Altromagazine Settembre

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Settembre 2010

IN MOVIMENTO

VIVI SOLIDALE

COSÌ LONTANO, COSÌ VICINO

“Scambiamo il mondo”: le Botteghe raccontano le iniziative per la Giornata mondiale del commercio equo

Equopertutti: zucchero e caffè “made in dignity” sotto i riflettori per scoprire il commercio equo

Guatemala: la rinascita dopo la dittatura. Progetti che valorizzano la cultura maya e un viaggio indimenticabile

Salgono a dieci le Regioni amiche del commercio equo

Diego Parassole: un caffè per dormire sonni tranquilli

India: tutelare la biodiversità è proteggere la vita

Chi ci guadagna?

Alla scoperta delle filiere di caffè e zucchero



editoriale

Organizzare un evento che con tante diverse sfaccettature coinvolge tutta l’Italia è entusiasmante e lascia la sensazione di far parte di qualcosa di grande e vitale, di un movimento di persone che si mettono in gioco per un ideale importante. Negli ultimi mesi siamo stati impegnati con passione nell’organizzazione della seconda edizione di Equopertutti, in cui ci siamo posti un grande obiettivo: far avvicinare il maggior numero possibile di persone al mondo del commercio equo e solidale, stimolare la riflessione sul nostro stile di vita e sugli impatti che ha sulle popolazioni e sull’ambiente. Questo numero di altromagazine vuole essere quindi uno strumento di riflessione e approfondimento per comprendere alcune delle dinamiche economiche più comuni – ma al tempo stesso più squilibrate – della nostra realtà. È dedicato infatti ai percorsi che si sviluppano attorno a due prodotti fondamentali, che abbiamo scelto come “testimonial” di questa edizione: lo zucchero e il caffè. Versare lo zucchero in una tazzina di caffè fumante infatti è uno dei gesti più comuni e trasversali che potremmo mai compiere, e dal Trentino alla Sicilia si ripete milioni di volte al giorno. Ma cosa c’è davvero dietro quei pochi sorsi di piacere? E soprattutto: a chi vanno i soldi del nostro caffè al bar o del pacchetto che acquistiamo al supermercato? È questa la provocazione che vogliamo lanciare chiedendo “chi ci guadagna?”, considerando anche l’ambiente e le persone stesse che acquistano i prodotti. Nelle pagine di questo altromagazine vogliamo raccontare una realtà spesso taciuta dai mass media e di come il commercio equo e solidale sia un valido percorso alternativo per lo sviluppo economico e per l’ambiente. Lo vogliamo fare anche con racconti di viaggio, testimonianze e – perché no – qualche sorriso. Ti aspettiamo a Equopertutti! Gianluca Diegoli, Responsabile Comunicazione Ctm altromercato


i indice Le Botteghe raccontano

Caffè corretto

Il servizio “buono”

Equopertutti

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4 7 8 in movimento

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vivi solidale

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Sulla bocca e... nella tazza di tutti

Editoriale

Torna la fiera Quattro Passi Zucchero dolce amaro


indice

i

Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare

Dulcis in fundo...

Che Bio ce la mandi buona!

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vivi solidale

Trame che scaldano l’inverno

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così lontano così vicino La biodiversità è vita

Bibliotequa

Una sola voce contro la guerra e lo sfruttamento


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in movimento LE BOTTEGHE RACCONTANO

“Scambiamo il mondo” è un’iniziativa nata nell’ambito della campagna “D(i) ritto al Cibo” in occasione della Giornata mondiale del commercio equo e solidale dell’8 maggio scorso e nel quadro del progetto “Saperi e Sapori 3” cofinanziato dalla Regione Veneto. Perché “Scambiamo il mondo”? Perché credia-

mo che ognuno di noi possa mettersi in gioco per cambiare le regole del commercio internazionale tradizionale e scoprire un nuovo metodo di consumo, più consapevole, rispettoso dell’uomo e dell’ambiente. Le Botteghe di tutta Italia hanno partecipato a questa iniziativa organizzando decine di eventi dei gene-

ri più diversi: cene, degustazioni, incontri con i produttori, concorsi di cucina, tutto per avvicinare sempre più persone al mondo del commercio equo e invitarle a essere protagoniste del cambiamento. Di seguito, i racconti inviati da alcune Botteghe che hanno partecipato. Buona lettura!

Se la mente dell’allievo è aperta, il maestro giusto arriva!

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Agung Alit e sua moglie Hani, coordinatori di Mitra Bali, lo scorso maggio sono stati in visita ad Adria, ospiti della bottega Una Sola Terra. Il loro programma prevedeva un incontro serale e tre incontri per i ragazzi delle scuole. Tra racconti, spiegazioni, aneddoti, battute di spirito e canzoni, Agung e Hani hanno conquistato il pubblico, che si è dimostrato attento e interessato. La loro testimonianza di impegno familiare è stata particolarmente sentita e sicuramente stimo-

lerà la riflessione dei ragazzi e degli insegnanti. Agung ed Hani hanno dato inizio ad una nuova missione, quella di sensibilizzare i giovanissimi – anche nel loro Paese – per la costruzione di un mondo più giusto, anche se il regime indonesiano non approva che idee “rivoluzionarie” come i principi del commercio equo vengano diffuse, soprattutto nelle scuole. Il Mappamondo (Chioggia, Venezia)

Diritto al cibo? Prendiamoci un impegno! In occasione della Giornata mondiale del commercio equo e solidale, sabato 8 maggio 2010 abbiamo offerto ai clienti della nostra Bottega una torta al cioccolato e caffè che è stata molto apprezzata, così come è stata trovata molto carina l’idea del prendersi un

piccolo impegno nel quotidiano che è stata spunto di discussione e confronto sul “Diritto al Cibo”. Oltre alla spillina di “Scambiamo il mondo” abbiamo anche regalato delle ricette da preparare con prodotti equi che si sono volatilizzate! Buona recettività,

quindi, per questo evento, nonostante la gente sia capitata per caso in Bottega e non perché lo abbia letto in giro su manifesti delle Botteghe. Emi, Spicchio di Mondo (Borgo San Dalmazzo, Cuneo)


in movimento LE BOTTEGHE RACCONTANO

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Cantare la libertà e la giustizia Il 18 maggio 2010 è una data da ricordare. È stata una grande festa, e ci ricorderemo a lungo il tour dei produttori che ha portato a Reggio Calabria, in occasione della Giornata mondiale del commercio equo e solidale, Agung Alit e sua moglie, coordinatori di Mitra Bali, un’organizzazione indonesiana inserita nel circuito equo mondiale.

che è possibile ascoltare accedendo al sito web www.mitrabali.com. Molti ragazzi si sono avvicinati alla Bottega con la voglia di partecipare e collaborare, esprimendo l’esigenza, condivisa anche dal preside e da tutti i professori, di approfondire il tema e conoscere meglio le dinamiche che stanno alla base del commercio tradizionale.

Il loro arrivo in città ha riunito tutti i soci e gli amici della Bottega per dare una mano, per essere presenti o semplicemente per curiosità. L’incontro con circa 120 giovani studenti dell’Istituto Tecnico “R. Piria” è stato coinvolgente e ha lasciato il segno: la passione di Agung per il lavoro che svolge è palpabile e si avverte non appena cerca il contatto diretto con il pubblico. Agung ha cantato con i ragazzi la sua fiducia nel commercio equo come libertà dalle ingiustizie del mondo, una canzone che egli stesso ha scritto e

Non poteva mancare per i nostri ospiti una visita ai Bronzi di Riace e ai reperti archeologici di quella che fu un’importante colonia greca: Rhegium. Il pomeriggio è trascorso presso la Bottega del Sud dove è stata realizzata l’intervista con Telereggiocalabria, tra un pubblico curioso e attento. Un’esperienza sicuramente da ripetere per continuare il cammino culturale sul commercio equo e solidale. Bottega del Sud (Reggio Calabria)

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Una favola dal lieto fine Il nostro “Scambiamo il mondo” è stato davvero meraviglioso. Abbiamo organizzato in via Farini, nel pieno centro di Parma, un teatrino per bambini di tutte le età in cui abbiamo raccontato e sceneggiato una favola equosolidale, scritta per l’occasione. Non vi dico l’entusiasmo dei bambini... e l’afflusso massiccio, nonostante il tempo alquanto incerto! Elisa, Il Mappamondo (Parma)

Addolciamo il mondo: un grande successo L’evento di sabato 8 maggio 2010, in occasione della Giornata mondiale del commercio equo e solidale, e dell’inizio della campagna “Scambiamo il mondo”, è stato un grande successo per tutti quelli che vi hanno preso parte. Il fulcro della giornata è stata una gara dolcissima: in concorso 28 dolci tra torte, biscotti, cioccolatini e addirittura un liquore! Tutti i dolci avevano una caratteristica comune: almeno due ingredienti provenivano dal commercio equo ed erano stati acquistati in Bottega a metà prezzo. Oltre ad essere bellissimi, i dolci erano anche molto buoni e sono stati votati dalla giuria, composta da assaggiatori volontari.

La Bottega ha offerto, insieme alle delizie casalinghe, i migliori tè e caffè provenienti da tutto il mondo, e a fine giornata, le votazioni hanno decretato il vincitore: un classico salame al cioccolato davvero ben realizzato, anche grazie alla qualità dei prodotti equosolidali. Il vincitore è stato omaggiato di un cesto di prodotti della Bottega Effetto Terra e il secondo classificato ha ricevuto un buono da 20 euro spendibile sempre nel negozio di via Gramsci. Ringraziamo di cuore tutti i partecipanti, pasticceri e giuria, per la collaborazione: la riuscita di questa bella giornata, all’insegna delle calorie e del divertimento, è stata merito

loro! Speriamo di rivedervi ai prossimi eventi in programma. Ass. Effetto Terra (Paderno Dugnano, Milano)

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foto 1: Agung e Hani Alit con gli amici della Bottega Una Sola Terra foto 2: Agung Alit intervistato alla Bottega del Sud di Reggio Calabria foto 3: gli ottimi dolci in concorso alla Bottega Effetto Terra



in movimento IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTI La fiera delle buone pratiche in rete Alla scoperta dell’economia delle relazioni. di Alessandro Franceschini Le Botteghe del Mondo, i volontari, i soci: tutti sono invitati a visitare la Fiera Quattro Passi a Treviso! Perché? Innanzi tutto perché è uno degli eventi più importanti a livello nazionale per quanto riguarda la cooperazione, lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente…. ed è organizzato da un socio del Consorzio, ossia la Cooperativa Pace e Sviluppo, in collaborazione con Ctm altromercato. Ma è anche l’occasione per incontrarsi: domenica mattina per il terzo anno consecutivo è previsto il raduno dei volontari delle Botteghe Altromercato del nordest – ma sa-

ranno benvenuti i volontari da ogni parte d’Italia – per una mattina di formazione e incontro, nel quadro di iniziative promosse dal Consorzio per la formazione dei volontari. L’anno scorso eravamo oltre 150! Tema della sesta edizione di Quattro Passi, che si terrà a Treviso (in un bel parco, tutto nuovo) il 25 e 26 settembre 2010, sarà: “Reti Liberatutti, scopriamo l’economia delle relazioni”. Le buone pratiche che mettono in rete i soggetti economici, dai produttori ai consumatori. Dalla cooperazione a nuove forme di lavoro,

dalla filiera corta all’economia di prossimità, dal commercio equo e solidale all’agricoltura bio. Ampio programma di incontri, laboratori, visite guidate, attività per bimbi, seminari… Tutte le info su www.fieraquattropassi.org. Vi aspettiamo!

Dieci regioni per il Commercio Equo Un riconoscimento importante all’impegno di decine di organizzazioni. Il 4 giugno scorso si è svolto a Roma il convegno nazionale “Le Regioni con la rete equosolidale per un percorso condiviso”, in occasione dell’apertura della terza edizione di Equa, la fiera del commercio equo ligure. È stata una giornata di approfondimento sulla normativa regionale a favore del commercio equo e solidale dedicata allo scambio di esperienze e alla condivisione di indirizzi da parte delle istituzioni e delle organizzazioni equosolidali. Da anni l’Assemblea Generale del Commercio Equo e Solidale (Agices) lavora affinché i suoi soci vengano riconosciuti dalle istituzioni come realtà che attraverso il commercio, la crescita della consapevolezza dei consumatori, l’educazione, l’informa-

zione e l’azione politica, si impegnano per la giustizia sociale ed economica, lo sviluppo sostenibile, il rispetto per le persone e per l’ambiente. Le leggi regionali approvate a oggi in 10 regioni italiane (Liguria, Marche, Umbria, Lazio, Toscana, Abruzzo, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto, a cui si è recentemente aggiunto anche il Trentino Alto Adige) sono una conseguenza tangibile di questo riconoscimento. Grazie a queste leggi, le organizzazioni equosolidali hanno avuto a disposizione un importo complessivo annuale di più di un milione e mezzo di euro che è andato in buona parte a sostenere iniziative di formazione e informazione. Un sostegno importante, quindi, a un settore che resiste alla crisi. I dati del

Rapporto Annuale 2009 presentato da Agices, infatti, dimostrano come il commercio equo continui a crescere, non solo a vantaggio dei produttori del Sud del mondo (106 in Asia, 92 in America Latina e 61 in Africa), ma anche dell’economia italiana. Le organizzazioni di commercio equo hanno avuto un aumento dei ricavi di quasi 6 milioni di euro (per un totale di 86 milioni e mezzo) garantendo uno spazio di lavoro a oltre 1000 persone in tutta Italia. Gli investimenti in questo capitolo hanno sfiorato a livello aggregato nazionale i 13 milioni di euro, con una media di quasi 12mila euro di costi sostenuti per ciascuna persona impiegata, tra tempo pieno, tempo parziale e collaborazioni.

