il Fatto Nisseno - maggio 2013

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Maggio 2013

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

Anno III Num. 21

- Tel/Fax: 0934 594864

a pagina 5

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

IL RICORDO

CAFFE’ LETTERARIO

IL VENTENNALE

La scomparsa della vedova Borsellino, una grande donna

L’Angolo dell’Avventura ospita Dacia Maraini

L’anniversario della visita a Caltanissetta di Giovanni Paolo II

di G.B. Tona

a pagina 6 e 7

di F. Falci

a pagina 22

a pagina 14 e 15

Gestione acqua

Esclusiva

L’intervista di G. Falci

Quattro chiacchiere con l’intellettuale Pietrangelo Buttafuoco

Un rebus di debiti, crediti, licenziamenti e assunzioni facili di L.Rovetto

a pagina 16 e 17

Politica di S. Mingoia

Palazzo del Carmine “Manca un anno”

Giorgio

Mulè

«Ogni volta che passo davanti ai cancelli di Rebibbia a Roma, la casa circondariale dove è detenuto Cuffaro, mi ritrovo a gridare: “Scusa, Totò”». Questa è una sua famosa frase apparsa in un articolo sul quotidiano il Foglio

a pagina 4

Fatti & Quartieri

su Caltanissetta

quartiere “autonomo”

“La grande incompiuta”

San Luca,

gli abitanti tolgono le sterpaglie dal “giardino della legalità” a pagina 36

di D. Polizzi

scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

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a pagina 12

E’

inizziato il conto alla rovescia in vista della prossima scadenza delle elezioni amministrative nel capoluogo nisseno. Campisi si ricandida e dovrà confrontarsi con un nutrito “battaglione rosa”. La strada si presenta per tutti in salita.

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Centro Storico

La grande piazza non vissuta dai nisseni

di R. Cinardi

a pagina 20 e 21

ISSN: 2039/7070

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Fatti & Palazzo del Carmine

COUNTDOWN Amministrative del 2014, quote rosa “agguerrite” di Salvatore Mingoia

A

lla fine di questo mese inizia il conto alla rovescia in vista della prossima scadenza delle elezioni amministrative nel capoluogo nisseno. Corsie di concorrenti affollate. Ce ne sarà per tutti i gusti. Rispetto alla precedente elezione la prossima tornata riserva alcune novità di rilievo, con la introduzione della quota rosa, anzi come meglio specificato dal presidente delle Regione Rosario Crocetta si tratta della introduzione della doppia preferenza di genere. Per semplificare, l’elettore potrà esprimere una o due preferenze, per non più di due candidature della lista da lui votata; nel caso di espressione di due preferenze, esse dovranno riguardare candidature di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda preferenza, per cui un voto andrà al candidato al maschile ed un altro al candidato in gonnella. Si concretizza anche così la cosiddetta quota di lista secondo cui nelle liste dei candidati nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi. Via libera quindi, a pieno titolo, alla rappresentanza “forte” delle donne in politica. Da ciò ne deriva che molte aspettative di candidature maschili nel capoluogo nisseno andranno deluse per il semplice fatto che nelle previsioni del prossimo anno, quando i cittadini saranno chiamati alle urne, è prevedibile un sorpasso sia a destra che a sinistra di candidati donne alla carica di sindaco. L’attuale sindaco del capoluogo Michele Campisi ha già staccato il biglietto per la prossima corsa elettorale: “mi ripresento – ha detto – i cittadini mi vogliono” anche se nella sua stessa area politica e più da vicino, nella stessa sua compagine di governo, c’è già chi si prepara a indossare scarpette e maglietta nel tentativo di ostacolare la corsa di Campisi. Nel Partito Democratico la vicenda della prossime amministrative si prevede più complessa. L’associazione politica

Big Bang di Matteo Renzi ha già ufficializzato la partecipazione alle primarie del Pd, con un proprio candidato sindaco (Annalisa Fazia, Vito Margherita, Josal Lo Giudice) in contrasto con la collaudata nomenclatura del segretario cittadino Angelo Lo Maglio, del presi-

Regione in provincia. C’è anche il Movimento Cinque Stelle che ha superato il banco di prova nelle trascorse elezioni politiche e alla regione che sarà presente con un proprio candidato scelto con le primarie del web. A proposito di partiti tradizionali c’è anche quello del neo

ficina politica nissena” ha preannunciato la costituzione di una lista civica da presentare alla prossima consultazione elettorale. I soci fondatori dell’associazione sono Gioacchino Lo Verme, Giorgio Villa, Carmelo Pastorello ed Ettore Cassarino. Hanno in programma un

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Strada in salita per tutti dente del consiglio Calogero Zummo e del segretario provinciale Giuseppe Gallè. Sempre nell’area prossima al Pd si respira già la candidatura tutta al femminile della coordinatrice provinciale del movimento il Megafono di Rosario Crocetta. In prima fila pronta a staccare tutti c’è Maria Grazia Bonura la più accreditata referenza del presidente della

eletto deputato all’Ars dell’Udc Gianluca Miccichè che dovrà scegliere di allearsi o di correre in proprio. In vista delle elezioni del maggio 2014 è nata l’associazione “Officina Politica nissena”, ispirata - dicono gli aderenti – al principio della democrazia partecipativa, nata come punto di aggregazione volta a migliorare la vivibilità della nostra città. “Of-

progetto che guarda al coinvolgimento di giovani e donne e non è escluso che prenderanno parte alla prossime amministrative con un proprio candidato alla carica di sindaco. La strada si presenta per tutti in salita e molto ripida per il sindaco Michele Campisi che rischia da qui ad allora di perdere per strada alcuni gregari e compagni di partito.

Ivana Baiunco Osvaldo Barba Alessandro M. Barrafranca Marco Benanti Carlo Campione Rita Cinardi Rino Del Sarto Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Filippo Falcone Salvatore Falzone Annalisa Giunta Leda Ingrassia Lello Kalos Donatello Polizzi Lucilla Rovetto Laura Spitali Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona

Disegno grafico Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 pubblicità: 389/7876789 commerciale@ilfattonisseno.it


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Maggio

Il ricordo

Rovello Un nisseno che pensava positivo Salvatore di Fiorella Falci Era un nisseno che pensava positivo: un’autentica rarità! Salvatore Rovello, scomparso improvvisamente da poco più di un mese, è stato per anni animatore della vita culturale e civile della nostra città, Presidente della Pro Loco e instancabile costruttore di eventi, che non erano soltanto occasioni per il tempo libero, ma laboriosa promozione del patrimonio delle nostre tradizioni, che diventavano strumento “moderno” di comunicazione e di legame sociale. Era nato sotto le bombe del ’43, lo ricordava sorridendo, e apparteneva a quella generazione del dopoguerra

Un forte senso dell’amicizia fu la chiave con cui riuscì ad aprire tante porte che aveva saputo trasformare una sconfitta in una speranza, con entusiasmo, con ottimismo, capace di costruire il cambiamento. Apparteneva ad una famiglia importante, di intellettuali e di magistrati, avvocato e funzionario prestigioso di un ente pubblico il cui lavoro era ricco di ricadute sociali, ma nessuno come lui è stato figlio del popolo nisseno, aperto e disponibile a valorizzare i talenti di tutti, a partire dalle piccole cose, “senza superbia” come dicevano di lui le persone che sapeva coinvolgere in ogni ambiente sociale, in ogni quartiere della città, in ogni borgata di campagna o paese del nostro territorio. E proprio da Presidente della Pro Loco aveva saputo interpretare benela funzione di Caltanissetta come capoluogo, riuscendo a tessere una rete fitta di collegamenti con le iniziative delle Pro Loco di tutti gli altri Comuni, inventando percorsi tra le tradizioni e gli eventi, scoprendo i fili di una storia e di una cultura comuni che per tanto tempo erano stati dimenticati. Riusciva a trasformare il campanilismo in valorizzazione del territorio, attraverso la collaborazio-

ne, lo scambio reciproco, l’amicizia. Probabilmente proprio l’amicizia è stata la chiave con cui riusciva ad aprire tante porte, a superare tanti ostacoli, tante chiusure, tante diffidenze: era un amico, una persona di cui ci si poteva fidare, da cui non ci poteva aspettare mai niente di negativo, il cui garbo non era ipocrisia da galateo, ma rispetto autentico per le persone e per le condizioni del contesto in cui si muoveva. Un amico di questa città di Caltanissetta, (che spesso diffida o è pronta ad approfittare), capace di una disponibilità e di una generosità senza confini, pronto a scommettersi, a rischiare, pur di realizzare qualcosa di nuovo che potesse qualificare l’immagine della città, promuoverla tra chi è lontano, renderla capace di attrarre e di ospitare visitatori, turisti, viaggiatori, di cui teneva statistiche accurate, orgoglioso di dimostrare quante migliaia di persone ogni anno la sua Pro Loco riusciva ad accogliere e a conquistare alla bellezza del nostro territorio. Aveva costruito per questo relazioni fittissime in tutta la Sicilia (era anche Vice Presidente regionale dell’Unione delle Pro-Loco) e fuori, andando personalmente a seguire eventi turistici con i quali proponeva poi “scambi” per portare amici nuovi a Caltanissetta, convinto di offrire un “prodotto” qualificato al pari delle mete turistiche più prestigiose. Senza complessi di inferiorità (altra rarità assoluta per un nisseno!). Sapeva unire, tenere insieme, senza prevaricare (anzi, perfino disposto a farsi prevaricare un

po’ se ne valeva la pena), capace di superare le delusioni, le incomprensioni che ne ferivano la sensibilità, senza smettere mai di sorridere. A salutarlo c’era tantissima gente, di tutte le età e di tutte le condizioni, giovani che lui aveva incoraggiato e promosso nei loro talenti e anziani di cui aveva valorizzato la memoria e la sapienza antica, Capitani della Maestranza e uomini di Chiesa, tanti sacerdoti confratelli di Alessandro, il primogenito sacerdote di cui era tanto orgoglioso, con lo stesso sorriso forte e sereno anche nel momento più amaro della vita, dal Vescovo che lo ha ricordato con un’omelia che lo ha fatto rivivere nella memoria di tutti ai lavoratori più semplici che riusciva a coinvolgere, a fare lavorare in qualche modo. Scarsa la presenza delle istituzioni, per un uomo che con tutte le istituzioni del territorio aveva saputo collaborare con onestà e disinteresse, spesso mediando con saggezza in situazioni difficili. Ma questo forse lui se lo sarebbe aspettato, conoscitore com’era della sua gente; e io penso che in fondo gli sarebbe piaciuto così com’è stato, salutato col cuore dai nisseni “senza superbia”, come lui.

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AVVISI GIUDIZIARI TRIBUNALE CIVILE DI CALTANISSETTA

PROCEDIMENTO DI DIVISIONE ENDOESECUTIVO N. 978/2012 RGAC ESTRATTO AVVISO DI VENDITA Si rende noto che in data 01 luglio 2013, alle ore 12,30 presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta in Via Libertà si procederà alla vendita senza incanto, dei seguenti immobili: Lotto Uno: La piena proprietà di un appezzamento di terreno sito in agro di Santa Caterina Villarmosa, cda Musciarello, di ha 1.60.19 ricadente in zona E. -Distinto in catasto terreni del predetto Comune al foglio 26, particella 121 (seminativo, cl. 2, di ha 00.19.70) e al foglio 27, particelle 50 (mandorleto, cl. 3, di ha 00.05.60); 121, (seminativo, cl. 4, di ha 00.19.40), 149 (sem. arbor., cl. 3, di ha 1.11.90), 202 (sem. arbor., cl. 3, di ha 0.01.00), 203 (fabbr. rurale della superficie catastale di ha 0.00.54) e 204 (seminativo,cl. 4, di ha 0.02.05). Prezzo base €uro 6.087,22. Offerta minima in aumento €uro 350,00. Lotto Due: La piena proprietà di un fabbricato sito in Santa Caterina Villarmosa via XXVII Maggio,3, 5, 7, composto da un vano a piano terra con accesso dal civico 7, adibito a magazzino, della superficie di mq.17 circa, due vani al primo piano aventi superficie complessiva di mq. 78 circa ai quali si accede dal civico 3 e due vani al secondo piano della superficie complessiva di mq.78. Il fabbricato è stato realizzato in epoca antecedente il 1967 e versa in cattivo stato di manutenzione. Distinto in catasto al foglio 73, particelle 262 sub 6 (piani 1° e 2°, categoria a/4, classe 1, vani 4) e 262 sub 8 (piano T, categoria C/2, classe 1, mq.17) Prezzo base €uro 19.350,00. Offerta minima in aumento €uro 1.000,00. Domande di partecipazione in bollo, contenenti la indicazione del prezzo, del tempo e modo del pagamento ed ogni altro elemento utile alla valutazione della offerta, da depositare entro le ore 12,30 del giorno precedente la data fissata per la vendita presso la Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta. - Cauzione: non inferiore al decimo del prezzo proposto mediante assegni circolari non trasferibili intestati alla Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta – Sezione Civile – Procedimento di divisione endoesecutivo iscritto al n. 978/2012 RGAAC Versamento residuo prezzo entro 60 giorni da aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà il 15 luglio 2013 alle ore 12:30, al prezzo base sopra indicato con offerta in aumento non inferiore a € 350,00 per il lotto Uno e ad € 1.000,00 per il lotto Due. Domande di partecipazione in bollo da depositare in Cancelleria entro le ore 12,30 del giorno precedente quello stabilito per l’incanto con assegni circolari non trasferibili, intestati come sopra, di importo pari al 10% del prezzo base d’asta suddetto a titolo di cauzione ed in conto prezzo di aggiudicazione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’incanto, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c. Il tutto nello stato di fatto e di diritto in cui si trova. Presente avviso, ordinanza di vendita, elaborato peritale ed allegati, consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it e sul periodico quindicinale “Aste Giudiziarie”. Per ogni ulteriore informazione rivolgersi alla Cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta. Caltanissetta lì,17 Aprile 2013 Il Funzionario di Cancelleria Maria Cagnina

