoria storica (La strada del Davai del 1966; Il mondo dei vinti del 1977, di Nuto Revelli), perfino nei media (un girone folk fu realizzato nella trasmissione canora Canzonissima nel 1974), al dibattito teorico, alla politica. Il tema delle culture popolari, del carnevalesco e dell’inversione, del canto e della riproposta si connettono alla vita sociale collettiva, al femminismo, ai diritti (divorzio, aborto), restando segnati da tratti di carattere nazionale, o meglio dall’estensione negli ambiti locali dei temi di dibattito comune. Molteplici iniziative locali finalizzate alla conservazione della memoria del mondo contadino, artigiano e proto-industriale, si concretizzano in collezioni e musei aperti al pubblico e nell’esplosione di una editoria sul tema. Negli anni Ottanta si assiste ad un pluralismo di iniziative territoriali, sagre e feste, viste come forme di vita, modalità di scambio e comunicazione e costruzione di società, legate alla promozione di prodotti locali e ad avvenimenti provenienti dai calendari religiosi. Gli studi antropologici ed etnografici assumono una prospettiva più scientifica e, inoltre, la cultura museografica del mondo contadino inizia la sua espansione, passando dai 275 musei di una prima segnalazione del 1980 a una seconda di 476 negli anni Novanta 4, fino al migliaio registrato negli anni Duemila. Gli anni Novanta vedono da un lato il consolidamento delle attività di rivalutazione e riadattamento di tradizioni e la ripresa economica di settori come l’artigianato, l’agricoltura, la pastorizia, dall’altro la diffusione della globalizzazione, che ha reso il mondo palcoscenico delle culture locali, in un’ottica glocale. Il tutto collocato in una scena di trasformazione delle comunicazioni, delle generazioni, di crescente urbanizzazione mondiale e di informatizzazione dell’industria e della vita quotidiana. 5 È in questo contesto che in anni recenti il linguaggio UNESCO si è affermato in Italia e altrove, rifunzionalizzando l’intero ambito della cultura popolare sulla base di alcuni assunti che sono comuni: il concetto di bene intangibile (assimilabile a quello di beni monumentali e storico-artistici); una visione universalista del valore di certi tratti culturali;

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


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il riferimento a comunità patrimoniali coese; la promozione dei sentimenti identitari, l’interesse per il ritorno turistico e per la tradizione regionale. La tradizione, in latino tradere, consegnare oltre, è la trasmissione orale e scritta di qualcosa che è ritenuto prezioso e importante per le generazioni successive: notizie, testimonianze, ricordi, proverbi, abitudini capaci di orientare le decisioni e i comportamenti. Le tradizioni e le usanze, tramandate da una generazione all’altra, sono una testimonianza viva di una cultura contadina legata alla natura e alle stagioni, ai cicli della vita, ai riti e alla devozione religiosa e vi sono due grandi articolazioni tramite cui si possono leggere i vasti repertori delle tradizioni popolari. I vari momenti della vita evolutiva delle persone devono esser inquadrati in momenti rituali propiziatori, il primo repertorio che emerge è quello che associa i singoli eventi rituali al ciclo della vita umana: nascita, crescita, giochi, fidanzamento, nozze, morte e pianti funebri; un secondo repertorio è quello delle feste ed usanze collegate al ciclo annuale: inizio anno, Carnevale, Quaresima e Pasqua; Primavera, Estate, Autunno e Inverno. Da ciò appare che le tradizioni svolgono le funzioni culturali di offrire elementi di sicurezza davanti agli eventi imprevedibili della vita. 6 In Italia, dove le identità locali hanno rappresentato e rappresentano una cornice patrimoniale più importante di quella dello Stato, la cultura è frutto della commistione di usanze, linguaggi, simbolismi e iconografie regionali, che pur

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Img 04 – Corteo del Palio di Siena, Mirco Mugnai, 2009

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Van Gennep A. (1909). I riti di passaggio. (ed. 2002) Bollati Boringhieri,

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mantenendo la loro unicità, hanno portato alla tradizione italiana, oggetto poi delle ricerche dei progettisti del Regionalismo Critico visuale, in particolare negli ambiti della religione, della lingua, della tradizione culinaria e della natura.

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Img 05 – Carnevale di Venezia, Marc Vandecasteele, 2019

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01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

Secolarizzazione, in Dizionario di storia, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 2010.

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Buttitta, I. (2002). La memoria lunga. Simboli e riti della religiosità tradizionale. Booklet Milano.

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Ritualità, movimenti religiosi e devozione popolare Per capire la cultura italiana è fondamentale uno sguardo sui fenomeni religiosi radicati nella struttura sociale e popolare del nostro Paese. L’Italia, benché abbia la più densa rete di diocesi e parrocchie e una società tendenzialmente più attenta alla religione rispetto agli altri Paesi europei di matrice cattolica, è andata incontro al processo di secolarizzazione: fenomeno che vede come principale sua manifestazione il progressivo distaccamento dalla pratica religiosa 7, ma anche altri indicatori come crescita dei matrimoni civili, dei figli nati fuori dal matrimonio, delle donazioni dell’otto per mille non alla Chiesa cattolica, degli studenti che non si avvalgono dell’ora di religione a scuola. Nonostante la secolarizzazione, specialmente nelle regioni del Mezzogiorno, considerate più devote alla fede, i fenomeni religiosi risentono di persistenze lunghe e profonde, costituendo luoghi della memoria collettiva che consentono di leggere, attraverso una riappropriazione di senso, il passato nel presente. Un fenomeno tradizionale legato ai riti regionali è la figura del santo patrono: espressione del legame tra religione e territorio specifico, è la manifestazione della ritualità che interagisce nel corso dei secoli con cambiamenti sociali, politici e istituzionali dei luoghi. Dall’analisi di questa “geografia sacra”, ad un’Italia urbana, industrializzata e secolarizzata, si contrappone un’Italia rurale e pastorale. Tale geografia è delineata da tutto ciò che si è costruito intorno ad un oggetto sacro collegato ad un luogo specifico: la rete di santuari, i pellegrinaggi, gli itinerari devozionali all’interno dei quartieri, paesi o città durante le feste patronali. 8

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


– 01 – FASE DI RICERCA– 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA

Img 06 – San Francesco, Lisandeo Garcia, 2018

01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia

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Img 07 – Rito religioso, Jacob Bentzinger, 2020 Img 08 – Altare a San Giuseppe, Mallorie Vaudoise, 2019 Img 09 – Rito religioso, Josh Applegate, 2019



01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

De Mauro, T. (1962). Storia linguistica dell’Italia unita. Editori Laterza.

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Istat, L’uso della lingua italiana, dei dialetti e di altre lingue in italia. 2017.

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Varietà linguistica Il linguaggio risente fortemente dei mutamenti sociali che intervengono all’interno delle comunità e dell’uso che ne fa la popolazione che le abita. I fenomeni del progressivo abbandono dei dialetti e dell’affermarsi della lingua nazionale, così come il consolidamento di varietà regionali nate dall’incontro del dialetto e della lingua nazionale, sono, infatti, stati profondamente influenzati da trasformazioni come l’industrializzazione, l’urbanesimo, la diffusione dell’istruzione e dei mezzi di comunicazione di massa. Inoltre è importante sottolineare che le diversità linguistico-dialettali non sono determinate solamente da confini amministrativi, ma attraversano anche le configurazioni più piccole, segnalando differenze tra valli, crinali di montagna, isole. 9 Per comprendere l’evoluzione delle diversità linguistiche in Italia è centrale, in primo luogo, nel 1948, l’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, che ha stabilito norme rilevanti per l’assetto linguistico del paese, tra cui l’eguaglianza linguistica (art. 3), la tutela delle minoranze linguistiche (art. 6), la libertà di parola (art. 21) e l’istruzione (art. 24); in seguito, nel 1962, la creazione della scuola media unificata, che aveva il compito di offrire le stesse opportunità di accesso all’istruzione ai ceti svantaggiati, per i quali la conoscenza dell’italiano non costituiva un’eredità familiare. Ed è così che la realtà linguistica del Paese, anche se diversamente da regione a regione, è mutata, portando alla crescita degli italofoni, non solo grazie all’istruzione, ma anche a causa di quei fenomeni relativi alla modernizzazione precedentemente citati. I dialetti, nonostante mostrino maggiore diffusione nei piccoli centri e tra le persone anziane, non sono scomparsi, e continuano ad essere un codice comunicativo vitale nelle interazioni quotidiane, soprattutto quelle familiari. 10

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


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Img 10 – Anziani che giocano a carte, Nick Fewings, 2020

Dalla metà degli anni ‘90, tuttavia, si assiste ad un attivismo inverso, volto al riconoscimento, non solo delle lingue “straniere” (croato, albanese, catalano, etc.), ma anche delle lingue “regionali” e locali (sardo, gallurese, piemontese, etc.). La vicenda linguistica italiana appare, quindi, caratterizzata da un processo di omogeneizzazione che ha visto penetrare ovunque l’italiano, ma anche dal permanere di antiche differenziazioni interne che si intrecciano a nuove acquisizioni, come quelle delle lingue parlate dagli immigrati. E in questo contesto, la vitalità dei dialetti e delle tradizioni linguistiche locali, all’interno di una consolidata unificazione linguistica sulla base dell’italiano, trovano un loro peculiare spazio di espressione e comunicazione, non più percepito dalla stessa popolazione come sintomo di ignoranza e di emarginazione sociale, ma come arricchimento culturale.

01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia

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Montanari, M. (2002). Il mondo in cucina. Storia, identità, scambi. Editori Laterza.

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Senato della Repubblica Italiana, Seduta n. 21, 17 giugno 2008

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Tradizione culinaria e cultura Come osserva Anderson richiamando Durkheim, una quantità di rituali, cerimonie e celebrazioni religiose include inevitabilmente il rapporto col cibo. In quanto dimensione umana basilare e universale, il cibo “è centrale alla religione – come simbolo, soggetto di preghiere, come segnale di condivisione e non condivisione, come elemento di comunione”. Il simbolismo del cibo ha molte irradiazioni ma è soprattutto un importante fattore di aggregazione sociale: tende ad evidenziare le differenze tra gruppi, culture, strati sociali, e serve a rafforzare l’identità di gruppo, separando e distinguendo il noi dagli altri. Ancora oggi l’alimentazione è considerata uno degli elementi più importanti per delimitare barriere ideologiche, etniche, politiche, sociali, o al contrario, uno dei mezzi più utilizzati per conoscere altre culture, per mescolare le civiltà, per tentare la via dell’interculturalismo; il cibo, infatti, è anche un meccanismo rivelatore dell’identità etnica, culturale e sociale. Le tradizioni alimentari e gastronomiche, per loro natura conservative ma tutt’altro che statiche, sono estremamente sensibili alle influenze esterne, ai cambiamenti e all’imitazione. “Ogni tradizione, infatti, è il frutto – sempre provvisorio – di una serie di innovazioni e dell’assestamento che esse hanno indotto nella cultura che le ha accolte.” 11 In Italia, le culture culinarie popolari legate a tradizioni locali, a parti di generazioni, a gusti e stili, hanno visto una domanda diffusa e capillare di riconoscimenti che parte da una manifestazione di pluralità e di differenza, producendo dichiarazioni di pluralismo e multi-regionalismo. Questo nuovo interesse nel locale, tipico degli anni ‘90, ha portato paradossalmente ad un effetto di uniformizzazione, grazie alla nascita delle denominazioni DOC e IGP, andando a definire questa dialettica, anche in ragione della globalizzazione. Inoltre, in un’idea di sviluppo ecosostenibile, chilometro zero e nuove agricolture,

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


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l’importanza della cultura gastronomica locale italiana cresce e genera una rilettura del popolare in un contesto sociale e comunicativo nuovo, in contrasto col mercato di massa, per cui questo tipo di culture ‘tradizionali’ e basate sulla differenza si propongono come fortemente orientate al futuro. Un altro aspetto fondamentale da considerare per comprendere la centralità della tradizione culinaria nella cultura italiana è il nuovo mondo del turismo culturale e naturalistico, o della gastronomia, che racconta il Paese per regioni alimentari fatte da tipologie viticole, spesso, e in generale agricole, piatti tipici e rituali legati ad essi, che si innestano in sotto-aree storiche. Questo processo culturale è stato confermato dal riconoscimento della Dieta mediterranea nel quadro della Convenzione UNESCO sul patrimonio immateriale, poiché “[...] oltre che parte dell’identità storica e culturale del Mediterraneo, la Dieta Mediterranea è espressione di un intero sistema culturale, improntato – oltre che alla salubrità, alla qualità degli alimenti e alla loro distintività territoriale – a una tradizione millenaria che si tramanda di generazione in generazione.” 12

01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia

L’importanza della cultura gastronomica locale italiana cresce e genera una rilettura del popolare in un contesto sociale e comunicativo nuovo.

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Img 11 – Preparazione del sugo, Paolo Mandica, 2018



01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA –

Sperber D., (1996). Explaining Culture. Blackwell.

13

Barkow, J. H., Tooby, J., & Cosmides, L. (1992). The Adapted Mind: Evolutionary Psychology and the Generation of Culture. Oxford University Press.

14

Rossi, L., & Lanzoni, L. (2011). Sguardi sulle scienze umane. Zanichelli.

15

Il legame tra ambiente naturale e cultura Natura e cultura rappresentano due concetti che in un certo senso possono essere considerati come contrapposti, anche se in realtà sono integrati e integrabili. Difatti, dal punto di vista antropologico, l’uomo è caratterizzato da una natura bio-culturale: modo di essere che determina una relazione con il mondo circostante attraverso entità biologiche (mani, piedi, cervello, organi di senso), ma anche mediante strumenti culturali (linguaggio, sistemi di pensiero) appresi dalle generazioni nel corso del tempo. Psicologi evoluzionisti e antropologi cognitivi hanno proposto che la trasmissione culturale sia vincolata in modo importante da strutture cognitive comuni a tutti gli esseri umani 13 o, in modo più estremo: “[...] Molte di quelle forme comportamentali, che vengono definite come culturali, sono in realtà frutto della variazione ambientale che evoca risposte differenti, a partire da questa struttura cognitiva comune; risposte comunque iscritte nel patrimonio genetico.” 14 L’uomo è concepito come un animale la cui specificità è quella di interpretare eventi, comportamenti, oggetti naturali e artificiali, e attribuire loro un significato. Interpretazioni e significati variano da cultura a cultura e con il tempo variano persino all’interno della cultura stessa. Gli studi di etnolinguisti come Kevin Linch e Edward Sapir, hanno portato alla conclusione che l’ambiente deve essere considerato come l’origine di determinate forme di mentalità, modi per classificare la natura e conoscerla. Abitare in un luogo è quindi l’espressione di una mentalità condivisa dal gruppo ed elaborata nel corso del tempo e di una capacità di comunicare efficace, sino a definire l’identità, la cultura e le tradizioni di quel gruppo. Il rapporto tra natura e tradizione può essere letto in particolare nelle credenze rivolte nei confronti di luoghi

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01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia


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incantati di varia natura, in ogni distretto geografico, osservate da diversi studi etnologici. Le tradizioni europee e italiane hanno conservato in molti toponimi la presenza di spiritualità, che deriva dalla conformazione particolare di alcuni luoghi. A questi luoghi vengono attribuite narrazioni, paurose o meno, e figure magiche di ogni sorta. 15

Img 12 – Pitigliano, Elias, 2019

01.01 – Panorama culturale e tradizionale in Italia

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Regionalismo Critico architettonico Ricoeur, P. (1955). History and Truth. Northwestern University Press

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Una “fecondazione incrociata” Il Regionalismo Critico nasce agli inizi degli anni ‘80, quando il panorama architettonico internazionale era dominato da due ideologie contrastanti: il cosiddetto HighTech, approccio praticato ai fini della mera “produzione”, ottimizzata da una maggiore innovazione nei supporti tecnologici, e il Post Modern, risposta ironica e volutamente anticonformista, nata come reazione al “dogma” imposto dal Movimento Moderno. Fu introdotto per la prima volta da Alessandro Tzonis e Liane Lefaivre nel saggio The Grid and The Pathaway e poi ripreso dallo storico dell’architettura Kenneth Frampton, considerato il maggior esponente di questa corrente ideologica. Per definire il Regionalismo Critico bisogna partire dal concetto fondamentale di universalizzazione, i cui riscontri sulla società vengono analizzati dal filosofo francese Paul Ricoeur, uno dei massimi esponenti della fenomenologia: disciplina che studia i fenomeni, come questi si manifestano e trae conclusioni dalle loro conseguenze. Frampton cita il filosofo in entrambi i suoi principali scritti sul Regionalismo Critico, Towards a critical regionalism, six points for an architecture of resistance e Prospects for a Critical Regionalism: “Il fenomeno dell’universalizzazione, pur essendo un progresso dell’umanità, costituisce allo stesso tempo una sorta di distruzione parziale, non solo delle culture tradizionali, che potrebbe non essere un errore irreparabile, ma anche di quello che sarà il nucleo creativo delle grandi

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civiltà e delle grandi culture, quel nucleus sulla base del quale interpretiamo la vita, quello che sarà il nucleo etico e mitico dell’umanità. Da lì nasce il conflitto. Abbiamo la sensazione che questa singola civiltà mondiale eserciti allo stesso tempo una sorta di attrito o di logoramento a scapito delle risorse culturali che hanno fatto le grandi civiltà del passato. Questa minaccia si esprime, tra l’altro, con la diffusione sotto i nostri occhi di una civiltà mediocre che è l’assurda controparte di quella che chiamavo cultura elementare. Ovunque nel mondo si trovano lo stesso brutto film, le stesse slot machine, le stesse atrocità di plastica o alluminio, lo stesso torcimento del linguaggio da parte di propaganda, ecc. […] Nessuno può dire cosa ne sarà della nostra civiltà quando avrà realmente incontrato civiltà diverse, con mezzi diversi, dallo shock della conquista e del dominio. Ma dobbiamo ammettere che questo incontro non si è ancora avverato alla vigilia di un autentico dialogo. Ecco perché ci troviamo in una sorta di falso senso di sicurezza in cui non possiamo più praticare il dogmatismo di una sola verità e in cui non siamo ancora capaci di conquistare lo scetticismo in cui siamo entrati. Siamo in un tunnel, al crepuscolo del dogmatismo e all’alba dei dialoghi reali.” 1 La posizione riguardo alla globalizzazione di Ricoeur è evidente: vi è un inevitabile logoramento dei valori cardine che rappresentano l’umanità, portato avanti dalla totale omologazione professata dai dogmatismi e dallo sviluppo tecnologico. Il risultato, secondo il filosofo francese, non è solo la cancellazione delle tradizioni regionali (che definisce “un errore non irreparabile”) ma anche il raggiungimento Img 13 – Kenneth Frampton, 2014

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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di una civiltà mediocre che rappresenta il contrario della cosiddetta “cultura elementare”. In Prospects for a Critical Regionalism le parole di Ricouer fungono da premessa per definire il Regionalismo Critico come tale, ovvero una rilettura del contesto locale per riappropriarsi degli elementi identificativi, che servono a dare significato ad un luogo e combattere il livellamento culturale professato dall’architettura moderna. Frampton però precisa che la rilettura non deve basarsi su una semplice ripresa del vernacolo, ma sull’ identificare quelle tendenze che hanno rappresentato e rappresentano tuttora il contesto regionale in cui si sono originate. “Il termine Regionalismo Critico non intende indicare il vernacolo, che un tempo veniva spontaneamente generato dall’interazione combinata di clima, cultura, mito e artigianato, ma piuttosto identificare quelle recenti “scuole” regionali il cui scopo è stato quello di rappresentare e servire, in senso critico, i contesti in cui sono radicate. Tale regionalismo dipende, per definizione, da una connessione tra la coscienza politica di una società e la professione. Tra i presupposti per l’emergere di un’espressione regionale critica non c’è solo sufficiente prosperità, ma anche un forte desiderio di realizzare un’identità. Una delle fonti principali della cultura regionalista è un sentimento anticentrista, un’aspirazione a una certa indipendenza culturale, economica e politica. Il filosofo Paul Ricoeur ha avanzato la tesi secondo cui una “cultura mondiale” ibrida può nascere solo attraverso una fecondazione incrociata tra la cultura radicata da un lato e la civiltà universale dall’altro. Questa affermazione paradossale, secondo cui la cultura regionale deve essere anche una forma di cultura mondiale, si basa sull’idea che lo sviluppo stesso (inteso come progresso di una civiltà) trasformerà necessariamente la base della cultura radicata. Nel suo saggio “Civiltà universale e culture nazionali” del 1961, Ricoeur ha lasciato intendere che tutto dipenderà in ultima analisi dalla capacità della cultura regionale di ricreare una tradizione radicata, appropriandosi al tempo stesso delle influenze straniere a livello sia di cultura che di civiltà.” 2

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Frampton teorizza che, per fare in modo che si verifichi un Regionalismo Critico autentico, una regione deve avere un forte desiderio di esprimere la propria identità e deve distaccarsi il più possibile dal resto dello scenario internazionale, non solo dal punto di vista architettonico, ma anche politico, culturale ed economico, facendo sì che s’inneschi una tensione fra la civilizzazione universale e i nuclei etici e mitici di un particolare contesto geografico. Esempi di questi luoghi sono le continue fessure culturali che continuano a nascere all’interno di grandi continenti come Europa e America, chiamate dal teorico “interstizi di libertà”, dove, con libertà, si intende proprio la ricerca di un’identità regionale e che rappresentano il fallimento del modello egemonico, in cui l’autorità principale fa da guida alle varie realtà subordinate.

Img 14 – Balkrishna Doshi, Sangath House, 1981, Ahmedabad, India

Alla base del Regionalismo Critico vi è un paradosso: questo consiste in una fecondazione incrociata fra la cultura contemporanea e quella regionale, è una fusione di tradizione e novità. Ricouer afferma che l’abilità di una regione sta proprio in questa contraddittorietà, ovvero la combinazione di elementi nostrani e contemporanei al fine di creare un’individualità culturale e civile. Questa tensione fra la civilizzazione universale e la tecnologia e i nuclei etici e mitici di un particolare contesto geografico o di una particolare tendenza architettonica caratteristica di un luogo permetterà all’umanità di continuare sulla strada di un progresso autentico, che altrimenti porterebbe all’annientamento totale della civiltà.

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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La differenza fra vera ricerca razionale e banale storicismo è apparentemente molto sottile ma ben diversa e, secondo Frampton, non si deve rischiare di confondere una “iconografia consumistica” con la vera cultura. “Il Regionalismo Critico riconosce che all’uomo moderno non rimane alcuna tradizione vivente a disposizione se non le sottili procedure della contraddizione sintetica. Qualsiasi tentativo di aggirare la dialettica di questo processo creativo attraverso i procedimenti eclettici dello storicismo non può che tradursi in un’iconografia consumistica mascherata da cultura.” 3 Dal punto di vista architettonico, il Regionalismo Critico si concretizza in scheletri primordiali che rispecchiano i dettami contemporanei, ma che sono plasmati secondo le caratteristiche del contesto. L’accento dovrebbe essere posto sulla topografia, sul clima, sulla luce, sulla forma tettonica, piuttosto che sulla scenografia e sul senso tattile, piuttosto che su quello visivo.

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Img 15 – Renzo Piano, Jean-Marie TjiIbaou Cultural Centre, 1998

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Dellapiana, E., & Montanari, G. (2015). Una storia dell’’architettura contemporanea. Novara-UTET Università.

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Declinazioni e applicazioni nel mondo Spagna In Spagna, fondamentale per l’architettura catalana fu il gruppo formato da J. M. Sostres e Orici Bohigas all’inizio degli anni ’50, che si trovò a conciliare due poli opposti in un programma “ibrido” che rappresentasse un’autentica cultura moderna: da una parte il GATEPAC, gruppo spagnolo ausiliario del CIAM, la cui ideologia era apertamente modernista; dall’altra la necessità di creare un’identità regionale autentica, che si scontrava con le tendenze razionaliste del gruppo. Elemento importante del programma è sicuramente l’uso del laterizio. Esempi del suo impiego sono: ◊ Il condominio a otto piani costruito nel Paseo Nacional a Barcellona da J. A. Coderch, la cui carriera si è sempre rivelata improntata sul Regionalismo – il suo stile è una commistione fra il vernacolare veneziano con delle influenze mediterranee e l’utilizzo del laterizio – e la composizione avanguardistica e neoplastica della sua casa a Stiges costruita nel 1957; ◊ I progetti di Martorell, Bohigas e Mackay, che hanno sempre avuto delle caratteristiche a metà fra l’utilizzo del mattone simile al sopracitato Coderch (così come Gardella) e un’inclinazione neo-brutalista, meglio sviluppata negli anni successi con la fondazione della scuola Thau a Barcellona nel 1975. Ma la massima espressione del Regionalismo catalano si trova nell’opera di Ricardo Bofill e del Taler di Arquitectura, i cui primi lavori mostravano una somiglianza con il laterizio di Coderch, mentre, negli anni ‘70, si trasformò in una retorica più esagerata, maggiormente vicina al romanticismo.

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Questa si esprime prima nel complesso di Xanadu a Calpe nel 1967, per poi trovare la sua più celebre manifestazione nel complesso Walden 7 a Saint-Just Desvern nel 1975. L’opera è fortemente criticata da Frampton (nonostante l’ammirevole omaggio a Gaudì per quanto riguarda l’espressività), che la definisce il risultato di un “inefficace populismo” che non vuole essere funzionale agli spazi dell’abitare, ma per lo più “fotogenico”. Di ideologia completamente opposta a quella di Bofill è invece il portoghese Álvaro Siza y Viera, la cui architettura è frutto di una profonda analisi atemporale, che cerca di cogliere la moltitudine di significati in un’immagine allo stesso tempo e quindi non può essere rappresentata da un’epoca fissa. Per spiegare come l’analisi di Álvaro Siza y Viera si distacca dall’eclettismo della scuola di Barcellona, Frampton lo paragona ad Alvar Aalto e spiega che, proprio come lui, l’architetto portoghese abbia preso maggiormente in considerazione la topografia e le specificità del luogo di costruzione, così come denota particolare attenzione ai materiali locali, all’artigianato e soprattutto alla funzione della luce naturale. Si ritrova lo stesso approccio sentimentale e materialista che Aalto utilizza in diversi edifici: il Municipio di Saynatsalo, con la sua visione anti-monumentale dell’edificio pubblico; l’Università di Jyväskylä, con le sue ampie vetrate aperte verso il bosco; la Baker House, espressione massima di un tipo di architettura dominata dall’ambiente circostante. 4

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Img 16 – Ricardo Bofill, Xanadù, 1971, Alicante, Spagna

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Edifici in questo senso simili a questi sono la Bires House buiit a Povoa do Varzim del 1976; la Bouca Resident’s Association Housing del 1977; così come le sue opere minori, la più celebre è probabilmente la filiale di Pinto costruita a Oliveira de Azemeis del 1974. 5

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Img 17 – Ricardo Bofill, Xanadù, 1971, Alicante, Spagna

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Caso studio

Pinto e Sotto Maior Bank Álvaro Siza – Oliveira de Azemeis, 1974

Img 18 – Pinto e Sotto Maior Bank, Àlvaro Siza, Oliveira de Azemeis, Portogallo, 1974

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La Filiale di Pinto costruita a Oliveira de Azemeis, 70 km a sud di Porto, è uno dei progetti che meglio rappresenta l’influenza dell’architettura organica sull’opera di Siza. Gli interni sono definiti da vetrate curve e sinuose, mentre una scala collega gli spazi del piano inferiore al piano superiore. I materiali utilizzati sono pregiati, come il marmo, che conferisce eleganza all’ambiente. Inoltre, è evidente l’attenzione di Siza al contesto circostante, le facciate e le altezze sono abbinate ai volumi degli edifici adiacenti, senza andare ad alterare la scala urbana precedente. La dualità fra interni ed esterni si risolve attraverso una doppia facciata: una per l’interno e l’altra per l’esterno. In questo modo gli spazi dialogano in maniera efficace e viene raggiunta un’unità espressiva che serve da chiave di lettura per le diverse funzioni dell’edificio.

Img 19 – Àlvaro Siza, Fernando Guerra

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Harris, H. H. (1954) Consiglio regionale del Nord Ovest dell’AIA, Eugene, Oregon.

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Stati Uniti Il Regionalismo Critico si esprime negli USA negli anni ’20 con Neutra, Schindler, Weber e Gill e negli anni ’60 con William Wurster e Hamilton Harwell Harris. Quest’ultimo espone la sua concezione di Regionalismo Critico al Consiglio regionale del Nord Ovest dell’AIA, a Eugene, Oregon, nel 1954, paragonando due tipi di regionalismi, quello di restrizione e quello di liberazione: “Opposto al regionalismo di restrizione è un altro tipo di regionalismo: il regionalismo di liberazione. È la manifestazione di una regione che è particolarmente in sintonia con il pensiero emergente del tempo. Noi caliamo tale manifestazione “regionale” solo perché non è ancora emersa altrove. È la genialità di questa regione di essere più che ordinariamente consapevole e più che ordinariamente libera. La sua virtù è che la sua manifestazione ha un significato per il mondo fuori di sé. Per esprimere architettonicamente questo è necessario che ci sia costruzione, preferibilmente molta costruzione, in una sola volta. Solo così l’espressione può essere sufficientemente generosa, sufficientemente varia, sufficientemente forte da catturare l’immaginazione della gente e da consentire un clima amichevole abbastanza a lungo per lo sviluppo di una nuova scuola di design. San Francisco è stata fatta per Maybeck. Pasadena è stata fatta per Greene e Greene. Nessuno dei due avrebbe potuto realizzare ciò che ha fatto in nessun altro luogo e in nessun altro tempo. Ognuno di loro ha usato i materiali del posto; ma non sono i materiali che distinguono l’opera. […] Una regione può sviluppare idee. Una regione può accettare le idee. L’immaginazione e l’intelligenza sono necessarie ad entrambi. In California, alla fine dei 20’ e negli anni Trenta, le idee europee erano metastilisti europei in via di sviluppo. Nel New England, invece, il Modernismo europeo ha metacrilato un regionalismo rigido e restrittivo che prima ha resistito e poi ha resistito. Il New England accettò il Modernismo europeo nel suo insieme perché il suo stesso regionalismo era stato ridotto a un insieme di restrizioni […].” 6

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L’apparente libertà di espressione che, secondo Harris, ogni regione dovrebbe professare per uscire dal dogma imposto dal Movimento Moderno non è facile da applicare nel contesto nord americano, poiché le realtà presenti sono esternamente individualistiche e tese al narcisismo. Due sono le zone in cui gli architetti del Regionalismo americano hanno operato nel modo più efficace: la Napa Valley in California, dove Andrew Batey e Mark Mack hanno progettato delle case basilari in connessione con l’ecosistema; la North Carolina, dove ha operato Harry Wolf, celebre per aver vinto il concorso per Fort Lauderdale Riverfront Plaza, progetto in cui si denota una grande attenzione alle caratteristiche del sito geografico. 7

“Opposto al regionalismo di restrizione è un altro tipo di regionalismo: il regionalismo di liberazione.”

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Sud America Negli anni ‘40, la corrente del Regionalismo Critico in Sud America si esprime nelle opere dei brasiliani Alfonso Reid e Oscar Niemeyer, quelle di quest’ultimo caratterizzate da uno stile futuribile e dalle forme sinuose, che molto deve al paesaggio circostante e alle tendenze artistiche del luogo; ma anche nelle opere di Amancio Williams in Argentina, tra cui casa a Mar de Plata nel 1945 e Bank of London a Clorindo. L’attenzione alla topografia del territorio è la chiave di lettura principale anche di uno degli architetti messicani più importanti, Luis Barragán, la cui poetica si basa sull’utilizzo degli elementi naturali del luogo, che permettevano alle opere di fondersi col paesaggio circostante, attraverso, per esempio, l’utilizzo di pietra vulcanica o di vegetazione lussureggiante. Fin dalla sua prima opera, Barragán si distingue dalle tendenze internazionali per via dei vari riferimenti alla natura, ciò nonostante, è sempre stato fedele alle forme astratte, che contrariamente sono una peculiarità della contemporaneità. Opere degne di nota sono il giardino progettato per Las Arboledas del 1961 e le Satellite City Towers, realizzato in collaborazione di Mathias Goertiz nel 1967. 8

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Img 20 – Amancio Williams, Casa a Mar de Plata, 1945, Argentina

Img 21 – Amancio Williams, Casa a Mar de Plata, 1945, Argentina

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Caso studio

Satellite City Towers Luis Barragán – Città del Messico, 1957

Img 22 – Luis Barragàn, Satellite City Towers, 1957, Città del Messico

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Satellite City è una zona residenziale situata a Nord-ovest dell’area metropolitana di Città del Messico. È stata fondata nel 1957 dall’architetto e urbanista messicano Mario Pani, che ha incaricato Luis Barragán di realizzarne l’entrata, qui nascono le Satellite City Towers, una delle prime grandi sculture urbane di grandi dimensioni in Messico. Insieme a Barragàn, al progetto hanno partecipato anche lo scultore tedesco Mathias Goeritz, e il pittore Jesús Reyes Ferreira. L’idea generale era quella di creare un progetto di grandi dimensioni, definendo un modello urbano diverso da Città del Messico, e rompendo i disegni consolidati. Per collegarsi in modo efficiente alla capitale, è stata realizzata una superstrada che porta all’ingresso della Città satellite.

Barragàn e Goeritz lavorano ad un progetto concettuale con enormi volumi ciechi, un esercizio estetico che rimanda al paesaggio “dinamico e movente” della superstrada adiacente. Si tratta di una scultura di cinque blocchi di hormibón, con altezze variabili tra i 30 e i 50 metri, apparentemente dispiegati casualmente su una lastra di cemento, dura e priva di qualsiasi altro elemento. Così, si crea un’isola in mezzo all’autostrada su una collina in pendenza, che rappresenta una metafora della città moderna.

Le Satellite City Towers hanno un carattere bivalente: rappresentano allo stesso tempo l’utopia moderna e una cultura tradizionale architettonica consapevole. In seguito, la città riceverà solo interventi frettolosi e autonomi, connotati dalla speculazione e dalla mancanza di continuità con l’approccio iniziale.

Le forme che costituiscono la geometria dell’opera presentano un motivo zigrinato che si ripete ogni metro, ottenuto applicando le tecniche utilizzate nella costruzione dei camini industriali, e sono colorate con pigmenti brillanti, che mutuano le torri con il panorama metropolitano messicano.

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L’opera viene affrontata come un esperimento: un’unione inscindibile tra architettura e scultura, generando una forza intrinseca che è riuscita a permanere nonostante i cambiamenti nel tempo.

