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2017 / SPECIAL IssuE
Nuove frontiere
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La nuova frontiera dell’elisoccorso Pag.05
Il nuovo elisoccorso è già realtà
La finedell’era dell’oil and gas Pag.07
Pag.11
INFOGRAFICA
L’ospedale volante Pag.14
Quando l’elisoccorso fa notizia
Una comunità che non sa rappresentarsi Pag.17
Pag.21
Eventi meteorologici estremi
Nuovi spazi per l’HEMS Pag.23
Pag.25
Le megacittà Pag.29
La Telemedicina Pag.33
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Cosa resta? “What’s Left” è il nome di un libro di un noto giornalista inglese, Nick Cohen. È stato pubblicato esattamente dieci anni fa e gioca con la parola Left (“Sinistra” o “Restare”), per puntare il dito in maniera ferocemente analitica contro l’approccio della sinistra britannica alle faccende internazionali, fatto di contraddizioni interne, testardaggine e quello che Cohen chiama “cameratismo sentimentale”. A noi, lo sapete, interessano gli elicotteri e non la politica britannica. Però coltiviamo una certa ostinazione nel pensare che parlare di elicotteri significa alzare lo sguardo dai rotori, dalle belle fotografie e dalle livree. Il paragone con l’opera di Cohen è importante per capire questo primo numero di HEMS Magazine. Il magazine che state per sfogliare è uno spinoff periodico di Helipress Magazine che si occupa del settore destinato a trainare l’industria degli elicotteri per i prossimi anni: l’Elisoccorso. Il nostro Paese è una delle eccellenze mondiali in fatto di HEMS. Le Regioni hanno a disposizione elicotteri tra i più moderni al mondo, alcuni provider sono proiettati verso un’ottica di miglioramento aziendale e evoluzione della sicurezza che trova pochi paragoni in Europa e oltreoceano.
Manager Editor and Publisher
Nicola Zamperini Product Manager
Stefano Silvestre Online Editor
Ludovica Angelini Francesco Marino Enrico Messina Art Director
Alessio Damiano Copyright 2014 Gnotilab srl
Il primo numero di HEMS Magazine nasce con l’obiettivo di raccontare lo stato dell’arte dell’industria dell’Elisoccorso e le sue possibili evoluzioni economiche, sociali e tecnologiche. Lo abbiamo fatto consultando alcuni esperti in fatto di innovazione e di programmazione sanitaria, per capire come evitare quella sorta di autarchia che ha già condotto il circus degli elicotteri sull’orlo di un baratro (non tutto per colpa dell’industria, va ammesso) da cui fatica a risalire, e che ha mostrato tutti i limiti di un’industria incredibilmente priva di alternative commerciali e economiche. L’obiettivo di questo giornale è quello di presentare ipotesi. Le ipotesi in quanto tali hanno una funzione laddove facciano discutere, quando aprono scenari e conducono a un dibattito utile. Buona lettura. nz. 3
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La nuova frontiera dell’elisoccorso La fine del petrolio è arrivata. E non lo afferma un tizio qualunque innamorato delle energie alternative, lo afferma in un report Goldman Sachs, una delle più importanti banche d’affari del mondo: il picco della domanda di petrolio arriverà nel 2024. Da quel giorno la necessità del barile in tutto il pianeta scenderà.
A supporto di questi dati, sono arrivate nel tempo le prese di posizione di chi con l’oro nero realizza profitti. Qualche tempo fa era stato fa il grande capo della BP, Bob Dudley, in una celebre dichiarazione a spiegare che il petrolio sarebbe stato “lower for longer”, ovvero a un basso prezzo, per un lungo periodo.
Se pure l’industria manifatturiera continuerà a utilizzare olio combustibile per far funzionare le fabbriche, prendete nota del fatto che in Francia e Germania sarà vietata la vendita di auto nuove a benzina o gasolio dal 2040. In India lo stesso traguardo è stato fissato nel 2030 e, tornando in Francia, si parla di fermare anche l’emissione di licenze per l’esplorazione offshore.
Oggi un altro boss di un’altra Grande Sorella, e cioè Ben Van Beurden della Shell, precisa senza possibilità di appelli che il prezzo del petrolio sarà “lower forever”, basso per sempre.
Insomma non si torna più indietro.
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La fine dell’era dell’oil and gas Occorre prendere confidenza con il fatto che ci stiamo per mettere alle spalle l’era del petrolio. Non avverrà domani, ma dopodomani. Certo taluni prevedono una ripresa del mercato legato all’Oil and Gas per l’industria degli elicotteri, è il caso di uno dei pochi articoli ottimisti che abbiamo rintracciato, e cioè un’inchiesta dello scorso ottobre di Rotor&Wing International. Posto che lo scorso anno equivale a un’era geologica fa, l’articolo del magazine riporta la posizione dell’Associazione internazionale dei produttori di Oil and Gas che stima una crescita della domanda di petrolio nel 2040 pari al 25%, in ragione dell’aumento della crescita della popolazione mondiale. E Chris Hawkes, direttore della divisione sicurezza dell’organizzazione, precisa che i produttori hanno bisogno di esplorare ancora di più per essere in grado di
assicurare la domanda del futuro. Nello stesso articolo, i manager dell’industria produttrice di elicotteri si dicono pronti ad affrontare una crescita nel lungo periodo della domanda di Oil and Gas e di avere in serbo grandi macchine già prossime alla certificazione. L’unica certezza relativa al lungo periodo, per citare chi di economia se ne intendeva sul serio, e cioè John Maynard Keynes, è che saremo tutti morti. Quindi affidiamoci alle certezze di oggi e lasciamo perdere gli auspici per il domani. Come ormai sapete, Helipress spesso sembra parlar d’altro e invece parla sempre di elicotteri. La fine dell’Oil and Gas, dicono questi numeri e queste valutazioni, non è più un fatto ciclico. Non ha a che fare con la crisi economica. È ormai un dato strutturale. L’economia prossima ventura farà a meno dell’oro nero.
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Per quello che riguarda l’industria degli elicotteri significa che farà dunque a meno di quel segmento essenziale della produzione che sono le macchine più grandi. I Super Puma, gli AW189 e i Sikorsky S92 che pesano tanto, costano tanto, volano tanto, hanno bisogno di tanta manutenzione e che verranno utilizzati per fare altri mestieri oppure andranno in pensione.
l’industria degli elicotteri e le innovazioni tecnologiche che stanno cambiando il panorama economico globale. Un passaggio che una testata autorevole come il Financial Times sottolinea come di un incontro tra “la crisi del petrolio e la nuove tecnologie che rendono l’elicottero più conveniente”, nelle parole di Rob Wiesenthal, fondatore e amministratore delegato di Blade.
