Institut d'estudis occitans de París Documents per l'estudi de la lenga occitana N°87
Giuseppe MOROSI
L'odierno linguaggio dei Valdesi del Piemonte
Edicion originala in “Archivio glottologico italiano” XI, Torino, Loescher, 1890 e XII, 1890-1892 Document dins lo maine public numerizat per archive.org
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L'ODIERNO LINGUAGGIO
DEI VALDESI DEL PIEMONTE, G.
MOROSI.
Introduzione.
Il
monografìa dice sùbito che non
titolo della presente di studiare
posito
mio pro-
è
noti testi e del noto volgarizza-
qui la lingua dei
mento della Bibbia che si attribuiscono ai Valdesi e la cui origine si ha ragione di credere che possa risalire al di là del secolo XV ^, quand'anche resti assodato che non al di là di quest'epoca risalgano 1 codici che
ha
li
contengono.
atteso e per quel
A
questo compito, già parecchi anni or sono,
tempo abbastanza bene, com'è
noto,
W.
Griiz-
raacher, e vi attendono tuttavia, giovandosi anche di nuovi e migliori
materiali ^ allo scopo di altri
emendare
A. Meyer, C. Hofmann, C. Salvioni qui per
sommi
corredo
di prove,
^
Cfr.
hayer.
e ricompiere
il
lavoro di questo,
valentuomini, ben competenti nella materia, quali
A.
ah.
Yaudois
capi,
riservandomi
ciò che dagli
Meyer (Waldensia, d.
wiss.,
d'Italie.,
E.
Montet {La Noble Legon, les
di
fornire
contro ai
W.
più tardi
il
Forster,
enunziare
fo lecito di
necessario
mia pro-
studj altrui e dall'indagine
in
Sitzungsher. d. philos.-philol.
Parigi-Torino, 1887,
207 sgg.);
bridge avec
Solo
Comba,
1880, p. 560 sgg.), Forster (in
p.
di
mi
^,
p. 209),
quali sta ora,
e
ma
Comba
(op. cit.,
texte originai d'après le manicscrit
i
d. k.
ibid.,
e
senza ragioni convincenti,
variantes des manuscrits de Genève
traduction frangaise etc, Parigi 1888, p.
ci.
Histoire des
et
de Cam-
de Dublin, suivi d'une
sgg.).
aggiunge ora il Nuovo Testamento Valdese, secondo la lezione del Cod. di Zurigo (che è della metà circa del sec. XVI), pubblicato in questo *
Si
medesimo volume dell' Archivio ^ V. V Avvenenza preliminare nota precedente,
p. 7.
dal prof. C. Salvioni. al
Nuovo Testamento
Valdese,
cit.
nella
310
Morosi,
mi pare
pria
conchiudere circa
di poter
punto delle relazioni tra
il
valdese antico e moderno.
E
mia conclusione si è, che le differenze tra l'uno e l'altro, così come nella morfologia, così nel lessico come nella sinsono tante e tali che non è possibile sostenere che l'uno sia
la
nella fonetica tassi,
continuazione organica dell'altro, che l'odierno insomma altro non sia
non l'antico modificatosi mano mano per via
se
di
evoluzione
quanto venga considerato nel suo complesso, non
tico, in
neralmente
credeva e ancora
si
vivo del popolo da cui ripete dese, cosi
come
natu-
non torna arrischiato l'affermare che
rale. Sicché già per questo
nome. In
l'an-
come ge-
Montet \ un idioma
dal
sostiene
si
il
fu,
altri termini,
l'antico val-
presenta negli scritti suaccennati, non fu a mio
ci si
credere parlato, in nessun tempo, dai Valdesi: non dai Valdesi di Delfìnato
molto meno da quelli del Piemonte. Che
e
accennato possa provenire da alterazioni a cui altrove, sia andato
incontro
dal secolo
XV
il
il
divario or ora
linguaggio qui, come
a questa parte,
è inam-
missibile. Alterazioni del primitivo linguaggio, cosi profonde quali ri-
sulterebbero
caso
nel
di cui si tratta,
non
ponno essere prodotte tempo ancora
si
nel corso di soli quattro secoli, anzi entro uno spazio di
più breve, se stico,
che
si
si
consideri che parecchi degli scritti di quel tipo lingui-
suol chiamare
'
valdese
',
sono del secolo
XVI
e qualcuna
può anche ritenersi del principio del XVII. E c'è per ultimo il fatto, davvero perentorio, che da un confronto, anche superficialissirao, risulta sostanzialmente identico, col delfinese,
il
che vuol dire
linguaggio il
di
e col valdese
odierno del Piemonte e
Guardia Piemontese
in Calabria Citeriore
:
linguaggio portato là dai Valdesi del Piemonte in età
di certo non posteriore a quella a cui è comunemente e ragionevolmente assegnata la prima apparizione delle anzidette scritture. Il linguaggio delle quali, come non è e non fu mai un idioma par-
lato tra
i
Valdesi dal secolo
neppure, se male
XV
non vedo,
io
in
ad oggi, così d'altronde non
un altro idioma che
sia
si
fonda
vivo ora o
che tale sia stato un tempo. Già nessun filologo sosterrebbe oggidì che
*
Op.
cit.,
p.
2
sg.
langue écrite et ....
:
'le il
vaudois n'est jamais parvenu à se fixer
fut
comme
surtout un dialecte parie''. L'ultima parola è
sottolineata dall'autore stesso.
Il
quale aggiunge, che 'troppo scarsa fu la
letteratura di questa lingua da potere dar leggi precise alla sua ortografia
e anche alla sua grammatica, talvolta pure incerta
al
par di quella; e che
d'altra parte essa lingua degenerò così rapidamente (come vedesi nei
mo-
derni patois valdesi, ov'è innegabile l'influenza in ispecie del francese o dell'italiano),
che ne fu impedita ogni opera volta a fissarla e purgarla'.
a
L'odierno valdese. Introduzione.
311
esso sia un dialetto provenzale, trasformato via via dall'influenza del
piemontese. Dalla stato
notizia,
che Pragelato, secondo la tradizione, sia
centro primitivo e come la culla dei Valdesi
il
italici e
punto
il
partenza di loro colonie in Italia e fuori, e dall'altra, che
di
appunto provengano quasi tutti
i
loro
che
religiosi
libri
là
di
trovano
si
ora sparsi in Francia, Svizzera e Inghilterra, potrebbe alcuno essere
come
tentato a supporre, gelatese.
Ma
odierno,
vero
si è,
diverge
luogo)
sul
il
ma
e
si,
fu supposto, che ne sia base
in
alcuni
il
notevolmente, dal valdese
punti
però non mostra più punti di contatto col valdese lette-
rario di quello che ne mostri sere base
il
valdese odierno. Neppure ne può es-
le
come pure
lionese, modificato poi dal piemontese,
posto. Questa supposizione, a cui certamente
che
dialetto pra-.
il
che questo (come mi risulta da ricerche fatte
ha dato luogo
fu sup-
la credenza
dottrine dei Valdesi, immigrati in Italia nella prima
metà
del
secolo XII, derivassero dal dissidente lionese Valdo, non è suffragata
da argomenti
e anzi è contradetta
Da un
linguistici.
fronto del valdese col lionese, studiato da A. Zacher risulta indiscutibile che pur nel secolo
prima)
il
XIV
(e
lionese era in sostanza qual è ora,
provenzale,
o,
termini (rubo qui
altri
in
le
semplice
con-
ed E. Philipon
^
',
senza dubbio anche ben
un dialetto franco-
cioè
parole
al
Forster) 'un
dialetto a base provenzale quanto ai suoni e alla formazione del verbo
e del sostantivo e quanto al vocabolario,
porta in
che
si
verbi
modo analogo
al francese;
in
ma
trovi sotto ad influenza di palatale forti,
laddove
il
che
in più
casi
com-
si
ispecie nel trattamento dell'
e
per ciò che riguarda
i
valdese (antico e moderno) anche in questi casi
conservasi fedele al tipo provenzale'^.
Base del valdese degli raria,
cioè,
scritti dev'essere stata
come aveva già veduto
dente per tutti,
provenzale;
la
parte di poi, in età più o
meno
il
che in parte
recente,
una lingua già
Raynouard si
*
e
lette-
com'è ora
evi-
dal
principio e in
venne qua e
là modificando,
fin
perchè, non tanto naturalmente quanto per opera degli scrittori, andò
soggetta all'influenza di qualche lingua letteraria straniera, antica e
moderna,
e
di più
idiomi parlati; per tacere
delle
modificazioni che
unicamente dipendono dallo spirito inventivo degli scrittori medesimi.
vede chiaro in quei documenti letterarj, che chi scrive muove a
Si
stento e incerto
1
*
i
suoi passi e sovente
si
regge aggrappandosi
Beitràge zum lyoner dialekt. Benna, 1884. Phonétique lyonnaise au XIV'"" siede, in Roman. XIII 542 sgg.
Comba,
3
In
*
Choix des poésies des Trouhadoìirs,
op.
cit.,
p. 202, n. 2. II,
p.
cxi,.
al
la-
312
Morosi,
seconda sovente e quasi servilmente nella formazione delle
tino, cui
La
parole, nei costrutti, nella sintassi.
quando
cosa è di per sé spiegabilissiras,
anche per gli altri almeno per i più antichi, supponendo (né di certo mancano argomenti che avvalorino il supposto ^) che non sieno stati, almeno si
tratti di versioni bibliche, e si spiegherà
scritti,
concepiti
in tutto,
e
originariamente in valdese, che insomma
scritti
risalgano a testi latini, di cui sieno versione letterale, o parafrasi, o
Ma,
compilazione, o tutte queste cose insieme. d'altra parte, t'occhio
il
sua lingua.
(come già
E
ora appaja.
È
credo che non
in parte si
tichi coi più recenti) fosse,
si
erri
pensando che questa
vede confrontando
per così
vero che, quale ora
dire, 'più ci
an-
gli scritti più
provenzale' di quello che
appare, dal provenzale letterario
scosta non solo in quanto volontieri latineggia,
si
pur chiaro,
è
provenzale letterario, conforme alle leggi del quale cerca
di 'fissare' la in origine
ripeto,
che chi scrive (parlo degli scritti più antichi) ha sot-
ma
anche
in
altri
non sempre sono punti d'importanza secondaria. In fondo, se non del tutto io m'inganno, essa combina abbastanza bene (ciò si popimti, che
trebbe in buona parte provare coi documenti alla mano) con una specie di lingua
letteraria,
di fondo
provenzale,
ma
fortemente colorita
di
idiotismi delfinesi (non tutti ricorrenti nell'odierno dialetto valdese), che
appunto
in Delfinato, e in particolare nel Brianzonese, si
nei secoli
raria
il
XV
e
XVI, quando
già vi era scaduto
vede
in uso
come lingua
lette-
provenzale dei Trovatori e non vi aveva preso ancora fermo
il francese, ed anche prima ^. Combina con essa abbastanza perchè
piede
che
le
andò soggetta abbiano avuto luogo
in
sia
lecita
l'opinione,
principali
modificazioni a
cui
Delfinato;
ma
punto da potersene conchiudere, che sia la
non
fino al
lingua medesima svoltasi organicamente da quella che quivi
si
par-
lava, essendo che un complesso di fatti fonetici, morfologici e sintat-
'
si
La
lingua, p.
es.,
di
un testo valdese della
fine del secolo
riporta un breve passo dal Comba, in Rivista Cristiana,
mi pare proprio traduzione non ha guari a Strasburgo, e non p. 365,
o'omanischen Waldenser, Halle 1853, ^
Si
vedano specialmente
le
des Hautes-Alpes , 1882 sgg.
;
i
un
testo latino del 1404,
viceversa. Del resto, p.
45
cfr.
di cui
1884,
scoperto
Herzog, Die
sg.
Carte delfinesi pubblicate nella Revue des
Sociétés savantes des Départements,
rotnanes, luglio 1881, ecc.; nel
di
XV,
novembre
ottobre 1867; nella Revtte des langues
BuUetin de
la Sociélè
d/Etudes Historiques
cinque 'Misteri' di Sai nt-Eustache, Saint-
André, Saint-Antoine, della Ristoria Petri et Pauli, e di Saint-Pons; e soprattutto la Bibbia volgare detta di Lione, cit. più sotto.
313
L'odierno valdese. Introduzione.
dà alla valdese un'apparenza
tici
maggiore antichità. Le più no-
di
tevoli deviazioni dal tipo provenzale, che questa
Come
nel corso del tempo, a quanto dicono
tenti del Valdismo,
nute
della parlata
della diretta influenza
piuttosto
cosi
1,
si
modificarono
si
le
ha
subito, si risentono
o delle
parlate locali.
gli storiografi più
compe-
dottrine in quegli scritti conte-
modificava la forma di questi a seconda delle influenze
ove si fecero le diverse riproduzioni degli scritti medesimi; a un dipresso come avveniva delle note 'prediche gallo-
dialettali dei luoghi
piemontese e francese s'intrecDai Barbi, com'erano famigliar-
italiche', edite dal Forster, nelle quali
modo
ciano e in certo
mente chiamati
i
si
alternano.
Pastori valdesi,
si
sentiva
il
bisogno o l'inclinazione
ad accomodarsi all'intelligenza della moltitudine dei Fedeli, o almeno del maggior numero di quelli che dovevano esserne i maestri e che certo in quanto a cultura non potevano riescire gran fatto al di sopra del livello comune. Egli è così che
si
apriva l'adito ai dialetti parlati
andavano compresi ambedue
nel Delfinato orientale, in cui
versanti
i
delle Alpi Cozie, ad influire sul primitivo valdese letterario, cioè, dun-
que, sul provenzale
letterario, e a modificarlo.
sifiiitta,
dovuta appunto,
nazione,
si
che
Le prove
d'influenza
non erro, a quel bisogno o a quella
riscontrano in buon dato e alcune
ponno ben dire
si
se
sostanziali.
Se poi
si
incli-
riferiscono ad elementi
in origine
i
parlari ai due
versanti diff'erivano tra loro ancor meno di quello che facciano adesso, è chiaro che non si può discorrere di specifica influenza dialettale che il versante italico, per sé, abbia avuto sul valdese letterario, se non in pochi punti
d'importanza secondaria,
i
quali
si
direbbe che accen-
meglio che a quelle della Germanasca e del Chisone. Piuttosto, è lecita la domanda: se questo versante
nino alla
vallata del Pellico
abbia potuto servire di veicolo ad influenze linguistiche straniere. Si parla infatti di tracce d'influenza piemontese che scere nel
valdese letterario.
Ma
debbano ricono-
si
queste furono molto esagerate, an-
che dal Gruzmacher ^ così per la quantità come per l'importanza. Studiati, come si deve, i caratteri di analogia che appajono tra il valdese letterario e
come
'
già
Cfr.,
ad
p.
dialetto piemontese (limitati del resto, quasi afi'atto,
por citare solo
raire des Vaudois 2
il
altri è
accaduto
le
di
vedere, alla parte esterna del
pubblicazioni ultime: Ed. Montet, Histoire
du Piémont,
p.
27 sgg.
;
e
Comba.
op.
Già nell'articolo Die icaldensische sprache neir'Arch.
cit., '
p.
lit.',
18G2, p. 401.
litté-
198 sgg.
di Herrig, 1854,
400; e ancora nell'artic. Bie waldensische Bibel in 'Jahrb.
engb
lin-
f.
rom.
u.
314
Morosi,
^uaggio, al vocabolario)
si
risolvono per lo più in caratteri
come
nità originaria tra piemontese e delfinese (col quale,
vorrebbe dare
il
di affi-
è detto,
il
nel senso che loro
valdese s'identifica) e non sono quindi concludenti
Griizmaclier ^ In parte poi, anzi in parte non piccola,
concordanze che
le
si
vogliono trovare fra valdese e piemontese ven-
si
gono ad essere segni e prove, non già di specifica influenza di questo su quello, ma sì (come in parte, ma non sempre esattamente, ha riconosciuto anche italiana
;
il
Grilzmacher) d'influenza diretta della lingua letteraria
non tanto,
s'
intende, del toscano, quanto di quel volgare illu-
ch'ebbe voga nell'Alta Italia durante
stre
sua volta
i,
sec.
XIV
e
XV,
e alla
per tacere che aveva
risentiva dell'influenza dialettale,
si
subito l'influenza della lingua dei Trovatori, Specialmente per le ver-
mi pare probabile che dai loro autori o piuttosto
sioni bibliche valdesi
dai loro trascrittori siasi avuto sott' occhio altresì alcuna delle prime versioni bibliche italiane. Del resto,
il
fatto dell'influenza della lingua
letteraria italiana sul valdese letterario non reca meraviglia,
ponga mente a
si
del secolo
XVII
d'Angrogna
^
che afferma
ciò
anche delle
come
dei Valdesi della
altre, poiché quella era
loro sancta sanctorion,
il
quando
Gillo (Gilles), che fino al principio
la lingua, dirò così, 'officiale'
e quindi
tro religioso e
il
il
appunto
fu
Val
loro cenl'italiana,
nella quale infatti sono scritte le importantissime risoluzioni del Sinodo
Chanforan del 1532, che segnavano
di
nel
campo
della
il
trapasso decisivo dei Valdesi
riforma luterana; e tale rimase, secondo
Gillo, finché la necessità di
lo
Ginevra, in luogo degli indigeni, caduti vittime quasi tutti
di
non ebbe dato occasione
micidiale pestilenza nel 1630,
della lingua letteraria francese, l'italiana si afFaceva
stesso
chiamare pastori d'Oltremonti, specialmente
all'indole
all'
di
una
introdursi
che poi attecchì perchè meglio delparlate
delle
locali.
Questa afferma-
zione non è contradetta, ch'io sappia, da alcuno degli altri storiografi antichi o moderni
dei
Valdesi;
soltanto
andrà interpretata natural-
nel senso, non già che tosto ab antiquo
mente 'Valli'
l'italiano letterario,
ma
si
fosse introdotto nelle
da un certo tempo prima del 1600,
forse da qualche secolo.
Comba,
1
Cfr. Forstr^r cit. in
2
V. Bulletln de la Società d'histoire vaudoise, num.
donde
op.
risulta puro che in italiano è
1628, con cui s'incaricava
il
p. 205.
cit.,
1
(1884), p. 24 sgg.
;
decreto del Sinodo di PramoIIo del
il
Gilio di scrivere
una
storia dei Valdesi, e
che
questi anzi la cominciò a scrivere in italiano, lingua allora così usuale nelle Valli,
ch'era a lui di gran lunga più famigliare che la francese, sicché
nella prefazione alla sua opera egli sente l'obbligo di scusarsi se
scrivere in questa
come
si
converrebbe.
non sa
315
L'odierno valdese. Introduzione.
Per conseguenza, mentre errerebbe chi credesse il valdese letterario un miscuglio afferma d'altra parte un po' troppo
tese, il
può accettare, senza
scorse,
il
giudizio
esso formi
come
detto
gruppi
e
i
Meyer, secondo valdese
anello di congiunzione tra
l'
dei dialetti
affini
quale
il
si
che, quanto a
cose sopra di-
dalle
Apfelstedt: che
F.
provenzale propriamente
il
o quello
'';
di
potrebbe indifferentemente sostenere che
preferisce dichiararlo
lui,
di
dell'Alta Italia
connetta col provenzale o che
si
connetta
si
coli' italiano
un idioma romanzo
al
P. il e-
pari
ad uguale distanza dall'uno
dell'italiano e del provenzale, stante però
K dunque una lingua che
^
Forster quando dice che
anche dal Forster)
(accolto
Perrin
del
provenzale e piemon-
di
il
risultanti
restrizioni
le
tracce
'puro' idioma provenzale*; né
valdese anteriore alla Riforma è
sì
sulle
e dall'altro
Se
è
come marli
il
così,
rimaneggiamenti, onde
vano elementi viene ella ad altri termini,
quando
corso del tempo
si
occorrenti ad
^,
nel
essere
'una lingua
andò soggetta,.
a diversi, per chia-
fondo provenzale
al
ogni
si
pagina e quasi
suo complesso di
ci parla,
un prodotto
E
convenzione',
meglio
La sua
linea,,
artificiale o, si
chiarirà
in
tale,,
secondo ogni
come quella
origine,
inventati
ogni
in
badi alla destinazione e alle vicissitudini che,
probabilità, le sono toccate.
sovrappone-
piemontesi, italiani e anche
delfinesi,
latini,
sana pianta
di
nel
contenuto delle scritture da cui
della lette-
va cercata senza dubbio (tutti ormar dalle Alpi; forse, come par che creda l'Herzog^,.
ratura colla quale è connessa,
ne convengono)
di là
nelle colonie valdesi della eulta
metà
la
Provenza,
del Valdismo,
in
Delfinato sul modello, o anzi
sul
fondo
versioni bibliche apparse, com'è noto,
^
2 ^
la cui fondazione
cade verso
XIV, donde sarebbesi trapiantata nelle sedi capitali Delfinato. Può anche essere sorta direttamente in
del secolo
della
in
lingua di alcuna delle
Provenza
assai di buon'ora.
Histoire des Vaudois, Ginevra 1619, p. 60. Cit.
in
Comba,
op. cit, p. 202.
Religióse dichtungen der Waldenser neu hgb.
;
in
Archiv
f.
neuere sprach.y
LXii (1879), p. 273. *
In
Muston, Examen de quelques observations sur l'idiome
scrits vaudois, Pinerolo,
et
les
manu-
1883, p. 7.
5 Si può credere, per citare uno di questi ultimi, che enayma (so sì deve pronunziare così com'è scritto, se, cioè, non è abbreviatura semplicemente grafica per enaij si-coma, che pur qualche volta s'incontra in tutta
lettere negli scritti più recenti) sia stata ®
Die romanischen Waldenser,
p. 38.
mai voce dell'uso vivo?
Morosi,
316
E
suo stadio 'provenzale-delfìnese' più
chi sa che questa lingua, nel
antico non
ci
qualche
sia in
modo rappresentata
di cui già dieci anni or sono
dalla Bibbia di Lione
Forster aveva pubblicata una parte
il
e che dianzi s'ò pubblicata in facsimile per intero?
denza tra
I
^
punti di coinci-
lingua di questa e la valdese degli scritti più antichi sono
la
molti e molto importanti.
Comunque
è lecito supporlo, la lingua
essa fu o divenne quivi, bene
sia,
congregazione valdese-,
della
'officiale'
lingua dell'insegnamento religioso, forse non solo dell'insegnamento
la
scritto,
ma
anche
dell'orale. Si trasmise, insegnata
come
latino, anzi
il
insieme con questo, per tradizione 'scolare' di generazione in genera-
Che
zione nel ceto dei Barbi o Pastori.
si
trasmettesse per via della
può essere confermato dall'uso costante, secondo che mi
'scuola',
sicura cortesemente
il
che contengono
grafici nei codici
come sopra
ficandosi
si
anche
a lottare
coli' italiano,
i
E così migrava modiuna comunità valdese all'altra,
noti scritti.
è supposto, da
qua
al di là e
al di
as-
professor Salvioni, delle medesime forme di segni
delle Alpi.
Qui però certamente ebbe presto
che presto, come s'è veduto dianzi, entrò e
per tempo abbastanza lungo durò come lingua dell'insegnamento nelle 'Valli',
non tanto perchè
tiche e di
commercio
la
imponessero
le
necessarie relazioni poli-
e di cultura colla regione italiana,
quanto
nel-
l'interesse dell'istruzione dei Valdesi abitanti ai confini della pianura,
intorno a Torre, che a non lungo andare doveva divenire e anche per agevolare
il
Di qua dall'Alpi, nelle 'Valli',
il
assai breve e limitata; dovette il
posto all'italiano e
più estraneo ad esse,
Così adunque
di
loro centro,
valdese letterario dovette avere voga
sempre più andare
in disuso e cedere
diventare nella pratica un linguaggio sempre
come già era ad
preferenza in Delfinato
mantenne più lungamente che officiale della
il
loro apostolato nelle altre parti del Piemonte.
esse estraneo nella sua origine. si
seguitò a coltivarlo e ivi
si
come lingua letteraria ed come una lingua, io penso,
nelle 'Valli'
congregazione valdese, anzi
maniera jeratica, esoterica, segreta, destinata ad essere gelosamente custodita, al di qua e al di là delle Alpi, entro l'angusta cerchia, in certa
^
Nella Revue des langues romanes, marzo e aprile 1878. Ritiene, se ho
bene inteso, anche senti press' a poco è identica, è però
nione, ch'esso sia
il
Forster, che la lingua di questa versione ci rappre-
valdese letterario nella sua origine, perchè, se non omogenea a questo. Ma credo sia discutibile la sua opidel puro provenzale parlato sulla riva destra del Rodano, il
probabilmente nei Dipartimenti doll'Aude e del Tarn, dove in questo ultimo) '^
i
(e in
Valdesi abondarono.
Ciò è sospettato un po' anche da Herzog, op.
cit.,
p.
33.
particolare
317
L'odierno valdese. Introduzione. anzi entro in nessun
il campo chiuso della congregazione medesima, a non essere modo comunicata ai cattolici in mezzo ai quali Valdesi si i
trovavano: onde
quanto bliche.
si
spiegherebbe perchè non
sappia, alcuno di quei testi o alcuna
si
Dovette quindi
quelle versioni
di
bi-
coll'essere solo intesa e adoperata, almeno
finire,
nelle 'Valli', dal ceto poco
mai stampato, per
siasi
numeroso
non più dal grosso dei Fedeli» che,
dei Barbi e Maestri Evangelici, di
al
qua
delle Alpi, per le ragioni
dette di sopra, ebbero a preferire l'italiano, finché questo per la cir-
costanza già notata non fu soppiantato (ma
certo non generalmente)
dal francese. Ecco perchè, secondo tutte le testimonianze, desi,
già nelle 'Valli',
adunque per
ma
i
libri
val-
furono trovati non
ora sparsi in Francia, Svizzera, Inghilterra,
a Pragelato, nell'alta valle del Chisone, in paese ma stato per secoli,
la geografia appartenente all'Italia,
insieme coll'attigua alta valle della Dora, politicamente unito al Delfinato; sul versante italiano delle Alpi Cozie,
Ed
vere e proprie. gare, che
ha
si
ecco perchè, nel secolo
allato ad
una
diremo ormai scritti,
a'
parecchi campioni
conformemente
nelle 'Valli'
si
al solito tipo scolastico dei noti le risoluzioni di
stendevano in italiano
Chanforan ^ Valgano a ogni modo non poca varietà degli elementi onde innegabilmente
cenni per
questi
valdese letterario; ed è una spiegazione (a ciascuno
Herzog
in
-
si
vedono tracciate alcune linee
nelle origini
in certa guisa
^
Non
so il
il
come
il
alla
compone
il
suo) di cui già
secondo la quale esso è
;
delfinese,
omonima che non
Bert,
il
ispiegare la
si
provenzale della letteratura, rivestitosi poi e
rammodernatosi
parlate della regione
abrogare
di
colonie valdesi
nelle
(come quella, forse anteriore, del
—
insomma
nelle 'Valli'
nota lettera vol-
suoi colleghi di Pragelato) nel solito linguaggio che
delfinese,
mentre
la
Barba Giorgio Morel, nativo
e pastore successivamente
di Pi-ovenza e a Pragelato, è scritta
Barba Terzian
non già
latina, indirizzata a
della Riforma, svizzeri e tedeschi, dal
un villaggio delfinese
ma
XVI,
cit.
più per influsso
delle
della lingua semiletteraria che
in Vegezzi-Ruscalla,
Diritto
e necessità di
francese come lingua ufficiale in alcune valli della provincia
di Torino, Torino 18G1, p. 29, possa dire che sino al 1530 inclusivamente i
Sinodi Valdesi furono scritti in 'valdese antico'. Per quanto io abbia mi è riescito di trovare giustificata questa affermazione. Egli
indagato, non
è caduto certamente in
un equivoco, ritenendo, come pur
che la lingua delle Risoluzioni di Chanforan sia tre,
come bene ha veduto
buono. 2
Op.
cit.,
p.
45 sg.
il
Comba
il
altri
hanno
fatto,
valdese letterario, men-
(op. cit., p. 203),
è
italiano bollo
e
Morosi,
318 <linvi si
era svolta, e non
immune
rimasto affatto
lingua letteraria e di qualche dialetto •condo ogni apparenza, esso
fu
Nobla Leyczon,
se-
adoperato nella versione della Bibbia
{ìrima che nelle composizioni in poesia, alcune delle Ja
della
dall'influsso
Aggiungerò che,
d'Italia.
nella Bibbia appunto
hanno
quali
massime
e
gran parte
in
loro
il
fondamento, e prima che nelle composizioni didascaliche in prosa. Ma qui io intendo restringermi alla pura e semplice descrizione oggidì
nelle
rono e sono tuttavia la sede principale
e più
delle
parlate
varietà dialettali,
valli
regione in cui sono comprese queste dimore, che
i
Valdesi chiamano
per antonomasia, regione per eccellenza alpina e
'le Valli'
valore strategico in ogni tempo
',
che fu-
cisalpine
nota dei Valdesi. Della
grande
di
è base un breve tratto della linea
dorsale delle Alpi, e precisamente quello, nelle Cozie, che dal Monte Granerò o Meidassa di Viso, a destra per noi del Viso stesso, corre al Pie Boucher o Bouchet delle Carte (detto Punta Buóle, dagli indigeni), corrispondente al tratto mediano della barriera che divide il
Piemonte dal Delfinato. Da questi due punti si staccano due contrafforti, di altitudine più che mediocre, che formano (per dirla cosi in di grosso)
limiti settentrionale e meridionale dell'intera regione:
i
di-
visa infatti per mezzo del primo dal bacino del Po, per mezzo del se-
condo dal bacino della Dora Riparia
di
Sauza e
in qualche
modo
altresì
dalla parte più alta di quello del Chisone. Essa ha pertanto la figura di un quadrilatero irregolare
o,
meglio, di un triangolo
tronco nella
punta che volge verso la pianura padana, nettamente delineato da creste di accesso generalmente malagevole. Il contrafforte settentrionale
manda verso
l'interno della regione
un ramo, che, ancora abba-
stanza elevato per un certo tratto in cui serve di divisorio tra la valle
del Pellice e la lunga e profonda valle
del Chisone,
si
della
spartisce poi, giunta che è al
Germanasca, affluente
Monte Cornour,
altri
in
rami, minori, che vanno gradatamente a morire verso levante sul Chi-
sone da Perosa in giù e sulle colline che stanno a ridosso e S. Secondo
e, si
può
dire, di Pinerolo,
comune di sfogo delle due valli ramo interno il nòcciolo e come versanti di esso stanno
1
i
che è in certo
del Chisone
e
del
di Bricherasio
modo
punto questo
la chiave dell'intera regione; sui
luoghi che furono
le sedi
prime,
V. Monastier, Histoire de l'Eglise vaudoise, Tolosa 1847,
Rochas d'Aiglun, Les
il
E
Pellice.
vallées vaudoises,
elude de topographie
1
due
propugna-
p.
243 sgg.;
et
d'histoire
Les vallées vaudoises du Piémont, tableau topographique, Ginevra 1884.
militaire,
Parigi 1881
historique
et
;
Galifìe,
L'odierno valdese. Introduzione. coli e
i
rinomato delle lotte che sostenne per
])iù
(alta
2868
e alla
Germanasca
facili,
alle tre valli
del Russigliardo,
e per
i
al Pellice e
all'Angrogna
suoi fianchi dà adito, sebbene per vie non
suddette e anche, per un giro più lungo, a quella
altro affluente del Chisone,
può credere, senza nulla detrarre
si
teatro
vetta, la bella piramide del
acque
m.), tributa le sue
il
sua esistenza e del trionfo
la
La massima sua
suo definitivo nel 1689.
Cornour
Ben
319
rifugi estremi del Yaldismo perseguitato, in Italia; qui
({uesta configurazione del loro suolo, di
ai
di
comunicare tra
loro.
che
meriti dei Valdesi,
un suolo per
di più attiguo a
regioni che pur essendo geograficamente italiane appartennero fino al
felici successi in
ai
diversi tempi riportati sui loro nemici e alla finale
Due sono
loro vittoria.
abbia contribuito non poco
alla Francia,
principio del secolo passato
poi le primarie
due contraflorti terminali
e
i
delle valli racchiuse
contraftbrti mediani,
entro
i
che da essi dipen-
dono: quella del Pellice fino alla sua uscita al piano, alla quale spet-
tano anche due valli laterali assai diverse d'ampiezza e d'importanza,
d'Angrogna a
sinistra, di
Luzerna-Rorà (per tacere della gola
zernetta) a destra; e quella della Germanasca, detta
di
Lu-
comunemente Val
Martino, che s'apre sul Chisone in faccia a Perosa e abbraccia anche
S.
le valli o
valloni secondarj di Faetto e Rioclaretto a destra, di
i
doretto e Salza-Maniglia a sinistra.
Ro-
Centro della prima è la pulita e
allegra cittadina di Torre-Pellice, ove sono
i
primarj Istituti del Val-
dismo; della seconda l'importante villaggio di Perrero, Al territorio valdese appartengono pure
il
della valle propria
tratto
del Chisone,
che da Pomaretto-Perosa va per S. Germano a Inverso-Porte, e valloni laterali di destra, del Russigliardo o di della
Turina o
suddetto.
Ad
e colli che
di
esso infine
va pur assegnato
e
il
il
piano
e
di
il
bizzarro gruppo di monti
Pinerolo (tra
i
punti ove
il
Chisone dall'altro sboccano dalla regione mon-
tana nel piano) e ove s'annidano stino. Il
due
Rocca-piatta, che mettono per l'appunto nel tratto
guarda e domina
da un lato
Pellice
i
Peumiano-PramoUo
numero complessivo
le
terre di S. Bartolomeo e Praro-
degli abitanti di questo territorio, secondo
un censimento del 1881, supera
di
poco
i
26 mila,
di cui
non guari
più di 4 mila sono cattolici ^
luoghi principali (dall'alto in basso) sono: Bobbio i ViUar Pellice (2025), Torre-Pellice (4602), Angrogna (2397), Luzerna S. Giovanni (3775), Rorà (692); in Val S. Martino: Pral (1294), Perrero (528), Maniglia (292), Massello (608), Faetto (831), Riclarctto (598); alla foce della Germanasca nel Chisone: Pomaretto (754); sul medio ^
In
(abit.
Val-Pellice,
1519),
—
—
—
Morosi,
320
Le 'Valli' sono separate non solo dal Delfinato e dai bacini
ma
Chisone superiore e Dora Riparia,
Rari e ardui sono
costali.
quenti
i
anche tra loro da
Po,
d,el
alte catene
varchi attraverso ad esse e quindi infre-
comunicazioni interne dirette, e anche per mezzo della Valle
le
d'Angrogna, tra
due
le
valli
tra le valli secondario
principali. Solo
dell'Angrogna da una parte, del Russigliardo e della Turina dall'altra,
scemando
l'altezza dei monti,
i
diventano meno rari e meno
tragitti
ardui. Ora, le barriere fìsiche segnano delle differenze nel linguaggio,
punto trascurabili. 'interni' e
Ne
risultano quattro gruppi dialettali, che' diremo
uno 'esterno'.
Il
primo degli interni coincide
col territorio
della Gerraanasca e degli affluenti di questa e meglio che dagli altri
è rappresentato dal dialetto di Pral.
Chisone, da Pomaretto per
Russigliardo.
Il
Il
secondo corrisponde
Rinasca a S. Germano, e
terzo è ristretto alla Valle d'Angrogna, ove
distinguere un dialetto di qua dal torrente Vóngle e uno di differenza però (come quella che altri punti
tra parlare valdese e parlare cattolico) di
ossia
Il
là,
quarto comprende
il
si
forse
ritorio
terni: tutto
la cui
riduce a poche
Pellice
Superiore,
territorio di Bobbio e Villar-Pellice. All'esterno spetta
il
del
suole
si
nativi sogliono segnalare qui e in
i
peculiarità
pronunzia.
medio
al
al vallone
un ter-
più esteso e certo più popoloso che a ciascuno degli inil
medio
territorio cioè percorso dal
da Torre
Pellice,
verso Bricherasio e Bibbiana, coi valloni di Luzerna-Rorà e netta; e anche
il
vallone di Rccca-piatta vèrso
il
fin
Luzer-
Chisone, e S. Bar-
tolomeo e Prarostino sopra S. Secondo. Dei dialetti dei cinque gruppi,
più resistente all'intrusione di ele-
il
menti forastieri è senza dubbio quello del bacino della
più al è
il
di Pral, nell'angolo
Germanasca; vengono quindi,
meno conservato,
il
secondo,
il
quinto, che, in grazia della sua
terzo,
il
in
più elevato
ordine discendente da!
quarto.
Il
maggiore vicinanza
più tralignati) alla pianura, ò
ormai presso che sopraffatto e come assorbito dal piemontese. La medesima sorte sovrasta, e
in
parte anzi è già toccata, per effetto delle
lungo
Chi-
agevolate comunicazioni colla pianura,
ai dialetti parlati
sone e ai suoi affluenti. Sta dunque
fatto, del resto già avvertito
che più
si
chisene:
S.
il
lascia indietro la pianura e
Germano
si
(1315) e Pinasca (777);
con Feumiano (1329);
—
il
\ procede da Luzerna S. Gio-
—
sul Russigliardo: Pramollo
sulla Turina: Roccapiatta (235);
—
sullo sprone
verso la pianura: Prarostino (1484). 1
Ricotti E.,
Comba,
op.
cit.,
cit.
più sotto; Forster, Rivista cristiana, marzo, 1882, e
p. 205.
L'odierno valdese. Introduzione.
Germano
vanni, da S.
trovano
si
e da Pomaretto verso
parlate valdesi alterate
le
321
sonamo delle
il
meno
per meglio dire, soppiantate dall'invasione di questo;
certamente quella
A
valli,
tutte
di
di Pral.
quale delle sezioni romanze appartiene
il
valdese moderno
^
Fino
?
prevaleva, com'è noto, l'opinione, che così poco
ai nostri giorni
meno
dall'influenza del piemontese o,
si di-
stingua dal piemontese da potersi e anzi doversi schierare con esso tra i
che troviamo espressa, già più di mezzo
dialetti gallo-italici, opinione
secolo
addietro,
^
del vescovo
libro
meno recisamente
quindi più o
Diez
nel
e ancora
e altri,
Charvaz intorno
accolta in Biondelli
adesso in Muston
all'elemento piemontese riconobbero
^
^
^,
*,
Montet
e
più o
in esso,
Valdesi
e Grlizmacher
ai
".
Altri, allato
meno importante,
un elemento provenzale, dei quali due elementi esso sarebbe come la del principio del secolo, risultante ^. Per il pastore valdese Appia ,
citato
da Hahn
sarebbe un miscuglio di
^,
francese
e italiano e dei
patois di Provenza e Delfinato e avrebbe nei monti pronunzia diversa
da quella usata nei luoghi principali verso
Ma
la pianura.
più giusta-
mente avvertiva il Ricotti, che 'a misura che si sale nelle valli si accosta ognora più al provenzale e anzi da un tale carattere della lingua dei Valdesi argomentava egli che dalla Provenza derivassero pure le loro dottrine religiose *^. Anche Vegezzi-Ruscalla trovava 'i parlari val'
;
dei Trovatori
desi quasi identici all'antica lingua
Lo
'
della quistione
stato
è
'^'.
L'opinione che
benissimo esposto in Comba, op. citata,
201 sgg.
p.
2
Origine dei Valdesi e carattere delle primitive loro dottrine (versione
dall'originale francese ibid. n. 3
del
G.
prof.
Saggio sui
gallo-italici,
dialetti
onor del vero, che è da principali caratteri del
lui
Milano 1853,
riconosciuto che
Torino
5
Graminaire des langues romanes,
*
AperQU de già
l'antiquité des
cit.,
p.
p.
333, e
1837, p.
481.
di I.
Va
detto però, a
valdese, sebbene abbia
il
piemontese, 'segna chiaramente
piemontese all'occitanico'. * Waldensische sprache neir'Arch.'
Examen
F. Muratori),
1.
il
Herrig, 1854, p. 399 sg. p.
100.
Vaudois des Alpes
ecc.,
Pinerolo 1881,
p.
'
Histoire littéraire des Vaudois
Perrin, op.
cit., p.
60.
du Piémont, Parigi
Dalle sue parole
si
1885, p. 11 sg.
argomenta che per
valdese moderno non differisca dall'antico. 10
Geschichte der Waldenser ecc., Stoccarda 1849, Storia della
" Op.
cit.
monarchia piemontese,
sotto, p.
Archivio glottol.
11;
6 sgg.
*
8
i
passaggio dal
ital.,
II,
p.
II,
p.
560.
168.
19.
XI (seconda
serie, I).
21
lui il
322
Morosi,
^
pieno varietà del piemontese dipende dal fatto che tal
è.
almeno
pre-
al.
sente e ancora entro certi limiti, quello di Torre cogli altri del gruppo
chiamammo
che
nostri giorni
tesse prendere
'esterno',
come termine
dei luoghi minori
capoluogo e tutti
il
si
solo dei
il
valdesi
dialetti
avesse qualche conoscenza,
si
di cui fino ai
solo pertanto che
il
confronto ^ Si credette che
di
si
po-
dialetti
i
non dovessero dissomigliare gran fatto da quello
del
concluse, per questa falsa induzione, coll'accomunare a
carattere di uno solo di
appunto (quale almeno
essi.
Il
vero
che tutti, tranne
è
si
presenta oggidì) quello di Torre cogli altri
ci si
del gruppo 'esterno', sono essenzialmente affini al provenzale e nella grammatica e nel vocabolario. Anzi, come si vedrà a suo luogo, non si può dire che sia scomparsa ogni traccia d'origine provenzale neppure dal gruppo esterno. Di ciò che Ricotti e Vegezzi-Rusealla avevano appena accennato, si potè trovare, solo però parzialmente, la
riprova nei buoni col valdese
i
materiali
che ofirivano per
delfinesi
Chabrand
signori J. A.
e A.
il
Rochas d'Aiglun
era strenuamente sostenuto dianzi, in particolare contro dal
Comba, appoggiato
prof.
dall'autorità
e tanto
Muston,
il
Forster^.
del
confronto ^;
Il
valdese
odierno, non è più lecito ormai dubitarne, è una varietà del provenzale odierno,
come
una varietà del pro-
l'antico valdese letterario era
venzale letterario antico; ed è in intima relazione col linguaggio della porzione più orientale del Delfinato, con quello cioè che
munemente campagne,
(salvo
i
soliti
si
parla co-
da luogo a luogo), almeno
lievi divarj
in quel tratto dell'alta valle della
nelle
Durance che dall'aper-
tura della valle del Guil arriva fino a quella della Vallouise e com-
prende anche queste due di Freyssinières.
valli
secondarie e
Una qualche maggiore
due dell'Argentière
le
e
e più speciale attinenza mostra,
com'è naturale, col dialetto della valle del Guil o del Queyras, con cui la regione valdese direttamente di cui
1
i
comunica per via
di
parecchi valichi,
più praticabili e frequentati sono quelli di Abries e della Croce
Non
ci offre
buoni materiali per uno studio dei dialetti valdesi
la ver-
sione valdese del N. T. di P. Bert, pubblicata a Londra nel 1832, perchè
non
è in
un
dialetto particolare,
ma
in
una specie
di
lingua
comune che
Bert cercò di foggiare con elementi dialettali diversi e anche affatto fantastici, come si vede già dal titolo stesso del libro: Li seni evanfjile de notre seigneur Gesu-Christ counfourma Seni Lue e Sent Giann, ecc. lo stesso
(cfr. 2
Comba,
particulier ^
op. cit, p. 208).
Patois des Alpes
Comba,
Cottiennes (BriatiQonnais
du Qu3yras, Grenoble-Parigi op.
cit.,
p.
201 sgg.
1877.
et
Yallées
Vaudoises)
et
en
L'odierno valdese. Introduzione.
quest'ultimo anche
(praticabile
Guil, l'uno dalla
Germanasca
d'inverno),
323
conducenti
al bacino del
di Pral, l'altro dal Pellice. I
due
dialetti,
Valdese e delfìnese, e ancora più in particolare nelle regioni dell'alto
combinano non meno nelle linee essenziali della nel lessico e anche in certe notevoli de-
Pellice e dell'alto Guil,
fonologia e morfologia che
viazioni dal tipo provenzale, che
fezione francese,
come
tonico
risolvono in casi, dirò così, di in-
si
e si osservano in ispecie nel
Le
àtono.
differenze
trattamento
riducono,
si
può
si
dell'
dire,
«
cosi
del
al -s
sostantivo e aggettivo plur. e della 2.^ pers. del verbo al sing. e alla
forma
del perfetto semplice e a pochi vocaboli, che sono affatto perduti
tra
Valdesi e persistono (ma neanche generalmente) in Delfinato.
i
Tanto che
è tutt' altro che insostenibile
che
l'opinione,
due dialetti
i
dovessero formare, in tempo non lontano, un sol gruppo, come popoli che famiglia.
viare
Non
l'uno
due
i
parlano, aventi anche altri caratteri comuni ^ una sola
li
è certo da gran
tempo che
due dialetti presero a de-
i
per lo scemare delle comunicazioni tra
dall'altro
citata sull'uno dal francese, sull'altro
dal piemontese
due
i
versanti e un po' anche in grazia dell'influenza rispettivamente
eser-
e dall'italiano.
Ma
del resto aggiungerò, che dalle ricerche da
mi
risulta indiscutibilmente provato che regni poi identità o un'affinità
specialissima, secondo che
si
me
fatte sui luoghi
potrebbe supporre, tra
parlari delle no-
i
tempo
stre 'Valli' e quelli dei luoghi di là che furono un
sono ancora valdesi, quali Fongillard, Saint-Véran, vieux, Vars e Guillestre, Freyssiniàres
Né
Vallouise.
e
sarà inutile infine avvertire, che
i
e in parte
Molines,
Dormillouse,
del Chisone e della Dora Riparia Superiore, tra
non
e
Ar-
Argentière e
dialetti dell'alta valle i
quali paesi e
il
Del-
finato sono antiche, facili e frequentissime le comunicazioni (per tacere di un'assai probabile parentela etnica originaria), affini
appajono specialmente
a quelli degli immediati dintorni di Briancon, compresevi
della Clairóe o Val-des-Près e
che anche qui, per evidente
o
di
prima che
la frontiera tra Delfinato e
fosse portata sulla cresta delle Alpi
Rochas d'Aiglun,
'
Chabrand
Col solo ajuto poi del dialetto parlato dai Valdesi non
gliere la quistione se
sieno indigeni,
che
li
nerale ora
si
i
op.
Piemonte
cit.,
p.
3 e passim. si
può
scio-
Valdesi che dimorano di presente in Piemonte vi
come ancora
fa anteriori a
valli
*.
*
e
le
Monétier: affinità
ragioni su accennate, doveva essere ancora più
le
in passato,
della Guisane
lascia supporre A.
Meyer
(op. cit., p. 560),
Valdo, o vi sieno immigrati dal Delfinato,
crede e con buon fondamento
Certo, non è più lionese
il
(cfr.
Comba,
op.
come
cit., p.
in ge-
101 sgg.).
dialetto stesso di quello che sia la lingua dei
324
Morosi,
•
Or quanto deve T odierno valdese molto, e sarà fatto
al
Non
pedenaontano?
dialetto
a suo luogo; di gran lunga meno,
notare
come
il Forster ^ di quello che comunemente si creda. Certo," anche nel valdese della montagna abondano gli elementi comuni col pedemontano. Qui, anzi, va cercata, almeno in parte, la ragione della
avvertiva già
tendenza dominante finora ad ascrivere
Ma
l'
uno e
l'altro alla famiglia dei
numero bene scarso risultano quelli che si possano con certezza considerare come importati dal Piemonte, come dipendenti da influenza di relazioni politiche, di commercio e di cultura che il Piemonte abbia avuto, come ha avuto di certo, nelle 'Valli'. In dialetti gallo-italici.
in
gran parte senza dubbio si ritrovano in Delfinato, epperò riescono semplicemente segni e prove di affinità originaria, già ricordata a proposito del valdese letterario, intercedente tra
Alpi Cozie e questi di qua, compresovi
il
i
dialetti di là dalle
piemontese: affinità che, stu-
diata col necessario corredo di buoni materiali raccolti nelle due gioni, si il
vedrebbe anche più intima
di quello
re-
che appaja ora, dacché
piemontese ha subito l'influenza dell'italiano e
il
delfinese quella del
comuni a valdese e dialetto della colonia valdese di Guardia in
francese. Tant'è ciò vero, che di codesti elementi
piemontese ne ha pure
il
Calabria, che da quasi cinque secoli, quanti ne corsero dall'epoca della
non ebbe
ad oggi,
sua fondazione fino
più
col
Piemonte relazioni
dirette e continue.
