I Cordai 8/2015

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La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine. Giovanni Falcone

MISERIA LADRA!

foto: Sebastião Salgado

mensile per S. Cristoforo a cura del G.A.P.A. Centro di aggregazione popolare - Direttore Responsabile: Riccardo Orioles - Anno Decimo, n° otto, Ottobre 2015

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Giovanni Caruso

uante volte imprechiamo con questa frase? Certo, è un po’ un luogo comune, ma nei quartieri popolari si sente spesso, magari con una espressione diversa: “buttana ‘a miseria!” Dalle statistiche Istat degli ultimi anni emerge che la povertà nel nostro paese è molto aumentata, in particolare nel Meridione. Non possiamo dare la colpa soltanto alla crisi economica, ma anche alla politica dei governi che si sono consegnati ai poteri forti e alla finanza più cinica. Anche nella nostra città, Catania, si rilevano sacche di grande povertà economica, ed in modo evidente nei quartieri popolari del centro storico e nelle periferie. Ed è da elogiare la campagna nazionale lanciata da “Libera” di don Ciotti, chiamata “Miseria ladra”, che in uno stralcio del documento che la presenta recita: “Nella povertà le mafie hanno trovato inedite sponde nella società, nel suo diffuso analfabetismo etico. Oggi sempre più evidenti i favori indiretti alle mafie che sono forti in una società diseguale e culturalmente depressa e con una politica debole”. Noi puntiamo il dito proprio sulla politica. Quella condotta dall’amministrazione Bianco, in particolare, che da un lato fa proclami e annunci per “combattere la povertà” attraverso legalità e lotta alle mafie e dall’altro crea povertà e abbandono nei quartieri popolari e periferici.

Non diciamo nulla di nuovo, basta andare nei quartieri per constatare tutto ciò: povertà materiale e culturale, e non certo per scelta degli abitanti, ma piuttosto perché negli ultimi sessant’anni la politica li ha sfruttati a proprio vantaggio - chi è più povero è più ricattabile - e lo vediamo sempre più spesso, soprattutto durante le campagne elettorali. Bella l’iniziativa di giorno 17 ottobre a Palazzo Platamone, dove “Libera” promuove la campagna “Miseria ladra” e invita istituzioni e società civile a contribuire come “atto di beneficenza”, portando indumenti che serviranno per affrontare il nuovo inverno, anche se sarebbero stati più utili diritti e lavoro. Essendo Palazzo Platamone un luogo istituzionale, il saluto d’inizio è stato dato proprio dal sindaco Bianco che non si è lasciato scappare l’occasione per l’ennesima passerella (in fondo fa il suo mestiere). Ma forse il dito bisognerebbe puntarlo proprio su tutti e tutte noi, sulla cosiddetta società civile che, pur conoscendo la schizofrenia di questa Amministrazione, che con una mano dà e con l’altra toglie e che fa affari con i poteri forti per proprio tornaconto e per acquisire più potere, si “inchina”. Perché un’iniziativa di questo genere – ci chiediamo – si doveva fare nel “salotto buono” della città, solo con una parte della società civile e non con quella reale che abita i quartieri? Perché non fare questa iniziativa magari in una delle scuole dei

Beni confiscati: prima alla mafia, dopo (ingiustamente) ai cittadini. Perché? 3/4

Pescheria antico mercato

quartieri popolari? Aprendo così le porte agli uomini, alle donne, ai bambini e bambine dei quartieri dando la possibilità di far loro raccontare il loro disagio e la loro povertà? Perché il sindaco che dice di voler battere mafia e povertà non ha mai accettato l’invito a farsi una passeggiata con noi nel quartiere di San Cristoforo per toccare con mano cos’è la povertà figlia dell’ingiustizia sociale e dell’oppressione mafiosa? Care associazioni e organizzazioni sociali, non vi sembra il caso di affrontare a schiena dritta un’Amministrazione che opera in modo discutibile e poco coerente, così come si evince dagli ultimi avvenimenti che hanno portato alle cronache questa giunta Bianco? Il fatto a cui ci riferiamo è un fatto di cronaca, avvenuto il dieci ottobre, e si può sintetizzare in una foto dove si vedono insieme l’assessore Licandro, il signor Di Bella e il sindaco Bianco. Nulla di male, se non fosse che il signor Di Bella è ritenuto prestanome del clan mafioso Pillera-Puntina. Qualcuno per questa brutta foto chiede le dimissioni immediate dell’assessore. A noi anziani questa foto ne ricorda un’altra di circa trent’anni fa, l’inagurazione della “PAM CAR” di Nitto Santapaola, con membri delle istituzioni statali e cittadine in casa del boss mafioso. Trent’anni: ancora povertà nei quartieri, ancora gran sorrisi di politici e boss.

