Anno
XIV
n. 614 Venerdì 26 Giugno 2015 Settimanale in pdf www.heos.it
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“ARIA”, DAL SULCIS NUOVA RISORSA PER LA CACCIA ALLA MATERIA SCURA ARCHEOLOGIA, IL ROBOT U-CAT E LA FRONTIERA SUBACQUEA
SPEDITO
IL PRIMO MESSAGGIO QUANTISTICO VIA SATELLITE
Sommario PRIMO PIANO
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SPEDITO IL PRIMO MESSAGGIO QUANTISTICO VIA SATELLITE ATTUALITÀ
4 5
PIÙ POTERE AI ROBOT CON IL CLOUD COMPUTING “ARIA”, DALLE MINIERE DEL SULCIS NUOVA RISORSA PER LA CACCIA ALLA MATERIA SCURA AMBIENTE
6 7
PANAREA, CAPITALE DELLA RICERCA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI CON NANOSTAB-GB SI ESPERIMENTA LA PLASTICA “GREEN” TECNOLOGIA
8 9 10
MATERIALI INNOVATIVI PER LE FINESTRE DI PROSSIMA GENERAZIONE UNA NUOVA MESCOLA PER SUPER GOMME QUELLE ISOLE DI RAME ULTRA-FREDDE E SUPERSCIVOLOSE SCIENZE
11 12
DETECTIVE HI-TECH SULLE TRACCE DELLA MATERIA OSCURA ALGORITMO MADE IN ITALY PER IMMAGINI PERFETTE E VELOCI DAL SISTEMA SOLARE SALUTE
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DAL “PICCOLO FARRO” AL GLUTINE DIGERIBILE CARCINOGENESI, COINVOLTI AGENTI CHIMICI AMBIENTALI SPAZIO
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“MICROSPIE” PER CAPTARE IL RUMORE DELLO SPAZIO-TEMPO FOCUS
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CON I ROBOT U-CAT, SI APRE UNA NUOVA FRONTIERA PER L’ARCHEOLOGIA CULTURA
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LA RUSSIA AI TEMPI DI STALIN
In copertina, foto dall’alto delle miniere del Sulcis (image, carbosulcis.eu )
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Newsletter settimanale di scienze politica cultura Direttore responsabile Umberto Pivatello Aut. Tr. Verona n°1258 -7 Marzo 1997 Roc n. 16281 Redazione Heos.it Via Muselle,n. 940 - 37050 Isola Rizza - Vr (It) Tel +fax +39- 345 9295137 E-mail heos@heos.it www.heos.it
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PRIMO PIANO
Regaliamoci un libro
L'INDIMENTICABILE
SUCCESSO MONDIALE MADE IN ITALY
ESTATE DI ABILENE TUCKER
SPEDITO IL PRIMO MESSAGGIO
di Clare Vanderpool Traduzione: A. Martelli EDT-Giralangolo 2012 pp 384 € 15,00
QUANTISTICO VIA SATELLITE
L
a protagonista Abilene Tucker è un Tom Sawyer al femminile, una monella orfana di madre che in una calda estate insieme a due sue amiche si avventura nel mondo adulto per ritrovare il suo amato papà. L'indizio da seguire è il sentiero misterioso, la strada in penombra, tutto ciò che conduce a svelare la verità nascosta. Abilene Tucker è sola. Perché il padre l'ha mandata a trascorrere le vacanze estive in quella sperduta cittadina del Kansas, tra gente sconosciuta? Che cosa nascondono il suo ospite e la cronista del notiziario cittadino? E che cosa significano tutte quelle lettere e la mappa trovate nella scatola nascosta sotto un'asse del pavimento? Presto Abilene, con due nuove amiche, si troverà coinvolta in una intricata ed eccitante indagine e l'estate che si prospettava così noiosa si trasformerà in una lunga avventura fatta di mistero, passione e amicizia. In un intreccio di voci diverse Abilene narra quei mesi trascorsi nel 1936 a Manifest, piccolo centro segnato dalla Grande Depressione, dal Proibizionismo e dal Ku Klux Klan. Alle avventure di Abilene si alternano le lettere che il padre e un amico si scrissero, ragazzi, all'epoca della Prima guerra mondiale, gli articoli pubblicati in quello stesso periodo sul notiziario locale e i racconti della stramba indovina Miss Sadie. Tutti elementi che aiuteranno la simpatica e coraggiosa Abilene e le sue amiche a far luce su oscure vicende del passato collegate alla vita attuale di Manifest, scoprendo quanto è importante saper ascoltare le storie del passato, allearsi per affrontare le difficoltà e non avere paura delle proprie scelte. Il romanzo è strutturato su più piani narrativi temporali. Il tutto è però perfettamente uniformato e il filo della storia resta ben saldo. Anche tra i molteplici personaggi, in fin dei conti, è facile non confondersi, soprattutto perché sono tutti ben tracciati e caratterizzati, anche quelli minori. L’indimenticabile estate di Abilene Tucker di Clare Vanderpool ha vinto la 32ma edizione del Premio Andersen come Miglior Libro oltre i 12 anni.
E
seguita con successo una trasmissione di dati quantistici con un satellite sulla distanza record di 1.700 chilometri. È la prima volta al mondo. Ed è frutto delle conoscenze scientifiche italiane. L'esperimento è stato fatto in collaborazione tra Centro di Geodesia spaziale dell'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e università di Padova. Ecco come funziona. I dati sono stati compressi in particelle di luce e inviati al satellite Lares (lanciato dall'Asi nel 2012) la cui superficie è coperta da specchi. Gli specchi, una volta colpiti dal fascio luminoso, lo hanno riflesso verso la stazione ricevente a Terra compiendo così un passo decisivo verso le comunicazioni quantistiche, impossibili da intercettare perché il solo fatto di cercare di catturarle significa automaticamente distruggerle. Gli autori dell'esperimento (pubblicato sulla rivista Physical Review Letters) sono Paolo Villoresi, dell'università di Padova, e Giuseppe Bianco, del Centro di Geodesia dell'Asi a Matera. Si tratta di un grosso risultato che pone l'Italia all'avanguardia in un settore dalle applicazioni industriali importantissime già in un prossimo futuro. (Red) Sopra nella foto il satellite Lares usato per compiere il primo esperimento di trasmissione quantistica (foto, Lares Team)
NORVEGIA, L'ATLANTIC OCEAN ROAD stupenda strada panoramica corre via tra gli isolotti e i fiordi dei Q uesta villaggi di Averoy. È la Strada dell'Atlantico. Un tragitto mozzafiato lungo otto chilometri compreso tra le città diKristiansund e Molde, i due maggiori centri della contea di More nella Norvegia dei fiordi.
