Heos.it n. 619 venerdì 31 Luglio 2015

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XIV

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RADICI SPAZIALI: UN “IDEOTIPO” PER RAFFORZARE FISICO E SALUTE DEGLI ASTRONAUTI

LA VITAMINA B3 POTREBBE ESSERE GIUNTA DALLO SPAZIO

AUTO SENZA

CONDUCENTE, RIVOLUZIONE PER LOGISTICA E ASSICURAZIONI


Sommario PRIMO PIANO

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UE, CINA E INDIA: ALLA RICERCA DI UN’ETICA DELLE S&T ATTUALITÀ

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AUTO SENZA CONDUCENTE, RIVOLUZIONE IN ARRIVO PER LOGISTICA E ASSICURAZIONI LA VITAMINA B3 POTREBBE ESSERE GIUNTA DALLO SPAZIO AMBIENTE

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PROTEZIONE IDROGEOLOGICA ITALIANA PER LE ACQUE SOTTERRANEE DI MALTA AUTO ELETTRICA: BATTERIE A LUNGA DURATA CON RICARICA VELOCE TECNOLOGIA

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GLI ITALIANI E IL TRASPORTO CON DIRIGIBILI COMPOSITI POLIMERICI “SMART” PER L'INDUSTRIA MANIFATTURIERA FORMAZIONE DI NANOTUBI CON L’EFFETTO TUNNEL SCIENZE

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RADICI SPAZIALI: UN “IDEOTIPO” PER RAFFORZARE FISICO E SALUTE DEGLI ASTRONAUTI ALLA SAPIENZA “GIRA” IL MICRO-MOTORE AZIONATO DALLA LUCE SALUTE

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ALLERGIE ALIMENTARI E RISCHIO DI DERMATITE ATOPICA DIAGNOSI RAPIDE, PRECISE E CONVENIENTI PER BATTERE LE INFEZIONI RESPIRATORIE SPAZIO

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SENTINEL-2 FOTOGRAFO SPAZIALE: VIGILA SU AGRICOLTURA, ACQUE COSTIERE E INTERNE, FORESTE E GHIACCIAI SCOPERTO IL LITIO NELL'ESPLOSIONE DI UNA STELLA FOCUS

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PROGETTO SUNRISE: PRESTO INTERNET NAVIGHERÀ SOTTO I MARI CULTURA

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“CELTI SUI MONTI DI SMERALDO”

In copertina,

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Newsletter settimanale di scienze politica cultura Direttore responsabile Umberto Pivatello Aut. Tr. Verona n°1258 -7 Marzo 1997 Roc n. 16281 Redazione Heos.it Via Muselle,n. 940 - 37050 Isola Rizza - Vr (It) Tel +fax +39- 345 9295137 E-mail heos@heos.it www.heos.it

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PRIMO PIANO

Regaliamoci un libro

UE, CINA E INDIA:

IMMAGINI CHE CI GUARDANO

ALLA RICERCA DI UN’ETICA DELLE S&T

Teoria dell'atto iconico di Bredekamp Horst Raffaello Cortina Editore 2015 pp402 € 29,00

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no fra i più autorevoli storici dell’arte dei nostri giorni si interroga sul perché l’idea stessa di immagine, il suo fascino e la sua potenza siano temi sempre attuali. Questo dipende in primo luogo dall’inedita predominanza del visuale in tutti gli ambiti del nostro quotidiano. Ma dietro si annida un problema più profondo e nello stesso tempo paradossale: le immagini, in quanto artefatti, non possiedono vita propria, eppure sviluppano una presenza che le differenzia e le eleva rispetto alla materia inanimata. Da qui l’aspettativa che la riflessione possa spingersi oltre il livello del puro sguardo, della mera contemplazione. Nell’apparente conflitto tra fissità e vitalità sta il vero potere attivo delle immagini. Partendo da questo presupposto, Horst Bredekamp sviluppa una teoria dell’atto iconico complementare a quella dell’atto linguistico e distingue tre aree in cui le immagini operano attivamente: la vita artificiale; lo scambio di immagine e corpo; l’energia autonoma della forma. Il libro rappresenta la sommatoria di decennali ricerche sulla fenomenologia delle immagini e sulla loro forza intrinseca. L'autore. Horst Bredekamp (1947) insegna Storia dell’arte alla HumboldtUniversität di Berlino. È stato insignito del Sigmund-Freud-Preis per la prosa scientifica. Horst Bredekamp è tra i più autorevoli esponenti della Bildwissenschaft, approccio interdisciplinare le cui indagini si estendono dalle tradizionali arti visive a ogni tipo di immagine, sia antica sia elaborata dai nuovi media. Per il suo contributo alla storia dell’arte ha ricevuto l’Aby M.Warburg-Preis, il Max-Planck Forschungspreis e il Richard Hamann-Preis.

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a cooperazione e la concorrenza con la Cina e con l’India in materia di scienza e tecnologia (S&T) richiede una più profonda comprensione della prospettiva etica regionale e una collaborazione sulle politiche. I dibattiti etici rappresentano spesso una fonte informativa importante per il processo decisionale politico che guida l’innovazione nello Spazio europeo della ricerca (SER). La Cina e l’India, le due maggiori economie emergenti, hanno le loro proprie considerazioni etiche che seguono dinamiche locali spesso non ben comprese dagli stessi esperti della regione. Nell’ambito del progetto GEST (“Global ethics in science and technology”), finanziato dall’UE, sono stati compiuti i primi passi verso una tabella di marcia relativa alle politiche globali in materia di etica nella scienza. Si è cercato di creare una collaborazione tra i principali istituti di consulenza per la politica di S&T in Cina, Europa e India, con particolare attenzione all’integrazione dell’etica nella politica di S&T. L’obiettivo scientifico è concentrato sugli sviluppi interdipendenti nelle nanotecnologie, tecnologie alimentari e biologia sintetica. I ricercatori hanno esplorato i fattori sociali determinanti delle politiche nelle tre regioni rispetto ai rischi e ai benefici percepiti e le istanze politiche sulla moralità. Una serie di eventi ha coperto una varietà di argomenti GEST in tutte le regioni. Il confronto è solo agli inizi. (red) Vedi http://www.uclan.ac.uk/research/explore/projects/bal_ethics_science_technology.php

CONGELATI NEL TEMPO l fotografo polacco aszlikowski ha utilizzato un drone montato macchina fotoIsull'Himalaya grafica per catturare questa immagine durante un trekking di tre settimane (foto dailymail.co.uk/ Kaszlikowski/REX Shutterstock)

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CRONACHE

AUTO SENZA CONDUCENTE, RIVOLUZIONE IN ARRIVO PER LOGISTICA E ASSICURAZIONI

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ambiare radicalmente i modelli di business non più sostenibili è l’unico modo per sopravvivere e prosperare nell’economia attuale. Molte aziende si trovano a un bivio, e prendere le decisioni giuste è diventata una questione di vita o di morte in questo mercato. L’impatto dei nuovi modelli di business e il nuovo mondo di opportunità stanno scuotendo il mercato nelle più diverse direzione. Un esempio per tutti: le conseguenze indotte dalle automobili senza conducente sulla logistica e le assicurazioni. Poiché la carenza è destinata ad essere la più grande sfida da affrontare nel settore, si prevede che il futuro della logistica delle persone e dei trasporti sarà quello di fondersi. Gli analisti di Frost & Sullivan intravedono un modello in cui DHL o UPS consegnano pacchi piccoli e grandi utilizzando una combinazione di veicoli di proprietà, flotta commerciale e flotta di carsharing. È inutile dire che ciò renderebbe possibile una circolazione stradale più scorrevole che può spostare persone e merci, aumentando l’utilizzo dei