TRIBUNALE CIVILE DI CALTANISSETTA SEZIONE VOLONTARIA GIURISDIZIONE

DICHIARAZIONE DI EREDITÀ GIACENTE E NOMINA CURATORE

Con Decreto del 31.10.2012 il Giudice unico della sez. VG, dott. C. Camilleri, su istanza della sig.ra NATALE Michela Claudia, ha dichiarato giacente l’eredità del sig. Calogero avv. La PAGLIA,nato a Palermo il 06.04.1926 e deceduto in Caltanissetta l’8.06.2011. Con lo stesso Decreto , ai sensi dell’art. 528 del C.C. è stato nominato curatore l’avv. Claudio Massimo Giuffre’, con studio in San Cataldo, via Nicosia 10: Tel/fax,0934/573262 e pec : avvclaudiogiuffre@pec.giuffre.it Caltanissetta 30/03/2013 Il Curatore dell’eredità giacente Avv. Claudio Massimo Giuffrè

TRIBUNALE CIVILE DI CALTANISSETTA SEZIONE VOLONTARIA GIURISDIZIONE

DICHIARAZIONE DI EREDITÀ GIACENTE E NOMINA CURATORE

Con Decreto del 06.02.2013 il Giudice unico della sez. VG, dott. C. Camilleri,su istanza dell’Amministratore Unico della Promotea srl, ha dichiarato giacente l’eredità della sig. ra MARCHESE Lidia,nata Caltanissetta l’8/10/1936 ed ivi deceduta il 19.12.2012. Con lo stesso Decreto , ai sensi dell’art. 528 del C.C. è stato nominato curatore l’avv. Claudio Massimo Giuffre’,con studio in San Cataldo via Nicosia 10: Tel/fax,0934/573262 e pec : avvclaudiogiuffre@pec.giuffre.it Caltanissetta 30/03/2013 Il Curatore dell’eredità giacente Avv. Claudio Massimo Giuffrè


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Una chiacchierata con

Pietrangelo

Buttafuoco

Roma, a pochi metri dal Pantheon lo scrittore ci racconta la sua “Sicilia”

di Giuseppe Alberto Falci

È

una giornata di sole a Roma. Siamo a pochi metri dal Pantheon, ed in un bar noto per essere frequentato da giornalisti e politici abbiamo appuntamento con il nostro interlocutore. Il nostro, se non fosse chiaro, si chiama Pietrangelo Buttafuoco, siciliano di Agira, giornalista e scrittore, autore di molteplici libri, ed animatore del dibattito politico nazionale. Camicia bianca, cravatta a righe di maglina, giacca color marrone e occhiali da intellettuale. Prima di varcare

sconi, oggi tornato fra le braccia del Cavaliere. Cosa ne pensa? In principio ho pensato, ecco, il Cavaliere lo protegge fino in fondo il suo Gianfranco Micciché. Dopo, dopo attenta riflessione, ho avuto il lampo chiarificatore. Guarda un po’ che perfidia, mi sono detto. Il Cavaliere, mettendo Micciché sottosegretario – dunque sotto – in un governo dove il Vice-Premier è Angelino Alfano – dunque sopra – ha voluto fargli il più raffinato dei dispetti. Insomma, lo ha castigato mettendolo

colo. Faranno chiudere un gioiellino come la fondazione Piccolo. Che ne sarà della Sicilia? La “Sicilia bedda” continuerà a restare a galla? Paradossalmente una situazione di crisi come questa la Sicilia riesce ad affrontarla meglio. I nostri paesi sono afflitti dalla solitudine. Lei da anni vive a Roma, quando è stato l’ultima volta in Sicilia? L’altro ieri. Sono stato qualche giorno a casa mia ad Agira, e poi per un incontro ad Enna.

“Caltanissetta, la Taormina della campagna” l’ingresso del bar Buttafuoco saluta una bella signora, probabilmente colpita dal fascino e dall’eloquio dello scrittore, e poi si concede al Fatto Nisseno. Per parlare della situazione politica nazionale, della “Sicilia bedda”, e per finire anche di Caltanissetta, come la chiama

all’ombra di Angelino. In questi mesi si è parlato tanto del “modello Sicilia”, della rivoluzione di Rosario Crocetta. Il governatore ha occupato le cronache nazionale. Ma dal re delle nomine, Raffaele Lombardo, al neo governatore è cambiato

La bergamasca Michela Stacheris, assessore regionale al turismo e segretaria personale del governatore Rosario Crocetta

lui, di “Nissa la bella”, «la Taormina delle campagne». Buongiorno Buttafuoco, iniziamo dalla politica nazionale. Dopo essersi fatti la guerra oggi Pd e Pdl sono al governo insieme. Era inevitabile? Non era inevitabile se vince il princi-

“Mio padre è stato direttore didattico in provincia di Caltanissetta” pio di realtà. Non c’è, al momento, altra strada e i cosiddetti “grillini”, con tutta la loro imperizia, uniti agli irascibili (tra di loro) uomini del Pd non avrebbero potuto concludere. Per mancanza di tecnicalità. Insieme, avrebbero fatto “il secchio e la corda”. Ma senza però un pozzo da cui attingere. Il governo Letta nasce con una folta presenza di siciliani. E fra questi si annovera la presenza di Gianfranco Micciché, prima traditore di Berlu-

davvero qualcosa? La Sicilia è peggiorata perché accanto agli stessi danni c’è una sorta di complicità dei giornali avallata dal fatto che un governatore di sinistra non possa fare peggio di quanto abbia fatto il padrone delle clientele. Tanto è vero che la cacciata di Franco Battiato dall’assessorato per poi sostituirlo con la segretaria personale Michaela Stancheris non ha scosso nessuno dei tanti sostenitori di glamour di Crocetta. Ci racconti un po’ chi è Rosario Crocetta... La cosa che più interessa lui è quella di esser diventato un personaggio. E in questo c’è riuscito. Lui non ha a cuore un progetto politico. Poi la cosa straordinaria è il suo cerchio magico, che riunisce nel fine settimana a Castel di Tusa. Ed è lì che definisce la sua azione politica. Poi lui non ha la capacità fattiva, drammatica, di un Pisapia, di uno che pur essendo in minoranza ha la capacità di essere affine a quel mondo. Per completare il quadro è stata approvata un paio di settimane fa una finanziaria che ha sollevato un polverone a causa dell’approvazione della “famosa” Tabella H”. Non solo. Con la vergogna di Casa Pic-

Ma almeno dal punto di vista cultura si salva questa “dannata terra”? Guardi, come consumo culturale zero. Non è un caso che le nostre strutture siano ferme. Poi ci sono delle singole eccezioni. Non ultima il caso di Franco Battiato, il quale ha una vita meravigliosa in Sicilia, ma una produzione musicale che va al di là del confine geografico. Fra qualche settimana si celebreranno le amministrative in Sicilia. Ad esempio, si tornerà alle urne a Catania, dove fra i candidati si annovera il ritorno di Enzo Bianco. In realtà so poco sulle amministrative di Catania. Però mi risulta che Enzo Bianco abbia raccattato il peggio del precedente di Crocetta. Si riferisce a Raffaele Lombardo? Io mi riferisco ai suoi uomini. I suoi seguaci sono ovviamente peggio di lui. Ed Enzo ha messo a segno questo errore madornale: si è caricato il peggio del peggio. Ma gliel’ha riferito a Bianco? Io l’ho sentito qualche settimana fa. Altrimenti gli avrei sconsigliato di caricarsi questa gente. Cambiamo argomento. Lei è uno

dei maggiori conoscitori della destra in Italia. Ma anche in questo campo politico si è più divisi che mai con gli ex colonnelli nel Pdl, Storace ne “La Destra”, e Fini e finiani con Mario Monti. E in Sicilia? Proprio lì è stato fatto un ottimo lavoro. Penso a ciò che è stato messo sù da Nello Musumeci, Ruggero Razza, e poi da tanti altri protagonisti. Oltretutto so che in Sicilia stanno tentando un’operazione di ricostruzione della nuova casa della destra. All’interno della quale convergeranno gli ex An, che oggi sono nel Pdl, e gli ex Fli. Ma io credo sia un’operazione sconclusionata perché ormai è tutto finito. Un’ultima domanda: questo è un mensile che racconta ciò che succede nella città e nella provincia di Caltanissetta. Qual è il suo legame con la città? Io ho un ricordo bellissimo perché mio padre è stato direttore didattico in provincia di Caltanissetta. Era una metà importante per il sottoscritto perché lì trovai le prime librerie. E perché Caltanissetta è “Nissa la bella”, come la descriveva Vitaliano Brancati. Era la Taormina della campagna. E da bambino mi innamorai di una bimba di Caltanissetta, che ogni tanto mi capita di incontrare. Adesso è una bella signora ma non ho il coraggio di dirglielo. @GiuseppeFalci

Pietrangelo Buttafuoco, siciliano, classe ’63, nipote dell’ex parlamentare missino Antonino. Inizia la sua attività giornalistica al Secolo d’Italia. Poi Panorama, il Foglio, La Repubblica. Tanta tv, sostituendo nell’edizione estiva di qualche anno fa Giuliano Ferrara, quando ancora l’elefantino conduceva “otto e mezzo”. E ancora libri, la direzione del Teatro Stabile di Catania. Memorabile resta una sua frase in un articolo apparso su il Foglio: «Ogni volta che passo davanti ai cancelli di Rebibbia, a Roma, la casa circondariale dove è detenuto Cuffaro, mi ritrovo a gridare: “Scusa, Totò”.

Ginfranco Miccichè & Silvio Berlusconi


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Storia & Cultura

Fatti contro la mafia

per non dimenticare

Lo scorso 5 maggio, dopo una lunga malattia, è morta Agnese Piraino Leto, moglie di Paolo Borsellino

Quella dolce maestra di amore, coraggio e dignità di Giovanbattista Tona

C

he cos’è la fedeltà? Due anni or sono Luca Zingaretti andò a trovare Agnese Borsellino, già fortemente provata dalla malattia, e le chiese di parlargli di suo marito Paolo; il famoso attore doveva interpretarlo nella fiction “I 57 giorni” per raccontare il tempo che trascorse dalla strage di Capaci alla strage di via D’Amelio. Dell’incontro con la vedova del magistrato ucciso il 19 luglio del 1992, Zingaretti ricordava la meravigliosa scoperta di quanto quella donna cortese e ospitale ancora fosse innamorata del marito. Di Paolo parlava spesso come di un uomo che era con lei. Ed in questo modo di raccontarlo c’era una sofferente ragionevolezza. Paolo non se ne era andato; glielo avevano

di Sicilia. Che cos’è l’amore? Agnese era la figlia di uno dei più importanti magistrati di Palermo; Paolo era un giovane Pretore che aveva vinto da poco tempo il concorso in magistratura ed era stimato perché era uno studioso, un raffinato civilista. Quando si sposarono era il 1968 e c’era gente che pensava che bisognava fare la rivoluzione. Loro celebrarono delle tradizionali nozze forse un po’ piccolo borghesi e procrearono tre figli. Vita essenziale, svaghi modesti, un cortese e distaccato sguardo alla Pa l e r m o bene nei cui

La copertina del dvd della fiction “Paolo Borsellino i 57 giorni” interpretata da Luca Zingaretti

portato via. Ma loro potevano fare esplodere una bomba, potevano dilaniare un corpo e uccidere degli uomini; nessuno poteva cancellare Paolo dalla sua esistenza. E frattanto nessu- n o poté cancellarlo nemmeno dalla terra

salotti avrebbero potuto avere posti d’onore: peraltro la schiettezza di Paolo rispetto a tutte le fumisticherie delle benestanti élite del-

la città, lo portava talvolta a battute irriverenti che divertivano Agnese ma che non sempre rendevano fluide le loro relazioni nel “bel mondo”. Quelli che, in opposizione al “bel mondo”, volevano cambiare la società, nel frattempo non si accorgevano che la società la stavano cambiando le organizzazioni criminali, i trafficanti di droga, tanti spericolati imprenditori e i loro politici di riferimento. E intanto Agnese e Paolo imparavano a volersi bene ogni giorno di più, ogni giorno in modo diverso. Finché non si accorsero che il mondo che stavano cercando di costruire con la loro famiglia non era il mondo che li circondava e che bisognava fare qualcosa. Quando Paolo capì che da magistrato era più urgente occuparsi delle indagini di mafia e che agli approfondimenti di diritto civile poteva dedicarsi qualcun altro, il suo lavoro diventò più pesante e più rischioso. Le persone alle quali erano più legate cadevano giù come birilli sotto i colpi di una

mafia sanguinaria, che sapeva di contare su buoni alleati. Quante lacrime avrà versato Agnese insieme a Paolo dinanzi a tanti morti, da Rocco Chinnici a Giovanni Falcone. Quante volte si saranno abbracciati piangendoli. Non era questa la vita che avevano progettato da fidanzati, ma la riconobbero come la loro vita di sposi e andarono avanti. Che cos’è la paura?

