Guida alle tematiche seminariali

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Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale L'Europa investe nelle zone Rurali

Programma di Sviluppo Rurale della Puglia

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE PER LO SVILUPPO RURALE

Regione Puglia

Guida alle tematiche seminariali su

Itinerari Turistici Agro-Energia Servizi Sociali Innovativi Città di Apricena

Città di Chieuti

Città di Lesina

Città di Poggio Imperiale

Città di San Paolo di Civitate

Città di San Severo

Città di Serracapriola

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Città di Torremaggiore


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Guida alle tematiche seminariali su

Itinerari Turistici Agro-Energia Servizi Sociali Innovativi 3


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indice


SALUTI DAL GAL DAUNIA RURALE

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LA SFIDA DEL PIANO DI MARKETING TERRITORIALE

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- Il Turismo Rurale come driver dello sviluppo 6 - Il Turismo Rurale ed il Territorio 8 - l’attrattività del Turismo Rurale 10 - Significato del termine “Turismo Rurale” 12 - Turismo Rurale e sviluppo locale: Opportunità e rischi 14 - La qualità come elemento imprescindibile di un vero sviluppo 16 GLI ITINERARI TURISTICI DELLA DAUNIA RURALE

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- La mappa georeferenziata “Gente di Terra” 20 - I diversi itinerari turistici 26 - I percorsi dell’attraversamento 26 - Le strade del mosaico 28 - Le vie dell’acqua 29 - I piccoli paesaggi 30 AGRO-ENERGIA: OPPORTUNITÀ PER LO SVILUPPO DELLE AREE RURALI

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- L’ente Pubblico Locale 34 - Le Sfide da Affrontare 34 - Le opportunità da Cogliere 35 - L’azienda Zootecnica 36 - Le Sfide da Affrontare 36 - Le opportunità da Cogliere 37 - Le filiere Agro-alimentari, dalla produzione al consumo di cibo 38 - Le Sfide da Affrontare 38 - Le opportunità da Cogliere 39 - I Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e gli acquisti verdi di energia da biomasse - Attivare occasioni di dialogo e “progettazione” partecipativa

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MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA DELLE COMUNITÀ RURALI ATTRAVERSO I SERVIZI SOCIALI INNOVATIVI

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- Sistemi di welfare nelle aree rurali tra domanda di ruralità e comunità locali - Agricoltura Sociale innovativa e nuove ipotesi di welfare - Agricoltura Sociale e organizzazione di nuove risposte a bisogni crescenti

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Saluti dal

GAL Daunia Rurale 2


Il Gal Daunia Rurale, come Agenzia di Sviluppo dell’Alto Tavoliere, è impegnato sul territorio a creare e supportare un sistema di offerta locale integrata che unisca le potenzialità di una produzione tipica, già riconosciuta a livello nazionale ed internazionale per la sua qualità, con le peculiarità storicoculturali e paesaggistiche dell’Alto Tavoliere. L’obiettivo è quello di migliorare l’immagine del territorio e di costruire un’offerta di ospitalità che supporti il posizionamento del nostro Territorio e, di conseguenza, dei nostri prodotti sui mercati dell’agro-alimentare. La creazione di una rete locale di operatori della produzione di qualità, della ricezione e della ristorazione, la ideazione di un marchio collettivo, la promozione e valorizzazione del sistema di area, sono gli strumenti strategici che il GAL sta utilizzando per raggiungere gli obiettivi di sviluppo locale. Il percorso è lungo e difficile, ma non impossibile. Importante sarà il ruolo degli operatori pubblici e privati nel garantire l’integrazione, la coesione e la qualità dei servizi che in futuro saranno realizzati. Per questo motivo, è necessario dotare gli operatori di strumenti di informazione e orientamento utili a supportare i percorsi di innovazione e qualificazione dei servizi che il territorio offre. Infatti, il passaggio dalla teoria alla pratica deve essere accompagnato dal GAL con moderne e flessibili metodologie di apprendimento che mettano le imprese, le associazioni e i Comuni nelle condizioni di operare nel sistema locale con professionalità, pertinenza e capacità. Il Gal Daunia Rurale ha quindi pensato di creare dei momenti di riflessione, approfondimento e confronto su tematiche strategiche per la rete locale e il sistema di offerta quali la promozione e valorizzazione delle produzioni tipiche locali e dell’offerta di ospitalità, gli itinerari turistici, le potenzialità delle energie alternative e la qualità dei servizi sociali innovativi. La strada verso la competitività territoriale passa attraverso l’adeguamento delle competenze e il miglioramento delle strategie operative sia a livello individuale che collettivo. Siamo sicuri di operare per dare all’Alto Tavoliere una chance di sviluppo locale, partendo dalla valorizzazione della propria storia, cultura e paesaggio. Il GAL sta facendo la sua parte; resta ora al territorio sfruttare questa occasione unica per dare un futuro diverso alle giovani generazioni in una prospettiva migliore di crescita economica e sociale.

Il Presidente Simone Mascia 3


La sfida del Piano di

Marketing Territoriale 4


La rilevanza del tema del Marketing Territoriale in contesti geografici, storici ed economici tra loro molto diversi, non è, ovviamente, una semplice coincidenza. Il crescente ricorso a strumenti propri del marketing e della comunicazione anche per quanto riguarda l’ambito territoriale testimonia come l’attuale dimensione di “competizione totale”, propria del mondo globalizzato, interessi ormai anche città, regioni e nazioni. I motivi di questo cambiamento di prospettiva sono molteplici, ascrivibili per lo più ai grandi mutamenti economici, sociali e culturali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni: il riferimento va allo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto, che ha facilitato i flussi e la velocità di scambio, alle profonde trasformazioni negli assetti dell’economia mondiale, con la conseguente riduzione delle barriere istituzionali, alla liberalizzazione degli scambi e alla diffusione delle cosiddette nuove tecnologie. In questo nuovo contesto si riducono le distanze, spaziali e temporali, tra le aree geografiche e, parallelamente, aumentano la mobilità e la circolazione di individui, beni (materiali e immateriali), informazioni e conoscenze. Le città, le regioni e le nazioni diventano spazi di attrazione sociale, economica e culturale, che, con un proprio complesso sistema di offerta (infrastrutture, servizi ecc.), si rivolgono a potenziali “investitori”: competono, in altri termini, per attrarre organizzazioni, individui, attività e, soprattutto, risorse per accrescere i propri vantaggi competitivi, proponendosi come motore di sviluppo.

E’ il concetto stesso di territorio che viene restituito ad una nuova centralità: non più semplice elemento “contenitore”, ma sempre più insieme di “contenuti” che, in quanto tali, devono essere definiti, integrati tra loro, valorizzati e, soprattutto, adeguatamente gestiti nel tempo. Al pari di prodotti e imprese, anche se in maniera diversa e sicuramente più complessa, oggi i territori hanno l’esigenza di comunicare sempre più chiaramente e visibilmente la propria unicità, i propri valori, le proprie eccellenze e la propria idea di sviluppo, proponendosi come uno spazio allo stesso tempo fisico e simbolico, in grado di generare senso di appartenenza nelle persone che ci vivono e attrazione per le altre. È importante osservare, in questo senso, come l’attrattività di un qualsiasi prodotto è sempre più slegata dalle sue prerogative funzionali e sempre più effetto delle sue proprietà simboliche e di relazione. Ad esempio, nessuno compra un vestito per soddisfare il bisogno funzionale di coprirsi poiché questa condizione è di fatto un prerequisito, mentre la scelta di un capo di abbigliamento è sempre più legata ad una esigenza di rappresentarsi. La dimensione simbolica è, pertanto, prevalente e non solo per l’acquisto di un vestito: dall’automobile al cibo, dal quotidiano alla casa, dai viaggi agli animali domestici, tutto (o quasi tutto) è regolato dalla rappresentazione di aspirazioni, dove i prodotti – in senso lato – diventano testimoni partecipi di un mondo a cui ognuno chiede, secondo un proprio modello, di appartenere.

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il Turismo Rurale

driver dello sviluppo come

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Il Piano di Marketing Territoriale dell’Alto Tavoliere vede il Turismo Rurale, con tutte le sue implementazioni, come il principale driver della strategia di sviluppo del territorio. Le ragioni di questa scelta risiedono in diversi fattori primi tra tutti: • Il territorio ha un buon potenziale di attrazione turistica che sinora è stato inespresso; • Il turismo rurale è una forma di turismo profondamente rispettosa dell’ambiente e dei valori di un territorio, che basa la sua ragion d’essere nella piena sostenibilità dello sviluppo e nel recupero delle tradizioni e della cultura più profonda dei luoghi; • Uno sviluppo basato su principi di sostenibilità impatta non solo il comparto economico specifico, ma comporta l’assunzione di comportamenti coerenti da parte di ogni soggetto, pubblico o privato che sia, che a vario titolo concorre al raggiungimento degli obiettivi prefissati (e condivisi); • L’economia locale è largamente basata sul comparto agroalimentare. Le moderne teorie economiche e di marketing, indicano come imprescindibile il legame tra prodotto agroalimentare e territorio in termini di caratterizzazione e di valorizzazione. In altri termini, promuovere un prodotto agroalimentare di qualità significa valorizzare il territorio da cui proviene così come promuovere un territorio significa valorizzare i prodotti agroalimentari che quel territorio produce. Alla luce di tali considerazioni appare evidente come la strada dello sviluppo sostenibile e del turismo rurale rappresenti un percorso obbligato nel quale, peraltro, ogni singolo soggetto coinvolto può e deve svolgere un ruolo attivo.

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Il Turismo Rurale ed il Territorio Anche se queste parole sono ormai diffuse e di uso corrente nella maggior parte dei paesi, esse corrispondono di fatto a realtà estremamente diverse e complesse. Utilizzato a volte per definire esclusivamente l’agriturismo (accoglienza turistica in aziende agricole), spesso comprensivo di turismo verde, dolce, alternativo, diverso, locale, all’aperto, in campagna... e persino, per alcuni, riferito ai parchi di divertimento e alle grandi catene di alberghi, il turismo rurale esiste, si sviluppa e piace perché si differenzia dal turismo “industriale” e dal turismo “delle mete tradizionali”. Ma esiste una caratteristica comune: si tratta di un turismo locale, di un turismo “di paese”, voluto e gestito dagli abitanti di un “paese”, un turismo di incontri, un turismo di condivisione, un turismo di relazione. Questo tipo di turismo è locale a vari livelli:

- è di iniziativa locale; - è a gestione locale; - è con profitti locali; - è caratterizzato da paesaggi locali; - è valorizzante per la cultura locale. 8