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in movimento 10 IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTI

Dopo il successo della prima edizione, lo scorso anno, Equopertutti ritorna con due settimane dense di eventi rivolti… a tutti! Sarà ancora una volta un’importante occasione per uscire dalle Botteghe per incontrare e sensibilizzare un numero sempre più vasto di persone e di imprese verso un modo diverso di consumare, più attento alla persona e alla sua dignità, all’ambiente e alle sue risorse. Il tema principale sarà legato al concetto di filiera corta ed equosolidale, che in tutti i suoi passaggi, dal produttore al

consumatore, è costruita sull’equità tra i soggetti. Una filiera davvero “equa per tutti”, perché in grado di tutelare i diritti dei produttori del Sud del Mondo e di garantire la massima qualità e sicurezza alimentare ai consumatori finali. Le iniziative e gli eventi avranno come filo conduttore due tipologie di prodotti che rappresentano i “cavalli di battaglia” della storia del commercio equo: il caffè e lo zucchero. È attraverso questi due “prodotti testimonial” che vogliamo raccontare storie di soli-

to sconosciute e accendere i riflettori sul valore di un gesto semplice come quello dell’acquisto di un prodotto equosolidale. Dal 2 al 17 ottobre si susseguiranno tanti eventi organizzati dalla rete dei nostri soci distribuiti in modo capillare in tutta Italia, dalle Alpi alle isole. Le Botteghe del Mondo inviteranno i cittadini a provare i prodotti equosolidali proponendo degli omaggi a seguito di un acquisto, e si impegneranno a diffondere – come è loro abitudine – il


in movimento IN AZIONE! CAMPAGNE ED EVENTI

messaggio di uno stile di vita sostenibile su tutto il territorio dello stivale. Verranno organizzati incontri con degustazione di caffè in Bottega, pause caffè nelle più importanti piazze d’Italia e all’interno delle stazioni del circuito di Cento Stazioni, importante partner di questa edizione. Da non perdere, poi, gli emozionanti appuntamenti con i produttori, voce e volto del commercio equo, che racconteranno le loro esperienze di vita e testimonieranno quanto è importante fare una scelta di acquisto consapevole: un

piccolo gesto per noi che si traduce in una occasione di vita migliore per loro. Ma non è finta qui. Ai più curiosi sono dedicati i “Caffè scientifici” realizzati in collaborazione con altri due importanti partner della campagna, Bioversity International e Aiab (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica), mentre per i gourmet ci sono le cene del Circolo del Cibo, oltre all’inaugurazione della mostra multisensoriale dedicata al commercio equo. Anche quest’anno, poi, Altromerca-

to ha coinvolto nella manifestazione i 1500 punti vendita della grande distribuzione organizzata in cui è già presente. È un’occasione importante per raggiungere milioni di persone con il nostro messaggio e incontrare nuovi amici. I punti vendita, infatti, ospiteranno corner dedicati alle nostre offerte, con la possibilità di accedere a vantaggiose promozioni e così scoprire e sostenere un modo più “giusto” di fare la spesa. Per conoscere tutti gli appuntamenti visita www.equopertutti.it n

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vivi solidale 12 PRODOTTI DAL MONDO

Sulla bocca e… nella tazza di tutti! Equopertutti ha come “prodotti testimonial” zucchero e caffè: ecco tanti approfondimenti per scoprire quello che c’è dietro l’etichetta, e fare la scelta giusta.


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ucchero e caffè, due dei prodotti più comuni nelle nostre case, sono i protagonisti della seconda edizione di Equopertutti. Par tendo dal semplice gesto di sciogliere un cucchiaino di zucchero in una tazzina fumante, infatti, vogliamo viaggiare a ritroso e raccontare tante storie, storie che non capita di leggere spesso sui giornali o di vedere in televisione. Sono storie di persone che vivono in continenti diversi dal nostro, ma anche storie di poteri finanziari che fanno il bello e il cattivo tempo sulle politiche europee. Soprattutto, sono storie che è impor tante conoscere, per renderci conto di quanto le nostre più comuni abitudini abbiano delle conseguenze significative per milioni di persone. È proprio per questo che nasce Equoper tutti, per far conoscere il commercio equo a un pubblico sempre più vasto e stimolare la riflessione sulle proprie abitudini di consumo. Ma perché proprio questi due prodotti? Innanzitutto perché sono prodotti coloniali per eccellenza, coltivati in varie zone di Asia, Africa e America Latina, ma anche perché sono i “pionieri” – in par ticolare il caffè

– del commercio equosolidale. A spingerci, poi, è stato anche il fatto che sono di uso quotidiano: accompagnano la nostra colazione, chiudono il nostro pranzo e sono l’occasione per le pause con gli amici. Pur troppo, però, sono anche il simbolo dello sfruttamento dei piccoli gruppi di produttori e dell’ambiente nella folle corsa alla riduzione dei costi di produzione, il tutto per massimizzare i ricavi delle grandi multinazionali e offrirci un prodotto dal gusto ar tefatto a un prezzo stracciato. Come reagire a queste ingiustizia? Prima di tutto informandosi: nelle pagine che seguono trovano posto tanti approfondimenti sul mercato dello zucchero e su quello del caffè, sui metodi di produzione, sulle condizioni di vita dei coltivatori nel circuito tradizionale e in quello equo. Ma non mancano le curiosità, i cenni storici, le ricette da preparare con i prodotti Altromercato, le storie raccontate dalla viva voce dei produttori. La conoscenza, infatti, è il primo passo verso la riflessione e verso il cambiamento delle nostre abitudini. La nostra speranza? Che il commercio equo arrivi sulla bocca e… nella tazza di tutti! n


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Caffè corretto È il nostro primo pensiero quando ci alziamo al mattino, ma è soprattutto il prodotto su cui migliaia di lavoratori basano la loro vita. Le coltivazioni di caffè sono nel mirino delle multinazionali, che le vogliono standard e a basso costo. Il commercio equosolidale ha raccolto la sfida.

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ettanta milioni. È questo il numero delle tazze di caffè che ogni giorno vengono bevute in Italia. Che sia normale, ristretto, macchiato o decaffeinato, tutti noi lo desideriamo di qualità, per regalarci un piccolo momento di piacere. E per unire al piacere del palato la soddisfazione di un caffè “giusto”? Allora la scelta d’obbligo è un caffè equosolidale. Ctm altromercato ne propone una scelta vastissima, pensata per i palati più esigenti: quelli degli italiani.

Qualità garantita Lo conferma Sergio Vatta, della società Pacorini Silocaf, che si occupa del controllo qualità del caffè Altromercato al suo arrivo al porto di Trieste. Qui il caffè viene controllato, eventualmente miscelato e poi inviato alla torrefazione. “Abbiamo lavorato insieme per arricchire l’offerta e venire incontro a tutte le esigenze – spiega Sergio – in particolare, i caffè monorigine provenienti da Etiopia, Messico

e Nicaragua sono alcune delle eccellenze Altromercato, e sono tra le migliori qualità di caffè in assoluto che si possono trovare sul mercato. Sono dedicate a chi è curioso e vuole ampliare i propri orizzonti e scoprire le caratteristiche intrinseche della bevanda legate al luogo d’origine”. Il gusto della tradizione E per chi è legato al gusto tradizionale e non ci pensa neppure a cam-


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 15 biare? “Accanto alle miscele top, la Pregiata e la Bio, entrambe 100% Arabica – continua Sergio – abbiamo miscele dedicate a chi ama il gusto di una volta, cioè quello in cui la componente Robusta si fa sentire. Sono la miscela Classica e l’Intensa, quest’ultima particolarmente corposa e carica, che ricorda le miscele napoletane ma con una ricerca particolare in termini qualitativi”. Buono e giusto Una qualità garantita, quindi, con in più la certezza di gustare un caffè non solo buono per noi, ma anche per chi lo ha coltivato e raccolto in Asia, Africa e America Latina: quando beviamo un caffè, infatti, compiamo uno dei gesti più “anticamente globalizzati” che ci siano! I chicchi profumati (insieme alle foglioline di tè e al cacao) sono “il” prodotto coloniale per eccellenza. Un prodotto prezioso, quindi, ma che paradossalmente, spesso non garantisce a chi lo crea nemmeno una vita dignitosa. Questioni di borsa Il caffè è una materia prima quotata alla borsa di New York (la qualità Arabica) e a quella di Londra (la Robusta): insomma, quanto costa il chicco di caffè coltivato in Etiopia, Messico, Brasile e Vietnam lo decide la comunità degli investitori senza avere assolutamente riguardo per i costi di produzione. Il prezzo è deciso in base alla domanda e all’offerta – quando va bene – o sull’onda degli entusiasmi e delle depressioni del mercato, come quelle a cui abbiamo tristemente assistito negli

Arabica e Robusta: le differenze Arabica e Robusta sono le due specie botaniche maggiormente utilizzate per la produzione di caffè, entrambe originarie dell’Africa. La prima è in generale più pregiata, più ricca di componenti nobili: aromaticità, dolcezza, fragranza e acidità positiva. È originaria dei boschi delle regioni montagnose dell’Africa centrorientale. È sensibile al caldo e all’umidità, cresce ad altitudini superiori ai 900 metri e le qualità organolettiche del prodotto migliorano con l’aumentare dell’altitudine. La Robusta, originaria di un’area dell’Africa più vasta, è più resistente e richiede minori costi di produzione dato che si può coltivare in piantagioni pianeggianti. È diffusa, infatti, nei bassopiani tropicali, fino a trecento metri di altitudine. Il caffè di qualità Robusta è più ricco di caffeina rispetto all’Arabica, è meno aromatico, ma più corposo. In una buona miscela di arabica e robusta potremo apprezzare le caratteristiche dell’una e dell’altra specie botanica. Ci sono invece dei caffè arabica di origini particolarmente pregiate che vale la pena di gustare da soli, per sentire fino in fondo l’aroma e la dolcezza che li caratterizza in modo inconfondibile.

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ultimi due anni. Scelte obbligate Se i prezzi fossero troppo bassi viene da pensare che i produttori potrebbero decidere di cambiare coltivazione. In teoria sarebbe la scelta giusta, ma in realtà ciò non è possibile: neppure un produttore di riso del Piemonte

può decidere di abbandonare la coltivazione in favore di altro, per evidenti limiti climatici e di terreno, figuriamoci un produttore messicano che vive a duemila metri di altitudine, per il quale la coltivazione del caffè con i metodi tradizionali non è solo un lavoro, ma è una componente determinante del-

di Maria Moretti

foto 1: produttore di Sidama Union, Etiopia (di Luca Palagi)


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la società in cui vive. Facciamo di conto Facendo due calcoli sul costo di un pacchetto di caffè non fair trade ci rendiamo conto che al produttore arriva al massimo il 3% del valore: dove va il restante 97%? Nelle tasche degli intermediari. Il caffè verde prodotto dall’agricoltore nel circuito convenzionale viene venduto generalmente all’intermediario locale (familiarmente soprannominato coyote dai produttori) al prezzo fissato da quest’ultimo. Poi viene rivenduto al broker locale o nazionale, a seconda del paese, per poi essere esportato nei paesi consumatori dove altri broker, distributori e aziende torrefattrici se lo passano di mano in mano. Trasformato in grano tostato o in polvere per espresso, moka, filtro, viene finalmente consumato. Ma ogni mano che lo accarezza esige la sua fetta di torta. E la più pic-

cola rimane a chi si è spaccato la schiena per far crescere una pianta che produca buoni frutti. Un’altra via d’uscita Il commercio equo e solidale è nato dall’impegno di tante persone che desideravano ripristinare la corretta attribuzione del valore aggiunto in questa catena. Il commercio equo e solidale ha tagliato tutti i passaggi fino al torrefattore acquistando direttamente da molti piccoli produttori che prima non avevano altra scelta che vendere al coyote al prezzo da lui fissato. In questo modo ai produttori rimane una quota che può arrivare fino al 45% del prezzo di un pacchetto di caffè Altromercato. In più, il commercio equo e solidale fornisce ai gruppi produttori un premio in denaro da destinare alla realizzazione di progetti sociali di miglioramento delle loro condizioni di vita. Se poi

Un caffè preparato ad arte Da un esperto nel controllo qualità del caffè, Sergio Vatta di Pacorini Silocaf, Trieste, sette regole per preparare con la moka – e apprezzare al meglio – un vero caffè all’italiana. Usa un caffè di buona qualità, conservato correttamente. Per non disperdere l’aroma, una volta aperto conserva il pacchetto in una lattina in frigorifero.

Il caffè non deve arrivare a bollire, diventerebbe sgradevole: sposta la caffettiera dal fuoco qualche istante prima che termini l’erogazione.

Usa acqua fresca e leggera che non deve superare il livello della valvola. L’acqua dovrà riscaldarsi gradualmente sulla fiamma vivace. Se l’acqua è molto calcarea è meglio filtrarla.

Bevi il caffè caldo, appena fatto: è il momento più indicato per goderne aroma e gusto pieni. Il caffè rimasto va conservato in recipienti di vetro o ceramica, non metallici; inoltre va riscaldato a bagnomaria o a fuoco minimo su piastra elettrica, mai direttamente sul fuoco.

Non pressare la polvere dentro la caffettiera. Forma un piccolo vulcano con il caffè. Usane circa un cucchiaio da tavola colmo per ogni persona Segui la fase di infusione, non abbandonare la caffettiera sul fuoco, potrebbero compromettersi caffè e caffettiera. Il coperchio va tenuto alzato in modo da evitare che la condensa del vapore precipiti nel raccoglitore, bruciando o alterando il gusto del caffè.