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CRONACHE
FROST & SULLIVAN:
LA CONVERGENZA DI BIG DATA, CONTEXT-AWARE COMPUTING E SENSORI PORTERÀ NUOVE APPLICAZIONI
PIÙ POTERE AI ROBOT
CON IL CLOUD COMPUTING
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a robotica cloud, che consiste nell’integrazione della tecnologia di cloud computing nei robot, ha guadagnato importanza a livello globale. Gli utenti finali hanno iniziato a riconoscere i benefici di questo nuovo concetto, che utilizza internet per aumentare le capacità di un robot, principalmente delegando la parte computazionale e fornendo servizi on-demand. Una nuova analisi di Frost & Sullivan, intitolata “Innovations in Cloud Robotics”, rileva che la robotica cloud porterà allo sviluppo di robot intelligenti che avranno una maggiore efficienza computazionale e che consumeranno meno energia. Queste caratteristiche faranno scendere i costi di produzione, grazie alla riduzione dei componenti hardware, e si tradurranno in una riduzione delle emissioni. Le innovazioni nel campo della robotica cloud hanno avuto un notevole slancio, grazie alle iniziative di grandi aziende come Google e IBM e all’impegno di diversi istituti di ricerca in numerosi progetti attivi in tutto il mondo. La necessità di sviluppare robot ca-
ratterizzati da prestazioni e accessibilità elevate è stata al centro dell’interesse delle attività di ricerca. «Man mano che la robotica cloud supera la fase iniziale, numerose applicazioni di queste tecnologie verranno alla ribalta, - osserva Debarun Guha Thakurta, analista di Frost & Sullivan. - Per il momento, sanità, trasporti, robotica di consumo e produzione sono aree che possono trarre beneficio dall’utilizzo di risorse condivise e dall’eliminazione della necessità di gestire o aggiornare il software di robotica». Considerando la grande diffusione della tecnologia del cloud computing e di smartphone e tablet, il mercato della robotica di consumo assisterà a una forte crescita. Inoltre, la robotica cloud sarà un catalizzatore per la nascita di un mercato commerciale per la robotica di consumo. La sfida principale per gli operatori del mercato, tuttavia, è rappresentata dall’elevata dipendenza della robotica cloud da una connessione Internet attiva per processare qualsiasi funzione. Nelle aree con connettività
limitata o assente, i robot che fanno affidamento sul cloud sono incapaci di funzionare efficacemente e di rispondere prontamente nel caso di situazioni critiche. «La convergenza della robotica cloud con Big Data, context-aware computing e reti wireless ubique ad alta velocità, insieme all’utilizzo di sensori wireless avanzati, potrebbe risolvere i problemi legati alla connessione e i tempi di risposta lenti, - afferma Mousumi Dasgupta, analista di Frost & Sullivan. Anche le operazioni che richiedono l’esecuzione di task in tempo reale avranno bisogno di robot orientati ai servizi con una propria capacità di elaborazione».” Lo studio “Innovations in Cloud Robotics” fa parte del servizio Technical Insights e offre un approfondimento sulle nove dimensioni della robotica cloud: anno di incidenza, potenziale del mercato, impronta globale, proprietà intellettuale, finanziamenti, ampiezza dei diversi settori, impatto e macro-tendenze, potenziali punti di convergenza e dimensioni dell’ecosistema di innovazione. Questo servizio di ricerca include inoltre una dettagliata analisi tecnologica e le tendenze nel settore, valutate in seguito ad esaurienti colloqui con gli operatori del mercato. Il servizio Technical Insights di Frost & Sullivan è un servizio internazionale di analisi tecnologica che fornisce una vasta gamma di avvisi sulle ultime notizie tecniche, newsletter e servizi di ricerca. (Red) Vedi www.frost.com
RASSEGNA STAMPA. LA VIGNETTE DELLA SETTIMANA Corriere.it 26 Giugno
Corriere.it 25 Giugno
Italiaoggi.it 26 Giugno
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Italiaoggi.it 25 Giugno
A sinistra, la miniera di Monte Sinni, al 2013 l'unica miniera carbonifera attiva in Italia, a Nuraxi Figus frazione di 583 abitanti nel comune di Gonnesa in provincia di Carbonia-Iglesias, territorio del Sulcis-Iglesiente (foto Infn.it)
impatto ambientale nullo. Il primo passo di ARIA prevede l’installazione di una torre-pilota di distillazione criogenica: un prototipo di dimensioni tali da rappresentare un unicum al mondo. Tale progetto, senza precedenti a livello internazionale, è reso possibile dalla cooperazione tra INFN, con ruolo di guida e coordinamento dei gruppi di ricerca coinvolti, Regione Sardegna, che guida lo studio dell’implementazione del progetto e le relazioni istituzionali, e Princeton University, oltre che dal contributo cruciale di aziende italiane. La prima fase di progettazione è già partita, grazie a un finanziamento garantito dalla US National Science Foundation (US-NSF).
SARÀ UN IMPIANTO UNICO AL MONDO
“ARIA”, DALLE MINIERE DEL SULCIS NUOVA RISORSA PER LA CACCIA ALLA MATERIA SCURA
L
'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e la Regione Autonoma della Sardegna hanno firmato un protocollo d’intesa per il prossimo sviluppo del progetto ARIA, finalizzato alla realizzazione di un’innovativa infrastruttura di ricerca presso la miniera di Monte Sinni, nel bacino carbonifero del Sulcis, in Sardegna. L’accordo consentirà di aprire un tavolo di discussione tra INFN e Regione Sardegna per l’installazione nella miniera di un impianto tecnologico di altissimo livello, in corrispondenza dei pozzi di Seruci. L’altezza e il diametro dei pozzi, la loro configurazione, con accessi multipli e sistemi di sicurezza integrati, la disponibilità di un’autostrada camionabile dalla superficie fino alla profondità di 500 metri e le professionalità presenti nel sito, sono condizioni ideali per l’installazione in sicurezza di un impianto che avrà dimensioni uniche al mondo. L’obiettivo del progetto ARIA è la separazione dell’aria nei suoi componenti fondamentali, elementi che trovano utilità in diversi ambiti di ricerca e applicazione. Uno di questi componenti, l’Argon-40, è un materiale pre-
giatissimo che permetterà lo sviluppo di una innovativa tecnica per la ricerca della materia oscura ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN, progettata e realizzata dall’esperimento DarkSide (Vedi art. a pag.11). Altri componenti dell’aria, come l’ossigeno-18 e il carbonio-13, sono elementi che, propriamente e completamente selezionati e isolati, sono anch’essi pregiatissimi in diversi ambiti di applicazione. Questi elementi hanno un mercato internazionale di grande rilievo, dal quale tuttavia il nostro Paese è attualmente escluso. Una torre pilota. Grazie alle infrastrutture uniche della miniera di Monte Sinni, il progetto ARIA permetterebbe di sviluppare un ciclo produttivo in grado di abbassare notevolmente i costi energetici di produzione di questi materiali speciali, rendendoli più accessibili e fruibili. In questo modo, ARIA contribuirebbe ad aumentare la disponibilità di tecnologie avanzate per lo screening medico, incluse le tecniche diagnostiche per la lotta al cancro. Utilizzando per la separazione dell’aria strutture pre-esistenti, l’innovativo processo tecnologico comporterà inoltre un
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«Il progetto ARIA è un esempio importante di come la ricerca di base possa offrire l’opportunità di un potenziale sfruttamento industriale delle tecniche sviluppate per gli esperimenti alla frontiera della conoscenza», è il commento di Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. «L’INFN è da sempre attento alla ricaduta nel contesto produttivo delle sue iniziative di ricerca. In questo caso specifico, l’ente presta grande attenzione e ci adopereremo con energia per il suo successo». Speranza Falciano, membro della Giunta Esecutiva dell’INFN che segue i progetti di trasferimento tecnologico, al riguardo sottolinea: «Il progetto ARIA è di notevole importanza strategica. Lo spin-off di questa tecnologia potrebbe permettere un impatto importante a livello sociale, delle imprese sul territorio e dei centri di ricerca della Regione Sardegna, a partire dall’Università. E conclude: «I settori che ne trarrebbero beneficio sono quelli della medicina diagnostica, con particolare riferimento allo screening avanzato di diverse patologie, dell’energia pulita, dell’eco-sostenibilità, dell’agricoltura, e dello studio del cambiamento del clima». (Red)
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Vedi www.infn.it
AMBIENTE