Sopra, la Google car, il prototipo di auto autonoma, senza conducente

posti a sedere e anche dello spazio disponibile nei bagagliai. Le automobili autonome, senza conducente, però portano con sé un insieme più ampio di sfide. Da un lato, questi veicoli praticamente esenti da incidenti comportano poco o nessun rischio dal punto di vista delle collisioni, il che riduce drasticamente i premi di assicurazione, con un conseguente impatto diretto sulla comunità delle assicurazioni. D’altra parte, ciò comporta una nuova serie di rischi che tradizionalmente gli assi-

curatori non sono stati abituati ad affrontare tra cui: l’affidabilità degli algoritmi di guida; i casi d’uso non presi in considerazione dalle case automobilistiche; la robustezza della modalità di funzionamento in caso di guasti nell’architettura del veicolo. Tutti aspetti tecnici che attualmente non sono ancora valutati dagli assicuratori. Le assicurazioni dei veicoli attualmente seguono un modello incentrato sul conducente, con una certa quantità del calcolo del rischio e del premio associata a parametri legati al veicolo e al traffico. Poiché in futuro il conducente sarà relegato al livello di un passeggero, nel momento in cui il veicolo si guida da solo, anche il modello assicurativo dovrà cambiare di conseguenza. Ciò significherebbe che i conducenti non dovrebbero pagare le stesse quote del premio assicurativo che corrispondono nello scenario di oggi. Nel 2013, in media, un tipico proprietario europeo di automobile ha pagato circa 470€ per assicurare un veicolo. Andando avanti, quando i veicoli automatici di livello 4 sostituiranno i veicoli convenzionali (tra qualche decennio), il rischio di collisione potrà essere ridotto di circa il 70%, ed è probabile che l’inclusione di nuovi parametri per valutare il rischio dei veicoli causerà una riduzione del premio medio a circa 300€. Questi nuovi modelli di business e case study saranno presentati durante la seconda edizione di GIL 2015: Monaco di Frost & Sullivan il prossimo 23 ottobre a Montecarlo. Vedi www.frost.com

RASSEGNA STAMPA. LA VIGNETTE DELLA SETTIMANA Corriere.it 31 Luglio

Corriere.it 30 Luglio

ilfattoquotidiano.it 30 Luglio

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Italiaoggi.it 31 Luglio


GLI ESPERIMENTI EFFETTUATI ALLA NASA

LA VITAMINA B3

POTREBBE ESSERE GIUNTA DALLO SPAZIO La vitamina B3 potrebbe essersi formata sui granelli di polvere di ghiaccio nello Spazio e trasportata sulla Terra da meteoriti e comete.

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risultati di esperimenti di laboratorio sulla vitamina B3 fatti da un’equipe di ricercatori della NASA sostengono una teoria secondo la quale l’origine della vita potrebbe essere stata aiutata dall’arrivo di “molecole biologicamente importanti prodotte nello spazio e portate sulla Terra dalla caduta di comete e meteoriti”. Questo nuovo lavoro, pubblicato online su Chemical Communications, segue una ricerca precedente svolta dalla stessa equipe che aveva rivelato che la vitamina B3 era presente su “meteoriti ricchi di carbonio a concentrazioni che vanno da circa 30 a 600 parti per milione”. In quel lavoro, il

team aveva fatto esperimenti che avevano mostrato che la vitamina B3, che si trova in alimenti come il pesce, le arachidi e i semi di girasole, potrebbe essere fatta di una molecola organica chiamata piridina in ghiaccio di biossido di carbonio in condizioni simili all’ambiente dello spazio. I nuovi esperimenti sono andati oltre aggiungendo ghiaccio idrico alla miscela e usando quantità più vicine a quelle previste per ghiacci e comete interstellari. La NASA riferisce che il team ha scoperto che persino con l’aggiunta di acqua, la vitamina potrebbe essere fatta in una grande varietà di scenari nei quali l’abbondanza di ghiaccio può variare fino a dieci volte. L’autore dello studio, Karen Smith del Centro di volo spaziale Goddard a Greenbelt, Maryland, osserva: «Il risultato suggerisce che questi importanti composti organici nei meteoriti

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potrebbero aver avuto origine da semplice ghiaccio molecolare nello spazio. Questo tipo di reazione chimica potrebbe essere rilevante anche per le comete, che contengono grandi quantità di ghiacci idrici e di biossido di carbonio. Questi esperimenti mostrano che la vitamina B3 e altri composti organici complessi potrebbero essere fatti nello spazio ed è plausibile che gli impatti di meteoriti e comete potrebbero aver aggiunto un componente extraterrestre alla scorta di vitamina B3 sulla Terra di tanto tempo fa». Secondo iflscience, i risultati hanno implicazioni per l’origine della vita sulla Terra, perché molte strutture essenziali al metabolismo sono basate sulla vitamina B3. Il sito web osserva: «È possibile che la vitamina B3 proveniente dallo spazio abbia contribuito a velocizzare la nascita della vita sulla Terra e questo potrebbe avere implicazioni per la nascita della vita su altri pianeti». Perry Gerakines del NASA Goddard osserva che gli esperimenti, facenti parte di un ampio programma di ricerca nel campo dell’astrobiologia presso l’organizzazione, dimostrano un importante potenziale connessione tra le molecole organiche complesse che si sono formate nel freddo dello spazio interstellare e quelle che troviamo sui meteoriti. Gli autori stanno attualmente esaminando più da vicino le informazioni inviate dalla missione Rosetta, dell’Agenzia spaziale europea (ESA), attualmente nell’orbita della cometa Comet 67P/Churyumov-Gerasimenko. Le osservazioni di Rosetta potrebbero contribuire a confermare ulteriormente la teoria dell’equipe – ha spiegato Smith – «Rosetta potrebbe aiutare a verificare questi esperimenti se troverà alcune di queste molecole organiche complesse nei gas rilasciati dalla cometa o nel nucleo della cometa». Vedi http://pubs.rsc.org/en/Content/ ArticleLanding/2015/CC/c5cc03272e#! divAbstract

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AMBIENTE

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’approvvigionamento potabile della popolazione europea è garantito per il 75% dalle acque sotterranee, di cui il 50% proviene da acquiferi carsici, che sono tra i più vulnerabili all’inquinamento. Il ruolo degli acquiferi carsici è ancor più rilevante nel bacino del Mediterraneo, dove la gran parte di tali acquiferi sono di tipo costiero, ovvero sono soggetti ai rischi di degradazione qualitativa per salinizzazione, quale effetto dell’intrusione dell’acqua marina. Il progressivo aumento della domanda idrica, via via sempre più concentrata nelle aree costiere, e il calo delle disponibilità, accentuato dal cambiamento climatico, le previsioni del quale indicano un ulteriore peggioramento per i prossimi decenni, allarmano le istituzioni preposte alla gestione e alla duratura salvaguardia delle risorse idriche. Casi di preoccupante degradazione qualitativa e quantitativa sono stati, infatti, già segnalati in Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Slovenia, Croazia, Albania, Grecia, Turchia, Israele, Egitto, Tunisia, Marocco, Cipro e Malta. Valorizzando l’esperienza pluridecennale del Gruppo di Idrogeologia dell’Istituto di Ricerca per la Protezione idrogeologica nello studio degli acquiferi carsici costieri e dell’intrusione marina (Irpi), il Sustainable Energy And Water Conservation Unit (SEWCU) del Ministry for Energy and Health (MEH) della Repubblica di Malta ha sottoscritto con l'Irpi-Cnr l’Accordo di Cooperazione denominato “Formulation of a framework to guide the development of a numerical groundwater model to estimate the sustainable yield of the mean sea level aquifer system”. L’antefatto. Il Ministero Maltese per l'Energia e la Salute sta redigendo il II Piano di Gestione dei bacini idrografici nell'ambito del processo di attuazione della direttiva quadro sulle acque dell'Unione Eureopea. Questo processo persegue l’adozione delle misure necessarie a preservare lo stato qualitativo e quantitativo delle acque sotterranee, con l'obiettivo di garantire il raggiungimento duraturo di un buono stato di qualità della risorsa idrica. Il

PROTEZIONE IDROGEOLOGICA ITALIANA PER LE ACQUE SOTTERRANEE DI MALTA

A sinistra, galleria drenante a Malta (foto cnr.it)

pieno raggiungimento di tale obiettivo è particolarmente complesso per Malta, visto che essa dispone, quali risorse naturali, quasi esclusivamente di risorse idriche sotterranee, provenienti da un vasto acquifero carsico costiero. Lo scopo finale della collaborazione pertanto è l’ultimazione di uno studio accurato delle risorse idriche sotterranee maltesi e la definizione dello safe yield, ovvero delle modalità per il prelievo della massima quantità di risorsa nel rispetto duraturo dei requisiti qualitativi, tenuto conto dei futuri scenari di cambiamento climatico che comportano condizioni di maggiore rischio in un futuro ormai prossimo. Scopi questi ultimi che saranno perseguiti dallo staff italiano mediante la modellazione idrogeologica numerica dell’attuale acquifero costiero maltese. Recentemente si è svolto il secondo meeting del pro-