Nel 2016 Airbus ha venduto 31 macchine tra Super Puma e H175, e proprio qualche settimana fa Leonardo ha celebrato sul proprio sito la vendita di un supermedio AW189 in Russia per operazioni di Oil and Gas nell’isola di Sakhalin, nel Pacifico (isola che un tempo sede di feroci colonie penali zariste e che Anton C Č hecov raccontò in uno straordinario reportage letterario; materia che non interessa a nessuno da queste parti, se non fosse che C Č hecov era un medico e il soccorso sanitario in elicottero, come vedremo a breve, sembra essere l’unica prospettiva di salvezza dell’Industria).
Si può leggere tutto come un colpo di teatro, oppure si può prendere spunto per sottolineare la cronica mancanza di innovazione di alcuni produttori nell’utilizzo del web, ad esempio. È un tema su cui abbiamo più volte calcato la mano, e che sembra essersi tradotto da parte di alcuni operatori in “mettiamo un po’ di fotografie dei nostri voli su Instagram”. Sono considerazioni e azioni che nulla hanno a che fare con la tecnologia, men che meno con la comunicazione e di sicuro niente con l’innovazione. Il tema dell’innovazione è stato inoltre sottolineato da una ricerca di cui offre il resoconto AirMed&Rescue Tv and Magazine dello scorso 12 luglio. L’analisi, realizzata a margine di Helitech International e che prevede una crescita nei prossimi cinque anni del settore, sottolinea con forza le carenze dell’industria.
Il problema è, insomma, capire cosa sarà di questo segmento. Cosa accadrà al segmento che rappresenta le macchine più grandi, dal tonnellaggio più imponente, dal numero di passeggeri trasportati più ragguardevole. Per prima cosa dobbiamo chiarire che non smetteremo di leggere comunicati e cifre sull’Oil and gas, ma che i numeri saranno sempre più esigui. Perché estrarre oro nero costa troppo rispetto a quanto si vende il petrolio. Dunque o l’industria degli elicotteri si accontenta di budget “lower forever” derivanti dal settore Oil and Gas, oppure scova nuove soluzioni. Soluzioni che non sembrano in linea con quelle raccontate dal Financial Times lo scorso 23 giugno. Soluzioni che descrivevano il recente utilizzo delle grandi macchine per il trasporto VIP, attraverso una applicazione (si chiama Blade) di cui Helipress ha parlato in passato. Sarebbe una specie di boutade se non fosse per l’accostamento tra
In questo senso il 60% degli intervistati sente che, rispetto all’industria aeronautica nel suo complesso, “il ritmo dell’innovazione è in ritardo nel settore degli elicotteri”. E parlando di prodotti come i tiltrotor civili, il 47% degli intervistati ha scommesso sul fatto che il mercato civile degli elicotteri non ha bisogno di prodotti simili. La predilezione per gli elicotteri impegnati nell’HEMS sta contagiando anche i grandi lessor. Solo quest’anno Milestone Aviation ha annunciato due maxi ordini, uno con Airbus Helicopters per 240 milioni di euro e uno da Leonardo per 90 milioni di euro, entrambi per macchine da impiegare in servizi di Elisoccorso.
PROIEZIONE GLOBALE DELLA DOMANDA DI COMBUSTIBILE AL 2040 Quadrillion BTUs
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50 100 150 200 250
0.7%
PETROLIO
Average annual growth rate 2014-2040 Averafe of all fuel types: 0.9%
1.6%
GAS -0.2%
CARBONE 0.3%
BIOMASSE 2.9%
NUCLEARE 4.8%
SOLARE / EOLICO / BIO 1.3%
2040 2014
IDROGENO/ GEO Fonte: ExxonMobile 8
CONSEGNE GLOBALI
2009-2013
UTILIZZO PIANIFICATO PER I NUOVI ELICOTTERI
2014-2018
4,400
31%
19%
15%
9%
1%
General Utility/Altri
4,800 5,500
ACQUISTI STIMATI PER SEGMENTO
41%
25%
Emergency Medical Services
Oil & Gas
Corporate
Law Enforcement
News & Television
Light Single-Engine e Twin-Engine copriranno il 66% degli acquisti stimati.
25%
33%
2% 9
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Il nuovo elisoccorso è già realtà Che l’unico segmento che possa sostituire l’Oil and Gas in questo momento sia quello dell’HEMS, non lo dice Helipress ma lo afferma un terzo dei soggetti intervistati dalla già citata ricerca svolta a margine di Helitech International. Insomma, ci sono molti indizi che conducono verso una direzione ma che tuttora si navighi a vista è un dato di fatto. La domanda inevasa, dal protagonista di un evento celebrato a un secolo di distanza quest’anno, è sempre la stessa: che fare? Come impiegare le macchine e come assemblarle per essere più efficienti in questo segmento? Per riprogettare un elicottero servono anni, per progettare un segmento forse
più di un decennio. Per arrivare a costruire una piattaforma che sforni nuovi aeromobili servono soldi e soprattutto idee. Per sfornare nuove idee servono ricercatori, esperti. L’Elisoccorso, in effetti, assicura continuità di utilizzo a ogni latitudine e prospettive di crescita a partire dai paesi asiatici dove è un segmento largamente sotto utilizzato. E con la crescente razionalizzazione dell’offerta di servizi, sarà sempre più necessario pensare a soluzioni che tengano conto di sistemi sanitari basati su modelli Hub and Spoke, in cui gli elicotteri svolgono un ruolo essenziale. Al centro i grandi ospedali - gli Hub - e una miriade di piccoli centri e piazzole dove atterrare e intervenire in periferia - i cosiddetti Spoke.
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Già da tempo gli ospedali periferici, in Europa, sono entrati in un ciclo di riconversione che li sta portando a svolgere nuove funzioni. Punti di primo soccorso, residenze sanitarie per anziani, centri di riabilitazione, sedi di ambulatori polispecialistici, ma non ospedali per acuti, come si dice.
26 APRILE 2017
L’Elisoccorso è un livello essenziale di assistenza
La maggior parte dei pazienti a media e alta complessità (quelli più gravi) vengono già oggi spostati nei centri più importanti, gli Hub. In futuro i grandi ospedali serviranno sempre più a svolgere questo compito. A occuparsi di pazienti a media e alta complessità. La centralizzazione dei pazienti critici riduce le spese ed esalta la qualità delle cure, dal momento che si centralizzano gli investimenti per infrastrutture e processi di alto profilo clinico.