È per questa ragione che piace sempre più ai cittadini, tanto più ghiotti di particolarismi quanto maggiore è la standardizzazione offerta dalla città. Ma non bisogna lasciarsi trarre in inganno: i cittadini sono soprattutto alla ricerca di se stessi e di una risposta personalizzata al loro bisogno di riconoscimento affettivo e sociale. La campagna, la natura e l’aspetto rurale non sono che quadri adattati, protettivi e rassicuranti. Quanto più la città è fonte di apprensione (disoccupazione, instabilità, ecc.), tanto più la campagna rassicura. Più il presente è aggressivo, tanto più il passato appare dolce. Quanto più si è disorientati, tanto più si godrà della compagnia di persone “genuine”. È questo che ricercano essenzialmente i cittadini: emozioni semplici, in un mondo semplice, fatto di cose semplici. Si potrebbe persino affermare che siano alla ricerca di emozioni vere, in un mondo vero, fatto di cose vere, se non si avverasse che consumano soprattutto emozioni senza rischi


e senza impegno personale, in un mondo fittizio, creato appositamente per loro, partecipando ad attività pseudo-autentiche. Il know-how del turismo rurale si fonda, in larga misura, sulla capacità dei rurali di far conoscere, ossia sulla loro capacità di comunicare, mediante le parole, l’atteggiamento, l’ambiente e le attività, con i cittadini che hanno perso il contatto con la campagna e la natura, per i quali il mondo rurale genera un nuovo esotismo, un lusso supremo, quello delle cose semplici. I contadini che hanno saputo prendere le distanze dalla propria “ruralità”, per meglio comprendere i desideri del turista e dedicarvisi senza complessi, sono coloro che ottengono i risultati migliori. Sono coloro che propongono, in un’impresa a misura d’uomo, prestazioni che sembrano personalizzate, anche quando queste sono assolutamente anonime. Ed è qui che sorge il problema dei promotori e dei grandi investitori finanziari: il turismo rurale è un turismo di piccole o medie imprese, un turismo in cui l’uomo costituisce l’elemento centrale e primario. Escludendo l’assunzione e la formazione di falsi contadini cui affidare la gestione di centri turistici rurali o il finanziamento di attività gestite da veri rurali, è difficile immaginare un turismo rurale organizzato da grandi imprese. Si pone, quindi, un problema di fondo e lo stesso avviene quando si rimprovera al turismo rurale di essere troppo diffuso, particolarista e mal distribuito. Sono necessari ulteriori progressi in materia di identificazione delle prestazioni, segnaletica, organizzazione e distribuzione. Numerosi gruppi LEADER si sono impegnati

in tale senso. È tuttavia necessario evitare che i progressi previsti si ottengano a scapito del particolarismo e del carattere “artigianale” dell’accoglienza. Paradossalmente, i “difetti” del turismo rurale rappresentano una delle principali caratteristiche di questo tipo di turismo e ne sono il marchio. Rassicurano il cliente rendendo il fornitore più vicino. La “rusticità” è altrettanto attraente nell’accoglienza che nelle confezioni o nella presentazione dei prodotti agroalimentari. In entrambi i casi, questa caratteristica appare come un segno della qualità reale, del prodotto “autentico”, “locale”, tradizionale” e “genuino”. Ma dentro questo involucro grezzo deve essere contenuto un prodotto che offra tutte le garanzie di sicurezza e comfort. Per quanto riguarda la sistemazione, si ricerca il comfort e l’atmosfera: un bagno moderno in un fienile dalle pittoresche travi di legno! È in questa costante contraddizione che si sviluppa il turismo rurale. Ed è proprio questa contraddizione che il turismo rurale è condannato a gestire, per poter continuare a soddisfare le aspettative di una clientela i cui tratti e le cui caratteristiche si vanno delineando con maggiore precisione di anno in anno. Si tratta, dunque, di trovare l’equilibrio, un difficile equilibrio tra i valori del passato e le preoccupazioni del presente, tra ciò che viene chiesto e ciò che viene consumato, tra le aspettative della città e le realtà della campagna.

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l’attrattività del Turismo Rurale Il turismo sembra essere considerato un percorso naturale per lo sviluppo delle zone rurali, tant’è che la maggioranza delle zone LEADER hanno impostato progetti di sviluppo basati su tale attività. L’attrattiva del turismo rurale deve essere ricercata tanto nell’offerta che nella domanda: • In termini di offerta, la maggiore produttività dei settori secondari e terziari e le ridotte attrattive delle grandi città hanno portato ad una sensibile diminuzione dell’esodo rurale che continua tuttavia ad interessare i giovani agricoltori più qualificati. L’emorragia provocata nelle zone rurali ha lasciato queste ultime in una situazione di profondo marasma economico, sociale e culturale. Le comunità rurali sono sempre più consapevoli che lo sviluppo non sarà esogeno e che esse dovranno investire le proprie risorse locali in attività economiche competitive. Tra le potenziali attività, il turismo rurale presenta alcuni vantaggi che lo rendono, 10

in molti casi, la possibile forza motrice dello sviluppo locale. Questo vantaggio strategico non è tuttavia privo di rischi per lo sviluppo del processo. Da qui, l’importanza di una attenta pianificazione dell’offerta turistica in funzione dei singoli casi. • In termini di domanda, la crescente domanda urbana di attività ricreative in ambito rurale registrata negli ultimi decenni ha favorito, in termini concreti, la comparsa di un’offerta turistica maggiormente diversificata a livello locale. Si tratta tuttavia di una domanda estremamente eterogenea: ai singoli settori della clientela corrispondono determinati tipi di attività turistica che devono essere identificati ed adattati a seconda dei casi. Nel quadro di uno sviluppo integrato del territorio, l’impostazione selettiva della domanda, in funzione delle caratteristiche dell’offerta e della situazione economica locale, costituisce pertanto un fattore di riuscita essenziale per le iniziative attuate in materia di turismo rurale.


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“Turismo Rurale”

Significato del termine Occorre però definire bene cosa intendiamo per “Turismo Rurale”, in quanto non sempre a tale termine si danno significati univoci. Salvo rare eccezioni, tuttavia, la letteratura esistente in materia, compresa quella della Comunità Europea, può essere suddivisa in due principali tendenze: • nella prima, viene utilizzata, come criterio di selezione, la quota di reddito generata dal settore turistico direttamente a beneficio della comunità rurale. In questi termini si opera la distinzione tra turismo in area rurale, turismo rurale e agriturismo, in funzione della percentuale di reddito che deriva all’insieme della popolazione locale o, nel terzo caso, ai singoli agricoltori;

Concetto di Turismo Rurale per quota di reddito generato nella popolazione locale

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• nella seconda, la distinzione si fonda sui diversi elementi costitutivi dell’offerta. Si parlerà di turismo rurale quando la cultura rurale rappresenta una componente importante dell’offerta; in base alla principale attività specifica dell’offerta si parlerà allora di agriturismo, turismo verde, turismo gastronomico, equestre, nautico, cinegetico, storico-culturale, ecc.

Concetto di Turismo Rurale per tipologia di contenuti

La peculiarità dell’offerta nel turismo rurale è la volontà di permettere al visitatore un contatto personalizzato, un inserimento nell’ambiente rurale fisico ed umano nonché, nella misura del possibile, una partecipazione alle attività, agli usi e ai modi di vita della popolazione locale. La dimensione culturale e pedagogica di questa forma di attività ricreative turistiche è notevolmente apprezzata: gli studi condotti in proposito indicano che gran parte degli amanti del turismo rurale, provenienti soprattutto dalle classi medie e alte, attribuisce una grande importanza ai valori e all’identità culturale locali.

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Turismo Rurale e sviluppo locale: opportunità e rischi

Il turismo rurale è visto sin dagli anni ‘50 in molti paesi dell’Europa centrale e settentrionale e, certamente, dagli anni ‘70 nel Sud dell’Europa, come una strategia promettente in quanto contribuisce a ridurre l’esodo della popolazione, a creare occupazione e, in ultima analisi, a promuovere lo sviluppo socio-economico delle zone svantaggiate. Diversi elementi sono alla base di tale processo evolutivo: Il turismo rurale permette di soddisfare la domanda di spazi propizi alla pratica di una vasta gamma di attività ludiche, sportive e ricreative culturali; 14

Soddisfa il crescente interesse verso il patrimonio naturale e la cultura rurale di un pubblico urbano che si è visto “privato” della conoscenza e del godimento di questi valori. Questa forma di turismo prevede visite alle aziende agricole; spiegazioni sui tipi di arboricoltura, la loro origine, le tecnologie utilizzate; degustazioni di frutti o succhi, nonché la partecipazione a taluni lavori.

Gli attori locali sono ora consci del potenziale suscitato dall’effetto moltiplicatore del turismo in termini di creazione di redditi complementari, sviluppo delle sinergie o richiesta di infrastrutture e servizi di sostegno al mondo rurale, nell’interesse della


popolazione e dei turisti. Alcuni studi, condotti soprattutto in Norvegia ed in Francia, indicano che alle spese di alloggio si accompagnano in loco altri tipi di acquisti due o tre volte maggiori, essenziali per il mantenimento e lo sviluppo del commercio e dell’artigianato locali;

Si constata, infine, l’impegno degli enti pubblici e dei diversi operatori socioeconomici nel garantire la promozione del turismo rurale. Impegno che risponde certamente, anche se forse in cattiva fede, alla necessità di identificare soluzioni che permettano di fronteggiare la crisi economica, gli effetti perversi delle riforme delle strutture agricole e la distruzione delle infrastrutture di base in numerose zone rurali.

In questa ottica, il turismo rurale permette, soprattutto, di garantire la tutela dei siti e dei modi di vita, a beneficio sia degli abitanti che delle future generazioni urbane. Ma al tempo stesso non bisogna dimenticare i rischi conseguenti dallo spingere eccessivamente sull’economia turistica. Purtroppo, vi sono numerosi casi negativi nei paesi europei del bacino mediterraneo, in particolare, nelle zone in cui la sopravalutazione della dimensione turistica del processo di sviluppo locale ha portato alla stagnazione,

alla regressione e, persino, alla disparità della redditività economica dell’offerta locale e, contemporaneamente, della sua autenticità. Questa sopravalutazione si traduce in un eccesso delle capacità di accoglienza rispetto ai limiti auspicabili, nell’apparizione di fenomeni di speculazione interna ed esterna, nel degrado dell’ambiente e nella perdita dell’elemento umano e delle relazioni personalizzate, l’aspetto maggiormente ricercato dagli appassionati del vero turismo rurale. A questa eccessiva valutazione della dimensione turistica si aggiunge, spesso, la mancanza di istituzioni locali appropriate, la ricerca prioritaria e disordinata di rapidi profitti, un livello di formazione professionale e d’organizzazione sostanzialmente insufficiente a soddisfare i criteri di un’offerta turistica di qualità, sia sul piano individuale che collettivo (in particolare nel caso delle “profonde zone rurali” del Sud dell’Europa). Questa situazione, unita alla mancanza di pianificazione e di obiettivi concreti, rappresenta da un lato una serie di fattori di instabilità del modello di sviluppo mediante il turismo e, dall’altro, numerose possibili cause di fallimento, anche nelle zone che dispongono di un grande potenziale naturale e culturale. 15


la qualità come elemento imprescindibile di un vero sviluppo

Per ogni singola situazione è innanzi tutto necessario individuare gli obiettivi prefissati, al fine di determinare in seguito le azioni da attuare per offrire un prodotto turistico attraente ed alternativo. Può essere definita una serie di condizioni prioritarie:

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• Mantenere un equilibrio ottimale tra i sistemi ecologici, socio-economici e culturali della zona, pur introducendovi un processo di sviluppo e, quindi, di mutamento; • Apportare alla popolazione locale una fonte di reddito supplementare, che permetta di fronteggiare la crisi dei sistemi agricoli e delle comunità rurali. Ciò implica un controllo locale del potere decisionale in merito agli investimenti;