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getto, tenutosi nella sede di Bari dell’Irpi. Durante il meeting la delegazione governativa maltese ha preso diretta visione delle metodologie adottate dallo staff italiano, dei casi di studio già ultimati, anche mediante una dettagliata visita tecnica svolta in alcune aree degli acquiferi costieri della Puglia. Durante il meeting è stato altresì ufficializzato il “I Technical Report of progress”, redatto dallo staff italiano, che ha messo in luce le peculiarità degli acquiferi maltesi e ha delineato le caratteristiche delle campagne di rilievi che occorrerà effettuare per la più accurata definizione del modello idrogeologico dell’acquifero costiero maltese. (Red)

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Vedi www.cnr.it http://hydrogeology.ba.irpi.cnr.it


GLI ESPERIMENTI IN CORSO ALL’ENEA

AUTO ELETTRICA: BATTERIE A LUNGA DURATA CON RICARICA VELOCE

Sopra, prototipo di batteria a ricarica veloce con alta capacità di accumulo (foto enea.it)

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uove batterie idonee alla ricarica rapida, maggiore capacità di accumulo ed un ciclo di vita più lungo. Su questo fronte sta lavorando l’Enea che ha presentato le sue iniziative in occasione del convegno su “Prodotti per il miglioramento dell'efficienza energetica nell’elettromobilità”, organizzato nell’ambito dell’Accordo di Programma sulla Ricerca di Sistema Elettrico con il Ministero dello Sviluppo Economico. «Il miglioramento dell’efficienza nell’elettromobilità è uno dei filoni dell’accordo di programma e in questo contesto gli studi ENEA si stanno concentrando su sistemi di accumulo e reti per la ricarica con uso di tecnologie wireless, cioè che non richiedono il collegamento diretto via cavo tra veicolo e stazione di ricarica - spiega Antonino Genovese, ricercatore ENEA del Laboratorio Sistemi e Tecnologie per la Mobilità e l’Accumulo. La nuova frontiera della ricerca è l’integrazione di più sorgenti elettriche, quali le rinno-

vabili o un accumulo stazionario, per ridurre l’impatto sulla rete elettrica di distribuzione e soddisfare l’esigenza di avere infrastrutture di ricarica anche in contesti potenzialmente onerosi e antieconomici». I benefici offerti dalla ricarica rapida aprono interessanti scenari per il trasporto pubblico, come il caso del sistema di accumulo per minibus elettrici che l’ENEA ha realizzato in collaborazione con le Università di Pisa e Sapienza di Roma. Il sistema è composto da 24 moduli al litio in grado di fornire una capacità complessiva di 240 Ah, che su una tratta urbana di 4-5 chilometri, ricaricando in 5 minuti, durante la sosta al capolinea, consente al mezzo di rimanere in servizio continuativo. L’obiettivo a medio termine indicato a livello europeo è la creazione di una rete di punti di ricarica pubblica nel rapporto di 1 per ogni 10 strutture di ricarica complessive presenti sul territorio. Ad oggi esistono stazioni di ricarica in grado di eseguire l’opera-

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zione in meno di 30 minuti ma la scommessa è di giungere ad avere batterie più performanti in grado di consentire un’autonomia maggiore e permettere l’uso del mezzo elettrico anche oltre l’ambito urbano. «L’Italia - aggiunge Genovese - ha già adottato il Piano nazionale infrastrutture di ricarica elettriche per lo sviluppo competitivo della mobilità a zero emissioni ed un primo stanziamento di 4,5 milioni di euro è stato assegnato alle Regioni per realizzare 19 progetti di infrastrutture per la ricarica elettrica, anche per colmare il gap che separa l’Italia dagli altri Paesi dell’'Unione». Il mercato dei veicoli elettrici è infatti in espansione: secondo la European Automobile Manifacturers' Association la crescita in Europa è costante e le stime migliori indicano al 2025 un milione di veicoli elettrici immatricolati ogni anno, con l’Italia fanalino di coda: nel 2014 nel nostro Paese sono state immatricolate solo 1.100 nuove auto elettriche, lo 0,1% del mercato automobilistico. I proprietari privati di veicoli elettrici dipendono in larga misura dall'accesso ai punti di ricarica ubicati in parcheggi collettivi di condomini, uffici e zone commerciali. Per venire incontro ai cittadini - scrive l’Enea - è opportuno che le autorità pubbliche adottino disposizioni regolamentari per garantire che i progettisti e i gestori dei siti mettano a disposizione l'infrastruttura adeguata con un numero sufficiente di punti di ricarica per veicoli elettrici. Nel predisporre l'infrastruttura per i veicoli elettrici è necessario - fa sapere l’Enea - tenere conto dell'interazione di tale infrastruttura con il sistema elettrico come pure della politica dell'Unione in materia di energia elettrica. Per l’Enea infine è necessario che la creazione e il funzionamento dei punti di ricarica dei veicoli elettrici siano realizzati con le modalità di un mercato concorrenziale con accesso aperto a tutte le parti interessate alla creazione o alla gestione di infrastrutture di ricarica. (Red)

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Vedi www.enea.it


TECNOLOGIA

UNA RICERCA UNIMORE

GLI ITALIANI E IL TRASPORTO CON DIRIGIBILI

A sinistra, immagine artistica del dirigibile MAAt (foto unimore.it)

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osa pensano gli italiani dei dirigibili? Può essere una valida alternativa di trasporto nel futuro? I progressi di uno studio nell'ambito del progetto europeo MAAT (Multibody Advanced Airship for Transport – Dirigibile avanzato multi-corpo da trasporto), coordinato dal prof. Antonio Dumas del Dipartimento di Scienze e Metodi dell'Ingegneria di Unimore, per la realizzazione di un sistema non convenzionale di trasporto mediante dirigibili, ha suggerito la realizzazione di un'indagine su larga scala, estesa al territorio italiano, unica nel suo genere e originale. Lo scopo dell’indagine è stato quello di indagare gli atteggiamenti nei confronti di questo sistema di trasporto innovativo, ancora sconosciuto al pubblico. L'indagine, realizzata sotto la supervisione scientifica di Dino Giovanni e Loris Vezzali, psicologi sociali del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane di Unimore, aveva l'obiettivo di conoscere le opinioni e gli atteggiamenti della popolazione italiana in relazione a un sistema di trasporto aereo, quale quello del dirigibile, ali-

mentato mediante energia fotovoltaica, che è l'alternativa avanzata dai ricercatori impegnati nel progetto MAAT. L’indagine Molteplici gli ambiti indagati, volti ad accertare il livello di conoscenza di cosa sia un dirigibile, gli atteggiamenti (e il pregiudizio eventuale) nei confronti sia del dirigibile tradizionale, sia di questo dirigibile moderno, la percezione del rischio attribuito a questo sistema di trasporto aereo, tenuto conto anche del viaggio in navetta per salire e scendere, i vantaggi/svantaggi rispetto agli aerei di linea, il suo valore ecologico e di rispetto ambientale, le intenzioni di avvalersi di questo mezzo di trasporto. Inoltre, si è cercato di capire cosa le persone pensino dell'uso del dirigibile in due campi diversi: trasporto pubblico e trasporto delle merci. Gli intervistati Complessivamente è stata sondata l'opinione di 2.858 intervistati. Di questi 2.003 erano italiani di età su-

