La pietra lavica indagine sull'essenza materica di Acireale e Trecastagni
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Studenti: Simona Torrisi e Elena Arcidiacono Docente: Stefano Puglisi Materia: Antropologia delle societĂ complesse Anno: 2020
In copertina: Via 2 Rattazzi - Trecastagni (foto di Simona Torrisi)
INDICE • Saper vedere e identificare il proprio territorio
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• La pietra lavica
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• Vulcano Etna
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• Il basalto
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• I prodotti
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• Gli antichi mestieri legati all’estrazione e alla lavorazione della pietra lavica
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• Lavorazione
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• Cenni storici Acireale
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• Cenni storici Trecastagni
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• Pietra lavica ad... - Acireale - Aci Castello - Aci Trezza - Trecastagni
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“Saper riconoscere e identificare il proprio territorio” Ritornare a saper vedere il proprio territorio significa riappropriarsi dell’essenziale rapporto uomo-ambiente, cioè il rapporto con il paesaggio e di come esso dialoga con l’agglomerato cittadino. Inoltre, si valuta la forma e tutti gli aspetti antropici che ne conseguono. Bisogna tener conto di come la politica ha cercato di canalizzare e controllare la popolazione, creando la necessità di nuovi modelli di sviluppo. Si deve cercare di trovare spunti e insegnamenti utili per comprendere a pieno la realtà circostante, studiando le problematiche dell’ambiente civile. Molti fattori mettono a dura prova l’organizzazione delle nostre città, le quali, per la maggior parte, non sono state nemmeno pensate per far fronte a determinati avvenimenti. Esempi possono essere: i duri cambiamenti ambientali, le guerre, il turismo di massa o le migrazioni del periodo industriale ancora in atto. La verità è che tutto ciò ci proietta in un mondo che ha le sue regole, ma sentiamo di non farne parte. I luoghi come i cinema, le chiese e persino le piazze hanno perso il loro concetto di riunione collettiva. In questi ultimi anni si è discusso del recupero dei centri storici e dell’emergenza periferie, ma non si parla di come organizzare le più di 7 miliardi di persone nel nostro pianeta. È cambiato il lavoro, la società e non ci accorgiamo che il mondo sta sparendo davanti i nostri occhi. “Siamo sempre
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meno capaci di produrre nuove idee, cambiare strada ammettendo l’errore, il sogno, la pazzia, e il sistema di studio è diventato ostinatamente specifico, settoriale.” Colpa dei mezzi di comunicazione attuali, che riempiendoci le testa, ci fanno credere di essere sempre e costantemente sulla cresta dell’onda. È necessario riaver fiducia nelle nostre idee in modo da far diventare la città casa che accoglie, protegge e nutre i cittadini. Come già detto, una delle sfide di oggi è la valorizzazione dei centri storici, la loro difesa e rivalutazione delle periferie. Bisogna, però, studiare e identificare il territorio della città. Caratteristiche principali sono la forma, il sito e la posizione. Per sito si intende quel posto topografico e fisico in cui essa si insedia, mentre per posizione si intende lo scambio e la connessione con le altre città circostanti. Prima di ogni altra cosa la città è un luogo di incontro, infatti non a caso la maggior parte degli antichi agglomerati urbani sorgono sulle coste o sulle rive dei fiumi. Questo perché grazie alla navigazione i sistemi di scambio passano da locale a globale. Un centro abitato può nascere in modo spontaneo, dalla cooperazione di gruppi sociali autonomi, o fondate ex novo, mediante schemi che rispecchiano le necessità politico-sociale. La città non può essere definita solamente dalla sua popolazione in quanto quantità demografica e nemmeno in relazione ad una tipologia di agglomerato edilizio, quindi risulta fondamentale la sua dimensione. Con questo termine si ricorre a concetti come: centro e periferia, quartiere, centri commerciali, centri storici, quartieri residenziali... (condizioni che contraddistinguono geograficamente lo spazio cittadino).
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Mappa comune di Trecastagni Presente nel piazzale G. Marconi
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Mappa comune di Acireale Presente di fronte la piazza Duomo
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La pietra lavica: cuore nero di Sicilia
L’Etna , “a Muntagna” (in siciliano) rappresenta un patrimonio naturalistico per le città sorte alle sue pendici e per le popolazioni che hanno scelto, nonostante i rischi, di convivere con questa straordinaria forza della natura. La pietra lavica che si estrae dal “Mongibello” (Mungibeddu) è l’espressione più emblematica di come la potenza distruttiva della natura, una forza che cambia e modella il territorio, possa poi venire a sua volta trasformata, diventando fonte di ricchezza e bellezza. Lo potremmo definire "il cuore nero della Sicilia" che lungi dall’essere freddo e morto, pulsa di energia e vitalità. La pietra lavica utilizzata per secoli nella costruzione di strade, edifici e in generale parti dell’arredo urbano nelle città del territorio etneo, e ancora oggi, nelle zone rurali, viene utilizzata per una questione di sostenibilità ambientale. La sua lavorazione ha trovato col tempo nuovi impulsi creativi, molte botteghe di artigiani che come tradizione vuole si tramandano il mestiere da padre in figlio, facendo tesoro delle capacità acquisite in famiglia.
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L'eleganza degli splendidi manufatti in pietra lavica Dalle mani di abili scalpellini, il nero della lava prende forma trasformando la forza distruttiva del vulcano in vere e proprie opere d'arte. L’artigianato siciliano ha portato in scena la pietra lavica, utilizzata per adornare splendidi palazzi barocchi, ville, piazze e vicoli ammirabili soprattutto nel catanese. L’Etna è considerata da tutti come un nemico in quanto rappresenta una vera minaccia per i paesi adiacenti. Ilv basalto eruttato ha saputo farsi apprezzare soprattutto a seguito dei devastanti terremoti del 1663, del 1693 e della colata lavica del 1669, fenomeni che hanno coinvolto e stravolto Catania nonché buona parte delle città della Sicilia Orientale, motivo per cui intere realtà, distrutte, vennero ricostruite da abili architetti a cui vanno i meriti di quelli che oggi sono considerati i più grandi capolavori del barocco catanese. Tra le realtà più attive nel settore spicca Giarre, la capitale dell'artigianato della pietra lavica così come Paternò, Acireale e Trecastagni.