Questa - in estrema sintesi - è la prospettiva con cui verranno governati i sistemi sanitari nei prossimi anni. Prospettiva che assicura livelli di assistenza e cura elevati. Per essere piuttosto crudi, un ospedale che vede in un anno centinaia di casi simili al nostro, a centinaia di chilometri da dove abbiamo avuto un incidente, è molto più sicuro di un ospedale nel luogo in cui abbiamo avuto l’incidente che però affronta solo decine di casi simili al nostro in un anno. L’esperienza fa la differenza. Per trasportare le persone rapidamente negli ospedali del primo tipo servono elicotteri non ambulanze.
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IL CASO
E bene ha fatto Franco Marinangeli, qualche mese fa su Helipress, a ribadire che l’Elisoccorso deve diventare un Livello Essenziale di Assistenza. Ovvero uno standard garantito per ogni Regione italiana sulla base di norme nazionali. Semmai questa posizione andrebbe in fretta trasferita su scala europea. E un simile dibattito dovrebbe aver luogo negli altri paesi UE. Il futuro è sempre più dei Flying Doctors, sempre più di elicotteri attrezzati che trasportino con rapidità pazienti in centri attrezzati.
L’evoluzione dei servizi HEMS, le sinergie con i costruttori e la necessità di un sistema omogeneo a livello nazionale: ne parliamo in esclusiva con Franco Marinangeli “L’alba dell’Elisoccorso è finita, è il momento di una svolta per il settore. L’Italia può guidare in Europa”. Guai a parlarne come un’industria di nicchia, certamente non con il professor Franco Marinangeli, direttore scientifico del Centro SimuLearn di AAROI-EMAC e direttore di Anestesia e Rianimazione della Asl dell’Aquila, dell’Istituto di Anestesia e Rianimazione dell’Università del capoluogo abruzzese. Lo abbiamo raggiunto in esclusiva nei giorni successivi alla sigla di un importante accordo, quello firmato tra Leonardo Helicopters e l’AAROI-EMAC, Associazione che rappresenta oltre 10.000 Medici Anestesisti Rianimatori e dell’Emergenza-Area Critica. Ciò per capire quali possono essere i veri punti di svolta per l’Elisoccorso in Italia a seguito di un accordo che coinvolge direttamente i professionisti del settore sanitario e uno dei principali costruttori mondiali di elicotteri.
AAROI EMAC - LEONARDO INSIEME PER L’ELISOCCORSO
L’intesa è nata per sviluppare sinergie per sempre più elevati livelli di capacità operativa e sicurezza per il personale del soccorso sanitario impiegato su elicotteri. Migliorare in termini di prestazioni sanitarie, migliorare per standardizzare un settore che è anche uno dei grandi business italiani ancora poco noti: un settore che solo nel nostro Paese conta su 50 basi, su altrettanti elicotteri (più i relativi backup), che offre lavoro a migliaia di professionisti senza contare l’indotto e che, in ultima analisi, muove centinaia di milioni di euro ogni anno tra contratti pubblici e accordi di vendita per il rinnovo delle flotte.
“Credo sia indispensabile per i tutti i costruttori procedere a una revisione dell’approccio all’Elisoccorso, gli elicotteri sono ancora progettati con scopi multiruolo e solo in seguito adattati, seppure con enorme sforzo ingegneristico, all’utilizzo sanitario – ha sottolineato il professor Franco Marinangeli -. La sinergia tra comunità sanitaria e industria è fondamentale per garantire l’ergonomia necessaria assicurare le migliori condizioni operative a bordo e aumentare le possibilità di sopravvivenza del paziente”.
L’ ELICOTTERO HEMS DEL FUTURO
Il futuro che Leonardo ha già da tempo iniziato a delineare, e qui il riferimento è all’AgustaWestland AW169, è caratterizzato dall’assistenza alla navigazione (le ormai famose rotte PBN), la possibilità di operare in ogni condizione meteo anche per macchine di dimensioni ridotte (un inedito sistema antighiaccio completo sarà sviluppato proprio per gli AW169 della REGA) e un’impronta formativa sempre più marcata per gli operatori del settore. Più che la tecnologia, la principale carenza è piuttosto relativa a una rotta strategica uniforme a livello nazionale. “Non esistono elicotteri migliori e elicotteri peggiori, oggi ci sono diverse valide alternative in circolazione, c’è quindi la possibilità per gli Enti pubblici di acquisire macchine sempre più efficienti a livello economico, ma mancano standard di riferimento sia per quanto attiene le tecnologie degli elettromedicali, sia per quanto attiene la formazione dei sanitari che operano sull’elicottero”.
ELISOCCORSO, UN LIVELLO ESSENZIALE DI ASSISTENZA
“Bisogna entrare nell’ordine di idee che l’emergenza sanitaria è un LEA (Livello essenziale di assistenza, ndr) e che quindi tutti i cittadini hanno diritto agli stessi standard di cura, mentre in Italia ci sono regioni che neanche hanno il servizio di elisoccorso - continua Marinangeli .- Bisogna capire che dall’avvio dei servizi HEMS, trent’anni fa, la richiesta di salute è cambiata, l’idea stessa della Sanità pubblica è mutata, oggi si procede giustamente verso una riduzione dei presidi ospedalieri e una centralizzazione degli ospedali, in quest’ottica l’Elisoccorso diventa un perno fondamentale. Se l’HEMS è un Livello essenziale di assistenza, allora deve rappresentare l’eccellenza della sanità pubblica, non sono accettabili servizi di serie A e serie B”. La strada avviata in Lombardia con i visori notturni e i campi sportivi, le sperimentazioni delle rotte PBN e l’ingresso in servizio di macchine di ultima generazione come l’Airbus Helicopters H145 e l’AgustaWestland AW169, alfieri e concorrenti sul mercato HEMS italiano, sono un passo in avanti verso l’Elisoccorso del futuro. “Si parla spesso di tecnologie all’avanguardia e di futuro, ma bisogna capire che le telecomunicazioni di base, per questo settore, sono ancora decisive - osserva il professor Marinangeli -. Per capire quanto, basta pensare che in alcune regioni del nostro Paese le comunicazioni tra i diversi mezzi in azione durante il soccorso, in aria e al suolo, è ancora lontana dalla perfezione. Non esiste evoluzione senza comunicazione: la tecnologia esiste, ora va sfruttata e costruita su misura per i diversi operatori”. 13
L’Ospedale Volante
15® 1 LIFEPAK Monitor/
Defibrillator
Il monitor defibrillatore LIFEPAK 15 è uno degli strumenti più importanti sull’elicottero. E’ una delle più recenti evoluzioni dell’azienda ed è stato sviluppato per fissare nuovi standard in termini di efficienza e ergonomia di utilizzo a bordo.