Agnese sapeva tutto. Anche quello che Paolo non le diceva. Forse di alcune cose non le parlava per non farla preoccupare; o forse perché tanto le intuiva già e non era il caso di insistere sulla questione. Ma si fidava di lei e quando gli capitava qualcosa di inquietante, specie negli ultimi giorni della sua vita, non esitava a confidarlo ad Agnese. Paolo era il suo uomo, lo avvertiva come il riassunto della sua esistenza; la vita, il lavoro, il co-


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Il cordoglio di un amico

Quante lacrime avrà versato Agnese insieme a Paolo dinanzi a tanti morti. Non era questa la vita che avevano progettato da fidanzati, ma la riconobbero come la loro vita di sposi e andarono avanti

L’ultimo messaggio per i magistrati nisseni Apprendo nuovamente dalla stampa che i magistrati di Caltanissetta, duramente impegnati nel contrasto alla criminalità organizzata e che stanno facendo luce sulle stragi del 1992, sono esposti al rischio di nuovi attentati di matrice terroristico mafiosa. Chiedo che lo Stato si assuma le sue responsabilità e fornisca tutraggio, i rischi di Paolo erano la vita di Agnese. Non c’era soluzione, non c’era differenza. Per questo suo marito non poteva mai temere di essere rimproverato perché si dedicava troppo al lavoro, perché si metteva in pericolo, perché condizionava la famiglia. Un saggio consiglio propiziato a garanzia di lunga durata dei matrimoni vuole che i coniugi debbano sapere separare famiglia e lavoro. E

segnato anche nel dolore la sua esistenza. E al tempo stesso non ha mai espresso rancore. Non ha mai disprezzato quello Stato al quale suo marito era stato fedele, nonostante sapesse che era al suo interno

Agnese Piraino e Paolo Borsellino il giorno delle nozze. 23 dicembre 1968

questo è vero per i deboli amori che sorreggono le normali vicende matrimoniali. Quello di Agnese e di Paolo era un amore talmente grande che non aveva bisogno di questi accorgimenti. Che cos’è il senso dello Stato? In tanti dicono di averlo. Ma il senso dello Stato si può avere se si sa esprimere la dignità. Agnese ha saputo essere moglie del magistrato più esposto d’Italia, ha saputo vivere il dramma di via D’Amelio, ha saputo reagire dinanzi al dolore più profondo che la vita può riservare ad una donna innamorata, ha saputo essere orgogliosa di quell’uomo che per il suo impegno e per la sua onestà aveva

infestato da servitori infedeli. Anzi ne ha saputo essere una della voci più autorevoli, anche se non aveva alcun ruolo né nella politica né nell’amministrazione. Ha saputo accettare le sentenze che sono state frutto di tentativi di depistaggio, ha saputo affrontare con fran-

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te le risorse necessarie per garantire la sicurezza dei suoi uomini. Invito la società civile a fare quadrato attorno a questi magistrati che si impegnano per noi e per una società più pulita e più giusta. Agnese Borsellino 18 aprile 2013 chezza le autorità che hanno taciuto; e non ha mai rinunciato alla protesta composta e alla richiesta di verità. Come Paolo, ha fatto la sua rivoluzione, quella che mentre loro si sposavano altri promettevano di fare e non hanno fatto. Tenacemente, mentre combatteva la malattia, non faceva mancare la sua parola discreta, il suo incoraggiamento, il suo monito a tutti quelli che vogliono uno Stato credibile, che sappia squarciare ogni velo nel suo presente e nel suo passato, che sia servito da uomini autentici, non da codardi o da traffichini, e che sappia così resistere a qualsiasi tentazione di tollerare la criminalità o magari di trattare con essa. Tutto quello che Agnese ha fatto lo possiamo collocare nella categoria dell’impegno civile, in quella della lotta antimafia, in quella della voglia di giustizia. Ma nella sua essenza era Amore, l’amore per quell’uomo che sapeva guardare con franchezza un mondo brutto del quale insieme si erano innamorati e al quale insieme si sono donati. Chissà se è vero che il Paradiso non esiste. Ma ora Agnese Borsellino non è più tra noi e non è possibile credere che esista un luogo diverso dove adesso trascorre il suo tempo.

Caro Manfredi,

ricordo tua mamma ad una festa di bambini... Dopo lunga, interminabile malattia si è spenta ..... no, no...... Ha lasciato la vita terrena per ricongiungersi .... no, no, lasciato??? non può aver lasciato. Scusami Manfredi, ma vorrei ricordare in maniera diversa la Tua Mamma... la ricordo ad una festa di bambini nel ruolo della nonna, ma non di una nonna qualsiasi, di una nonna che sapeva di dover e volere fare anche il nonno, di dover trasmettere sani valori ai suoi nipotini, da sola, così come da sola aveva dovuto fare per tanti anni coi suoi figli, già grandi ma ancora piccoli per lei.... Eppure, nei suoi occhi con un velo di tristezza, e certe volte di rabbia, non mancava mai il sorriso di mamma e di nonna, contenta nei momenti intimi di vedere i suoi figli cresciuti, i piccoli nipotini e altri bambini, i figli dei

nipoti e gli altri amici con le loro famiglie, in apparenza normale e serena con alle spalle un grande amore, un grande impegno e un immenso dolore. Scusami Manfredi, ma a me piace ricordare la Tua mamma, la signora Agnese, lo ripeto, come Mamma e Nonna, di quelle che hanno una saggezza “sana” e non bigotta, che cercano di trasmettere il loro sapere a chi sta intor no, per Amore non per dovere. Trasmetteva sicurezza pur con la fragilità della malattia già evidente e devo dirti – senza retorica.....: ma chi l’ha detto poi che la

Manfredi Borsellino

retorica è sempre brutta?? – che era un faro e illuminava la strada. Non solo per se, ma per tutti. Con una luce tanto potente che non si è spenta, si è solo spostata. In cielo. Giuseppe De Gregorio Componente del Direttivo della Fondazione Progetto legalità in memoria di Paolo Borsellino e di tutte le altre vittime della mafia Il piccolo Paolo Borsellino figlio di Manfredi


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di Salvatore Falzone

“NESSUNO ESCLUSO”

E

nzo Russo, Barion ha ristampato il suo “Nessuno escluso”, primo romanzo sui pentiti e sul pentitismo, pubblicato da Mondadori nel 1995, mentre Buscetta porgeva a Falcone il bisturi giudiziario da affondare nella pancia della criminalità organizzata. Com’è nato questo libro? «Dopo aver sentito e letto per anni che infiltrare la mafia era impossibile, mi sono chiesto se sarebbe stato possibile un percorso contrario». Dove ha trovato lo spunto per la narrazione? «All’inizio degli anni Novanta, Buscetta e Contorno costituivano un lugubre duetto. I loro racconti avevano aperto in due il mare nero della mafia come il bastone di Mosè aveva aperto il mar Rosso. Fino a quel momento non era stato neanche concepibile che qualcuno, dall’interno e da una posizione di rilievo, potesse “tradire” in modo così plateale, addirittura mediatico. Su un silenzio di piombo quasi secolare erano cresciuti e avevano prosperato non solo mafiosi, ma anche politici, faccendieri, imprenditori, funzionari pubblici, fiancheggiatori e tutti quelli che avevano potuto sempre contare su una facile impunità. È stato il cosiddetto teorema Buscetta a permettere il processo di Palermo e a dare a Falcone le armi necessarie per affondare il bisturi giudiziario nella grande pancia della Sicilia corrotta e sanguinaria». Cosa pensa dei pentiti e del pentitismo? «Senza il pentitismo saremmo ancora al punto di partenza. Un fenomeno che tuttavia portava in sé delle insidie non facili da identificare. Che affidamento si poteva fare su gente del genere? Eppure bisogna chiedersi: Quale giustizia senza i pentiti? Quale giustizia con i pentiti? Sono stati indispensabili al lavoro dei magistrati, ma oggi come allora vanno decifrati, governati, filtrati, radiografati. Non usati, com’è accaduto qualche volta. Comunque, per avere una risposta che non ammette repliche, basta guardare la situazione in Calabria, dove il pentitismo non esiste e le cosche sono monolitiche». Sono passati quasi vent’anni dalla prima edizione di “Nessuno escluso”. Quanto è cambiata – e come - la società italiana? «È cambiata com’è cambiato quasi tutto, in questi ultimi decenni. La società italiana s’è livellata sempre più verso il basso e quella siciliana è rimasta pressoché inerte, certa che tutto debba cambiare perché niente cambi, secondo il nefasto giudizio del principe di Salina. Oggi la crisi mondiale sta facendo affiorare in Italia, ma anche in Sicilia, disagi e malumori che, spero, si riveleranno benefici, almeno sui tempi lunghi. C’è più consapevolezza, e la consapevolezza è uno strumento prezioso. Basta saperlo usare, o almeno volerlo usare». Ma è cambiata anche la mafia, no? «Non poteva essere altrimenti. Le

stragi hanno segnato la sua fine come “potenza militare” e i membri della Cupola, tutti all’ergastolo, non potranno essere rimpiazzati perché è tutta gente nata e cresciuta in un contesto che oggi non esiste più e sopravvissuta a selezioni naturali di ogni genere. Venendo a mancare questa generazione violentissima e dominante, s’è creato uno spazio di illegalità d’altro tipo, e alle cosche sono succeduti i comitati d’affari, di cui la mafia è azionista ma non padrona». Una mutazione positiva? «Per certi aspetti sì, perché il sangue e le bombe non fanno parte della politica di questi comitati. D’altro canto, e nello stesso tempo, è una mutazione più insidiosa, perché anziché assoggettare una piccola parte della società ne coinvolge e ne corrompe una maggioranza dai confini non facilmente definibili». La famosa zona grigia? «Sì: la famosa zona grigia, che prima era una specie di terra di nessuno tra la criminalità e la gente per bene, e che adesso è una steppa sterminata. Certo, le stragi hanno suscitato un violento sentimento antimafioso. Basti pensare ai funerali di Falcone e di Borsellino». Non pensa che a poco a poco la tensione sia calata? «È calata com’era naturale che accadesse, e la fine degli omicidi e delle morti bianche ha contribuito a dare un’impressione di pace che somiglia molto al sonno. Non c’è dubbio che il fenomeno, nella sua veste antica e tradizionale, sia stato sostanzialmente sconfitto. Ma come ha detto acutamente qualcuno, vinta la mafia bisognerà vincere la mentalità mafiosa. E questo è un impegno ben più complesso e gravoso. Per la prima impresa sono stati necessari anni, a partire dalla comparsa di Buscetta e Contorno. Per la seconda potrebbero essere necessarie due o tre generazioni». Qualcuno ha detto che peggio della mafia c’è solo l’antimafia: condivide? «Non è solo l’antimafia che può essere vissuta e propagandata ipocritamente. Anche la religione, la politica, lo sport. Tutto. L’opportunismo esisteva già nel Neolitico». Torniamo alla letteratura. Come nascono i suoi romanzi? «Io che sono un narratore ho bisogno di un’idea centrale. Se fossi uno scrittore ne potrei anche fare a meno. Basterebbero le immagini, la lingua, i dialoghi». Che differenza c’è, per lei, tra scrittore e narratore? «Il narratore privilegia il racconto, o l’intreccio, come si diceva una volta;