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Vulcano Etna forza e bellezza Il territorio della provincia di Catania trova nel vulcano Etna (Mito d'Europa) il suo inconfondibile elemento di maggiore caratterizzazione naturalistica, divenendo motivo di forte attrazione turistica. Le innumerevoli eruzioni dell'Etna, la fuoriuscita di magma incandescente, di ceneri e di lapilli sono state causa di distruzioni e paura, ma hanno lasciato un prezioso materiale connotato dai mille usi, conseguenza positiva delle straordinarie caratteristiche fisicomeccaniche dell’oro dell’Etna. Nel corso dei millenni, alla furia distruttiva dell'Etna ha fatto riscontro la tenacia e la capacità delle popolazioni etnee, che hanno sempre ricostruito ciò che il Vulcano è andato via via distruggendo. È proprio dalle lave, si sono sapute ricavare non solo le materie prime per l'edilizia e la ricostruzione, ma anche delle opere d'arte e d'ingegno. Il basalto eruttato dall'Etna, è stato piegato dalla capacità e dalla fantasia dell'artigianato locale a tutte le esigenze estetiche succedutesi nel corso dei millenni. Ne è un esempio la ricostruzione settecentesca della Sicilia Orientale, dopo il terremoto del 1693, si concentra la più alta espressione dell'utilizzo architettonico del basalto etneo con i capolavori del barocco catanese, attuale volto del centro storico di Catania. L'estrazione e la lavorazione della pietra lavica, per scopi ornamentali (come manufatti architettonici per abitazioni quali stipiti, balconi, gradini per scale, chiavi di archi, capitelli, mensole di balconi, pavimenti interni levigati, camini, sculture, ecc.) e per l’utilizzo come materiale da costruzione (ne è un esempio l’utilizzazione della pietra lavica nella pavimentazione delle strade urbane e rurali), ha un
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notevole riflesso sull’ economia locale, per il numero di addetti e per l'alta specializzazione richiesta, tanto da dare origine a figure lavorative professionali. Anche oggi, al declino dell'impiego tradizionale causato dalle moderne tipologie costruttive, assistiamo ad un significativo sforzo di conversione della produzione alle attuali richieste del mercato.
Vista dalla piazza Sant’Alfio
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Il basalto Il basalto etneo è un materiale resistente, espressivo e decorativo, che si presta alla lavorazione per la realizzazione di oggetti per arredamento. Ăˆ di particolare robustezza e bellezza, dalle caratteristiche estetiche, resistenza e lavorabilitĂ . Il suo aspetto varia dal colore scuro abbastanza uniforme, ad un picchiettato con punti di uno, due o tre colori diversi. La sua origine è legata al processo di raffreddamento delle colate laviche. I nostri artigiani nel lavorare la pietra lavica sono riusciti a coglierne ed evidenziarne lo splendore e la resistenza. Lo attestano gli antichi caseggiati rurali, i vecchi palmenti in pietra, le ville settecentesche dai magnifici portali e balconi, le strade, le piazze e i vicoli lastricati che caratterizzano l'urbanistica dei Paesi Etnei e la CittĂ di Catania: tutti elementi divenuti oggetto di riscoperta con il progetto del distretto della lava.
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I prodotti Sul materiale estratto interveniva lo spaccapietre che ricavava lastre di pietra, e lo scalpellino che rifiniva il materiale, destinato prevalentemente per la pavimentazione delle strade urbane e rurali, e per manufatti architettonici delle abitazioni, stipiti di porte e balconi, gradini per scale, chiavi di archi, capitelli, mensole di balconi, pavimenti interni levigati, basi per camini, ecc. I nostri artigiani, con la loro pazienza, conoscenza e manualitĂ , hanno saputo piegare la resistenza e la compattezza della pietra lavica, ottenendo splendidi manufatti, oggetti ornamentali e sculture.
Il cordolo
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Il cordolo è un blocco, dalle dimensioni medie di cm. 70 x 20 e spessore di cm. 20, lavorato a puntillo grosso su due facciate ortogonali, utilizzato per la finitura dei marciapiedi. Nuovi accorgimenti tecnici hanno reso possibile ottenere un prodotto di forme piÚ regolari, che consente di ridurre i tempi di posa in opera e quindi di abbassare i costi, ferme restando le tradizionali peculiarità .
I Bolognini
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I Bolognini vengono segati dagli scarti dei blocchi di pietra lavica e lavorati a puntillo sulla faccia a vista, dalle dimensioni di 30x15x06 cm. Vengono impiegati nella costruzione di muri (di campagna, di ville e giardini). Consente di ridurre i tempi di posa in opera e quindi di abbassare i costi, fermo restando le tradizionali peculiaritĂ .
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Le filagne
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Le filagne in pietra lavica sono come tipologia uguale alle piĂš comuni filagne di marmo e di granito e possono essere rese a filo di sega oppure levigate, bocciardate, pallinate o a puntillo (grosso o fine).
Le lastre
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Le lastre in pietra lavica come tipologia sono uguali a quelle piĂš conosciute di marmo e di granito. Possono essere grezze (a spacco di cava), levigate o lucidate, per rivestimenti, pavimenti, gradini.
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Gli antichi mestieri legati all’estrazione e alla lavorazione della pietra lavica L’estrazione Anticamente i "pirriaturi", estraevano lungo i costoni della montagna, solo strati superficiali di lava (schiuma) perché più porosi e più facilmente lavorabili con semplici arnesi quali la sabbia, lo scalpello, la mazzola e il martello. In qualche caso si faceva uso di esplosivo. Oggi l'estrazione avviene con l'ausilio di pale meccaniche, ruspe ed escavatori (martellone pneumatico) che permettono di raggiungere strati profondi dove la lava è più compatta, più dura e di colore più chiaro. Per il taglio della roccia in lastre si utilizzano dei macchinari con dischi diamantati (segherie) che consentono di ottenere prismi di varie dimensioni. Anche la lavorazione è facilitata dall'uso di altri strumenti e macchine: trapano, flex, fresa e levigatrice. La lavorazione meccanica della pietra non ha escluso del tutto il lavoro di finitura ad opera di artigiani scalpellini.