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periore ai 16 anni distribuiti tra nord, centro e sud Italia, intervistati con il metodo CATI (interviste telefoniche effettuate con l'ausilio del computer); 855 erano invece studenti universitari di materie sia scientifiche sia umanistiche, espressione di quattro università campione: Genova e Unimore per il nord, Roma per il centro e Catania per il sud. Agli studenti, invece, è stato somministrato un questionario compilato alla presenza dei ricercatori, le cui domande erano comunque identiche a quelle delle interviste telefoniche. Anzitutto si sono indagati gli atteggiamenti verso il dirigibile tradizionale. Si è ipotizzato che le persone si basino fortemente su quanto già sanno (cioè sulle proprie rappresentazioni mentali e sociali) per formulare il loro atteggiamento anche verso il nuovo mezzo. Questo nuovo dirigibile veniva illustrato verbalmente nelle interviste telefoniche, mentre agli studenti veniva proiettata una clip (di quelle del dirigibile MAAT disponibili su internet) che mostrava un passeggero e le fasi iniziali di un viaggio: entrata nella navetta, sua salita e aggancio al dirigibile, partenza di quest'ultimo. I risultati La grande maggioranza dei partecipanti è a conoscenza di cosa sia un dirigibile, anche se è notevole il gap di conoscenza tra i diversi gradi di formazione scolastica. Un terzo circa lo ritiene un sistema di trasporto relativamente poco sicuro, tanto che solo circa metà del campione ritiene possa essere usato per il trasporto pubblico e si dichiara disponibile ad utilizzarlo, percentuale che scende a circa 1 su 3 tra i non studenti. «Gli atteggiamenti – spiegano Dino Giovannini e Loris Vezzali - cambiano sensibilmente, e per certi aspetti in modo anche consistente, quando si consideri il nuovo dirigibile progettato dai 12 partner europei coordinati dai ricercatori Unimore». Il fatto che il nuovo dirigibile sia mosso da energia pulita è valutato in maniera positiva da oltre il 95% del campione. La possibilità di ridurre l'inquinamento dell'aria trasportando merci sui dirigibili, con motori elettrici, invece che su gomma, è valutato molto positivamente dal 93,7/% degli studen-

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(Continua da pagina 8)

ti e dal 66,8% della popolazione. «Un notevole numero di intervistati – spiegano Dino Giovannini e Loris Vezzali - lo ritengono, in definitiva, un mezzo adatto per il trasporto merci, superando anche le diffuse perplessità nutrite nei confronti del dirigibile tradizionale». Un aspetto rilevante emerso dall'indagine è che, nonostante le persone fossero restie a considerare il dirigibile tradizionale come sistema di trasporto pubblico, l'apertura verso il nuovo dirigibile è notevole: lo utilizzerebbe per viaggiare il 60% degli intervistati (64% popolazione in generale e 56% degli studenti universitari). In particolare, oltre il 75% valuta positivamente la sicurezza del nuovo mezzo, che era il limite maggiore attribuito al dirigibile tradizionale. Inoltre, circa 3 partecipanti su 4 valutano positivamente la sua velocità di 200 Km/h e oltre 9 intervistati su 10 ritengono il comfort del nuovo mezzo, oltre che la possibilità di imbarcarsi anche in luoghi cittadini accessibili, un aspetto che lo rende appetibile, tanto che il 79% degli universitari e il 68% dei non studenti considererebbe la possibilità di fare una crociera a bordo del nuovo dirigibile, come si fa sulle navi. Relativamente all'universo degli studenti universitari va osservato che complessivamente coloro che mostrano una maggiore accoglienza verso il dirigibile moderno sono le femmine rispetto ai maschi, gli studenti della facoltà umanistiche rispetto a quelle scientifiche e coloro non hanno mai fatto esperienza di volo rispetto a chi ha già volato. «Il dirigibile MAAT, in definitiva concludono Giovannini e Vezzali - si presenta all'opinione pubblica come una valida alternativa ecologica per il trasporto merci e come mezzo che mostra notevoli elementi di sicurezza per i viaggi. Le risposte dei 2.858 intervistati confermano un'accoglienza verso il nuovo mezzo di trasporto del tutto inattesa». (Red) Vedi www.unimore.it

COMPOSITI POLIMERICI “SMART” PER L'INDUSTRIA MANIFATTURIERA

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olimeri rinforzati di nuova generazione per l’industria manifatturiera, soprattutto quella aeronautica e degli autoveicoli. Con una migliore aderenza tra strati, che però non impedisca di scomporli nel momento dello smaltimento differenziato. Materiali che alle funzioni strutturali (rigidezza e resistenza) possano affiancare anche prestazioni funzionali, quali ad esempio la capacità di cambiare forma sotto l'impulso di stimoli esterni (morphing), di segnalare la presenza di difetti o di autoripararsi se danneggiati (self-healing). Parla delle caratteristiche di questi nuovi polimeri compositi e del progresso ingegneristico che ha permesso di modificarne in maniera controllata le proprietà, il lavoro “Recent advances in fiber/matrix interphase engineering for polymer composites” pubblicato sulla rivista scientifica “Progress in Materials Science”. Gli autori sono József Karger-Kocsis (docente alla Budapest University of Technology and Economics, che l’anno scorso era stato visiting professor al DII - Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Trento), Haroon Mahmood (attualmente studente del corso di dottorato in Materiali, Meccatronica ed Ingegneria dei Sistemi) e Alessandro Pegoretti, docente di Scienza dei Materiali e Tecnologia al DII dell’Ateneo, nel corso di laurea e alla scuola di dottorato. La pubblicazione fa il punto sui recenti sviluppi conseguiti nell'ambito della ricerca internazionale nel campo dell'ingegnerizzazione delle proprietà dei materiali compositi per applicazioni industriali tramite la modifica controllata dell'interfase fibra-

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matrice. «Da anni all’Università di Trento – sottolinea Alessandro Pegoretti – conduciamo attività di ricerca nel settore dei materiali compositi, con particolare attenzione alle problematiche di adesione fibra-matrice. Si tratta di un ambito molto delicato perché coinvolge competenze diverse: fisiche, chimiche, ingegneristiche. Infatti nel nostro gruppo le attività di ricerca spaziano dalla messa a punto di processi chimici, all'utilizzo di numerose tecnologie di trasformazione e tecniche di misura, alla modellazione dei comportamenti osservati». Aggiunge: «C’è molta richiesta di nuovi materiali da parte dell’industria manifatturiera che ha l’esigenza di realizzare componenti sempre più leggeri e resistenti. Molti dei progetti di ricerca ai quali lavorano i nostri dottorandi - conclude - sono finalizzati a realizzare nuovi materiali compositi a matrice polimerica ottenuti combinando le caratteristiche di fibre di rinforzo tradizionali, quali vetro e carbonio, a quelle di nanocariche di ultima generazione, quali nanoparticelle vetrose o ceramiche, nanotubi di carbonio e grafene». (Red) Vedi www.unitn.it http://www.journals.elsevier.com/ progress-in-materials-science

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LE APPLICAZIONI FUTURE INTERESSERANNO NUMEROSI SETTORI INDUSTRIALI

FORMAZIONE DI NANOTUBI CON L’EFFETTO TUNNEL

A sinistra, Modelli 3D di tre differenti tipi di nanotubi a parete singola (foto wikipedia.it)

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nanomateriali sono noti per il fatto di possedere proprietà uniche. Attualmente, le strutture allo stato fuso formate da nanomateriali rappresentano una tecnologia di prossima generazione che ha spinto scienziati finanziati dall’UE a investire le proprie energie in questo settore. I nanotubi di carbonio (CNT) sono cilindri dal diametro estremamente piccolo realizzati in grafene laminato, vale a dire un foglio di carbonio dello spessore di un atomo connesso in una geometria a nido d’ape. Sebbene queste strutture siano estremamente variabili in termini di lunghezza, spessore e numero di strati, esse presentano nel complesso una combinazione esclusiva di resistenza, rigidità e conducibilità elettrica e termica. Gli ambiti di applicazione dei CNT sono in continua crescita e la possibilità di creare strutture allo stato fuso a partire dai nanotubi di carbonio, come corde e tappeti, potrebbe registrare

un impatto determinante su numerosi settori industriali. Tuttavia, la preparazione di materiali allo stato sfuso a base di CNT rappresenta un’operazione estremamente complessa che si trova attualmente in uno stato embrionale. Un metodo promettente attualmente in fase di sviluppo e finalizzato alla produzione di corde di nanotubi di carbonio in loco consiste nell’utilizzo di nanoparticelle per l’applicazione dell’effetto tunnel mediante fibre in poliacrilonitrile (PAN) elettrofilate ricche di carbonio. La PAN è una comune fibra acrilica e, nello specifico, una resina polimerica organica, sintetica e semicristallina. Il progetto CNTBUS (“In-situ fabrication of carbon nanotubes and bulk structures of designed configuration”), ha tentato di rivoluzionare questo metodo attraverso l’integrazione di nanoparticelle di metallo in loco allo scopo di trasformare le fibre in lunghissimi nanotubi di carbonio caratterizzati da livel-

