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Gennaio 2018

saggi e opinioni nel campo dei Servizi alla Persona


SIAMO

Strumento di comunicazione per la promozione dei servizi aziendali di I AM Contributi sui servizi aziendali a cura di: Martina Agnoli (Responsabile Area Infanzia e Servizi per bambini), Alberto Ceschin (Responsabile Area Servizi per la Comunicazione), Alice Ceotto (Psicoterapeuta), Eva Da Dalt (Responsabile Servizi ricreativi per preadolescenti), Alberto Ferri (Responsabile Area Servizi per il Territorio) Vera Lazzarotto (Psicomotricista), Marco Napoletano (Responsabile Area Adolescenza e Servizi per ragazzi), Stefano Maroelli (Responsabile Area Musica), Andrea Simon (Insegnante), Elèna Sonego (Educatrice Musicale). Contributi esterni: Loredana Buffoni (Dirigente Scolastico Istituto Comprensivo Vittorio Veneto I), Gregorio Cecconi (Educatore e Formatore per Itaca Coop Soc & Associazione Kaloi), Antonella Caldart (Presidente La Porta Onlus), Maria Teresa De Nardi (Presidente di Psiche2000 Onlus), Gianni De Polo (Neuropsichiatra Infantile e Fisiatra), Roberto Gilardi (Formatore, Educatore e Scrittore), Paola Pirritano e Fabrizio Carnielli (genitori), Dario Roveda (Coordinatore Progetto Giovani Vittorio Veneto Cooperativa “Insieme Si Può”), Marta Trevisan (Maestra di Scuola dell’Infanzia). Si ringraziano i soggetti fotografati: Emma Collodel (in copertina), Anna Broggio, Anna Isabel Lucchi, Alessia Lot, Manuele Meneghin, Emma Dal Fabbro, Elisa De Nardi con Matilde, Zoe Maroelli, Lorenzo Taglietti, Tommaso Bet, Fabio Da Ros con Augusto e Olivia, Fabrizio Carnielli, Mattia Carnielli, Paola Pirritano, Christian Zarpellon, Alessandra Massari, Johnny Azzalini, Alice Chiara, Massimo Bet, Compagnia Teatrale “Gli Stravaganti”, bambini e ragazzi frequentanti i nostri percorsi e doposcuola. Progetto Grafico: I AM Comunicazione Rivista consultabile e scaricabile gratuitamente su: http://www.iamservizi.it/siamo/siamo-1.pdf © Copyright 2018

I AM

Servizi per la persona, per la comunicazione e per il territorio P.IVA 04308970260 - Via Battisti, 8 - 31209 Vittorio Veneto (TV) T +39 0438 554217 - M + 39 370 3186802 info@iamvittorioveneto.it - www.iamvittorioveneto.it I AM - Area Servizi per la persona ANDREA MAROELLI Coordinamento MARTINA AGNOLI Responsabile Area Infanzia e Servizi per bambini MARCO NAPOLETANO Responsabile Area Adolescenza e Servizi per ragazzi EVA DA DALT Responsabile Servizi ricreativi per ragazzi e adulti STEFANO MAROELLI Responsabile Area Musica JENNY LOUDJANI Responsabile Segreteria


Editoriale SIAMO non è una rivista di settore. È uno strumento dell’azienda I AM per far comprendere chi siamo e cosa facciamo. Sfogliando queste pagine troverete degli approfondimenti o delle semplici testimonianze che vanno in qualche modo ad illustrare i nostri servizi alla persona. In dieci anni di attività abbiamo di volta in volta ampliato la nostra offerta ascoltando le vostre esigenze e raccogliendo i vostri suggerimenti. Queste pagine vogliono anche avvicinarci a tutti quelli che ci conoscono “per sentito dire” e farci percepire come una realtà vicina alle persone con servizi dedicati al nostro territorio. Siamo in formazione continua e pronti ad ampliare la rete di collaborazioni affinchè il livello di professionalità cresca sempre di più e per farsì che il lavoro di squadra permetta di sostenere a 360 gradi chi si rivolge a noi. In questa pubblicazione troverete anche dei contributi realizzati da professionisti esterni all’azienda che approfondiscono alcuni temi a noi particolarmente cari e la presentazione di realtà locali che si occupano di servizi alla persona alle quali siamo particolarmente legati. Di seguito troverete una sintetica descrizione di come è organizzata la nostra azienda non solo nei servizi alla persona ma anche nel settore della comunicazione e della progettazione relativa a bandi di finanziamento.

CHI SIAMO I AM è un’azienda che ha la sua sede commerciale e tecnica nel comune di Vittorio Veneto in provincia di Treviso. L’offerta si diversifica in tre settori principali: servizi alla persona, servizi per la comunicazione e servizi per la progettazione. Nel sito www.iamvittorioveneto.it si trovano tutte le informazioni nel dettaglio. I AM SERVIZI si dedica prevalentemente ai servizi alla persona. Propone diverse attività per bambini (psicomotricità, musica, sport, inglese, creatività e percorsi a sostegno della genitorialità) e per mamme (massaggio del bambino, percorsi preparto, incontri con l’ostetrica, ginnastica perineale, yogafitness per donne in gravidanza). Per questo tipo di attività a Vittorio Veneto in via Manin 88 è stato aperto nel 2016 un intero spazio dedicato. I AM Servizi offre consulenza alle Istituzioni e attiva percorsi rivolti a genitori e figli, facendo particolare riferimento alle problematiche educative e di relazione. Presenta una vasta gamma di proposte per gli studenti: doposcuola, ripetizioni, assistenza e metodo di studio, motivazione scolastica, percorsi di sostegno per bambini/ragazzi con difficoltà di apprendimento (DSA, ADHD) e tante altre iniziative che si svolgono in sede e all’interno degli istituti scolastici. Organizza laboratori ricreativi (fotografia, video, disegno, scrittura creativa, ecc.), corsi musicali, di lingue, di informatica e sportivi. Da tempo I AM Servizi è un punto di riferimento nella gestione delle attività ricreative curando i centri estivi comunali e quelli privati rivolti all’infanzia, alla scuola primaria e agli adolescenti. Organizza per associazioni di promozione sociale dei percorsi formativi e socializzanti. www.iamservizi.it I AM COMUNICAZIONE è specializzata nella progettazione, produzione e distribuzione di materiale promozionale, cartaceo, multimediale, web e video e nella progettazione e coordinamento di eventi pubblici e privati; provvede al disbrigo di ogni formalità burocratica (autorizzazioni e pratiche SIAE), alla gestione tecnica dello spettacolo, all’accoglienza e congedo artisti, al servizio hostess, biglietteria e sicurezza. Mette inoltre a disposizione i servizi di catering e buffet, reportage foto e video, service audio, allestimenti, uffici relazione e stampa eventi. www.iamcomunicazione.it I AM PROGETTAZIONE impiega professionisti esperti nella definizione di piani di sviluppo e nella redazione e presentazione di idee progettuali a valere su bandi europei e nazionali. www.iamprogettazione.it I AM o MAI? Il gruppo di professionisti coinvolti nell’azienda offre la propria competenza e il proprio lavoro a MAI Associazione Culturale, che si muove in modalità no profit nell’ambito artistico culturale. Organizza mostre, concerti ed eventi di vario tipo. Per il Comune di Vittorio Veneto svolge il servizio museale e la promozione del Cenedese, dell’Oratorio dei SS. Lorenzo e Marco dei Battuti e della Galleria Civica “Vittorio Emanuele II”. Lavora a stretto contatto con la Fondazione Minucci, proprietaria dell’omonimo Palazzo, con la quale ha attivato la rete “Luoghi d’Arte”.

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Psicomotricità Per lo sviluppo di abilità motorie, cognitive e sociali e per gestire le emozioni Facciamo fare qualcosa a nostro figlio quest’anno? Non mandatelo a psicomotricità “per fargli fare qualcosa”, la psicomotricità non è un passatempo! Essere consapevoli del valore di ciò che si sceglie per il proprio figlio è la vera motivazione per iscriverlo. Facciamo fare un po’ di movimento a nostro figlio? Psicomotricità o nuoto? La psicomotricità non è uno sport e di conseguenza non può essere un’alternativa ad esso! Gli obiettivi, seppur nobili in entrambi i casi, sono molto differenti tra loro. Psico… cosa? Mio figlio non è malato! Non fatevi ingannare dal termine “psico”, la psicomotricità non è una terapia, o meglio non sempre lo è. Non è necessario avere un problema per fare psicomotricità, in ambito educativo e preventivo è un’attività destinata a tutti i bambini. Per i bambini con difficoltà specifiche si parla di terapia psicomotoria e generalmente si lavora individualmente e non in gruppo. Se a mio figlio piace lo iscriveremo di sicuro! Non deve piacere al vostro bambino, deve piacere a voi genitori! Perché la psicomotricità non è gioco libero e pertanto non è il bambino che la sceglie. Il bambino sceglierà però liberamente come giocare in un conte-

sto spaziale e temporale regolato dall’adulto, ma pensato esclusivamente per lui, per il suo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale. E di conseguenza piacerà moltissimo anche a lui (e se così non fosse chiediamoci il perché). Perché dunque far fare psicomotricità a un bambino? Per permettergli di fare un’esperienza che lo accompagni nel suo personale momento di sviluppo con delle proposte stimolanti a livello cognitivo, emotivo e sociale, proposte alle quali lui stesso sceglie di avvicinarsi a seconda del suo livello di maturazione e del suo desiderio, con la mediazione di un adulto competente che, oltre a fornire gli stimoli più adatti, aiuta il bambino ad evolvere sempre di più, per passare dal piacere di agire al piacere di pensare. Per fare questo è necessario un contesto di regole che permettano al bambino di sentirsi veramente libero nel suo agire, nel rispetto di se stesso e degli altri. Non è invece tra gli obiettivi della psicomotricità insegnare esercizi, movimenti particolari o altro. Semplicemente si fornisce un “contenitore” in cui sperimentarsi a partire dalla propria iniziativa e assecondando il proprio desiderio. Poiché alla base della psicomotricità vi è la convinzione che mente e corpo siano un tutt’uno e che si influenzino a vicenda, possiamo dire che attraverso il gioco e il movimento i bambini parlano della propria interiorità. Ecco


L’esperienza alla Scuola dell’Infanzia “Zavrel”

Non solo psicomotricità! Tutti i nostri servizi per bambini

Da qualche anno nella scuola dell’infanzia “S. Zavrel” dell’Istituto Comprensivo 1 di Vittorio Veneto viene svolto con ottimi risultati un progetto di psicomotricità che si inserisce all’interno dell’offerta formativa. I docenti, insieme ai genitori, hanno deciso di rivolgersi all’azienda I AM che da anni si attiva in varie scuole del comprensorio. Durante le sedute, a cadenza settimanale, insieme all’esperta psicomotricista i bambini si coinvolgono in giochi sensomotori e simbolici in cui sperimentano il proprio corpo a contatto con lo spazio e gli oggetti. I bambini hanno vissuto l’esperienza con grandissimo entusiasmo, hanno migliorato la conoscenza dello schema corporeo e allo stesso tempo hanno maturato una buona consapevolezza di loro stesse del loro potenziale comunicativo-espressivo. L’attività si è rivelata molto utile anche per quei bambini con difficoltà inerenti alla sfera emotivo-cognitiva. L’azienda I AM si è sempre dimostrata disponibile e attenta alle nostre richieste. Visto l’entusiasmo e la soddisfazione raccolta negli anni, non solo nei bambini, ma anche nei genitori, si è deciso di aumentare le ore da destinare a questo progetto.

PSICOMOTRICITÀ Utile per lo sviluppo di abilità motorie, cognitive e sociali e per gestire le emozioni.

Marta Trevisan, maestra

INGLESE Un percorso divertente dove si impara la lingua giocando.

Dettagli sui servizi per bambini: www.iamservizi.it/infanzia/infanzia.html

COMPLEANNI Servizio di animazione in spazio attrezzato con giochi.

quindi che bambini molto attivi o, viceversa, molto inibiti possono trovare lo spazio giusto per esprimersi, essere guardati senza giudizio e aiutati a canalizzare nel modo più profiquo le loro emozioni. Questo non significa che la psicomotricità sia indirizzata esclusivamente a bambini con queste caratteristiche, ognuno ne può trarre beneficio semplicemente per il fatto di avere a disposizione uno spazio e un tempo pensato specificatamente per far fronte alle esigenze tipiche di tutti i bambini tra 0 e 7 anni di età (ad esempio avvicinarsi a esperienze senso-motorie sempre più complesse e gratificanti dal punto di vista della sicurezza in se stessi, evolvere nel proprio pensiero simbolico, potenziare le proprie capacità di ascolto e attenzione, tollerare la frustrazione, imparare a rispettare le regole, acquisire migliori capacità di relazionarsi con i pari, ecc.). Proprio per queste caratteristiche, la psicomotricità è

Percorsi tenuti da: dott.ssa Martina Agnoli, Psicologa e Psicomotricista dott.ssa Vera Lazzarotto, Psicologa e Psicomotricista dott.ssa Giada Nadal, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva www.iamservizi.it/infanzia/psicomotricita.html

SPAZIO GIOCO MAMMA BAMBINO Per genitori con bambini da 12 a 24 mesi per arricchire la relazione affettiva, consolidare la fiducia e sperimentare altri modi per comunicare. SPORT GIOCANDO Movimento fisico attraverso il gioco, elemento essenziale per vivere un momento sereno e piacevole. MUSICA Canto, movimento e ritmi per esprimere emozioni e sentimenti. DO-IN Una pratica per gestire le emozioni e rilassarsi in modo giocoso e divertente. PILATES CON LE FAVOLE Per l’insegnamento di una corretta educazione posturale attraverso la narrazione di favole e giochi. FISIOTERAPIA E RIEDUCAZIONE POSTURALE Per limitare o prevenire la progressione di deformità e vizi posturali tipiche di scoliosi e dorsi curvi e ridurre il mal di schiena. DISEGNO Percorsi artistici con diverse tecniche che sviluppano la creatività.

un’attività che generalmente risulta molto piacevole per i bambini. Capita rare volte che un bambino non voglia tornare, ma in questi casi è il genitore che deve chiedersi quale può essere il motivo, anche servendosi dell’aiuto dello psicomotricista: forse una difficoltà ad accettare i limiti? Forse una difficoltà nella separazione dalle figure di riferimento? Continuando con costanza e fiducia a portare il proprio figlio si scoprirà a poco a poco che non solo il malcontento verrà meno, ma anche che si è potuto superare quell’ostacolo che non permetteva precedentemente al bambino di coinvolgersi con entusiasmo. E questo sarà un doppio successo!

In foto i bambini durante un percorso di psicomotricità 2016/2017.

Il nostro video documentario sulla psicomotricità ha quasi raggiunto le 30.000 visualizzazioni su youtube. Scannerizza con il tuo smartphone il codice QR per guardarlo!

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Musica per bambini

Canto, movimento e ritmi per esprimere emozioni e sentimenti

Ognuno ha una propria idea di “musica”, basata sulla storia, sui vissuti personali, su ciò che ha letto e imparato. Essa è voce, è strumento; può essere armonia e pace, ma anche irrequietezza e disordine: dipende da come l’abbiamo incontrata. La musica è comunque, sempre, un mezzo potente, ed in modo del tutto particolare accompagna l’essere umano sin dall’inizio della sua vita, a partire dalla prima relazione con un altro essere umano: la madre. “Attraverso un’esperienza musicale globale la mamma si unisce profondamente al suo bambino in un legame intimo, saldo, privilegiato ed è grazie ad un rapporto sano e costruttivo con la propria madre che si sviluppa un individuo integro, maturo, sereno, sicuro di sé” (da “Gli effetti dell’ascoltare musica durante la gravidanza e il travaglio di parto” in Musica e Terapia: quaderni italiani di musicoterapia, a cura di G. Manarolo e M. Borghesi).