Pulisci accuratamente la caffettiera dopo ogni utilizzo, senza usare sapone o detersivi ma solo acqua bollente. La pulizia del filtro va fatta con molto scrupolo perché è il punto in cui potrebbero annidarsi residui e depositi, con conseguenti effetti antigienici sulla bevanda. Puoi aiutarti con uno spazzolino. Prima dell’impiego è consigliabile far bollire con poco caffè le caffettiere nuove o quelle a riposo da lungo tempo.

foto 2: produttrice di caffè di Cecocafen, Nicaragua (di Luca Palagi) foto 3: lavorazione del caffè di Cecocafen, Nicaragua (di Archivio Cecocafen)


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO la produzione è certificata biologica, viene corrisposto anche un premio in denaro destinato a coprire gli alti costi di certificazione e a compensare la riduzione di resa del terreno che la produzione con metodi meno invasivi e intensivi comporta. L’organizzazione di commercio equo, poi, che ha tra i suoi obiettivi la cooperazione economica con i propri produttori, si occupa di ricercare fondi per loro conto per predisporre attività di miglioramento della produzione e di formazione sul campo, in modo da dare ai propri partner una concreta possibilità di miglioramento. Le nuove sfide Dopo oltre trent’anni di vita, il movimento del commercio equosolidale si trova oggi ad affrontare nuove sfide, in particolare quelle portate dall’interesse delle grosse aziende per la nicchia di mercato dei prodotti “fair”. Queste aziende comprano il caffè dai grossi broker, e i grossi broker comprano anche il caffè certificato proveniente dal commercio equosolidale con i vecchi metodi che utilizzano per il caffè convenzionale. Tutto ciò può dar vita a politiche di approvvigionamento non cristalline. Un esempio: quando i prezzi del caffè iniziarono a salire, durante la crisi dei mercati del 2008, i coyote offrirono prezzi “spot” molto alti ai produttori di caffè destinato al circuito del commercio equo, ben sapendo che avrebbero potuto specularci sopra. Questa “concorrenza sleale” portò quell’anno un calo di caffè venduto ad alcune cooperative di commer-

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cio equo del 20/30%, con ricadute sul fatturato, sull’equilibrio finanziario delle organizzazioni e anche sulla sostenibilità dei progetti sociali. Resistere alle pressioni I grossi acquirenti possono esercitare pressioni in vari modi, puntando a far abbassare i prezzi ai produttori, ma anche – come accade in Messico (ne parliamo nel box a pagina 16) – indurre gli agricoltori ad abbandonare metodi di coltivazione tradizionali in funzione della più efficiente coltivazione Ogm, o di varietà di prodotto più scadenti, ma formalmente più redditizie per i rivenditori. Alla lunga, se pressioni di questo tipo hanno successo, si stravolge non solo un intero ecosistema, ma un modello di organizzazione sociale. Le sfide del commercio equo in questo caso sono rappresentate dal mantenere in vita le varietà di caffè anche meno economicamente redditizie, ma qualitativamente e socialmente più buone, in modo da garantire, per quanto è possibile, la biodiversità, così come la “socio diversità”, cioè il diritto a vedersi garantite le condizioni di esistenza per ogni etnia, cultura, modello di società e aggregazione che abbia dimostrato di funzionare e rendere felici chi vi partecipa. Ora è chiaro come il semplice gesto di alzare una tazzina e berne lo scuro, caldo, forte contenuto incida sul destino di tutte le persone coinvolte nella sua preparazione. E come sia semplice, in fondo, garantire che quel singolo gesto sia equo verso tutti loro. n

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foto 4: produttrice Cecocafen,della Nicaragua (dall’archivio Cecocafen) foto 1:dilavorazione tagua, Camari, Ecuador (dall’archivio C foto 5: lavorazione del caffè di Cecocafen, Nicaragua (di Ilaria Favè)


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Messico: tutela della biodiversità nel nome della Pacha Mama Le multinazionali spingono per sostituire le coltivazioni tradizionali di Arabica con altre di qualità inferiore o addirittura Ogm. I piccoli coltivatori si battono contro il loro strapotere. La mata Atlantica in Brasile, le Ande Colombiane, i boschi di montagna in Indonesia, i boschi del Messico, le montagne del Nilgiri in India, il sistema del fiume Congo: sono alcune delle regioni del mondo più ricche di biodiversità ed endemismi. Queste regioni, comprese tra i due Tropici, sono le principali aree di produzione di caffè e quelle che hanno subito i cambiamenti più radicali ad opera dell’uomo: foreste vergini trasformate in aree coltivate o pascoli e il legno in combustibile. I piccoli coltivatori di caffè di queste zone sono in prima linea nella tutela della biodiversità e sono costantemente minacciati dalle iniziative delle multinazionali che cercano di massimizzare i guadagni spingendo al ribasso prezzi e qualità. Un esempio lampante di ciò sta avvenendo in Messico. Il Paese centro americano produce un caffè forte, un Arabica corposo che cresce spesso in montagna, dove le comunità indigene hanno il diritto di governarsi secondo “usos y costumbres”. La coltivazione del caffè è fittamente intrecciata con la cultura locale, e cioè con il concetto di rispetto della Pacha Mama, la Madre Terra. Questo modello è oggi messo in pericolo dalle spinte del mercato verso un cambiamento nei metodi di coltivazione. L’idea che sembra accomunare Nestlé ed enti governativi è quella di sostituire gradualmente l’Arabica messicano con varietà ibride di Robusta. Il Robusta, infatti, è più resistente, richiede minori costi di produzione e può essere massicciamente impiegato

foto 6: raccolta del caffè. Uciri, Messico (dall’archivio Ctm altromercato)

nella realizzazione di caffè a larga distribuzione e sostituito all’Arabica i cui prezzi sono esplosi con la crisi finanziaria del 2008. Il quotidiano messicano La Jornada del Campo ha dato conto di pressioni al ribasso sul prezzo pagato ai produttori e pare che anche tramite le nomine di alcuni trader di Nestlé in alte cariche di enti nazionali per la gestione della produzione caffeicola, la società sia implicata nella creazione di cooperative fantasma per ottenere fondi dal Programa Tropicos Humedos (programma governativo per la certificazione e la conversione al biologico). La notizia del tentativo della società svizzera di ottenere un permesso per l’introduzione di varietà Ogm è stata la goccia e ha scatenato la reazione delle organizzazioni dei piccoli produttori, che hanno chiesto ufficialmente al Governo di non accettare. Una simile evenienza provocherebbe la decertificazione immediata delle produzioni da coltivazione biologica di circa 500.000 famiglie: se un domani il caffè fosse tutto di bassa qualità o non certificabile come biologico, la depressione che calerebbe sul mercato locale distruggerebbe molte comunità. Ciò è profondamente ingiusto, perché i produttori di caffè equosolidale messicano coltivano con dedizione e vendono il loro caffè a un prezzo giusto, per loro prima di tutto, e spesso decisamente al di sopra del livello di mercato, internazionale e locale, e nonostante questo sostenibile per l’alta qualità del prodotto fornito. Ed è tutto un altro aroma. n


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 19 Un po’ di storia Gli arabi furono i primi a coltivare commercialmente la pianta del caffè, importando piante di arabica, probabilmente già nel millennio prima di Cristo, dalla regione di Kaffa, in Etiopia, alla penisola dello Yemen. Qui mantennero per secoli il monopolio della coltivazione, consentendo l’esportazione dei semi solo dopo averli fatti bollire. Nel 1600 sembra che sette semi di arabica furono contrabbandati dalla Mecca dal leggendario pellegrino indiano Baba Budan e trapiantati nel Chikmagalur, una regione dell’India in parte simile per terreno, altitudine e clima, a quella africana di cui erano originari. Di lì a poco le prime piante di caffè arrivarono dallo Yemen anche in Europa, nel giardino botanico di Amsterdam. Alla fine del secolo il caffè proveniente dall’India venne introdotto dagli Olandesi nell’isola di Giava, mentre i giardini botanici europei giocarono un ruolo chiave nella diffusione della pianta nel resto del mondo. Per molto tempo l’arabica fu l’unica specie che veniva coltivata. Nel 1900 gli olandesi diedero inizio alla coltivazione su larga sca-

la del caffè robusta introducendo a Giava piante provenienti dal Congo che sostituirono quelle di arabica distrutte dalla ruggine. Nelle regioni africane di provenienza della pianta si utilizzava la polpa del frutto per preparare una bevanda alcolica – che si consuma ancora oggi in Africa Centrale – oppure si masticavano le foglie, come si fa nelle Ande con quelle della coca, o si preparava un tè. La bevanda che conosciamo noi, ottenuta dai semi del frutto, fu inventata dagli arabi. Dal 1300 il consumo del caffè si diffuse in tutto il mondo arabo, verso la metà del 1500 raggiunse Istanbul, dove si aprì la prima bottega del caffè. Nel 1615 alcuni mercanti veneziani comprarono da commercianti ottomani il primo carico di caffè proveniente dallo Yemen. La Serenissima mantenne per quasi un secolo il monopolio dell’importazione in Europa occidentale, poi seguita da altri porti d’Europa.

Un caffè per tutti i gusti Da Etiopia, Messico e Nicaragua arrivano tre caffè 100% arabica speciali: sono caffè monorigine da agricoltura biologica e con filiera certificata. Le fasi del processo produttivo, dall’importazione alla torrefazione, alla commercializzazione, sono registrate per consentirne la rintracciabilità. Quattro miscele per venire incontro ai gusti più diversi, che hanno in comune la ricerca della miglior qualità: Classica e Intensa per chi ama il gusto tradizionale, alla napoletana; Pregiata – 100% arabica – per chi vuole un caffè superiore ed Espresso casa per gustare in ogni momento il caffè come al bar. Bio Caffè è una miscela 100% arabica proveniente da paesi di America Latina e Africa tra cui Brasile, Etiopia, Guatemala, Messico e Nicaragua. Di fine acidità, corpo equilibrato e gusto aromatico che riempie piacevolmente il palato con lieve sentore di agrumi, è ideale per una pausa pomeridiana accompagnata da un morso di cioccolato fondente. È disponibile anche in grani e in versione deka. Il decaffeinato si ottiene con un processo naturale per mezzo di anidride carbonica e senza solventi chimici. I chicchi sono trattati con vapore acqueo che aiuta a rendere selettiva l’estrazione, realizzata tramite un flusso di anidride carbonica, così da mantenere inalterati aroma e gusto. Dopo tale operazione l’anidride carbonica evapora senza lasciare traccia. n

di Ste

foto apertura: Bali, Indonesia (di Sa


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Zucchero dolce amaro È uno dei prodotti che consumiamo di più, ma quali sono i retroscena della sua produzione? Scoprili nel nostro viaggio tra i continenti alla ricerca del gusto “giusto”.

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ianco o bruno? Quale zucchero mettete la mattina nel vostro caffè? Due bustine apparentemente simili hanno in realtà contenuti diversissimi, per origine e lavorazione. Lo zucchero bianco – comune nelle nostre cucine – è un prodotto dell’industria alimentare. Si ricava dal succo di barbabietola o di canna e la produzione è operata attraverso l’uso di sostanze chimiche come il latte di calce e l’acido solforoso che eliminano ogni componente vitaminica e minerale. Lo zucchero integrale di canna, invece, è

di Laura M. Bosisio

più ricco dal punto di vista nutrizionale perché contiene altri zuccheri come il fruttosio e fornisce sali minerali come calcio, fosforo, potassio, zinco, fluoro, magnesio e anche vitamine del gruppo A, B e C. Il suo potere calorico è leggermente inferiore. Anche il processo produttivo è differente e non prevede l’uso di sostanze chimiche. Dietro l’etichetta Zucchero è sinonimo di dolcezza, ma non solo, purtroppo. Se guardiamo alla sua produzione, infatti, questa

solleva una serie di problemi che nei paesi del Nord del mondo si chiamano quote di produzione, dumping, sussidi, riconversione, mentre nel Sud del mondo hanno i tristi nomi di sfruttamento, ingiustizia e speculazione. Puntando i riflettori sul Nord, scopriamo che nel 2005 la Commissione europea ha approvato il nuovo regolamento sulla produzione ed esportazione dello zucchero e di fronte a un settore in crisi da più di vent’anni e sostenuto fino a quel momento da ingenti sussidi non ha saputo trovare al-

foto apertura: flores de caña, i fiori della canna da zucchero. Costa Rica (di Maria Moretti) foto 1: raccolta della canna da zucchero. Manduvirà, Paraguay (di Luca Palagi) foto 2: scarti della canna da zucchero. Pftc, Filippine (dall’archivio Pftc)


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 21 tra soluzione che riproporre lo stesso sistema, questa volta non più finalizzato a sostenere una produzione con costi eccessivi, ma a favorire lo smantellamento di una parte dell’apparato produttivo e la sua riconversione (ne parliamo a pagina 21).

produttori che ricevono più o meno sempre lo stesso compenso per i loro prodotti. Sono i grandi produttori, invece, a trarre beneficio dalle fluttuazioni dei prezzi, perché sono in grado di controllarle attraverso il controllo delle quantità poste in commercio.