2 Dräger Oxylog®
3000 plus
L’Oxylog 3000 Plus offre elevate performance di ventilazione polmonare e ha caratteristiche dedicate come il sistema AutoFlow, che permette di trasportare i pazienti in sicurezza e garantisce l’emissione di feedback sulla corretta intubazione
La modularità e la versatilità dell’elicottero bimotore leggero Airbus Helicopters H145, ultimo erede di una famiglia di aeromobili che trova le sue origini nell’iconico BK-117, sono i punti di forza che hanno fatto del bimotore una sicurezza nei cieli dell’Elisoccorso in Italia. Per capire i segreti del suo successo, basta dare uno sguardo all’allestimento custom creato da Mecaer Aviation Group. “Il grande vantaggio sanitario dell’H145 è la sensazione tangibile di trovarsi a lavorare all’interno di un’ambulanza su gomma – spiega il dottor Cipolotti, direttore del SUEM 118 ULSS1 di Belluno -. L’H145 è stato progettato con il supporto della comunità medica proprio per permettere la massima ergonomia e fluidità dei movimenti del personale. In cabina c’è tutto lo spazio che serve e i diversi layout possono essere rimodulati in tempi brevi”. “La sensazione di ordine è costante in ogni situazione e il merito è di un kit HEMS intelligente - continua il Direttore del SUEM dell’ULSS 1 Belluno -, che riesce nel compito di implementare su un elicottero il know how acquisito dallo viluppo dei layout delle cabine più moderne delle ambulanze su gomma e permette agli operatori sanitari di sentirsi a proprio agio su una vasta gamma di missioni, dal trasporto intraospedaliero al soccorso con verricello”.
Heli Trivia
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Il Principe William ha prestato servizio presso l’East Anglian Air Ambulance (EAAA) a partire dall’agosto del 2015 come pilota di Elisoccorso su elicottero Airbus H145. Il servizio è operato da Bond Air Services per conto della charity e il salario mensile del Principe è stato devoluto interamente in beneficienza. Il Duca di Cambridge ha lasciato il suo impiego in estate per spendere più tempo con la sua famiglia.
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A 3 POMPA SIRINGA
Le pompe a siringa sono utilizzate per somministrare gradualmente piccoli quantitativi di liquidi ai pazienti (con o senza medicinali). Le applicazioni variano dall’electrospinning alla microdialisi, passando per la circolazione di liquidi alla perfusione organi/tessuti.
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4 BARELLA
Il kit HEMS dell’H145 consente varie configurazioni: è possibile installare fino a due barelle contemporaneamente con opzione per la piena o parziale suite di apparati medicali.
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5 BOMBOLE D’OSSIGENO
Si tratta di bombole di alluminio pressurizzate per il trasporto d’ossigeno. Trovano diversi utilizzi a bordo dell’aeromobile e sono un equipaggiamento versatile e essenziale.
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Una comunità che non sa rappresentarsi Accanto alla normale gestione dell’Elisoccorso però ci sono due variabili che dovrebbero far riflettere i produttori. E soprattutto che dovrebbero spingere i costruttori e gli operatori a dialogare con i decisori pubblici per ampliare le flotte di soccorso. Sia di tipo sanitario che di altra natura.
Ma se ne scriviamo è perché notiamo che - salvo rare eccezioni (qualcosa si era vista allo scorso Helitech di Amsterdam) - l’industria degli elicotteri continua ad autorappresentarsi quasi come un mondo a parte. Una sorta di piccola comunità di piloti, ingegneri e tecnici che, per lo più, pensa a turbine e sistemi di protezione dal ghiaccio.
Si tratta di prospettive di lunga durata che hanno bisogno di un dibattito pubblico, di consenso condiviso, della costruzione di uno stock di dati assicurato dagli esperti (in questo senso è necessario il contributo di chi ha una prospettiva sanitaria e una conoscenza delle dinamiche di intervento, come il professor Marinangeli).
Non è così.
Non basta evidente.
un
nostro
articolo,
è
Tante volte abbiamo insistito sull’ostinata e inutile prospettiva ingegneristica all’universo elicotteristico, prospettiva che contribuisce a questa visione angusta delle macchine volanti che invece hanno una funzione importante nello sviluppo di nuovi e più avanzati sistemi sanitari. La componente ingegneristica è una componente necessaria, ma purtroppo oggi non più sufficiente
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a generare dinamiche di crescita e consenso nelle comunità. Può far volare un elicottero ma non consente alla popolazione civile, ai decisori pubblici, agli operatori della sanità, di sentire il bisogno di quell’elicottero. E senza bisogno - pur in presenza di ottime macchine - non si va da nessuna parte. Le grandi emergenze dello scorso anno in Italia lo hanno certificato. Senza soccorso di emergenza in elicottero non esiste soccorso: in caso di terremoto, in caso di eventi meteorologici straordinari,
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una flotta di elicotteri coordinata e in prontezza operativa produce risultati decisivi per le comunità. In termini di vite umane salvate, che è la prima cosa da tenere a mente. E i danni ingenti prodotti dalla tempesta tropicale Harvey raccontano con immagini e dati gli stessi esiti. In Texas, i 20 elicotteri messi in campo dalla Guarda Costiera statunitense hanno salvato in pochi giorni più di 450 persone. A questa flotta vanno aggiunte altre decine di altri elicotteri, pubblici e privati, che hanno svolto un ruolo essenziale, volando senza sosta nelle contee sommerse dall’acqua.
Dopo quell’evento nessuno ha pensato di avviare una riflessione su questo tema. E siamo certi nessuno lo farà negli Stati Uniti. Nessuno ha messo in fila i numeri degli interventi, sommando le attività delle diverse regioni. Discorso che vale per gli operatori e i costruttori, ovviamente. Gli appuntamenti che parlano di Elisoccorso si limitano a qualche evento di provincia, interessante per carità, ma senza alcuna capacità di dettare l’agenda, di influire sul dibattito pubblico, di affermare un bisogno della collettività a partire dal ruolo e dalla funzione degli elicotteri inseriti in un sistema di soccorso integrato.