lo scrittore la ricerca stilistica. Si può anche essere scrittori con buone qualità narrative, penso per esempio a Gesualdo Bufalino, ma normalmente si è l’una o è l’altra cosa, anche se a volte queste due diverse identità si intrecciano». Chi vende di più? «Nessun romanzo di alto valore let-

terario batterà mai Il codice da Vinci. Ma chi vive in un attico, com’ è la letteratura pura nei confronti di tutti i generi di narrativa, tende spesso a sottolinearlo». In che senso? «Quando Sciascia scrive La Sicilia come metafora, gli si sarebbe potuto obiettare: ma è proprio necessario che la Sicilia sia una metafora? Non puoi raccontarmi qualcosa senza bisogno di metafore? Ma la metafora fa riflettere e conferisce un tono più raffinato e snobistico alla pagina. Il narratore di questo non si preoccupa molto: non c’è motivo di ricorrere a una metafora se puoi raccontare le cose come stanno. Se un libro fosse un giornale, si potrebbe dire che il narratore è un cronista e lo scrittore è un opinionista. Mestieri diversi, lettori diversi». Lei ha debuttato nell’editoria nel ’75 con una serie di gialli per ragazzi. A proposito, Nessuno escluso è un giallo? «Se un giallo è una storia con un plot ben preciso, una conduzione razionale e una rivelazione (o un colpo) di scena finale, questo romanzo si potrebbe anche definire giallo, anche se si tratta comunque di una definizione riduttiva». Perché? «Il genere, secondo me, ha due difetti insuperabili. Il primo è che tutto, al suo interno, è finalizzato alla storia. Le divagazioni sono appena tollerate. In definitiva, è un abito stretto, di una o due taglie troppo piccolo. Il secondo è che quasi mai un giallo ha

Foto Giòdivita

Un viaggio nel pentitismo A metà strada fra storia e romanzo

una tesi, un’ideologia, un intento sociale, beninteso sempre sotto l’aspetto narrativo. È un genere miope: ci vede benissimo da vicino, ma superata una certa distanza il mondo non esiste più». Chi è il suo autore noir preferito? «Ribadendo la necessità, quando si pratica questo genere, di presentare al

molti anni prima per tentare la solita avventura professionale al Nord. Dopo la laurea in legge a Catania, avevo lasciato l’Isola in cerca di lavoro e mi sono fermato due anni a Roma prima di approdare in Lombardia». Torna spesso in Sicilia? «Vivo a Monza da più di trent’anni ma trascorro molti mesi in Sicilia, il mio paese d’origine, dove mi dedico a una tranquilla agricoltura». Quanto è durata la gestazione di Nessuno escluso? «Tre o quattro mesi, mi pare. Era una storia “da camera chiusa”, tutta giocata in interni, e richiedeva un lavoro di documentazione tutto sommato modesto. Sono stato alla sede centrale della Direzione Investigativa Antimafia, a Roma, e poi sono stato seguito da un funzionario milanese, perché i dettagli fossero impeccabili». Impeccabili? «Proprio così. Quando si scrive un romanzo, si chiede già ai lettori un atto di fede, perché tutti loro sanno benissimo che si tratta di una finzione. Non si può pretendere che chiudano un occhio anche sui dettagli e sulla credibilità di personaggi e situazioni. Quelli devono essere il più possibile perfetti. Come se fossero veri, appunto». Ha un ruolo la Sicilia in questo romanzo? «Non direi, visto che la storia è ambientata altrove. D’altronde

Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno

lettore storie plausibili e spiegazioni logiche, nessuno prima di Agatha Christie e dopo di lei è stato in grado di fabbricare orologi così complessi e precisi. Da giovane mi piaceva James Hadley Chase». Simenon? «Lo trovo godibile». E James Ellroy? «Mi affascina, ammesso che si possa considerare un giallista. Ma non sono un amante di queste storie, pur riconoscendo che potrebbero insegnare molto ad autori che praticano una letteratura più alta». Ha spiegato com’è nato questo libro, ma non ha detto perché l’ha scritto. «Uomo di rispetto, Il quattordicesimo zero, Nessuno escluso, Saluti a Palermo e Niente per cui morire sono i cinque titoli coi quali ho affrontato il problema della mafia in tutti i suoi aspetti. Li ho scritti tutti con la medesima doppia motivazione: dare un contributo all’impegno di tanta gente in questa direzione e pagare un debito con la mia terra, che avevo lasciato

la Sicilia, nei miei romanzi ma anche in tutti gli altri, dal “Gattopardo” alle imprese del commissario Montalbano, ha sempre lo stesso ruolo. È una platea con cinque milioni di spettatori che osservano lo spettacolo, applaudono o fischiano a seconda dei casi ma non salgono mai sul palcoscenico, dove si muovono da sempre gli stessi attori e via via i loro figli, nipoti, eredi, discepoli...». Le sta bene l’etichetta di narratore siciliano o le va un po’ stretta? «Non mi disturba. C’è sempre stato un gran bisogno di etichette. L’una vale l’altra. Forse la troverei una definizione limitativa se fossi, per esempio, valdostano. Ma la Sicilia è così grande, complessa, ricca di storia e di misteri che mi sento onorato di far parte del coro che ne canta le luci e le ombre».


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Walt Whitman: “Il potente spettacolo continua e anche tu puoi contribuire con un verso”

di Rino del Sarto

Capitale mio Capitale I

l comunismo è morto. E neanche il capitalismo si sente tanto bene. Anzi, sarebbe anch’esso clinicamente defunto, ma nei suoi confronti è in atto una sorta di accanimento terapeutico. Chi ha interesse a tenerlo in vita? E soprattutto, esiste un’alternativa, una terza via ai due principali sistemi socio-economici che hanno segnato la storia dell’umanità dalla rivoluzione industriale a oggi? Per provare a rispondere dobbiamo fare però qualche passo indietro, nello spazio oltre che nel tempo. “O Capitano, mio Capitano!” è il titolo dell’ode ad Abraham Lincoln scritta dal poeta americano Walt Whitman dopo l’assassinio (del Presidente che abolì la schiavitù (per mano di quello che diventerà famoso come il solito “gesto di un folle”). Un tipo tutto particolare Whitman, come ogni poeta visionario del resto: lavoratore saltuario, insegnante, sessualmente disordinato, accusato di pedofilia, di spirito e aspetto da barbone. Una vita ai margini di una società che ancora non marginalizzava, precursore quindi di quella che sarebbe stata ed è la piaga più feroce del capitalismo: il darwinismo sociale, l’esclusione, l’accattonaggio, le favelas e le bidonville, le periferie e il disagio. Quelle raccontate più avanti, per esempio, da Jack Kerouac e dalla Beat Generation o da Pier Paolo Pasolini. Finita la schiavitù, infatti, gli Stati Uniti ereditano il testimone di quella rivoluzione industriale iniziata qualche decennio prima nel Regno Unito. Inizia il fordismo, la produzione di massa, la catena di montaggio. Milioni di persone nel mondo si spostano dalle campagne alle città, da un continente all’altro in cerca di una vita migliore, di un lavoro fisso, di una casa. Nascono così le prime aggregazioni sindacali dei lavoratori, il Partito Socialista, per la prima volta le teorie di un filosofo – Karl Marx – diventano di largo dominio pubblico e si fanno rivendicazione anche violenta per una società più giusta.

Il sistema finanziario globale, intanto, inizia a marciare nel modo in cui lo conosciamo ancora oggi, per bolle speculative. E a ogni crisi economica fa seguito un’ondata di recessione e di povertà e una guerra, due guerre mondiali. L’industria pesante è il motorino d’avviamento dell’economia. Per fare profitto diventa necessario avere un nemico. E l’obiettivo ultimo di ogni impresa capitalistica è il monopolio. Prima il Kaiser e il Fuhrer, poi il Comunismo e il fondamentalismo islamico. Uno dopo l’altro il capitalismo maschilista nordamericano sceglie o crea il suo nemico e lo distrugge. Fino ad arrivare ai giorni nostri, con un capitalismo in crisi per mancanza di nemici abbastanza plausibili per giustificarlo. E pulsioni popolari contrarie ormai troppo insistenti per essere ignorate. Una consapevolezza diffusa che è stata conseguenza di un’altra rivoluzione, quella informatica. Prima con i personal computer e dopo con i telefonini e i social network la comunicazione di massa è il fatto globale del nuovo millennio, dopo essere stata protagonista dell’ultima bolla speculativa del ‘900. Oggi una ragazzina siberiana si scatta una foto col cellulare davanti allo specchio e la pubblica on line e centinaia di persone nel mondo dicono “mi piace”. Oppure una donna musulmana o indiana osservante scrive in un blog parole di fuoco contro il sistema di valori che la opprime o perché sua figlia è stata violentata e migliaia di donne scendono in piazza a protestare senza autorizzazione. È la tecnica del flashmob, della mobilitazione improvvisa e

Sopra, i manifestanti “No Muos” durante la processione del Giovedì Santo a Caltanissetta. A sinistra Walt Whitman

imprevedibile, degli eventi o manifestazioni a sorpresa. È successo anche a Caltanissetta, due volte in poco più di un mese. Con l’invasione degli attivisti No Muos la sera del Giovedì Santo in una piazza Garibaldi gremita di Vare e persone. E poi lo scorso 4 maggio, con l’inspiegabile Via Crucis svolta in corso Umberto. In realtà una spiegazione ci sarebbe, ma quello che ci preme segnalare è l’inedita capacità di aggregazione di massa dei nisseni per un motivo che secondo chi ha partecipato è giusto e addirittura santo. Tanto potente è il tam tam e la comunicazione orizzontale e non più verticale che il sillogismo capitalistico ne esce ribaltato: non conta più costruire il nemico ma l’amico. E a riecheggiare è un’altra poesia di Whitman: “Il potente spettacolo continua e anche tu puoi contribuire con un verso”. “Veniamo al mondo per cercare di essere felici non per produrre, consumare e morire” sostiene il presidente dell’Uruguay Pepe Mujica a fine 2012 parlando davanti a numerosi suoi pari internazionali e scagliandosi contro la dittatura del mercato e denunciando una crisi che è di valori, di ideali, di umanità, ancora prima che econo-

mica. “Vorrei una Chiesa povera per i poveri” dice pochi mesi dopo Papa Francesco dopo la sua elezione. “I poveri di fatto non hanno diritto a un giusto processo” tuona poche settimane fa dallo scranno più alto del Tribunale Supremo brasiliano Joaquim Barbosa, nero e originario delle favelas, con

del Partido dos Trabalhadores come pubblico ministero, che gli ha aperto le porte verso i vertici della magistratura brasiliana. Parole che fanno gioire le moltitudini al di là delle personali convinzioni politiche o religiose. Gioiscono anche coloro i quali in questi lunghi e bui decenni si sono prodigati spesso gratuitamente per gli esclusi, gli emarginati, i diversi, i poveri. E per mitigare le disastrose conseguenze dei sistemi socio-politico-economici del ‘900. E gioiscono segretamente perfino quelli che dentro questi sistemi hanno costruito il loro successo, la loro carriera e il loro potere. All’improvviso si sentono insoddisfatti dei pur tanti beni materiali che la ricchezza capitalistica permette loro. Sentono anche loro il bisogno di fare beneficienza.

Sopra il presidente dell’Uruguay Pepe Mujica. A sinistra il pubblico ministero del tribunale brasiliano Joaquim Barbosa

una carriera giudiziaria costruita sul rigore morale fino allo storico processo per corruzione contro alcuni deputati

Fatti e sentimenti che accadono e si provano anche a Caltanissetta, non solo in giro per il mondo. Ma come al solito non faremo nomi, né di donatori e volontari né di beneficiari. Chi vuole rendersi utile e fare del bene, se veramente lo vuole, troverà la sua occasione per farlo. Da solo o in compagnia, ma sempre con discrezione e nel rispetto della dignità di chi quel bene lo riceve. Accompagnati da un’altra poesia di Walt Whitman: “Il potente spettacolo continua e anche tu puoi contribuire con un verso”.