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Pirriaturi
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Il mestiere del pirriaturi prende il nome dalle cave di pietra (pirrere) presenti nel territorio di Nicolosi, dove si trovano i più grossi e compatti blocchi di basalto. Si trattava di un lavoro molto faticoso che consisteva nella vera e propria estrazione della pietra e in una sua prima lavorazione per l’ottenimento di blocchi anche di grandi dimensioni che venivano utilizzati soprattutto per la costruzione di abitazioni, delle strade e dei muretti. Il lavoratore si serviva di attrezzi piuttosto rudimentali quali la mazza (un grosso martello), u lagnettu (attrezzo affilato con il quale si intaccava la pietra per indebolirla), u cugnu e u cugnittu (cunei che si introducevano nelle spaccature della pietra e che servivano ad allargare la fenditura per arrivare alla vera e propria rottura del blocco compatto). Anche a seguito dell’impiego di macchinari più moderni, la fatica degli uomini impiegati nell’estrazione dei massi rimane.
Scappiddinu
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Lavorava nella cava di pietra utilizzando lo scalpello, quindi i manufatti da lui realizzati erano più raffinati e precisi di quelli del pirriaturi che si limitava a sgrossare i blocchi. L’opera degli scalpellini era vistosamente presente nelle abitazioni, tutte anticamente fornite di un "porticato", con l’arco in pietra lavica, che si differenziava per la chiave di volta e per le lavorazioni laterali. Le parti che costituiscono questi archi non sono tra loro cementate e tutto l’insieme si regge avendo come perno la chiave di volta. Grande maestria dunque degli scalpellini che, oltre ad abbellire con fiori, rami o lettere la struttura, colonne, portali, pennacchi, capitelli, maschere, dovevano essere in grado di determinare la precisa allocazione e grandezza della chiave in relazione all’altezza dell’arco. Lo scappellino era e resta un artigiano con il pallino della creatività: egli non è un perfetto esecutore dei modelli presentati da altri.
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Ghiarotu
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Gli intonaci delle vecchie costruzioni, erano tutti della stessa tonalità di colore: terra bruciata digradante al rosa intenso. Questo perché veniva usata allo scopo "a ghiara", che è una finissima lava, simile nella consistenza alla farina o alla sabbia fine che si trova sotto le colate. Tale "sabbia" veniva estratta dai ghiaroti, che scavavano dei cunicoli di grandezza tale da permettere l’accesso all’uomo, ma anche ad una particolare specie di muli di piccola statura, i quali venivano abituati a percorrere soltanto lo stretto cunicolo. Essi riportavano in superficie sacchi o bisacce contenenti la "polvere colorata" che, mischiata a calce e azolo (pietrisco lavico), proteggeva le facciate delle abitazioni, dando dei colori tipici degradanti dal rossastro al grigio. Oggi tale attività estrattiva è stata completamente abbandonata, soppiantata dai moderni prodotti che, pur cercando di "imitare" il colore della tradizione, non vi riescono né per la durata né per la consistenza.
Basulari
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Le basole utilizzate per la pavimentazione di strade e piazze, sono dei blocchi dalle dimensioni medie di 40 x 40 cm e dallo spessore di 15 cm. Lavorate nelle facce a puntello e a perfetto squadro nelle giunture dallo scalpellino vengono collocate in opera (coricate) su uno strato di malta grassa dal basulaturi.
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‘Ntaghiaturi
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I blocchi lavici vengono tagliati a pezzi in funzione del tipo di manufatto da realizzare. La particolare durezza della pietra lavica richiede una grande capacitĂ dell'intagliatore.
Priccialaru
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Operaio che con una grande mazza spaccava le pietre che servivano da base per le strade. U pricciali si divideva in due categorie: "rossu" (grosso) e "nicu" (piccolo).
Ghiacataru
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Operaio specializzato per la realizzazione della ghiacata, massicciata delle strade, cortili, piazze.
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Lavorazione pietra lavica... ...a pupillo
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Questa lavorazione consiste nel puntillare la faccia a vista a mano mediante l'ausilio di uno scalpello. Utilizzata per pavimentazioni e manti stradali. Il puntillo fine viene adoperato per soglie, fontane, rivestimenti per camini, scalini a massello, archi, cordoli.
...bocciardata
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Si ottiene mediante l'uso di un macchinario (bocciarda), che rende la superficie piĂš ruvida di una pietra pallinata.
...pallinata
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Quando viene sottoposta a un getto continuo di granelli di acciaio, ottenendo una superficie ruvida simile alla buccia di arancia. Utilizzato per esterni come scale, gradini, pavimenti, piazze, pavimentazioni anti scivolo, piscine, cordoli, fontane.
...levigata
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La pietra lavica levigata si ottiene lucidando la superficie con una mola di grana grossa. Il risultato sarĂ una superficie perfettamente liscia ma non lucida. 23
...bucata o occhio di pernice
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L' occhio di Pernice è un tipo di pietra lavica molto porosa, abbastanza leggera, la sua superficie si presenta bucherellata. Attraverso l'ausilio di sabbiatrici è possibile rendere la sua superficie come si vede in foto. La pietra lavica bucata viene utilizzata per arredi di camini, portali, archi, oblò, fontane, rivestimenti esterni e interni.
...lucida
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La lucidatura delle lastre avviene nel levigare la superficie con mole via via sempre più fini, sino a chiudere le porosità del materiale e rendere la superficie come uno specchio. La pietra lavica così lavorata, è facile da pulire e resistente agli urti ed ai graffi, viene usate per gli arredi interni, pavimenti, scale, piani di cucina, tavoli, soglie, battiscopa, gradini, cornici finestre, lavabi, camini. Ultimamente viene utilizzata per i rivestimenti di edifici moderni, centri commerciali, arredo bagni.
...ceramicata
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La tecnica pittorica su pietra lavica si fa risalire alla metà del 1800, ad opera soprattutto di Filippo Severati che ha introdotto una nuova tecnica di pittura a smalto su lava, capace di resistere in ambienti esterni. La lastra lavica, tagliata secondo il disegno voluto, viene cosparsa di ceramica in polvere, su uno spessore di tre millimetri, e decorata. Si passa quindi alla cottura, intorno a mille gradi, ottenendo la fusione tra pietra e ceramica in un corpo unico che coniuga assieme la resistenza, l’estensione e la solidità della lava alle stupende decorazioni di mattonelle per pavimenti, piastrelle per cucine, pannelli murali, sedili e panchine, piani per bagni e cucine. 24
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Sergio Grasso S.r.l. Fondata nel 1958 dai fratelli Grasso, la SERGIO GRASSO S.r.l. si afferma oggi come una delle principali aziende di prestigio del settore lapideo. L'azienda si occupa della realizzazione di manufatti in pietra lavica dell'Etna e della lavorazione di marmi, graniti, onici e composti.