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Quando l’elisoccorso fa notizia L’Elisoccorso diventa oggetto di notizia quando l’elicottero non arriva, quando si scrivono nuovi bandi, quando qualcuno che lo fa non dovrebbe farlo, e quando infine si punta l’indice contro i budget che le Regioni stanziano. Quando, come accaduto in Italia recentemente, un paziente che chiama il 118 per un’urgenza si trova un disco automatico che risponde alla sua necessità di soccorso immediato. Bene farebbero industria e produttori a commissionare uno studio - a una facoltà di Medicina o di Economia gestionale - per spiegare ai contribuenti che un bando da 10 milioni di euro l’anno fa risparmiare ai contribuenti stessi molto denaro ogni volta che viene garantita la “golden hour”. O piuttosto dovremmo parlare di “Golden Period”: definizione più attuale e convincente. In pratica qualunque patologia “tempo-correlata” potrebbe non essere mortale se affrontata rapidamente con le giuste terapie. Tutta l’emergenza si scontra e talvolta perde la sfida con il tempo, spesso è troppo tardi per ridare pensieri e parole a chi chiede soccorso. Solo l’elicottero è in grado di abbattere il muro del tempo che separa un infortunato dalla morte. Fa risparmiare alla collettività costi economici e sociali ogni volta che un paziente che ha subito un trauma, dall’ictus all’infarto,
da un’ischemia e una frattura seria, viene salvato in tempo. Se i soldi risparmiati dalla chiusura di un piccolo ospedale diventano giustamente scandalo se la comunità non ha ricadute sanitarie di nessun genere, sono ben spesi - al contrario - se, grazie a una piazzola di atterraggio diurno e notturno, grazie a un campo di calcio dove può atterrare un elicottero giallo, il paziente vola in un ospedale dove si è attrezzati a gestire traumi complessi. (Detto questo se ci sono sprechi vanno evidenziati ed eliminati. Ma spesso in Italia sull’onda del pubblico scandalo si sono adottati provvedimenti solo in apparenza draconiani che non hanno risolto nulla). L’industria deve riflettere sul fatto che la valutazione dell’elicottero come strumento che salva vite, all’elicottero fonte di spreco è di una velocità estrema. Soprattutto un’epoca di social network e fake news. Nessuno, pochi anni fa, avrebbe mai messo in discussione la necessità dei vaccini, e guardate oggi cosa accade. Esperti di sanità pubblica se ne trovano a bizzeffe dietro a ogni profilo Facebook. Il problema è che dall’esperienza di soccorso sul campo, alla programmazione sanitaria il passo è altrettanto breve. 21
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Nuovi spazi per l’HEMS Arriviamo invece a capire quali possano essere due spazi di soccorso sanitario che dovranno essere presidiati in futuro, meglio di come è stato fatto finora.
europeo 965/2012), infine, grazie a nuove tecnologie che consentono di allestire piazzole prefabbricate in breve tempo l’operatività delle flotte regionali di elisoccorso sarà sempre più saturata.
Una premessa: i normali servizi di Elisoccorso verranno sempre più utilizzati di notte e di giorno, sia d’inverno che d’estate. Grazie al miglioramento delle dotazioni tecnologiche (sistemi di visione notturna, rotte PBN, sistemi anti ghiaccio), grazie al miglioramento delle normative in materia (il regolamento
Anche perché le stesse flotte sono spesso utilizzate per portare i pazienti con interventi secondari da ospedale Spoke a ospedale Hub. Insomma il rischio che per gli elicotteri accada di dover aspettare, come talvolta capita di aspettare l’ambulanza. Non perché i mezzi trovano traffico su strada ma perché impegnati in altri interventi.
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Eventi meteorologici estremi Cosa accadrà quindi se, in caso di flotte con operatività saturata, ci saranno nuove emergenze? Il primo tipo di emergenza potrebbe essere meteorologico. Scrive l’Unione Europea in una sua nota sintetica: “Il riscaldamento globale ha provocato e provocherà fenomeni meteorologici estremi più frequenti: inondazioni, siccità, piogge intense e ondate di calore, incendi boschivi”. Insomma l’ipotesi di assistere a eventi estremi sempre più radicali non è peregrina e non discende da valutazioni fatte sull’onda emotiva. “A partire dagli anni novanta- commenta con Helipress Franca Mangianti, meteorologa e già direttrice dell’Osservatorio meteorologico del Collegio Romano nella Capitale -assistiamo ad eventi meteorologici estremi sempre più frequenti
ed intensi. Pertanto la comunità scientifica è concorde nel ritenere che le attività umane siano responsabili in gran parte di questo fenomeno”. Insomma o l’umanità cambia strada nell’immediato oppure gli eventi estremi saranno all’ordine del giorno. E quando, per utilizzare il linguaggio dei professionisti dell’emergenza ci si trova di fronte a “eventi catastrofici che travalicano le potenzialità di risposta delle strutture locali”, cosa accadrà? Cosa accadrà se le flotte regionali saranno saturate? È stata mai realizzata una simulazione di questo tipo? È stato mai ipotizzato il verificarsi di una maxi emergenza legata a eventi meteorologici estremi su più teatri operativi? Su una scala più larga di quella territoriale?
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Magari con le flotte regionali già impegnate?
Insomma l’evento è eccezionale anche perché è poco prevedibile con largo anticipo.
Se qualcuno lo ha fatto, quali sono i risultati di tale simulazione?
Va quindi ripensato l’approccio nel complesso. Soprattutto è necessario ipotizzare l’esistenza di flotte che possano essere operative nel giro di pochissimo tempo. Il tempo necessario a capire che si sta per abbattere un evento estremo su un dato territorio o sul territorio nazionale o larghe porzioni di esso.