Pier Luigi Righetti, psicologo e psicoterapeuta, sottolinea così la capacità della musica di avvicinare e mettere in comunicazione, evidenziando il beneficio che ciò porterà all’individuo cresciuto e a chi gli starà vicino. Ma cosa si intende per esperienza musicale in questo contesto? La primissima esperienza musicale in cui tutti noi siamo stati immersi, vede come protagonisti i “rumori” del corpo di nostra madre mentre ci portava in grembo, primo fra tutti il battito cardiaco, il quale corrisponde al ritmo binario che conosciamo e sentiamo oggi ripetersi in centinaia di brani: esso è da sempre considerato la sonorità principe in ambito musicale, proprio perché rimanda al cuore, alla sorgente della vita. Di fondamentale importanza, poi, è lo stimolo sensoriale e neuroaffettivo della voce materna già a partire dalla gravidanza: prodotta all’interno del corpo, essa raggiunge il bimbo attraverso la vibrazione degli spazi di riso-


nanza del corpo stesso, ma lo investe anche dall’esterno. Tale sonorità serve in seguito a guidare il bambino nei primi mesi e anni di vita, e contribuisce a dar forma, col suo ritmo e la sua melodiosità, al percorso di vita della persona in quanto tale. Un esempio della potenza di questo elemento ci viene offerto dal medico Alfred Tomatis, il quale, mediante l’utilizzo di una specifica tecnica audio-psico-fonologica, si serviva della voce materna per risvegliare nel bambino il desiderio di comunicazione con la madre. Inoltre, è importante sottolineare che “nei primi mesi di vita i neonati non parlano ancora, ma hanno bisogno, per la propria salute affettiva e mentale, di ricevere informazioni da e sul mondo, e di comunicare i propri bisogni e desideri. Dalla nascita in poi, i bambini manifestano il proprio malessere (più tardi anche il benessere) attraverso reazioni sonore: dopo il pianto e il grido [...], scoprono presto l’esistenza di diversi tipi di suoni [...] e li producono in modo più ricco e più vario (usando anche suoni con vocali e consonanti) man mano che progrediscono nel padroneggiare la fonazione (anche a causa della trasformazione della laringe) e nella relazione con il mondo esterno” (da Nascere musicali, di Johannella Tafuri). Questa propensione alla produzione di suoni si

accompagna al fatto che il bambino stesso tende ad imitare le intonazioni vocali della madre, sempre di più, arrivando ad intrattenere con la figura genitoriale un vero e proprio dialogo che lo avvicinerà alla conoscenza del mondo. Allo stesso modo impara, più facilmente che parlando, ad esprimersi e a dar voce ai propri sentimenti e alle proprie emozioni. Comprendiamo, dunque, come la presenza del suono nella vita dell’individuo, dal naturale ascolto della vita e dei suoi primi rumori nel grembo materno, sia non solo innata, ma anche fondamentale per costruire relazioni sane. In foto Elèna Sonego (educatrice musicale) e i bambini durante un percorso di musica 2016/2017. Guarda cosa facciamo! Scannerizza con il tuo smartphone il codice QR e potrai vedere il video documentario sull’attività realizzato con la dott.ssa Elèna Sonego, educatrice musicale. www.iamservizi.it/infanzia/musicabambini.html

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Benessere e sicurezza per il vostro bambino! L’importanza del legame di attaccamento per sviluppare autostima, fiducia negli altri e aspettative positive nei confronti delle relazioni interpersonali I bambini, fin da molto piccoli, non hanno solo dei contatti sporadici con chi sta loro accanto, ma instaurano delle vere e proprie relazioni. In particolare i primi legami interpersonali che il bambino è in grado di costruire già nel primo anno di vita sono i legami di attaccamento. L’attaccamento può essere definito come un rapporto stabile nel tempo tra il bambino e un partner adulto specifico (generalmente la madre) che possiede una particolare carica affettiva. Su tale costrutto è stata formulata una vera e propria teoria, inizialmente proposta da Bowlby, ampliata successivamente da altri autori come la Ainsworth e ancora oggi oggetto

di approfondimenti e specificazioni da parte di numerosi ricercatori in quest’area. L’attaccamento ha la funzione di garantire il benessere dell’individuo In termini di sicurezza ed infatti spinge il bamabino a ricercare la vicinanza dell’adulto di riferimento attraverso tutta una serie di comportamenti come il pianto, il sorriso, il tendersi per essere preso in braccio ecc., per sentirsi protetto dai pericoli dell’ambiente e dalle tensioni interne. Sebbene ogni bambino sia predisposto geneticamente a sviluppare un legame di attaccamento a partire dai primi

Tutti i nostri servizi per le mamme in gravidanza e neo mamme. MASSAGGIO DEL BAMBINO Tecniche di massaggio per stimolare la crescita, la salute del bambino e favorire la relazione. MUSICA IN GRAVIDANZA Per favorire il rilassamento, l’ascolto di sé e la comuncazione profonda mamma-bambino durante il periodo prenatale attraverso il suono e la musica. CORSO DI PREPARAZIONE ALLA NASCITA Cicli di incontri per poter arrivare al parto con maggiore consapevolezza. INCONTRI CON L’OSTETRICA Per affrontare insieme delle tematiche legate alla gravidanza, al parto e al post-parto.

CORSO DI GINNASTICA PERINEALE Per conoscere meglio e riabilitare il perineo nel post-parto. CORSO DI YOGAFITNESS IN GRAVIDANZA Per mantenere la mobilità articolare e la tonicità muscolare PERCORSI DI SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ Approfondimenti di tematiche relative alla prima infanzia, supporto nella gestione di situazioni familiari difficili, sostegno nell’educazione dei figli. SERATE TEMATICHE Momenti informativi con esperti su diversi temi come paure, autostima, autonomia, autocontrollo nel bambino. www.iamservizi.it/mamme/mamme.html


Curiosità. Salinas de Guaranda, Ecuador Lo sapevate che nelle comunità andine la gestione e la cura della prole è compito unicamente della madre? L’uomo viene quasi escluso e vive in maniera meno intensa questo momento inserendosi nella relazione stretta tra madre e figlio solo parzialmente senza sentire l’esigenza di modificare in maniera drastica le sue relazioni coniugali e il suo complesso psicologico. Lo sapevate che all’interno delle piccole comunità le donne più fortunate si mettono a disposizione di quelle che lo sono meno per allattare i loro figli? Il latte artificiale è troppo costoso e solo da pochi conosciuto e non viene visto come qualcosa di sufficientemente nutriente per la crescita sana e forte del bambino. Lo sapevate che le donne in Ecuador allattano i propri bambini durante le ore di lavoro? Le donne andine portano con se i bambini al lavoro, alle riunioni, agli incontri, sul campo; fino a che il bambino non abbia raggiunto l’età scolare vive tutta

mesi di vita con chi si prende cura di lui, esistono delle differenze individuali tra i comportamenti di attaccamento che riflettono sia la diversità nel temperamento dei bambini, sia la qualità delle interazioni precoci di attaccamento tra il bambino e la figura di riferimento. In particolare, un bambino cresciuto con una figura di riferimento sensibile e disponibile al soddisfacimento dei suoi bisogni, tenderà in genere a sviluppare nel tempo autostima, fiducia negli altri, aspettative positive nei confronti delle relazioni interpersonali; di contro, un bambino che ha sperimentato figure di attaccamento incostanti, incerte o comunque inadeguate a rispondere alle sue esigenze di sicurezza e protezione, potrà con maggiore probabilità sviluppare un’autostima limitata o discontinua, sfiducia nelle altre persone e aspettative negative nei confronti delle relazioni. Questo per dire che il legame mamma-bambino rappresenta un vero e proprio pattern relazionale per tutte le interazioni future che l’individuo intraprenderà nella sua vita e per mettere in luce la grande importanza di saper cogliere I segnali che il piccolo invia per potervi rispondere nel migliore dei modi ed aiutarlo a crescere come un individuo stabile e competente. Uno degli aspetti che favorisce un normale corso dello sviluppo e della relazione mamma-bambino è il contatto fisico. Questa osservazione è sostenuta da numerosi dati empirici e da molte ricerche, tra cui le più famose sono quelle condotte da Harlow sul mondo animale e in particolare sulle scimmie Rhesus. Il ricercatore dimostrò che affinchè si formi il legame di attaccamento non è importante la sola presenza fisica, ma è fondamentale il contatto basato sul tocco: la soddisfazione creata da questo contatto così intimo tra madre e piccolo produce nei cuccioli delle scimmie di questa specie un benessere addirittura superiore rispet-

la sua quotidianità in completa simbiosi con la madre. Lo sapevate che in Ecuador il bambino passa dalla posizione sdraiata a quella in piedi senza passare per la fase di gattonamento? Questo accade perché le mamme durante tutto il primo anno di vita indossano il loro aguayo (fascia portabebè) non permettendo al bambino di sperimentare il movimento ma dandogli una forte sensazione di protezione e rassicurazione grazie alla costante vicinanza con il loro corpo. Lo sapevate che il bambino crescendo dimostra una propensione verso il sesso femminile? Tutto ciò è giustificato dal fatto che durante la sua vita è la mamma, aiutata dall’ampio entourage femminile che la circonda ad occuparsi di lui Si tratta di abitudini culturali molto lontane da quelle a cui noi occidentali siamo oggi abituati che influenzano sicuramente le dinamiche di attaccamento tra madre e bambino.

to a quello che deriva dalla gratificazione da cibo, bisogno primario che garantisce la sopravvivenza. Per generalizzare questi risultati alla specie umana sarebbe necessario fare alcune precisazioni, in particolare sottolineare che I comportamenti sono sempre specie-specifici e funzionali all’adattamento e per questo non sempre sovrapponibili tra specie diverse. Tuttavia anche grazie a questi studi emerge la grande importanza del contatto e del tocco nelle primissime fasi di vita del bambino, necessari non solo per la crescita sana e addirittura a volte per la sopravvivenza del bambino stesso, ma fondamentali anche per le mamme che in questo modo, possono godere di tutta una serie di benefici dal punto di vista ormonale, favorevoli al benessere dopo il parto, ad esempio l’aumento della prolattina, che permette la montata lattea e favorisce quindi l’allattamento e delle endorfine, molto importanti per far abbassare il livello di cortisolo, l’ormone indicatore dello stress.

I professionisti al servizio di mamme e bambini dott.ssa Martina Agnoli, Psicologa e Psicomotricista dott.ssa Vera Lazzarotto, Psicologa e Psicomotricista dott.ssa Giada Nadal, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva dott.ssa Elèna Sonego, Educatrice musicale dott.ssa Viola Della Pietà, Ostetrica dott.ssa Margherita Azzalini, Fisioterapista dott. Claudio Longo, Educatore e Operatore diplomato Shiatsu dott.ssa Michela Cicchella, Esperta in pilates dott.ssa Ilaria Rupolo, Laureata in lingue

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Massaggio del bambino Come mettersi in contatto con il proprio bambino Ormai sono tante le proposte indirizzate a mamme con bambini tra 0 e 12 mesi ed è difficile scegliere quale sia la più adatta a sè, la più interessante, quella che merita un investimento di tempo in una fase di vita in cui di tempo ce n’è sempre poco. Alcune mamme che hanno scelto il nostro corso hanno lasciato una testimonianza per descrivere la loro esperienza e il loro vissuto e proprio le loro parole possono spiegare nel migliore dei modi cosa vuole essere il massaggio del bambino. Si percepisce, da quanto dicono, la bellezza che può derivare da un tipo diverso di condivisione, l’importanza di un piccolo gruppo in cui ciascuno si senta libero di ascoltare gli altri o di aprirsi in prima persona e raccontare le gioie, i dubbi, le fragilità dell’essere mamma, il bisogno di sentire accolti i propri vissuti

non per trovare facili risposte, ma per arrivare ad una comprensione più consapevole del proprio piccolo e ad uno scambio costruttivo. Ecco allora che il massaggio diventa molto più di una pratica, molto più della mera esecuzione di movimenti in sequenza, molto più di uno “stare insieme” fine a se stesso. Ciò che è davvero prioritario è creare un modo per stare con il proprio bambino, mettersi in contatto con lui in tutti i sensi e rilassarsi. Parola quindi alle mamme, vere esperte dei loro bambini, che in poche righe hanno saputo trasmettere molto. “Ho partecipato ad un corso di massaggio con la mia piccola Teresa quando aveva ancora pochi mesi. È stata un’esperienza unica che ci ha coinvolte fisicamente e mentalmente: abbiamo vissuto dei momenti solo per

I corsi sono tenuti da insegnanti AIMI (Associazione Italiana Massaggio Infantile) che dal 1989 si impegna a diffondere in Italia il massaggio del bambino. AIMI è il partner italiano dell’International Association of Infant Massage il cui obiettivo è favorire il contatto e la comunicazione, attraverso corsi, formazione e ricerche, in modo che genitori e bambini siano valorizzati e rispettati dall’intera comunità mondiale. www.aimionline.it


noi, nuovamente in un’intima sintonia, durante i quali la mia bimba ha imparato ad abbandonarsi al piacere del massaggio e del rilassamento. Anche oggi, dopo 5 anni, Teresa mi chiede ancora i “massaggini”. Un’esperienza che consiglierei a tutte le mamme, ma anche ai papà.” “Ricordo sempre con piacere quei momenti condivisi esclusivamente con Giacomo. Avendo già una bambina gelosissima di me è stato un modo per passare degli attimi esclusivi con lui e trasmettergli con dei piccoli gesti sicurezza e tanto amore.” “Il massaggio del bambino è un’ottima occasione di confronto, l’atmosfera è di estrema calma e tranquillità e durante il massaggio il bambino si sente rassicurato dal contatto con il genitore” “Ho apprezzato il momento di condivisione che si viene a crere grazie al massaggio, il quale ci permette di trovare un tempo esclusivo per mamma/papà e piccolo.” “Quando diventi mamma sei alla continua ricerca di momenti di condivisione. Per me questo corso è stato un interessantissimo momento di condivisione con il mio bimbo e con le ragazze che lo hanno frequentato con me.” “Questo corso mi ha fatto sentire a mio agio nel condividere un’esperienza con altre mamme grazie al numero

limitato di partecipanti (non tutti infatti siamo fatti per i grandi gruppi!), mi ha aiutata ad essere più “fisica” e dolce, a capire meglio cosa piace al mio bambino e a fare qualcosa per lui quando è in preda a piccoli dolori o fastidi. Quindi oltre ad un ritorno in termini di legame tra me e lui, c’è stato un ottimo riscontro pratico.” “È stata un’occasione importante per entrare in comunicazione con il bambino e scoprire aspetti della sua personalità. Mi è piaciuto il fatto che la pratica sia accompagnata dalla teoria e che ci sia spazio per la condivisione. Aiuta i genitori a ritagliare un momento di intimità con il proprio bambino, per questo lo consiglierei anche ai papà.” Ringraziamo di cuore Laura, Jessica, Esmeralda, Arianna, Giulia, Marta e Eva (e naturalmente i loro piccoli) per il prezioso contributo. Il nostro video documentario sul Massaggio del bambino è Patrocinato dall’AIMI (Associazione Italiana Massaggio Infantile). Scannerizza con il tuo smartphone il codice QR per guardarlo!