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Scuola e povertà

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“Miseria ladra”: cifre da paura

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a povertà è oggi il principale problema del nostro paese. Secondo i dati del rapporto Istat del 2013 sono più di 10 milioni le persone in povertà relativa e 6 milioni in quella assoluta. Per Eurostat un italiano su tre è a rischio povertà. I minori indigenti sono passati da 723 mila a 1 milione e 434 mila. Il rischio di rimanere in condizioni di indigenza nel nostro paese è tra i più alti d’Europa: 32,3% rispetto alla media del 26%. Anche la dispersione scolastica ha subito un impennata, arrivando al 17,6% contro il 13,5% della media europea. Gli homeless sono aumentati: se ne stimano circa 50 mila, soprattutto a nord-ovest (38,8%). Il 63% delle famiglie ha ridotto la spesa alimentare. Il 40% vive in condizioni di deprivazione mate-

riale; una famiglia su quattro soffre di deprivazione materiale grave. Sul versante occupazionale viviamo una crisi senza precedenti: oltre 3,2 milioni di disoccupati, più del 44% di disoccupazione tra i giovani con punte ben oltre il 60% al sud, 4 milioni di

precari. La commissione Ue sull’occupazione «Employment and Social Developments in Europe Review» denuncia come anche il 12% degli occupati non riesce più ad arrivare a fine mese. Solo Romania e Grecia hanno percentuali di working poor più elevate delle nostre. In un paese così diseguale e precario sono le mafie a trarre grandi benefici: 54 i clan impegnati in attività di riciclaggio e usura. Anche il nostro territorio viene colpito dalla crisi ed usato in maniera criminale per ottenere profitto a discapito della popolazione e delle generazioni che verranno. Sono 93,5 i crimini ogni giorno contro l’ambiente, aumentati del 170% negli ultimi tre anni, come denuncia l’ultimo rapporto sulle ecomafie di Legambiente. La corruzione si sostituisce al rispetto delle regole e della convivenza fondata sulla certezza del diritto, inquinando ulteriormente il clima della nostra democrazia. È per queste ragioni che è stata promossa dal Gruppo Abele, con il sostegno di Libera e l’adesione di oltre 1000 realtà del sociale e del volontariato laico e cattolico, la campagna Miseria Ladra. Attraverso la sua piattaforma e le sue proposte, Miseria Ladra vuole proporre una visione ed un approccio teso a difendere l’interesse generale, contrastando le mafie all’interno di una visione europeista fondata sulla cultura dei diritti e del welfare come elemento di civiltà. Le proposte della campagna intervengono sia su situazione emergenziali e contingenti che vanno affrontate e risolte nell’immediato, come il blocco degli sfratti, l’utilizzo dei beni confiscati per fini sociali e la residenza per i senza fissa dimora, sia sulle cause strutturali della povertà e della crisi, attraverso proposte da attuare nel medio e lungo periodo come la rinegoziazione del debito pubblico. Le

proposte di Miseria Ladra sono per queste ragioni suddivise a livello territoriale, nazionale ed europeo. Non c’è, del resto, più tempo da perdere di fronte a un trend inequivocabile: ogni anno è sempre peggio. I dati del 2013 denunciano e confermano un ulteriore peggioramento del-