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Fatti & POST SCRIPTUM

Mazzarino

di Filippo Falcone

Salvati 60 anni di storia politica l’archivio di Salvatore La Marca

I

nteressante ed utile è la notizia, non solo per studiosi, cultori, studenti, ma anche, più in generale, cittadini, della conclusione, dopo anni di lavoro, del recupero di gran parte del materiale archivistico che ricostruisce le vicende delle lotte di una forza politica importante, quale fu, per il nostro territorio, il Pci. L’arduo progetto riguarda anche le vicende umane e politiche dei suoi dirigenti; tra questi il sen. Emanuele Macaluso, tra i più importanti politici italiani del secondo dopoguerra. Di recente, grazie alla disponibilità della famiglia, si è completato anche la sistemazione dell’archivio personale dello scomparso on. Salvatore La Marca, parlamentare tra gli anni ’50-’70 e più volte sindaco della sua Mazzarino. Chi scrive, oltre a recuperare e ordinare, in due diversi momenti (2005 e 2012), quello della Federazione Pci di Caltanissetta, ha anche cercato di reperire altre “fonti”, poi depositate presso l’archivio dell’Istituto Gramsci Siciliano di Palermo col quale collaboro ormai da anni. Con queste operazioni si è cercato, non solo di preservare e custodire quel materiale, ma di ordinarlo e renderlo fruibile ad eventuali studiosi, cultori, studenti. Molto altro materiale purtroppo, si è inevitabilmente perso, o e andato distrutto, per la sottovalutazione, da parte dei dirigenti che si sono succeduti nel tempo, e che non hanno mai pensato che i documenti inerenti l’attività politica nei vari anni andassero preservati. Tutto ciò ha fatto sì che, sino ad oggi, quella parte importante della sinistra nissena, non avesse un suo patrimonio archivistico. Si è cercato, dunque, di colmare questa lacuna. I vari faldoni oggi ordinati (diverse centinaia), sono ricchi di notizie di vita politica, sociale, economia del territorio: dati elettorali, statistiche socio-economiche, opuscoli, atti e relazioni congressuali, raccolte di articoli, giornali, riviste politiche di vari periodi, pubblicazioni sui temi politici allora attuali, sul mondo sindacale, del lavoro ecc. Un ricco materiale che non poteva andare disperso, perché patrimonio culturale anche per chi da quella storia politica non proviene.

A quanto ci risulta, nella nostra provincia, questo è l’unico esempio di archivio storico di una forza politica, e costituisce uno strumento di conoscenza molto importante, per la tipologia propria dei documenti, per poter studiare anche l’evoluzione storica, sociale ed economica della nostra area. Si tratta di un Archivio con caratteristiche marcatamente territoriali, ma le sue notizie hanno un’implicazione ben più ampia. Proprio per questo motivo

si sono voluti mantenere insieme documenti inerenti la vita politica del territorio, con materiale di carattere nazionale e regionale su temi e argomenti, di volta in volta, sul tappeto (ad esempio elezioni politiche o amministrative in vari anni o ancora iniziative come scioperi, manifestazioni, assemblee ecc.). Sin dall’inizio di questa operazione di recupero ci si è trovati di fronte ad un’azione tutt’altro che facile. Ma, tuttavia, chiara è stata l’importanza che una tale impresa rivestiva. Ricostruire le tappe di un “pezzo” fondamentale di storia politica della sinistra nissena, delle sue battaglie democratiche, civili, di sviluppo - ma anche dei suoi uomini e donne era un progetto che comunque andava portato a termine. Va rimarcata quindi la rilevanza del materiale di cui trattasi. Esso più che ad una parte politica, è legato, più in generale, ad aspetti che entrano in pieno nelle dinamiche dell’evoluzione socio-politica ed economica del nostro territorio. Chissà se lo studio approfondito di quelle fonti storiche, possa contribuire, specie tra le giovani generazioni, da un lato a studiare il passato e custodirne la memoria, dall’altro di tentare di comprendere l’incerto futuro che ci sta di fronte e - come fecero quegli uomini e donne protagonisti di quelle lotte - cercare di progettarne uno nuovo, dalla solida impalcatura.

I Fatti di

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Etico

L’ autoreferenzialità non paga

E’

autoreferenziale chi parla bene di se o esalta le proprie doti. I pubblicitari sono autoreferenziali per definizione. Quasi sempre anche i politici. Gli atenei, perfino le scuole che adesso si autopromuovono. Per non parlare delle associazioni culturali, crogiuolo spesso di tromboni autoreferenziali in overdose. Poi ci sono gli autoreferenziali professionisti al limite della legge o per necessità di mercato, ad esempio l’alta finanza in funzione della borsa. L’autoreferenzialità insomma ha ormai invaso la nostra vita. E’ quasi eretta a sistema. I media pubblicitari sono quasi sempre autoreferenziali. Sia che si tratti di pagine pubblicitarie, di affissi murali, di spot televisivi, di comunicazioni radiofoniche, siamo quasi sempre di fronte a messaggi autoreferenziali. Non lo sono però quando comunicano adempimenti, scadenze e solleciti di pagamento, come il canone televisivo! Ma se i media sono forme tipiche di comunicazione e quindi anche di autoreferenzialità per sviluppare nuovi prodotti da destinare ad un pubblico considerato ebete e che diffondono in modo ridondante su larga scala (un nuovo sapone, un nuovo dentifricio, una nuova bevanda), perché i mai i politici (che non dovrebbero considerare i cittadini ebeti, che non hanno la necessità di vendere loro alcunché ma semmai coi fatti fornire servizi, assistere, legiferare, amministrare,etc.) esprimono costantemente anch’essi forme di autoreferenzialità? I politici sono autoreferenziali tutte le volte che comunicano con grande enfasi ciò che hanno fatto, ciò che faranno a breve. Imperversano sui media anche loro, sono attrezzati quasi tutti di addetti stampa, comunicatori, curatori d’immagine per puntualizzare e ostentare spesso il nulla. Le stesse campagne elettorali sono in buona parte referenziali. Al punto che appaiono noiosi i politici che dicono solo cose serie o assumono atteggiamenti severi. Come si dice volgarmente se la suonano e se la cantano impossessandosi di frasi fatte illo

tempore non si sa da chi ma sempre buone da infilare in ogni discorso, arrogandosi il diritto di essere unici possessori di verità su ogni argomento, candidandosi al premio oscar dell’ovvietà salvo poi non ricordare neanche loro quello che hanno pervicacemente affermato. Figurarsi gli altri! Sono tutti li a rivendicare idee, progetti, soluzioni geniali e semplici, di semplicissima attuazione. Ovviamente a costo zero. Il festival costante della mistificazione parolaia da diffondere ad ogni costo auto convincendosi di essere bravi e dimenticando sistematicamente di manifestarsi autoreferenziali. Malgrado i media siano i mezzi di comunicazione autoreferenziale a più larga diffusione ed i politici si facciano sentire così spesso anche per ogni scontata e banale attività questa sterile sovraesposizione non paga. Proprio i politici sono sempre meno credibili. Per il fatto che debbono superare la soglia di attrattività dei loro concorrenti diventano sempre meno affidabili. C’è ormai una mania nell’inviare comunicati o a rilasciare interviste in cui grandinano termini come “e c c e l l e n z a”, “qualità”, “rilancio”, “risanamento” “dovere civico”, rispetto nei confronti dei cittadini e questi ultimi sono sempre più confusi, mentre i più accorti riflettono sull’incongruità di tutto questo con quello che vedono ogni giorno e subiscono nella loro vita. Molti ormai vanno avanti per slogan o lanciano messaggi caramellosi di facile presa nei cittadini incazzati. Nella migliore delle ipotesi non sono credibili ma se agiscono per “farsi belli” ad ogni costo possono anche creare disastri. I grillini sono l’esempio più eclatante e immediato. Ma la ragione per cui l’autoreferenzialità dei media e ma soprattutto degli uomini politici non paga è la mancanza di una parallela iniezione di reputazione. L’equazione: autoreferenzialità uguale credibilità non funziona. Che tutti trovino qualche supporto di credibilità, decisamente più convincente.


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L’intervista

Giorgio

Mulè

Il modello Sicilia non ha portato nessun reale cambiamento. Crocetta, sino ad ora, è stato capace di dire molte “fanfaronate”. La realtà: la famigerata tabella H, spesa regionale abnorme, molto precariato

“Il direttore” fra presente e passato, getta uno sguardo sul futuro di Donatello Polizzi “Caltanissetta è una città che ha tentato di rialzarsi, di mettersi in moto ma non ci è mai riuscita. Ora è stucchevole dire di chi sia la colpa. Io so che adesso, che ho quarantacinque anni, alcune delle cose sporche sono rimaste sporche”. Giorgio Mulè, nisseno, direttore di

Il “direttore”, residente da oltre venti anni a Milano con la moglie Rossella Vitale (caporedattore al settimanale “Grazia”) e con la figlia Giorgia di dodici anni, è tornato a Caltanissetta in occasione del primo premio al giornalismo “Memorial Nuccia Grosso”, in

“Caltanissetta, è ora di rialzarsi”

Il nisseno alla guida del settimanale Panorama, analizza la situazione della città e dell’isola Panorama, analizza lucidamente la situazione del capoluogo nisseno. L’occhio imparziale di chi da oltre tre lustri non tornava nella sua città, è un “grandangolare” (si dice di obiettivo con ampio campo di presa) nitido.

qualità di presidente della giuria e per ricevere il premio alla carriera. “Ho perfettamente chiara la toponomastica di Caltanissetta, infatti, ho raggiunto il teatro Margherita agevolmente anche se, da circa venti anni, non percorrevo queste strade. Abitavo in via Luigi Savoia. Ricordo l’oratorio dei salesiani, dove ho frequentato le scuole elementari, il Palmintelli, dove giocava la Nissa in serie D e poi ricordo tante cose di Caltanissetta che adesso sono sparite. Molte insegne storiche non ci sono più o sono state ridimensionate. E’ un ricordo di gioventù, bello ed emozionante perché legato alla mia fanciullezza”. Da ragazzino si trasferisce insieme ai genitori (il padre Diego era un medico) a Mazara Del Vallo; da lì ha spiccato il volo verso i vertici del giornalismo nazionale, è stata una carriera folgorante. Ha iniziato nel 1989 al Giornale di Sicilia, lavorando sulla cronaca giudiziaria. Poi ad America Oggi e nel 1992 passa a Il Giornale, allora

diretto da Indro Montanelli. Nel 1996, il nuovo direttore Vittorio Feltri gli affida la responsabilità di guidare la neonata cronaca di Roma e poi la redazione romana. Poi è la volta di Panorama dove in breve tempo (dopo aver ricoperto diverse cariche, da inviato a caporedattore) diventa prima vicedirettore e poi vicedirettore esecutivo. Dall’11 ottobre 2007 al 31 agosto 2009 ha diretto Studio Aperto, il telegiornale di Italia 1 succedendo a Mario Giordano. Dal settembre 2009 è il nuovo direttore del settimanale Panorama (per il quale aveva in passato ricoperto l’incarico di Vicedirettore esecutivo), succedendo a Maurizio Belpietro, e del settimanale Economy. Torna nel capoluogo nisseno da adulto per esigenze professionali: “Sono tornato come inviato dapprima de il Giornale di Sicilia e in seguito de il Giornale (metà degli anni novanta) per i “noti” fatti (ndr, processi di mafia); quella era una Caltanissetta completamente diversa. La città è rimasta legata al terziario. Con enorme sforzi chi decide di fare impresa in città, la riesce a fare ma con grande difficoltà e non mi riferisco a fattori ambientali o legati alla malavita ma proprio a una questione logistica, legata alla manodopera, al tipo d’industria che si vuole impiantare. Il mio amico, Antonello Montante, mi racconta spesso di queste difficoltà, che sono difficoltà pratiche. Diciamo che Caltanissetta è rimasta una grande incompiuta”. Il “direttore” spesso in giro per l’Italia, conosce e apprezza molteplici professionalità made in Caltanissetta: “Spesso mi ritrovo con tante persone che sono nate qui ma che per lavorare, emergere e affermarsi, in maniera brillante nei campi più disparati, sono state costrette ad andare via. Ogni volta il cruccio condiviso è il tempo, troppo lungo, che è trascorso dall’ultimo ritorno nella propria terra”. Dal centro dell’Isola, dialetticamente, il passaggio a Palermo, capoluogo della Sicilia e centro decisionale politico-amministrativo, è breve: “Il cam-

biamento di Crocetta? I P.i.p., la famigerata tabella H, non voglio scomodare il Gattopardo ma ci siamo vicini. Il fattore tempo è favorevole al Governatore ma sino adesso è stato soltanto capace di dire fanfaronate. Siamo nel precariato, la spesa regionale è abnorme e inoltre considerando le percentuali di voto, e dell’astensionismo, Crocetta guida la regione con un consenso del 17%”. Il ruolo dei giornali, del giornalismo, della possibilità di incidere sulla vita quotidiana del paese.