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Dislessico non significa ritardato È però fondamentale un aiuto! Molte volte i genitori che si trovano di fronte ad una difficoltà del figlio negli apprendimenti, faticano a chiedere l’aiuto di un professionista esterno per una valutazione o un sostegno in quanto scambiano tale difficoltà con cattiva volontà o temono che il figlio possa essere classificato come “ritardato”. Invece, per definizione, i distrurbi dell’apprendimento sono delle difficoltà specifiche che, in assenza di deficit sensoriali, ritardo mentale e patologie emozionali, interessano abilità come la lettura, la scrittura, il calcolo e

riguardano soggetti che vivono in contesti socioculturali adeguati. È importante comprenderlo per accettare un intervento che richiede tempo e pazienza. Infatti solo la messa in atto di strategie specifiche e l’uso di strumenti compensativi può aiutare realmente il bambino a progredire nel suo percorso scolastico riducendo l’impatto del disturbo e massimizzando le competenze possedute. L’ICD-10, uno dei principali manuali diagnostici a livello internazionale, distingue tra i disturbi specifici dell’ap-


Curiosità. Quante celebrità con dislessia! Forse a molti verrebbe spontaneo pensare che un bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento dovrebbe scegliere un percorso di studi “facile”, accontentarsi di un lavoro mediocre, limitare le sue scelte di vita per non complicarsela troppo “che poi magari non ce la fa”. Niente di più sbagliato! Non esiste correlazione tra DSA e successo nella vita! Anzi, ci sono molti esempi di persone con dislessia diventate famose nei più svariati ambiti, forse anche grazie a doti come la coordinazione, l’empatia o lo spirito artistico sopra la media. Citiamo solo qualche esempio: Tom Cruise, Robin Williams e Kiera Knightley, grandi at-

prendimento il disturbo specifico della lettura, della compitazione (scrittura), delle abilità aritmetiche e i disturbi misti. Per fare un esempio cerchiamo di capire cosa succede nella mente di un ragazzino con diagnosi di dislessia e disgrafia: quali funzioni sono in gioco? Banalmente si potrebbe pensare che faccia fatica a leggere e scrivere (spesso infatti le manifestazioni di questi disturbi sono le sostituzioni/omissioni di lettere, le inversioni di sillabe, una “brutta grafia” con tanti errori ecc.), ma in realtà anche produrre un discorso fluente è molto difficoltoso per lui perché i processi coivolti sono molti: dovrà pianificare le sue idee in maniera organica e coerente, dovrà tenerle in memoria per un tempo sufficiente, dovrà recuperare le parole per dare un nome ai suoi pensieri. Per la maggior parte di noi questo avviene in modo automatico ed immediato, ma per lui non lo è affatto e generalmente la sua produzione sarà un discorso ingarbugliato e confuso. Pensiamo poi se gli viene chiesto anche di scrivere il suo pensiero! Dovrà trasformare le idee confuse in grafemi illeggibili e mettere nero su bianco la sua “difficoltà”,

tori cinematografici; Leonardo Da Vinci, Picasso e Andy Warhol, nell’ambito artistico; Albert Einstein e altri premi Nobel della medicina e della fisica; Walt Disney, Agatha Christie e molti altri scrittori e giornalisti. Ed oltre a questi si aggiungono altelti e multi milionari di tutto il mondo. Insomma, a conti fatti, sembra proprio che la più grossa barriera al successo sia solo la mancanza di fiducia in se stessi!

con tutto ciò che questo comporta a livello di autostima. Infatti pian piano molti ragazzi per non confermare a se stessi e agli altri che “non sono capaci” preferiscono ritirare il loro impegno ed evitare a priori di misurarsi con il compito. Lo stesso accade per ragazzi con disturbi specifici delle abilità aritmetiche che, ad esempio, non riescono a tenere a mente le tabelline o dei semplici fatti aritmetici e di conseguenza non possono misurarsi con calcoli o problemi che per i pari sono di facile risoluzione. Ecco quindi perché l’intervento con i bambini e ragazzi con diagnosi di DSA non può ridursi al solo uso di strumenti compensativi, ma deve essere un vero e proprio “progetto educativo” che tenga conto tanto del piano didattico, quanto di quello emotivo e motivazionale e soprattutto che sia da stimolo e aiuto per riorganizzare le modalità di apprendimento e valorizzare ciò che ciascuno può fare.

Tutti i nostri servizi per gli studenti DOPOSCUOLA Un valido aiuto per svolgere i compiti per casa dedicato agli studenti della scuola Primaria e della Scuola Secondaria di primo e secondo grado.

METODO DI STUDIO Non è una semplice “ripetizione”, ma si concentra soprattutto sulle tecniche per comprendere e memorizzare i contenuti.

COMPETENZE DI BASE PER LA SCUOLA PRIMARIA Per sviluppare le abilità che permetteranno di prevedere, fare ipotesi, immaginare e raccontare e soprattutto per vivere l’esperienza scolastica con serenità.

DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO Un sostegno specifico nel percorso scolastico per tutti gli studenti con difficoltà, con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e disturbi dell’attenzione/iperattività (ADHD).

ASSISTENZA ALLO STUDIO Non è un semplice aiuto per affrontare con serenità i compiti per casa, ma è anche un momento per dare allo studente un metodo di apprendimento. RIPETIZIONI, RECUPERI APPROFONDIMENTI Un programma di studio personalizzato per ogni materia in base alle esigenze dello studente.

LEZIONI PER COMPAGNI DI CLASSE Studiare con i compagni di classe per rendere più facile e piacevole il recupero di lacune o prepararsi per un compito in classe. www.iamservizi.it/studenti/studenti.html

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Il nostro doposcuola Una responsabilità condivisa

Se dovessi scegliere un termine che sintetizzi il nostro modo di intendere il servizio di doposcuola, la parola giusta sarebbe responsabilità. Lo so, il concetto è fuori moda e la parola appare pedante. Ma alcuni ci credono ancora, e noi siamo tra quelli, al punto che ci sentiamo di presentare la responsabilità come una condizione sine qua non a chiunque abbia a che fare con i nostri doposcuola: gli educatori in primis, i genitori sicuramente e (sì anche loro…) gli alunni. Per questo alla famiglia che sottoscrive il servizio viene consegnato un regolamento che contiene una sezione in cui ciascuna delle parti si assume alcuni impegni. I ragazzi sono tenuti a: · rispettare le persone (non si offende, non si prende in giro, non si alzano le mani); · rispettare le cose (quelle di tutti, quelle degli altri e persino le proprie); · ascoltare sempre gli educatori e rivolgersi a loro per qualsiasi necessità. Ai genitori chiediamo di controllare i compiti svolti dai

figli e di aiutarli nella gestione dei materiali, nonché di comunicarci ogni criticità o bisogno; in altre parole di rimanere protagonisti del progetto educativo che riguarda i propri figli, senza delegarci la responsabilità del loro andamento scolastico · gli educatori sono tenuti a garantire le migliori condizioni per lo svolgimento dei compiti, facilitare i ragazzi nei processi di studio e apprendimento, gestire le dinamiche di gruppo, comunicare con i genitori ogni criticità, rappresentare un modello adulto credibile e coerente (ad esempio rispettando per primi le regole a cui gli alunni devono attenersi). Responsabilità, dunque: concetto grazie al quale ciascuno è partecipe di un progetto comune finalizzato al benessere e alla crescita equilibrata delle nuove generazioni. Ma la responsabilità non è sinonimo di costrizione e pesantezza: al doposcuola c’è ampio spazio per la relazione, il divertimento e soprattutto per il gioco (da quest’anno anche grazie a una dotazione di giochi in scatola).


Durante il doposcuola abbiamo realizzato con gli studenti un video per spiegare il servizio. Scannerizza con il tuo smartphone il codice QR per guardarlo!

Responsabilità, regole e limiti sono confini di garanzia all’interno dei quali la libertà si esprime in modo sano e costruttivo e le relazioni sono fonte di crescita reciproca: solo nell’alveo di patti chiari e ordinati scorre il fiume dell’espressione e della realizzazione individuale. Un esempio? Tra le regole di quest’anno c’è l’obbligo, per i ragazzi, di consegnare il telefonino agli educatori e di non utilizzarlo fino al termine dell’orario, anche e soprattutto nei momenti liberi dai compiti. Apparentemente una rigida limitazione. Nella realtà un’occasione per riscoprire la relazione faccia a faccia (concreta, non virtuale) con i coetanei e gli educatori. E così i cari vecchi giochi in scatola (necessariamente relazionali) sono tornati ad essere occasione di incontro e confronto, e la merenda un momento di condivisione (anziché di isolamento davanti a un touch screen). Come a dire: se inizialmente rispettare le regole e assumermi qualche responsabilità può sembrare una fatica, alla lunga ho solo da guadagnarci, e magari mi diverto pure, persino più di quanto mi aspettassi! Un’ultima precisazione sulle responsabilità degli educa-

tori: la predisposizione e la passione per questo lavoro non sono sempre sufficienti a garantire la qualità di un servizio. Per questo chi lavora coi vostri figli partecipa ogni settimana agli incontri di staff, durante i quali viene analizzata ogni difficoltà e cercata la migliore risposta ai bisogni di bambini, ragazzi e famiglie. Ciascun operatore è chiamato a interrogarsi sul proprio stato di “salute” professionale, ad analizzare i propri agiti, a correggere gli errori, ad attivare nuove risorse. Anche qui, all’apparenza, una responsabilità che potrebbe sembrare un altro carico di lavoro, ma che invece si sta rivelando, di mese in mese, un’occasione di crescita personale e professionale, un’opportunità di confronto e formazione. Anche in questo caso il guadagno è maggiore dell’investimento. La responsabilità ripaga.

In foto Eva Da Dalt (educatrice) insieme ai ragazzi del doposcuola.

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Cos’è l’assistenza allo studio? Tre racconti reali per rispondere Il doposcuola è un contesto educativo in cui fare i compiti, socializzare e trascorrere i pomeriggi. Le ripetizioni sono fornite da insegnati esperti in una materia e permettono di migliorare la preparazione o recuperare lezioni perse. L’assistenza allo studio ve la spieghiano con tre racconti (reali… abbiamo inventato solo i nomi). Luca, terza media, viene al doposcuola per difficoltà in matematica, ma non porta mai i libri. I genitori decidono di iscriverlo anche al servizio di assistenza allo studio individuale. Arriva col muso lungo e l’atteggiamento ostile. Gli domando quanto creda di conoscere del programma e mi risponde secco: “niente”. Allora prendo un foglio, traccio una lunga linea e gli chiedo se conosca le tabelline. Mi risponde di sì e facciamo alcuni esercizi: in effetti se la cava. Lo invito a pensare alla striscia sul foglio come all’intero programma di matematica e a colorarla fino al punto che secondo lui corrisponda alla conoscenza delle tabelline. Luca colora un segmento brevissimo. A questo punto gli dico: “In effetti non è molto rispetto a tutto ciò che dovresti sapere, ma è comunque qualcosa, quindi non è vero che non sai niente di matematica. Da questo momento hai un punto di partenza che non puoi più negare. Partiremo da qui per recuperare il resto”. Negli incontri successivi continuiamo a utilizzare questo metodo, aggiungendo un tratto colorato alla striscia ogni volta che recuperiamo una parte del programma. Al termine del percorso Luca non si oppone più alla matematica e sembra persino divertirsi a risolvere le espressioni: uno dei tanti segnali da cui traspare una maggiore fiducia nelle sue capacità. Valorizzo i suoi progressi e lo invito a raccontarli a casa. I genitori mi chiamano per verificare quanto Luca riporta e confermo il cambiamento, invitandoli a rinforzarlo a loro volta. Durante l’ultimo incontro Luca si accorge di aver colorato tutta la striscia del foglio e mi domanda se possa tenerlo. È poco più di uno scarabocchio, ma vale quanto un attestato. Con Roberta scherzo sempre sul fatto che riesco a farle

piacere delle materie che dichiarava di odiare. Un giorno entra e dice: “oggi la scommessa non la vinci… devo fare una cosa pallosissima: imparare a memoria una lista di verbi inglesi all’infinito, al past simple e al past participle…”. Sbuffando dice che i vocaboli sono oltre 240: Mission Impossible!! Mi alzo ed esco con la lista, anch’io un po’ in ansia perché in effetti il compito non è una passeggiata; ritorno con una fotocopia ed alcuni evidenziatori. Le faccio scegliere tre colori: il primo per sottolineare i verbi che conosce bene, il secondo per quelli che ricorda meno e il terzo per quelli che non ricorda proprio. Partiamo dai terzi, li studiamo insieme e per ciascuno evochiamo frasi idiomatiche o versi di canzoni che ce li ricordino, talvolta perdendoci dietro alle parole e ai loro significati senza preoccuparci troppo della consegna. Più tardi affrontiamo “gli incerti” e infine, con un breve ripasso, confermiamo la conoscenza della prima lista. L’ora passa in fretta, e al termine chiedo a Roberta cosa pensi del lavoro che abbiamo fatto. Riconosce che la divisione del fardello iniziale in tre categorie ha ridotto l’impatto del compito e l’ansia che ne conseguiva, rendendo l’impresa più abbordabile. Io mi dichiaro soddisfatto, anche perché un po’ mi sono divertito a canticchiare canzoni in inglese con lei; Roberta, manifestando un finto stupore, mi sorride nel suo modo furbo e dice: “Anch’io mi sono divertita…oh no! adesso mi hai fatto piacere anche l’inglese, non ci posso credere!”. Davide (seconda elementare) ha importanti difficoltà di lettura, anche perché ogni volta che deve fare i compiti inizia a lamentarsi e finisce quasi sempre per piangere: un atteggiamento che ostacola il lavoro degli educatori al doposcuola e rende la vita piuttosto difficile ai geni-


tori quando cercano di fargli fare un po’ di esercizio a casa. I capricci alimentano le difficoltà di apprendimento e queste scoraggiano ulteriormente Davide, in un circolo vizioso che sembra difficile sovvertire. Quando i genitori decidono di iscriverlo all’assistenza allo studio appare chiaro che bisogna lavorare su due obiettivi: aiutarlo a imparare a leggere e suscitare il suo interesse limitando i capricci. Per il primo aspetto decido di partire da un livello base e affrontare i passi successivi solo una volta che le competenze minime siano consolidate: cominciamo dal riconoscimento di singole lettere, poi affrontiamo le sillabe, alcuni suoni particolari (gn, gl, ecc...), parole sempre più lunghe e infine brevi frasi e piccoli testi. Per l’aspetto educativo scelgo invece di far leva sul fatto che a Davide piacciono molto le sfide agonistiche (soprattutto quando vince…) e imposto i nostri incontri come un gioco, premiandolo con dei punti ad ogni minimo sforzo o risposta esatta. Se fa i capricci fingo di ignorarli e riporto la sua attenzione sulla gara in corso. Talvolta uso un gioco da tavolo con le pedine che avanzano man mano che cresce il suo punteggio. Inizialmente gli permetto anche di contrattare sul compenso (“quanti punti mi dai se leggo tutta la frase?”) ma nel corso degli incontri aggiungo alcune regole: prima introduco le penalità (ad ogni lamentela corrisponde una perdita di punti), poi gli nego la possibilità di contrattare sul punteggio e infine stabilisco che conoscerà il risultato solo al termine della prova, in modo che la lettura non venga più interrotta. Così facendo togliamo progressivamente importanza alla motivazione estrinseca (i punti) per attribuirla a quella intrinseca (sentirsi bravo perché legge meglio). Davide non si oppone a queste novità e il metodo sembra funzionare: la frequenza dei capricci diminuisce all’aumentare della sua sicurezza. Dopo un po’ facciamo il punto coi genitori e Davide stesso riconosce di essere molto migliorato, sia nel comportamento (“non faccio più le frigne”), sia nella lettura. Io

confermo e i genitori lo gratificano, e tutti insieme ci diamo il cinque, da veri sportivi. Negli incontri successivi non chiede più di ricevere punti, bensì di poter scegliere i libri su cui fare esercizio; inoltre inizia da solo, senza lamentarsi. Ora il circolo è divenuto virtuoso: sapersi migliorato lo invoglia alla lettura; l’esercizio costante lo fa sentire ancora più “Campione”. Assistenza allo studio significa dunque: • offrire strumenti, insegnare tecniche, facilitare l’apprendimento di un metodo di studio; • rimuovere paure e blocchi relativi a materie scolastiche, interrogazioni, verifiche; • trasmettere passione e divertimento (divertendoci noi per primi); • affrontare lacune scolastiche senza giudizi sullo studente (“non so fare una cosa” è ben diverso da “non sono all’altezza di farla”) • lavorare per obiettivi concreti e misurabili, condivisi coi ragazzi e le famiglie. Ma questi sono solo ingredienti: la ricetta cambia per ogni studente, a seconda delle sue necessità o dei suoi problemi e soprattutto in base alle risorse nascoste che possiamo contribuire a riconoscere e utilizzare. I professionisti coinvolti nel servizio di doposcuola e assistenza allo studio Francesca Astori, laureanda in Scienze dell’Educazione dott.ssa Elisa Bernardi, Educatrice dott.ssa Elisa Da Dalt, laureanda in Scienze della Formazione dott.ssa Eva Da Dalt, Educatrice dott.ssa Giulia Da Re, Educatrice dott.ssa Jenny Loudjani, Insegnante dott. Matteo De Noni, Insegnante dott. Marco Napoletano, Educatore e Counsellor