Scopo adunque del presente lavoro compiuta, la dimostrazione, cendo; e cioè: 1° che
il
fin
si
è d'ofi'rire, per quanto
si
può
qui desiderata, di quanto s'è venuto di-
valdese odierno
è,
specialmente nella regione
più alta, di base essenzialmente provenzale; 2.° che ha particolare affinità col delfinese orientale,
donde generalmente dipende pure
l'affinità
che mostra col piemontese. Insieme ne risulterà, un po' indirettamente, ch'esso non è figliazione dell'antico,
Prendo Val
S.
mosse dal dialetto
le
Martino,
alle
sorgenti
di
il
quale anzi era una lingua morta.
Pral,
della
il
Comune
più remoto della
Germanasca, non
come
perché,
s'è già detto, è
il
meglio conservato
perchè è
solo
quello che ebbi occasione di studiare più a fondo degli altri,
ma
anche
di tutti, quello
che
Né altri argomenti sforzano a credere che i Valdesi entrati in come tutto fa ritenere, nella prima metà del secolo XIII, fossero Lionesi. Ben potevano essere, e furono certamente, almeno per la maggior loro scritti.
Italia,
parte, Delfinesi aderenti alla dottrina di Valdo, costretti dalle persecuzioni delle
autorità ecclesiastiche e
monti, posti in certo 1
L.
e.
in
Comba,
modo p.
205.
civili
a cercarsi più sicuri ricoveri tra
a cavaliere di due Stati, anzi di
tre.
i
325
L'odierno valdese. Introduzione.
meno
mantiene più fedele al tipo provenzale, quello che
si
di tutti è
soggiaciuto alla doppia azione assimilativa, o piuttosto distruttiva, del
piemontese, che per ragioni ben ovvie è penetrato e sempre più s'a-
vanza nelle
ove tutti
Valli,
raria. Dei pochi divarj nel parlare tra
medesima
valle
Pral e
sarà tenuto conto sotto
',
che
lo intendono, e del francese,
ancora (speriamo, per poco) usano come loro lingua
e
lette-
luoghi
altri
gli
Valdesi
i
officiale
della
rubriche, a pie
le rispettive
pagina. Coordino poi alla trattazione del gruppo dei dialetti
di
Germanasca
appunti che ho preso relativamente agli
gli
che riguarda
i
casi di cui
i
si
da non meritare
va da
tace,
i
divarj
sé che o
più notevoli, s'intende);
(i
non s'ha divario o è
Quanto
speciale menzione.
contro, riescirà più opportuno
al
considerare in ispecie
il
si
gruppo esterno,
divergenza, in tutti
quali s'intende che
i
il
lieve
all'in-
punti di con-
i
cordanza, essendo questi di gran lunga in minor numero che di
ciò
gruppi del Chisone, dell'alto Pellico e d'Angrogna, con-
sidero in questi appunti in ispecie
per
della
Per
altri.
punti
i
suddetto gruppo esterno
concorda col piemontese. In una speciale
Appendice
di valdese
rende conto di quel tanto
si
che resta nel dialetto della ricordata colonia di Guardia Piemontese, in provincia di Cosenza, circondario di
è più recente
del
Paola; l'origine della quale non
mass., man.,
ricl.,
= Rodoretto, Ferrerò, Massello, Maniglia, Riclaretto,
Villa
Li indico colle abbreviature seguenti: rod.,
1
v.-s.
pom.
,
,
in Ca-
1400 ^ Altre colonie valdesi s'ebbero pure
perr.,
Secca, Pomaretto.
La sua data precisa non ci è nota. L'opinione che risalga al secolo XIII vedano Vegezzi-Ruscalla, Colonia Piemontese in Calabria, estr. dalla Rivista contemporanea, novembre 1862, p. 6; e Alex. Lombard, op. cit. più '
(si
sotto, p. 21, ove si cita
vare
non so quale ms.
di Fuscaldo,
primi Valdesi nei pressi di questo paese tra
i
che farebbe arri-
1265 e
il
il
1273, sotto
un Bernardo o Zanino Del Poggio, nobile milanese) non ha fondamento storico. Essa riposa soltanto sulla menzione che due decreti di Carlo d'Anjou, del 1268, fanno così in genere di eretici fuggiti di 'Lomla
guida
di
bardia' e dimoranti in tradizionale del fatto op.
cit.,
si
diverse
il
reame
di Napoli, incontratosi
quale
dopo
il
Il
1370.
du Piémont,
i
fatto Il I,
Reame
Napoli.
di
racconto
Il
p.
des églises réformées
18; più specificato
Perrin,
autrefois
però nel secondo;
Valdesi sarebbero andati là per invito di un signo re del
giusta
Torino.
del
196, e Gillo (Gilles) Histoire
p.
appelées vaudoises, Ginevra 1644,
di
parti
legge nei due primi storiografi valdesi:
risulta
casualmente con alcuni
riferito
dall'uno a
dopo
di loro in il
1315,
un albergo dall'altro
a
Muston, L'Israel des Alpes, Histoire complète des Vaudois p.
129, preferisce,
non sappiamo perchè,
il
1340.
Prove,
326
Morosi,
labria, le quali
per luttuose e notorie vicende
perduto insieme
Questa
stico.
il
di
per quanto ne
loro carattere
religioso e
Guardia Piemontese ritiene tuttavia nel suo dialetto, stremato assai il vocabolario primitivo, notevoli
di
desi e negli
Troppo recente
altri.
queste date, mancano affatto e negli scrittori valè ad ogni modo la data del 1497, as-
segnata a queste colonie da T. Morelli {Opuscoli
certamente fatto una p.
6),
di
due andate
sola,
Na-
storici e biografici,
'Sulla venuta dei Valdesi nella Calabria Citra', p. 39).
1859,
affatto,
loro carattere lingui-
sia
per una od altra
poli
scomparvero
^
il
come ha ben veduto Vegezzi-Ruscalla
Egli ha (op. cit.,
Valdesi in Calabria, la seconda delle quali anche
di
da altre fonti risulterebbe avvenuta verso la fine del secolo XV (giusta Léger, Histoire generale des Églises évangéliques des Yallées du Piémont, Leida 1669, II, prima intorno
Non
nel 1475).
7,
1400, piuttosto avanti che dopo.
dei Valdesi, conosciuti per tali, accolti in
andrà lontani dal vero ponendo
p.
al
si
cioè per 'eretici',
uno Stato degli Angioini dopo
minciate più violente
le
il
1400,
É
la
che
infatti
difficile
abbiano potuto essere
dopo cioè ch'erano
rico-
persecuzioni contro di essi al di là e al di qua
delle Alpi. D'altra parte, da buone autorità riesce accertato, che a Guardia moriva nel 1409 un Barba valdese, Tomaso Bastia di Angrogna (Gillo, op. cit.,
p.
E
203).
infine la data del 1400 è in certo
modo
riscontrata e con-
validata dallo scrittore cattolico Rorengo, priore di Luserna, che nelle sue
Memorie
historiche dell' introduttione delle heresie nelle Valli di Lucerna, Marchesato di Saluzzo ed altre di Piemonte, Torino 1649, p. 70, tradotti i passi da noi qui citati del Perrin e del Gillo, per l'appunto sotto quella
data registra la emigrazione dei Valdesi in Calabria, solo non ammettendo
che sia stata cosi numerosa come fu in Questi 'Oltremontani', come
^
una
lettera
de Calabre, Ginevra e Basilea 1881, et situ
Calabriae,
cum
Padova
57 sgg.
p.
Roma
notis Th. Aceti,
edizione di quest'opera è del 1587 Calabria,
realtà.
chiamavano gli indigeni calabresi (vedi del 1562 in Alex. Lombard, Jean^Louis Paschale et les martyrs li
—
,
;
—
la
cittadella, la loro
quale, cinta
i
e
mura, fu poi
forse in
quivi
qualche
ed eccitamenti dei loro corre-
del Piemonte, 'fanatizzati' dai Riformatori di Germania, Francia
e Svizzera,
li
trassero dalle vie della prudenza e
dell'Inquisizione.
futuro
di
loro sentimenti religiosi e apprez-
zati per laboriosità e onestà, finché consigli
(il
prima
place de sùretè. In questi luoghi vissero
per molto tempo quieti, dissimulando ligionarj
la
1601, p. 273), si erano stabiliti anche a Montalto, S. Sisto,
prima ancora che a Guardia, la loro
antiquitate
ma
e Marafioti, Croniche ed antichità di
Vaccarizzo e in qualche altro luogo della stessa regione,
modo
De
Gabr. Barrio, 1737, p. 80,
Una
Papa Pio
li
esposero
ai feroci rigori
specie di crociata, indetta dal cardinale Alessandrino
V), animata dagli Inquisitori spediti da questo e con-
dotta dal march. Salvatore Spinelli di Fuscaldo, luoghi, sterminava nel 1561 quanti
signore feudale di quei
non vollero abjurare
o
non riuscirono
327
L'odierno valdese. Introduzione.
tracce della sua origine.
La quale non va cercata
in
come
Pragelato,
desumerebbe dal Perrin S ma sì nell'alta valle del Pellice, e piuttosto a Bobbio che non in Angrogna, come vorrebbero, colla scorta si
una tradizione locale e di uno studio troppo superficiale del diamedesimo, Vegezzi-Ruscalla ^ e Pons ^. Col dialetto di Bobbio
di
letto
infatti
ha
il
Guardiese attinenza più evidente che colTangrognino.
escludo però la possibilità della i
fusione di
luoghi. Del resto, é importante
mente qui accennato,
quanto
in
Guardiese, come già
il
rappresenta
ci
Non
elementi originarj d'ambo
il
s'è
ripetuta-
valdese parlato sul-
l'Alto Pellice un cinque secoli fa.
come c'insegna
Colonie di Valdesi, e di Delfinato,
si
rindol, Cabrières, nell'odierno
XIV
probabilità nel secolo
la loro storia, uscite dalle Valli
Provenza a Lourmarin, La-Motte, Mé-
stabilirono in
Dipartimento
e in ogni caso
di
Vaucluse, secondo ogni
prima della fondazione
delle
Calabre; e a più riprese vennero ingrossate di nuove 'reclute', che signori dei luoghi vi attirarono mediante la concessione,
da privilegi, feroci.
Non
di terre tuttavia incolte o
non
XVL
guerra
Certo
letto diverso si
di sterminio loro
che ho potuto procurarmi dei luoghi colonie valdesi or non
antiche
da quello
mossa nella prima metà
ad ogni modo, che e da testimonianze e da
è,
iscarsi saggi dialettali
risulta che in quelle
non
devastate da guerre lunghe e
ne rimane vestigio. Perirono interamente, a quanto sem-
bra, in séguito alla del secolo
i
accompagnata
dei luoghi vicini,
ove
di
si
stessi,
parla un dia-
immigrazioni valdesi
ha nessuna memoria. Lo stesso dicasi delle colonie valdesi, ormai
sparite, della valle dell' stente,
Vars sopra
di
Ubaye
Jausiers) e di quella, ancora esi-
(p. e.
Gaillestre.
Esse pure
(lo
scrivente
ha potuto
sincerarsene sul posto) non hanno un dialetto loro particolare.
Resta
il
nativo idioma (non però
tutto e per tutto
nel luterano)
dell'esodo ordinata
ai
in
caratteristico credo,
il
alcune di quelle
Valdesi da Vittorio
Amedeo
a fuggire.
in
1686, dopo
II nel
lungo e doloroso pellegrinaggio attraverso alla Svizzera e
mutato
per effetto
che,
difficili
pra-
Tutte quelle colonie, che contavano ben quattromila abitanti,
sparirono, tranne Guardia, comunello ora di circa 1300 abitanti, ove furono ridotti, trati in
alcune
a quanto sembra, come a confino
grembo (p.
es.
alla
i
Vaccarizzo e
S.
Sisto)
si
'
apparentemente rienil
posto di
trova oggidì occupato dai discen-
denti di alcune delle schiere di Albanesi
(come già nel secolo precedente) '
superstiti,
Chiesa cattolica. Sparirono così bene, che che immigrarono
in
quel secolo
nell'Italia Meridionale.
Op.
cit., p. 196. 2 op. cit., p. 19 sgg. Bulletin de la Société d'histoire vaudoise,
stiana, luglio 1883, p.
222
sg.
cit.,
p.
17 sg.; e Rivista cri-
Morosi,
328
con parecchi sovrani protestanti, sorsero verso la fine del sein Germania e particolarmente numerose e compatte nel
tiche
colo
XVII
Wiirtenberg
^;
mentre
sempre
ziare per
altri esuli,
patria,
alla
non soffrendo loro
cuore
il
di rinun-
tentavano e ritentavano con singolare
coraggio e invincibile costanza e venivano a capo finalmente nel 1689
Amedeo
di rientrarvi, e anche, col beneplacito dello stesso Vittorio di mantenervisi.
Di una
queste colonie,
di
Tedeschi, Burzét o Burgét dei Valdesi,
conosce
si
dialetto per via
il
un buono studio che intorno ad esso ha pubblicato
di
il
Dr. Albano
Roesiger ^ Mancandomi materiali linguistici relativi alle altre germanico-valdesi, mi limiterò a riassumere, seguendo appunto siger,
note caratteristiche
le
fronto del dialetto di Pral, differisce
da questo, e
del
o,
dialetto
II,
cioè di Neu-Hengstett dei
Neu-Hengstett
di
in altri termini,
i
colonie il
Roe-
in
con-
tratti per cui quello
da qual punto preciso
ciò allo scopo di chiarire
della regione valdese-pedemontana tragga essa origine: quesito che
risolvere.
Aggiungerò una
vono fare
al suo lavoro.
Vengono per ultimo
i
serie di correzioni, che, secondo
Saggi letterarj, che devo
squisita cortesia dei professori E.
Ho
Comba
antico
sia a parte,
come moderno. Le concordanze
agli occhi
e le discordanze saltano sùbito
come
si
è già accennato, le stesse che cor-
provenzale propriamente detto (antico e moderno) da una
il
s'è pure accennato,
e util cosa farebbe chi,
Lo
rilievo.
Non mancano,
scrivente
è vero,
tra valdese e delfinese,
dei notevoli divarj
riprendendo con metodo scientifico e comple-
ha
non appena avrà terminato
in
animo
li
mettesse partitamente
di attendere
a un tale studio,
la raccolta e vagliatura d3Ì materiali ne-
Non erano però le prime. Già nel secolo XIV ne esistevano (oltre che Boemia) in Brandeburgo, Pomerania e Sassonia, donde, perseguitati, si
rifugiarono
i
Valdesi nel territorio di Clèves, ove furono via via rinsan-
guati d'altri che le persecuzioni sempre più fiere nel secolo d'Italia.
Nel 1460 viveva ad Emeric, nel suddetto
famiglia dei
num. '
alla
del valdese col provenzale, cosi
tando l'opera di Chabrand e Rochas d'Aiglun,
*
buon dato
de-
e A. Revel.
parte e la varietà delfinese orientale dall'altra.
in
si
chiunque abbia famigliarità con questo. In sostanza e
di
cosi in di grosso, riescono,
rono tra
in
in
me,
creduto superflua una comparazione sistematica e minuta, sia
nel contesto del lavoro,
come
il
per difetto dei necessari elementi, non ha potuto
sullodato filologo,
3,
p.
Noél
di
Angrogna {Bulletin de
territorio,
la Société
XV
cacciavano
un Noél della
d'histoire vaudoise,
41 sgg.).
Neu-Hengstett (Bursèt), Geschichte und sprache einer Waldense>~colonie
in Wiirtenberg, Greifswald 1882.
L'odierno valdese. Introduzione.
Lo
cessarj all'uopo.
stesso
va detto
329
uno studio (che sarebbe anzi
di
più utile perchè ancora quasi affatto intentato) tra letti
vallate italiane dell'alto Po,
finitime
delle
Dora Riparia. Questo posso
dell'alta
dire
accertato per indagini mie proprie: che
bene distinto da
valdese e
intanto,
i
dia-
Chisone e
perchè mi riesce
valdese appare abbastanza
il
certamente più che dal Delfinese del Queyras,
essi,
come
sicché pare non possano pretendere,
dese
il
dell'alto
una sola famiglia; neppure
questo, a formare col val-
dialetto
il
famoso
di quell'antico e
centro del Valdismo cisalpino, posto fuori però del territorio valdese
vero e proprio, che fu Pragelato.
Il
che forse
del
Piemonte
dove ora
si
potrà aggiungere agli
si
argomenti favorevoli all'opinione, accennata
di
che
sopra,
i
Valdesi
debbano ritenere, non già come indigeni delle
si
ma come
trovano,
ivi infiltratisi dall'attiguo
valli
versante occi-
dentale dell'Alpi Cozie: opinione pur conforme alla tradizione indigena.
Credo bene avvertire, che
materiali per
i
me
per la massima parte raccolti da
luoghi stessi o dalla bocca di persone dei
tanto che mi venne di seconda riscontrato.
E
i
nelle
mie ricerche; e
Comba
e
e,
luoghi,
me
da
e
che anche quel
con tutta diligenza
per
Delfinato,
il
per la regione valdese,
Alberto Revel,
maestro evangelico Vilielm
il
fu
uomini che mi hanno in ogni modo ajutato
in particolare,
sori e pastori Emilio
Vinay,
mano
qui mi corre l'obbligo di ringraziare quanto so e posso
gentili e valenti
tutti
lippo Gril;
presente studio furono
il
direttamente e personalmente sui
il
i
profes-
Alessandro e Pietro
di Villa-Secca e lo studente Fi-
dott.
A. Chabrand di Grenoble,
J.
l'Abate Paul Guillaume, archivista del Dipartimento delle Alte
Alpi,
l'abate Gondret, curato di Abries, e l'abate Fazy, curato della Chalp-
Sainte-Agathe
Queyras.
in
ultimi signori, insieme
mie proprie preziosi
il
materiali che mi vennero forniti da questi
in diversi punti dell'alta valle della
il
frutto di ricerche
Durance, mi saranno
per uno studio dialettologico del Brianzonese a cui spero di
poter mettere
Per
I
con quelli che sono stati
mano
tra breve.
Guardia Piemontese, ebbi ricorso, già parecchi signor Pasquale Molinari, nativo e per molto tempo
dialetto di
anni or sono,
al
sindaco del paese stesso; più tardi al sign. A. Starnile, telligente,
pur nativo
di là, del
del dott. N. Arnone, egregio professore del
senza; e infine
ai
due Guardiesi, Muglia
potei interrogare a viva voce in Brescia.
Milano, 15 giugno 1888.
giovane in-
quale debbo la conoscenza alla bontà
e
r.
liceo ginnasiale di Co-
Martillotti,
soldati,
che
330
Morosi,
DIALETTO DI PEAL
I.
valle
(alta
1.
Germanasca) ^
della
Appunti fonetici. Vocali toniche. A.
1.
Di regola, intatto, anche se gli preceda
suono
o sussegua
car caro costoso ', cantu io canto, cambo palatale gamba, acdtu accatto 'compro'; aj fa] saj liabeo facio sapio, faj facit, piai placet, maj magis; raj raggio, faj fascio; ajgo :
ejcdlo scala,
'
limàgo Imnaca, cagu
acqua; palo, gal gallo, vaco vacca,
à -are
caccio, ecc.
pres. indie, e impcr.
;
-ci
dell' infin.; -à -a'tis
-ato del
-a te
partic. perf. ecc.
:
2'^
io
pers. plur.
canta minga',
vu canta, vu minga] cantd-vil mingd-vù', aj canta, aj minga', kund cognato -a, hut'ld coltellata, nid nidiata. È dunque un francesismo, o piuttosto un vocabolo preso dialetti
sanlo,
franco-provenzali:
Esempj per la base al + cons. 'rcdugu rincalzo; per act: cejre cadere
bùccio
e
il
salasso,
fdus,
:
lajt.
fajt,
*buscajlja
in
prestito ai vicini
*bajsjo
io
bacio,
e
di
—
dui, dutre, cdut caldo,
—
2.
ej {ej)
'scheggia
e
legno'; dove I'a era anche preceduto da palatale. bigiù
saignèe.
frc.
mingu mangio,
—
si
*
da
aj in
truciolo
—
3.
sani
di
L'i di
prima-
4. In aspersi asparagio (dov'è mente prodotto fuor d'accento. esotica pur l'integrità del nesso sp) confluiranno il frc. asperge e 5. L'a susseguito da n, si scempio e sì compliil pm. spars.
—
cato, volge
ad d (fenomeno tuttavolta che non sembra comune e
mdh, s'mdno settiil bacino della Germanasca) mana, sdnk, ìiardnto quar., cdntu, demdndu, gìmnt grdndo, ecc.
costante in tutto
1
Per abondare
:
in precauzione,
vald., dfn., a-prov., n-prov., frc,
avvertirò che le abbreviature seguenti: a-frc,
a-a-ted.,
pm.,
it.,
significano: val-
dese, delfinese, antico-provenzale, novo-provenzale, francese, antico-francese,
antico-alto-tedesco, piemontese, italiano.
occorre
p. e.
in ejcalo, citato al
num.
1,
Quanto alla pronunzia si veda al num. 83.
di
/,
che
Valdese odierno:
—
Dial. di Pral. Vocali toniche.
I.
331
num. 3 entreranno pur le alcatena; rej, pm. reJQ, radice, 7. -ario [fejno faina]; moji- maturo. Cfr. pou, num. 158. grosless., grusle per derle {ì^ro): mie, -aria dà -iero dà -te, e 6.
ragione addotta al
Nella
terazioni che appajono in cejno
—
pet^mì^ro dein^y^o ecc.;
siere, lóngie leggiero, ejtrangìe; fem.
f'rie ferrajo, cabrte capr., talatie linìe; lem. cabrl^ro ìnulinì^ro ecc.;
telatario
q.
— ìndie
kartie 'quartario', quarto, lato, pezzo, di
un
chiajo, fuie focolario-
ejcalle
;
'
deiiie
'denario' rendita
gepie vespajo,
murile mortajo, halle cuc-
scalario
cario', impiantito di tavole di legno,
gerble mucchio
frasche,
gombro
di
klap
scala, pianòle
',
(covoni), klaple luogo in-
(antica misura di capacità, corrispondente alla
metà deìTejmmOy
cioè a litri 15 e mezzo), éoudl^ro caldaja, salterò,
mucchio
Catanie castagno, grejzie
di
muta
blie febbrajo;
salice,
pero;
brl^ro
brugo
ejkarilsl^ro terreno
less.
— genie
pónsie pensiero, prlero preghiera;
Finalmente: iero area
lontieri.
ejkarà
ed
gra-
salle
ciliegio, p'riìssle
ejglajd
cfr.
illi^ro,
(zolle);
o brughiera, cullerò cavolaja; ejglal^ro ed sdrucciolevole,
plan-
rottami), gravie ghiaja; fem. kartl^ro
(ciottoli,
vi^ro ghiajeto, mutl^ro
'
'frascario', deposito
fracle
gerbd
di
mu-
'milliario' miglio,
podere, palle pagliajo, abelte 'apiculario',
'burle zangola pel burro, file telajo,
di
'tessitore',
—
gennajo,
v'iuntie vo-
^.
E.
Lungo.
8.
Riflesso regolarmente per e:
agé avere, sabe, ve vedere,
ecc.
;
ved
velo, teJ'lo tela;
ve vero, ren rem, plen, s'reh
^ ;
vondmno, feo feta pecora, meo meta mucchio, rureo rovereta, buie boleto; me kezu mi cheto, tacio;- me mese, pe 9. Ma si peso, pre prèzo, laz ejpézd le spese;- ejteHo. trej tres ; p'ci-rej, frc. roitelet ha un' e aperta dinanzi a j
—
:
kreju
(ali.
cresco, tejt,
mente)
^.
—
drejt
(ali.
v-s.
ajro. :
kreti,
all'avv.
Per kerdi e
10.
cora e in sezze sedici
ricl.
;
a kreu) e krejre credo -ere, [glejzo chiesa], krejsu
^
v-s.
:
;
per l'appunto, propria-
kerdi terdes. An-
ò tra due labiali in fònno femina.
plòii s'run,
a drajto a
dre',
terze, cfr. pm.
diritta.
paroh
niente,
—
,
Morosi,
332
nm.
11. In iato con Vie: sin sevo; cfr.
aceto e gi, punto,
affi\tto,
prov. ges:
E
14.
ma non
ovvj,
es.
Vi pure in ejzi peculiari
al vald., di influenza palatale.
Breve. ten
me%
12. Riflesso per e piuttosto chiuso, quasi e: fe"l
eru ere ero
era ecc.; venu vene ven vengo ecc. e tenu tene
io
segu scge sek seguo ecc.; pe, lèure, mege medico. Per
^;
aperto in
lejì^o
edera,
lejre
darejre
a leze)^
(ali.
e
dietro,
di
mejre 'mietere', segare il grano, pejt^o pietra (cfr. cejre nm. 2, nm. 6). Cosi in de dieci. 13. Si ha Ve del ^'^i àejno fejno nm. 10 in kennu 'cremo' abbrustolisco, tèro-termo terremoto, permu premo; coi quali vadano: galaberno less., e d'e secondario: terno, n-prov. treno, treccia, kerpjo greppia. Comune al pm. tebbi tiepido. 14. L' antico dittongo, qui come altrove,
—
—
:
serbato
a formola iniziale in
i^r jeri; e Vi^
ancora in
'nti^r e
fi^ro fèria, mejtìe mestiero e vetùpie 'vituperio' calunnia. In-
Vu
sieme s'abbia Vi che è nell'iato con
prego,
annego, siu
ni'U
*tiulo tegula mattonella)
mia mea
meu meus.
è
saru
vald.:
serro
io
ma
-elio ecc. di martedì,
peH
della, ecc.;
ecc.,
sarà),
16.
capeH ,
kramo, pur
Suona e non capp.,
diìve^hH
sett.
n-prov.,
peHo
aperto;
ejkueHo
padella,
di-mekre
suona e (piuttosto tendente ad
TneH
melius,
e)
se
la
il
motivo,
pezza.
Qui ancora:
*
v-3.
:
voti
viene, bah bene ecc.
—
gesù
io
cesso,
ultimi
è od era jotiz-
parola
in
tronca: velo vecchia; nègo la nipote e dejpreiju
a pego
dies-
feto, areto, teto festa ecc.,
è
tronca
ve^l vecchio, prè prezzo; e oscilla tra e e
senza che se ne possa veder sempre
Ho
sco-
perdu perde pe^rt
musco {Ve allungata negli
zata,
ali.
crema;
solo in sej sex, tejse
— Dinanzi a consonante che
'presso' incalzo, preso fretta.
a
Sporadici e non peculiari al
ve^rp verme, se"rp, erbo',
;
tjulo ali.
altresì in be«l he'Ho bello -a ; -e'H -e
rnasetii 'mi assetto' siedo, tepo
cinque esempj)
num. 11): priu
pelle; te^^ro terra, fe^re ferro,
mercurii, iwe"rn inv.
perdo
15.
(cfr,
caepula (cnfr. *fiuro febbre. Ma
qìuIo
e fjuro
—
(infin.
trimmu trèmito. Breve di posizione. texere, prejt^e prete ;
sego;
io
parola io
ali.
17. est si riduce
eà.
a
:
e
non
dispregio,
a presu f^
(=
ijt
Valdese odierno:
vUu
ojt):
napa,
vesto,
io
hitià
rito
333
Dial. di Pral. Vocali toniche.
restis,
parte filamentosa della
la
che
bestiame minuto, pecorino o caprino,
il
leva; e per la stessa via
da pectore.
I.
—
riduce ect in pUre^
si
ca-
si
al-
stomaco, se è
Sempre ó (e anzi un ò piuttosto cupo) nella s'mónQO semenza ^, pònsu, vUimònto, sòntu,
18.
formola en + cons.
:
demòni ju dimentico; vònt, vento, ^ònt cento, argónty póntemònt (e così tutti i nomi in -ento); rulont rugginente, billònt, arónt vicino (venez. ecc.: arente), malamònt (e così tutti tòntu,
in -ente);
gli avA^erbj
gòni,
dònt,
bilvòndo bibenda,
vònit^e',
ejpòndu spendo; iòmp, tròmpu io bagno (frc. trempé) e tròmp bagnato fradicio; nuvòmhre dezòmbre, ecc.; coi quali vanno: vòndu vendo, lóndrd lèndes. Si bevanda, dejtòndu
dist.,
moderna: di-vónre venerdì, gónre genero, tòiire tenero, ponce pettine; e da -enk = ank di fase an19. Dipenderà teriore: nònko ahnònk, pm. nanka almank. aggiungono,
di posizione
—
da influenza francese Va, che s'ode qua e là
vdnt
spav.,
pagiàngo, kunujsdngo, aguldnQO
e fors'anche
Vi
pre
prezzo.
E
frc.
'épeautre'.
di
mejprizi,
frc.
mépris,
ad
ali.
ali.
ecc.,
mejprezi
a
quell'influenza è sicura in ejpóuto
in ejpu-
ó",
sdmpre
less.,
*
e a
espeaultay
I.
Lungo.
piHo
20. Intatto:
pùrQÌ%
sutiH,
fìH; parti,
appoggio,
''pila',
muri
ecc.;
abH%
sostegno,
gòngivo,
vivu
io
vivo,
viu vivo, vivo -a; vin, vezin vezino, QÌrao cimice; ejp/ ecce-hic,.
diu dico; friu friggo; ora fri uomo fònno vitto femina vestita, ecc.; riu rido, ni nido; ejkrivWy
spica, urtlo, ecc.;
eìpio ferito,
grl^l glirem (rimpetto
ejcino schiena;-
viHo
loir)',-
villa,
nesso con stilla;-
mìlo mille, Qink\
fiH
filo,
lum, camizo. L'w in sàblu
sàmja
pìHu
sibilo,
al
n-prov. goccia,
ejtigo
io piglio,
sumjo
g^eule, frc. se
va con-
'mburi^l umbilicu-
sTmia, cfr. pm. silbju
ecc.
Breve.
21.
Riflesso
di
regola per e (tendente ad
e):
pe"l
neu neve, vevu vevo vedovo -a, peze pisello, pleo piega; ve vicem, volta, fiata; kureo correggia, de dito^ pelo,
1
fèugo
v-s.
:
felce,
s'iaàn^o semenza
(cfr.
tranto trenta);
ali.
a dont,
ponce pettine.
Morosi,
334
Ma
22.
'rgebbu ricevo, bevu
'rgebu
sè sete,
—
vetro
'Opjy^e
péure, gefiebbre.
bèiire,
a vedére nel senso di cristallo da
(ali.
—
23. Nell'iato: vio, pliu piego (ali. nm. 9, 12. a pleo nm. 21), Im lego, mi? dejsìu mi disseto (ali. a sé nm. 21). Vi anche in viro viria anello, viru io giro, cfr. pm.; e in ni^r ni^ro negro -a. Breve di posizione. 24. Riflesso per e come al nm. 21: finesira), cfr.
el
ille
a
(ali.
ile
batème
spesso -a,
hél
illa),
e
mème
frèco fresco -a; senetre sinistro, nell'analogia del nm. 16: suleH,
'rveH
il
ìiett,
frèk
gepp cippum. Del
resto,
tcH
tiglio;
ce^ì ciglio,
Qip^ne^'l,
a gerneìo *cerniculat, 'rvoìu
secò', ali.
tene ejiene, stringere
ecc.,
nella risposta di -itia ali.
a kèl kèt
;
abelo, pa-
risveglio,
io
'nsenu
io
insegno, ejtrene
seco secca. Si oscilla tra e dinanzi
[e dell'i
doppio
al
ed e
{e)
karcQO
s]:
a b'iego e ve(:o veccia. Ancora e in kelo keto, cit.
gerkle cerchio,
sopra;
ve^rgo verga, ve^rt verde; senza dire fertu
ejpèso
ejpè
mescolo,
meklu,
risveglio; sen, ejtren stringe, ten tinge, ejten estingue,
relo somigliante, oureìo, solo secchia
ricèQO,
questo,
kèt
quello,
medesimo,
*fricto,
a
ali.
ali.
cerco,
io
geì^cu,
di 'nterQu io intreccio e
io frego, nell'analogia dei
nm.
10,
13.
—
L'è di
freH (frlgidum) ejtrejt stretto ecc., è nell'analogia dei nm. 22 ecc. 25. L'o del nm. 18 in lóngo lingua, sòngle solo semplice;
—
Qònglo cinghia;
trònto', tóntj tóntjo tinto -a, iìsòn absenzio (la
òmplu io empio;- kumóriQu comincio, sónQO diemongo domenica, gònre cenere. Ma: vini viginti; 26. Ve, come nel pm., nel dedint didentro, intru io entro. pianta), suvònt,
senza,
suff.
—
dimin. fem.: paletto, seletto, fletto, suletto,
palett selett p'cit p'cito,
fìlett sulett
cavoletto;
éulett
pur pm., piccolo
ali.
ma: cabri
ai
masch.
capretto,
-a.
0.
Lungo. moro)
,
nu
27. In u:
laburu coltivo
la
muro
vu, uro hora, terra
,
plurii
;
(frutto del gelso
sabur didur
siur sudore ecc., e anche largicr lungur prufundur,
geur
ecc.;
ejzjù
'acetoso'
acido,
f'rio
duluruzo
caliir
frc.
ferita
lar-
dolo-
rosa ecc.; mejiiin casa, mejsun e mejsunu mieto, tujzun vello,
tujzunu
io toso,
ecc.;
dunu
do,
kum kumo
come, pum, vuq,
Valdese odierno:
di Pral. Vocali toniche.
Dial.
I.
335
nebil nipote; kicDO coda; prie (pur pm. e dfn.) abbastanza, se è
da prodest; ejkubu ejpù ejpuzo sposo liura,
scopo, riire
io
mutru
-a,
E olla
boccale; kiìblo coppia.
rientra pur
punt ìnunt
ulo] e così vi rientrano: ppnt
kunujsw,
mostro;-
io
kuzu
rovere;-
(ali.
cucio,
io
elido
dò-
qui nell'p
a kontju
:
io conto),
ejkundu ascondo, timclu tondeo, rejpundu, clundu domito io domo; hrundo frasca, se è da frondem, kumbo 'concava' vallone profondo; cfr. nm. 36. 28. -ori a dà normalmente '
'
—
salujro
tezùjrà 'tonsorie' forbici,
-ì'fjro',
sejrujro,
saliera,
macujro
sarritoria, sarchiatojo, rdklujro raschiatojo,
q.
masti-
q.
catoria, mandibola, pertjo batujro, pertica battitoja, pejr^o
ejmu-
lujro pietra per 'arrotare' ('molatoria'), piando lavujro tavola di legno per lavarvi pistrello,
panni, ràto-v'lujro
i
'ratta-volatoria' pi-
q.
menujro 'menatoria', danda, gariujro trappola da
topi {gari),
gagujro
Sopra
da -oria
-ùji'O
d'agente
num. 176, Breve. vuoi, vói
in
q. si
pm. stirojra,
cfr.
29, Riflesso
vuole
1.^ pers. pòj)',
è poi foggiato
'rvóndujro
-ore:
per
alla
(ali.
strame per
giacitoja, letto di
éagujro
,
stiratrice, ecc.
o
l."*
rivenditora
,
pers. vòj), e così
di-gó giovedì; kor, foro,
nome
ecc.
^,
^
aperto:
piuttosto
^
le bestie
femin. analog. del
il
sòl suolo; vòle
pò pò
(ali.
alla
nou novo, movu move
mou
muovo,
fiìòl,
cat-ejcirdl 'scuriolo' scojattolo, kanól, 'ì^sinòl usignuolo (e
così rucejròl q. roccajuolo,
^
Ma
talvolta,
t'rejról
pressojo; rcjmojro,
ali.
a ràhlujro
redimitoria,
q.
la
sogliono 'redimere', cioè surrogare, 2
od
L'-ore
del
è surrogato
q.
nome
cit.
dfn., cfr.
lou, q. sgolatojo,
cap'lgu,
'
q.
furnejrdl
che è -ójra,
sopra; pgrmojro
q.
si
;-
q.
ha
premitoria,
seconda domenica d'agosto, quando i
pastori sui monti. Cfr. nm. 38 in n.
non ha qui q.
querentiatore,
medicante;
ticamente: salou 'salatojo', deposito del sale per
runton
trovo ecc.
il suo continuatore etimologico da -qu che insieme fa per -orlo. Cosi: sinu segatore, caqou
di agente,
cacciatore, 'rvóndoìc, karóntjgu,
buQOu (pur
io
terrajuolo,
forse per influenza del riflesso piem.,
pure -ójro: ràklojro si
trobo
koj cuoc?», ti^obu trobe
ecc.,
il
pm. ambussgr) imbuto; mucqu,
burrone, precipizio;
capulatorio,
pugu
ecc.; e iden-
bestiame, lavou; 'mfrc.
mouchoir; dejgu-
potatojo, vóntjou ventilatorio;
tagliere e strumento
per tagliare; dejv'lou e ca-
less.
Nel basso Val-S. Martino: 'rvondó'tro, haròntjo'uro ecc.
Morosi,
336
fornajuolo 'che s'annida nei buchi';
somma
la
di
nomi
tutti
d'uccelli); ejì'òl,
covoni raccolti sull'aja per essere trebbiati, pejròl
pajuolo; vejrólà vajuolo. Dal piem. è fejzdl fagiuolo.
— 30.
In
ha ùo (tendente ad allargarsi ad uà uà), coU'accento più suU'ii che suU'o quando la voce è tronca e come
pochi casi sensibile
si
ripartito tra le
due vocali quando è piana
kitòr cuojo; luòk,
kuàr kuar
ecc.,
giìòk
fil'òk,
luàk lùak
ecc.)
^
muore mu'òr,
niildru
:
a gok
ali.
anche miì'àr muar^
(e
— 31.
S'ha ò (forse da uo)
in oli, kòjì^e ali. a koj cuoce e Jioju cuocio, vòjt vòjclo vuoto -a,
dròhhu o clòrhu apro, kròbbu copro; &rd brodo. Ad ò accennano anche òjro, ora, adesso, e tròo troja ^. 32. E s'ha, u (forse da ùò) in ùu ovo, bau bove, plilo *plovia (ali. a plou pluit), nei quali all'o susseguiva un v, e ancora in gùu io 33. u finalmente in nujre giuoco (ali. a gòk cit. sopra). nuocere, kujto q. cogita, sollecitudine, fretta; ruo ruota, nuu
—
—
io
nuoto; filtro fù^ro fodera; oltre che in nulu
(tose,
volo scolo)',
sunu
suono,
suii
io
suono,
—
munu summoneo, offro, muno monica. ma comuni col n-prov., vduto volta di un io voltolo, ìidu
Breve
di
in kdl collo,
io volo,
bun
ejkùlu
bwiio, se-
34. Affatto sporadici, edifizio e giro,
vjàutu
novem.
posizione. 35.
mou mòlo
È
ancora o,
ma
piuttosto
aperto,
molle, korn, ori, tori, fori forio,
mori
morto, mordi/, morde
mori, katorze, korp, d osso, ndtre nòtro,
vdire vdtro, sonn.
36.
—
È uo
uà, dinanzi a r o
cento com'è descritto al num. 30, in kùolp torno, kùort kùart corte, che
kiialp,
rispondono agli
mangono
colpo
it.
veramente nel nm. 27. avuortu avuorte avùort o avùart abortisco ecc. corte, e perciò rientrano
l,
Si
—
coU'ac-
tuornu
io
torno
aggiunge: 37.
E
ri-
ùó uà, 6 (coU'accento come sopra): fuòjl fiìcijl, trafiiójT, fóto, uòjì e òjl occhio; diiòrmu duòrme dù'drm o du'àrm', puòrk o pudrk, fem, puòrco', 'nkiÀ'òj e 'nkòj oggi;- kolu colgo, lòn longe, òrge orzo, sòjmu io sogno e sòjme sogno,
il
vòle
*
io
v-s.
:
gli
esempj di
kòjso
coscia,
òtt otto,
kojt
cotto,
nòjt;-
vòj voglio,
voglia, volo la voglia (e analogam. pò], pòsje).
rnoru, lo;
ali.
a
kuar
fa'ah ecc.
Valdese odierno.
I.
337
Dial. di Pral. Vocali toniche.
u.
Lungo.
mul, pil^Io pulce, 7nùr, ejki'tr oscuro, giiru^ ùo uva, fu fuso, per tu il pertugio, liino, lume, liij lucet, film, kunsilmu, [ejkùmo schiuma], ejsilu asciugo ed ejsiiU, 'rdujre ridurre e
muto
38. In
agilu io ajuto e agilt,
'rcliitt,
mùo
e
il:
muta
la
cambio); leju
(il
mùt
il
muto,
mim
io
prtc, vòngii' ve-
letto
ejpermu spremuto ecc.; tònguo la tenuta, krejsil'o la cresciuta; krù crudo e nii nudo, coi fem. ktHlo niio; suu sudo;nuto,
gùn
giugno, lun luglio
ancora, in concordia con
(e
— 39.
piin), afillo, briliu brucio; ft^iitt^. teriore, si viene a òil òj in io digiuno,
sambuco.
dejgòjnu,
— 40.
E
gòùn gòjn
'dejeùne';
fr.
il
Dall'
ecc.:
l'it.
di
fase an-
gójnu nm. 6 e sòjk
digiuno, gò'ilnu
mòj?^
cfr.
sieno ancora notati: ejkilpu, io sputo,
comune
ejkòp, lo sputo; e brina, prugne selvatiche,
Breve.
ew
a
ali.
al piem.
41. Si riflette per u: gulo gola e bocca,
guve
ju-
venem, runze rumicem, rovo, nujzo noce, kru croce, gu giogo, ujre otre, lujro lutra, ejkujre ejkure excutere, trebbiare, dubbie
dubbio duplice, ejtubblo stoppia, subbre sopra, huvo la cova ^. 42. du duQO dolce, muzu mulgeo, kiitre coltro dell'aratro,
—
kure correre, rù
riiso,
tuss la
tosse
piene ungere
ecc.,
stoppa, rutt ruto rotto -a, sutt', fenujì e
kuluno conocchia a L + cons. e
R
ecc.;
+ cons.,
poUo, puols polvere,
Al
io tossisco),
-ura di rado risponde -iii'o, come tòntjuro, puntjuro, figuro;
avemmo
in nota al
mukk
nm.
tì^ujto
tructa,
ejtupo
geimjl finocchio
ecc.,
—
43. Dinanzi kun cuneo, pu^ pozzo. s'ha uo uà (cfr. num. 36): serpiwl sersùolpre, ùolm ùorm olmo, kuolme cul-
che non sembrano in-
e in voci
suff.
digene,
di
regola
si
ripiglia V-ójro che
28. Così: klavójro q. chiavatura, serratura, ruiójro
kùiòjro cucit. ; punojro
rott.,
tilsii
pimtjo la punta, unze undici, umbro,
moccolo ed ejmucii smoccolo, bujs bosso,
1
a
(ali.
mosca, kruto crosta, lòhguto locusta, unglo, une gune e
muco
ali.
al
cit.
brusójro, tatòjro, murdqlro, ejyrafìnójro
,
inintjuro, blucjójro pizzicatura,
puojro potatura, 'rsjòjro sega-
tura, ejklapojro q. schiappatura, fenditura, 'ntójro q. entatura, innesto, ecc. "^
al
gu
fem.
ali.
a
Q nell'analogia di su;
dùà
tutt tu
e a
duée dodici,
numbre si
si risente del
pm. nùmer; e dùj,
risente dell'analogico
-i (cfr.
tiiti til,
pi.
sng. m., e al fem. sing. tuto, plur. iuta).
Archivio ylottol.
ital.,
XI
(seconda serie,
I).
22
ali.
m.,
— Morosi,
338
mine, sùolk sùork, puolpo, vùoì^p, ùors, kuorso la corsa, fùorn,
fuorco forca, gùork Sgorgo', serbatojo d'acqua per lavare, inaffiare ecc., kùort kuorto, sùort suordo sordo -a, 'ngùort 'n§uo)xlo, dejtuorhu io disturbo e dejtùorb il disturbo, kuorhu io curvo ;- e anche serpùH serpùH ecc.^
gùorn, 'rbùoì^n alburno
—
44. Qui possono
huorso borsa,
(pianta),
stare anche gli
esempj
mozzo
hujso (pyxis),
gòpp) gobbo. AE. 45. QeH, keru chiedo.
della
u
di
tru torsolo,
:
gupp
ruota,
—
a
(ali.
—
AU. OE. 46. fen, peno. duro vento, pa^re povero, pduzu io poso e 'rpduzu, dejlàudu calunnio, 'nkldu 'nklduzo inchiuso -a, duvu odo, frdudjo frode.
47.
Ma
è l'o, piuttosto aperto, oltre che in cól cavolo, nei pure tron-
chi
07^
romanzo è sempre
tor pok. L'au
saumo
intatto;
cfr.
nm.
1
e
salma.
Vocali atone. Fenomeni d'ordine generale. arigùn
riccio,
arùr
'rtejl artiglio,
ìiescar,
frc.
err.
;
—
48.
Protoniche
erhrùkk 'rhriihh alberetto
[arbre],
in piem., er-, V-,
—
da r + voc.
:
ìirtio,
Da
atona
din.
'y^tdìà,
rid.,
a
a N+cons., s'ha
ò,
erdrejgà, erpard,
;-
di
onde
e e
solito il
'rìndsu,
dileguo: ón-
karo ancora, óngujsd angosciato, ondano andamento (pm. andana) frc.
ali.
—
t'ir
erpòntlse, erzilà rosicchiare, ersinol rossignuolo
—
ernecd, n-prov. ar-
mi. Continuo, f ermàsu 'rammasso', spazzo, erv>è
ùrdi ordire,
rivedere, erkunujse riconoscere, erditd, erdfire
'rvé ecc.
iniziali: ardm,
ercàgo 'rcàgo grande arca [arco), ertejl
harnacher, pm. arneshé acconciare, ertala
urtala, prodotti dell'orto;
come
—
;
onta
'enter', innestare, ómplàtre; òngupdse 'incepparsi', urtare, ónte-
ineùà 'intam.', manomettere, óntier intero, òmplt od umplì implora,
ómbugóu nm. 28; ónhuòj di solito:
oggi,
'nkaro'n§ujsd ecc.
—
òngónt unguento, òmbiiriH umbil. 49. 50.
;
Protoniche interne. Pur
piemontesi (cfr. nm. 10, 13); e cosi: kermà, permójro nm. 28, ferhòntjà frequent., terfóH, permie pri-
qui, suppergiù, condizioni
permu'
e
mario, 'ntergd intrecciare, fertd, 'rferglse raffreddarsi; ferpd calpe-
*
Senza dire del
bòk 'bosco' legno,
solito nÒQO, frc. 'noce', s'ha l'o
rdt rutto; sofru soffro, outón.
oppur V6 del piem. in
Valdese odierno.
Dial. di Pral. Vocali alone.
I.
kracmar;
stare, frc. 'frapper', kerzinà crepitare, cfr. n-prov.
vecchietta (seìo),
meìétt
apicularium {abelo]\-
aheìie
'tiller le
ureXùn male dell'orecchio {oureìó),
(velo),
chanvre'; ejsureìà esporre
treTiio stringeva,
'mpendse
339
'miUet',
frc,
veìetto
e seìuh
seìetto
dejteìà
frc.
al sole, 'rveìà risv., 'nseìid,
A
ostinarsi, ecc.
più forte
ragione,
ej-
dove
e specie l'è, già era in origine dinanzi a R+cons.: 'nierumpre, gerve^o, persaie persico, gemevi nm. 24, verguno, pertùzu nm. 38, perdu\ perdrì pernice, serpie serpajo, geréà ecc.; kerkuh
r atona,
qualcuno, perpelo *palpetula palpebra, derhùn less. anvertojè, avvolgere.
a
ali.
Ma
pur dinanzi
leggiero, pezant,
lóng'ie,
'nvertuìà,
;
genie e deme
temici,
deziru, teni e
pm.
consonanti: legie,
altre
alle
fenuH e genuH, nm. 7, dfùant, ejreùd slombato, feùètro, setneùà e semóngo, demóntju dimentico, gemónten cimit., setnaùo setsoutenl,
dezómhre, desónde discendere,
segunt, peóajre nm. 178,
tim., segur,
kezdu chetatevi, meziùo medicina, nebu nepote;-
pòncenà
pettin., seùètre sinistro, seca, vezin,
rigidire,
neijà nett.
beve bevete
asetàse
,
penuH
;-
'assettarsi'
sedere, vevetto vedovetta,
pannicello, tezùjrà tonsorie,
Anzi, di frequente, piuttosto che peianf ecc.
E
r
dinanzi a l e a
è di regola
b'id belare, kp^ld querelare,
kufld
lare,
e d'iujrd
—
ali.
a girejzo, sreh
a dulùr
ali.
D'e ed altre;
:
k'I
om,
k'io fónno ed ejplà spel;
s'rd serrare, vrajre
fri
sér.,
labiali,
ad ó: bòutd beltà, fòugi^ro
—
dileguo totale
l'
atona turbata in e può volgere
fìlicaria,
pòpio pituita, bóurèi bavero,
Postoniche interne.