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li estremamente elevati di resistenza. Nello specifico, il gruppo di lavoro si è prefissato l’obiettivo di ideare un processo in cui nanoparticelle di metallo applicano l’effetto tunnel all’interno di fibre di carbonio. Da studi condotti su fibre di carbonio rivestite con metalli emerge che un nucleo libero di fibre di carbonio si rivela necessario per guidare il movimento delle nanoparticelle di metallo. Gli scienziati hanno inoltre scoperto che la catalisi (una sostanza, detta catalizzatore, presente anche in piccola quantità, modifica la velocità di una reazione chimica) prodotta dalle nanoparticelle di metallo causa l’impilamento di strati di grafene per la formazione di nanotubi di carbonio, sebbene i meccanismi alla base della strutturazione ordinata di queste particelle rimangano tuttora poco chiari agli scienziati. Nuove ricerche incentrate sullo sfruttamento della microscopia elettronica in trasmissione avanzata consentiranno di chiarire l’intero processo, aprendo la strada alla sintesi controllata di strutture allo stato sfuso formate da nanotubi di carbonio che registreranno un utilizzo diffuso in numerosi ambiti, tra cui quello dei super rinforzi, dei filtri, delle maschere, dei catalizzatori e dei rivestimenti. Queste risorse registreranno un impatto socioeconomico determinante per le industrie europee. I nanotubi di carbonio Nel 1985 il chimico statunitense Richard E. Smalley ha scoperto che, in particolari situazioni, gli atomi di carbonio compongono delle strutture ordinate di forma sferica, i fullereni. La struttura, dopo un successivo rilassamento, tende ad arrotolarsi su sé stessa, ottenendo la tipica struttura cilindrica: questi sono i nanotubi di carbonio. Recentemente i nanotubi di carbonio sono stati utilizzati anche per applicazioni biomediche grazie a diversi tipi di funzionalizzazioni che hanno permesso di renderli solubili in acqua favorendo la biocompatibilità e riducendone drasticamente la citotossicità. (Red)

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SCIENZE

Sopra, immagini relative alle radici e ai pomodori “Micro Tom” coltivati “fuori suolo” che fanno parte del progetto BIOxTREME per rafforzare le difese immunitarie degli astronauti nella Stazione spaziale internazionale (foto, enea.it)

RADICI SPAZIALI: UN “IDEOTIPO” PER RAFFORZARE FISICO E SALUTE DEGLI ASTRONAUTI

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iante in grado di crescere nello spazio per fornire alimenti “freschi” agli astronauti della Stazione spaziale internazionale e in futuro agli equipaggi delle astronavi che raggiungeranno Marte e oltre: è questo l’obiettivo che si pone ENEA con le ricerche condotte sul pomodoro “Micro-Tom”, una varietà nata come pianta ornamentale, ma con caratteristiche tali da adattarsi ad un “orto spaziale”, all’interno di una stazione spaziale o di un’astronave. Questi temi sono stati al centro del workshop “Agrispazio: colonizzare Luna e Marte per nutrire la Terra”, che si è tenuto al Museo dell’Ara Pacis a Roma, nel corso del quale si è discusso di come nutrire gli astronauti della Stazione spaziale internazionale e sostenere con tecnologie biorigenerative la permanenza dell’uomo oltre la bassa orbita terrestre. «Le nostre ricerche – afferma Eugenio Benvenuto, responsabile del laboratorio Biotecnologie dell’ENEA – mirano a favorire la sostenibilità dell’habitat delle stazioni spaziali grazie alla coltivazione di piante tuttofare, in grado di innescare un ciclo bio-rigenerativo di risorse vitali come acqua e ossigeno, di abbattere l’anidride carbonica e al tempo stesso di costituire un alimento sicuro per gli astronauti, ricco di molecole ad alto valore aggiunto». Aggiunge: «La ricerca agronomica rende oggi possibile coltivare piante in luoghi estremi come la Stazione spaziale

internazionale, grazie a colture “fuori suolo” o idroponiche, che non hanno bisogno di suolo per crescere ma solo di acqua e sostanze nutritive». Le ricerche condotte nel Centro ENEA della Casaccia nascono nell’ambito del progetto BIOxTREME, finanziato dall’Agenzia spaziale italiana, ed analizzano il potenziale delle piante sia come fonte di elementi antiossidanti sia antimicrobici, capaci di rafforzare le difese immunitarie degli astronauti rispetto alle condizioni di vita imposte dalla permanenza nei moduli spaziali aggravate anche dalla proliferazione di microbi importati dalla Terra. Obiettivo è la costruzione di un “ideotipo” vegetale resistente alle condizioni extraterrestri, quali l’assenza di peso, le radiazioni cosmiche e i campi elettromagnetici. Da queste combinazioni genetiche potranno essere prodotte piante che accumulano grandi quantità di sostanze antiossidanti come le antocianine, le cosiddette “molecoleantidoto”, utili contro l’invecchiamento e presenti in grandi quantità nei frutti di colore scuro. Inoltre, sia le piante sia le radici possono essere fonte di svariate tipologie di proteine con riconosciute attività farmacologiche. Sono infatti allo studio colture di radici che funzionano come bioreattori naturali in grado di sintetizzare molecole ad altissimo valore aggiunto come anticorpi, peptidi e immunostimolanti. Si tratta di molecole preziose, la cui sintesi è indotta da nuovi geni costruiti in laboratorio. Le radici così ottenute possono essere cresciute in condizioni controllate aggiungendo nel terreno di coltura sali, zucchero e vitamine. Queste radici risultano resistenti ad alte dosi di radiazioni gamma e protoni dell’ordine di 10 gray ( l'unità di misura della dose assorbita di radiazione) e sono in grado di proliferare anche dopo dosi di irraggiamento che sarebbero letali per molti altri tipi di cellule. Le condizioni di stress accentuato e le eventuali alterazioni del metabolismo che ne derivano, vengono puntualmente analizzate nel loro complesso mediante tecniche molecolari avanzate che riescono a mettere in evidenza anche le minime variazioni significative. (Red) Vedi http://www.enea.it/

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ealizzata la prima micromacchina che si muove grazie all’energia diretta della luce. I veicoli a energia solare permettono il trasporto su terra, acqua e in aria utilizzando la luce del Sole come fonte primaria di energia. La conversione della luce in movimento avviene in genere attraverso alcune fasi di trasformazione tra diverse forme di energia. La generazione di propulsione su piccole scale è di importanza cruciale per il funzionamento di micro e nanomacchine all'interno dei cosiddetti lab on a chip, ovvero laboratori miniaturizzati su un chip per applicazioni biomediche. È quindi impensabile utilizzare la luce come fonte di energia per la propulsione di veicoli microscopici? Ricercatori del dipartimento di Fisica della Sapienza e dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, coordinati da Roberto Di Leonardo, docente alla Scuola Superiore di Studi Avanzati della Sapienza, hanno messo a punto una nuova strategia per la conversione diretta ed efficiente della luce in movimento. Il dispositivo consiste in una “ruota” di dimensioni comparabili a quelle di un globulo rosso, rivestita da uno strato di materiale fotoassorbente e sospesa sulla superficie di un liquido. In presenza di luce, un debole riscaldamento disomogeneo sbilancia la tensione superficiale sul contorno dell'oggetto e genera una torsione in grado di produrre rotazioni di 300 giri al minuto. La rotazione può essere controllata rapidamente e indefinitamente regolando la potenza della luce che investe

ALLA SAPIENZA “GIRA” IL MICRO-MOTORE AZIONATO DALLA LUCE

Immagine artistica della “ruota” di dimensioni comparabili a quelle di un globulo rosso (foto uniroma1.it),

l’oggetto. L'efficienza della conversione di luce in lavoro misurata è di circa cinque ordini di grandezza maggiore degli effetti studiati in precedenza e permette di generare rotazioni con basse densità di potenza luminosa. «La tensione superficiale, che permette ad esempio ad alcune specie d'insetti di camminare sull'acqua senza perforarne la superficie, diventa sempre più rilevante in sistemi di

dimensioni via via più piccole - afferma Roberto Di Leonardo - Su scala micrometrica la tensione superficiale è una delle forze di maggiore intensità ma generalmente è sempre perfettamente bilanciata e non produce spostamenti netti in una direzione. Quello che abbiamo dimostrato è che il debole riscaldamento generato dalla semplice esposizione alla luce è sufficiente a sbilanciare le forze capillari e produrre una torsione netta in grado di far ruotare molto rapidamente un motore microscopico di forma asimmetrica. In futuro questi micromotori potrebbero trasportare carichi microscopici, come ad esempio singole cellule, all'interno di dispositivi miniaturizzati alimentati dalla semplice esposizione alla luce solare». (Red) Claudio Maggi, Filippo Saglimbeni, Michele Dipalo, Francesco De Angelis, Roberto Di Leonardo, "Micro-motors with asymmetric shape efficiently convert light into work by thermocapillary effects", Nature Communications, doi: 10.1038/ncomms8855