Il giornalismo è in crisi. Non abbiamo saputo intercettare il cambiamento, ora nel nostro settore impera il precariato “Oggi la situazione è tragica. Noi giornalisti non abbiamo saputo intercettare il cambiamento, non abbiamo cambiato il nostro modo di scrivere o di fare i giornali. Non si riconosce il valore ai pezzi nel periodo in cui tutto è gratis: molti pensano tanto è su internet ed è g r a t i s . E’ una fase che a mio giudizio

Giorgio Mulè riceve il riconoscimento alla carriera durante il primo premio giornalistico “Memorial Nuccia Grosso”

finirà in tre/quattro anni, quando si arriverà a saturazione. I giornali, ovviamente venderanno molto meno, molti spariranno, altri si convertiranno al digitale, altri cambieranno la loro forma di presentazione. Ad esempio, Il giornale di Sicilia non può scomparire, per il suo radicamento con il territorio”. Il futuro dei giornalisti. “Io adesso ho una vita da quasi privilegiato ma se penso a quello che ho fatto dai sedici ai trentacinque anni, non ricordo altro che grandi sacrifici. Oggi chi vuole intraprendere questo mestiere sappia che ha dinanzi anni di precariato, che deve andare fuori dallo Stivale e che deve saper parlare almeno tre lingue di cui una deve essere l’arabo o il cinese”. Composizione logica inappuntabile, lo spartito è interessante; si scorge il talento musicale che il “direttore”aveva riversato nello studio del flauto in giovanissima età. A tutt’oggi la madre, Maria Albo che insegnava lettere al “Rapisardi” e alla “Capuana”, si rammarica del fatto che lui non abbia dato seguito all’estro musicale; in fondo il talento compositivo è rimasto inalterato invece di esprimerlo nel pentagramma, l’ha messo a frutto nell’uso della parola. Ci sembra di scorgere nelle sue parole un orizzonte che non indulge all’ottimismo: Caltanissetta che non riesce ad alzarsi, la Sicilia vittima di “fanfaronate”, il giornalismo in crisi, siamo dunque noi siciliani costretti ad essere immolati sull’altare del pessimismo o possiamo sperare : “Il pessimismo è una malattia dell’animo. Durerà fino a quando crederemo che questo paese sia uscito dalla guerra, finché non capiremo che è finito un mondo, non il mondo, fino a quando non ci sarà la consapevolezza che bisogna cominciare a credere in noi stessi, nelle capacità di riorganizzarci e dunque ripartire, come hanno fatto in Giappone e in America”.


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Fatti & ricordi

9 - 10 maggio 1993

VENTI ANNI FA. Papa Giovanni Paolo II in visita a Caltanissetta

Il coraggio della di Fiorella Falci

Speranza

V

eniva dalla Valle dei Templi di Agrigento, dall’anatema contro la mafia che è rimasto nella storia della Chiesa e della società italiana. Ancora il tuono di quelle parole scandite ai quattro venti nel luogo più antico e conosciuto della civiltà siciliana, poche ore dopo avere incontrato i genitori del giudice Livatino, toccando con mano lo strazio

prendeva la testa tra le mani quasi a volersi nascondere mentre il Vicario di Cristo, per la prima volta nella storia, condannava la mafia come “struttura di peccato”, e non come semplice crimine di cui può essere più facile pentirsi ed essere assolti. La sera stessa era a Caltanissetta: la prima volta di un Papa nella nostra città. Non c’era un Sindaco ad accoglierlo davanti al Seminario,

L’ingresso di Giovanni Paolo II allo stadio Pian del Lago di Caltanissetta durante la visita del 9-10 maggio 1993

dell’ingiustizia del sangue delle vittime innocenti, risuonava nel cuore di tutti i siciliani che lo avevano sentito nei telegiornali. Stravolti, come il prete cerimoniere immortalato accanto al Papa, che si

dove era previsto il saluto ufficiale: Consiglio Comunale sciolto per dimissioni di tutti i Consiglieri mentre imperversava la tempesta giudiziaria dell’Operazione Leopardo, la maxi inchiesta che aveva decapitato

buona parte della classe dirigente imprenditoriale e politica nissena. Era importante per Caltanissetta quella presenza, forte e carica di santità, capace di rianimare la speranza, di indicare una prospettiva, una via d’uscita, ad una comunità che ormai da decenni si stava trascinando nel labirinto polveroso di un’identità perduta, senza riuscire a rialzarsi. Accanto al Papa il Cardinale Pappalardo: per i siciliani era il “Vescovo di Sagunto”, l’uomo che dopo l’omicidio Dalla Chiesa aveva richiamato i governanti italiani a non abbandonare la Sicilia in mano ai mafiosi. Ma per dieci anni non era stato ascoltato. E qui, nella nostra città, che da sempre aveva preferito illudersi di essere un luogo “immune”, una sorta di isola felice lontana dalle tempeste, autosufficiente nella propria “aurea (?) mediocritas”, quelle presenze, quel giorno, ricordavano che la storia in cui stavamo vivendo era un’altra. E non si potevano più chiudere gli occhi. Ci voleva coraggio però. Quello che i nisseni non avevano avuto quasi mai. E il coraggio Giovanni Paolo era capace di distribuirlo con la sua presenza, con le sue parole, con i suoi sguardi penetranti e affettuosi. E lo ha regalato ai nisseni a piene mani, in quelle poche ore della sua visita. Scegliendo luoghi simbolici, importanti, spazi chiusi e ricchi di presenza spirituale e luoghi aperti e svuotati di significato: il Convento delle Clarisse, energia nascosta di preghiera inesauribile, il CEFPAS, cattedrale nel deserto ancora chiu-

sa che con la sua visita diventa un “caso” nazionale, lo stabilimento Averna, il mondo del lavoro che resiste, il Seminario, accanto ai ragazzi che si preparano al sacerdozio, il Carcere Malaspina, perché è sempre

possibile la redenzione, la Cattedrale, per l’incontro con la Chiesa locale, e lo Stadio Pian del Lago, finalmente aperto e straripante, per la grande celebrazione di popolo a cui tutti abbiamo partecipato.


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Durante quella visita in città si respirò finalmente a pieni polmoni un’inusuale aria di cielo

E abbiamo respirato finalmente a pieni polmoni un’aria di cielo che sembrava fosse scesa tra noi dispersi e disorientati, anche se stipati a migliaia in quello stadio, ma ancora soli, come sempre i nisseni. Si per-

cepiva di essere pensati in grande, da chi ci poteva accompagnare fino nelle mani del Creatore, nonostante noi stessi, anzi, proprio perché eravamo noi, così come siamo. E la forza di quel pensiero, l’acutezza di quello sguardo l’abbiamo sentita alla fine della Messa, quando il Papa ha ripreso la parola “fuori programma”, in un discorso che non sempre è passato agli atti ufficiali di quella visita, ma che molti di noi portano scolpito nella memoria del cuore. “Non si può cantare così, e poi.. Non è possibile che dentro una società così devota, così religiosa, così cristiana possa essere, anzi possa in qualche senso dominare il contrario: ciò che offende Dio e distrugge l’altro, il nostro vicino, il nostro fratello! Questa è l’ultima consegna che affido a voi.” Il coraggio dell’impegno quindi, non una consolazione sentimentale e assolutoria. La fatica della speranza: questa la consegna di quella visita; sapendo quello che costa, ma che non c’è alternativa per chi vuole vivere. Era la parola di una Chiesa che c’era per tutti, anche per chi le chiese non le frequentava, anche per chi non sapeva neppure dove cercarla una guida. Non aveva parlato il Re di una Chiesa lontana, che dall’alto poteva benedire, comprendere e perdonare, ma il Padre che non si staccava dalla finestra aspettando di correre incontro al figliol prodigo ritornato. Una Chiesa che parlava ai lontani, agli smarriti, con il fascino dell’amore. Il modo migliore di ricordare allora, oggi non può essere che scommettere tutto quello che abbiamo, (e anche quello che non abbiamo) sul coraggio della speranza, che un testimone Santo è venuto fin qui a seminare nel nostro cuore con la forza di chi sa che anche dalla pietra più arida può scaturire acqua buona. Se ci si crede veramente.

Il Pontefice durante la visita al carcere Malaspina di Caltanissetta

Le parole della speranza ai nisseni

Ai carcerati del Malaspina La vostra condizione non è certo felice. Separati dalla società, rischiate di sentirvi abbandonati ed immersi in una solitudine piena di sofferenza e d’inquietudine. Vorrei allora dirvi innanzitutto: non cedete mai alla tentazione dello scoraggiamento, aggrappatevi alla vita e alla speranza. Sì, dico speranza! E’ questa la strada per aprirsi ad un futuro di riscatto e di vera redenzione.

Saluto alla città davanti al Seminario 9 maggio sera

Sul monte che sovrasta questa bella Città, svetta il Monumento a Cristo Redentore, eretto all’inizio del nostro secolo. Gesù leva il braccio benedicente sull’isola e mostra la croce, segno di salvezza e di redenzione. Caltanissetta! Posta nel cuore della Sicilia, Tu sei crocevia di strade che hanno scandito il cammino della civiltà sicula: sii ancora oggi all’altezza di questa tua vocazione; riscopri la fede dei tuoi padri, crescendo senza tentennamenti nella fedele e docile attuazione dei valori della civile convivenza. Sii luogo di accoglienza e di incontro.

All’ inaugurazione del CEFPAS

Una società che investe nel settore sanitario, e che lo fa seriamente curando al massimo la qualità dei servizi e la competenza degli operatori, è una società che opta per un’autentica civiltà, per l’autentico benessere, mai riducibile al semplice perseguimento del profitto materiale.

Al mondo del lavoro presso la stabilimento Averna

In una società solidale, chi ha di più si sente responsabile di chi ha di meno e quanto possiede lo mette al servizio degli altri. Non si tratta di condividere soltanto beni materiali, ma il tempo, l’intelligenza, la cultura, la sensibilità. Tutti, dunque hanno qualcosa da dare ai fratelli, (…) e tutta l’economia, nel suo complesso, non va giudicata col metro della sola produzione della ricchezza materiale, bensì in base alla sua capacità di far crescere la qualità della vita. (…) La grande sfida da raccogliere, da parte anche vostra, è quella di una nuova cultura del lavoro, che sottragga il territorio a quei rapporti di “dipendenza” che hanno reso il Sud d’Italia più “oggetto” che “soggetto” del proprio sviluppo.

Alla Chiesa diocesana in Cattedrale

So quanto grandi sono le vostre preoccupazioni nel vedere attorno a voi non di rado trionfare il sopruso e l’inganno. Fratelli e Sorelle carissimi, non lasciatevi abbattere! Vi siano di conforto e di valido sostegno le parole del profeta Isaia: “Dio dà la forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato…Quanti sperano nel Signore riacquistano la forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi.


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Fatti & territorio

Acqua:

un affare per chi?

