Estratto - Una storia in famiglia - Cosmo Iannone Editore

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ROSSI  UNA STORIA IN FAMIGLIA

Non troppo bravo a scuola, tanto da ripetere la terza media, Ippolito ha però una grande passione: la scrittura, tanto da iniziare a raccontare su un quadernone di sé e della sua famiglia. Sembra a lui stesso, in fondo, che non potrà riempire molte pagine. D’altronde, che può accadere di tanto importante o di insolito ogni giorno a una normale famiglia? Basterà avere un papà che scrive spot per un’agenzia pubblicitaria e che poi perde il posto di lavoro, una mamma con la fissa per l’insegnamento e per le diete, e una nonna che quando è arrabbiata entra in sciopero e non cucina più? E mettici pure una sorella stravagante bravissima in disegno e un fratello maggiore primo della classe che dopo la maturità entra in crisi domandandosi se vale la pena continuare gli studi o cercare un lavoro?… A quanto pare può bastare, almeno al novello scrittore Ippolito, che riesce a riempire tutte le pagine del pur spesso quadernone realizzando un vero libro avvincente e divertente, ma che è pure una profonda e attenta analisi di una famiglia dei nostri giorni, con i suoi problemi quotidiani, spesso dietro alle mode e al mondo tecnologico, con le crisi esistenziali dei giovani in cerca di una propria identità, fra tanti dubbi e speranze… Una famiglia come ce ne sono tante, forse somigliante anche a quella di chi sta per iniziare a leggere questa storia, “Una storia in famiglia”.

Ippolito Rossi

Una storia in famiglia

Punti salienti Dico la mia Inventascrivi Noi forum www.cosmoiannone.it ISBN 978-88-516-0187-4

Euro 9,00

iannone

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9 788851 601874

Cosmo Iannone Editore


Ippolito Rossi

Una storia in famiglia

a cu ra di Lu cio Cass o n e

Cosmo Iannone Editore

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1 Scheda p. 159

Non so se avete voglia di leggere quello che scriverò su questo quaderno. In verità nemmeno io so di preciso quello che ci racconterò sopra, visto che sono davanti alla prima pagina ancora quasi tutta bianca e tante idee a essere sinceri non ce le ho in testa e chissà se mi verranno dopo. Comunque, proverò a scrivere meglio che posso. Se avete un po’ di tempo, dunque, aspettate prima di scegliere un altro modo per passarlo e continuate a leggere queste righe. Può anche darsi che non vi annoi troppo, quello che sto per raccontare intendo, e magari decidete di andare avanti per sapere quello che succede dopo e perfino come va a finire… Tanto per cominciare, sono un ragazzo di quindici anni. Per essere più precisi, di quindici anni e tre mesi. E frequento la terza media. Veramente dovrei essere già al primo superiore, ma l’anno scorso fui bocciato e così sono indietro di un anno. Il motivo per cui non fui ammesso agli esami non l’ho ancora capito, certo non che andassi troppo bene, però potevano pure chiudere un occhio. Ma c’era la prof di matematica che non mi poteva soffrire! O forse fu per via delle molte assenze che feci o per la sospensione che mi beccai per colpa di quel cretino idiota all’ennesima potenza del mio compagno di banco... Fatto sta che ebbi la brutta sorpresa di trovare, accanto al mio nome e cognome scritti sull’elenco della classe che avevano attaccato all’ingresso, le due fatali parole. Non ammesso, voglio dire. Ma basta parlare di questo! Ora la prof di matematica che ce