51.
Prevale
il
quasi senza eccezioni; e non ne vanno del tutto
I
nm. 18, 25,
cfr.
veratrum
frie ferrajo, d'iur
ferito,
ecc., v'iuntie volontieri, pejtràl pettorale; ecc.
Dinanzi ad u e tra due
abòuróu nm. 156.
semuùu summoneo.
p'zant, d'ziru, fni, ecc.
:
telajo, p'ialo pellicola
b'iego bellezza;
coltellata,
album, g'rejzo
il
t'iie
besàgo bisaccia,
megidi omic, 'nregì ir-
ecc.,
dileguo.
immuni
le
pdure, prejre prete, gizre cicere, pìtre
—
nm. 17, §ujtre gutture-, kude kudde cubito, fónno femina; ecc. 52. Atone finali. Cadono di regola tutte, tranne I'a (nm. 57j; ma per le vocali di flessione, v. ai nm. 176 sgg. 68. D'-io rimane
—
nitido Vi:
nesso
di
òli,
kuntrari, ecc.
—
54.
L'è
come
epitetica,
di fulcro al
consonanti prodotto dal dileguo di vocal finale o mediana:
mdkle maschio, ràkle raschio, gerkle, orle^ arajre aratrum, vrajre nm. 50; gòùre, cagajre nm. 145; ecc.
Fenomeni [ej]
da aj
:
attinenti alle singole vocali.
ejrul
nm. 29,
ejsèlo, ejzi aceto (ali.
tare;
ejièlo *astella,
—
A. 55.
schiappa
Costantemente
ej
di legno, ejsàl asse,
ad agie acciajo), ej^agid sciacquare e sciaguat(ali. a majUso, fragola}, bejlid, allevare un in-
mejónk maggengo
fante; rejrùlo, tela 'rara' ossia stamigna, che serve da impannata alle
Morosi,
340
nm. 29;
finestre dei contadini; vejrolà, t'rejrol, farnejrol, pejrOl ecc.
da flajrn nm. 134
ftejrd
maj nitro);
pejrin e mejriùo padrino ecc.
;
fejzdn, fejzol; niejzuk (e ìnejnd, fascina;
tejsun tasso, mejsèlo, fejsiùo
lattuga;
lejtiio
le
j avio
Ve
e 3): óejr'm bigd
suUa tonica i
la
figlio -a)
cagliato,
latte
avio ecc. Si oscilla però tra
i
che
e Vi,
mingd.
Ma
aveva già da a nella tonica (nm. 2
si
non maggiore
del resto,
sull'
atona che
è l'influenza della conson. palat. che preceda; ed eccone
miei ésempj, non tutti peculiari al valdese: óeùàl canale, óeùilo
soli
canicula, bruco delle verdure;
q,
'lattata',
'ngrajsd ecc. Superfluo soggiungere, che con-
'ncfrejsd, lejsd, fejsd e
tinui nel!' atona
om, da
ilù
pm. masnd,
cfr.
lejtd
a pajràtre
(ali.
navój,
q.
chenevotte,
nille,
óenabròH
canapicolo e
caugd
(v-s.
cemiùd
óand'vóH), pm. ha-
:
frc.
(cfr.
chenal, che-
cheminer), ejcerpt (n-prov. escarpir ecc.) scardas-
rimane dopo
sare, ed eJcerpoH, ciò che aU. a calar,
éeùevóH less.,
careiio,
calz.,
scardassatura della lana;
la
cava, cand'lie, camizo, catùn gat-
—
56. S'ha pure a formola atona Vd del óap'ld nm. 50, ecc. nm. 5: tndùelo [mah), cdntd; ma sempre è vicenda incostante. 57. Per a finale, si ha costantemente o, come nel n-prov. (ma di protino,
quasi
nunzia piuttosto chiusa, riduzione
della
—
Nessuna sicura traccia,
g).
franco-provenzale per effetto
anche palo, se rveìo
di
e ecc.;
/,
l'è
magis, go jam: veu
go
cioè
vòngil'.
in
quella
Ma Va
mo
dell'articolo
feo vedo
l'iùo
Ji
è intatto [la
man
le proclitiche
che una pecora, a
sol
antiche e ferme proclisi,
più
nelle
vaco; e anche 'na vaco,
[ma majre
vaco], e del pron. possessiva)
E. 58. Si manifesta in protonica din.
tanto più quanto maggiore è la distanza
ecc.)
a uno
a
tendenza ad a,
la
atona
ali.
ali.
K
a liquida
dell'
melecéto, lariceto, talatie nm. 7; sarà,
q.
quindi
risveglia, vaco, vug rdugo voce rauca,
si
largo e longo; tnàco mastica, mingo mangia. Qui pur
mo
perciò,
e
dall'
s'rd,
accento
:
mal'zè
serrare; sarétt,
piccola 'serra' o cresta di montagna; taravelo tereb., carfó^l chae-
rophyllum sativum; and a karònt e karóntjd mendicare, paransótmnu petrosélino; ejsarbjd [ejsérhju) purgare il terreno delle erbe nocive; tramolu tramuld e tramuldg tremito panlekUto pentecoste randuUno 59. -id da -ed: sia nid (n-prov. rèndulo, rondine); cfr, nm. 61, ;
;
—
(cfr,
s'm niu
nm. 14); sidg
set.,
danea, pedale; riwit ret-,
1
ali.
Pure
è intatto in proclisi
a plòu-ló? piove egli?, la
Intatto poi sempre V-a dei duto il -s, nm. 104.
lidm
rotondo,
il
i
let.,
hriu'
pid pedata e piano
pron. pleonastico del
din he mi
pi. fem., che
siti
rikk,
ali.
ha appena,
q.
pe-
Analogamente
creduto.
num. 184: a ké e
i
in
la plou,
dìh-ló d§
mi?
non sempre, per-
Valdese odierno. poston.
—
60. Di
a gàbata,
pur pm.
bacile,
;
341
aijjo
*ane[t]a
da e attiguo a suono palat. sono esémpj: gir(jzo a grpjzo\ gitun (cfr. il frc. 'rejeton'), sciame d'api che va a
anatra. ali.
§ai]jo * gdve[t]
:
Dial. di Pral. Vocali atone.
I.
i
formare un altro alveare, riìiun
reni.
—
61.
E
il
fenomeno dei nm. 18
punsà pònsie, tonta, ine rpóntìsu, lóntilo; lòng'ie ali. a leg'ie leggiero, gmònteri cimit. ecc. L'm tra due labiali, in fumèHo fémélla; cfr. fónno e il pm, fum'na fémina; e ancora in vrilmii, venimeux (che però non s'ode se non verso la frontiera delflnesé), ali. a e 25, in
—
v'ienù. I.
anche
62. L'^ schietto
per
63. In u,
in lingdl e
tive^rn inverno;
—
64.
'ngilpàse,
E
vóndemo, òmplì
tùro,
pm.
come
torna,
fùvéHo
;
il
—
hiijrun beverone,
fìbella,
pm.
angilp., incepparsi; guitto civetta,
terziario,
fenomeno
del
nm. 61
gòn-
:
(e icmpli), ecc.
0. 65. Iniziale si riflette di regola
E M
nm. 25.
a fiùlsu e fnisu,
effetto di labiale attigua: fìmlsu ali.
piinàto pignatta, 'mburiJÌ umbil.
sivitola.
lindàl limitare; cfr.
per u: uùùr, udùr, umdg omaccio.
a formola interna, cui risponde o risponderebbe u in accento:
suleH; laburà, plurà, duluru, tezujre'ttd; du'àd', mejzunetto, gangupumie] kimiijsù', mutrd, rejpundu' vuld, ejkuld, swjd, huintd, uletto. E u ancora, cui non risponde e non risponderebbe u in acne'tto,
cento
;
:
mulin, vulge volere e vulé volete, kurage, hurbdg corvo, ìnurtie
mortajo, Qrusie {grò), nuranto [nàu], fuie (fu^k), kuiu cocevo hójre),
puiu (pój pu
vjtanto
gild {guu);
buétt [bim],
in iiètt [uu],
sponde ù
—
ecc.}, truhà, ecc.
in liìétt occhietto,
e
all'tio
ìnùA; uli^ro
{koj,
66. L'ii della tonica ritorna
[oli],
od o della tonica
ejfuld [fola), ejlund
ri-
[loìi],
dubri e kubrì ecc. Qui stieno ancora: grumejgé^'l 'ghio-
{ott),
micello' e hùìie cuiller. U. 67. 7nojrd,
Comune,
in generale, all'
Jiuvd; ecc.
noce; Vi in
—
imi'ir ali.
atona
S'ha Vu
capanne dall'una all'altra
in
delle quali
69.
E
riflesso della tonica: sud;
si tramutano d'estate, nm. 158.
pastori
i
siùr sudore, e bié^ budello. V. ancora
ÀU.
il
nuzPl nm.
173, ali. a 7mJzo a iimu umido; e per altra ragione in midndà, 68.
il
cu, meglio che du, nella protonica e
ureìun, ouzart audace, oumòntu,
out(/7i,
u nell'antéprotonica: iwi, mourin
ouvi e anche
cavai morello e murikk murikko nm. 174; klouzùro, 'rpouzd {'rpuzdu q.
riposatojo,
deposito
di
luogo
Iduzà,
di
nm
riposo);
147.
dejloudd {dejldudu nm.
Similmente
dell'
avellana, nocciuola {iilanie l'albero, ulanetto
47), louzie,
au romanzo: il
oiilano
dimin. del frutto);
ouréi ouriu avrò avrei; foicsd falsare, outcgo e ougd, sousìgo, fougetto,
goucd calcare, cougie
i
calzari e cougd
;
óougiùo, coudi^ro,
ledire; foudìH q. faldilé, grembiale; soupese sapessi.
mondi ma-
Qui pure, essendo
.
Morosi,
342 proclitiche,
(dinanzi a conson.
ujsóh r
au
e la prepos.
congiunz. ouh apud, con,
la
absenzio
;
dal dinanzi a voc).
senza
;
—
dire
70.
german. ridi
del
u
iu
articolata,
pur pm.
,
dou
ùzé^l uccèllo, ,
a-a-ted.
an
s tj
Consonanti. J.
71. Iniz. in g:
nebbre,
gimk
go
già,
genie gennajo, gagujro nm. 28, ge-
gimu
giovenco, giin giugno,
—
raggiungo, gilu io
Mediano o riuscito finale: maj Maggio, gu, giogo. donde majuso fragola e mejónk maggengo. Per pejus: pes,
giuoco,
— LJ.
che è pm.
72. palo paletto,
-are, fóto fuletto, pii^lo
nm. 38;
filètt,
filo
taH,
a-^'ì;
pi'hi
meH,
pMd
fi-^'ì,
piglio
gi-^'l,
fòjl,
nm. 89. La nota dissimilazione in kuluno conocchia, lim luglio. Rara la riduzione pm. {Ij j): majie less., RJ. 73. Cfr. nm. 7, 28, 29. Vi vòj voglio, vòjo la voglia. [ru^'I
ruggine]
cfr.
;
—
perduto in are ariete
— VJ.
74. legie lóngie
fagiano ecc.,
ròjzo 'rosea' gri)
(cfr.
Ma
ecc.
mejzim il
soliti riflessi
i
a §àbjo. —
e iujzùn
rosa;
color
higu
ali.
io
bacio,
nm. 27;
di
parietem
ecc.).
SJ. 75. fejiàn e fejzól g'rejzo, glejzo,
huzu
io
cucio;
hicc
il
bacio.
camizo,
hrazo, grizo (m.
— NJ.
76.
niàl o
nm. 62; aranci ragnatela, ejkrin scrinium, tramoggia, kun; e ancora: kavàn cesto; muno, pm. moiiia, moMJ MNJ. 77. rùnu runa, rumi[g]o ecc.; ejkan, ejtan; ni[c]a. nàli, nidiale,
—
ejparnà, risparmiare; unùn', ma: vóndèmo
vòndema vòndemou,
sòjmd sòjmu, sost. sòjme, som ni are ecc. MBJ: ejcambjà ed CJ TJ ecc. 78. arigiih riccio; glago, ter^go treccia; ejcangd. brag, lag (ma pre prezzo); limàgo, liàgo q. legacela, tigùh (ali.
e
—
a tizùn e al verbo 'rtizuùd e ai e ad aguzd, n-prov.
agusar,
soliti
frc.
reziln e sezùn, pur dfn.,
aiguiser ecc.);
ejkurgd ac-
ròngd *recentiare, risciacquare; ejtragd stracciare, 'rdrejgd 'raddrizzare' accomodare, óagd cacciare; piago, pègo pezza; b'iego, ricego ecc. (ali. a guligio e 'ngurdigio), nego neptia, nègo ecc. Son formazioni seriori: 'ngliUju 'nglùtjd, sanglùtju sahglùtjd. Notevole ejklarzdj spazio libero in un corciare,
—
bosco, allato al
fr. èclaircie.
— STJ.
79.
ngajsd angustiare, an-
Valdese odierno.
Consonanti continue.
Dial. di Pral.
I.
§ujso e 'ngujs angoscia;
i'ijs
babilmente anche briijsjd
(cfr.
ils,
ma
anche
Qui pro-
uscio.
fi,
343
n-prov. 'broustar', frc. 'brouter',
e V. Diez s. broza), mangiare con tanto appetito e voracità da non lasciare nessun rimasuglio, briljsjcl, rimasugli di cibo nella
Male assimilato pur qui
greppia, sulla tavola ecc.
bitjd bestie.
:
Quanto a adumètju, addomestico, si spiega come 'nglùtju sangliitju nm. 78; e macà masticare, come ejkurcd scorticare, va al
— DJ.
mn. 116.
(ali.
80.
agi'm agilà,
a verzól orzajuolo);
[c]are, rosicchiare, fugit
e
io
ajuto
aggiungerei:
rugu ruga, ^.
la formola intatta in
sdpje sappia,
l'enimmatico dpjo, pm. dpia apiòtt piola piolett,
ad àbje abbia,
ali.
il
due
—
:
'rprucd, frc. 'appr- reprocher'; procc e 'rprocó,
82. aja
— Fra
mejtà medietatem, nidi nàli nm. 76. Fattosi È dal pm. meg mezo. PJ. 81. aprucà
vocali palatine:
finale: raj, 'nkitòj.
ma
*rodi-
fuga, *fodi[c]are, andare scavando
terreno per trovarvi qualche cosa o per intanarvisi
reproche';
òrge orzo
ecc.;
cfr.
'proche
frc.
e
forse nel-
ascia.
— BJ.
raJj'o rabbia.
83. Iniziale sempre intatto, tranne che in gójì, loglio, es.
peculiare al valdese.
— Tra
vocali e finale,
si
non
pronunzia nella
gola, spingendo e lasciando la punta della lingua contro la ra-
dice
dei
denti
superiori
In
^.
tonica) e specialmente dopo e od
può esprimere con a dopo
si
non
'irrazionale'
etimologica:
il
delle volte, se
un E od un
i.
'nfìHd infilare,
1
Ma
condizione
si
sviluppa
Non mi
risolva in
i,
salvo che questa
un allungamento se
questa
della
vocale
è
:
in
(aria tardare; funio, depressione
sfondare;
cfr.
risulta accertato che
(come
una vocale 'irrazionale' che
i,
con e dopo
un a; il più questa è un o od un u; raramente se questa è Ecco esempj seda, gala gelare, heHd, fìHd e ejmuld arrotare, ejkuld scoi. (pres. indie, sàlu,
avremo D"S
del L sia
si
e,
che avviene sempre,
iijj, feccia, ejfun'zò. ^
codesta
dopo la vocale precedente a l (essenzialmente dopo la
inoltre
in qualche caso
che dopo dell'accento.
p.
es.
del suolo, fioi-
Arch. IV 351-52.
generalmente questa particolare pronunzia è parso) alquanto meno sensibile prima
mi
Morosi,
344
gàlu, hèHuy flHu 'nfìHu, ejmòlu, ejkulu) alegre,
piHùn
balango
;
pìHo nm. 20, sólo suola. Mi ò'Hi olio; ìnejteji^àl, chi eserciti un mestiere; Qe^l cielo, de^lo,
foudìH num. 69, abriH, al nm. 29); mUl miei o
sòl
linQÓH
muH
viene per LL, che di regola, almeno in voce
scempiato: valàddo, stella,
gervèHo, viHo
HóRo'
tolgo,
pulo pollastra, ejpàla
Pellico, pòli pollice; vài, gal
serpùH.
— Ma
meH',
fe^l,
peH
suolo, lingòl
^. Lo stesso avnon tronca, si è
eipèHu spello, galino; fumè"lo, e viHdn, angHo anguilla, tòiu
ejpe"ld
ejtéHo
kòl,
mài, pài,
sài,
soH
pelo, flH, sìÀtiH, (e altri
maladde,
,
dulùr; pàio, teHo, muteHo mustela, can-
pilone,
spalle; pàli pallido. Péli
peH
gallo;
béH, martedì,
pelle,
cessa l'alterazione, almeno in protonica, se
L, per via d'ettlissi, venga a susseguire ad altra consonante:
il
kerlà querelare, spellare
ejp'là
d'iujrd doL,
pialo
e
s'ode pure àklo ajglo sgg.
— 84.
om
k'I
pellicola,
sablo kunfle,
L in r pochi casi:
Di
quell'uomo. Vile telajo,
b'iègo;
mentre in postonica ad àklo
ali.
ejsureìd
nm. 88
ecc.
ad
(ali.
ejsuleld),
esporre al sole, ejkurììà scolature (da ejkuld), 'mbùri-'l umbil.
nei
,
ràQ,
pur
quali dfn.
evidente la
è
ordigno
,
sulle spalle (evidentemente da ali.
a
spinta
adoperato per
scala).
escalo,
a pàli, pallido. Cfr. nm. 86, 90, 93.
ALT ALD
ecc.
danuo
di
ecc.
out ecc. fuori d'accento: fàus dut e altri
fousà
ecc.
nm. 69. Analogamente
es.
In poston.: pari
in
formolo als
accento, ous
nm.
ai
bóutà beltà
:
ejca-
qualche peso
— 85. Le
aus aut
solito
ed
dissimilare;
caricare
,
e 47;
1
feugo
felce
;
móure móut mólere mólitum, tòm^e tóut. E uls ulc' ult danno US [us) ecc.: pusu spingo, inf. pusd, me kugu e kugàse, dH duQO,
muzu muze,
kuteH
e kufld, putito,
—
86. Resta
il
l,
fuze nm. 139, ejkutu ejkutd, kutre
ma
mutùh
coltro,
*moltone ; góutro qua-oltre, lóutro.
colla speciale pronunzia di cui al
nm. 83,
ali. a sarv., pùols ali. a pùors balmo, riparo contro l'acqua o
in sùolpre solfo, salvjo, salvage pulvis,
uolme kuolme nm.
vento formato
il
^
Lo
43,
da roccie cave o protendentisi ; alp,
stesso sviluppo dinanzi a
l:
py/^lo
mantenga, pur dinanzi a conson. num. 86. si
,
nm.
come
in
38.
E
l passa in
pùols e negli
Z,
altri
alpie,
ove mai es.
del
Valdese odierno.
Dial. di Pral.
I.
Consonanti continue.
345
puolpo, altro populus alba; cioè dunque dinanzi a labiale di
l'eccez.
volge
coumà calmare nm.
valgil'
116).
Si
tra
oscilla
Z
(col-
e r in
valgèse e var§é valere ecc.; tolgèse torgèse,
vul§èse e vur§é volere ecc.
a tdure^ vulge vul§u
ali.
Sempre r
—
87, derbùn less., perpelo nm. 49-50. oltre tavolo, Per .fALO ecc. ejkandu less., didvu, tavu garòfu e paransòmmu prezzem., che non sembrano indigeni. CL TL. 88. Iniz. o preceduto da altra conson., non si altera mai: klaì^ ejklarzd nm. 78; klau, klavòjt^o nm. 39, klavèH cain
kerkùn qualcuno
e
:
vicchio;
ejklùre excludere, 'nklau dejklau
inchiuso,
dischiuso;
gerkle, màkle, dklo *ascla, scheggia, ràklu (io raschio) ì^akld raklòJ7'o,
meklu mekld.
—
A
89.
abelo ahelie, ourelo urelùn,
formola interna, dopo vocale, è
ò-'l
l:
ùladdo occhiata, genu-H e gi^
iiulun] a§ùìo', ve^l velo velétt; selo s eletto selùn', mira^^l spec-
nm. 48, fenuH, f'ru^l mn.. 50; 'rzila 90. Analogamente di gl glago, aglant
chio, sule->l, geì^ne^'l, 'rteH
rosicchiare, onalà less.
—
:
ghianda, 'ngliltju 'ngluttsw, sòngle nm. 25, unglo',gliare e ka^'l
il
mejgeH giomic, 'ngrumilimdse raggomitolarsi; dimin. di glduvo, scheggia di legno, schiappa, se è
il
kald qua-
E gr
caglio, veld 'vegliata' la veglia.
in grù-
e in grduvilo,
pur n-prov.,
gl-,
nesso originario. Esempio 'sui generis': §riH ghiro.
— PL.
91. piago, platt, piane, plen, plid piegare con pleo la piega, plou inove, plump;- ejtiblùn, gambo del grano, ejtubhle stoppia; kublo akubld dejkubld coppia ecc.; dubbie dublùh 'ì^dubld.
—
BL. 92. bla grano, bleo neblo, siiblu. less.
;
— FL.
bietola; blank, bloj bleu, blunt; sablo,
93. fldmo, flakd less.,
sufid, kun/ld, sufte
mufio muffa.
Ma
frundjo
il
soffio,
fliir',
kunfle gonfio ,
fiank, flapp sost. e
agg.
;
fionda.
R. 94.
Volge
par volgere a pronunzia faucale, nelle stesse
condizioni in cui
vedemmo sonar
faucale
il
l
;
e
riproduce
si
il
fenomeno della vocale irrazionale (nm. 83) sdru sarà, fi^ro nm. 11, sur e soror, ne'^rm, uue'^rn inv., diih/^rt aperto, ve'^rt :
verde, ejtii^rn, lo starnuto;
amar,
i^r, ke''r
nero, kór, óalùr, sabùr ecc., cfr. nm.
rr: sero se^ro serra
di
montagna,
108. te'^)y
chiede,
'ntì^r, ni^r
Analogamente per col
verbo
'ntérd
Morosi,
346
Ma
mure
fere ferro,
'nte^-rd,
muso
di
srd
all'incontro:
frle ferrajo;
se^ro,
sien notati: trunèli
miiPre
prùss pera; sprèto dimin. di r in Z, per dissimilazione,
a sarà,
ali.
—
^
ecc. q.
morrò', muso, e mìÀ°r-purQÌh
^
guro, n-prov. gourro saule marceau.
porco (pianta);
95. Di
tuono, 'rbìHi, n-prov. arbiri,
tronerio,
'arbitrio', energia; flajru 'fragro',
puzzo; hlìe {*frebrie)
io
febbrajo. In linddl, limitare, par mutato
un
.R
E
in di-mékre, dies-mercurii.
che a suo luogo
infiniti
oltre che in ve' vero;
il
suffisso.
pou
pavor.
— STR.
Lo
degli
il
;
r
pm. soicastre;
e
Sarebbe un caso d'in-
ordigni di legno per camminare sulla
tiero dileguo in cdtita,
organico
ST intatto dice
r
97. Quasi taciuto
in postonica: sufif'e, fune del pozzo, n-prov.
alta, se è
96. Tace il
rassegnano, e quello dei num. 7, 28
si
fefiet^o, rneheV'o, seìieV'e, nòP'e vòP'e ecc.
neve
—
riuscito finale, tace
r dell'equivalente
il
pHdst
non bene indigeno
n-pr. cìiàstrouas. pilastro.
V.
Appena andrebbe notato us u, ali. a vus vu, vos. benché non peculiari, i tre esempj che
98.
tosto si ricordino,
sano alla ragione del w-: §àtu vespa
(cfr.
leva,
avÌDu
less.,
vuota di e
—
vocali,
rimane
pinolo,
coll'agg. fem. vivo',
latte, gòngivo',
nuvèHo. Tace in
in
101.
due
i;
È
fruH
catenaccio,
v'r a formula
moure
viure vivere,
novo
plóure
,
ecc.
'corbaccio', corvo; kuorbà, frc. 'courber'.
u da v
riescito finale:
novem, nou, mou, plou, vif vivus e
levìA.
in tulio 'tuttavia' semin
s.
RV: kurbdg
cav.,
move muovere; vaclvo pecora
— 100. VR- darebbe fr veruculo, Diez verrou. — v'l
102. Sempre
1
cavu cava
guad.,
tardizie -ivo, 'rgajrivu -ivo less.;
lejsio, cioè tra
terna: oulano avellana,
ganu
ejpuoónt spavento; vìdu e
pre, e pillo pluvia. se è da
pas-
guasto, gaju io guado, §èpo
io
gajtu agajtu, sto in agguato, gardu,
99. Tra ecc.). nevd nevata, TilaveH
§èì''0,
Piut-
ilu,
uovo,
sudu, neu, neve, riu, bilie
bove.
in-
— —
ndu
Male assimilato
vivit.
però da osservare, che la vicenda del r in r sembra ristretta a sin-
gole località trascrizione.
famiglie; opperò generalmente
mi astengo
dalla particolare
Valdese odierno.
I.
347
Consonanti continue.
Dial. di Pral.
s.
103. Finale, di flessione latina, s'ode ancora solo di
nos vos
e nel plur. fem. dell'artic. e dei
sussegua parola che incominci per vocale: nus
vuz and
nuz àfiy noi abbiamo Ktaz oure là queste orecchie ^,
dn
meglio
o
,
voi andate; lai ahelà
le
api,
maz
dnjd quelle anitre le mie amiche,
k'iaz
,
nei riflessi
pronomi, allorché
;
amizà, nótraz amizd, pluzjùraz amizd, ali. si
ma
a
Quando cade
bela oure'là ecc.
vede dagli
addotti,
teste
es.
il
però,
di
-s
come
ecc.;
già in parte latina lascia
flessione
traccia di sé nell'allungamento della vocale che gli precedeva.
vu sabe', ali. a vuz and', la fò'nnà le femine, md féd le mie pecore, nÓtìYÌ vàcd le nostre vacche; tu fd, va, kré, 104. Il -s della figura di, ejklfi, ali. a el fd vd krè di ejJdu
Altri es.:
.
—
nominativale persiste in pùols pulvis e forse in qualche altro
Vu
esemplare (nm. 178); e
?nols kuls.
11 -s
l'analogico di-luns. il
lat.,
-s
che
sia
ma
di
lau ìnou
il
d'uscita romanza, preceduto
-s
da vocale: nd naso, rd raso, colmo, ai ri ho
'acetoso' acido, §ujtru
q.
il
riso,
ejzjil
gozzoso; fu fuso; 'nkldu dejkldu in-
chiuso dischiuso, trù torso;
mente tende al dileguo
nel-
Del resto, non solo é sempre caduto
anche
di regola
lacs
a
di-mar s dies-martis, e
del genitivo é in
— 105.
kùu accenna
-s
me pè (-p)
frange ejpu
ecc.
E
d'altre provenienze; v.
simili
num.
75 78 106 121 127. All'incontro: uors orso, tors torce, ecc. A 106. SS: gròso 7'"iiso ecc.; grò rii, pd tres risponde tì^ej.
—
'passo' niente;
se ST
o.
ecc. 107. Iniziali si riflettono per ejk- ejt- ecc. ^: ejkdn,
ejcdlo scala, ejkólo, ejquèHo scodella, ejkriou; ejcino schiena; ejtdn, ejteHo, ejtrejt stretto, ejpd spada,
ejkubd scopare, stesi,
ejpil sposo.
ejpdld
spalle, ejpino,
Siamo veramente, per
la nota pro-
a esc- ecc. di fase anteriore; e la riduzione coincide con
quella delle formole dove é etimologica la vocal che precede a
1
Sempre sonoro
il
s
tra vocali; o cosi
anche rejiuiid rejziih 'rzunald,
da 'resonare' ecc. *
Nel basso v-s-m. questo
vóntu.
/
non s'ode mai: ekàn ecàio equelo etàn
eptc-
Morosi,
348 s + cons.
:
ejlimd
exlongiare, allontanare,
q.
ejkuà scodare, ejtrasuu
q.
strasudo;
ejrend nm. 49-50,
ejkundu ascondo; ejkur
oscuro; dejliu slego, dejviulàse sviarsi, dejvltu svesto, ecc. ecc.
Noto ancora: ejmino = n-prov, esmino hemina; mejnd nm. 55;
rejtum, n-prov. restountir^ echeggiare, ed
A
secca, fase anteriore di ita estate.
danno semplicemente
et ecc.,
quando
ejtd,
che s'ode a Villa-
for mola interna,
si
est
ecc.
eccettuino mejtle e prejre
(pm. prov.), che sono esempj 'sui generis'. Noto: apre', caretio, prètà, feto areto castig.
feto',
rdtèH e rdt'ldc
pUu
pesto,
io
rastr., hàtùii
;
pUo
vUt', éàtià
la pesta,
hutà costare, anidra mostr.,
pdt 'postis', corrente del tetto; kruto crosta, lòngùto
muco
mosca, pdko pasqua, rdlile il meklu mescolo, rdco (n. prov. rascó)
raschio,
locvisia,',
—
mdhle maschio,
tigna delle bestie; frdóo,
frek freco', èco (n-prov. osco) intaglio;
ecc.
N.
108. Fra voc, è faucale; stenza, da lasciare
ma
regola ha così poca
di
qualche traccia
solo
vocale che gli precede;
par
sicché
di
quasi
consi-
sé
nel suono della
di
udire
ejred se-
med, 'ntemed intamin., sua, duà, mulue, muèo, mdeìo maniglia, truèli nm. 173, ejpmlott q. 'spinolotto' spillo, ùùr', Ido, s'm'ao, mai mdjo manico -a, v'eo, pleo, mulm 'io molino', faccio andare il molino, vzìo, hùo, ùo luo una luna, hruo; piuttosto che semend ecc. Ma per evitare certe complicazioni grafiche, mi attengo sempre alla trascrizione per n. 109. Il medesimo suono è in gónre tònre gònre (quasi gón^re ecc.), genero ecc., che si potrebbero anche scrivere gore (go^re) ecc.
—
:
Ma
schietto n, se altra consonante riesce a precedergli: ejr'nd
ali.
a ejred nm. 108, D'ndl, giorno di Natale, d'nant, f'néP'o,
v'nì, f'nw'l, k'nujsu,
cejno nm. gli
6,
tduno
dejgòjnu
viene a susseguire:
lume, perchè è
nn
ecc.
less.,
gauno
nm. 83 94;
sandd
sanità.
E
di fase anteriore, in
rìÀnt grunnire; kdno, gono, ecc.
frc.
'jaune',
poi naturalmente inco-
and dne, andare, vada;
— 110.
Per n
in
pressoché costante in delfin.-brianzonese, qui non ho, della riduzione della terza
napa. Nell'ultima
dello
dello
sdrucciolo,
sdrucciolo,
fejno e
per consonante che
e
oltre
se
r,
vicenda
all' infuori
non carbo
ca-
diahre e ordre, che
Valdese odierno.
Dial. di Pral.
I.
Consonanti momentanee.
349
s'odono pur qui insieme coll'antiq. càrpre carpino, abbiamo lòndro lendina, òngro (fem.) inguine. 111. Ad -ano -^ene -ino ecc.,
—
risponde
-e
(pm. -u)
:
plaje platano, frajse frassino, ponce pet-
— 112. Riuscito
guve kuolme.
tine,
finale,
volge a gutturale {n),
anche se in origine susseguito da dentale.
Suona perciò assai sank sangue, mejònk maggengo e simili mai parso che accenni a risolversi in una pura e sem-
n
poco diverso dal
di
;
né mi è
plice nasalizzazione della vocale
scrivono per ng (mang,
che
vih tiguh preizuh suh suono, credono
lianno se
il
—
ecc.
Si
-n viene a ritrovarsi
man
pronuncia faucale,
vocali perchè
tra
abeìo.
ben
àn krèn din pón sun,
ecc.;
ritorna però alla
hun om, tun
rola susseguente:
gli precede. I nativi lo tra-
beng), e io sempre per n:
aderisca alla pa-
— Preceduto
da conson.,
rimane immutato: ùve^'ni, korn, fàarn; gdun.
M. 113. Esempj di assimilazione:
tonda,
antiq.
q.
,
dando -amita
oltre
tatto
se
mito,
pum.
di
e di-sande
— 114.
milo camomilla.
uscita
—
runze nm. 41, lindàl limitare; dundu domito, io domo;
'témpita' tempia;
romanza: fam,
115.
MN:
kara-
Dissimilazione in
sabato.
Di uscita latina: ren
ram rame
rem, e
niente. In-
gem
ramo,
fònno, dóno dom[i]na, sonn
ge-
ali.
a
sòjme e sòjmd nm. 77.
CA. 116. Iniziale in ca: cdQU io caccio, calùr cdut, càuQvt, carpizà calpestare; caro cera, viso (pr. cara)] car (caro, costoso) car elio, cargu, cardùn, carburi, cazdl, cavu, cairn castigo, cantu cangùn, carbo nm. 110, cande'^lo, cambro, cacalzo,
mizo, càmulo camola (tarma dei
cambo gamba,
piere),
óavùn
less.,
cavolo,
coumd
catt gatto,
cabro capra;
vestiti),
capeH
coi quali
camp campie
vanno: còl
(delf.
calzare, coudi^ro
kau
chaour)
'calmare', meriggiare, cougà calzare, cougie caldaja,
cejno
nm.
6,
ceju nm.
proprj piemontesisrai, sebbene in buon dato ritornino nese:
(cam-
num. 51,
cappello, cap'là
calcio,
kaì^'tun carretto,
kar carus; karèo karnavàl, kardajre
ali.
all'antiq.
-atore,
kaml
2.
il
Veri e
nel
delfi-
calerò, sedia;
kavàlOj
kavàn
,
Morosi,
350
cesto, kasii mestolo, kajso cassa, kantim',
kamhjd
ad ejcamhjà nm. 107; kozo
kàbàgo gerla.
ca ancora,
diano:
se
gli
cosa, kavègo,
preceda
e
kamhi,
ali,
— Me-
consonante: pecajre
altra
nm. 178, seca, ejmucd smoccolare, gauócl cale, geréd, mercà mercato, rducdse diventare rauco, ejcamhjà, ejcavund ed ejéaruntd less., pejcd ripescare dal pozzo qualche oggetto caduammaliare, rimcd roncare (il terreno), truncd', ucd *huccare, urlare; ficd ficcare, ejtaéd e dejtaód attacc. e distaccare, atàucd ^balcare', cessar di piovere, 'nfracd infra-
tovi, 'ncantd
scare, 'rnecd nm. 48, 'mblancd imbiancare*; vaco, sdco sacca
{donde sacl^ro tasca), séco (verbo e agg. fem.), sòcd zoccoli;
arco 'arca' cassa-panca, fuorco, puórco, ràuco, muco mosca, runco roncola ; bduco (n-prov. balco) , una pianta palustre ; rdco 107, frdco, frèco, lejco e brejco (n-prov. lesco favo
óco
miele),
di
107,
bieco
'busca'
fuscello,
planco, bianco, branco, e ancora -ónco, fem.
di
fetta,
bresco
107;
anco,
-ònli -ingo-:
erbo inejònco erba maggenga, limdQO mejsunònéo lumaca delle 117. Il e di e a memessi, fònno pralònco donna di Pral.
—
diano, preceduto da vocale,
malmente, per
si
riduce o dilegua all'incontro nor-
le note vie: kajd, pajd', plid,
prid, nia anneg.
gùd, alud allogare; ejsud; ejsarbjd *exherbicare e cosi sempre -id da -icare^; flie ficaja, fuie focario, nuvie nucario; sid,
buteo bottega, pleo piega; fio (fem.), fico; vejsio, ejpio, urtio (ali. a furmi nm. 48); lùo (fem.), luogo, lejtilo', blùo less.;- sèal ségale, pù°ìo *pulica, pulce.
CO, CU. 118. kòl kordo cunfla, kùu, kuvd', agùìo ago, agi/r ^ less., agu acuto e agùzd; segur, segunt', ejkólo ejhùr ecc. mani, persi, tósi, porti, dumeti ed è la riduzione i e
làngo
—
1
-^
Con
:
;
la sonora:
rimboccare,
p. e. le
kugàse
coricarsi, caryà.
Rivengono a TJ
maniche, ejkurcà, màcd;
cfr. i
(ti[c]a): 'rvgrcd
corrispondenti prov. re-
vertegar revergar^ escourtegar, mastegar. Voci non indigene o male assimilate: jp§hà peccare e
scanno
(cfr.
dfti.
il
peccato, voci chiesastiche,
escabel);
ejkandaJÌ
(cfr.
dfn.
ali.
a.
pgcajre
cit.
;
ejkan
eikandou) bilancia romana,
stadera, e poche altre simili. '
Sia notato buligd, ch'è
il
n-prov. houlegar,
ali.
a bugà, che sarà
bugé, muoversi, agitarsi, darsi da fare: supposti da *bullicare. '
Notevole
ejcirol, ali. al n-prov. esquirou,
pm.
skgriól, scojattolo.
il
pm.
Valdese odierno.
I.
comune al piemontese ^. frumage; cfr. nm. 175. rimane
trunk
-k: 'mbridk,
tronco;
il
frek
cuculo,
Consonanti momentanee.
Dial. di Pral.
—
àtico: viage salvage kumpanage, Di ogni -co
119.
latina
buhk caprone, ulukk
rikk,
bdk 'bosco'
fresco,
legno;
Ma
E
ejgaj ejlaj ecce hac ecc., avoj
:
— Le
allocco, kiikiìkk
pm.
bì^uk,
viene a y
proviene da forme in -ca
e
il
a buca
ita
al-
brilsc,
e di uscita
il
apud hoc, anche, pari-
amis amizo. secé ràuc e di CR. 120: aj§re
voci per 'amico amica' sono le piem.
bucò nella dizione
parossitono,
in
poh, gifk fà%, sòjk sambuco; sakk, pùòrk,
veare; blank', -onk num. 116 175. menti.
351
degli aggett.
—
star bocconi.
:
onaj§re ale gre. CS. 121.
—
mejsèlo, ascella ecc., pejsifièH less.;
lejsà, ejsèlo,
ejsdm sciame, sej santo, vejsio, lejsio;
ribrezzo'. tejt,
a
anxium,
tratta di
si
— CT.
122:
dizione
fa ansi 'fare schifo e
ejtrejto', nòjt
pejtràl pettorale,
lejt,
nùjtd, viijtanto
(ali.
e
paco (fem.) 'patto', ponce pectinem, col verbo póncenà, piece, piegato, da plictum. NCT. 123. Dà ntj anziché jn^:
di dito,
accordellato ;
curvo, se
nella
ìajt e lejtd', fajt;
ejtrejt
stalla, drejt',
òt)',
tejse te-
nm. 44; buis bui buxum; e qui pure ansi,
sero, kòjso, biljso se
frajse frassino,
friitt,
ejsittt.
L'esito e è in
—
è
tòntj tòntjo tòntjàro, tinto ecc.; ejtròntj ed ejtròntjo strinto -a
ad
(ali. tjijiro
ejtì^ejt -o
cit.);
untj untjo, untjd; guìitj guntjo gun-
guntjd; puntj, puntjo la punta, puntjilro', dai quali
fu attratto kontju io conto, hontj
apuncd appuntare, scolanti;
ejpuncà,
trattenere in ali.
il
conto
ecc.
e
L'esito
un dato 'punto' piHa puntjo
a puntja o
le
es.
è in
bestie pa-
'pigliare
lo
spunto', principiare a inacidire.
124. Iniziale è sempre f il e di queste formolo, quasi s sordo: ^eH cielo, piro, girejzo g'rejzo, gervèHo, gesà, gino,
CE,
CI.
un Q mónte ri
cimit.
,
Dopo conson.,
si
gepun less., gi^l, gimo cimice, gaj ecce-hac, gink. 126.
giulo cipolla, giz're cece,
gerkle, gònre, gòntiiro,
ha g
aggiunge gagujro, che è veramente un caso ejzju aceto ecc. '
Lo
-^
di cj.
Lo i
al
si
in ejzi
nujzo nm. 41, ejklarzi {r-t^voy. esciar g- esclar-
stesso è da dire pei fem. mdùjo, dumctjo; ìnuno mónica;
però spettano ^
^,
—
in piìrgiH porcile, 'ì^gebbu, rangi, cui
nm. 117.
Ma
a
dominica
risponde diemongo.
aseure sarà 'acerbo', e dicesi del tempo freddo e procelloso.
i
quali
,
Morosi,
352
nm.
zir, cfr. ejklarzd
nm. 41; 126.
La
78),
nerzi
'noircir',
frc.
runze
torze,
gizre cece; mezino medicina, unze cluze terze.
cfr.
solita alternazione tra
fezè f'zè
fate,
dizè
—
ùzè H,
cl'zè dite,
vezih v'iin vie, liizujro lucernario, e plajre plajrei plaj, kòjre kòjrei koj, lujre liijriu 127.
per
Per ve vece, de ^ice:
l'esito di
liìj
ecc.; cfr. viijdd *vocitare vuotare.
dieci,
pp'dri, krit croce,
sali, Péli, pòli, è
SCE, SCI. 128. desòndu,
da invocare
che non ^
fascia
con
forma per cacio; pajse,
sega perchè troppo corta e
si
— —
anche
nm. 105.
il
nm. 48, fajso
'rsusitd, 'rsinól
feisd, fejsino fejsèH] feisèlo ^fiscella',
l'erba
d-u dolce, e
fa
si
'
pascere
'
dalle bestie, najse, krejse, kunuise.
QV. 129
:
kàl e kalkfin,
karémo, kère
ciare, ejkajrd squadrare; kazi, kalo quaglia;
— 130:
ejgàl ejgald (dove,
è presupponibile
come
nm. 58
k'ri karòntja
nm.
e kèio questua; katre e kartie karti^ro
7,
ejkargd squar-
me kezu mi
cheto.
in sgdl ecc. di Torre-Pellice,
una base ex-aequalis); aj§o,
cijglo
ed ejglótt,
ségu sègre. G.
GA. 131. Iniziale: gal galino] goj (masc, dfn. jai)) {gauno num. 109); mediano dopo conson.: 'man lay^go mano larga, larga mandare
fuori, 'al largo',
il
bestiame a pascolare, ve^'rgo
e verga colpo di verga, pertjo longo pertica lunga ed ejlungd
gari, anche pm. e dfn.,
slongare;-
q.
burgd borgata,
7Hmd rumig. 7''ud
;
—
lid
Mago
ali. al
;
plajo, fau
e faie
gutt gotto. Stanno poi nelle note analogie
g
di -GO resta nel solo caso
ed è allo stato di sorda
gu
'
fagario
giogo.
— GR.
ni^r ni^ro negro
faggeta
:
:
gutta, dejgutu, 'ngùort,
tjulo tegula, òut agosto.
che sia preceduto da altra conson.,
lark lonk
gic?'k, ali.
a catt
134. flajru flejrd nm. 95, mejì^u -a.
— GN.
il
castigo e
mejrd
less.,
135. kund, sen, pùn. In piin, che
odesi in qualche luogo invece di piÀn, avrà influito e
'
'rugata', serie di case, contrada; dujo doga.
GO, GU. 133. góno gunèHo, gulo guto Il
n-prov. garrì topo;
Mediano tra vocali: catid castigare,
132.
il frc.
poing;
malin va col sinonimo francese. GÈ, Gì. 136. Iniz. gald gelare, gennai, gònre, gòngivo, ecc. 137. Fra voc: saja assaggiare, {pai paese), maj magis, ku:
—
Valdese odierno.
Consonanti momentanee.
Dial. di Pral.
I.
— 138.
rèo corrigia; lejre fr'tre fujre, ecc.
une pane;
ejtrene
—
139. LG', RG'
ad ange. Circa gan<;ico,
ali.
mùze
:
*niiilgere
— 139
fólgore), po7'ie porgere.
''.
pi. di
plantago, mùg
—
ten un, lon longe;
GV. 140: 'ngHo sank. Andrà ripetuto ^saignée' nm.
piane tene
clV. Ire.
gencive.
fide, n-prov. folzer,
lej,
o
frlj
hùraj borrago
fri,
ftij;
g
officinalis;
è in
cfr.
li
— pian
porg. 'ngunt
anguilla,
dal frc.
lungo lingua,
unguento,
saìiu io salasso, cfr. sanìo, frc.
:
1.
Non occorre
lèi.
li
(cfr.
:
Riuscito finale, l'antico
corrispondenza dei num. 137-39: plantdj,
NG
353
alterazione dell'iniziale, eccetto clie in der-
hi'm talpone, pur pm., dfn., lion., ecc.
—
lé2. Fra vocali, cade
(come anche in pm.): suldse 'satollarsi' ubbriacarsi, kuie *codella
tario, l'astuccio
nuà
dejsiàse dissetarsi, starnut.; kricf, il
nuot., salila, 'rfiXd, agiuì,
vitello, hie^l budello,
didl,
ejtiidrnd
pelo padella, ejquelo scod., kuèno e kùno
puìu
potevo, 7nùnt ritondo; kreo creta,
ruo ruota;- fanno f'rio femina parilo, krèto agito cresta acuta, kozo vurQilo cosa vo-
seo, bleo bietola, ferita,
Natale,
màd,
irid *tritare, scegliere; ve"l vitello e ve" la fare
cotenna, prajett -pvaieYìo,
luta,
sidg setaccio, de-nàl
cote,
popìo
pituita,
tongilo la tenuta,
dnjo gavjo nm. 59. Cfr. consonante
num. 113.
:
Ma
n. 28.
dove per antica
stato di d,
la
krejsilo
cresciuta;l'antico
t
plaje platano, mantiene, allo
venne a succedere a altra
ettlissi
vvijdd vuotare *vocitare, kukuìxlo,
— 143.
si
sandd ; Imddl
ecc.
Riuscito finale, cade se preceduto da vocale:
and andato, nd nato ^, om fri malnilrl krejsii tongit; vu vici uve cantd-vù (imperat.), ecc.;- sandd canta, vu sabe ,
nm.
^
;
are
142, rnejtd;
E
ariete,
buie'
cosi flà fiato, bla masc. biada (grano), prò.
ticipio di 1* conjug. viene a valere, oltre il
sing. e pi. fem. (-a
Cfr.
che per
La il
sé sete, de
stossa forma del par-
masc. plur., anche per
-a[t]as); e così p. es. sith nà, son nati, nate.
ru;d rugiada, kuflà coltellata, rana ragnatela, halà mejnd nm. 55, nid nidiata, ratund topaja, riìd nm. 132.
htmd cognato
cagliata,
= -a[t]a,
fungo,
boleto,
Archivio glottol.
-a;
llal.,
XI
(eeconda serie,
I).
23
Morosi,
354
— Son
ìiehù^.
dito,
pure mal assimilali: ìniU agi'd
qui
sangliU, tutte voci pur dfn.
— Ma
ecc.
mente, se preceduto da altra conson. catto, ruit, dejgut, sanf, pezant,
malade -adde
kude
e
resta
l'
ant.
t
,^alùf
normal-
catt gatto, luti, acàtt l'ac-
:
hnìònt
imnt, poni.
^,
— 144.
kiidde, cubito, sono nelle condizioni dello
voci frane, corrispondenti.
TR. 145. In protonica, dà
paransòmmu
ventriglio,
— In
trei, ecc.
darcjre
d'iejrìe less.,
-ator
di
7], ,
di
regola,
si
perie prie *petrario
purèi purìu potrò
po-
protonica all'incontro dà jr\ pajì'e majre frajre
dietro;
di
nm.
petroselinum
vrajre nm. 50;
lajre arajre
come
rr, che però,
scempia: nitri, piiri, [deì-ìe d'rie
vejre
p^j>'o; rejre di arejre addietro e
vetro;
ìijre
mejre metere, préjre
otre,
Intra;
lu^jro
cfr.
Qui ancora: -djre =
prete.
éaQajre pecajre maìajre kalinajre nm. 178, kardajre gerìjajre,
cardatore,
fa1)l)ricatore di mastelli
legno
di
{gèrla),
e pur 'r'bHi nm. 95. D.
146. Dilegua, in consenso col num. 142 (ali.
fa fango, sim siùr
:
a udih-)', pjd pjano nm. 59, trònt tridente, d'iùbei,
rejmu
benedire, rejme
vevu,
kuo ed ejkud graticcio;
*clida,
tarzà tardare, Diez), è
v.
comune
less.;
pèuH
(scodare),
ni'fo
*bodina,
lìojno
num. 80
in n.
al prov. e al
pm.
di
Idazo, {loia).
nante
nm. 143): pé
(cfr.
nil
krù
— 148.
ecc. ^; ali. a
fieno,
— 147.
d'ardesia
dopo conso-
cdat
(f.
cdudo),
mo?^ {mordu),
aglanf m. ghianda
Di
(cfr.