La gestione delle acque, l’affare del secolo, si è rivelato un bel pasticcio: licenziamenti e deficit

di Lucilla Rovetto L’aumento delle bollette del 13% è ormai vicino. I costi della gestione sono molto alti, e quindi, è necessario effettuare un ripianamento,

inesorabilmente. E cosi la gestione delle acque, l’affare del secolo, si rivela solo un bel pasticcio: i lavoratori a rischio licenziamento, l’impresa

Caltacqua, “denuncia” gravi perdite finanziarie mentre gli scostamenti dal piano economico finanziario iniziale, riconosciuti dall’Ato negli anni, testimoniano che il costo dell’acqua è destinato ad aumentare nel tempo,

C’è stato un referendum ma i cittadini continuano pagare i danni delle scelte politiche

Quando sono arrivato io, le assunzioni erano tutte fatte “Quando sono arrivato io - dice Pino Federico, impegnato per il secondo mandato a Sala D’Ercole - avevano fatto tutte le assunzioni che erano previste negli anni”. Il mio è stato un nuovo capitolo nella storia di questo Ato. Abbiamo fatto il nostro dovere e devo dire che l’avvocato Maurelli sta seguendo con grande professionalità e competenza l’evolversi della situazione”. A Gela la situazione della potabilità dell’acqua adesso è cambiata? Per due anni a partire dal 2006 abbiamo vissuto una situazione insostenibile, anche a causa dei mancati investimenti alle reti. Se si fossero fatti interventi risolutivi, l’acqua non avrebbe avuto quell’odore nauseabondo e quel colore torbido. Qualche passo avanti però è stato fatto. Che ne pensa di una possibile risoluzione del contratto con Acque di Caltanissetta? Non facciamo demagogia. C’è stato un referendum è l’acqua è

un bene pubblico, ma le penali sono un rischio. Stiamo attenti è un terreno minato. C’è un contratto trentennale. I cittadini non possono pagare i danni delle scelte politiche. Che ci dice sulle assunzioni e sulla logica spartitoria dei controllori? So che quando sono arrivato, nel 2008 i giochi erano fatti. C’era un piano di assunzioni scaglionato in tre anni, credo, ma avevano già fatto tutto e pure in fretta. Non so altro.

appaltatrice che sostiene di essere in profondo deficit. La ripubblicizzazione, solo una speranza, ma per l’ente gestore in perdita, e l’AtoCl6, ormai, prossimo alla chiusura. Tra Ato e Acque di Caltanissetta, gli arbitrati e l’applicazioni di penali per inottemperanza al contratto, si sprecano, assieme all’escussione della polizza fideijussoria, nel 2012. L’ente pubblico, dal costo medio di 2 milioni di euro l’anno (solo 5 dipendenti, affitto, consulenze legali, finanziarie e componenti), si è ripreso i soldi depositati dalla società, all’Unicredit, a garanzia, a causa del mancato pagamento del canone dovuto e non versato dal raggruppamento di imprese dal 2009 in poi. Due i milioni incassati. Prima ci sono stati i sindaci dei ventidue comuni, poi il presidente della Provincia, Pino Federico, quindi con un suo delegato, Ferdinando Maurelli, divenuto commissario, con la messa in liquidazione dell’Ambito. Partiamo dalla crisi finanziaria attuale: Caltaqua, nei bilanci “denuncia” gravi perdite finanziarie e, oramai al “limite”, si ferma un passo prima del licenziamento di una cospicua quota dei 185 dipendenti. Ne mette 147 a contratto di solidarietà, in scadenza a fine giugno. Cosa succederà? Non è dato saperlo. Sono pagati, in parte,

La privatizzazione un disastro, torniamo alla gestione pubblica Dopo l’esperienza disastrosa, trovo fondamentale ritornare alla gestione pubblica - dice il deputato Ars Gianluca Miccichè, ma nel migliore dei modi. Il lavoro legislativo di riordino del settore, nelle commissioni si sta sviluppando tra audizioni tecniche e politiche. La ripubblicizzazione deve diventare una realtà al più presto. Come vede il conflitto tra Ato e ente gestore? La controversia viene definita “arbitrato”’dove le parti hanno nominato delle figure tecniche e terze che dovranno trovare delle soluzioni. Siamo fermi alle nomine dei consulenti e non si è arrivati nel merito. La gestione delle Acque si è rivelata fallimentare in Sicilia? Di chi sono le colpe? Ancora gli effetti negativi non sono totalmente visibili, i nodi stanno venendo tutti al pettine in questi mesi. I buchi finanziari sono spaventosi. Si riscontrano inadempienze sia da parte dei gestori che delle autorità d’ambito, che sono il vero fallimento della legge. Acque di Caltanissetta spa, non

I nodi stanno venendo al pettine: buchi finanziari e inadempienze da parte dei gestori con le bollette dell’acqua, e in parte, sempre, con i soldi pubblici. Il deficit 2006-2011 si aggira intorno ai 30 milioni di euro, tra proventi riscossi con difficoltà e, minori investimenti che hanno fatto lievitare i costi. Non ci sono le opere previste nel Piano d’Ambito che dovevano essere finanziate in quota parte; di quei 132 mln di fondi del Por Sicilia, l’ente gestore ne doveva mettere di tasca, appena 5. Ne ha spesi - dicono all’Ato - 4,8

recede dal contratto trentennale, ma potrebbe sperare nella risoluzione da parte della Regione? Non vedo perché il gestore nisseno dovrebbe risolvere il contratto, al momento non mi pare ci siamo le condizioni e neanche la volontà. Il costo di un eventuale disastro dovrà essere caricato sui responsabili, non sui cittadini. Scandalo assunzioni e spartizione dei posti che il gestore offri alla politica locale? In tutta franchezza non so di questo scandalo e neanche che la procura abbia aperto un’inchiesta. mln per sostituire i contatori di tutte le utenze e manutenzioni. Le somme sono “liberate”, insomma ferme. Dall’Unione europea arrivano appena 26 milioni di euro, tutti spesi ma l’infrastrutturazione che si doveva realizzare entro il 2008 si rivela un fallimento. La rimodulazione dei progetti e l’opportunità di spendere i soldi del Por si allontana, mentre la riprogrammazione prevede obiettivi diversi dagli iniziali: riduzione delle perdite e depurazione. Il treno del rifacimento di tutta la rete e delle opere di telerilevamento, di telecontrollo, di messa in sicurezza delle fonti e della ricerca di nuove, non passerà più. Su Acque di Caltanissetta Spa, cade un altro mattone. La progettazione, da realizzare nei primi anni, fa acqua da tutte le parti, assieme a dissapori della compagine societaria su chi, tra loro, avesse dovuto realizzare i progetti, per usufruire dei fon-


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Dovere di cronaca

Il servizio: non solo ombre ma anche luci

L’impianto di depurazione dell’acqua di Caltanissetta e San Cataldo in contrada Cammarella

lunghezza delle reti la penalizza. Acque di Caltanissetta, spende più di quanto incassa - dice. Le consulenze sono denaro che esce da corso Vittorio Emanuele e arriva a Madrid. La Aqualia, la maggiore azionista, riceve da Acque di Caltanissetta, soldi per prestazioni,

di europei, mentre una delle socie che ne aveva avuti finanziati alcuni, fallisce. Le autostrade dell’acqua, vecchie e parzialmente riparate, mai rifatte, non realizzano quell’economia di scala che avrebbe reso produttivo l’investimento; la società compra l’acqua da Siciliacque a circa 0,70 centesimi e la rivende ai cittadini con una tariffa reale media di 1,83 centesimi, ma la

come dire , paga se stessa. Si chiamano “quote di prestazioni” per efficientare il servizio con tanto di assistenza tecnica e distaccamento di personale. L’Ato non riconosce questi costi e li contesta. Non mancano studi legali e fiscali per i quali l’ente gestore non lesina denaro: i migliori nel mondo: dallo studio

Il servizio, costo a parte dell’acqua che incide mediamente per circa 300/350 euro annue per famiglia, è migliorato decisamente, rispetto al passato. I turni di erogazione nel capoluogo si attestavano a 2/3 giorni, adesso ad appena uno. Se poi, sotto la gestione dell’Eas, c’era una rottura, bisognava aspettare almeno 6/7 giorni prima che la riparassero. Il pagamento sotto l’Eas era “a piacere”; molti condomini, gravati dalla Tremonti che lo assiste nella controversia con il fisco, a quello legale Baker & McKenzie, agli avvocati, i più famosi. Acque di Caltanissetta, primo contribuente della provincia, nel 2012 subisce l’accertamento dell’Agenzia dell’Entrate. I controlli rilevano che ci sono maggiori redditi non dichiarati. Insomma risulterebbero contributi elusi. La richiesta è di 5 milioni di euro che il fisco rivuole. In un’unica soluzione versa 3 milioni di euro con un modello F24, al termine di una mediazione fiscale. Ma i guai non sono finiti: la Ibi idroimpianti, la società napoletana, c omp ar t e c ip at a , entrata in seconda battuta nella società, è in odor di mafia, con infiltrazioni malavitose “certificate” dall’informativa delle prefetture di Napoli e Caltanissetta. Intanto la Ibi, trasferisce le quote a un’altra impresa, la Sda, cinque giorni dopo vende a Entei il ramo d’azienda; mentre Sda, rivende le quote a Entei.

conflittualità tra vicini, dimenticavano di pagare le bollette per migliaia di euro. Non sono mancati i distacchi, i ricorsi di alcuni cittadini. Ma con la gestione di Acque di Caltanissetta la situazione è decisamente migliorata. Rimane molto da fare invece, per la depurazione. Paghiamo multe salate per l’infrazione comunitaria. Ci sono comuni cinque comuni piccoli che non hanno impianti di depurazione. Scaricano senza riciclo. E quelli che Un gioco di scatole cinesi. La vicenda si chiude con la battaglia vinta dall’Ato e l’estromissione dell’Entei. Ma bisogna fare un passo indietro. Alla gara europea, nel 2006 partecipano solo in due. Un raggruppamento con Aqualia, multinazionale spagnola maggiore azionista, Aiem srl di Rovigo, la Galva Spa (diventata poi, Idrica) di Pomezia, la Gate Scarl di Catania e infine la CCC, consorzio cooperative costruzioni di Modena, il cui presidente è Omer degli Esposti, (indagato e appena prosciolto per estinzione del reato, perché prescritto, nella vicenda delle consulenze fittizie alle cooperative rosse, nell’inchiesta Penati). Questo raggruppamento si aggiudica l’appalto ma la ricorrente, esclusa per un difetto nella fideijussione, la Ibi di Napoli, fa ricorso al Tar e poi al Consiglio di Giustizia amministrativa, che le dà ragione accogliendo il ricorso e annullando l’ordinanza del Tar. Il legale dell’Ato, per puro caso, è Stefano Polizzotto, attuale capo della segreteria tecnica del presidente Crocetta, all’epoca sindaco di Gela. Colpo di scena: Ibi si accorda con Aqualia ed entra a fare parte dell’Ati. Arriviamo a luglio 2006, quando si sottoscrive il contratto e in fase di esecuzione Acque di Caltanissetta comunica l’ingresso del nuovo socio. C’è chi solleva il problema e chi sostiene che si trattava di un “cartello”. La procura apre un’inchiesta e la chiude. Il presidente di gara è Pierluigi Vigna, il quale su richiesta scrive un parere che suona così: “E’ irritua-

funzionano hanno problemi. In contrada Cammarella, dove si depurano i reflui del capoluogo, la situazione è discreta. Quello di Riesi - ci informano - è stato completato e messo in funzione; c’è poi Gela e Niscemi. La manutenzione degli impianti di depurazione spetta al gestore che lo fa pagare in bolletta. Sulla vicenda depurazione la Procura ha aperto procedimenti per inquinamento ambientale. le, ma nulla osta”. Il Cda dell’Ato si limita a prende atto della new entry e va avanti. Ci sono cose importanti da fare da luglio a dicembre 2006 e gli amministratori e politici si danno da fare per quelle 147 assunzioni. Prendono il manuale Cencelli e fanno la spartizione. Grossa la fetta che tocca alla Sinistra, quella nissena e quella gelese, ma non resterà fuori nessuno degli altri partiti. Tra i nomi figurano i parenti diretti dei sindaci, vicesindaci, fratelli di consiglieri, di politici, le mogli, i figli e ci scappa, pure, qualche amante. Chi doveva controllare, in quella fase delicata? E perché l’ente gestore accetta? In cambio di cosa? Chi e quali coperture la politica aveva assicurato? La procura apre un’altra inchiesta e la polizia giudiziaria continua, anche in questi giorni, a sentire persone informate sui fatti. Adesso, restano solo le contestazioni e le penali che l’Ato applica a Acque di Caltanissetta, per più di 2 mln di euro per obblighi da mancate comunicazioni, mancato rispetto degli standard organizzativi e obiettivi correlati al piano d’investimenti. Ma gli riconoscono gli scostamenti rispetto all’iniziale piano economico finanziario. Caltaqua ha affrontato maggiori costi legati alla lunghezza delle reti, che però non ha realizzato. Per questo le bollette dovranno aumentare. Non conosciamo la versione di Acque di Caltanissetta, perché non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione, sebbene espressamente richiesta.


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Ornamenti

di Ivana Baiunco

Giornalisti: istruzioni per l’uso In una cittadina di provincia è paradossalmente più difficile fare il giornalista a muso duro

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l giornalista vero deve tenere la schiena dritta, non deve piegarsi a niente ed a nessuno e tirare per la propria strada rispettando le regole fondamentali dell’informazione. L’incipit di ogni lezione di giornalismo è grosso modo questo. Se i giovani cronisti sapessero quant’è duro ogni giorno fare questo lavoro probabilmente deporrebbero le armi prima di iniziare la battaglia. Infatti oramai è diventata una guerra sto mestiere e non solo per chi sta nelle zone calde. Anche nella nostra città, adesso, in alcune circostanze e con le rispettose differenze, pare di stare in trincea. La zona più calda al momento è Palazzo del Carmine. Neanche il tempo di fare l’abitudine ai rimbotti e le rimostranze del sindaco ad ogni piè sospinto, sulle scorrettezze commesse dalla categoria, adesso arrivano immantinenti i consiglieri comunali. La riflessione nasce da una circostanza nella quale mai e poi mai avrei immaginato di trovarmi. Durante una conferenza stampa, nata sotto una cattiva stella, animi particolarmente agitati, quando si parla di diminuire i denari che ogni mese ti entrano nelle tasche provoca un certo sgomento, certo però che quando i denari sono del-

la collettività è tutta un’altra cosa. Comunque andiamo alla cronaca. I giornalisti invitati e sottolineo invitati, nella sala antistante la presidenza del consiglio, si sono trovati oggetto di un tiro al bersaglio, ciascuno per la propria parte, a causa di ciò che era stato scritto sulla vicenda riguardante i tagli ai gettoni di presenza.