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Bisogna trasmettere fiducia L’esperienza di Mattia Mattia aveva sempre avuto qualche problema di rendimento scolastico. È un bambino docile e diligente ma i risultati delle prove scritte e orali (e di conseguenza le pagelle...) non corrispondevano mai all’impegno che metteva nello studio. Il risultato era una sensazione di insoddisfazione costante, riequilibrato, durante le elementari, dal sempre presente e affettuoso incoraggiamento delle maestre. Con il passaggio alle scuole medie, il cambio dell’organizzazione dello studio e il maggior sforzo richiesto hanno provocato un improvviso peggioramento delle valutazioni. Gli insegnanti durante i primi colloqui ci hanno segnalato mancanza di concentrazione durante le lezioni, compiti svolti in maniera superficiale e incapacità di organizzazione nello svolgimento generale del lavoro. Tutto questo nonostante a casa Mattia continuasse a impegnarsi in maniera costante. Nonostante i nostri sforzi nel cercare di seguirlo, il rendimento continuava ad essere negativo e gli insegnanti hanno richiesto una valutazione psicologica per escludere disturbi di attenzione. Non avevamo mai preso in considerazione il fatto che potessero esserci problemi di apprendimento e questa situazione ha cominciato a generare un po’ di preoccupazione anche in noi genitori. La psicologa dopo aver evidenziato, tramite i test, una bassa autostima e una facile distraibilità durante lo svolgimento delle prove, pur in un contesto di capacità di apprendimento assolutamente nella media, ci ha fornito una serie di suggerimenti, da condividere con la scuola, per aiutare Mattia in un percorso di graduale miglioramento nell’attenzione e nell’acquisizione di sicurezza e autostima. Anche questa volta i nostri sforzi non hanno prodotto i risultati sperati. Pur studiando fino a tardi la sera, pur ripetendo a Mattia le lezioni con schemini e disegni, i voti continuavano a essere bassi e i momenti di studio erano diventati causa di tensione sia per noi che per lui. Abbiamo capito che non eravamo in grado di aiutarlo nella maniera adeguata e quando, sul finire dell’anno scolastico, il Coordinatore di classe mi ha chiamato per sottolineare la gravità della situazione, ci siamo sentiti come se avessimo esaurito le risorse. Nonostante gli sforzi incrociati, nostri e di Mattia, la situazione non era migliorata nemmeno lievemente. Su suggerimento della maestra prevalente delle elementari abbiamo contattato I AM dove, dopo un breve colloquio conoscitivo, siamo stati affidati a un insegnante/ educatore. L’insegnante ha lavorato con Mattia due volte a settima-

na, anche durante il periodo estivo e oggi, dopo quasi sette mesi, stiamo vedendo i frutti di questo lavoro: i voti sono migliorati in maniera che non avremmo mai sperato ma, oltre i numeri, Mattia ha acquisito sicurezza e l’ansia provocata dalle prove scolastiche si è dissipata, permettendogli di riuscire a concentrarsi sia durante le lezioni che durante le verifiche. L’insegnante non si è limitato al solo supporto allo studio ma ha realizzato un vero e proprio lavoro di coaching trasmettendo a Mattia, lezione dopo lezione, una pre-


ziosa fiducia nelle sue possibilità e la sicurezza di sentire che è capace di essere bravo a scuola. Mattia ha ripreso ad affrontare la scuola con quella serenità che è l’ingrediente indispensabile di ogni risultato positivo. Abbiamo davvero avuto la fortuna di trovare in I AM l’aiuto e la competenza di cui avevamo bisogno. È stata un’esperienza estremamente positiva, che ancora prosegue e che, siamo certi, permetterà a Mattia di continuare

a migliorare, ad acquisire autonomia nella gestione dei suoi impegni e a prepararsi al meglio per le Scuole Superiori. Non ci interessava che Mattia diventasse il primo della classe o il secondo, volevamo che stesse bene con se stesso e che stesse bene a scuola, che vedesse una verifica come una prova superabile e un brutto voto come un piccolo incidente facilmente rimediabile. E tutti questi sono traguardi che, con il giusto aiuto, stiamo raggiungendo. Paola Pirritano, Mattia e Fabrizio Carnielli

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Essere padre o fare il padre La differenza tra l’esserci e il farci Eh già, perché la questione è fondamentale: uno può essere un campione, mica fare il campione. Ma c’è anche chi, a forza di volontà, può diventarlo: insomma la differenza tra Maradona e Lele Oriali (ok, lo ammetto, sono interista ma senza Oriali col cavolo che vincevamo il mondiale dell ’82!). Per il mestiere del padre è lo stesso, non si va a scuola di paternità, neanche di maternità effettivamente: però una madre porta la creatura con sé per 9 mesi circa, ha tutto il tempo di conoscerla e di farsi conoscere e poi dopo la nascita se tutto va bene prosegue questo mutuo intenso “corteggiamento”. Per il padre (e modestamente ho la fortuna di fare parte della categoria) la faccenda è diversa, eppure ugualmente misteriosa: senza rendersi conto, anche lui cambia, e spesso al momento della nascita del pargolo tutto si trasforma e compaiono pensieri, preoccupazioni, attenzioni, sentimenti e percezioni prima inimmaginabili. Per tanti è “una botta micidiale” un vero “trip”, l’inizio di una nuova esperienza di vita, caratterizzata da un rapporto nuovo con la propria (non nel senso possessivo del termine) donna e soprattutto da una relazione tutta da costruire con una persona inizialmente sconosciuta ma che ben presto farà capire di avere un suo carattere e di non essere propriamente

un gingillo ad immagine e somiglianza del “papi e della mami”. Il padre, ormai mandato in soffitta lo stereotipo del cacciatore che assicura cibo e protezione alla famiglia, ha nella nostra epoca un ruolo, a mio modesto parere (corroborato da tanti anni di lavoro e di paternità attiva) ancora più importante e delicato: superate spesso (per fortuna) le differenze rigide nei compiti domestici, nel ruolo di sostentamento della famiglia e nelle incombenze relative all’educazione dei figli, il padre ora si trova nella possibilità di vivere con maggiore intensità la sua “preoccupazione paterna primaria”, rivendicare un ruolo non più di semplice sostegno alla madre nella crescita dei figli, ma di vero co-protagonista della loro educazione. Ma ci sono differenze tra ruolo materno e paterno? Sicuramente sì. Ad esempio pare dimostrato che i maschi abbiano maggiori abilità nei compiti visuo-spaziali mentre le femmine in ambito linguistico verbale (…a proposito di stereotipi…), i maschi sarebbero più portati al fare, all’agire, al movimento, le femmine all’immedesimazione empatica ed alla relazione affettiva: chissà, secondo alcuni studi, possibili effetti collaterali di dotazioni diverse di testosterone ed estrogeni.


Gianni De Polo Neuropsichiatra infantile, Fisiatra

Fatto sta che per un Paolino o una Carlotta di poche settimane o mesi o anni o già adolescenti, potere sperimentare e godere della relazione così speciale e diversa con il DAD e la MAMI (come dicono i miei figli) è una esperienza unica e molto molto ricca, anche se non sempre facile per nessuno degli attori in scena. Nulla di più sbagliato nel pensare che la madre possa fare anche la parte del padre o (più raramente) il padre quello della madre: perché? Semplice, perché si può (e si deve) essere padre o madre, non si può fare il padre o la madre. E se il padre manca, realmente o di fatto (il lavoro, il lavoro e poi il lavoro)? Beh, evidentemente la faccenda si complica parecchio, è un po’ come se a Paolino o a Carlotta venisse a mancare l’altra metà dell’universo. Perché? Perché il padre è spesso un ponte verso l’ignoto, il tramite per affrontare il rischio, la legge da sfidare per vedere cosa succede, il complice da coinvolgere. Il padre aiuta il figlio o la figlia a capire che c’è tutto un mondo oltre la madre, un mondo da provare, conquistare, capire e conoscere, temere ed al contempo cercare. Ho sempre pensato che noi padri dobbiamo rivendicare il nostro preciso diritto a crescere (nel senso alto del termine) i figli, ad educarli: una volta questo era compito

quasi esclusivo della donna, ora non più. Sfida grandiosa ma che ha regole precise: tempo da dedicare, capacità di osservare e riflettere, umiltà e consapevolezza di potere sbagliare (bisogna essere genitori sufficientemente bravi, guai aspirare alla orribile perfezione), capacità di ammettere errori e di chiedere scusa quando si esagera, presenziare alla vita familiare di tutti i giorni e non solo agli eventi eccezionali, andare al colloquio con le maestre piuttosto che accompagnare il pargolo dal pediatra, sapere chiedere aiuto quando le difficoltà sembrano sopraffarci. Solo così cresce un legame forte, un legame che non è un cappio, ma un vincolo di affetto e solidarietà, di rispetto e complicità reciproca, un legame che permetterà di superare le tempeste, le liti, gli scontri inevitabili, le crisi che in ogni famiglia che si rispetti la vita inevitabilmente porterà con sé. E solo così potremo un giorno serenamente dire a noi stessi: “Ok, forse avrei potuto far meglio ma alla fine sono stato un padre sufficientemente buono!”

Dr. Gianni De Polo neuropsichiatra infantile, fisiatra… e padre

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Matematica, che incubo! Alle volte manca solo la strategia La matematica e la fisica sono due materie che possono generare un senso di frustrazione e di inadeguatezza così intensi da scoraggiare anche i più tenaci. Ti possono far sentire una nullità, soffocare il senso della vita, l’entusiasmo e senza entusiasmo non c’è vero apprendimento. Quando i ragazzi vengono a ripetizione, portano spesso con loro un sacco pesante pieno di insuccessi e noi già dal primo incontro cerchiamo di accogliere il loro fardello. Non partiamo dal pregiudizio che i ragazzi non studino; crediamo piuttosto che non abbiano trovato la strategia adeguata al loro modo di apprendere e poco adatta a rispondere alle richieste dell’insegnante. Si fa davvero poco per aiutare i giovani a conoscersi! Così un bell’incontro inizia con l’ascolto. “Come studi?”, “Come ti prepari alle verifiche?”, “Come sono le interrogazione di matematica o di fisica?”, “Com’è il tuo professore?”, “Hai altri hobby?” In questo modo cerchiamo di conoscere meglio la persona che ci è di fronte e instauriamo una relazione di fiducia. Davvero credImo che la relazione sia fondamentale e che i mediatori di conoscenze come gli insegnanti siano chiamati a curare soprattutto questo: i rapporti.

Una cosa che negli anni abbiamo notato con chiarezza è la seguente. Il verbo “studiare” è molto vago. Ci sono ragazzi che si impegnano poco eppure ottengono ottimi voti nelle verifiche e altri che pur impegnandosi molto ottengono pessimi risultati. Perché? I motivi sono tanti, di sicuro il verbo “studiare” non aiuta, non dice abbastanza, non dà indicazioni. Ahimé! Viviamo ancora in un periodo in cui vengono misurate le abilità e le conoscenze attraverso verifiche scritte che mi verrebbe da definire prestazionali. Si dà ancora troppa poca importanza al processo di cambiamento che avviene nei ragazzi, a ciò che sanno già fare o stanno imparando a fare, e troppo peso al risultato, a ciò che non sanno fare. Si lavora più sul negativo che sul propositivo, più sul difetto che sul successo, più sull’incapacità che sulla capacità. L’insegnante di ripetizioni deve averne coscienza e cercare di avviare il ragazzo verso strategie più efficaci e più autonome. Spesso raccontiamo questa storia. C’è uno sportivo che si allena tutti i giorni. Riscaldamento, ripetute, rinforzo muscolare, fiato, defaticamento, stretching. Tutto procede regolarmente. Arriva il giorno della gara e nella pettorina legge 100 m piani. Inizia ad agitarsi e inizia a pensare di non essere pronto: “non sapevo che la gara fosse di velocità”, pensa tra sè e sè. Così si trova ai blocchi di partenza. Alla sinistra Usain Bolt, alla de-


stra un altro atleta super veloce. E l’agitazione aumenta. Pronti, partenza, via. Il tempo di alzare la testa e capire cosa deve fare che i suoi compagni sono già al traguardo. Verifica consegnata, tutto corretto e lui, sconsolato, si scervella ancora un po’ cercando di evitare l’ennesimo quattro! Questa storia ha sempre funzionato. Aiuta i ragazzi a capire che l’insuccesso scolastico è dovuto al modo con cui si sono allenati. Devono conoscere bene la gara che dovranno svolgere per preparasi come si deve. Non si può pretendere che qualsiasi tipo di preparazione generi comunque dei buoni risultati! A dire il vero se la matematica e la fisica si limitassero a questo sarebbe proprio triste. Almeno per me che amo queste materie, ma la mia esperienza finora mi dice che per la scuola così com’è oggi allenare gli studenti alle verifiche è necessario. Mi sarebbe piaciuto parlarvi della bellezza della matematica e della fisica, dell’aquila che vola alta nel cielo e scruta il mondo sorretta dai venti, del leone che con il suo sguardo ammira la savana al tramonto, del bue che rumina l’erba gustandone il sapore, perché la ma-

tematica e la fisica raggiungono altezze inimmaginabili, uniscono il cielo e la terra, il micro e il macro. Non lo faccio. Non lo faccio perché non voglio illudervi. Non è questo che si cerca oggi nell’insegnamento scolastico; non la bellezza della serie di Fibonacci, non l’armonia del pi greco, non la magia dell’incommensurabile, bensì la semplice, cruda, concretezza materiale: il risultato. Che rimanga tra di noi, ai ragazzi quando posso gliene parlo.