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l’aveva con me non c’è più: ce n’è un’altra, e pure l’insegnante di italiano è cambiata, e a differenza della precedente, apprezza i miei temi. «Però ti dilunghi troppo» dice quando mi consegna il mio compito al quale non ha mai dato più di 7 meno meno. Forse ha ragione che io mi dilungo un po’ troppo, dico. D’altronde a me piace raccontare, e ogni volta che inizio a scrivere un tema le idee mi si affollano nella testa e vogliono per forza uscire tutte insieme. Una volta ha anche detto che sono l’unico della classe che da grande potrebbe fare lo scrittore. E forse proprio per queste parole che devono esserle scappate di bocca in un momento di generosità (per la prof molto rara), che mi è venuta voglia di provare a scrivere. In fondo scrivere mi è sempre piaciuto: mi piace riempire le pagine di parole, parole che se le prendi singolarmente non significano un cavolo di niente tranne che rappresentare loro stesse, ma che se le unisci insieme con una certa abilità allora magari costruiscono una storia, un’avventura che forse piacerà a chi la legge… In ogni modo almeno per ora non ho intenzione di scrivere un vero romanzo, che tra l’altro penso di non saper fare. Ho deciso invece di raccontare quello che succede attorno a me. E magari anche quello che è successo prima di adesso. Se pensate che parlerò della scuola, dei miei compagni, dei vari insegnanti e di quello che accade ogni giorno durante le lezioni, siete proprio matti. Alla scuola, ai miei compagni di classe, ai miei professori, giuro che non dedicherò neppure una riga! Voglio invece parlare di mio padre, di mia madre, dei miei fratelli, di mia nonna, insomma della mia famiglia e anche della gente che la frequenta e via discorrendo; e pure quel che capita ogni giorno nel quartiere dove vivo, a costo di andare troppo nel personale. Ma è così che si fa un bel racconto, almeno credo… Cercherò di restare il più possibile distaccato, come se fossi

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un estraneo che osserva e che riporta i fatti, senza parteciparvi emotivamente. Certo, penso che sarò bravo se riuscirò a riempire più di una ventina di pagine del quadernone su cui ho appena iniziato a scrivere… Del resto, a pensarci bene, che diamine succede di tanto interessante in una famiglia normale? Però prometto che tutto quello che avviene ora o che è capitato prima di adesso, proverò a raccontarlo nel migliore dei modi. Be’, se non avete qualcosa di più interessante da fare, leggete questa storia.

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17 Scheda p. 248

Sono passati quattro giorni da quando tutti sono partiti, e un gran silenzio riempie ogni punto della casa come in quegli appartamenti dove non ci sono mobili e compagnia bella e la tua voce fa eco quando dici qualcosa. Mia nonna come sempre trascorre buona parte della giornata chiusa nella sua stanza a leggere, a guardare la tivù o sonnecchiando; e io — anche se esco per incontrarmi con qualche amico e soprattutto con Nicole, o me ne sto davanti al computer o alla playstation — mi annoio più di quello che avevo pensato. Ve l’assicuro: una noia da non crederci! Le giornate sembrano interminabili! Eppure prima che gli altri partissero, non succedeva niente che poteva divertirmi un granché o almeno distrarmi. Durante queste ore di noia completa mi è passato perfino in testa che era meglio quando andavo a scuola. Pensate un po’ a che punto sono arrivato! Porca miseria, immaginate quanto mi stavo annoiando per farmi venire in testa una cosa del genere! Però al quinto giorno qualcosa è cambiato. «Ippolito» ha detto mia nonna mentre stava preparando il pranzo, «devi assolutamente insegnarmi a usare il computer!» «Che?» ho fatto io che la stavo aiutando, pelando le cipolle. Ve lo giuro: pensavo proprio di aver capito male. «Sì, sì, voglio imparare! Tutti in questa casa sanno usare il computer tranne me!» ha detto lei. Allora sono scoppiato a ridere fino alle lacrime, ma forse erano le cipolle.