Riuscito finale,
di sorda,
frejt tari ve^rt sùort grani, pe"rt {p^^'rdu),
fenum cordum, secondo
confine.
lastra
cade dopo vocale, e resta, però allo siato
hefii
midolla,
ha^l sbadiglio, kleo
krilo',
pietra ;
mmlo
pediculum,
;
'rkort
funi fundit,
liquefa, segunt, blunf.
si
DR. 149. kajre kajro kajrmi karemo quadro
ecc.,
lejro
hedera; cejre, krpjre rlre ejklurc.
1
ito: hérdi credito, débbi, r^ómi vomito;
cfr.
nm.
144.
bùlSndo ecc., col d, certo por falsa analogia di ve^rt ve^rdo, hlunt blundo, ecc., nm. 148. ^ iido: pàli pàljo, pazi, q. 'pacido', tranquillo, gravjo, ranqi ran^o, 2
Curiosi
i
rispettivi feminili: pg'zando
tfbi igbjo, ori òrjo; ali. a
ù>nu timo umido
-a.
Valdesa odierno.
I.
355
Dial. di Pral. Accideati geiiorali.
P.
150. Tra vocali, in v {u): savùr e sai-urt assaporare
soupèse soupi'' , dove
il
p ha sua ragione
speciale),
(ali.
a
'nsev'li,
lih'ìn, cavùn ed ejcavunà less., 'rgece 'rgevu ; qìuIo cipolla. Per sourèi sourìu saprò ecc., paure làure péure, cfr. nm. 156.
—
Ma
151.
ejkubd
ancora frequente, sàbe
scop.,
,
provenzale,
alla
ilhf'ì't e liiibe^rt,
abriH
sabo linfa delle piante; ^rgehbre 'rcebbu 'rgebu
(ali.
il
aribà,
h:
abelo, ahelle, nebii; rabo,
cabro cabri éabrótt cabrìe', a 'rceve ecc. nm. 150), g^iiebbrc, ,
obbru opero e òbbro opera, kròbbu dejkròbbu copro ecc., drobbu o durbu apro (cogli infin. iibrà, krubi drvhi). 152. PP 'nQvpàse nm, 48, ejtupo stoppa; kldpo cliiappa, trJpo, irupo e
—
trupc^l gregge, gì'upu aggroppo, nale: lup, hlap,
annodo.
grup grupp, flapp
PS, PT. 154. kajso, giss.
—
— 153.
ma
less.;
:
Riuscito
fi-
'rcef.
aódtu accatto, rutt
ejkri
ritto,
ejkrìto.
B.
155. Incolume pur tra vocali in laburu laburd, coltivo la terra,
come
156. Del rimanente, scade a ^ e quindi anche
in Irne.
smarrisce: tavdh, taravèlo trivella; ave guttur. dell'ani, perfetto), habere;
cantavu, saviu, kubrìu', tdulo
ejkrifii;
protratto,
,
ad agé che ha la
avuortu abortisco; tdimo
abéuru abóurou (abbeveratojo);
*débere, bem^e
cfr.
(ali.
i'wp"rn,
fjui^o
febbre,
Ijuro
libbra,
Ijuru
e,
'libero'
nm. 100, 150. Male assimilati o non indigeni: labro
bro, libbre
il
libero ecc.
libro e libbre libero,
157.
gupp
o
agg.,
déure
less.;
con l'accento compio; f.,
lab-
dejlibbru dejlibrd io
gopp gobbo, plump; 'ntramp
less.
Accidenti generali.
Accento: buco;
óiit
158. Arretrato:
agosto; r^'me
less.,
nm. 7 14; cfr. nm. 6; sò'uk sòjk sam[péu^l peduculum, riP'ì robigine]. An-
cora più arretrato par l'accento terreno,
ruièro
Ijuru nm. 156.
mùsikko,
ecc.,
—
rotarla.
—
in rujro, solco
159. Protratto: tjulo
IGO. Cfr. nm. 186 ecc.
nm. 168.
—
161.
che fa la ruota nel
nm. 14, fjuro Ijuro
Accento straniero:
350
Morosi,
Assimilazione.
guàuìun ginocchioni, ali. gepupùo upupa. Di voce a voce: oulano, avellana, assimilata a calano. Dissimilazione. 163. gòJl loglio; strizza-occhio uno che ammicca, dal verbo ginà; cfr. nm. giuòH ', Dilegui. 164- V. le 'vocali àtone', e le esplosive sonore, 84 95. àuH. Di
sillaba
a
162. Di vocale:
'<x
sillaba:
—
'
—
primarie o secondarie.
bùriH
a l'ómb.,
ali.
verzól nm. 80.
òtt;
— Aggiungimenti.
nm. 107, 54. Concrezione
di e:
l'
umbilico. Qui pure,
— 166.
ed epitesi
165. Prostesi
dell'articolo: la h^jro l'edera, lu lóm-
come
Sviluppo epent.
allodoletta, nuvie *nuie nucario-,
di
àimu odo
altrove, vujtanto
u tra m + voc. ecc.
Epentesi
:
ali.
a
alouvetlo
di
nasale:
kunkiimbre, lónguto loc, longie; ponce pettine; gmóntèri cimit., tram-
'ntramhà (n-prov. entramhar, Di b tra m'l m'r: somblu, kiimble, kuhkumbre, cambra, y ambre, numbre', ma forse non è vicenda indigena, mancando l'analogo ndr da n'r, cfr. nm. 109. 167. Il -p di vi-p (*vermp) verme, pinci (n-prov. trepilhar, frc. trépigner); fre. enlracer).
—
e di
'nsómp insieme, è anche n-prov., dove pur s'ode vrp, oltre
ej-
—
Scempiamente e gemisamp sciame ecc.; cfr. Arch, I 533^ nazione. 168. L'antica geminata si scempia nelle voci non tronche e schiettamente indigene, allungandosi per compenso la tonica: pàio pollastra, tero, gràso, kàno, <)dno, sàco seco socà
ejtùpo stoppa; trìpo ed ejtripà sventrare, ecc.
ha
la pronunzia piemontese. In più
nante par che
si
voci,
io predico,
blìio ejblùo less.);
-etto (nm. 26)
la
conso-
indigene: paròllo', miìsìkko, ejblilkko abbaglia
(ali.
a
regge rigido
'intirizzito'; merittu io mèrito, vidtio
paggu
pago, neggu, io nego; anaddo annata,
ùìaddo occhiata e ncbuddo
io
la nipote, ali.
a nego
laddre e veddre nm. 22; tebbi tiepido,
—
suff.
male assimilate,
okko oca, niikko nuca,
visita, gikiitto cicuta;
fede,
nm. 116; càto gatta,
raddoppii, quasi volesse sfuggire al dileguo o all'al-
terazione che la colpirebbe nelle voci
perdikhi
Il
Metatesi. 169:
;
aredde erede, fedele
'rgebbu
ali.
a
'rgevii,
frumage, frumi formica; tra torsolo; vrlpo vipera, kròbbu nm. 168, dròbbu ali. a dòrbu apro. Attrazione. 170. Di vocale: nm. 7 14 28 29 55 73, ecc. kròbbu copro.
ejklupé^l
scalp.
;
—
—
171.
Di consonante: plòygo pegola che cola dalle piante resinose;
hlukko, pur n-prov.
'
v-s.
:
a bouclo), frc. 'boucle' fermaglio. 172: nm. 72; ajgo ajglo ejgàl.
(ali.
aglio, ta^I taglio ecc.,
ilberh aperto,
usunh absonzio; veri pervertimenti.
a->ì
Valdese odierno.
I.
Dial. di Pral.
Appunti morfologici.
357
Appunti MORFOLoaici.
2.
Nome.
Derivazione. Ardi.
formazione
173. Mascolini di
analogica sul-
(odio giudizio): ne"rvi nervo, aJiordi 114, 'yitrambi less. frunèli nm. 95, gari topo^ gréli in
l'antico tipo II
-IO
,
chicco di grandine nidli nuli
grandine),
la
uovo éndice, avari
'nidialio',
q.
— Feminili
greto
(cfr.
ejkpì-'ni
scherno;
Arch.
cfr.
113.
II
formazione congenere: irjo ira (onde irià, avere
di
prendere in ira), nàrjà nari, àrnjo n-prov. frdudjo, frundjo fionda.
aggiungendosi krdntjo,
— Dove
arno, tarma,
è da confrontare
frc. crainte.
—
il
nm. 123,
173''. Suffissi notevoli
per
forma o funzione, comuni però col delfin. e in parte anche col piemontese: 1. -io: surdio sordità, rancio raucedine, lurdJo ubhriachezza; ed -ino: ejsutìiio, dfn. eisuchino, siccità;-
2.
-d^l
come pare, ad -a culo -acula: inaJl rigapimtaH -elio liumónQaH principio, passaci passaggio
-dìo
risalente,
gnolo ,
,
p'iaìo pellicola,
;
ejkundaìo nascondiglio, devinolo indovinello;
a seìnendìd seminagioni, iibei^naìo,
allato
paga per fare allevare
compenso che
si
proprio bestiame durante un'in-
il
seminali a, hibernalia) e a ventresca, djaulaìo diavoleria;- 3. -P7 -ilo: onaói-'l,
tera invernata (cfr.
tripaìo
altrui
il
i
plur. lat.
cosa masticata, avanzo della masticazione; nùzi->l, ciò che resta
dopo che furono
noci
delle
schiacciate
e
spremute dell'olio;
funzi^ì, ciò che resta in fondo a botti, bottiglie ecc., detto anche
collettivamente funzild', frizilo,
briciola
briciolame, pejrito,
e
pietruzza e pietrame minuto, ramilo e fraciìo
piccola
frasca e
frascame minuto, grduvilo, piccola scheggia e scheggiamo minuto;-
4.
-dno
(cfr.
ciolio e sgocciolatojo
;
pjano *pedanea, pedale): gufano, sgocgurgano, pozza d'acqua (da giìork num. 43),
pitano, mucchio di cose pestate, pikano, quantità di castagne o altri frutti preparati lito
lato
per di
il
,
bol-
majale (da bì^uà, pm. broé, lessare); inoltre: puano,
pud,
staccato coi
pòno
per essere schiacciati, bruano, pasto
q.
'podiata', salita;
denti;-
smania
di
5.
murdano, pezzo
-ono: lekòno, pur
appropriarsi {rapa) la
dfn., leccornia,
roba
al-
di qualsiasi cosa
altrui
,
ì^d-
hajdno
Morosi,
358
diarrea; mejròno
less. s. inejru.
gariòno, covo
Altra accezione ha
topi,
kiìrilóno, buca
il
medesima
dove va a
suffisso
in
ficcarsi
qualche cosa che solo a stento può esserne tratta collo
di
spazzare {kur- ejkurild) la buca stessa;
tejsum
q,
ordirne tossirne,
— 174.
e traccia di topi^.
nm. 29, in -in j anche
in
pulin puledro;
3.
-ètt
fantett bambinello, fletta
viulett viuzzo,
'r s'ietto
seghetta; bunett
nino, magrolino, ecc.;
ali.
fem. p'cìto, piccolo -a;-
molto frequente:
,
piccola
Mieti, prajeti,
prato, puarett, piccolo potatojo (da pumi)', netto,
avanza
di cose schiacciate, gat'jiim,
Suffissi diminutivi, accrescitivi, ecc.:
vidi viottolo, formato direttamente da vio via;-
1. -ol
2.
ma
anche in urcliim avurtilm aborto, aVviim, animale che
somma
alleva, ejmicllmj
si
(-imen?), non
6. -il'm
'rmasihn, pur pm., spazzatura;
in
solo
fem,
mejzu-
filetto,
bunetto, mayrett majretto, be-
a cabri (ma fem. cabrettó), pcitt pei,
4.
-dtt, oltre che in lewatt
lepratto,.
anche in bilgatt grivati perch'iati, manzotto tordotto perniciotto, e altri;- 5. -dg: uninaQ ali. a umag, omaccio; cfr. sojtdg, uno che non è mai contento
di ciò
che ha e desidera sempre qualche
cosa (da sòjia, frc. 'souhaiter'), grojtaQ, uno che sempre
si
lagna
mangiar tanto affogare (da 'ngulfjdse, mangiare a crepa-
(da grojtd, far gravami), gulfjac, uno che suole
da andar a rischio pelle);-
di
ejéalun scalino, glagejruh ghiaccinolo, mucilim
6. -l'in:
moscerino, ratuii o garjuh, caiun filagun larga applicazione
ai
q.
con
iigliaccino ;-
nomi proprj fem. Marjuh Marietta, :
Nanuh
Gutuh Margheritina, Suiun piccola Susanna, ecc. Altri suffissi molto in uso: 1. -drt -drdo: bmiiart
Giovannina,
—
175.
buniardo bonaccione -a, ouzjart audace, ounart bravaccio, 'mpenart ostinato, rounart brontolone, noulart g. miagolardo ', '
,
piagnone, kriart, solito
lino,
frc.
'criard', braìari, frc. 'braillard'; oltre
2.
pecora di pelo oscuro;galletto,
1
Si
il
-ikk -iikk: pidikk pulcino, iìzlikk uccelbunikk bunikko benino -a, murikk moretto e murikkOy bilzjari',-
kilkiikk
aggiungono
ai
palilkk palino, 'rbriìkk alberino, galiikk
num. 119, 'rbUikk
§§ 2, 4,
5, 6 gli es.
less.;-
3.
-onk -o'nco.
seguenti: ejcarunlaH less.
s.
runtou; sucano, ciò che s'attacca agli zoccoli (sócn), come fango, neve mingono cibaria; planhim piantime, ontilm innesto.
c'a-
ecc.;.
— :
Valdese odierno.
num, 116,
nei gentilizj
Dial.
I.
di Pral.
PralOnk
:
e
Appunti morfologici.
PralOnco imo
Vilarònk e Vilaronco uno e una del Villar;
Bohjarel -élo
-ino,
permejruge cfr.
di
Pral,
Angrimm
ad
-iti
co?):
Iwernuge mxeviìnle: entrambi pur
dfn.;
ecc.;-
primaticcio,
una
e
ali.
359
-ùge -ùgo (da -litico per
4.
n-prov. dernieirouge tardivo.
il
Flessione.
V -a
176.
presso che normale
prima declinazione
della
(-o)
anclie per gli altri femminili
si
fa
glà^o, limàgo,
:
feugo felce, nujzo noce, fjuro febbre, rito nm. 17, buio botte, gimo cimice, pn<^lo pulce; pduro povera, grevo, duQO mòlo, ,
paronto
forto, puslhlo',
'rvòndiijro tejmjro urd,jùjro femin. di
Di rincontro,
i
femin. fougil piccola falce, majt
trappola
gueito,
nm. 28, 178; 'rvóndóu ecc. num. 28,
la parente ecc.; e cfr.
per
bestie
selvatiche,
agajt, n-prov.
less.,
e forse,
frùmi
formica,
(Bobbio: frlimizi, dfn. fremize, m.), nell'analogia dei nomi in
-ice, come perdrì.
— 176^.
semellaio i'wprnaìo nm. 173;
kaugamenia
ràmonta spazzatura
calzatura,
dulur calur kulur, il
Ilio,
mascol. pur Vi
ecc.
oltre
i
—
Genere mar, fìur
176°.
soliti
ai masch. «rier err., imur um. , siur comuni al n-prov.: labro, fio, frutto del
luogo competente,
genere. — 177.
pm.
vestiario; cfr.
il
ali.
sud. ecc. Altri feminili,
in
la vltiinonto,
Son femin.: sài, cenai canale;
mutato.
fico,
Neutri plur. divenuti femin. sing.
il
posto, ali. a lii^k, che è 'luogo'
Oltre l'antico
di plur.,
che però
-s, si
manca
ai
sost.
e aggettivi
come
continua, qui
in Delfi-
nato e in parte di Provenza, nell'articolo e nei pronomi e nel
numer. ci
diÀ,j
dui duo;
spiega qualche raro
cioè per lo più in proclisi, -i
nell'aggettivo, p.
e.
in
come
la proclisi
buìii ranistre
li
grandi tur móni ali. a li turmónt grani. Di guisa che i due numeri sogliono pel mascolino confondersi in uno. Manca sempre anche ai sost. e agg. femin. il -.? di ali.
a
ministre bun',
li
pi.,
che però
dei
nomi fem.
lat.
dà
si
li
continua nell'artic. e in certi pronomi. si
distingue
pur sempre dal
Ma
il
plur.
perchè l'-as
sing.,
— 178. Figure nominativali -ajre -ator, nm. 145; esempj che gran lunga soverchiati da nm. 28; — sore so"re soror; — pulvis, anche mug *mutts motto; — anche piem.; — nm. 104, aggiungendo fiw, fondo, -à,
num. 103.
:
quelli
di
e
sorte,
ri-
pilols {pÙ07^s)
flettono l'obliquo, fors'
vis
vite,
e
soì^s
e cfr.
che suona funs nel basso Val
S.
Martino e
in piem.
come
in
Morosi,
3tì0
pi'ov.
IV 351
vedine Ardi.
;
Gradi
— 179.
n.
comparazione.
di
Qualche traccia
di geni-
nm. 104.
tivo mascli. è al
milùr
180.
pur
,
nel senso di
melius; plùzjur[i] pluzjùrà. Pel comparai, perifrastico, non si ricorre a 'magis' (che sarebbe maj o mej, usato qui in altro senso; num. 198), ma a ^plus', cioè pi, comune a pm. e dfn. e non
anclie
almeno
ignoto,
sotto la
forma
di
pù,
alla
Provenza
propria.
Numeri. sej,
181. Cardinali: un,
dersett, dezjòtl, vitjtanio,
dezndu,
— Ordinale: permie
nuranio, gónt, mUo.
Pronomi
^.
te,
personale è
{l
dinanzi a vocale);
pur dfn.
^;
f.
li;
Es.
la
:
^
lo
[las]',-
e nell'enclisi,
a mi
vocale), luv. ^.
— 184.
come accade per
ecc.;
Forme L' imle in-
'.
prà nei
il num. 202. Esempj: lu veu mo'Kel, vedo sol lui, la vedo sol
óin,
prati.
V. insieme
odo,
le
odo, ecc.;
—
la
veu mokHle (raramente: rno'klù, mo'k'lt), las àuvu molilur, li li àuvu mo'h'lur,
lei;
nu? sono
s'iu-lò
io? veùe tutu ? vieni tu? qó'K vol-lù
che cosa vuole lui? fo'A' qm-co-lì? che cosa cerca Ùeh-la? vengono elle?; lu dcmaruiu lo chiamo,
—
lei? vòleh-l'i
la
seggu
la
permeili incalzatelo, màsàl'i ammazzateli, vejéld vedetele ecc. ali
a prmi.
là
fidmo dà lume, la gont daj pai d'avirùh, la mejiùn dal
''nfà lejt nel letto, 'nCaj *
ali.
(l),
li
el ile {il)]
là {las)
li
terrogazioni ed esclamazioni, diventa lo
*
til,
vus us dinanzi a
{)ius,
lu la, dat. m. e
là,
stazze,
{dal), aj {al)^.
183. Personali: sng. mi,
nu, vu od u
pi.
dùd), trej, kàtre, gink,
vini, tì^ònto, karanto, sejsanto, setanto,
Articolo. 182. lu, la daic dà {dal), a {al)', daj
atone me,
cliìj (f.
ndu, de, unze, duze, tprze, katorze, kinze,
sfjtt, òtt,
ruba,
i
nuz u an purtà,
i
vu lu ah
tóut,
i
lur
u ah acatà
muri?
ve'
seguo; ma:
—
i
nif
glielo
lu
anno
comprato, ecc.
cadono grandini; là vanto and, e' binon ce n'è; là pò pa cse pareli, e' non può essere così; là mg pjlaj dg gild, q" mi piace di giuocare, uno ve là. l avlo ùù om, una volta e' c'era un uomo; le j d tanVann, a" sono tant'anni; ìCto m'nétro le j ve pò, questa minestra non ci vede (non ha occhi, ossia non ha segni di condimento). *
là plou, e' piove; là cej dg grcli,
sogna andare; là n'a
5
gì,
e'
veh-lo-lù? viene lui?; veh-lo-lì? viene lei?; ki
chi è che è in letto? ki furgtie? chi sono quei
<f-ld
e' -lo
Jia
l'è'
ónt à lejl?
he mejnà? chi è quel ragazzo?; ki
forastieri?;
ki
r'-W ìClo fio?, hi
e'-lo
e'-lò
k'k
h'ià pia?.
Valdese odiamo.
Dial. di Pral.
I.
Appunti morfologici.
3G1
mio tuo
.wo', pi.
185. Possessivi; assoluti: 7neu teu seu, fem.
meu
(come al
ecc.
vutre vótro)
luìj,
pi.
ma
sun, fem.
—
nòtri nbtnì ecc.
ta sa
(ma dinanzi a voc.
7m
abelo, la tua ape); plur.
—
mia tua sud; notre nutro, Forme proclitiche: mui% tan
fem.
sing.),
fi
mun
:
fem.
sJ,
ajgo, la mia acqua,
ma
tà sa {mas, ias,
sas dinanzi a voc). 186. Dimostrativi: ket ketoj
kétd; e
kéti\
pi.
Kto fónno,
kéli kélà. In proclisi: k't'om, k'id fò'nnd, k'ias aheld.
Neutro:
unde?) 'questa cosa qui'
(es.
Kt'
qó ecce-lioc;
p^r ejfóh per
così kel
lu
u
{ejcpn
u
mi
vòj
ejkón (eccu-
ciò);
questo lo voglio
terrogativo assai notevole è ^o'k,
voler dire: che cosa è che
fai
p. es., in
mente
187. In-
Qo'k fa til?, che deve
gùorn ogni
kdl',
im uno,
kp.rkùn,
giorno), cakù'n
(rara-
uniin)', dicntrèj (q. due-o-tre?) alcuni; tutt tuto, plur. tiUi
tuta (ma tu lu gùarn,
rm
Neutro pro-
io).
tu?
188. Altre voci pronominali: ki, kc, tdl paòiiin nessuno, cake {cake
om,
(ecce-hoc-
eJQÒn
hoc-inde?) 'quella cosa là' e 'codesta cosa costi'. clitico:
kélo,
Kli
dbelo',
e pa-ren, niente
;
dfn. e n-prov., molto,
om;
tis ì
cfr.
dùj
a dild, num. 181);
ali.
gi, n-prov. ges, punto, affatto
pd
gajre?
gajrc, poco;
gajre pur
;
pm. vajré),
(cfr.
quanto? quanti?
Verbo.
Derivazione. 189. Numerosissime •jd): I. manici manjà maneggiare;-
le derivazioni
ejsarhjà nm.
balbettare, ferkòntjà freq., hejljd bejìd, allevare
gliHjd singult.;-
ejkluptja
per
scoppiettare
(da
un
-/-
{-id
hlesjà
58,
infante, sah-
ejklupd),
ejtarpjd,
n-prov. estarpar estrepar razzolare, asutjd 'riparare' (da sdfo,
n-prov. sousto), sòjtjd pikutjd beketjd, frc.
'souhaiter, picoter,
becqueter';
quali
netjd, se
'y^butjd,
non
sia
fare
ribotta ecc.;
da niti[d]are.
—
razzare, funafjd andare indagando (da
d§ou-ld
v'n'i?,
venu-lo mi?,
faj-ld ile? lo fa lei?;
?o'fc
fajt? è egli fatto?; e'-lò egli accadere!
c'-lò
Jc'
coi 2.
-atjd:
fitnd
andrà anche kuratjd scor-
less.).
venu?; u fau-lò mi?
—
3.
-ila
lo faccio io?;
ti
hg tu vàie? che cosa ò che tu vuoi?; (^'-W pui/és'lo aribd! potesse fajto? ò egli fatta?; e'-lò
—
362
Morosi,
{-uhi) -ina {-una),
iterativi vezzeggiatiti
:
'/'izTti
rosicchiare,
frizilà sbriciolare (da friziTo diinin. di frizo briciola), macilà,
andare leggermente o adagio masticando,
ejkclrilà,
andare leg-
geimente o adagio ripulendo (p. e, il pozzo), trampiìd e trampinà nm. 166; ej§uXà sguazzare, trantuìà traballare kurinà, fare lievi e brevi corse
qua e
carpind
là,
ali.
a carpizà, scalpicciare, pUì-
hav'àìà e haDÌlnà, pioA'ere leggermente^.
vinci piovigginare,
—
-acjd: pluragjà piagnucolare, dontaQJà morsicchiare, ejgagjd
4.
sciacquare, ì^lpa^jd, andare spillando voìvà o denaro da questa e da quello, trainaQJd sbraitare,
andare
hpliagjd
l:)eccando.
—
-àgd: maU'tgd mangiucchiare, cantuQjd canticchiare; ma non malukkd q. mangiucchiare nel senso di 'prudere'; cfr. nm. 168. 5. -óntjd -onti: rilmòntjd, andare curiosando nei fatti altrui (da ruma, pm. ri'imè, grufolare), ejhìÀFinalmente, qualclie iterativo in -eòa -a e a ìóntt far bollire.
5.
dev'essere indigeno
—
—
se are?): rumecd, andar grufolando
(-i
pur dianzi; e Arch. VII 581,
ecc.),
rmnóntjd addotto
(cfr.
gabecd, andare adulando
(da gabd, pur n-pr.), giimacd vomitare.
Flessione. 190. Paradigmi. sònti
fini.
Partic. perf.
:
Indicat. pres.: caìitii sabio
{krè) sante
fiiuse)
—
Infin.
ten ecc.
canto krè {krej) sónt
:
kreje sante fìnise -e
-e,
sontese fmisese {fn'èse)
krejrlu fìniriu
-le -lo,
191. Infinito. consueti.
— Scarsa
AH. a ve
-è,
-eh -e -e
-e,
-m
,
al
Ma
can-
cantaréi
-eh.
-e
soni sante
,
fini
:
cante
cantese krejese
Condiz.
:
cantar lu
Imperat.:
fimse
canto
{pne).
la conjug. in -è're, pei tralignamenti
di Pral, sta
vejre nel basso Val-S. Martino;
a plagé sta plajre, eh' è anzi
aggiungono
imperf.:
-eh',
la
§ 4: karòntild da karónfjcì
voce più
nrn. 58;
cantd-ti7 canti tu?, 'roeìd-lù'
ti
usitata;
poi:
mejnnla custodire
ragazzi (rnejnà). 2
{fine),
-eh -è -eh. Congiunt. pres.
-leh {-ih) -le -ieh {ih).
canta, kreje {krej) kreje
Si
fmise
cantami -due -avo, -dven {-dh) -ave -àoeh
krejréi sònteréi finirei -è
^
cdnten krèjen
fini',
sante
sòniiic -le -lo, -leh {-ih) -le -ieh {-m) ecc. Fut.:
{-ah)',
ali.
cantd sabè' krejre
canta sabit kriu {kreju) santi fihì. kreju santa fìnisii', cante^ sabe krèje
{krèn) sÓnteh finisen, canta kreje Imperf.
:
risvegli tu?, ecc.
Valdese odierno.
tundre,
teni,
parte: keri,
I.
Appunti morfologici.
Dial. di Pral.
semùne summonèro, móure a kere, quaerere,
ali.
in -i è quasi tutta formata
di
move. D'altra
e
La conjug.
kl'di cogliere; ecc.
meno
verbi più o
recenti
dejv'lt ravviare
conjug. accessoria, quali: fcm, trai,
'ò63
della
capelli,
i
travaìc svenire, amljdi vuotare, ecc. {fvhisu, traisu, ecc.);
a ucz udire, kriìbi copr. e dri'ibi apr. 191''.
e ben pochi altri.
Coesistono e
non sincopata e
in Delfinato, la serie
si
ali.
krobbic dròbhu)
{diivtt,
come
bilanciano, qui,
la sincopata degli
anticamente sdruccioli: èse essere, kuze cucire,
geme
infiniti
cernere,
per me premere, rejme redimere; milze mungere, piane lamentare ejtrene stringere, tene tingere, krene tremerò, frc. crain^
;
dre
ffune e
'
;
pune raggiungere
kunujse; trejze
less.;-
bàtre, kojre, 7'umpre,
ecc.
;
najse e pajse, krejse,
a ejkrìre, frlre friggere,
ali.
bèure, krejre,
Ic.ire,
tejse,.
fujre,
'rgebbre, plèure, tòure,
ejkundre ascond., ejklure schiudere, oltre tundre e plajre, ecc. E pur qui avviene che si oscilli tra i due tipi nel medesimo esemplare
:
move
e ìnóure, vive e vìure, beve e bèure,
e 'rgebbre, tòle e tòure, lege o leze e lejre.
Non
'rgeve
riesce chiaro
a quale delle due serie spettino kère quaerere e kùre currere. 192.
visto,
a
tolgit
móut {móure mólere), ri ali. a riu',- vH = semoust [semùne v. s.), prons {penne
Di
tipo
iìbèrt ali.
',-
semòut, n-prov.
forte:
a
libri',-
ejtròntj, iòntj, guntj; fajt (e foggiato
V. s.);
tico
—
Participio.
ali.
i(')ut
esemplare in
-jt
= -ci: cojt da éejre);
Del tipo debole, sia ancora citato viku 193. Indicativo presente.
— Accento
e?*;
sopra qualche andetto; ejkrr, rat.
{mure). mutato, per intolleranza
semèlm, poncènu pettino; tramólu, 'rviki'du q. 'reviscolo' ravvivo; oltre i non indigeni perdikku predico, medello sdrucciolo:
ecc.
rìttu,
Qui ancora
funatiu kuratiu, kontju tezzo.
ecc., infin.
— Voci analogiche: secu, 'rvercu, e]korcu, -mdéu, ì'uncu,
me kugu lejre
(infin.
frire)',
{krejre ecc.), sto
notino: haróntlu rilmòntm ferkontiu karontjd rilmòntjd ecc.; ali. a netju, netjd ecc., nm. 189. Finalmente: bdtju batsi
infin.
ijtà)',
—
seca ecc.; hugàse); plaju leju friju {plajre
kunujsu {najse
najsic
krejsu
krenu
{krene), ejtùOrnu starnuto {ejiuornà); itu
tòlu,
tem, veni, sabe).
ieiiu,
— Va
venu, sabu della
V
sng.,
ali.
a
ecc.);
saj
comune a
kreju ceju
{tale
togliere^
delfin. e piem.,
;
Morosi,
364
se gli preceda j o qualsiasi elemento jotato
può tacere
a sahu)
tale: aj (non più aju) ho, saj (ali.
{sul quale è foggiato sveglio,
kò-'l
^rvelu ecc.
— La
P
Ma
tempi e modi.
poj posso) ten
colgo,
e
;
cej
so,
sbadiglio, 'rve-'ì ri-
cos'i baJ'l
ejtu'òrn starnuto;
tingo,
e la 3* plur.
V
pi. è
a balu
ali.
sempre identiche,
l'antico accento della
o .pala-
cado, vòj
in
ancora
tutti
i
in qual-
che forma antiquata del pres. imperativo ^ 194. Perfetto.
— Vita ma
solita perifrasi);
propria non ha più
sottentra
(gli
la
ne rimangono tracce cospicue nell'imperf.
congiunt., continuatore dell'antico piuccheperf., nel partic. perf.,
e talvolta nell'infìn. e persino nella 2* plur. pres. indie, di parecchi
verbi
indie, ho
un
che
si
raccolgono al nm.
del piuccheperf. congiuntivo, la
195. Futuro.
— Pressoché
196.
conjug. è livellata alla
I
in disuso la
tarèi ecc.), in luogo della quale
Del piuccheperf.
per 'sarà stato'. Nel riflesso
solo cimelio: furo,
solita
ha per
si
li.
perifrasi {éan-
lo più
il
pres. indie,
seguito dall'avverbio pòj {mingu pòj chpnàh mangerò domani). 196. Elenco di verbi notevoli. vadere e andai^e: and',
—
and; vau va
vàn and vdn; andvu; anaréi; dnne (a ne); vajt'ìièn, and vio, anàvun'èn, facere:
va,
—
anese; anariw, va) fa', fajt',
fau fa
fariu; faj fezé.
sa
fan fezé fan', fezlw, sapere: sabe' ; soupu
—
san sabé san;
sd,
farei', fciQe', fezése;
fa,
{sabu); saj {sabu)
sahìit {savìu); souréi;
pèse; sourlu; sdpje sapjé
^.
— habere:
sabe (sdpje); sou-
agè' {ave'); agi/; aj
ah agé {ace) dn; aviu; ouréi; aje [abje); agèse; ouriu; débere: deure e deve; degii; dej {deu), plur. dèveh (dèn) ecc.; degese ecc. credere num. 190. via
d,
nje aje
.
—
—
«dere: ve; vìt; veu ve ve, vejèse, vejriu
dm; '
^.
—
dizm, direi;
Questa persona
ògoùma, itùma
s'
veh
ha
alegre!);
(di),
dizese,
di consueto, alla
ma
véh;
veje
di e ere: dire die, d'in;
—
vrjiu;
diriu.
— velie:
"
piemontese, in -vma {mingùma,
*
sing.
imperat. può
h^yté chetati, hul'li buttagli 'méttigli'. sabu sabe san sàheh ecc. habere ej (e) 'ìxo'. v-s.
tratt'm'i trattami,
v-s.:
dere
vulge'
ancora s'ode da qualche vegliardo: mingéh,
beoéh, itèh alégre! In proclisi, l'atona finale della 2^
cadere:
vejrèi, vèe;
dì; din di di, din dize
—
—
ricl. kreu.
v-s.: vejre, vggc'sa.
—
:
—
cre-
Valdese odierno.
vulgu
vuoi tu?)
Qok vó-tlì?
vulé {vul§e) vòlen
vòleh {vdn)
voi,
Appunti morfologici.
volu) vàie (ma
vój (raramente
)
Dial. di Pral.
I.
365-
che
cosa
vidiu;.
[von)',
vuréiy cole {mìe)', vulgèse; vurìu\ volerne {vòjmc) ben,
vil-
—
me
posse: {vulgeme) ben voglimi bene, voletemi bene ecc. pug^' ; pugu', pdj pò (ma po-iii' puoi tu?) pò, pòleh {pòh) le
'?
pule {pugé) pòlen
(pòn)', puiic,
pujréi
pugèse;
(puréi)', posje',
pujriu {purìu), — excludere (schiudersi; ejkluiw, ejkUle ejklu, ejklun — piacere: plage ejkluese plagit plaje pia) plalu; plagése — valere: volge, valga valu volge valgèse. — tenere: lem tòn^u — veteniu ténu tene ien longeve vèiiu véne veh nire: veni (yW); vongu quale come per tenere). — movere: move {móure)', mu§u: movu move — bimum', mujrèi', move', mugèse moti móven bere: bèure beve); bevu; bevlu; — piovere: plèure begèse piove), plugii; plow, — vivere: plujrè; piove; pio- plugèse pluvio — càdeviuréi; viku vivu; vivese viure rado cèn) ceju céjeh e cejre — oliere: tóure tóut; ceiù; cejréi; cejèse — a udire ouvi uvl; tulm; tourèl; ouvirei; uvi; duvu àuve duv {au), duven — muòru muore mit^r, màomori: muri; mori; vèse; — stare: ron miìrlu; mùriréi; mòre; mùrése iten; Udvu; iteh Uà; — esse: ese; siu sim) suh sé 'éclore'): fj-
frc.
ecc.;
klure', ejklilt', ejìdilu
ecc.
ejJdue,
réi',
(plaju)', plajii
{plajèse) ',
ejklil-
{plajre)',
ecc.;
plajì^èi',
ecc.
plaje',
volréi',
val'ìu;
ecc.;
;
ecc.
ecc. (tale
ecc.;
ecc.
(talvolta
bòurèl', beve',
begli',
{ìoìy olia
ecc.
(pluìo);
ecc.
(talvolta vive)'; (v-s.
:
plur.
{t'nf),
tónrèi',
{t'niu)',
;
r
2''
ecc.,
;
-
:
ecc.
;
ce) ; còjt
cej cej,
;
ceje;
ecc.
lòlu;
iòle;
ecc.
(di
fplg-
',.
{tòre);
t
tulgèse.
ecc.; ouvìii;
oit-
ecc.
(miìrgese).
ecc.;
itu
ita;
ite
ito,
[ita];
itese, ito ita.
sun; eru; sorèi;
faro sarebbe
itarèi,
ttd
sie,
plur.
sìeh
eJQOJ {degaj di
Fuori della funzione enfatica:
ne
piede),
ìtarlu,
fuse; sarlu sarebbe;
[qui], le j
nd pd non
ECC.
qua, QÓutro 'qua-oltre' da questa
parte, ejYoy {de laj d'iaj, lóutro
ce
[sin);
ite,
se e,
:
stato.
AVVERKJ 197. ejci,
(ricl.
da quella parte),
gi,
ga,
ce n'è
la, [li]);
li
ejli,
{gè)
opre
e
ejki costì.
n d pd non dapé
(q.
da-
lon; din1, foro; anant denant, arèjre dai^ejre; subbrCy
Morosi,
366
unt
sòl;
dove; pn oh Linde] ne {s'eh
[linde]
vdn
s'òn
zitto,
non
ne vanno, se
se
cui
ilo
turnavo)
qua hord, quando; alùro, 'nUp'mòntje
(solo interrog.)
mòntle), pm. antramentre,
(colla solita divergenza dallo schietto riflesso di 'tikòj oggi,
dcman,
hicnfun
continuo; nkaro 'nkd ancora;
una
n-prov,, e
il
pw
,
demaj ritornare, mais nel senso
il
frc.
plus; pa-pi^
non
di lato,
(less.),
— 200.
l'ital.,
E
no'.
'nkilòj
d'un
pi, dfn.
pm. e
'affatto',
peggio;
daccanto, alai'irmi in
La
d'IejìHe
d'ejkundim
giro,
pi
dfn.
di na-
non frane: uij per la negazione, vale per 'ecco' pur qui s'impiega la 2* sing. imperat. di ve
scosto.
è
(pm.)
— 199.
di 'più'.
più; meh', kant, tant\ delio (pur
de vecap daccapo); gì^ prov. ges 'nsómp insieme, dekajre e
delio derekó, n-prov.
me^X^ pes
ora);
li
demaj di più, ancor he uve demaj ribere ecc.);
volta, {tiirnd
cfr.
e
di
'nira-
(v-s.:
sempre, sdmpre,
[tuttavia]
tutto
i^r,
sta
198. kuro
mentre; òjro ora, adesso
quel
in
na
se
—
^.
joarticola più usuale per l'affermazione,
ma
né la prov.,
la
vedere: vettu-gi ecco qui, vettu-li.
— 201.
kum kumo
pro-
(in
anche k'mo) come; dunt'k' giacche; dàupójk" dappoiché;
clisi
'mbe'k', dfn. hoc, 'in-ben-che'
'mai che', soltanto; ònt
ouh
voc.
mah
oh,
ver
;
3.
202.
—
1.
in: ònt lejt in
:
i
óu, din. a itno
ver mi, ver mejzuh.
Appunti
sintattici.
Occorrono costantemente (come
dialetti piemontesi)
pm. inali,
dfn. e
letto;
mi con me, ouh uh con uno, oh
con: óu
con una mano
mentre che; moli,
{'nt)
pleonastici pronominali
3* pers. sing. e alla 3^ plur. d'ogni tempo
in
gran parte dei
a ed
i,
dinanzi alla
a canto egli canta, ile i canto {ile a canto) ella canta, lur i mingeh, essi mangiano, lur là mingeh (ma pure lur i mingen) esse mangiano. Cfr. il nm. 183. 2. Costante l'uso riflessivo dei verbi :
p. e. el
—
per
'
io desino,
io
ceno
'
ecc.
^iu dina ho desinato. Cfr. hezo,
:
me 7ni me dmu, mi me ginu mi me kezu, ti te lieze, el a se ,
nu nu ké zen, u vu kezd,
i
se
impersonale, in certi casi, del verbo
1
V-».: làut lassù, lejbà Laggiù.
^
lie '
zeh
tacio ecc.
essere
Pur dm.
e
' :
pm.
p.
e.
—
l'è
3.
Uso
mi sono
Valdese odierno.
ci
tu, l'è nil,
l'è
ioj
fonnà
Illa
vanno
sono
Dial. di Pral.
I.
vu,
l'è
Appimti
cVladdre sono dei
l'è
quelle donne). Cfr.: le j
stat:*
367
sintattici.
dei forastieri (là), le j vcii d'fò'nnd e'
ladri,
l'è
Uà
va d'furctìe e' ci vengon donne
j ariho d'mejnd e' v'arrivano dei ragazzi; le j a agii de dejgrdcid e' ci sono state (là) disgrazie, le j d ianV ann le
(qui),
—
num. 184 n.). 4. Per la perifrasi del passivo, c'è imprima il modo italiano, non però ignoto al prov. la s fd pd reh e' non si fa nulla, go'h'se di-ló? che cosa si dice egli? Poi l'uso, pur vigente altrove, come già in lat., della 3* pers. plur. del verbo i ì ah tnihd par eh s'è trovato, niente, go' k' i din de mi? che cosa si dico di me? Finalmente, e, come sembra, tra francesizzanti: un d iruhd si è trovato, uh fd parch?, non (altri es. al
:
:
i
si fa
niente?, go'k'
uh
di-lò? che cosa
lazione tra 'essere' e
aj kuri'i
e siu vòhgi't,
uìio dejgrdcio e la
plagit
ann
.
'avere'
Ma
egli è
i
Vah
dice egli?
nella perifrasi krejsii
ttd iino fèto,
fé
si
e
i
la
m'd
del
—
and,
suìi
l'ìlagii
fermo 'avere' nelle indicazioni del tempo:
un anno,
perifrasi ejci
muh
le
j d tant'ann ecc.
fìA, ejldj
ma
—
6.
5. Oscil-
perfetto: l
d
mi
agi)'
e la m'è le
j d im
Frequente la
ìnejzùh, per két m.
—
f.,
kelo
m. m., questo mio figlio, quella mia casa. 7. Ripetizione della particola eh (oh) inde: i s'ndh vàh, a s'nóh turnavo, vajfnòh vattene, andounèh andatevene. 8. Uso continuo della prepos. de a significare indeterminatezza di spazio, tempo, quantità: ònt de pai lòh in paesi lontani; gajre d'ann? quanti anni?, pd gajre d'om pochi uomini.
—
Appunti lessicali \
4. abcjj, masch.,
sciame
alonvélo, favilla. In altri punti delle
d'aiìi.
ajulànQO, dfn. agourenqo, *aculontia, frutto
àoiV agulànqìe
nina. Cfr. Diez
s.
o
rosa
aiglent.
ca-
Valli:
alouvéco.
Cfr.
falavesca
favillesca. (Tt^n^lfM.
Ha pure
il
senso di 'spengo'.
* Si registrano qui solo le voci che presentano qualche notevole differenza nella forma o nel significato da quella del provenzale comune; e le voci che, pur essendo di evidente origine provenzale, non si trovano nei
noti
dizionarj.
Lo scrivente
sta
intanto raccogliendo la materia per un
dizionario valdese, che gioverà di corto a determinare meglio le attinenze del piemontese coi dialetti clie gli stanno a ridosso ad occidente.
Morosi,
308
(ma, a quanto
senso
questo
In
pare, solo per la
amórtu,
altresì
ansi, schifo,
calce)
amìirt'i.
infin.
ribrezzo;
dico
si
num.
bucc;
bucò,
a
ita
num. 119;
staro
Diez
cfr.
s.
boccfoni
;
buz.
mettere: dfn. e pm. In n-prov.
b((ta,
significa: spingere, urtare.
121.
arordu, arordju, ricordo. avujdlsu, infin. amìjdì, io vuoto;
ali.
a vojdu, infin. viijdà, io verso.
kajre, diminut. kajrù/i, pietra angolare, angolo, canto: dfn. e n-prov.;
kajro don camp,
la
bayùn, tempo incerto,
ma
piuttosto
piovigginoso che sereno (jafio, e' fa
tempo
Val-S. Martino Il
incerto.
là ha-
;
Nel basso
bakafl, là bakano.
:
mar-
n-prov. ha in questo senso
(/alh,
margalhar.
prunatico;
lomb.
cioò,
cfr.
hgrnà.Q pm.,
prunaceo.
ecc., quasi:
blckk, getto di
latte:
v.
Diez
cheto',
tac-
quadro.
me kehi
,
cio,
'mi
,
kriàse:
infin.
dfn.;
cfr.
frc.
quel
kràpo, bestia non potuta vendere al
mercato
,
tanto,
nori
delle
maritate
già
:
da
ragazza
metafor.
e
marito che ha
mi-
sorelle
ej~
Cfr.
dfn.
che spiccia dalla mammella
hrapa, scegliere, cioè scartare ciò
mano
che non vale o non piace, n-prov.
ogni volta che
la
sicché di una
mucca
E pur
nei
dizion.
prema;
la
asciutta
suol dire che Ta nónko
Un
n-prov.;
ma
questi
manca
dfn., bieca, infin. bìfcd.
il
vei'bo,
si
blekk.
anche
a
che è però
bljecèr di Valsoana, Arch.
II
Cfr.
22.
blùqu, io strizzo, pizzico, infin. bliigì; blilgo
hezu
od orlo
coiser.
bernage, paletta da fuoco: dfn.; quasi:
de-kajre, daccanto;
stra; s.
lato
il
campo; nòtri kajre, casa no-
del
pinzetta, bltlg
bliiss
pizzi-
crapar, mettre au rebut.
hrùco
pur
,
L'
dfn.
che
crosso,
è
croccia
it.
e
pur
n-prov.
potrebb' essere
crucea, base supposta da s.
non cosi
V.;
n-prov.
a
(ali.
pieni.), gruccia.
da
Diez.
la
voce
vald.
krdco, che
deve
risalire
e
ad una base crocea crucca.
cotto: dfn. bluchar bluch. bli'io
ed ejblno, favilla: dfn.;
solila,
cfr.
pm.
prov. beluga ecc. Alle voci
che ha
il
Diez
s.
belugue vanno
cabràq
locusta
,
Da cabra
grossa.
capra.
carunto'u o ejcaruntg'u ed ejcarunaltalena.
Da carimtàse
ejca-
aggiunti: espelue, 'gallo-i tal. pre-
ta>l,
Rom. stud. IV 89, ed ejpuliva dì S. Germano nella valle
runtàse, pur n-prov., dondolarsi.
digten',
del Chisonc. Per T etimologia, v. Picchia, Arch.
ejblukku, glio, ecc.,
infin.
II
341 sgg. Di qui
ejblukà, io abba-
ed ejblilhh bagliore.
hrvjsjti, infin. brujsja, divorare, brùj-
sju rimasugli, mixn. 79.
cdtKà, ordigni per
camminare
sulla
neve, num. 97.
cavùn, estremità, capo, bandolo: dfn.
chaboun. risale a il
Il
pm. kavjun, bandolo»
capitone. Manca
verbo
corrispondente
chabounar terminare;
ma
al vald. al
delf.
all'in-
,
Valdese odierno.
I.
contro esso ha ejcavuna, finire
trovo
d"i-
piuttosto
cejS'lù,
'cas-
q.
Diez
caissal,
s.
cuna,
seguo una
ormo,
fiuto,
io
grouzelo,
uno sul viso
di codesto ani-
qepùn, trappola grande, a scatto, la
ceppo, di pietra o
Cfr.
il
verbo dejrehd ejrgnd, n-prov. de-
razzi,
ma ecc.) q.
'nome
per isbrogliare e
delle ;
castagne sulla fiam-
ejhoff, scintilla
che scappa
può pensare
al
n-prov.
transit.), e
scoppiettare per effetto
ejkùplsu, io sputo, ejkò'p, lo sputo.
vllsii.
ultimo:
d'r'ie
derrier.
Verrà
per la via di stochè da
ejcamind, e
dfn.
n-prov.
derejrie, piutto-
deretranario derna-
domenica,
d'iejr'ie,
da un
di-lilns
(vald.:
di-mekre, di-yu,
lato,
infin.
nm.
una traccia in un
E
55.
gambe
la fase anter. del
ejlildi
Non
nm.
18n.
aperte: dfn. sgiè.
'lampo', ejlàdjd 'lampeggiare'. si
vede bene come
si
com-
esilici,
pm.
sliissi.
ejinlcu, infin. ejìnicd, schiaccio qual-
camminando
che cosa
di
molle
;
ejmicó ejmici'fm,
complesso
seminato, nella
cosa schiacciata
e
neve, ecc. Nei soliti dizionarj prov.
cose schiacciate.
Non va
Arcl.ivio t:lottol. ital.,
1
pm. sglu
bini coi sinon. n-prov.
mettere
léS''.
draja, fo
ciolando, colle
disande).
di lato; cfr. alcjrd
cardatura
della
num.
ejylaju, infin. ejijlajd, cascare, sdruc-
di-mars,
,
avanzo
ejcirol, scojattolo; dfn., cfr.
dismenge,
di-vo/ji^e,
caviih.
s.