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SALUTE

Brevi

ALLERGIE ALIMENTARI

VACCINO MALARIA, OK DA AUTORITÀ UE

E RISCHIO DI DERMATITE ATOPICA

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e madri con una predisposizione allo sviluppo di certe reazioni alimentari (un problema conosciuto come atopia) e l’alta massa di grasso nei neonati sono fattori cruciali che aumentano il rischio di dermatite atopica nei bambini. Questa correlazione è stata scoperta grazie ad una ricerca sostenuto da due progetti finanziati dall’UE: ODIN (Food-based solutions for Optimal vitamin D Nutrition and health through the life cycle) e IFAAM (Integrated Approaches to Food Allergen and Allergy Risk Management). La dermatite atopica – conosciuta anche come eczema atopico – è un’infiammazione della pelle che causa prurito, arrossamento, gonfiore e spaccature nella pelle. Molte persone affette da dermatite atopica sviluppano febbre da fieno o asma in un secondo momento. I ricercatori sono convinti che l’identificazione precoce delle persone a rischio possa portare all’implementazione più rapida di misure preventive. Il progetto IFAAM si è proposto di sviluppare nuovi approcci basati sulle prove e strumenti per gestire meglio gli allergeni negli alimenti e creare piani efficaci di gestione delle allergie alimentari e consigli sull’alimentazione. Acquisire una conoscenza più approfondita dei fattori di rischio nei neonati e nei bambini è stato il centro di interesse dell’iniziativa. Per cominciare sono stati analizzati e confrontati i dati sulle reazioni allergiche a vari ingredienti degli alimenti come il latte in polvere, la polvere di albume, le farine di noci, nocciole e arachidi. Questo ha permesso al team di identificare i possibili fattori di rischio. Il progetto intende in seguito produrre un processo di gestione standardizzata per aiutare le aziende che si occupano di produzione di prodotti alimentari ad assicurare che i propri prodotti siano il più possibile privi di allergeni. I risultati aiuteranno i fautori delle politiche a sviluppare regolamenti paneuropei efficaci per ridurre al minimo il rischio per i consumatori, il che a sua volta migliorerà la competitività dell’industria alimentare europea. Per sfruttare appieno tutti i dati, verrà istituita l’“Allerg-e-lab”, una piattaforma informatica online per condividere i risultati della ricerca. Con il progetto ODIN invece si è lavorato per sviluppare una strategia di salute pubblica sicura ed efficace in grado di prevenire la deficienza di vitamina D. Le persone che non hanno accesso alla luce del sole o coloro che soffrono di allergie al latte o hanno adottato una dieta rigorosamente vegana potrebbero essere a rischio. A tale riguardo saranno condotti quattro esperimenti clinici singoli randomizzati in gruppi di donne incinte, bambini, adolescenti e immigrati per valutare le esigenze e i livelli di deficienza di vitamina D. Saranno quindi sviluppate soluzioni innovative basate sugli alimenti per aumentare la vitamina D nella catena alimentare attraverso la bio-fortificazione di carne, pesce, uova, formaggio, funghi e lievito per i prodotti da forno. I progetti IFAAM e ODIN si concluderanno nel 2017. (Red) Vedi http://www.odin-vitd.eu/ http://www.inflammation-repair.manchester.ac.uk/ifaam

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'autorità europea per i farmaci (Ema) ha dato l'ok per la prima volta ad un vaccino contro la malaria. Secondo l'Ema, il vaccino denominato Mosquirix può essere efficace nel ridurre il peso della malattia, che fa 600 mila morti l'anno. Si tratta di un passo decisivo verso la sua applicazione su larga scala in Africa. Il vaccino, sviluppato da Gsk insieme alla Bill e Melinda Gates Foundation e a diverse istituzioni scientifiche, ha dimostrato nei test su decine di migliaia di bimbi di riuscire a ridurre di un terzo i casi gravi della malattia. Una decisione definitiva sull'utilizzo verrà presa dall'Oms il prossimo ottobre.

L'ACIDO FOLICO PER UNA GRAVIDANZA SENZA RISCHI

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a vitamina B9, meglio conosciuta come acido folico è il miglior sostegno delle donne che aspettano un bambino. Lo hanno sottolineato al Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) durannte un convegno, organizzato a Expo dal Ministero della Salute. Secondo gli esperti le donne che pianificano una gravidanza o non la escludono dovrebbero iniziare ad assumere acido folico, circa 0,4 milligrammi al giorno fino al terzo mese di gravidanza. La vitamina B9 previene lo sviluppo nel neonato di gravi malformazioni del sistema nervoso centrale, tra cui la più nota è la spina bifida. L'assunzione di acido folico va accompagnata da un'alimentazione equilibrata e ricca di frutta e verdura.

LA NASCITA DI UN FIGLIO PORTA 2 KG DI PESO AL PAPÀ

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econdo uno studio pubblicato dall' American Journal of Men's Health, la nascita di un bebè “regala” al genitore 2 chili. In altri termini diventare papà fa ingrassare. La ricerca è stata eseguita alla Northwestern University Feinberg School of Medicine (Chicago, Usa). Sono stati utilizzati i dati di uno studio precedente che ha coinvolto oltre 10 mila adolescenti, seguendoli fino a dopo i 30 anni. I soggetti sono stati divisi in tre gruppi: padri residenti (vivevano con i figli); padri non residenti e non padri. Nel primo gruppo l'aumento medio è stato di circa 2 chili; nel secondo di 1,5 mentre nel terzo si è registrato una riduzione del peso medio di circa 600 grammi.

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DIAGNOSI RAPIDE, PRECISE E CONVENIENTI PER BATTERE LE INFEZIONI RESPIRATORIE

Le linee guida per la cura dei pazienti affetti da HIV e da tubercolosi (TB) dovrebbero essere aggiornate. Lo afferma un nuovo studio in parte finanziato dal progetto RID-RTI dell’UE .

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ecentemente pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, lo studio ha scoperto che iniziare la terapia per l’HIV entro due settimane dalla diagnosi della TB può migliorare il tasso di sopravvivenza nei pazienti affetti da entrambe le infezioni con un numero molto ridotto di immunociti. Per chi ha un sistema immunitario forte, però, sembrerebbe meglio aspettare fino alla fine dei sei mesi di terapia per la TB prima di iniziare la terapia per l’HIV. Lo studio raccomanda di aggiornare le linee guida tenendo conto di queste

scoperte. Curare HIV e TB simultaneamente si è rivelato difficile per una serie di ragioni, come per esempio l’esigenza che i pazienti prendano diverse pillole e le interazioni tra un farmaco e l’altro oltre al sovrapporsi di effetti collaterali. Questo studio in particolare si proponeva di esaminare le tempistiche ottimali per iniziare la terapia per l’HIV alla luce dei recenti esperimenti clinici. È un esempio di come il progetto RID-RTI, che ha avuto inizio a luglio 2012, abbia contribuito a migliorare le probabilità di sopravvivenza di pazienti con infezioni del tratto respiratorio. Queste infezioni sono causate da una serie di patogeni batterici, virali e fungini e sono tra le cause principali di morbilità e mortalità negli adulti e nei bambini in tutto il mondo. Le infezioni del tratto respiratorio come TB e polmonite sono un problema sanitario mondiale. Nel 2013 ci sono stati, secondo le stime, 9 milioni di nuovi casi di TB, con 1,3 - 1,5 milioni di morti. Sono moltissime le persone che contraggono la TB nei paesi in via di sviluppo a causa di un sistema immunitario debole dovuto in gran parte al numero elevato di infezioni da HIV e allo sviluppo dell’AIDS. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), la polmonite è la causa principale di morte nei bambini a livello mondiale e uccide secondo le stime ogni anno 1,4 milioni di bambini al di sotto dei cinque anni di età. Una delle cause per cui le infezioni