I professionisti coinvolti nelle ripetizioni, recuperi e approfondimenti per gli studenti dott.ssa Clarissa Baccichet, inglese e tedesco prof.ssa Alessandra Carrara, inglese e tedesco dott. Graziano Cozzuol, contabilità, ragioneria, matematica finanziaria prof. Matteo De Noni, italiano, latino, storia prof. Carlo Fellet, biologia, chimica, scienze della terra, scienze degli alimenti e geografia astronomica prof.ssa Jenny Loudjani, francese dott.ssa Francesca Mancuso, spagnolo Ing. Davide Marcon, matematica e fisica prof. Andrea Simon, matematica e fisica

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Globalizzazione Famiglia-Scuola L’esistenza di una responsabilità della comunità sociale GLOBALIZZAZIONE - Il Libro Bianco della Commissione Europea per l’Istruzione, nel 1995, individua i principi della modernità nella nascita della società dell’informazione, nello sviluppo della civiltà scientifica e tecnica, nell’universalizzazione dell’economia. Il periodo in cui viviamo, caratterizzato da modernizzazione e globalizzazione, è segnato dalla consapevolezza di come lo scientismo positivista sia ideale sconfermato dagli avvenimenti: inquinamenti, disastri ecologici e ed economici, disuguaglianze sociali, nuove malattie. Lo sviluppo della scienza non ha condotto al raggiungimento di quel sapere globale tramite il quale spiegare le leggi del reale per poterlo poi dominare. La società civile, come asserito da Spinoza, pur constatando il progresso delle scienze, ne coglie i limiti riconoscendole incapaci di garantire la felicità umana. In questa “epoca delle passioni tristi”, pervasa di impotenza e di incertezza, emerge una società multietnica e multiculturale in continua evoluzione e spesso oscillante tra due opposti atteggiamenti: dinamismo ottimista e pessimismo fatalista. FAMIGLIA - Tutto ciò si ripercuote sia sulla famiglia sia sulla condizione giovanile. L’emancipazione femminile, il variegato e composito mondo delle tipologie familiari, la denatalità, sono solo alcuni esempi dei recenti mutamenti che hanno investito la famiglia. La crisi ha pervaso, conseguentemente, le relazioni tra adulti e giovani. Scomparso il principio di autorità-anteriorità che riconosce all’adulto, in quanto preesistente, la possibilità di trasmettere la cultura, venuti meno la fiducia nel futuro e nel progresso ed i modelli di riferimento – in antitesi con il bildungsroman di hegeliana e goethiana memoria – i giovani di oggi percepiscono come simmetrica la relazione con gli adulti, prigionieri di una perpetua adolescenza. Questi ultimi, per evitare il conflitto, per compensazione, per la ricerca dell’agognato “quieto vivere”, stanchi e stressati, spesso rinunciano alla loro posizione di autorità rassicurante e contenitiva. Genitori che, come sostiene Benasayag, alternando atteggiamenti di coercizione ad altri di seduzione, contribuiscono ad identificare i figli come clienti svilendo in rapporto commerciale il rapporto educativo. Tali fattori determinano nei giovani relazioni affettive instabili, paura del futuro visto come minaccia, dispersione scolastica e ritardato inserimento nel mondo del lavoro, ricerca di continua visibilità nella Rete ed un allungamento dello stadio adolescenziale. La scuola, comunità educante istituzionalizzata, vive le

tensioni del contesto globalizzato in cui si muovono i suoi attori ed il sistema scolastico italiano, come già avviene in altri Paesi, deve necessariamente confrontarsi con le problematiche sopra evidenziate. Proprio perché la scuola rappresenta nella società contemporanea non la sola agenzia educativa, bensì l’unica ad avere caratteristiche di intenzionalità e sistematicità, deve fornire agli alunni quelle che l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Unesco e l’Unicef definiscono life skills. Abilità per la vita che consentano alle donne e agli uomini di domani di interpretare la realtà in forma dialogica, cogliendo e accettando le contraddizioni e le sfide di un mondo complesso, in cui dubbio e incertezza non sono affatto aspetti trascurabili. Il rapido cambiamento della società richiede al sistema formativo il rinnovamento del patrimonio culturale per arricchire il capitale umano iniziale e per incrementare il valore aggiunto favorendo, come affermano sia Montaigne sia Morin, lo sviluppo non di teste piene, ma di teste ben fatte. Rispetto alla metà del secolo scorso, quando la formazione di base si esauriva con l’assimilazione di poche conoscenze fondamentali che – da sole – erano garanzia di successo per l’intera vita dell’individuo, oggi priorità della scuola è assicurare a tutti l’acquisizione di competenze duttili e durevoli. In una società in rapida trasformazione, dove spesso la tecnica ha superato la cultura e il fare ha vinto sul capire, la scuola deve puntare – prima di tutto – al potenziamento del desiderio di imparare e di apprendere. La motivazione all’apprendimento, già descritta da Freud pulsione epistemofilica, è una costante di tutta la nostra vita: soltanto una formazione in progress, tramite un lifelong learning, è garanzia di promozione per la crescita educativa della persona, nel rispetto dei valori di soggettività, integrazione e cittadinanza. Nel Comunicato di Maastrick, dicembre 2004, la Commissione Europea per l’istruzione ha ribadito l’importanza di offrire a tutti i cittadini europei (giovani, lavoratori anziani, disoccupati, diversamente abili) le qualifiche e le competenze necessarie per integrarsi pienamente nella emergente società della conoscenza e per migliorare le condizioni di lavoro. Una scuola di qualità, riconoscendo i differenti stili cognitivi e relazionali dei propri alunni, deve essere in grado di diversificare l’insegnamento per adeguarsi ai bisogni dell’utenza, per valorizzare le diversità, per contrastare l’insuccesso e la dispersione, garantendo a tutti i discenti il massimo di crescita possibile. Qualsiasi tipo di apprendimento,


come sostiene Gagnè, per ricezione, per scoperta, per padronanza, avviene in un clima di affettività e di assertività nel quale si esplicita quell’autorevolezza formativa in grado di conciliare l’accettazione incondizionata del giovane con la garanzia del rispetto delle regole e della disciplina. Le scuole efficaci, di tradizione anglosassone e francese, identificano quali fattori di qualità –tra gli altri- anche la gestione disciplinare degli alunni. Il rispetto di semplici regole fa scoprire ai giovani il piacere di spostare la loro sete di sconfinamento nella conoscenza di nuovi saperi. Viceversa, l’adulto (genitore o docente) che non impone regole o non le fa rispettare, appare agli occhi del giovane come un debole incapace di sostenerlo nel suo percorso di crescita. Le regole, i contenimenti, i limiti segnano il contorno dell’identità di ogni nuova persona: essere liberi significa procedere con delle norme interiorizzate. Altro fattore di qualità della scuola deriva dalla preparazione professionale dei docenti: la formazione disciplinare va costantemente aggiornata sia nei contenuti sia nella metodologia (con particolare attenzione all’uso dei canali utilizzati: percettivo, orale, scritto…), ma soprattutto va coniugata ad una preparazione psico-pedagogica in situazione di corresponsabilità esplicita. A livello organizzativo ciò si traduce in un lavoro di team in fase progettuale, di gestione, di verifica, di valutazione, di autovalutazione, di comunicazione, di informazione, di diffusione. La creazione del knowledge management fornisce supporto fondamentale a tutti i processi scolastici fondati sulla cooperazione intrinseca dell’intera comunità educante. La scuola di qualità, nell’esercizio della propria autonomia, attiva processi di direzione, controllo e supporto per realizzare una gamma di servizi per soddisfare i bisogni formativi diversificati dell’utenza, spesso attingendo alle risorse presenti sul territorio e creando delle vere alleanze educative con gli stakeholders. Ogni processo è caratterizzato da attività la cui gestione è affidata a persone che rivestono ruoli distinti. Educare

un figlio è un’impresa sempre meno esclusiva della famiglia e sempre più a carico della collettività, impresa che trova la scuola in prima linea. In questo compito gli educatori professionisti, individuando le strategie più adeguate alla formazione dei giovani, sovente sono in grado di rassicurare e aiutare i genitori a svolgere il loro ruolo, all’insegna di una sinergica collaborazione. L’indagine recente di EURISPES, in questo senso, conferma la valutazione positiva che i genitori attribuiscono proprio alla competenza dei docenti. Esiste, quindi, una responsabilità complessiva della comunità sociale – formata dalla famiglia e da tutti gli operatori che professionalmente si occupano della formazione dei giovani – nel promuovere i valori della cultura: apprendimento, conoscenza, partecipazione e nel favorire lo star bene con sé, con i pari, con gli adulti, con gli apprendimenti. Tutto ciò per il presente dei giovani e non solo in vista del loro futuro, nella convinzione che la scuola non è riduttivamente preparazione alla vita, perché semplicemente la scuola è vita.

Loredana Buffoni Dirigente Scolastico

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Percorso educativo Per la serenità di tutta la famiglia I genitori di Kevin chiedono un percorso educativo perché il ragazzo rischia di farsi bocciare un’altra volta in terza superiore a causa di un “blocco della motivazione” in quattro materie che proprio non sopporta. Al primo colloquio Kevin mi spiega che se una cosa non gli piace non riesce a motivarsi, nonostante sappia essere costante ed efficace in quelle che lo appassionano (infatti è un asso a pallacanestro e ha un’ottima media in altre materie). Definisce questa come una sua “caratteristica personale” e dice di invidiare i compagni che sanno farsi piacere anche le materie indigeste: “Qualche volta mi chiedo se non era meglio nascere diverso... per essere come loro rinuncerei volentieri ai miei talenti”. Mentre parla è piuttosto serio ed accigliato. Lo ascolto a lungo, poi prendo un foglio e disegno tre rettangoli, uno dentro all’altro: gli spiego che quello più ampio rappresenta il suo modo di essere nella vita (dedicarsi con passione alle cose che gli piacciono, tralasciando quelle fastidiose o che gli sono indifferenti) e che se volesse agire su questo

piano dovrebbe farsi aiutare a cambiare la sua “struttura di personalità”; io però non ne ho le competenze, e in ogni caso… non mi pare il caso! Proviamo quindi a restringere il campo. Il secondo riquadro rappresenta la motivazione rispetto alle quattro famigerate discipline scolastiche: in questo ambito dovrebbe lavorare a lungo per risvegliare interesse e passione (che forse non ci sono mai stati), ma la fine dell’anno è vicina, non c’è molto tempo, e comunque ormai è troppo grande: a 18 anni uno avrà pure il diritto di scegliere cosa gli piaccia e cosa no! Bisogna dunque semplificare ancora: nel rettangolo più piccolo c’è la possibilità di salvare le materie semplicemente con un piano di lavoro “tecnico” a cui attenersi: affrontarle una alla volta, dedicare tempo e fatica solo alla prestazione anziché alla motivazione. Potrebbe cioè affrontare le materie al semplice scopo di liberarsene e dedicarsi ad altro, senza cercare di farsele piacere per forza (ad esempio: ogni volta che riesco a imparare un concetto chiave o svolgere una serie di esercizi


Tutti i nostri servizi per il sostegno alle famiglie (genitori e figli) CONSULENZE E SOSTEGNO ALLA GENITORIALITÀ Spazio di ascolto e aiuto per affrontare i più svariati problemi legati all’educazione e alla gestione di figli di diverse età. SERVIZIO DI PSICOTERAPIA INDIVIDUALE, DI COPPIA E FAMILIARE Attraverso l’ascolto, il dialogo e la relazione, il terapeuta insieme alla persona, alla coppia o alla famiglia, persegue l’obiettivo di modificare la situazione che crea disagio e che compromette il benessere e la qualità della vita. PSICOLOGIA DOMICILIARE Il percorso prevede un intervento di sostegno domiciliare in situazioni di difficoltà all’interno del nucleo familiare. PERCORSI DI SOSTEGNO PER BAMBINI CON DISTURBI DELL’ETÀ EVOLUTIVA Percorsi rivolti a bambini che necessitano di un intervento specifico che soffrono di enuresi, encopresi, insonnia, ansia o altri disturbi dell’età evolutiva.

PRIMI PASSI Tre incontri per genitori di bambini del Nido e della Scuola dell’Infanzia alla scoperta dei bambini piccoli. Verranno affrontate alcune delle tematiche più sentite dai genitori di bambini del nido e della scuola dell’infanzia. NIENTE PAURA! Percorso per genitori con figli preadolescenti e adolescenti suddiviso in moduli tematici. Ogni modulo prevede più incontri. 1° modulo - incontri sul tema “Genitori e figli adolescenti: come prevenire i comportamenti a rischio?”; 2° modulo - Incontri sul tema: “Motivazione e autostima”; 3° modulo - incontri sul tema “Genitori e figli adolescenti: come prevenire i comportamenti a rischio?”.

PERCORSI EDUCATIVI DI SOSTEGNO PER BAMBINI E RAGAZZI CON DIFFICOLTÀ DI CARATTERE EMOTIVORELAZIONALE O CON SCARSA AUTOSTIMA Percorsi rivolti a bambini e ragazzi che stanno vivendo la loro fase di crescita con particolari difficoltà (immagine di sè, relazione con i genitori, rapporto con il gruppo dei pari, poca fiducia in se stessi e nelle proprie capacità).

GENITORI IN REGOLA Percorso formativo ideato da Kaloi rivolto a Genitori e Insegnanti sul tema della gestione di Regole e Disciplina. Il percorso è strutturato a partire da un testo di Roberto Gilardi (docente universitario, counselor professionista ed esperto di processi formativi) che tratta in modo ampio la tematica delle regole parten-do da un chiaro ed efficace schema di riferimento. Attorno a questo nucleo centrale si sviluppa un percorso che intende sostenere le figure adulte nella strutturazione di una relazione efficace con figli e alunni. Il percorso è diviso in 2 livelli da 4 incontri da 2,5 ore ciascuno.

PASSO DOPO PASSO Percorso rivolto a genitori in attesa e con bambini di età inferiore a 1 anno per approfondire lo sviluppo motorio, cognitivo, ludico e relazionale del bambino dalla nascita ai 3 anni.

www.iamservizi.it/genitori/sostegnogenitorifigli.html

mi premio uscendo a giocare a basket…). A questo punto Kevin sembra illuminarsi: lo schema ha fatto chiarezza mettendo in ordine i piani della questione e sgravandolo da quelle che ora chiama “le paranoie inutili che mi facevo”. Se prima la questione suonava del tipo: “Oddio, come sono fatto male…”, ora si tratta solo di lavorare per conseguire obiettivi concreti. Costringersi a “fare” era diventato un tutt’uno con il costringersi ad “essere”, e la cosa lo bloccava. Fatta la dovuta distinzione, studiare per il voto non intacca più il rapporto con se stesso e la propria identità. Realizzato ciò, ora Kevin sorride, non è più serioso e corrucciato. Negli incontri successivi non facciamo altro che stendere un “piano di battaglia” con una precisa tattica scritta: “il giorno X studio tot pagine, il giorno Y mi offro volontario, il giorno Z chiedo al prof. gli argomenti della prossima verifica, ecc.” In seguito i genitori riferiscono che lo vedono cambiato, più contento e alla fine Kevin salva l’anno e forse,anche un poco di autostima.