,
della lana,
dernier).
frc.
dfn.
foggiato certamente sopra disande
sabato
ejcerpcH
dere travio,
da
rio (n-prov. darnier, diernòn(jo
draju,
squaré.
di sgonfiamento.
V. 'nvlTsu dej-
capelli.
dgrhùh, talpa, num. 141. derle
infin.
[djescouflar, sgonfiare (anche in-
dejv'lo'u, pettine i
sfigu-
vald. e
125.
pm. squaru,
Si
ceso.
di traverso'.
ravviare
il
da una brace o da un tizzone ac-
'disnome', soprannome;
n-prov. escainoum,
come
ejkofu, infin. ejkvfd, scoppiare (dei
srenar ecc.
cfr.
nm.
dare. Cfr.
dfn.; cfr. dfn.
frc. effacer,
cancellare,
sfi-
ejfagd
ejkdru, infin. ejhard, io sdrucciolo:
di legno.
lombaggine:
vald.
n-prov. ejfunPld ad ejfunzd sfon-
un grosso
cui parte principale è
maniera da al
n-prov. esfagar,
male.
q.
dfn.
percuoto
ejfejz'là,
in
Starà
gurarlo.
rare,
dejngm,
i
grosseille.
frc.
infin.
^Jf'ÌJ^^i'-i-,
che è
cu,
cfr.
nomi valdesi
dejì-giu^ro,
uva spina:
d/rouielo drouSelle,
Si dice special-
pista.
mente del porco; i
so-
si
*cannabaria.
cannabiero,
tra
,
vestiti.
a quella che in Provenza chiamasi
cì'àu, infin.
vald.
gliono riporre {dreJQd 'rdj-eJQd)
casso.
pianta pratense somigliante
cenabrcj'l,
pure
,
muro ove
drejróu, armadio a
dente molare: dal prov.
salata',
drajo
solo
3G9
lessicali.
traccia.
nedia, basire. cejs'ld
Appunti
Dial. di Pral.
XI (seconda
serie, I).
di
di certo
370
Morosi,
indagando;
col n-pi"OV. niìcho 'briciolo', esini-
chounar
'sbriciolare'
donde
frc.
il
saliremo a
da
miette, ecc.
smaccare
ficcanaso
Ma
ch.
ri-
Diez
(v.
macco), donde ejmicd;
mica,
cfr.
Cesana,
infiniti).
A
Dora Riparia,
sull'alta
s'ha infatti imicd per 'ammaccare'. ejtantu, infin. ejlantd, languisco, sono
mi annojo;
fiacco,
ejtant, rilassa-
tezza, languore. Cfr. n-prov. eslan-
a estadls, sans vigueur, im-
tis, ali.
mobile,
mente
flétri,
di
ranci (detto special-
cose mangerecce), e
l'it.
curioso,
faina
s.
,
Ar-
90.
Ili
f/alabemo,
salamandra:
dfn.;
cfr.
n-prov. alabr- labreno ecc. fi
redo
dimin. gralètt (pm. grilett)
,
bacino
dfn.
:
grazalo
189; ga-^I
,
graalo
gradale.
ecc., m-lat.
grojtàg nm. 174.
grojtd, lagnarsi, e
gu)nàcH,
n-prov.
Cfr.
gumacd, vomito, nm.
infin.
gumàcc
vomito.
il
gala, vario di colore: dfn. e
—
n-prov.
gal gaio, gajo
Cfr.
di Valsoana,
Arch.
44, e
Ili
-a,
il sicil.
gaggju, variegato.
stantio.
ejtàrt,
Diez
s.
ejhicd
schiacciare (ejmicu ejhicu son de-
terminati dai rispettivi
uomo
fiiàétt, cfr.
;
correggiuolo, per lo più di
gramùso, lucertola co-
cuojo, per istringere al piede la
lagramuso
calzatura; dfn. estart estarc. Si di-
mune:
lunga dal n-prov. estaca, vald.
langremuso, larmuso
ej-
pm. staca, cosa qualunque
tdco,'
che serva per attaccare o legare checchessia (n-prov. estacar, vald.
pm.
ejtacd,
n-prov. lagr- legra-prov.
ecc.,
larniot.
ramarro,
lazern,
lazernàlo,
lunga e grossa: lenosa.
staké).
e
dfn. e
laSert,
Cfr.
serpe
ma non
ve-
lucertola
in
forte,
genere. fldhu, infin. flakd, contundere; flakd
guidalesco;
cfr.
n-prov. flacar, de-
fJcimo,
lancetta per salassare:
flaiiiìio,
pm. fiama
;
v.
Diez
s.
Aggiungo
e Arch. VII 352.
dfn.
fiama il
ca-
hiétamu nétamu.
labr.
flapcise e
caccia molle. Siamo al noto aggett. dfn., n-prov.,
pm.
e
lomb.
riempire
a
tutta
cando: dfn.; Arch. fiinu
,
infin.
a
infin.
filnd,
funatjd
,
X
forza cal-
fuhatìu,
sottilmente
Il
n-prov. ha
masc. tutt'e due.
mrrjìlso, fragola, q. 'il frutto di
mag-
voce notoriamente diffusa,
gio';
con leggiere varianti, e in ProItalia.
inaile, majie, vitigno; riviene a
ie arto, anziché il
prov. malhol,
malu,
a.
manzi (Arch.
it.
magliuolo, ecc.
bruti.
altri
I)
Come
territorj
in
ro-
dicesi dei bruti e
che mangino come
Aggiungasi
178, maliigd e
mal-
malleolo^ onde
infin. inala, divoro.
degli uomini
lo.
iterat.
vado
dfn.
tìiait,
Delfinato e in
p,app. foiiQl,
madia:
ali.
venza, e nell'Alta
diventare
flapì, intrans.,
vizzo, flaccido, tiepido; fidpo, fo-
vald.,
rnajt fem.,
mach
venir flasque, ecc.
:
malajre nm.
maliikkd nm. 189.
Valdese odierno. rnaXuhkà', là
num. ha
mg /naltihko, e' mi prude,
168, 189.
infin.
sidenza:
malhucar
mejrd, io cambio Dicesi dei
dfn.
di re-
pastori
che in estate sogliono tramutarsi
un luogo ad
in cerca di pascoli da
aggiungano tnejro o mej-
altro. Si
Tatto di codesto tramu-
rando,
miiando miando,
tarsi (di contro a
che è
pascolo colle capanne per
il
mejrono num.
l'abitazione): 77iuru7étt, grillo:
roun, tronco d'albero, ceppo da cui germoglino piante novelle.
173.
infin.
macerare
ca-
la
pgràut
cacio
,
messo
dfn. Cfr.
ri-
'aqua\ laddove ben
vi
di
ritornano
le
pm.
ostinarsi fe-
in qualche proposito.
'ngònco: serp ongonco, serpicina vivente,
attortigliata
stessa, nell'acqua, e
intorno a sé
dannosa
sceri degli incauti che
che
si
ai vi-
bevendo
inghiottano. Potrà essere la ejgonco'' cioè
aquenca,
'
la
serpe
aquatica,
risenta di 'nyoncd attorti-
solo
il
verbo
I
dizion.
entramUar
(entraver), pur vald. 'nv'lìsic, infin.
'nv'lì,
rimescolo, in-
garbuglio (seta, lana, capelli ecc.); dejv'llsu, infin. dejv'li, sgarbuglio,
ravvio.
e I
Certo
calzare.
risale
si
a
*pedamento,
cfr.
abondano
nell'Italia
medesimo
dionale, col
2j'russ, pera, p'riisìe,
:
pede cui
i
meri-
significato.
pero
:
pm.
dfn. e
raìnont, 'ramingo' in veste gerundiale;
and a haront mendi-
cfr.
num.
care,
58.
rancio, la raucedine, e altri fem. in -iO, al
num.
173.
ràut rduto, erto erta.
ma
venire a rapido, 'rbliikk, plur.,
lana che
Sono entrambi
dfn.
ma
la parte
Non può sì
ri-
a rapto.
più grosso-
estrae dalla canapa, la
si
gli antenati:
voce anche dfn.
del vald. letterario dizion.
(v.
p. 301).
non danno so non paj-
serve a fare del cano-
si fila e
Non
vaccio.
so se connettasi col
pm.
bjiikk (che
chi).
E
filasse
rejmu,
anche dice:
fioc-
sinon. del n-prov. ramboul,
de chanvre de rebut.
infin.
stituire,
rejtùh,
pejrùh,
di
genere
in
quale però non è ancora capecchio,
gliare.
'ntramp, 'ntrambi, ostacolo.
hanno
fondamento
sostegno
,
naivé naivùr.
:
'nffrìse, q. 'infierirsi',
rocemente
n-prov. del-
dizion.
ajnehojd, puntellare, rin-
riflessi
sono collegare queste voci col
non ancora
,
n-prov. delle Cevenne
il
pjjasiih pjezùn, fem.,
gear naigiar e naich. Mal
flesso
fresco
Sarà *peverald,.
l'Azais.
(peds);
pos-
pieis-
forma, e bene pepato:
in
peraldou nel
nape, naj maceratojo: dfn. naisi
porta
la
n-prov. ha
11
pax ilio.
sel
una casa
dfn. mourlhet.
nejà,
per chiudere
legno
di
(doppio dimin.).
dfn.;-
naju,
371
lessicali.
2)ejgmé"I o meglio pejs'nc''l, paletto
senso e origine.
tutt' altro
mejru,
n-prov.
Il
Appunti
Dial. di Pral.
I.
rejme, 'redimere', so-
nm. 28
eco,
da
n.
rejtuù'i,
n-prov. re-
stountir.
reo,
solco
diritto,
n-prov. rego,
frc.
porca: dfn. raie ecc.
Cfr.
372
Morosi,
'iyajru, infin.
io
guasto,
mando a male, consumo;
friit jfr-
f)ajrivu.
'ff/ajrd,
frutto
soggetto
starsi facilmente. Cfr.
pm.
taccio,
perchè logoro e
liso.
Cfr.
n-prov. e pm. tam'is, setaccio.
a gua-
travall, svenire.
sf/rrjru,
trejzu, infin. trejie, trangugio (pane,
saliva ecc.).
infin. sfjajrè.
ròjdo, comandata, fatica
non ricom-
trwjéli, tuono,
nm.
95.
pensata e quindi inutile: dfn. riddo (cioè ri'ìjdG),
pm. rojda; e sarà da
*rogita, come, secondo Diez, frc.
corvée è da
il
*corrogata.
il
far tornare in-
dietro; vomitare.
cagna brutta masch.
cfr.
pungiglione,
pm.
p.
e.
dell'ape;
irà,
q.
fem.
Non
in Diez
s.
refe,
vorrà dire semplicemente 'la
pm.
e lomb.
a-prov.
Cfr.
veiaire, è da
vi-
vicario.
Ma
badi anche al n-prov. veiari ve-
detta, al
sarà dal german. draht, co-
è dfn.,
Secondo
s.
vista ecc.
m'è supposto
Manca
vess, che
viaire veiaire avejaire ecc.
dfn.
spago dei calzolaj:
dfn.
e poltrona.
'nviajre, fa viajre, fare
'tavana', ape selvatica. ,
cioè
'n-
cfr.
nm. 49-50.
n-prov.
si
tanno
^viluppo;
e
Diez
savi'ij.
,
n-prov., e anche viajre,
sta:
seuh'ih,
^•^r<o;,
vffrtuld avviluppare véso,
riimi, infin. riincl, rumigare.
'rviru, infin. 'roird,
f§rtuH, pm.
pm.
fé visa, all'ital. far
vónto (ónto 'nto)
*convenitat,
pm
ma
venta; voce, se le mie informazioni
ti-
sono esatte, non ignota, nell'iden-
rata, la tratta'.
tramisà, bucherellato come un se-
tica forma, al Delfinato orientale,
verso la frontiera.
Valdese odierno:
II,
a.
PramoUo
Germano.
e S.
373
GLI ALTRI DIALETTI VALDESI DEL PIEMONTE, COMPARATI COL PRALESE. II.
Dialetto
a.
Pramollo
di
e
Germano.
S.
Ap2'ittnti fonetici.
Vocali toniche. bajzu e
basio
A. 3. Si divaria nei riflessi di
—
per influenza francese) aóetu.
(forse
adcapto:
e
nuvid
-id -ira:
7.
il
noce, liamid letamajo, galinid pollajo, masuid niasuira massajo -a, per'mid permira,
fnira
fienile,
candirà.
penso; pània, pm. jìanta,
io
Prevale
—
tJ.
l'ó ulViió
38.
L'm
32. òu, hùu.
humàngu, gàùre.
rallenta, e sentesi mol, dór, ejkòpu sputo, piuttosto
si
;
cfr.
T-A a Pramollo;
si
—
AU.
46.
Caso
isolato: lardra
*alalda
alauda.
A. 55. ee e da ei per *ai: pcrin merino, règ ra-
metà, glèza, prere è oscilla tra -a
—
simili.
ed -o
57.
Sempre
intatto
sbocco della Germana-
allo
Germano
sca nel Chisone e sulla montagna tra S.
AU. 69: oreìa,
2')ànsu
0. 30, 31, 32.
mii'^l
dice, ìètd ecc.
Frequente Vd:
—
milH ecc. Vocali atone.
che
(25).
od va: mòru, dròmu, sómu o semu.
tramile populus tremula;-
tetto;
— E. 19
'pendita', parte molto sporgente di un
—
Pomaretto.
e
ovÌ, cogid.
Consonanti. L. 85. ajhùorn alburno, yajfjùn = galfig'n pm. lomb. ecc., ciliegia duracina; ntej pai nel paese, dej pan del pane.
—
11.
95.
Non
sarà
da r all'uscita
/
in autàl altare, m,urtidl mortajo,
—
ad amar, ker quaerit, éalùr ecc. sempre cade: fiis, pertii's, os; e analog. ali.
107.
105.
S.
Riescito
finale,
non
fajs,
kunujs,
ils.
ekàn, ehrìu, ecàia, etàn, etrenu, epio, epinola; ernà,
\eku'r~\,
de-
óaugà,
elu'di,
nasale,
è
a dejkrò'cu.
ali.
quasi lo
schietto
Ma
di solito,
gòùre e
simili.
comune
in Delfinato):
e puinto,
règ
N. 108-9.
cit.,
Se rimane
allo stato di
n {semenà, lana ecc.), tranne in vóùre alméno in proton., passa in r (vicenda
derant d'rant dinanti, ferctra f'rètra, ieré
E mah
tenete, veri v'ri venire ecc. uint, puint
—
:
a
assorbito in
liis
guintd', quinta
t'ré
— NCT. 123. conto. — P. 150-1:
lunedì.
io
avela, nevù, avriH, dròvu adopro, kròvic copro.
Accidenti generali.
164.
kuorda
166. andrei andrò, vòndriu verrei,
ali.
col
dimin,
hurdùn cucurbita.
a vòùre gòùre ecc.
Appunti morf ologici. Verbo.
198.
L'a della
indie, e imperat.,
P
a Pramollo
conj.
persiste
e nella parte
*
nella 2* pers.
montana
del
pi.
pres.
comune
di
Morosi,
374
S. Germano: vu canta, miaìjdu mangiate-voi. Ma lungo il Cliisoné, come più si scende verso la pianura, prevale sempre più l'è. Pre-
specialmente sul Chisone, ad -en, nella l'* e 3^ pers. plur. càntan óantdvan óantarian ecc. In -d -dn le 3'^ di futuro: mingard, heurdn. La 2'' plur. dell' imperat. non di rado è surrogata da una ferito -an,
forma
:
di congiunt.
:
notevoli: save savu' tra
i
cattolici);-
Avverbj poco
(ma nella montagna: soupe
^ncé: pugìl e possu'\
ecc. 197 sg.
ejkd qua,
:
Appunti dau
bal'mu io sbadiglio;
papero. Piemontesismi
b.
io
kuh ad
do; epaliva favilla;
mucùn
mdndu, camp,
—
pm,
E. 8. vendiiniia è
7.
Pur
infant.,
qui prevale ó ad
16.
Notevole
—
sulàtt.
—
iiò.
sie} sex.
n.
L'-rt
Si
26. arbulàtt
I.
ma
kìilè,
30. 37.
lòja.
'rsiéura segatura, ecc.].
—
A. 52.
6.
Piuttosto
18.
—
0. gù-Jk fiUk,
38
[U.
—
kànibju.
Piemontesismi: gene,
bile.
AU romanzo. pJQul pidocchio, gigula cipolla. {nuk òti noi altri), ma sarà dal pm. Vocali atone.
tizzone; perù,
genebrie gineprajo, vacìra sta-
chiuso quest'Ó: semgyigo, z'mgntjic dimentico, ^^mp. alberetto, fintcitt
ou.
Angrogna.
di
A. 5. cdntu,
tra najsu e nejsu, ecc.
—
pura
ejlaj; o'ilra adesso;
lessicali.
zione di vacche, girejzira, manìra; agél.
ad
ankilzo incudine, kd casa, tumbu cado.
Dialetto
Vocali toniche. oscilla
:
196. Verbi
sabu (ma saj
soiqni');
pój ecc.
ali.
201. Preferita dai cattolici la prep.
fa.
—
vidu vedete-voi, kridme credetemi.
42.
Qualche caso
47.
ma
generalmente incolume;
di
nella
—
Germanasca, può udirsi d ed anche o. E. Si odono frequentemente: pansd tanta tampuràl e simili. AU. 69. aurelo, amnónta ecc. Consonanti. J, 72. LJ. Si oscilla tra I é J: aj mej milium, e analogamente: genuj, aure}a, granuja ranocchia; ali. ad aH, me-^l;
montagna, verso
la
—
,
genuH vuoi,
ecc.
—
L. 84. L'alterazione qui è più frequente:
dar meg dal mezzo, dar pai dal paese,
in vió, Ungo,
pejrd e
simili.
chiuso, maskje; kjuga chioccia';-
sangdtju
io
singhiozzo)
stubja, dubi doppio e
^
Per
la
sulel, pjul.
;-
Mal
87.
tii
Cade
vóre tu
all'
uscita
ecc.: kjau, kjó, ''nkjaus in-
gjànt, ungja, aj§ja aquila (ma
pjaze, pjeh e ilnipjlsu, pJQu, pjuru, hubja,
sómbi scempio
formola mediana,
CL
88 sgg.
ecc.
v. al
jotato all'incontro
;
silhju
;-
fjajru, fjd, fjur, sUfju,
nm. 72. Non sono malusa nm. 71.
jotati:
parel
{e
pare),
.
Valdese odierno:
—
kunfje gonfio,
dulu, fjù
R. 96-7. [aiUdl,
a
(ali.
fjur).
—
Angrogna.
h.
II,
agél);-
375
sororem, ani errore,
s'rù
aprèss, oss] e analogamente pertìls; rejg, deskdug, sc/ójnu, frc. dejeùne,
preso, espm\
104-5. pre's (ali. a pre')
S.
deskdug già
ecc.
lis,
107. de-
skutu ascolto; scàia, esóaudà,
cit.,
rausca, ajga fresca', istà, visti; strami' w, vist; hesla hoka; ust agosto;
—
stàcu attacco; spia spica, espiis già
cit.,
scmana
che semeùà ecc.
settim., pena, luna, piuttosto
ca ancora
normal risposta
la
ma
di ca,
gespa.
N. 108. semenà,
—
abondano ormai
È
116.
C.
le
voci di-
vergenti: har'tà, hastià, kangà, kamin, kagadù, hoj cavoli; gerkd, 131. Lo stesso dicasi Sempre ce da ex riescito
hjakka. 122.
ga: goj,
di
finale:
tal
lacc
quale ali.
fajia; lece; drecc,
fem.
lem. dita; òca
a lijianta; hócc, fem. hòjta;
ali.
dr'jta;
vóce vuoto, fem. vójda; e perciò
tructa;
triljta
ponce, tòno tónciìro. kilert,
ma
—
tiicc *tutj,
a
—
dice,
sujta; cfr.
Normale
ti^ita).
puint ecc.,
123. uint,
P. 150 sgg.: save, Mlvert e
con kilrgel coperchio, e
strejta;
fem.
siicó,
plur. di tutt (fem.
divaria fnljt.
face, fem.
lejtd',
kustrecc, fem.
strecc,
—
pm.; larga.
il
dilvert
(e
ali.
a
anche
rava, 'rgevu, kròvu.
diiert),
Accidenti generali. 158. Accento arretrato: nucario. 166. adunkra dunque. 167. Dubbio caso
*nuibr
m'ijer
di epitesi quello
gurt gorgo; e più dubbio ancora quello che appare in azil aceto comuni al piem. 170. hidatd bonitatem.
di
e dil dito, voci
Appunti morfologici
Nome.
-óu
sotterratore,
a
e
178. halìTiajre
oscilla tra
qualche altro;
stento
del
resto,
si
-adù -idù niurgu muratore, mart'lQu fabbro, sustrgic a cagadù, turnidù, ecc. Passi qui anche tejs'ran,
e
:
ali.
fem. tejs'rajna, tre. tisserand.
Pronome.
ha
ejst ejkl,
e.
p.
vaca questa vacca qui;
d'
spondente
il
'ciò' è
all'it.
La
193.
pm.
La
2"*
in
s,
p.
e.
indie,
il
pm.
mingavu, heurìen e beuriu, ecc. che vuol dire htìvo'ma è:
andu
,
ito'
ali.
l'
ma
antica
alegre
figura ;
e
ejgika
neutro corri-
priva
soventi
;
tt:
La
P
il
desin.
;
o
pron. ènclit., esce costan-
cfr.
s.
Torre
2*
Pellico.
La
P
cdnteh e cantu, mingdven e plur. dell' imperat. è in -ò'ma,
pinerolese-saluzzese
nella
di
anche króv copro, dròv apro, ecc.
demandes-tù ?
e 3* plur. oscilla tra -en e
Il
éjk'l'om,
qui,
lo, lo.
1* sing. pres.
me
mejzicn,
fen questo fièno
medesimo tempo, dato
sing. del
186. Ali. ad
tei sei.
éjsta
èjka part da quella parte.
così, oltre 'rvej risveglio, e simili,
temente
trpj ,
èjsti
èjk'la fónna. Ancoi^a si notino: eJgi-Jié
Verbo.
mei
185. Possess. plur. masch.:
ejkést ejkél, si
pare che
ad anévus-nén, kezdu chetatevi;
si
cfr.
;
p.
o.
oscilli s,
ming'ù'ma, tra
d ed
Pramollo.
—
—
;
376
]\Ioi'osi,
196. Verbi notevoli: ave: ami'
face; fagu
ali.
savé
ali.
a saupè: savù'
afju'
au
\
a
ali.
ad
aj,
ho;-- fa:
viiril' ali.
a vurfju':
ali.
vure o vuréj:
pue
vòren o voru ecc.;-
vój, vo, vó,
'pugu' \-
ad
ali.
a fan, fejzé fate; -
a puge pu§ej: inisu'
ali.
ali.
a sau ecc.;-
supii'; saj ali.
a
vej
ve; vi; veu ecc.-; pajse: pagil', ecc.;- prene o perne prendere: prò: prenu o pernu, preniu, pvenerej ecc.;- oo^c^e ali. ad auvi; audu' ali. ad auvl; duv odo; oc^c^ odi, oddé udite;- veni vni\ vnu' ali. a vongii' ha vufie che venga;- seu sono; sen, sej, sun.
Avverbj
ecc. 197 sgg.:
ónsema) insieme;-
(oltre
darlejrie dallato; ó'ura; unaìiima
igi, ilaj,
ou-d-mej amis con amici miei, ou-d-goj con
piacere, ou-d-el oppure u-d-el con
lui.
Appunti lessicali. là bano, e' piove;cfr.
ddru discorro, chiacchiero;-
piem. monferr. lenunu;-
prenu pernu prendo;Diez
stroppolo;-
s.
parsèh suocero,
e.
mia mica,
'rmasont spazzatura;-
vira volta (vece);-
Bobbio
di
Appunti Vocali toniche.
e
cfr.
fonetici.
:
bajzu, nejsu e najsu. In-
gel gallo, viege
demdndu, agjdnt, grdnt grdndo.
pì-ùmì devi mulini, nui,
legacciolo,
Villar-Pellice.
2-6. niingu; hejzu e
fluenza di attiguo suono palat.
pi' russai,
struaj
vizarhre vitalba. Dal piem.:
slùgi (pral. ejlildi), slujra, tumbu, visku accendo.
Dialetto
sànt, cdntu,
lo'meìie legumine,
'nkun incudine;
briciola;-
geni e
t'ii
tei.,
b'ii,
hilìi,
fiata.
7.
fai focolajo,
-1
man, pan, -ario ecc.:
5.
-ira
p' russi
JiestaTù,
pónsi, v'iunti; pr'ùnàra, d'rìra,
o
mulinìra,
—
E. 16. óaudlra ecc. Divariano: ajra, pajra, tuniajra; voci piem. sie sex. 18-19. pdnsu, tàmp, sdmpre, dezdmbre, vdùre gdnre idùre,
pdnsu ecc.; ma sempre: vónt, dónt, sóntu, ponce pettine. Analogamente (nm. 25]: gdijra cenere, ma tónt, e tronta, col solito divario di vint. I. 21. Per effetto della susseguente labiale: nòu neve, vóu vedo, bau; ali. O: pél ecc. 0. 28. voug; 29. piról, piuttosto che
—
—
fìzol, lingól ecc.;
{M'ir,
jovis-dies,
pidocchio,
dromu.
31.
móru,
lòja a Vill.-Pell.);
—
purs (non
32.
ma
kiilu colgo,
òu bóu
(ò
ku'ir,
gu'iii, fil'ik,
bò a Vill.-Pell.)
;
34.
lìija
ffdus
nau novem; pjau piove; cfr. me kaugu mi corico (e pjdul ali. a genuH; baugu, pm. bugu); 37. amorgu, dòrmu o U. 38 sg. dejgiinu, pu'^rs) pulvis ecc.,
ma
7i6n niuno
(ali.
al
come pula (non pvPìa)
Vocali atone. A. 55. L'*eJ viene ad ii, mìzùn; pìlva piaceva, pìizi il piacere (ali.
l:
fem. nùna); 43. pulce, nm. 38.
iiselo ìs-, pìròl, fisina,
all'infin.
pjeje
o pjeze).
Valdese odierno:
ma
nm. 59;
cfr,
—
59
E.
a
ejsèlo ecc.
Qui ritorna
sg.
II,
Bobbio
e.
Vill.-Pell.
grwmgél
—
nìr.
L'-a sempre incolume.
ad
cugì
uì,
1,
da ei od iigi,
nìir
iir ?r jeri,
cugina, cudìra (ma caug-,
calzare,
il
ri
iisdm tsdm, Iciròl, ngiin ed
Dìndi, hìrava bietarapa;
(= pral. grionejgel^,
AU. 69. ureìa,
57.
la caratteristica riduzione
te di fase anteriore (cfr. nm. 55):
377
e Villar-Pellice.
caud-, a Vill.-Pell.).
Consonanti.
LJ. 72.
ciglio,
taj, gej
oj,
liajà, vej io veglio, ój e tijadda; piuttosto
fòja e fòj, haj e lajt
liij,
—
che al ecc.
L. 84.
Fra
maravi malato, bp^a belare, voì^e vuoi, sàr, hàr karo quale, tàr taro; cfr. cale al nm. 196. 88 sgg. - CL ecc.: hjau hjavéura, kjó, gjejza; kjuga', maskj (ali. a mescu mischio); gjdga, agjànt, ungja, aj§ja; pjaj piace, pjdga, 'pjau piove; kuhja ecc. (ma resta, voc, tende a
r:
pare, pliu io piego); bjdnk, sabja; fjajru,
— —
R. 96. dulu,
a fjur\
gaus nm. 34;
104.
S.
ali.
rejg, dee, diig, fajs
ecc
105. p', bà, grò,
—
C.
ma
kauna canape, koi
dico.
CT.
122.
dice dica
[d'ita
a
2iónte
pónténw, kujtu (senza
NCT.
123.
triijta.
per cau,
Accidenti generali.
il
158.
{let
a
kócó; e analog.
tòno, une,
punc
calcio,
meje
118.
dreca o derca, lece
Vill.-Pell.); òca, nóce,
ma
—
ca intatto: kaugina,
ma
su quello di Pral {kau).
dial.
lacc, face, drecc
e
:
lana, vena, una, luna. di
cavoli, gerkà, bjanka;
tutti;
friit
dejcaug, mujca.
ejcàla,
ma pena penare, Numerosi ormai gli esempj
s'avvantaggia questo
mes, pes; e analog.
os,
vòùre góùre e simili;
110. darànt.
karid,
ma
107. sludi, srend, skan, skiir, skrivu, daskròbu,
;
bosk; stéla, istà, testa, aùst, spus; N. 108.
fjàma, kunfj. anche dute altro.
infin. fiirà',
97. seneste noste voste; e
il
me-
Vill.-Pell.),
o
tuoi
e punciira,
tùcc
ma
n) io conto.
Accento arretrato
ma' usa
in
fragola.
166. fiuvra.
Appunti morfologici. Nome. mica.
176. In -i:
177. I
di-sandi^^vaX. di-sande e
femin. al plur. sono in
-e,
il
fem. fr'ùmizi for-
tranne l'artic: lak
die, là te-
a cagàu cacciatore; purs (pral. pùHs) e il singolarissimo laus (pral. lau) lago. 185. Pronome possessivo masch.
nàie.
178. kaliTiajre, ali.
:
sing.
miu
to'
so',
plur.
mej,
toj,
akél kel e anche, in condizione ragazzo, ki
Verbo.
camp
congiuntiva, ké ki:
190. Nella desin. della
-a -d -èn -è -dn. Voce
ave
avii'
akést kest,
ké mina quel
quei campi.
P
-en e -u: cdntek e cantu, càntdven vejdu vedete voi,
186. Dimostrativi:
soj.
ali.
di
congiunt.
e 3^ plur. si oscilla, e
cantava ecc. nella 2* plur.
a vu vejé voi vedete.
ali ad a§è agii';-
ve: via'
ali.
a
—
Il
pur
qui, tra
futuro é in -dj dell'imperativo:
196. Verbi notevoli:
vcjgiif e vist; veu,
vu
vie,
Morosi,
378
a pjajre: pjejù'
viirej, vijese ali.
a vejgèse;-
pjeìca e piiva;-
cale bisognare, impf. cong. cariese;-
puy'à'
puss'ii,
e
kreu\-
pjuQd'
hù'ure: ',
lyeze
hóu [beve, bòvuf
bju'',
a
a
ali.
pjqjy'à';
vide pule: vulgà' Peli.): krik';
Vili.
beva a Vill.-Pell.);- pjóure:
,
ese: siu (sùj a Vill.-Pell.'.
ui: ui; diw;-
pjuvrd o pjurd'-
197-201. éuì^a adesso; ube l'agulo coli' ago, ou
Avverbj ecc. con me (ma non
calè nm. 196 [ed in luogo dial. vald.;
lessicali. vónto
di
ùnto
e'
'nto,
comune
bisogna,
chal cai}, ant.
chal, prov.
dfn.
rivi
hun hu).
infrequente
Appunti agli altri
krijre [kre
pule]-
vide e
vie
ali.
chaloir;
frc.
—
preau pernu prendo ;- pùnajza pur dfn., frc. punaise ;- salu esco. Piemontesismi hauna canape, cinu vitello (col verbo cinà], ncvudda, póntu pettine, pois pisello, sim sevo, sli'igi lampo, shijra ara,
—
:
tro,
d.
tumbu cado, rota
Dialetto
di
fiata.
Torre Pellice, con Luzerna Appunti
Vocali toniche. montagna pur bajzu, nàsu
A.
1.
nell'inf.
di 1^
conj.; e
piano.
il
5.
nella
montagna;
2-6. bejzu nejsu tningu, nella
verso
Rorà.
fonetici.
Ancora -d
alla 2. p. pi.
mdngu
e
ìndn, pdn, fan, vdh, stàh,
mdnku, mdngu, devdnt, kdìnp, kdmbju; a S. Gio. di Luzerna: 7non, pòh ecc., mónku, móngu, devónt ecc. L'à poi è, a S. Gio. di Luzerna, la condizione solita dell' a che non sia din. a n: mài, pala, rdm, vaca, àjga, àjgla, fd e fdjt, kuTid' cognato -a, sòj sld' sono stato, kdttr, pasta ecc. Dinanzi a r complicato, domina la vicenda piem. ker carro, erbu albero ecc. 7. dar rie darri^ra, midinìra', ma pre valentissimo il :
riflesso
piem.: kiigé calzare,
ki'igè
nerà talpaja; salvo che a Rorà fuèr focol., come darrier,
ecc.
si
cucchiajo, gene, Screzerà, trapatuttavia
sente
Ad area
il
risponde
r finale: denèr, il
pm. ajra.
—
Prevale à nel piano: s'nidng semenza, pànsu, sàntu, manta, gdnt cento, vdndu, tdnip, sdmpe, s'tdmbre sett. e vàùne venella montagna prevale all' incontro l'ó nerdì, gdìjne genero ecc. E. 18-19 [25].
:
;
s'rnung,
pónsu
.
.
gua, tdni, trdnto
.
,
vóàre, gófìre.
(ali.
a
vint),
E
cosi
kumàngu, gdùne cenere;
góùre. Codest'ò è poi cosi chiuso a S.
trascrivere senz'altro per
— — 0.
Imuja, gùùne.
masch.
vej).
24.
I.
27.
rispettivamente: Idnga lin-
ii:
Gio.
di
e lunga, iònt...,
Luzerna, da potersi
smiiàg, piinsu, viinne gùtne', kumiingu,
ureja,
aveja,
seja (cfr. veja vecchia
kunujsu nella montagna,
ma
ali.
al
kuJidsu a Torre,
Valdese odierno:
kunesu a Rorà.
—
marmjra
Nella montagna:
28.
(ragazza da marito)
a mariojra
ali.
;
379
Torre Pollice, Luzerna, Rorà.
d.
II,
mariùra maritatoja
o
Torre, che è la voce piem,
di
U. 39. kjavùra 'serratura' ecc.
Vocali ato ne, dove
aj è l'eccezione:
A. 55-56. ej da
parin e majr- marina,
masnd
faj'zò' o fazó',
pejrò', ali. a pajr-
tranne a Rorà,
ecc.;
ancora la regola: pejról, fejzól, lejsà, kejkù'n. Comune al dial. piem. anche endd andare di Rorà. 57. Notevole lo smarrirsi di -a, a Prarostino, in karé sedia, fé pecora, sé seta = eJ è anzi
,
karea fea sea kugina
di
calcina,
—
Torre.
AU. 69. nrcja, unto'n, udì; kugé già cit., montagna può ancora udirsi àureja
Nella
ecc.
oureja ecc.
Consonanti. Torre il
J.
L.J.
72.
e a Prarostino
ancora tra
nm. 89. Isolato Iantina lenticchia
e
qualche punto sopra
in
I e
j; e ciò vale anche per
— L.
Rocca-piatta.
di
ar meg, dar meg
ravi, surej; tera, òri olio; '
Rorà
Solo a
oscilla
si
mezzo
al
83, 85.
ecc.
88.
maNei
nm. 72, s'ode ancora kj: kjar, kjd chiave, kjò, gjezja; ìnaskj; gjaga, ungja. Ma per tutto altrove, alla pm. car, kugé cucluoglii indicati al
:
chiajo
—
gagà, unga. Del resto: pjàga,
;
ma
109. Certamente faucale in
N.
circa
il
di più nella
107.
La montagna conserva espina.
—
ma
CS.
121.
Idsu ecc., nel piano. iriijta,
éa da ca
di
122.
—
,
;
e vaca.
C.
116.
lajt,
Nessuna traccia ho poi di ga kójsa, nella montagna;
tejsu,
lajsii,
CT.
—
e forse son le sole óat é cabri,
lejt
e
ójt e òtt, sujt,
strejt,
lett,
pòntu pettine; e restiamo nel piem,
kuintu, io conto],
less.
110. d'rdnt d'rent dinanti.
montagna cdmp
da GA (num. 131),
[cfr,
S.
vdmie gdùne nm. 18-19 e simili;
108, non sono sicuro.
Assai scarse reliquie con
—
nev {bev) al piano.
esemplari prostetici; cosi: estela, espaliva
alcuni
ecc.
fjur',
102. neu neve (e così san sa, hcu beve) nella
V. 98. §ari, gespa.
montagna;
neve,
jiJove\ fjdka
NCT.
123.
uint,
puint
QV. 129-130. Riflesso ancora generalmente
kal, katt quattro il piem, ha ceduto all'ital, (ma squard squadrare), Paska, cink;- kest kesta. Del rimanente: ajcjja aquila; ma ajva aqua, T. D. 145, 149. TR, DR. A Rorà e
per solo k, pur dove
:
—
Prar,
:
pajre
,
mare marina, squard. q.
—
P. 151.
per tutto altrove: pare parin,
Sempre
d'vanojra, pm, dav.,
v:
'dipanatoria' aspo, save, aveja, nevù', tevju; ecc,
A pp u n Nomo, p.
ma
majre, ujre; lejra;
e,
174.
ti
Qualche dimin,
in
kaliTiajre e kardajre, nella
sorella,
ali,
a s'rù
di
S.
183 sgg. Pérson. masch.
Gio, di
m or f alogici. -un: skalun. montagna,
Luzerna;
—
cfr,
Pochi -djre, Angrogna;- sari
178.
s.
vis, sors.
di 3*: el o akél, plur. il
ij
—
Pronome.
o akil akij. Co-
— Morosi,
380
mimi
col pieni,
òmn Verbo.
anclie
e
dimostr. neutri go-gi
i
194.
Pur
qui
preso venes), anche
all'
461-03. Solo
I
ma
e
là;
e,
più o 'meno,
sng.,
più
in
dato
pron.
il
enelit.
de-
:
esemplari monosillabici (com-
infuori di codesta condizione, v.
nm. 196
il
e
verbi 'essere', 'avere', 'stare', 'fare', 'an-
i
dare',
'sapere', 'vedere',
sumus
e
sun
2*
-s di
il
màndes-tii?, ses-tii? ecc.;
Ardi.
akó
^.o-li,
jianun nessuno, ftaTien {paùin a Pral) niente.
la 1^
hanno
e
2>^
-n: seh e sun
in
pi.
Del resto,
sunt, stdn, fan, %x~m, san, vèh.
ha -u
si
alla
piemontese: hàniu, kdntavii, Jìàntesu, kàntariu. Assicurano però che
montagna
nella dell'
si
possa sentire cdnten cantàven ecc.
imperat. è in -ò'ma {-éma),
p. e.
istóma isléma
alecjre
indifferentemente in -à o in -é: gerhdme e gerkéìne,
kugese coricatevi.
—
veu ves ve;-
ptól;-
savé: savìl' e sapjù'
;
plur.
and
ané
e
via,
fa',
saj sas sd;-
—
ve:
vulé e pule: vujv! e pussù', vój pòj, vós pòs, voi
ode (nella mont.
:
uvi): odu' [uvi)\
v'nd' [vóngu'); venu venes ven;-
sun
1^
la 2^ quasi
Verbi notevoli. 196. fa: fau o fdgu, fas
ave: avv! e a^iì; aj as d;vili';
La ;
oda ode od;- veni
istu iste
ecc.;-
ista
v'ni: venu'
èse:
sój se e,
ecc.
Avvèrbj
ecc. 197 sgg.
:
laj
gì
òngi-laj, proprio qui, proprio là;
pd maj non
più;- u u mi con me; mentre
montagna: u-d-i
nella
'con',
nella
{ejgi ejlaj
montagna), óngigi
din dentro; dunt e 'ntd dove; hura; frel coi fratelli,
nel piano ormai non s'ode più se non kuh^.
Appunti Voci prov. o almeno
lessicali.
però comuni al piem., che reharun mucchio, un barun molto, hlàa hliiva favilla, pm. bilia shliia (a Rorà
delf.,
in parte
stano in questa zona dialettale:
abarunà ammucchiare;pm. falavosca, faluspa ecc.) ;kura quando;- galaherna salamandra;-
valaviisca,
tojo;-
lazart
specchio;-
,
stdku attacco;e vira, volta,
^
— —
;
pozza d'acqua, lava-
majiÀsa
fragola;-
lucertola;- scupu
s]^nto
;-
vcsa cagna;-
sul- surej sole;-
ììiiraj
stakhu viage
Nella montagna occorrono anche ai%à invece
del piano; e
canape, saìu esco.
che
ratew?i"ira
stùfu affogo;-
fiata.
àeWandà cndd
comune;-
lucertola grigia
^'a7mgemo;-
hùl d'aveje sciame d'api f/urk,
1
dà ^ncà bisogna
cà
(v.
piemontesismi abondano
in
s.
Bobbio), carba
questa zona più
in ogni altra.
Appunto
ed aceto.
sintattico. 202,
8.
mcscu d'ajca
e d'asì mischio
acqua
Valdesa odierno:
III,
III.
1.
DIALETTO
IL
DI
Guardia
1.
381
in Calabria. Vocali.
APPENDICI.
GUARDIA PIE.AIONTESE
IN
CALABRIA CITERIORE.
Appunti fonetici. Vocali toniche. A.
Ben
1.
E
rado incolume.
di
la tendenza allVì
anche fuor dei casi notati al nm. 5 dello spo-
glio di Pral: tendenza che
zerna. Quindi,
innanzi tutto i^ressocliè costante
non
solo
:
vedemmo
a
spiccata
S.
Gio. di Lu-
clemdn, halcmQO deìidnt, sani
r/idn,
grdndo ecc.; animdH, sdì"- esco 'salio'; stdlla, liavdH -allo; fdus, dut, drba alba; and'^', minga^ ecc.; fu§ar focolare, cdr caro, djra area, kdr carro; hdis il bacio, pdss'ra, pdsta; fdm, rdm] fda fdjt faccio ecc., Idjt santa, cdntii, mdnclu, pi'msdnd pensando, g7%ind
ma
anche: sdì salice
mdj
(ali.
a sài
il
sale),
magis, 'più, mai', djga] ej ìningd' ho mangiato, kurteld
colteli.;
—
2-3. Pur -axa; e viegg o jegg (cfr 7. rfV/^r furmegg o furmej, kunipanegg.
ardjre, kdjsa
acdtu compro,
cassa,
ecc.
qui cej"; e inoltre matejsa -di sa
viége a Bobbio) e
—
muUni^r, messitni^r mietitore, murtl^r, lier, agi^r
,
kjili^r cucchiajo,
ciigì^r, sall^r frc.
fai^r faggio, cirezi'^r,
d'ri^ra, mulini^txi, mòssunì^ra', o d'rira ecc. via: djrttj
esca
{brdzl^r)
Rimasti a mezza
fjùm-fjimdjra fiumara^. E.
Lungo. 9. me péj
da j:
Suona e
assai chiuso, quasi
'più peggio',
tèri cimit., Qjèjza, liarèma,
vondéma, munéja,
(oe),
—
^
(ali.
a
hrà':[''r).
Vrèn
téla',
—
inlluiti:
i,
anche
se susseguito
ave*' savé*' ecc.;
terr., fèn,
séja, kréjit,
10. fiìmna', tri'tze, silzc.
Dal Calabro o da questo
trèj',
Q'mon-
pjèna, vena, péna
séiw sevo; me, pé;
stéla.
11. (;ira, ezt.
jenndr
e freodr,
brazàv bracia accesa
382
Morosi,
Breve.
12. fel, mei, er" eri era, prej" prego, cleQ de dieci,
mej mejre mieto
lejt^e,
dico, tevi, leur^', frev.
Breve
-ere, 2^sjra pietra,
—
posizione.
di
dal Calabro: prlest
trusi io
me
tengo, pega,
ten^''
—
vesto.
rùnt,
cilnt,
cente,
ecc.;
seti"'
gespa;
seti;
lejt,
mi
'mi assetto'
presto, piett petto
—
ecc.
me pùntu
mi pento, argi'mt, mmt, alegramùnt ecc.;
18. pilnsu penso, gilnt,
pilngn^^
meg
me-
16. pel, pela padella, martèV, dilvert
de-aperto, pert perde, prejr^'- prete,
chio,
ejra edera,
14. aie}\
pettine;
milntr'"
atiind^' attendo, vi'mdr^* venerdì,
vel vecsiedo.
In-
vistu
17.
di'mt,
pa-
Ujilnt
lu-
mentre; vùnd^^ vendo,
gimdr^' genero, tùndr^, tump,
setùmbr^ e deiùnibr^. I.
Lungo. udire ecc. (plur.
20.
è: fèl,
lisséj^ lissivia,
;
galini), py^èm,
li
ahrel, grèl glirem;
puzén
gèmma
mica; amék, plur. amejk', f'ne rido,
ne ngj nido
Breve.
—
strejt,
cimice;
23. via,
;
piego, ve vece,
frumèj"' for-
udite
rp/"
-ito;
surei
vini
sol.,
ali.
gi'mr'"-,
{fììiUta), sulett
peg pece, sdlef-
slego,
sete, pèur^',
e
\jiier'].
di posizione. 24.
me 'rsbel^, qui pure
qui,
uve
plur. vi) vite, se siete
el
(ma fem.
frejd, gepp; sjovessu se udissi;
kumilng^^
ege
galèna
21. malatej" -attia, pel, féuga felce, vera viria, ìieu,
\óamejza\ men, pjef^ io de dito, ve (ma
Breve
pulcino, kjisèn cuscino,
finite -ito,
uvé^'
finire,
e fèl fél^, pèV^ io piglio, ecc.
hurrej^^,
ben.
fn&'
a
il),
verd, ien, secò,
maraveP,
oreV^, ahel",
parel, sel^ (ma lintiP lenticula). Del resto, tri'inta.
—
si'ms^ senza;
25.
lilnga lingua,
diamiÀnga domenica.
ti'mtj tinto,
—
26.
fììett
a p'citt p'cUa.
{suliitta), 'ban§ett {han§i\tta)', ali.
0.
Lungo. kuh
27. sul, pjuru, s'nur, d'iur ecc.;
lenzuolo; pum', viijg,
ottobre;
kuva
nebi'i,
coda.; kunicjs^^;-
skul)¥^ ah
ula.
-our per -ore ed -cric: mingou*"
vu.
la
skubba, uitruv
— 28. fzujre,
(ali.
Uhm,
nu
sak-
ràto-v'rujra'^.
a mejtu% cagadu''); zanou'',
lindro di legno per lavorar la pasta e farne lasagne.
ci-
Valdese odierno:
III,
1.
Guardia
383
in Calabria. Vocali.
gò góu[v] giorova ruota;- pejról, ri30-32. mieru^ mier mieren, muojo cinol, ali. a fejiòl. muore ecc., ìder cuojo, giek il giuoco, ali. a guk" io giuoco; Uek, fieli', che in fase anter. furono mùórit ecc. Qui pur slkr'"
Breve.
29. vole vuoi, sola, kor, defor, sor,
mouv,
vedì,
suocero
[trouv], pjoii, koj cuoce,
—
forse slud" less.);
(e
resto: ngjòj oggi, 67 el olio,
—
e copro.
Breve long, scia
33. vul
—
tgkk^^).
anche
volo, hun, b^un.
—
nàuv.
34.
o
Del resto
kjejt ecc.
vòl^ e veP^ voglio, 61 occhio;
feT),
korp (ma
tori,
ammorzo, pierk, kjeusa kjejsa
37. mierg^''
kjeut kjeuta
,
Del
ctór&" e kjòrl)^^ apro
di posizione. 35-36. o osso, korn,
neut
,
il
bhiv da iìou ecc.
iuv
oltre
pò pe può,
e
fól^
:
co-
fai (e
nkjòj oggi, òrg
lón,
orzo, òcc otto.
U.
Lungo.
miti (ma femin.
38. tu,
mòla),
gitr'^'',
m'zùr^'' mis.,
ununo uno) lima, lùm', ejsilf'^, ali. ad ejsòp^ asciugo; miU, vruju voluto ecc., t'niìa tenuta ecc.; siif^, ali. a sòf', sudo; nu kril (ma skjur,
femin.
nòa kròa);
Mi, gùn. pò-'T*
ninno (ma inun,
niin paniìn
sijiir,
skjiìp^. Cosi:
40'\ L'6, oltre
che nelle voci già
gdùn'^^ ecc., e in hlóia (pral.
Breve. d'zura
gida,
41.
1)1110)
gtiv'n^^,
;
aggùstu, hriizu, frùtt, sùcé;
dòr dora, pu7iò's pertugio,
pulce,
'
'
q.
citate,
ritorna in
gò'iht^ gòjn^^
e de-
favilla.
krug
,
gii,
put",
lup,
duhhP',
^.