Un’infrastruttura permanente a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale per studiare gli effetti dei cambiamenti climatici
I
naugurato a Panarea (arcipelago delle Eolie, Messina) la nuova infrastruttura di ricerca ECCSELNatLab Italy (in via San Pietro), che l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), con la collaborazione dell’Università degli Studi di Roma “Sapienza”, ha messo a disposizione della comunità scientifica nazionale e internazionale. Sarà un’importante base logistica per lo studio dei cambiamenti climatici. «La presenza di emissioni naturali di CO2 e altri geogas dal fondo del mare rendono l’isola di Panarea un laboratorio naturale straordinario per studiare gli effetti legati ai cambiamenti climatici, per la messa a punto di tecniche di monitoraggio e per studi di impatto sull’ecosistema» spiega Cinzia De Vittor, ricercatrice OGS e responsabile del laboratorio ECCSEL-NatLab Italy a Panarea. Aggiunge: «Grazie alla sua unicità quest’area è stata oggetto di studio in numerosi progetti nazionali e internazionali». ECCSEL-NatLab Italy è una delle componenti italiane dell’ European Carbon Dioxide Capture and Storage Laboratory Infrastructure (ECCSEL): una rete europea finalizzata a realizzare un network di laboratori d’eccellenza per lo sviluppo di tecniche di stoccaggio geologico della CO2 (CCS, Carbon Dioxide Capture and Storage), per affrontare la lotta ai cambiamenti climatici attraverso la promozione delle tecnologie per il sequestro nel sottosuolo della CO2 in eccesso. A tale iniziativa, finanziata nella sua fase preparatoria dalla Commissione Europea, partecipano 15 partner di dieci diversi paesi europei, con laboratori di punta “aperti” alla comunità scientifica internazionale per sviluppare ricerche non attuabili altrove, contribuire al trasferimento della conoscenza e valorizzare il patrimonio tecnologico presente in Europa. «Le infrastrutture di ricerca,
OGS HA INAUGURATO ECCSEL-NATLAB ITALY
PANAREA, CAPITALE
DELLA RICERCA SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI A sinistra, l’isola di Panarea. Nelle foto piccole strumenti scientifici calati in fondo al mare di Panarea
condivise e aperte a tutti i ricercatori, costituiscono oggi una priorità per le strategie in tema di ricerca e innovazione. In quest’ottica il nuovo laboratorio di Panarea rappresenta un traguardo per le ricerche che da anni l’OGS promuove a livello internazionale per la salvaguardia delle risorse naturali», commenta Maria Cristina Pedicchio, presidente di OGS. Dal 2008 ECCSEL-NatLab Italy è inserito nella roadmap ESFRI, il Forum Strategico Europeo per le Infrastrutture di Ricerca, perché considerato di prioritaria importanza. «Anche il ministero italiano della Ricerca ha già mostrato interesse per questo progetto contribuendo alla sua realizzazione. ECCSEL-NatLab Italy, inoltre, in quanto componente del network ECCSEL, si colloca all’in-
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terno dell’European Research Infrastructure Consortium (ERIC), uno strumento giuridico promosso dal parlamento europeo per facilitare e sostenere la realizzazione delle infrastrutture dello Spazio Europeo della Ricerca», precisa Pedicchio. «Il progetto ECCSEL-NatLab Italy prevede la realizzazione di un laboratorio permanente anche a Latera (Viterbo), perché come Panarea è un’area strategica in cui emissioni naturali di anidride carbonica consentono studi e ricerche di grande rilevanza nell’ambito della lotta ai cambiamenti climatici» conclude Michela Vellico, ricercatrice OGS, responsabile del progetto ECCSEL-NatLab Italy e referente OGS per ECCSEL. (Red)
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Vedi http://www.eccsel.org/ www.ogs.trieste.it
lizzata) per inibire la foto-ossidazione dei polimeri. Le argille modificate sono state incorporate nella poliammide dei biopolimeri (PA11) e nell’acido polilattico (PLA) per produrre innovativi nano-compositi in biopolimero-argilla. Durante gli esperimenti i nuovi compositi si sono dimostrati erano più stabili nell’elaborazione termica e nel contempo acceleravano l’esposizione ai raggi ultravioletti rispetto agli stessi polimeri contenenti modificatori in argilla attualmente disponibili in commercio. In un secondo approccio, gli scienziati hanno sfruttato una classe relativamente nuova di molecole, gli idrossidi doppi lamellari (LDH). Gli strati caricati positivamente sono stati separati da un interstrato di anioni legati debolmente i quali possono essere sostituiti da numerose specie a carica negativa. Il team ha sintetizzato nuove nanoparticelle LDH contenenti un antiossidante o un leggero stabilizzatore. Esse erano incorporate in PA11 e PLA. I nuovi compositi LDH a base di biopolimeri si sono dimostrati non tanto stabili a temperature elevate rispetto ai compositi con LDH non modificati, ma hanno evidenziato una migliore stabilità foto-ossidativa nei test delle condizioni atmosferiche accelerate.
CON NANOSTAB-GB SI ESPERIMENTA LA PLASTICA “GREEN”
I biopolimeri sono diventati la spina dorsale di una miriade di prodotti, dall’elettronica all’imballaggio degli alimenti ai componenti dei velivoli. In futuro i compositi in polimeri a base biologica con una stabilità superiore avranno un enorme impatto sulla sostenibilità e sulla competitività della produzione europea.
I
polimeri convenzionali o plastiche sono composti da materiali a base di petrolio che diventeranno sempre più insostenibili in futuro, per cui si sta cercando di trovare biopolimeri alternativi per svolgere i loro compiti. Attualmente, non va meglio per i riempitori in nano-ceramica inorganici, comunemente usati per impartire proprietà uniche, perché dimostrano una
bassa stabilità durante l’elaborazione e in servizio. Il progetto NANOSTABGB (“Novel nano-stabilisation for green bioplastic nanocomposites”), finanziato dall’UE, ha offerto una soluzione per entrambi i problemi. A tale riguardo gli scienziati hanno sviluppato composti innovativi con una stabilità termica e una durata migliorate basate sull’uso dei biopolimeri e sui riempitori in nano-argilla presenti in natura. Queste strategie di stabilizzazione intelligente per la modifica della nano-argilla con antiossidanti inducono il rafforzamento delle reti di biopolimero-nano-argilla. In tale scenario, i ricercatori di NANOSTAB-GB hanno sviluppato innovativi modificatori biologici di argilla contenenti un antiossidante o uno stabilizzatore leggero (ammina stabi-
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NANOSTAB-GB ha preparato con successo nano-compositi stabili a base di biopolimeri che sfruttano una sorta di pallottola d’argento o un meccanismo di stabilizzazione diretta al sito. Gli innovativi nanofiller in argilla funzionalizzati, oltre al loro ruolo di nanofiller, hanno stabilizzato il nano-composito. Essendo disponibili a richiesta presso i siti di ossidazione (l’interfaccia tra la matrice in polimeri e il filler), hanno offerto una massima inibizione per una stabilità a lungo termine migliorata. Il progetto dunque ha tracciato un percorso importante verso la stabilizzazione dei polimeri, biologici o meno, che utilizzano nanofiller in argilla. I suoi nuovi nanofiller funzionalizzati con stabilizzazione incorporata miglioreranno la durata di molti prodotti. Nel loro insieme, i risultati hanno offerto un importante contributo alla bioeconomia basata sulla conoscenza sostenibile in ambito comunitario. (Red)
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Vedi http://cordis.europa.eu/
TECNOLOGIA
MATERIALI INNOVATIVI PER LE FINESTRE DI PROSSIMA GENERAZIONE
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n tutta Europa appena il 15 % delle finestre sono dotate di vetri a risparmio energetico. Un gruppo di ricercatori finanziato dall’UE sta lavorando per migliorare l’efficienza energetica degli edifici ampliando la loro funzionalità promuovendo soluzioni con vetrature avanzate. Un dato quello riportato sopra che si coniuga con il 40 % del consumo energetico nell’UE utilizzato per riscaldare,
raffreddare e illuminar e gli edifici. Il progetto a cui gli studiosi stanno lavorando si chiama HARWIN (“Harvesting solar energy with multifunctional glass-polymer windows”). Obiettivo: trovare soluzioni per ridurre il peso, la conduttività del calore e il consumo energetico della finestra. Usando dei materiali compositi innovativi vetro/polimero, gli scienziati stanno sviluppando strutture leggere per le vetrature e telai per finestre con proprietà su misura. I componenti dei nuovi materiali compositi vetro/polimero consentiranno a una maggiore quantità di luce di passare nella porzione visibile.