le condizioni economiche e sociali. Aumento della povertà, maggiori ingiustizie sociali ed ambientali, frammentazione della coesione sociale, corruzione, limitazioni e tagli nell’erogazione dei servizi sociali, rendono ancora più macroscopiche le diseguaglianze, favorendo la spirale negativa che riproduce la crisi. Il quadro normativo europeo complica ulteriormente le cose. Le politiche di austerità ed i trattati di stabilità e governance hanno inibito la spesa pubblica e in particolar modo quella sociale, considerata come un costo insopportabile. Mentre le banche hanno ricevuto sostegni per 4 mila miliardi di euro, vengono negati i fondi per affrontare la gravissima condizione in cui versa il nostro continente ed il futuro della pacifica convivenza dei popoli europei, imponendo ulteriori tagli alla spesa sociale e bloccando gli investimenti pubblici. Una situazione già oggi insostenibile: 126 milioni di poveri, 43 milioni di affamati e 27 milioni di disoccupati testimoniano la crisi sociale ed economica del continente, ulteriormente accentuata nei paesi del mediterraneo. I dati, gli studi effettuati, la storia europea e la nostra Costituzione considerano invece la spesa sociale e gli investimenti pubblici non solo un dovere etico-istituzionale ma uno strumento fondamentale per il rilancio dell’economia. Con un obiettivo preciso: rendere illegale la povertà.


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Beni confiscati: prima alla mafia, dopo (ingiustamente) ai cittadini. Perché? Ivana Sciacca, foto Francesco Nicosia

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Collettivo Scatto Sociale

via Castello Ursino

osa sono questi beni confiscati alla mafia di cui si sente tanto parlare? Immaginiamo un mafioso, uno qualsiasi, che per tanti anni attraverso lo spaccio di droga, il traffico di armi e qualsiasi altro traffico illecito sia riuscito ad accumulare un patrimonio in denaro, edifici, aziende, etc.

Se il mafioso non riuscirà a dimostrare che tutto ciò che ha accumulato è stato frutto del suo sudore, ecco che scatta prima il sequestro e dopo la confisca: del denaro, degli edifici, delle aziende o di qualsiasi altro “tesoro”. Mettiamo che si tratti di un appartamento costruito o acquistato attraverso soldi sporchi. Nel momento in cui il Signor Stato si accorge di questo mafioso “riccone sulle spalle de-

Udite, udite: il Comune di Catania questo regolamento ce l’ha, è stato uno dei quattro impegni sottoscritti da Bianco al momento della sua candidatura a Sindaco! Attraverso questo regolamento non si potranno assegnare i beni in base ad amicizie, ma si dovrà fare un bando pubblico, trasparente, cui potranno partecipare le associazioni di volontariato e le ONLUS che, presentando un progetto valido, potranno acquisire per un periodo ben preciso il bene per svolgerci la loro attività. segue alla pagina successiva

via Alfonzetti

Ad un certo punto la legge si insospettisce e fa dei controlli: “Come fai a possedere tutto questo ben di Dio?”.

gli altri” interviene, gli toglie l’appartamento e invece di lasciare marcire l’immobile, lo restituisce indirettamente a tutti i cittadini onesti, usandolo come ufficio pubblico o come sede per qualche associazione di volontariato, o prestandolo temporaneamente a qualche famiglia sfrattata. Di beni immobili confiscati a Catania ce ne sono parecchi: il Comune, l’anno scorso, ha diffuso una lista in cui ne compaiono 31, tutti assegnati tranne 5 (3 appartamenti e 2 terreni) e un garage che è stato demolito e trasformato in una piazzetta, proprio nel cuore del San Cristoforo: via Caprera 28/30, se qualcuno volesse visitarla! In realtà non sono 31 gli edifici confiscati ma molti di più: perché il Comune non aggiorna questa lista? Non ci è dato saperlo! La questione di restituzione del bene ai cittadini onesti in realtà è un po’ più complicata nella pratica: pri-

via Cifali

via Caprera

ma era l’Agenzia del Demanio che, attraverso la Prefettura, assegnava questi beni. Poi nel 2010 venne istituita l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, con sede principale a Reggio Calabria. Quest’Agenzia in pratica dovrebbe stabilire come usare questi beni. Ma non può farlo da sola: deve interagire col Comune di competenza. Il Comune a sua volta deve avere un regolamento, un insieme di norme per vedere come regolarsi con questi patrimoni.