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Img 23 – Luis Barragàn, Satellite City Towers, 1957, Città del Messico



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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Europa

Il vecchio continente si può considerare la culla del Regionalismo, perché, senza tener conto di alcuni casi in America Occidentale, è la terra in cui gli architetti “regionali” hanno mosso i primi passi, così come alcuni architetti prebellici hanno modificato il loro approccio in un’ottica “regionalista”. Alcuni nomi celebri che si possono citare sono: Ernst Gisel a Zurigo, Jorn Utzon a Copenaghen, Vittorio Gregotti a Milano, Gino Valle a Udine, Peter Celsing a Stoccolma, Mathias Ungers a Colonia, Sverre Fehn a Oslo, Aris Konstantinides ad Atene, Ludwig Leo a Berlino e Carlo Scarpa a Venezia. Un esponente del Regionalismo Critico in Italia è Gino Valle, il cui operato orbita intorno alla città di Udine. In particolare, casa Quaglia a Sutrio del 1956 rappresenta un esercizio di ripresa della cultura lombarda vernacolare del Dopoguerra. Valle è anche chiamato a definire un piano industriale per la regione Lombardia, che raggiunge il suo apice con lo stabilimento Zanussi Rex. Le sue abilità nella ripresa dei caratteri regionali si notano anche nelle terme costruite ad Arta nel 1954, che rappresentano il modus operandi che ha portato alla maggior parte delle opere che si possono afferire al Regionalismo Critico: un percorso di analisi e rilettura del contesto locale, piuttosto che una tendenza nata spontaneamente. In Friuli e in Veneto come nei contesti metropolitani di New York, Parigi e Berlino, Valle ha realizzato case popolari, banche, complessi industriali, municipi, palazzi pubblici e scuole. Sparse tra i paesi e tra le montagne della Carnia, sua terra d’origine, si trovano, però, alcune delle sue opere più significative relative al periodo compreso tra gli anni Cinquanta e Settanta. L’opera di Valle, grazie anche al periodo di formazione negli Stati Uniti dove studiò, tra gli altri, con Gropius, ha avuto respiro internazionale, ma nonostante ciò è rimasto sempre molto legato alla Carnia, territorio che

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conosceva fin dall’infanzia, quando trascorreva le estati nella casa di famiglia a Priola di Sutrio. Valle ha saputo introdurre e valorizzare l’architettura moderna nel paesaggio montano carnico sfruttandone le potenzialità, ma soprattutto attribuendo importanza al dialogo tra edificio e luogo. Gli interventi di Valle sfuggono ad ogni classificazione poiché, piuttosto che elaborare uno stile unitario ed obbedire a regole fisse, ha preferito ricercare soluzioni caso per caso, sperimentare e rinnovarsi per trovare il linguaggio architettonico più adatto alla situazione. La versatilità e l’eclettismo dell’architetto sono ben evidenti nelle testimonianze che ha lasciato in Carnia, ognuna delle quali ha una propria e unica originalità. Uno dei primi esempi è casa Quaglia a Sutrio (1953-54) che unisce il richiamo alla realtà locale del tetto e all’ambiente naturale con l’uso dei pilastri in mattoni all’astrattezza e alla geometria della struttura dell’edificio. 9 La cultura regionale ha la capacità di polarizzare tutte le tendenze artistiche di un luogo e dar loro significato, così come è capace di respingere, o quanto meno reinterpretare, le mode internazionali. Mario Botta si fa baluardo di questo tipo di conoscenza perché, in un certo senso, influenza tutto il suo lavoro, almeno per quanto riguarda gli inizi della sua carriera professionale. La formazione di Botta è nota per avere un carattere bivalente: da una parte gli insegnamenti di grandi maestri del Movimento Moderno come Khan o Le Corbusier (ha infatti lavorato con loro nel breve periodo in cui hanno operato in Italia);

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Img 24 – Gino Valle, Stabilimenti Zanussi, 1961, Porcia, Pordenone

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Botta M. (2016) Principi, Mario Botta Architetti.

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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dall’altra la formazione con Scarpa, con cui ha avuto la possibilità di collaborare a Venezia, che gli ha trasmesso il valore per i materiali e le maestranze locali. L’attenzione alle correnti internazionali da una parte e all’importanza dell’artigianato dall’altra fanno di Botta una personalità di spicco del Regionalismo Critico italiano. Altri due tratti della suo operato artistico che vanno ad avvalorare il Regionalismo italiano sono la certezza che la mancanza della città storica non possa essere compensata e la cura e la preoccupazione della, da lui definita, “costruzione del sito”: “L’architettura comporta la costruzione del contesto, non è un oggetto isolato ma un’entità che, per sua natura, si radica a un luogo che è sempre unico. Per questo il territorio è parte integrante del progetto e mai elemento accessorio. In questa accezione si può dire che l’architettura è quella disciplina che piuttosto che costruire in un contesto, costruisce quel contesto.” 11 L’architettura non si adatta al contesto ma piuttosto lo plasma e lo condiziona con le sue forme pure, così estranee alla tipografia del luogo, ma che sanno armonizzare gli stili regionali. Nonostante il valore che ritroviamo in queste opere di Botta, le più significative sono quelle realizzate per i contesti pubblici, come il Centro Direzionale di Perugia del 1968, apertamente influenzato dalla Congress Hall di Khan, costruito come una “città nella città” e potenzialmente applicabile a molte situazioni urbane nel mondo (approccio che si ripeterà dieci anni dopo nella stazione di Zurigo del 1978). I tratti della cultura regionale ticinese sono spesso evocati da Botta, un esempio è l’abitazione a San Vitale, dov’è evidente il riferimento all’archetipo della casa di campagna o ai roccoli tipici della regione.

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Img 25 – Gino Valle, Stabilimento termale Fonte Pudia, 1964, Arta, Udine

Il caso studio del Ticino rappresenta uno degli esempi di Regionalismo Critico più floridi del dopoguerra e il merito non va solo a Botta ma anche ai maestri più anziani che operavano ante guerra (Galfetti, Carloni e Schnebli), che hanno fatto sì che si creasse un corpus di lavoro costituito da venti architetti, autori di circa una quarantina di edifici di rilievo da 1960 al 1975. 12

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Caso studio

Casa unifamiliare

Mario Botta – Riva San Vitale, Svizzera, 1971-73

Img 26 – Mario Botta, Casa unifamiliare, 1973, Riva San Vitale, Svizzera

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La casa, configurata a torre nell’intento di stabilire un rapporto dialettico fra il nuovo manufatto e la situazione orografica del luogo, occupa un lotto quadrangolare in prossimità della riva del lago di Lugano, ai piedi del monte San Giorgio. Si caratterizza per una compenetrazione spaziale tra interno ed esterno, data dalla progressiva sottrazione di volumi che fa sì che gli spazi abitativi cedano il posto a terrazze interne e a vuoti sui quali si affacciano i diversi locali. Una passerella metallica rossa collega la strada posta in alto all’abitazione. Lo sviluppo verticale è mantenuto anche nell’organizzazione funzionale: nella parte alta, che corrisponde al quarto livello,

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si trovano l’atrio, lo studio e la scala che conduce ai piani inferiori. Al terzo livello si trova la camera dei genitori mentre al secondo quella dei bambini. Questi spazi sono parzialmente aperti e connessi al primo livello che accoglie la zona giorno. Gli impianti tecnici e di servizio sono alloggiati nel seminterrato. Tutta la costruzione è stata realizzata con materiali “poveri” cercando di metterne in evidenza qualità e struttura. Il sistema costruttivo è in pareti portanti in mattoni di cemento leggeri lasciati a vista e dipinti di bianco all’interno; i solai sono in calcestruzzo; i serramenti, in profilati di ferro, sono dipinti in nero e i pavimenti sono in tavelle di cotto rosso.

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Img 27 – Mario Botta, Casa unifamiliare, 1973, Riva San Vitale, Svizzera



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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Caso a parte è la Svizzera, che per via della sua conformazione geografica particolarmente eterogenea ha sempre fatto sì che i regionalismi autentici non si siano formati, se non con scopi critici. La divisione in cantoni della nazione ha favorito la nascita di realtà locali particolareggiate ma per necessità confinate sia culturalmente che geograficamente. Questa divisione, nata con l’intenzione di preservare la cultura locale, entra in contrasto con la le spinte nazionaliste promosse dalla nazione stessa. Dolf Schnebli può considerarsi il primo elvetico ad opporsi alla tendenza modernista di Mies Van Der Rohe che dominava l’Europa in quegli anni, con una villa a volta corbusiana costruita nel 1960. Dopo di lui, molti altri architetti svizzeri si sono scostati dalle tendenze europee: Aurelio Galfetti con Casa Rotalinti e lo studio di architettura e urbanistica Atelier 5, ma anche l’opera neo-wrightiana di Tita Carboni. 13

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Img 28 – Dolf Schnebli, Casa Costioli, 1959, Campione d’Italia, Lombardia

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Caso studio

Casa Rotalinti

Aurelio Galfetti – Bellinzona, Svizzera, 1959-61

Img 29 – Aurelio Galfetti, Casa Rotalinti, 1961, Bellinzona, Svizzera

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Casa Rotalinti è un esempio della resistenza dell’architettura ticinese all’influenza del Modernismo in Svizzera negli anni Sessanta. Nell’edificio, situato in cima di una valle a Bellinzona, il ciclo abitativo di 24 ore dell’occupante detta l’intaglio del cubo brutalista in cemento armato, la cui volumetria rimanda forse al vicino Castello di Sasso Corbaro. Si entra nel tetto da un ponte che si collega ad un parcheggio e si scende, attraverso una scala a chiocciola organica, fino alla pittoresca e suggestiva zona giorno vetrata, in cui il rapporto con l’ambiente circostante è lontano e astratto. Con il calare del giorno, si continua a scendere verso le parti inferiori della “zona notte”, in definitiva e letteralmente a terra sul pavimento della foresta, dove l’interazione con il paesaggio diventa molto più intima.

Img 30 – Aurelio Galfetti, Casa Rotalinti, 1961, Bellinzona, Svizzera

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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La Grecia Il Regionalismo Critico non è un fenomeno che interessa solo la cultura del progetto, ma ha in realtà forti riscontri anche sulla politica di una nazione. Questo è particolarmente evidente in Grecia, dove, come sottolineato nel volume The Grid and the Pathway di Dimitris e Susana Antonakakis, lo stato greco aveva già reagito alle tendenze internazionali nell’800, subendo l’influenza della Schinkel School. La reazione non fu soltanto una liberazione dalla scuola tedesca, ma anche la creazione di una élite urbana che si distaccasse dal sottosviluppo rurale che caratterizzava quelle zone. Si creò uno stile neoclassico, che nel dopoguerra si mutò in una versione più modernista, maggiormente vicina ai caratteri del Regionalismo Critico autentico, parallelo al tentativo di modernizzazione della società greca. Esempi degni di nota sono i progetti di Dimitri Pikionis e Aris Konstantinidis, soprattutto nella casa di Eleusis del 1938 e nel giardino costruito a Kifissia nel 1940. Succesivamente, Pikionis ha progettato una grande passeggiata per la collina di Filopappo, nel 1957, in un sito immediatamente adiacente all’Acropoli di Atene. 14

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Img 31 – Aris Konstantinidis, House in Anavyssos, 1962, Anavyssis, Grecia

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Caso studio

Sentieri di Pikionis

Dimitri Pikionis – Acropoli di Atene, Grecia, 1954-57

Img 32 – Dimitris Pikionis, Sentieri di Pikionis, 1958, Acropoli di Atene, Grecia

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La trama di passeggiate e di soste che si svolge fino alla base dei Propilei e, attraversando l’area di San Dimitrios Loumbardiaris, sale accanto alle mura antiche lungo il pendio del Colle delle Muse fino al belvedere del monumento a Filopappo, è stata realizzata negli anni 1954-1957 dall’architetto greco Dimitris Pikionis (1887-1968). I sentieri costituiscono, con la grazia e l’intensità delle autentiche invenzioni alla scala di vasti spazi aperti, un capo d’opera dell’arte del paesaggio e un gesto di alterità rispetto alle tensioni razionalistiche del moderno, eppure, e proprio per questo, capace di radicale innovazione. Nei suoi sentieri ateniesi, Pikionis ha dato forma a un luogo nel quale vive la

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sua idea di un’armonia universale, di un pathos che mette in relazione tra loro tutte le cose del mondo, e di un numero per misurarle, dominarle, trasmetterle, come aveva preannunciato, nel 1935, scrivendo Topografia estetica. Frampton, in Prospects for a Critical Regionalism, descrive così l’intervento di Pikionis: “Pikionis procede a rendere un’opera di architettura libera dall’esibizionismo tecnologico e dalla presunzione compositiva (così tipica del flusso principale dell’architettura degli anni ‘50) un oggetto nudo e crudo quasi dematerializzato, un ordine di “luoghi fatti per l’occasione”, che si svolge intorno alla collina per una solitaria contemplazione, per una discussione intima, per un piccolo raduno, per una vasta assemblea.”

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Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Tadao Ando e il Giappone Tadao Ando, figura di spicco della scena architettonica nipponica degli anni ‘80, assimila molti aspetti del Regionalismo Critico nella sua poetica “selfenclosed modernism” (modernismo auto-incluso), che egli percepisce come “tensione tra il processo di modernizzazione universale e l’idiosincrasia della cultura radicata”. Nell’omonimo saggio, Ando afferma di applicare i concetti del Modernismo ad un contesto confinato culturalmente, in cui difficilmente le spinte internazionali riescono a fare breccia, ma trova difficoltà a rappresentare usi e costumi di un popolo utilizzando un linguaggio così universale. Nel saggio, l’intento dell’architetto si fa sempre più chiaro, così come anche il concetto di “self-enclosed modernism”: celebrare il binomio uomo-natura (perso con il processo di modernizzazione) e creare un’enclave in cui si celebrino gli ideali cardine dell’architettura “dentale”, intima connessione con l’ambiente e apertura al mondo naturale. Ciò si concretizza nell’utilizzo del calcestruzzo, materiale principe del Movimento Moderno, utilizzato più per la sua omogeneità di superfice, piuttosto che per il suo peso, creando pareti che delimitano lo spazio e lo valorizzano a tal punto da diventare astratto e dare la sensazione di non esistere realmente. Questa “limpidezza spaziale”, che emerge dalla luce e vi si impone, contraddice l’importanza progettuale di tale elemento per Le Corbusier e Khan e viene considerata da Ando una caratteristica propria della cultura radicata giapponese. Un’architettura “trans-ottica” che va oltre la forma tangibile includendo in sé anche il vento e la luce. Nonostante siano spazi distanti dalle esigenze della vita quotidiana, l’architetto giapponese è riuscito a definire una tendenza che, allo stesso tempo, rappresenta il carattere e la cultura di un luogo ma è anche volta alla modernità. 15

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Img 33 – Tadao Ando, Benesse House, 1992, Kagawa, Japan – foto di Denys Nevozhai, 2019

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Caso studio

Residenza Koshino Tadao Ando – Ashiya, Osaka, 1980

Img 34 – Tadao Ando, Koshino House, 1984, Ashiya, Japan

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La Koshino House, casa per le vacanze che Ando ha costruito nel 1980 per uno stilista di moda, è situata ad Ashiya, vicino a Osaka. La casa è composta da due costruzioni parallele, in parte incastonate nel ripido pendio su cui si trovano, collegate da un corridoio sotterraneo. Il cortile al centro riunisce i vari elementi e contribuisce all’illuminazione della casa. Un’estensione dello studio di progettazione, costituita da segmenti circolari fratturati, è stata aggiunta come terzo elemento nel 1984. Tutte e tre le parti sono in calcestruzzo, il materiale caratteristico di Tadao Ando, anche utilizzato nella forma di lastre con superfici ondulate per le finestre, nelle quali sono ancora visibili i fori degli ancoraggi dei casseri. La struttura a forma di onda conferisce al materiale un effetto tridimensionale, soprattutto quando è inondato dalla luce del giorno. L’intera griglia di base della casa prende spunti dal tatami, un tradizionale materassino da notte giapponese fatto di paglia di riso, delle dimensioni perfette per una persona che

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dorme. Sono spesso usati nell’architettura giapponese come un tipo di Modulor, o scala di proporzioni, e anche Ando è chiaramente influenzato da questa idea. Ando lavora instancabilmente su diverse modulazioni di luce che sono studiate su misura per riflettere il loro ambiente specifico. Raramente la luce entra nelle stanze attraverso classiche finestre: vi sono una serie di fasce luminose orizzontali e verticali nel soffitto e nella parete e la luce del sole che le attraversa contribuisce a trasformare le stanze in sculture di spazio. I progetti di Ando possono essere visti come una fusione tra la cultura tradizionale giapponese e la modernità occidentale. L’influenza dell’architettura sacra giapponese può essere rilevata anche nel modo in cui Ando gioca con le proporzioni spaziali – il passaggio da aree di circolazione strette, labirintiche e appena illuminate a spazi aperti con ampie vetrate. Mescolando armoniosamente questi elementi, Ando riesce a creare luoghi poetici di pace e bellezza.

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Img 35 – Tadao Ando, Koshino House, 1984, Ashiya, Japan



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Regionalismo Critico visuale Frampton, K. (1983). Prospects for a Critical Regionalism (Vol. 20). Yale School of Architecture.

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Partendo dalla concezione architettonica del Regionalismo Critico teorizzata da Frampton si arriva al tema principale della tesi: una trasposizione libera di questi criteri nell’ambito del visual design, incentrata sul recupero di una memoria iconografica e simbolica peculiare di una regione. Così come per l’architettura, anche per la comunicazione visiva tutta la difficoltà del Regionalismo Critico consiste nel riuscire a rimanere in equilibrio tra il particolare e l’universale, l’unicità e l’omologazione, il passato e il presente. La ricerca ha un duplice scopo: da una parte, attraverso un procedimento quasi filologico, riprendere la materia prima, fatta di elementi simbolici ed iconografici culturalmente molto caratterizzanti perché riconducibili ad un retroterra culturale specifico; dall’altra, effettuare una riattualizzazione del materiale raccolto attraverso i linguaggi della contemporaneità. Di fondamentale importanza risulta essere la rilettura, che ha il compito di evitare interpretazioni tradizionali tanto fedeli da risultare acritiche e allo stesso tempo non snaturare la fonte originaria. La ricerca si realizza in una dialettica che non deve essere contaminata dai processi eclettici dello storicismo, che, citando Frampton, “non può che tradursi in un’iconografia consumistica mascherata da cultura”. 1 La scelta di mediare il Regionalismo Critico attraverso i principi della comunicazione visiva nasce dal fatto che questa, per sua natura, è frutto della contemporaneità,

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e come tale, rispecchia le tendenze odierne ed è proiettata al futuro. Il visual design, quindi, ha il compito di parlare a pubblici sempre più ampi e dare nuova vita ad artefatti altrimenti condannati al passare del tempo. In riferimento ad una tipologia di materiale iconografico, il Regionalismo Critico visuale ha proprio l’obiettivo di creare delle connessioni fra il presente e il futuro, riconducendo la cultura radicata di una regione ad una comunicazione contemporanea ma semplice, in grado di essere capita da una grande fetta di pubblico. Attraverso questo processo, gli elementi del passato vengono così riavvalorati, assumono una veste compatibile con i tempi attuali così da poter essere apprezzati per la loro vera essenza. Passato e presente, memoria e progresso, si incontrano nei progetti del Regionalismo Critico visuale, ritrovandosi sullo stesso piano. Il risultato è la creazione di un senso di straniamento nello spettatore, funzionale a stimolare una riflessione sulla realtà e sui suoi cambiamenti. Ogni opera, nell’accostamento delle sue forme, apre un microcosmo alimentato dai ricordi personali e collettivi di chi guarda, a lungo rimasti sepolti ed ora riattivati dall’attenzione portata dal designer. In essa, le persone si riconnettono con i luoghi e i ricordi d’infanzia, rafforzano il legame con il territorio e la propria storia personale. È con queste modalità che il Regionalismo Critico agisce in ambo i sensi del privato e del pubblico. Il lavoro del grafico è un operato di attivazione e rafforzamento della coesione sociale, democratizzazione e consolidamento valoriale. E in quest’ottica, anche di divulgazione storica ed alfabetizzazione culturale attraverso il riconoscimento del valore di un’oralità segnico-visiva, che si esprime per simboli e stilemi. Per mano sua i simboli del passato rinascono a nuova vita, acquisiscono nuovo potere, riattivano la partecipazione individuale, con la conseguente (ri)creazione di un rinnovato legame comunitario intorno ad una memoria patrimonio di tutti. Essendo il materiale sul quale opera di natura tradizionale, la grafica risulta, in questo caso, molto più vicina alle discipline etno-antropologiche piuttosto che alla pratica pubblicitaria. 2

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Classificazione dei progetti e casi studio La ricerca raccoglie casi studio italiani ed internazionali che operano nell’ambito del Regionalismo Critico visuale, per definire le tematiche più affrontate e le tecniche di applicazione dei simboli, segni e tradizioni tipici di un’area geografica. Le aree tematiche sono risultate essere: ◊ Riti Sacri e Folklore: progetti sul tema del folklore e della tradizione religiosa popolare; ◊ Natura, fotografia e territorio: progetti che valorizzano ecosistemi e paesaggi naturali; ◊ Design grafico regionale: progetti inerenti allo studio e alla rielaborazione dei segni grafici della cultura del territorio; ◊ Storia, tradizione e cultura materiale: progetti che analizzano aspetti tipici della storia e della cultura materiale ed immateriale locale. I progetti di Regionalismo Critico visuale, in base alla tecnica di visualizzazione ed ai materiali utilizzati, si articolano quindi maggiormente in: ◊ Editorial; ◊ Product design; ◊ Digital; ◊ Graphic design.

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Img 36 – Graphic Days® Transitions

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Riti Sacri e Folklore

Progetti sul tema del folklore e della tradizione religiosa popolare.

Caso studio italiano

L’anguana Francesco Dibattista, Friuli Venezia Giulia, 2014

Img 37 – Francesco Dibattista, L’Anguana

L’Anguana, creatura mitologica strettamente legata all’acqua, simile una ninfa e tipica della mitologia alpina, ispira la graphic novel handmade di Francesco Dibattista. Le leggende sull’anguana sono diffuse in Friuli, infatti si ritrovano nella mitologia di tutti i paesi vicini al fiume Tagliamento, in particolare in Val d’Arzino e Val Tagliamento. Le caratteristiche dell’Anguana cambiano a seconda delle varie leggende e dei luoghi. Sono conosciute con nomi differenti ma hanno in comune la presenza di uno o più tratti non umani: zampe di gallina, di anatra o di capra, zampe squamose, un dorso scavato, nascosto dal muschio o dalla corteccia e, inoltre, sono spesso descritte come giovani donne, spesso molto attraenti e capaci di sedurre gli uomini.

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Caso studio internazionale

Kukeri Daniel Ali, Bulgaria, 2020

Img 38 – Daniel Ali, Kukeri

Kukeri, è un film di 10 minuti che offre uno sguardo sull’antico rituale pagano bulgaro e su come la pratica si è evoluta fino ad oggi. Ogni inverno in Bulgaria, centinaia di personaggi indossano costumi sorprendentemente elaborati, in occasione di un’antica tradizione pagana nota come Kukeri, che sopravvive dal V secolo per spaventare gli spiriti maligni. I due autori sono entrati in contatto con le famiglie locali coinvolte nella pratica cercando di catturare lo storicismo della tradizione e, ad un livello più profondo, l’atto di mantenere vivo il patrimonio familiare, con l’obiettivo di raccontarlo in modo innovativo, parlando agli spettatori su più livelli di narrazione, usando la prospettiva, gli effetti visivi e il montaggio per migliorare la storia.

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Natura, fotografia e territorio

Progetti che valorizzano ecosistemi e paesaggi naturali.

Caso studio italiano

Uncommissioned Landscape Manipulation Ligama, Sicilia, 2017

Img 39 – Ligama, Uncommissioned Landscape Manipulation

I ruderi testimoniano vestigia di civiltà lontane ed esistono nella memoria della collettività allo stato di abbandono. Parte integrante del paesaggio siciliano, attraverso un’azione pittorica, sono ora oggetto di un processo di cambiamento. Questo consiste nell’utilizzare codici colore elaborati in co-creazione con un algoritmo di intelligenza artificiale, che traduce dati scientifici di sequenze sonore raccolti ed elabora una nuova teoria del colore. Questo progetto si concretizza in un viaggio di riappropriazione attraverso la pittura, un’indagine sul territorio, per conoscere la storia dei luoghi e ricucire i tessuti connettivi di nuove geografie.

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Caso studio internazionale

Campaign film per Heresy Studio Creme, Londra, 2018

Img 40 – Studio Creme, Heresy

L’opera di Studio Creme è una campagna per la collezione 2018 del brand di abbigliamento Heresy, realizzata in un mondo fantasy 3D, con modelli che indossano abiti scannerizzati e incorporati in quell’ambiente. I progetti di Heresy sono spesso guidati dall’esplorazione del misticismo e del folklore della tradizione delle Isole britanniche. Il “film d’atmosfera” e il lookbook si sono sviluppati a partire dall’archivio di immagini relative al folklore, oltre a una serie di libri e strani artefatti che il brand ha accumulato, dai circoli di pietra antichi alle feste pagane tradizionali.

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Design grafico regionale

Progetti inerenti allo studio e alla rielaborazione dei segni grafici della cultura del territorio. Caso studio italiano

Sistema Museale Ugento FF3300, Puglia, 2016

Img 41 – FF3300, Sistema Museale Ugento

Il progetto d’identità visiva per il Sistema Museale della città di Ugento, che comprende il Nuovo Museo Archeologico, la Collezione Archeologica “Adolfo Colosso”, il Complesso Monumentale della Cripta del Crocifisso e la Chiesa della Madonna di Costantinopoli, è focalizzato sulla rappresentazione del territorio e le sue stratificazioni culturali. Il fulcro del progetto è il sistema tipografico Messapia, che consente di comporre il testo in infinite varianti di glifi per ciascuna lettera, individuate a seguito di una ricerca iconografica su tutte le iscrizioni del territorio. Il carattere tipografico conserva al suo interno gli elementi costitutivi della memoria, ossia il passaggio della cultura messapica, greca e latina.

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Caso studio internazionale

Carattere tipografico Bilibin Inna Oc-Ta, Russia, 2020

Img 42 – Inna Octa, Bilibin

Progetto di un nuovo carattere tipografico, il Bilibin, che unendo elementi asincroni, tenta di costruire un ponte tra le molteplici identità linguali del cirillico, risultato della sostanziale ricerca di Inna Oc-Ta, dattilografa di origini russe, con sede in Olanda, sull’argomento. Concentrandosi sul ruolo socio-culturale del linguaggio visivo, il font incarna la ricerca della progettista su come il ruolo dei caratteri cambi nel tempo e a seconda delle diverse condizioni. Con il disegno per Bilibin, Inna Oc-Ta gioca con i percorsi storici che portano alla ridefinizione del carattere: contiene elementi del cirillico, di Skoropic, di Poluustav e di Grazhdanskii, e soprattutto, cerca di far conoscere la sua storia e il suo patrimonio culturale.

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Storia, tradizione e cultura materiale

Progetti che analizzano aspetti tipici della storia e della cultura materiale ed immateriale locale. Caso studio italiano

Different stories CLAC, Sicilia, In corso

Img 43 – CLAC, Different stories

Different stories è un network di persone con esperienze professionali e percorsi disciplinari diversi, ma unite dalla passione per la narrazione di territorio e comunità. L’intento è pensare, produrre e fruire la cultura in modo nuovo, coinvolgendo direttamente gli abitanti nella narrazione e rendendo fruibile il materiale all’interno di una piattaforma web, servizi di accompagnamento all’autorappresentazione delle comunità, di produzione di contenuti per la valorizzazione e promozione, di formazione e community building.

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Caso studio internazionale

White Tiger / Blue Dragon Can Yang, Stati Uniti, 2018

Img 44 – Can Yang, White tiger/Blue Dragon

Il libro di Can Yang, White Tiger / Blue Dragon, trovando ispirazione nel folklore cinese e nella superstizione, documenta le antiche pratiche dell’alchimia cinese, con istruzioni su come fare gli elisir che tradizionalmente possono garantire l’immortalità, oltre ad evocare dei benevoli e malevoli. Il libro è composto da palette di colori tenui e presenta delicati disegni lineari, abbinati a ricette di elisir facili da seguire. Il titolo si ispira alle creature mitologiche delle costellazioni cinesi, che simboleggiano rispettivamente l’Oriente e l’Occidente, riflettendo l’identità dell’artista. Il volume ripensa i costumi cinesi come parte del più ampio paesaggio del design, ed esplora le origini della progettista.

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Editorial

Caso studio italiano

Librini di Maraèa Studio Charlie, Lombardia, 2012

Img 45 – Studiocharlie, Libri di Maraea

All’interno del progetto Memory Talk, 34 giovani si sono relazionati con anziani producendo materiali video, fotografici, audio e testuali, parte dei quali sono confluiti nei 9 libri, stampati a mano, della collana Librini di Maraèa. La copertina è un contenitore neutro uguale per ogni volume, l’interno, invece, è di volta in volta di formato differente, in funzione del tipo di racconto. In questo modo dall’esterno, quando il libro è chiuso, si riconosce immediatamente come parte di una collana; da aperto invece rispecchia la notevole varietà tra i vari contributi raccolti. I libricini, stampati in 50 copie numerate, sono stati presentati al pubblico in occasione di Fa Maraèa, la festa della cultura popolare della Valle Camonica.

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Caso studio internazionale

Passport Editions Antoine Duruflé, Evan Renaudie, Varie, 2019

Img 46 – Passport editions

Passport Editions è una serie che guarda alle leggende e ai racconti di diversi paesi. Il progetto consiste in uno spazio in cui esplorare la letteratura e la narrazione attraverso il disegno. I racconti, le favole e il folklore di ogni destinazione “sono spesso brevi, ricchi di azione, e graficamente rimangono semplici per gli illustratori per visualizzare immagini da mettere in forma su due o tre pagine”, dice Duruflè. Il primo numero si concentra sul Giappone e comprende le interpretazioni artistiche delle storie di sei illustratori. Passando alla Norvegia per la seconda uscita, le otto storie illustrate mostrano una varietà di estetica e di concetti diversi, e il prossimo numero racconterà la storia Inca e Azteca del Messico.

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Product design

Caso studio italiano

Memories Valentina de Carolis, Puglia, 2014

Img 47 – Valentina de Carolis, Memories

Collezione di piatti che interpreta la poesia e le suggestioni presenti nei dettagli Villa Damaso Bianchi, la cui torre negli anni ‘20 e ‘30 era un luogo di festival e cultura di fama mondiale. I vasi in ceramica e rame ossidato reinterpretano la geometria del pavimento, mentre i disegni delle balaustre e degli ornamenti diventano motivi decorativi su ciotole, piatti e piastrelle smaltate.

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Caso studio internazionale

Børk Siggi Odds, Islanda, 2014

Img 48 – Siggi Odds, Bork

Nell’ambito del DesignMarch di quest’anno in Islanda, Siggi Odds, si è riunito con alcuni collaboratori per produrre qualcosa di tridimensionale e tangibile. Lui e Geir Ólafsson, Hrefna Sigurðardóttir e Þorleifur Gunnar Gíslason lavorano tutti in modo prevalentemente digitale, producendo opere che sono transitorie e raramente rese fisiche. Per contro, hanno collaborato con il product designer Jón Helgi Hólmgeirsson, e lavorando sotto il nome di Børk hanno creato una selezione di trapunte su misura, stampate con immagini grafiche personalizzate che evocano i paesaggi e gli ambienti naturali dell’Islanda, prendendo in prestito elementi dalla mitologia tradizionale e dal folklore.

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Digital

Caso studio italiano

Vedi Vidi Daje Carolina Venosi, Lazio, 2020

Img 49 – Carolina Venosi, Veni Vivi Daje

@romeismore è una pagina Instagram contenente la traduzione in inglese di detti popolari romani, impaginati come un dizionario e alternati a fotografie della Capitale. Veni Vidi Daje è una guida internazionale per capire il romanesco (e i romani) e un atto d’amore per la Capitale e la sua lingua parlata, celebrando l’originalità, l’efficacia e la fantasia che solo il genio popolare sa produrre.

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Caso studio internazionale

Fotografia di Kenta Cobayashi Kenta Cobayashi, Giappone, 2019

Img 50 – Kenta Cobayashi

Il lavoro di Cobayashi si sviluppa studiando la lingua giapponese, i suoi diversi significati e la loro storia, in particolare delle parole fotografia e verità, e li traduce nei suoi progetti attraverso la manipolazione digitale delle immagini. Per il fotografo e molti altri buddisti, “verità” incarna l’idea di una sorta di energia che attraversa tutto come una forza vitale. Le immagini frammentate distorgono l’accurato realismo della fotografia. “Il mio obiettivo nella fotografia è quello di ridurre la risoluzione della realtà”, osserva Cobayashi. Poiché anche il linguaggio riduce una risoluzione della realtà attraverso il suo vocabolario finito, il forografo rappresenta visivamente questa limitazione attraverso la manipolazione fotografica.

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Graphic design

Caso studio italiano

Cantina Mesa Gavino Sanna, Sardegna, 2004

Img 51 – Gavino Sanna, Cantina Mesa

Il nome Mesa (tavola, in sardo) rappresenta l’essenza della cantina: nutrimento, convivio, amore materno, semplicità e profumi. La brand identity, progettata da Gavino Sanna, trasmette la terra in tutte le sue sfaccettature: le bottiglie tonde prendono spunto dalle donne vestite di nero che vanno in chiesa, le etichette riprendono le trame bianche e nere dei tappeti sardi, e sono state a loro volta trasformate in piastrelle ed in una collezione di tappeti firmata Sartapp.

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Caso studio internazionale

Zooba &Walsh, New York, 2019

Img 52 – &Walsh, Zooba

&Walsh ha progettato l’identità visiva per Zooba, il ristorante del Cairo con sede a New York. Il progetto è iniziato con un viaggio nella capitale egiziana, incontrando il team di Zooba e imparando a conoscere meglio la cultura, in particolare attraverso la collaborazione con Chris Khalifa, Adam Mourad e Omar Mobarek. La tipografia del brand è stata commissionata a Mohamed Mohamed, il pittore di dettagli tipografici su molti dei carri allestiti al Cairo: i dipinti sono stati scannerizzati e fotografati, e utilizzati sulle composizioni vettoriali, creando un contrasto tra le pennellate di vernice organica contro i motivi geometrici vettoriali e i bordi. Riassumendo con cura riferimenti tradizionali egiziani, il risultato finale è uno stile unico per Zooba.

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I lavori scelti in seguito alla fase di ricerca sono stati classificati in tre sezioni: ◊ la sezione Maestri raccoglie i progetti di due autori – Muro Bubbico e Mario Cresci – che utilizzano unicamente il Regionalismo Critico visuale come tema della loro opera; ◊ La sezione Opere selezionate raccoglie alcuni autori che hanno utilizzato questa chiave di lettura; ◊ La sezione Progetti di ricerca raccoglie progetti universitari e tesi di laurea.