nel vetro della nuova finestra con una trasparenza sufficiente. Finora gli scienziati hanno sviluppato una struttura leggera per la vetratura basata su vetri da 2-mm che sono laminati con polimeri rinforzati con fibre di vetro. Inoltre è stato sviluppato un materiale leggero per il telaio basato sul polipropilene. Altri risultati sono stati lo sviluppo di lamine composite con una trasmittanza visibile pari a circa il 95 % e una migliore rigidità, e di un nuovo vetro luminescente per la conversione parametrica. Grazie ai materiali a conversione parametrica, la luce ultravioletta viene convertita in luce visibile. Il miglioramento del vetro laminato con polivinilbutirrale accrescerà ulteriormente il livello finora ottenuto della conduttività termica delle lastre di vetro. Gli scienziati hanno dimostrato una migliorata funzionalità delle vetrature laminate con l’aiuto di rivestimenti, ottenendo una riduzione del peso del 25 %. Inoltre, essi hanno mostrato la possibilità di ridurre ulteriormente la quantità di vetro necessaria per le vetrature laminate senza compromettere le loro prestazioni meccaniche. Sono stati prodotti diversi elementi delle vetrature laminate con dimensioni di 0,5x0,5 metri quadrati. Anche se le loro proprietà ottiche erano abbastanza buone, le proprietà di isolamento termico e il peso delle vetrature necessitano di ulteriori miglioramenti. Le attività del progetto dovrebbero contribuire a un ridotto potenziale di riscaldamento da effetto serra grazie ai materiali delle vetrature e dei telai nelle finestre e a una costruzione più leggera degli edifici dovuta a materiali di peso leggero. (Red)
Materiali intelligenti a cambiamento di fase saranno capaci di accumulare grandi quantità di energia. I nuovi materiali regoleranno l’umidità, diminuiranno la conduzione termica e garantiranno l’isolamento acustico. La sfida è quella di combinare queste caratteristiche funzionali
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Vedi http://cordis.europa.eu/ http://www.harwin-fp7.eu/
LA FORNITURA ELETTRICA DEL FUTURO
U
n progetto finanziato dall’UE mira a sviluppare una rete paneuropea di trasmissione dell’elettricità, che potrebbe estendersi anche alle autostrade, per soddisfare le esigenze energetiche del vecchio continente tra il 2020 e il 2050. Le interconnessioni transfrontaliere dovrebbero potenziare la sicurezza e la continuità dell’approvvigionamento elettrico grazie agli scambi energetici effettuati in caso di necessità. Permetteranno inoltre di equilibrare l’energia rinnovabile variabile su aree più ampie. In tale scenario, la Commissione europea ha messo in luce il bisogno di ampliare del 40 % le capacità in termini di interconnessioni verso il 2020, con ulteriori obiettivi concordati per il 2030. A tale riguardo Il progetto E-HIGHWAY2050 (“Modular development plan of the pan-European transmission system 2050”), finanziato dall’UE, partecipa allo sviluppo di un mercato unico per l’elettricità europea. Un consorzio costituito da 28 partecipanti provenienti dal mondo accademico e industriale sta ideando una metodologia di pianificazione a lungo termine di tipo top-down che dovrebbe condurre all’elaborazione di una prima versione di un piano di espansione solido e modulare per la rete di trasmissione paneuropea dal 2020 al 2050, in linea con i pilastri della politica energetica europea. Le prime fasi dell’iniziativa EHIGHWAY2050 consistono nell’implementazione di una serie di scenari futuri in termini di sistemi elettrici, incentrati sui requisiti delle unità di generazione che dovranno essere in grado di sostenere il bilanciamento del carico e il possibile utilizzo dello stoccaggio di elettricità. (Red) http://www.e-highway2050.eu/ http://cordis.europa.eu/
BREVETTO DI UNIVERSITÀ BICOCCA E PIRELLI
UNA NUOVA MESCOLA PER SUPER GOMME
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aggiore aderenza al suolo, più durata e sicurezza e minor consumo di carburante. Sono le caratteristiche della nuova mescola per pneumatici a base di nano-particelle di silice allungata, sviluppata e brevettata dall’Università di Milano-Bicocca e da Pirelli. La nuova mescola è frutto di uno studio di tre anni, al quale ha contribuito anche l’Università di Praga e realizzato nell’ambito delle attività del dottorato di ricerca in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali dell’Ateneo milanese, parte del Consorzio CORIMAV, il Consorzio per le ricerche sui materiali avanzati, che unisce Milano-Bicocca a Pirelli. La ricerca, (The filler–rubber interface in styrene butadiene nanocomposites with anisotropic silica particles: morphology and dynamic properties doi: 10.1039/C5SM00536A), pubblicata sulla rivista Soft Matter della Royal Society Of Chemistry, è stata realizzata dal team di Sintesi di Materiali Inorganici dell’Università di Milano-Bicocca formato da Roberto Scotti, professore associato di Chimica generale e inorganica, Barbara Di Credico e Massimiliano D’Arienzo, entrambi ricercatori nel Dipartimento di Scienza dei Materiali, e coordinato da Franca Morazzoni, professore ordinario di Chimica Generale e Inorganica, in collaborazione con i ricercatori del gruppo R&D di Pirelli Tyre, diretti
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da Thomas Hanel. Le mescole utilizzate negli pneumatici contengono particelle di silice, prevalentemente di forma sferica, fondamentale nelle proprietà meccaniche delle gomme. La silice non sferica aumenta il rinforzo delle gomme, aderendo meglio al polimero ed aumentando la quantità di gomma intrappolata tra le nano-particelle. L’impiego di queste silici innovative nelle mescole per pneumatici presenta un effetto di rinforzo superiore del 5 per cento rispetto alle silici tradizionali. Inoltre, le nano-particelle di silice allungata migliorano la resistenza all’usura e all’abrasione della gomma, diminuendo anche il consumo di carburante del veicolo. Gli esperimenti, hanno consentito di fotografare e quantificare la gomma intrappolata tra le nanoparticelle con l’impiego della microscopia elettronica in trasmissione. «Questo risultato - spiega Franca Morazzoni – frutto della collaborazione tra Università e industria, dimostra come sia forte il legame tra la ricerca e la sua ricaduta sul territorio e sulle sue imprese. In particolare, questa ricerca è stata finanziata dal consorzio CORIMAV, il Consorzio per le ricerche sui materiali avanzati, frutto della collaborazione tra Pirelli e Bicocca, ormai consolidata da anni». Lo studio è oggetto di un brevetto industriale di filler con morfologia controllata congiunto Università di Milano -Bicocca e Pirelli Tyre. (Red) Vedi www.unimib.it
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QUELLE ISOLE DI RAME ULTRA-FREDDE
aumento eccezionale dell'attrito». Lo studio si è diviso in una parte sperimentale (svolta principalmente dall'Università di Padova e nei laboratori modenesi di Università di Modena e Reggio Emilia e Nano-Cnr) e una teorica (basata su modelli e simulazioni al computer) condotta da SISSA/Iom-CnrDemocritos/ICTP. «Per comprendere cosa accade quando si comprimono le isole è fondamentale il concetto di “commensurabilità dell'interfaccia”», spiega Roberto Guerra, ricercatore della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste, fra gli autori della ricerca.
E SUPERSCIVOLOSE
A sinistra, campione di rame cristallino usato come substrato di “scivolamento'“ (crediti Nano-Cnr, Modena)
È possibile cambiare le proprietà di scivolamento di atomi su una superficie, passando da un regime di bassissimo a uno di altissimo attrito: lo dimostra uno studio in collaborazione tra SISSA, Cnr, ICTP, Università di Padova e Università di Modena e Reggio Emilia, pubblicato sulla rivista Nature Nanotechnology.