Breve
posizione.
di
ascolto), ^«n''
ungo
pus polso, dug (ma skjout"un" unghia, ^lir", gurn^^, musa punó unto ecc. (ali. di pini, nm. 123),"?;wni" 42.
e pim^*,
mosca, agust, une e
pjumb, stupa, siila. Cosi: fenul, genul, pjuì, kulun"; Pur qui Vii in iilss^'' tussio, e anche in biìj bosso, 43. pitors, ùorm, sùork, vùorp, giiorn, fùorn, rilcc rutto. siiord (ma anche, con invertimento dei due elementi del dittongo, imdici,
pÙQ
pozzo.
póuì^s,
^
Yu
—
òurm
ecc.)
—
43'\ naca.
Circa l'accento sul primo elemento (cfr.
nm. 37),
è
qui anche
del
dittongo per cui
calabra. 2
Qui pure
dilj
i
si
continua
da considerare V ùo per uà della gorgia
due, allato a du' do'
le
due; e
fl'j"
lugio.
Morosi,
384
AU. 4-6.
tdwr, 'nkjdiis inchiuso, pduz", dav",
—
pokj povr"' pouì^".
46'\ fdiis, diit,
sdu
[kdul]',
a
ali,
or,
sapit.
Vocali atone. 48 sgg. Si turbano e dileguano nei casi stessi in cui si turbano e del Piemonte. Solo è da notare che la teni Valdesi
dileguano tra
denza
dileguo
al
nm. 57. Manca pur
più viva, e intacca pur I'a finale,
qui ancora
è
appoggio, in luogo del quale
l'-e di
vocale indistinta assai cupa, che eli' io,
per
i
nativi trascrivono,
cere; ezh nesès"'
mejz- mezùn, pjeje piame pèj 'più peg-
nascessi ecc. In proclisi:
nesil'
gio', la fé caut e' fa caldo, tu ve io
pa
ho scritto, ?m se
forme toniche ìndj linterna faina.
chiarezza;
farò an-
te.
A. 55. pejrih mejrìna, pejlor, fejz- fczdl,
.skritt
ha una
si
come
ma
—
fa' 67.
va àj L'-a
d'
sàj.
detto;
—
Saranno dal Calabro:
56''.
non so
niente
di
;
mi
ali.
fyistcut^^
amor di massime dopo j
e gli altri suoni palatali, p. e. in pàj"' paglia, a^ej* tosej« pjuf'' kjistàìi"' cit.,
segg^
ecc.
che
atone
finali;
le altre
come
e si riduce talvolta
;
nm.
48),
t'fj"
(come fanno del resto an-
massime dopo r,
indistinto;
all'in
Jéwr" ora, adesso, càrh'*^ canapa. tramolu e per e second. 7naraveP, sarvagg.
in /Ji<r" quii bora,
E. 58. taravilott, sijur securo,
(ma
il
(Zey"»),
siàg, cijèù
e sarà del
dial.
[óef%
tiP e mizèìia è dovuto a della tonica: sìintemunt sentim. ecc.,
vijen
perno
Pral nm. 53): jo^
Sono certamente dal Calabro: cevano e
egg 'un
lijiint
;
mulume mu-
set, pral. seti, q. sedie,
vale'' [voi vuole),
—
divert
skjivert,
tetto {kórbu),
U. 68. in
in
Continua Vii
macina del molino.
0. 65. sweì, pjurà', t'zujriitta ecc.
il
61.
63. Assimilazione
jè'n {kof^ cuocio), pwuw' potuto, ecc. coperto'
di lin-
—
della tonica: lùngdtta lìnguettai, kumicngà'''.
(cfr.
della
—
vivf {vej^^) ecc.
gnajo. — 64. Continuai'?/ — Manca Vi di zio
Ui
del luogo).
ital.
spinta assimilativa.
62.
hriju' {kréj»)
— 59. ecc. —
:
;
leggevo
liè}'v>
60. cireza, cirveH
I.
e
allo
regola l'ho segnato, per
appena percettibile,
egli è
in effetto
hai
io
di
io
'tu vai dire'
di*'
parén
68. /iKiga ali.
'il {fòìó), hjivert
a diivert (dórbu), ecc.
pittiga bottega, kjindtt cognato.
viaggio' una volta, giramiint,
lucente,
mumiint, ku-
sijur;
s'/ijèss"'
se
risi7iól,
lijé'n lu-
fuggissi, pizén, kjisén
nm. 20.
AU. sopii'
69. oreP, ove'' udire
saup- saputo.
Ma
;
cogie*',
óogùh,
oià'r, sola''', coicdìra, fodd'd
'mhé d'àjga un po' d'acqua.
—
70. izél.
;
Valdese odierno:
III,
Guardia
1.
385
in Calabria. Consonanti.
Consonanti.
fX
gd\ gètu, gunk, gù.
71.
J.
fóT fòh',
^r«,.
ma
Ma
pèj.
pure:
s'ode
—
72. LJ. «7, pala, mei,
a vel" voglio, pèf'
vej"' ali.
Analogamente (89): t'nciP kurndl" , abel^; ali. a pèh urel^, seP secchia, lintil^; hai e lajt kaìd, sureX', vel vel", òX uXd iXd, pjuX, geniiX ecc., ma anche f n«j« wre;« òj ecc. VJ. 74. RJ. 73. Cfr.'nm. 7, 28, 55, e kie?^ nm. 30-32. cirejza, camejza. balzar, 2-3. 75. SJ. fejzòl, nm. jegg MJ. MNJ. 77. NJ. 76. gùn; cfr. une pune ungere ecc. la mindQa, CJ. ecc. 78. minaga vundéma; sem sogno. piglio.
,
—
—
—
—
—
,
skovQa; siaQ, hràg; cajiQun; pjdca, nega; desdug. gùorn, aguj"', òrg; ali. a mejtd', nijd', 'nkjòj, e a PJ. BJ. 81-2. Ai varj
es.
che sarà
sticrc storpio,
di
Piemonte,
del vald. del
il
ecc.
E
vruji^a.
pur din. a cons.
anima, sim^k; dese è dato
ma
aggiunge
ma
pronunzia del l vald. e la vocale parasi-
In r tra voc:
84-5.
si
verità evane-
in
è
animdH kavdH.
tica che in Piemonte volontieri l'accompagna:
girveH
80.
meo mezo.
nm. 164. S'ode ancora,
solo in poston. e anzi in fine di parola, ed la particolare
— DJ.
provenienza calabra.
L. 83. Di jahhrótt labbrotto, v.
scente,
—
:
voluto, rdta-
sur et, vurjii
kiirteXd'
coltellata
queste vicenda calabra, e
il
drha
,
,
drma
vero tipo val-
da tour e tóre togliere, pours pulvis, pus polso,
—
87. Finale, sta; cdud ecc.; dug ecc. fuorché in congiunture come le seguenti: in ke mumimt in quel momento, in he kdmp un bel campo; dove siamo veramente a LL. La qual geminata tende a scempiarsi stdla, stéla stella ecc. ma è tendenza assai meno viva che in Piemonte (nm. 168). Non ha altri es. la risoluzione che vedesi in eu, ali. ad el, ille.
fdus dui
dutr^^ skjoiif,
:
Del resto
:
dido
-olo,
tiimm tomolo
(la
;
nota misura
88
sgg.
:
e a
pjdga, pjdh, pjdj placet, pjfjn, pjur^,
pjumb
pare
si
lì.
oscilli
tra
ilmpl'^
bjdva bjdnk;-
94
capacità
,
agjdnty uhgj^\ allato a Xdra glarea
kju'y-
di
—
CL ecc. merk, q. mércole, mercoledì. {kjiiga); mdskj'., hjdr, kjdu, kjdm^, gjejza, kjó
siculo-napoletana);
sgg.
Archivio glottol.
XI
ilmpj");
ali.
e
'ngrùm'gel;-
(ma per
impleo
a cu plus, dal
cai.
vedere,
ve*'
fjd fjokk fjur kunfj.
Finale, ital.,
e
grèl
assai
debole:
(seconda serie,
I).
canid'',
ve*"
25
Morosi,
380
r di per: pi lu mund per il mondo,. ecc. Piemonte lo scempiarsi di rr: nàrd*' ìidì^^,
vero, ecc. Cade affatto
Più raro che in
il
tera, Imre.
Y. 98. gdsP'' gespa, come dilegua
pjiìj^ ilj^ ecc.
— 101.
— 99. Tra voc, kurhàg. — 102. kjdu,
gdn" gàrd^* gèra.
ricordati per
casi
nei
vald.
il
arshel" risveglio,
Piemonte
del
;•
lissc.j"
go góu nm. 29, ndu novem, iu biu, [séte sevo]. S'ode anche kjdii^, 7idu^, iu^ ecc. (e cosi -du^ -èuv -iW" da -abam ecc. dell' imperf.:
103
S.
sgg.
deu^
;
È
dico,
pùu"
come
— Fra voc,
insi così, kjistàn'', ecc.
duluruza
ecc. Il doppio si scempia:
latina, più
non
dileguarsi
suol
neta tornese,
si
in sidg setaccio, sej sex,
è i
:
jiìzd*' juz'',
,
bundanQJù
— 107.
nm. 176-7. E me lume mo-
di cui al
nd
pur nell'uscita neolatina:
parade
frangeza,
grdsa, basa, rilsa. Di uscita
regge se non nei casi
§rd, bd, apre, rù.
gio;
io poto, siu^ io sono.
certo dal Calabro lo 5 da s iniz. dinanzi ad e
e da s aggruppato a conson.,
I
la stessa epitesi che
vado, fàu^ faccio, kré'u^ credo e reW" rido,
a kréj^ rèf^
ali.
e
minga w, aveu", saleu^; con
vdu'^
ritorna in
,
,
abondanzioso, perto
q.
SC
ecc.
Qui non è la
pertu-
prostesi,
e la sibilante resta, ridotta a s (nm. 103): sdlej^ slego, srend,
dasfd"; dasDÌsf^, skund^, stéla, kristjdn, strejt, spamunt spav., sprduQa, spurp"* spolpo; mdskj, fìskj", nostr^' vostra. SCA, pel tramite di sca scala -ino,
(n. 116),
arsdud^
viene a sa: desdug discalzo, sdla salùn,
riscaldo,
musa.
Per n in r: cdrb^% liìndra. Riuscito finale: grdii, fèn, vèn, Sdn-gu^ann; 'an, fan, dèn, sun ecc.; e anche ngn il nonno; pronunN. 108 sgg.
cia
come
in
Il
sdng
fenomeno della faucalità par
e lunga.
— 111.
guv
e
pùnc
cessato.
ali.
guvn^
a
e
pimg'n^% as asino. M. 114. ren, allato a fam,
{minge n C. 116.
ecc.), il
n
om
ecc.
Nella prima di plurale
sarà analogico.
CA: cduQ^
{cduga, antiq.
,
calza;
cogùn
calzoni, co-
0'r), cdr, cdrbùn, cdrb^ canape, cdo^ e cdva-t'rén
reno' talpa, cej^*,
*
cava-ter-
cdnd'Uer, camejza, cdmbra, cdmba, cdmbf%
capei, cabri; acatd*', secd*", [astacd^, tucd*"];
la siccità, ecc.; cfr.
nm. 107. Con
la
cat,
vdca, seca
sonora: kugdse, cargd*".
Oli esempj con la gutt. intatta sono però più numerosi che non
Valdese odierno:
Guardia
1.
III,
387
in Calabria. Consonanti.
a Pral e poco meno che noi sien nella valle del Pellice: kdui^ calce e calcio, kducittto calzetta, kargd*', kavdH^ hdsa, ecc. 117.
kajd'', prijd^, urtèj^
118-19. 00, CU.
amik
gieìi liek fiek
ma
mdjgr'';
a/er«.
furmèf, a
agi'd"',
sakk bjank
;
furmegg
toss; [viegg,
,
sijiir ali.
rùcc ructus,
pùngn^*
pettine.
ma
il
pint
—
Idjs'',
meg
neut frùtt\
— CR. — 122. CT.
medico].
kjeusa.
tejs'',
ma
dice
analog.
(e
niardùcc mal ridotto; strinta, mie e punc unto ecc.;
silcc asciutto,
123. str linea
0ra, ghia, gùht cento, Qundr^* cenere,
Qèl,
Qpun
cimice, g'pula,
cipp. 'sgabello di legno';
agi^r acciajo, argeu^ rie, ige ecce hic, 'nduge*" indole,
a
lak, -ico,
punto, cfr. huinP'- io conto.
CE, CI. 124-5.
^émma
—
^PCf'y lonséj^ vescica.
sgund; hangùtta'^ystomm stomaco, pers
sarvagg]
e fu7^77iej,
— 121. CS.
Idjt fdjt lejt drejt strejt kjeut
skricc), òcc,
;
— —
Qènh;
ungen
—
(ali.
éirejza, cìrue-'l, cirkd^, cizi"^* cece, cus gelso, ancihk" accieco,
licerta\ voci o pronuncie Calabre);-
dezjòóc undici,
feuga.
diciotto, izèl
duz^
ecc.
ucc,
Ma g
— 126. fezén^
c'ii'r" cit.,
dezùm'br'"' dee,
ezi aceto,
puzèn
pule.
;
mezèna, vunz^^
in magèn^^ macino, oltre che nel solito
dizeii,
ali.
Fw^naj
a pjej pjeje*", koj koji^e hujen,
—
'Fornaci'. 127. deg e de; kì^uig; yéig nuig radice; paig vug dug. SCE, sdì salice; peg
lìÀj liìjre
lijeu^ luceva,
pesun pesce fdjsa
SCI. 128. kunejsiu conoscevo, krejs'?'^
;
;
kunujs
fdjs fascio, parejs,
QV. 129.
ni.
(di
;
ndjs'r^,
pdjsV^
rado kunuj).
kal, karkosa, kaì'kjiln, katr" e kardnta, kdnt,
quando, kjénz^ quindici, gènk.
djga, djgj^.
130.
kdn
Qui può ag-
giungersi agudìin hoc anno, v. Arch. VII 527.
G, 131. GA. lijd'^^ [e
:
gal e galèna^
mdn
sùja^'\ faji^r nm. 7; du^a.
vald. agust.
—
133^.
Per g
e analogamente per -d
e
Idrga, verga frusta. 132.
— 133.
pjiìra, ali. al
riescito finale, si oscilla tra
— GR.
-b.
^
non e k,
134. Tii^r, ni^ro o nìro.
GN. 135. sen, pim.
GÈ, Gì. 136-39. geH; *
II
fenomeno
di kj (gj)
da
lijèu^',
fjéu^
{lej,
fuj); maj, frejd, de
k, sarà Calabro: kjistàn",
hjen- kjinà't cogn.,
hjòl cogliere, kjeusa coscia, hjeut cotto, kjissih cuscino, skjórv" e skjivért
scopro
rf
ecc., shjout" ascolto, èkjnr,
da K in s\]imd e banfjihta da T di tanda frc. tante, ecc.
cai.
t)
skjup" sputo; ajjjul" già cit;
cit.
sopra, e
iihfjj frc.
onde,
al
come par pari del
,
Morosi,
388 stren"' pun"^ {stren e
dito;-
zèva
sirenz,
pun
e
punz)\ I6n\
zin-
porze.
;-
140. ùngùnf, sang
GV.
a
(ali.
agùa^, puè'^' potere veH, mèur\ munéj^, bjéj^
lunga.
sajnd*'),
— 142-3.
T. 141. darbun, destamùnt.
DenàH,
did->l,
pua^'
potare,
{spuves^'' se potessi), squèla, pela,
dnj'^;-
addomesticato; [strd', nia,
rana
j
kurteìd' y ùXd' occhiata; porta sard'y^ ezi aceto, sé, de,
mare
,
nibù.
fja
,
pra
Estranei
d'mestia
,
male
o
bieta,
mej^''
sèf^,
{mejré), f'rèj^;
kjindt kjindtta, cognato
assimilati:
—
144. hudd^. gurndtta -ddda, anndtta -ddda. TR. 145. ardjr", pdjr^, mdjr^*, pejra, prejr" prete, ecc.; al non indigeno latra.
sijdtta sudata;
—
ali.
D. 146-8.
e sijùr, uve*' udire; ceju cejre, kréj^^ o
sijd*'
silj'*
hréu^ e krèjre,
rèj^*^
o réu^ e rère, vej^ e ve o vejre\ {bojna frc.
borne); nòa kròa, kiwa\ pè, nù, krù\ levi tiepido;
agjdnd
veri, frejd e frejt,
kdn quando. e puare^l,
— 151.
savùr
(ali. al partic. perf.
leur^^ e lòrótt,
peur»,
— 154.
bizi'^l
B. 155. laburu, cdrbùn\ taravilótt,
piselli.
PS, PT. kdjsa\-
tdula,
lóur^*
—
sopii), liivin;
e
kjorv^''
abeì", nibù, skubba, ali. a ì^apa;
formola iniziale:
argeu"^.
—
verd e
grdn grande,
e agjdnt ecc., ali. a
149. jejra.
P. 150. savé*" e
e di
-a,
skjivert
pàur"
copro ecc.
cabra cabri, dòrbu;
153.
sdu o
sd,
argeu
aedi", seti, rutt ruta.
barba,
'libero'
erba, ecc.;
156.
vern'^'
compio, 5wr" sughero; sèu^,
skrèu^, beu^ beure.
Accidenti generali.
Accento.
158. réig, tnéur;
'pjèna\ e ancora v.
i
a¥r
jeri, ctV.
nm. 30 32 37.
—
nm. 7; pìen ali. al femin. nm. 156. 160.
—
159. ìóur"'
heuka-ìné guardami, còggi-té coricati, vist'lù vestilo;
ali.
guardatemi, aggùé-me ajutatemi, visté-lu vestitelo.
—
pòngén^
pettino, magén'"'
macino;
meritt"^,
litikh^'^ ,
a heuké-me 161. smèìt"^,
perdikk^\ vumbikk^''
vomito, nivikka, piàìkk^ appiccico.
Assimilazione,
162.
Di voc: mizèna medie,
Jidmp; tum pàire e lufiC'
simili.
—
lintil<^;
muluni^r
muH
un mulo, imbé Dissimilazione. 163. Ai soliti ku-
molinario. Di conson., tra parola e parola:
im
é §rél, qui si aggiunge sureì (pral. sideH).
—
Dilegui.
164.
Aferési per illusoria omissione di articolo o particola: zàììQu^ nm. 28 n.,
— Valdese odierno:
pratwi
1.
III,
Guardia
in Calabria.
E
leprattino, ffelini diani galline d'India.
q.
jabbroit *abbrott labbrotto,
cf.
nm. 165.
Nome.
389
qui forse anche
— P roste si. 165. Facilissima
quella ù\ j. Per via della quale s'evita costantemente l'iato; e cosi: nà jàut naso alto, de junc dito unto, ikjé jom quell' uomo, ini jintr'^ ali. ad om dut, pejlór une, in om. Che sé a uno di Guario entro dia si domanda come si traducano nel suo dialetto le voci ital. ala, orecchia, agro, ho, acqua, ardo, aceto, odo, erba, qui, sto, oro, orzo, osso, uomo, uva, unghia, olmo, egli risponde ;
senz'altro: Jdta, joreP, jdigr^,jàj\jdjga,jdrd«,jezi,Jdu*',jerba,jige,
jòrg, jó, jom, Il u lònséj^ vescica.
jisP*, jor,
—
—
Epentesi.
jùorm.
juj"^, jungjc,
— Articolo
di vunz", undici, non Più o meno comuni cogli
166.
altri dialetti valdesi le
Comune
col solo
te si. 167.
Ali.
tesi. 169. Ai
aggiungere ottobre.
—
simili.
di Val-Pellice
dialetto
Proprio
di
Guardia:
a imi ecce-sic, s'ode
=
insit.
quella di vundr^^
sdlej^''
Cfr.
slego.
nm. 102.
prìnig pern., frumej formaggio, ecc.,
soliti
pe;7cir
ecc.; puvès'^
sèj"', uj<^
ruva ruota, huva coda; 'ìubrah^*' miracolo,
potessi, uve' udire, bjdva,
cdmbra.
pral. peirdl.
Attrazione
Sono
—
E pi-
—
Meta-
si
può qui
dal Calabro: frev e frivàr, utrùv
ecc. 170-171. djgj"^
aquila,
djga acqua;
ejzèl ìzéì uccello; vùig, krùig.
Appunti morfologici. Nome. fem. in
174. -étt, pur qui molto
-utta, nm.
piccolo bove;-
26,
e
frequente,
aggiugni:
ivett
con accanto
il
piccolo ovo, bivetf
-ótt: jabbrotf labbr-, leurotf, tat^aDÌloU, marti'saltellino', locusta.
—
176-177. Essendo semimuto I'-a e mute tutte le altre atone
al-
lotty-
-un: pratun
l'uscita, si
leprattino,
saìun
q.
può dire scomparsa, fuorché nell'articolo e nel pro-
nome, ogni distinzione formale
di genere e numero. Vi si supChe se in qualche caso s'ode un -i nel plur. masch. come dei femin. (p. e. li fejzoli, li gimdri,
plisce coir articolo.
cosi
dei
plur. di
fejzól gilndr^*;
li
gelini
diani le
galline d'India,
U
esso pare semplicemente dovuto ad esigenze eufoniche e può anch'essere, almeno nel femin., di provenienza calabra. Sopravvive, nella solita condizione e con-
kjistani, plur. di gelèìia ecc.),
giuntura,
il
-s
di
milmente nel vos
:
è peculiare al valdese.
epentesi che sono in pujèsu potassi, ìuunèj"-,
gùndr'\ gilndr" e
concresciuto
nos vos: di enclisi
per
es.
nuz anén, vuz ané,
imperativa: steuz ero
e
si-
statevi qui,
Morosi,
390
anèuz-èh o anèus-nèn andatevene. Ancora codesta antica nenza plurale è costante nel pron. fem. l'
'quelle': ikjilis
ital.
tre, ikjilise
i
vàh
quelle vanno, ikjilis anji quelle ani-
filmni quelle femine.
Numerali.
desi-
plur., corrispondente al-
— 178-9. pùors',
181. un, duj (fem. do), tre
mars Qènk,
kair^^,
,
[liins).
sej, seti
òcc, nduv, deQ de, vunz^, vinV-, trùnta, kardnta, gùnt**. Articolo. 182. lu [V, I), la', plur. li (ì): lu prà e Vom, la f'àmna. Vaia; plur. li prd, l o?n; li fùmni, I ali. Casi obliqui: seti,
a prd al prato,
kuntra dà
dà
due
fèl ai
nu, vu
il;
con
ùort all'orto; da piiQ del pozzo,
figli,
ali.
di
a
guardatelo).
mi
{me), tu
eH
el
{ti),
o eu e fem.
nm. 177), il (talvolta lu);- ab tii con te, ab él con lei;- visté-lù vestitelo (ma anche bejké-jeu
il
— 184.
le nell'enclisi:
L'impersonale: là veh d'neu e'vien neve;
ven-le d'neu? vien egli neve?
mia
assoluto: m,eu, teu, seu, fem.
meu
dell'olmo; e
gelini alle galline.
li
183. Personale:
ùorm
(cfr.
ab
lui,
l'
contro del cielo, ali. a dal
gel
Pronome.
a
a
ali.
teu seu, fem. mij
mi
e.
(p.
— 185. Possessivo sua su'; plur.
mi', tua tu, li
fèl 7neu,
li
sor mij)^
toj,
nostra ecc. S'aggiunge, di espressione più energica:
soj; nost
ku-mmeu
p. e. ikjést prd e kur^nmew questo prato %un ku-nostri quelle figlie sono nostre. Possesmun 7nu, tun tu, ecc., plur. 7m, ti, si; fem.
ku-tteu ecc.
;
è mio, ikjils fèl
sivo proclitico:
— 186.
Dimostrativo.
ikjést, fem, ikjista ikjUsta; ikjél kjèl, fem. ikjlla
ikjula kjilla.
md,
td,
sd; plur. mi,
ti,
nost ecc.
si;
— 188.
Neutro: gó e igón goh. In proclisi: u.
inuna
(in proclisi:
ih,
ina) uno
Paradigmi.
(per tutt'e tre
Verbo.
190''.
Y
:
:
Infinito.
Prevale
najs'r', pajs'r', krejs't^',
vece di sirene o streh della
ecc.;
ming; 7ninmingdv mingdu" (e cosi mingav'n^'' mingdu" ìningdc'n^. Condiz. minger le pers. del sing.), mingérih minger mingèrih.
zione sincopata dell'antico sdrucciolo
puh'r;
unidiin
e
par eh.
190. Indicat. pres.: ming'% ming,
gèh, minge, mingen {mingn). Imperf. la 2* e la 3^),
uhiih
una,
niih pani'm, fem. nìÀna e nòna, ecc.;
Del resto: inùn
ecc.
di :
gran lunga
onde
parejsr
— 193.
,
si
ming,
di solito
kunujs'r,
Indicativo
sng. è di suono assai debole e può
pvins, cantu, e cant, ming^'^ e
ha
ist^^
continua-
la
strenr,
kuzr;
presente.
mancare:
e ist sto.
La
in-
V -u
pilns^* e l''
plur.,
— Valdese odierno:
a differenza dei
dial.
Guardia in Calabria. Verbo ecc.
1.
III,
Piemonte
vald. del
in
e
391
conformità con
Wiirtenberg, va in -en; la 2% pur nell'imperat., sem-
quelli del
pre in -é
VII
e.
(p.
buon
stèus
sté,
—
'statevi buono').
194:.
{mi jej minga ecc.), vige qui, e anzi è preferita, la perifrasi che è pur catal. e non inaudita in Piemonte e in Provenza: 'io vado andare = andai' ^ Esempj
Perfetto. Ali. alla solita perifrasi
:
a ve v'nè egli venne, spindù ka nu vàn ave speso che noi avemmo, vu ve filj voi 195. Pressoché inaufuggiste, i vàn mire^ tilt^ morirono tutti. dita la solita forma di futuro (p. e. a la fèh dà mund mirirèn **
vej and'' andai, tu ve de*' tu dicesti, èl
—
tùt% e prevalente la surrogazione che vedemmo in Piemonte.
—
195''.
presente congiuntivo cede all'imperf.
Il
cenda generale nei
dialetti
ital.
—
;
ma
è
la
vi-
tu ve k'
Mezzogiorno:
del
mi
Per il condizion., oltre la nota mingesse tu vuoi ch'io mangi. forma in -riu, di rado usata (per e. cantariu), s'ha quella in Calabro (vedine Arch. Vili 119):
-èr, usuale nel
nu
n'andrei; se tu T
om
vuless'n^,
me nanèr me
puérin 'potremmo', se nu
parless'n'^%
krijérin 'crederebbero'.
Verbi notevoli: 196. anà*': and) vàu'" o vdj^, va, va (in pròci.: vej ve ve); vah ve vàn e anche anéh anè ànen; vajt'nén vattene;-
fd*":
fczèh e fan, fezè e (in proci.:
e e);
ej
vièh, vejn o vèn;-
pjejii
:
kunujséh
pjaj, pjejèh
;
ecc.;-
;
ist^,
istd*":
ajii
;
aj à
d
visi; vej^, vején o
piacciamo
bev' o
bevr:
cej^ o ce
;-
bevii ;
:
céut
;
cej,
beu^, bevéh, bev'n
;
kunujs^% kunuj, hunuj,
ove^: ove'; duv, jovéh, jove , jdun;- veneri miÀre^ mire''; ìnier, mirèh, mh'è , mie-
ecc.
L" ausiliare se
non
istéh; ista o sta citi sta zitto, iste o
Uè
egè
ess'r: siu", si, è, seh, se, suh.
Avverbj '
:
ven^, venéh;-
state qui;-
al pi.
av&':
vejr
ecc.;-
kunujs'r' o kunuj: kunejsu
béun;-
ren;-
ah
dé^: dice; dèu^ o dèv, de, de, diiéh ecc.;
cejér cadrei;-
cijéh;
venu
e
(in proci.: fej fé fé);
farei;-
—
;
pjejé*'
fé,
avén
fan; fazér
vruju; vei^'- o vej'% v'ien ecc.;- puèf puvè^; puu pej"; puéh;- savè^i sopii; sdu, savèh, sa uh o san;
vulé*".
puvvL
face; fdw" fa fa
le
'
di
197-201. ege
questa perifrasi
forme monosillabe.
{kje), elaj {laj) e in
{gè), èkje
(v.
il
num.
19G,
s.
and'')
non prende
—
,
Morosi,
392 proci,
ding, defor,
le-,
danan, a
adunk rnaj
la
dape, lón, unt e avunt dove;
slitta,
allora, 'nkara, 'ngùòj, ier,
nQ\
vedilo'
aguann
a¥
—
eccolo ecc.
— ah a¥ con
a mimtr^^.
al^ colle ali,
*
vii
adesso,
jeur^^ jeuvr^''
quest'anno, tutavia,
pamaj, kur ì quando ? ;- maj, men^ miUr, pèj
5/ sin e ali.
sii
damùn davaH;-
drìra,
e pjej, insit ;
'ntramànti^r mentre,
ab in kjó con un chiodo, ah'
:
l
l'agirlo coli' ago.
Appunti
sintattici.
202. Tutto procede come negli altri dialetti valdesi, salvo nei
—
due punti che seguono.
accompagni glia
dirsi:
e cosi:
ti
il
verbo è ti
til
f
mi
tu vali più di
pron. person.
Il
1.
tu stai,
ali.
mi
a
l istj
voi dwii, tu mi vuoi dare,
me;
pesi'
til
e
Italia
pers. che
ti
t'
el
ecc.;
l ist
vaH me
d'mè,
krep jeuvr^, tu possa crepare ora:
vicenda che sicuramente non è dei
accenna all'Alta
2*
raddoppiato che vo-
di regola ripetuto
X ist
di
dial.
non è ignota
ma
meridionali,
ital.
al
valdese.
E
IL
fre-
quentissimo, e qui all'incontro è certamente d'influsso Calabro,
il
nei casi che son rappresentati ve mingu S^ado a mangiare' (man-
pres. indie, in luogo dell'infin.,
dagli es. che seguono:
vd partu vado poco mancò che '
giai),
re u^,
va
partire
'
(partii),
pok
la
ve sgar ka mu-
morissi ; vej lóur^* voglio compiere, m' vej
a kogg^% vado a coricarmi, tu pè jint?^^ e sai, tu puoi entrare e uscire, d'ziru spurp^ l'ó, desidero spolpar l'osso, mi deu pd mraskord^, io non devo scordarmi, mi fej ejsòj io faccio asciugare (oltre tà f mi vói duni,
mingd'^, vd parte
ho da cenare,
pok
»',
ven^'
t'ho voluto pungere.
a
til
pest krep, già
la ve sgard^' ecc., e a
vejr, vengo a vederti,
ti
:
nu vuléh pd
nif,
ali.
a
t'ej
Anche m'è occorso d'udire
zione col soggetto plur.
cit.),
m'
ej
vrujic
a
vd
gìna^',
punr
codesta sostitu-
vindikk, noi non
ci
vogliamo vendicare.
Appunti
lessicali.
Voci non occorrenti in Piemonte, nel
divarianti nella forma o
adunk allora;- kakànu lu frunt chino m,' acavatP^ mi rimpinzo di cibo, mi satollo non
significato:
fronte;-
sciando nessun avanzo;-
,
kjattra, grata
di
legno
alla
la la-
finestra.
Valdese odierno:
kuraH
clathri;-
cfr.
III,
kuràla, agorajo, che par
e
gepùh, sgabello
nienza calabra;-
393
Neu-Hengstett nel Wùrtenberg.
2.
di
prove-
di
drapp lenzuolo ;-
legno;-
mak'na, macina del molino, ali. a magén^'' macino ;- 7nèla madia ;ynsopu rinsavito, tornato in se;- rossa ròsa, bestia da soma, asina (cfr. it. rozza) ;- róuza ruggine (pm. ruzu mascli.)';- slud", prato naturale non irriguo (q. il sodo?);- vess cane (oltre il fem. veszov, subbio o giogo del telajo,
sa);-
Ora, se
rono
i
a gu, giogo dell'aratro.
ponga mente in particolare
si
sotto
ali.
nm.
25; 26
10, 18,
1;
che occor-
ai caratteri
{-iitta);
57; 72, 88 sgg.; il guar-
107; 122 (cc)% c'è quanto basta per conchiudere che
gran lunga più ritragga dai parlari valdesi della valle
diese di
non dagli
del Pellico che
altri,
che da questa valle perciò
e
provenga, almeno preponderantemente, la colonia calabra. Si aggiunge che appunto in essa valle si odono ancora i pochi co-
gnomi schiettamente valdesi
2.
IL
DIALETTO
DI
Funda.
NEU-HENGSTETT (BURG'ET) NEL WÙRTENBERG, CONFRONTATO COL PRALESE.
Appunti Vocali toniche. tre per l'imperat.
Roesiger, ali.
N e
1.
e,
p. 77,
M
1.
si
— ecc. — 32.
priolo
bòri burro,
0. 29.
pral.
condo elemento
in
:
—
kuntent,
—
—
37.
men-
plur. pros. indie;
a ed
E. 18, 25.
Qui s'ha ó nel
iù biv.
é
dure dategh,
[li
ib.
6;-
1.
Per e ed
i
baizu
dinanzi a
ffamenga, temp, ma anche di iólo: graviór ca-
riflesso
puge pollice,
pral. pòli.
—
U. 88-40.
—
AU. 46. Perduto il segoh giogo. ava av avun odo -e -ono, ali. ad auvén udiamo.
bùr.
Vocali atone.
tra
oscilh
5; heóejrdìu, ìaisd-nù minca*',
da conson.
susseguiti
fonetici.
A. 1 e sgg. In è la 2.
pare che
a mincu;- prumim^ bidriàrd.
kunlent ecc.
come Muglia,
superstiti in Guardia,
Martillotti, Oliveri, Perrone,
41.
A. 57. Finale, non
suona
o,
ma
a
fila.
d.
—
E,
I.
61-64:
engu'rid ed anguria^' ecc.
Consonanti continue. ad aheìd, ad agiiìa ecc.;-
LJ. 72:
MNJ.
77.
—
89:
songa^' meditare
ali.
fi ali.
abejd
a
ali.
seima'*'
* Né trascureremo il trattamento subito dalla 2* plur. di 1* conjug. o gli elementi lessicali amierg" smorzo e sdì" esco, cui sta allato salùn locusta. ;
394
Morosi,
—
DJ. 80: g anche (diòrmu dùòrmo) dormo.
sognare.
in
mar ade,
;•:
Lo
107.
;-
s
Ma
—
di matister,
—
minim., Zara, aveva, teru e veru pres. indie,
una luna.
iird lurd
E
anche
ali.
Finale, persiste
simili, è
devira^, d'rant, veri^ e
gura\
òri,
89: abejd
a ru; e analog.
ali.
svevo.
dial.
kol'-
105.
magistrum, e
gòrmic
e
passa costantemente
,
lizél,
prà plus. S. a Pral scompare: rus
regola passa in r:
di
^=ll:
91.
Roes., ad influenza del locale
il
voc.
vora?\ carenda, carur; eicard, tera,
fi'^ra'>\
ad abeìd, agiila ecc.;uscio
Fra
L. 84.
sar, ei^ar, ahri"^r, pe^r, lingòr.
qualche caso in cui
gamenpa dies-dominica
in
—
JT.
dovuto, secondo
Tra
108-110.
voc.
tnennar
scretre,
ieri*',
in ils
:
duru dono,
di veri^ teri*',
subisce questa alterazione quando
finale,
venga a susseguire parola incominciante per vocale: tir ome, onte mon homme, hur ami; ali. a un camp, hun gurn ecc. M. 114. E in ^ anche il m romanzo riescito finale in nuù nome, ten gli
—
mur
tempo, pral.
ìiutn e
tómp.
Consonanti momentanee. riduzione
Le poche
in ca.
per ogni altro h goti,
morbido
questo non
^uruTià
mucchi
^e
grus;-
he,
^dter
e
ai§d,
comuni
al
pral.
—
141
—
meidd metà,
sp- di fase anteriore)
peca^ peccare, boi ed eiberora
se
bard*' 'pararsi'
postis, bilrk porco,
*spinóla
spillo
pilecc) piegato, bìiìn (pral.
—
iniziali e tra vodùpin pignattino, bidid bestia; dra- tra-,
i^adél rastrello, eiderba*' estirp.,
dre tre, dreni tridente;-
,
eibù
prim)
;
p,
,
beód^
difendersi,
ejberala^
sposo
a kere, e
Analogo affievolimento
ecc.
dosi tossico
:
ali.
cage ciascuno; oltre
ej§éli quelli,
lianno pure subito, in contrasto col pralese, t e cali (da -st
kol,
glau chiave, greìt credo,
;-
a kdter, ^ere
ali.
sempre gari quarto, Qaire quadro; eiga*'
a
ali.
letame, fieno ecc. a strati regolari (detti
di
a
ali.
gol
kulunó), aguli^ accogliere,
(pral.
a Pral Mica), ejgord scuola, eiguta*' ascolt. eigrire,
come
s'ha g,
sia,
anteriore: gauca^ calcare;-
di fase
(pral. kóti),
agticaf, fare dei
116 ecc. Di ca s'ha la normal
C.
volte che
expelliculare
érbie
erpice
;
bleé
ali.
a
eibia
,
(pral.
bru (pral. pru) abbastanza.
sottile,
133 ecc. Similmente tende a volgere
in
sonora la sorda riuscita
finale: bog legno, vid visto, ceid caduto, kòid cotto.
E
diventa cosi
naturale che la sonora, venuta all'uscita, stenti a passare in sorda: larQ, sahg,
gog
(solo
verd, surd, rejpund
per
(ali.
gurgite
ha gurk
si
al solo ariani),
ali.
a gurg); caud,
plumb.
Appunti morfologici.
Nome. tevole
la
176 sgg.
I
femin. sing. sono in -a,
voce pronominale
arisii' n,
uomo); forma ancora esistente
un
i
tale
in Delfinato,
ma
plur. in a'. 188.
(aris-tlr-ome
,
non più nelle
un
Notal
'Valli'.
Valdese odierno:
Verbo, 190
sgg. Negli infiniti sdruccioli
tipo sincopato, avendosi
il
ì'éiser,
gemer,
solo
al
ali.
dèn, la 3*
sempre
come nuz avén, nit partén);{mànduh). Per l'imperativo,
num.
il
-idh -id
mandiu -id come partiu aviu ecc.
(o -ie ?) -idh,
Notevole ruiisiu imperf. rùtisé rostite).
raandè
-èsi -è,
farai;-
dizu
riu,^ìHzéh;-
in
(ww 'inan-
mande)\-
-uh
in
non, piuttosto,
(o
-l'e?)
al solito -dvu ecc.
ali.
verbo incoativo
del
Sempre
S'apprende anche
1.
;
—
conjug.
1.
in -é la 2* {vu v.
alla 1. conjug., V-iu ecc. della 3.: -ià,
può dire che manchi téiser, kréiser, pa-
si
anche della
indie,
395
pùner,
téìier,
malsicuro Mxre correre.
e
la 1^ pers. plur. pres.
-èri
Neu-Hengstett nel Wùrtenberg.
2.
III,
{rutlsu
ìniti
rostisco,
futuro è in -ardi -are -are ecc. Congiunt. imperf.:
Il
-ésuh
—
-òsi {-ése) -ésuh.
veu, plur. veién'-
ecc.;-
196. fau, fut. fazarai
pou, poién\-
ali.
3* pers. sing. viv o vi; partic. vegù';-
viu, vivo;
dvuh odono. Avverbj. 199 sg. mes
a
sabu, sav sa;avii,
avi (ave), av,
:
ali.
a me, minus; di
Appunti È
gagiirn, giorno di lavoro.
éa^e e gurn, ciascun giorno; leccese uttisana,
lessicali.
certamente continuazione
cfr.
il
romaico
sinon.
q. dies quotidiana, ecc.
—
Piemonte
Ora,
il
di tal
vald. di
Neu-Hengstett e quello
natura da farci escludere che
desta colonia provengano dall'alta riore;
da farci ben
e
Chisone
e
afi'atto
dai
il
di-
vald.
dial.
e da Guardia.
divarj tra
i
generalmente
cake o
di
xaOr]a£pivvì, o
Qui occorrono eisùhlid
menticare e guvent gioventù, voci scomparse del
si.
piuttosto
precisamente
al
Germanasca
o
i
di
Pral
sono
',
Valdesi
di
pensare alla valle principale
territorio
posto tra
co-
dal Pellico supe-
del
Pomaretto-Perosa
(dove la Germanasca sbocca nel Chisone), e Inverso-Porte. Alcuni
fenomeni caratteristici p
a.
^ d
b e
il
di
Neu-Hengstett
tralignamento
di
(p.
l in r e
lo
e.
scadimento
di e
parecchi vocaboli,
kurin majale, mendid ragazza da marito) non
si
t
come
riscontrano però o
appajon solo sporadicamente nel territorio anzidetto; senza dire che solo a
Guardia
finato, la
V-èn della
e
dotti
1
i
si
ritrovano, almeno ora,
sporadicamente
1.
pers. plur. del pres.
in
Del-
dell'infinito sdrucciolo
indicativo.
Onde saremo con-
a supporre (supposizione confermata dalle ben note vicende onde
Aggiungo, a quanto dianzi et
e
prevalenza del riflesso non sincopato
ep
il
s'è
veduto (num.
1
sgg.,
57, 46,
108-10):
più delle volte invece di eik ecc. da esk ecc.); e lus lunedi.
396
Morosi, ripete
si
fondazione
la
Germania), che
questa e delle
di
valdesi
colonie
di
profughi da luoghi
Al quale, d'altra parte, alluderanno
dianzi accennato.
Peruzà
di
predominante sia quello del territorio
diversi, nella quale l'elemento
di
altre
una mescolanza
tratti qui di
si
di certo
i
nomi
Pinagd, cioè Porosa e Pinasca, dati a due villaggi val-
e
desi non lontani da Neu-Hengstett ^. In ogni caso, si può bene ammettere (colla tradizione, a cui si riferisce il Muston^), che Pragelato, alle sorgenti del
partenza
di questi
Chisone, sia stato
profughi,
ma
punto di convegno e
il
non già che
tutti o la
fossero proprio originarj di Pragelato: alla quale conclusione
porrebbe
Pragelato e quello
Quanto
^
notevole che
differenza
la
al
Neu-Hengstett
di
nome
di
riscontra fra
si
di
maggior parte op-
si
dialetto di
il
3.
Burgét 'Borghetto', che
i
Valdesi del luogo danno
a N.-H. e a quello di Yillars dato ad altra colonia valdese del Wùrtenberg, non possono avere un valore pel caso nostro, perchè troppo generici e tali
perciò che s'incontrano in varj punti delle vallate valdesi.
Roesiger,
e,
2
Op.
"
Colgo questa occasione per chiarire alcuni punti oscuri e correggere
cit.,
273;
Ili
cfr.
1.
0, n.
p.
8.
alcune inesattezze che occorron nel lavoro, del resto pregevolissimo, del
Roesiger: p.
20,
1.
11
e
Vi
14.
come
tizio,
il
di biù iù,
R. crede,
bove ovo, e
ma
non è
di fìok liok giok,
asci-
riviene, pel tramite di w, alla continua-
zione organica dell' Ò. Nei primi due esempj, l'accento è risospinto. ibid., p. 21,
1.
1.
29: peiror
patinolam
(cfr.
p. 35,
1.
21).
È pariolo
'pajuolo'.
24. Bursetiaire, nativo di Burg'et, e brutiaire (pral. id.;
hriistiaire)
scardassatore
,
,
non andranno sotto
-àtor. La prima delle due voci
si
-ar
i
o
,
pm.
occid.
ma
sotto
sarà foggiata analogicamente sui
nómi d'agente. ibid.,
1.
35
p. 30,
(cfr.
'fiume',
ma
1.
43 ecc., p. 60, 1. 27): hiàriàrà. Non significa d'acqua derivata' e quindi non è, per via di
10,
'canale
metatesi, da ^riparia, p.
22,
p. 24,
1.
14:
1.
5
ma
me men mensem.
(cfr.
p.
33,
1.
altri dialetti vald.
da *bedalaria;
cfr.
Diez
s.
bied.
Lecito dubitare dell'autenticità di men.
15 ecc.):
matister magistrum.
occorre questa voce con
t
al
In
nessuno degli
posto di g;
ma
si
magistru, voce della cultura e perciò mal assimilata. p. 26,
di
un
'lapsus calami' per Hubert o kilvert, poiché dubert, pm. dùvert,
si-
1.
13
(cfr.
p.
62,
gnifica 'aperto'.
1.
9): dubert, tetto.
Trattasi qui certamente
Valdese odierno:
3.
III,
Pinàche-Serres nel Wùrtenberg.
?>.
397
DIALETTO VALDESE DI PINACHE-SERRES NEL WÙRTENBERG.
IL
Combina nel suo complesso
col dialetto di
Neu-Hengstett
par-
e in
ticolare nei punti seguenti: nell'alterazione di l in r: vidro villa, sor
suolo;-
N
di
ur a go
in r: suraìo q.
on a déjà
dit, frc.
raizuru risuono, urur onore,
sonaliat,
dit
k
di
;-
in §, di t in d,
correre, gussi cosi, graissre crescere questo, ei^éh
•=
27,
1.
19
(cfr.
38,
p.
p. 29,
1.
34: eitrivaca''
vagare, che p. 30,
1.
(s'),
1.
5 p. 40,
1.
2
:
come
l),
9
(cfr.
= stravacarse
p. 72,
1.
è
aggiun-
non
è fe-
proprio del
94.
Non
vale
più di priisìdr
come
di
es.
16: rosa (rosa), rugiada.
18): cerlid'', bottajo.
1.
ma
venez. ecc.
(e,
in ri"re ridere e pe^'r pelo,
nm.
adacquare.
infatti a p. 70,
cfr.
divaria in pochi casi, cioè
all'influenza del locale dial. svevo,
rosa'' rorare,
da r;
toujours, vid visto;
ed e tonici e dinanzi a r
i
vald. e delfinese. Cfr. Pral, 38,
gè
e
pral. prilsìe
dopo
furtivo
nomeno dovuto
§ur
:
^e che
prùniàr rzprusidr. Sono due voci distinte: da ^'riiéss *pyruceo 'pera'. sdrajarsi. Cfr. pral. ejtrivacd; non da *extra-
cfr.
gasi, dinanzi a r da
p.
Ne
qui avrebbe dato ejtrivajàr; ma,
Uà
5 sgg.
—
,
3):
1.
'pruno' e 'pero';
presta.
frc.
p in b
di
gand quando
nm. 186; doutchouou,
pral. eikén
biìeriu piglierebbe, bratto
p.
;
ca per ca-, né riflesso di cellari
Non può
um. Ma
è
il
essere es. di ce da pral. gerlie, fabbri-
catore di mastelli di legno (pral. gèrla). p. 40,
33
p.
43,
n
in r).
pral. sacìero,
num.
1.
(cfr.
dunque p. 41,
1.
di
41,
p. 43,
1.
Ma
e
12: causire
sacchina
(es. cfr.
p.
Non
70,
1.
34):
risponde già a
andrà scritto
(ma
sacjVa =
siamo veramente a *saccaria tasca;
ital.
7.
11; causie scarpa.
cearium; p.
15 e
1.
p. 72,
1.
calcéum, ma
sì
a
cal-
cauQÌà''.
15 più correttamente causirà), calce.
Non
da calcinum, ma da calcina. E anche Piraye, p. 42, 1. 2, si dovrà scrivere Piragà; e rifletterà, non 'Pinaticum', ma 'Pinatica'; cfr. Pindca, Pinasca, tra i Comuni vald. del Piemonte. 1. 3: ni<jtf 'nuctem' (e a p. 67, 1. 27 con altra accentuazione, nuite), noce. Difficilmente sarà esatta questa forma. Forse c'è qui uno sbaglio per nùiid, corrispondente al pral. nùizo.
p. 46,
numeralo masch. du molto probabilmente si pronunzierà a come a Pral, dil, fermo restando dìid per il feminile. 1. 19. Ben dubbia l'esistenza di aièpiun, ricevono, e inammissibile che vi si rifletta accipiunt. Gli altri dial. vald. direbbero (oltre che piHen o prèùen) càpeii o acapen, dal pm. capè, ital. chiap-
1.
15. Il
N.-H., p.
47,
p.
49,
pare 1.
ecc. Pare,
27: giìrd,
dunque, che
fem.
di
fjar,
si
debba leggere acàpitn.
quale.
Pare un errore
di
stampa; e
si
Morosi,
398
per ai da
ei di fase anteriore: kraiss're e hraito già cit.
atono finale
;
per pw invece
di
pm
da
i
iplus.
per o da a
;
secondo è
II
il
divario
più importante; per trovare la spiegazione del quale non è però ne-
cessario di uscire dalla valle del Chisone,
dove già
patria dei fondatori di N.-H. Ancora,
nel dialetto di
a atono
e Porosa, occorre -o per
e.,
p.
si è
Pur notevole
finale.
veduta la Pomaretto
è sali*" 'uscire',
Chisone e alla Germanasca, mentre è d'uso comune sul Pollice Superiore come in Delfinato. Nemmeno per
voce
che
pare estranea
Pinàche-Serres adunque
al
si
può escludere
sione dell'elemento del Chisone, altri delle valli vicine
ogni
in
tratterà di [/ard, quale,
o
gerà
di
fjira,
'non punto d'uomini'. Di 1.