La vasta gamma di prodotti e le moderne tecnologie permettono di affrontare lavori che vanno dall'edilizia residenziale, pubblica e religiosa all'arte funeraria, dagli arredi navali alla progettazione di manufatti di ogni genere. La SERGIO GRASSO S.r.l. è in grado di seguire il cliente nella fase di progettazione e preventivazione, eseguendo i rilievi in cantiere fino alla realizzazione, alla posa in opera e eventuale levigatura sul posto dei materiali. "Oggi contiamo su una clientela consolidata e affidabile, possiamo agire su tutto il territorio catanese e non solo, grazie all'esperienza maturata negli anni i nostri margini si sono proiettati nel territorio nazionale ed estero. Il nostro punto di forza è la qualità dei nostri prodotti e la velocità nei tempi di consegna".
-Francesco Grasso
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ACIREALE Cenni storici Incastonata tra l’azzurro del Mar Ionio e il nero della pietra lavica dell’Etna, sorge Acireale, città barocca situata sulla costa orientale della Sicilia. Il nome della città affonda le sue origini nel mito e in particolare nella tragica storia d’amore tra Aci e Galatea. Durante il Medioevo gli abitanti si addensarono attorno al castello di Aci costruito su una rocca in epoca normanna. Da questo momento in poi il nome della città subì continue evoluzioni a seconda delle varie dominazioni che si succedettero nell’isola. Sotto i Bizantini Acireale si chiamò Jachium; Al–Yag sotto la dominazione araba; Aquilia durante la dominazione spagnola. Nel XIV secolo la città si stabilì nel territorio attuale (prima sorgeva nei pressi del castello di Aci, oggi Aci Castello con il nome di Aquilia Vetere prima, e di Aquilia Nuova in seguito. Il nome Acireale fu attribuito alla città, secondo la tradizione, da Filippo IV di Spagna solo nel 1642. Nel 1466 Acireale conosce un momento drammatico della sua storia: la città viene funestata da una violentissima epidemia di peste. Nel 1528 Acireale diventa Comune; infatti con il pagamento di settantadue mila fiorini all’imperatore, la città viene liberata da ogni forma di vassallaggio. In questo periodo incominciano a sorgere anche le più importanti costruzioni del centro abitato. Tra il XVI e XVII sec. sotto la dominazione spagnola l’ascesa di Acireale diventa inarrestabile. Si rafforzano le difese della città, venne eretta la Loggia Giuratoria e realizzata la cappella di S.Venera all’interno del Duomo. Il terremoto dell’undici gennaio 1693 mette nuovamente in ginocchio la città. Acireale subisce gravi perdite umane e gravi danni al patrimonio artistico‑culturale. Il processo di ricostruzione che seguì favorì l'esplosione e la magnificenza dell’ architettura barocca in tutte
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le sue infinite sfaccettature. Nel 1716 viene fondata la prestigiosa Pinacoteca e Biblioteca Zelantea la quale, oltre ha possedere più di cinquanta mila volumi antichi e manoscritti, possiede un’antica collezione di opere d’arte. Nel 1848 vengono iniziati i lavori per l’allestimento della Villa Belvedere voluta dai nobili della città e dalla quale si può ammirare uno spettacolo mozzafiato sulla “Riviera dei limoni”. Oggi è nota in particolar modo per il Carnevale di Acireale, tra i più famosi a livello nazionale, che attrae visitatori provenienti da gran parte d'Italia, data la presenza, accanto ai carri allegorico-grotteschi e ai gruppi mascherati in sfilata, dei carri infiorati, prerogativa tipica acese.
Il mito Il nome della città deriva dalla mitologia greca, una leggenda d'amore fra Aci e Galatea. La bellissima ninfa Galatea era innamorata del pastorello Aci. Il loro amore era contrastato da Polifemo, terribile ciclope che, infuriato dalla gelosia, scagliò contro il pastorello un sasso, provocandone la morte. La ninfa, disperata per la perdita di Aci, supplicò gli dèi affinché lo restituissero in vita ed essi, accogliendo le preghiere, trasformarono il pastorello in un fiume eterno, chiamato Aci (Akis). Proprio il leggendario fiume darebbe il pre-nome a tutti i nove Comuni che sfiora, Acireale in primis (ma anche Acitrezza, Aci Castello, Aci San Filippo, Aci Platani, Aci Sant’Antonio, Aci Bonaccorsi, Aci Catena e Aci Santa Lucia). Corso d’acqua che sgorga ancora oggi in una piccola fonte rossastra, chiamata "U sangu di Jaci", nei pressi di Capo Mulini. Nella Villa Belvedere è esposto un gruppo scultorio di Aci e Galatea, copia in marmo eseguita al pantografo sul modello in gesso patinato esposto alla Biblioteca Zelantea, opera di Rosario Anastasi del 1846,
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che rappresenta l'epilogo del mito, l'ultimo atto, quando Galatea, con la sua drammatica invocazione agli dèi, vorrebbe risuscitare il suo amato Aci ucciso da un sasso scagliato da Polifemo.
Scultura di "Aci e Galatea " di Rosario Nastasi Acireale - Villa Belvedere
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TRECASTAGNI Cenni storici Trecastagni è un paesino che si trova nella parte orientale della Sicilia, in provincia di Catania. Attualmente Trecastagni confina con Pedara, Viagrande, San Giovanni La Punta e Zafferana Etnea. Ufficialmente lo stemma del Comune è quello del Principe di Giovanni: su un fondo azzurro due leoni sorreggono una spiga d’oro. Significato araldico: -L’azzurro dello scudo: Giustizia, lealtà, beltà e buona reputazione (rappresenta il firmamento e l’aria) -L’oro della spiga: Simbolo del sole (rappresenta la forza, la costanza, la ricchezza) -Il Leone: Simbolo di forza, coraggio e magnanimità -Spiga: Il buon genio pieno di virtù e di prudenza con celesti ispirazioni Non si sa per certo l’etimologia di Trecastagni, le supposizioni sono svariate e molte prive di alcun fondamento critico. Una molteplicità di ragioni di ordine storico, logistico, antropologico, dimostra il vero significato del toponimo: Tre Castagni. Nella forma latina ha poche varianti: tres castaneae o trecastagnis o tricastagnus, mentre nella forma italiana si alternano due dizioni: al maschile, Trecastagni, e al femminile, Trecastagne. Trecastagne si trova usato in tutto l’Ottocento per poi scomparire nel secolo XX.