N
ano-isole che scivolano liberamente su un mare di rame, ma quando diventano troppo grandi e troppo dense finiscono per incagliarsi. Così si può descrivere il sistema studiato nella ricerca pubblicata su Nature Nanotechnology. «Possiamo passare da uno
stato di super-lubricità a uno di fortissimo attrito, in maniera repentina, variando alcuni parametri del sistema che stiamo studiando. In questo lavoro abbiamo usato atomi di xeno, un gas nobile, legati fra loro a formare isole bidimensionali, depositati su una superficie di rame (Cu 111). A basse temperature questi aggregati scivolano praticamente senza attrito», spiega Giampaolo Mistura dell'Università di Padova. Aggiunge: «Abbiamo aumentato la dimensione delle isole aggiungendo atomi di xeno, e fino a che non si copre tutta la superficie disponibile l'attrito diminuisce in maniera graduale. Quando però lo spazio disponibile finisce, e l'aggiunta di atomi causa la compressione delle isole, allora si osserva un
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«Possiamo immaginare il sistema da noi studiato come formato da mattoncini di Lego. Il substrato di rame è come un assemblaggio orizzontale di mattoncini e le isole di xeno come dei pezzi sciolti», commenta a sua volta Guido Paolicelli di Cnr-Nano di Modena. Riprende: «Se il substrato e le isole sono fatti da mattoncini diversi (per larghezza e distanza dei pioli) le isole non potranno mai bloccarsi sul substrato. Questa situazione riproduce il nostro sistema a temperature poco sopra lo zero assoluto dove osserviamo uno stato di super-lubricità, con un attrito quasi nullo. L'aumento di superficie delle isole e la successiva compressione del materiale però fa si che queste finiscono per essere commensurate al substrato - come mattoncini con lo stesso passo - e a quel punto, in maniera improvvisa, si bloccano». Lo studio dimostra per la prima volta che è possibile variare drasticamente lo scivolamento dei nano-oggetti. «Possiamo immaginare svariate applicazioni - conclude Guerra - Si potrebbero per esempio progettare dei nanocuscinetti in grado di bloccarsi sotto certe condizioni, il tutto in maniera reversibile». (Red)
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Vedi www.nano.cnr.it http://goo.gl/EKaVqm
SCIENZE
A fianco lo schema di DarkSide-50
INAUGURATO NEI LABORATORI INFN DEL GRAN SASSO L’ESPERIMENTO DARKSIDE-50
DETECTIVE HI-TECH
SULLE TRACCE DELLA MATERIA OSCURA
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ndagare il lato oscuro del nostro universo. Ecco la missione di DarkSide-50, il nuovo detective hi-tech, inaugurato ufficialmente ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), dove lo scorso aprile aveva iniziato a raccogliere i primi dati come da progetto. All’evento hanno preso parte Stefano Ragazzi, direttore dei LNGS, Fernando Ferroni, presidente dell’INFN, John Phillips, ambasciatore Usa in Italia, Cristian Galbiati della Princeton University, che coordina la collaborazione assieme a Gioacchino Ranucci dell’INFN, Ken Havens della Kinder Morgan, l’azienda che fornisce l’argon radiopuro necessario all’esperimento, Jim Whitmore della National Science Foundation (NSF) degli Usa, che, assieme all’INFN e al Department Of Energy (DOE), finanzia DarkSide. «L'importanza di questo progetto, è testimoniata da chi a questo evento partecipa, - commenta Fernando Ferroni, presidente dell’INFN - una grande collaborazione dell'INFN con le due grandi agenzie americane, i contorni di valenza industriale nel nostro paese e sopratutto la convinzione di costruire il miglior rivelatore possibile nel suo campo per la ricerca dell’elusiva materia oscura». «La partenza di DarkSide-50 corona uno sforzo pluriennale - sottolinea Cristian Galbiati, uno dei due coordinatori dell’esperimento, ricercatore all’INFN di Milano e professore alla Princeton University. I test effettuati prima della partenza hanno già dimostrato che la tecnologia di DarkSide si presta in maniera unica a realizzare un programma di completa esplorazione della materia oscura a fondo nullo». Gioacchino Ranucci ricercatore della Sezione INFN di Milano alla guida del progetto assieme a Galbiati., dal canto suo osserva: «DarkSide rappresenta un grande salto di qualità nell’ambito della tematica di frontiera della ricerca della materia oscura. Con il suo nocciolo di Argon ultrapuro
contornato da un sofisticato sistema di veti contro le possibili sorgenti di disturbo, l’apparato è in grado di condurre la sua indagine in una situazione ideale di pressoché totale assenza di fondo, condizione indispensabile per identificare con assoluta chiarezza le elusive e sfuggenti particelle di materia oscura». Riprende Galbiati: «Potremo cercare la materia oscura in una scala di masse molto alte, anche ben al di sopra di 10 TeV, e quindi a energie inaccessibili persino agli esperimenti che operano al CERN. Così i Laboratori del Gran Sasso diventano la vera energy frontier per la ricerca di nuova fisica oltre il modello standard». Ma non è tutto. Le ricerche e gli sviluppi tecnologici condotti per realizzare il progetto, hanno ora anche un forte impatto sugli studi di tecniche diagnostiche mediche avanzate: lo testimoniano il progetto Aria, che nasce da un’iniziativa congiunta tra INFN e Regione Autonoma della Sardegna, e il progetto 3Dp, nato al Gran Sasso. L’esperimento All’interno dei laboratori sotterranei di fisica astroparticellare più grandi al mondo, sotto il massiccio del Gran Sasso, protetto dai raggi cosmici che piovono incessantemente sulla Terra da uno scudo di 1.400 metri di roccia, DarkSide cercherà di catturare le tracce lasciate direttamente dalle particelle di materia oscura, quando interagiscono con l’argon liquido estremamente radiopuro (cioè a bassissimo contenuto di radioattività), che costituisce il cuore dell’esperimento. DarkSide è, infatti, un rivelatore cilindrico riempito con 150 Kg di argon liquido purissimo e ricoperto di fotomoltiplicatori, occhi tecnologici ultrasensibili che raccolgono il segnale emesso nell’interazione delle particelle di materia oscura con l’argon. Per riuscire a rivelare questi eventi finora mai osservati, è necessario operare in un ambiente con bassissimo rumore di fondo, da qui l’esigenza di utilizzare come mezzo di interazione un materiale purissimo, come l’argon proveniente da giacimenti minerari del Colorado, negli Stati Uniti. Per assicurarsi un così alto livello di radiopurezza, l’argon viene estratto dal sottosuolo dove, grazie al terreno sovrastante, giaceva naturalmente protetto dal bombardamento dei raggi cosmici. La materia oscura Nonostante costituisca ben il 26% di ciò che esiste nel nostro universo, e sia in quantità cinque volte maggiore rispetto alla materia ordinaria, di cui è fatto tutto ciò che conosciamo, la sua natura ci è ancora sconosciuta. Non riusciamo a vederla, apparentemente non interagisce con i nostri strumenti, ma sappiamo che esiste perché tiene insieme le galassie con la sua attrazione gravitazionale. Riuscire a rivelare e studiare la materia oscura è una delle sfide fondamentali della fisica contemporanea, per capire come è fatto l’universo che ci ospita. (Red) Vedi www.infn.it
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Il Politecnico di Torino ha realizzato per l’ESA uno speciale algoritmo per ottenere immagini spaziali più definite e più veloci da trasmettere.
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ETIS e PRISMA sono i due satelliti che in un prossimo futuro saranno lanciati per orbitare rispettivamente intorno al Sole e attorno alla Terra e che saranno equipaggiati con questo speciale algoritmo del Politecnico di Torino. Un esempio per tutti per capire l’importanza di ottenere immagini spaziali più definite e veloci. Cosa trasmetterà il lander Philae dalla cometa sulla quale si è “risvegliato” qualche settimana fa dopo sette mesi di silenzio ancora non lo possiamo sapere; sicuramente però tra i tanti dati che invierà le immagini costituiranno una parte fondamentale per conoscere qualcosa in più su questo corpo spaziale tanto distante da noi. La raccolta di immagini spaziali è una componente scientifica di primaria importanza di tutte le missioni nello spazio, che utilizzano macchine fotografiche multispettrali e iperspettrali (che forniscono immagini di corpi a distanza, analizzando l’energia emessa a varie lunghezze d’onda e identificandola con colori differenti) montate a bordo di satelliti in orbita intorno o in viaggio nello spazio. Proprio per ottenere immagini di una qualità sempre migliore, l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha assegnato a un team di ricerca e sviluppo compren-
ALGORITMO MADE IN ITALY PER IMMAGINI PERFETTE E VELOCI DAL SISTEMA SOLARE dente il Politecnico di Torino e la ditta Techno System Developments, e coordinato dal Prof. Enrico Magli del Politecnico, il compito di progettare e realizzare un algoritmo di compressione veloce, flessibile ed efficiente da utilizzare nelle prossime missioni scientifiche. I satelliti, infatti, acquisiscono immagini e le trasmettono sulla Terra, dove vengono studiate per capire fenomeni fisici complessi oppure per elaborare informazioni legate all’ambiente e all’atmosfera. In tutti i casi, a causa della capacità di comunicazione limitata tra il satellite e le stazioni riceventi a terra, è necessario applicare a bordo del satellite degli algoritmi per la compressione di immagini al fine di ridurre la quantità di informazione da trasmettere e rendere così la trasmissione stessa più rapida ed efficace. L’algoritmo messo a punto dal Politecnico, che è basato su un nuovo concetto di compressione per livelli di qualità elevata, contiene diverse
componenti molto innovative, ed è stato realizzato su hardware programmabile, dimostrandone le elevate capacità di compressione e velocità di elaborazione su sistemi qualificati per lo spazio. L’algoritmo, nella sua versione originale o ottimizzata per applicazioni specifiche, è già stato adottato per diverse missioni in prossima partenza. È stato infatti ottimizzato e realizzato per il coronografo solare a bordo della missione METIS, il cui satellite dovrebbe essere lanciato nel 2018 per poi orbitare intorno al Sole. Sarà poi utilizzato per la missione italiana PRISMA, gestita dall’Agenzia Spaziale Italiana, che monterà un sensore iperspettrale a bordo di un satellite in orbita intorno alla Terra. È infine in corso la valutazione per inclusione nella missione Exomars per lo strumento iperspettrale MicrOmega destinato ad acquisire immagini del pianeta Marte. (Red) Vedi www.polito.it