I percorsi educativi sono brevi cicli di incontri di sostegno a ragazzi e genitori alle prese con difficoltà o criticità di varia natura: scelte scolastiche, blocco della motivazione allo studio, difficoltà relazionali, comportamenti a rischio, gestione delle regole in famiglia, ecc. I percorsi sono tenuti da professionisti di comprovata esperienza e preparazione. Non mirano ad offrire soluzioni magiche e definitive, quanto a sostenere i clienti nella ricerca e attivazione delle proprie risorse, in un processo di auto-potenziamento e autonomia.

I professionisti coinvolti nei servizi per il sostegno alle famiglie dott.ssa Martina Agnoli, Psicologa e Psicomotricista dott.ssa Alice Ceotto, Psicologa e Psicoterapeuta dott. Marco Napoletano, Educatore e Counsellor dott.ssa Giada Nadal, Terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva

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Auto stima La valutazione e l’apprezzamento di se stessi e degli altri

Sul tema dell’autostima abbiamo organizzato una serata rivolta ad insegnanti, educatori e genitori: il prof. Roberto Gilardi, formatore e autore di alcuni testi di educazione per importanti case editrici, ha presentato il suo nuovo libro “Quando manca l’applauso: come aiutare i nostri figli ad affrontare l’insuccesso”. Il tema dell’autostima è spesso trattato in modo vago e superficiale, quasi fosse l’ennesima moda passeggera tra genitori. Ma cos’è veramente l’autostima? In una visione ontologica della questione, ancorchè brumosa e nugale, il coacervo di articolazioni poliedriche sistemicamente organizzate in “estrema ratio”, condurrebbe a una visione fenomenologica del termine, composto da fonemi eidopoietici. Non hai capito nulla? E’ del tutto normale. Il dubbio è duplice. Primo la mia salute mentale, secondo il tuo grado di conoscenza della lingua italiana. Hai pensato “Come sono ignorante” provando un po’ di disagio? Ecco l’autostima: ogni lettore misura (e quindi stima), la propria conoscenza della lingua italiana. Capito tutto = autostima alta, capito niente = autostima bassa. Ma anche lo sguardo allo specchio prima di uscire, è un tipo di autostima. Si tratta dunque di capire cosa misuriamo di noi stessi e cosa proviamo per questa misura: bene o male. Nel tuo libro illustri alcune strategie per coltivare l’autostima nei figli. Puoi riportare qualche esempio? Se si tratta dell’aspetto fisico, andare in palestra insieme, aver cura del corpo, pettinarsi e lavarsi, mangiare sano. Se si tratta delle conoscenze e competenze, non sostituirsi ai figli. I letti se li fanno loro, qualche volta cucinano, sistemano una presa elettrica che non va. Per valori e amore di sé, poche righe non bastano per rispondere. Anche per noi adulti l’autostima è spesso collegata ai risultati che riusciamo o meno a conseguire come educatori. E così un fallimento dei figli (scolastico o sportivo che sia) si traduce in ansia da insuccesso per i genitori o in frustrazione per gli educatori. Che fare in questi casi? (a parte leggere il tuo libro…) L’insuccesso si collega a due termini: responsabilità e colpa. La colpa rende impotenti, la responsabilità invita a comprendere cosa non ha funzionato e alla ricerca di correttivi. Anche gli educatori sono esseri umani con potenzialità e limiti. Anche gli educatori possono portare correttivi, come fanno gli scienziati nei loro esperimenti. I nostri figli sono i nostri esperimenti. Viviamo in una società poco incline a considerare l’insuccesso come parte integrante e normale dell’esperienza umana: come possiamo evitare l’equazione per cui chi non ha successo è un fallito? Fare un seria revisione delle nostre priorità, dei nostri valori, del significato che attribuiamo alla vita e alla nostra esistenza. Lasciare un po’ di spazio all’ingresso della Filosofia quotidiana, alla saggezza che un tempo permeava le nostre famiglie e che oggi sembra giocare a nascondino.

Roberto Gilardi Formatore, Educatore e Scrittore


Per investire di nuovo in un progetto di vita Perché ricorrere alla psicoterapia Ricorrere alla psicoterapia, e quindi intraprendere un percorso con essa, significa creare con lo specialista un rapporto interpersonale di aiuto, basato sulla fiducia reciproca e con l’obiettivo di rimediare al disagio che complica la quotidianità della persona coinvolta. La psicoterapia è fondamentalmente una relazione “di cura” che il professionista matura e affina nel corso della sua continua formazione e applica al singolo caso attraverso la parola, l’ascolto attivo, mediante tecniche precise e rigorose. Nella pratica clinica esistono diversi orientamenti o modalità di svolgere la psicoterapia, sulla base della formazione dello psicologo o del medico, che affrontano con pari efficacia le diverse problematiche che disturbano la persona e il contesto in cui vive. Come avviene in altre discipline sanitarie, anche il percorso psicoterapico è un processo in cui è complesso stabilire a priori l’efficacia del trattamento e le sue tempistiche, questo perché nel rapporto di cura incidono direttamente sia le peculiarità del terapeuta nella relazione con la persona, sia le caratteristiche personali del soggetto. La persona, infatti, è parte attiva nella sua terapia: senza i suoi obiettivi, caratteristiche, il suo modo di accogliere e rielaborare i contenuti emersi nel corso della terapia e il suo modo di stare nella relazione con il terapeuta, non si realizzerebbe quel “cambiamento” capace di alleviare progressivamente le sofferenze che lo hanno spinto a cercare un aiuto professionale. Chi si rivolge ad uno psicoterapeuta non necessariamente soffre di gravi patologie mentali; la richiesta infatti spesso risponde al “bisogno di aiuto” che ciascuna persona può provare in situazioni particolarmente difficili e in cui le normali risorse fino a quel momento impiegate,

non risultano efficaci. Per queste ragioni, il percorso psicoterapico può essere pensato per il singolo, per le coppie o per la famiglia a seconda del disagio portato, delle cause che lo generano e delle ripercussioni che lo stesso genera nei confronti del contesto circostante. La psicoterapia sistemico relazionale, che trova ampia applicazione nel lavoro con le famiglie, permette di lavorare con il singolo individuo, la coppia genitoriale, il rapporto tra i fratelli, il rapporto genitori-figli e le relazioni trigenerazionali. Indipendentemente dal protagonista in questione, ogni psicoterapia ha l’obiettivo di analizzare e guardare con prospettive nuove i conflitti e le difficoltà che generano sofferenza e disagio per poi trovare insieme ai soggetti coinvolti modalità e risorse differenti per affrontarle. La famiglia, intesa come sistema composto da più persone in relazione tra loro per ragioni biologiche, affettive e relazionali, è sottoposta quotidianamente a continui cambiamenti interni ed esterni a cui risponde modificandosi, pur mantenendo la sua continuità. Il sistema familiare normalmente sostiene i suoi membri in situazioni nuove e spesso difficili, ma possono insorgere delle situazioni in cui questo sostegno può venire meno e quindi generare un “blocco” della famiglia stessa o del singolo individuo. In questo frangente, quando sorgono delle problematiche - anche transitorie - che implicano una sofferenza che la persona, coppia o l’intera famiglia non riesce ad affrontare, può essere utile ricorrere ad un percorso di psicoterapia. La psicoterapia quindi, nel suo obiettivo generale, riattiva quel processo di sviluppo che consente alla persona, alla coppia, alla famiglia di realizzarsi, di esprimere e impiegare le proprie risorse e le proprie potenzialità, per investirle in quello che per Lei è il suo progetto di vita.

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Musica: un’arte-scienza Il piacere di produrre e capire i suoni “La musica è l’aritmetica dei suoni” disse il compositore Claude Debussy. Una frase più che azzeccata per dare un possibile significato a quest’arte-scienza che ha il compito di prendere suoni e rumori e organizzarli, mettendoli in relazione tra loro. Nella storia della musica vi sono due elementi in particolare che ricoprono un ruolo di fondamentale importanza: la scrittura e la registrazione e riproduzione audio. Per capire meglio l’importanza di questi fattori facciamo un esempio: chi di noi ha mai sentito suonare Bach? La risposta è semplice…nessuno, visto che è vissuto qualche secolo fa. Ma grazie agli spartiti che ci sono pervenuti abbiamo il piacere di ascoltare le sue opere riproposte da grandi interpreti, molti dei quali ci hanno lasciato e ci lasciano tutt’ora delle fantastiche registrazioni. La musica è parte integrante nella vita di un individuo. Che lo vogliamo o meno siamo costantemente sommersi da suoni e rumori di qualsiasi tipo in ogni momento della giornata. Consideriamo lo studio musicale come il piacere di produrre, assaporare e capire suoni e silenzi. Presso la nostra scuola creiamo percorsi di studio personalizzati che hanno come fine quello di far esprimere al meglio le po-

tenzialità musicali degli allievi tenendo in considerazione i vari obiettivi che una persona si prefissa di raggiungere. Fondamentale per coloro che si avvicinano allo studio di uno strumento musicale è appassionarsi a esso e il nostro compito è innanzitutto quello di aiutarli in questo intento. Ma il nostro scopo è soprattutto quello di avvicinare l’allievo al mondo della musica e accompagnarlo nella scoperta delle svariate sfaccettature offerte da questa meravigliosa materia. Da noi si presentano persone di tutte le fasce d’età, dal bambino di 6-7 anni all’adulto di oltre 50, ognuno con un proprio background musicale. Tali competenze possono essere minime (soprattutto nei bambini) oppure fornite da precedenti esperienze di studio (autodidattico o in altre strutture scolastiche) o ancora date da una condizione imprescindibile per far musica: l’ascolto della musica stessa. Pertanto prendono forma programmi diversificati in livelli base, intermedio e avanzato. Teniamo a precisare che non tutti nella vita possono o devono fare i musicisti. Proprio a partire da questo concetto crediamo che ognuno debba avere l’opportunità di fare musica a suo modo senza discriminazione: ci sono allievi


che si accostano all’apprendimento musicale per semplice diletto ed altri che desiderano far fronte ad un’analisi più approfondita della materia. Inoltre, per studiare uno strumento musicale non è indispensabile questa fantomatica inclinazione naturale definita talento, ma è importante la dedizione nei confronti di ciò che suoniamo. Indipendentemente dal livello che un allievo si prefissa di raggiungere, che lo porterà a essere dilettante o professionista, le nostre lezioni vanno ben oltre il semplice studio tecnico, stilistico e interpretativo dello strumento. Nei nostri incontri trattiamo sia le classiche materie quali teoria, armonia, storia, guida all’ascolto, sia temi quali la distinzione dei generi musicali, la classificazione e l’evoluzione degli strumenti nonché tutto ciò che riguarda l’informatica musicale (software di notazione ed editing audio) e le attrezzature legate al mondo delle tecnologie audio, il tutto per accrescere ulteriormente la cultura musicale di un individuo. Parte integrante dei nostri programmi rimane l’aspetto creativo. Dopo anni dedicati alla musica sia in ambito didattico che compositivo siamo convinti che gli elementi di stesura e arrangiamento di un pezzo musicale, in una

qualsiasi sua forma o genere, portino a soddisfazioni che vanno ben oltre quelle date dall’esecuzione/interpretazione di brani già scritti, i quali rimangono ovviamente un elemento essenziale nel percorso di studi. Nelle nostre lezioni utilizziamo il materiale didattico più disparato: a partire da numerose dispense preparate appositamente da noi per passare ai classici volumi in uso nei conservatori fino a manuali moderni. Inoltre, per alcuni argomenti legati allo strumento (come può essere la chitarra) abbiamo sviluppato una metodologia di insegnamento, frutto di anni di esperienza, basata sull’utilizzo di geometrie che permettono all’allievo una visione più semplice e immediata. Osservare lo strumento e la musica in generale da un punto di vista matematico non deve assolutamente spaventare, ma al contrario è un valido aiuto sia in ambito tecnico-esecutivo che analitico-compositivo. In foto Stefano Maroelli con un’allieva del corso di chitarra

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COSA DICONO ALCUNI DEI NOSTRI ALLIEVI:

“Ho scelto l’IAM perché offre una formazione completa: il corso non si limita al solo strumento, ma approfondisce lo studio della musica in tutti i suoi aspetti, dalla teoria alle moderne tecnologie. Musica e divertimento sono assicurati.” Gabriele C.

“La musica ha sempre fatto parte della mia vita, ed è da sedici anni che la studio. Nonostante abbia avuto il privilegio di aver seguito lezioni con maestri di fama internazionale, non sempre voleva dire che il loro metodo fosse il più efficace. Nel corso degli anni ho imparato che il massimo della ricezione per un allievo viene dall’ambiente e dal modo in cui gli vengono insegnate le cose e l’IAM è quanto di più adatto al mio scopo. Qui ho trovato, oltre che all’insegnamento dello strumento, un ambiente in cui è possibile visualizzare la musica a 360 gradi, quindi struttura, composizione, strumenti di produzione e, non ultimo, una visione sociologica ed imprenditoriale della stessa. In questo contesto ho trovato un insegnante e una struttura più adatti alle mie esigenze, più flessibili e aperti, in grado di vedere la musica sotto diversi punti di vista, in modo da essere sempre stimolante.” Simone S.

“Tutte le lezioni da sette anni a questa parte hanno sempre avuto qualcosa di speciale, un discorso o un momento che, in qualche modo, ti avvicinava a questo mondo. Un mondo in cui non è presente soltanto lo strumento, ma tutto quello che lo circonda, che può andare dalle basi per esibirsi in pubblico alla storia di come si è arrivati a fare quel che stiamo facendo.” Davide Z.

“Ho scelto questa scuola perché ho capito già da principio di aver trovato un insegnante preparato e disponibile, ma soprattutto una persona che trasmette passione tramite il proprio lavoro. Dopo anni di studio mi ritengo fortunato di aver fatto questo percorso e di aver trattato numerosi argomenti che vanno ben oltre il semplice studio dello strumento.” Davide P.

“Sono ormai nove anni che studio chitarra, ma solo negli ultimi quattro ho iniziato a frequentare il corso all’IAM, essendo venuto a conoscenza della vastità degli argomenti trattati. Non ho imparato solo a suonare, ma anche a utilizzare e conoscere il funzionamento dell’amplificatore, dell’effettistica e delle tecniche di registrazione, cosa che poche scuole insegnano, sottovalutandone l’importanza. Inoltre ogni allievo ha la possibilità di seguire un corso affine ai propri gusti musicali senza dover seguire un percorso prestabilito che potrebbe annoiare, permettendo uno sviluppo musicale originale e che lascia spazio alle proprie idee.” Gilberto P.

“Ho frequentato la scuola di musica dell’IAM per due anni e non posso che giudicare la mia esperienza assolutamente positiva e intensa. La disponibilità, la competenza e professionalità dell’insegnante sono state di grande stimolo e d’esempio per me e credo siano caratteristiche fondamentali che dovrebbero essere garantite in qualsiasi scuola, ma secondo la mia esperienza posso dire che non è sempre così, purtroppo. Che dire, consiglio l’IAM a chiunque abbia idea di avvicinarsi alla musica o a coloro che già ne sanno qualcosa e vogliono approfondire; qualsiasi livello sia il vostro, gli stimoli di crescita non mancheranno!” Martina R.