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Img 53 – Graphic Days® Transitions

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Intervista a Mario Cresci (2017) di Mauro Zanchi in occasione della mostra La fotografia del No, per Doppiozero

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I Maestri: Mario Cresci Mario Cresci, nato a Chiavari nel 1942, è stato uno dei primi in Italia ad abbracciare la fotografia espressiva come forma d’arte e la progettazione grafica e ad applicare la cultura del progetto, coniugandola ad una sperimentazione con i linguaggi visivi. Fin dagli anni Settanta ha realizzato opere eclettiche caratterizzate da una libertà di ricerca che attraversa il disegno, la fotografia, il video, l’installazione e il site-specific. Nel 2004 realizza la sua prima antologica, Le case della fotografia. 1966-2004, alla GAM di Torino e nel 2017 riassume i suoi cinquant’anni di attività artistica nella mostra La fotografia del No. 3 La sua poetica si formula attraverso anni di sperimentazioni continue, che vanno ben oltre la fotografia in sé, spaziando verso diversi mezzi espressivi. Con riferimento Duchamp, che egli considera come maestro, si distacca dal formalismo delle “belle immagini” per comunicare sensazioni più profonde, ottenute attraverso un processo di contaminazione con l’arte e la scienza. Le opere sono pensate per essere osservate con cura: l’intento è quello di allontanarsi dal concetto di “rapidità” delle immagini e di stabilire un contatto con il pubblico in modo che questo dia origine alla propria visione attraverso la memoria e l’immaginazione. Allontanandosi da ogni dogma, Cresci matura questa riflessione attraverso la fedeltà all’utopia e all’indipendenza intellettuale, che gli ha permesso di divulgare le proprie immagini dal 1962 ad oggi. I significati dei segni affondano le radici nella filosofia, che egli ritiene indisgiungibile dalla fotografia, come un filo che lega insieme tutti i suoi lavori: senza le relazioni e i dibattiti fra gli uomini questa perde di significato perché vengono a mancare i riferimenti con la realtà e quindi anche le varie possibili interpretazioni che gli spettatori possono darne. La fotografia del No, secondo il maestro è proprio questo, un approccio che va contro la concezione “retinica” dell’immagine, fredda e perfetta. Le immagini, secondo Cresci, creano relazioni e invitano a guardare la parte intima

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delle cose, piuttosto che il loro esterno, attraverso un processo che si avvicina più al mondo dell’arte rispetto a quello della fotografia.3

La ricerca sul territorio Cresci aggiunse al suo processo artistico una certa matericità concettuale e primordialità, grazie a ricerche e progetti intrapresi nel sud Italia, a partire da Tricarico, in Basilicata, nel 1967. A quel periodo, in cui la sua fotografia era alla ricerca dell’individuo, dei suoi riti e dei suoi modi di vivere, sono riconducibili immagini come Interni mossi del 1967 e la serie Ritratti reali del 1972. La ricerca sul territorio, il rapporto diretto con le persone e soprattutto con le loro storie, l’approccio antropologico, il rapporto non verbale, l’ascoltare le tradizioni e i costumi altrui sapendoli riprodurre con una voce autentica e viscerale: questo grande, immenso tassello di esperienza vissuta sul campo fece chiudere il suo cerchio artistico da cui Cresci attinge la materia per creare sempre qualcosa di nuovo. In questo contesto sono molti i progetti e le iniziative culturali che Cresci intraprende: il volume Misurazioni del 1978, che mostra il lavoro svolto dal 1974 sulle statue in legno tipiche della cultura agricola lucana; la mostra Le due culture, che si concentra sul materiale d’archivio materano reinterpretandolo in diverse letture; infine Segni migranti, la sua opera più recente, che riassume tutto l’operato svolto dal maestro a Matera, includendo sia materiale fotografico che di graphic design. Img 54 – Mario Cresci, Campo riflesso e trasparente, Galleria Trisorio, Napoli, 1979

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Intervista a Mario Cresci (2018) di Lara Morello per Artibune

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“Il Sud è stato per me un’area di ricerca di grande interesse. Lì ho scoperto il mondo della cultura materiale, quello che aveva affascinato il mio conterraneo Claudio Costa, anche se in maniera diversa. Mi interessava capire il linguaggio, i comportamenti. Era una società matriarcale in cui la storia sociale, la tradizione era affidata alle donne che restavano. Ho iniziato a leggere De Martino, il suo Sud e magia, un apporto fondamentale per me. “4

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Img 55 – Mario Cresci, Interni mossi, Tricarico, 1967

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Img 56 – Mario Cresci, Autoritratto, dalla serie Interni, Barbarano Romano 1978,


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Intervista a Mauro Bubbico di Printered

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I Maestri: Mauro Bubbico Mauro Vincenzo Bubbico è nato a Montescaglioso, Matera, nel 1957, dove vive e lavora dal 1986. Membro AGI (Alliance Graphique Internationale) e Docente di Progettazione Grafica, si occupa da lungo tempo di educazione sociale e di sostenibilità ambientale. Il suo legame potentissimo con la terra d’origine lo ha portato alla definizione di un linguaggio grafico efficace e contemporaneo, adatto a raccontare le peculiarità di questo territorio e dei suoi abitanti e a valorizzarli, per favorirne lo sviluppo umano, economico e culturale. Secondo Bubbico i riferimenti culturali sono di fondamentale importanza: il rapporto con una particolare area geografica, cultura o città può completamente cambiare l’approccio alla progettazione, che deve rispettare dei canoni specifici ma essere capace di adattarsi ai vari contesti. Lavora soprattutto per gli enti culturali, una realtà che ha sviluppato l’interesse per un design emozionale, che trova ispirazione nella cultura materiale espressione di una classe subalterna e povera, ma ricca di senso critico. La sua arte imprigiona artisticamente la tradizione per farne una sorta di manifesto: illustrazioni, poster, copertine dei libri.

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La grafica è intesa come racconto e nello stesso tempo generatrice di immagini connotate da un’estrema semplicità, laddove lo stereotipo si traduce in valorizzazione e sublimazione della storia umana, nelle sue sfaccettature economiche e culturali. Rappresentativo del lavoro di Bubbico su Matera è il volume Matera segni immagini relazioni verifiche, del 2011. Il libro è un ritratto di Matera lungo tre generazioni ed è diviso in quattro capitoli: la Città, gli Abitanti, il Lavoro, la Cultura. La storia della città si avvale di materiali, segni e immagini della cultura lucana già utilizzati e li mette in relazione con le rappresentazioni di altri luoghi. Ognuna delle doppie pagine, aperte a diverse letture, rafforza la candidatura della città a Capitale Europea della Cultura. Il volume si conclude con una sezione fotografica sulla città così come appare oggi. Al termine, la parte testuale spiega e approfondisce la scelta delle immagini.

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“I riferimenti culturali sono importanti, il rapporto con una particolare area geografica, regione o città conta molto e fa la differenza. La metodologia progettuale è una, ma affinché sia efficace va riadattata di volta in volta rispetto al contesto in cui si va a operare.“ 5

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Opere

Poster Antimafia

Img 57 – Mauro Bubbico, Antimafia: Antiracket, Graphic Days® Transitions

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Ogni poster raccoglie le pagine di alcuni calendari Antiracket editi nel corso degli anni (prima edizione 2010) dall’Associazione Falcone Borsellino di Montescaglioso. L’associazione, aderente al FAI (Federazione Antiracket Italiana), nacque nel 1994 dalla volontà di comuni cittadini e piccoli imprenditori, vittime della violenza del racket dell’estorsione. Il calendario, stampato dal 2005, è considerato uno strumento per tenere viva l’attenzione sui temi della legalità e dell’impegno civile. Il progetto grafico ha due fonti di ispirazione: From Palermo to America. L’iconografia commerciale dei limoni di Sicilia della casa editrice Sellerio (2007) e Cantata per la festa dei bambini morti di mafia di Luciano Violante. Il primo libro, sulle cartine d’agrumi, ha ispirato la struttura compositiva, la forma e gli elementi decorativi che accompagnano le fisionomie dei personaggi nello scorrere dei mesi. Il secondo libro invece ha ispirato il tema più generale dei morti di mafia: tredici e più storie si susseguono e coprono un arco di tempo di circa cinquant’anni per rappresentare idealmente tutte le vittime. Per essere ricordate, vengono proposte come icone eroiche accompagnate da elementi testuali: il nome, una data, una citazione, un frammento di discorso, il testo di un manifesto, presentati con colori sgargianti, allegri e festosi a suggerire sentimenti di amore e amicizia, di coraggio e indignazione, di solidarietà e giustizia.

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Opere

Annodare Sorgenti

De Candia, L. (2004). Anime di Luoghi. Franco Angeli

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Img 58 – Mauro Bubbico, Annodare Sorgenti, Graphic Days® Transitions

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Una raccolta di segni e immagini riconfezionate da Mauro Bubbico prelevandole dai depositi della produzione grafica per la sua città e le sue terre. Sono le riletture di frammenti di tradizioni e ritagli di curiosità visive, vicine a casa o lontane nella storia. È “un lavoro fine di raccordo, di tessitura, di costruzione di trame, di nodi e connessioni, di passaggi e di consolidamenti, capace di annodare sorgenti, ma anche di risvegliare, di mettere in moto e di coagulare le passioni e le energie sopite di uomini concreti, in carne ed ossa, che sanno dire sì alla vita e partecipare attivamente alla costruzione del proprio futuro.” 6 In questo modo le icone folkloristiche non rimandano solo a una cultura radicata e dimenticata, ma sentono la necessità di comunicare nuovamente un messaggio.

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Opere

Setacciare, separare il grano dall’oglio, il bene dal male

Img 59 – Mauro Bubbico, Setacciare, separare il grano dall’oglio, il bene dal male, Graphic Days® Transitions

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Il setaccio rappresenta per Bubbico una delle prime misurazioni della cultura materiale. Vivendo la tradizione materana si è interessato agli utensili utilizzati dai contadini e che venivano esposti nelle loro case. L’interesse lo ha portato a documentare e rappresentare questi artefatti, che hanno perso valore e necessitano di ricevere nuova luce e nuova forza espressiva, attraverso la fotografia e il video. L’idea di Bubbico era quella di creare degli oggetti bidimensionali, oggetti poetici capaci di raccontare storie ed evocare immagini di un passato tradizionale.

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Opere

Storie a Colori

Img 60 – Mauro Bubbico, Storie a colori, Graphic Days® Transitions

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Il progetto consiste in dodici illustrazioni per dodici mesi realizzate nel corso di un anno per diverse occasioni e committenti, variate e rieditate a colori fluo per accentuare l’idea di fiabesco, sorprendere e accompagnare lo scorrere dei mesi del 2020. Sono pagine rigorose, luminose, mediterranee, con creature fantastiche rubate al mito e trasformate in modernissimo linguaggio popolare, raccontano una cultura visiva sincera, quasi arcaica, con le sue feste e i suoi colori, capace di assorbire la storia e di tradurla in segni e immagini. Il calendario è stato stampato con il Sistema Quadrifluox messo a punto da Piergiuseppe Molinar, che ha iniziato questa ricerca sperimentale con inchiostri fluorescenti esplorando il loro utilizzo nei quattro colori litografico / offset. La scelta di usare questi colori, visibili se illuminati da una lampada wood, è legata alla possibilità di restituire a chi sfoglia il calendario non solo le illustrazioni con i colori fluorescenti, vaporosi e impalpabili ma anche un effetto fiabesco, quasi a volere amplificare ulteriormente la naturale ambivalenza delle immagini.

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Opere

La Stanza dei Soprannomi

Img 61 – Mauro Bubbico, La stanza dei soprannomi, Graphic Days® Transitions

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L’installazione, ispirata da una significativa testimonianza riportata da De Martino del 1975 relativa alla nascita di un soprannome, è composta da circa 650 fogli con relativi soprannomi in lingua dialettale, disposti in ordine alfabetico. Rende possibile risalire ad aneddoti, piccole storie legate alla fantasia popolare e alla genesi delle famiglie della comunità di Montescaglioso, Matera. I soprannomi contadini condensano un episodio saliente della biografia personale, un tratto fisico o un aspetto del carattere, e per questa loro risoluzione fantastica dei fatti dell’esistenza sfiorano la poesia. La mostra fu presentata per la prima volta a Montescaglioso nel 2016: cittadini di tutte le età affollarono la stanza con le pareti e il soffitto ricoperti interamente di nomi, una cartolina su un tavolo al centro della stanza invitava il visitatore a raccontare la storia del proprio soprannome o a suggerire quelli non censiti.

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Opere

Van Gogh Room

Img 62 – Mauro Bubbico, Van Gogh Room, Graphic Days® Transitions

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Van Gogh room è una serie di schizzi e illustrazioni ispirato a La camera di Vincent ad Arles (1888-89) celebre dipinto che racconta il periodo di apprendistato dell’artista che, bloccato nella sua stanza ad Arles per una quarantena a rischio pandemia, non potendo praticare il disegno dal vero, è costretto a esercitarsi copiando le riproduzioni a stampa di opere dei suoi maestri di riferimento. Nell’inedito racconto, a causa di una improvvisa perdita del senso dell’orientamento spazio-temporale Van Gogh si ritroverà a guardare le foto scattate in Lucania da Mario Carbone e usate da Carlo Levi, pittore e autore del Cristo si è fermato a Eboli, per le scene di Lucania 61, scoprendo che a distanza di un secolo nulla è cambiato.

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Opere

Volumi di ricerca

Img 63 – Mauro Bubbico, volumi, Graphic Days® Transitions

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Più di trenta pubblicazioni fra cui libri, album fotografici e riviste fanno parte dell’esposizione di Mauro Bubbico in Singolare Plurale, divisi in volumi per lui oggetto di studio e fonte di ispirazione, libri realizzati da lui e progetti di tesi dei suoi studenti.

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Opere selezionate

Img 64 – Graphic Days® Transitions

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Teste di Marmo e di Anarchia A m’l rum da me

Img 65 – Teste di Marmo e di Anarchia

L’opera consiste in un manifesto che vuole celebrare la storia dell’anarchia, del lavoro in cava, della lotta e soprattutto di Carrara attraverso la figura di Alberto Meschi. Il tema principale del progetto, realizzato in occasione dei cento anni di Umanità Nova, settimanale anarchico autofinanziato, è quindi la vita avventurosa di questo sindacalista anarchico, divenuto per il popolo apuano un personaggio simbolo dei traguardi ottenuti in favore dei lavoratori del marmo. Le ricerche sono state svolte nei luoghi fondamentali del movimento anarchico della città: la sede della FAI (Fondazione Anarchica Italiana), la biblioteca Archivio Germinal, dove è stato possibile consultare documentazioni riguardanti le lotte operaie, la resistenza e alcune figure di attivisti del movimento anarchico della zona di Massa-Carrara, ma anche il Circolo culturale anarchico Gogliardo Fiaschi e la tipografia anarchica Il Seme.

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Stiamo scomparendo, viaggio nell’Italia in minoranza CTRL Edizioni

Img 66 – Stiamo scomparendo, viaggio nell’Italia in minoranza

Il progetto editoriale di CTRL Edizioni vuole raccontare quei luoghi d’Italia in cui la lingua madre non è l’Italiano, attraverso un report fotografico e narrativo. La ricerca alla base del progetto è stata stimolata dall’articolo 6 della Costituzione Italiana, che recita: La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche; e dagli studi del linguista David Crystal, che ha stimato che entro il 2100 scomparirà la metà delle lingue oggi parlate nel mondo. Le alte valli del Piemonte, dove alcuni ancora parlano il Walser, il territorio Torinese e Cuneese, in cui abitano gli Occitani, l’isola di San Pietro, nel sud della Sardegna, dove si parla il Tabarchino e i piccoli paesi della Puglia dove sopravvive ancora il Grico sono solo alcune delle località visitate dal collettivo.

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Minor Arcana Elisa Seitzinger

Img 67 – Minor Arcana

Il progetto del mazzo, accompagnato da arazzi e da un tavolo da gioco illustrato, è composto da quaranta carte: può essere usato per giocare a Scopa, ma è anche un mazzo di tarocchi di arcani minori. L’intento è quello di associare ad ogni carta dei personaggi catalogati da Propp nelle fiabe popolari, in questo modo il mazzo, in parte ridisegnato secondo la tradizione e in parte rinnovandone gli aspetti formali, può essere usato per inventare racconti contemporanei. A differenza del mazzo tradizionale in cui ogni seme rappresenta una classe sociale, in questo tutte le figure incarnano gli stereotipi negativi del contemporaneo. Vi sono due domande attorno a cui si sviluppa il lavoro: cosa lega il significato divinatorio dei tarocchi al loro aspetto iconografico? Esiste un nesso simbolico tra questo e le sequenze della fiaba tradizionale teorizzate dallo studioso russo Propp, che definì attraverso una serie di funzioni i punti chiave delle strutture narrative dei racconti popolari?

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tuttiSanti, design to be saint FF3300

Img 68 – tuttiSanti, design to be saint

tuttiSanti si ispira alle tradizioni iconografiche di santi, o di tutti quei punti di riferimento all’interno della storia popolare, reinterpretati in veste pop contemporanea, utilizzando una chiave di lettura non necessariamente devota. Il progetto prevede la realizzazione di illustrazioni e oggetti d’arredo a partire da uno studio approfondito dell’iconografia sacra, mettendo a valore le maestranze del territorio italiano. L’intento è il recupero delle tradizioni e delle iconografie storiche preesistenti, traducendole mediante nuovi codici linguistici: in questo modo spettatore e oggetto comunicheranno attraverso il linguaggio comune del proprio tempo, rinsaldando le dinamiche di affezione popolare. L’iconografia bizantina è stata la principale base visiva, da cui trae origine anche l’utilizzo di pochi e determinati colori; col tempo, ci sono state variazioni sul tema, ma sempre in connessione con la storia.

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Futuro Arcaico Folklore Elettrico

Img 69 – Futuro Arcaico

Futuro Arcaico — Osservatorio Artistico Digitale, ideato da Folklore Elettrico, è un archivio virtuale che raccoglie testimonianze artistiche su tradizioni, riti e luoghi della Puglia: racconta il territorio attraverso i contributi di creativi che si interrogano sull’identità regionale, mediante linguaggi e opere artistiche dall’estetica contemporanea. Il concept è una soluzione al problema del mancato adeguamento dell’offerta culturale pugliese agli attuali standard artistici e di narrazione della tradizione. Rielaborando il folklore attraverso uno storytelling innovativo, eterogeneo e dal basso, l’archivio vuole allontanarsi dagli stereotipi turistici sostenendo il pensiero meridiano, attraverso i progetti degli artisti che contribuiscono all’aggiornamento dell’archivio.

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Il bestiario d’Italia, La Spina Dorsale - Vol. I Gabriele Pino

Img 70 – Il bestiario d’Italia

Img 71 – Il bestiario d’Italia

Il progetto, un bestiario in formato “libro da viaggio” con una copertina in stoffa serigrafata con alcune parti interne apribili con pieghe a fisarmonica, nasce con l’intento di tramandare i personaggi della tradizione orale dei piccoli paesi di provincia italiani, affinché possano diventare materiale utilizzabile da narratori, insegnanti, designer. Il Bestiario d’Italia è un percorso di ricerca sul campo che intreccia antropologia, folklore, tradizione orale e immaginazione, ed è anche un’occasione di memoria, di scambio orale e umano. I viaggi di ricerca vengono organizzati dall’autore tramite un itinerario in base alle zone delle regioni d’Italia più ricche di storie e, raggiunte le località, attinge alla memoria delle persone per farsi narrare i racconti orali di quelle zone.

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Citto Citto Giulia Maria Conoscenti

Img 72 – Citto citto

Citto citto è la trasposizione illustrata dei racconti di donne e uomini del Mezzogiorno, di quello povero ed escluso dalla crescita culturale ed economica del Dopoguerra in Italia. Il progetto nasce con l’intento di affermare un’identità propria del Sud, trasformando il vissuto delle tradizioni, del lavoro e dei riti delle comunità contadine in forme di narrazioni di una Lucania misera e, allo stesso tempo, incantata, i cui messaggi essenziali sono stati tradotti con immagini, colori e figure. Le fonti bibliografiche sono le ricerche etnologiche di Ernesto de Martino, mentre quelle iconografiche sono concettualmente concepite con riferimento allo schema dei codici decorativi medievali, ai cromatismi netti e vivaci dell’arte popolare degli ex voto, alle figure spaventose e nello stesso tempo affascinanti immaginate da Bruegel e Bosch.

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Herbarium Flavia Luglioli, Irene Luglioli

Img 73 – Herbarium

Herbarium è una raccolta delle piante in uso nella stregoneria medievale europea ed una ricerca sulla memoria etnobotanica che approfondisce l’aspetto simbolico magico delle piante, con l’obiettivo di scoprire il significato profondo di piante di uso comune o spontanee. Il nome Herbarium è nato perché così venivano chiamati i cataloghi delle erbe realizzati dalle congregazioni monastiche medievali. Le illustrazioni si ispirano alle figure monocolore degli Herbarium medievali, ai Preraffaelliti inglesi e alle opere della fotografa Julia Margaret Cameron; in particolare i ritratti femminili senza volto celebrano le guaritrici ed herbarie medievali, conosciute e uccise per aver praticato la loro arte. Il progetto si sviluppa attraverso la creazione di cartoleria di uso comune: cartoline, quaderni, ex-libris, libri rilegati a mano con legatura copta, una delle prime rilegature conosciute (è nata nei monasteri copti intorno al II-IV sec.).

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Postcards Atlas Matteo Palù, Alice Guarnieri

Img 74 – Postcard Atlas

Il progetto, una mappa digitale rielaborata graficamente, insieme al messaggio del mittente e alle informazioni geografiche e di tempo in cui la cartolina è stata generata, nasce dall’osservazione della cartolina turistica come oggetto fisico e come modalità di comunicazione: è un artefatto grafico capace di legare una memoria personale ad un luogo, ed è allo stesso tempo composto da una parte visual, volta alla promozione e alla rappresentazione del luogo, una componente standardizzata, legata all’immissione dei dati necessari alla trasmissione postale, ed infine una parte dedicata ad accogliere il messaggio del mittente. Il processo di trasmissione di questo oggetto, visto da una prospettiva contemporanea, appare quantomeno lento ed eccessivamente impegnativo rispetto alle moderne alternative. Con i nuovi strumenti digitali possiamo accorciare l’attesa di un invio cartaceo, lo spazio e il tempo sono percepiti in modo fluido, la cartolina diventa digitale e può essere il ricordo di un momento presente, ma anche di una città visitata in passato.

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Napoletane serigrafate Nilotype

Img 75 – Napoletane serigrafate

Quaranta illustratori meridionali hanno reinterpretato le quaranta carte napoletane, con l’unica regola di usare gli stessi colori presenti nella carta originale. L’intento del progetto è riunire in una stessa opera artisti completamente diversi tra loro, per provare a restituire un’idea sincera e genuina del panorama dell’illustrazione oggi, non solo per le tecniche usate, ma anche per il rapporto con la tradizione. Tra gli artisti c’è chi interpreta la tradizione come qualcosa di “intoccabile” oppure chi spezza tutti i legami con essa con totale disinvoltura. Le carte da gioco hanno una tradizione immensa e ogni singola carta ha moltissimi significati, talvolta condivisi e riferiti a codici precisi, altre volte personali ed emotivi. In Napoletane serigrafate, stampate in serigrafia a cinque battute di colore, tutto ciò si mescola: a volte gli illustratori sottolineano l’uno o l’altro aspetto, altre decidono di concentrarsi principalmente sulla sensazione formale della carta.

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Madre Pane Roberto Sironi

Img 76 – Madre Pane

Madre Pane interpreta l’antica tradizione della timbratura del pane attraverso la produzione di una serie di timbri in ceramica rappresentanti figure che fanno riferimento alla tradizione agro-pastorale del Sud Italia. I timbri sono realizzati in ceramica refrattaria, materiale storicamente utilizzato nei forni per la cottura del pane, declinati in tonalità di colori naturali. Il marchio, che riporta l’iniziale del proprietario, completa il timbro secondo la tradizione. La ricerca è stata svolta tramite interviste, visite museali e consultando gli archivi presso la biblioteca comunale e i libri di diversi autori, tra cui, in particolare, Carlo Levi e l’antropologo Ernesto de Martino. I timbri sono un’interpretazione di quanto emerso durante la ricerca, con una rielaborazione delle informazioni, al fine di costruire - attraverso forma e materiale - l’impianto narrativo del progetto.

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Tappeti Tipografici Stefano Asili

Img 77 – Tappeti Tipografici

I Tappeti Tipografici nascono a Samugheo, un paese nel cuore della Sardegna, da Mariantonia Urru: sapienza artigiana, dialogo con designer e tecnologia ed evoluzione di prodotto, hanno fatto di questa azienda tessile un riferimento internazionale. I Tipografici sono tessuti a mano - lana, cotone, lino - e contribuiscono a mantenere l’isola in una corrente dinamica ma legata alla sua storia millenaria. Lavorano con gli artigiani per salvare le realtà più vere e fragili, i piccoli centri lontani dalle sirene del turismo; ma che nell’essere lontani ed esotici inchiodano un tempo differente senza il quale non avrebbero senso il viaggio e le sue scoperte. Il progetto nasce da molte passioni: la letteratura, le strutture della matematica, la tipografia, la musica di Bach e l’equazione pibione = pixel (il pibione è punto base dei tappeti sardi), che è stata la chiave del carattere tipografico.

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Torri Lana 1885. Archives and future / Gandino Studiocharlie

Img 78 – Torrilana 1885. Archives and future / Gandino

Img 79 – Torrilana 1885. Archives and future / Gandino

Il progetto ha due protagonisti: un libro e un plaid. Nel libro, progettato da Gianluca Seta di Studio Eremo, viene raccontata la storia di Torri Lana 1885, una fabbrica di tessuti in Valgandino, fondata alla fine dell’800, che si interseca, oltre che con la storia del Design, anche con quella del territorio e della produzione tessile italiana. Il secondo tema è la progettazione di un plaid contemporaneo, Gandino, che, realizzato con tessitura jacquard triplice, nasce dal tessuto Blue White Oslo degli anni ’70, come rivisitazione e omaggio alla storica produzione Torri Lana. Le ricerche sono basate sulle interviste e sull’analisi di diverse tipologie di materiali che costituiscono l’archivio aziendale: dall’archivio di tessuti all’albero genealogico della famiglia Torri, legata alla lavorazione della lana almeno dal ’400.

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Filet Valentina de Carolis, in collaborazione con Maioliche Pugliese di Fasano, Ceramiche Cinzia Fasano di Grottaglie

Img 80 – Filet

Il progetto recupera una delle lavorazioni più tipiche della tradizione locale: il ricamo filet su rete, tecnica ornamentale antica e assai pregiata, sinonimo di civiltà, cultura, creatività, abilità e raffinatezza. Inizialmente privilegio di uomini potenti e ricchi, passa gradualmente nelle case di tutti. La ricerca iconografica alla base del progetto è stata fatta attingendo alla memoria di famiglia e alla tradizione custodita dalle associazioni del territorio. Attraverso la consultazione bibliografica di alcuni testi prodotti dalle associazioni locali, una raccolta fotografica e lo studio del punto base e degli schemi utilizzati per il ricamo, sono stati elaborati dei disegni che si adattano alla ceramica. Ciotole, piatti e complementi d’arredo in ceramica smaltata diventano le nuove tele di questa raffinata arte e i ricordi che ruotano intorno a questa suscitano sentimenti, facendoli diventare eterni.

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The Great Palermo We Are Muesli, CLAC

Img 81 – The Great Palermo

Il progetto racconta il cibo da strada come accesso al patrimonio di storia e folklore siciliano sotto forma di un videogioco narrativo choice-based che celebra la diversità culturale di Palermo e il potere letteralmente trasformativo della sua tradizione culinaria. La ricerca si è concentrata sia sul campo, specie nei mercati della città, sia su una selezione di fonti bibliografiche – tra cui ricordiamo in particolare i libri di Augusto Cavadi – e iconografiche, dai mosaici del periodo Arabo-Normanno alle carte da gioco siciliane. Una storia inizialmente molto semplice si arricchisce via via di nuovi elementi, deviazioni, segreti da scoprire, per un totale di 19 cibi, luoghi e personaggi. In una filosofia di “digitale a Km 0”, il gioco è impreziosito dalla colonna sonora originale a cura del collettivo Almendra Music.

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Progetti di ricerca

Ecosistema editoriale napoletano

I Progetti di ricerca comprendono 18 progetti di tesi realizzati dagli studenti di Mauro Bubbico e Cinzia Ferrara, più altri lavori individuali e una serie di 66 poster realizzati dagli exstudenti di Mauro Bubbico in occasione di Singolare Plurale.

A. Tamburrini

Img 82 – Ecosistema editoriale napoletano

Ecosistema editoriale napoletano nasce dall’osservazione degli elementi che hanno contribuito nel tempo al riconoscimento e all’identificazione del cosiddetto immaginario di Napoli. La ricerca iconografica si basa sull’analisi dei fattori responsabili della creazione di un’identità e dell’indeterminatezza delle infinite immagini associate alla città di Napoli, iniziando dai media: cartoline, cinema, televisione, pubblicità, internet, fino alla ricerca bibliografica e cinematografica. Il progetto si propone come uno spazio di dibattito che, partendo dalla definizione di un dato territorio, promuove argomenti di natura locale e nazionale attraverso lo scambio di opinioni da parte di diverse figure legate all’editoria.

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– 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA

Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria!

Lessico famigliare, La Martella

A. Tamburrini

A. Guerra, G. Iacovone

Img 83 – Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria

Img 84 – Lessico famigliare, La Martella

Gesù, Giuseppe, Sant’Anna e Maria! oltre ad essere un’esclamazione di stupore, dà il titolo ad un percorso fotografico che ha visto la ricerca di alcune delle più curiose edicole votive di Napoli. La serie di fotografie analogiche sviluppate per questo tema intende rappresentare i forti contrasti che si avvertono nel rapporto che le edicole votive napoletane hanno con lo spazio e con le persone. Dopo una ricerca bibliografica che ha mostrato queste edicole come elementi di arredo urbano con la funzione di illuminare vicoli bui e di sfiduciare atti vandalici tra il Settecento e l’Ottocento, lo studio iconografico è caduto inevitabilmente sulle figure sacre che abitano le edicole, tanto curate dagli abitanti dei vicoli. Fondamentale inoltre, lo studio di un taglio fotografico che permettesse di mettere in risalto l’oggetto nel proprio contesto.

I poster Lessico famigliare sono stati il risultato di un laboratorio di sperimentazione didattica tenuto da Mauro Bubbico e organizzato dall’associazione Il Vagabondo presso La Martella (Matera), nel 2018. Il tema centrale del progetto è stato quello di dare un’identità al quartiere de La Martella vivendo e coinvolgendo il luogo, gli abitanti e l’amministrazione locale. Il lettering dei manifesti, realizzati in occasione dell’evento popolare La Crapiata, è in alfabeto etnico, a blocchi, e racchiude all’interno ogni simbolo delle maioliche nella chiesa del quartiere, che sono state prima catalogate per forma, e poi ridisegnate. Il progetto consiste in una serie di tre manifesti, uno dei quali comprende la fotografia di Pierangelo Laterza rappresentante il modellino della chiesa di San Vincenzo de’ Paoli.

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Napoli Folk Archive

Bagheria, la città delle ville

A. Piacente

A. F. Manna

Img 85 – Napoli Folk Archive

Img 86 – Bagheria, la città delle ville

La ricerca intende riflettere sui rapporti tra arte popolare e antropologia nel contesto culturale e urbano di Napoli. La ricerca si basa in parte su alcune pratiche di collezionismo che hanno portato alla costruzione di archivi, e in parte attinge al racconto critico, scenico e teatrale di Napoli di alcuni fotoreporter degli anni Settanta. Gli oggetti, ricercati e selezionati all’interno del contesto urbano, vengono fotografati, scontornati, decontestualizzati e sovrapposti ad uno sfondo uniforme in modo da metterne in risalto le loro caratteristiche e peculiarità estetiche. Il risultato finale è un oggetto-libro arricchito da un apparato iconografico di reportage (in quanto documento, storia, memoria) e da piccoli aneddoti associati a determinati oggetti, rivelando curiosità, micro-racconti, etimologie e simbolismi.

Il progetto nasce per fornire Bagheria di un brand con il quale possa identificarsi e proporsi sul mercato turistico, e su questo sviluppare un sistema di informazioni e segnaletica che possa rendere la città più accogliente. La realizzazione del brand si è sviluppata dall’individuazione di una griglia sulla quale rielaborare i giochi geometrici della pavimentazione delle ville, per poi ricomporli in uno “scudo”, disponendo in esso – secondo un criterio di distribuzione araldico – gli elementi riconducibili alle otto ville principali più un elemento di congiunzione, individuato nella spirale - elemento decorativo tra i più comuni a Bagheria. La griglia è servita anche per sviluppare il sistema di segnaletica turistica, che è stato successivamente applicato ai vari sistemi di infografica turistica: mappa, segnaletica e totem informativi.

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Insigne Treviso A. Voigtländer

Balarm. Una guida letteraria A. Romana

Img 87 – Insigne Treviso

Img 88 – Balarm. Una guida letteraria

Il progetto racconta e documenta l’insegnistica legata alla città e si propone come un invito ai designer contemporanei a riflettere sul ruolo di esse come validi spunti progettuali. Le ricerche iconografiche si basano sull’archivio fotografico FAST di Treviso, quelle bibliografiche sul progetto originale di Insigne, il quale analizza città come Genova, Palermo, Torino e Bologna, per poi essere approfondito attraverso una serie di saggi legati al type design. Il risultato finale consiste nello sviluppo di un nuovo font: ogni carattere è stato realizzato fondendo due glifi provenienti da due città diverse. Lo scopo della ricerca è quello di esplorare il mondo del segno in Italia, per poi sviluppare una riflessione critica sull’artigianalità e sulle possibili relazioni con le pratiche moderne del visual design.

Il tema principale del progetto è l’identità visiva di Palermo, realizzata attraverso il recupero di iconografie presenti nelle architetture e sul territorio, con l’obiettivo di realizzare un nuovo linguaggio visivo contemporaneo che riconnettesse diversi luoghi della città. Il progetto si concretizza in una guida letteraria della città, a partire da ricerche riguardati tradizioni storico-culturali, simbolismi, territorio, architetture, ma anche tutto ciò che riguarda la comunicazione visiva. La guida si focalizza su 14 luoghi d’interesse storico-culturale e li ricontestualizza in chiave contemporanea attraverso un sistema visivo multiforme che fornisce, per ogni luogo, uno o più particolari, che ripetuti creano delle texture. In totale le texture, ottenute con una costruzione geometrica accostata ripetutamente, sono 37.

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Botanica Liberty C. Lo Giudice

La sala dorata, la civiltà del ballo in Romagna C. Cerni

Img 89 – Botanica Liberty

Img 90 – La sala dorata

Botanica Liberty è un excursus sulle strutture più rappresentative del Liberty palermitano ed un’analisi grafica degli elementi fitomorfi che li caratterizzano. Il progetto è basato sulle riviste provenienti dalla biblioteca e dall’emeroteca della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo; sulle tavole conservate presso la Dotazione Basile alla Facoltà di Architettura e la collezione privata di disegni di Ernesto Basile del professore Ettore Sessa; sul contributo del professore Ettore Barone dalle Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Palermo. L’elaborato è stato sviluppato secondo un processo di stilizzazione dei segni fitomorfici architettonici, andando a creare nuove forme. Questa trasfigurazione artistica della realtà rende difficile riconoscere il soggetto floreale iniziale, ma mette alla luce peculiarità nascoste affascinanti.

La sala dorata è un volume di ricerca sulla tradizione romagnola del ballo di coppia, che mira a riportare in auge una caratteristica di un popolo sul quale non ci sono mai stati veri e propri studi, ma senza farla rientrare in codici visivi che non le appartengono. In virtù di questo obiettivo, il formato del libro è stato costruito a partire dalle proporzioni del vinile (materiale principe della ricerca) e la scelta dei caratteri è passata attraverso l’accostamento di un font serif ed un “ink trap”. La narrazione è stata sviluppata a partire da un reportage fotografico sui dancing/balere rimasti attivi sul territorio, dalle copertine e dai vinili dell’epoca, andandone a reinterpretare gli elementi tipografici, e su una ricerca riguardante le sue origini, redatta con frammenti di testi appartenenti alle fonti bibliografiche e alle interviste personali.

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Agana/Krivapeta

L’archivio scavato

E. Guglielmotti

F. Barbaro

Img 91 – Agana/Krivapeta

Img 92 – L’archivio scavato

Le fonti del progetto sono la ricerca sulla fiaba di Calvino e le raccolte di fiabe friulane e della Benečija (zona di presenza della minoranza slovena in provincia di Udine), da cui sono tratti i due racconti del volume, e alcuni libri legati alle tradizioni della figura della Agana/ Krivapeta. L’idea è stata quella di creare il progetto per promuovere il dialogo costruttivo tra le varie realtà linguistiche presenti in Friuli. L’impaginazione bilingue presenta il testo in lingua originale integrato nell’illustrazione e il testo Italiano nella base della pagina. Il font è il Futwora, rielaborazione in chiave contemporanea del Futura, realizzato dallo studio TWO di Udine. Le illustrazioni sono giocose e dall’aspetto onirico, con l’obiettivo di divertire e trasportare il lettore in un altro mondo.

L’archivio scavato indaga quegli archivi privati della città di Matera che solo di recente sono stati riconosciuti dalla Sovrintendenza Archivistica, con l’intento di far emergere nuove letture e interpretazioni, mettendoli in relazione con il presente attraverso gli strumenti del graphic design e restituendo alla città questo patrimonio di storie. La sperimentazione ha previsto la digitalizzazione e rielaborazione dei documenti d’archivio e la loro presentazione all’interno di un progetto di collana editoriale, nella quale ogni fascicolo numerato racconta una diversa storia e un diverso punto di vista su Matera, per comunicarli e divulgarli ad un pubblico più ampio. Il fine è quello di ricostruire attorno agli archivi una narrazione, non dimenticando che questi documenti costituiscono testimonianze di vita e rappresentazioni di un’epoca.