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via Monte S. Agata

che ci sono appartamenti o villette assegnate ad associazioni che non le

sono fare richiesta perché operano, senza fini di lucro, per la collettività: sembra il criterio più onesto per poter ridare dignità all’utilizzo del bene. Tuttavia questo regolamento a Catania c’è ma non è stato mai inaugurato! Perché? Non si capisce perché! Di certo non perché non ci siano associazioni che non abbiano bisogno di una sede. Tutt’altro! Ma non è tutto. I beni confiscati, si è già ricordato, possono essere utilizzati come sedi di uffici pubblici, di caserme, etc. ma se il Comune non ne ha bisogno non è che deve tenerseli sulla pancia! Eh no, in teoria non potrebbe. Tant’è che alcuni edifici, per esempio, vengono utilizzati come Case Emergenza per coloro che hanno subito uno sfratto. Naturalmente si dovrebbe trattare di alloggi temporanei, però… non sempre è così. Ma sapete perché? La legge prevede che una volta assegnati questi beni, il Comune dovrebbe monitorarne l’utilizzo: insomma, sapere se davvero il bene viene usato per lo scopo per cui era stato assegnato! E invece il Comune non fa neanche questo… Non si capisce perché! Così accade

nessuno è andato a chiedere le chiavi, e ancora associazioni che pur non svolgendo nessuna attività continuano a detenerlo… Perché il Comune non fa il suo dovere? Abbiamo incontrato diversi assessori e responsabili di uffici per farci spiegare il perché… Sembravano tutti caduti dalle nuvole quando si parlava di beni confiscati “Eh ma non ce ne occupiamo noi, forse l’altro ufficio, o forse l’altro ancora” e così via, all’infinito. L’unica cosa chiara sinora è che questi beni appartengono di diritto ai cittadini che, indirettamente, dovrebbero poterne usufruire. Perché chi dovrebbe amministrarli in modo TRASPARENTE finge di non saperne nulla e li confisca ingiustamente ai cittadini? Poi fanno le serate di beneficienza per i “poverini senza tetto”: ma perché? Perché se a non garantire un razionale utilizzo dei beni sono loro stessi? Sindaco, assessori, responsabili d’ufficio e tutti i burocrati di questo circuito chiuso, segregato… senza nessuno spiraglio per i cittadini onesti.

via Delpino

segue dalla pagina precedente

Le associazioni di volontariato pos-

associazioni a cui è stata revocata la concessione del bene ma a cui

via Damiano Chiesa

via Segusio

usano o le usano per farci tutt’altro che il bene della collettività, ma anche


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Pescheria antico mercato Negozi chiusi spazi vuoti

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testo e foto Paolo Parisi

ontinua il prolungarsi della crisi alla pescheria, nelle stradine dell’antico mercato fra le bancarelle si notano tante botteghe chiuse e tanti spazi vuoti. I vari esercenti lamentano il continuo e persistente calo di vendite. “Mio figlio che lavorava con me da tanti anni è dovuto andare via da questa bottega e ha aperto un altro negozio di rivendita di carne in un altro quartiere”, dice un macellaio, da dietro il suo bancone frigorifero dove sta esposta carne di vitello maiale e polli, “non ci stavamo più con gli incassi così ha preso la decisione di andare via”. Entrando in un panificio e parlando con la titolare del negozio, questa dice: “Io sto chiudendo questo esercizio per aprirne un altro a Pedara, cittadina ai piedi dell’Etna, facendo la valutazione ho deciso che è meglio chiudere l’attività alla pescheria, piuttosto che trascinarmi in una lunga agonia. Non si riesce ad andare avanti e nel frattempo aumentano sempre di più i negozi chiusi”.