Chi ci guadagna? Questo tipo di politica si è rivelato dannoso soprattutto per i piccoli agricoltori e ha finito per rafforzare il monopolio delle quote detenuto dai grossi produttori. Nemmeno per i Paesi del Sud del mondo ci sono stati effetti positivi: l’accordo prevede addirittura che nel caso le importazioni da uno di questi aumentino oltre il 25%, l’importazione si blocchi. Insomma, ancora una volta la Pac (Politica Agricola Comunitaria) si è rivelata incapace di rispondere ai problemi degli agricoltori, nel Nord come nel Sud del mondo. La liberalizzazione dei mercati continua a spingere entrambi verso la dismissione o la povertà. Occasionali aumenti di prezzo – come quello avvenuto nel 2009, quando la produzione si è rivelata inferiore ai consumi – non modificano il complessivo andamento del mercato e non vanno a beneficio dei piccoli

Fluttuazioni e speculazioni In definitiva, la riduzione delle quote di zucchero da barbabietola europee e la diffusione di fonti di energia alternativa come il bioetanolo rappresentano una minaccia: se la canna da zucchero viene coltivata per produrre combustibili, la disponibilità per la produzione dello zucchero si ridurrà drasticamente, e non si potrà contare sullo zucchero da barbabietola, la cui produzione è stata via via abbandonata negli ultimi anni sul territorio europeo. Il rischio della speculazione, come accennavamo, ricade principalmente sugli estremi della catena di acquisto: sul piccolo produttore che coltiva e raccoglie la canna da zucchero e sul consumatore finale del prodotto, che subisce gli sbalzi di prezzo. Meno attenzione alla qualità Ma c’è di più: quando vi è scarsità di un prodotto la domanda cresce e i prez-

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Un po’ di storia L’origine della canna da zucchero va ricercata in Nuova Guinea. Da qui, la pianta si diffonde – molti decenni prima di Cristo – nelle Filippine, in India e in Indonesia. In Europa arriva intorno al 1100, importata dagli arabi, ma ci si rende presto conto che il clima non è ideale per la coltivazione, che si sposta seguendo le rotte della colonizzazione e approda nelle Americhe e nei Caraibi, dove viene coltivato dagli schiavi in grandi piantagioni. All’inizio del XVI secolo lo zucchero è un bene di lusso, consumato solo dalle elite ricche, e gli

vengono attribuite proprietà medicinali. Nel corso dell’Ottocento la produzione zuccheriera subisce una flessione man mano la schiavitù viene abolita. Gli schiavi vengono comunque boicottati nei loro sforzi di costruirsi un lavoro fuori dalla piantagione, e quindi devono restare a lavorare per una piccola paga, anche perché ormai sono in concorrenza con braccianti liberi importati da fuori. Nel frattempo, in Francia, in potere di Napoleone Bonaparte scricchiola: le potenze europee impediscono le importazioni

di zucchero di canna e il malcontento serpeggia. Napoleone incarica quindi i suoi scienziati di cercare un dolcificante alternativo e a buon mercato e gli studi evidenziano l’alto contenuto di saccarosio delle barbabietole, verdure producibili a costi bassissimi e resistenti ai climi freddi europei. Il costo di produzione contenuto e la scoperta della possibilità di conservare i cibi – soprattutto la frutta – attraverso lo zucchero di barbabietola decretano il successo di questo prodotto, continuato fino ai giorni nostri.


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zi salgono a dismisura, rendendo meno importante la qualità delle coltivazioni; si incentivano infatti produzioni intensive (con l’ausilio di agenti chimici di varia natura, fertilizzanti e pesticidi) a discapito della produzione biologica, maggiormente rispettosa della salute della Terra e di chi la abita.

il commercio equo paga un ulteriore premium bio di 60 dollari per tonnellata. In situazioni particolari di mercato che richiedano uno sforzo per garantire al produttore la stabilità finanziaria e l’accesso al mercato, il Consorzio è disposto a pagare un prezzo ancora superiore.

Zucchero e commercio equo Il mercato equosolidale dello zucchero funziona diversamente. Oltre al prezzo contrattato direttamente con il produttore, che tiene conto di movimenti di mercato locale e internazionale e che non si posiziona mai al di sotto di un livello che garantisca al produttore la copertura di costi di produzione e un margine considerato congruo dalle parti, è pagato un fair trade premium di 20 dollari a tonnellata, che va a finanziare progetti di sviluppo, formazione e servizi a beneficio delle comunità locali. Se lo zucchero proviene da agricoltura biologica,

La collaborazione con i partner nel Sud del mondo – Coopeagri, Coopecañera, Cooperativa Manduvirà, Copropap e Mcch e Pftc – avviene in base a criteri condivisi e partecipati che non riguardano solo il pagamento di un prezzo equo, il prefinanziamento della maggior parte del valore dell’ordine, la pianificazione annuale degli acquisti e la garanzia di continuità nel tempo dei contratti. Ctm altromercato attiva anche progetti di cooperazione tecnica, proposti dagli stessi partner e mirati a migliorare le condizioni economiche, sociali e ambientali, la qualità e le tecniche di produzione. n

Quanti cucchiaini? Lo zucchero nascosto nei cibi È stato stimato che in media consumiamo più di 60 chili di zucchero all’anno. Lo zucchero si trova in quasi tutti i cibi industriali: una piccola scatola di caramelle, ad esempio, può contenerne fino a 10 cucchiaini, un bicchiere di succo d’arancia 2 e mezzo e 7 una lattina di una bibita gassata. È contenuto perfino in alimenti non dolci come le zuppe, i cereali per la prima colazione, il pane bianco, la maionese, la salsa per l’insalata, i cibi in scatola, alcuni formaggi, la birra, gli alimenti per bambini, in moltissime medicine e perfino in alcuni dentifrici! Gustando un hamburger ingeriamo il corrispettivo di 5 zollette,

che salgono a 7 nel caso di una brioche. Questi zuccheri “nascosti” costituiscono in realtà circa il 70% dello zucchero consumato: come fare a limitarli? La prima regola è quella di leggere attentamente le etichette, riducendo il consumo dei prodotti che contengono molto saccarosio, specialmente quelli che si attaccano ai denti come le caramelle gommose e il torrone. È bene moderare il consumo di snack, bevande zuccherate, marmellate e creme spalmabili e, tra i dolci, scegliere quelli che contengono meno grassi e zuccheri e più amidi come biscotti e torte non farcite.

foto 3, 4: produzione dello zucchero Mascobado. Pftc, Filippine (di Rudi Dalvai)


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 23 La politica dell’Unione Europea: dai sussidi agli Epa di Maria Moretti All’inizio del millennio il Wto (World Trade Organization) decretò la fine della Convenzione di Lomé, accordo del 1975 che aveva disciplinato i rapporti politicoeconomici e di cooperazione con i paesi Acp (Africa Caraibi e Pacifico, ovvero le ex colonie europee). Il Wto prendeva di mira in particolare i regimi doganali preferenziali riservati alle esportazioni dai paesi ex colonie ai paesi ex colonizzatori. Dopo un iniziale momento di dibattito e contestazione sul tema, l’Ue si è appiattita sulla posizione del Wto accettando di sostituire la Convenzione con degli accordi territoriali sulla falsariga del Nafta (North American Free Trade Agreement) detti Epa (Economic Partnership Agreement). L’Ue dunque creerà delle aree di libero scambio con i paesi Africani, Caraibici e del Pacifico, così come hanno fatto Usa, Canada e Messico. Questo nonostante i discutibili risultati del Nafta sul tessuto sociale ed economico messicano (impoverimento, ampliamento della forbice dei redditi, abbandono delle occupazioni tradizionali in favore di lavori precari, insalubri e malpagati nelle maquiladoras − le fabbriche − al confine tra Messico e Usa, oltre alla sempre maggiore dipendenza economica e finanziaria del Paese dal vicino statunitense). Gli Epa si stipulano con aree territoriali decise dall’Ue (solo in Africa ce ne sono 5, più Pacifico e Caraibi) o – in mancanza di accordi – con i singoli paesi. Al momento, ad esempio, esiste un Epa tra l’Ue

e il Camerun perché dopo forti contestazioni non si è raggiunta una posizione comune con i paesi dell’area Cemac (Africa Centrale). Ciò significa che il Camerun potrà esportare verso l’Europa a condizioni più favorevoli dei suoi vicini, creando competizione buona solo per chi compra nell’Unione Europea, poiché tesa a diminuire i prezzi di vendita, selezionare le colture e le produzioni più “commerciali” a detrimento di quelle più care alla tradizione locale. Non è una coincidenza che la stipula di questi accordi abbia coinciso con la decisione europea di modificare radicalmente la Pac (Politica Agricola Comune) in tema di zucchero da barbabietola. Negli ultimi 10 anni è stato incentivato l’abbandono di questo settore industriale, contando sull’approvvigionamento a prezzi modici dai paesi ex Acp. Il business di una materia prima che finisce in moltissime preparazioni alimentari industriali fa ora gola a molti, in un mercato liberalizzato da circa 15 milioni di tonnellate annue. Si è assistito nel recente passato anche all’acquisto in blocco di intere aziende nazionali di trasformazione della canna da zucchero da parte di grosse aziende europee, anche certificate fair trade, senza che i piccoli produttori di canna da zucchero vedessero aumentare i loro introiti, né il loro accesso al mercato internazionale, domini esclusivi questi delle grosse imprese che già pregustano le sacche di extraprofitto offerte dalle pressioni sui prezzi di Borsa

e i crolli orchestrati ad hoc per fare cassa nei momenti giusti. Finora il circuito del commercio equosolidale è riuscito a mantenere stabili gli acquisti di questa materia prima, contando sul protezionismo europeo come forma di calmierizzazione dei prezzi. O sia, lo zucchero da importazione costava caro, ma si sapeva sempre quanto lo si sarebbe pagato, dato che nell’Ue non entrava zucchero che costasse meno del prezzo imposto. Ad oggi la competizione creata dagli Epa, la fame relativa di questa materia prima in Europa e la possibilità per le grosse aziende di certificare fair trade un prodotto senza garantire un prezzo minimo né, in alcuni casi, un prefinanziamento adeguato, creano scenari difficili da maneggiare, che lasciano a bocca asciutta – e non è una novità – i contadini, gli unici che dipendono per la loro sopravvivenza dal duro lavoro della coltivazione della canna da zucchero. Ctm altromercato in questo scenario non vuole e non può stare a guardare. Le relazioni con i nostri partner vanno avanti sulla base della condivisione delle problematiche aperte dai nuovi assetti di mercato e della ricerca di una comune soluzione che consenta di portare avanti i valori del commercio equosolidale: il pagamento di un prezzo giusto, il prefinanziamento, la progettazione di una relazione di lungo termine e l’investimento nelle potenzialità dei nostri produttori. n


vivi solidale 24 PRODOTTI DAL MONDO Con un poco di zucchero… Tra lo zucchero bianco e quello “bruno”, cioè quello integrale di canna, ci sono tante differenze, non solo di gusto. Scoprile tutte, per scegliere il meglio. La parola “zucchero” è di etimologia araba e, prima ancora, indoeuropea. Se andiamo ancora più indietro arriviamo alla madre di tutte le lingue indoeuropee, il sanscrito, che chiamava lo zucchero carkara, una parola in cui è presente la radice del verbo “spezzettare” (in effetti lo zucchero non raffinato appare frantumato). Lo zucchero integrale La lavorazione della panela, cioè dello zucchero integrale di canna grezzo, avviene in modo artigianale, senza l’uso prodotti chimici, ed è gestita a livello familiare. La canna da zucchero viene tagliata con l’aiuto di braccianti assunti in maniera semipermanente, e portata ai trapiche, piccoli mulini a motore che estraggono meccanicamen-

te dalle canne il succo che viene avviato alla bollitura. Il succo viene poi “chiarificato” con il processo di decantazione che serve per rimuovere sia le componenti più leggere che rimangono in superficie, sia le parti più pesanti che si depositano sul fondo. Dopo una prima filtrazione, viene scaldato fino al punto critico, che gli esperti produttori individuano dal modo e dalla velocità con cui un campione della “massa cotta” solidifica quando viene immersa in un bicchiere d’acqua. Al momento giusto la massa cotta passa attraverso un canale in una vasca dove avviene la cristallizzazione per raffreddamento. La produzione non prevede l’uso di sostanze chimiche, infatti non è necessario – come lo è invece nel caso dello zucchero

bianco – eliminare la melassa, che ha delle componenti aromatiche. Lo zucchero bianco Come abbiamo accennato, lo zucchero bianco è saccarosio puro, un carboidrato semplice che viene velocemente assimilato e reso disponibile come energia (appena dopo 5 minuti). L’Organizzazione Mondiale della Sanità indica lo zucchero (bianco e raffinato) tra le probabili cause di carie, diabete e obesità e consiglia di non aggiungerlo ai cibi che già contengono carboidrati come pane, frutta, pasta e latte. Il fabbisogno umano di zuccheri secondo i nutrizionisti ammonta a circa 90 grammi totali al giorno, apportati in gran parte attraverso la normale alimentazione. Non ci sarebbe


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 25 alcun bisogno, a livello nutritivo, di assumere saccarosio, ma spesso il suo sapore neutro è necessario alla realizzazione di alcuni dolci. Lo zucchero bianco, comunque, non è da criminalizzare: un consumo molto moderato non può certo nuocere alla salute. È però importante ricordare che l’assunzione di zucchero non dipende soltanto dal cucchiaino che mettiamo nel caffè o da quel poco che assorbiamo gustando ogni tanto un dessert. Lo zucchero raffinato, infatti, è presente in moltissimi trasformati alimentari: biscotti, merendine, snack, dolci in genere, bevande analcoliche gassate e non, succhi di frutta, confetture, marmellate e persino insaccati, conserve, verdure, frutta o legumi in scatola. Gli zuccheri Altromercato Gli zuccheri Altromercato sono tanti, differenti per le loro caratteristiche e per le storie che racconLa dolcezza nella cosmesi Lo zucchero di canna di Manduvirà (Paraguay) è impiegato in moltissimi prodotti alimentari Altromercato e anche in alcuni prodotti della linea cosmetica Natyr. Lo zucchero, infatti, ha proprietà cosmetiche legate al suo potere fortemente idratante per i tessuti. Lo zucchero viene utilizzato come base idratante delicata per tutta la linea di detergenza Natyr per il corpo e i capelli e arricchirà il morbido burro scrub bio dedicato alle pelli più secche che arriverà in Bottega per Natale.

tano. Tutti sono 100% di canna da zucchero e interamente lavorati nel Sud del mondo, non raffinati, ricchi di sali minerali e aromi caratteristici. In Bottega puoi scegliere fra varie proposte. Mascobado e Dulcita sono zuccheri integrali di canna bio (sono certificati da agricoltura biologica dall’Istituto Mediterraneo di Certificazione) ottenuti con una semplice lavorazione. Il loro profilo organolettico cambia con l’origine: Dulcita − proveniente dall’Ecuador − ha un sentore di miele, mentre Mascobado − prodotto nelle Filippine − ha un retrogusto di liquirizia. Dulcita è prodotto in Ecuador dalla cooperativa Copropap (Cooperativa de Productores de Panela de El Paraiso), socia a sua volta di Mcch (Maquita Cushunchic Comercializando como Hermanos) organizzazione che lavora con il commercio equo oramai da oltre vent’anni. Mascobado, invece, è prodotto nelle Filippine da Pftc (Panay Fruits and Trading Company).