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MT50 G. Ciancaglini, G. Favaro, G. Florenzano, C. Murgia

Matera segni immagini relazioni verifiche I. Abbattista, G. Chimenti, F. Piarulli

Img 93 – MT50

Img 94 – Matera segni immagini relazioni verifiche

MT50 nasce dalla volontà di tradurre il lavoro fotografico sviluppato da Fabio Tasca e Giuseppe Chietera in un progetto editoriale che prende forma attraverso due volumi e un carattere tipografico. Il progetto nasce da una lettura delle prime rilevanti trasformazioni urbane avvenute a Matera e nel Metapontino a partire dal secondo dopoguerra. Il primo volume presenta due serie di fotografie tramite una sequenza ordinata che permette di intuire le trasformazioni che questi tipi abitativi hanno avuto nel corso degli anni. Il secondo consiste in un’indagine di approfondimento nata come supporto documentaristico e testuale. Il disegno del font prende spunto dalla caratteristica modulare delle planimetrie delle abitazioni e dal riquadro delle iscrizioni presenti sulle tavole tecniche originali.

Il volume mette a confronto l’intangibile identità di Matera e le profonde innovazioni tecnologiche del nostro secolo. In quest’ottica, la pubblicazione tenta di portare un contributo sperimentale nell’editoria di ricerca italiana. Il racconto della città si avvale di materiali già utilizzati, segni e immagini della cultura lucana messi in rapporto con contenuti di altri luoghi e tempi. Il libro, che rilancia la candidatura della città a Capitale Europea della Cultura 2019, è un ritratto della città lungo tre generazioni e diviso in quattro capitoli: la Città, gli Abitanti, il Lavoro, la Cultura. Il volume culmina con una sezione fotografica sulla città così come appare oggi.

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– 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA

Misurazioni

ET ET

I. Abbattista, G. Chimenti, F. Piarulli

M. Crivellaro

Img 95 – Misurazioni

Img 96 – ET ET

Misurazioni, collana editoriale di quattro volumi, indaga la realtà locale di Matera, città in cui la stratificazione degli eventi ha dato vita ad una dimensione umana basata sull’equilibrio delle relazioni e in cui la mancanza di risorse materiali ha generato valore a livello umano. L’indagine territoriale, basata sulle interviste ai personaggi significativi ed utilizzando il medium della fotografia per effettuare una rilettura del contesto locale, ha portato alla deduzione di punti di forza e criticità dell’assetto territoriale. La ricerca ha identificato Matera come una società miope nel riconoscere le peculiarità identitarie del suo patrimonio morfologico e culturale, incapace di sfruttarlo dal punto di vista economico, ma che presenta delle energie capaci di ben rappresentare il contesto locale, che sono diventate il focus del progetto.

ET ET è un catalogo digitale che punta all’analisi storico-grafica dei manifesti storici. L’obiettivo è creare un nuovo metodo per lo studio di materiale d’archivio, definendo una dicotomia fra ricerca grafica e storica, dimostrando che entrambe sono necessarie l’una per l’altra. Grazie all’aggiunta delle potenzialità computazionali e delle norme catalografiche REICAT e ISBN, viene conferita maggiore validità scientifica allo studio umanistico. Al fine di strutturare un’analisi efficace, ogni manifesto è stato visto come un insieme di caratteristiche che lo descrivono: le “tag”. La rete di relazioni che si crea tra le tag dei vari esemplari è definita sistema di “taggatura” ed è alla base del mezzo di analisi realizzato (documentistorici.it). Grazie a questo si possono trarre conclusioni istantanee, già calcolate.

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Modelli, comportamenti e linguaggi di contrasto culturale alle mafie

Fjalor Fluturuar I. Abbattista, G. Chimenti, F. Piarulli

F. Delrosso, T. Lodi, S. Rociola, C. Spallotta

Img 97 – Modelli, comportamenti e linguaggi di contrasto culturale alle mafie

Img 98 – Fjalor Fluturuar

Il libro, una raccolta inedita di testi e immagini afferenti al mondo mafioso e all’iconografia folkloristica del Meridione che prende avvio dal progetto Un Ponte per la Memoria, è il risultato di un’analisi dei suoi linguaggi, del contesto in cui vive e si nutre, con l’obiettivo di dimostrare come, attraverso una rilettura dei codici visivi della tradizione e l’arte popolare, sia possibile creare gli strumenti per una comunicazione capace di portare un contributo alla diffusione di un’educazione antimafia. L’indagine viene tradotta in ricerca fotografica e illustrazione e Le Pietre d’inciampo dell’artista tedesco Gunter Demnig, realizzate in memoria dei cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti, sono state spunto per ripensare delle pietre d’inciampo in ricordo di tutti coloro che hanno sacrificato la propria vita nella lotta alle mafie.

Fjalor Fluturuar è un progetto di letteringsegnaletica che include la realizzazione di due font e ha come obiettivo la conservazione e la valorizzazione del patrimonio linguistico arbëreshe a Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. La ricerca si basa sulla tutela delle minoranze etniche e linguistiche come bene culturale. Gli Albanesi di Piana sono un gruppo etnico che si è integrato con la popolazione siciliana, ma che non ha voluto essere “assimilato”, mantenendo la sua identità e il rito greco-ortodosso. Benton Véshur è un font disegnato a partire dai risultati e delle ricerche sulle tipologie di costume tradizionale femminile e sulle tecniche di ricamo. Benton Véshur Përditë, invece, è il carattere istituzionale di Piana degli Albanesi, in quanto fa parte di una famiglia di caratteri abbastanza ampia e sviluppata.

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01.03 – Regionalismo Critico visuale


– 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA – 01 – FASE DI RICERCA

Entroterra, Sicilia. Il territorio dei monti Sicani

Isole dimenticate della laguna di Venezia

S. Panepinto

T. Lodi

Img 99 – Entroterra, Sicilia

Img 100 – Isole dimenticate della laguna di Venezia

Entroterra è una ricerca sui luoghi e sull’identità del Parco dei Monti Sicani, che racchiude dodici comuni siciliani. La ricerca alla base del progetto è stata eseguita attraverso la raccolta di dati iconografici, la consultazione di numerose fonti bibliografiche e con l’utilizzo della fotografia e dell’antropologia. Il progetto, che consiste in una serie di tavole illustrate e il disegno di un carattere tipografico, reinterpreta il simbolismo legato all’identità dei comuni con l’intento di attualizzare un immaginario visivo in cui gli abitanti di questa parte di entroterra possono riconoscersi. Lo scopo è quello di parlare di una dimensione popolare e dei fenomeni di massa, sacri e simbolici, rivelando che questi spesso hanno dietro delle origini e degli stimoli che aggregano le persone e che acquisiscono valore se raccontati.

Il progetto consiste in un volume e in alcune cartine pieghevoli in formato 24x17cm, richiamando, sia come tipologia, sia come contenuti, un oggetto legato alla carto-nautica, anche se riproposto in chiave illustrativa. Il volume è composto da una raccolta di tavole contenenti la ricostruzione di 25 isole di Venezia, come erano nel 1500 e come sono oggi, con lo scopo di denunciare la disastrosa gestione del territorio lagunare. La ricerca parte dalle piante del Catasto napoleonico e dalle illustrazioni di Benedetto Bordone, Vincenzo Maria Coronelli, Antonio Visentini e Francesco Tironi, e viene approfondita grazie agli isolari storici, alle vedute del Guardi e ad alcune antiche cartografie. Le illustrazioni, in formato A3, sono realizzate a mano con penne a china con la tecnica del disegno al tratto, ma con un segno contemporaneo e di facile lettura.

01.03 – Regionalismo Critico visuale

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PAGINE 156 – 321

02–

Fase progettuale


02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Conclusa la fase di ricerca è stata svolta la fase progettuale, a partire dall’analisi di scenario e target (02.01 - 02) del festival. In seguito si sono definiti i criteri di selezione per la scelta dei progetti da esporre in mostra e si sono catalogati i materiali ottenuti (02.03). La progettazione dell’esposizione (02.04) è iniziata con la scelta delle sale, successivamente sono stati progettati gli allestimenti ed è stato definito il

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02.00 – Introduzione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

percorso di visita, tenendo in considerazione le restrizioni dovute al Covid-19. In contemporanea è stata ideata l’identità visiva (02.05). In questa fase sono stati considerati anche i risultati dell’evento (02.06), il successivo disallestimento della mostra (02.07) e la progettazione del sito web per aprire una call Singolare Plurale permanente, accompagnata dalla sua promozione (02.08).

02.00 – Introduzione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Analisi di scenario Castronovo, V. (1980). Imprese ed economia in Piemonte dalla grande crisi a oggi. Mondadori.

1

Bulegato, F. & Dellapiana, E. (2014). Il design degli architetti in Italia 1920-2000. Electa.

2

Wall Street Journal, (2009).

3

Per contestualizzare al meglio lo scenario in cui si è collocata la mostra è utile analizzare l’identità progettuale e creativa di Torino, in passato e attuale, in particolare il festival Graphic Days® e le realtà coinvolte nella sua realizzazione.

Comunicazione visiva a Torino e in Piemonte Il Piemonte e in particolare Torino, fin dal 19esimo secolo, hanno visto uno sviluppo del progetto di prodotto, comunicazione e servizi, di notevole importanza. 1 Tra le due guerre, con il dibattito sulla “progettualità” dell’oggetto di consumo, avviene il passaggio dall’artigianato all’uso di tecniche industriali e un nuovo approccio alla comunicazione: le aziende e alcuni committenti-mecenati, tra i quali Adriano Olivetti, avviano collaborazioni con progettisti, artisti, grafici “cartellonisti” per presentare negozi, pubblicità, forme, confezioni e packaging di prodotti coerenti e riconoscibili al pubblico. Dopo i conflitti mondiali, aziende già esistenti che hanno fatto la propria fortuna in diversi campi negli anni tra le due guerre, come Facis o Lavazza, iniziano, sulla scorta di Olivetti, sia ad assoldare progettisti per il disegno dei propri prodotti (Nizzoli per l’Aurora 88, 1946), sia per la comunicazione pubblicitaria (le campagne di Armando Testa), localizzando a Torino uno dei poli alternativi a Milano nell’ambito della grafica pubblicitaria.

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02.01 – Analisi di scenario


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Parallelamente e per tutto il decennio successivo e parte del seguente, gli artisti, in collaborazione e complicità con la nuova generazione di architetti formatisi dopo la guerra, esplorano una vasta gamma di sperimentazioni progettuali legate all’Informale, all’Arte Povera, al Pop e al Situazionismo che hanno a Torino, intorno alle gallerie, una delle maggiori casse di risonanza. La stagione del cosiddetto Radical design, legata a quella della contestazione politica dei movimenti studenteschi e operai vede come protagonisti i giovani formati e attivi nelle Facoltà di architettura e all’Accademia, che trovano spazi per le loro azioni nei nuovi locali per il divertimento e l’aggregazione culturale, oltre che negli appartamenti di committenti eccentrici. 2 Con l’inizio del nuovo millennio la città metropolitana di Torino comincia a perdere il suo carattere prettamente industriale e commerciale, in favore di una natura più variegata, arrivando alla creazione di una nuova identità in diversi campi, tra cui spicca su tutti quello della cultura, in cui attraversa una fase di significativa evoluzione dato dall’investimento nei decenni precedenti della città e della Regione sui suoi beni culturali. Nel 2008 ICSID (International Council of Societies of Industrial Design) con il riconoscimento Torino World Design Capital, punta i riflettori sulla capacità della città di riconoscere il design come fattore di crescita economica, sociale e culturale.

02.01 – Analisi di scenario

“Un cuore pulsante creativo e frizzante che ne fa una città unica e diversa dal resto d’Italia”.3

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Bruzzì, N. & Oliveri, A. (2019). Re-generation: Social Design in public space. (Tesi).

4

Pellizzari, C. & Priolo, A. (2019). La cultura e l’impresa: un binomio per l’integrazione sul territorio. (Tesi)

5

Questo percorso si è consolidato nel 2014: a Torino, unica in Italia, è stato attribuito il titolo di Creative City UNESCO per il Design, che le premia l’aver valorizzato la propria identità, unendo allo storico profilo industriale nuove vocazioni nel campo della ricerca, delle tecnologie, della formazione, del sapere, della cultura, delle arti e del turismo. I riconoscimenti passati hanno trovato conferma nel 2017: Torino viene scelta come sede del trentesimo congresso generale e delle World Design Talks dalla commissione del World Design Organization™; viene istituito un Tavolo Consultivo del Design permanente, costituito da un gruppo di lavoro consultivo sulla promozione e il sostegno al mondo del design. In questa occasione Torino promuove Torino Design of the City: una settimana di eventi, meeting, workshop, esposizioni e tour organizzati con ospiti internazionali nei luoghi strategici della città che hanno vissuto e stanno vivendo il fenomeno della rigenerazione urbana. Il tema della manifestazione, che diventerà annuale, cambia ogni edizione. 4 Nel 2019, con la compartecipazione della Camera di Commercio di Torino e della partnership scientifica del Politecnico di Torino, nasce il Circolo del Design, con l’obiettivo di alimentare e diffondere la cultura del progetto attraverso la produzione di attività culturali e di formazione, lo sviluppo di opportunità professionali tra aziende e designer e la collaborazione con le istituzioni per la creazione di sistemi propri del design a servizio del territorio. 5

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02.01 – Analisi di scenario


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 167 – Nuvola Lavazza, Torino

02.01 – Analisi di scenario

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Dal sito web ufficiale ww.graphicdays.it

6

I Graphic Days® Graphic Days® è un progetto dedicato al visual design italiano e internazionale. Ogni anno ospita gli artisti, i professionisti e gli studi più rilevanti del panorama internazionale con l’obiettivo di sostenere il valore culturale della comunicazione visiva, fornire nuovi stimoli progettuali ed espressivi e contribuire allo scambio e al confronto critico attraverso il coinvolgimento diretto dei visitatori. BOOM THE ICONS, la prima edizione, nel 2016, ha risposto alla domanda “Cos’è il Graphic Design?” tramite l’analisi in chiave sfacciata e scherzosa di alcune delle icone più celebri al mondo. L’edizione 2017 del festival, sotto il naming di UNIVERSAL IDENTITIES, si concentrò invece sull’analizzare, condividere e amplificare la potenza della comunicazione visiva per rappresentare la pluralità del mondo contemporaneo attraverso la grafica, uno strumento di dialogo universale. Inoltre in questa edizione sono nati gli In The City, una serie di eventi diffusi in città per offrire un punto di incontro tra cittadino comune e gli attori del panorama artistico-culturale del territorio. Nel 2018 il tema PLAY, REPLAY, DESIGN! propone una visione della grafica come fonte di gioco e divertimento, introducendo nuove esperienze basate sull’interazione con il pubblico e la gamification. Attraverso un linguaggio ludico, il festival si conferma come evento aperto a tutti, unendo ironia, divertimento e curiosità. La quarta edizione, nel 2019, con il claim WE MIX DESIGN AND PEOPLE, pone in primo piano una riflessione sul concetto di integrazione tra visual design ed impegno sociale: il risultato è un percorso multiculturale che mostra i diversi livelli di contaminazione tra culture, percezioni, capacità ed abilità. TRANSITIONS, l’edizione 2020, oltre alle mostre Poster Heroes: Humans at work, Stay at Home di Riccardo Guasco e Un’altra storia di Luca Capuano e Camilla Casadei Maldini, ha ospitato un ciclo di incontri che hanno coinvolto enti istituzionali, associazioni riconosciute ed un panel internazionale di professionisti e studi di visual design per indagare i nuovi paradigmi e i possibili scenari

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02.01 – Analisi di scenario


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 168 – Graphic Days® Transitions

relativi alla società, all’ambiente e le loro transizioni. A questo si aggiungono dibattiti, workshop e Singolare Plurale: il percorso espositivo dedicato ad indagare le rivisitazioni contemporanee degli archetipi e dei simbolismi propri della variegata cultura tradizionale italiana oggetto della tesi. 6

02.01 – Analisi di scenario

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Dal sito web ufficiale ww.graphicdays.it

7

Le realtà coinvolte Print Club Torino Laboratorio di stampa e sperimentazione grafica, facente parte del collettivo di Toolbox Coworking, il Print Club Torino nasce con l’obiettivo di fornire a studenti, appassionati, e professionisti un luogo e gli strumenti adatti per poter completare i propri progetti di natura grafica ed è il principale promotore di Graphic Days®.

Plug Associazione culturale non profit, incubatrice di creatività del territorio, Plug si occupa di comunicazione sociale e progettazione sostenibile in ambito educativo, sociale, ambientale ed artistico.

Quattrolinee Quattrolinee è un’agenzia di comunicazione fondata a Torino nel 2012. Dall’unione di strategia, design e tecnologia crea azioni di comunicazione, di architettura degli spazi di retail ed exhibition innovative, grazie al diverso background e alla visione eterogenea dei molteplici profili professionali che collaborano. 7

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02.01 – Analisi di scenario


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 169 – Logo Quattrolinee

Img 170 – Logo Plug

Img 171 – Logo Print Club Torino

02.01 – Analisi di scenario

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Analisi del target Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

1

L’analisi del target è fondamentale per conoscere le esigenze, i gusti e le preferenze dei futuri fruitori della mostra, permettendo la creazione di un progetto su misura. Il coinvolgimento della più ampia fetta di pubblico possibile è sempre stata la base dei Graphic Days®, che nascono con lo scopo di far entrare il design nella vita dei “non addetti del settore”. Infatti, il festival offre occasioni di incontro tra il cittadino comune e gli attori del panorama artistico-culturale del territorio, figure sempre più vicine, data anche la natura dei contenuti, fonte di interesse per tutti, e la facilità della loro fruizione. 1 In particolare, verrà analizzato il pubblico attuale e descritto il pubblico potenziale dei Graphic Days® e successivamente verranno messi in relazione con i contenuti del percorso espositivo Singolare Plurale, che ha come oggetto il Regionalismo Critico visuale.

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02.02 – Analisi del target


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 172 – Graphic Days® Transitions

02.02 – Analisi del target

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Target attuale

Img 173 – Esempio di target, You X Ventures, 2019

Img 174 – Esempio di target, Tim Gouw, 2016

Professionisti di settore

Studenti del settore

Coloro che lavorano nel mondo della creatività e della progettazione compongono la maggior parte del pubblico del festival. Le loro esigenze riguardano l’aggiornamento sugli eventi, sui trend e sulle opzioni del settore culturale, la creazione di nuovi contatti e la volontà di ampliare il proprio bagaglio professionale.

I giovani che seguono corsi inerenti alla grafica, al design o alle scienze della comunicazione sono fortemente motivati da una grandissima curiosità e voglia di migliorarsi, per questo partecipano attivamente ad eventi, workshop e mostre che gli permettono di ampliare le proprie conoscenze, rimanere aggiornati sugli eventi culturali, entrare in contatto con professionisti del settore e creare nuove relazioni.

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02.02 – Analisi del target


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Target potenziale

Img 175 – Esempio di target, Minh Pham, 2019

Img 176 – Esempio di target

Appassionati

Pubblico generico

Quella categoria di persone che, nonostante non lavori in ambiti relativi alla grafica e al design, frequenta mostre, musei e conferenze, è spinta da una passione più superficiale rispetto alle due precedenti fette di pubblico, ma comunque è alla ricerca di nuovi stimoli e realtà da conoscere e/o approfondire.

Il pubblico generico è quell’ampia fetta di fruitori che non conosce il mondo del design e della grafica, ma visita e partecipa al festival come occasione mondana di relazione, divertimento e per vivere un’esperienza diversa dal solito.

02.02 – Analisi del target

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Cooper, A. (1999) The inmates are running the asylum. Sams

2

Personas Le personas sono un identikit del pubblico di riferimento e ne rappresentano bisogni, comportamenti, interessi e aspirazioni. Nella definizione delle personas si tiene conto delle informazioni demografiche: età, sesso, posizione geografica, reddito; e delle informazioni psicografiche: comportamenti, interessi, ragioni d’acquisto, necessità. Identificando due tipologie di personas si definisce con precisione il target di riferimento. Tutte le azioni che si intraprendono saranno quindi modellate sulle caratteristiche delle personas, rendendo così l’esperienza dei fruitori unica e pensata su misura del singolo. 2

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02.02 – Analisi del target


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 177 – Esempio di personas, Ruben Daems, 2019

Img 178 – Esempio di personas, Savvas Kalimeris, 2019

Giulio

Lidia

Giulio è un ragazzo di 23 anni di origini siciliane che si è trasferito a Torino per studiare grafica all’Accademia Albertina di Belle Arti. Attualmente sta svolgendo il tirocinio post-laurea in una brand agency di Milano. I suoi interessi spaziano dall’illustrazione alla produzione musicale: ama trascorrere il tempo su Internet cercando nuovi stimoli per i suoi progetti e conoscendo nuove persone con le sue stesse passioni. Il suo obiettivo fondamentale è la realizzazione professionale in campo creativo, attraverso esperienze lavorative, anche all’estero, per poi esercitare l’attività di progettista grafico freelancer a Palermo, la sua città natale.

Lidia ha 46 anni e abita nel centro di Torino. Dopo aver viaggiato in molti Paesi del mondo ha deciso di concretizzare la sua passione lasciando il suo lavoro d’ufficio e aprendo un’agenzia viaggi. Quando non lavora visita musei con le amiche o pratica bricolage nel suo piccolo laboratorio casalingo. Per scoprire nuove passioni e amicizie, è sempre alla ricerca di diverse esperienze ricreative e culturali, per questo ama frequentare workshop e varie associazioni di Torino.

02.02 – Analisi del target

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

3

La mostra Singolare Plurale, grazie al tema del Regionalismo Critico visuale, può definirsi “democratica”, in quanto ha due chiavi di lettura: una rivolta ai professionisti di settore e un’altra destinata a raggiungere un pubblico più ampio. In particolare, gli argomenti di interesse per coloro che lavorano nel mondo della creatività e della progettazione sono: la ricerca bibliografica e iconografica (spesso con riferimenti all’antropologia e alla sociologia culturale), i tentavi di riattuazione delle memorie locali, il processo interpretativo e stilistico alla base dei progetti esposti e le riflessioni sulla realtà e i suoi cambiamenti. D’altro canto i contenuti dei progetti, relativi al folklore e ai simboli legati alla tradizione locale e regionale, incuriosiscono quella fetta di pubblico non interessata alla progettazione in sé, ma alla mostra come occasione di svago: chiunque può riconoscere la propria storia nella cultura regionale italiana e sentirsi parte di una narrazione personale ma allo stesso tempo collettiva. 3

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02.02 – Analisi del target


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Img 179 – Graphic Days® Transitions

02.02 – Analisi del target

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Selezione dei progettisti e delle opere Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

1

Criteri di selezione La genealogia della mostra prende le mosse da un processo di ricerca e selezione svolto in collaborazione con Mauro Bubbico. La sua esperienza nelle reinterpretazioni dell’universo del folklore e della tradizione si intrinseca nel percorso espositivo sia con un suo contributo autoriale, sia con la scelta di alcuni progetti di tesi di ricerca presentati nella mostra, di cui fanno parte anche i progetti finali dei corsi che dal 2007 tiene all’Isia di Urbino. 1 La ricerca si è focalizzata sulla creazione di un pool di progetti eterogeneo ma allo stesso tempo più coerente possibile con i criteri di selezione, che sono i seguenti: ◊ Solida ed evidente ricerca filologica: il progetto deve essere il frutto di un’attenta ed effettiva rilettura del contesto locale, senza tener conto che questa sia di natura prettamente artistica, storica, geografica, sociale e/o politica; ◊ Progettualità: ogni opera, oltre ad essere il risultato di un’analisi filologica, deve anche mostrare la capacità di reinterpretare le fonti secondo un metodo progettuale chiaro e definito, atto a comunicare i valori del materiale raccolto, dandogli nuova vita.

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02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere


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L’obiettivo è infatti di mantenere intatta la forza comunicativa nonostante la trasformazione prodotta con il processo di astrazione; Elaborazione ed astrazione: il progetto è il risultato di un processo di elaborazione e astrazione visiva dei concetti e/o segni analizzati, attualizzati e resi contemporanei dai correnti linguaggi, tecniche e strumenti di rappresentazione; Mediazione tra particolare e universale: una reinterpretazione progettuale singola di una materia prima fatta di una pluralità di elementi del passato regionale; Indirizzamento a pubblici privati e non, con interessamento della sfera personale e collettiva degli stessi: il progetto si colloca nello scenario della comunicazione visiva, e come tale, deve comunicare ad ogni tipologia di pubblico e mostrare la capacità di coinvolgerlo in maniere completa, scaturendo in ciascuno spunti di riflessione; Semplicità tanto nei riferimenti contenutistici (narrazioni archetipe nelle quali molti possono riconoscersi) quanto nell’elaborazione stilistica degli stessi (scelte votate alla stilizzazione, all’astrazione ed alla trasposizione del reale nel concettuale); Tendenza a selezionare progetti che permettano di esporre nella mostra gli oggetti originali per i quali è stato pensato il progetto.

La fattibilità dell’esposizione di un progetto o meno dipende quindi dalle sue caratteristiche fisiche, che vanno ad influenzare dinamiche organizzative, come il trasporto e lo stoccaggio. La necessità di usare questi criteri di selezione nasce come prevenzione alla scelta di progetti che possono rientrare a livello formale nel Regionalismo Critico visuale, ma che sono in realtà degli storicismi acritici o delle astrazioni sterili, con una povera ricerca di base. Rispettare questi principi è quindi servito a creare una mostra autentica e veritiera.

02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Comunicazione con i progettisti Dopo la selezione, il primo passo è stato quello di rintracciare e comunicare con gli artisti scelti. Ad ognuno sono state fatte tre richieste: ◊ Compilare un form, che presenta domande circa il numero dei progetti, il titolo, la data, gli autori, il prezzo eventuale e una breve descrizione, oltre alle informazioni personali riguardanti il progettista. ◊ Fornire testi descrittivi ed immagini. I testi descrittivi sono stati divisi in due sezioni, ciascuna lunga massimo 1000 battute e strutturate come “domande” a cui gli artisti sono stati chiamati a rispondere: ∆ La prima parte riguarda la ricerca alla base del progetto, con l’obiettivo di illustrare lo scenario su cui si basa l’opera ed è divisa in due domande: “Qual è il tema principale del progetto?”, per esporre un’introduzione circa i temi trattati nell’opera e l’intento del progetto; e “Su quali fonti è basata la ricerca iconografica e/o bibliografica o sul campo alla base del progetto?”, con l’intento di indagare su tutto il materiale raccolto e utilizzato. ∆ La seconda parte, il concept, ha l’obiettivo di spiegare il processo progettuale e di interpretazione del materiale raccolto ed è anch’essa divisa in due domande: “Come è stato ricontestualizzato, all’interno del progetto, l’oggetto della ricerca? e la richiesta di descrivere il concept progettuale. Le domande sono servite sia per facilitare la stesura dei testi per gli artisti, come delle linee guida che permettessero di raccontare il progetto in maniera ottimale, sia per normalizzarli, per quanto possibile, in un’ottica di esposizione museale. Successivamente, si è passati alla rielaborazione, in cui sono state tolte le domande intermedie, mantenendo comunque la divisione in scenario e concept, ed è stata effettuata una standardizzazione della lunghezza complessiva del testo. Per quanto riguarda le immagini, sono state richieste fotografie e documentazioni che mostrassero il progetto nel complesso, sia per quanto riguarda le ricerche che l’output progettuale, ma non sono state fornite in modo puntuale come i testi. ◊ Firmare un contratto, in cui: ∆ Si autorizza il prestito dell’opera a Print Club; ∆ Si danno indicazioni su come imballare e spedire le opere e si delega la conformità dell’imballaggio al prestatore; ∆ Si dichiarano le responsabilità sia del prestatore sia dell’ente che riceve l’opera.

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02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 180 – Graphic Days® Transitions

02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 181 – Tabella per catalogare i materiali

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02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Raccolta e categorizzazione dei materiali ricevuti Dopo aver selezionato le opere della mostra, lo step successivo è stato schedare ogni singolo progetto secondo una serie di norme comuni, per rendere più agevole la standardizzazione. Ogni opera è stata inserita in una tabella Excel contenente: ◊ La regione di riferimento del progetto, per contestualizzare ogni materiale dal punto di vista geografico; ◊ La tipologia di materiale da esporre in mostra, sia per quanto riguarda il numero degli oggetti che la loro dimensione, per ◊ questioni logistiche, in particolare di stoccaggio, e soprattutto per prefigurare gli spazi espositivi; ◊ Lo stato della spedizione dei materiali, per monitorare lo stivaggio dei singoli materiali nel magazzino dedicato; ◊ Lo stato dell’invio dei testi descrittivi e delle immagini riguardanti ogni progetto; ◊ Lo stato dell’invio del form e del contratto. La tabella ha facilitato le successive fasi di catalogazione, rendendo possibile revisionare in tempo reale la condizione di tutti i materiali necessari alla mostra. Una volta ricevuti si è proceduto a dividere e categorizzare il materiale. Le opere fisiche, inviate da ogni singolo progettista, sono state organizzate in un magazzino ed è stata creata una tabella Excel per facilitarne il controllo. Per quanto riguarda i materiali di supporto dei progetti, come testi e immagini, è stata svolta una divisione sistematica in cartelle sia per progettista che per sezione della mostra, dividendo in Maestri, Opere selezionate e Progetti di ricerca.

02.03 – Selezione dei progettisti e delle opere

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Progettazione dell’esposizione L’allestimento Dopo aver selezionato e quantificato i materiali da esporre, si è passato alla progettazione dell’allestimento, tenendo presenti alcune considerazioni. La prima riguarda il bisogno di sale separate, la seconda riguarda la necessità di ideare degli allestimenti diversi per ogni sezione della mostra, poichè ognuna di queste presenta artefatti e concetti differenti; la terza riguarda la necessità di progettare percorsi di visita rispettanti le limitazioni richieste a causa del Covid-19, tra le quali distanziamento di sicurezza ed entrata e uscita separate. Presa coscienza di queste necessità, gli spazi del Toolbox scelti per Singolare Plurale sono le aree adiacenti all’ingresso del garage dell’edificio: la prima sezione è quella dei Maestri, nella sala successiva, di minori dimensioni, vi sono esposti i Progetti di ricerca e infine la sala più estesa contiene le Opere selezionate. I poster degli studenti di Bubbico sono disposti in un corridoio che porta alla sezione di Poster Heroes. Un’ultima considerazione è relativa alla volontà di riutilizzare i materiali impiegati durante le edizioni precedenti del festival. Infatti è stato scelto il legno come materiale principe per gli allestimenti per più motivazioni. La prima deriva dalla volontà di riadoperare i pannelli in legno della mostra Just Humans del 2019 tenutasi al Museo Egizio di Torino, la seconda è in linea con il concetto di “neutralità” alla base dell’identità visiva. Infatti la struttura esile e in legno chiaro risulta solida ma non invasiva, mantenendo viva l’essenza dei progetti esposti. L’organicità e il calore propri del legno si abbinano piacevolmente, creando un contrasto visivo con l’architettura industriale del Toolbox. Inoltre, per quanto riguarda le dinamiche logistiche di montaggio e trasporto, il legno di abete presenta caratteristiche di leggerezza che lo rendono maneggevole e le sue proprietà di elasticità, durezza ed elevata resistenza agli urti consentono di trasportarlo senza rovinarsi.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


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Per tradurre visivamente il concetto di Singolare Plurale una minima quantità di vernice è stata utilizzata per decorare il legno, sempre mantenendo come linea guida la neutralità. Il legno di abete è risultato particolarmente adatto ad essere dipinto, essendo un legno duro, quindi con poche imperfezioni e venature regolari che permettono un assorbimento maggiore della vernice. Nonostante la necessità di dover fare più passate di stesura del pigmento, rispetto all’utilizzo di un legno dolce, il risultato finale è stato più omogeneo e in generale più gradevole di aspetto.

Img 182 – Graphic Days® Transitions

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Via il sito del produttore www.rhino3d.com

1

Chiarello, M. (2018). SketchUp - il 3D per tutti. Maggioli Editore.