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«Che hai da ridere!» ha fatto lei risentita minacciandomi con il cucchiaio di legno. «Io dico sul serio! Devi spiegarmi come si usa quel caspita di coso davanti a cui voi passate ore e ore! Se vi piace tanto, sarà divertente, mi sono detta…» Per farla contenta, le ho promesso che le avrei dato la prima lezione nel pomeriggio. Ma pensavo proprio che dopo qualche minuto si sarebbe arresa all’evidenza che non era roba per lei, che non sa neppure usare il cellulare! E invece, la nonnetta ha quasi subito familiarizzato con mouse e compagnia bella! Potete non crederci, ma è così! Accidenti! avreste dovuto vederla! Ce ne stavamo davanti al mio portatile che avevo poggiato sul tavolo del soggiorno, e le mostravo come si usa il mouse. E lei, messi gli occhiali, seguiva parola per parola quello che le dicevo e poi guardava il computer e poi la mia mano e tutto il resto. «Si chiama così perché sembra un topolino e in inglese mouse significa appunto topo» le ho spiegato mentre cercavo di farle capire a cosa serviva quell’oggetto. Lei seguiva con gli occhi la mia mano che stringeva il mouse che so muovere con abilità, ovviamente; poi guardava la freccia che correva sicura sul video beccando in pieno le varie icone. «Be’, ora prova tu…» le ho detto togliendo la mano dal mouse. Chissà cosa combinerà, ho pensato. Col cavolo che riuscirà a portare la freccia dove deve andare… Invece, ancora una volta mi sbagliavo: dopo le prime difficoltà, mia nonna era riuscita a dirigere la freccetta in modo giusto tanto da centrare tutte le icone e pure ad aprire i file! Roba da non crederci! La nonna pareva averci già trafficato coi computer da un sacco di tempo, per come era disinvolta! «Brava!» le ho detto io. «Sei davvero brava con il mouse!» Lei sorrideva soddisfatta. «Be’, tutto qui?» ha fatto con un’aria

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da fanatica che non le avevo visto neanche quando le facevamo i complimenti per i suoi intingoli. «Non hai qualcos’altro da spiegarmi…?» Se c’è una cosa che mi fa girare le scatole è quando qualcuno mi chiede di spiegargli qualcos’altro. È più forte di me, ve l’assicuro. Non mi è mai andato di perdere troppo tempo su una spiegazione, soprattutto il pomeriggio quando avevo sempre qualche stramaledetto compito da fare o da studiare per una interrogazione del giorno dopo. Pure stavolta, intendo con la nonna, confesso che mi sarei spazientito, dicendole che andava bene così, e che magari quando avrei trovato un po’ di tempo, forse, l’avrei accontentata. Cosa molto improbabile. Invece era una giornata d’agosto, e davvero non avevo un cavolo da fare, e non avevo nemmeno appuntamento con Nicole o che so io con qualche mio amico, eccetera eccetera. E così, se proprio volete saperlo, ecco che mi metto a spiegarle un altro po’ di cose sui computer e le dico che con un pc si possono fare decine di cose diverse: scrivere un testo, disegnare, scaricare foto eccetera… «Sì, ma a me importa poco di tutto questo» mi ha interrotto. «Io voglio usare Internet!» Del resto, da quando vive con noi, mia nonna avrà ascoltato milioni di volte i nostri discorsi pieni sempre di questa parola o cose simili. Allora le ho chiesto se aveva qualche idea su che cos’era Internet, però la mia aria era un po’ scettica quando le ho fatto questa domanda, sicché la nonna deve averlo notato e mi ha detto che ancora non era una vecchia rincretinita: certo che lo sapeva. Infatti dalla sua risposta ho capito che una idea anche se vaga ce l’aveva. Sono dunque passato alla lezione su Internet, che ha subito

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affascinato la nonna. Non credevo ai miei occhi: neppure mia madre, quando le insegnai a usare il tablet che papà le aveva regalato per Natale, fu tanto svelta a capire come funzionava. La nonna sapeva già muoversi con disinvoltura dopo neppure un’ora di lezione! «Vabbè, ora so cercare un sito» ha detto mia nonna con aria soddisfatta, «so anche mandare una e-mail… ma voialtri usate tutto il santo giorno, come si chiama… facce… faceb…» «Facebook» l’ho corretta io, ma andava bene lo stesso. «Sì, proprio quello! Ma che cos’è di preciso ‘sto facebook?» mi ha chiesto lei con l’espressione di una tredicenne. Gliel’ho spiegato cercando di essere il più semplice possibile. «È dunque una specie di conversazione con il computer» ha sintetizzato lei. «Proprio così» e le ho mostrato il mio profilo facebook, pieno di foto, post, video, amicizie e compagnia bella. «Sembra la tua scrivania, che è sempre in disordine!» ha commentato lei ridendo. Ma poi mi ha confessato che le sarebbe piaciuto tanto avere pure lei un suo profilo. Se pensate che a questo punto mi sono alzato per andarmene in camera mia, magari a giocare alla play, siete proprio matti. Tutto il contrario: con gran pazienza mi sono messo a creare il profilo facebook della nonna, con tanto di password, nickname (e qui le ho spiegato che diavolo erano) e un bel po’ di sue fotografie che le ho scattato con il mio cellulare! «Ma adesso che c’hai ‘sto profilo, che ci fai?» le ho chiesto dopo averci lavorato parecchio. «Con chi condividerai?» La nonna, ormai istruita da me, non ha fatto una piega a questa domanda che solo qualche ora prima non avrebbe capito. Però è rimasta in silenzio pensosa. Deve aver passato in rassegna mentalmente il breve elenco delle sue rare amiche più