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Nel 1302, quando in Sicilia imperversò il potere angioino, tutti gli abitanti della Val di Demone lo riconobbero, sottomettendosi alla nuova egemonia, tranne gli abitanti di Trecastagni, Francavilla, Castiglione di Sicilia e di altri paesi vicini. I trecastagnesi, ribellandosi, formarono un piccolo esercito, e alleandosi con gli abitanti dei luoghi limitrofi, affrontarono e batterono i francesi. I primi documenti storici (di Frà Michele da Piazza) narrano dell'invasione di Trecastagni da parte di Simone Chiaramonte, nel tentativo di scacciare il generale Artale I Alagona, il primo sostenitore degli Angioini, il secondo filo-Aragonese. Fino al 1640 il territorio di Trecastagni fu sottoposto alla giurisdizione e al regime tributario del vescovo di Catania, per passare poi, insieme a Viagrande, Pedara ed il titolo di principe di Trecastagni, nel 1649, a Domenico Di Giovanni, messinese. Nel 1667, la chiesa madre di San Nicola di Bari fu creata parrocchia, con il titolo di Arcipretura; a tale data la popolazione di Trecastagni e del territorio che gli era sottoposto, in qualità di Arcipretura, era di circa 5000 abitanti. Dopo il devastante terremoto del 1693, la popolazione crollò drasticamente, e nel 1737 al censimento risultarono presenti circa 2000 abitanti. Nel 1710, Anna Maria di Giovanni, ultima erede del casato, sposò Don Giuseppe Alliata, principe di Villafranca, e il titolo passò quindi al casato degli Alliata. Nel 1818, con l'abolizione della feudalità, venne costituito comune e capoluogo di mandamento giudiziario ed elettorale, con riserva di un seggio nel Parlamento Generale di Sicilia. Nei moti rivoluzionari del 1837 i trecastagnesi furono i più attivi tra tutti i cittadini dei paesi etnei a partecipare all'insurrezione. Un notevole contributo fu dato dai trecastagnesi alla causa dell'Unità d'Italia, come testimoniato nelle pubblicazioni dell'epoca.
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Pietra lavica ad... ...Acireale Piazza Duomo Vera gemma architettonica, la piazza Duomo di Acireale, oltre a costituire il cuore pulsante della città, rappresenta oggi il culmine di una storia che affonda le sue origini in un lontano passato. Il punto dove oggi sorge la piazza fosse il primo luogo, in cui gli abitanti di Aquilia Nuova posero la loro residenza. Attorno a essa vennero costruite diverse botteghe che la fecero diventare anche un polo commerciale. A delimitare il perimetro della piazza sono quattro edifici di altissimo pregio artistico: la Chiesa Cattedrale, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, il Palazzo del Comune e il Palazzo Modò. Piazza Duomo è situata nel pieno centro della città di Acireale. È una piazza di impianto barocco circondata dai quattro edifici più importanti di Acireale: la Cattedrale, la Basilica dei Santi Pietro e Paolo, il Palazzo Municipale e il Palazzo Modò. La pavimentazione della piazza è stata rinnovata nel 2009. I lavori sono stati affidati agli architetti Paolo Portoghesi e Vito Messina e all'ingegnere Aldo Scaccianoce i quali reputarono che le mattonelle in cemento stonassero con lo stile barocco che contraddistingue la città. La nuova pavimentazione è stata preparata seguendo il progetto che si sviluppa con una geometria ben definita. Il piano della
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pavimentazione è suddivisibile in 8 anelli concentrici che sono, a loro volta, suddivisi in 12 settori per i primi due anelli e 24 settori per i rimanenti; al centro della geometria si sviluppa un rosone, (il tutto per rappresentare una cupola rovesciata come se questa fosse guardata dal basso verso l'alto dalla parte interna). Luciano Parlato all'opera nella realizzazione dello Stemma della città di Acireale installato nel 2009 al centro di Piazza del DuomoOgni settore è composto da 9 o 18 mattonelle di marmo denominato whitecream delimitato da una doppia fascia di pietra lavica doppiamente lavorata: bocciardata e levigata. È stata coperta una superficie di 1600 m² di cui 60 costituiti dal rosone centrale che tra pietra lavica e un minuzioso mosaico accoglie lo stemma della città di Acireale. La preparazione dei tagli dei materiali è partita ancora prima dell'apertura del cantiere edile sulla piazza. Si sono infatti dovute preparare 145 diverse forme di taglio di marmo beige, per un totale di 1350 mattonelle, 28 diversi tagli di pietra lavica bocciardata per un totale di 600 fasce circa e altrettante in pietra lavica levigata. La scelta e l'accostamento delle due lavorazioni di pietra lavica è stata appositamente consigliata per evidenziare ancora di più la tridimensionalità che si era discussa nel progetto. Per quanto riguarda il rosone, costituito da sei cerchi intrecciati tra loro secondo una geometria esagonale, sono state impiegate 132 fasce laviche distribuite tra levigate e bocciardate. Al centro si forma così un alloggio esagonale dove è stato installato lo stemma della città, il tutto arricchito da un elegante mosaico di sassolini. La localizzazione del centro, che non è stata scelta a caso dai progettisti, ha origine in un punto che è l'intersezione di due assi: quello ortogonale al comune e quello ortogonale alla fiancata laterale della cattedrale. Al centro viene installato lo stemma della città con orientamento che segue l'asse ortogonale al comune.
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La preparazione, e la lavorazione dello stemma è stata rigorosa. Lo scudo e la corona sono realizzati con lo stesso marmo impiegato per la pavimentazione con degli incassi di pietra lavica “occhio di pernice” per rappresentare i tre faraglioni e la roccia ai piedi del castello. La scelta della profondità della tracciatura è stata studiata considerando che lo stemma, come il resto della piazza, è soggetto al continuo calpestio dei pedoni.