• Contribuire alla diversificazione delle attività economiche ampliando l’offerta di servizi e di prodotti locali, anch’essi elementi di un maggiore richiamo turistico; • Promuovere lo scambio tra le culture e le popolazioni nella conoscenza e nel rispetto reciproco come fattore di solidarietà e coesione sociale; • Favorire una politica coordinata di riassetto del territorio che permetta di intensificare la competitività delle attività economiche nelle zone più svantaggiate e consenta di fornire, a queste ultime, le infrastrutture e le attrezzature indispensabili ad una corretta qualità della vita, sia per le popolazioni locali che per i visitatori. Queste sono le condizioni di base da creare per elaborare un modello concreto di turismo rurale, fondato non su ragioni prettamente conservative - la sola preoccupazione di preservare il sistema di vita rurale - ma sulla necessità di vitalità economica. Ma accanto a tali condizioni “di base”, il plus per uno sviluppo reale è rappresentato dall’esigenza della qualità. Grazie alla sua triplice funzione di creatore di reddito e occupazione, di promotore di infrastrutture e di vettore di scambi e sinergie tra l’ambiente rurale e quello urbano, e considerato il suo importante effetto moltiplicato-

re sugli investimenti diretti relativamente modesti, il turismo rurale può svolgere - e già svolge- un prezioso ruolo nel processo di sviluppo delle zone più svantaggiate. Un ruolo che si rivelerà tanto più incisivo quanto maggiori saranno il livello qualitativo ed il numero di prodotti e di servizi in grado di soddisfare una domanda in costante aumento. Tuttavia, il turismo rurale non è un rimedio universale e non costituisce la soluzione definitiva ai problemi di emarginazione economica e sociale di numerose zone rurali. Il turismo deve essere promosso come un’attività che si inserisce armoniosamente tra le altre, in un modello integrato di sviluppo rurale. Basare questo sviluppo sulla promozione quasi esclusiva del turismo rurale può portare, nella maggior parte dei casi, ad uno squilibrio che indebolirà il processo. E’ in tale ottica che la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tipici locali deve accompagnare lo sviluppo della destinazione turistica rurale, specie in un territorio come quello dell’Alto Tavoliere così ricco di eccellenze agroalimentari. Lo sviluppo dell’economia agroalimentare, serve infatti a controbilanciare ipotesi speculative di eccessivo sfruttamento del territorio proprio perché mantengono ben saldo nella testa della popolazione, il valore della propria terra.

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gli itinerari Turistici

Daunia Rurale

della

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La costruzione degli itinerari turistici della Daunia Rurale avviene come sperimentazione diretta di fusione fra strati di conoscenza esperta giacenti sul PPTR, contenuti pertinenti dei luoghi, azioni web degli esploratori, cattura di tracce, viaggi reali attraverso il territorio con i testimoni privilegiati, outreach presso le aziende e le pubbliche amministrazioni potenziali attori della Rete Daunia Rurale. Questo meccanismo di esperienza e di convergenza, fra sapere esperto, racconto e vita concreta richiede un luogo pubblico di finale ricomposizione, in cui verificare i tracciati, sovrapporre gli strati, percepire le tracce future, attuare un’esplorazione inter-scalare che riveli più esperienze combinatorie possibili. A tal fine, è stata costruita la mappa Gente di Terra, ad informazioni georeferenziate, condivisibile via web compatibibile con i dispositivi mobili e dotata di un pulsante. Nello specifico, è dotata di un pulsante di localizzazione che consente all’utente di individuare la propria posizione, se consulta la mappa attraversando i territori.posizione, se consulta la mappa attraversando i territori.

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la mappa georeferenziata “Gente di Terra” Giungere ad un progetto di coesione fra stakeholder per mettere in moto i desideri e l’avvistamento affettivo fra luoghi e turisti è l’orizzonte degli itinerari, che diventano veri solo attraverso progetti di comunità per la confortevole programmazione delle visite e l’abbattimento delle difficoltà, piccole e grandi, che si oppongono al raggiungimento della destinazione finale. La trama degli itinerari è ottenuto attraverso l’intreccio fra: la lettura degli itinerari recenti sedimentati o immaginati per il territorio, i percorsi e le traiettorie rilevanti evidenziati dagli strumenti di pianificazione richiamati, con particolare riferimento al Progetto pilota 20

del Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (inserito nello Schema di Piano Operativo Integrato n.10 del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Foggia) e al progetto “TratturArte” per l’ossatura generale del sistema percorsi e per percorsi di più piccola scala, delineati nell’ambito del Sistema ambientale e culturale dell’Alto Tavoliere, ex linea di intervento 4.22. FESR 2007-2013) gli addensamenti geografici di figure, valori e contenuti del PPTR, l’esplorazione diretta dei luoghi rilevanti attraverso molti dei principali cammini, l’avvenuta ricognizione e le azioni di outreach1 a favore dei potenziali destinatari di allestimenti per la definizione partecipata dei layout di Info-point e botteghe, la condivisione graduale delle ipotesi di tracciamento, con fasi partecipate di georeferenziazione di elementi valoriali. Si è giunti alla costruzione di un meccanismo inter-scalare modulato in 11 itinerari, in più punti mutuamente raccordati, e fra questi di 8 itinerari strategici di paesaggio, di grande e media scala, narrati attraverso l’intersezione fra esplorazioni e trame discorsive del Piano Paesaggistico della Regione Puglia.


La mappa, scalabile, individua gli itinerari turistici relazionandoli ai diversi strati di conoscenza utilizzati dal presente studio. Il cruscotto di navigazione consente di attivare e disattivare 48 layer che riguardano nell’ordine: il tracciato degli 11 itinerari individuati, distinti secondo il codice iconico proposto e illustrati dal testo collegato alle stesse icone; l’individuazione territoriale di prima ipotesi degli Info-point, delle botteghe e della Locanda; i cinque gruppi di attori territoriali che hanno espresso manifestazione di interesse, con l’inserimento, nelle rispettive icone delle informazioni descrittive primarie sulle relative identità;

una prima distribuzione del parco delle 13 icone emozionali della Daunia Rurale, in base alle tracce attoriali rinvenute e rilasciate dai partecipanti ai workshop; l’ambito territoriale di riferimento; 12 strati derivati dal PPTR della Puglia, con l’inserimento di contenuti prioritari ricadenti nell’ambito degli 8 comuni di riferimento, in modo da apprezzare le distinte densità del paesaggio e la loro relazione con

1 L’outreach è una metodologia utilizzata nei processi di progettazione partecipata in ambito anglosassone, che Nick Wates, uno dei maggiori esperti inglesi di urbanistica partecipata, nel suo libro Community Planning Handbook, definisce “andare a consultare le persone piuttosto che aspettare che esse vengano da noi”. Michael Parkes, un altro degli esperti inglesi di Community Planning, nel suo libro pubblicato nel 1995 per il London Planning Advisory Committee, spiega che “gli incontri di outreach consistono nell’ ‘andare fuori’ a incontrare gruppi di interesse locali e singole persone, a seguito di un invito da parte loro, nel proprio ambiente e secondo i propri tempi, per discutere di varie questioni e per ascoltare i loro suggerimenti. Si può trattare di conversazioni informali, poco strutturate, non necessariamente capaci di rigorose analisi scientifiche. Spesso forniscono un livello di verità e di comprensione (dei problemi) che può mancare in forme di consultazione più ufficiali e strutturate.

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gli itinerari; ogni informazione e fornisce l’evidenza del valore patrimoniale trasferito nella realtà dal sapere esperto con timbro normativo ed identitario. Volutamente sono stari scelti i temi descritti dal PPTR direttamente connessi all’esperienza umana e sensibile di un attraversamento, per una necessaria consapevolezza della realtà viva (i vincoli archeologici, le strade panoramiche, le strade a valenza paesaggistica, i siti di rilevanza naturalistica, i luoghi puntuali caratterizzati da Beni Culturali rilevanti, la rete dei tratturi, i prati e i pascoli, i parchi e le riserve, i luoghi panoramici, i fiumi e i torrenti, i boschi, le aree umide;

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i social media, per l’emersione delle immagini e dei video georiferiti, catturati durante le esplorazioni e caricati su piattaforma Flickr e YouTube con tag “Daunia Rurale”. Questo strato consente l’individuazione di ulteriori altri contenuti, disponibili attraverso Twitter e Instagram con una conseguente percezione istantanea del clima emozionale del territorio. Per ogni itinerario è stata generata una mappa specifica con la selezione del percorso e di alcuni strati rilevanti d’informazioni che con esso s’intersecano, per complessive 14 mappe navigabili.


Gli itinerari promuoveranno un gioco cooperativo, privilegiando percorsi con offerte tipologiche diversificate fondati sulle alleanze. Gli strati degli attori e degli itinerari rendono insieme visibile la rete fisica di prossimità.

L’attivazione dello strato “confini” in semitrasparenza offre la percezione immediata degli altri contenuti rispetto al contesto, identificandolo come regione d’identità e campo degli interessi. Il disegno degli itinerari turistici è stata condotto tenendo conto del valore panoramico e paesaggistico delle strade e dei relativi rapporti di vicinanza a contesti rilevanti. A partire dalle vie di comunicazione, dentro il paesaggio, si può procedere accendendo i layer, uno dopo l’altro, in modo da percepire gli addensamenti dei significati e le concentrazioni dei valori attorno ai cammini Dentro il territorio si osserva la possibile distribuzione di Infopoint e Botteghe, poli degli itinerari.

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Il secondo itinerario (Il Cammino del Paesaggio) manifesta la sua vocazione al raccordo dell’intero territorio, attraverso gli snodi di Locanda, botteghe, Info-point. Il terzo itinerario (Il verde e la memoria) esplicita un ca24

rattere immersivo, attraversando prati e pascoli, lambendo parchi, boschi e riserve. Gli immaginari della dissolvenza, quinto itinerario, nelle terre di Torremaggiore, è un sistema ricco di me-


L’incrocio fra primo itinerario (L’accesso sulle vie dei tratturi) in rosso e la rete tratturale in azzurro, l’innesto con il quarto itinerario (le ciclovie di raccordo) in rosa, percorso SAC giacente nel Regio Braccio Nunziatella Stignano e in viaggio verso Apricena sul Tratturello Foggia – Sannicandro, fino all’ippovia di undicesimo itinerario di Castel Pagano (o nella direzione opposta, verso Serracapriola, fino all’ippovia di Madonna del Ponte), chiariscono il meccanismo inter-scalare di penetrazione ad incastro del sistema itinerari, a velocità diverse.

morie e di testimonianze. Per esso sperimentiamo la coesistenza dei dati di tutela, degli esiti di esplorazioni individuali, delle tracce lasciate nei workshop condotti, delle note descrittive, inserite in rete, con una dedizione assoluta. Nelle mappe si manifestano voci vive e persone che testimoniano i beni, uno a uno, prima che si dissolvano. Gli itinerari propongono una discesa profonda, una volontà soggettiva di esserne parte, in un luogo specifico dello spazio e del tempo. Si compiono, con un passaggio radicale: dal punto di vista, al punto di vita. Sulla geografia condivisa, coesistono così più strati del tempo, in un unico punto dello spazio. Castel Fiorentino è uno di questi cardini. Funziona come porta e luogo di congiungimento per il sesto itinerario, dei Beni di San Severo.