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o meno vecchie come lei che di certo non avevano un profilo su facebook né roba del genere! Con chi avrebbe scambiato le sue idee, a chi avrebbe potuto chiedere un’amicizia? Tanta fatica per niente, ho pensato dispiaciuto. Noi ragazzi ne conosciamo di gente con cui scambiare opinioni, chiacchierare del più e del meno e via discorrendo usando facebook, ho pensato. Ma ben diverso era per una donna anziana come la nonna le cui poche amiche della sua età sicuramente non chattavano e forse non sapevano nemmeno accendere un computer. Ma poi mi è venuta un’idea. «Potresti chiedere l’amicizia di qualcuno a caso! Aspetta, aspetta! Ti cercherò signore che hanno la passione per la cucina, come te. E non è detto che siano solo donne! Potreste scambiarvi le ricette!» La nonna era entusiasta di questa idea che chissà come m’era venuta in testa. Voleva perfino farlo subito, ma io davvero cominciavo a stufarmi, e così le ho detto che dovevo uscire per comprare il latte (era una bugia perché un litro di latte in frigo c’era). «Ti prometto che domani stesso ti passo l’elenco e magari ti do una mano…» le ho detto lasciando finalmente la postazione, davanti alla quale la nonna era ancora rimasta a esercitarsi. Di lì a poco ha squillato il telefono. Era la mamma che come al solito ci chiamava per avere le ultime notizie. «Come stai, Ippolito, tutto bene?» ha subito chiesto infatti. «Tutto ok, mamma» ho risposto. «Fa caldo, lì?» «Niente di speciale, e da voi?» «Qui è un incanto, tanto che forse restiamo qualche giorno in più. Del resto la pensione costa davvero poco.» «Sono contento».

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«E la nonna?». «Sta benone». «Se ne starà chiusa tutto il giorno in camera sua…» «Fino a ieri sì, ma da oggi no!» «E perché?» «Perché ha imparato a chattare.» E qui mia madre ha fatto un mezzo urlo che quasi mi spaccava un timpano. «Che cosaaa? Ma che dici?» ha esclamato davvero incredula. Ho faticato a convincerla che in un solo pomeriggio era diventata brava con il computer e perfino a usare facebook. «Le ho creato un suo profilo ed è eccitata come una ragazzina! Dovresti vederla!» ho concluso prima di riagganciare.

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Schede didattiche


Il lavoro è corredato di schede didattiche che aiutano i lettori a comprendere e analizzare l’intero percorso narrativo. In particolare ci sono quattro sezioni:

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Punti salienti: gli esercizi ricostruiscono in punti salienti del racconto per fissare i contenuti narrativi essenziali e per saggiarne la comprensione.

Dico la mia…: gli esercizi registrano le reazioni del lettore nei confronti delle esperienze del protagonista. Stimolano a leggere la propria vita alla luce di quella di Ippolito, dal momento che l’alunno è chiamato a mettersi in gioco con il proprio vissuto.

Inventascrivi: inventa, riscrivi, rielabora, libera il desiderio di raccontare storie vere o false.

NoiForum: il luogo del dibattito, del confronto con i compagni, lo spazio della discussione sui temi suggeriti dal racconto.


Capitolo 2

Il protagonista ci presenta i componenti della sua famiglia. Al centro del racconto ci sono le vicissitudini lavorative del padre e una divertita ironia sul proprio nome, Ippolito, che evidentemente non ha accettato di buon grado. Sullo sfondo, per ora, il fratello Dario, la sorella Ambra e la mamma. La nonna è invece già in prima fila.

Punti Salienti La notizia della sua nascita in un primo momento non fu accolta benissimo dal padre. Per quale ragione?

Il padre volle chiamarlo Ippolito. PerchĂŠ tale scelta?