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La Timpa Ai piedi di Acireale, lungo un costone lavico che scende a strapiombo sul mare turchino, si trova la Timpa di Acireale. Il territorio, compreso lungo la costa che da Acque Grandi (a nord di Capomulini) conduce a Santa Maria degli Ammalati, è caratterizzato da un altopiano roccioso, di particolare rilevanza alcuni tratti a ridosso della fascia costiera, dove alti colonnati basaltici, si sono formati attraverso un processo di cristallizzazione delle lave a contatto con l'acqua. L'aspetto delle pareti colonnari è spettacolare e viene a nudo solo con frane ed erosioni che mettono allo scoperto grossi banchi lavici costituiti da rocce compatte. La forma colonnare delle rocce si ritrova anche nei fondali marini circostanti. La Timpa esibisce al suo pubblico di visitatori antiche grotte o caverne naturali, coste a strapiombo sul mare (Capomulini), coste a scarpata (Santa Maria la Scala) scogliera con insenature (Stazzo).
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LaBasilica dei Santi Pietro e Paolo Fu costruita nel 1550 e ricostruita nel 1608. Ha un prospetto barocco, progettato da Vasta nel 1741. Il campanile è del XIX secolo. L'interno, a navata unica, fu ristrutturato dopo il terremoto del 1818. Vi si trovano alcune tele del Vasta, di Giacinto Platania e una statua del Cristo alla Colonna, di autore ignoto, molto venerata in città e tradizionalmente portata in processione ogni 70 anni. Nel giugno del 1933 papa Pio XI l'ha elevata alla dignità di basilica minore.
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La cattedrale Ăˆ dedicata a Maria Santissima Annunziata, ma è comunemente attribuita al culto di Santa Venera, la patrona. L'impianto originale risale al XV secolo, il primo edificio era costituito da una sola cappella a tre mura, contigua all'edificio attuale sul lato nord, dove si venerava un'immagine dell'Annunziata. Nel 1532 si procedette all'abbattimento della cappella e alla sua ricostruzione in forme piĂš ampie, con navate laterali e torre campanaria. In uno dei quattro grandi pilastri che sostengono la cupola, quello di nord-est, entro un cartiglio scolpito nella pietra lavica ad altezza d'uomo è segnata la data "1600". Tutto il complesso ha subito continui ampliamenti e modifiche, fino a raggiungere l'aspetto attuale con le ultime modifiche concluse nel 1889.
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Altri scatti Chiesa San Sebastiano
Entrata Intesa Sanpaolo 40
Casa rurale in pietra lavica Santa Maria La Scala
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...Aci Castello Aci Castello mantiene un fascino unico, con le acque cristalline del suo mare che si scagliano nei costoni di pietra lavica, all’ombra del Castello normanno da cui la città prende il nome.
Il Castello Il castello sorge su di un promontorio di roccia lavica costituito da colate laviche sottomarine (pillow). La sua posizione strategica permetteva il controllo del mare e del passaggio delle navi dirette verso lo stretto di Messina. Fu conquistato dai Normanni di Ruggero di Altavilla nel 1072 dopo la vittoria sugli Arabi. Il Castello venne costruito nel 1076, lo realizzarono interamente in pietra lavica nera, misero un ponte levatoio in legno (oggi in muratura) per permettere l’accesso solo ed esclusivamente da un lato. Il castello in seguito fu concesso ai vescovi di Catania che vi ricevettero nel 1126 le reliquie di S.Agata riportate in patria da Costantinopoli. Nel 1169 una disastrosa eruzione dell'Etna investì il paese di Aci raggiungendo la rupe che emergeva dal mare, danneggiando solo parzialmente la forte base. Dalla fine del XIII sec. fino all'età dei Vicerè spagnoli il castello fu testimone della lotta che contrappose gli Aragonesi di Sicilia agli Angioini di Napoli. Durante il XVI sec. il castello passò nelle mani di diversi privati fino a venire adibito a prigione sotto il regno dei Borbone nel 1787. Negli anni ’70 il Castello di Aci Castello è stato restaurato e al suo interno è stato realizzato il Museo Civico. Nel Museo Civico si ritroveranno esposti e spiegati oggetti della preistoria, dell’età medievale e di natura mineralogica e geologica, che ripercorrono tutta la storia di questo meraviglioso Castello.
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Leggende, misteri e paranormale del Castello sul mare Si narra, che un cacciatore della zona uccise per sbaglio la gazza del governatore del Castello. Il governatore, venuto a conoscenza dello spiacevole evento, per dispetto e rabbia fece rinchiudere il povero cacciatore nelle prigioni oscure del castello. La sua detenzione durò per ben 13 anni. Un giorno, arrivò il Duca Massa, in visita sia al Paese che al governatore. Il cacciatore, saputo della visita, compose un canto talmente bello per lui, da indurre il Duca a volerlo conoscere. A seguito di questo colloquio, il duca ordinò il suo rilascio immediato.
La dama delCasteddu di Iaci Si narra che una giovane dama, giunta a corte a seguito del debito del padre, si rifiutò di accettare le viscide avance del governatore. La dama, inseguita e costretta sull’orlo di una delle terrazze del castello, si lasciò cadere giù, pur di non cedere a quell’uomo. Il suo corpo non venne mai trovato nella piattaforme sottostante, scomparve nel nulla. Si dice che nelle notti di luna piena, le urla della dama, si sentano ancora. Basta attendere seduti all’interno del Castello. Ad un tratto, riecheggeranno insieme al vento, fra le mura antiche.
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Veduta esterna
Veduta interno
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...Aci Trezza Aci Trezza ('A Trizza in siciliano) è una frazione del comune di Aci Castello, in provincia di Catania. Centro peschereccio di antica e notevole tradizione, è famoso per il suo paesaggio che si affaccia sul mar Ionio. A contribuire ad arricchire il fascino di questo tratto di costa, oltre alla bellezza donata dalla natura, sono senza dubbio la storia e la mitologia, che riempiono di maestosa grandezza ogni singola pietra di questo tratto del litorale. Le ipotesi sull’origine del nome Aci Trezza sono diverse: la prima collega il nome a “tri pizzi” cioè tre punte riferito ai tre scogli maggiori dell’isola dei Ciclopi; un’altra si rifà ad “acis lateritiae” una fabbrica di mattoni di Aci; un’altra ancora fa risalire le origini di questo nome a “Latruzza” che era una donna molto furba proprietaria della posada ancora esistente ad Aci Trezza, che qui ospitava diversi viandanti e mentre questi dormivano li derubava. Aci Trezza deve la sua notorietà a una serie di suggestivi faraglioni; gigantesche rocce che si innalzano dal mare a pochi metri dalla costa e che diventano protagonisti di uno dei passi più famosi di una grande opera di letteratura classica "l’Odissea" di Omero.