Le città di San Severo e di Torremaggiore sono i luoghi più densi, di attori e di beni. L’undicesimo itinerario riguarda questa scala. La mappa individua ed esplicita i luoghi significativi della rete SAC, assieme ai poli di info-point e botteghe. È il primo dei campi di gioco dell’animazione territoriale.

L’itinerario al lato del Fortore procede al bordo del Parco Naturale Regionale. Madonna del Ponte conserva il valore di nodo dei percorsi. Memoria e natura hanno qui una coesione necessaria. La battaglia tra i Normanni e l’esercito di Papa Leone IX, la transumanza lungo il Tratturo Regio l’AquilaFoggia, il corridoio ecologico aggiungono necessità e destino all’intreccio locale dei cammini Il secondo percorso, di lungo attraversamento, nel suo vivo e profondo mutare, spiega il senso della Terra. A Civitate è un misto dissodato, fertile e colmo d’infiniti frammenti di storia. Verso Apricena è roccia scavata, segata e costruita, ma ancora abitata dal verde.

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dell’attraversamento

i percorsi

i diversi Itinerari Turistici

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Primo itinerario.

L’accesso sulle vie dei tratturi.

Primo, secondo, terzo e quarto itinerario sono disegnati per la grande ampiezza territoriale. Consentono un viaggio per una percezione generale dello spazio geografico vasto della Daunia Rurale. Sono correlati attraverso più intersezioni, che si offrono come mutazioni del senso del transito. 26

È il primo grande attraversamento, di 52 km, della Daunia Rurale. Lambisce San Severo, San Paolo di Civitate e Serracapriola. Scorre nel sedime dell’antico tratturo Aquila-Foggia. È il percorso del grande viaggio e della transumanza. È la porta di un complesso disegno di strade, luoghi e documenti.


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Secondo itinerario.

Terzo Itinerario.

Il cammino del paesaggio.

Il verde e la memoria.

Un anello di 105 km raccorda in modo circolare la prevalenza delle comunità in rete della Daunia Rurale e collega più direttamente gli Info-point alla Locanda di San Severo, da cui ha inizio. Offre una visione generale della Daunia Rurale, come spazio-paesaggio delimitato dalla Gente di Terra.

Un viaggio diversificato, dai molti cammini, con tragitti primari su 88 km e tratti secondari. Ha inizio al Castello Ducale di Sangro, Info-point pubblico e Museo Civico, dove pure transita il cammino del paesaggio e si avvia l’itinerario di Torremaggiore, degli immaginari in Dissolvenza. Attraversa aree umide, prati e pascoli. Giunge alla Taverna di Madonna del Ponte, dove si dipana l’ippovia del Bosco Naturale di Lauria, itinerario SAC della navigazione senza orologio. Si sovrappone al primo itinerario, per attraversare Serracapriola, fino a raggiungere l’Abbazia di Sant’Agata e le sue rovine. Costeggia la Valle del Fortore, sulle Vie del Tempo, altro percorso SAC di storia e archeologia. Raggiunge lo snodo dell’Abbazia di Santa Maria di Ripalta e prosegue consentendo scelte fra paesaggi diversi: il cammino verso il mare, sui margini della Duna e del Lago di Lesina, il mondo delle cave, fra Poggio Imperiale ed Apricena, con un tratto finale nella profondità del Parco Nazionale del Gargano.

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Quarto Itinerario.

Le ciclovie di attraversamento Composto dai tre rami ciclopedonali di grande attraversamento: la ciclovia b11 appennino, sull’asse San SeveroTorremaggiore, la ciclovia trasversale b6 adriatica variante Candelaro, che giunge fino a Lesina, la ciclovia b11 adriatica principale, parallela alla prima, dai confini della Puglia fino al Lago di Varano. Su questa grande ossatura s’innestano percorsi minori, spesso coincidenti con gli itinerari ciclo-pedonali individuati dal SAC.

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del mosaico

le strade

Verso Castel Fiorentino

Quinto e sesto itinerario, con uguale lunghezza, esplorano il territorio rurale, fra San Severo e Torremaggiore: un mosaico di terre e di luoghi ancora abitati, sull’orlo dell’abbandono. Le due strade si saldano nel sito massimale di Castel Fiorentino e alla Masseria Li Gatti.

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Quinto Itinerario.

Gli immaginari in dissolvenza Un percorso di 53 km attraverso il patrimonio delle masserie di Torremaggiore, raggiunge sulle Vie del Tempo (itinerario SAC di storia e archeologia), il Castello di Dragonara (inizio del settimo itinerario, al lato del Fortore), la Taverna Romana di Colle d’Armi, il Bosco di Pazienza e Castel Fiorentino, spettacolare ultima dimora di Federico II.

Sesto Itinerario.

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I Beni di San Severo. Un viaggio di 53 km al centro del Mosaico di San Severo lungo percorsi e contesti in cui domina il patrimonio costruito delle masserie2.

2 Un’importante raccolta di immagini, schede e documenti è stata attuata sul profilo Facebook Masserie di San Severo cui si rinvia.

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dell’acqua

le vie

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Settimo Itinerario. Al Lato del Fortore. Un percorso naturalistico di 37 km a bassa velocità, di lunga percorrenza, accompagna il Fortore, dall’interno, fino al mare. Nasce al Castello di Dragonara, nodo degli immaginari in dissolvenza. Lungo i bordi del Parco Naturale Regionale del Medio Fortore, si sovrappone al cammino del paesaggio (secondo itinerario) poi devia e ancora raggiunge l’apice dello stesso secondo cammino, nei luoghi dell’Abbazia di Sant’Agata. Infine approda alla foce del Fortore, nel crepitio dei canneti che si agitano nel vento. Il percorso idealmente riprende il cammino più remoto di Liminaria, a (post) digital storytelling of the Fortore Rural Region e si presta ad analoghe esperienze di accompagnamento sperimentale del corso delle acque, attraverso la raccolta e composizione di archivi sonori performativi.

Ottavo Itinerario.

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I passi dell’acqua. 32 km a bassissima velocità ai bordi del mare e in zona umida, lungo la Duna e verso il Lago di Lesina, attraversa la Pineta di Torre Fantine, la Pineta Longara, le voci e la vita dei canneti. Si raccorda al secondo, al terzo, al settimo itinerario e condivide due delle tre ippovie del SAC (ivi inserite nel gruppo di decimo itinerario), nel Bosco Ramitelli e a Torre Mozza, bene delle Vie Erbose.

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paesaggi

i piccoli

Nono e decimo itinerario esplorano spazi di percorrenza localizzati.

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Nono Itinerario. Il cammino del Vento. Innestato nel secondo itinerario di grande percorrenza, è un percorso originale di 20 km, locale e lento, fra Poggio Imperiale e Apricena. Una parte del cammino si svolge ai piedi delle pale eoliche. I tunnel alberati e i campi coltivati sono molto coinvolgenti e carichi di memorie olfattive.

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Decimo Itinerario.

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Le ippovie. Risultano dislocate nel Bosco di Lauria, nel Bosco Ramitelli e a Castel Pagano. Già identificate dal SAC, sono ancorate al secondo itinerario, al terzo e all’ottavo itinerario.


paesaggi

i piccoli 11 Undicesimo itinerario. Le orme urbane del SAC. Dalla Locanda di San Severo e dal Castello Ducale di Torremaggiore, nodi nevralgici degli percorsi turistici di scala maggiore, si avviano due itinerari, ivi unificati per coerenza tematica e uguale misura di scala. Essi sono individuati dal SAC, “Sulle vie del sacro e del profano” e si sviluppano attraverso più percorsi, finalizzati a valorizzare il patrimonio artistico e le vicende storiche, tra ‘600 e ‘700, dei comuni di San Severo e Torremaggiore. Si intendono ivi assunti i contenuti e i tracciati delineati nel merito dal SAC, con la centrale finalità di potenziare gli obiettivi della rete attoriale della Daunia Rura-

le, sostenendo quelli del Sistema Ambientale e Culturale. Si deve nel merito evidenziare l’alta concentrazione di stakeholder, di botteghe e Info-point nelle città di San Severo e di Torremaggiore e la centralità dei due nuclei urbani rispetto al sistema generale degli itinerari tracciati. San Severo, in particolare, richiede, ai fini di un potenziamento delle azioni di valorizzazione turistica da avviare nella Locanda, una pratica sperimentale dei percorsi turistici a carattere intensivo, vissuta con la comunità locale, a partire dalle azioni di prossimità, nel denso tracciato urbano, attorno alla Locanda.

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Agro-Energie:

opportunitĂ

per lo sviluppo delle aree rurali

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Chi ben comincia... quattro passi fra le sfide ed opportunità Lo sviluppo tecnologico in campo agro-energetico, negli ultimi anni, è stato molto rapido e ha suscitato un profondo interesse da parte delle imprese agricole ed agro-alimentari, che vi intravvedono opportunità per la diversificazione produttiva e l’integrazione del reddito. In realtà, i sistemi agro-energetici consentono anche di valorizzare biomasse caratterizzate da un valore commerciale basso o nullo (es. reflui zootecnici, potature di vigneti ed arboreti), impiegandole come risorse energetiche che possono essere riutilizzate nell’azienda di produzione, oppure vendute. S’intende qui fornire una panoramica dei soggetti che possono essere interessati alla realizzazione di sistemi agro-energetici locali, sostanzialmente per: • affrontare le sfide derivanti dall’impiego di biomasse di scarso interesse commerciale, quali residui e rifiuti delle imprese agricole ed agro-alimentari; • cogliere le opportunità connesse alla vendita di energie rinnovabili, indirizzate alla soddisfazione dei bisogni delle comunità locali; • acquisire una maggiore consapevolezza in merito ai benefici per le comunità rurali derivanti dallo sviluppo dei sistemi agro-energetici di piccola taglia. A tal fine, si considerano quattro possibili soggetti promotori di progetti agro-energetici, quali gli enti pubblici, le aziende agrozootecniche, le filiere agro-alimentari ed i gruppi di acquisto solidali (G.A.S.) energetici.

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l’ente Pubblico Locale Può una comunità, piccola o grande che sia, avvantaggiarsi delle risorse in biomassa del proprio territorio per attivare dei servizi utili a tutta la cittadinanza, svolgere interventi di riqualificazione ambientale, risparmiare sui costi e generare ricchezza? Questa è la sfida che la “bioenergia di comunità” accoglie e rilancia. La strategia vincente è quella di porre “in sinergia” una serie d’interventi ed operare perché singole soluzioni a specifiche esigenze possano creare un “sistema” virtuoso in grado di generare valore (economico, ambientale, sociale). Questo, oltre tutto, rinsalda i legami sociali e crea un senso di “comunità”. Facciamo degli esempi...