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Dico la mia… Nomen omen dicevano i latini, come se nel nome ci fosse il carattere o il destino della persona. Naturalmente il nome di battesimo, come diciamo noi cristiani, dipende molto dalla cultura, dalla sensibilità o semplicemente da quanto si è portati al rispetto della tradizione famigliare. Il nome Ippolito viene in mente al padre del protagonista in riferimento allo scrittore italiano Ippolito Nievo di cui sta studiando le opere. In passato si davano ai figli i nomi dei santi e delle madonne, poiché la religione aveva un’influenza notevole nella cultura e sulla mentalità della popolazione. Oggi invece è di moda attribuire nomi di origine anglosassone o spagnola, imitando le star del cinema o della canzone.

Piacere, mi chiamo… Che rapporto hai con il tuo nome di battesimo? Ti piace o provi imbarazzo nel pronunciarlo? Preferisci utilizzare un diminuitivo/la forma abbreviata? Avresti voluto chiamarti in un altro modo? Come? Perché?

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Noiforum Propongo una ricerca spero divertente e allo stesso tempo interessante. Trascrivete i nomi di battesimo di tutti i compagni di classe. Per ciascuno di essi cercate l’origine e il significato. Calcolate poi quanti derivano da nomi di santi e quanti invece da personalità del mondo dello spettacolo. Potete anche indicare il giorno nel quale si festeggia. Nomi di battesimo degli alunni della classe

Antonio

Etimologia

Gens Antonia

Significato Origine religiosa o non religiosa dei nomi Giorno nel quale si festeggia

Si è diffuso grazia a S. Antonio Abate e S. Antonio di Padova. 13 giugno

Inventascrivi Disegno un logo, invento uno slogan Il papà di Ippolito rinuncia al lavoro di insegnante per il quale non si sente portato. Dopo tanto cercare, trova finalmente un lavoro presso l’Agenzia Kappa, dove viene assunto come consulente ideatore di slogan e sketch pubblicitari. Si tratta di un lavoro creativo che lo gratifica molto e in più gli dà da vivere più che dignitosamente. Per fare questo lavoro occorre avere fantasia, senso del ritmo, capacità di cogliere in un testo breve l’essenza di quel che si vuol comunicare. Vogliamo provare anche noi?

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Compito Crea un logo per la tua scuola. Tutte le scuole ne possiedono uno che le identifica agli occhi degli studenti e della popolazione. Provate a sostituire quello in uso con uno nuovo da costruirete in classe. Chi cura la parte iconografica? Chi cura la stesura degli slogan? Una volta completate, sottoponete le bozze dei vostri lavori al parere dei compagni con una votazione: sarĂ accettato il logo ritenuto piĂš accattivante. Una volta completato il modello finale, occorre scrivere un testo capace di convincere i futuri studenti a iscriversi nella vostra scuola. Chi si sente di scrivere?

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Capitolo 5

Ambra, una ragazza ribelle dotata di senso artistico, è in conflitto perenne con i genitori che hanno sempre chiuso un occhio riguardo alle sue stravaganze, considerandole un effetto della sua indole artistica. Ma l’arrivo di Jessica in classe peggiora un po’ le cose…

Punti Salienti Il papà è totalmente assorbito dal proprio lavoro. Di che cosa preferisce parlare a cena?

Perché la mamma è tanto arrabbiata con Ambra?

Da che cosa si capisce che il papà si estranea dai problemi quotidiani della famiglia?


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Che cosa chiede Ippolito alla sorella per mantenere il segreto?

Ambra: un identikit Ricostruisci la personalità di Ambra, mettendo in evidenza mentalità e comportamenti. Completa la tabella Identikit di Ambra Ambra Quale scuola frequenta?

Per quale disciplina mostra particolare attitudine? Come si relaziona con i compagni di classe?

Qual è il tratto distintivo della sua personalità?

In che modo esprime la propria personalità?

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Il suo modo di essere e di comportarsi in famiglia e con gli altri.