2

Dopo aver misurato le sale in cui verrà svolta la mostra, gli allestimenti e i percorsi di visita sono stati progettati ed elaborati visivamente tramite software di modellazione 3D. Questa scelta deriva dalla necessità di esporre una grande quantità di progetti, anche molto differenti tra loro, quindi avere una visione d’insieme di tutti gli allestimenti è stato utile a velocizzare e migliorare l’organizzazione. I software utilizzati sono Rhinoceros e SketchUp. Rhinoceros è un pacchetto software di modellazione 3D CAD realizzato da Robert McNeel & Associates, un’azienda di Seattle. Consente di modellare con precisione i progetti che saranno così subito pronti per la rappresentazione, l’animazione, la progettazione, l’ingegneria, l’analisi e la produzione. In Rhino, tutte le entità geometriche sono rappresentate mediante NURBS (acronimo di Non Uniform Rational B-Splines): una rappresentazione matematica mediante la quale è possibile definire accuratamente geometrie 2D e 3D quali linee, archi e superfici a forma libera. 1 SketchUp è un’applicazione di computer grafica per la modellazione 3D, creata originariamente da @Last (fondata nel 1999 da Brad Schell e Joe Esch) e orientata alla progettazione architettonica, all’urbanistica, all’ingegneria civile, allo sviluppo di videogiochi e alle professioni correlate. Sviluppato con un particolare occhio di riguardo alle fasi concettuali del design, SketchUp è un software di modellazione 3D versatile, potente e nel contempo semplice da imparare e da utilizzare. 2 Rhinoceros è stato utilizzato prevalentemente per la progettazione dei box in legno e dei singoli oggetti esposti in mostra, mentre Sketchup per realizzare le sale e il percorso di visita in cui sono stati successivamente importati gli allestimenti per avere un render complessivo di tutta la mostra.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 183 – Progettazione, Ryan Ancill, 2020

In particolare, la progettazione degli allestimenti è stata differente per ciascuna delle tre sezioni: Maestri, Opere selezionate e Progetti di ricerca, tesi e poster.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

I Maestri Le opere del professor Mauro Bubbico sono state la collezione più vasta in mostra, composta da sei progetti differenti e da svariati volumi fra tesi di studenti, autori illustri e lavori personali. Il metodo progettuale si è basato sulla scelta degli spazi consoni ad ospitare ciascun progetto.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 184 – Mauro Bubbico, Graphic Days® Transitions

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

3

Poster e calendari

Dato che si tratta per la maggior parte di poster e calendari da appendere al muro, si è proceduto con il calcolo della lunghezza di ciascuna parete della stanza con un misuratore laser, cercando di ottenere delle misure più precise possibili malgrado l’irregolarità delle pareti. Le misure sono state poi confrontate con la pianta architettonica del Toolbox ed è stato realizzato un modello della stanza su Rhinoceros per poter sperimentare diverse configurazioni dell’allestimento. Tutti gli ingombri delle opere sono stati riprodotti sul software di modellazione 3D: ◊ Calendario Antezza 2021: 12 tavole da 50x70 cm; ◊ Annodare sorgenti: 19 poster da 70x100 cm e 21 poster da 50x70 cm; ◊ Calendario Antezza 2020: 13 calendari da 48x68 cm; ◊ Setacciare, separare il grano dall’oglio, il bene dal male: 4 poster da 70x70 cm; ◊ Antimafia: 10 tavole da 70x100 cm; ◊ La stanza dei Soprannomi: 650 Adesivi A5 21x29,7 cm. 3 Ognuno di questi progetti è stato assegnato a ciascuna parete utilizzabile della sala, confrontando le dimensioni di quest’ultima con quelle dell’area occupata dai progetti, organizzati in due file orizzontali con 10 cm di spazio tra ogni cornice. Per facilitare la classificazione, ogni progetto è stato rappresentato con dei poster di colore diverso. Ogni gruppo di tavole è stato posizionato centralmente alla parete scelta per il progetto, con un’altezza dal suolo di 80 cm, raggiungendo i 230 cm per i poster di dimensione con altezza 70 cm e 290 cm per i poster con altezza 100 cm; in questo modo ogni tavola è stata posizionata in modo adeguato alla fruizione visiva.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

I poster, quasi tutti inviati da Mauro Bubbico, sono stati incorniciati, tranne i Calendari Antezza 2020. Sono state acquistate un totale di 30 cornici 70x100 cm, 35 cornici 50x70 cm e 4 cornici 70x70 cm. Le cornici 70x100 cm hanno un rivestimento in plexiglas, provvisto di pellicola protettiva interna ed esterna, le cornici 50x70 cm e 70x70 cm sono in vetro. Per incorniciare i poster ogni tavola è stata posizionata all’interno della cornice, stivata nel magazzino del Print Club, per poi essere successivamente trasferita nella sala della mostra. Per realizzare i fori nella parete sono stati effettuati dei calcoli tenendo conto della posizione delle attaccaglie sulla cornice, in modo da posizionare i poster alla distanza prefissata. Con l’ausilio di un puntatore laser sono stati realizzati dei segni a matita sul muro alle distanze prefissate, sia dal basso che lateralmente. In alcun poster 50x70 cm, vista la tipologia di cornice che presentava l’attaccaglia in una posizione ribassata di 3 cm rispetto alla maggioranza dei supporti, il segno a matita è stato realizzato di 3 cm più in alto per permettere l’allineamento con i poster adiacenti. Le cornici 70x100 cm presentavano due attaccaglie mobili dove poter agganciare le viti, che sono state posizionate a 10 cm dagli spigoli superiori. I fori nella parete sono stati realizzati con un avvitatore e delle viti da cartongesso, senza l’ausilio di tasselli. Fissate le viti al muro, è stata tolta la pellicola dalle cornici in plexiglas, quelle in vetro sono state lucidate e successivamente sono state agganciate alla parete.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 185 – Parete A e B, Annodare Sorgenti

Img 186 – Parete C e D, Annodare Sorgenti, Storie a Colori

Img 187 – Parete E e F, Poster Antimafia e Setacciare, Separare il grano dall’oglio, il bene dal male

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 188, 189 – Viste sala Mauro Bubbico

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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Img 190 – Annodare Sorgenti, Graphic Days® Transitions



Img 191 – Annodare Sorgenti, Graphic Days® Transitions



Img 192 – Annodare Sorgenti, Graphic Days® Transitions



Img 193 – Storie a colori, Graphic Days® Transitions



Img 194 – Poster Antimafia e Setacciare, Separare il grano dall’oglio, il bene dal male, Graphic Days® Transitions



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La stanza dei Soprannomi Il progetto La stanza dei Soprannomi, costituito da 650 adesivi di dimensione A5, rappresentanti ognuno un soprannome della tradizione italiana, è stato collocato nel piccolo corridoio che porta all’ingresso della sala principale, per ricoprirne interamente le pareti con gli adesivi e ottenere un effetto particolarmente suggestivo. Sono stati scelti adesivi da muro che hanno permesso un’ottima aderenza alla parete e non hanno causato difficoltà in fase di rimozione. Le pareti laterali sono risultate essere le più grandi e, di conseguenza, quelle che meglio si sarebbero prestate ad essere ricoperte con gli adesivi, ma sono state utilizzate anche le pareti frontali a ridosso delle porte di entrata e di uscita dal corridoio. Per consentire una distribuzione omogenea degli adesivi sulle pareti è stato progettato il loro posizionamento sfruttando la regolarità delle mattonelle, di grandezza 50x20 cm. Dopo aver effettuato delle prove pratiche in cui è stato concluso che ogni mattonella ha la capienza di due adesivi ciascuna, è stata delimitata un’area utile in cui poter incollare gli adesivi: la parete a destra è composta da 160 piastrelle e quella di sinistra da 192. Calcolando da quante piastrelle è composta l’area e moltiplicando il numero per due si è ottenuta la quantità di adesivi che ogni parete avrebbe ospitato. In seguito sono stati misurati gli ingombri presenti sulla parete destra e ad essi si è associato un numero di adesivi da sottrarre al totale. Per quanto riguarda le pareti frontali, è stata sfruttata un’area da 16 piastrelle, perché la quantità di adesivi che le due pareti laterali avrebbero potuto ospitare, 582, non sarebbe stata sufficiente per l’intero progetto.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 195 – La stanza dei Soprannomi, Graphic Days® Transitions

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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Img 196, 197 – Viste La stanza dei soprannomi

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

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Img 198 – La stanza dei Soprannomi, Graphic Days® Transitions



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Van Gogh Room Van Gogh Room consiste in una serie di illustrazioni uniche realizzate a mano da Mauro Bubbico, sfruttando tecniche miste fra matita, china e pittura, quindi lo schema espositivo ha voluto trasmettere l’importanza e la portata del progetto. Sono stati utilizzati due tavoli affiancati lunghi 200 cm ciascuno, rivestiti da un telo nero e protetti da una vetrina in plexiglass. Anche in questo caso la disposizione delle illustrazioni sul tavolo è stata scelta in collaborazione con Mauro Bubbico, seguendo l’ordine del catalogo del progetto: partendo dalla sinistra del tavolo, i disegni sono stati posizionati in modo da comporre una narrativa che il fruitore potesse seguire consultando il catalogo posizionato sulla vetrina. Dietro al tavolo è stata posizionata una parete realizzata avvitando dei telai rettangolari composti da 4 listelli di legno a due plance affiancate, così da creare delle strutture free-standing. Lo spazio ricavato nella parte posteriore di questa struttura, coperto da dei teli neri, è stato utilizzato come magazzino temporaneo in cui stipare le scatole contenenti le opere e altro materiale funzionale al disallestimento.

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Img 199 – Render espositore di Van Gogh Room

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Img 200 – Van Gogh Room, Graphic Days® Transitions



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Volumi di ricerca

Per quanto riguarda i volumi da esporre si è scelto di riutilizzare un espositore in legno costruito per la mostra Eyes on Romania dell’edizione precedente dei Graphic Days®, avvenuta nella medesima stanza. Si tratta di un’impalcatura progettata per essere montata intorno alla colonna al centro della stanza, composta da uno scheletro di tasselli di legno di sezione 4x4 cm di lunghezze variabili e un piano di legno spesso 4 cm che funge da tavolo espositore. Il montaggio è stato effettuato unendo i listelli di legno con delle viti, successivamente è stato appoggiato sopra il piano d’appoggio. I testi, stivati nel magazzino e divisi per scatole, sono stati portati nella stanza e posizionati. L’ordine dell’esposizione è stato scelto collaborando con Bubbico, dividendo fra tesi, libri di autori illustri, tra cui figurano i testi di Cresci, e progetti personali.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


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Img 201 – Vista isometrica struttura per i volumi di ricerca

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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Img 202 – Graphic Days® Transitions



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Didascalie Ogni progetto è stato accompagnato da una didascalia contenente la descrizione riguardo i temi trattati e l’approccio progettuale. Ognuna di queste è stata stampata in formato 35x50 cm su forex ed è stata fissata sulla parete vicino al progetto di riferimento, ad un’altezza di circa 130 cm da terra per garantire la leggibilità. Per fissare le tavole al muro sono state utilizzate due strisce di polistirene spesse 1,5 cm con lo scotch bi-adesivo, sia perché la scabrosità della parete avrebbe potuto inficiare sull’aderenza della tavola al muro, ma anche per rendere esteticamente più piacevole l’allestimento “staccando” visivamente la tavola dalla parete.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


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Img 203 – Didascalia, Graphic Days® Transitions

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Img 204 – Graphic Days® Transitions



Img 205 – Graphic Days® Transitions



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Progetti di ricerca I Progetti di ricerca comprendono 18 progetti di tesi realizzati dagli studenti di Mauro Bubbico e Cinzia Ferrara, più altri lavori individuali. La progettazione dell’allestimento è stata svolta considerando che ogni progetto dovesse avere una tavola descrittiva e un piano d’appoggio su cui esporre il testo e, in un caso, un tablet. Dopo varie prove di configurazioni, la scelta è ricaduta su delle strutture freestanding da posizionare a ridosso delle pareti della sala successiva a quella di Mauro Bubbico. Queste strutture sono composte da un tavolo posto a circa 70 cm dal suolo per garantire la corretta fruizione dei progetti e una parete verticale dove poter fissare le tavole descrittive. L’installazione free-standing è stata realizzata montando due portali rettangolari da 4 listelli di legno con sezione 4x4 cm, due da 50 cm e due da 70 cm. Questi sono stati avvitati alle estremità di una plancia spessa 3 cm, di larghezza 50 cm e lunghezza variabile, per creare il tavolo espositivo. A questa struttura è stata fissata verticalmente una parete di legno ricavata da una plancia alta 200 cm e di lunghezza variabile. La posizione e la dimensione degli espositori variano in base allo spazio disponibile nella sala e alla necessità di dedicare un’area di minimo 60 cm ad ogni progetto, sia sul piano orizzontale che su quello verticale. Pertanto, i 18 progetti sono stati divisi in 5 strutture: ◊ Tre lunghe 300 cm, contenenti ognuna 5 progetti; ◊ Una lunga 150 cm e contenente 2 progetti; ◊ Una lunga 126 cm contenente 1 progetto. Le tavole descrittive sono state stampate in forex in formato 50x70 cm, ad ogni tavola sono stati attaccati due ingombri di polistirene (spessi 3 cm e lunghi da 20 a 30 cm) con il nastro bi-adesivo, per poi incollarla alla plancia verticale. Il processo è stato analogo alle didascalie nella stanza di Mauro Bubbico, ma in questo caso la motivazione è stata puramente estetica. In alcuni casi in cui il nastro non è stato sufficiente per mantenere l’aderenza si è dovuto adoperare l’avvitatore. I progetti, principalmente volumi, ma anche altri supporti grafici e installazioni interattive, sono stati posizionati sul tavolo espositivo sotto la tavola corrispondente. In particolare, uno dei progetti, vista la necessità di esporre un tablet per la consultazione di un archivio virtuale, è stato posizionato nei pressi di una presa di corrente per evitare che il device elettronico si scaricasse.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 206 – Struttura da 300 cm per Progetti di ricerca / Tesi

Img 207 – Struttura da 150 cm per Progetti di ricerca / Tesi

02.04 – Progettazione dell’esposizione

Img 208 – Struttura da 126 cm per Progetti di ricerca / Tesi

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Img 209 – Progetti di ricerca / Tesi , Graphic Days® Transitions



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Img 210 – Render strutture per Progetti di ricerca / Poster

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


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Poster

Per esporre i poster degli studenti del professor Mauro Bubbico sono state create due strutture: una cornice rettangolare pensata per essere fissata al muro ed un telaio progettato come continuum della struttura divisoria usata per dividere il percorso della mostra. Per il primo tipo di struttura sono state usate due traverse lunghe 400 cm a cui sono stati avvitati due montanti di 50 cm alle estremità e due da 42 cm in mezzo per aumentarne la stabilità. Per raggiungere la lunghezza ottimale per esporre una fila di 13 poster 35x50 cm, ovvero di 475 cm, è stata creata un’appendice aggiuntiva di 50x67 cm. Di questo tipo di pannello sono stati creati 3 elementi uguali, successivamente fissati al muro. La seconda struttura, che ha ospitato i restanti poster, è stata realizzata fissando al telaio in legno le traverse per raggiungere la lunghezza di 475 cm, necessaria per esporre lo stesso numero di poster da entrambi i lati, alla stessa altezza di quelle sul muro di fronte.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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Img 211 – Progetti di ricerca / Poster, Graphic Days® Transitions



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Opere selezionate La progettazione dell’allestimento della sala Opere selezionate è partita dal riutilizzo dei pannelli utilizzati durante la mostra Just Humans: dei telai rettangolari di 200x108 cm, realizzati con dei listelli di legno di abete retificato di sezione 4x4 cm. In Just Humans, dato che ogni struttura è stata pensata per esporre due illustrazioni, sulla parte superiore è stato predisposto un frame realizzato con dei listelli fustellati, da cui si ottiene un’intercapedine interna la cui larghezza è funzionale all’inserimento di due tavole 70x100 cm da esporre da entrambi i lati dell’espositore. Le strutture, nell’edizione precedente sono state posizionate con una forma ad X. La scelta di riutilizzare questi pannelli deriva dalla necessità di esporre quattro tavole 70x100 cm per ogni per ogni progettista, due descrittive e due decorative. Quindi, a partire dai pannelli pre-esistenti, si è proceduto alla progettazione dei 14 espositori, uno per ogni opera, escluso il progetto Postcard Atlas di Matteo Palù ed Alice Guarnieri, poiché, vista la sua natura di coinvolgimento diretto dei visitatori attraverso la stampa di cartoline personalizzate, è stato pensato con una stampante e una bacheca in cui appendere le cartoline.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 212 – Graphic Days® Transitions

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

La proposta iniziale

Il progetto iniziale prevedeva l’utilizzo di due moduli: uno standard, costituito da due portali della mostra Just Humans, più un terzo portale variabile costruito ex-novo, per esporre le opere relativi ad ogni progetto. Ogni struttura è stata posizionata con un angolo di 90° rispetto all’altra, ottenendo così una composizione a zig-zag. Il modulo è stato progettato per avere la stessa altezza delle strutture precedenti (per evitare uno spiacevole effetto visivo dato dal dislivello di altezza fra le due strutture affiancate), ma con larghezza diversa a seconda del materiale da esporre. Sono state progettate due tipologie di moduli: ◊ Modulo per oggetti piccoli da posizionare su tavolo: modulo formato da due traverse di 192 cm l’una e due montanti avvitati sopra e sotto lunghi 100 cm, entrambi con sezione 4x4 cm in legno di abete. I progetti appartenenti a questa tipologia di modulo erano la maggioranza (un totale di 10 progetti), per questo motivo è stata sfruttata la possibilità di esporre le tavole da entrambi i lati dell’espositore. Questo tipo di modulo avrebbe contenuto due progetti, uno per ogni lato dei portali. Pertanto, si è ipotizzato di aggiungere un piccolo ripiano largo circa 40 cm, fissato da entrambi i lati. Il risultato è stato quindi un espositore fruibile nella sua interezza. ◊ Modulo personalizzato rispetto alla struttura: per i restanti 5 progetti con opere di natura differente, sia per dimensioni che per quantità dei materiali, sono state prese in considerazione configurazioni personalizzate. Per i tappeti e i poster di grandi dimensioni sono state pensate delle cornici utilizzando i montanti lunghi 192 cm, ma con larghezza corrispondente a quella dell’oggetto da esporre. Per i progetti con opere da appendere, è stato utilizzato il modulo standard di larghezza 100 cm, ma con dei supporti in cui agganciare il materiale. Infine, per i progetti sia con oggetti piccoli da poggiare sul tavolo che oggetti da attaccare verticalmente è stato progettato un modulo con un tavolo espositivo e una cornice su cui fissare le opere.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 213 – Proposta iniziale, schizzi

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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Img 214 – Proposta iniziale, schizzi

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Il progetto è stato abbandonato nelle fasi progettuali successive per via delle seguenti criticità. Per quanto riguarda il modulo per oggettistica di piccole dimensioni le problematiche erano relative alla fruizione contemporanea di due progetti in un solo espositore. La prima riguarda la cornice vuota: avrebbe confuso il visitatore, perché potendo osservare entrambi gli oggetti da un solo lato non sarebbe stato chiaro a quale dei due il progetto si riferisse e, inoltre, non sarebbe stata gradevole dal punto di vista estetico. La seconda criticità riguarda la configurazione a zig-zag: non sarebbe risultata ottimale per esporre due progetti contemporaneamente per via del disequilibrio visivo fra il lato interno e quello esterno. Infatti, se da una parte le tavole sarebbero state esposte con angolo di 90°, creando una sorta di visualizzazione “a libro aperto” facile da leggere in sequenza, dall’altra l’angolo sarebbe stato di 270°, una conformazione non adatta alla lettura e soprattutto non coerente. Inoltre, gli espositori sarebbero stati poco stabili, poiché, nonostante la necessità di requisiti di resistenza non particolarmente elevati, una struttura di questo genere avrebbe potuto mettere a rischio di rottura alcuni oggetti di fattura particolarmente pregiata o fragile, così come oggetti troppo pesanti avrebbero reso l’espositore pericolante. Infine, questo non sarebbe risultato abbastanza standardizzato, ma con configurazioni eccessivamente diverse l’una dall’altra.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il progetto definitivo

Ragionando sulle seguenti criticità, è stata progettata una struttura più solida, uniforme e stabile. Il risultato è stato una soluzione di forma rettangolare, composta da tre lati: quello più lungo è costituito dalle due strutture di Just Humans, i lati più corti sono dei portali creati appositamente, funzionali al supporto del piano d’appoggio che si trova in mezzo alla struttura e delle opere che necessitano di essere appese. Per la costruzione sono stati utilizzati dei listelli di legno di abete retificato con sezione 4x4 cm e delle plance con spessore di 1,5 cm. I portali Just Humans, utilizzati per esporre le tavole descrittive e decorative, sono stati posizionati uno di fianco all’altro. Sono formati da due montanti lunghi 200 cm e due listelli posti orizzontalmente (uno sulla parte superiore e uno in mezzo alla cornice) lunghi 100 cm, che formano una struttura larga complessivamente 108 cm. Considerata la necessità di esporre delle tavole larghe 70 cm in uno spazio di 100 cm è stato aggiunto un listello fustellato di supporto a queste, e che, posizionando le strutture “a specchio”, ne ha determinato un vuoto centrale e quindi un distanziamento più gradevole alla vista. Per quanto riguarda le strutture più corte di supporto, come montanti laterali sono stati utilizzati dei listelli lunghi 192 cm, su cui sono state appoggiate delle traverse di lunghezza variabile a seconda del tipo di espositore, sia sopra che sotto, permettendo di raggiungere l’altezza di 200 cm per essere affiancati alle strutture originali. In tutti i box, tranne uno, nel mezzo della cornice è stato avvitato un listello utilizzato come supporto al tavolo espositivo, appoggiato internamente alla struttura. L’altezza del listello è stata scelta considerando l’altezza della plancia ad 80 cm da terra, misura ideale per fruire il tavolo espositivo. Fra i due listelli interni sono state aggiunte una, o in alcuni casi due traverse usata come supporto del tavolo, che altrimenti, data la lunghezza della struttura, si sarebbe curvato. Le strutture laterali sono state avvitate perpendicolarmente a quelle originali e un’ulteriore traversa orizzontale, posizionata fra i due portali lateralmente, è servita per aggiungere ulteriore stabilità.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 215 – Viste box

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

I box

Box A I box di tipo A sono 10 strutture di uguali dimensioni (216x113 cm), che presentano i montanti laterali lunghi 109 cm e i listelli interni lunghi 101 cm. Otto di questi (da A1 a A8) dispongono di un tavolo di 60x216 cm. Nel box A6, vista la necessità di esporre delle stampe fotografiche in formato A3, sono stati aggiunti 5 listelli laterali interni. I restanti due box (A9 e A10), per via delle dimensioni degli oggetti esposti, sono caratterizzati dai piani d’appoggio da 216x100 cm, più grandi rispetto ai precedenti. Inoltre, anche nel caso del box A9 sono stati aggiunti tre listelli laterali da 101 cm.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


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Img 216 – Render box A

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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200

216 208

Img 223 – Viste e assonometria box A

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113 109

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I box

Box B I box di tipo B sono due strutture di 216x134 cm, con piano di 216x122 cm. Il box B1 necessita una larghezza tale per esporre un arazzo di misura 120x200 cm, che è stato fissato sulla cornice laterale (più altri oggetti posizionati sia sul piano che sul lato opposto). Il box B2 ha esposto una coperta con misura simile a quella dell’arazzo del box A1, che in questo caso è stato appoggiato sul tavolo.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 218 – Render box B

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

200

216 208

Img 219 – Viste e assonometria box B

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136 132

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I box

Box C Il box C, di dimensioni 216x144 cm, ha ospitato un poster di 140x200 cm ed è l’unico che non presenta un piano d’appoggio, perché il progetto non include altri materiali da esporre.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 220 – Render box C

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

200

216 208

Img 217 – Viste e assonometria box C

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OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

144 140

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

I box

Box D Il box D non varia in larghezza ma in lunghezza rispetto al box A, misurando 300x113 cm, vista la necessità di esporre un tappeto di 300x100 cm, che è stato posizionato sul tavolo di medesima lunghezza. Per ottenere questa struttura sono stati aggiunti due listelli lunghi 84 cm fra i due espositori originali, che affiancati misuravano 216 cm.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 222– Render box D

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

200

300 292 84

Img 221 – Viste e assonometria box D

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

113 109

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 224 – Box per Filet, Valentina De Carolis

Img 225 – Box per Madre pane, Roberto Sironi

Img 229 – Box per Citto Citto, Giulia Conoscenti

Img 230 – Box per Futuro Arcaico, Folklore Elettrico

Img 233 – Box per Napoletane serigrafate, Nilotype

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Img 226 – Box per Stiam viaggio nell’Italia in mino CTRL Edizioni

Img 234 – Box per Minor Arcana, Elisa Seitzinger

Img 235 – Box per Torr and future / Gandino, S

02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

mo Scomparendo, oranza,

Img 227 – Box per Herbarium, Flavia Luglioli, Irene Luglioli

Img 231 – Box per Il bestiario d’Italia, La Spina Dorsale - Vol. I, Gabriele Pino

ri Lana 1885. Archives Studiocharlie

Img 236 – Box per Teste di Marmo e di Anarchia, A m’l rum da me

02.04 – Progettazione dell’esposizione

Img 228 – Box per The Great Palermo, We Are Muesli, CLAC

Img 232 – Box per tuttiSanti, FF3300

Img 237 – Box per Tappeti Tipografici, Stefano Asili

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Img 238 – Graphic Days® Transitions



Img 239 – Graphic Days® Transitions



Img 240 – Graphic Days® Transitions



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 241 – Graphic Days® Transitions

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

I vantaggi rispetto alle configurazioni precedenti riguardano le modalità di fruizione e i processi produttivi. Le prime sono state facilitate, poiché, posizionando le tavole verso la parte interna del box, si è creato uno spazio unico in cui si possono visionare sia gli oggetti esposti che le tavole, rendendo più facile la comprensione del progetto da parte del pubblico. Dall’interno il box appare come un sipario contente l’anima del progetto, dall’esterno si possono osservare le immagini e le citazioni più importanti, che fungono da anteprima di quello che si sta per osservare. Dal punto di vista dei processi, si è cercato di ottenere una soluzione progettuale più uniforme, che ha dato molteplici vantaggi, in particolare la standardizzazione della produzione. Un artefatto standard risulta più adeguato per questioni logistiche, come la costruzione e il montaggio, ma anche di reperibilità e stoccaggio dei materiali, nonché di progettazione. Inoltre, la struttura più uniforme e omogenea consente di creare degli spazi più isolati e assestanti, coerenti con le normative di distanziamento erogate dal governo per arginare la pandemia, oltre a essere più elegante ed omogeneo dal punto di vista estetico.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

261


02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Successivamente alla progettazione, sono stati contati e ordinati i materiali necessari alla costruzione dell’allestimento. Per quanto riguarda i listelli, tutte le misure necessarie erano già presenti nel magazzino del Print Club, ma per precauzione sono stati ordinati 100 listelli da 400 cm di sezione 4x4 cm, anche nell’ottica di costruire i pannelli divisori. Le plance sono state ordinate di diverse dimensioni, sia per i box che per gli allestimenti dei Progetti di ricerca, indicando come tagliarle e il numero di sfridi, in modo da ottenere le superfici della giusta misura: 9 pezzi da 300x200 cm e 7 da 250x180 cm. I materiali sono stati catalogati e schedati dividendoli per tipologia e quantità in una tabella Excel, per poi essere raccolti e divisi nella fase di allestimento. L’assemblaggio dei box è avvenuto per step: inizialmente si sono fissati insieme i due portali per esporre le tavole, poi sono stati realizzati tutti i supporti laterali, si è assemblato il tutto e infine sono state posizionate le plance delle giuste dimensioni nei box che lo richiedevano. Le strutture sono state posizionate secondo la configurazione scelta e l’allestimento è stato completato collocando prima le tavole e poi gli artefatti.

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 242 – Ordine dei materiali

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 243 – Graphic Days® Transitions

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02.04 – Progettazione dell’esposizione


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

I pannelli divisori Per guidare lo spettatore attraverso la mostra e per separare l’ingresso e l’uscita nel rispetto delle normative anti Covid-19, sono stati progettati dei telai. Le strutture sono state realizzate assemblando listelli di misure variabili, sia quelli già presenti al Print Club che quelli ordinati, posizionati in verticale e in orizzontale. Alcuni dei pannelli divisori sono stati dipinti con delle fasce nere di lunghezze diverse con l’intento di tradurre visivamente il concetto di Singolare Plurale: alcune lunghe e isolate – Singolare, altre corte e affiancate – Plurale.

02.04 – Progettazione dell’esposizione

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Serrell, B. (2020). Big Idea [E-book]. Beverly Serrell & Associates.

1

Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

2

Vesperini, G. (2020). Il diritto del coronavirus. Giornale Di Diritto Amministrativo, 277.

3

Progettazione del percorso di visita In seguito alla progettazione dei singoli allestimenti e all’analisi delle sale, si è ragionato sul percorso di visita, sia della mostra Singolare Plurale che del resto festival, per renderlo uniforme e coerente. Le questioni tenute in considerazione riguardano sia la User Experience che le misure di sicurezza necessarie dovute alle nuove normative per il Covid-19. Per quanto riguarda la UX i temi principali sono stati l’importanza di rendere la fruizione e lo story-telling della mostra più intuitivi possibile attraverso la successione logica delle sezioni nelle diverse sale; il posizionamento e la quantità di informazioni delle tavole descrittive di ogni sezione (le persone spesso leggono solamente il 50% di ciò che c’è scritto e hanno un attention-span molto bassa) 1; ma anche la trasmissione dell’intento di Singolare Plurale: trasportare e riconnettere il visitatore ad un microcosmo alimentato dai ricordi e dai luoghi d’infanzia personali e collettivi, a lungo rimasti sepolti, rafforzando il legame con il territorio e la propria storia personale 2; e infine l’intrattenimento dei visitatori, in particolare durante il week-end. Invece, in relazione con i cambiamenti dovuti al Covid-19, la pandemia ha portato alla definizione di diverse disposizioni da parte delle autorità pubbliche: si tratta di atti normativi, linee guida di natura tecnico-scientifica, atti amministrativi generali e ordinanze aventi essenzialmente una funzione “precauzionale” rispetto alla possibile diffusione del contagio. 3

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02.05 – Progettazione del percorso di visita


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Per la definizione del percorso di visita è stato necessario riorganizzare le modalità di accesso e fruizione alla mostra, in particolare l’intervento ha riguardato: ◊ La separazione delle aree di ingresso e di uscita onde evitare assembramenti e la previsione di percorsi a senso unico; ◊ La definizione di fasce orarie per l’ingresso e il conteggio delle persone presenti nella mostra; ◊ La presenza di tavole informative contenenti le regole da rispettare per la prevenzione della diffusione del virus. Il percorso è stato studiato prima teoricamente e poi in digitale, tenendo in considerazione i requisiti precedentemente descritti, tramite i software Adobe Illustrator per le viste in pianta e Sketchup per le visualizzazioni 3D, consentendo di ottenere una prospettiva più realistica della mostra. Per dare una prospettiva progettuale sulla definizione dei percorsi all’interno della sala, è importante sottolineare che i primi tentativi sono stati eseguiti sugli espositori con forma a zig-zag e solo successivamente, quando i box definitivi sono stati progettati, si è proceduto effettuando varie prove di posizionamento in base ad essi, alla loro quantità e ai progetti contenuti in ognuno.

02.05 – Progettazione del percorso di visita

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

1 – Ingresso 2 – La stanza dei Soprannomi 3 – Mauro Bubbico 4 – Progetti di ricerca / Tesi 5 – Opere selezionate A1 – Filet A2 – Madre Pane A3 – Stiamo scomparendo. Viaggio nell’Italia in minoranza A4 – Herbarium A5 – The Great Palermo A6 – Citto citto A7 – tuttiSanti, design to be saint A8 – Il Bestiario d’Italia, La spina dorsale – Vol. 1 A9 – Futuro Arcaico A10 – Napoletane serigrafate B1 – Minor Arcana B2 – Torri Lana 1885. Archives and future / Gandino C1 – A m’l rum da me Lab D1 – Tappeti tipografici E1 – Postcard Atlas 6 – Il muro che scompare 7 – Poster Heroes: Humans at Work 8 – Progetti di ricerca / Poster 9-10 – Proseguire per le altre mostre

1 7

2

3

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02.05 – Progettazione del percorso di visita


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

9 – 10

8 E1 A4

A8

A1

6 A7

5 A5

A2

2

A9

3

A3

4

A10

A6

D B2

B1

C1

Img 244 – Percorso di visita

02.05 – Progettazione del percorso di visita

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

L’esposizione Singolare Plurale è stata situata nella prima sala dopo l’ingresso, sia per motivi di importanza, poiché è l’esposizione principale del festival, sia per ragioni di spazi: le prime tre sale sono risultate le più adatte ad ospitare la grande quantità di opere e progetti relativi al Regionalismo Critico visuale. Il primo progetto che si incontra dopo l’ingresso è La stanza dei Soprannomi di Mauro Bubbico, che è stato posizionato nel piccolo corridoio che precede la sala dedicata al maestro: è uno spazio che risulta accogliente e, grazie ai muri tappezzati di fogli con soprannomi, permette di immergersi prontamente nella tradizione italiana, oggetto della mostra. Successivamente si accede alla sala dedicata ai Maestri, che presenta due espositori, uno al centro e uno sulla sinistra rispetto all’entrata, e il resto dei progetti incorniciati e affissi sulle pareti. Le opere di Mauro Bubbico sono le prime che si incontra lungo il percorso del festival: è stato uno dei primi a raccontare le tradizioni, le peculiarità e il folklore del territorio italiano attraverso un linguaggio grafico efficace e contemporaneo. Seguendo l’intento della mostra di connettere passato e presente, individuale e plurale, la sala di Bubbico è seguita da uno spazio dedicato ai progetti dei suoi studenti, di tesi e non, e da quelli degli studenti di Cinzia Ferrara, designer della comunicazione visiva che ha insegnato in varie scuole (Corso di laurea in disegno industriale della Facoltà di Architettura di Palermo, Corso in Graphic Design dell’Accademia di Belle Arti di Catania e Master in Design a Palermo e Catania).

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02.05 – Progettazione del percorso di visita


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 245 – Graphic Days® Transitions

02.05 – Progettazione del percorso di visita

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Img 246 – Graphic Days® Transitions

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02.05 – Progettazione del percorso di visita


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

L’ultima sala di Singolare Plurale, la più grande, è dedicata alla sezione Opere selezionate: all’interno di essa i box espositivi sono stati posizionati e alternati in modo da garantire un adeguato distanziamento tra i visitatori e, allo stesso tempo, un percorso non monotono che permettesse la visione di progetti con tematiche e output differenti tra loro. Tra i progetti interattivi, Postcard Atlas di Matteo Palù e Alice Guarnieri necessitava di stampare delle cartoline, di conseguenza è stato posizionato vicino all’uscita della sala con una stampante e una bacheca su cui appendere gli stampati, per più motivazioni. La prima è di natura emozionale: l’azione interattiva del rilasciare la cartolina, e di conseguenza un ricordo, risulta un’ottima modalità per concludere la mostra più importante del festival. Le altre ragioni sono di tipo tecnico: per ridurre la possibilità di generare assembramenti lungo il resto del percorso di visita e poiché una delle prese di corrente a cui collegare la stampante è posizionata su quella parete.

02.05 – Progettazione del percorso di visita

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Inoltre, Mauro Bubbico ha richiesto ai suoi ex-studenti di produrre da uno a tre poster in occasione di Singolare Plurale. Le tavole sono state esposte in un tunnel di pannelli in legno creato appositamente per invitare il visitatore a lasciarsi coinvolgere da questa moltitudine di rielaborazioni grafiche sperimentali e contemporanee di concetti folkloristici e tradizionali. L’intero tragitto del festival è guidato da una serie di pannelli divisori costituiti da traverse e montanti in legno che lasciano intravedere il resto della mostra in un’ottica di neutralità derivante dal concept dell’identità visiva della mostra stessa, ma regolano il traffico di persone, dividono l’ingresso dall’uscita e permettono l’affissione di tavole contenenti informazioni sui progetti esposti, sulle normative per il Covid-19 e sul percorso di visita.

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02.05 – Progettazione del percorso di visita


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 247 – Graphic Days® Transitions

02.05 – Progettazione del percorso di visita

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

L’identità visiva Identità visiva via www.businessdictionary.com

1

La visual identity di Singolare Plurale, progettata in contemporanea all’allestimento, si è sviluppata a partire da alcuni requisiti fondamentali. La mostra si è concretizzata nel contesto Graphic Days®, quindi la sua identità è figlia di quella del festival, in particolare per quanto riguarda la scelta del carattere tipografico, così come il sito web e i canali social. Inoltre, vista la varietà e la quantità delle sezioni e dei progetti esposti, una caratteristica di fondamentale importanza per la costruzione dell’identità visiva è stata la semplicità formale e la versatilità di essa. Un altro aspetto progettuale da tenere in considerazione è la natura dinamica e itinerante della mostra: Singolare Plurale è pensata per avere una call permanente e in ambito visuale questo aspetto si traduce nella necessità di avere un’identità solida, che non invecchi con il passare del tempo e dei trend in campo grafico.

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

“L’identità visiva sono gli elementi visibili di un brand, come i colori e le forme, che incorporano e veicolano i significati simbolici che non possono essere impartiti solo attraverso le parole. In casi più ampi, l’identità visiva può includere elementi come l’architettura dell’edificio, gli schemi di colori e il codice di abbigliamento.” 1

02.06 – Identità visiva

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Caso studio

Yoko Ono, Growing Freedom Studio Principal

Img 248 – Yoko Ono, Growing Freedom, Studio Principal

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Lo studio Principal di Montreal ha progettato l’identità e la campagna di accompagnamento per la mostra Growing Freedom dell’artista iconica Yoko Ono alla Fondation Phi pour l’art contemporain. Lo studio di design multidisciplinare Principal è nato con un ethos radicato nel modernismo (in senso architettonico, industriale e grafico) e il suo obiettivo è che i loro progetti superino la prova del tempo, che non diventino mai obsoleti. Adottando un approccio umanista che valorizza la durabilità, Principal cerca di rispettare il patrimonio e l’eredità di un progetto. Dedicato a un processo creativo che punta al rigore e alla sollecitudine, lo studio non si occupa di grandi e audaci affermazioni, ma di dettagli più sottili.

Img 249 – Yoko Ono, Growing Freedom, Studio Principal

02.06 – Identità visiva

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Img 250 – Yoko Ono, Growing Freedom, Studio Principal Img 251 – Yoko Ono, Growing Freedom, Studio Principal, macro



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Caso studio

Melting Landscapes Fernando Moleres e Guud Studio

Img 252 – Landscapes, Fernando Moleres, Studio Guud

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Melting Landscapes, il progetto fotografico di Fernando Moleres, racconta le trasformazioni ambientali di due delle aree più penalizzate dal riscaldamento globale: Islanda e Groenlandia. Questa serie narrativa cattura la bellezza e la maestosità dell’inospitale Artico, mentre assiste alla disgregazione di queste fragili scene. Guud Studio si occupa della comunicazione visiva e dell’allestimento della mostra. Una grafica sottile e pulita è stata scelta per esaltare lo scopo principale della serie, senza disturbare la neutralità e purezza delle opere d’arte.