Un Comune dispone di un patrimonio boschivo che deve gestire affrontando un carico economico scarsamente bilanciato dai ricavi generati dalle attività di taglio ed esbosco. Il bosco può essere ceduo o ad alto fusto, ma quasi mai la sua gestione è regolata da un preciso piano di assestamento. E’ quindi una risorsa mal gestita o non gestita affatto, cioè lasciata a se stessa. I servizi ecologici che il bosco può generare non sono opportunamente impiegati ed il bosco è soggetto a degrado. Il Comune insiste, invece, in un’area agricola? La campagna circostante può fornire frasche e sarmenti provenienti dalla potatura degli uliveti e dei 34

le Sfide da Affronta

re

vigneti; le paglie del grano (al netto di quelle che occorre interrare per arricchire il suolo in sostanza organica) possono essere impiegate anche a fini energetici. Si pensi, inoltre, agli scarti “umidi” delle nostre cucine, ed alle quantità di rifiuti alimentari che vengono generati e che vanno inutilmente a riempire le discariche urbane. Molti sono i processi che generano scarti, sottoprodotti e residui: basta guardarsi un po’ attorno! Falegnamerie, oleifici e cantine di vinificazione, impianti agro-alimentari dove vengono confezionate o trasformate frutta e verdura.


le Opportunità da Cogliere Cosa avverrebbe se una cooperativa comunale intervenisse nella riqualificazione del bosco, operandone l’assestamento e programmando interventi di manutenzione in grado di generare risorse legnose da destinare alla generazione di energia? Oltre alla valorizzazione di una risorsa locale, precedentemente non utilizzata, sarebbe possibile pensare di fornire una serie di servizi di pubblica utilità. Quali? Ad esempio riscaldare le scuole del paese, gli uffici pubblici del Comune, le palestre e gli altri impianti sportivi. Invece d’impiegare le finanze comunali (ossia le nostre tasse) per l’acquisto di combustibili di origine fossile (che inquinano), sarebbe possibile rendersi più autonomi energeticamente ed impiegare risorse locali. Una cooperativa analoga potrebbe occuparsi di raccogliere i residui colturali delle campagne o gli scarti alimentari in paese, gli olii esausti e tanti altri scarti di natura organica. Effetto virtuoso - La cooperativa potrebbe anche svolgere il “servizio calore”, gestendo un piccolo impianto dotato di caldaia e trasferendo l’acqua calda così generata alle diverse utenze pubbliche. Si creerebbero così posti di lavoro e un certo numero di famiglie ne sarebbero avvantaggiate. Si genererebbe un bel risparmio per le casse del Comune (l’investimento per la nuova caldaia verrebbe ammortizzato in pochi anni) e si fornirebbe un servizio utile all’intera collettività.

Effetto a “cascata” - Le ricadute potrebbero essere ancora più interessanti. Ad esempio, la consapevolezza che il riscaldamento è un servizio incentrato su risorse locali genererebbe una maggiore attenzione sull’opportunità di operare un risparmio energetico, rendendo gli edifici così riscaldati più efficienti, meno dispersivi, ovvero favorendo degli interventi di riqualificazione edilizia. Questo, a sua volta, sarebbe strumento per acquisire una maggiore consapevolezza in merito agli enormi sprechi di energia che caratterizzano il nostro stile di vita. Educazione e sensibilità civica ne risulterebbero incentivate. Allo stesso tempo, un interessante indotto di attività economiche (attività boschive, efficientamento energetico, manutenzione delle caldaie e degli impianti, bioedilizia, ecc.) comincerebbe a svilupparsi nel Comune.

Le biomasse attorno a noi - Lungi dall’essere uno scarto od un rifiuto, molte tipologie di biomassa potrebbero essere impiegate per generare quell’energia di cui tanto abbiamo bisogno. Se opportunamente raccolte (in modo differenziato come ormai è obbligatorio fare), potrebbero essere destinate alla produzione del compost (ammendante agricolo) od alla digestione anaerobica per ottenere biogas e biometano. Che processo virtuoso quello che, a partire da un rifiuto, consente di arricchire in humus i nostri terreni e di ottenere un combustibile che fornisce energia! Le attività di raccolta, pretrattamento e conversione energetica delle biomasse sono attività produttive che offrono posti di lavoro e forniscono servizi per tutta la cittadinanza.

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l’azienda Zootecnica La particolare vocazione agro-zootecnica di un territorio potrebbe indirizzarlo alla realizzazione di un distretto agro-energetico che impieghi reflui zootecnici e scarti agricoli, localmente disponibili, per la produzione di energia e nuove merci. L’azienda agrozootecnica, quindi, si candida ad essere uno degli attori principali del nuovo scenario energetico incentrato sulle rinnovabili. La principale soluzione tecnologica a disposizione delle aziende è quella della digestione anaerobica ovvero della degradazione, in assenza di aria, della biomassa per l’ottenimento del biogas agricolo (sostituto di origine biologica del gas naturale). La digestione anaerobica è una tecnologia relativamente semplice, efficace, ormai matura e consolidata: gli impianti possono essere di piccola taglia, con potenze elettriche fino a qualche centinaio di kW nel caso di singole aziende, o di potenza superiore se si tratta di cooperative o consorzi di agricoltori che si associano per gestire nel modo più efficiente la filiera.

L’esigenza di ricorrere a questa tecnologia può derivare da motivazioni sia di ordine economico, sia ambientale. Molti imprenditori agricoli, com’è noto, sono in difficoltà per effetto della congiuntura economica, inaspritasi a partire dal 2008, ed un modo per incrementare il reddito può essere sicuramente quello di diversificare le proprie attività produttive. Se i parchi eolici e le strutture fotovoltaiche sono una realtà oramai consolidata, il biogas agro-zootecnico è una risorsa ancora scarsamente valorizzata. Nel 2006 la regione Puglia non contava nessun impianto a biogas, mentre oggi ne sono attivi sei, quattro solo nella provincia di Foggia. Non bisogna dimenticare, inoltre, che la Capitanata è la parte del territorio regionale dove è presente il 90% delle Zone Vulnerabili da Nitrati di origine agricola 36

le Sfide da Affr ontare (ZVN), comprendenti le aree di Lesina, Carpino, San Severo, Foggia, Cerignola e Trinitapoli, per una superficie totale di circa 82 mila ettari. I suoli agricoli definiti come ZVN sono quei terreni sui quali non è possibile somministrare più di 170 kg/ha di azoto (secondo quanto stabilito dal D. Lgs 152/2006, emanato in attuazione della Direttiva n. 676 del 12 Dicembre 1991, denominata Direttiva sui Nitrati). L’elevata concentrazione di azoto nelle falde idriche è da attribuirsi al crescente ricorso ai concimi di sintesi nonché ad una specializzazione colturale associata alla semplificazione degli ecosistemi agrari. A questo si aggiunge la problematica dello smaltimento degli effluenti zootecnici derivanti da allevamenti intensivi (di bovini/bufalini,


le Opportunità da Cogliere In tale contesto, il biogas potrebbe rappresentare una fonte di reddito aggiuntivo per le aziende e per l’intera economia del territorio. La scelta di realizzare un impianto a biogas permetterebbe agli agricoltori di orientarsi verso un modello multifunzionale, incentrato sulla sinergia tra la produzione agro-zootecnica e quella energetica e sulla sostenibilità ambientale dei processi produttivi, attraverso la chiusura dei cicli agro-zootecnici. Sotto il profilo economico, l’interesse è mosso da una diversificazione dell’attività produttiva con lo sfruttamento delle tariffe incentivanti di vendita dell’energia e premi aggiuntivi per pratiche virtuose

suini e avicoli) le cui deiezioni liquide (liquami) rappresentano un rifiuto di difficile smaltimento in quanto prodotto in elevate quantità e caratterizzato da eccessivo contenuto di sostanze nutritive. Per ultimo, la necessità di rispondere agli obblighi comunitari in tema di riduzione dei gas serra (ovvero delle sostanze responsabili del surriscaldamento del Pianeta) impone anche alle aziende agro-zootecniche di adottare processi sostenibili da punto di vista ambientale.

a tutela dell’ambiente (D. M. del 6 luglio 2012). La riduzione dei costi di gestione e di smaltimento dei reflui e degli scarti costituiscono fattore aggiuntivo d’interesse. Per di più, con la purificazione del biogas a biometano, utilizzabile come sostituto del metano per l’autotrazione, gli imprenditori agricoli potrebbero usufruire di un’ulteriore fonte di reddito incentivata (D.M. del 5 Dicembre 2013). Sotto il profilo ambientale, l’energia prodotta da biogas migliora la sostenibilità degli allevamenti riducendo i problemi legati alle emissioni in atmosfera e agli odori derivanti dalla gestione degli stessi; permette l’impiego di scarti agricoli e l’ottenimento di un ottimo ammendante e concime (il digestato, ossia ciò che residua dal processo di digestione anaerobica), con caratteristiche tali da apportare i giusti nutrienti al terreno. La concimazione a base organica dei campi coltivati minimizza, infatti, il rischio di inquinamento dei corpi idrici, in quanto l’impiego della frazione liquida del digestato per la fertirrigazione avviene secondo quanto stabilito dal Programma di Azione Nitrati regionale. Le opportunità da cogliere sono strettamente legate alla realizzazione di una filiera corta che tenga conto di un equilibrato approvvigionamento di risorse localmente disponibili, della riduzione delle emissioni di carbonio prodotte dai trasporti e del reimpiego di rifiuti che sarebbero di difficile e costosa gestione.

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le filiere Agro-alimentari,

dalla produzione al consumo di cibo

Il settore agro-alimentare costituisce uno dei comparti produttivi a cui sono attribuibili le più elevate produzioni di rifiuti speciali, in massima parte non pericolosi, ed avviati ad operazioni di recupero. Nonostante i rifiuti agroalimentari si originino in tutti i passaggi della filiera agroalimentare, spesso quando si parla di rifiuti agroalimentari ci si riferisce agli stadi di distribuzione e consumo finale là dove i prodotti del sistema agricolo sono chiaramente cibo destinato al consumo umano. Parlando in linea generale, i rifiuti agroalimentari sono composti da cibi cotti o crudi e includono gli scarti che si generano prima, durante o dopo la preparazione dei pasti nelle case, così come tutti i residui e gli scarti che vengono prodotti durante la fase di trasformazione, distribuzione, vendita all’ingrosso e al dettaglio e “food services” (ristoranti, catering, ecc.). I rifiuti prodotti generano una serie di problemi connessi alla loro gestione: organizzazione della raccolta e trasporto, individuazione delle modalità di recupero/smaltimento più eco-efficienti. Tutte queste attività presentano sia un impatto di tipo economico, costituito dagli oneri per l’organizzazione e la gestione delle attività di smaltimento dei rifiuti, che ambientale, in quanto qualsiasi attività di produzione e consumo ha un impatto sull’ambiente.