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Dico la mia… Mi vesto, dunque sono. Vestirsi non vuol dire solo coprirsi La personalità ribelle di Ambra si esprime soprattutto attraverso il modo di vestire. In realtà la ragazza utilizza quello che si chiama pensiero divergente e cioè un modo di vedere le cose non usuale, inatteso e diverso da quello che rappresenta la normalità. Questo approccio alla realtà, molto forte negli adolescenti, risponde al bisogno di scomporre e ricomporre il mondo circostante per elaborare una propria, originale visione del mondo. Nel complesso processo di crescita e di emancipazione dai genitori, questo è un modo per costruire la propria identità. L’abito esprime dunque la personalità di chi lo indossa. Il vestire stravagante di Ambra, che tanto inquieta la madre, è un modo per affermare se stessa in maniera decisamente alternativa e stravagante (agli occhi dei genitori) che lascia tutti allibiti. I tatuaggi e il piercing sul suo corpo rafforzano il senso di ribellione o se vogliamo il suo bisogno di unicità. Quanto ti senti vicino/a alla personalità di Ambra? Che ne pensi del suo modo di vestire? Ci sono altri modi per dire chi siamo e che cosa vogliamo? Lo faresti anche tu? Hai mai fatto un tatuaggio/piercing? Spiega le tue motivazioni.

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Noiforum L’abito ci rende liberi? Vestirsi in un certo modo fa sentire liberi, dà la percezione di infrangere le regole e di esprimere così la propria individualità, di manifestare quello che si è veramente. Ma si tratta di vera libertà o di manipolazione dell’industria della moda young? I grandi marchi del fashion, come si dice oggi, dettano legge in fatto di moda giovanile. Campagne di studi e indagini di grandi aziende rilevano i bisogni più intimi degli adolescenti in fatto di abbigliamento e su di essi modellano tendenze e stili, impongono mode e gusti. L’industria si è appropriata anche della moda estrema nata tra i giovani delle grandi città americane, un abbigliamento che sottolineava il desiderio di trasgressione, di individualità e anche di protesta: basti ricordare come si vestiva la gioventù hippy degli anni Sessanta. In Italia lo scontro ideologico degli anni Settanta e Ottanta si esprimeva anche attraverso l’abbigliamento-divisa dei diversi gruppi, immediatamente riconoscibili dai capi di vestiario. Insomma l’industria è in grado di imporre linee di tendenza, dando l’illusione della libertà di scelta. Quanto sono consapevoli i giovani di questo? Quale il limite tra omologazione (essere tutti uguali) e individualità? Propongo la lettura di un testo apparso su internet scritto da Giulia Bignoli che affronta alcuni aspetti del problema.

Leggere e commentare in classe Seguire la moda del momento, tra omologazione e identità Come si passa dall’essere bambini all’essere adulti? C’è un periodo lunghissimo di mezzo, il tempo della sperimentazione, delle nuove scoperte, dei tentativi di capirsi e trovare se stessi. Ci sono gli anni, tanti, in cui si prova un po’ di tutto, si sta soli, si sta in gruppo, si segue la moda del momento (e non si intende solo stile) o ci si differenzia. A volte si ha la sensazione di non avere una meta precisa

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e si vaga tra le novità che arrivano di volta in volta. Non spaventatevi, è vero che si è un po’ in bilico, ma è giusto provare le opzioni possibili… Si passa all’improvviso dall’essere i “bambini” dei propri genitori, all’essere ragazzi che rivendicano un’identità nuova, definita in maniera diversa; si inizia a cercare i coetanei, si creano i primi gruppi e insieme si sperimenta il nuovo. È da qui che nascono le tendenze, le mode: si condividono i propri spazi e il proprio tempo con persone con cui si hanno cose in comune, quindi è chiaro che più il gruppo è uniforme più è semplice mantenere la vicinanza; avere caratteristiche simili consente di riconoscersi e sentirsi riconosciuti. È come se ci mettessimo davanti a uno specchio che ci rimanda la nostra immagine: questa è una delle funzioni più importanti del gruppo, soprattutto fra i giovani. In un momento in cui si sta cercando la propria nuova identità, avere qualcuno che ci rimanda un’immagine abbastanza definita di noi stessi rende le cose molto più semplici. Non è sbagliato, in questa fase, mescolarsi un po’, anzi è un processo assolutamente normale, bisogna passarci in fondo; attenzione però, meglio non smettere mai di ragionare individualmente… A volte le cose semplici sono anche quelle che fanno la differenza: scegliere fra bene e male sembra poco, sembra banale, ma è il binario da cui non dovete mai spostarvi. Provate, dite sì, ma sappiate anche dire no. Non omologatevi a qualunque costo, non fatelo per insicurezza o per paura di essere esclusi. Sfruttate le occasioni, le tendenze e le mode collettive, le novità per formarvi un’opinione vostra, personale: imparate a scegliere. Il gioco è proprio questo: immergersi nelle relazioni, nel gruppo in questo caso, seguirne mode e tendenze, per poi differenziarsi. Non è una separazione netta e definitiva, ma una presa di posizione più consapevole; si smette di ragionare collettivamente, di sentirsi solo parte di qualcosa, e si forma il proprio sistema di valori per iniziare a sentirsi qualcuno, cioè proprio se stessi.