La leggenda dei Faraglioni di Aci Trezza Secondo la leggenda, il prode Ulisse sarebbe sbarcato in Sicilia, attirato dalle risorse di questa terra e, spinto dalla curiosità, avrebbe deciso di entrare nella grotta di Polifemo, ciclope che produceva fulmini nell’Etna, il mostro sarebbe stato accecato da Ulisse in seguito a un inganno e, per vendicarsi dell’azione, avrebbe deciso di lanciare grossi massi in mare contro la flotta di Ulisse, ormai in fuga. Proprio da questo evento, sarebbero nati gli spettacolari Faraglioni. Dal punto di vista geologico, la situazione è ben diversa da quella narrata da Omero. Sembra infatti che sia frutto di un'eruzione
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sottomarina, e che nel corso del tempo siano poi stati modellati i maestosi basalti colonnari. Un racconto che rende ancor piĂš misterioso un luogo dove la natura sfoggia appieno la propria bellezza e imponenza, e in condizioni di burrasca, si assiste alla forza del mare frangersi su queste rocce millenarie sagomate dalle correnti. Inoltre Aci Trezza diviene ancora piĂš famosa, quando l'immenso Giovanni Verga, la sceglie come teatro delle vicende che egli narrerĂ nella sua opera verista e, sicuramente capolavoro del maestro siciliano, ovvero "I Malavoglia", dove Verga narra le vicende sfortunate, ma frutto di una visione analista ed autentica della condizione sociale della stragrande maggioranza della popolazione siciliana, che viveva in uno stato di povertĂ assoluto, impersonate dalla famiglia di pescatori, oppressi dalla misera, che viveva appunto ad Aci Trezza.
Riviera dei Ciclopi
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Basalti colonnari sul mare detti anche Pillows (lava a cuscino); sono dei blocchi lavici sferici o elloisoidali che devono la loro forma al rapido raffreddamento dovuto al contatto immediato della lava con l'acqua del mare e sono visibile ad Aci Trezza, Aci Castello e presso la Timpa di Acireale. Il basalto Etneo viene utilizzato in svariati modi, sia per elementi architettonici che per pavimentazioni o rivestimenti vari.
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Le statue Percorrendo il breve e caratteristico lungo mare di Aci Trezza si incontrano delle affascinanti statue in pietra lavica, realizzati da quattro artisti diversi. Vulcanica è una vera e propria mostra a cielo aperto d'arte contemporanea, un incontro tra preistorico, antico e moderno tra le vie del paese; l'idea nata nel 1997 attirando curiosi e turisti per la loro misteriosa bellezza. I quattro autori hanno lavorato alle sculture per due settimane ininterrottamente, davanti ad una folla di spettatori, che assisteva al magnifico momento della creazione dell’opera d’arte. Queste statue in pietra lavica rappresentano un stretto legame con il territorio per rendere omaggio a questo miracolo della natura, che ha reso l'unione della nascita geologica di Aci Trezza.
Trezza Realizzato da Antonio Portale, un artista siciliano. Raffigura un corpo gigante di una donna attraversato dalle onde del mare e da un pesce, personificazione del paese di Acitrezza.
Mistura Realizzata da Toshiko Minamoto, un artista giapponese. Un bossolo che rappresenta la passione e l'intreccio che deriva dal tormento interiore dell'anima.
Pensiero Realizzata da Silvio Marchese, un nartista siciliano. Il monolite che si erge costantemente verso il cielo. Sembra quasi che il blocco di pietra sia impegnato in una costante ricerca inappagata. Analogia simbolica con la vita dell’essere umano.
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I Faraglioni Realizzata da Goran Cpajak, un artista slavo. Con questa statua, in maniera astratta, vengono rappresentate le isole dei ciclopi e la loro nascita. La statua è inserita sul lungomare di Cannizzaro.
Trezza
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Mistura
Pensiero
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I Faraglioni
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...Trecastagni Conservatorio delle Vergini Nella parte più bassa del centro storico, verso est, si trova il vasto edificio del Conservatorio delle Vergini con annessa chiesa costruita a partire dal 1711. L’interno della chiesa a pianta ottagonale con presbiterio e atrio con cantoria è elegante e raffinato, decorato e arredato con motivi floreali e ornamentali e antiche tele. Sull’altare maggiore domina la statua della Madonna di Lourdes; lateralmente, un’elegante nicchia custodisce il simulacro di Maria Ausiliatrice. Dal 1881, infatti, l’edificio è affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice (suore salesiane) che ancora oggi svolgono un’incisiva azione educativa, sociale, religiosa e culturale. La prima direttrice fu la beata Sr. Maddalena Morano, inviata in Sicilia da San Giovanni Bosco.
Largo Don Giovanni Bosco 52
Via Rattazzi
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Palazzo feudale dei Di Giovanni Ad est, dietro una quinta di eleganti palazzetti settecenteschi che prospettano sulla strada principale, si eleva fra basse casupole la mole imponente del palazzo feudale dei Di Giovanni. Per giungervi bisogna percorrere alcuni stretti vicoli e perciò la sua vista appare ancor più sorprendente. L’imponente edificio che probabilmente risale al secolo XVII, prospetta su un’ampia corte sulla quale si affacciano anche ampi magazzini. Ai saloni interni si accede da un titanico scalone a rampe simmetriche racchiuse fra due ali che si protendono verso la corte. Gli ambienti interni, organizzati su due piani, sebbene spogli di decorazioni, rivelano tutta la potenza del signore, specialmente il salone centrale che, in asse con lo scalone si protende all’esterno in un aggetto del corpo di fabbrica.