La terza proposta di zucchero bio Altromercato è Picaflor (cioè “colibrì”), uno zucchero di canna semiraffinato ottenuto senza l’ausilio di sostanze chimiche sbiancanti. È certificato bio e ha un sapore delicato, con un leggero sentore di miele. Viene prodotto in Paraguay dalla cooperativa Manduvirà, organizzazione che coinvolge 1300 famiglie di piccoli produttori. A partire da settembre, poi, in Bottega trovi anche lo zucchero Demerara proveniente da Cuba e dalle Mauritius. Qui la coltivazione della canna da zucchero è affidata a cinque cooperative di piccoli agricoltori che ricevono il premio fair trade. La canna viene poi inviata agli zuccherifici della zona dove avviene la produzione. Ad aggiungere valore al prodotto c’è il confezionamento, di cui si occupa Craft Aid, un’organizzazione che offre opportunità di lavoro a persone disabili e a soggetti in gravi difficoltà economiche. n


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Il servizio “buono”

per le grandi occasioni… di ogni giorno La nuova collezione Autunno-Inverno 2010 Altromercato porta nella tua cucina i colori e le forme dei paesi del Sud del mondo, trasformando ogni incontro attorno alla tavola in un piccolo momento di festa.


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ai presente il “servizio buono”, quello della nonna, esposto nella credenza e che nessuno poteva mai toccare? Oggi il servizio più prezioso si può usare tutti i giorni: è firmato Altromercato e porta nella tua cucina i colori e le forme dei paesi del Sud del mondo, rendendo speciale ogni occasione per cui ci si ritrova intorno alla tavola. Che sia un pranzo in famiglia o un caffè con gli amici, gli articoli per la cucina Altromercato danno un tocco di originalità che rende unica la tua casa. Colori, decorazioni e forme nascono dall’incontro tra le designer e i responsabili prodotto Altromercato e gli artigiani di piccoli gruppi che collaborano con il Consorzio e possono contare sulla consulenza di esperti per la scelta delle materie prime e il miglioramento delle tecniche produttive. Pezzi unici I decori, eseguiti principalmente a mano libera, ma anche con tecniche semplici come quella della decalcomania, rimandano ai motivi della tradizione asiatica o delle millenarie culture sudamericane. Fiori, spirali, forme geometriche arricchiscono piatti e tazze spesso realizzati completamente a mano: ciascuno quindi è un pezzo unico e non confrontabile con le produzioni industriali in serie. I colori della terra Marrone, verde e ocra declinati nelle loro tonalità più calde si uniscono al bianco e al crema, mentre guizzi di rosso e viola rompono l’unifor-

mità: la collezione autunno-inverno 2010 Altromercato propone servizi da tè e da caffè eleganti e particolari, ciascuno con un tocco di originalità inconfondibile. Non mancano le tisaniere, accessori indispensabili per chi ama gustare i sapori della natura in bevande preparate a regola d’arte. Stoviglie sicure al 100% Gli oggetti destinati all’uso alimentare devono essere totalmente sicuri. L’uso nelle materie prime di sostanze nocive per l’organismo, come il piombo e il cadmio, infatti, darebbe luogo al pericolo di trasferimento delle stesse dagli smalti agli alimenti. I prodotti Altromercato sono sicuri al 100% perché la materia prima e gli smalti vengono attentamente selezionati già dal produttore, il quale testa i prodotti anche per il mercato locale. Tutti i prodotti destinati all’uso alimentare, quindi anche gli smalti utilizzati per le stoviglie Altromercato, sono testati in Italia (i test fatti dai produttiri non sono adeguati al mercato europeo), da laboratori di certificazione per verificare che la concentrazione di sostanze nocive di cessione non superi i limiti consentiti dalla legge (DM 01/02/2007, per saperne di più: www.altromercato. it/it/prodotti/ART/certificazioni). Gli articoli per la casa della nuova collezione Altromercato sono perfetti anche come idea regalo. Nelle prossime pagine ne trovi alcuni, insieme alle storie dei loro creatori. Per scoprirli tutti, visita il sito www. altromercato.it. n

di Laura M. Bosisio

foto apertura: lavorazione al tornio, Xochipilli-Xochiquetzal, Messico (di Rudi Dalvai)


vivi solidale 28 PRODOTTI DAL MONDO Una tazzina sempre con te Chi conosce il commercio equosolidale sa che l’attenzione all’ambiente ne è un elemento irrinunciabile. Tazze da tè e da caffè, tisaniere e kit come quello nell’immagine in basso, composto da vassoietto e tazza in ceramica, sono ideali da por tare con te sul lavoro o in vacanza per evitare l’uso dei bicchieri di plastica monouso che inevitabilmente finiscono per aumentare la dose di rifiuti che produciamo ogni giorno. Le tazze e le tisaniere Altromercato sono belle, originali e resistenti e possono essere usate anche nel forno a microonde. Sono anche un’ottima idea regalo per i colleghi: insieme potrete creare un ambiente di lavoro un po’ più ecologico e sostenibile, oltre che solidale, naturalmente!

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Le tazze “Totem” in ceramica dipinta, il servizio da tè in ceramica effetto marmo e il kit composto da vassoietto e tazza sono distribuiti da Craft Link e prodotti in Vietnam dal gruppo che risiede a Bat Trang, nella periferia di Hanoi. Craft Link è un’organizzazione che collabora con molti gruppi di ar tigiani del paese asiatico. Nata nel 1996, ha come scopo quello di migliorare la situazione economica e lo standard di vita dei produttori, oltre che di valorizzare le peculiarità dei diversi gruppi etnici e rafforzare il ruolo delle donne nella società. Per far questo si

foto 1: produttrice di Craft Link, Vietnam (di Andrea Desto) foto 2: produttrice di Allpa, Perù (di Marco Costantino)

è sdoppiata in due organismi: Craft Link Development, una Ong che punta alla specializzazione dei produttori nei campi del management, della gestione dei costi, della contabilità, del design e dello sviluppo prodotti, e un braccio commerciale, Craft Link Business, che ricerca nuovi canali commerciali per i produttori di ar tigianato e fa conoscere questi ultimi al pubblico. Craft Link lavora con una cinquantina di gruppi di produttori sparsi in tutto il Vietnam coinvolgendo nelle sue attività oltre cinquemila persone, tra cui disabili che diversamente avrebbero poche oppor tunità di lavoro e di indipendenza, o anche gruppi in difficoltà come quelli che sono stati colpiti dall’”agente arancio” ai tempi della guerra, o ancora agricoltori che fuori dai tempi di semina e raccolta possono avere un secondo lavoro per migliorare lo stile di vita delle loro famiglie. I prodotti commercializzati variano dai tessili, ai mobili, alla ceramica, creati con la collaborazione di validi designer che tengono anche corsi di formazione ai produttori. Grande attenzione viene riposta nella qualità dei prodotti che vengono controllati da personale qualificato sia in fase di creazione sia prima dell’espor tazione.


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 29 Terracotta dal tetto del mondo È pensato come idea regalo anche il kit “Bosco” formato da due tazzine da caffè in terracotta smaltata nei toni del turchese e dell’acqua e da una scatola in car ta lokta nelle stesse colorazioni. È prodotto dagli artigiani di Mahaguthi, in Nepal. Mahaguthi è un’organizzazione che produce e commercializza ar tigianato nepalese, in collaborazione con l’Organizzazione Non Governativa Nepal Charkha Pracharak Gandhi Smarak. Mahaguthi fu fondata da Tulsi Mehar Shrestha sulla scor ta dell’idea gandhiana di dare reddito ai poveri attraverso la fabbricazione di kadhi (stoffa fatta a mano) e si occupa di por tare sul mercato la produzione, rendere autonomi gli ar tigiani e migliorare il loro livello di vita.

Sviluppo nel solco della tradizione La tisaniera “Segmenti” in ceramica dipinta è una proposta peruviana completamente realizzata a mano per la nuova collezione AutunnoInverno 2010. La tisaniera è stata realizzata a mano, al tornio: il risultato è la superficie non omogenea che caratterizza ogni oggetto, unico e non costruito in serie. Il decoro astratto è stato realizzato a mano libera dagli artigiani a partire da alcuni spunti dati dalla designer Altromercato. La tisaniera “Segmenti” è prodotta in Perù e distribuita da Allpa, una società di servizi che si occupa della distribuzione di prodotti realizzati da gruppi di artigiani peruviani che risiedono in varie regioni del paese. Allpa fu creata nel 1982 dall’Ipid (Instituto peruano de investigaciòn y desarollo – Istituto peruviano di ricerca e sviluppo) allo scopo di assistere le cooperative artigianali e le comunità contadine che la stessa Ipid già assisteva attra-

verso progetti di sviluppo. Ad oggi lavora con 80 gruppi di produttori che vengono coordinati dalla sede di Lima. La gamma dei prodotti è vastissima e comprende gioielleria in argento e pietre dure, bigiotteria, abbigliamento in fibra di alpaca e lama, ma il fiore all’occhiello della produzione è la ceramica, diversa nello stile e nei colori a seconda della zona di provenienza. Nel campo della ceramica, Allpa ha promosso un importante progetto per l’organizzazione degli artigiani della città di Chulucanas, conosciuta nel mondo per le sue ceramiche. Il progetto – supportato da Ctm altromercato – ha garantito l’ampliamento del laboratorio di produzione, il miglioramento della sua efficienza e il recupero di un vecchio complesso artigianale, il “Centro de desarollo artesanal Vicus”, che ora è diventato il punto di riferimento per i ceramisti del luogo. Il centro è dotato di grup-

pi elettrogeni molto potenti, forni a gas, impianto per la produzione e maturazione dell’argilla, showroom dove i ceramisti espongono i loro pezzi e spazi per i corsi di formazione. n

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Trame che scaldano l’inverno La collezione Autunno-Inverno 2010 Altromercato è ancora più ricca. In Bottega ti aspettano abiti, accessori e bijoux all’insegna di una femminilità accattivante, ma soprattutto di equità e sostenibilità, per un inverno che ha il calore dell’incontro.


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li abiti ideali per vestire il tuo inverno? Sono caldi, morbidi, leggeri e hanno una linea innovativa, nata dall’incontro tra Nord e Sud del mondo. Da anni, infatti, Ctm altromercato valorizza le capacità artigianali dei produttori suoi partner che danno a materiali pregiati ed eco-compatibili la forma di capi dallo stile contemporaneo e deciso. Un impegno che coniuga rispetto per i lavoratori, valorizzazione delle loro competenze e dei materiali tradizionalmente usati nei loro Paesi, e definizione di un look ricercato e attuale, che non passa inosservato. Uno stile inconfondibile Sostenibilità e valorizzazione di una femminilità elegante e giovane. Sono queste le linee guida attorno alle quali è stata sviluppata la nuova collezione Altromercato, fatta di abiti dalle forme morbide e poco costruite, dominate da un gioco di sovrapposizioni che rende possibile creare un look sempre diverso e originale, adatto a qualsiasi occasione, dalle uscite con gli amici agli appuntamenti più formali. Morbidezza e luce I colori opachi, dal malva al grigio, e i bagliori metallici del bronzo e dell’argento donano una luce morbida e sensuale a miniabiti e sottovesti di raso, camicie in cotone e seta e alla nuova linea di sottogiacca e cardigan in jersey di cotone organico. Non mancano, poi, poncho, giacche, cappot-

Dicembre 2008

tini e maglie in lana e alpaca, da abbinare a gonne in lana e cotone. Per completare il look ecco guanti, cappelli e borse per tutti i gusti e le occasioni. Dal coordinato “Paris” in leggerissima alpaca, in versione nera classica ed elegante, alle proposte con lavorazione traforata e fili di lurex. Seta pregiata e cotone impreziosito da ricami e altre lavorazioni artigianali diventano stole e sciarpe per regalare un tocco in più. La collezione Autunno-Inverno 2010 Altromercato coniuga eleganza, innovazione, solidarietà ed eco-compatibilità, racchiudendo in ogni capo tutto il valore di un articolo fatto a mano, con cura e attenzione artigianale. Ritorno al passato Tra le novità di questa stagione ci sono le maglie kimono e le sciarpe in fibra di banano, una fibra tessile di alta qualità conosciuta in Giappone già prima del Tredicesimo secolo. Gli scarti della lavorazione della pianta vengono in primo luogo bolliti in liscivia poi divisi a seconda del loro grado di durezza. Le fibre esterne, più rigide, vengono usate per tessuti meno raffinati come quelli delle tovaglie, mentre le fibre più interne, più morbide, per tessuti pregiati come quelli con cui vengono confezionati i kimono o le sciarpe traforate. Morbidi e leggeri, questi capi si prestano a molteplici abbinamenti e sovrapposizioni per accompagnare i mesi autunnali e invernali. Gli abiti in fibra di banano sono prodotti in Nepal, dagli artigiani di Kumbershwar

di Stefano Loderi


vivi solidale 32 PRODOTTI DAL MONDO Technical School, un’organizzazione orientata spiccatamente al sociale e ha lo scopo di migliorare la situazione delle persone più povere del Paese attraverso l’istruzione e la conquista di un lavoro dignitoso (ne parliamo nel box in basso). 2ndlife per i tessuti Gonne tradizionali thailandesi riciclate diventano borse e accessori coloratissimi e unici. Ecco un’altra novità della collezione Autunno-Inverno 2010 Altromercato, sempre all’insegna dell’originalità e della eco-compatibilità, con in più il valore della

lavorazione artigianale. Le gonne tradizionali del gruppo Hmong vengono acquistate sul mercato e trasformate dalle artigiane tailandesi di Thai Tribal Craft (Ttc, un’organizzazione nata nel 1973 che si rivolge ai gruppi tribali, la parte più dimenticata ed emarginata della società. Trovi un approfondimento nel box di pagina 31) in nuovi prodotti dal gusto etnico e allo stesso tempo contemporaneo. Borse, beauty, bustine, portamonete e portacellulare: ciascuno è un pezzo unico, rivestito di colori accesi per scaldare l’inverno con un pizzico di Oriente. n

Kumbershwar Technical School (Kts) Emanciparsi dalla povertà attraverso l’istruzione e la formazione. Kumbeshwar Technical School nasce nel 1983 in Nepal con un programma di aiuto alla comunità Pode, cioè la casta più bassa della struttura sociale. Inizialmente si concentra sui bambini, offrendo loro docce, abiti puliti, un’integrazione alimentare e un luogo sicuro in cui giocare. Successivamente vengono organizzate classi per tutta la comunità, coinvolgendo giovani e meno giovani nell’apprendimento scolastico di base, nella formazione professionale alla produzione di tappeti e in seguito alla falegnameria e alla lavorazione a maglia. I primi contatti con il circuito del commercio equo europeo si hanno nel 1989. Dal 1998 Kts collabora con Ctm altromercato che importa abbigliamento in lana e fibra di banano e tappeti. L’organizzazione non ha perso, inoltre, la sua vocazione all’aiuto verso i più fragili: ha ancora come obiettivi primari quelli di fornire alloggio ed educazione ai bambini della comunità provenienti da famiglie a basso reddito, formare le donne e i giovani e a garantire loro sbocchi occupazionali, creare e sostenere programmi che generino beneficio ai gruppi più poveri, rafforzare la comunità locale.