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IL FRUMENTO CON UN GENOMA PIÙ SEMPLICE LE CUI ORIGINI RISALGONO A 10 MILA ANNI FA
VEDERE USANDO LA LINGUA
DAL “PICCOLO FARRO”
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AL GLUTINE DIGERIBILE
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l grano monococco, ossia il Triticum monocccum, anche noto come piccolo farro, pur essendo un cereale che contiene glutine, cioè la sostanza proteica che in soggetti geneticamente predisposti scatena allergie e intolleranze, potrebbe essere un alimento adatto a prevenire la celiachia. Sembra una contraddizione, si tratta invece della conclusione a cui è giunto un team di ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche coordinati da Gianfranco Mamone dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (IsaCnr) di Avellino e da Carmen Gianfrani dell’Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) di Napoli con un articolo pubblicato sulla rivista Molecular Nutrition and Food Research. «Il monococco, le cui origini risalgono a diecimila anni fa, è un frumento con un genoma più semplice rispetto agli altri cereali e ha costituito la base della dieta delle popolazioni agricole per migliaia di anni, sostituito poi in gran parte dal grano tenero e duro, più produttivi e di facile trebbiatura», spiega Mamone. Aggiunge: «Con il nostro studio abbiamo scoperto che varietà antiche di questo cereale contengono un glutine più fragile e dunque più digeribile e meno tossico rispetto al grano tenero (Triticum aestivum). La riproduzione in vitro del processo di digestione gastrointestinale, seguita dall’analisi proteomica e dalla valutazione della tossicità immunologica su biopsie intestinali e cellule linfocitarie prelevate da soggetti celiaci, ha dimostrato che la parte proteica del glutine, dannosa per i celiaci, è in gran parte distrutta durante il processo di digestione del grano monococco, contrariamente a quanto succede per il glutine del grano tenero». Una notizia positiva dunque, solo però in termini di prevenzione. «Seppur notevolmente meno dannoso, il monococco non è comunque idoneo per pazienti che hanno già manifestato la celiachia», puntualizza Gianfrani. «Invece, potrebbe avere effetti benefici sullo sviluppo della malattia in soggetti ad alto rischio di celiachia. Infatti, dal momento che esiste una stretta correlazione tra la quantità di glutine assunta e la soglia per scatenare la reazione infiammatoria avversa, un’azione preventiva potrebbe essere quella di utilizzare grani con minor contenuto di glutine. Pertanto un grano come il monococco che contiene un glutine più digeribile, e dunque meno nocivo, potrebbe essere un valido strumento per la prevenzione di questa patologia». A beneficiare di un dieta a base di piccolo farro sarebbero, secondo i ricercatori, anche i soggetti con sensibilità al glutine. «Oggi sappiamo che gli alimenti a base di grano monococco sono ben tollerati anche da chi soffre di questo disturbo alimentare, che ha caratteristiche diverse dalla celiachia. Quindi, il prossimo passo della ricerca sarà eseguire gli esperimenti direttamente sui soggetti intolleranti per avere la conferma della minore tossicità del monococco e riportare sulla nostra tavola un grano antico», concludono i ricercatori. (Red) Vedi http://www.cnr.it
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a Food and Drug Administration (Fda) statunitense ha dato l'ok all'uso della tecnologia che aiuterà i non vedenti a orientarsi elaborando immagini visive a partire da stimoli ricevuti sulla lingua. Si tratta di uno strumento che combina un paio di occhiali con videocamera e un piccolo dispositivo intraorale dotato di 400 elettrodi che diventa tutt'uno con il bastone bianco o il cane guida. L'apparecchiatura si chiama BrainPort V100, è prodotto dalla Wicab ed è già stato approvato anche in ambito UE. Funziona con un software che converte le immagini in segnali elettrici che sono percepiti come vibrazioni o formicolii sulla lingua, come l'acqua leggermente frizzante. Attraverso l'esercizio, i non vedenti arrivano a interpretare i segnali per determinare posizione, dimensione, forma ed eventuale movimento degli oggetti.
IL CEROTTO CHE CONTROLLA E RILASCIA INSULINA
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n gruppo di ricercatori delle università di North Carolina e North Carolina State ha messo a punto un cerotto “smart” che con i suoi 100 microaghi riesce a capire quando c'è carenza di glucosio nel sangue e quindi mettere automaticamente in circolo l'insulina. Il cerotto è facile da usare ed è fatto di materiali biocompatibili e può essere personalizzato in base al peso e alla sensibilità all'insulina del paziente. Testati su una popolazione di topi con diabete di tipo 1 i cerotti si sono mostrati più efficaci delle semplici iniezioni nel tenere sotto controllo i valori nel sangue.
FRUTTI DI BOSCO, VINO ROSSO E IL "TERZO" GRASSO
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a una ricerca condotta alla Washington State University (Usa) e pubblicata su International Journal of Obesity emerge che due o tre porzioni al giorno di frutti di bosco come fragole, mirtilli e lamponi, oltre che uva e mele, aiutano a trasformare il grasso in eccesso in “grasso beige”, una terzo tipo di grasso brucia calorie che si aggiunge a quello bianco e marrone. Anche il vino rosso rientra in questa speciale squadra: potrebbe attivare un effetto simile grazie al resveratrolo, l’antiossidante dai molteplici effetti positivi tra cui anche quello di combattere l'obesità.
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SECONDO UNO STUDIO DEI RICERCATORI DELL’ISTITUTO DI GENETICA MOLECOLARE DEL CNR DI PAVIA
CARCINOGENESI, COINVOLTI AGENTI CHIMICI AMBIENTALI
dei tumori e per ciascuna di queste sono stati individuati dieci target, geni o processi cellulari, la cui distruzione comporta lo sviluppo dell’hallmark stesso. Sono stati quindi presi in considerazione agenti chimici diffusi nell’ambiente, non ancora stabiliti come cancerogeni, potenzialmente in grado di interferire con questi target» afferma Mondello. E subito dopo aggiunge: «Tra gli 85 agenti chimici presi in esame ne sono stati identificati 50 in grado di influenzare i meccanismi coinvolti nella carcinogenesi a concentrazioni a cui si possono trovare nell’ambiente, svolgendo quindi possibili azioni cancerogene. Lo studio ha messo in luce, inoltre, come uno stesso agente chimico possa colpire più target implicati nella cancerogenesi ed uno stesso target possa essere bersaglio di più agenti chimici. Questo suggerisce sottolinea la ricercatrice - che l’eventuale effetto cancerogeno di miscele di agenti chimici non possa essere ignorato e debba essere ulteriormente studiato, vagliando sia una possibile additività di dose di diversi agenti chimici, sia la possibile azione di questi su molteplici pathway».
Ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia hanno fatto parte di una task force internazionale che ha studiato l’effetto dell’esposizione a basse dosi di agenti chimici ambientali nella genesi del cancro. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Carcinogenesis della Oxford University Press
S
time dell’Organizzazione mondiale dalla sanità e dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro indicano che la frazione di tumori attribuibili all’esposizione ad agenti tossici ambientali sia compresa tra il 7% e il 19%. Nella ricerca sui tumori sono impegnati 174 ricer-
catori provenienti da 28 paesi, tra cui Chiara Mondello e Ivana Scovassi dell’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Igm-Cnr). Gli studiosi hanno approfondito la relazione tra ambiente e cancro analizzando criticamente dati tossicologici pubblicati in letteratura. I risultati del lavoro di questo gruppo di ricercatori hanno dato origine a 12 review pubblicate dalla rivista scientifica Carcinogenesis (Oxford University Press) in un numero speciale intitolato ‘Assessing the Carcinogenic Potential of Low Dose Exposures to Chemical Mixtures in the Environment’ (disponibile al link). «Sono state esaminate undici caratteri biologiche (hallmark) tipiche
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Il lavoro del team, coordinato dalla Ong «Getting to know cancer» (www.gettingtoknowcancer.org, mostra quanto questo campo di studio sia ancora aperto. «Poiché ci sono evidenze che un’elevata percentuale dei tumori sia dovuta ad esposizioni ambientali non correlate allo stile di vita personale, i risultati del lavoro indicano quanto sia importante che questo settore di ricerca venga potenziato per ottenere nuove informazioni - conclude la ricercatrice dell’Igm-Cnr - Queste problematiche devono essere portate all’attenzione della comunità scientifica così da stimolare lo sviluppo e il finanziamento di progetti di ricerca, necessari per poter approfondire gli studi iniziati». (Red)
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SPAZIO
A lato, schema dell’esperimento HUMOR
L’ESPERIMENTO HUMOR PONE NUOVI LIMITI PER L’UNIFICAZIONE DELLA RELATIVITÀ GENERALE DI EINSTEIN CON LA MECCANICA QUANTISTICA
“MICROSPIE” PER CAPTARE IL RUMORE DELLO SPAZIO-TEMPO
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li scienziati di HUMOR (Heisenberg Uncertainty Measured with Opto-mechanical Resonators), il primo esperimento con cui è stato ideato e realizzato un modo completamente nuovo di sondare lo spaziotempo a dimensioni estremamente piccole, hanno pubblicato su Nature Communications i primi importanti risultati, che pongono un nuovo limite superiore all’esplorazione dello spaziotempo a livelli microscopici. La misura di altissima precisione è stata possibile grazie all’utilizzo di “microspie” sensibilissime, in grado di ascoltare il flebile rumore delle fluttuazioni dello spaziotempo.