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del tratto respiratorio continuano a proliferare è che è molto difficile diagnosticarle velocemente e accuratamente. I test attualmente a disposizione richiedono molto tempo e di conseguenza, i pazienti che presentano sintomi di un’infezione del tratto respiratorio spesso sono curati in modo uniforme con antibiotici, senza identificare con precisione il microorganismo causa dell’infezione stessa. Questo può portare a un uso improprio degli antibiotici, che a sua volta aumenta la morbilità, ossia il numero dei casi di malattia registrati durante un periodo dato, e la mortalità del paziente. Per risolvere questo problema, il progetto RID-RTI – costruito intorno a un consorzio di PMI, università e ospedali in Finlandia, Francia, Irlanda e Regno Unito – ha cercato di sviluppare un test diagnostico molecolare rapido in grado di identificare un’ampia gamma di microorganismi responsabili delle infezioni del tratto respiratorio. L’aspettativa è che tutto questo porti a cure più adeguate applicate sin dalla prima consultazione. Il test, che è costruito su una semplice piattaforma diagnostica in cui si inserisce il campione per ottenere un responso, sarà conveniente e facile da usare e sarà in grado di fornire i risultati in meno di due ore. Questo lo distingue dalle attuali tecnologie diagnostiche. Si spera che la velocità e la precisione della piattaforma rivoluzionino il modo in cui vengono curate le infezioni del tratto respiratorio. Non solo. Attualmente si sta sviluppando un piano di applicazione per assicurare che i risultati del progetto possano essere tradotti in prodotti commerciali. Il fine ultimo sono prodotti convenienti e facili da usare da impiegare nella routine degli ospedali. Il progetto RID-RTI si concluderà alla fine di dicembre 2015. (Red) Vedi https://www.rid-rti.eu/rid-rti/ home_page http://cordis.europa.eu/

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SPAZIO

A sinistra, Venezia e la sua zona costiera vista da Sentinel-2; sopra, il satellite Sentinel-2

SENTINEL-2 FOTOGRAFO SPAZIALE: VIGILA SU AGRICOLTURA, ACQUE COSTIERE E INTERNE, FORESTE E GHIACCIAI

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al monitoraggio dell'agricoltura alla creazione di tabelle per i cambiamenti al suolo: le prime immagini dal nuovo satellite europeo Sentinel-2 mostrano come le osservazioni critiche della missione “visione a colori” possono essere utilizzate per il nostro pianeta sicuro. Lanciato dallo spazio porto europeo nella Guyana Francese il 23 giugno, Sentinel-2A è il secondo satellite in orbita del programma europeo di monitoraggio ambientale Copernicus. La sua fotocamera multispettrale alimenterà le applicazioni di monitoraggio della Terra per l’agricoltura, le acque interne e costiere, e la mappatura terrestre. Controllo delle acque costiere Gli esperti che hanno avuto accesso alle prime immagini di Sentinel-2A hanno discusso sulla varietà di applicazioni scientifiche ed operative. La conclusione è stata che cittadini europei, organi decisionali, aziende e la comunità scientifica internazionale beneficeranno enormemente da questa seconda missione per il programma Copernicus. Le sue immagini permetteranno di migliorare la qualità di vita e pro-

teggere l'ambiente. Rilevando i cambiamenti nel tempo su terreni e masse d'acqua, Sentinel-2 può aiutare a gestire le risorse naturali in maniera sostenibile. Oltre a monitorare i cambiamenti nelle masse d'acqua, la missione ha anche il compito di monitorare la qualità dell'acqua. Controllo delle acque interne Le informazioni sulla qualità dell'acqua non sono utili soltanto per le applicazioni nel consumo dell'acqua, ma possono anche indicare zone che siano sicure, o non sicure, per nuotare. Queste informazioni sono di beneficio anche per alcuni enti intergovernativi come la Convenzione di Ramsar, che progetta di utilizzare i dati per controllare le zone umide di importanza internazionale sparse su tutto il globo. Il rilevamento delle modifiche nelle nostre foreste è una altro compito importante per il satellite, come controllare il livello di deforestazione, riforestazione e di aree colpite da incendi. Le informazioni ottenute da Sentinel-2 possono aiutare gli organi di governo e le imprese commerciali a prendere decisioni informate su come meglio gestire, proteggere e

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sostenere le risorse forestali. Lo strumento di Sentinel-2 che fornisce le immagini (l'imager) ha 13 bande di spettro, dal visibile ed infrarosso vicino, all'infrarosso ad onde corte a diverse risoluzioni spaziali, portando il monitoraggio terrestre ad un livello senza precedenti. Si tratta infatti della prima missione ottica di Osservazione della Terra nel suo genere ad includere tre bande nel cosiddetto “red edge” che fornisce informazioni chiave sullo stato della vegetazione. Il satellite è in grado di distinguere tra diverse colture, mostrando un esempio di girasoli e di mais che crescono vicino Tolosa, in Francia. Progettata come una missione di due satelliti, Sentinel-2 fornirà immagini sulla base di un

ciclo di passaggio ogni cinque giorni, una volta che il suo gemello Sentinel-2B sarà lanciato, nel 2016. Questo breve intervallo di passaggio è importante per tutte le sue applicazioni tra cui monitorare i ghiacciai e, in molti casi, mappare il loro rapido recesso. Anche se il satellite non è ancora nella sua orbita operativa, e non è ancora calibrato per fornire dati alla più alta qualità di cui è capace, le immagini offrono un assaggio di quello che verrà nel prossimo futuro. (Red) Vedi www.esa.int

SCOPERTO IL LITIO NELL'ESPLOSIONE DI UNA STELLA

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l litio è stato trovato per la prima volta nel materiale espulso da una nova. Le osservazioni di Nova Centauri 2013 (nella foto), effettuate con i telescopi dell'Osservatorio dell'ESO a La Silla e vicino a Santiago in Cile, aiutano a spiegare il mistero del perché molte giovani stelle sembrano avere una quantità di questo elemento chimico maggiore del previsto. La nuova scoperta colma una lacuna nel rompicapo dell'evoluzione chimica della nostra Galassia e rappresenta un importante passo avanti per gli astronomi che cercano di capire la quantità dei diversi elementi chimici nelle stelle della Via Lattea. Il litio è un elemento chimico leggero, uno dei pochi che si pensa si siano formati durante il Big Bang, 13,8 miliardi di anni fa. Capire quanto litio contengono le stelle oggi vicino a noi nell'Universo ha dato dei veri grattacapi agli astronomi. Le stelle più vecchie hanno meno litio del previsto, mentre alcune delle più giovani ne hanno fino a dieci volte di più . A partire dagli anni '70 del secolo scorso gli astronomi hanno ipotizzato che molto del litio in eccesso nelle stelle giovani avrebbe potuto provenire dalle nove , ovvero esplosioni stellari che soffiano via materia nello spazio interstellare, dove va a contribuire al materiale che forma la successiva generazione di stelle. Ma studi attenti di molte nove non hanno finora dato un risultato certo. Un'equipe guidata da Luca Izzo (Università Sapienza di

Roma e ICRANet, Pescara, Italia) ha ora sfruttato lo strumento FEROS sul telescopio da 2,2 metri dell'MPG/ESO, all'Osservatorio di La Silla, e lo spettrografo PUCHEROS, sul telescopio da 0,5 metri dell'ESO all'Osservatorio della Pontificia Universidad Catolica de Chile vicino a Santiago, per studiare la nova Nova Centauri 2013 (V1369 Centauri). La stella è esplosa nel cielo meridionale, vicino alla brillante stella Beta Centauri, nel dicembre 2013 e finora è stata la nova più brillante di questo secolo. I nuovi dati svelano la chiara impronta del litio che viene espulso a due milioni di chilometri all'ora dalla nova. Il co-autore Massimo Della Valle (INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Napoli e ICRANet, Pescara, Italia) spiega a eso.org: «È un passo avanti fondamentale. Se immaginiamo la storia dell'evoluzione chimica della Via Lattea come una grande puzzle, il litio delle nove rappresenta uno dei pezzi mancanti più importanti e sconcertanti. Inoltre, qualsiasi modello del Big Bang può essere messo in discussione finché non si comprende la questione del litio». Si stima che la massa di litio espulsa da Nova Centauri 2013 sia minuscola (meno di un miliardesimo della massa del Sole) ma, dal momento che ci sono stati miliardi di nove nella storia della Via Lattea, questa è sufficiente per spiegare la quantità inaspettatamente grande di litio osservato nella nostra galassia. (Red) Vedi www.eso.org