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Non si può non passare attraverso un fase di identificazione, così come non si può non restare affascinati dalle mode in voga tra coetanei: va bene così, perché è un processo che, facendovi oscillare tra la voglia di sentirvi in un gruppo sicuro e quella di emergere come individui, vi porterà ad essere esattamente voi.

Inventascrivi Inchiesta: quanto ci piace il tatuaggio/piercing Negli ultimi anni la moda del tatuaggio e del percing si è diffusa anche tra i preadolescenti, con grande disappunto dei genitori che malvolentieri accettano questa forma di decorazione del corpo. Gli adulti associano il tatuaggio alla malavita e considerano il percing troppo invasivo. Non così la pensano i ragazzi che invece apprezzano e prima o poi provano, anche di nascosto. Facciamo un’inchiesta nella tua classe (se è possibile anche in altre classi) per vedere com’è la situazione da questo punto di vista. Le domande potrebbero riferirsi questi indicatori: 99 Quanti ragazzi hanno un tatuaggio/piercing 99 Che tipo/dimensione; dov’è localizzato? 99 Il consenso dei genitori/di nascosto 99 La motivazione 99 Lo rifarei/MI sono pentito 99 Etc. Fasi dell’attività Introduzione: discussione in classe sul tema 99 Elaborazione/Stesura di un questionario 99 Tabulazione dei dati 99 Stesura di una relazione scritta

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Lavoro di gruppo: la moda giovanile nel corso degli anni. Fai una ricerca sulla moda giovanile e sul ruolo che essa avuto nella costruzione dell’identità degli adolescenti nei vari decenni de Novecento fino ai nostri giorni. 99 Anni Cinquanta- Sessanta 99 Anni Settanta-Ottanta 99 Anni Novanta-Duemila

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ROSSI  UNA STORIA IN FAMIGLIA

Non troppo bravo a scuola, tanto da ripetere la terza media, Ippolito ha però una grande passione: la scrittura, tanto da iniziare a raccontare su un quadernone di sé e della sua famiglia. Sembra a lui stesso, in fondo, che non potrà riempire molte pagine. D’altronde, che può accadere di tanto importante o di insolito ogni giorno a una normale famiglia? Basterà avere un papà che scrive spot per un’agenzia pubblicitaria e che poi perde il posto di lavoro, una mamma con la fissa per l’insegnamento e per le diete, e una nonna che quando è arrabbiata entra in sciopero e non cucina più? E mettici pure una sorella stravagante bravissima in disegno e un fratello maggiore primo della classe che dopo la maturità entra in crisi domandandosi se vale la pena continuare gli studi o cercare un lavoro?… A quanto pare può bastare, almeno al novello scrittore Ippolito, che riesce a riempire tutte le pagine del pur spesso quadernone realizzando un vero libro avvincente e divertente, ma che è pure una profonda e attenta analisi di una famiglia dei nostri giorni, con i suoi problemi quotidiani, spesso dietro alle mode e al mondo tecnologico, con le crisi esistenziali dei giovani in cerca di una propria identità, fra tanti dubbi e speranze… Una famiglia come ce ne sono tante, forse somigliante anche a quella di chi sta per iniziare a leggere questa storia, “Una storia in famiglia”.

Ippolito Rossi

Una storia in famiglia

Punti salienti Dico la mia Inventascrivi Noi forum www.cosmoiannone.it ISBN 978-88-516-0187-4

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