La stessa cosa avviene fra le bancarelle, con spazi vuoti fra l’una e l’altra e anche il piazzale dove i pescatori vendono il pesce (Piazza Di Benedetto) è sempre più vuoto. Chiedo se hanno cercato un incontro con la pubblica amministrazione, un pescivendolo risponde: “Abbiamo avuto alcuni incontri con i responsabili del comune di Catania e abbiamo chiesto di creare una linea navetta, tipo BRT, che da piazza Stesicoro, luogo dove arrivano e ripartono i bus da tutti i quartieri, giunga fino alla Pescheria. Ciò per agevolare le persone che acquistano all’antico mercato, carichi di buste della spesa, di arrivare con meno fatica al bus. Mentre la mancanza di questo servizio diventa un deterrente a venire qui a fare la spesa. Attualmente i bus navetta arrivano fino dentro ai centri commerciali Le Porte di Catania oppure a Katanè, perché ciò non si può fare per la Pescheria? Tutte le volte che ci siamo incontrati con gli amministratori comunali ci dicono che verranno incontro alle nostre esigenze, ma i mesi passano, gli esercenti chiudono e loro non fanno niente! Queste persone o non capiscono i bisogni della cittadinanza oppure

il loro interesse è rivolto altrove”. Dice un altro pescivendolo avvicinatosi partecipando alla discussione: “ Qui si nota che attorno e dentro il mercato gli abusivi aumentano sempre più, costretti dai pochi incassi e dall’enorme carico di tasse di ogni genere che sono costretti a pagare. Facendo una concorrenza sleale a tutti quelli che operano e resistono nella legalità. La Pescheria è allo sbando, non esiste il controllo del mercato. Inoltre i vigili urbani sono assenti, non si vedono mai nonostante la loro casermetta si trova nella piazza dei pescatori. Per esempio, guardi questo scouter che avanza fra le persone suonando il claxon e con i suoi scarichi inquina la merce esposta sui banconi, questo non si dovrebbe verificare mentre in realtà è un fatto che si ripete con estrema facilità. Questo mercato storico è abbandonato dall’amministrazione comunale, forse perché è frequentato da persone meno abbienti? Mentre la giunta comunale dovrebbe incentivare l’apertura di nuovi esercizi commerciali al fine di ravvivare sempre più l’antico mercato della Pescheria che è realmente un’attrazione turistica e riportarlo all’antico splendore”. Certo la realtà della Pescheria non

sappiamo quando durerà ancora, fra la gente che non lavora, non ha soldi e quindi riduce le spese, fra chi va ai centri commerciali, fra chi con la social card va ai supermercati, fra la mancanza di controllo da parte degli organi preposti, questo spazio avrà poca vita! In altri comuni la pubblica amministrazione possedendo un luogo come questo lo incrementerebbe, valorizzandolo al massimo. Invece la nostra Catania gradualmente sta perdendo uno dei luoghi più caratteristici che è sempre stato una vera attrazione turistica.

Ringraziamo chi ha partecipato alla cena di autofinanziamento del 17 ottobre e chi ha contribuito alla realizzazione di questa importante iniziativa. Grazie a voi i ragazzi della palestra popolare GAPA potranno partecipare alle gare di Roma Applausi!!!


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Scuola e povertà Save the Children presenta il rapporto “Illuminiamo il futuro 2030 - Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa”

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a povertà educativa, cioè la mancanza delle competenze necessarie per uno sviluppo adeguato e per farsi strada nella vita, è una mina innescata sul futuro di milioni di bambini e adolescenti italiani. Quasi il 25% dei quindicenni è sotto la soglia minima di competenze in matematica e quasi 1 su 5 in lettura, percentuale che raggiunge rispettivamente il 36% e il 29% fra gli adolescenti che vivono in famiglie con un basso livello socio-economico e culturale: povertà economica e povertà educativa, infatti, si alimentano reciprocamente e si trasmettono di generazione in generazione. D’altra parte, notevoli sono le carenze di servizi e opportunità formative scolastiche ed extrascolastiche: solo il 14% dei bambini tra 0 e 2 anni riesce ad andare al nido o usufruire di servizi integrativi, il 68% delle classi della scuola primaria non offre il tempo pieno e il 64% dei minori non accede ad una serie di attività ricreative, sportive, formative e culturali, con punte estreme in Campania (84%), Sicilia (79%) e Calabria (78%). A Sud e nelle isole, la percentuale di adolescenti che non consegue le competenze minime in matematica e lettura raggiunge rispettivamente il 44,2% e il 42%. Lo rivela il nuovo Rapporto di Save the Children “Illuminiamo il Futuro 2030 - Obiettivi per liberare i bambini dalla Povertà Educativa”. Lo studio fornisce dati ed elaborazioni originali e lancia 3 Obiettivi, ambiziosi ma realistici per eliminare entro il 2030 in Italia la povertà economica ed educativa: 1. Tutti i minori devono poter apprendere, sperimentare, sviluppare capacità, talenti e aspirazioni; 2. Tutti i minori devono poter avere accesso all’offerta educativa di qualità; 3. Eliminare la povertà minorile per favorire la crescita educativa. Per raggiungere tale traguardo, Save the Children invita ad un’azione immediata tutti gli attori e istituzioni impegnati nella tutela dell’infanzia nel nostro paese e presenta una serie di proposte specifiche. “I dati che emergono dalle nostre