Non stiamo parlando di eventi catastrofici, come terremoti o attentati, ma di eventi meteorologici estremi, che sono purtroppo molto più frequenti. Basterebbe tirare fuori i numeri - sempre nello stesso studio affidato alla facoltà di Medicina - delle ultime catastrofi idrogeologiche europee, derivanti da eventi estremi, per misurare quale possa essere la necessità di mezzi e uomini. Dal punto di vista dell’industria invece si potrebbe cominciare a riflettere sulla capacità di risposta delle attuali flotte impiegate nell’HEMS ordinario, rispetto a queste condizioni di HEMS non ordinario. Detto con uno slogan ascoltato ad Amsterdam lo scorso anno, bisogna prevedere elicotteri che possano volare “sempre, ovunque e con qualunque tipo di clima”. Non va considerato esclusivamente il mezzo ma la dotazione complessiva di un sistema paese. A questo punto torniamo al punto di partenza: possono essere utilizzati gli elicotteri di grandi dimensioni, ex Oil and Gas, per il trasporto simultaneo di più pazienti? E possono gli stessi elicotteri avere nuove dotazioni sanitarie a bordo? Infine, possono questi stessi elicotteri essere impiegati per allestire campi base vicino a dove l’evento estremo ha prodotto più danni? Badate bene, se si assume questa prospettiva, le dotazioni dei sistemi di protezione civile nazionale vanno rivisti. È necessario immaginare a flotte che abbiano una prontezza operativa costante e che vadano in ridondanza rispetto alle normali flotte di elisoccorso. Le maxi emergenze sono tali perché sovvertono e modificano l’ordinaria gestione dell’emergenza. E occorre ricordare che “le previsioni meteorologiche, con i moderni mezzi, sono attendibili al massimo a 5 giorni con le seguenti attendibilità: 90% a 24h; 70 % a 48h; 50 % a 72h; 30% a 96h; 10% a 120h”.
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Partendo da quanto abbiamo già sottolineato e cioè la necessità di infrastrutture specifiche, di rotte PBN dedicate nelle zone più ad alto rischio idrogeologico, in modo da poter intervenire sempre, macchine con sistemi antighiaccio (FIPS) e capacità PBN / RNP 0.3. Nelle maxi emergenze i campi sportivi vengono spesso utilizzati come punti di raccolta degli sfollati e non per far atterrare gli elicotteri. Vanno quindi immaginate nuove tipologie di elisuperfici che devono essere riscaldate, oltre a essere illuminate e fornite di centraline che inviano i dati meteo in tempo reale. Soluzioni che l’industria deve presentare al più presto. Più di ogni altra cosa costruttori e operatori devono sedersi a un tavolo e spiegare alle comunità “perché conviene l’Elisoccorso”, perché anzi vada potenziato a ogni latitudine, perché, come chiarisce Mangianti: “Gli eventi estremi, da una attenta osservazione, riguardano tutto il pianeta con intensità e frequenze variabili da zona a zona”. Tale nuova flotta potrebbe essere affidata ai ministeri della Salute, agli stessi sistemi di Protezione civile nazionali con mezzi e piloti garantiti dagli stessi operatori, ma su scale territoriali differenti. E i costruttori in questo senso devono potenziare - con medici ed esperti - i propri organici per migliorare i servizi e i prodotti offerti. Se negli Ospedali prende piede la figura del cosiddetto “paziente esperto” che coadiuva medici e Direzione sanitaria nell’indirizzo e nel governo della struttura, non si capisce perché nelle aziende che producono elicotteri non vi siano medici, pazienti, esperti di emergenza nell’organico. Oppure se ci sono, perché costoro non alzino la voce per fare sentire le proprie competenze.
IL MODELLO LOMBARDIA
Dal 30 giugno 2016 gli elicotteri dell’AREU Lombardia atterrano di notte su 50 campi di calcio distribuiti su tutto il territorio regionale. Parallelamente, a supporto dell’attività di elisoccorso notturno, ha preso avvio ed è attualmente in fase di implementazione l’impiego dei Visori Notturni (NVG) in dotazione ai piloti degli elicotteri regionali collocati nelle basi di Milano, Como, Bergamo e Brescia. L’utilizzo dei visori notturni, unitamente all’implementazione delle rotte satellitari di precisione che svincolano la navigazione dai riferimenti da terra, consentirà di facilitare lo svolgimento del servizio nelle ore notturne, mettendo a disposizione dei piloti tecnologie avanzate affinché possano operare in condizioni di maggiore efficacia e sicurezza.
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Le megacittà Fin qui il ragionamento prende in esame gli “eventi meteorologici estremi” che in Europa, come negli Stati Uniti, sono ormai frequenti e riguardano sia le grandi città che le aree rurali e meno popolate. Eppure uno sguardo ai trend demografici dovrebbe spingere i costruttori e gli operatori a investire in ricerca e fornire ai decisori pubblici nuove chiavi interpretative. Elementi che prendano in esame l’elisoccorso come perno di una programmazione sanitaria che tiene conto dei cambiamenti epocali che stanno investendo le città. Parliamo della cosiddetta “Urban Age” come la definisce la London School of Economics. L’era delle grandi città, anzi delle megacittà, ovvero quelle con più di 10 milioni di abitanti, così definite dalle Nazioni Unite nel
rapporto “The World’s cities in 2016”, e che sono attualmente 31 su tutto il pianeta, destinate a diventare 41 nel 2030, cioè dopodomani. Le proiezioni indicano che altre 29 megalopoli supereranno gli oltre 5 milioni di abitanti nel pianeta, tra il 2016 e il 2030, e di queste 15 sono in Asia e 10 in Africa. Se non è chiaro, aggiungiamo che già oggi il 54.5% della popolazione mondiale vive in aree urbane (London School of Economics, progetto Urban Age, LSE cities) e nel 2030 la percentuale arriverà al 60%. Città che dunque producono il 70% del PIL mondiale e “l’efficienza delle economie urbane - scrivono in un paper del progetto Urban Age, LSE cities - è massimizzata dall’alta densità abitativa con reti di trasporto pubblico che facilitano l’accesso ai luoghi di lavoro”.
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Ancora una volta alla domanda “cosa c’entra tutto questo con gli elicotteri?”, la risposta è semplice: c’entra perché questa enorme forza centripeta della popolazione globale creerà agglomerati urbani in cui la gestione dell’emergenza sanitaria sarà un fattore critico, un fattore di estrema complessità, e al primo posto dei problemi nell’agenda dei decisori pubblici.