V. 1.
medesimo
una
fu-
-a.
Non
e.,
significa
è
delf.
al
queno
significato.
un pronome,
ma
letteralmente
gi, v. Pral, 199.
15: eifjén. Notevole, se è esatto che sia avverbio.
A
Pral e negli
un pronome dimostrativo neutro; nm. 186. Per 'li' 'costi', a Pral si dice ejhi, nm. 197. 31: bente-segìir, certamente. E tal quale la forma avverbiale ital.
altri dial. vald.
p. 50,
rispondente
il
1. 32 (cfr. ibid., 1. 37): pa-ji-de, nessuno una forma avverbiale: pd gi d^ome, p.
p. 50,
di
predominante, con
il
^.
quino, che nelle frasi interrogative ha p. 49,
possibilità
la
caso
del
Piemonte o meglio
è
'ben di sicuro'. p. 56,
1.
11: viàh 'vedono'. Si corregga in vìuh.
p. 56,
1.
23:
dit,
dice.
fatto incongrua.
E forma
affatto estranea agli altri dial. vald. e af-
Sarà uno sbaglio per di o
p. 63,
1.
27: flarte, focaccia. Forse non esatto.
63,
1.
32. fonse,
p. Q6,
1.
23: marcila*', stritolare coi denti.
p.
Il
diz.
pral.
lampo. Forse andrà letto fóuse; Il
pral.
ha
flàpo, torta molle.
cfr. pral.
ha
in
fuze nm. 137.
questo medesimo
senso macila^, che è un frequentativo di macà masticare. 69,
1.
13 prild priidà, deforme.
E certamente
p. 72,
1.
13: cabrolà, cavicchio.
pral.
p. 72,
1.
p.
'
Il
ha
briit
22: cidà, angoscia. Nulla di simile negli
Ringrazio quanto so e posso
il
prof.
brutto ecc.
cavilo. altri
Chabaneau,
dial. valdesi.
alla
cui gentilezza
debbo la conoscenza dell'articolo Provengaux d'Allemagne et le langage de Pinàche-Serres (Wùrtemberg) pubblicato da A. Roque-Ferrier nell'OcCITANIA, gennajo-aprile 1887. Vi si tocca brevemente, a pag. 18, del carattere saillant di questa parlata, che sarebbe lo scambio di N in r; e
a
p.
19-20 è data la rispettiva versione, procurata dal Roesiger, del noto
Salut à V Occitanie di Pin Florian. 2
Non
è
da tacere, che sono ancor
in
uso a Pinàche-Serres
i
plur. in
pegli aggettivi masch., anche fuor del caso considerato nello spoglio dial.
di
Pral nm. 177; quindi
si
grusi
garb sui suoi ricchi campi Pral; dove occorre altresì gabecà
si vici
;
ome
i
suoi grandi uomini,
e che gabario,
ali.
elogio, è
ali.
-i
del
a su
pur in uso a
a fjaba, elogiare per piacenteria.
Valdese odierno. IV. Saggi
399
Pral.
Pral.
1.
Versione della Nobla Leyczon ^
a.
Suvónt nu déoen veljd
frajre, ejkutd uo noblo Ifgjun.
niunt ése pré de la
Tee
1.
SAGGI LETTERARJ.
IV.
p§rké nu vén
letterarj.
Ben
fin.
Tcuriù
d§ hunà Òbrd, pgrké nu vén ké ìmint aprucàse de
oh prìero,
e ita
nu dóurlh
Là
la fin.
l
ése de fa
a beh niìlo
an akunipli óntieràmónt, k§ là è Ita ejkrìto l'uro kf nu sun al d'rie Pok nu dourìh sójtà, pfrké nu suh a la resto: tu li gùarn nu véh sen akimiplise: krejsiio dg mal e demtlnugjuh d§ beh. [10] lieti suh perìku kf V Ejkritùro dì: L' evangile u kgnto e San Paul dekó: ke niin
e Qont
tomp. li
li
om
ke viv pò pd soupe sa fh. Pr'ejkéh nu décfh d§ maj téme, perké
suh pàs'giir al
se la
mort nu piljeré ónkuò'j u demah;
guarn dal gugaìnònt,
h'duréh
fajt
mal
e kéli
dévgn krejre, k§
tùti l om,
aéréh oh glorio
e
l'
Ma V Ejkritilro
fait beh.
dal ìnunt p§r
malih 6n turmont.
li
sgparagjuh, k'a bejke
kaìit
ìiu
voùré G'esùs
erq§bré per óntier suh pajamónt e kéli
cakilh
k'àuréh
ma
Ejkritilro
fin
u
dì e
camih tònréh: [20]
diìj
Ma
ejkél ke
vó
pd
nuz li
krejre a
dal kumongàmont, ddupoj
ti
brave k'ià
k'Adam
furmà fin a tomj) p§rzont : ejgi a purè trubà, s'a l'd d'óntdnddmónt, pà gajre suh li salva oh vgjò'nt l àutri. Ma ohi persuno ke voi fa df bua óbra, lu ngm. de Diu lu pajre deu ése a kumongàmont dgu demanda òn agili suh giurili e kar fi, lu fi de Santo Mario: e lu Sànt Espri k'a nù Keti tré, la Santo Trinità, kum uh sul Diu déven ése due bua vio. [30] pria e li demanda k'a nù dueh la forgo perké nu loò'ssifn gahà deant de ndtro fu V é lu munt, lu diàu e la karn. E k'a nu du§h sapiongo ou buntà, pfrké nu pò'ssieh kumìisse la vio de verta, e §ardd puro ITimo ke Diu nuj d duà : Vaino e lu korp oh vio dg carità ; [40] pi?^T^'9 '^"^ ^^^'^~ e' ttà
ke
',
•
m§h
la
Santo Trinità e lu v§:ih pgrké Diu
hf nuz a
fajt dg beh,
rdngo ónt a rej dà ejkél kg fgré
mejzuh.
Ma
l'argònt, e
^
pà
go
ge"l,
là
e'
te
dgkò kél kg nuz a
k'a la
fh a nuz
kg sf kunte'h ón Ifto
ejkéh là
ah
ma
dg mal
t'nì
à kumàndà,
fajt
de 7nal
e
pa mo'k
kél
a§è fremo ejpe-
Ma
loge ónt suh giuriti liberge.
Iggjuh òntreré
pà oh
la santo
a la marta goni, k'estimgh trop Vor e
prumésà df Diu oh mejprizi
Questa versione neirodierno dialetto
di
[50]
e ke
garden pà
la
Pral è condotta sul tosto edito
dall'Apfelstedt, nell'Archivio di Herrig, ann. XXIII, p. 276 sgg.
Morosi,
400 lege e
kumàndàmont,
li
piit)ér le
E
perké
gòni? L'è per qo k'Adam à pekà
li
lur
s'guìj.t
he mal al m,eg d§ l'umào
à-lo
dàu kumòngàmónt, pgrké k'a
fin
germà
lu punì kuntro la dejfónso, e ónt X àuti a l'à
minga
ma
ni la làjsgn f/ardd a nùo bravo gont,
fan ómpacdmont.
i
In
l'à
gran de
mxirio s'móngo, a s'd ejmer'td la m,ort a él e a l autre kg sun v6n§ù' apre.
Nu poh
un
ben dire k'ejkì a Va a§ù'
Ma
brav dub sa passjùh. [60]
li
m,art bekuh; m,a Krist a l'à rejmìV
p§r ejkéh nu trob§n òn
k'Adam, n' d pà krejù' a Diu sun kreatùr.
dàu poj
fajt peg,
suh
i
nu pòh ve
D'ejk'i
abandùngh Diu lu pajre onniputónt
k'i
nomo
s§
à deifòndù', lu beh
li
m,àl gardà, kg niiz
l'è Ita
fajt
li
Kaih, lu pgrmie di
pgrké k'a
ra'zuh, tna
al kor
mal a
Eikéh, u pujé beh ve, k'a
lajsà lu beh e nuz ah ubrà lu mal: kum à d'Adam, k'à amdsà suh frajre Abèl songo nùo
ah
fil
buh
l'ero
Diu
e sg kunfiàvo ònt
lege de
la
pà
e
ónt la kreatùro.
kg nuz ah kurumpiio:
naturo,
nuz ah passa la mòsùro; nuz ah pgkà kuntro al Kreatùr e uffòndù' kreatiÀro. Nohlo lege ero kéìo kg Diu nuz à duà: al kor de coke om krlto a l'à
pàuSà, [80]
perké la
eme Diu ònt suh kor subra noble kuntràt, k'a l'aje l'aje
oh
kg la
li
suh Uà
e
suh
— e
frajre e vote beh a tuto l'autro gònt; k'a
li
Ma
ah stima
i
trop
i
suh
a vurio
Pà
Ita kéli
pà d'ùùr; ma ah munt
lu
e
pok
lu
§ajre
ke l'àh krgjù'
paradi
Per ejkéh nu trobgh kg biéh n'òh om kg di kg Diu faj pà la gònt pgr lajsàli
n'à paz
pò
'rpilà
tilt
kg cdku'h se garde kg là à dejtrùt
e
ònclàus
li
li
Ma
buh. Tant ero krejsù' lu ìndi e
pà kum a
Diu a
lur, kg lu dilùvi è
fajt fa l'arco
dunt a
l'à
lu beh dgmùnùt, k'òn tu lu munt
màj d'òt salva. Uh grant ejsòmple nu pòh pila òn kéto sònnu nus gdrdgh de m.àl e fàggh pònetòngo, dàu kg Gesus Krist a
òn San Lùk
lu munt. Eikeli
pou,
ar'ibe
marrt. [100]
è
kg
ejcr'it,
tùti eikeli
a kéli kg suh eskampà Diu lur à
fait i
li
a^ii'
tòngo: kg
la
kum
autri
l
e plùsiùr
la lege, [90]
a sa tòntagjuh:
Ejgi se
pgr'i.
vòhgù
à
ònsghe la drejguro, e
garde frem lu ìnariage, ké
k'àh abanduà lu S'nur duant-li
e
la ej-
sgrvi al korp beh pi k'a l'esprì.
perì.
dit e
pà àu
k'àh beh §ardà
kéli
dgmoùi
ah
la garde, e
fuse fajt a di; e s'a faj lu kuntrari, k'a n'òn fuse punì.
transgredio al
leje,
tuto kreatùro, k'a
superbia e stime l'umiltà, e fdge a
la
trio
a
Diu à p)àuzà ónt
à kumàndà. [70]
nu poh pila ejsòmple de
Ejgi
li
om)
e kréjfh
à duà la franci so: lu
legge de naturo kutniio a tuta gònt, k§
dg suh prim furmà; de puge fa mal u beh
legjun
dàu kumòngàmónt.
lai idòld a lur dejtrùgjuh, go kg dgffònt la lege k'è ita
I
kéto
k'òjro (l
sg
suh
suh
krejsit' e
suh pok erkurdà,
k'i l'àh
pà beh
nièsgh òhkà lu munt: e
fajt la
i
l'àh
agii'
ejkrit
:
e
dg lur S'nur,
i
ma
tah pok dg fedde e tah §rando
l'àh dit dg fa ùo tur
beh kumòngà, s'gunt go k'è
tùti,
l'aj§o pgriré
dal beh kg Diu lur
Ita multiplià: [110]
ma
krgji'd al dit i
kg la faréh pà, pgriréh
pruméso kg mai pi ònt
ma
i
fgmlh kg
pgr grdure-sé
ejk'i.
la'z
E
i
àjgd l'àn
diilh dg falò largo e tant àuto e tan
Valdese odierno. IV. Saggi grando,
T{§
Varibése ónt al
Diu
dejplagu' a
longage óntr' Udo
p§r
sjun,
Pò)
ejbulà.
k'àn p§rì gink
dand: a
dejtrùjt
l'à
numà
l
l
kundanà:
l'è ita la
un
am§h humóngà. Li longage sua
p§r
ita
legge, pckd greumont abanduànt pò pruvd àub la Santo Ejkritùro, dau
kelo
mal
oh fu'ek
:
e dejlibrà
e
on sualpre Diu L'è
buh. [130]
li
l
ita
à kun-
Loth
e
ma
l'uh
funno, perké ke l'à bòjkà kuntro la deifóngo.
Figi
a uh grànt ejsómple p§r tufo l'umào gónt: ke s§ déo§h gardà de go kg
Din
dei font:
on ké tómp
ónt la t§móngo dg Diu. ejlàj
S'nur
e
a lur à
e
ke piato a Diu, e a
p§r Igh tómp: [140] suh piiple
kustrejt
Pgr
la
mar
le
j suh pgri
rùso
kum pgr
suh passa
i
tuti.
ón-
l'à
D§ noblo goni suù Ita keli, a mmeg d' antro m,ario gónt:
Abréu.
be"l
ejsilt.
e dejtriijt l'autro
Ma
Biéh d'àutri m,iraku Diu à
ah brama al
i
trasmgtii' Mojsé, e l'à dejlibrà
pursuivin
gónt.
X
l'àh abita ónt l'Egitt
i
suri ita pgrmil'
i
om
Abraham.,
X è ita
góndrà uh patriarko d§ duh suh nd
e
ero
fajt disper-
keli de sa tnejsuh k§ l'ahge n'à cava. I l'ér§h katre per nìimbre, s'è
l'à
yràndo
kélo
là se
malin
li
Ejkén
iànt.
fa
la
k§ f§zlh lu
v'irla
pnijil'
per pa ke s'óntóndéspn Diu à
l'àh
i
kum
401
Pral.
hunfiizjun per sa malinità. Aluro
ma
la tur h'i
k'é la legge de naturo:
pà
l'àh
i
1.
fajt sabe. Bahilonio l'è ita
l'è d'ito
gónt;
pà
febés§h
Jc'i
munt
tu lu
a
la
ma
Qe"l,
a lur u à
e òjro
[120]
vi'lo,
e
letterarj.
lur enemis ke
fajt
pgr suh
li
piiple,
a X à nuri karànt'an ónt al dgzert e lur d dùd la legge ón duo, tdulà
dg pejro; pgr m,àn de Mojsé a
un S'nur
d'uo maniero noblo.
l'à
grmetu' : e
sulétt
a
l'àh trubd ejkrlto e urdld
i
à dejmutrà ése pgr tuta gónt
X
e
kél
degésgh hrejre e unrd de tu lu kor e teme e sgrvi fin al gùarn dg la fin: e kg càkuh vurgése ben aj antri kum a él méme, kunsuléseh là [150]
i
vèvà e sutóngésgn X urf'lih, lugésgh a fama e grdrejgésgh keli
li
kg la gdrdgh a
a lur à
pgrguri
biitd
e
l'à purmgtii' lu
li
l' Ejkritiiro
e l'è
Mar
a
a
bun a
i
dà fùak
e daj
tiiti,
sgrpónt.
téro s'à ejpartio e l'ónfgrn X
a
l'è ita
e In rej
kg kumbatigh pgr la Archivio glottol.
kg
i
suù
ita trónto
buzià,
legge,
vito e
ej-
e
malih a
li
Pgrké kg
sg
tran-
sóngo perdùh.
Ma
mÀlo kéli kg
siaj arestd
sun
amasà àub
e
ita
E
uh barùn d'antri ah pgrì: [170] la à grgebu Ejgi nu nu poh grpiXd dg ndtro .
Salumuh,
Isaìo,
XI (seconda
serie, I).
dal S'nur
i
ah
grdità la
gónt de kélo kalitd,
G'eremio
legge e fgzih dejfóngo.
ital.,
nu, pagésgh X
sgrvigi de lai idòlà
dejtriijt
Ma kéli k'àh fajt lu plaier Purméso. L à agii' niimbre dg noblo
David
Lu
ónt sa s'hurìo.
grando óndolóngo. téro dg la
ge"l.
l'à purmgtii' la
al dgsert, trónto mllo e dgp'i s'gunt kg di la l'ejpà,
li
degésgh beh gardà; e a
tuta furnicagjun,
e
ordre e fgzih lu mài, érgh mort e d'i
la
uHlro, rubarigi e m,ario ónvidjo , [160]
fàusà garantià,
fa muri. Aluro là X ero d' gustiqjo si
e vìtésgh i
rene dal
ón dgfónso, mgcìdi, avotéri
avarigjo e tùto mejcangità:
sgredìh
paure
li
ramónt; e kg sa legge
Le j
e plusiuri d'autri
ero
un
'p^^P^^
^^^
26
kum om, -D"'
402
Morosi,
dg tu
trid
Iti
munt. Li enemis hg
Grànt ejsómple nu pon
[180]
legge e
kànt
humandàmont, Diu kumbatìo
li
pekàvgh u fghlh lu mal,
i
Tant a
gónt.
Kant
lur kuntro
p§i'
érgh mort
il
^ràndo
d'óntùarn.
gardàvgn
i
gònt;
l'autro
da
e pila
e dejtrujt
lu piiple e pleh de
l'è Ita ejlargi
numbrù
jggrsgkutàvgh ér§k
li
i^i^A ont kéto leqjun.
la
ma
l'autro
ricéso, k'a vaj tira
de kau kuntro lu S'nur. Pgr ejkèh nu tróbgn ón kéto leqjun, kg lu rej dg
ala
Babilonia
tòm,p [190]
butd ont sa prejzuh. Ejlaj e
ah brama
I
turno, ont O'erilsalèm.
Ma
rej.
fousità! L'è ita
li
l àutre
rjardà la legge,
ma
plor
faristu e
àu gemni
e
Bill
film.
L'ange a
pgrké kg
G'esil's e
a salvare
suh vontre
la
u dgvgh
kànt é
ita
EJQÌ sg
iio
bién ónviajre dg
la téro
sii
kumpanio: dg
ta
li
dì: «
tu najsgré
Pauro ero notro Dono
pgrké V Evangile u
pann
lu filett; dg
ita fajt
i
di,
l'àh ómpatuld, da
ita
paure a
trej rej: glorio è itd
dud a Diu
d/ejkì a iih pok,
a l'd
al
silffert
ge°'l
l'è ita
nà
e
lu
ón
Ma
lu
A
pgrké
l'd grnuv'ld,
salvàmónt, e a
k'i l'è itd
a
l'd dit
La
e avuirà,
ma
la
vélo di 'in^lo
La
legge vgljo
sglo dg
gardà
pd màudì
lej
pd ón tuh
sie
nuvélo
La
oh
E
l'd
a
a l'd vtdpil' kambjd la legge k'il è itd
abandud,
grggbii' lu
batéme pgr duà
e lu siijtà:
pà purtà dg
la legge vgljo dgfónt
dì, tut óii uo,
parla.
krejsio
Aluro
la
'ina
a
kunióngavo
la legge vgljo
ma
pgrmét la
nu-
kg nuii s'ejparfiso go kg Diu d agilstà'.
lu vóntre kg d
la vgrginitd:
ma
filgtt
ónsgnà.
kg la karto dg refù' sg dggése dùà;
k'é lajsd, e
Tcèlo
giÀrà,
la
e
ejtéHo a
legge vgljo dgfónt beh dg kumetre furnica-
nuvolo grpilo lu ve
dg rumpre lu m.atrimoùi
e
pà kambjd pgrké mal ^ardd. A l'd
l apotre k'i batjésgii la gónt.
lu grnuvglàmónt [230]
gjuh
l'd
iio
buh. [220]
téro pa's aj
pgrsgkugjuh.
suh beh numd;
apotre, kg
lugà.
pd kità. S'nur, pgrké Diu l'd màndd
gragio e ón àge e oh sapiàngo divTo oh la kàlo a l'ero
kg d'nànt a l'avio dud.
dghó; m,a, l'àn pàuzd,
i
kg d'abaruà or vòlgh
l avari,
kànt é
e G'ùsép
kg ont la kgrpjo
l'àhge u anungià ai pastre: e dà kajre dg Levant l'a parejsil'
dgmandd duze
pgr
noblo damicelo dg raga dg rej: noblàmont a
grpilà l ónvidjù e
Biéh dg miraku suù
Ma,
gràndo
sì
Tem pa, Mario, pgrke uh fìl kg tic nomgré suh piiple da qo kg l'd ufóndiÀ,'. » Nàu me i Va purtd vgrgino gluriuèo, m,a pgrké i ftise pd grpild, dg G'iisep
krejre,
nd
poù
fg'sin
kg dejsondéja
u ejmgrtavo: poj a
il
il è voh^iio ejpuzo. [210] ejqgii
I
ejcritilràl.
legge, e
la
gònt pleo dg
gerto
Igii
fajt
l'umào dejsóndònQO a l'andvo a pgrdigjuh. Aluro
titto
kg lu Sànt Espri è òn
òntr'
amo
pridvgn lu S'nur [200]
i
màndd
l'à
a,
l'd salila,
l
pgr
ala
la gónt u vogésgh p'r'ése pi uùrà; ma a vài I pgrsgkutàvgn li sànt e li giist e li bun : àu
pgrké
salva ké munt, perké
e kustrejt
l'érgn poki l iibidjont kg gardcsgh
a^ésgh kròntjo d'ufónde lur
pok kèl uur kg mie
apgrmu'
su>j ìtà
i
S'nur àu lu kor grpontònt. Aluro
al
dg pd gilrà [240]
legge vgljo
frilt;
ma
la
nuvélo kun-
mo'k sulàmónt d'ejpgre dgpì dg'sì
kumàndo dg kumbatre
l
u de no
enemiz e dg
:
Valdese odierno. IV. Saggi
ma
renare mal per mal;
vongànqo al rej dal qeH trobfré
perdun dal
irto
òli
enemìs''
ti
;
niivclo di:
la
vdtri enemis e fe;é de bea a keli
pers§hu'teh
ma
veljo
'estimo
d'i:
pa pi
Tic f§ré
^
ti
La
e tu e aje
m.a estimò,
vu
Ichii Tcf
humàndo de pui
legge veljo
miilfesònt, -ma la nuvolo dì: 'Perdnd a oni gònt e
amis
pareli,
la
lajso
mal
ferén df
Iccli Ice te
vus vurèh mal, e pria p§r
Tee
vuz akilzen." [250]
e
5n paq
Qe^W La legge
rej dal
403
Pral.
1.
nuvolo dì: 'volete pà vòngà,
la
e lajso v'iure
ma
letterarj.
li
troberó perduri dal
tiÀ
tut JcjSo, perké k§ se tu perdue pà, tìi àure pà lu salvàmont' nu deh pà am,asd ni agé on irio nùo gónt, ni li simple ni li paure nu déii pa dejguld ni tèi p§r viHàh lu furejtie k§ voh d'àutri pai, p§rké k'ón ké munt nu sun tùti passagle. Ma perké nu sun tiiti frajre, nu dévfh tuti ì^grvi Diu. Ke^o è la legge nuvélo ke Diu à dit ke nù dèv^h tèi [260]
Pajre kf pò
;
e
a
l'à
demanda
si
Grek perdAkéseh
lu rmint e otisenésen là gont, a Abreii e a
sgh
la
maladde, ersusitésgh
li
kum
dì s§rpont, k'i casóse h
duà puestd su
gònt; e a lur à
kumàndàmont,
apotre e a lur à fajt lu
mort
li
e n§tjds§h
li
k'i aìiéseh
e
demòni
e garìsé-
Ifbrù, e f§':és§h a l àutri
li
ma
a l'avìo fajt a lur: d'or ni d'ergònt k'i fus§n pà pusgsùr,
Vito
vétimontà
e là
s§ tóngésgri kuntónt, s§
i
Aluro a lur purmét
ariéseh buo pag. [270]
p§r
a tùto l'umào
vurgésgh
lu rene dal qe^l e a
tonréh paurità esperitualo, à di k'a sàurio kali e
ì
àub
óntr' lur e
ben.
Tcéli
sgrìn vite kuntjà,
ke
k'eli
kg volgh ése paure p§r proprio vuluntà. Co k'ero a vèi a lur vaj anun-
muri
qià: k'a dgv'io
poj
e
kg dgvìn vèi d'nànt de kg
la gont,
emà
sten ita ejkrìta ònt al
trubà,
ita
persgkùtà.
kg
le
li
kàn nui àurèn
A
l'grsitsitavo
j avìh mai
dgmoni, fg~ònt tùto
sgkiltà.
L'ero
li
la
gònt
kre'io
dg fàli lu traìmont; kg s'a lur lu
vgrtii'.
E
fgz'io
a e
pgrké
lebrù e
kànt a
ci e i
a
k'i si
a lur e a
Ma
nu vòlgh nu
vgrtii' e fg:io
sùart a
li
fg'zio
kumàndàmont,
l'àh parla a G'iida e
hià, [300]
d'grprocc
e i
kg l'àh krugifià
uo kuruo d'ejpì'à a
l'àh blasfgmà.
A Va
dit
:
li
pé
la této
k'a
l'
avugle
duvi, e cagavo
i
l'àh
ah
gont lu
la
fajt
e là i
li
Erode
àub
él
E
e
siijvio; e
pónsà de l'amasà
ager, a l'àurio trónto pégà d'grgont.
ita keli
Krist è l
e kéli dal rej
ohvidjo kg
e
kuntràt,
lu
G'uda
mah mah fortàmont
é ita
dg mar'io gont.
ónguart e à fajt la trajzuh e à duà suh S'nur ónt là
Li Abréu sun
ve
lu pi dg ben, a l'ero pi pgr-
fg'zio
l'avìh
sg
mok kg per fa beh kg
l'è
àub sa divlo
faris'm kg lu pgrsgkiltàvgii [290]
l'antro gont dg glej'zo,
pgrké
ke
dejmutragjuh
l'à dit
e Igjgh l'Ejkrituro. Ejki
kgnu vélgh
ìuort li
là
Nàit-Tgstamont. [280]
leju', li
a gario
e
vìt,
sen e
li
fm. Biéii de bela similitudà a
Krist e segre sa dutrto, óntó
purén
a lur di
grsitsitd; e
la
i
li
àu
ah p)àuzà, dizont-li bièh
avio sé,
àub dg
fe'^
e
d'ejH
i
turmónt amar e dulujrù, kg l'amo è partio l'àh abourà. Tanti suù pokatùr. Lu korp è arestà ejki pòndi^i sii dg la krù: ddu korp pgr salva li ita
al
meg de
dilj
li
laddre: kattrg plàjà
i
li
ah
fajt songo
kuntjd
l auiri bott:
404
Morosi,
poj
li
ubért là cdtà. [310]
ci
somp m§hlà. Tnti du
là
nòtro
Maria
Dono
pgr fa lu htmiplimònt; p^rlcé un dì kavalié é Ahiro l'è surti d§ sành e cl'ajfjo on-
la ginkeo
òri fajt
li
i
vongìl' e
pré de
kànt
pti yra.nt,
km. Daj hrav a
l'è ita
Uh
la cru.
Va
i
suh
vTt
le
fjràìtt
j
l'è grsiisità al terg
avìo
Aluro l'àh
guarn,
e a
yràn goj kànt
agii'
aparejsu'
l'è
l'àh vìt
i
aj
vaiur, e a l'd dit a sì apotre
niunt a furo tutovto lur, e
dii
l apotre
per divTo dutrTo; se
uh
on
i
l'àh soupv!
i
Ahréu
l
Ma
nuz u
ejgoh
l
otn e
là,
mutràveh
i
num
la vio de
itd
Gesù
pgrké
Ma
Ma
n'oh fàh mal somblànt.
li
Sànt
li
i
pd
itd
Ma
ohkaro
bièh
pok dg
la sg
amàsen
l
keli
ejggh la se
esthneh
li
pd
la
l
li
kreìn
p§r-
apotre ónt la ternòngo
i
i
ejkrit,
pd
lajsdv§h
l'avìh fajt a
Gesù
mo'k pgrké
persekùtdveh lur, éreh
la fedde tànt,
l'è itd i
d§ notre S'nur:
kum
he Kristiàh déven
ése,
oh ejggh sg poh erpiTa Kèli kg pgrsgkùtgh
pd
ont
l'
Ejkrituro Santo, ni pgr razun,
bùtésgh ónt prejzuh.
Ma
dgpòj dg l apotre
kg mutrdvgh la vio de Krist notre Salvatur.
n'oh trobo karkuh al tómp pgrzont, kg suh kunujsu' da
La
goni.
pgrsgkùtd k'apeo bieh pi kg
l'avìh
i
bua, pigrké la sg trobo
pgrsgkùtdsgh ni
harke dutùr, [350]
sun
ita
Kèli he
k§ kèrgh ojro akùzagiuh e k§ persgkiltgh
kunfurtà
§rkurdd
dÀ, bieh fori li
turmont s'gunt go k'é
li
Krist.
tànt mar'io iemòitgo,
e
Sal-
parldv§h
numd p§rké
n'àh bièh amasd, kuni
i
ejkeli
kg
s'è
de Gesù Krist. Aluro a
pd d§
ma
i
fó'nnà k'ér§h du lur, ke per ejggh
Grandi sun
Krist. [340]
notro
a la fh dal
fin
krontjo
perké V Ejkritìlro u
trÒbeh,
ni lur fajt ni lur dit; tàn hg
k§
ita
dtdj
longage e la Santo Ejkrituro.
sekùtàvfh Abr§u e Sarazlh; ina tàh fori suù dal S'hur, e
lur
suh
i
Grek pgrdikàveh fezont bièh d§
e aj
hatidvgh al
li
li
l'avio dit: sóngo
pilple de nuvèl kunvertì: kristiàh n'i suù ita
Krist.
e
glorjo
ke
ónsenatit,
s§u d'ati-
kunvgrsà
l'd
kànt è vonguo Pantekiito, a
go k'a
a
didrJo de Krisf, [330]
fajt
e
suh suvongil' d§
vertu e Kèli ke kreìh
autre
l
d§ la
sii
cum a
sgu,
S'nur
lu
ina
tùti,
lu Sànt-Esprt, k'é he kunsulatur; e a l'd ònsgnd
Aluro
i
Ma
lur.
manda
a lur d
a
e
li
ejhl
l'ero
l'avìh
i
mori, nv, on turmont
fil
e a hunfuria pgrké d'nànt i l'avìh gran ptàu: [320] lur fn al gùarn de l'Asónsiùh: a l'è aluro munta on
d§
E
turnà.
è
afann
ónsòvli e yardA daj malih: a l'd tira
f§rn e a dit.
ma uh
apvtre sun eshapó,
l
itant drejt
i
vio dg
u poh
fa.
Gesù Krist Tànt
dutri kéli kg dgvgh
he suh melùr
pò kunùise ke là fèà se
ése
e lajseh i
i
ma
vur'igh beh mutrd, li
i
suh tàh
faus Kristiàh avùgld d'arùr e
ministre,
on pag
li
ddu poj faus e
l
iigrsekiitgh
k'i
onganou.
suh pd de buh ministre, [360]
ng per la tujzuh.
ve, ke se la h'à harkìlh
i
suh
Ma V Ejkrituro
de buh h'estime e éme
Gesù
dì,
e
Krist,
Ma
e
ont
perke k'i
nuz u poh ke vote
pd
mdud'i ni gùrd ni mónti, ni kumétre avutéri ni amasd ni pila go de l dutri ni vóngàse de sì enemis, i dìh k'a l'è uh Yaudés e den d'ése j^ùt, e
li
tróbeh acùzagjuh du bùzià e óngdnn. Pareli
i
purìh
tore go k'a l'd
Valdese odierno. IV. Saggi
gùstàmont
la maliqjo de
din he
l'è
letterarj.
hunforte
af/il'
sófre per
Ma
dejs'nùr.
ónt ejgpn la é klaro
mónti e giird e fa
e
e humétre avuteri e vongdse de heli he
uh hrav om
Kàn
om
e leal
mal
a
l'è
ernumà.
Ma
a
fin a
la
l'ù-
fan de mal,
li
se
garde
tàn h'a pò a peo parla, a de-
lu prèso
h'a sie
pà ónganà.
mando
lu prejre e a se voi hunfesà; [380]
lu
dal
l'ìiur
s§rè apareìà al partì de he munt.
li
gé'''l
405
Pral.
1.
kél ke
dànpòj he hi voi rnàudi
lur àutri,
amasà
e
rene dal
l'aure gran [/Iorio s'a l'à
Dunko a zur'ie
fort'mont
j^ei-ké lu
S'niir, [370]
i
Ma
{/and.
se
ma
segunt l'Ejkritùro a l'à
«Kunfè se-tè san e viu e atónt pd a la fui». Lu prejre diij mug u trej a rejpunt e a l'à vite li demando s'a l'd panuh pehà dejpacd. Lu prejre li di beh h'a pò pà ése asóut s'a ront pa tut go del àutri e ejmondo pà sì tort; ma hànt a l'àu ejqgh, a l'à de grandi ponsie: trop tarzà, he
dì,
:
a ponsò
h
òntr' él he s'a ront óntier'mònt, qo
A humàndo
dire la goni ?
a
sì
mejnd
a
resterè-lo
mejnà
sì
h'i l'erpareh sì tuart [390]
lu prejre h'a pósie ése asóut. S'a l'à gont liùrà del àutri
pat
dii
duj
gónt, lu prejre l'ahìto
p§r gónt
soldi
u ónkaro
mòhh
pei"
e
e
he
e faj
u magari li
fai er-
purmét p^rduh, h'a fage dire mésa per él e per si pajre e a lur purmèt pi?rduh, sie al gùst sie al feluh. Aluro a li pauzo là mah suòre la této: hànt a li duo depì a li faj pi gràndo feto: e li faj òntóndre mutrdngo
k'a
l'è
e
li
Ma
bièh beh asóut.
mal sua
ahità Kèli a hi a l'à fajt
li
tuart
:
ma él sere ònganà oh tàlo asulugjuh; e ahél he li j pého murtalm,ònt. Ma mi ónhàlu u dire, perhé he a se trobo ve, he tu li papo h'i è ita da Silvestre fin a hét e tuti li hardinal e tiiti li vesku
u faj ónhrejre
[400] le
onsòmp ah pà tàn de pugér h'i posien perduà uh sul pehà murtàl : rièh he Diu perdilo e nun àutre u pò fa. Ma ejgpn deveh fa heli he suh ministre : perdihd i déoeh al puple e ita ón prìero, e tuti l abbà,
tiiti
Keti
e guverndli suvont
[410]
lur la desipUo. Kèto è la
de divTo dutrlo,
veì~o
ermutrdngo
hunféseh sdmpldm.ònt sòngo nuo manhàngo Vito perzont, gojnd,
e catià heli
h'i l'djeh h'i
e
l'
he peheh duant
erpontemónt : h'i se
fàgeh penetongo ònt la
fa la carità e prid àu lu hor biilónt, perhé per hetà
hozd l'amo trobo salvacjuh de nui àutri mari hristiàh h'è ah pehà. La legge de G. carità. [420]
nuz ah abandùà, perhé
C.
plur e àub erpontemónt 2ìer trej Vito,
pehà murtàl:
la
li
la
l'è
castità
e
e
C: pauretà
Diu àub
nuz durèh
per plaièr
esperitiiàl di
ihniltd servi.
la vitorio
huntjà oh aheto legjuh de là
primo legge dejmùtro a
hrontjo
ni fedde ni
le
e
per superbjo de
mài. L'è per hèto vio he mi dèveh segre e
e estima la castità e segre G.
S'hur [430]
ah pà
j déoeh pà tarzd: àu nus cunveh d'erpard l'ufònso he nuz ah fajto
p)er hunvojtizo d'óJ'l e
per he nuz ah fajt
e stimd
nu'z
D'erpòntìse la nus hunvèh e nus
trej
hi a sons e
sii
Aluro nu segrèh
de notri enemis. On
legge he Diu à
razuh
hor nu dèoen
duà
go h'è hunuise
la
dal
mug a inunt. La
jìohi
al
Diu
vio
tèi
tei:
e
uurd suh
INIorosi,
40(3
Kreatnv, pcrké kél k'a l'à d' ontondeniònt pò ponsò, óntr'él, k'a s'è pà, fajt
da
k'd furmà lu munt, e erkunujsónt-lù bién lu déven uurd,
perhé
[440]
h'i
ci
sun Uà danà
heli h'u
ah pà
kundàno
più
e
he
tut oni
tomp perzónt nuz ònséno a
li
Ma
l'uffont.
la
Din de buh kor
etnei
pcrké Diu atout lu pekatùr e
dìlo ejp'erluhk,
suh buh plaser, [450]
e fa.
C.
perhé
a
perhé s'gund
si dlt,
suh
h'antihrist
tiiti
a servitù puràmont,
e
perk' a pósie fa penetongo
kermeréh
téro
e tùti
fin: e seréh aplàà
i
ì edifigi:
suh
[460]
k'él
nu hréjeh pà
ni a
fajt biéh d' antihrist,
l' ersiisiteréh
alùro
sere
tilti
fajt
e
seri
gùarn dal gugdmdnt. Lu i
nò
go
fah huntro a Krist. Biéh de
fin al
viu ìniirerèh, pòj
li
tilti
age, se
gardd fermàmont
e
l'Ejhritiìro ójro
heli he
gràndà pròva seréh da ké tomp
la s'f/iindo
terga legge h'é ójro al
à hnrnandà, e cse biéù avisà kàn voré Vantihrist, perhé si fajt ni
Ma
a sp^vìlu fort'mónt,
e
nu deveh pà pi
ónt la vita perzònt. D'àutrà legge d'ejgi on laj
de segre G.
vulgìl' fa.
duà a Mojsé mcè onseno a téme Din
legge he Diti à
perhé
ehél k'd sons e ra'suh he l'è
pò hunujse
decó. D'ejgpn
pà
él e l àutri
uh S'nur-Dtu
de
ge^l e la
oh
songo
vito
derìe gi'gà-
he
mónt. Diu ejpartiré sten piiple s'gunt go h'é ejhrit: aj malih a dire: « Tuléu d'àub mi,
anà
hundigjuh u sere
al
fiiah
ónfernal h'àuré painai fih
custret ejkl: pei-
perhé u sere danà songo
de peci
hantità
».
Per
trej
grèvà
per viu turmónt, e
e
D'ejheh Diu nu garde per suh plaSer
fall.
e
nu
due d'àuvì go h'él dire ai seu dizont: ' V'né-vu-nó'h àu mi, beùedì dà e pusedà lu rene he vuz é perparà dàu humongàmont muh pajre, [470] dal ìuunt, oh lu hai us àure de plazeì; de ricesà a d' lair'.
he S'mcr he à furmà tu lu munt he nu slh di càuzi per Gragio a Diu:
plaje a
óns'i sio.
b.
Parabola del Figliuol Prodigo.
Lej avio uo ve uà om. K't' di a
La
ita ónt sa huart.
om a
suh pajre: « Pajre, dun'mé
la
l'avio diij fi.
Lu pi guve de me luco. E
part de beh he
h't'i
fi a
lu pajre
dùj fi Qohe là lur v'nìo. Kalh gùarn apre lu fil pi guve erhól tut go k'avio piHà e se nóh vaj ón viage e arìbo ónt de pai lón lón, dunt a meo uo marto vito e a mingo tato sa sustàngo. Dàu h'àl à agii' dejpdnsà
duo a
tilt
si
suh beh,
l'è
vónguo
trubà ónt uo gràndo l'òutro,
ónt he pai uo
miserio.
gràndo
he lu inondo ón hampaho a gardd
e à vólo d' ilmpllse
de
caretio;
de manìeì'O h'a
Aluro s'ahomóddo dub uh de li
l aglànt he malàveh
pil'ark.
li
k'ii
E él dehò Ma nuh
pu'arh.
ejlàj li
s'è
s'hur de
d fam
n'óh duo.
«Kànti uvrie de muh pajre ah de pah tàh he i e mu'aru d§ fam. M'dugaréi e aneréi a la mejzuh de muh pajre e li direi: 'Pajre, aj pehà huntro lu qeH e huntro de iù e mórittu pà pi d'ése mima tuh fiH', per ejhéh tratt'mi hum uh de
Aluro a ponsò
óntr'él:
vòleh e mi ejgi aj
ti
servitùr'.
E
pà de minga
a faj pareli.
Ma
hànt lu pajre l'd
vlt
de
lóti,
a sónt
hum-
Valdese odierno. IV. Saggi letterarj.
pasiun d'
él,
a
li
kur onkuntro, a l'òmbraqa
servitùr: « Yitelu club
and
de, e
ejgi-mim
Ei
a l'ero niort e a
se bii'ten a fa
fumavo
gràndo
de cusle
l'è ersiisità,
mingùma
e pé, e
ùo viro al
itùma alegre: Perhé
e
a l'ero pierdu' e
M'be' k'i fesìh k'io feto lu
feto.
407
Pral.
al kol, a lu higo e a dì a si
beli bagage, butall
pi grò, amàsalù, e
pigici lu vél fiJ'T
pi
li
1.
i
l'àn ertriibà. »
fiJ'I
pi vej
non
s'
camp e aprucavo a mej:un e apre d'agé duvl h'ii cànt e k'io musikko, a demando a un di servitur go'k'l vulto dire h'io nuvelità. E lu servitùr rejpunt: « Tiin frajre a l'è turnà e tun pajre à fajt amasd lu vél dì
grà perhé k'a sandd. Aluro
pajre a t'aj
l'c'i
turnà ve
vettil
sort e lu pria d' intra.
mai desubeì uo
d'alegrìo dub
mi
ve.
amìs.
de niarìo goni a peo 'pajre
e l'à
E
a l'è vóngii', tic
fì->I,
d
huléro, perrhé tu se ita tutto dub ójro onto fa fèto
k'ero perdii
U
m'à mai duà un he ejlaj-tuh tii
pà mi
à
fait
fi^l
cabri
amasd per
e
de butàte on
meu
e sé tutio ejgi e tut qok' é
perhé tun frajre h'ero mort a
l'è
turnà oh
vita,
è ita ertrubà'.
agii' fajt la
kunkéto de
de Gascona à vulgù' anà
I, del
Boccaccio.
óti
la Téro-Sànto,
Ve aribà he uo damo noblo
dit e fajt
d'utrage de tùto
e
li
é vóngii'
I
li
ah
oh móni
sort.
d'ano,
La pàuro
ve'"
om
De
sic
d'él.
di he l'ero tòmp perdu', perhé hél rej a
l'ei'O
li
Keló s'nuro, kànt
pune he
plur ónt
li
l
ó->'l
deziru mo'k ke
oh santo pag
li
me duà
tiiti
li
il a agii'
rej tàh gark.
de ergebbre gustigjo de
d'i:
l'óngi'drjà
fajt
a mi.
Lu
i
veu pd
igi
e se
sónn
lu maltratdveh
e
h'alkuh de votri sugett m'àh
la satisfagiuh
utrage ke, d'apre go k'àuv, tni pó'sie,
rej ke fin aluro
kéli ke fezlh utrage
spere
ma
fajt,
de ìnutrdmi kum' fezé vu a supurtd vótri sugett
tic
vu fàh
tic
s'gunt votre ejsómple, supurtd go
ero ita
à kumóngd à duna satisfagjùh a
tiiti
perzónto al re; e
vf vù perhé mi
gark
e baluàrt,
àuvì k'io dóno parla d' hélo maùiero, s'milo k'a se
pietà
i
duvi ejkéh, a vulgù' almonko piHdse
I vai a palaj
«Majestà,
mumónt; perké pareli dekó
k'àh
fe'zése gustigjo.
tdnt vai-poh, he, beh
manìei'O he hànt halhiih avio rabjo huntro d'Un dutre, a se vónd'havo
lu plazer de
dub
li
s'nuro puìo pia duàse pag d' ejkéh
lu rej e demandali he
de fa gustigio al àutri, fezio ónviajre de riéh, kànt
él.
Mbe ah
pelegrinage al sepillkre de notre S'nur.
he s'ón fumavo de l'óutro, apre k'il è aribà a Cipri, kalk mari
li
è teu:
tuh frajre
deve dunha soupe h' a tòmp da prim rej de ^ipri, kànt Guffré de
Buìuh à
lofi
Sun
él lu vél grà.'
d' razun de fa pló'ntà
Tersione della noTella IX, giornata
c.
an he te servii e per fa un pò k'd minga tuh ben dub
kél a dì: 'Le j à tanti
E pure tu E ójro vettù
'Mun
rejpunt:
li
turnà akistà sun fiH san e salva on buo e a vul pd intra ónt la mejzùn. Sun
he kl'ejki s'arabjo
ile e
a sa kuruo.
a
sio
s'è bi'ità
apre ke
'rveld d'óh
l'à
gran
a catid sóngo
rìuo
Morosi,
408
Motti proTerbiali, sìmilitadini, scherzi
d.
Beiìàl {Beai) a suleìètt
1.
Abrì'l vee
kum
Si la
sole
al
Pasqua
e
al
venga come
al vòle - niaj arìbo club flur e fò'là. Aprile
maggio arriverà con
vuole, che 3.
Natale
fufjètt.
(e viceversa).
fuoco 2.
Pàho a
-
i.
plòu d' Sànt' Ano
-
e foglie.
fiori
mano. Se piove a
là ploic d'
S.
Anna, piove
manna.
A San
4.
Louróng
-
A
plòu 'hkara a tòmp.
là
Lorenzo
S.
la
pioggia è
ancora opportuna. S' là pilóu a
5.
San G'ervé
karànta gùorn
- là ptlàu
Se piove a
are.
S.
Ger-
vaso, piove quaranta giorni di seguito. 6.
Apre
7.
<S*
l'auro
Dopo
lu har'lett.
-
là fa bel lu
gùorn de
la
vento
il
Candelì^ro
la pioggia.
gran
- atòni
frejt
u grand' ne-
vì^ro.
là
8.
<S'
9.
Ki à
plou a San tero -
Ki semeo
10.
ve).
Meddr
gùorn
atont karànta
-
à gero. Chi ha
ha
fondi,
ejgàl.
liti.
kùro lu sakh dùà ve (oppure: netjo
ejpe' -
Chi semina
vuota
fitto,
il
suri gràie
dùà
sacco due volte (oppure: pulisco
il
granajo due volte). 11.
A
12.
S' là
la la
Mad'leo
-
la calano s'òngermeo.
si
Maria Maddalena
l'
Asónsiùh
D'abr?l, pàuzo nònko uh fiH
- d'
pùols paso lu baruh. Se piove
mese
filo
- h' Ita
glio far bruciare (per riscaldarsi) al sole nel
maj, qo k' là
nemmeno un
L'è rnejj fa kermà latta e cantie
che stare
- la
avrà più polvere che mucchi di grano.
levarti (del vestiario) 14.
S.
castagna s'ingérmina.
plòu lu gùorn de
all'Ascensione, 13.
giorno di
Il
i
;
di
16.
D'oer la sero lu gark se despero. Verso sera
17.
Ki barato
18.
L'Auro a meo pà dalla
d' la
i
me
ti
d' blìe.
E me-
travicelli della stalla,
gurnà. il
fannullone
si
dispera.
- se ^ràto.
medesima
19.
Ki paso Pò
20.
Ki à pi
21.
La
-
tutto sii
dal
meme
brikk.
Il
vento non tira sempre
vetta.
paso Yrajto.
d' fxH - faj pi d' tramo.
grajso e lu bun tomp -
pòh pà and ònsomp. La
prosperità e l'in-
dolenza non ponno andare insieme.
'
Non
non
piace.
di febbrajo.
La matta
majre
plaj. D'aprile,
a suleH he
tramezzi e
15.
e la
t'
maggio, ciò che
inutile avvertire che ricorrono per
buona parte
in Delfinato.
Valdese odierno. IV. S'aggi 22.
Ki mingo
turno
pah
fréco e suii
letterarj.
mejóùn
ccmt - sa
409
Pral.
1.
n' anré
pd óù
àut.
Chi mangia cacio fresco e pane caldo, la sua casa non andrà mai in alto (non si finirà). 23.
Pel de feo a mai ejtrangulà lup. Pelo di pecora non ha mai strango-
24.
Yal mej
25.
L'è mejì onkiioj l'uu ke
lato lupo (de
omone
minimis non curat praetor).
ardi ke grànt miifi. Meglio un'omicciatolo ardito che un
2^'cit
indolente.
demàn
Meglio T uovo oggi che
la pillo.
la
gallina domani. 26.
La mort
-
bazólo
il è
piHo ki se
i
La morte non ha
volo.
riguardi,
piglia chi vuole. 27.
Lu
pu'órk a munto
pia
dùà ve a
l'alp.
all'alpe (dove è ingrassato per 28.
29.
porco non monta due volte
Il
macello).
il
Kàn li hulunip sun plen - la giréjsà là sun amara. Lu mal ven a galopp e se 'rtuorno óuh là socà. Il male
viene a ga-
loppo e se ne va cogli zòccoli. 30.
Ki
kugo dub
se si
31. Kàii
là vesà - se levo
duh
la può'là.