Img 253 – Landscapes, Fernando Moleres, Studio Guud

02.06 – Identità visiva

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Img 254 – Landscapes, Fernando Moleres, Studio Guud



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Caso studio

BunkerToren George&Harrison®

Img 255 – BunkerToren, George&Harrison®

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Inizialmente progettato come centro studentesco dall’architetto Huig Maaskant, il suggestivo edificio del Bunker troverà una seconda vita come torre residenziale. Gli elementi architettonici originali tipici del movimento brutalista sono stati rispettosamente inseriti nel nuovo progetto, che ora comprende una torre alta 100 metri. Nella progettazione dell’identità, la tensione tra l’audacia del Brutalismo e l’atmosfera di questa ristrutturazione contemporanea sono stati la priorità. Il senso per i materiali, le superfici e i bordi duri tipici del Brutalismo si riflettono nel design degli asset di comunicazione. Le silhouette astratte dell’edificio definiscono lo spazio e possono essere utilizzate in modo versatile per inquadrare testi e immagini. L’identità trova un equilibrio tra grezzo e sofisticato, coltivando un’estetica monumentale ma di classe. Il sito web offre un indice interattivo e un visualizzatore a 360° degli appartamenti.

Img 256 – BunkerToren, George&Harrison®

02.06 – Identità visiva

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Img 257 – BunkerToren, George&Harrison®



02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il naming Il Regionalismo Critico visuale nasce con l’obiettivo di connettere presente e futuro, privato e pubblico, attraverso la ripresa di una memoria iconografica e simbolica radicata di una regione tradotta in una comunicazione contemporanea ma semplice, in grado di essere capita da una grande fetta di pubblico. In questo senso, il naming Singolare Plurale sta a significare l’intento di porre sullo stesso piano i già citati passato e presente, memoria e progresso, particolare e l’universale, l’unicità e l’omologazione, per stimolare una riflessione sulla realtà e sui suoi cambiamenti, attraverso la reinterpretazione progettuale singola di una materia prima fatta di una pluralità di elementi del passato regionale.

290

02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 258 – Graphic Days® Transitions

02.06 – Identità visiva

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il font Il font selezionato è l’ABC Arizona Torino, progettato dalla Dinamo Typefaces appositamente per i Graphic Days®. È un font variabile che presenta sia una versione Serif che una Sans Serif. La dualità di questo carattere permette una grande versatilità e porta con sé i vantaggi di entrambe le categorie di font: la formalità e l’eleganza di un Serif così come la modernità, la leggibilità e la semplicità dei Sans Serif.

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A A 02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Abc Abc 02.06 – Identità visiva

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

La palette colori I colori scelti per l’identità visiva sono il bianco, il nero e il grigio perla, con l’obiettivo di esprimere neutralità, pulizia formale ed eleganza, adatti ad ospitare la varietà di progetti selezionati, con tutti i loro colori. Il bianco è un colore di sfondo adatto a raccontare qualsiasi progetto, è utilizzato per la sua neutralità e la sua versatilità: tutte le tavole di descrizione dei progetti e le pagine descrittive del catalogo sono bianche. Il nero, abbinato al bianco, crea un contrasto sofisticato e autorevole, ed è la migliore combinazione di colori per la leggibilità. Il grigio, usato nello sfondo del sito web e nelle pagine che dividono un capitolo dal prossimo nel catalogo, esprime formalità, raffinatezza e calma. Inoltre, abbinato al bianco e al nero, aggiunge eleganza e grazia all’identità visiva, senza stravolgerne l’equilibrio formale.

BLACK #000000

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

GRAY #eff0f0

02.06 – Identità visiva

WHITE #ffffff

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

I supporti I supporti realizzati per la mostra Singolare Plurale, sono di vario tipo ed ognuno risponde ad una funzione specifica. Dalle tavole di progetto al catalogo, ogni impaginato è stato studiato per rispondere ai requisiti fondamentali dell’identità visiva, tra cui la semplicità formale e la versatilità. Oltre al merchandising, gli sticker, le tavole decorative e i gonfaloni d’ingresso con la distintiva sfumatura e le lettere ingigantite della visual identity dei Graphic Days®, la mostra presenta altri due supporti in comune con il festival: le didascalie delle sale e le tavole di wayfinding per indicare il percorso di visita. Le didascalie delle sezioni della mostra, in formato 70x100 cm, descrivono: ◊ Il concept della mostra e il Regionalismo Critico visuale; ◊ La sezione di Mauro Bubbico; ◊ I progetti di ricerca e le tesi degli studenti di Mauro Bubbico e Cinzia Ferrara; ◊ Le opere selezionate dei progettisti.

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 259 – Graphic Days® Transitions

02.06 – Identità visiva

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Img 260 – Didascalie sala Mauro Bubbico, Graphic Days® Transitions

Img 261 – Didascalie non toccare, Graphic Days® Transitions

Img 262 – Tavole Progetti di ricerca, Graphic Days® Transitions

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02.06 – Identità visiva


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Ulteriori supporti, seguendo l’ordine del percorso di visita, sono: ◊ Le didascalie dei 6 progetti del professor Bubbico (La Stanza dei Soprannomi, Storie a Colori, Annodare Sorgenti, Van Gogh Room, Setacciare, separare il grano dall’oglio, il bene dal male, Antimafia), in formato A3, con titolo in corpo 42pt e testo descrittivo su due colonne in corpo 11pt; ◊ Le tavole descrittive dei 18 progetti di ricerca e tesi degli studenti, in formato 50x70 cm: ogni tavola presenta un’intestazione con i nomi dei progettisti in maiuscolo (45pt), il titolo del progetto (80pt) e i relatori della tesi in maiuscolo (25pt); un testo descrittivo su due colonne (16pt) e alcune immagini del progetto. Inoltre, ogni tavola riporta i nomi dei progettisti, il nome del progetto e il titolo della mostra lateralmente con orientamento verticale (12pt). ◊ Quattro tavole di progetto per ognuno dei 14 espositori, tranne per il progetto Postcard Atlas, che per la sua differente configurazione presenta una sola tavola. Le tavole che si trovano sul lato frontale dell’espositore sono composte da nome progettista in maiuscolo (150pt), titolo del progetto (70pt) e i testi descrittivi dello scenario e del concept del progetto su due colonne (26pt). Inoltre sul fondo del layout sono presenti una citazione dell’autore (60pt) e un piccolo box informativo contenente titolo dell’opera, anno e tipologia di progetto (artigianato, graphic design, editoria, tessile, digital). Le tavole posizionate sul retro del box presentano immagini dell’opera o una citazione degli autori e vengono ripetuti il nome dell’autore in maiuscolo (60pt) e il titolo dell’opera (40pt). Ad ogni autore è stato chiesto di spiegare in prima persona la propria opera e la propria indagine di ricerca, descrivendo i temi, le fonti della ricerca iconografica, bibliografica e sul campo, ma anche il concept progettuale, argomentando modalità e tempi relativi alla ricontestualizzazione dell’oggetto della ricerca. ◊ Le didascalie in formato A6, con scritto Si prega di non toccare il materiale in esposizione (26pt) per invitare i visitatori a non toccare le opere esposte.

02.06 – Identità visiva

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Img 263 – Tavola di progetto, Graphic Days® Transitions

Img 264 – Tavola di progetto, Graphic Days® Transitions

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02.06 – Identità visiva


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Img 265 – Tavola aggiuntiva, Graphic Days® Transitions

Img 266 – Tavola aggiuntiva, Graphic Days® Transitions

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il catalogo della mostra Singolare Plurale vuole restituire l’immagine di un’Italia multiforme e variegata nelle sue tradizioni ed attraverso le ricerche, spesso svolte sul campo, da cui hanno preso spunto gli autori dei progetti presentati: sono gli stessi territori a raccontare i simbolismi e gli archetipi culturali delle regioni italiane. La pubblicazione, stampata da Printaly, è caratterizzata dalla rilegatura in filo refe di colore bianco, il dorso a vista e dalla copertina che presenta un pieghevole di tre ante sulla prima e sull’ultima pagina del blocco libro. Per i pieghevoli/copertine è stata scelta la Fedrigoni Sirio Colour Rough Perla da 285 grammi con stampa a Pantone nero. La carta utilizzata per gli interni è la Fedrigoni Arena Smooth White, che assicura una resa di stampa ottimale anche per le riproduzioni di opere d’arte, considerato il gusto sempre più crescente per la carta opaca in ambito museale e la minore tendenza della carta patinata ultra-lucida. Dal punto di vista contenutistico, il catalogo è diviso in quattro sezioni: introduzione, in cui vengono descritti il percorso espositivo, il Regionalismo critico, la natura dinamica della mostra e i progetti; Mauro Bubbico, in cui vengono presentati i progetti del maestro; e infine Opere selezionate e Progetti di ricerca, in cui vengono raccontati i progetti esposti nelle altre due sale del festival.

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02.06 – Identità visiva


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 267 – Catalogo, Graphic Days® Transitions

02.06 – Identità visiva

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L’evento Via www.toolboxoffice.it

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Nelva, R. & Signorelli B. (1990). Avvento ed evoluzione del calcestruzzo armato in Italia: il sistema Hennebique. AITEC.

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L’edizione 2020 dei Graphic Days®, che si è tenuta dal 1 al 11 ottobre, è stata particolarmente differente rispetto agli anni precedenti poiché drasticamente influenzata dall’avvento del Covid-19. La pandemia ne ha plasmato le dinamiche, secondo i criteri disposti dallo Stato, e i risultati. L’obiettivo è stato mantenere l’approccio alla visita simile alle edizioni passate, ma cercando di creare un percorso espositivo guidato e che lasciasse poco spazio all’esplorazione singola. Il team ha deciso di attivare un sistema di ingressi scaglionati, che sono serviti per mantenere il numero totale di visitatori a un livello limitato. È stato il primo anno in cui il festival ha utilizzato un metodo di prenotazione dei biglietti online, usufruendo di Eventbrite: una piattaforma di gestione eventi e biglietteria. Il servizio permette agli utenti di navigare, creare e promuovere eventi locali e prevede il pagamento di un canone agli organizzatori dell’evento in cambio di servizi di biglietteria online, a meno che l’evento non sia gratuito. L’evento ha avuto un costo molto basso, una donazione di minimo 5€, per favorire l’accesso ad un pubblico di professionisti e studenti del settore, ma anche ad appassionati e curiosi. Il festival, come ogni anno dal suo inizio, si è tenuto al Toolbox, un hub di coworking: 8.000 metri quadrati, oltre 150 attività diverse, più di 400 membri tra freelance, professionisti, startup e aziende innovative. Oltre 300 eventi l’anno, ospita anche il Fablab Torino, il Print Club Torino, Casa Jasmina e STEAM Lab.

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02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Toolbox offre spazi diversi per lavorare: dalla postazione flessibile a quella dedicata in open space, fino alle Team-Room da 2, 4 e 8 persone. 1 L’edificio è frutto del restyling di uno storico edificio industriale realizzato da Giovanni Antonio Porcheddu nel 1919. Porcheddu, brillante ingegnere di origini sarde, fu il primo in Italia a credere nella tecnologia e ad avere la concessione di utilizzo della tecnica costruttiva del conglomerato del cemento armato elaborato nei primi anni del 1900 dall’ingegnere belga François Hennebique. Nel giro di pochi anni migliorò la formula consentendo l’utilizzo di barre di ferro che potevano essere prodotte anche in piccole ferriere. Insegnò egli stesso le tecniche di utilizzo del cemento armato ai suoi muratori, che nel giro di pochi anni divennero tra i più pagati in Italia. 2 Tra il 1895 e il 1933 la società di Porcheddu completò in totale 2600 lavori. Re Vittorio Emanuele III gli assegnò il titolo di “Re del cemento armato” e nel 1914 venne insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro. L’edificio in Via Agostino da Montefeltro venne commissionato a Porcheddu da Carlo Garrone per la sua azienda Fonderie Carlo Garrone. La struttura, oltre alla fabbrica, presentava anche un’ariosa sovrastruttura gestionale con, secondo le planimetrie originali, tre camere da letto, una cucina completa, tre bagni, tre uffici, due studi, una galleria e un ripostiglio.

Img 268 – Toolbox Coworking, interni

02.07 – L’evento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Officine stampaggi industriali, via www.wikipedia.org

3

Nuove idee di lavoro e condivisione: il coworking Toolbox di Torino, via www.artwave.it

4

L’impresa Garrone non è durata molto, alla fine degli anni ’50 la fonderia viene acquistata dalla Ghia-Osi per ampliare la produzione. L’azienda si occupava di realizzare carrozzerie in alluminio, materiale rivoluzionario per l’epoca, sia per se stessa che per altri marchi importanti come FIAT, Alfa Romeo e Lancia. Nel 1958 l’azienda, in piena fase espansionistica, si sposta dalla sede in Corso Unione Sovietica in via Agostino da Montefeltro e ristruttura lo spazio antistante, la vecchia fonderia Carlo Garrone. Nel 1960 Luigi Segre fonde la Ghia S.p.A. con la Fergat S.p.A., società di Arrigo Olivetti dando vita ad una nuova società, la Ghia-OSI (Officine Stampaggi Industriali), per ricercare nuovi sbocchi lavorativi. In questo modo l’azienda inizierà a produrre modelli in serie, diventando una della prime carrozzerie in Italia a passare dalla manifattura alla produzione industriale. 3 Nel 1963 l’azienda passa in mani di diversi dirigenti, fino ad essere assorbita dalla Ford nel 1973, ma nel 1978 la società G. B. Sportelli rileva gli spazi abbandonati dalla Ghia-Osi fino al 2009, quando cesserà la propria attività. Toolbox Coworking apre nel 2010, grazie ad Aurelio Balestra, che dopo diversi incarichi all’interno della G. B. Sportelli, decide di dar vita a uno spazio di coworking moderno e strutturato, uno dei primi a Torino. Per la progettazione dell’edificio coinvolge Caterina Tiazzoldi, considerata una delle ottanta donne più creative della scena mondiale dell’architettura e del design. Insegna anche presso Politecnico di Torino, Istituto Europeo (Torino e Milano), Domus Academy, École Nationale Supérieure d’Architecture de Grenoble.

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02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

L’edificio a ridosso della ferrovia, precedentemente destinato ad uffici, è stato ripensato radicalmente, per creare uno spazio organizzato in tre aree: quella del coworking, quella dei servizi (sale riunioni, stampanti, bagni) e infine le zone di socializzazione, che nascono dai vuoti fra coworking e box servizi. Il concept ha alla base l’idea di mantenere la forte identità industriale inserendo all’interno dell’edificato pareti leggere e smontabili, piccoli box che definiscono una gerarchia di funzioni e una grande varietà di spazi di lavoro e di incontro. Uno dei punti forti di Toolbox, che lo ha reso famoso a livello locale e internazionale, è la fusione fra spazi di condivisione e privati. 4

Img 269 – Toolbox Coworking, esterno

02.07 – L’evento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

L’evento è stato preceduto dalla comunicazione online, che ha previsto sui canali social e web degli spazi per parlare della mostra, e dalla comunicazione fisica. Le date di Graphic Days® Transitions sono state annunciate per la prima volta il 7 agosto tramite post sui profili Instagram e Facebook del festival. Nei giorni successivi sono stati pubblicati post relativi alle mostre, alle talk e agli ospiti, con una cadenza di circa tre giorni. I manifesti pubblicitari dell’evento sono stati affissi a Torino tra il 17 e il 18 settembre e la settimana successiva sono stati fotografati e sfruttati per i post sui social.

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02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 270 – Graphic Days® Transitions

02.07 – L’evento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il percorso di visita La visita ai Graphic Days® 2020 inizia con gli stendardi che accompagnano il visitatore lungo Via Agostino da Montefeltro e segnalano l’ingresso del festival, dove è possibile acquistare il biglietto e il merchandising esclusivo. All’entrata delle tavole descrivono il concept del festival, della mostra Singolare Plurale, la più importante dell’edizione, e le misure di sicurezza da rispettare per il Covid-19. Il primo progetto che si incontra è La stanza dei Soprannomi di Mauro Bubbico, che introduce al tema del folklore e della tradizione che verrà affrontato con diverse prospettive e output per tutta la mostra, presentando i soprannomi tipici della cultura italiana. Successivamente si accede alla sala Mauro Bubbico, il maestro del Regionalismo Critico visuale italiano ha scelto personalmente le opere da esporre, raccontando le peculiarità del suo territorio attraverso un linguaggio grafico efficace e contemporaneo. La sala di Bubbico è seguita dai progetti dei suoi studenti, di tesi e non, e da quelli degli studenti di Cinzia Ferrara, proponendo una rielaborazione innovativa e fresca del patrimonio culturale italiano, da nord a sud. L’ultima sala di Singolare Plurale è dedicata alla categoria Opere selezionate, che presenta ai visitatori una moltitudine di progetti con tematiche e output differenti tra loro. Successivamente si accede ad un tunnel con esposti i poster degli ex-studenti di Mauro Bubbico: rielaborazioni grafiche sperimentali e contemporanee di concetti folkloristici e tradizionali. Conclusa l’esperienza di Singolare Plurale, è possibile partecipare all’installazione interattiva che nasce dall’idea di Maria Yablonina, viene rielaborata dall’architetto e ingegnere Werner Sobek e realizzata dal Goethe-Institut: Il muro che scompare. L’opera consiste in una cornice di plexiglas con 6.000 blocchetti di legno che è possibile portare a casa, sui quali sono incise diverse citazioni. Come ogni edizione dei Graphic Days®, anche quest’anno è presente una sezione dedicata al vincitore e ai finalisti del concorso internazionale di comunicazione sociale Poster Heroes, con tema Humans at work. Le altre due mostre presenti sono Un’altra storia di Luca Capuano e Camilla Casadei Maldini, che propone una serie di opere che riflettono sul concetto di dimenticanza e rimozione; e Stay at Home di Riccardo Guasco, un insieme di illustrazioni che raccontano il lockdown italiano di 56 giorni.

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02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 271 – Graphic Days® Transitions

Le varie mostre sono state accompagnate da una serie di talk ed eventi con professionisti del settore che si sono svolte durante l’intera durata del festival. Durante l’inaugurazione del 1 ottobre, a differenza delle altre date, sono stati presenti anche stand per consumare cibo e bevande, accompagnati da un dj-set.

02.07 – L’evento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Una particolarità di questa edizione è stata la necessità di adottare le misure di sicurezza anti-Covid: obbligo di mascherina in tutti gli ambienti, mantenimento della distanza di sicurezza, misurazione della temperatura corporea all’ingresso e gel sanificante collocato in vari punti del percorso espositivo. L’impatto del virus sui numeri del festival è stato consistente: la quantità di visitatori, che presentava un trend in forte ascesa fin dalla prima edizione (da 4000 nel 2016 a 8000 nel 2019), è arrivata ai suoi minimi storici, con 2500 per un totale di 11 giornate. Quindi, nonostante la durata decisamente prolungata del festival, che dalle consuete 4 giornate è passata a più del doppio per cercare di sopperire alle perdite causate dalle limitazioni di natura sanitaria, i visitatori sono stati decisamente meno. Le motivazioni alla base di questo calo sono state prettamente di natura logistica: gli ingressi scaglionati e le prenotazioni online hanno determinato una riduzione dell’afflusso. Gli ingressi però non sono stati l’unico trend discendente: il numero di talk dal 2016 al 2019 era passato da 2 a 33, nel 2020 è stato di 4; gli ospiti sono passati da 90 nel 2019 a 15 nell’edizione corrente; i workshop sono passati da 8 nella prima edizione a 18 nella penultima, sono stati 3; infine, il numero di mostre da 22 è passato a 5 dal 2019 al 2020.

2016

2017

2018

2019

2020

Giornate

4

4

4

4

11

Visitatori

4000

5000

7000

8000

2500

Talk

2

10

25

33

4

Workshop

9

6

20

18

3

Ospiti

25

60

70

90

15

Mostre

7

14

28

22

5

Tabella 01 – Dati dei Graphic Days® dal 2016 al 2020

312

02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 272 – Graphic Days® Transitions

Img 273 – Graphic Days® Transitions

02.07 – L’evento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Concas, A. (2020). L’arte post Coronavirus. Ripartire con il digitale: le strategie per i professionisti dell’arte. Edizioni Piemme.

5

La situazione del settore culturale in Italia post-lockdown Il virus ha avuto un evidente riscontro negativo sul patrimonio culturale italiano, soprattutto durante la fase di lockdown totale che si è protratta da marzo fino a maggio 2020. Sul piano giuridico il virus ha provocato l’emanazione di numerose disposizioni da parte delle diverse autorità pubbliche (statali, regionali, locali) in un breve arco di tempo (da marzo a maggio); si tratta di linee guida di natura tecnico-scientifica aventi essenzialmente una funzione “precauzionale” rispetto alla possibile diffusione del contagio. In primo luogo, per cercare di limitare gli effetti della crisi, nel mese di marzo è stato emanato il decreto legge Cura Italia, che ha stabilito una serie di misure economiche a sostegno del settore culturale nel suo complesso. Si è trattato soprattutto di una serie di interventi di carattere economico successivamente riconfermati dal più recente c.d. decreto legge Rilancio, che, tra le varie misure, ha previsto anche l’istituzione di un apposito fondo denominato Fondo emergenze imprese e istituzioni culturali. Con specifico riferimento ai musei, ulteriori disposizioni hanno riguardato la protezione delle opere d’arte esposte e le modalità di pulizia e sanificazione delle sale espositive al fine di evitare possibili danni. Si tratta di obblighi che gravano sul proprietario (pubblico o privato), possessore o detentore del bene. Terminato il periodo di lockdown, che in Italia per le manifestazioni, spettacoli, eventi culturali nonché per l’apertura dei musei e degli altri luoghi della cultura si è protratto sino al 17 maggio, è iniziata la fase di riapertura, che è avvenuta in modo progressivo, tenendo conto della dimensione dei musei e sulla base di principi di sperimentazione, gradualità e sostenibilità.

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02.07 – L’evento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Dal punto di vista economico le perdite sono state drammatiche. Fino al 2019 i musei statali avevano visto un rapido incremento della platea dei visitatori, aumentati del 46,8% dal 2010 al ritmo di 1,7 milioni in più in media ogni anno. La pandemia ha arrestato questa tendenza, azzerando una partecipazione storicamente in crescita. Secondo i dati, in assenza di Covid-19, si sarebbe potuto realizzare un incremento del numero di visitatori dei musei statali dell’8,1% rispetto al 2019 e un aumento degli introiti lordi del 12,8%. Per il 2020 si può stimare che il pubblico di tutte le infrastrutture culturali a gestione statale sarebbe stato di 59,2 milioni di visitatori, e che avrebbe permesso di realizzare entrate per oltre 273 milioni di euro. A seguito della chiusura al pubblico necessaria per il contenimento del contagio, si stima invece che per i soli mesi di marzo, aprile e maggio di quest’anno il numero di mancati ingressi alle strutture statali sia stato pari a circa 19 milioni, con una perdita, in termini di mancati incassi, di circa 78 milioni di euro. 5

Risvegliare un senso di necessità nel pubblico che si spera abbia un esito positivo nei periodi futuri.

Le perdite economiche non sono che una dei tanti risconti negativi del mancato accesso alla cultura e all’arte, di cui il visual design fa parte. Infatti la sensibilizzazione su temi importanti e la possibilità di arricchire il proprio patrimonio culturale attraverso il rapporto diretto con le mostre non sono state possibili, andando però a risvegliare un senso di necessità nel pubblico che si spera abbia un esito positivo nei periodi futuri, quando la pandemia sarà finalmente passata.

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Disallestimento Conclusa la quinta edizione dei Graphic Days® domenica 11 ottobre, il disallestimento del festival è iniziato lunedì 12, con una divisione in piccole squadre di volontari per svolgere il lavoro nel modo più organizzato e rapido possibile. Il processo di disallestimento è iniziato conservando le tavole dei progetti e i manufatti. Per quanto riguarda le Opere Selezionate e i Progetti di ricerca, gli oggetti dei progettisti sono stati riposti nelle loro confezioni originarie e le tavole sono state organizzate in pacchi da 12 ciascuno nel caso delle Opere selezionate e in un pacco unico per i Progetti di ricerca, successivamente ricoperti di pluriball. Dalla sala di Mauro Bubbico sono state smontate le cornici dalle pareti, dalle quali sono stati tolti i poster per riporli nella loro scatola e anche le cornici stesse sono state riconfezionate. Le illustrazioni Van Gogh Room sono state raccolte e conservate in una busta di carta e i volumi sono stati suddivisi in quattro scatole, così come sono stati ricevuti. I 66 poster richiesti dal maestro ai suoi studenti sono stati conservati in tre pacchi da 22 ciascuno e ricoperti di pluriball, così come le tavole con le didascalie dei progetti e i biglietti che invitavano a non toccare le opere esposte. Mentre alcune squadre si sono occupate di conservare i materiali esposti in mostra e trasferirli al Print Club, gli altri volontari hanno gestito lo smontaggio degli espositori e dei pannelli divisori in legno. Dopo aver liberato e pulito le sale che sono state adoperate per la mostra, il secondo e ultimo giorno di disallestimento, il 13 ottobre, la fase finale è stata l’organizzazione di tutto ciò che è stato raccolto nel magazzino del Print Club, insieme ai materiali del resto del festival, tra cui merchandising, cataloghi, tavole di visual e informativa Covid-19, teli, etc. Ad ogni pacco è stato associato e scritto sulla confezione un breve codice per poi catalogare il tutto in un file Excel ordinato per posizionamento nella stanza e per contenuto delle confezioni.

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02.08 – Disallestimento


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 274 – Catalogazione materiali per disallestimento

02.08 – Disallestimento

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Open call Graphic Days® (2020). Singolare Plurale. Il “Regionalismo Critico” nei percorsi visivi dagli archetipi del territorio al legame contemporaneo con la comunità. Graphic Days®.

1

Graphic Days®, grazie al proprio ruolo di osservatorio permanente sul visual design, trasforma la mostra Singolare Plurale in un progetto dinamico e partecipativo che raccoglie e seleziona le candidature spontanee relative ai lavori più interessanti dedicati al tema del Regionalismo Critico, analizzato dal punto di vista della comunicazione visiva. Fin dalla sua nascita, infatti, l’organizzazione del festival ha promosso i principi dell’inclusione e dello scambio continuo con la rete di riferimento e oggi, alla quinta edizione della manifestazione, persegue questi stessi principi annunciando il lancio di una call permanente che inviterà artisti, progettisti e designer a candidare i loro progetti di ricerca inerenti all’indagine del linguaggio visivo in diversi contesti storici e sociali. 1 I progetti selezionati verranno pubblicati sul sito e potranno trasformarsi in mostre itineranti aperte al grande pubblico, nell’ottica di un dialogo continuo con la community e con la società nel suo complesso. Le open call sono un ottimo modo per suscitare interesse nella mostra, in quanto tendono a generare entusiasmo e a collegarla ulteriormente con la comunità locale, inoltre possono anche essere un ottimo modo di scoprire e presentare nuovi talenti. Per ottenere un maggior numero possibile di progetti proposti e quindi avere più possibilità di scelta tra questi, la promozione della call risulta fondamentale.

318

02.09 – Open call


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

I canali scelti dal team dei Graphic Days® per pubblicizzare la call permanente di Singolare Plurale sono: ◊ Instagram: il profilo Graphic Days® ha pubblicato un post per informare i followers della call; ◊ Facebook: il profilo Graphic Days® ha postato il link di un articolo di Frizzifrizzi sulla call e sulla mostra; ◊ Comunicato stampa per promuovere la call in modo ufficiale; ◊ Pubblicizzazione da parte degli sponsor, tra cui Mauro Bubbico e Giorgio Camuffo. Inoltre verranno contattati tutti i progettisti che sono stati studenti di Mauro Bubbico e che hanno inviato la loro tesi e/o i loro poster in occasione di Graphic Days® Transitions.

Img 275 – Sito Graphic Days® Transitions

02.09 – Open call

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02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PRO

Il sito web La open call permanente Singolare Plurale si trova in prima pagina sul sito dei Graphic Days®, indirizzando a due sezioni differenti: ◊ Scopri il progetto, sezione suddivisa in una parte introduttiva di descrizione in cui vengono spiegati l’intento della call, il tema e i requisiti di partecipazione e in una parte di archivio dei progetti già presentati, organizzata così come il percorso espositivo dei Graphic Days®, ovvero Mauro Bubbico, Opere selezionate, e Progetti di ricerca. Nella pagina dedicata a Mauro Bubbico vengono spiegati i progetti esposti del maestro. Nelle pagine delle Opere Selezionate e dei Progetti di ricerca è possibile visualizzare i progettisti che hanno partecipato tutti insieme oppure per categoria (artigianato, graphic design, editoria, tessile, digital) e passando il puntatore sul nome del progettista si evidenzia la regione di riferimento nella carta dell’Italia suddivisa per regioni posta lateralmente nella pagina. Inoltre, in questa sezione è possibile scaricare il regolamento completo della call e raggiungere la pagina tramite cui candidare il progetto; ◊ Candida il tuo progetto, sezione tramite cui è possibile compilare un form con le informazioni sul proprio progetto e inviarlo.

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02.09 – Open call


OGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE – 02 – FASE PROGETTUALE

Img 276 – Sito Graphic Days® Transitions

Img 277 – Sito Graphic Days® Transitions

Img 278 – Sito Graphic Days® Transitions

Img 279 – Sito Graphic Days® Transitions

02.09 – Open call

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PAGINE 324 – 409

03–

Scenari futuri


03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI –

Il capitolo vuole analizzare i possibili sviluppi di Singolare Plurale nel prossimo futuro e proporre degli spunti progettuali, tenendo conto sia dell’attuale situazione globale sia degli obiettivi prefissati dal team di lavoro. In primis si è ragionato sul concetto di mostra virtuale (03.01). L’accento è stato posto sul confronto fra l’esibizione tradizionale e i nuovi modi di fruire e comunicare l’arte e la cultura, capaci di riconfigurare

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03.00 – Introduzione


– 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI

completamente un percorso espositivo e darne nuove interpretazioni. Il secondo possibile scenario futuro che Singolare Plurale potrebbe intraprendere nell’avvenire riguarda l’itinerarità della mostra (03.02), con l’obiettivo di portare il Regionalismo Critico visuale ad un pubblico più ampio: sono state analizzate le caratteristiche e gli obiettivi delle mostre itineranti.

03.00 – Introduzione

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03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI –

Mostra virtuale Chee Khoon, L., & Ramaiah, C. K. (2008). An Overview of Online Exhibitions. DESIDOC Journal of Library and Information Technology, 28(4), 7–21.

1

I Graphic Days Torino su Google Arts & Culture (2020). Via www.frizzifrizzi.it

2

Concas, A. (2020). L’arte post Coronavirus. Ripartire con il digitale: le strategie per i professionisti dell’arte. Edizioni Piemme.

3

In questa era, definita digitale, i progressi tecnologici stanno rapidamente cambiando l’ambiente in cui viviamo. L’impatto della tecnologia può essere percepito in molti settori, tra i quali quello culturale, che svolge un ruolo vitale come collegamento tra l’arte e il pubblico in generale, sia da un punto di vista educativo che sociale e ricreativo. 1 Per quanto riguarda il caso particolare dell’Italia, è un paese che racchiude al suo interno un ragguardevole patrimonio storico, artistico e culturale, che ha portato alla formazione progressiva di una coscienza civile, di un sentimento di protezione e custodia di esso. In questo senso si sente la necessità di dare vita ai musei virtuali, utilizzando apparecchiature sempre più sofisticate, sia per conservare che per diffondere questa cultura in tutto il resto del mondo. Infatti negli eventi culturali, nei musei o nelle mostre, i collegamenti video possono essere intesi come pannelli che rimandano immagini delle opere, dell’autore o degli autori coinvolti nell’evento. Spesso sono coadiuvate da musica ed effetti sonori, creati per l’occasione o raccolti tra gli esistenti, che creano una particolare e studiata atmosfera e favoriscono l’immersione dell’utente nell’ambiente. I Graphic Days® si sono già mossi nel mondo del virtuale a partire dal 2019, stringendo un accordo di collaborazione con la piattaforma Google Arts & Culture. Infatti, la quarta e la quinta edizione del festival sono state rese disponibili a tutti gratuitamente, nell’ottica di coinvolgere un pubblico più trasversale possibile. 2

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03.01 – Mostra virtuale


– 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI

Google Arts & Culture consiste in una raccolta online di immagini in alta risoluzione di opere d’arte esposte in vari musei in tutto il mondo e permette di visitare virtualmente le gallerie in cui esse sono esposte. Il progetto è stato lanciato nel 2011 da Google, ed include opere presenti presso la Tate Gallery di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, gli Uffizi di Firenze e i Musei Capitolini di Roma. Dall’avvento del Covid-19, che ha causato la chiusura della maggior parte delle tradizionali vie di fruizione dell’arte, la tecnologia è diventata sempre più diffusa non solo come mezzo di creazione, ma anche come strumento di condivisione ed esplorazione. Le visite museali virtuali si stanno concretizzando come una nuova frontiera per molti degli attori coinvolti ed essendo un territorio per molti versi in gran parte inesplorato ne derivano diverse sfide ma anche possibilità. Le istituzioni culturali stanno cercando di simulare non solo l’esperienza di vedere l’arte, ma anche il senso di attivismo e di appartenenza che possono coltivare nelle loro comunità attraverso diverse attività ed iniziative virtuali. 3

Img 280 – Graphic Days® Transitions su Google Arts&Culture

03.01 – Mostra virtuale

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03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI –

Caso studio

Spazio espositivo RIBA Space Popular

Img 281 – Spazio espositivo RIBA

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03.01 – Mostra virtuale


– 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI

Lo spazio espositivo fisico del RIBA (Royal Institute of British Architects), che ospita modelli su larga scala di edifici britannici con l’intento di rappresentare la trasformazione degli stili storici nel tempo, è diventato anche uno spazio virtuale. All’inaugurazione i visitatori sono apparsi come avatar - che hanno preso la forma di panda arancioni - e hanno avuto la possibilità di svolgere una visita guidata. Tutto ciò che serve per accedere alla galleria è un computer e una connessione a internet, ma la potenzialità della mostra è che può essere vissuta come esperienza sociale: i video della mostra possono essere guardati insieme comodamente da casa propria.

Img 282 – Spazio espositivo RIBA

03.01 – Mostra virtuale

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Img 283 – Spazio espositivo RIBA



03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI –

Caso studio

Virtual Online Museum of Art Stuart Semple

Img 284 – VOMA, esterno

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03.01 – Mostra virtuale


– 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI

Il Virtual Online Museum of Art, considerato il primo museo virtuale al mondo, si distingue come destinazione in sé e per sé e non come riproduzione di una galleria d’arte fisica. Il VOMA prende le opere in prestito da istituzioni di tutto il mondo per ospitare mostre d’arte contemporanea. Diretto dall’artista e curatore britannico Stuart Semple, VOMA è il risultato di un team multidisciplinare che si è ispirato soprattutto agli architetti giapponesi del dopoguerra, spinti dall’idea di “ricominciare da capo”. L’enfasi è stata quella di basare lo spazio sulla realtà, ad esempio le superfici hanno l’aspetto di superfici reali, e appaiono diverse a seconda del clima e dell’orario virtuali ma l’obiettivo, così come quello degli altri musei online risulta essere la democratizzazione della cultura, aprire l’accesso al maggior numero possibile di persone.

Img 285 – VOMA, interno

03.01 – Mostra virtuale

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Img 286 – VOMA, interno



03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI –

Caso studio

Louvre Abu Dhabi Manuel Rabaté

Img 287 – Louvre Abu Dhabi

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03.01 – Mostra virtuale


– 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI – 03 – SCENARI FUTURI

Un altro notevole esempio di realtà digitale applicato alla cultura è il Louvre Abu Dhabi. Il museo ha lanciato la serie Arte da casa: Storie di connessioni culturali, che approfondisce i punti salienti dell’esposizione con audio e video guide, accompagnate da un pacchetto di attività interattive per bambini. L’applicazione Google Play e Apple del museo ha più di 150 clip audio, inclusi i tour guidati dal curatore, ma la peculiarità è la personalizzazione: si possono salvare le proprie opere preferite in una mini galleria personale prima di una visita futura. È disponibile in arabo, inglese, francese, francese, mandarino, russo, tedesco e hindi.