In generale, i rifiuti agroalimentari prodotti lungo la filiera possono essere suddivisi in base alla fase nella quale vengono prodotti: Produzione: in questa fase i rifiuti possono generarsi in campo prima della raccolta a causa di disastri naturali o infestazioni delle colture; nel momento del raccolto possono essere causati da inefficienze e anomalie nella raccolta delle colture, da difetti estetici delle coltivazioni o da esigenze e leggi di mercato che ne impediscano la raccolta; nella fase successiva alla 38

le Sfide da Affr ontare raccolta i rifiuti possono essere causati da problemi di conservazione e contaminazione. Trasformazione: in questa fase i rifiuti fanno parte del processamento dei prodotti alimentari e possono includere scarti derivanti dai processi industriali, eliminazione di prodotti sub-standard, perdite, ecc. Distribuzione: i rifiuti agroalimentari prodotti in questa fase comprendo-


le Opportunità da Cogliere Oggi, scarti e sottoprodotti sono considerati sempre meno dei rifiuti, dal momento che trovano diverse possibilità di utilizzo all’interno di molteplici settori, non ultimo appunto quello della produzione delle energie rinnovabili Le bio-raffinerie a partire da residui dell’agroindustria rappresentano un’opportunità di minimizzare la produzione di rifiuti e valorizzare le frazioni a cui altrimenti sarebbe associato un costo di smaltimento, spesso elevato. I prodotti che possono essere ottenuti processando dette matrici interessano diversi settori industriali e sono sostenibili sia dal punto di vista economico che ecologico. L’introduzione di tali processi nelle filiere produttive offrirebbe nuove e grandi potenzialità di mercato. Ad esempio, in virtù delle loro caratteristiche chimiche, le acque di vegetazione olearia si prestano ad essere valorizzate mediante applicazione di processi integrati dedicati al recupero di antiossidanti naturali ad alto valore aggiunto

no tutte le perdite e gli scarti che possono avere origine nella distribuzione all’ingrosso e al dettaglio e in tutti i food services (ristoranti, mense, bar, ecc.). Consumo: in questa fase, quella del consumo finale, i rifiuti agroalimentari comprendono gli scarti derivanti dalla preparazione dei pasti nelle famiglie o da alimenti che vengono eliminati perché scaduti o in eccesso.

quali i polifenoli, ottenuti sia come miscele sia come composti puri, alla produzione di bio-fuels quali bioidrogeno e biometano, ed alla produzione di biomateriali quali i poliidrossialcanoati. Alcune aziende del settore agroalimentare sono inoltre coinvolte nella valorizzazione degli scarti per la produzione di energia. Gli allevamenti e gli scarti agricoli diventano così una fonte di produzione d’energia rinnovabile nonché una fonte di reddito differenziata per agricoltori ed allevatori. Particolarmente rilevanti sono le aziende che detengono la Dichiarazione Ambientale di Prodotto (DAP - in inglese EPD), uno strumento di politica ambientale il cui scopo è comunicare le caratteristiche e le prestazioni ambientali di prodotto su esplicito utilizzo della metodologia Life Cycle Assessment (LCA) in conformità con gli standard internazionali ISO 14025. Complessivamente, è possibile individuare sei tipologie di impatti positivi derivanti dall’utilizzo degli scarti dell’industria agroalimentare: 1.

Riduzione delle quantità di rifiuti da smaltire.

2.

Risparmio di risorse naturali incluse le risorse non rinnovabili (vedi petrolio).

3.

Riduzione della quantità di energia necessaria alla produzione di nuovi prodotti.

4.

Riduzione dell’inquinamento e del consumo di risorse necessarie alla produzione di nuove materie prime.

5.

Creazione di opportunità di lavoro.

6.

Benefici per l’economia nazionale a seguito di una minore quantità di materie prime da importare.

continua

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La destinazione delle biomasse a scopi energetici rappresenta un ambito molto promettente di impiego dei sottoprodotti dell’industria alimentare. Se inserita in un contesto efficiente di filiera, essa genera benefici di tipo ambientale e socio-economici. Il recupero energetico di questi materiali, oltre a ridurre i problemi d’impatto ambientale derivante dal loro smaltimento, offre anche il vantaggio di poter ricorrere a fonti alternative di approvvigionamento energetico. In tal modo, è possibile ridurre la nostra dipendenza energetica dall’estero per le fonti combustibili fossili. Sono già molte le aziende che hanno adottato questo approccio e scelgono di valorizzare scarti, residui e sottoprodotti anche a fini energetici oltre che fertilizzanti e mangimistici.

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i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e gli acquisti verdi di energia da biomasse


I Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS) sono gruppi di consumatori che decidono di condividere le decisioni di acquisto relative a prodotti di uso comune. Si tratta di comunità che si formano spontaneamente ed operanti di fatto, le quali pervengono a varie forme organizzative, che vanno da gruppi completamente informali a vere e proprie ONLUS. L’area di consumo privilegiata dei GAS è rappresentata dai prodotti alimentari. Infatti, il tema principale attorno al quale sono nati i primi GAS (metà anni 90’) è rappresentato dall’alimentazione basata su prodotti biologici. L’attributo solidale sottolinea il carattere comunitario dei GAS, fondati su una dimensione generalmente locale e su principi di giustizia sociale che si concretizzano nel tentativo di attuare una redistribuzione dei benefici delle attività economiche (produzione e consumo) su scala locale, includendo tanto i consumatori (attori attivi del GAS) quanto i piccoli produttori locali (fornitori dei GAS). La dimensione locale è funzionale alle finalità solidaristiche: le principali forme di redistribuzione, prezzi più bassi per le famiglie e maggiori margini per i produttori, son realizzate accorciando le filiere ed eliminando i canali commerciali lunghi. Comunemente, il principio della solidarietà dei gruppi di acquisto si estende anche alla sostenibilità delle scelte di consumo, privilegiando prodotti e processi eco-friendly, come l’agricoltura biologica e le forme di produzio-

ne green. A tal fine è cruciale l’attività di ricerca dei prodotti da acquistare che risulta essere uno strumento fondamentale per la costruzione dei legami sociali intracomunitari necessari a garantire l’attuazione dei principi di solidarietà e sostenibilità. I GAS, infatti cercano prodotti provenienti da piccoli produttori locali, al fine di avere informazioni dirette su qualità e processi di produzione e di ridurre l’uso di energia dedicata al trasporto e i maggiori input legati ad una catena del valore più lunga. Le attività legate ai GAS evidenziano un approccio più critico al consumo. I GAS stessi definiscono la loro attività di consumo come consumo critico che va inteso come “atteggiamento critico dei consumatori, che non subiscono i messaggi pubblicitari ma valutano e scelgono i prodotti in base a criteri stabiliti da loro stessi e non imposti dal mercato” (retegas.org). Dunque, ambizione di base dei GAS è non solo teorizzare ma anche promuovere il cambiamento nelle attività e nelle relazioni economiche. Di recente, i GAS hanno esteso il proprio raggio d’azione oltre il consumo alimentare, arrivando a coprire altre aree del consumo ordinario quali la telefonia, il tessile e l’energia. Una prima evoluzione dei GAS in tal senso è rappresentata dai GAF (Gruppi di Acquisto Fotovoltaico). Obiettivo dei GAF è garantire agli associati la possibilità di installare dei pannelli fotovoltaici con garanzia di risparmio 41


economico ed energetico, oltre che di supporto in tutte le fasi del processo, dalla richiesta di adesione, alla valutazione della possibilità di fruire di eventuali incentivi o agevolazioni, fino alla messa a punto degli stessi impianti richiesti. Più recentemente sono nati dei GAS per servizi energetici più generici, volti a contrattare con fornitori di energia prodotta da una pluralità di fonti, condizioni vantaggiose per gli aderenti. In tale area, l’iniziativa più importante è rappresentata da quella lanciata dall’associazione Altroconsumo, chiamata Abbassalabolletta. Altre iniziative simili, specificatamente riferite all’acquisto di energia da fonti rinnovabili, sono rappresentate da quella promossa da Retegas e quella avviata dall’Assindustria di Lucca. Si tratta di iniziative che cercano di rilanciare il mercato libero nel settore energetico. Al di là delle specifiche forme contrattuali, ciò che preme qui evidenziare è la congruenza fra le caratteristiche del settore delle energie rinnovabili e, in modo rimarchevole, delle agro-energie, ed i principi fondamentali dei GAS quali sostenibilità, località e solidarietà come di seguito specificato. Sostenibilità: Lo sviluppo delle agro-energie è diventato un tema rilevante tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario dal momento che l’utilizzo ottimale dell’energia e la salvaguardia dell’ambien42

te rappresentano gli elementi fondamentali di tutte le politiche energetiche ed ambientali. In particolare, la valorizzazione a fini energetici della biomassa residuale, come quella rappresentata dagli scarti dell’industria agro-alimentare, può contribuire sostanzialmente alla riduzione della domanda di risorse non rinnovabili (combustibili fossili) favorendo, di conseguenza, una riduzione emissiva dei gas ad effetto serra responsabili del cambiamento climatico. Località: La principale limitazione dell’uso di materie prime agricole e agro-industriali è correlata al loro basso valore economico e alla loro bassa densità energetica. Il trasporto su lunga distanze di tali risorse è quindi un fattore limitante in termini economici e termodinamici. Di conseguenza, per garantire la massima efficienza tecnica ed economica, la produzione di agro-energie deve essere localizzata il più vicino possibile alle principali aree agricole e rurali. Solidarietà: Questo può, a sua volta, rappresentare una preziosa opportunità per le aree rurali in termini di rivitalizzazione dell’economia delle comunità locali. In effetti, si sottolinea che la produzione di biomasse rappresenti una nuova fonte di reddito per gli agricoltori, in grado di stimolare la creazione di nuove opportunità imprenditoriali e di lavoro in settori non agricoli, e quindi promuovere lo sviluppo dell’economia rurale.


i Gruppi di Acquisto Solidale (GAS) e gli acquisti verdi di energia da biomasse

Attivare occasioni di dialogo e “progettazione” partecipativa La breve panoramica qui proposta ha illustrato i possibili benefici derivanti dall’adozione di tecnologie per la valorizzazione di biomasse agricole nel rispondere ai bisogni delle comunità rurali. E’ evidente che risulta indispensabile attivare un dibattito locale che consenta ai vari attori che agiscono sul territorio (cittadini, amministratori, imprenditori agricoli ed agro-industriali, tecnici e professionisti, ambientalisti ed associazioni socio-culturali) di poter dialogare fra loro, confrontare le diverse esigenze ed istanze, per raggiungere una convergenza delle aspettative. In questo modo possono crearsi le condizioni per un’efficace collaborazione in vista di un obiettivo comune, favorendo così le capacità di progettare soluzioni “dal basso”, nel rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. 43


Migliorare la qualitĂ della vita delle comunitĂ rurali attraverso i

Servizi Sociali Innovativi 44


La crisi del modello di welfare state La crisi del Welfare State tradizionale da un lato e la crisi strutturale dell’economia mondiale dall’altro, ci impongono di ripensare teorie e di ricostruire pratiche in grado di coniugare sviluppo economico e politiche di coesione e inclusione sociale. Con riferimento ai servizi di welfare, si assiste ad un allargamento della forbice dotazione di risorse/livello dei bisogni. Proprio l’allargamento del divario esistente stimola una attenta riconsiderazione dei modelli organizzativi nel tentativo di continuare ad assicurare, secondo modalità differenti, standard elevati di benessere sociale. Il quadro descritto si ripercuote allo stesso tempo sui contesti urbani e su quelli rurali, seppure con problematiche spesso distinte. In particolare, nell’ultimo caso, la dotazione di servizi viene ulteriormente posta in contraddizione: • dalla più forte densità di popolazione anziana; • dalla maggiore onerosità dell’organizzazione di una rete di servizi prossima in realtà insediative disperse; • dall’emergere di nuovi bisogni connessi con la domanda di nuovi residenti, siano essi rappresentati da popolazione giovani o da migranti. Valorizzare le diversità per promuovere l’inclusione può essere uno slogan dal quale prendere spunto per ripensare, anche nell’organizzazione dei sistemi di welfare, ad una ritessitura dei rapporti sul territorio e alla valorizzazione di risorse spesso poco valorizzate.