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foto 1: artigiane di Kts, Nepal (di Rudi Dalvai)

Per scoprire tutto sulla nuova collezione Autunno-Inverno 2010, visita il sito www.altromercato.it


vivi solidale PRODOTTI DAL MONDO 33 Thai Tribal Craft (Ttc) In Thailandia vivono numerosi gruppi tribali. Molti di loro, in particolare le cosiddette hill tribes, cioè “tribù montane” abitanti nel nord del Paese, sono rimaste escluse dai benefici dello sviluppo economico trainato da turismo e industria. Thai Tribal Craft – un’organizzazione legata alla Chiesa Battista – nasce nel 1973 proprio per promuovere l’autosviluppo delle popolazioni tribali attraverso la produzione e commercializzazione dei loro manufatti tipici. Il ruolo di Ttc è legato principalmente al marketing e si concentra in particolare nell’individuazione di nuovi mercati e nell’adattamento dei prodotti (borse con tessuti realizzati al telaio, cesteria, tessili, biglietti d’auguri, strumenti musicali) al mercato occidentale, in modo da assicurare guadagni adeguati ai produttori.

Bigiotteria: etnico ma con stile

I colori della natura e lo scintillio dei metalli animano la bigiotteria della colleziona Autunno-Inverno Altromercato, per arricchire il tuo look con un tocco caldo e personale. Orecchini in cocco e legno. Sono prodotti in Indonesia dagli artigiani di Mitra Bali, un’organizzazione fondata da Agung Alit (che è stato recentemente in visita alle Botteghe, ne parliamo a pagina 4 e 5) per liberare i piccoli artigiani balinesi dallo sfruttamento dando loro un accesso diretto al mercato, migliorando la loro capacità produttiva e il loro stile di vita.

Viene dall’Indonesia anche il semplice bracciale in legno prodotto dagli artigiani di Pekerti, una rete di cooperative e microimprese sostenute da un’organizzazione centrale che coordina il lavoro e offre sostegno attraverso lo sviluppo dei prodotti, la ricerca di canali di vendita e una serie di servizi di carattere sociale come corsi di formazione, servizi sanitari e borse di studio scolastiche.

Collana e orecchini in tagua prodotti in Ecuador da Camari. Camari, che nella lingua andina quechua significa “dono” è una rete di economia solidale che permette ai piccoli produttori isolati di avere un accesso al mercato e un giusto guadagno per il proprio lavoro. Camari offre ai soci servizi come microcredito, formazione professionale, assistenza tecnica per l’esportazione.


vivi solidale 34 CUCINA SOLIDALE

Dulcis in fundo… Caffè che racchiudono la morbidezza del gelato, torte profumate, cocktail freschissimi: scopri i peccati di gola a cui proprio non si può resistere. Sette idee dolcissime per scoprire tutto il gusto di zucchero e caffè “corretti”. I prodotti contrassegnati da asterisco (*) sono prodotti Altromercato in vendita in Bottega. Sul sito www.ilcircolodelcibo.it

trovi tante altre ricette da provare, dai classici come il tiramisù al caffè o la torta di mele preparata con zucchero Picaflor, alle proposte più originali.

Kutsinta (dolcetti al Mascobado) Ingredienti per 4-6 persone - 125 g di farina di riso - 500 g di zucchero di canna integrale Mascobado* - 750 ml d’acqua

- 1 cucchiaino di carbonato di potassio (lievito) - cocco grattugiato (meglio se fresco)

Preparazione Mescola tutti gli ingredienti con l’aiuto di un frullatore.Versa il composto in 4 o 6 stampi da muffin imburrati riempiendoli fino alla metà circa. In una casseruola larga, versa 3-4 cm d’acqua e immergi gli stampini. Cuoci a fuoco dolce a bagno maria per 30 minuti. Per verificare la cottura inserisci uno stuzzicadenti. Quando uscirà pulito i dolcetti saranno pronti. Scodellali e servili freddi con un’abbondante grattugiata di cocco.

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Dolci di banane al caffè Ingredienti per 4-6 persone - 4 banane mature* - 40 g di burro - 150 g di zucchero Dulcita* - 1 cucchiaio di farina

- 1 cucchiaio di miele* - 1 bicchiere di caffè ristretto* - 2 bicchieri di latte - 1 cucchiaino di cannella in polvere

- Olio di oliva* - Sale

Preparazione Sbuccia le banane e affettale a rondelle abbastanza spesse. Friggile nell’olio ben caldo finché non saranno dorate (per 3-4 minuti). Disponile su carta da cucina per eliminare l’olio in eccesso e conservale in caldo. A parte, spolvera la farina sul latte e aggiungi lo zucchero, il miele e

il burro in fiocchi. Diluisci con il caffè e aggiungi un pizzico di sale. Addensa la salsa sulla fiamma, mescolando delicatamente con una frusta. Disponi le banane dorate su un vassoio e coprile con la salsa. Spolvera con la cannella e servi subito.


vivi solidale CUCINA SOLIDALE 35 Cocktail dei Carabi con rum e lime Ingredienti - 17 cl di rum bianco - 2 cucchiai di succo di lime - 2 cucchiai di zucchero di canna Dulcita* Preparazione Sciogli lo zucchero in poca acqua calda, mescolalo al succo di lime e al rum. Completa con molto ghiacchio e servi freddo. 2

Torta veloce al caffè (da “I segreti del caffè” a cura di Paola Costanzo, Edizioni Sonda) Ingredienti per 4-6 persone

Preparazione

- 2 cucchiai di caffè solubile* - 50 g di burro - 100 g di zucchero Picaflor o Demerara* - 1 uovo - 120 g di farina - 70 g di zucchero Dulcita* - 1 bicchierino di brandy - 1 bicchiere scarso di latte tiepido - 1 cucchiaino di lievito in polvere - 1 pizzico di vaniglia in polvere* - 1/2 cucchiaino di cannella in polvere* - 30 g di burro fuso - 1 presa di sale - burro per ungere la teglia

In una ciotola sbatti con la frusta il burro con lo zucchero fino a ottenere una crema ben montata e spumosa. Aggiungi l’uovo intero e continua a sbattere il composto per altri 5 minuti. Incorpora il caffè solubile e poi, poco alla volta, la farina, il sale e la vaniglia, continuando a mescolare. Fai sciogliere nel latte tiepido il lievito e versalo nel composto e continuando a mescolare incorpora anche il brandy. Imburra una teglia del diametro di 22 cm e versa il composto. Accendi il forno a 180°, poi, in una ciotola mescola lo zucchero bruno con la cannella in polvere e spolverizzali sulla superficie della torta su cui distribuirai uniformemente anche il burro fuso. Inforna la torta per 40 minuti. Lasciala raffreddare prima di servirla accompagnandola con della panna liquida.

foto apertura: Flickr cc Six Revisions foto 1: Flickr cc George Parrilla foto 2, 3: Credits Fotolia


vivi solidale 36 CUCINA SOLIDALE Caffè Caribe (crema di vaniglia al caffè) (da “I segreti del caffè” a cura di Paola Costanzo, Edizioni Sonda) Ingredienti per 4-6 persone

Preparazione Mescola in un mixer le 2 tazze di caffè freddo con le palline di gelato e servi in coppette raffreddate in frigo e decorate con fette di banana.

- 2 tazze di caffè freddo* - 1 banana tagliata a fettine* - 5 palline di gelato alla vaniglia

Biscottini al caffè (da “I segreti del caffè” a cura di Paola Costanzo, Edizioni Sonda) Ingredienti per 8 persone - 550 g di farina - 180 g di burro - 220 g di zucchero Picaflor o Demerara* - 10 g di lievito per dolci - 4 tuorli - 1 tazza di caffè molto forte freddo* - 1 cucchiaino di caffè solubile sciolto in un po’ di acqua* - 1 presa di cannella* - burro per ungere la placca Preparazione

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Versa la farina in una terrina, aggiungi il lievito, mescola e poi disponi la farina a fontana.Versa al centro lo zucchero, il burro a pezzettini, la cannella, il caffè solubile e i tuorli. Aiutandoti con un cucchiaio di legno impasta velocemente tutti gli ingredienti in modo da ottenere un impasto liscio e omogeneo. Dividi l’impasto in sei parti e forma con ciascuna di esse 2 lunghi cilindri di circa 3 centimetri di diametro. Accendi il forno a 180°, poi schiaccia leggermente i cilindri con il palmo della mano, quindi ritaglia con un coltellino tanti biscottini, ponili su una placca imburrata e infornali per circa 20 minuti. Appena i biscottini avranno assunto un colore bruno scuro levali dal forno, lasciali raffreddare e poi staccali con una spatola.

Crema al caffè e caramello Ingredienti per 6 persone 1 cucchiaio di farina 3 cucchiai di zucchero Dulcita* 30g di burro

250 cl di latte 1 cucchiaio di caffè solubile Uciri*

Preparazione Mescola la farina e lo zucchero in una zuppiera e aggiungi 3 cucchiai di latte, fino a formare una pastella fluida. Porta a ebollizione il restante latte e il caffè e versali sull’impasto mescolando continuamente. Rimetti il tutto nella casseruola e porta a ebollizione nuo-

vamente, continuando a mescolare senza interruzione. Dopo aver tolto dal fuoco, aggiungi il burro e mescola finchè non si sarà sciolto amalgamandosi bene. Servi la salsa calda insieme a budini o gelato.


vivi solidale BIBLIOTEQUA 37

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n questo numero di altromagazine abbiamo deciso di dedicare uno spazio a una importante realtà dell’informazione. Nigrizia ogni mese accende i riflettori su un continente guardato superficialmente, quando non addirittura dimenticato, raccontando storie e opinioni controcorrente.

Pagine e frequenze per aprire la mente

Nigrizia 128 anni di pubblicazioni ininterrotte, tra continuità e fedeltà al presente.

Per abbonamenti Info: tel. 045 8092290 fax 045 8092291 abbonamenti@nigrizia.it www.nigrizia.it

Edita dai missionari comboniani, Nigrizia è la più autorevole rivista mensile italiana sull’Africa. Nata nel gennaio 1883 per dare notizia della vita delle missioni in Sudan e delle popolazioni che lo abitavano, Nigrizia, con il passare degli anni, ha iniziato a presentare il continente africano anche nella sua realtà sociopolitica, economica, culturale e religiosa. Negli anni Novanta, dopo essere diventata punto di riferimento di numerosi network della società civile, ha accentuato l’interesse per le problematiche economiche: la globalizzazione vista dal Sud del mondo. Sul fronte italiano si moltiplicano le occasioni d’intervento: cooperazione, focus sul fenomeno

dell’immigrazione, lancio e partecipazione a campagne di opinione e azione di sostegno. Nigrizia si rivolge a un pubblico propositivo che privilegia l’approfondimento critico, la chiarezza espositiva, l’indipendenza giornalistica e la completezza dell’informazione. Nigrizia.it Nel 1995 Nigrizia pubblica una versione online, diventando una delle prime riviste italiane ad avere un sito internet. Il sito si afferma oggi come una vera e propria agenzia di informazione sull’Africa, punto di riferimento per giornalisti e professionisti.

Afriradio: l’Africa corre nel web

Afriradio è una web radio interamente concentrata sull’Africa, in streaming 24 ore su 24 (su www. afriradio.it) con una playlist musicale continuamente aggiornata, spazi di informazione e intrattenimento di qualità. È un mezzo per scoprire le mille facce del continente o per approfondirne la conoscenza,

infatti, è costruita attorno all’Africa anche attraverso la partecipazione degli africani in Italia, coinvolti direttamente nel progetto redazionale. In questo senso è una radio giovane, nata per sovvertire gli stereotipi che vogliono il continente sinonimo di fame, malattie, guerre e miseria, proponendo invece un’im-

magine che rifletta la poliedricità di un territorio vasto ed estremamente variegato. Afriradio è uno strumento di incontro e condivisione di culture, un megafono per chi crede in una società in cui vengano promossi valori umani ed evangelici quali la solidarietà, l’accoglienza, il dialogo interculturale, l’incontro interetnico e il rispetto per le diverse tradizioni e fedi religiose. Afriradio è un progetto dei missionari comboniani di Verona e dello storico mensile Nigrizia. Una vera e propria rivoluzione nella comunicazione comboniana sull’Africa.

a cura di Elisa Salvi


vivi solidale 38 BIBLIOTEQUA Anatomia della fame Ogni giorno nel mondo un miliardo di uomini, donne e bambini hanno fame. Come si giustificano nel Ventunesimo secolo le carestie e la cronica penuria di cibo? Questo libro risponde a una domanda che è sulla bocca di tutti, raccontando i meccanismi globali e locali che affamano il Sud del mondo: gli appetiti dei governi e delle multinazionali, le guerre, le malattie. E propone,

per sfamare la terra, di ripartire dalla sovranità alimentare e dalla promozione di un “rinascimento” contadino. Vittorio Rinaldi, antropologo, già docente nelle università di Verona, Milano Bicocca e Firenze, è esper to di cooperazione internazionale e sicurezza alimentare. È tra i curatori della campagna “D(i)ritto al cibo” di Altromercato.