Anche in questo caso l’articolo di Helipress, come è nostra pervicace intenzione, ha l’obiettivo di scuotere l’industria e gli operatori e indicare nuove possibili rotte (magari è un intento velleitario, ma sempre meglio che parlare di turbine, è preferibile sentirci noi di Helipress i tafani per i cavalli di razza che stare a fare gli aedi degli stessi cavalli di razza…)
L’Elisoccorso diventerà gioco forza il sostituto immediato dell’ambulanza su gomma. Non è necessario pensare a scenari da Blade Runner, ma alle attuali aree urbane di Londra o Istanbul che contano già oggi circa 14 milioni di abitanti. Se non un film, tantomeno è necessario aprire un romanzo di Philip K. Dick per accorgersi che a Città del Messico arrivano o nascono, o comunque fanno crescere la popolazione della città, 33 persone l’ora (dal 2015 al 2025, sempre secondo la LSE), sono 22 a Bogotà e 32 a Istanbul. Con tali volumi, con densità abitative crescenti, e per quanto possano essere efficienti le reti di trasporto pubblico su rotaia, gli ingorghi si andranno trasformando in qualcosa di normale e potranno, a breve, decretare la fine del trasporto sanitario d’emergenza su gomma. Capite bene quanto possa essere complicato gestire l’emergenza stessa in simili mega-città. E come nella dotazione dei mezzi impegnati nei dispostivi di soccorso possa anche essere ipotizzato - come accade negli Stati Uniti - l’utilizzo di elicotteri monomotore, privilegiando diversi livelli di intervento e diversi livelli di impiego del personale medico e infermieristico. Flessibilità doverosa per mezzi che dovranno atterrare nelle piazze, nei viali delle grandi città. Operatività che vediamo con più frequenza realizzarsi ad esempio in Germania con i mezzi dell’ADAC e che presto potrebbe dover diventare la norma.
Industria e operatori, dopo la facoltà di medicina, potrebbero quindi affidare una ricerca alla London School of economics, ricerca che prenda in esame le aspettative di vita delle persone nelle mega-città e quali sono le patologie connesse allo stile di vita nelle megalopoli, patologie che potrebbero magari - essere curate con interventi nel “Golden Period”. Oppure possono rivolgersi alla Brookings Institution - che già sforna un interessante indice sulle 100 aree metropolitane più grandi degli Stati Uniti - e commissionare un’altra ricerca che prenda in esame i rischi connessi all’esplosione demografica delle grandi città sui trasporti sanitari d’emergenza. Con queste ricerche, l’obiettivo è andare dai decisori pubblici a proporre idee. Decisori pubblici che in questa fase storica, in Europa, sembrano colti da una drammatica penuria di idee e che dovrebbero preoccuparsi della sorte non governabile - di alcuni processi storici, come ad esempio l’inurbamento; e che dovrebbero infine preoccuparsi della sorte - governabile invece - di come questi processi storici incidono sulla vita dei cittadini. Europa che può calare nel suo modello di welfare la necessaria presenza dell’elicottero come momento essenziale dell’assistenza e come standard, modello che può essere proposto soprattutto ai paesi asiatici in via di sviluppo.
Including metropolitan areas Source: UN Population Division, World Economic Forum. StatistaCharts
Mexico City 20m 25m (+25%)
Los Angeles 13m 16m (+23%)
Sao Paulo 20m 23m (+15%)
CRESCITA STIMATA PER LE MEGACITTÀ
Aumento della popolazione in 15 megalopoli (milioni, 2011-2025) New York 20m 24m (+20%)
20m
New Delhi
Karachi
24m (+20%)
23m 33m (+43%)
14m 20m (+23%)
Beijing
16m 23m (+44%)
Tokyo
37m 39m (+5%)
Rio de Janeiro 12m 14m (+17%)
Shanghai 20m 28m (+40%)
Calcutta
Manila
14m 19m (+36%)
Buenos Aires 14m 16m (+14%)
Mumbai
20m 27m (+35%)
12m 16m (+33%)
Dharka
15m 23m (+53%)
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La telemedicina In ambito HEMS esistono però anche altre prospettive innovative che vanno prese in esame. E non è lontano il giorno in cui migliaia di pazienti, verranno controllati nei loro parametri vitali, da remoto in sale-situazioni affollate di medici e infermieri. I professionisti sanitari monitoreranno su schermi al plasma gli indicatori clinici dei pazienti. Si tratta di pazienti affetti dalle più diverse patologie che grazie a dispositivi di telemedicina connessi alla rete, trasmettono in diretta dati sulle proprie condizioni di salute verso queste moderne sale-situazioni. Non è lontano il giorno perché già oggi alcune aziende sono impegnate in azioni di questo tipo. Basti pensare all’esempio positivo del CReG come già sperimentato in Lombardia. Il CReG (Chronic Related Group) è un modello particolare di presa in carico di pazienti cronici, lanciato nel 2012 in
Lombardia. Prevede un percorso di cura ad hoc in cui i pazienti sono seguiti dal medico di medicina generale e da remoto da infermieri specializzati, che operano all’intero di una centrale operativa connessa 24 ore su 24. Se il CREG è operativo per patologie diffuse, ma di medio bassa complessità, le prospettive della medicina con l’impianto di dispostivi che migliorano sensibilmente la qualità della vita dei pazienti sono incredibili. Basti pensare ai VAD, cioè “ventricular assist device”, ovvero ai cosiddetti “cuori artificiali”. Secondo il Bollettino della Società italiana di Chirurgia cardiaca, in Italia a seguito di una ricerca effettuata nel triennio 2010/2012, il numero totale degli impianti raccolti era pari a 235. Scorporando dal totale i casi pediatrici, gli impianti di VAD in pazienti adulti arriva a 200”. Non sembrano molti, ma pensiamo che questi dati si riferiscono a quattro anni fa. 33
E lo stesso Bollettino stimava che in Italia il numero di pazienti trattabili con VAD è compreso in una forchetta che va da 6.000 a 60.000. Tanto che, nel documento in esame, i chirurghi vista “la complessità della gestione clinica ed i non trascurabili rischi clinici connessi all’impianto di VAD, rendono auspicabile la realizzazione di un Programma VAD Nazionale, per certi aspetti simile al Programma Trapianto di Cuore Nazionale”. E aggiungevano: “è certamente auspicabile la creazione di un Database Nazionale VAD, che permetta di raccogliere in modo prospettico i dati clinici, offrendo la possibilità di valutare periodicamente l’efficacia dei dispositivi”. Fin qui alcuni, pochi dati, riferiti a un esempio, quello del cuore artificiale. Che come al solito osservando l’indice e non la luna, qualcuno si chiederà cosa mai c’entri con gli elicotteri. Ancora una volta partiamo da un dato di fatto, l’impianto dei cuori artificiali allunga le possibilità di vita dei pazienti, e sempre più i VAD si vanno trasformando da soluzioni temporanee in attesa del trapianto da cadavere, a soluzioni definitive. Le persone vivono insomma con il cuore artificiale. Vita che ovviamente ha delle avvertenze da non sottovalutare. La tecnologia e l’innovazione producono risultati positivi - le persone vivono e sopravvivono - e in ragione di questa conquista, producono però anche costi aggiuntivi per le comunità. Un cardiochirurgo ha recentemente raccontato a chi scrive di un paziente trattato con VAD che, dopo essersi sentito male in alta montagna, è stato prima soccorso in elicottero e portato al centro attrezzato più vicino: centro che non era il primo ospedale di destinazione, ma una struttura più lontana dove il paziente è stato stabilizzato e curato. Come vedete, all’aumentare del numero di persone cui viene impiantato un dispositivo di questo tipo, si apre un problema parallelo di procedure (facilmente risolvibile) e come abbiamo detto in precedenza di saturazione delle flotte (problema meno facilmente risolvibile). Cosa potrebbe accadere se, in un futuro prossimo, diciamo 5 anni con 1.000 cuori artificiali attivi, per puro caso tutti i pa-