Questi strumenti non hanno ancora osservato una granulosità dello spaziotempo, ma sono riusciti a porre nuovi limiti e ora molti scienziati sono al lavoro per migliorare la strumentazione e spingersi a scale sempre più piccole. «La strada per una chiara comprensione del tessuto spaziotemporale che ci circonda è ancora lunga - sottolinea Marin - ma i risultati attuali possono già essere utilizzati per verificare le previsioni delle teorie che mirano a unificare gravità e fisica quantistica, costituendo un importante punto di riferimento e di partenza per l'analisi sperimentale di queste problematiche».
«Usando esperimenti da tavolo a bassissime energie spiega Francesco Marin, ricercatore di HUMOR, professore all’Università di Firenze, associato a INFN, LENS e CNRIstituto Nazionale di Ottica - siamo riusciti a effettuare, per mezzo di laser e sensori elettromagnetici, misure di spostamenti e tempi con una precisione elevatissima, rilevando le microscopiche vibrazioni di oscillatori di diverse dimensioni e masse, da qualche nanogrammo fino a qualche milligrammo».
HUMOR apre quindi all’affascinate prospettiva di poter testare uno dei punti-chiave delle più avanzate teorie, come ad esempio la teoria delle stringhe: ossia se il tempo e lo spazio, che a noi appaiono continui, siano in realtà fatti di minimi intervalli di spazio e tempo. D’altro canto, rispondere alla questione se spazio e tempo siano continui o discreti è una delle più grandi sfide, con imprevedibili implicazioni. Inoltre, una qualche formulazione della teoria quantistica
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della gravità potrebbe forse essere candidata a spiegare l'origine dell'intero universo e quindi questi limiti pongono vincoli utili alla costruzione della teoria giusta. HUMOR è frutto di una collaborazione tra Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), European Laboratory for Non-Linear Spectroscopy (LENS), le Università di Firenze, Trento e Camerino e la Fondazione Bruno Kessler (FBK). Come funziona HUMOR L’esperimento HUMOR ha alla base micro-oscillatori meccanici molto raffinati, costruiti con micro-litografia su wafer di silicio (tecniche simili a quelle che vengono usate per costruire i processori dei computer), con spessori micrometrici o nanometrici (millesimi o milionesimi di millimetro). La forma degli oscillatori è studiata per isolarli al meglio dall’ambiente esterno. Vengono poi raffreddati fino a pochi gradi dallo zero assoluto, per limitare le vibrazioni indotte dal calore. In questo modo si raggiunge un’elevatissima purezza dell’oscillazione: una volta eccitati, riescono a vibrare oltre un milione di volte prima che l’ampiezza di oscillazione diminuisca significativamente. Il movimento viene misurato con fasci laser e sensori elettrostatici a basso rumore, con sensibilità allo spostamento comparabile alle dimensioni del nucleo atomico. Lo scopo è misurare quanto il periodo di oscillazione rimanga stabile durante il moto, anche ad ampiezze relativamente grandi. I ricercatori di HUMOR hanno dimostrato che diverse teorie, che mirano a unificare in una descrizione unitaria relatività generale e meccanica quantistica, hanno come conseguenza la previsione di una variazione del periodo quando l’oscillatore esplora nel suo moto regioni di spazio più grandi, come se la molla di richiamo si irrigidisse. L’esperimento arriva a misurare variazioni del periodo di qualche parte su un miliardo, prima di arrivare ad ampiezze tali che la struttura stessa della materia (del materiale, silicio cristallino e nitruro di silicio, con cui sono costruiti gli oscillatori) venga stressata al punto da rispondere in maniera anomala e mascherare quindi eventuali effetti riconducibili a modifiche della meccanica quantistica dovute alla gravità. I risultati migliorano comunque i precedenti limiti superiori a effetti di gravità quantistica (ovvero, al parametro che quantifica di quanto vada deformata la meccanica quantistica tradizionale) di molti ordini di grandezza. Ad esempio, i limiti ottenuti dalla spettroscopia di precisione dell’atomo di idrogeno erano oltre 20 ordini di grandezza meno stringenti. In effetti, HUMOR è il primo esperimento realizzato appositamente per studiare possibili effetti di gravità quantistica, ed è entrato in una regione in cui i risultati cominciano a essere significativi. La prossima sfida è raffreddare ulteriormente un oscillatore, fino a meno di un millesimo di grado dallo zero assoluto, sfruttando la luce del laser. A questa temperatura il comportamento dell’oscillatore è marcatamente quantistico (ovvero, mostra caratteri-
stiche non spiegabili con la fisica classica, come l’impossibilità di essere completamente localizzato). Sarà possibile quindi evidenziare in maniera più diretta eventuali anomalie riconducibili a effetti di gravità quantistica. Allo stesso tempo, si potrà studiare il confine tra la fisica classica, normalmente usata per descrivere il comportamento di oggetti meccanici, e quella quantistica, che domina l'universo alla scala microscopica, su distanze atomiche (al di sotto di un miliardesimo di metro) e indagare se, come suppongono alcune teorie, la gravità giochi un ruolo fondamentale proprio in questa transizione. Il contesto storico: due teorie da conciliare I continui progressi della fisica permettono di conoscere sempre più a fondo l'universo, e anche di disporre di nuove tecnologie, ma allo stesso tempo ci pongono di fronte a domande sempre nuove. La principale questione aperta della fisica è conciliare le due teorie fisiche di maggior successo, la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica, che funzionano perfettamente, ma entro ambiti completamente diversi. La relatività generale spiega la gravitazione e l'universo a grande scala, astronomica e cosmologica, e allo stesso tempo ci ha permesso di realizzare GPS precisissimi. La meccanica quantistica spiega l'universo alla scala microscopica, su distanze atomiche (al di sotto di un miliardesimo di metro) o ancora più piccole, e la sua comprensione è alla base di tutti i dispositivi elettronici che usiamo quotidianamente. Però nessuno sa come fare quando si devono applicare le due teorie contemporaneamente, ad esempio quando si deve spiegare che cosa succede attorno a un buco nero. O meglio, esistono tantissime teorie che aspirano a realizzare tale unificazione e a divenire la “teoria del tutto”, ma nessuna di esse è convincente. E soprattutto non è chiaro come possa essere verificata sperimentalmente. Il nuovo modo di ascoltare lo spazio-tempo “granuloso” Un aspetto comune di queste teorie è che lo spaziotempo cambi natura, diventi “granuloso”, su lunghezze estremamente piccole, detta scala di Planck (10 alla meno35 metri, ovvero miliardi di miliardi di volte più piccole di un nucleo atomico). Le strade più comuni per realizzare il “microscopio” in grado di vedere su queste scale ultrapiccole sono scontrare particelle a energie sempre più elevate, come si fa al CERN di Ginevra, oppure osservare con sonde e telescopi fenomeni astrofisici ad alta energia. HUMOR ha invece ideato e realizzato un modo completamente nuovo di sondare lo spazio-tempo a dimensioni estremamente piccole: grazie all’utilizzo di “microspie” sensibilissime, in grado di ascoltare il flebile rumore delle fluttuazioni dello spazio-tempo. (red) Vedi www.infn.it
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FOCUS
ESPLORAZIONE DEL MARE PROFONDO CON I ROBOT U-CAT, SI APRE UNA NUOVA FRONTIERA PER L’ARCHEOLOGIA
C
on il progetto ARROWS, un gruppo di ricercatori finanziati dall’UE sta trasformando l’esplorazione archeologica del mare profondo da un’impresa rischiosa e fuori portata in una soluzione flessibile e fattibile. Anche se i mari e gli oceani sono pieni di siti sommersi inviolati e relitti, le scoperte archeologiche e scientifiche sono ancora ostacolate da impedimenti logistici e finanziari e c’è urgente bisogno di soluzioni economiche e flessibili. Allo scopo di promuovere la ricerca in questo campo, il progetto ARROWS (“Archaeological Robot systems for the World’s Seas”), del valore di 4 milioni di euro, parte dal punto in cui la sicurezza militare e le tecnologie legate a petrolio e gas si sono fermate, creando così veicoli di esplorazione sottomarina adatti alle esigenze e alle aspettative degli archeologi del mare profondo. Il consorzio composto da dieci partner ha sviluppato tre nuovi AUV (veicoli sottomarini autonomi), tra cui l’U-CAT (nella foto in alto), un robot facilmente manovrabile che si ispira alle tartarughe ed è progettato per penetrare nei relitti. Questi AUV e i loro componenti dedicati offrono molti vantaggi come la riduzione delle di-