Vittorio Rinaldi (Altreconomia, 2010, 192 pp, 16,50 €)

Assaggiando il Mondo

A cura di UCODEP Illustrazioni di Mook Design (Sinnos, plurilingue, 2010, 48 pp, 12 €)

Un libro pensato per i bimbi, per accompagnarli alla scoper ta degli alimenti e delle ricette di tanti paesi diversi. Un invito alla conoscenza per stimolare l’integrazione reciproca attraverso il piacere del cibo. Seguiremo il viaggio di Cosimira, la talpa curiosa e golosa, in esplorazione sotto le terre emerse di tutti i continenti, alla ricerca di nuovi posti e costumi differenti. Coloratissimo e

diver tente, il libro raccoglie racconti sull’origine di alcuni prodotti e ricette provenienti da tanti paesi diversi, ma è anche uno strumento per coinvolgere in prima persona i bambini immigrati: per creare uno scambio di conoscenze ed esperienze a par tire dai più piccoli, per rompere quei confini invisibili che spesso vi sono tra immigrati e cittadini italiani.

Ho la certezza che potrà esserci un mondo diverso da quello che abbiamo, un mondo che tocca a noi costruire. (Alex Zanotelli)


vivi EQUOANCH’IO solidale 39

Che Bio ce la mandi buona! Tutto quello che avreste voluto sapere, ma non avete mai osato chiedere, sulla bevanda più amata dagli italiani.

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i entra nel bar, si cerca il giornale sul tavolino e si ordina: “Un caffè!” Caffè! Poche parole sono così quotidiane come “caffè”. Perché il caffè è un piacere universale che unisce etnie, classi, sessi e culture. Eppure dietro la tazzina di caffè c’è un mondo che appena sfiorato trasforma l’elisir del buongiorno in una cicuta che avvelena le coscienze. Perché? Perché la verità è che, al barista, invece di chiedere: “Un caffè!” Dovremmo chiedere: “Scusi mi dà una tazza di quella bevanda nera che affama i contadini che la producono e arricchisce le multinazionali che ce la vendono?” “Scusi?”, direbbe il barista. “Volevo un caffè corretto!”

“Corretto grappa, brandy?” “No: veramente corretto! Nel senso etico del termine!” “Non capisco!” “Corretto nel senso di non scorretto!” “Non capisco!” “Lo so, mi dia una camomilla! Se no m’incazzo!”

queste (Nestlé, Procter & Gamble, Kraft, Sara Lee, Starbuks e Tchibo) consumano il 60% di tutti i chicchi del mondo e decidono i prezzi, costringendo i coltivatori a vendere il loro prodotto sottocosto. Di loro non c’è traccia nelle pubblicità ambientate in Paradiso: loro vivono all’inferno.

Questa è la realtà, pochi sanno cosa c’è dietro quel liquido magico che ha nomi esotici: arabica, robusta, liberica, excelsa. Perché il caffè per noi è l’immagine del benessere, di una pausa piacevole, di una chiacchierata tra amici. Non di soprusi, sudore e miseria. Pochi sanno che attualmente 20 grandi multinazionali controllano l’intero mercato del caffè e 6 di

Ma da dove ha avuto origine tutto? La leggenda vuole che la pianta del caffè sia stata scoperta da un pastore. Si rese conto che le sue capre brucando certi arbusti modificavano il loro comportamento: erano molto attive e la notte dormivano meno. Viene da chiedersi: ma una capra che soffre d’insonnia per colpa del caffè, per addormentarsi, conta le pecore?

di Diego Parassole

foto apertura: Emiliano Boga


vivi solidale 40 EQUOANCH’IO I consumisti mangiano i bambini! Diego Parassole è attore teatrale e presenza fissa in varie trasmissioni televisive tra cui Zelig e Ballarò. La sua comicità in grado di miscelare risate e informazioni, battute e cronaca, realtà e finzione, riesce a far riflettere lo spettatore con leggerezza anche su temi seri. È autore di “Che Bio ce la mandi buona”, spettacolo brillante attualmente in tour incentrato sulle tematiche dell’ambiente e dell’ecologia trattate in modo divertente, popolare e per certi versi anche scientifico. Lo spettacolo apre un ventaglio di argomenti che riguardano l’ecologia del quotidiano: perché continuiamo a bere l’acqua minerale? Perché il packaging dei prodotti di largo consumo è così esasperato? Perché lo smaltimento dei rifiuti non funziona? Perché siamo così consumisti da arrivare a buttare prodotti ancora funzionanti? Perchè sprechiamo energia? Ma soprattutto, quali sono le possibili soluzioni? Sull’onda della consapevolezza, ma anche delle risate, a febbraio 2011 debutterà a Milano, al Teatro della Cooperativa di via Hermada 8, “I consumisti mangiano i bambini”, uno spettacolo scritto da Riccaro Piferi e dallo stesso Diego Parassole per la regia di Marco Rampolli. Un titolo esagerato? Forse, ma non troppo! Certo, è una provocazione: i consumisti non mangiano i bambini… però tutti da tempo stiamo mangiando il loro futuro. Il monologo di Parassole pone domande su quello che potrebbe essere il nostro avvenire, che dipenderà molto dalle scelte che faremo, proponendoci una riflessione col sorriso sulle labbra.

Da quell’ovile al caffè liofilizzato, la bacca, originaria dell’Africa, ha fatto un bel po’ di strada. Non sempre fu apprezzato: in Italia la Chiesa lo combatteva, bollandolo come la “bevanda del diavolo” (e ancora non era commercializzato dalla Nestlé!). Finalmente, papa Clemente Ottavo, attorno al 1600, decise di assaggiarlo: gli piacque a tal punto che da bevanda del diavolo diventò bevanda cristiana. Ed ecco spiegate le pubblicità tra le nuvole! Nel mondo mussulmano, invece, ebbe subito grande successo perché valida alternativa all’alcol che – si sa – è proibito. C’è da dire, però, che anche in Occidente, il caffè è più socialmente accettato dell’alcol: in nessuna azienda ad esempio esiste una “pausa bianchino”. Grandi estimatori del caffè erano gli intellettuali del XVII secolo (mentre Hitler lo odiava, per fortuna!). Voltaire – padre dell’Illuminismo – si vantava di bere fino a 50 tazze di caffè al giorno. Ma non perdeva mai la pazienza. Al contrario. Un giorno davanti a buon caffè espresse uno

dei pensieri base della democrazia moderna. Rivolgendosi a Diderot, che aveva rifiutato l’offerta di un caffè a favore di un tè, disse: “Non condivido le tue idee ma sono disposto a combattere per difenderle!” E persino molte delle idee della Rivoluzione francese sono nate nei caffè parigini. Insomma, dalla storia si evince che il caffè è sempre stato una bevanda progressista, caratteristica che si è un po’ persa con il passare dei secoli. Oggi le multinazionali cercano di trasformarlo in un prodotto sempre più industriale, abbassando la qualità e studiando un caffè Ogm in cui le bacche maturino tutte insieme. Magari in futuro si arriverà addirittura a un caffè Ogm, in cui sulla pianta, al posto delle bacche, crescano direttamente… le cialde. Mai come oggi, quindi, è opportuno tornare alle vecchie tradizioni e trasformare il caffè nella bevanda della giustizia. Facciamolo scegliendo un caffè equo solidale e bio. Un caffè… per dormire sonni tranquilli! n

Per saperne di più La fine del cibo di Paul Roberts (ed. Codice, 2009, 459 pp, 28 €) I padroni del cibo di Raj Patel (ed. Feltrinelli, 2008, 286 pp, 16 €) Un piano per salvare il pianeta di Nicholas Stern (ed. Feltrinelli, 2009, 272 pp, 16 €) Confessioni di un eco-peccatore di Fred Pearce (ed. Ambinete, 2009, 352 pp, 22 €)


così INlontano così vicino DIRETTA DAL SUD DEL MONDO 41

Una sola voce contro la guerra e lo sfruttamento Il Guatemala ha vissuto oltre trent’anni di guerra civile che ha visto decimata la popolazione di origine indigena. Ma in quegli anni terribili si è accesa una luce di speranza, che brilla ancora oggi.

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guerriglieri sparavano sui villaggi dalle montagne, poi scendevano ed entravano nelle case. Quando i soldati dell’esercito arrivavano, invece di inseguirli, uccidevano la gente comune. Chiunque era considerato una spia, da una parte o dall’altra; chiunque poteva essere catturato, ucciso o torturato senza motivo. O forse un motivo c’era: quello di essere di discendenza indigena. A raccontare questa storia è Raimundo Balthasar, un ragazzo che vive a Chajul, in Guatemala, un villaggio posto proprio sulla linea del fronte della terribile guerra civile che insanguinò il paese tra il 1962 e il 1996 e causò oltre 200.000 vittime. A originarla fu un colpo di stato che rovesciò un governo democraticamente eletto che aveva avviato una riforma agraria. Nei primi anni a essere

perseguitati furono soprattutto studenti, intellettuali e dissidenti, ma in seguito gli attacchi furono diretti – con la scusa di combattere la guerriglia marxista – soprattutto alla popolazione maya-ixil: solo nel dipartimento di Quichè, in cui si trova Chajul, avvennero 344 dei 669 massacri registrati durante gli anni del conflitto. Fu di origine maya-ixil oltre l’83% delle vittime: una vera e propria pulizia etnica. La guerra finì nel 1996, ma gli accordi di pace non hanno portato giustizia. Assassini e torturatori non sono stati puniti, al contrario, siedono ancora ai posti di comando, loro o i loro figli. Nello scenario di desolazione che furono gli anni Ottanta, c’era una luce di speranza che brilla ancora oggi. Nel 1988, padre Rosolino, un sacerdote italiano che viveva

nel vicino paese di Nebaj, decise di trasferirsi a Chajul dopo l’uccisione del precedente parroco. Lì, sulle ceneri di una cooperativa di credito e risparmio fondata negli anni Settanta ma spazzata via dalla guerra civile, fondò l’Associazione Chajulense Va’l Vaq Quyol (cioè “una sola voce”) che oggi unisce 48 comunità in-

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di Luca Palagi

foto apertura: ciliegie di caffè (Flickr cc Jake Liefer) foto 1: la chiesa di Chajul, Guatemala (di Leone De Vita)


così lontano così vicino 42 IN DIRETTA DAL SUD DEL MONDO

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digene per un totale di 25.000 persone. La cooperativa nacque con l’obiettivo di promuovere il miglioramento delle condizioni di vita della locale popolazione maya-ixil anche con l’aiuto del circuito del commercio equosolidale. Fu ripresa la coltivazione del caffè, presente nella regione da oltre duecento anni, soprattutto in zone tra i 1200 e i 1330 metri di altitudine, e venne costruito un centro di lavorazione per trasformare il caffè, di qualità arabica al 100%, considerato tra i migliori al mondo e coltivato secondo i metodi tradizionali, che rispettano la biodiversità. Con la fine della guerra molte persone tornarono alle loro terre e l’associazione sentì l’esigenza di ampliare e ristrutturare

la sede e di sostenere le attività produttive locali. Furono così realizzati – tra le altre infrastrutture – un laboratorio tessile, una falegnameria, una farmacia comunitaria e un centro di studio per la conservazione della cultura Ixil. Anche Ctm altromercato ha contribuito, con fondi propri e promuovendo progetti presso enti locali come la Provincia di Bolzano, all’attuazione di diversi progetti per aiutare la popolazione a ricominciare dopo la guerra, con una particolare attenzione alle donne della comunità. Oggi Ctm altromercato importa dall’associazione il caffè bio 100% arabica che utilizza per le miscele bio, bio deka, classica e per l’espresso bar in grani: il gusto della libertà contro ogni tipo di sfruttamento. n

Una ricchezza da tramandare Il Guatemala ha una ricchezza unica: è l’unico stato dell’America Centrale dove gli indios, discendenti dagli antichi Maya, rappresentano la maggioranza della popolazione, circa il 65%. Sono divisi in 22 etnie che hanno conservato cultura e tradizioni originali. Nel Paese, comunque, la lingua ufficiale rimane lo spagnolo e la religione più seguita è il cattolicesimo. 3

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Il Guatemala ha un’economia agricola povera, legata essenzialmente all’esportazione di caffè, banane, canna da zucchero, cotone, tabacco e cacao. Granturco, riso e fagioli sono coltivati per consumo interno. Per la bellezza del paesaggio, le vestigia storiche e la cultura indigena, fin dagli anni Settanta, il Guatemala ha attirato turisti e viaggiatori. Purtroppo però lo sviluppo di questo settore è sempre stato ostacolato dalle insufficienti condizioni di sicurezza interna. Infatti fin dall’indipendenza nel 1821 la politica è stata caratterizzata da una continua rivalità tra forze di destra e di sinistra, fino a sfociare nella lunga e cruenta guerra civile di cui abbiamo raccontato. Innumerevoli furono le violazioni dei diritti umani e le popolazioni indigene in particolare ne furono colpite. Nel 1996 furono firmati gli accordi di pace tra il governo e la guerriglia. Oggi il paese sta lottando per rendere la sua società più giusta e inclusiva.

foto 2: selezione manuale del caffè verde, Chajul, Guatemala (di Chiara Remundos) foto 3: produttori di caffè, Chajul, Guatemala (di Luca Palagi) foto 4: caffè posto a seccare, Chajul, Guatemala (di Leone De Vita)


così INlontano così vicino DIRETTA DAL SUD DEL MONDO 43

Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare Un viaggio tra passato e presente, tra storia e attualità, tra Messico e Guatemala, alla scoperta di paesi affascinanti e di tanti gruppi di produttori del commercio equosolidale.