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sistemi di welfare nelle aree rurali tra domanda di ruralità e comunità locali

Il dibattito sui sistemi di welfare nelle aree rurali rappresenta, in modo sempre più evidente, una chiave di lettura per i percorsi di sviluppo da intraprendere in questi contesti. L’agricoltura, tradizionalmente legata intimamente alla vita delle comunità, si è andata progressivamente emancipando dai riferimenti della località, cercando nella specializzazione della produzione di alimenti e nella integrazione nei mercati alimentari, i propri riferimenti principali. In questo modo, consumatori ed utenti dell’agricoltura, dapprima vicini ed attenti ad una ampia gamma di servizi – la produzione di alimenti, fibre, materiale per il riscaldamento, risorse ambientali e naturali – sono divenuti progressivamente più distanti – ed urbanizzati - e portati a guardare a specifiche funzioni, tra cui in primo luogo alla produzione di cibo. Il dibattito in corso sulla multifunzionalità dell’agricoltura, sulla riforma delle 46


politiche agricole e sulla ricerca di nuove relazioni, più strette, tra agricoltura e bisogni locali, si lega alla necessità di declinare diversamente le coppie locale/globale, città/campagna e, allo stesso tempo, riorganizzare i sistemi di welfare valorizzando le risorse del settore primario. Delocalizzazione e rilocalizzazione, quindi, appaiono come percorsi e risposte distinte, seppure coesistenti, adottate da soggetti mossi da incisività ed orizzonti di manovra assai diversi tra loro. Così, mentre la delocalizzazione sembra appannaggio di attori forti capaci di muoversi e contare su scale geografiche piuttosto ampie, la rilocalizzazione costituisce una risorsa che le comunità locali, come le reti di attori locali, possono utilizzare per rispondere in modo adeguato alle sfide della globalità. Seguendo questa seconda ipotesi di lavoro, la capacità di generare nuove coerenze e forme di dialogo nel sistema locale e tra questo e l’esterno, può porta-

re a trovare nuovi modi per assicurare un avanzamento delle relazioni qualitative di vita in un contesto altrimenti percepito come avverso. Nella rilocalizzazione le risorse disponibili sul territorio sono ripensate in funzione della duplice necessità di offrire adeguati livelli di servizi e di benessere per le popolazioni locali e, contemporaneamente, per intercettare flussi esterni di risorse. In questo gioco, il ruolo delle istituzioni pubbliche diviene quello di operare in collaborazione con la società civile e con il mondo produttivo, nell’intento di riorganizzare il sistema locale in funzione di una duplice sfida: della ricerca di coerenza e della solidarietà interna e, allo stesso tempo, dell’ingresso dinamico nella gestione di reti più lunghe di rapporti, di tipo sociale, politico ed economico.

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Il dibattito in corso nell’Unione Europea sulla multifunzionalità dell’agricoltura è intrinsecamente legato al tema della rilocalizzazione e mira a precisare in quale modo l’agricoltura può fornire risposte utili a concreti e diversi bisogni presenti nelle popolazioni locali, rurali ed urbane. Dalla produzione di alimenti salubri alla gestione delle risorse ambientali, dalla ricreazione di legami identitari e relazionali alla gestione del tempo libero, fino ad azioni educative e di prevenzione del disagio, l’agricoltura offre oggi risorse specifiche – tempo, spazio, dialogo, reciprocità - a sostegno della riorganizzazione dei sistemi locali, in un’ottica di salvaguardia della rete dei diritti costituiti. Il tema dell’Agricoltura Sociale, o di comunità, rappresenta un tassello – importante quanto ancora poco sviluppato – del dibattito in corso sul futuro dell’agricoltura e delle aree rurali dell’Unione, e questo, per più motivi, perché:

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nella formulazione dei sistemi di welfare municipale può assicurare il mantenimento o, a volte, l’innalzamento dei livelli di servizio offerti, a sostegno della prevenzione del disagio di differenti categorie di utenti e, più in generale, della dotazione di servizi disponibili per le popolazioni locali

favorisce il rafforzarsi di un rinnovato legame sociale all’interno delle comunità rurali, attraverso la generazione di nuove forme di solidarietà e di mutuo-aiuto

può contribuire a rafforzare valori e tratti distintivi della ruralità, legati alla diffusione dei valori della reciprocità, oggi al centro di una forte attenzione nei mercati del turismo e della tipicità.


Si tratta di tre affermazioni che portano a definire in modo nuovo quello che può essere il ruolo dell’agricoltura e delle aree rurali nella società odierna. Se nel passato era chiaro il ruolo dell’agricoltura quale produttrice di alimenti, questa esigenza risulta ridimensionata dalla possibilità di acquistare cibo, a prezzi spesso competitivi, sui mercati globali. Per questo motivo gran parte degli interrogativi in merito al futuro delle aree rurali e della stessa agricoltura riguardano le funzioni alternative rispetto alla sola produzione di alimenti e la rilocalizzazione di queste funzioni all’interno del sistema locale. In gran parte dei paesi dell’UE a fronte di un ridimensionamento del peso dell’agricoltura si assiste ad una prepotente domanda di ruralità alimentata da ceti urbani alla ricerca di nuove identità. Nelle stesse popolazioni rurali, gran parte della rinnovata attenzione nei confronti delle tradizioni locali, delle produzioni tipiche, delle risorse paesaggistiche locali, coincide con la ricerca di proprie radici in un mondo divenuto più aperto. Così, le campagne esercitano una rinnovata capacità di attrazione basata sulla lusinga di: un ambiente più salubre, reti relazionali meno spersonalizzanti, tempi e spazi di vita più consoni, una prospettiva di potere essere artefici del proprio percorso di vita. Attraverso il consumo – del prodotto tipico e della campagna - si cercano rimedi ad incertezze che nascono dalla gestione di un quotidiano improntato sulle regole della competizione e del mercato cercando la

costruzione di una identità non omologata dal consumo di massa. La ricerca di un proprio status e di una più forte identità convivono nelle aspettative di consumo di beni e servizi rurali. Ad esse ci si affida per un implicito bisogno di socialità, alla ricerca di beni semi-relazionali, con l’intento di entrare a fare parte di una comunità dove conoscenza, fiducia, condivisione, reciprocità, gratuità e una minore diffusione dei valori della competizione sono ritenuti elementi più diffusi. In sintesi, gran parte della domanda di ruralità è legata alla presenza di risorse immateriali legate alle caratteristiche ed alla vitalità della comunità locale. A fronte di una nuova centralità del rurale, però, nelle campagne si assiste a tendenze di impoverimento della struttura sociale, legata all’invecchiamento, all’isolamento e all’omogeneizzazione dei valori culturali, che hanno finito per limare le differenze rispetto ai contesti urbani e reso difficile il mantenimento di tratti di specificità degli stili locali di vita. La domanda di ruralità, per quanto detto, è legata alla presenza di comunità vive ed autentiche. In questo senso diviene compito del sistema locale ricostruire, in modo contemporaneo, la presenza di valori di reciprocità e di attenzione, evitando la banalizzazione di una offerta basata in prevalenza sull’immagine e su operazioni di mercato, spesso di breve respiro.

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Finita la fase di modernizzazione, le campagne si trovano, quindi, a dovere affrontare numerosi problemi, volti a:

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definire nuove opportunitĂ produttive

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stabilizzare le risorse sociali presenti ed in particolare assicurare la ricreazione di nuovi legami tra vecchie e nuove generazioni, tra vecchi e nuovi abitanti

riformare sistemi di welfare capaci di valorizzare le risorse locali ed anche quelle agricole per assicurare stabilitĂ /miglioramento della rete di servizi a fronte di una contrazione dei trasferimenti pubblici di risorse

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intrattenere piÚ intensi rapporti di scambio con i ceti urbani appartenenti al medesimo sistema locale – o meno- anche attraverso la possibilità di mettere a valore alcune risorse che sono proprie dei contesti rurali e che sono utili per azioni di prevenzione del disagio (dei giovani, dei minori, degli anziani)

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Ancora oggi, e forse più di ieri, la capacità delle aree rurali di interpretare le proprie risorse e di fare fronte ai propri problemi in modo originale, può consentire la definizione di stili di vita e di organizzazioni sociali distintive, capaci, allo stesso tempo, di assicurare adeguati standard di vita ai propri abitanti e di continuare ad alimentare interesse. Le risorse dell’agricoltura a diverso titolo possono contribuire a sostenere i sistemi di welfare locali attraverso l’Agricoltura Sociale. Per Agricoltura Sociale intendiamo l’insieme di quelle esperienze che coniugano sia l’agricoltura, le risorse vegetali ed animali, sia gruppi, famiglie e comunità di persone che conducono tali attività e valore sociale, con riferimento alle pratiche terapeutico – riabilitative ed all’inserimento dei soggetti più vulnerabili della società e/o a rischio di marginalità. E’ una prassi di sviluppo locale sostenibile socialmente, economicamente ed ecologicamente; può offrire un’ampia gamma di servizi finalizzata a perseguire il benessere dell’intera cittadinanza e quindi rispondere ad un più ampio bisogno di politiche di welfare, di servizi sociali e culturali innovativi. Negli ultimi anni il tema dell’Agricoltura Sociale sta conquistando una attenzione più allargata che coinvolge una platea piuttosto ampia di operatori agricoli e sociali. A ben vedere, si tratta di una tematica non nuova, sorta sulla spinta di movimenti di radicale rinnovamento che hanno percorso l’I52

talia negli anni ‘70 e che hanno visto affermare sia la sperimentazione di percorsi terapeutici innovativi (avviati sull’onda della Legge Basaglia) sia, in campo agricolo, la nascita di movimenti cooperativi e comunitari che hanno contribuito a modificare, allo stesso tempo, il modo di gestire la produzione agricola e la vita di relazione. Consumato un periodo di più forte sperimentazione, negli anni successivi le pratiche dell’Agricoltura Sociale sono rientrate nell’ombra, pur continuando a trovare pratica applicazione in alcune di quelle realtà aziendali e comunitarie in cui avevano visto la luce. L’affermarsi del mondo della cooperazione sociale e la definizione di un nuovo welfare mix capace di tenere insieme l’azione pubblica e quella privata hanno, successivamente, contribuito a fare uscire dall’isolamento le pratiche di agricoltura sociale, reintroducendole in un canale più visibile seppure spesse volte informale. Proprio l’esistenza di pratiche informali ha, forse rappresentato, allo stesso tempo, elemento di forza e di debolezza dell’agricoltura sociale. Se da una parte, infatti, ciò ha favorito il concretizzarsi di esperienze numerose e diverse, d’altra parte, ha finito per limitare l’evidenza dei risultati conseguiti e la codifica delle relative pratiche terapeutiche. Diversamente da quanto avviene in altri paesi, in Italia le applicazioni di agricoltura sociale non sono esplicitamente riconosciute dal sistema sociale e sanitario nazionale. Questa circo-


stanza limita le esperienze alla volontà di persone motivate ed innovative e a campi di applicazione contenuti. Sarebbe invece possibile pensare ad un coinvolgimento più esteso degli operatori agricoli in diverse tipologie di servizio in campo sociale. Similmente a quanto avvenuto per l’offerta di servizi turistici, è possibile pensare a buone pratiche, ad azioni formative e alla ricerca di soluzioni organizzative capaci di diffondere pratiche di agricoltura sociale. In questa direzione, le risorse delle strutture agricole e agrituristiche potrebbero essere integrate nella rete locale dei servizi (a seconda dei casi, per l’accoglienza temporanea di anziani in difficoltà, per la domiciliazione dei pasti, per forme di turismo sociale, per l’integrazione di persone a bassa contrattualità). Questo modo di operare basato sulla valorizzazione delle economie di scopo potrebbe, allo stesso tempo, stimolare nuove forme di dialogo intergenerazionale e ritessere nuove relazioni nelle comunità rurali, alimentando e rendendo autentico e più duraturo il loro potenziale di attrazione. Attraverso la definizione di formule innovative di servizio, appropriate ai bisogni delle popolazioni residenti e, allo stesso tempo, improntate su criteri di qualità certificabile, sarebbe ragionevole pensare nelle aree rurali, ad una integrazione delle reti esistenti con l’intento di prevenire le forme di disagio con azioni leggere, sostenibili dal punto di vista economico-finan-

ziario da parte del soggetto pubblico. Infatti se è vero che le aziende agricole non possono sostituirsi alle attività condotte da servizi specialistici è altresì vero che il servizio pubblico può fare uso delle strutture agricole presenti, per assicurare capillarità alle reti di protezione del disagio o a quelle di conciliazione famigliare. Si tratta di ipotesi che consentirebbero di:

assicurare servizi più coerenti con i bisogni delle comunità rurali

favorire un più intenso scambio tra i membri delle comunità ed una più facile trasmissione delle risorse culturali dell’area

stimolare una continuità della vita attiva e dell’integrazione di soggetti a più bassa contrattualità (spesso anziani soli)