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zienti italiani che hanno un VAD subiscono un trauma o un malfunzionamento? Si dirottano tutti gli elicotteri verso i pazienti che dispongono di VAD? Non è forse ipotizzabile disporre di quella flotta di cui abbiamo parlato in precedenza e che può dunque essere validamente impiegata anche per questo fine? Che tipo di dotazione devono avere gli elicotteri che soccorrono le persone con VAD? Se guardiamo a un futuro prossimo, possiamo affermare che nei prossimi anni le centrali 118 non riceveranno solo chiamate vocali, ma anche allarmi lanciati dalle scatole nere delle automobili, dai dispositivi di monitoraggio clinici di pazienti in terapia domiciliare, da smartwatch capaci di registrare i parametri vitali e accelerazioni e decelerazioni tali da compromettere la vita di chi le subisce. Sempre più i mezzi di soccorso viaggeranno in automatico verso punti geolocalizzati; sembra una fantasia? Da tre anni il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico italiano risponde a chiamate con geolocalizzazione tramite un’applicazione per smartphone (GeoRescue) in cui la necessità di parlare con l’infortunato è solo per tranquillizzarlo. Negli Stati Uniti è presente già una buona letteratura scientifica su questi casi. E non è certo compito di Helipress quello di evidenziarla. Compito di Helipress semmai è quello di indicare all’industria e agli operatori di creare una connessione permanente con i medici per capire quali possano essere gli sviluppi di telemedicina che avranno ricadute sull’elisoccorso. Non solo ricadute operative, ad esempio sugli assetti e sulle dotazioni di bordo, quanto sulla razionalizzazione delle flotte esistenti e quanto - infine - sulla crescita improvvisa che queste situazioni potrebbero generare nella richiesta di soccorso. L’industria degli elicotteri sta vivendo una crisi profonda. Una crisi che deriva da una crisi ancora più ampia e sistemica che investe uno dei capisaldi della penultima rivoluzione industriale, il petrolio. La sensazione per chi ha il solo compito di osservare e rac-
contare cosa accade nell’universo dell’ala rotante è che di fronte a questa crisi epocale le risposte siano invece risposte di pura cronaca. Che guardano all’oggi. Che non provano ad alzare lo sguardo su una prospettiva di più lunga durata. Nella tecnologia e nel digitale, le grandi corporation (Google, Facebook, Amazon), pensano già oggi a come sarà il mondo tra 50 anni. Nutrono l’intelligenza artificiale che fornisce risposte alle nostre domande su Google pensando alle domande - differenti e più complesse - che l’essere umano porrà ai nuovi algoritmi di Google tra 30 anni. Amazon non si è limitata a essere un negozio online di libri, è diventata un negozio online per ogni cosa, sta attrezzandosi per diventare una banca e si sta già trasformando per essere - oggi - una compagnia aerea. Sembra che l’industria degli elicotteri pensi a nuovi elicotteri, a nuovi modi di far volare gli elicotteri, a nuovi sistemi che rendano più efficienti gli elicotteri stessi in volo: atteggiamenti necessari e prudenti ma di corto respiro. Forse è il caso di cominciare a pensare a cosa servano gli elicotteri insieme a chi studia altro: prima di tutto i medici, poi gli economisti, giusto per citare due soggetti citati in questo nostro articolo. Risulta evidente che la principale possibilità di sopravvivenza dell’industria sia legata all’HEMS. Chi non è oggi presente in maniera stabile nell’HEMS, in Europa soprattutto, è fuori dai giochi. Esistono produttori, soprattutto nordamericani, che scontano un ritardo enorme di presenza in questo settore. Ritardo nella costruzione di macchine, ritardo nella proposizione al mercato e agli operatori, e dunque ritardo nell’analisi di come le macchine stesse reagiscono con continuità all’impiego in un dato settore. I grandi costruttori europei invece dispongono di un vantaggio strategico che può essere valorizzato ulteriormente. La riflessione è come integrare i diversi modelli, le family, per usare un termine caro a uno dei costruttori. Come poter utilizzare modelli un tempo impiegati per l’Oil and Gas e riconvertirli per un uso civile. Per salvare vite umane, che non è proprio una cosa da poco.
Al vertice dei due grandi costruttori europei siedono due manager che conoscono bene l’industria elicotteristica pur provenendo da altri settori, è il caso di Guillaume Faury di Airbus Helicopters, oppure che la stanno imparando a conoscere da poco, avendo costruito nel recente passato grandi aziende in altri ambiti, come per Alessandro Profumo alla guida di Leonardo. Entrambi sono consapevoli che per un’industria alle prese con una crisi strutturale senza precedenti, ciò che conta è uno scatto di reni. Una marcia in più nelle idee, nelle strutture di vendita e nel pensiero. Fin qui le idee sono state applicate alle macchine come oggetti e meno alle macchine per le funzioni che svolgono. Oggi devono procedere a questa rivoluzione copernicana. Partire dai bisogni dei clienti - l’ossessione al cliente di cui parla Jeff Bezos - per strutturare un’offerta prima di tutto quindi sui grandi segmenti e poi sulle aree geografiche (che in tutta franchezza contano sempre meno in un mondo interconnesso, e che possono fungere da esclusivi terminali, commerciali vecchio stampo). Infine ripartire dal pensiero, commissionare ricerche e partire da queste ricerche a soggetti indipendenti - università, think thank - per provare a scuotere l’industria. L’alternativa esiste e non è drammatica. Lasciare l’industria degli elicotteri così com’è. Stagnante, che sopravvive, limitata, chiusa. Una comunità che, in parte, si autorappresenta da anni allo stesso modo: piloti, ingegneri e tecnici che pensa a turbine e sistemi di protezione dal ghiaccio. Per fortuna non è così, ma il tempo sta per scadere.
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