“Ho deciso di iscrivermi al corso di chitarra due anni fa. Sapevo che gli insegnanti erano molto qualificati e la struttura era professionale, tutte qualità che ho vissuto sulla mia pelle. Ti preparano nei minimi particolari: conoscenza della strumentazione, preparazione per i live, storia della musica, per poi passare allo studio teorico e pratico dello strumento. È un’esperienza che sarebbe bello vivessero tutti: apre la mente, ti asseconda nelle tue passioni, ti aiuta nel realizzare ciò che più desideri da questo ambito.” Alice C.


I professionisti coinvolti nei servizi ricreativi Giovanni Bet, artista - Massimo Bet, tricking - Andrea Busetti, chitarrista - Giovanna Casagrande, scrittrice - Federico Campodall’Orto, videomaker - Rina Paolini, esperta in lavoro a maglia - Anna Paolini, esperta in riciclo creativo - Gian Piero Pinese, cioccolatieri - Jacopo Rossitto, fumettista - Pierluigi Slis, artista - Aurelio Toscano, fotografo - Corinne Zanette, illustratrice

Tutti i nostri servizi per il tempo libero CORSI INDIVIDUALI DI MUSICA Chitarra elettrica, acustica e classica Basso elettrico Ukulele e strumenti folk a corda Solfeggio e grammatica della musica Sistemi di amplificazione ed effettistica Hard disk recording e software di editing audio Software di notazione musicale CORSI DI GRUPPO DI MUSICA Chitarra livello 1 e livello 2 Chitarra per bambini Hard disk recording e software di editing audio Software di notazione musicale Workshop di chitarra

CREATIVITÀ Fotografia digitale e analogica Video editing Scrittura creativa Lavoro a maglia Disegno, fumetto, illustrazione Cioccolateria INFORMATICA Computer - base Word, Powerpoint, Excel Grafica bitmap, vettoriale e desktop publishing LINGUE Inglese, Francese Spagnolo, Tedesco, Russo Parlare in pubblico www.iamservizi.it/corsi/corsi.html

SPORT Ginnastica dolce Yogafitness Do-in Pilates con le Favole Tricking martial art CENTRI ESTIVI Centri estivi per la Scuola dell’Infanzia Centri estivi per la Scuola Primaria ViVi Vittorio (per ragazzi della Scuola Secondaria di 1° grado) Prima di tornare a scuola (attività ricreative per bambini di fine estate)


Spaccatempo! Il servizio comunale a disposizione di ragazzi e famiglie per trascorrere un tempo libero di qualità! L’adolescenza rappresenta spesso un momento critico nel quale l’emancipazione dai genitori e la necessità di impegnarsi nella costruzione di un personale progetto di vita possono generare nei ragazzi inquietudine e disorientamento. Questo vissuto comporta in alcuni casi l’emergere di un disagio che può esprimersi attraverso sentimenti di apatia, noia, rabbia e sfociare, talvolta, anche nello sviluppo di comportamenti devianti. D’altro canto tutti gli adolescenti, una volta assolti i loro doveri quotidiani, hanno bisogno di un tempo “non troppo inquadrato”, di creare cioè situazioni in cui sentirsi liberi di essere se stessi e in cui incontrarsi coi coetanei lontani dagli occhi dei genitori, al di fuori del contesto familiare. Come impiegare dunque questo tempo? Ci sono molti modi per farlo! Trascorrere il tempo libero in modo creativo e costruttivo rappresenta un aspetto spesso trascurato, ma in realtà di grande rilevanza per la qualità della vita delle giovani generazioni, non solo in un’ottica di prevenzione, ma anche e soprattutto in prospettiva futura. In questo

senso, mettere a disposizione degli adolescenti spazi in cui incontrarsi, socializzare, fare insieme, non significa semplicemente prevenire la noia e i conseguenti comportamenti devianti che ne possono derivare, ma anche e soprattutto sviluppare e rafforzare competenze e abilità individuali di tipo sociale. L’adolescenza non è infatti soltanto l’età della crisi e dei conflitti ma ha anche di importanti compiti di sviluppo. Il tempo libero può diventare allora per gli adolescenti un luogo privilegiato nel quale definire la propria nuova identità e costruire il futuro sé. Diverse ricerche mostrano che i giovani che meno di altri rischiano di scivolare nella condizione di Neet (i giovani che non sono iscritti a scuola né all’università, che non lavorano e che nemmeno seguono corsi di formazione o aggiornamento professionale) sono proprio quelli che hanno maggiormente sviluppato non solo competenze tecniche e conoscenze nel percorso scolastico, ma anche e soprattutto le cosiddette “life skills”, quelle competenze che vengono usate per gestire problemi, situazioni e domande comunemente incontrate nella vita


quotidiana e che possono preparare meglio i ragazzi anche al mondo del lavoro. Su questo versante l’arricchimento maggiore arriva proprio da quei contesti di apprendimento informale nei quali si impara a stare in relazione con gli altri, a fare assieme, a mettersi alla prova, a gestire le emozioni, a sperimentare ruoli e impegni, senza però un eccessivo peso del giudizio da parte degli adulti o dei coetanei e senza eccessi d’ansia. E dove è possibile incrociare questi contesti di apprendimento informale sul nostro territorio? Il Comune di Vittorio Veneto, attraverso il Progetto Giovani, da alcuni anni mette a disposizione dei ragazzi e delle famiglie lo Spaccatempo, un servizio gestito dalla Cooperativa Insieme Si Può, rivolto agli adolescenti tra i 13 e i 19 anni. Lo Spaccatempo è uno spazio di relazione basato sul “fare insieme”, dove si possono incontrare altri giovani, passando dall’intrattenimento con chiacchiere ad attività sportive e artistico-espressive, all’ideazione e realizzazione di iniziative a tema con il supporto degli educatori e della rete dei partner che collaborano attivamente con il Progetto Giovani. Si tratta di uno spazio di aggregazione libera e spontanea dove i ragazzi vengono e vanno quando ne hanno voglia, ma al tempo stesso, per chi lo desidera, è anche uno spazio progettuale. Il servizio viene infatti costruito dagli educatori con i ragazzi che vi partecipano riconoscendo bisogni e interessi espressi al suo interno. In questo modo i ragazzi, da semplici fruitori, diventano protagonisti del loro tempo e potenziali risorse, non solo per se stessi, ma anche per la comunità che imparano a conoscere e a vivere più consapevolmente.

Mettendo in pratica il detto “Dal gioco al mettersi in gioco” che da sempre contraddistingue le politiche giovanili vittoriesi, lo Spaccatempo non si configura in questo senso come un semplice parcheggio ricreativo ma come una vera e propria palestra di vita per giovani che vogliono allenarsi a diventare protagonisti del mondo che cambia con loro e grazie a loro. Le proposte per il tempo libero funzionano infatti ancor più come opportunità di crescita quando sono rivolte ai giovani non intesi come soggetti fragili che hanno bisogno di essere aiutati, ma come risorse a cui dare occasione di dimostrare a se stessi e verso gli altri quanto valore possano esprimere. www.progettogiovanivittorioveneto.it

Dario Roveda Coordinatore Progetto Giovani Vittorio Veneto Cooperativa “Insieme Si Può”

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Essere o non essere nativi digitali? La “rete” non è un male, purchè si viva con determinate condizioni In questi anni i media hanno usato svariate etichette, o #hashtag, per catalogare le nuove generazioni: nativi digitali, millenials, digital kids, touch generation, generazione y e via dicendo. Quella forse ancora oggi più in uso è probabilmente “nativi digitali” L’espressione ha indicato la generazione di chi è nato e cresciuto in corrispondenza con la diffusione delle nuove tecnologie informatiche. E quindi si tratta, in genere, di persone, soprattutto di giovani, che non hanno avuto alcuna difficoltà a imparare l’uso di queste tecnologie. Esiste anche un’altra espressione che è quella di immigrati digitali e in questo caso indica esattamente il contrario: gli immigrati digitali sono le persone che, quando queste nuove tecnologie si sono diffuse, erano già adulte e quindi persone che hanno avuto maggiore difficoltà, o addirittura non riescono, a impadronirsi della conoscenza e dell’uso di questi nuovi mezzi. [Treccani] Cosa si intende con “imparare l’uso di queste tecnologie”? Indubbiamente dando ai nativi digitali in mano uno smartphone o un computer non è difficile accorgersi come senza troppa fatica inizino ad interagire con la tecnologia. Ci chiediamo, sono nati con delle competenze in più rispetto alle altre generazioni di “immigrati digitali”? La risposta è no. Hanno solamente molta curiosità del mondo che li circonda. Un mondo che li vede protagonisti in due

dimensioni, quella “reale” e quella “digitale”, che corrono a volte parallele, a volte intersecanti ma costantemente presenti nella loro vita. Esplorano, provano e imparano spesso senza il timore di sbagliare. Ciò detto possiamo affermare che i “nativi digitali” siano veramente competenti nell’uso delle tecnologie di comunicazione e social media in loro possesso? Certamente dimostrano confidenza, ma la competenza è un’altra cosa. La competenza è un concetto che potremmo descrivere come “la capacità dimostrata da un soggetto di usare le conoscenze acquisite, le specifiche abilità e le attitudini personali, di interazione sociale e di carattere metodologico per svolgere in modo autonomo e con senso di responsabilità determinate attività”. Ebbene un ragazzo, e ancor meno un bambino, di fronte alla complessità e alla potenza del digitale non ha certamente la capacità di risolvere tutti i problemi che gli si pongono davanti, siano essi di natura pratico-tecnica, concettuale o etica. Il cammino per diventare realmente competenti è molto lungo e come ci suggeriscono i risultati di diversi studi scientifici1, per diventare dei cittadini digitali competenti occorre innanzitutto essere “on-line”. Appare evidente che più viviamo in un luogo, digitale o meno, più impareremo a conoscerlo. Perché questa conoscenza sia un’esperienza educativamente costruttiva occorrono due condizioni:


Gregorio Ceccone Educatore e Formatore per Itaca Coop. Soc. & Associazione Kaloi

• incentivare bambini e ragazzi a fare usi creativi e produttivi della “rete”; • che le esperienze nel mondo digitale siano momento di dialogo, sia nel reale che nel digitale, con il mondo adulto. Un mondo adulto che deve riuscire a lavorare in “rete” iniziando dal contesto “reale” in cui vive ogni giorno, essere modello virtuoso e promotore di buone prassi nell’utilizzo degli strumenti digitali. Noi adulti abbiamo sempre queste caratteristiche? Proviamo a pensare alla condotta all’interno di gruppi Whatsapp di lavoro, dei genitori della classe dei nostri figli o delle varie associazioni sportive. Ai post inferociti pubblicati nei vari social network. Ai momenti conviviali continuamente interrotti da telefonate e/o da sguardi rivolti allo smartphone. Possiamo affermare di essere sempre un buon modello? Il ruolo del mondo adulto è un fattore contestuale di fondamentale importanza nella regolazione dell’esperienza online che i bambini e i ragazzi possono fare. Questa affermazione non si riferisce chiaramente solo alla dotazione tecnologica di cui un minore può disporre (in fin dei conti sono i genitori che acquistano i device tecnologici e firmano i contratti delle connessioni) ma contempla anche le modalità di accesso e di fruizione del digitale, nonché la capacità di costruire un senso critico nell’uso. Esistono svariati modi per un adulto di assumere un ruolo di mediatore tra il giovane e l’uso della Rete.

Si possono stabilire regole, monitorare modalità di accesso e tempo d’uso, informare i figli sui rischi e vantaggi, confrontarsi rispetto alle loro attività on-line. L’uso della Rete può essere oggetto di confronto ma occorre impegnarsi nel creare spazi di condivisione. La Rete, con le sue opportunità, può diventare spazio di incontro e di scambio, uno strumento per confrontarsi e per fare esperienze insieme. Questo significa realizzare la cosiddetta “mediazione attiva”, non solo centrata su regole, norme e consigli, certamente necessari e utili, ma ancor prima focalizzata sulla vicinanza educativa e sul dialogo intergenerazionale continuo e quotidiano. Ci viene richiesto uno sforzo a superare i nostri preconcetti, a metterci in discussione e fare rete anche tra noi adulti significativi. Siamo sollecitati ad essere un social network efficace nel mondo reale. Essere una comunità educante che possa trasferire nel piano digitale buone prassi maturate nel mondo reale.

Come ad esempio la ricerca condotta dalla Accademia delle Scienze di Francia “Il bambino e gli schermi. Raccomandazioni per genitori e insegnanti” (ed. it. a cura di P. Ferri e S. Moriggi, Guerini, Milano 2016), sulle interazioni di bambini e giovani con diversi tipi di schermi. 1

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Nessuno escluso! L’estate è vicina Il centro estivo Vivi Vittorio rappresenta l’occasione giusta per stare insieme divertendosi. È organizzato dall’azienda I AM in collaborazione con l’Associazione MAI e il Comune di Vittorio Veneto – Assessorato alle Politiche Scolastiche. Vanta ormai una storia decennale, costituendo una realtà radicata e riconosciuta nel territorio vittoriese. Il servizio si rivolge a tutti i ragazzi che hanno frequentato la Scuola Secondaria di primo grado (medie). L’obiettivo è trascorrere giornate all’insegna del divertimento, dello sport e dello svago. Il nostro centro estivo offre un’ampia gamma di attività ricreative, giochi e laboratori pensati appositamente per i ragazzi. Dal

mese di giugno agli inizi di agosto, tutti i giorni esclusi il sabato e la domenica, la Scuola Primaria “Marco Polo” (sede ospitante) si trasforma in un insieme variopinto di attività: musica, danza moderna, breakdance, calcio, basket, pallavolo, judo, karate, piscina, teatro, fotografia digitale, fumetti, radio, graffiti, pittura, trucco, illustrazione, cucina, pasticceria, creatività, riciclo creativo, primo soccorso, ginnastica artistica, atletica, giochi di gruppo, giochi con l’acqua, giardinaggio, passeggiate, visite guidate e molto altro ancora. ViVi Vittorio in altri termini dà ai ragazzi l’opportunità di giocare e divertirsi imparando a conoscere anche le realtà del territorio come le Associazioni Sportive, le attività commerciali e i professionisti che le rappresentano rispondendo così alla loro fame di curiosità con il doppio vantaggio di incentivarne interessi e passioni individuali. Occasione ed opportunità, quindi, diventano parole chiave nell’identificazione del centro estivo. Ma c’è di più. Anche la formazione degli animatori occupa un posto di fondamentale importanza;


l’organizzazione di queste giornate infatti passa prima di tutto attraverso la serietà, l’intraprendenza e l’efficacia di un team preparato e giovane. Le giornate formative, tenute da esperti educatori, comprendono la condivisione del vademecum animatori (una sorta di manuale da seguire passo passo in preparazione all’esperienza del centro estivo), la condivisione di strategie educative e le modalità di gestione del gruppo. Segue poi la progettazione e la realizzazione di attività ludico-ricreative. Gli animatori vengono accompagnati a comprendere l’importanza del ruolo che rivestono, ad individuare le proprie qualità per metterle a frutto, a trasformarsi in leader positivi e a diventare un esempio per i ragazzi. Non per nulla “animare” significa infondere l’anima, l’energia, l’impulso. Dalle ore 14.00 alle ore 19.00, dunque, il centro estivo prende letteralmente vita all’insegna del divertimento, della fantasia, della creatività, senza tuttavia tralasciare quelli che sono i suoi obiettivi principali: l’accoglienza, la partecipazione, la tolleranza. Tant’è che

gli animatori non sono gli unici a disporre di un vademecum: anche i ragazzi vengono invitati a rispettare alcune regole semplici e comprensibili con lo scopo di mantenere l’ambiente del centro estivo in totale sicurezza e armonia. La grande varietà di giochi, laboratori e momenti creativi mira innanzi tutto a coinvolgere i ragazzi offrendo loro la possibilità di esprimere e coltivare talenti, passioni e propensioni, ma l’obiettivo primario è quello di creare un’occasione di relazione da cui nessuno rimanga escluso. Accogliere l’altro, accettare le differenze, mediare gli scontri naturali, incentivare la buona riuscita delle attività attraverso valori positivi, sani e in linea con le corrette abitudini sociali sono i tratti distintivi del Centro Estivo Vivi Vittorio. Le foto fanno parte di un progetto dal titolo “Spazio” realizzato dai ragazzi durante l’edizione ViVi Vittorio 2017.