Img 288 – Louvre Abu Dhabi

03.01 – Mostra virtuale

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Img 289 – Sito web del Louvre Abu Dhabi



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Chee Khoon, L., & Ramaiah, C. K. (2008). An Overview of Online Exhibitions. DESIDOC Journal of Library and Information Technology, 28(4), 7–21.

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Le mostra e le sue tipologie Le mostre consistono nell’esposizione pubblica di prodotti o manufatti di natura artistica. Per eventi culturali si intendono tutte quelle iniziative che hanno a che fare con la cultura: rassegne, manifestazioni, fiere, sagre, festival e concerti, progettati per comunicare ad un pubblico mirato una qualche forma di informazione, prodotti o servizi. I visitatori partecipano agli eventi culturali per ricevere nuovi stimoli, per incontrare nuove persone o anche soltanto come forma di intrattenimento. Da un punto di vista tecnologico, le mostre si dividono in mostre fisiche e mostre online. Le mostre fisiche si trovano nei musei e negli spazi espositivi fisici tradizionali, in cui la linea di comunicazione è diretta tra curatore e visitatori. Questo tipo di manifestazioni culturali è stato ed è attualmente una fonte di informazione tradizionale che espone in spazi architettonici accuratamente progettati per i fruitori. Gli aspetti da tenere in considerazione includono i confini internazionali, le procedure per la circolazione delle opere d’arte, la progettazione degli spazi espositivi, i contratti di prestito, le polizze assicurative, i lavori di conservazione, i tempi di trasporto delle opere d’arte, gli orari fissi di funzionamento e il numero di visitatori che possono essere gestiti contemporaneamente. I musei fisici scelgono i manufatti culturali da esporre in modo tale da incorporare le narrazioni di storia, natura, tecnologia, cultura e scienza. Una delle più importanti affermazioni visibili che i musei fanno è la selezione, l’etichettatura e la disposizione fisica dei singoli oggetti e di intere collezioni. Inoltre, permettono un’esperienza che coinvolge tutti i sensi relativamente ai manufatti esposti. Le persone visitano i musei d’arte per curiosità, per esplorare e comprendere nuovi aspetti del mondo, ma anche per trascorrere il tempo in modo utile e socializzare.

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Il passaggio dalla forma fisica a quella virtuale della mostra non è un fenomeno nuovo. Molto prima che i termini “interattivo” e “multimediale” diventassero parole d’ordine negli anni Novanta, i musei presentavano ai visitatori mostre e display multimediali, incoraggiando l’interazione tra il visitatore e il pubblico. È stato riconosciuto che installazioni interattive e tecnologiche garantiscono un maggior grado di partecipazione e coinvolgimento nell’esperienza di apprendimento. Le postazioni multimediali, sia con tastiera che touch screen, all’interno di uno spazio espositivo fisico, vengono progettate specificamente per l’accesso del pubblico: possono essere autonomi o appartenere a un sistema informatico più grande e le informazioni sono presentate in varie forme, ad esempio testi, immagini, animazioni, suoni e video. Queste installazioni interattive presentano una ricchezza di informazioni in modo interessante e facile da usare, dando vita a testi altrimenti percepiti come noiosi. In molte mostre sono utilizzate per completare le esposizioni fisiche, offrendo un’esperienza alternativa e maggiormente proattiva per il visitatore. Alcune criticità riguardo queste postazioni sono la staticità, l’utente deve comunque camminare fino ad essere per accedere alla sua base informativa, e il fatto che la loro accessibilità è limitata dagli orari di funzionamento dell’edificio in cui si trovano.

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Le persone visitano i musei d’arte per curiosità, per esplorare e comprendere nuovi aspetti del mondo, ma anche per trascorrere il tempo in modo utile e socializzare. 4

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Chee Khoon, L., & Ramaiah, C. K. (2008). An Overview of Online Exhibitions. DESIDOC Journal of Library and Information Technology, 28(4), 7–21.

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Un’altra innovazione che ha aggiunto un’esperienza multimediale alle esposizioni fisiche è rappresentata dai museum wearables, dei dispositivi per raccontare le opere e dare informazioni in tempo reale, tramite cui il visitatore può selezionare i contenuti da ascoltare o visionare da un ampio database di filmati, audio e animazioni disponibili. Questi dispositivi offrono un nuovo tipo di intrattenimento e di esperienza di museo informativo, simile a cinema immersivo mobile, che permette di aumentare la percezione/memoria/esperienza della mostra. Sebbene i prodotti indossabili dai musei non siano in grado di soddisfare un ampio gruppo di utenti, hanno comunque spianato la strada a futuri sviluppi nelle esposizioni museali online. Le mostre online, a loro volta, sono suddivise in ulteriori tipi in base alle tecnologie utilizzate: siti vetrina e dirette social, VE, AR e MR. 5

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Img 290 – Schermi interattivi al Museum of Applied Arts and Sciences, Sydney

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Carobene A., Realtà virtuale - Approfondimento, via www.treccani.it

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Siti vetrina

I siti vetrina sono dei portali a pagamento mensile o ad acquisto singolo che presentano mostre e tour virtuali, vetrine espositive e magazine per collezionisti, artisti, galleristi e appassionati. Presentare una mostra su questo tipo di siti può essere sinonimo di prestigio e permette di trovare un pubblico già targettizzato.

Dirette online Anche se non rientrano nella categoria delle vere e proprie mostre online, le dirette meritano una citazione in quanto nuova modalità digitale di fruire l’arte. L’organizzazione di spettacoli, interviste, sessioni di domande e risposte in diretta sui vari social è di forte interesse e coinvolgimento per la community e rafforza la partecipazione alla comunicazione.

Mostre in VE

La virtual exhibition, spesso abbreviata in VE, è una raccolta dinamica ipertestuale online e dedicata ad un tema, un argomento, un concetto o un’idea specifica. Le mostre virtuali sono dinamiche, poiché spesso subiscono un continuo cambiamento in termini di design, attività e contenuti, compreso l’incoraggiamento agli utenti a contribuire con suggerimenti e interventi. È una tecnologia particolarmente sfruttata da musei e archivi per rendere fruibili le loro collezioni ai visitatori sul web, basata sulla realtà virtuale. Il primo dispositivo che possa essere considerato di realtà virtuale è stato l’Aspen Movie Map realizzato sotto forma di software dal MIT nel 1977. Il principale scopo di questo simulatore era ricreare virtualmente Aspen, cittadina del Colorado; agli utenti era concesso di camminare per le vie in modalità estate, inverno e in modalità poligonale. Ma la prima intuizione di VR è stata quella di Morton Heilig, che già dalla metà del XX secolo, parlò del cosiddetto “cinema esperienza” (Experience Theater). Heilig costruì un prototipo che funziona ancora oggi, chiamato Sensorama, nel 1962, insieme a cinque film che questo apparecchio proiettava e che coinvolgevano

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più sensi (vista, udito, olfatto, tatto). Anche se la nascita del termine VR, Virtual Reality, risale al 1989, anno in cui Jaron Lanier, uno dei pionieri in questo campo, fondò la VPL Research (Virtual Programming Languages, “linguaggi di programmazione virtuale”). 6 Mostre virtuali ben progettate possono essere importanti estensioni o sostituzioni delle mostre fisiche, permettendo da un lato, la scoperta, l’apprendimento e altre opportunità al di là di ciò che le mostre fisiche possono offrire, ad esempio scavare oltre le opere d’arte e spiegarne il processo creativo, o magari “incontrare l’artista” portando la ricchezza e la comprensione di un pezzo ad un livello completamente nuovo; dall’altro in un’ottica di democratizzazione, i musei potranno essere visitati da tutti e gratuitamente, a proprio piacimento e nel proprio fuso orario. Dal punto di vista tecnologico, la VE è una simulazione di un luogo esistente, di solito composto da una sequenza di video o immagini fisse oppure immagini panoramiche o 3D e può inoltre utilizzare anche altri elementi multimediali come gli effetti sonori, musica, narrazione, e testo. Tutte le mostre virtuali sono mostre online, ma non viceversa: le mostre virtuali forniscono un ambiente reale simulato utilizzando strumenti di realtà virtuale, tecnologia più difficile, costosa e lunga da sviluppare rispetto a una semplice mostra online sotto forma di archivio di immagini, video, testi e suoni. Gli artefatti originali sono catturati digitalmente ed elaborati in oggetti 2D o 3D, e tramite collegamenti ipertestuali viene consentita una non linearità o la multi-linearità della visita, a scelta degli utenti. Da queste immagini 2D o 3D è possibile ottenere un’animazione 3D, comunemente usata per mostrare oggetti e ambienti virtuali in modalità interattiva. La VR può essere divisa in due tipi: ◊ La simulazione di un ambiente reale per la formazione e l’istruzione; ◊ Lo sviluppo di un ambiente immaginato per un gioco o una storia interattiva.

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Chertoff, D. B., Schatz, S., Mcdaniel, R., & Bowers, C. A. (2008). Improving Presence Theory Through Experiential Design. Presence Teleoperators & Virtual Environments, 17(4), 405–413.

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Il Virtual Reality Modelling Language (VRML) consente al creatore di specificare le immagini e le regole per la loro visualizzazione e interazione utilizzando dichiarazioni in linguaggio testuale. Al giorno d’oggi questi strumenti vengono utilizzati per lo sviluppo di mostre virtuali in biblioteche, musei, archivi, mostre industriali di ogni tipo e mostre virtuali per il marketing, la formazione, la ricerca, etc. Nell’esibizione virtuale i visitatori possono vivere l’esperienza in modo immersivo, coinvolgendo tutti i sensi: il sistema visivo, il sistema uditivo e anche il sistema muscolare. Si inganna il cervello facendogli credere di essere lì e che sia tutto reale. Dustin Chertoff, ricercatore e autore di Exploring Additional Factors of Presence (Esplorare ulteriori fattori di presenza) nel 2009, ha definito le dimensioni esperienziali da tenere in considerazione quando si progetta un ambiente virtuale: ◊ La dimensione sensoriale comprende tutti gli input sensoriali visivi, auditivi, tattili e così via - così come la percezione di questi stimoli, le diverse rappresentazioni del corpo virtuale e le componenti ambientali virtuali che aiutano a trasportarti in un altro mondo e ingannano il tuo sistema percettivo facendoti credere di essere in un altro mondo; ◊ La dimensione affettiva si riferisce allo stato emotivo di un partecipante e può essere collegata al grado in cui le emozioni di una persona nell’ambiente simulato imitano accuratamente il suo stato emotivo nella stessa situazione del mondo reale; ◊ La dimensione cognitiva comprende tutto l’impegno mentale di un’esperienza, come l’anticipazione dei risultati e la risoluzione dei misteri. I game designer lo definiscono attrito mentale, e se non c’è qualcosa in un’esperienza che stimoli la mente si rischia di annoiarsi;

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La dimensione relazionale è composta dagli aspetti sociali di un’esperienza e può essere resa operativa come co-esperienza - creando e rafforzando il significato attraverso esperienze collaborative. Le esperienze che vengono create o rafforzate socialmente sono di solito più forti delle esperienze individuali e permettono agli individui di sviluppare ulteriormente narrazioni personali e memorabili; La dimensione attiva corrisponde al grado in cui si può esprimere l’impegno fisico attraverso l’azione all’interno dell’esperienza.

Il ricercatore riassume la definizione di “esperienza” dicendo che si tratta di “qualcosa che può essere articolato, nominato e schematizzato nella memoria di una persona”, poiché le esperienze profondamente coinvolgenti formano ricordi più forti e rendono più facile memorizzare nuove informazioni. Chertoff dice: “I design esperienziali hanno successo quando incoraggiano le persone a creare connessioni emotive e sociali significative narrazioni personali che coinvolgono ricordi episodici e associazioni positive con gli artefatti di quell’esperienza”. 7

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Chee Khoon, L., & Ramaiah, C. K. (2008). An Overview of Online Exhibitions. DESIDOC Journal of Library and Information Technology, 28(4), 7–21.

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Mostre in AR

La AR, o realtà aumentata, estende i sistemi VR con l’elaborazione video e le tecniche di visione artificiale, permettendo la visione di scene reali arricchite, oltre che da oggetti, anche da grafica, suoni, feedback tattili e olfattivi. Le AR, che fondamentalmente prendono un’immagine esistente e vi fondono nuove informazioni, vengono elaborate in programmi AR 3D come D’Fusion, Unifye Viewer o FLARToolKit. Oggigiorno, sia i videogiochi che i cellulari, ad esempio gli iPhone, stanno guidando lo sviluppo della realtà aumentata, ma viene utilizzata anche per creare applicazioni educative che collegano il mondo digitale e quello reale. Con le tecnologie e le applicazioni mobili di AR, i musei possono estendere l’accesso alle loro risorse ai visitatori oltre i confini fisici per coinvolgerli ulteriormente nell’apprendimento basato sulla scoperta. Infatti, adoperando schermi video che supportano la tecnologia, la stanza stessa può contenere l’ambiente virtuale, poiché l’illusione di essere all’interno di un altro spazio può essere ottenuta attraverso l’olografia. Sia i dispositivi VR montati sul corpo che gli ambienti immersivi appartengono alla stessa categoria generale di interfacce note come sistemi di cyberspazio.

Mostre in MR

La mixed reality, o MR, consiste nella fusione di mondo reale e virtuale per produrre nuovi ambienti e visualizzazioni in cui gli oggetti fisici e digitali coesistono e interagiscono in tempo reale. Gli ambienti MR sono quelli in cui gli oggetti del mondo reale e quelli del mondo virtuale sono fusi insieme su un unico display, in un mix di sviluppo integrato di realtà reale, AR e media interattivi, consentendo ad una persona di interagire con il mondo reale in modi mai prima d’ora possibili, tramite l’aggiunta di un reale effetto sensoriale al nuovo ambiente.

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Le interfacce MR per singolo utente sono state sviluppate per l’istruzione assistita dal computer, la produzione e la visualizzazione medica e ora si applicano anche alle mostre virtuali. Attualmente sono utilizzate in Huret & Spector Gallery (Boston), Turbulence. org, e Ars Virtua (Second Life, che è un ambiente virtuale in 3D attraverso il quale le persone possono interagire in tempo reale attraverso un sé virtuale o un avatar). 8

Img 291 – Esempio di MR, Uriel Soberanes, 2018

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Kodand Ramaiah, C. (2014). Trends in Online Exhibitions. DESIDOC Journal of Library & Information Technology, 34(2), 83–86.

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Tecnologie utilizzate Al giorno d’oggi, le mostre virtuali/digitali più sofisticate fanno un uso completo degli strumenti concettuali, strumentali e linguistici forniti da diverse nuove tecnologie e ne sfruttano appieno il potenziale. Alcuni dei sistemi più popolari utilizzati per lo sviluppo di mostre online/virtuali, tra cui ViEx System, Norfolk System, XMP-CMS e ARCO, hanno una caratteristica comune: facilitano lo sviluppo di più versioni della stessa mostra in contesti diversi, separando contenuti e presentazione. Allo stesso modo, i sistemi di gestione delle collezioni dei curatori museali, tra cui il Sistema Musei, KE EMu, MultiMimsy, e per i musei più piccoli, ‘PastPerfect’ sono disponibili sul mercato. Recentemente, sono entrati in campo sistemi open source come: ◊ CollectionSpace per i musei; ◊ Omeka per la costruzione di collezioni e mostre per la comunità con il Web 2.0; ◊ OpenCollection per gestire grandi collezioni digitali e mostre in musei, archivi e biblioteche; ◊ 3D (Discovery and Delivery of Digital collections) è uno strumento espositivo per le biblioteche; ◊ Viewshare è per generare mappe interattive, linee temporali, sfaccettature e tag cloud nelle biblioteche; ◊ Blacklight fornisce diversi display di informazioni per diversi tipi di oggetti; ◊ Esposizione 3. 0 è un framework per la pubblicazione di mostre interattive su larga scala sul web ricche di dati. Per quanto riguarda le mostre virtuali, le tecnologie attualmente disponibili o in fase di ricerca sono: ◊ Open Cobalt è per la costruzione, l’accesso e la condivisione di mondi virtuali sia su LAN che su internet; ◊ Google ha aperto un laboratorio a Parigi e sta sperimentando scanner 3D, telecamere ad altissima risoluzione e schermi interattivi per vedere come queste tecnologie possano essere utili nelle

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esposizioni museali e come possano aiutare a migliorare le presentazioni online di artefatti culturali. Inoltre, ha presentato Open Gallery tool, uno strumento molto più avanzato dei sistemi esistenti per la progettazione di mostre online; Kunstmatrix.com, con sede a Berlino, offre una serie di sale espositive virtuali in 3D che gli utenti possono personalizzare e riempire con le loro opere d’arte. Sono disponibili diverse opzioni curatoriali, come la selezione dei colori delle pareti e la disposizione delle sale, e il servizio è gratuito. Gli spettatori possono navigare attraverso le diverse mostre in modo semplice ed efficace e le informazioni vengono pubblicate per guidare gli utenti e i potenziali acquirenti verso gli artisti e i collettivi. 9

Img 292 – VOMA, interni

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Foo, S. (2008). Online Virtual Exhibitions: Concepts and Design Considerations. DESIDOC Journal of Library & Information Technology, 22–34.

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Considerazioni critiche Le mostre fisiche presentano diverse criticità, che risiedono prevalentemente nelle loro dimensioni e nella loro massa, risolvibili progettando una mostra online. Sebbene nel caso delle mostre itineranti abbiano un certo grado di mobilità, si trovano per la maggior parte del tempo in un luogo fisso, il che limita la portata demografica del loro pubblico di riferimento, mentre le mostre online permettono di ampliare la portata dei visitatori, poiché possono essere viste anche da quelle persone che non possono visitare il museo fisicamente. Inoltre, la presenza fisica comporta un grande sforzo per implementare le idee, di conseguenza ogni iniziativa deve essere pianificata in anticipo e soffre di molte limitazioni in termini di spazio e costi di gestione, tra i quali quelli per mantenere opere di grande valore, problematica che non si riscontra nelle mostre online poiché i manufatti non vengono usurati dall’esposizione fisica; ma anche la realizzazione di un ambiente virtuale è costosa e richiede molto tempo. Da un punto di vista contenutistico, lo spazio espositivo fisico non può mai fornire tante informazioni e in tempo reale come uno spazio virtuale su Internet, ed è aperto al pubblico solo in determinate ore del giorno. I visitatori, inoltre, devono visitare fisicamente i musei e nella maggior parte dei casi anche a pagamento. Mentre, per quanto riguarda le mostre online, permettono una democratizzazione della cultura attraverso la diffusione gratuita sul web delle informazioni, che possono essere sfruttati anche per l’insegnamento e l’apprendimento, stimolando e arricchendo l’esperienza degli studenti, che possono usufruire dei contenuti per compiti o progetti di lavoro in una varietà di modi e forme e ad un loro ritmo, senza essere limitati dai tempi del programma scolastico. I visitatori possono selezionare il livello di informazione che desiderano consultare, offrendo così qualcosa al pubblico di tutte le età ed esperienze e possano collegarsi a informazioni rilevanti e complementari disponibili su altri siti web.

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Nonostante l’attrattiva e il grande potenziale delle mostre online, ci sono una serie di svantaggi in termini di esperienza del visitatore: non consentono una vera e propria manipolazione pratica ed esperienziale delle opere, poiché gli oggetti, i tessuti, i dettagli, la massa e il colore esatto possono essere difficilmente tradotti fedelmente sul web. Le rappresentazioni statiche non sono efficaci per riprodurre una visita reale ad un museo ed è quasi impossibile trasmettere il calore di un oggetto che puoi tenere in mano, osservare, toccare ma anche conoscerne i suoni e gli odori; così come la socialità che scaturisce da un evento fisico non è paragonabile ad una chat condivisa di una piattaforma online. In aggiunta, l’esperienza sul web è fortemente influenzata dalla velocità di connessione a Internet: gli utenti con una connessione lenta non avranno una visita piacevole, soprattutto se il sito contiene risorse ricche di media che richiedono tempo per essere scaricate e visualizzate. In ultima analisi, si può affermare che le mostre online sono tendenzialmente più funzionali, poiché rappresentano una soluzione pratica ed economica ai limiti delle mostre fisiche. Come già descritto nel paragrafo precedente, non sono limitate nel tempo, nella distanza e nello spazio; i costi di manutenzione e di affitto degli spazi di allestimento sono più contenuti; offrono anche una migliore flessibilità, incoraggiano la sperimentazione e il dinamismo rispetto alle loro controparti fisiche. 9 Visitare una mostra di persona, tuttavia, garantisce un’esperienza unica e con più probabilità memorabile grazie alla forte componente emozionale. Questa, assente nelle virtual exhibition, si crea dall’insieme delle dimensioni sensoriali, sociali e cognitive stimolate dalla visione di un’opera d’arte in un determinato luogo e momento della propria vita, in compagnia di persone care o anche in solitudine, che reticolano una serie di percezioni e memorie singolari e irripetibili.

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Proposte progettuali Le seguenti proposte sono state sviluppate tenendo conto di una serie di linee guida differenti combinate tra loro per creare tre concept adatti a molteplici situazioni. La prima linea guida che si è tenuta in considerazione è l’obiettivo dei Graphic Days® di coinvolgere la più ampia fetta di pubblico possibile, per far entrare il design nella vita dei “non addetti del settore”. In questo senso i concept sono stati pensati di facile fruizione e in modo da raggiungere utenti di tutte le età. Vista la limitazione sensoriale delle esperienze online, questi sono stati basati sull’interattività, punto di forza delle piattaforme virtuali, e di conseguenza su una fruizione dell’arte come intrattenimento e divertimento. L’ultima linea guida considerata è la valorizzazione massima delle opere esposte, che, grazie alle potenzialità della virtual reality, possono essere proposte e lette con modalità innovative e più funzionali rispetto alle mostre fisiche.

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Img 293 – Proposte progettuali

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Proposte progettuali

Archivio digitale La prima proposta è la più semplice delle tre, in quanto si tratta di un sito web in cui le opere vengono esposte in uno spazio virtuale, senza architettura, sotto forma di archivio. In un’ottica di valorizzazione massima delle opere e di UX adatta anche a chi non è esperto nell’uso di piattaforme digitali, l’esposizione è chiara e priva di decorazioni, il che permette di focalizzarsi sul contenuto e sul suo significato. Il sito, che si raggiunge dalla pagina Singolare Plurale dei Graphic Days®, presenta una landing page con il nome Singolare Plurale, le tre sezioni dell’esposizione cliccabili e in fondo alla pagina le informazioni, tra cui indirizzi email, social, etc. Le sezioni Opere selezionate e Progetti di ricerca presentano le anteprime dei progetti in 3D che ruotano su uno sfondo grigio. Ogni opera può essere espansa per visualizzare la descrizione, foto, video, un’audioguida ma anche interviste agli autori e i loro profili social e siti web, con

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l’obiettivo di umanizzare i progetti e creare un’empatia con i progettisti. È possibile filtrare le opere per regione, per tipologia o per tematica tramite un menù a discesa sotto la navbar. La difficoltà di questo concept risiede nella preparazione dei contenuti per il sito web: è necessario filmare ogni opera in una stanza bianca e saper usare i software di editing video per poter creare le anteprime 3D che ruotano. Le criticità riguardano l’engagement, che è meno elevato rispetto agli altri tipi di mostre virtuali e fisiche, più immersive, e di conseguenza l’esperienza dell’utente è meno coinvolgente e sensoriale. Inoltre, la proposta è simile all’archivio già presente sul sito Graphic Days®, sebbene la UX sia potenziata, grazie alla maggiore quantità di contenuti e alla rappresentazione a 360° delle opere.

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Img 294 – Archivio digitale

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Img 295 – Archivio digitale, Homepage

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Img 296 – Archivio digitale, Homepage

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Img 297 – Archivio digitale, Progetti

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Img 298 – Archivio digitale, Selezione progetto

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Img 299– Archivio digitale, Schermata del progetto

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Img 300 – Archivio digitale, Schermata del progetto

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Proposte progettuali

Tour virtuale La seconda proposta consiste nella realizzazione di un’architettura virtuale visitabile in cui esporre le opere. In questo caso si è posto l’accento sull’interattività della visita, poiché si può fruire dello spazio espositivo come in una mostra fisica, ad esempio camminando per le stanze e girando intorno alle opere; e vista la natura innovativa e sociale della piattaforma, diventa, oltre che una visita culturale, anche una forma di intrattenimento e divertimento. La landing page della mostra virtuale, raggiungibile da un link nella pagina Singolare Plurale del sito Graphic Days®, contiene una navbar con il nome Singolare Plurale, un video di anteprima con il bottone per iniziare la visita e in fondo alla pagina le informazioni (indirizzi email, social, etc.). Dopo aver cliccato “Visita” si è indirizzati ad una pagina in cui si apre una finestra pop-up con le istruzioni per l’utilizzo della piattaforma. Chiusa la finestra pop-up si visualizza l’ingresso dell’edificio virtuale, in cui è possibile entrare muovendosi con le frecce. Lo spazio espositivo è diviso in tre piani, uno per sezione. Ogni piano presenta le opere esposte a muro o su dei tavoli espositori. Accanto ad ogni opera c’è un pulsante “i”, tramite cui è possibile accedere ad una finestra pop-up con le informazioni sull’opera, foto, video e sito web e social degli autori.

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La pagina web è caratterizzata da una navbar in cui ci sono dei pulsanti per visualizzare la chat, la mappa dell’edificio virtualee per impostare la vista full screen. Inoltre, all’interno della piattaforma è possibile vedere gli altri visitatori, ognuno con un avatar pre-impostato, e tramite una casella di chat è possibile condividere la propria opinione sulla visita come nei guestbook delle mostre fisiche. La difficoltà del progetto risiede nella realizzazione di un mondo virtuale e nella riproduzione digitale delle opere. L’architettura virtuale può essere realizzata riproducendo lo spazio espositivo reale del Toolbox, ma anche inventandolo da zero per non avere alcuna limitazione fisica e adattare, modificare e ampliare nel tempo gli allestimenti in base alle necessità espositive delle opere. Per motivazioni progettuali i render rappresentati sono stati realizzati seguendo la seconda opzione, ovvero l’ideazione di una nuova galleria espositiva immaginaria. Rispetto alla proposta precedente, una piattaforma di questo genere richiede una connessione ad internet stabile e veloce, quindi potrebbe risultare lenta su alcuni dispositivi.

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Vista la particolarità dell’esposizione, un’altra criticità potrebbe essere che i progetti in mostra non siano l’unica attrazione della visita e che il loro contenuto venga posto sullo stesso piano dell’architettura virtuale, e di conseguenza avrebbero meno importanza. Un’ultima criticità potrebbe essere la possibilità di una bassa affordance per quella fascia di pubblico che non ha familiarità con i mondi virtuali e per cui la fruizione potrebbe risultare difficoltosa.

Img 301 – Tour virtuale, macro

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Img 302 – Tour virtuale, Homepage

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Img 303 – Tour virtuale, Istruzioni

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Img 304 – Tour virtuale, Ingresso

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Img 305 – Tour virtuale, Ingresso

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Img 306 – Tour virtuale, Ingresso

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Img 307 – Tour virtuale, Interno

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Img 308 – Tour virtuale, Interno

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Img 309 – Tour virtuale, Schermata del progetto

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Img 310 – Tour virtuale, Chat

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Img 311 – Tour virtuale, Mappa

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Proposte progettuali

App di AR La terza proposta, ideata con l’obiettivo di coinvolgere i più giovani interessati al settore culturale, consiste in un’app interattiva che permette di visitare la mostra da casa propria grazie alla tecnologia AR presente su tutti gli smartphone più recenti. Dal momento che la visita dell’esposizione avviene dallo smartphone, è possibile scattare screenshot e condividerli sui social, in un’ottica di engagement-post fruizione e interazione sociale, linee guida fondamentali per assicurarsi la partecipazione di un pubblico più giovane. La potenzialità principale dell’app è la possibilità, da parte degli utenti, di poter visionare contenuti nuovi man mano che vengono aggiunti all’archivio di Singolare Plurale, senza la necessità di comprare più volte un biglietto o visitare ripetutamente una mostra fisica. L’app, scaricabile grazie ad un link presente sul sito Graphic Days®, si presenta con una homepage di caricamento con il logo

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Singolare Plurale su sfondo grigio. La pagina principale è dotata di un tasto per scegliere tra i tre percorsi (Maestri, Opere selezionate e Progetti di ricerca) e successivamente i progetti sono filtrabili per regione e tipologia e tematica. Tramite questa tecnologia è possibile selezionare il progetto di interesse dall’elenco e visualizzarlo all’interno della propria stanza. Cliccando sul progetto compare una finestra pop-up con le informazioni sull’opera, foto, video e sito web e social degli autori. La difficoltà di realizzazione di questa proposta consiste nel progettare un’app di realtà aumentata per tutti i sistemi operativi degli smartphone e nella riproduzione digitale delle opere, ma che, in questo caso, non necessiterebbero di un allestimento. Le criticità riguardano il poco controllo che si ha sulla condivisione delle fotografie dei progetti e la necessità dell’utente di scaricare un’app per fruire della mostra, azione che non tutti sono disposti a compiere se non fortemente interessati al contenuto.

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Pagina di loading

Homepage con scelta del percorso

Visualizza i progetti della tua regione

Album delle immagini scattate

Opere selezionate

Mauro Bubbico

Progetti di ricerca

Candida il tuo progetto

Scelta del progetto

Visualizza il progetto in AR

Scopri le informazioni sul progetto

Scatta foto e condividile sui social

Tabella 02 – Mappa di fruizione dell’app

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Img 312 – Tour virtuale, Loading page

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Img 313 – Tour virtuale, Homepage

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Img 314 – Tour virtuale, Lista dei progettisti

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Img 315 – Tour virtuale, Filtri

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Img 316– Tour virtuale,, Schermata del progetto

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Img 317 – Tour virtuale, Scansione dell’ambiente

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Img 318 – Tour virtuale, Posizionamento dell’elemento in AR

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Img 319 – Tour virtuale, Galleria

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Img 320 – Tour virtuale, Schermata del progetto

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Img 321 – Tour virtuale, Schermata del progetto

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Img 322 – Tour virtuale, Mappa progetti

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Img 323 – Tour virtuale, Candida il tuo progetto

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Mostra itinerante E. Dellapiana, G. Montanari, Una storia dell’’architettura contemporanea, NovaraUTET Università 2015

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E. Dellapiana, G. Montanari, Una storia dell’’architettura contemporanea, NovaraUTET Università 2015

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Singolare Plurale nasce in un’ottica di sperimentazione di nuove modalità comunicative e di interazione con il pubblico. Ogni aspetto della mostra è stato progettato per renderla unica, con un carattere e soprattutto un’identità chiara e riconoscibile, collegata al contesto Graphic Days® ma allo stesso tempo indipendente. L’obiettivo consiste nel porre le basi per sviluppare un’esibizione itinerante, inaugurata durante l’edizione 2020 ma potenzialmente esportabile a contesti nazionali ed internazionali. La mostra vive di vita propria ed è pensata per essere in continua evoluzione, in una prospettiva dinamica: la call sempre aperta darà la possibilità a nuovi artisti di contribuire a rappresentare il Regionalismo Critico visuale. Così, nel tempo, si potrà creare un campionario di progetti sempre più vasto, caratterizzato e completo, che contribuirà ad arricchire lo scenario del visual design regionale. L’intenzione di rendere la mostra mobile nasce dalla necessità di espandere il pubblico attuale in modo da incrementare la sensibilizzazione sul tema, ma anche di dare maggiore visibilità ai Graphic Days®. Condividere il concetto di Regionalismo Critico visuale in Italia, ma anche nei palcoscenici internazionali, è necessario non solo per la funzione utilitaristica di diffusione della cultura e dell’arte, ma anche, e soprattutto, per riconoscere il merito ai Graphic Days® di aver ideato una “nuova” corrente visuale, frutto di reinterpretazione e ricerca.

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La mostra itinerante e i suoi vantaggi In un contesto museale, le mostre itineranti sono delle esibizioni temporanee che vengono proposte in più luoghi, spostandosi da una sede all’altra. L’intera mostra, di solito con i relativi servizi, tra cui l’assicurazione, la spedizione, lo stoccaggio, la conservazione, il montaggio, l’allestimento, ecc. può essere prestata ad una o più sedi, per consentire al più ampio pubblico possibile - a livello regionale, nazionale o internazionale - di fruire dell’esposizione delle opere selezionate e le storie che queste contengono. Sono spesso sostenute da organizzazioni governative per promuovere l’accesso ai materiali che potrebbero non essere disponibili a livello locale. Per riconoscere l’importanza delle mostre itineranti, nel 1983 il Consiglio Internazionale dei Musei (ICOM) ha istituito il Comitato Internazionale per lo Scambio di Esposizioni (ICEE) come forum per discutere i diversi aspetti dello sviluppo, della circolazione e dello scambio delle mostre. Le mostre itineranti sono di fondamentale importanza per la condivisione di temi e materiali. Il turismo è lo strumento principale per mantenere in vita le esibizioni itineranti, permettendo di realizzare economie di scala e progetti più ambiziosi.

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Singolare Plurale nasce in un’ottica di sperimentazione di nuove modalità comunicative e di interazione con il pubblico.

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E. Dellapiana, G. Montanari, Una storia dell’’architettura contemporanea, NovaraUTET Università 2015

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E. Dellapiana, G. Montanari, Una storia dell’’architettura contemporanea, NovaraUTET Università 2015

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L’obiettivo ultimo è la volontà di trasmettere la conoscenza e promuovere la cultura a un pubblico più vasto possibile. Ogni ente curatore deve essere portatore di nuovi temi su cui riflettere e responsabile del potere sociale della cultura, favorendone la democratizzazione in modo tale che tutti possano arricchire il proprio patrimonio di conoscenze. D’altro canto, le mostre itineranti sono fondamentali per il guadagno economico: gli artefatti che prima facevano parte di una collezione privata o mai esposti, sono riconosciuti come parte di una mostra collettiva con un profilo più autorevole. Questo, oltre ad aumentare drasticamente il prezzo di mercato, fa sì che l’opera assuma valore diventando parte di un contesto con delle caratteristiche comuni e assumendo un’identità propria. Questa tipologia di mostre si basa su delle collaborazioni fra più enti, spesso musei, che possono aumentare l’interesse verso le opere che in un unico museo rischiano di perdere valore, contribuendo a fornire nuove interpretazioni e/o storie più complete. Oltre ciò, permettono alle organizzazioni che possiedono gli spazi espositivi, ma che non hanno collezioni permanenti in attivo, di avere dei vantaggi, dando riconoscibilità sia all’ente organizzatore che quello ospitante. Inoltre, avere più di una sede per la stessa mostra permette all’organizzatore di condividere una parte dei costi di produzione, per cui i musei e le gallerie spesso usano i tour come metodo efficiente per ridurre i costi e promuovere l’accesso alle loro collezioni. La possibilità di esporre una selezione di opere uniche permette agli studiosi di svolgere ricerche su opere che prima risultavano inaccessibili, perché conservate nel magazzino di un museo situato in un luogo fisso o di proprietà di singoli privati. Inoltre, non è raro che le mostre itineranti servano per raccogliere fondi per cause caritatevoli, a prescindere dalla la connessione di essere rispetto al tema della mostra.