mensioni e dei costi delle missioni, una maggiore versatilità, un peso minore e un design più ergonomico. Coordinatore del progetto ARROWS è Benedetto Allotta, professore di robotica all’Università di Firenze. Obiettivi. ARROWS si propone di adattare e sviluppare tecnologie di AUV cooperative a basso costo per ridurre significativamente il costo delle operazioni archeologiche, coprendo tutto lo spettro delle spedizioni archeologiche. La metodologia di ARROWS comporta l’identificazione delle esigenze degli archeologi in tutte le fasi di una spedizione scientifica e la proposta - dimostrazione di soluzioni tecnologiche adeguate. Le difficoltà. A causa dell’assenza di GPS sottacqua, uno dei problemi principali dell’uso di AUV per l’archeologia sottomarina è quello di associare i corretti riferimenti geografici alle immagini e ai sonogrammi (rappresentazione dell'evoluzione di uno spettro in funzione del tempo) fatti in siti sottomarini. Le esigenze di accuratezza espresse dagli archeologi sono nel raggio di un metro, e questo è un obiettivo molto difficile da raggiungere. Un altro problema da risolvere sottacqua per avere una squadra di veicoli eterogenei che collaborano è la comunicazione. Questo problema è stato affrontato con una tecnologia di modem acustico, più lenta e meno affidabile rispetto alla comunicazione radio. L’U-CAT e e gli altri. L’U-CAT è stato progettato da scienziati estoni con l’obiettivo di sviluppare un robot in grado di entrare in relitti moderni (metallici). I principali punti di forza
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dell’U-CAT consistono nelle dimensioni molto contenute che gli permettono di passare attraverso piccoli passaggi all’interno del relitto; nella sua forma tonda senza parti sporgenti, che riduce al minimo il rischio di restare incastrati; il suo peso ridotto e il suo design ergonomico che gli permettono di essere manovrato da una piccola barca e un’ottima manovrabilità per muoversi efficacemente nelle stanze e nei corridoi del relitto. Inoltre il costo di U-CAT è abbastanza basso da renderlo accessibile agli archeologi rendendo più sopportabile il rischio economico in caso di perdita del veicolo. L’U-CAT per essere manovrato richiede uno speciale addestramento nel campo della robotica. Nell’ambito del progetto ARROWS sono stati inoltre sviluppati i robot MARTA e A-Sized. Il primo, MARTA (“Marine robotic tool for archaeology”), è un AUV non molto costoso progettato all’Università di Firenze con una struttura elettromeccanica modulare. Significa che il veicolo può essere smontato e rimontato velocemente – nel giro di pochi minuti – con diverse configurazioni di carico di sensori (carico sonar o ottico). Anche le batterie si possono sostituire velocemente. Il veicolo ha la forma di un siluro e ha un diametro (177 mm), inferiore agli esistenti veicoli, ed è provvisto di un’attrezzatura di navigazione a sensore piuttosto ricca che gli permette di soddisfare il bisogno di riferimenti geografici precisi. Il carico di sensori comprende due videocamere digitali e un sonar di scoperta a visione in avanti. Il secondo, A-Sized è stato progettato da Edgelab SRL, una PMI italiana con sede a La Spezia. Anche il veicolo di Edgelab è a forma di siluro, con un diametro ancora più piccolo del MARTA (150 mm). L’approccio di Edgelab consiste nello sviluppo di un veicolo molto economico, attraente e facilmente utilizzabile anche se con prestazioni ridotte. Il peso del veicolo è intorno ai 15 kg, il che rende la logistica assai semplice. Il veicolo rappresenta un’opportunità a basso costo per tutti gli scienziati. (Red)
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CULTURA
TORVISCOSA (UD). FINO AL 4 OTTOBRE
LA RUSSIA AI TEMPI DI STALIN NELLE FOTOGRAFIE DI EMMANUIL EVZERICHIN
una anteprima internazionale la mostra dal titolo “La Russia ai tempi di Stalin nelle fotografie di Emmanuil Evzerichin” in programma fino al 4 ottobre nel Comune di Torviscosa (Udine). Emmanuil Evzerichin (1911 – 1984) è stato uno dei più importanti fotoreporter russi, conosciuto in tutto il mondo per alcuni celebri scatti della difesa di Stalingrado da parte dell’Armata Rossa. Ma nonostante la giusta fama, il livello artistico e il valore documentario e storico del suo lavoro, le sue immagini, tranne in pochi rari casi, non sono mai uscite dall’ex Unione Sovietica. Curata da Valerij Stigneev e da Natalija Ratnikova Evzerichina dell’agenzia FotoSoyuz, conservatrice degli archivi, la mostra presenta una selezione di immagini praticamente sconosciute scattate dal fotografo tra gli anni ‘30 e gli anni ‘60 del secolo breve. La sua carriera inizia da giovanissimo fotografando le strade di Mosca, rispettando contenuti e dettami dell’ortodossia sovietica. Sono infatti gli anni del terrore staliniano quando i cittadini sparivano a miglia deportati nei gulag artici.
È
Emmanuil Evzerichin racconta la Russia sovietica di tutti i giorni. Gente che va al lavoro in metro, che conversa nei caffè, che passeggia nelle vie. E poi ovviamente le grandi manifestazioni oceaniche, un classico dell’immaginario di regime. Ma a renderlo famoso in
Sopra, da sinistra: un musicista mette in salvo il suo strumento, 1942; Atlete della società sportiva “Dinamo” in spiaggia nei pressi della città di Chimki, nella regione di Mosca, 1935; La Fontana “Detskij chorovod” (il girotondo dei bambini) dopo un attacco massiccio dell’aviazione tedesca, Piazzale della stazione, Stalingrado (oggi Volgograd), 23 agosto 1942. © Emmanuil Evzerikhin - FotoSoyuz
tutto il mondo sono le sue foto dell’assedio di Stalingrado. Gli scatti della fontana “Detskij chorovod” (il “girotondo dei bambini”) e del musicista che mette in salvo il proprio strumento diventeranno infatti delle vere e proprie icone della resistenza al nazismo. Con questa iniziativa si consolida la collaborazione tra la FotoSoyuz e il Comune di Torviscosa, iniziata lo scorso anno con un altro importante protagonista della fotografia russa, Arkady Shaikhet. Le fotografie riprodotte per l’esposizione di Torviscosa
La scheda Dove. Torviscosa (CID) piazzale Matteotti. Cosa. La Russia ai tempi di Stalin nelle fotografie di Emmanuil Evzerichin. Quando. Fino al 4 ottobre Orario. Sabato dalle 15 alle 20, domenica dalle 10 alle 20. Per i gruppi anche in altri giorni su appuntamento. Costo. Ingresso gratuito Info. Info: tel. 0431 929589 http://www.comune.torviscosa.ud.it/
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sono 70, quasi tutte sconosciute finora al di fuori della Russia. La mostra rappresenta perciò un’assoluta novità a livello internazionale e per l’Agenzia FotoSoyuz è stata anche un’occasione per proseguire nel lavoro di digitalizzazione delle fotografie di Evzerichin, in alcuni casi addirittura a partire dai positivi dal momento che i negativi corrispondenti sono ormai perduti. Per la piccola Torviscosa, company town della SNIA Viscosa, è un’altra occasione per collocare la propria storia in una dimensione europea. La mostra vuole rappresentare anche un’opportunità di confronto tra due diverse esperienze di comunicazione e di propaganda di regime, quella fascista italiana, rappresentata dal caso di Torviscosa, e quella sovietica. Anche Torviscosa conserva un’imponente collezione fotografica e archivistica, che documenta la sua costruzione, nel 1937, e poi lo sviluppo della città e dell’annesso sito industriale. La valorizzazione dell’intero patrimonio documentario è l’obbiettivo di un ampio progetto cofinanziato dall’Unione europea nel programma POR FESR dedicato all’archeologia industriale. (Red)
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