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La Porta O.n.l.u.s. Un’associazione per i ragazzi Sono già diversi anni che conosciamo l’associazione La Porta. I ragazzi provenienti da questa realtà frequentano ogni estate i centri estivi per ragazzi ViVi Vittorio organizzati da I AM nei mesi di giugno e luglio. Di seguito un’intervista alla Presidente per far conoscere meglio una preziosa risorsa della nostra Vittorio Veneto. Chi Siete? L’Associazione “LA PORTA” O.n.l.u.s. da circa trent’anni opera nel territorio della Regione Veneto occupandosi di prevenzione del disagio giovanile. È un’associazione nata dall’operato di volontari, educatori e genitori, che negli anni ha realizzato forme di solidarietà sociale volte al sostegno e supporto dei minori e delle loro famiglie che attraversano momentanee fasi di difficoltà. Negli anni il volontariato ha lasciato spazio alla sempre crescente necessità di professionalità delle figure operanti all’interno delle strutture, garantendo una costante ricerca di qualità, aggiornamento, strumenti e metodi. Attualmente le strutture per minori, sulla base della L.R. 22/02, sono accreditate e autorizzate dalla Regione Veneto che periodicamente ne controlla e monitora l’operato. L’associazione gestisce due comunità educative di tipo familiare che accolgono minori italiani e stranieri di diversa età e di entrambi i sessi in forma residenziale. A Vittorio Veneto presso la sede “Piccola Resi” vengono accolti bambini, bambine ragazzi e ragazze, mentre presso la “Piccola Comunità Educante” di Sarmede si accolgono adolescenti maschi. Sempre a Vittorio Veneto, è stata inaugurata nel settembre 2015 la nuova sede residenziale che accoglie ulteriori minori. L’associazione inoltre gestisce a Sarmede la Comunità per giovani adulti “Tifo per Te” (maschi oltre i 18 anni) che sostiene e accompagna verso una più adeguata e totale autonomia. Nel contempo nelle strutture si sperimentano nuovi progetti per rispondere al meglio alle richieste ed esigenze del territorio: • Spazio Neutro (incontri protetti di minori e genitori mediati da un educatore); • La sospensione del processo con messa alla prova (art. 28 D.P.R. 448/88): accoglienza di giovani che hanno bisogno di un sostegno nella fase di “riparazione” di un reato; • Educativa domiciliare. L’associazione si sostiene economicamente attraverso la retta giornaliera che i servizi invianti si impegnano a versare per tutta la durata del progetto e piccole donazioni di privati, Fondazioni, Aziende. L’ubicazione geografica delle due sedi favorisce l’accoglienza e la protezione a minori residenti prevalentemente nella regione Veneto e Friuli Venezia Giulia ma anche di altre regioni. Chi sono i vostri ospiti? Minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo alla loro crescita psicofisica globale. Il nostro impegno inizia dalla loro accoglienza in comunità fino al momento in cui, tramite un percorso educativo personalizzato, ogni minore accolto diventa prima adolescente sereno, poi un giovane adulto consapevole capace

di scegliere che ruolo avere nella propria vita e nella società. Chi sono i vostri ospiti e come interagiscono con la città? Nelle due sedi residenziali accogliamo circa 16 minori, mentre nel nuovo centro diurno abbiamo la possibilità di lavorare con altri 8 minori. Nelle nostre case, i bambini e le bambine crescono in un ambiente sereno, accompagnati da educatori specializzati in un progetto personalizzato condiviso con i servizi sociali di provenienza. Conducono la tipica vita di bambino - adolescente, frequentando la scuola più adatta a ciascuno, partecipando alle attività di socializzazione, gioco, crescita culturale come tutti i loro coetanei. Fondamentale il supporto della rete di volontari che li accompagnano negli impegni quotidiani e facilitano il loro ingresso in contesti cittadini altrimenti preclusi. Chi sono i vostri sponsor e sostenitori? Abbiamo lavorato molto per far conoscere la nostra realtà (che per motivi di privacy dei minori richiede necessariamente molti filtri) interagendo con molte associazioni locali, piccole aziende, fondazioni e privati. Abbiamo cercato il sostegno economico per le nostre attività, ma anche abbiamo chiesto di coinvolgere i bambini e le bambine nel programma sociale delle varie associazioni: parlare della nostra realtà in contesti diversi, ci permette di farci conoscere, di avvicinare nuovi volontari e anche di raccogliere i fondi necessari alla vita dell’associazione! In cambio, offriamo ospitalità nella nostra sede (abbiamo una nuova sala riunioni capace di ospitare fino a 40 persone), creiamo e confezioniamo originali pergamene per battesimi, cresime, matrimoni o eventi delle associazioni stesse, e poi offriamo la possibilità di far del bene ad un bambino, ad una bambina che altrimenti vivrebbe una condizione di sofferenza fisica o psicologica. Come vi si può contattare? Veniteci a trovare nelle nostre due sedi di Vittorio Veneto, ex Piccola Resi, in via Marinotti 42 o a Sarmede, in via Battisti 13. Telefonateci allo 0438 946660 oppure scriveteci a: laportaonlus@gmail.com; Visitate il nostro sito www.laportaonlus.it iscrivendovi anche alla nostra newsletter!

Antonella Caldart Presidente dell’Associazione La Porta ONLUS


Psiche2000 Il volontariato per riempire la vita

Da quasi 10 anni collaboriamo con Psiche2000 coordinando diversi laboratori socializzanti e riabilitativi e producendo il materiale informativo e promozionale. Un’associazione carica di energia e con tante idee fresche e innovative. Chi Siete? L’Associazione Psiche 2000 è un’associazione di volontariato costituita per venire incontro alle esigenze spesso inevase delle persone che soffrono di disagio psichico e dei loro familiari. Dal 1994, anno in cui nasce la sezione di Vittorio Veneto e Conegliano, lotta contro la disinformazione ed i pregiudizi, cercando di promuovere il benessere psichico e richiamando l’attenzione delle istituzioni sulle vere necessità delle persone che vivono questo problema. Quali sono i vostri obiettivi? Gli obiettivi di Psiche2000 sono: stimolare la partecipazione e la discussione su tematiche relazionali, socio-sanitarie e di salute mentale, fornire informazioni, condividere le esperienze, incentivare la crescita personale e la formazione, aiutare i partecipanti a riconoscere ed esprimere adeguatamente i propri sentimenti e le proprie emozioni, lottare contro la solitudine e le paure interiori, facilitare la socializzazione, combattere i pregiudizi, l’individualismo e accogliere volontari. Cosa fate concretamente? Soprattutto nell’ultima decina d’anni, grazie anche tanti partner istituzionali e locali, sono molteplici le iniziative da noi organizzate. Ogni progetto avviato non intende solo proporre servizi dedicati agli utenti dei centri salute mentale, ma cerca di trasmettere il grande valore dell’essere “volontari”. Essere volontari significa, infatti, avere la capacità di abbandonare per un attimo le logiche competitive che permeano il nostro vivere quotidiano per concentrarsi nello sviluppo complessivo della comunità in cui ci si trova ad agire. Utopia? I nostri progetti dimostrano il contrario. Ciò che si ripropone di fare l’associazione è quello di innovare e sperimentare coinvolgendo sempre nuovi gruppi di per-

sone nelle attività. I recenti progetti hanno contribuito a far comprendere che di gente disposta ad aiutare gli altri senza alcun tornaconto ce n’è molta, molta più di quanto si possa immaginare. Anche per il 2018 saranno avviati, grazie al prezioso contributo dell’ULSS2: il corso di teatro con la compagnia Gli Stravaganti, il corso di giornalismo-foto-video, di cucina, di ballo, di psicofitness, di marketing museale, di cucito e lavoro a maglia, di ricamo con macchina elettronica e di serigrafia. Naturalmente i volontari sono sempre ben accetti! Chi volete ringraziare? Senza alcuna ombra di dubbio l’ULSS2, ma anche tutti i nostri partner locali e tutti gli storici volontari che da sempre ci sostengono e fanno si che tutto possa sempre essere realizzato. Come vi si può contattare? Chiamando il numero di telefono 333 2290038 oppure scrivendo una mail a psiche_2000@tin.it. www.psiche2000vittorioconegliano.it

Maria Teresa De Nardi Presidente dell’Associazione Psiche2000 - Sez. Vittorio Veneto/Conegliano

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L’Europa finanzia iniziative innovative Un team di esperti al servizio di istituzioni e privati Con l’approvazione del Bilancio 2014 – 2020, l’Unione Europea ha confermato la volontà di finanziare iniziative innovative e di qualità in ogni paese comunitario, tra cui l’Italia. Le risorse finanziarie disponibili, erogate attraverso bandi diretti a valere su programmi specifici, sono molte, ma spesso risultano difficili da aggredire ed ancor più da ottenere. Ciò è dovuto principalmente ad un forte aumento della concorrenza a livello Europeo (sempre più soggetti tentano di attrezzarsi per raggiungere tali risorse), ma anche ad una sottovalutazione dell’impegno necessario a predisporre, redigere e sottomettere un progetto complesso, sia in termini di conoscenze tecniche che in termini di ore-lavoro da impegnare su tale attività, togliendole dall’attività di tutti i giorni. Quanto detto ovviamente vale non solo per progettazioni a livello Europeo, ma anche per progettazioni a livello nazionale, regionale o locale, ormai sempre più complesse ed esigenti, sia in termini di contenuto che in termini di pratiche amministrative e regole finanziarie. In tale contesto, IAM PROGETTAZIONE può agire da «ufficio di progettazione esterno», capace di sgravare il personale interno dal peso dell’attività extra-ordinaria e, nel contempo, di stimolare innovazione e sviluppo in modo tale da rispondere al meglio ai requisiti posti dalle linee di finanziamento individuate. I AM PROGETTAZIONE è una delle tre sezioni di I AM. Nasce per rispondere alla sempre più incalzante esigenza dei

soggetti pubblici e privati operanti sul territorio di diversificare l’accesso alle risorse disponibili, da un lato aggredendo in modo più continuo ed efficace le opportunità di finanziamento esistenti al fine di produrre nuove occasioni di sviluppo, di innovazione e di crescita, dall’altro aumentando il valore e gli impatti di iniziative già poste in essere, mediante l’introduzione di percorsi di facilitazione, di cocreazione, di trasferimento di conoscenza e di costruzione e rafforzamento di reti. I AM PROGETTAZIONE mette a disposizione del territorio un team di esperti in grado comprendere ed interpretare le esigenze di sviluppo e di innovazione di istituzioni, organizzazioni, associazioni e imprese, valorizzandole attraverso approcci co-generativi o di rete o incrociandole con le principali linee di finanziamento esistenti, non solamente a livello locale, regionale o nazionale, ma anche e soprattutto a livello comunitario.

I professionisti di I AM Progettazione dott. Andrea Maroelli, dott. Alberto Ferri, dott. Simone Giotto, dott.ssa Laura Zuccato, dott.ssa Chiara Buono, dott.ssa Sandra Rainero, dott. Lorenzo Liguoro. Collaboratori esterni dott.ssa Valentina Colleselli dott. Filippo Maria Covre. www.iamprogettazione.it


Si fa presto a dire comunicazione Riflessioni da una giornata lavorativa in agenzia La società esprime se stessa in molte forme diverse, in una molteplicità di codici, segni e obiettivi che si mescolano a creare quella che si può definire, a grandi linee, “comunicazione”. Trovare la chiave giusta per definirsi è essenziale quindi; sia per individuare il percorso da intraprendere per migliorarsi, sia per dare agli altri gli strumenti per riconoscere le nostre peculiarità. Prendendo a prestito le parole di Giampaolo Fabris, nettamente più autorevole di noi in materia, la comunicazione (o nello specifico la pubblicità), è un fenomeno tutt’altro che lineare o semplicemente riconducibile alla “grande idea” che alimenta il processo creativo. Essa è la risultante dell’operato di una serie di soggetti che pur avendo ruoli e finalità ben distinte - l’utente o impresa, l’agenzia di pubblicità, le organizzazioni di supporto e consulenza, i media, il pubblico - sono costantemente interagenti gli uni con gli altri e generano una realtà di grande complessità. Gli obiettivi della pubblicità sono quindi assai più articolati di una semplice sollecitazione delle vendite: se è vero che essa è un compendio universale per individuare beni e servizi, regole d’uso e significati sociali, non bisogna però trascurarne anche la valenza culturale e sociale. La pubblicità non sarà mai “arte”, sebbene in passato sia stata lusingata da più parti ad assurgere a tale status, ma non si può negare che definisca ogni partecipante al suo sviluppo (agenzia, cliente, pubblico) come “attore” di un processo che comporta effetti sulla realtà: un prodotto può diventare status symbol, un testimonial può influenzare comportamenti e linguaggio per anni, un colore può diventare paradigma emozionale e permeare la nostra vita anche senza che ne abbiamo diretta coscienza.

Ecco perché chi fa comunicazione e pubblicità ha la responsabilità di agire “bene” con le leve sui bisogni e sulle suggestioni. Ecco perché bisogna essere preparati e consapevoli quando si crea comunicazione: l’approccio improvvisato alla pubblicità (o alla semplice “progettazione grafica”) non è solo un modo inefficace di generare profitto, ma è anche un comportamento che rischia di confondere, impoverire e atrofizzare il sistema integrato della comunicazione. Una voce importante della pubblicità diceva (forse troppo drasticamente, ma non così tanto) che il livello di una società civile si vede anche dalla cura nel fare le insegne e le locandine delle sagre. Ecco, la comunicazione serve a questo: “vestire a festa” una società e trasmetterne con efficacia potenzialità, valori ed evoluzione. In I AM COMUNICAZIONE si lavora per questo, avvalendoci di una rete di professionisti e competenze tale da garantire efficacia e ottimizzazione dei risultati a ogni cliente e per ogni esigenza. I professionisti di I AM Comunicazione dott. Andrea Maroelli, dott. Alberto Ceschin, dott. Federico Campodall’Orto, Stefano Maroelli, dott. Marco Napoletano, Natascia Torres. Collaboratori esterni Alessandro Bonini, Davide Cagna, Sonia De Boni, Gaetano De Rosa, Stefano Faraon, Andrea Marchetto, Pierluigi Slis, dott.ssa Sara Torresan, Aurelio Toscano. www.iamcomunicazione.it

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I AM

Servizi per la persona, per la comunicazione e per il territorio P.IVA 04308970260 - Via Battisti, 8 - 31209 Vittorio Veneto (TV) T +39 0438 554217 - M + 39 370 3186802 info@iamvittorioveneto.it - www.iamvittorioveneto.it

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