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Da parte pubblica, a fronte di un investimento in termini di coordinamento e di supporto al funzionamento delle reti territoriali, si potrebbe valutare l’impatto esercitato da un sistema reticolare quale quello proposto in termini di riduzione degli investimenti sulle strutture (rese disponibili dai privati) e, allo stesso tempo, in termini di risparmio dei costi solitamente sostenuti per la istituzionalizzazione anticipata di soggetti che, alla prima difficoltà, seria, ma anche temporanea, di disagio, finiscono per gravare in modo continuativo sulle strutture pubbliche. Esplorare le possibilità di accrescere l’impiego sociale e di comunità dell’agricoltura può quindi avere effetti positivi da più punti di vista:

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per il benessere di quanti, specie nelle aree rurali, possono trarre vantaggio dalla presenza di una rete di servizi resa più capillare e diversificata grazie al contributo dell’agricoltura sociale

per coloro che non riescono a trarre miglioramenti ulteriori all’interno di percorsi di prevenzione o terapeutici istituzionalizzati e che, invece, grazie all’agricoltura sociale, potrebbero trovare grandi e piccole opportunità di integrazione sociale


per riorganizzare più stretti rapporti di complementarietà tra città e campagna, utilizzando le risorse delle aree rurali per servizi di prevenzione e di riabilitazione a vantaggio di ceti urbani e rurali e quelle delle aree urbane per interventi di cura specialistici

per vivificare il capitale di attrazione delle aree rurali, giocando sulla reputazione e su una più forte coerenza tra l’immaginario che alimenta la domanda di ruralità e le caratteristiche della vita di comunità in queste aree, re-interpretandone i valori centrali pur adattandoli a nuove circostanze e bisogni

Reputazione, autenticità, coerenza, contemporaneità sono allora altrettante parole chiave sulle quali è possibile costruire un nuovo immaginario di attrazione delle comunità rurali, iniziando a fornire risposte concrete agli abitanti locali, e creando stili e modelli di comportamento apprezzabili oggi in contesti non rurali. In questa direzione l’agricoltura sociale può contribuire a rigenerare le comunità rurali, stimolando la presa in carico più diretta dei bisogni locali da parte della popolazione e delle stesse realtà d’impresa.

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Agricoltura Sociale innovativa e nuove ipotesi di welfare L’Agricoltura Sociale si pone come elemento di rottura rispetto al paradigma della “produzione di massa” e del primato della tecnologia, riconoscendo valore alla diversità e alla specificità dei fattori produttivi, strettamente legati ai contesti, alle persone, alle storie. Allo stesso modo l’Agricoltura Sociale si pone come elemento di rottura rispetto al paradigma della salute, ricollocando le “terapie” all’interno di processi più complessi e articolati di intervento. Tra le pratiche di Agricoltura Sociale che emergono sui territori, spesso frutto di iniziative nate oramai negli anni ’70, spesso ad opera di neo-contadini, e le nuove che seguono il dibattito che va affermandosi, non senza difficoltà, sul tema, si inizia a vedere uno spazio per la definizione di un’Agricoltura Sociale Innovativa, posta al di fuori del genuino spontaneismo 56


delle prime esperienze e, allo stesso tempo, fuori del rischio di omologazione che si registra in alcune pratiche di recente conio, attente ad intercettare nuove tendenze e risorse, ma ben radicate in vecchi paradigmi settoriali e mono-competenti. Oggi l’Agricoltura Sociale Innovativa si pone al crocevia della costruzione di visioni collettive e collaborative capaci di dire qualcosa in risposta alle crisi sociali, economiche ed ambientali che viviamo. Per questo l’agricoltura sociale è attività piccola ma, allo stesso tempo, significativa della fase di cambiamento che viviamo. Consente, infatti, di rideclinare, in modo nuovo, paradigmi, competenze, ruoli dei molti attori che sul tema si confrontano e costruire una palestra di nuovo civismo. Le aree rurali, e l’economia più in generale, vivono una transizione dovuta alla modifica dei processi di produzione e distribuzione dei valori econo-

mici su scala mondiale e alla crescente scarsità delle risorse naturali. La progressiva separazione dei processi di creazione di valore dai territori e la mobilità dei capitali riduce i processi di solidarietà nazionali aprendo la strada per la rottura di patti di equità intergenerazionale, di giustizia sociale e di coesione territoriale. Prime vittime di questi processi sono i tradizionali bersagli delle politiche di redistribuzione, tra cui le persone a bassa contrattualità e i territori più isolati e più fragili. Al contrario, si rafforza la domanda di un uso responsabile delle risorse naturali, di una gestione attenta del territorio non urbanizzato, della salvaguardia dei suoli per produrre un cibo che diventerà scarso. In un quadro di crescenti difficoltà per le risorse pubbliche, ciò che viene messa in discussione è la stessa divisione tra il ruolo dello stato e quello del mercato, crisi accentuata dal ral57


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lentamento dell’economia, oltre che dalle difficoltà dello stato di fronteggiare, allo stesso tempo, il ripianamento del debito pubblico e le domande correnti di servizio. Solo la capacità di mobilizzare risorse nuove, materiali e immateriali, consente di realizzare una migliore tenuta sociale e dare risposta ai bisogni presenti. Attivare nuove risorse implica attenzione a temi nuovi nello sviluppo dell’agricoltura come delle aree rurali, e in particolare: al tema dell’innovazione sociale (EU2020), della co-produzione dell’organizzazione di sistemi di economia civile. Logiche in cui la reputazione, l’interdipendenza e le relazioni di comunità assicurano supporto al funzionamento di mercati più etici e di uno stato meno paternalistico e gerarchico in quanto più collaborativo e aperto al confronto, nelle istituzioni centrali come in quelle locali. Processi di questa natura, capaci di assicurare il miglior impiego di risorse vecchie e nuove, specialistiche e non disponibili nei territori, possono essere attivati con il coinvolgimento della società civile, delle imprese responsabili, ma anche grazie a un diverso operare delle pubbliche amministrazioni, e dei soggetti istituzionali.

cibo locale, l’erogazione di servizi alla persona, nelle aree rurali più fragili, come nelle aree periurbane. Per fare questo, però, può seguire solo in parte il modello della diversificazione aziendale in funzione della crescita diretta del reddito. Questo tipo di agricoltura sociale richiederebbe uno stato forte e capace di finanziare direttamente, e in modo esclusivo, i nuovi servizi che le aziende agricole potrebbero essere interessate a offrire. Oppure, diversamente, essere conseguenza della privatizzazione del bene salute. Escluse, al momento, queste possibilità, ragionare di Agricoltura Sociale implica la necessità di mettere in discussione profonda il modo in cui le imprese, lo stato, i cittadini, si rapportano nei processi di creazione e di distribuzione dei beni privati come di quelli pubblici e di ripensare ruoli e competenze tra i diversi interlocutori. E’ questa, sicuramente, la parte difficile dell’Agricoltura Sociale Innovativa, molto di più del realizzare le singole pratiche nelle aziende.

L’Agricoltura Sociale, specie in Italia, si colloca in questo scenario di profonda crisi e prova a legare insieme, tramite processi produttivi veri, la gestione della terra, la produzione di 59


Agricoltura Sociale e organizzazione di nuove risposte a bisogni crescenti L’Agricoltura Sociale è una pratica con molti elementi di innovazione, anche radicale, che implicano una revisione di missioni, visioni e attitudini del fare impresa, di operare nei mercati e di agire sul territorio. Le pratiche di agricoltura sociale, già oggi, nelle aree rurali e periurbane, organizzano risposte molteplici ai bisogni di un’ampia gamma di persone. Al di là dei singoli target di utenza, è utile mettere in evidenza i possibili usi, che attengono all’organizzazione di: • una nuova socialità e un diverso uso del tempo disponibile per persone di diverso tipo (gli anziani, i minori, persone con temporanee o prolungate difficoltà fisiche – disabilità mentali, psichiatriche, malati oncologici); • un modo più attivo di realizzare azioni educative al rapporto con la natura (bambini e adulti) e con il lavoro (dipendenze, detenuti); 60


• pratiche co-terapeutiche volte a valorizzare e stimolare le capacità di persone in difficoltà (autismo, disabilità psichiatriche e mentali, pazienti oncologici); • percorsi di formazione attiva a supporto dell’inclusione lavorativa (per diverse tipologie di persone a bassa contrattualità) in una logica di giustizia sociale; • modi nuovi di mobilizzare le risorse di territorio a supporto dell’emergenza abitativa temporanea. Nei fatti e nelle pratiche correnti, le esperienze di agricoltura sociale si prestano, a diverso titolo, a rafforzare le reti di protezione sociale facendo leva su risorse non specialistiche, quelle dell’agricoltura, per assicurare una vita di buona qualità per persone in crescente difficoltà.

L’agricoltura sociale offre possibili risposte, sicuramente parziali, per affrontare questioni urgenti, tra cui, la: • crisi dei servizi alla persona che, in una fase di tagli alla spesa socio-sanitaria, attraversa le aree rurali, mettendo in discussione la stessa possibilità di fare economia e di salvaguardare il territorio; • costruzione di nuove possibili relazioni di comunità e l’ispessimento di nuove identità nelle aree rurali in una logica di rigenerazione delle reti di relazioni (welfare rigenerativo); • crisi dei servizi e la possibilità di arginare i processi di progressiva estraniazione che riguardano i soggetti più deboli nelle are urbane e periurbane; • possibilità di personalizzare, innovare, diversificare e umanizzare le risposte di inclusione sociale per persone a bassa contrattualità. 61


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Pubblicazione a cura del GAL Daunia Rurale PSR Puglia 2007-2013 – Fondo FEASR Asse IV – Misura 331 Az. 2 “Informazione” 64


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