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Img 324 – ECAL Graphic Design’ show

Img 325 – REVEAL 2, HKIA at ArtisTree 2016, Vision Plus

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Bröcker B. (2020). How has COVID-19 impacted the travelling exhibition industry?, articolo su www. vastari.com

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L’influenza del Covid-19 sulle mostre itineranti La corrente situazione globale risultante dalla pandemia di Covid-19 sta influenzando negativamente l’industria culturale e del tempo libero. Le politiche di distanziamento sociale fanno sì che sempre meno persone siano coinvolte in attività ricreative, tra cui il settore culturale delle mostre itineranti. Inoltre, dato che quest’anno gli enti che si occupano dell’allestimento possiedono meno fondi, soprattutto nei paesi in cui il governo non ha annunciato finanziamenti per i soccorsi, può essere scoraggiante ospitare una mostra itinerante. Come risultato di questi fenomeni si sono sviluppate varie tendenze: ◊ Le estensioni in termini temporali delle mostre, per recuperare le perdite avvenute durante i periodi di quarantena, nella speranza di un riassestamento della situazione globale nel prossimo futuro. Questa soluzione ha complicato i rapporti fra chi realizza e chi ospita la mostra in merito al rimando dei contratti necessari a stipulare un accordo legalmente valido. Altri enti culturali hanno optato per la chiusura totale, a causa di un’incertezza riguardo gli scenari futuri, con l’intento di limitare eventuali perdite economiche ingenti a cui verrebbero incontro con l’apertura. ◊ Molte istituzioni hanno prediletto l’informalità nei rapporti tra enti: secondo un rapporto eseguito da Vastari, circa il 64% dei musei ha dichiarato che avere dei rapporti più informali nell’organizzazione delle mostre itineranti è stato di grande utilità. La diffusione di questo atteggiamento è giustificata da un senso di empatia e volontà di supporto reciproco, che si traduce in relazioni più trasparenti, sconti o aiuti, fondamentali in questo periodo in cui la scelta ricade su una mostra itinerante anche per risparmiare economicamente. ◊ L’industria culturale sta cercando situazioni digitali, per creare ma anche per esplorare e condividere

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contenuti. La nuova frontiera è rappresentata dalle mostre virtuali: simulazioni delle mostre fisiche ottenute attraverso strumenti multimediali. Queste rappresentano una soluzione inesplorata, che auspica un futuro di risultati e traguardi anche se non esente da difficoltà. Vi è una preoccupazione maggiore per l’impatto ambientale del turismo: la diminuzione dell’inquinamento è stata evidente durante le chiusure del 2020 e si prevede che questi benefici ambientali sperimentati avranno un impatto sul processo decisionale in tutti i settori industriali. Secondo alcune stime, il turismo internazionale dovrebbe diminuire del 60-80% nel 2020. E con il calo del numero di turisti nelle città, gli enti culturali sono sempre più consapevoli della necessità di attrarre visitatori dalle comunità locali. Le mostre itineranti aiutano ad attrarre il pubblico locale creando un certo senso di esclusività, ma gli aspetti logistici del trasportare le opere in un luogo per un breve periodo di tempo causano un enorme impatto ambientale.

In generale, il futuro del settore culturale itinerante è incerto ma ottimista. Le possibilità per realizzare innovazione in questo campo sono molte e lo spirito di adattamento sviluppato da molte organizzazioni in questo periodo sarà una preziosa risorsa per gli scenari futuri.

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Caso studio

Alphapretation Bulgaria Lyudmila Stancheva, Niklas Lankenau

Img 326 – Alphapretation Bulgaria, Lyudmila Stancheva, Niklas Lankenau

Img 327 – Alphapretation Bulgaria, Lyudmila Stancheva, Niklas Lankenau

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La mostra itinerante Alphapretation Bulgaria presenta il paese Bulgaria e il suo alfabeto cirillico al pubblico europeo sotto forma di un “Musée Sentimental”. Non vengono esibiti artefatti fisici, ma storie con un carattere emotivo, tangibile e meglio comprensibile dal visitatore. Alphapretation Bulgaria è una parola di nuova creazione e deriva dalle parole “alfabeto” e “interpretazione”, si tratta quindi di una interpretazione dell’alfabeto cirillico. L’alfabeto, inteso come sistema di caratteri che rappresentano una parola, definisce la struttura della mostra: a ciascuna delle 30 lettere bulgare viene assegnato un termine che descrive la vita quotidiana, i valori o la mentalità della Bulgaria e fornisce quindi la base per storie o aneddoti interessanti sul paese e sulla popolazione. Ogni lettera è poi presa come spunto da 15 giovani artisti e designer bulgari, che hanno sviluppato un’idea progettuale. Gli ospiti sono invitati a interpretare visivamente i legami che

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hanno con il loro paese d’origine dal loro punto di vista personale e soggettivo. Le immagini, superando le barriere linguistiche, consentono al pubblico europeo di interagire con la Bulgaria e i suoi abitanti. La mostra, nel suo percorso attraverso l’Europa, è stata pensata per essere allestita in vari luoghi, il che porta con sé la necessità di un sistema facile da allestire e il più possibile autosufficiente, che non ponga particolari requisiti alle infrastrutture della rispettiva sede espositiva. Una costruzione semplice in metallo piegato, che funge da supporto per i reperti, è un buon compromesso tra semplicità, durabilità e budget ridotto. Attraverso piccole modifiche, il supporto assume un aspetto diverso in base alle esigenze richieste dalla mostra. La struttura viene spostata in una scatola progettata sulle dimensioni base di un euro pallet standardizzato, consentendo un trasporto facile ed economico.

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Caso studio

Ajac Awards Estudio8014

Img 328 – Ajac Awards, Estudio8014

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Ajac Awards è un concorso biennale che premia i migliori progetti architettonici realizzati da architetti under 40 della Catalogna. La progettazione della mostra itinerante, che ha mostrato questi progetti in tutto il territorio catalano per 2 anni, consiste nella composizione di un unico elemento ripetuto 12 volte: un pannello di cartone di 195x160 cm con stampato sopra il logo Ajac XI Awards.

necessari né adesivi né viti e il sistema permette di unire sia 2 pannelli fra loro, ma anche 3 pannelli (con una conformazione a T) e 4 pannelli (con una conformazione a croce). Attraverso un unico elemento ripetuto dodici volte, il sistema permette di creare un numero infinito di combinazioni, facilitandone l’adattamento ai diversi spazi espositivi. La geometria non regolare dei pannelli permette inoltre di realizzare delle configurazioni diagonali che favoriscono una percezione non lineare della mostra.

I pannelli sono realizzati in cartone alveolare spesso 3 cm, un materiale che unisce leggerezza e resistenza, e le giunzioni tra i pannelli sono risolte dall’incastro di alette larghe 10 cm tagliate a forma di “coda di rondine”. Per facilitare il montaggio e lo smontaggio dell’esposizione, non sono

La stabilità dei pannelli si ottiene solo grazie al rinforzo reciproco, questo simboleggia l’importanza del concetto di collettività professato da Ajac Awards: l’obiettivo dei premi è quello di dare una visione panoramica al di là del valore intrinseco di ogni singolo progetto.

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Caso studio

Sustainable Exhibition System Creators Collective

Img 329 – Sustainable Exhibition System, Creators Colletctive

Img 330 – Sustainable Exhibition System, Creators Colletctive

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Sustainable Exhibition System è un sistema espositivo progettato per il premio per il design della comunicazione della Renania-Palatinato. Ogni due anni vengono premiati progetti di spicco nel campo della comunicazione, del design editoriale e del multimedia design. In ogni occasione la collezione viene esposta in una città diversa, per questo motivo si è pensato a un nuovo sistema espositivo diverso dai precedenti, concepito appositamente per essere usato come mostra itinerante. I criteri tecnici chiave per l’allestimento sono stati

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flessibilità d’uso, impiego di flatpack (mobili componibili), facilità di trasporto e longevità. Da un punto di vista estetico, tuttavia, la progettazione ha portato ad ottenere un look più contemporaneo, trasparente e snello, che valorizzasse i progetti premiati. Il risultato è stato una costruzione modulare per garantire un rapido montaggio e smontaggio, costruita con legno sia locale che ottenuto dai pannelli del precedente sistema espositivo. In ogni cornice si possono allocare tavole espositive e di progettazione per due opere, e questa può essere utilizzata per contenuti analogici o digitali.

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Proposte progettuali Nella progettazione di una mostra itinerante è necessario considerare alcuni fattori, come l’idoneità, la quantità di visitatori, la rilevanza e la dimensione degli spazi espositivi. Da un punto di vista economico è fondamentale saper quantificare sia i costi di trasporto, magazzinaggio e manodopera, che per una mostra itinerante potrebbero essere elevati; sia l’entità del contributo della sede ospitante: questa può infatti costruire pareti temporanee, fornire le vetrine esistenti, l’illuminazione, la grafica, le etichette e la manodopera per l’installazione. Instaurare un rapporto duraturo con le istituzioni con cui si collabora è fondamentale, sia per questioni organizzative che finanziarie. In un’ottica di agevolazione del trasporto e montaggio degli allestimenti è indispensabile progettare seguendo alcuni requisiti. Nella riuscita di un allestimento efficace la modularità è un fattore determinante: permette una riduzione dei tempi di realizzazione, dato che i materiali da produrre sono standardizzati; risultano semplificati anche la manutenzione, in quanto la sostituzione degli elementi usurati diventa più rapida e il montaggio, poiché gli allestitori acquisiscono più rapidamente familiarità con i moduli. Un’altra caratteristica fondamentale degli allestimenti è la leggerezza delle strutture, che consente di facilitarne lo stoccaggio, il trasporto e il montaggio. Nonostante la mostra itinerante permetta una grande libertà dal punto di vista progettuale, ogni esposizione dovrebbe essere adattata alla sede ospitante, tenendo conto delle sue caratteristiche fisiche e spaziali, tra cui metri quadrati a disposizione, particolarità architettoniche e ambientali. Per quanto riguarda le qualità formali e di significato dell’allestimento, la linea guida principale è la neutralità, in un’ottica di dialogo continuo con le varie sedi in cui la mostra si terrà, ma anche di rispetto e valorizzazione delle numerose personalità dei progetti. La neutralità non si traduce in uno sterile anonimato degli allestimenti, ma ricollega la mostra ad una serie di elementi comuni di facile lettura da parte dei visitatori, grazie ad un’identità solida, caratterizzata da semplicità formale e versatilità, che non invecchi con il passare del tempo e dei trend in campo grafico. Un aspetto chiave di ogni mostra è l’organizzazione: il disegno del progetto deve includere la numerazione, le annotazioni e l’elenco di ogni materiale, sia relativo all’allestimento che alle opere esposte, in un foglio di calcolo, che risulta fondamentale per verificare la presenza di tutti gli elementi nel passaggio da una sede all’altra, oltre a essere uno strumento utile per prefigurare un budget provvisorio relativamente preciso.

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Img 331 – Proposte progettuali

Le seguenti proposte si basano sulla volontà di rendere Singolare Plurale un’esibizione itinerante, tenendo conto di tutte le considerazioni progettuali fatte. Sono state elaborate due tipologie di allestimenti, uno in metallo, più resistente e simile a quello attuale; e uno in compensato.

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Proposte progettuali

Allestimento modulare in acciaio L’obiettivo della proposta è rendere più adatto ad un contesto itinerante l’attuale allestimento in legno di abete utilizzato per Singolare Plurale, cambiandone i materiali e ottimizzandone la logistica in termini di trasporto e montaggio. Il risultato è un sistema di tubolari metallici , uniti tramite giunti meccanici che permettono di avvitare i montanti e le traverse l’uno all’altro. Questi sono di 3 tipologie: ◊ Con due fessure, per unire due listelli a 90° (utilizzata nei portali laterali); ◊ Con tre fessure, per unire due listelli a 90° e un terzo posto perpendicolarmente (utilizzata per unire i portali alle traverse orizzontali); ◊ Con una sola fessura da fissare al listello e un supporto dove avvitare elementi piani aggiuntivi, che sono: ∆ I tavoli espositivi, progettati per essere di dimensioni standard, a parte alcune eccezioni, e i supporti per le tavole descrittive. Sono entrambi in plexiglass, per alleggerire fisicamente ma soprattutto esteticamente l’allestimento, creando dei supporti che si contrappongono alla pesantezza visiva del materiale principe; ∆ Una griglia in acciaio da fissare lateralmente al sistema espositivo, per esporre i materiali aggiuntivi su cornici e che permette di creare configurazioni in totale libertà; I giunti danno la possibilità di creare un allestimento assemblabile in poco tempo e che occupi poco spazio da smontato. Partendo dal disegno originale dei box in legno, la forma non è stata variata per via della sua efficacia nella fruibilità dei progetti. La stabilità viene data da piedini da avvitare alla base dei quattro tubolari verticali.

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Il box standard è composto dai seguenti elementi: ◊ 4 montanti da 200 cm; ◊ 2 traverse da 200 cm; ◊ 4 listelli da 130 cm; ◊ 1 piano da 60 cm o 130cm (a seconda della misura dell’oggetto da esporre) in plexiglass; ◊ 2 supporti per le tavole in plexiglass; ◊ 1 griglia per ulteriori materiali; ◊ 4 piedini; ◊ 4 connettori a 3; ◊ 4 connettori per il piano e per la griglia; ◊ 4 connettori per le tavole. La scelta dell’acciaio come materiale principale deriva dalle sue proprietà meccaniche e fisiche: ◊ Alta resistenza ai carichi; ◊ Alta resistenza a sollecitazione a fatica – ovvero a carichi variabili di minima entità reiterati nel tempo – qualità indispensabile in questo contesto, poichè l’allestimento dovrà essere allestita e trasportata più volte e quindi subire continui stimoli di varia entità; ◊ Elevata durezza, ovvero resistenza alla scalfitura, proprietà fondamentale in quanto gli allestimenti sono sottoposti a continui spostamenti che potrebbero rendere la superficie rovinata o graffiata, non ottimale in un contesto espositivo museale. Per il trasporto e lo stoccaggio è stato previsto l’utilizzo di scatole di legno, ognuna contenente una grande quantità di pezzi divisi per tipologia, il che permette di ottimizzare la quantità di packaging necessario, in un’ottica di ecosostenibilità. In termini di criticità, l’utilizzo di un materiale pesante come l’acciaio potrebbe andare a inficiare il trasporto e il montaggio rendendoli più complicati, ma questo è in parte sopperito dalla forma e dalla cavità interna dei tubolari. Inoltre, risulta un materiale sicuramente più costoso della proposta in compensato, ma rappresenta un investimento in termini di qualità e di durabilità nel tempo, permettendo di risparmiare in future sostituzioni o manutenzioni.

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Img 332 – Allestimento in acciaio



Img 333, 334 – Allestimento in acciaio, dettagli



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Proposte progettuali

Allestimento modulare in compensato Per la proposta degli espositori in compensato sono stati tenuti in considerazione criteri di modularità e standardizzazione, in modo da adattare la mostra al contesto itinerante nel modo più ottimale possibile dal punto di vista funzionale. Nonostante la volontà di distaccarsi dall’allestimento originale, è stata mantenuta la forma rettangolare con strutture verticali e piani orizzontali, vista la necessità di esporre degli oggetti sia in piano che appesi. La proposta consiste in un sistema di pareti di 3 cm di spessore realizzate con un modulo di dimensioni 130x200 cm, utilizzato per creare delle configurazioni rettangolari: due o più pareti affiancate parallelamente per posizionare le tavole e una parete per ogni lato in cui esporre materiali aggiuntivi e rendere la struttura stabile e autoportante.

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I moduli sono tenuti insieme da dei giunti piani fissati con viti. Non c’è bisogno di piedini di supporto poiché la geometria stessa della struttura ne garantisce la stabilità. Ogni modulo presenta dei fori che permettono di fissare qualsiasi supporto: sia le tavole che qualsiasi altro materiale che necessita di essere allestito verticalmente può essere disposto con facilità attraverso l’ausilio di viti. I fori presenti sulla parete permettono anche di avvitare il tavolo espositivo, pensato in due dimensioni a seconda degli oggetti da esporre: 260x125 cm e 260x60 cm. Anche il piano orizzontale è caratterizzato da dei fori sulla parte posteriore, dove vengono alloggiate le viti che permettono di fissarlo.

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La semplicità e l’utilizzo di un solo modulo ripetibile rendono il sistema facile e veloce da montare. I tempi di apprendimento ridotti da parte della forza lavoro fanno sì che l’allestimento venga realizzato in meno tempo, il che permette di ottimizzare i costi di retribuzione degli operai. In termini di produzione risulta vantaggioso per via dell’assenza di componenti aggiuntivi che potrebbero portare alla diversificazione delle metodologie produttive, così come per lo stoccaggio e il trasporto, poiché vi sono meno tipologie di packaging da progettare. Il materiale scelto, il compensato, presenta alta leggerezza e un’adeguata resistenza, sebbene inferiore rispetto all’acciaio. Vi sono maggiori probabilità di rovinare o rompere la struttura, ma i vantaggi, tra cui la facilità di allestimento e di trasporto e l’economicità, sono notevoli.

Img 335 – Allestimento in compensato

03.02 – Mostra itinerante

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Img 336 – Allestimento in compensato



Img 337, 338 – Allestimento in compensato, dettagli




PAGINE 412 – 415

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Conclusioni


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Concluso il percorso di progettazione, che si è sviluppato con l’obiettivo di raccontare la realizzazione di una mostra nel contesto Graphic Days® e proporre spunti progettuali per il futuro di Singolare Plurale, si delinea, in ultima istanza, un resoconto finale. Per quanto concerne la fase di ricerca, gli intenti sono stati la ricostruzione di un panorama eterogeneo degli studi sulla cultura e il folklore italiani e le loro declinazioni dal punto di vista visuale per porre le basi della mostra; e l’analisi e i casi studio nel mondo della teoria del Regionalismo critico di Frampton. Queste ricerche hanno portato alla definizione del Regionalismo critico visuale, tema principale di Singolare Plurale, che denota una spiccata originalità, poichè è la prima volta che questa teoria architettonica è stata traslata e applicata al mondo del visual design con modalità innovative e inaspettate. La fase di progettazione è risultata essere la più lunga e complessa. Lavorare in collaborazione con uno studio di professionisti ci ha portati a comprendere e imparare ad affrontare le tempistiche brevi e gestire gli imprevisti con metodo e skills di problem solving.

Il metodo d’approccio è stato differente dal previsto: anzichè schematico e rettilineo è stato non lineare, in quanto per la realizzazione dei box in legno e del percorso di visita si è proceduto per tentativi ed errori, cercando la soluzione più adatta in base alle risposte dei progettisti, agli spazi espositivi e ai materiali già posseduti. Abbiamo lavorato su più fronti contemporaneamente, dividendoci il lavoro, anche in base alle diverse capacità acquisite sia a livello universitario che personale. Un altro carattere inatteso di questa fase riguarda la responsabilità che ci ha dato il team Graphic Days®, permettendoci di sperimentare diverse soluzioni in maniera piuttosto autonoma, ma comunque guidata, portandoci a sviluppare capacità di adattamento, maggiore rapidità nella progettazione e un atteggiamento più propositivo e adatto al lavoro in gruppo. Per quanto riguarda l’evento, la mostra Singolare Plurale è stata allestita e disallestita in brevissimo tempo, nonostante il minor numero di volontari rispetto alle edizioni passate. Anche i risultati di partecipazione sono stati minori, ma coerenti con le aspettative, vista la situazione dovuta alla pandemia da Covid-19.

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La definizione e la proposta di spunti progettuali futuri di Singolare Plurale è stata la fase conslusiva del percorso di tesi. I due scenari riguardano il mondo digitale e le mostre itineranti. Per quanto riguarda il mondo digitale, sono state delinate tre opzioni: un archivio online, una mostra virtuale e un’app di realtà aumentata per smartphone. Dopo aver svolto un’analisi delle potenzialità e delle criticità delle varie forme di digitalizzazione della mostra, la più adatta a Singolare Plurale è risultata essere l’archivio digitale, in quanto è la meno complicata in termini di realizzazione, la UX è adatta a raggiungere la più ampia fetta di pubblico possibile, e soprattutto valorizza maggiormente i progetti, permettendo di focalizzarsi sul contenuto e sul suo significato. Inoltre un archivio online di questo genere diventa esso stesso

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l’attrazione per cui si visita virtualmente la mostra, andando a definire una nuova modalità di fruizione della cultura. L’importanza dell’itinerarità per Singolare Plurale è dovuta al concetto stesso dell’esposizione: dato che tratta delle tradizioni e del folklore italiano, raccontare la mostra in tutta Italia sarebbe un valore aggiunto. Inoltre, permetterebbe di incrementare la sensibilizzazione sul tema e dare maggiore visibilità ai Graphic Days®. L’indagine sulle caratteristiche e gli obiettivi delle mostre itineranti ha portato alla definizione di due proposte di allestimenti modulari, uno in metallo e l’altro in compensato, preferito al primo in quanto permette una maggiore standardizzazione e si relaziona al meglio con i principi di neutralità e valorizzazione massima delle opere esposte dell’identità di Singolare Plurale.


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05– Fonti


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Iconografia Img da 01 a 03, 35, 36, 53, da 57 a 100, 168, 172, 179, 180, 182, 184, da 190 a 195, 198, 200, da 202 a 205, 209, 211, 212, da 239 a 242, da 245 a 247, da 258 a 267, da 270 a 273 – Graphic Days® Transitions Img 04 – Corteo del Palio di Siena, Mirco Mugnai, 2009 Img 05 – Carnevale di Venezia, Marc Vandecasteele, 2019 Img 06 – San Francesco, Lisandeo Garcia, 2018 – via https://unsplash.com Img 07 – Rito religioso, Jacob Bentzinger, 2020 – via https://unsplash.com Img 08 – Altare a San Giuseppe, Mallorie Vaudoise, 2019 – via https://www.italianfolkmagic.com Img 09 – Rito religioso, Josh Applegate, 2019, via https://unsplash.com Img 10 – Anziani che giocano a carte, Nick Fewings, 2020 – via https://unsplash.com Img 11 – Preparazione del sugo, Paolo Mandica, 2018 – via https://unsplash.com Img 12 – Pitigliano, Elias, 2019 – via https://unsplash.com Img 13 – Kenneth Frampton al Columbia GSAPP, 2014 – via https://it.wikipedia.org Img 14 – Balkrishna Doshi, Sangath House, 1981, Ahmedabad, India – foto di Iwan Baan Img 15 – Renzo Piano, Jean-Marie TjiIbaou Cultural Centre, 1998 – foto di Sergio Grazia, via https://divisare.com Img 16, 17 – Ricardo Bofill, Xanadù, 1971, Alicante, Spagna – via https://ricardobofill.com Img 18 – Pinto e Sotto Maior Bank, Àlvaro Siza, Oliveira de Azemeis, Portogallo, 1974 – foto di Hisao Suzuki Img 19 – Àlvaro Siza by Fernando Guerra Img 20, 21 – Amancio Williams, Casa a Mar de Plata, 1945, Argentina – via https://www.turismodebolsillo.com.ar Img 22, 23 – Luis Barragàn, Satellite City Towers, 1957, Città del Messico – via https://it.wikipedia.org Img 24 – Gino Valle, Stabilimenti Zanussi, 1961, Porcia, Pordenone – via https://magazine.larchitetto.it Img 25 – Gino Valle, Stabilimento termale Fonte Pudia, 1964, Arta, Udine – via Archivio Studio Valle Architetti Associati Img 26 – Mario Botta, Casa unifamiliare, 1973, Riva San Vitale, Svizzera – foto di Leo Thomas Naegele Img 27 – Mario Botta, Casa unifamiliare, 1973, Riva San Vitale, Svizzera – foto di Dylan Hecox Img 28 – Dolf Schnebli, Casa Costioli, 1959, Campione d’Italia, Lombardia – via https://elarafritzenwalden.tumblr.com Img 29 – Aurelio Galfetti, Casa Rotalinti, 1961, Bellinzona, Svizzera – via https://ateliershabani.com Img 30 – Aurelio Galfetti, Casa Rotalinti, 1961, Bellinzona, Svizzera – via https://ateliershabani.com Img 31 – Aris Konstantinidis, House in Anavyssos, 1962, Anavyssis, Grecia – via https://www.domusweb.it Img 32 – Dimitris Pikionis, Sentieri di Pikionis, 1958, Acropoli di Atene, Grecia – via https://divisare.com Img 33 – Tadao Ando, Benesse House, 1992, Kagawa, Japan – foto di Denys Nevozhai, 2019, via https://unsplash.com Img 34, 35 – Tadao Ando, Koshino House, 1984, Ashiya, Japan – render di Florian Berg, via https://f_berg_cgi.artstation.com Img 37 – Francesco Dibattista, L’Anguana – via https://www.behance.net Img 38 – Daniel Ali, Kukeri – via https://www.danielali.co.uk Img 39 – Ligama, Uncommissioned Landscape Manipulation – via https://www.collater.al

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Img 40 – Studio Creme, Heresy – via https://lectureinprogress.com Img 41 – FF3300, Sistema Museale Ugento – via https://www.ff3300.com Img 42 – Inna Octa, Bilibin – via https://www.itsnicethat.com Img 43 – CLAC, Different stories – via http://www.clac-lab.org Img 44 – Can Yang, White tiger/Blue Dragon – via https://www.behance.net Img 45 – Studiocharlie, Libri di Maraea – via https://www.studiocharlie.org Img 46 – Antoine Duruflé, Evan Renaudie, Passport editions – via https://www.itsnicethat.com Img 47 – Valentina de Carolis, Memories – foto di Idakia Design, via https://valentinadecarolis.com Img 48 – Siggi Odds, Bork – via https://siggiodds.com/Bork-Blanket-Undir-Feld Img 49 – Carolina Venosi, Veni Vivi Daje – via https://video.repubblica.it Img 50 – Fotografia di Kenta Cobayashi – via https://kentacobayashi.com/ Img 51 – Gavino Sanna, Cantina Mesa – via http://winecouture.it Img 52 – &Walsh, Zooba – via https://andwalsh.com Img 54 – Mario Cresci, Campo riflesso e trasparente, Galleria Trisorio, Napoli, 1979 Img 55 – Mario Cresci, Interni mossi, Tricarico, 1967 Img 56 – Mario Cresci, Autoritratto, dalla serie Interni, Barbarano Romano 1978 Img 101, 102 – Agnese Tamburrini Img 103, 104 – Andrea Voigtländer Img 105, 106 – Augustina Cocco Canuda Img 107 – Jennifer Lavia Img da 108 a 110 – Veronica Maccari Img 111 – Andrea Tolosano Img 112, 113 – Alberto Guerra, Giuseppe Iacovone Img da 114 a 118 – Caterina Cerni Img da 119 a 121 – Alessandro Piacente Img 122 – Guido Dal Prà Img da 123 a 127 – Massimiliano Vitti Img da 128 a 130 – Davide Eucalipto Img da 131 a 133 – Alberto Bolzonetti Img da 134 a 136 – Elena Guglielmotti Img 137 – Alessandra Tranchina Img da 138 a 140 – Lorenza Doria, Cesaretti Img da 141 a 143 – Gloria Maggioli Img 144 – Caterina di Paolo Img 145 – Francesco Delrosso Img da 146 a 148 – Elio Raimondi Img 149, 150 – Simona Riccobene Img da 151 a 153 – Luca Longobardi, Alessandro Latela, Giacomo Dal Prà, Fabio Bacchini Img da 154 a 155 – Giulia Belcastro Img 156 – Viviana Scutari Img 157 – Lorenzo Rindori

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Img 158 – Elsa Moro Img 159 – Vito Battista Img 160 – Rocco Lorenzo Modugno Img 161 – Beatrice Schena Img da 162 a 164 – Laura Fusco Img 165 – Sara Panepinto Img 166 – Cecilia Negri Img 167 – Nuvola Lavazza, Torino – via https://viaggi.corriere.it Img 169, 170, 171 – Loghi Quattrolinee, Plug e Print Club Torino Img 173 – Esempio di target, You X Ventures, 2019 – via https://unsplash.com Img 174 – Esempio di target, Tim Gouw, 2016 – via https://unsplash.com Img 175 – Esempio di target, Minh Pham, 2019 – via https://unsplash.com Img 176 – Esempio di target – via http://craveasia.com Img 177, 178 – Esempio di personas, Ruben Daems, 2019 / Savvas Kalimeris, 2019 – via https://unsplash.com Img 181 – Tabella per catalogare i materiali Img 183 – Progettazione, Ryan Ancill, 2020 – via https://unsplash.com Img da 185 a 189, 196, 197, 201, 215, 217, 219, 221, da 223 a 238 – Viste tecniche allestimento Img 199, da 206 a 208, 210, 216, 218, 220, 222 – Render dell’allestimento Img 213, 214 – Proposta iniziale di allestimento, schizzi Img 243 – Ordine dei materiali Img 244 – Percorso di visita Img da 248 a 252 – Yoko Ono, Growing Freedom, Studio Principal – via https://www.behance.net Img da 252 a 254 – Melting Landscapes, Fernando Moleres, Studio Guud – via https://www.behance.net Img da 255 a 257 – BunkerToren, George&Harrison® – via https://www.behance.net Img 268, 269 – Toolbox Coworking – via https://www.toolboxoffice.it Img 274 – Catalogazione materiali per disallestimento Img da 276 a 279 – Sito Graphic Days® Transitions Img 280 – Graphic Days® Transitions su Google Arts&Culture Img da 281 a 283 – Spazio espostitivo RIBA – via https://www.architecture.com Img da 284 a 286 – VOMA – via https://voma.space Img da 287 a 289 – Louvre di Abu Dhabi – via https://www.louvreabudhabi.ae Img 290 – Schermi interattivi al Museum of Applied Arts and Sciences, Sydney Img 291 – Esempio di MR, Uriel Soberanes, 2018 – via https://unsplash.com Img 292 – VOMA – via https://voma.space Img da 293 a 323 – Proposte progettuali di mostra virtuale Img 324 – ECAL Graphic Design’ show – via https://www.wallpaper.com Img 325 – REVEAL 2, HKIA at ArtisTree 2016, Vision Plus – via https://www.behance.net Img 326, 327 – Alphapretation Bulgaria, Lyudmila Stancheva, Niklas Lankenau – via http://www.designmadeingermany.de Img 328 – Ajac Awards, Estudio8014 – via https://divisare.com Img 329, 330 – Sustainable Exhibition System, Creators Colletctive – via http://creators-collective.com Img da 331 a 338 – Proposte progettuali di allestimenti per mostra itinerante

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PAGINE 430 – 433

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Ringraziamenti


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Ringraziamenti generali In conclusione di questo percorso di studio, ricerca e sperimentazione ci teniamo profondamente a ringraziare tutti coloro che ci hanno supportati e guidati. Prima di tutto ringraziamo Fabio Guida, docente di Vita I e relatore della tesi, per averci permesso di affrontare questa esperienza appassionante “andando a vincere” e per l’enorme fiducia che ha riposto in noi durante questi ultimi mesi. Ringraziamo tutto il team Graphic Days®, in particolare Lorenzo e Greta, sempre estremamente disponibili a risolvere i nostri numerosissimi dubbi e domande e per essere stati i nostri consiglieri ufficiali di tesi, in lockdown e in presenza. Ringraziamo il Print Club Torino per la grande ospitalità durante la progettazione della mostra, nonostante le restrizioni da pandemia. Ringraziamo anche Bianca Mellano, la più responsabile di Mirafiori, per averci “regalato” la sua tesi agli albori, permettendoci di conoscere un aspetto del visual design a noi prima estraneo; e Federica Tomatis, che ha vissuto con noi tutti i lunghissimi giorni pre-festival ed è stata, oltre che una nuova amica, una super compagna di progettazione. E un ultimo ringraziamento va dedicato a tutto il team dei volontari di questa edizione dei Graphic Days®, senza cui non sarebbe stato possibile vedere realizzato il nostro progetto.

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Ringraziamenti di Alberto Questi sono stati anni difficili ma bellissimi, pieni di “lacrime, sudore e sangue” (come diceva sempre la professoressa Sargian), ma anche di momenti indimenticabili. In questo periodo ho imparato molte cose su di me e sul mondo, ho scoperto le mie potenzialità e i miei limiti e ho fatto tesoro di tutti gli insegnamenti ricevuti. È quindi giunto il momento dei doverosi ringraziamenti. In primis ringrazio tutte le persone con cui ho lavorato, o che ho semplicemente conosciuto, durante questo percorso di formazione, che hanno condiviso con me la gioia e il dolore di dover sviluppare un concept definitivo in una settimana o di dover stampare le tavole la mattina dell’esame. Sarete sempre parte di me, perché se c’è una cosa che il Politecnico mi ha insegnato è che per raggiungere dei risultati bisogna collaborare, fidandosi l’un l’altro. Ringrazio Elena e Mario, i migliori genitori del mondo: mia madre, che con la sua comprensione, è sempre stata al mio fianco in ogni situazione, e mio padre, che con la sua esperienza, mi ha guidato nella crescita personale. Ringrazio mio fratello Riccardo (Ricus mazù o mazu), che ha alleggerito la tensione pre-laurea con le partite a basket e gli allenamenti. Ringrazio la mia gatta Olimpia, l’essere vivente più bello esistente sulla terra. Ringrazio i miei amici, i Los Broskenss: Ricus, Zenghy, Matus, Simus, Antrox e Umbe, in particolare Lorus e Liuk, i Raga, per avermi fatto divertire con le loro live su Twitch durante la stesura della tesi, con uno spettatore di media, io. Con loro ho condiviso un indimenticabile viaggio a Londra l’estate del mio secondo anno di università, prima di dare l’esame di Storia. Ringrazio la mia maestra Giusy, senza cui non sarei arrivato fino a qui. Ringrazio Ivan, il fratello non di sangue ma per scelta conosciuto il primo giorno di università, a cui conferisco il titolo di certified og (massima onorificenza che si può ottenere nell’albo dei bro). Infine, ringrazio Helena, la ragazza con la giacca dei Gorgoroth. Mi ha letteralmente cambiato la vita, mi ha fatto crescere e maturare in modo che non avrei mai pensato. È la persona con cui ho condiviso i momenti più significativi della mia vita, fra università e non. Tra i più celebri cito le nottate a preparare l’esame di Communication Design I, a scrivere ed impaginare la tesi, ma anche il concerto di Shorty al Supermarket, i pomeriggi da Exki e i numerosi viaggi fatti insieme.

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Ringraziamenti di Helena Sono tante le persone che mi hanno accompagnata durante il mio percorso universitario, nei momenti di gioia ed euforia, ma anche in quelli di ansia e preoccupazione. Vorrei ringraziare tutta la mia famiglia per aver creduto in me, chi da vicino e chi a distanza. In particolare, ringrazio di cuore mamma Angela per avermi sempre incoraggiata a scegliere con coraggio e determinazione la strada da intraprendere, anche a costo di farmi trasferire dall’altra parte dell’Italia. Ringrazio mia nonna e coinquilina Settimia, per avermi ri-ospitata in questi tre anni nella mia vecchia cameretta e soprattutto per le dolcissime merende giornaliere. Ringrazio mio papà Antonello, che con i suoi “Tanto tu sei bravissima!” e le granite siciliane mi è stato vicino in questi sorprendenti tre anni. Ringrazio gli zii Angelo e Domenica per ogni cosa, perchè sono troppe; e Angelo per i saggi consigli, la super simpatia e i weekend di shopping. Un ringraziamento va fatto anche a mia sorella Ilaria, che chiama solo quando ha bisogno di qualcosa ma che ha preso parte a numerosi servizi fotografici e progetti video per gli esami, anche durante una pandemia globale. Ringrazio tutti i compagni di università con cui ho lavorato in questi anni, sia quelli che non mi sopportano che quelli che mi adorano, per le risate, le litigate e per avermi fatto capire le mie potenzialità e aiutata a migliorare i miei punti deboli. Tra questi, ringrazio fratello Ivan, che sebbene abbia dovuto sopportare la mia dittatorialità nei lavori di gruppo più di chiunque altro, mi ha appoggiata spammando musica dope, memes di qualità e un elevato numero di foto di cuccioli. Ringrazio il mio BFF da una vita Simone, che, nonostante la lontananza, ha ascoltato ogni mio sfogo e fatto il tifo per me in tutti i progetti universitari, ma soprattutto mi ha fatta ridere riportandomi a quei bellissimi momenti in cui la nostra unica preoccupazione erano le interrogazioni di greco e le cotte adolescenziali. Il ringraziamento più importante e sentito va ad Alberto, compagno di tesi ma soprattutto maliard del mio cuore, che ha contribuito a farmi crescere professionalmente e personalmente ed è stato parte di tutti i giorni più belli che ho vissuto da due anni a questa parte. Tra i primi appuntamenti, i viaggi, le nottate pre-esami e le videochiamate durante il lockdown, mi ha insegnato che possiamo superare ogni scoglio e ha permesso a questa tesi di “spaccare di brutto”.

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