Ingresso del palazzo 54
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Primo piano
Cortile interno
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Ingresso al palazzo dal cortile interno
Cortile interno
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Chiesa Madre A metà circa del corso Vittorio Emanuele, dove esso si allarga in una esedra, in cima ad un’articolata e scenografica cascata di scale è l’edificio più importante di Trecastagni: la Chiesa Madre dedicata a S. Nicola di Bari, visibile con la sua mole e con la slanciata guglia del campanile ottocentesco da un vastissimo territorio circostante. Sorta su una precedente chiesa, venne ricostruita agli inizi del Seicento e il suo prospetto fu completato nel 1690. Alla fine dell’Ottocento l’ingegnere prof. Mario Distefano elevò il campanile.
Vista dal largo Don Giovanni Bosco 58
Scalea S. Nicolò
Dettaglio scale
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Eremo S. Emilia Salendo lungo la strada di Tre Monti a sinistra si incontra un bizzarro edificio, simile a una torre merlata con finte bocche di cannone scolpite nella nera pietra lavica ed una lapide marmorea che ci dice essere questo l’ingresso di un misterioso eremo S. Emilia nascosto nel bosco.
XX. Novembre .MDCCCVC 63
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Salita Sant’ Antonio
Largo dei bianchi 67
Chiesa S. Maria della Misericordia dei Bianchi È il luogo più antico di Trecastagni perchè risalente al 1302. Ricostruita dopo il terremoto del 1693, con l’utilizzo di intagli in pietra lavica della chiesa precedente. Presenta un elegante interno con decorazioni in stucco. Gli affreschi della volta interna rappresentano l’Esaltazione dell’Eucaristia; sull’altare maggiore, sormontato da colonne tortili decorate con nastri di fiori, si conserva il settecentesco gruppo in legno dorato raffigurante la Misericordia. La facciata alterna l’intonaco agli elementi in pietra lavica intagliata e scolpita.
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Santuario dei SS. MM. Alfio, Filadelfo e Cirino La costruzione della chiesa fu avviata dalla popolazione nel 1517 quando nel monastero di San Filippo di Fragalà furono ritrovate le reliquie dei tre Santi fratelli martiri poi traslate a Lentini. Completata nel 1593, i lavori di ampliamento della fabbrica iniziarono nel 1650 su disposizione del Vicario generale Francesco D’Amico e durarono fino al 1662. Il campanile, invece, fu costruito nel 1857 in forma goticalombarda su progetto del trecastagnese arch. Giuseppe Torrisi. L’interno è costituito da tre navate a croce latina ma anticamente la chiesa si componeva di un solo ambiente costruito sui ruderi dell’antica icona che i primi cristiani eressero sul posto dove, secondo la tradizione, sostarono i santi fratelli nel 252. Vi si custodiscono i simulacri dorati dei martiri risalenti al 1715, diverse tele ed elementi lapidei riconducibili anche al ’500 e al ’600. Nei locali adiacenti alla chiesa è stato realizzato un importante museo che espone oltre mille ex voto (quadri votivi), alcuni dei quali risalgono al Settecento.
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Abitazione All’interno di una casa, tra il Corso Sicilia e il maestoso palazzo dei principi Di Giovanni, si trovano oggetti molto interessanti di vita quotidiana del passato. Ci sono due cisterne: in una sono incisi degli elementi, tra cui la data 1852; accanto alla seconda, più esterna, è presente un lavatoio detto in siciliano “Pila”. Nell’ingresso laterale si legge la data 1838; di fronte questo grande portone si trovano dei ganci in pietra lavica, presumibilmente utilizzati per legare gli animali. Quasi ogni famiglia aveva un quadrupede (asino o mulo, raramente un cavallo) utilizzato per il trasporto dei prodotti agricoli, e per gli spostamenti nei "fine settimana" fuori città.
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“Pila”
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Portoni Lungo le strade non è difficile incontrare svariate possibilità in cui è immersa la pietra lavica. Tipici sono le cornici dei portoni, ognuno con il proprio concio di chiave. Uno stile inconfondibile, che ancora oggi non viene abbandonato. Molti lo utilizzano, anche se semplicemente in maniera decorativa.
Vicino al palazzo principe di Giovanni 79
Corso Sicilia (SP4i)
Strada Provinciale 4/11
Via Principe di Giovanni 80
Corso Sicilia (SP4i)
Corso Sicilia (SP4i) 81
Corso Sicilia (SP4i)
Via Camillo Benso Conte di Cavour 82
Via Amedeo d’Aosta
Via Camillo Benso Conte di Cavour 83
Via Camillo Benso Conte di Cavour
Tra via Assisi e il giardino comunale 84
Via Camillo Benso Conte di Cavour vicino via Abate Ferrara
Via Camillo Benso Conte di Cavour 85
Via Cavour, vicino largo dei bianchi
Via Lucia Mangano 86
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Via Pacini, vicino al Corso Europa
SITOGRAFIA - https://catania.italiani.it/statue-in-pietra-lavica-acitrezza/ - https://www.voc777.com/sicily/2018/10/18/acireale-acitrezza-acisan-filippo-e-capomulini-un-tour-nellhinterland-catanese - http://www.sergiograssosrl.it/pietra-lavica-a-puntillo.html - http://www.pietrainedilizia.com/pavimentazioni-piazze-piu-belleacireale/ - https://www.guidasicilia.it/itinerario/la-riserva-naturale-orientatadella-timpa-di-acireale/1002307 - https://scudlavica.it/catalogo/arredo-urbano/pietra-lavica-dell-etna/ 6,1407199,438319 - https://www.wikiwand.com/it/Acireale - http://www.distrettoturisticosudest.com/acireale_cultura.html - http://www.associazionecentocampanili.it/acireale/#.XvdXq20za01 - https://www.viaggiaescopri.it/sicilia-aci-trezza-mito-polifemo/ - https://www.cataniablog.it/la-storia-dei-faraglioni-di-aci-trezza.html - https://catania.italiani.it/il-castello-di-aci-castello-storia/ - http://www.sergiograssosrl.it/pietra-lavica-a-puntillo.html
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- http://www.sergiograssosrl.it/
BIBLIOGRAFIA - Le case di lava - Cenni storici e curiosità sugli edifici tradizionali dell’Etna - Biblioteca della provincia regionale di Catania 2001 - Tres Castaneae di Alfio Barbagallo - 2009
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