Chi
si
corica coi cani
leva colle pulci.
32.
On' uss
33.
Pi là vaj
34.
Ki
à sun
-
mena
tabii'ss.
pi là
e
a'ze titco
Più
flajro.
dono meo
e
Ogni uscio ha
-
Pi
36.
AlV kum'
preso
la (ei)
al
moglie, non è mai
35.
l'd
ddngen.
cai ìnd'nkeh - là rata
li
e'
il
suo colpo (battente).
va e più
maj pi sonqo
la puzza.
peo. Chi tocca asino e
più senza tribolazioni.
pi Ve véso. Più ha da fare, e più è pigra
-
(di
femina
fannullona).
girare
come un
pigliare 37.
uo muro, nero come una mora.
il
matto. — Pila
ariete
serpente con
le
mani
G'anavél n'avio ma' h'uh prd li
lu
feo -
G'anavél
le locuste glielo
e
- là
—
hum uù are' matt, là man d'I'àutri,
Vira
la serp
du
altrui.
lòngùtà
li
l'dh
mala
-
l'auro arJbo,
sòngo peo. Gianavello aveva solo un prato,
hanno divorato; arriva
il
vento e glielo sega, Gia-
navello non ha più da lavorare. 38. MargaritOy di cougie'
Qihk a prd rosse,
-
rù
-
gajre de kaliiìajre avé-vù?
QÌhk d la géro a fa'
l
quanti amorosi avete? Cinque
cinque alla guerra a fare
il
soldato.
-
QÌhk d la vino,
soudd. Margherita, dalle scarpe alla vigna,
cinque
al
prato,
410
Morosi,
.
Bassa Yal-San-Martino.
2.
Parabola del seminatore.
Un semnòu
a
d'ia s'mongo
a
per and a semnd: 'mbe
surti
l'è'
lun d'ia vio e
cójto lu
l'è'
mala. U>y antro a Ve' cójto ónt d' téro e il
suWl
he
vite nejsilo
e'
d parejsii'
E
il e' seca.
téro e il
pgrké he
l'anàvo
la téro
e e' itd àut, il e'
ah
e
e l'àn tuto
pd §ajre
t'ren klapejru, dunt le j avlo
hruid
E
ejtufd la s^móngo.
pd
oh hàuzo
e
ihy antro a Ve' cójto ónt là rùngà
suh krejsù'à
là
uh
semnavo, wjo partio
h'
sun vonyu'
u'sél
l
e sii lai
bien
Ma
int.
pd
k'il avio
hànt
d' réig
ejpinà e la; ejplùà
un' dutro Ve' cójto ónt uéo buijo
a róndù' uh yràh gónt, uh sejsànto,
Vd
d'àu-
lu pi
guve
Qel h'
ilh trónto.
rélà p'r àuvi, k'duve,
Pramollo.
3.
Parabola del Figlluol Prodigo.
Una ve de ketì
uh
là l era
pajre.
Ké pajre
a l'd dit a suh pajre: «
fil
beh, k' vóju ano, gira lu munt.
Pohi gùorn apre, lu
and
s'n'é
uh paji
int
Ma
gran
mi
aj
fil;
me
Ebbéh: mi
d dund la part
maljd
kum
tratdme
a
vira ai de e
manda §ardd
E
alura a
ppàh
pu'erh.
li
E
Ma
pónsd'ntr' él: « Tanti ser-
l'd
fih k' vòleh
muh pajre
e
mi
e
de
E parel a
li
e
kurU' skuntra e a
« Biitdli la hota pi bela e
grd
e
mingómma
e
li
a kerpà
sój gì
dirli:
lu pil p'cit di votri servitùr.
lu vél pi
E
muùéa. L'è rivd h'ón
tuta sa
pd pi den
amasà
v'ria.
beh v'htnti" mingd d'I'agldnd he maljdveh
d'g'iddu d'ano, a
si servitùr:
h'ii
mufiéa e d lejsd lu paji.
lu giel e kuntra vus; sój
pekd huntra
l'd dit
l'd
pajre k'àh de
appena h'a l'd vìt de d'ión, a e a
li
caretta e él d sùbit agii' d' pati d'ia fam.
niih n'óh dunaoa.
muh
vitùr h'al d d' fam.
part he pò v'rlme de votri
oub uh s'nur' d' kél paji, k'Vd
s'è agiistd
pic'erh.
lu pajre
dunt a
bel ejhi a l'avia fam, e a Vavria li
E
Uh gùorn
fìl.
la
tut vóndìl' e s'è fajt
lóri,
kél paji l'è vóngil' 'na
a
d
fil
avìa duj
Damme
Muh
«
pajre,
numd vótr' fajt. Lu pajre,
d' ess' l'd
l'd
'mbrasd e bigd
causi" ai
f'zómma
ribotta,
pé e una perké lu
fX k'era mort a l'è turnd viu, lu fil k'era perdil' a l'è 'rtruvd. » Lu fil pi vej 'mbé k' v'ria d'i camp, hànt a l'è pd pi itd gajre lón d' la mejzuh, a l'd uvì
canta e sund e fa
l'era k'td féta.
E
ribotta.
lu servitùr
li
d
E
dit:
a l'd d'mdndd a
a la mejzuh e perhe d'ejkéh vòtre pajre d urdind d' fa pi vej a vulia
dejdit e
intra.
Lu
servitùr koza
pajre è surti e
l'd
féta.
turnd
l'è
Alura
prid d'intrd.
Ma
lu fil
él li
d
ann ke vu servu e vuz aj sampre krivf e vuz aj vu m'avé gamaj dund ma'k k'uh cabri per fa ribotta oub mi
rejpundii': L'è
maj
pd pi
uh
« Yòtre frajre pi guve a
gd
tanti
.
.
Valdese odierno. IV. Saggi
411
letterarj. 2-4. B. V.-S.-Mart., ecc.
amis; e ójra ekkul'i he ìnuii frajre pi yuve tuorna a mejiuh apre d'ave
kunsiimà à pà d'
sua ben
tut
me
raSi'ì'i,
mi
Icara ejgi oiib
e
duùe ordre d'fa
tic
meu
e tut qo k' é
tuh frajre a l'era mùart e a
d'ho
è
Lu
fctà».
car fd, d' lamontàte, perhé
til
Ma
teu.
pajre
TU
«
dit:
ah-
ita e ite
ójra vonta fa féta, pgrhé
a l'era p§rdu' e a
l'è 'rsusità,
a
li
sampre
sé
t'
l'è ìtà
'rtruod».^
Angrogna.
4.
Versione di frammenti della Nobla Leyczon..
a.
frajre, shuté
una nobla
leqjuh.
Nu
déoeh suoni veld
6n urasjun,
e istd
dappé de sa fh. Nu devrhì ése mutobeh hurià de fa d'buna uvra,... La lej a ben mila e gont ann Jcuìnpi ònteràmònt k'é istd sTcrìta l'ura If nu suh ar d'rie tomp: nu déc§)i kunvujtà
perhé he nu véh h'ejhè munt
poh,
nu
Jc^
kumpJ:
tùra di: l'evangeli
Ma
u kulnta
e niii
d'i,
'munt tonrèh poj duj kamih: [20]
Ma
lu pajre e
an
ém§h
pà
.
nu
ma
faj d' beh,
lu
sii
au
pum
l'à
minga
lu
s'móng
e s'è akistà
Ma
vongù' apre... biità (la
.
nu
l'à
la li
k'i
la lezésu,
tticc
l àuti
.
.
pgrké
i
.
.
.
Ma
ejkel
pgr
ejkeli
l
àidi
ke
sìih
La h'à
lu
A
gardésu
istà
Tant'era krejsuf lu
permie
e
vej k' eigon é istà
.
la
k'i
poh
legge e 'mutobeh d'ejkgli kg l'àn cuntravóngua ...e
pà pru ar paradì
.
buh pgr suh patimónt... Diu l'à
gardésu lu mariage, ejké noble akordi,
frajre e vugésu beh a
.
ongermm a
legge dg natura) ónt ar kor d'ejkél k'al à fa
i
.
Perk'é-la ke la
m,ort jjer él e
.
e
kroj ar
dar bèi kumon-
fih
k'era d' fondu' e a l'à
Krist a l'à rejmù'
kór dg tucc X om, pgrké
m,und
li
ont la Santa mejhih,
pghà
libertà d'
giira...,
d'mà
faj
pà
pué fa lu beh e lu m,d ... U puè beh gardà, ke nui ah lejsà lu beh e fd lu mal [40] duna
e
.
d/la kativa gont... [30]
perké k'Adam a
d'ia gont?
d' kativa
perké k'a
gràh
d'kó an eikél ke
qo kg la l à ónt éjsta Iggjuh a intraré
a ejké ina
qaX,
buh anaréh òn gloria
ku-
om dar
tuta
'ma la 'ngreva pòj d' tenìse l
krejre, k§ tucc l
Santa Trinità e lu v'Hh pgrké ke Diu u à kumàndà, pa d'ré
la
ejkél hg
kg fare
li
Oìn k§ viv pio
niih
u déc§h
li seti
p'riku kp la Skri-
persuna kf a vó fd beh, dev kumóngd dar num de Diu d'màndd a l'agutt suh fi kar e giuria D'I'istessa manlro kp
turmont...
nu'z
l'è lu
Fard d§kù: l§
e sànt
la Scriti'ira
guorn nu véh
li
Ajgoh
krejs e lu beh kala. [10]
nuisse sa fh...
Tu
à là sTculélà (agli sgoccioli).
sìih
ma
Ih
è
k'
li
d
mal
l'à skrlta ónt al
e m,ustrésu la dri-
agésu paig àu-d-i
ah beh §ardà
la
ah trop vur^u' beh ar
ma
e
deminùi lu beh.
^ Cfr. in Papanti, / parlari italiani ecc., p. 500, la versione della solita novella nel dialetto stesso di Pramollo. Pecca di inesattezze grafiche. Ma
ormai ognuno
le
può correggere da
so.
412
Morosi,
pd
h'oh iut lu ìnund n'd
agii'
maj h'ócc
somple on ejkcsta sontónga: [50] ionqo; he Gesù! Krist d dice, e ejkélihe la faréii pd
Il ah j)à
munt
niésu ónhd lu
tii
d kundand ar l'è istd
abitd l'Egitt
luhg tomp: la
dice de fa 'na Uir
.
.
.
.
.
.
li
avìa face...
pòu hg
aviu
il
p§r argunes§'
la; àjgà
ejki...
ma ah
ginh vlìà h§ fejziu
[60]
l'd
dgstrii'it
Alura de-
istd
la legge,
Diu
p^ri,
pervers e deslibrd
li
li
Lot e ejkeli de sa hd he l'ànge d fd sali... Il (li Abrgu) Ah ar m.eg de grama goni: ejlaj i suh istd aprim,d e custrecc per
ah hrid ar S'nur
il
e él
d màndd Moisé... I suh passd
li
a
^igr lu bel succ... (Din)
d dund la legge: a la
li
d' pejra
suh arhurdd dar beh h§ Diti
ar sòurfe: a
fiiih e
mar rUsa kumd
aeri e
sf
dn
e il
de natUra
la vó dì la legge
buh:
Poh
.
fagu pcni-
uh lahgage per tuta là gòni..., Li lahgage suii lu munt... Apre il ah p§kà desbordu abandundnt
la lej era d'ré
li
.
un grdnd'eje
on San Liik, he periréh tUcc
eskrit
l'è
a go h'avia dice suh S'nur, tna
crgjil'
shdmpd per
.
Nu poh perne
sarvd.
k^ mi s§ gardu dar mal
E
[70]
li
d armetiia per Mo'isé on dua tdulà
lej
prometta vita ai buh e amasava
mila e d' maj, s'gund he
la legge,
d'i
p fi-
d nicri hardnt'an ar de-
i
hroj
li
.
suh mori d'ia spd, dar
Trónta
.
.
fiiih e
daj
serpónt... Eihéli h'àh beh fd go h§ pjaj ar
téra p)rumetiia.
— La
David
Salumuh
e lu rej
S'nur arditu (ereditano) pòj la mutoben d' nobla gònt oh ejhéla manìra kumd
lej istd .
.
Ma
hànt i pghdvu e fejiih lu ma, il eru pré Per ejhéh nu trovu ón' éista legjuh, he lu
.
da laz autà nagjuii.,. [80] rej d' Babilonia
à
li
btitd ònt sa
arpontónt: duhhra a
prejzuh. Il ah hrid ar S'hur au-d-ar hor
d fd turno, a G'erilsaleìn: na
Ma
f/ardésu sa legge... li
li
la l'ej istd
farisìu e l auti skrittiral...
i
Kant
nobla damisela dg fam.ila di rej... [90]
a
mutobeh
Ala d'ìnàndd
d' ìnirahu...
kàmbjd
l'd vurcjii
la
legge h'al avìa
lu
he Krist è
l§:ù',
mori pgr netiava
divizia vertu,
goni:
t'munt
li
pè
li
mah...,
dice h'al avìa sé, e
a la kruj salì d'
...
Uh
i
li
li
E
G'udeu suh
e là
anà'n...
cagava
corh,
à
(G'iida)
istd eike'li
dizont-li
s'è fajt
li
una
al d dice a
e
a
tuta sors
uh
pìlple de
.
.
.
Lu
i
i
li
là tndh d'ia
ah hjuvd
for-
l'àh blasfemd: al d
korp è restd ejki pòndii
d diivert là kostà; alura là
li
li
avìn vi e
rej Erode,
mutubeh d'ómpròbi
vóngu
l
dar
suh S'hur ònt
biitd
li
truvd, hànt nuS
damoni fezont
he l'àh hrugifìd:
l'àh abeurd d'fcl e d'ejci
di havalé è
Alura
e
nu poh
farisìu hg lu persegiitavu eiki
sàhh e d'ajga mesca ònsèm... [110]
l'àh gardd...
l'ànge a
è istd nejsù', la
perse§ùtd d're' pgr fa beh: al arsùsitava
istd
L'era
e l auti d'ia prejvaja...
grama
màndd S'hur
a dunava la vista aj borhu he maj
Igbrù e fejiia aui
li
d'mirahu... [lOOj
istd
duie apostu he suh beh numd;
dund
apostu h'i batiésu la goni... Ejhì (oh la Seritìlra)
aurèh
poh d'ubidiònt he
fejsih parejse d§ gardd la legge, pgrhé la
gònt vejgésu, p§r ése maj unurd... Duhhra Diu d
s'è fa
istd
gónt pjena d'si gran fàusitd: l'è
Li buh l'ah sustrd
nou cunvertì:
i
suh
istd
e
li
li
è
hroj
nuniind
Valdese odierno. IV. Saggi Krestian... Li
pers§giitavu
G'ud§u
7'ajhm
e
maj ke
l auti ejkéli
Saraiin
li
—
din k'a
Ke
perscgikavu
li
Kuma
tàn d'pou...
pgrsegìitu tànt... Tànt suh
la tujzuiì i
e
pa
fejSiu
li
he devK
Ma
fort...
ejkéli Tee
perhé
buh k'éme
k'il
li
qerku djra d'ave
d'ejhéli hf
ému
e teme G.
l'arti
là féà d'ré
e
per
K..., [120]
Yaldés e k'al esmgrìtta d'ése pimi... k'ejkèl
l'è
413
faus ìcrestian òmhuì'nà da
li
ése pastiir...
se la n'd kerkiih d'
Angrogna.
letterarj. 4.
vó modi e
/tf
dire buiiaì'darià e gilrd e p''estd a usura e arnasd e adultera e vongase d'ejkéli k§
Ma
li
fan de ma,
din k'al è otn prìldónt e leal de rgputagjun.
i
a la fin k'a s§ garde d'pd Sse onganà. Kant In ina
tarda s'gunt
Lu
[130]
mut
pd
e al
Ma
Evangeli, ke di : « Kunfése-té san e viv e atout,
prejre
d'mànda
li
d vite despacà.
Lu
pòns'ie e
ponsa
au-d-ar prejre per pugé ése lu prejre
duigont, [140]
Ma mi da
ahbà, sul
'nkàlu a
li
pd
s§j
fai
perké k'a
di,
ónsém
il
l'd trop
la fin ».
ma
sei
mejnd
sei tori d'él.
la se trova ése
ke tucc
ve,
kardinal, tucc
li
tànt de pojsànga
p§kd murtàl... Oh pohi mut a
E
faj
e
ké
pat
u magara
per gòni sordi u onkd pgr món...
k'itti
ah pd
trej
ront
kànt a Vau ejgon al d
S'al d gòni liura del duti
asolt. li
;
koza restaré-la a
mejnd d'armondà
Silvestre fin a kest ejgi e tilcc
tilcc ejkesti
tori
s§i
òntr'él, s'a ront tutt,
kumànda a
dirén là goni? e
istd
2)rejre
a
pd
panuh pekd; a respunt dui u di, ben k'a pò pd ése asoli, s'a
s'al d
ejkén del duti e armonda
tut
gran
l'
hustrén tànt
lii
h'apena a pò parla, a d'mànda lu prejre e se vó kunfesà.
pape he sun
li
veshu e tucc
l
da pugé p§rdunà uh
kuintd oh kesta
l'è
li
legjuh dg la trej
dund ar m,unt. La prima legge mustra a ki d senn e rajzun a kunuise Biu e unurd suh Kreatur. [150] Ejkel h'd d'6nt§ligongo legge ke Diu d
s'è pd furmd sulett e l duti pa deko: d'ejgi ejkel pò kunuise he l'è uh S'nur Diu h'd furmd lu ìiiunt. ke Diu d dund a Moisé nu m,ustra a t'ni Diu e a s§r-
a pò ponsd ontr'él k'a h'd senn e rajsuh
La
s'gunda legge
Ma
vìlu fortàmónt...
se
nò suive G. K.
vónré fin
l'antikrist
.
. .
e
ar tóm,p perzónt, nuz ónséna nu déveh ave pd pi d'dutd legge
la terga legge k'é óra,
a em,d Diu d/buh kor... D'ora oh
laj
fa suh buh pjasi... [160]
Mutubeh d'miraku
ar gurn dar gugàm,ónt.
Lu
e
giel e
e ése
la
téra
kermaréh
ìnureréh, pój tucc arsilsitu oh vita permanónt. Tilcc [1000]
beh àntimst hànt
d'gràn demustragjuh saréh da óra
alura saré face lu d'rìe gugàmónt...
é
l edifìgi
tucc
li
vivant
saréh óngald;
(Diu) ai hroj
a
dire:
Ané-vus-néh lón de mi! ané ar fuik ónfernàl k'auré maj pi fin.»... Diu nus Qarde d'ejkéh per suh buh pja'zi [170] e a nus dune d'auì go k'a
<C
dire ai seu
anah
k'istà gctjre dizónt: «
Vnévunéh
àii
mi, beni
d'muh
lìojre
a pusedd lu rojome apareld per vù dar hmnóngal dar munt, ónt ar kàl
US àure
d'iigjà, ricesà, unù.»... [174].
Morosi,
414 b.
Parabola del Figlìuol Prodigo.
La fera ima vira uh om. Ejkl'om a l'avia fil a l'à dice im gurn a sun pajre: « Bunème perhé voj andm'ne a gira
Ehku
ejhi
and
pre' e s'n'è
Lu
lu munt.
poh gurn apre
Tcg
lu
uh pai Kant a
'n viage e l'è riva a
uno grafi carestia
2'>aji
Alura a
àu
s'è giistd
pànsà e
mi
malavu
mun
pà he minga
pajre, aj
camà
vost
pare.
Ma
sjuh, a
l'à
sa
oniduh.
k'al
lo
av'ia
m'nd na
l'à
vita
vongùa
manda
ma
dunava pa. Alura
nilh n'àh
d' fàm.
kam-
'n
òm-
e al'aurio vurgù'
àn-d'-muh pajre ah
moni
e
ptc-^i
tut fini, l'è
afjil'
ci bèi ejlaj avia funi,
Aneréj dunt
d'
pah
muh
al à
h'àh voù
fin
pajre e
al S'hur e huntro d' tu e niòrittu
li
pà pi
direi:
d'ése
fi e 2^erke-d-l5 tratème kom,' uh d' vasti servitù. » E él a l'à face kànt lu pajre à vist d'ion v'nì suh fil, a l'è sta pré d'humpa-
Ij
è 'nà
a la skuntra, a
ejkist
artruvà. »
E
muh i
festa.
ha; e hànt a
la
e
b'voma
e
al era
l'è arsusitd,
a fa una grànda
biltà
hampana a
pè
caus'ie aj
li
mingoma
e
a l'era mort e a
fil
suh
sg
vej a v'nia d'in
'mbragà, a l'à bejzà e a l'd dice ai
l'a
lu piì bel visti e bùtéli
sii
anè perne lu vél pi grd, maschi,
perké
dunt a
loù,
he m'oeh,
kasi sùbit truvà ónt la gràh ìnizerjo.
s'è
Tcurìh;
li
pfkà kuntro
sfrvitù: « biltèìi e
Ma
àntr'él: «gajre d'servitùr igi aj
duna
à
li
kfsH
r/uvi d'
d'bp.ii
d'iìh d'èjkli s'nuri d'ejlaj, e kél l'à
2}ana a gai'dà sei hurih. plse d' gjànd hg
a
e
pajre a
pi
purQJuh
pi guve a l'd arkilji tut
fil
d'zuìiurd e l'à kunsiimà tut suh beh. 'nt kéj
Lu
dììj fd.
la
uh
anél aj de
e stom
alegre,
p§rdu
e
Oh he muìnont
l'à udii' cantei e
a
s'è
lu fil pi
sund, a
l'à
d'mdndà a uh s^rvitur koza vulia dir tut Ioli. Lu «tun frajre a l'è turnà e tuh pajre à fa aniasd lu vél lu j^i grà p^rlcé k'al à artruvà suh fil san e d'espost. » Ekhu lu frajre pi vej Ti'à munta oh huservitùr a respunt:
lèra, e al
à pà vurguf
intrd,
Lu
pajre a
l'è surti e
a
l'à
pria d'intrd.
Ma
an he vu servu e vuz aj maj d'subei una vira e vu m'avè mai regala uh cabri per fa ima rìbota diid-
ejhél à dice: « l'è tànt
vui
aj
maj mdnkd
-mej amis.
E óra
e
k'al è arturnd l'àut de tej
-dr-marià cumpanid, ehkuli, tu fa
spunt: «m,uh sé
sampre
là vonta
tu d
fil,
fd
nuna rajzun
festa,
ke
l'd
mala
él lu vél grà.
lu face seii du-
»
Lu
pajre re-
d' lamóntàte e v'nì 'n kuléro,
du-d-mi e ohkd tu se
sta igi
fil
amasà per
àu-dr-m,{; e tut lo h'é
perké tuh frajre al era mort
e a
l'è
mgu
perké tu
è teu: ora
turnà viv; tuh
frajre a l'ero pgrdìi' e d l'àh artruvà. » e.
Parabola del Seminatore.
[Nel dialetto
Un s§mnóu a
l'era sali
per
di
s^nind.
là
dal
Vangie.~\
E ontram,6ntje
tumbà ar luhg d'ia via
cjuh d'ia s§mi)ng
2 è
iuta mala. L'auta
purgjuh
il è
k'a s§mnava, uha pur-
e l ìijsél
suh vòn§ù'
tumbd ar meg d'ia pejra dunt
e l'àn
la X avia pà.
Valdese odierno. IV. Saggi gajre d'téra e a J è
Ma
kànt lu sulel
d fd sun
CO ke e
ha
vu
malin a veh
L'è ejkèl k'à arQevù'
l'argev
sii
—
u>j
arriva oh Tcauza d'ia Parola,
i
om au
e
Ma
pà
a l'à
kàìit
s§ shandalVza
om
d'ià spina l'è ejkèl
sedugjuh de là ricésà stenu
Ma
la
buna
kapi
la
e
gónt, u)j dute sesànta e
E
siibit.
e la
frìijt.
camp
k'al d
parola e k'a
gi d' réjg ónt
meg
Parola e ke
la
L'è jf r
èl.
lu cagrih e la persekugjun
munt
sónga
Parola de Din
là
au
k'al
gevu' la s'móng ar 2)ónsie d'ejkè
àuto
sfmnd. ónt ar kór.
E-n-ejkél
via.
om
uh
e
dunkra skutó
duti
e porta via qo k'era
d'ia pejra, l'è ejkel
per uh tómp;
Vué
krejsii'
bu>ja téra e
dute sesànta,
{in
gì d' reiq,
bòsu sun
li
tumbà ónt uùa
il è
s'móng ar lung d'ia
la
meg
pà
k'il avia
bosu e
d'i.
ui, k'il du.
d'I'dmprenura àu-d'-goj.
l'è d' re'
perké
dar sfmnóu. Kànt
di la 'parabola'
arqgmi' la s'móng ar
e
n'd purtd gòni,
k'àn d'durela per
l'óniont pd, lu
ejkih ke
purqjun
l'auta
iih gràii
friljt:
ironia. K'ejhéli
h^rmd
tumbà ar mcQ
il è
E
e l'àh stonca (estinta). il
najsùa, lìrrhé k'il intrava ])à aùànt ónt la téra.
sùb'it
s'è leva, il é istd
L'auta intrqjuh
il è seca.
415
Angrogna.
letterarj. 4.
k'al
i
li
lu t'reh k'al à ar-
au la
la
Parola,
Parola e
om
téra k'à argevii' la semóng, l'è ejkel
ma
li
il aresta
k'au
la
porta d' frìijt, d' manira k'iih gran n'ón rónt
Ice
un
dute trónta.
[Continua.]
AVVERTENZE DEL DIRETTORE
CONCERNENTI
1.
di
Era
stabilito
DELL."
ARCHIVIO,
PRESENTE LAA'ORO DEL PROF.
IL
INIOROSI.
che qui seguisse (ma più non seguirà) un'altra scrittura
soggetto valdese, che
W.
Foerster aveva promesso
dovuto essere una elaborazione rifusa e accresciuta
all'Archivio e avrebbe
di
un Articolo
in lingua
tedesca, pubblicato dallo stesso Autore nelle Góttingische gelehrte anzeigen (1-10 ott. 1888, pp. 753-803). del Foerster
—
Il
Salvioni conobbe quest'Articolo tedesco
mentre approntava per
la
stampa
le pag.
291-308 del pre-
sente volume; e lo citava espressamente a p. 303 (Un. 6) e p. 307 (Un. 21).
Ma, per suggerimento mio,
egli fini per
rimandare
cazioni più precise, alla redazione italiana che
il
senza indi-
lettore,
dell'Articolo foersteriano
avrebbe dovuto qui leggersi, siccome a quella che avrebbe rappresentato le
ultime cure e conclusioni dell'Autore e doveva uscire in questo mede-
simo volume, destinato a comparire, non già a volta.
—
Anche
prima che fosso
volume
(pp.
il
fascicoli,
ma
tutto in
una
Morosi ebbe cognizione del detto Articolo tedesco,
tirata la
sua 'Introduzione', compresa in questo
309-329), e si disponeva a dichiararlo.
Ma
egli
non
stesso vi
ha
416
]\Iorosi,
punto potuto profittare
Valdese odierno: Avvertenze di
esso Articolo.
data del 15 giugno 1888, e io ne ritirava
Quella 'Introduzione' porta la le
correzioni dalla stamperia
20 di settembre dell'anno stesso. Le coincidenze tra e quelli del
per
il
finali.
risultati del
i
il
Foerster
Morosi rendevano a ogni modo opportuna quest'avvertenza
cuique suum, sebbene
la
piena originalità
conclusioni del
delle
Foerster già fosse guarentita dalla data in cui usciva
il
suo Articolo nello
Góttingiscìie anzeigen. 2.
Una
malattia fierissima, e ancora persistente, avendo per grande sven-
tura dei nostri studj colpito
vembre,
la
prof.
il
Morosi
sul principio dello scorso no-
pubblicazione del presente volume n'ebbe nuovo ritardo. Le
pag. 401 a 415 sono state corrette da altri,
come
s'è potuto meglio, sul
ms. del Morosi. L'Autore aveva già rinunziato egli stesso allo stento di
stampare con Va
la
voce d«, hanno, e qualche altra omofona,
aveva introdotto nelle pag. 399-400. Dovevano poi seguire di Villdr-Pellice, di
ma un
è giocoforza
Torre-Pellice, di Prarostino e di
riservarli
ad altro tempo.
altro Articolo dello stesso
—
Anche
i
modo
ch'egli
Saggi letterarj
Guardia Piemontese; la
pubblicazione di
Morosi, che doveva esso pure
far parte del
presente volume {Il dialetto franco-provenzale di Faeio e Cella nell'Italia meridionale)^
si
rimanda a più
tardi.
G. Milano, 31 dicembre 1889.
L A.
L'ODIERNO LINGUAGGIO DEI VALDESI DEL PIEMONTE. DI
MOROSI.
Q,
[Continuazione e fine;
Parabola del
A li
v§nut.
dit:
—
part dì ben he
la
hoze, s'n'é partì p'r iih pais ìnar'ia
figliaol prodigo.
Un om avia diij fil e lu pìi guve a dì ar pajre: '^Pajre, me veh''. E lu pajre a l'à partì a lur li beh kg Karh guru apre lu fìl pu guve, apre ha l'à agu' raniasà tute sa
àhkà
l'à
Kant a Va poj
vita.
gran fantina
a
lòri e li
l'à sgejrà sa sustànqe
agii' tut sgejrà,
pajre e
rittu
pà
d'ése
dgmdndà tuh
a n'à kumpasjuh fil
dén
pù mgnà
e
trubà
l'è istà
l'à
fiP.
'itti
u'i li
dì ahó,
vòj l§và e
la reshuntra e
e
hrih.
E
ìnaj.
hàmp;
e
fil
E
i
li
Ma nùh
ne
m§ ne
vój
k'mà
suh
e lu bai, e
hél
li
rgspunt:
servitù^.
— A sg leva
tìi;
e siu
era mori e a
l'è
turnà 'n
a fa grdh
fgstih.
pà
intra.
dì a suh pajre
noh iurnava, hum a l'era dapé dg a camà uh d'ii sgrvitù e li dgmàhda
igi,
l'è
go
fil
la
él
a
e lu pria d'intrd.
tanti
an hg
ejqi
pé
e
arzui-
masà
sg bìità 'n
Ma
tg servii e aj
pù
vel
mejzuh,
go hg vulia
frajre è vóhgu' e tuh pajre à
Ma
i
a l'era pgrduf e
Alura suh
sg
Alura suh jmjre a sdì
— 'Bejha
vita,
pà maj
— Purtà
sgi servitur
uh anél a lu de e de cdusìe ónt masàlu e minguma e stuma alggre e
— Tt«"i
and a
sàuta ar hol e lu bejza; e
— Ma lu pajre dì a
sg bùtgh
a
E
dardnt dg tu e me-
lu giél e dardnt de
cinu óngrajsà pgrhg' a l'à 'rtrubà sah e salou\ e voi
li
bùia,
hrih.
li
a l'era àhkà lóh, suh pajre lu ve e
pehà huntra
fora lu vél ón§rajsà e
a l'era a
hum
a s§ vaj
bel vgsti e vgstiélii e biitàli
sùnge, perkg' ejgi-muh
a
fil;
kur a
li
Pajre, aj
^
demanda tuh
d'cse
lu
—
di
li
Mg
p§hà kuntra lu giel pilemé hum'uh di tgj
a vaj a suh pajre e
e
E
Gajre d'sp'vitur d/muh pajre
^
direi: 'Pajre, aj
li
oh vivant d§
veh ónt a he pais una,
hàmp a pastura
sòj
à di:
si e
ke vólfh e mi mòru d'fma.
fin
muh
aduhha,
li
d'òmpìse lu horp d'ie gànt hg malàvfh
l'avia d'zìr
n'óh dunavo. Alura à pànsà òntre
ah d'pàh
là
a hutnàngà a truoàse ónt lu bgsuh.
e hél
patruh ub Uh d'iu pais, he lu manda ónt
lu
XI, pp. 309-415.]
voi.
il
Yilla'r-Pellice.
5.
dttnemé
v,
él
lu
hulèra
rgspunt e
gemaj mànhà
df
ni'th
kumànt
tei
oub mgj amis.
Ma
e
pUra gamaj
hdnt igi-ttm
marie dòne, è vòngu, tu
—
(li
'^Muì'i fil,
sàmpe oub mi
sic
til
tava fa festa e istd alegre, 'n vita,
tu
a l'era perdu
m'à duna un
minga
k'à
fil
per
cabri
tiicc sej
e
mi
go k'aj
tìit
perhf e'ìgi-tun frajre a l'è mai istd trubd^.
dekò
è
E
de
a
él
li
dura van-
tò;
e a l'è
tnrnà
a
e
Torre-Pellice.
6.
Tersione dì frammenti della
Nabla Leyczon.
àntàndé una nobla legjun. Suànt ne devio vijd e
frrl,
—
mort
l'era
alegre
istd
kumpama
beh 'n
d face amasd In vél òngrajsà\
li
29
letterarj. 5-6. Villar-Pell., Torre-Peli.
Valdese odierno. IV. Saggi
oh priéra,
istd
perh§' ne vch kest miind ése dapé dar havjuh. Mutubih kuriùs ne d§vriu
d'bune óvre fa, p§rke' n§ véh
''se
ami
e hatt-gànt
mund
Tcest
f'ni dnter'mdnt,
làmp: poh ne dgvriu d'iird, pgrke' n§ v'ni a kuìnpimont, oul)' màntagjuh
seri
C.Ò-qì
sua
il'hò,
k§ nuh
he
p'rij
li
perkg' n§ suh
la
gartéh s'ia mort ne pijeré
p>o
pd savé sua
e
salva
resta...
ave'' la
df funga; n
pd
Skritura di e nuj-ejti
Ma
li
hì-P
hu'i
h§ krejré pd a he partagli
Icel
kumangdmànt, dupoì k'Adam
è istd
furmà
a purè truvd s'él avrà antònd'mànt, hf jjok suh
E
p§rh§' è kest m,d ónt l'umana gdnt? Per l'd
so hreatur
:
da
gi
gf^
minga dar pum kuntra
a òngerm'ni lu gràh d'ia grama s'uiàng... [30]
Diu
li
,
la
dar kumàng'mdnt, p§rk§' a
fin
e aj ejti
hreju' a
li
vén
[10]
Per gò ne déou d'pi teme,
fin.
Ma
gràin àn turmànt.
li
ar tàmp p§rzànt:
/l'Adam d i^ghà
d'minùqiuh d'bih,
e
ar darié
di ne
l'om dar m,und p§r doj kamih tànrén: [20]
tiij
h'a bìlke la Skritilra dar-fih
li
siin
li
u ahkoj u dumàn. Ma hdnt uhiduh arg§vrè p'r ante*" pagamànt kil
e kit Tc'avréh fajt bih.
cndréù àn gloria
titj
Bih fùh mila
Skritura di: L'Evangeli lu rakunta e sen-Pol
pd
n§ lu deou, kg
fin
sufi
d'mà
h§ viv
ma
k'n§
a la resta:
om
w'n§ré Gesù' ar di dar G'udigi,
h'avréh fajt
d'ia fin aprucd.
k'é istd skrita l'ura
ng polu ve h'ilra
i
suh
Adaiu
fajt
peg
.
.
Angigi ng polu pijd esàmpi d'ia legge d' natura, la kala n'àh kurumpùa,
passa n'àh la misura... Nobla legge era kéla, la kala Diu n'à duùd: ar
kor d'ohi
om
skrita l'd
puzd, h'ia Igsése e vardrse
legge bih
Lu
ah vardd
mutubih sua
dfltige è v'hii' e d destriìjt
hala al à sard
Ma lu
e
hili k'siih
mund...
li
buh... Ant
li
tilt
istd kili
k'àh passa ar
Ma
fajt
mund pd d'm
d'ót
dh p§rl e
Ma le
istd hìli
h'ia
d'iuj... [40]
fa 'n'erha ani In suh istd salvd .
.
skampd Diu j'd fijt prumessa, kg gamaj ant l'ajva inerirà i
temìn h§ l'ajve niésen anku lu
tur pr'artirósse engili... Li langage sua istd gita
Poh sua
Diu d
gràm. lu
ansahése drigiira...
e
avése pag u d-i frél e vulése bih a tuta duta gànt...
kale fe:ìh lu
a l'd dfstn'jl
li
gràm
ma: an fók e
li
e
pgr
mund tilt
lu
e
j'àn
mund
dlt
d'fà 'nn
sbardà. Qink
an sur fu Diu j'd kundanà [50] l'è istd Lot e hili d'sa kd
buh dfslibrd
:
Morosi,
30 k§ r àni/e n'n
P§r
fiànt...
Ani
tira...
la
mar-rùsa
karànt'ann ar dfiert
j'àh abita ant ar
l'Kffitt
kum per
cui jiasd
prumessa
d'Iran riccsa h'a vaj tira
kaug kiintra
ap§rmu'
e sard
li
E
micela d'raqa d're...
Ma
v'ire
oh pag
mdnt » :
p§r gragia
Yang§té pd,
«;
li
E
'ndésu per lu
k'i e
varisésu
L'era
suiv'x...
li
//dnt d'giezja...
sue
pfr
e
lassa la
huùa
arturnd e era li
E
li
Kristiàh
(j' apostu)
li
numd
e Ig
Kg
suri istd
Ma
s'ia j'é
man
è
.
j'àn ancud...
fort
e é aparesìÀ' ai so
àn
d dgskurù'
e
langage
i
e la
lur
[90]
kum
swj
e
fh ar
a
istd
,
istd
fajt
pur-
istd
l'auta
J'Abreu
.
Lu ma
korp è
A
l'n tird
iih s'è
j'av'ia
dit.
ahkuragd
dì d'I'Asansjuh...
santa Skritura... Sdnga p)H
i
par-
pòple d'nóv kunvfrt'i,
ììh
de kìli kg gerku
Mutu {ira
bih
li
uhaSjuh
mal n'ón fàh kuint... kal mustrùvu la via de Krist ina
ose, li
huh
S'nur
kreìu an Krist...
Kum
kejk dutv.r,
lu
visi
i
dgscasiésu
Krist
ar terg di
suivu tànt, kg Kristjàh dgcu
vate...
sdlvf-
humàn-
apòstu e fajt a lur
sej
dapé d'ia krug...
perke'
e Sarazih... [100]
d^'j' apostu
pa
ni sàmbi ni povre
sulgynànt p§r fa bih
pò
f/ràh goj kdnt j
su>j istd
i
ndhka
gànt,
av'ia
per ma,
gel e lassa
'nsenésu la gànt... [80]
e
Invu la dutrina de Krist... Alura è
Abr§u
màndd
a
ma
vangùnqa arre dar
istànt
Marie
u-d-le
pgrke dr&nt j'aviu f/ràh pft; sapivf
rande
e
ant la krug... Tuj j' apostu suh skapd,
sii
so d'anfern e è arsiisitd
E j ah
E
[70]
G'iida è istd d'zirùs e à fajt lu tradgmànt
li
avi'i
etd...
nass'ré {ih fj
farisiu hlli h'iu pursuiviu e kilt dar re Erode e
arestà angilì pandu'
Alura j àn
mund
k'I'àh krugifid,
istd kìli
ti
istd nassù' lu fln-
a vuju hàmhjd la legge kg d'vent
ma
inalavi...
li
i
istd j'u-
fgrén ma... perk§' s§ t'pgrdune pd, t'avrés
ktli k't§
iiun dev am,asd ni anirid
damoni
Pok sua
pd. Maria,... de
devu pd marprizid ...E (G. K.) d màndd
d'mdnt
Laj
ah brama ar S'nur kun-d-ar
i
hmnànda d'humbàte j'anemis
legge veja
ina la nuvola dì:
«Tem
suh bih numd.
likal
e
ptjeit.
Per gò ne tróvu ant
Alura Diu d màndd l'ànge a 'na nobla da-
di:
li
lu fintétt hersia
La
dund...
s'è slargò, lu 2)dple e
so S'nur.
» ant la kerpja l'àh puid kdnt é
G'esil' ...
duze apostu,
Tànt
.
d fajt turno, ah G'erusalem.
i
beissant k'oardésu la legge...
tétt...
.
.
per luh tàmpt
kór arpàntànt. Alura a
h§ t'numarés
fjurìin
h'iu re d' Babilonia j'd biitd oh sua pgrzun.
Ifgjun [60]
ìiosia
a j'd
j'd duna la legge... Kilt k'àh fajt bih lu pjazì dar
e
>S'nur àii ardita la tara d'ia
suii istd
d'aula fjràìna
vier.
bel siijt... (Din)
pìo'suiviu e
ke pur-
Ma
apre
nost
Sal-
dnkù s'n'on tróvu kejkiih ar tamp pgriànt, li kal suh kuhesii'... kejkvìi buh kg stime e teme G. K., kg vóle pd maledì, ni gùrà,
ni di d'bilzìe ni fa adulteri, ni màsd, ni pijà d'Io dj aut, ni vangdse d'sgi
anemis, [110]
i
dìh k'ic Valdès
e dì d'bùsie e gilrà..., la fin
sg varde k'a
sie
k' apena pòi p)arlà a
i
pd
dìh k'al
e è
deh d'ése pimi... Kg ki voi maledl galantóm, frànk
'ngand. [120]
d'mànda
lu
'
Kant
hi
Ma
om
arnumiiià.
ma
lu turmànta tàn
prére e se voi kunfgsà...
Lu prére
a
lu
Valdese odierno. IV. Saggi
letterarj. 7.
panuh pgkà: doj mut u trej respunt e vite à prére ha pòi pà cse asolt, s'a rànt pà tut là dj'ejti
dfspacà.
(l'inànda s'al à dì lu
li
Ma
srj tori. [130J
hànt a l'od
lidi,
a
diii d'kjél,
ke se rànt antier'mdnt, hoza aresteré a
la (jànt;
kumànda a
e
sej
k'a pose cse asolt...
Ma
dlru, p§rkff' s'tróoa
an
d'puissdnga, [140J
en laj
arparu
s§i finteti e
sei tori: e faj pati
h§
]}à
tujt
Papa h§
li
smj,
koSa
dirèii
u-d-ar prérc
Ma mi
da
istà
pà
pànsa de-
e
'ukah' a
Silvest fin
tm kisti ansém àn pà tati posa perduhd un sulp§kà murtàl... Anta legge pi ave, s'nd sulre G. K. e fa sun bim pjazi...
ti'tj
k'i
dgvu
ìie
k'j
a sgré 'nf/anà ah tala asuluqjun... ve,
kest, e tuj li hardiìial,
d'i'cra
fij
Bin
e arpara
yràn pàns'mànt:
l'à
31
['rarostino.
li
vesku
e
til
i
abhó,
Mtitù bin d'sen e d'grdndà dgiaustraQJuh s'réh da hest tànip fin ar di dar
Alura
giidigi...
s'ré fajt lu darié giidiqi...
«S'parave da
k'é scritt; ai gràtn dire:
avré fin»... (Diu) nu done d'ode (troijpo tardi): [150j
*
lo
ini,
Diu partirò
'
póple
s§lv.
lo
ìnaj
k'a dirà ai so d'rent k'sie vajrc
v'né hiih mi, benedett d§ m§' Pare, a pv-
V'ìié,
séde lu rene prwnettii,' a vù dar kiimànc'mànt dar pjazi, ricése, unur.
so
andà ar fok anfernal ké
mund, ar kal ui avré
'
Prarostino.
7.
Parabola del Seminatore.
Uh S§mn6u
è surti pj'r ond,d
semnd.
s'mong é tumbd arlung d'ia via e
N'auta part d' terra,
tumbd ónt 'na
l'è
i
eie
siibit nejsila,
l
E montre uiej sun
k'a semnavo 'na part d'In v'nitl' e
dunt
loja piéh' d'pere,
N'àuta part
l'àn stufa.
na grana
Ki
E 'n
tumbà armég di espine
è
i
l'àh tuta mala.
anta part è tumbà ónt
uh buh
e
l
pà
pà
era
l
p§rké k§ j'avia poh d'terra akól
hànt lu sulejl s'è leva, a l'à bruzà, e perhe' k'j'avia sehà.
i
la
vajre
(sopra).
d'réiq
i
Ma
s'è subit
espnne suh crejsiie e
tarreh; e
i
l'à
i
purtà d'Iran:
gant, n'àuta sasànta, e n'àuta franta.
à d'urele
per
ni,
k'i'oja.
8.
Guardia Piemontese.
Parabola del flgliuol prodigo Là
l
era ih egg in om. Ihé
n suh pàir":
dn
fil co
'
Si
'
Dunè>n
he la
aggiunga
li
tucàvn.
la
l'aoia
da
pàrt d'bih k'ia mi tuca'
Poh guorni
d'pòj lu
Lu maj
fil.
fil
.
E
guv'n" a ve dir
lu pàjr"
maj guv'n"
li
a duna e lu vej h'a
'Parabola del figliuol prodigo' abbastanza fedelmente
tradotta nel dialetto
BioNDELLi, Saggio
la
jom a
di
Torre dal
si{i dialetti
Pastore
Pietro
gallo-italici, p. 510.
Bert o
pubblicata in
Morosi, Vald. odiorno. IV. Saggi
'A2
oHlhoòn
/ijul
lutt
vjagyar e u l'ariva a
e s'ni vej
E
sitstànQ feh'mt vitta scapisird'.
li
carikia
(Jràì'ì
ve v'nìr oh
i
trucàr on fjràh
A
-miseria.
'n hanipàìia a pàjs'r
li
Aduhh
ni diinuva.
d'pàh abundunt vdu aount
nm
E
mi
cgi è
pàjr" e
niòrlw pà cu
lavuratur'
e
piins*^
ho jel a s've kumHn<^"
tal
li
elaj
pierk
i
a
sóffi'"
iìiej
pà
en'lt a ve far.
e
a
bel visti,
mej
nitél
mi
kj
mi
ìnin/fàr e
kmn inuh
ikil
Ntànt lu
fìl ìnej
e
d'téu
a lu ve vejre d'ion, a
curn
li
ah
huntr" d'tv,
riél e
pergoh tratt'mé
e
pàjr",
a il
M' surnm"
ni mieru.
pòhà' kimti" da
ini è
fìl téìc
Lu
'
l'n
Vistélù ab'
cusìer e pé, e ina vira a de e ané a pilàr lu
li
mingéh
a l'era perdiì' e
l'è 'rsus'tà,
festa.
kjaveli
grà', massèlli, e
l'd d' Si-
Ma panuh
mingav'n".
kiinipasjuh d'él, a lu 'mbraga, a lu bàjsa, e a dì e servitur: lu
mandava
a
la fthn e
din d'él: 'Kànti lavuratur d'muh pàjr"
hjamd
d'jess'r
avunt a kiinsìlma aver onìkoSà, ina
E jèl punì
dite: 'Jà,
li
Jan
paj't
ve f/usfn ab oh s'nur <Vlaj , ha lu
pìerk.
a
Guardia Piemontese.
.^pindn' k'a véj
T>c moti
pnjì.
k't
si
deri d' z'jimpiri lu korp d'gjànt ke
e
lott<M"ii"j. 8.
e .sten allegr', pikkji iké fiì a l'era i
E i s'vàh
l'àh 'rtruvà.
mori
kjavd a far gran
grànt a 'r'turnàva d'ia massarej a la kà'
e,
juv'i
struniunt e ikils canguh, a ve d'mànd" e serv'tur hi ko'za la vtdes
dir ikìla noo'tà.
E
lu serv'tur a ve respunt:
'
Tuh
fràjr" a
turnà' e
l'è
iiim pàjr" a l'd fàjt niasof lu vitèl tnaj grò', pihhji a l'd r'oist e 'rkilp'rd
la fìl
Lu
san e
t'serv" e t'è
far [il
surf'.'
iiH
pè
pà màj
lu vej k'a s'arràgga e a voi
ti
d'zub'di, eppìiru
d'alligrij ab' l
tèa k'a s'è tningà'
l'd fàjt ìnasà' li',
Alura
pàjr" a sài e a lu prej d'jintrd'r.
i'd
p'r
pà d'rehih
li
festa,
tic
ti
pà jintr" a
m'd pd màj duna' ih
E jeur"
vii
él lu vitèl ohgressà'.'
afàjt de
ti
mi
lanar e de e oni
Lu
h'appena a
ti
pàjr" a
pikkji tuh fràjr" ka
li
l'era
il
è
pur"
mort a
Uih fràjr" k'a l'era perdiì' vii ke l'àh ertruvà'.
l'è
la
l'è
v'hu
tii
'
ikeif
vii
kr
Fil me'',
t'si
tua.
ini
cabri pi
vitta,
respunt:
'nzirràr, pihhji
koia^mia
In ha'.
'L'è tanti jànn he
ihél a di:
beh téu 'n kumpanij d'giint d'màla
lavij e tutavij t'si egi ab'
b'suùàva far
amih meu.
E
sta' tu-
Jeuor"
la
turno' 'n vitta,
Documents per l'estudi de la lenga occitana 1. 2. 3. 4. 5. 6.
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