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FOCUS

PROGETTO SUNRISE: PRESTO INTERNET NAVIGHERÀ SOTTO I MARI

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l futuro di Internet? Sott'acqua. Grazie ad un progetto internazionale chiamato SUNRISE in un futuro non molto lomntano il mare, i laghi e i fiumi diventeranno immense autostrade digitali sulle quali si muoveranno ed opereranno sensori, robot, droni e veicoli autonomi di ultima generazione in grado di svolgere compiti pericolosi o troppo estremi per l'uomo, dal monitoraggio ambientale (vulcani sottomarini, faglie nella crosta terrestre, individuazione di siti adatti all'acquacoltura) allo sminamento, dalla salvaguardia di siti archeologici alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, fino alla localizzazione di carico o persone disperse. SUNRISE è un progetto inserito nel VII programma quadro della UE ed ha un capofila italiano, l'Università Sapienza di Roma, che sta sviluppando in questi mesi tutta la parte software. Quella, cioè, che consentirà il dialogo tra i vari dispositivi tecnologici che dovranno poi essere in grado di gestirsi da soli, fronteggiare le emergenze e “riferire” alle control room dei vari paesi collegati quel che sta accadendo sott'acqua. Senza dimenticare le applicazioni di cybersecurity (ad esempio per l'encryption, ovvero la trasforma-

zione, mediante un algoritmo matematico ed una chiave, di un messaggio leggibile in un altro messaggio non facilmente interpretabile dei dati) che sotto il mare non sono certo meno importanti che sulla terraferma. Tutto questo è l' Internet of Things, l'Internet delle cose, declinato nell' Internet of Underwater Things. Smartphone, tablet, laptop, sono dispositivi intorno a noi che possono essere interconnessi da tecnologia invisibile, tecnologia wireless. Oggi abbiamo i sistemi cellulari di ultima generazione e il wi-fi che permettono di connetterci a internet a velocità molto elevate, nell'ordine delle centinaia di milioni di bit al secondo. Ma portare questo concetto, l'Internet delle cose, sott'acqua, andando ad operare in un mondo ancora largamente sconosciuto, è una sfida tutta da vincere. Appare chiaro che debbano essere scritti protocolli di comunicazione completamente nuovi perché nuovo è l'ambiente di propagazione: acqua marina (o dolce) e non più l'aria. Le tecnologie di comunicazione che siamo abituati a dare per scontato, ad esempio, non possono essere di-

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rettamente trasferite in mare. Lì non si posso utilizzare le comunicazioni radio, che funzionerebbero solo in “short range”, cioè entro pochi metri. Qual è la soluzione, allora? Copiare (bene) quello che fa madre natura. Adottare la modalità di comunicazione che utilizzano gli animali che vivono in quell'ambiente (balene, delfini ecc.), cioè le comunicazioni acustiche. Stando bene attenti ad usare frequenze che non li disturbino. Gli sviluppatori di SUNRISE ci stanno lavorando alacremente. Al punto che gli speciali modem acustici, già testati sul campo, potranno essere messi in commercio entro 2 o 3 anni. Ma il progetto, è notizia recente, ha intrapreso anche un'altra strada molto interessante, ossia quella delle comunicazioni ottiche, grazie all'entrata nel progetto di un nuovi partner specializzati: ISME e Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant'Anna di Pisa. È noto che l'ottica è già largamente utilizzata per raggiungere elevate velocità nella dorsale di Internet (terrestre), ora la parola passa al mare, decisamente giudice severo. I principali players di SUNRISE sono il NATO STO Centre for Maritime Research and Experimentation di La Spezia, Evologics, una ditta europea che realizza modem acustici, le Università olandese e portoghese rispettivamente di Twente e Porto, SUASIS, una ditta turca e NEXSE, ditta italiana di system integration, oltre ad un partner americano che è l'Università di SUNY Buffalo, New York. E altri compagni di viaggio sono saliti o stanno per salire a bordo del consorzio grazie al sistema delle “open calls” che mettono a disposizione svariate centinaia di migliaia di euro di finanziamenti. Nella precedente tornata, oltre a ISME e SSSUP Sant'Anna sono entrati Gridnet, una SME greca, Marine Southeast e Università di Southampton, rispettivamente ditta ed università inglese. (Red)

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Vedi http://fp7-sunrise.eu/


CULTURA

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opo il fortunato successo di pubblico della mostra “In viaggio verso le Alpi. Itinerari romani dell’Italia nordorientale diretti al Norico” del 2013, il Museo Archeologico di Zuglio, ospita una nuova, importante mostra dall’affascinante titolo: “Celti sui monti di smeraldo”. Un’esposizione frutto della sinergia tra il Comune di Zuglio, la Soprintendenza Archeologia del Friuli Venezia Giulia, la Soprintendenza Archeologia del Veneto e numerosi Musei italiani ed esteri come il Landesmuseum für Kärnten di Klagenfurt, il Narodni muzej Slovenije di Ljubljana e il Tolminski muzej di Tolmin in Slovenia. Ancora una volta il piccolo ma attivissimo Comune di Zuglio si misura in un’esposizione di sicura rilevanza culturale e lo fa in coincidenza con i 20 anni di apertura del suo Museo Archeologico. L’allestimento, curato e pensato per offrire contenuti di qualità anche ad un pubblico non esperto del settore durerà fino al 31 ottobre. Per la prima volta è stato affrontato il tema della presenza celtica nell’arco alpino orientale attraverso la riunione di reperti fondamentali, legati alla presenza celtica nel comparto territoriale compreso tra Veneto, Friuli Venezia Giulia, Austria e Slovenia. “Celti sui monti di smeraldo” evoca il paesaggio della Carnia, dove l'archeologia ha acquisito negli ultimi anni dati che hanno cambiato il panorama degli studi. Il territorio carnico fu infatti percorso da guerrieri transalpini, che si soffermarono sulle alture più strategiche, in posizione dominante rispetto ai corsi d'acqua. Armi celtiche provenienti da rilievi e altipiani carnici sono gli indicatori preziosi della penetrazione, a partire dalla fine del IV-III secolo a.c., dei Taurisci e degli Scordisci, gruppi in movimento dall'area danubiana verso la penisola balcanica. Ma fin dal V secolo a.c. la documentazione archeologica suggerisce la presenza di stranieri abbigliati alla maniera celtica, inseriti all'interno delle comunità locali.

ZUGLIO (UD). MUSEO ARCHEOLOGICO FINO AL 31 OTTOBRE

“CELTI SUI MONTI DI SMERALDO” Il percorso espositivo è stato pensato per offrire una sintesi ragionata e aggiornata della presenza celtica. È composto da una prima sezione “Primi Celti a Nordest (V-IV secolo a.c.)” in cui viene dato risalto a materiali rinvenuti a Montebello Vicentino, Montebelluna e PaularoMisincinis. Qui la composizione dei corredi tombali suggerisce una mobilità non solo individuale ma anche di gruppi di stranieri, che via via si integrarono con la popolazione locale, dando vita

La scheda Dove. Civico Museo Archeologico di Zuglio (Ud) Cosa. Celti sui Monti di Smeraldo Quando. Fino al 31 ottobre Orario. mercoledì e giovedì 9-120, venerdì, sabato e domenica 9012/15-18. Costo. € 3,00; riduzioni € 2,00 Info. Tel. 0039 0433 92562 e-mail:museo.zuglio@libero.it www.comune.zuglio.ud.it

18 - n. 619 | Venerdì 31 Luglio 2015

così a nuove produzioni originali, come le fibule tipo Paularo. La seconda sezione è dedicata invece ai luoghi di culto tra Cadore e alto Isonzo. I due principali contesti esposti, la straordinaria deposizione di armi e cavalli scoperta di recente a Kobarid/ Caporetto e il luogo di culto militare di Monte Sorantri di Raveo (Udine) rientrano nei casi di aree consacrate dove venivano conservate le spoglie di nemici vinti o venivano dedicate offerte di armi alle divinità. Da ultima, la sezione dedicata alle necropoli in uso tra il III e I secolo a.c., rappresentata da diversi corredi funerari, emblematici del Celtismo finale, da Montebelluna a S. Floriano di Polcenigo a Dernazzacco (Udine). Le lunghe spade e le lance, spesso ritualmente ripiegate caratterizzano i personaggi maschili, preziosi ornamenti d’argento spiccano nelle tombe femminili. Né mancano i famosi torques intrecciati che tanto hanno contributo al fascino del Celtismo, tra il Veneto orientale e il golfo di Trieste. Il percorso si conclude con una piccola ma preziosa sezione numismatica. (Red)

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