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l nostro punto di partenza è il Messico: di fronte alla maestosità dei templi e delle foreste che li circondano la mente si perde a immaginare la vita del popolo Maya, i colori originali degli edifici, i sacerdoti della comunità nella celebrazione dei riti, le donne maestre nell’arte della tessitura e della preparazione del mais. Maya-uomini di mais: secondo la mitologia descritta nel Popol Vuh, il “libro della comunità”, gli uomini furono creati dagli antenati divini con le pannocchie di mais giallo e bianco. Di qui la sacralità di questo prodotto che ci accompagnerà per tutto il viaggio.

Dopo aver immaginato la vita del passato ci ritroviamo a Naha, insieme a Lacanà una delle ultime comunità in cui i circa 500 lacandoni che vivevano dispersi nella foresta si sono raccolti per preservare le tradizioni del popolo Maya. Condividiamo con loro due giornate con una guida d’ec-

cezione, Victor, 10 anni, che ci porta alla scoperta della laguna di Naha, e ci ritroviamo a vivere un rito tradizionale nella Casa degli Dei, la capanna-tempio luogo di culto del villaggio. La sera siamo a cena nella casa di una famiglia della comunità: in un’atmosfera di calore condividiamo tortillas, fagioli, guacamole e racconti. Il giorno dopo visitiamo la nostra prima milpa, un appezzamento di terreno strappato alla foresta attraverso il fuoco, che rappresenta un esempio unico di biodiversità, in cui vengono coltivate almeno tre specie di vegetali – di norma mais, fagioli e zucche – ma spesso molte di più. Prima di trasferirci in Guatemala facciamo tappa anche nell’altro villaggio dei lacandoni, Lacanà, ma giunge presto il momento di salutare il Messico: attraversiamo il Rio Usumacinta in lancia e veniamo accolti dai nostri amici guatemaltechi di Aj Quen: conosciamo Victor, Marvin e Adolfo che saranno nostri ac-

compagnatori, autisti, compagni di viaggio in Guatemala. Il nostro impatto con il Guatemala parte da un sito Maya di straordinaria bellezza: Tikal, immerso nella foresta come tutti gli altri siti Maya che abbiamo visitato in Messico. Non c’è differenza di paesaggio in questa parte di Guatemala dal Chiapas appena lasciato. La ceiba, albero di dimensioni impressionanti sacro per il popolo Maya e uno dei sette simboli del Guatemala, e i pali mulati, alberi altissimi e dal fusto lucido e rossastro, ci accolgono nel parco di Tikal dove alloggiamo. Qui chiudiamo il nostro percorso nella storia e ci addentriamo nel Guatemala odierno, nella quotidianità degli indios di oggi fatta di mercati, tessuti, mais, caffè. Inizia il viaggio presso i produttori di commercio equo e solidale, nostri partner in questo tentativo di cambiare le regole del gioco economico mondiale.

di Claudio Brigadoi, Michela Burattini, Luca Sarnacchiaro

foto apertura: cielo messicano (Flickr cc Oliver Alex)


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Il viaggio in auto dura quasi due giorni: da Tikal ci spostiamo verso sud, attraversiamo una regione pianeggiante per poi addentrarci nel montuoso dipartimento Alta Verapaz dove ci fermiamo a Coban, centro famoso anche per le sue splendide orchidee: la rara monja blanca è un altro dei sette simboli del Guatemala. L’indomani attraversiamo città del Guatemala. Anche solo con uno sguardo rapido ci rendiamo conto di alcuni aspetti della grande città: bambini di strada ai semafori, periferie

foto1: lago Atitlan, Guatemala (di Rossella Franchi)

piene di baracche, case di benestanti circondate da alte mura o filo spinato, traffico intenso, cielo tendente al grigio. La nostra meta, però, è il dipartimento di Chimaltenango, sugli altipiani a 1700 metri di altitudine. Qui c’è la sede di Aj Quen. Veniamo subito invitati a visitare la tienda per la vendita diretta al pubblico che è di nuova costruzione e una struttura di accoglienza che dispone di diverse camere e una cucina comune.

versate anche da una processione in cui, assieme alle immagini sacre portate in spalla dagli uomini, sfilano gruppi di donne e di uomini con abiti tradizionali, esplodono petardi che sembrano bombe e sfila persino una marimba, strumento musicale di grandi dimensioni che può essere suonato anche da 6 persone contemporaneamente: è il terzo simbolo del Guatemala che incrociamo sul nostro cammino.

Aj Quen, che in lingua maya kaqchiquel significa “il tessitore”, ha festeggiato nel 2009 il suo ventennale. È un’organizzazione che conta oltre 26 gruppi di base per un totale di oltre 800 artigiani, anzi artigiane in quanto il 90% degli aderenti sono donne spesso rimaste vedove a causa delle violenze del regime nei 30 anni di guerra civile. I gruppi di base sono dislocati in vari dipartimenti dall’Alta Verapaz, a Chicastenango e a Sololà. Aj Quen ha come obiettivo principale l’inclusione economica e sociale dei gruppi di artigiani e artigiane. Offre formazione tecnica e strumenti di lavoro adeguati, formazione culturale, interculturale ed ecologista.

Nel pomeriggio ci trasferiamo a Chajul nel dipartimento del Quichè, in montagna. Siamo a 2000 metri di altitudine, dove viene coltivato il famoso caffè guatemalteco. Qui abbiamo appuntamento con Miguel dell’associazione chajulense Va’l Vaq Quyol (ne parliamo nell’articolo precedente). Veniamo accompagnati a visitare un produttore e scopriamo tutto il percorso del caffè dalla pianta con i suoi frutti rossi al cosiddetto “oro”, il chicco da esportazione. Visitiamo anche il centro di trasformazione e in questo contesto sembra di fare un salto nel tempo: fuori muli e persone che trainano carichi di ogni tipo, dentro moderni macchinari per la pulizia, la selezione, l’analisi del chicco di caffè. Tutto il percorso del caffè il lavoro è svolto da uomini, dalla terra fino alla gestione dei macchinari, ma nell’ultima fase, prima della preparazione del sacco per l’esportazione, il processo manuale di verifica della qualità del chicco è svolto da gruppi di donne: sono loro che garantiscono la qualità finale.

La sera stessa, dopo aver visitato una comunità di donne che collaborano con Aj Quen, ci trasferiamo a Chichicastenango e visitiamo il famoso mercato di Chichi: un mare di tessuti colorati che ci aspettano e non possiamo esimerci dal comprare, comprare, comprare. Le strade sono attra-


così INlontano così vicino DIRETTA DAL SUD DEL MONDO 45 Il giorno dopo siamo in visita a Quetzaltenango per assistere alla produzione del vetro di Copavic. Dentro il laboratorio sembra di essere alle vetrerie di Murano, con la differenza sostanziale che a Murano si producono pezzi artistici e quindi ognuno diverso dall’altro per definizione... qui invece si producono ad arte, ossia uno ad uno in maniera del tutto artigianale, serie di bicchieri, bicchierini, brocche, lampade, vasi di uso comune e quotidiano. Quante volte in Bottega abbiamo sentito commenti sull’imperfezione del servizio di bicchieri? Sono pezzi artistici – dovremmo rispondere – e in quanto tali, unici. Copavic è una organizzazione nata nel 1975 dall’iniziativa di un gruppo di artigiani del vetro che lavoravano per un’azienda di proprietà estera in cui erano vessati e mal pagati. Decisero così di fondare la cooperativa e di diventare imprenditori di se stessi. Per molti anni fu una sfida difficile, in particolare per la difficoltà di trovare distributori onesti per i prodotti. Nel 1989 iniziò la collaborazione con il commercio equo e la loro attività decollò. L’organizzazione ha anche una forte valenza ecologista e sociale perché lavora solo vetro proveniente dal riciclaggio e reinveste parte del suo utile in progetti mirati al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione di Cantel, sede della cooperativa. Il nostro viaggio prosegue sulle

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rive del lago Atitlan e poi con la visita a un centro di produzione di tessili di Aj Quen sulla Panamericana dove per la prima volta abbiamo modo di vedere i grandi telai all’opera (fino ad ora abbiamo visto solo telai a cintura). Ci torna alla mente la scritta vista nella tienda di Aj Quen qualche giorno prima: Todo comienza con el hilo... las artesanas hacen su magia... fabricando lienzos que nos unes mas (Tutto inizia con il filo. Le artigiane fanno le loro magie, creando tele che ci uniscono di più). Manca poco al nostro ritorno, il tempo di scoprire Antigua, un gioiello coloniale di rara bellezza, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, e qui

concludiamo che se il governo dovesse scegliere negli anni futuri un ottavo simbolo del Guatemala (dopo la bandiera, l’inno nazionale, il giuramento alla bandiera, il quetzal e i già incontrati ceiba, monja blanca e marimba) dovrebbe adottare il mercato, così splendido, vivo e colorato. Le ultime ore sono scandite da una cena e da tante canzoni intorno al fuoco con gli amici di Aj Quen, dai saluti e dalla sensazione di distacco imminente. Torniamo a casa e pensiamo che, come scrisse Dino Basili, “Il viaggio perfetto è circolare: la gioia della partenza, la gioia del ritorno”. Insomma, il tempo è ciclico, proprio come pensavano i Maya. n

foto 2: il villaggio di Chajul, Guatemala (di Leone De Vita)


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Biodiversità è vita I problemi ambientali sono spesso sottovalutati. Dall’India, la testimonianza importante di chi lotta per tornare a un’agricoltura più vicina ai ritmi tradizionali e alle esigenze delle persone.

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omy Vadakkancheril è fondatore e direttore di Elements, una compagnia privata che opera nel sudovest dello stato del Kerala, in India, nel rispetto dei criteri del commercio equosolidale. Ctm altromercato acquista da Elements il caffè coltivato dagli agricoltori associati a Fair Trade Alliance of Kerala (Ftak). Abbiamo parlato con lui di commercio equo e biodiversità.

D − Qual è l’impegno di Elements e Ftak verso l’ambiente? R − Il Kerala è una zona molto verde, tanto che il viaggiatore che attraversa l’India può essere tratto in inganno e pensare che in questa regione non ci siano problemi ambientali. In realtà, invece, negli ultimi anni, le tradizioni agricole millenarie sono state stravolte. Prima, infatti, ogni contadino coltivava diversi tipi di prodotti sul suo campo, in parte per la sua sussistenza e in parte da vendere al mercato. Oggi, invece, questa varietà di specie viene sempre più spesso abbandonata a favore della monocultura per l’esportazione. È una deriva

di Ilaria Favè

pericolosa, che noi vogliamo frenare, questa è la grande sfida ambientale per Elements e Ftak. Tutti i membri della Fair Trade Alliance del Kerala usano metodi biologici, migliorando la qualità dell’ambiente. Il caffè robusta, ad esempio, viene coltivato “in foresta”, cioè all’ombra di un grandissimo numero di piante ad alto fusto. Acquistare questo caffè a un prezzo equo significa garantire una vita dignitosa agli agricoltori e la sopravvivenza di tutte queste piante, quindi tutelare la biodiversità e impedire che la foresta venga abbattuta e sostituita con una monocultura. I nostri agricoltori provengono dalla riserva di biosfera della Nilgiri Forest, che è uno dei dieci hotspot (zone di alta concentrazione della biodiversità minacciate) del pianeta, dichiarata Patrimonio dell’Umanità per la flora e la fauna senza uguali. È importante proteggerla non solo per le comunità e gli agricoltori che la vivono, ma per l’umanità intera D − Secondo te qual è l’importanza della biodiversità? R − La biodiversità non è un capriccio ecologista, è una questione

foto apertura: spiga di riso, Green Net, Thailandia (di Rudi Dalvai) foto 1: Tomy Vadakkancheril (di Giorgio Scandiuzzo)

di sopravvivenza. Questo concetto spesso non è compreso. Facendo l’esempio della deforestazione, questo fenomeno non è dovuto solo al commercio illegale di legname pregiato, è dovuto anche al fatto che la popolazione è povera e si deve procacciare legna da ardere perché non può permettersi il combustibile. Tornare all’agricoltura tradizionale – a quello che io chiamo “home state farming” – che permette ai contadini di vivere dignitosamente e protegge l’ambiente, e acquistare il caffè del commercio equosolidale coltivato con metodi naturali nella Nilgiri Forest significa dare un contributo significativo al progresso sociale della nostra regione. La biodiversità è vita, ricordiamocelo sempre. n

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così lontano, così vicino

Circolare Ctm Periodico di informazione distribuito nelle Botteghe del Mondo 2010 – 2 Realizzazione editoriale e impaginazione Sagoma srl,Vimercate (MI) – www.sagoma.com Caporedattore Ilaria Favè In redazione Laura M. Bosisio, Daniele Acrodi, Stefano Loderi Art Director Stefano Longoni Con la collaborazione di Maria Moretti, Luca Palagi, Andrea Desto,Veronica Zuccolin, Cinzia Capuzzo, Valentina Pontorno, Claudio Brigadoi, Michela Burattini, Luca Sarnacchiaro, Elisa Salvi,Valeria Calamaro, Elisa Damoli, Diego Parassole, Gianluca Diegoli Immagini ambientate di prodotto Elena Tezza e Luca Morandini. Archivio Ctm altromercato Copertina: caffè di Cecocafen, Nicaragua (di Luca Palagi) Seconda di copertina: caffè di Uciri, Messico (di Elisa Damoli) Foto editoriale: flores de caña, i fiori della canna da zucchero, Costa Rica (di Maria Moretti) Stampa Publistampa Arti Grafiche, Pergine Valsugana (TN)

Proprietario ed editore Consorzio Ctm altromercato scarl via Francia 1/c 37135 Verona (VR) info@altromercato.it www.altromercato.it Direttore responsabile Giulia Sitton Autorizzazione del Tribunale di Bolzano n. 3/98 del 19 marzo 1998 Circolare Ctm è non profit e no copyright



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