elaborazioni rivelano un fenomeno allarmante”, sottolinea Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, l’organizzazione dedicata dal 1919 a salvare la vita dei bambini e a tutelare i loro diritti. “La povertà educativa risulta più intensa nelle fasce di popolazione più disagiate. Non dimentichiamo che in Italia più di 1 minore su 10 vive in condizioni di povertà estrema e aggrava e consolida, come in un circolo vizioso, le condizioni di svantaggio e di impoverimento già presenti nel nucleo familiare.” Per quanto riguarda il primo obiettivo (apprendimento e sviluppo), entro il 2030 tutti i ragazzi di 15 anni dovranno raggiungere le competenze necessarie in matematica e lettura, il tasso di dispersione scolastica dovrà scendere sotto il 5% e tutti i minori dovranno svolgere in un anno almeno 4 attività culturali e sportive. Riguardo al secondo obiettivo (offerta educativa), entro il 2030 la differenza della copertura pubblica dei servizi educativi per l’infanzia tra

Redazione “i Cordai” Direttore Responsabile: Riccardo Orioles Reg. Trib. Catania 6/10/2006 no26 Via Cordai 47, Catania icordai@associazionegapa.org - www.associazionegapa.org tel: 348 1223253

le regioni non dovrà superare il 10%, tutte le classi della scuola primaria e secondaria dovranno offrire il tempo pieno e attività extracurricolari e garantire un servizio mensa di qualità e gratuito per i minori in povertà, tutti gli alunni dovranno essere accolti in infrastrutture adeguate per l’apprendimento e dotate di connessione a Internet veloce. Ma, soprattutto, come previsto dal terzo obiettivo (eliminare la povertà minorile) entro il 2030, il tasso di povertà assoluta dei minori, attualmente al 13,8%, dovrà essere azzerato, con l’impegno di dimezzarlo entro il 2020. Ciò che emerge dall’analisi è che il 60% degli alunni di 15 anni frequenta scuole non adeguate a garantire la qualità dell’apprendimento. Nel Rapporto viene anche evidenziata l’importanza delle attività extracurricolari per attivare percorsi di recupero nei minori più svantaggiati. “La povertà educativa non può essere un destino ineluttabile e non è

Stampato dalla Tipografia Paolo Millauro, Via Montenero 30, Catania Grafica: Max Guglielmino Foto: Sebastião Salgado, Francesco Nicosia, Paolo Parisi, Mara Trovato

accettabile che il futuro dei ragazzi sia determinato dalla loro provenienza sociale, geografica o di genere”, sottolinea Raffaela Milano, Direttore Programmi Italia-Europa Save the Children. “Le enormi diseguaglianze che oggi colpiscono i bambini e i ragazzi in Italia vanno superate attivando subito un piano di contrasto alla povertà minorile e potenziando l’offerta di servizi educativi di qualità: i dati ci dimostrano che i servizi per la prima infanzia, le scuole attrezzate, le attività ricreative e culturali possono spezzare le catene intergenerazionali della povertà. Serve però uno sforzo comune e coordinato da parte delle istituzioni ad ogni livello e delle stesse comunità locali e l’impegno per sconfiggere la povertà educativa deve diventare prioritario nell’agenda del Governo. È di grande importanza anche il tema della riqualificazione degli spazi urbani degradati, affinché i bambini e i ragazzi possano usufruire di spazi per il gioco, lo sport, le attività culturali e artistiche”.

Hanno collaborato a questo numero: Giovanni Caruso, Toti Domina, Marcella Giammusso, Paolo Parisi, Ivana Sciacca


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