Rei di avere soltanto raccontato i fatti dei quali, innanzi tutto i primi responsabili erano i protagonisti,

non contenti anche accusati più o meno velatamente di aver artato la verità per far apparire i consiglieri comunali, in maniera negativa dinnanzi alla cittadinanza. A quale pro? Ritornando alla schiena dritta, quant’è difficile sopportare tutto ciò econtinuare a fare il proprio

lavoro sorridendo. In una cittadina di provincia è paradossalmente più difficile fare il

giornalista a muso duro, scrivere ciò che si sa’, perché male che vada si scrive di un conoscente nella migliore delle ipotesi di un amico. La conseguenza sono giorni di telefonate pressochè inutili, perché, ciò che è scritto è scritto. Quando si scrive la verità, a pena di smentita con tanto di prove non si cambia. Se una buona volta tutti e ribadisco tutti, si convincessero che c’ è una profondissima linea di demarcazione tra amicizia e lavoro tra interesse personale e ricerca della verità. Certo è che la libertà non ha prezzo. In sostanza per ritornare al nostro racconto, dopo una serie di sfuriate ed improperi ai quali ormai abbiamo fatto il callo, ci sono state anche le scuse. Non tanto per ciò che è successo, più che altro per le modalità con le quali le cose sono state dette, una violenza verbale, toni troppo alti rispetto al ruolo ricoperto da chi urlava, tutto ciò ha suscitato quantomeno perplessità. La vicenda obbliga ad una rifles-

sione sul lavoro che ogni giorno ci accingiamo a compiere. Ad una riunione dell’Assostampa (sindacato dei giornalisti ndr) qualche settimana or sono, ho sentito un collega di lungo corso che diceva, che un tempo era un onore dire di fare il giornalista, adesso quasi quasi ci si vergogna. Parole amare e tuttavia vere che procurano un brivido lungo la schiena, per chi in questa professione ancora dopo tanti anni crede.

Chi crede in questa professione ha rispetto dei fatti e dei protagonisti Per chi ha talmente tanto rispetto dei fatti e dei protagonisti che certi comportamenti nonostante l’esperienza ancora feriscono. Per chi si sveglia la mattina e cerca ancora tra la gente una bella storia da raccontare. Per chi pensa di essere veramente fortunato a far delle parole un mestiere, della propria passione un lavoro.


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Fatti & territorio Quello che dovrebbe essere il cuore pulsante della città, oggi è soltanto un territorio di passaggio. Non appena il sole tramonta, torna il deserto

di Rita Cinardi

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anchine, alberi, un lungo viale su cui passeggiare. Oggi si è fatto tutto quello che si poteva fare o forse no. I nisseni continuano a non amare il centro storico, non lo sentono loro. Si limitano a percorrerlo ma non lo vivono. Quello che dovrebbe essere il cuore pulsante della città, il luogo dove vedersi, dove ritrovarsi, oggi si limita ad essere territorio di passaggio per chi vuole fare qualche acquisto, dopodiché, non appena il sole tramonta, torna il deserto. Luci basse,qualche immigrato che forse si chiede perché la gente è così poco festosa e amichevole, qualcun altro fa passeggiare il cane, ma di vivere insieme il centro storico non se ne parla. E dire che anche i commercianti, dopo mesi di disagi e lunghe attese, e forse la speranza di una

rinascita dell’economia, hanno creato dei graziosi angolini dove poter sedersi a sorseggiare un drink. E allora cosa manca? Forse l’assenza di un’università, di eventi culturali, di mostre, concerti.

O forse no. A mancare è proprio la cultura del centro storico. Di certo se davvero è la cultura a mancare, nulla di grave, la si può creare. Perché non basta fare le panchine, mettere gli alberi, allargare la zona pedonale se poi gli amministratori sono i primi a non volersi integrare con i cittadini. Sono i primi a non volere fortemente questa rinascita. E sì perché di rinascita si deve parlare, perché oggi la piazza è solo il riflesso di una città che non ci crede più. Che si sente unita solo per la Settimana Santa. Unico periodo in cui si può sperare di vedere il centro storico pieno. Dopodiché l’individualismo riprende il sopravvento e ognuno nuovamente per i fatti suoi. Di certo appare banale il paragone con altri centri storici della Sicilia, non citiamo Catania o Palermo

perché il confronto per ovvi motivi non reggerebbe, ma basta spostarsi a Noto o ad Acireale e ci si accorge che vivere il centro storico è un’altra cosa. E allora perché i nisseni, essi stessi, non si dan-

“Depressione centro storico”

no la possibilità di vantarsi della loro città, di promuoverla, di amarla. Non capita di rado sentir dire di qualcuno: “sai ho visto Caltanissetta in foto o in tv… non me ne ero mai accorto ma sai che la nostra piazza è davvero bella?”. Le ipotesi sono due: o i nisseni vanno troppo di fretta per accorgersene o non hanno mai creduto nelle potenzialità della propria città. Di certo sono molti gli aspetti che non aiutano questa voglia di crederci. Partiamo dal più semplice: l’illuminazione è troppo poca. Ai nisseni queste luci soffuse non piacciono. E allora perché continuare ad imporle? Forse non si ha il coraggio di accendere i riflettori sulla piazza? I cittadini vogliono più luce e allora perché non accontentarli. E’ capitato per esempio qualche settimana fa nel tardo pomeriggio, proprio quando ancora faceva buio fitto, che alcuni ragazzi, padroni di pitbull il cui triste destino è stato quello di diventare, loro malgrado cani da com-

battimento, hanno perso il controllo dei loro amici a quattro zampe i quali, abituati a questo, hanno accontentato i padroni, inscenando un combattimento a l

centro della piazza. Tutto questo tra gli sguardi inorriditi dei pochi passanti che di certo non si aspettavano di assistere a una scena del genere. Dopodiché solito intervento dei carabinieri che hanno invitato i padroni a porre più attenzione ai loro animali. Risultato: quella decina di persone che si trovava

in piazza prima di tornarvi ci ripenserà altre cento volte e sicuramente non ne saranno entusiasti. Ma spostiamoci ai margini di quello che dovrebbe essere il “salotto” cittadino. Ci si chiede: che senso ha possedere un bel soggiorno, pulito ben arredato, se le altre stanze delle abitazione sono sporche, vecchie e brutte? E allora perché non cominciare a vedere la città come se fosse la propria casa. L’invito anche questa volta è rivolto agli amministratori. Spostandosi a qualche metro da piazza Garibaldi ci si trova in via Palermo. Siamo già in un’altra dimensione ma ancora il distacco è accettabile. La maggior parte dei cittadini, e fino a qualche tempo fa anche chi scrive, non ha mai visto il quartiere Provvidenza. Già e chi avrebbe il coraggio di andarci. In quel povero angolo di città ormai abbandonato a sé stesso succede di tutto e di


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Il salotto “buono” del capoluogo nisseno è popolato da extra comunitari e anziani

più: dalla prostituzione, allo spaccio, al crollo degli edifici, alle strade sbarrate, alle piccole discariche abusive che non di rado si vengono a formare. Cer-

to la situazione non è incoraggiante ma lavarsene le mani sarebbe anche peggio. In altre città zone come questa non solo sono state recuperate ma vista la loro valenza storica oggi sono divenute mete di turisti. E non è solo la Provvidenza che andrebbe recuperata,

lo stesso discorso vale per la Saccara, gli Angeli, e non ultimo l’affascinante quartiere San Domenico che oggi sta vivendo un momento di rilancio grazie ai residenti e al comitato di quartiere fra i primi a nascere in città, capace di creare un presepe vivente oggi apprezzatissimo da nisseni e non. Ma forse la zona dove il nisseno può avere una punta di nostalgia è il tratto finale di corso Umberto (quello che da piazza Garibaldi va fino a viale Margherita). Qui nessuno degli amministratori che si sono succeduti nell’ultimo ventennio è riuscito a frenare l’emorragia di residenti e di un commercio ai tempi estremamente vivo per la presenza di numerose attività commerciali, oggi sistematicamente chiuse o spostate altrove. Per chi ancora ricorda le vecchie botteghe di barbieri, i negozi di giocattoli, la sartoria, gli alimentari, diventa forse l’angolo più triste e malinconico della città. E proprio lì c’era anche un cinema che, aperto dal 1950, riusciva a creare quel po’ di movimento che bastava a rendere vivo il corso. Un cinema, il Bellini, dove negli anni ’60 si è erano esibite due giovani promesse della musica leggera italiana Mina e Rita Pavone agli albori delle loro carriere. Il

cinema c’è ancora ma la saracinesca è tristemente chiusa. Segno del declino anche culturale della nostra città che ormai stenta a riconoscere anche il suo stesso passato e sta inesorabilmente, e tra il disinteresse generale, cancellando la sua memoria.

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PIAZZA ROMA. Una lenta agonia, viaggiano solo gli studenti pendolari

C’era una volta... la stazione

Il traffico: soltanto 12 convogli

S

tringe il cuore a vederla così. Un tempo cuore pulsante della città che produceva e creava benessere, oggi somiglia tantissimo ad una landa desolata, immensa, dove il tempo si sta

maginare. Caltanissetta sta perdendo un pezzo importante della sua storia. La stazione ferroviaria esiste ancora ma funziona - restando in tema - a scartamento ridot-

inesorabilmente fermando per lasciar spazio ai ricordi e ai rimpianti. “C’era una volta la stazione ferroviaria...” potrebbe iniziare il racconto del luogo simbolo per eccellenza del commercio, quando il trasporto ferrato aveva un senso e i collegamenti stradali erano una chimera in questa fetta del centro Sicilia, un tempo ombelico e crocevia delle più svariate attività imprenditoriali. Come non citare quel mitico primo binario dal quale migliaia di nisseni, carichi di speranze e delle classiche valigie di cartone, sono partiti per cercare altrove quella dignità lavorativa che questa città non poteva garantire. E ancora tornano alla mente quelle scene, quasi da film, quando i ragazzi che partivano per il militare o per cercare lavoro altrove salutavano lì le mamme e le loro fidanzate in un’atmosfera romantica che molti giovani di oggi non riuscirebbero nemmeno ad im-

to. Del frenetico movimento di un tempo - passeggeri e merci - non è rimasto più nulla ed a piangere le conseguenze del drastico ridimensionamento di uno

E’ stata tagliata fuori dai progetti di rilancio di Trenitalia perchè improduttiva scalo nevralgico è stato soprattutto l’indotto. Ha chiuso anche il bar punto di riferimento per gli addetti ai lavori e per i dipendenti di enti pubblici gravitanti nella zona. La stazione ferroviaria oggi somiglia ad un ufficio con un orari

ferrei di apertura e chiusura. Apre all’alba e chiude la sera, alla nove, dopo l’arrivo dell’ultimo treno alle 20,45. Non è più h24 come avviene in qualsiasi altra parte d’Italia e nell’arco di una giornata il movimento (fra arrivi e partenze) si ferma a non più di dodici convogli. Tagliata fuori dai progetti di rilancio di Trenitalia, forse perché ritenuta improduttiva, la nostra stazione ferroviaria ha assistito al progressivo smantellamento che sta travolgendo anche e soprattutto lo scalo ferroviario. Fortuna che resistono gli studenti pendolari. Sono proprio loro, provenienti del versante nord della

provincia, ad utilizzare i collegamenti ferroviari su treni totalmente sprovvisti di ogni confort, spesso sporchi, dove i viaggi diventano vere e proprie odissee. Sono rimasti i ragazzi delle scuole superiori a vivacizzare la stazione ferroviaria di piazza Roma, bistrattata dai politici e quanto mai in sofferenza per la vicina presenza del terminal dei bus extraurbani che ha sottratto una fetta importante di utenza. D’altronde pensare di salire su un treno per arrivare a Palermo dopo tre ore sembra fuori da ogni logica. Così come potrebbe sembrare fuori da ogni logica tentare di salvare il passato e i ricordi della stazione, ormai in agonia. R.C.


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Fatti & iniziative culturali

Dacia

in città

Maraini

La scrittrice racconta il suo amore per i viaggi

I

n questo numero torniamo ad occuparci dell’Angolo dell’Avventura di Caltanissetta che, a poco più di un anno dalla pubblicazione dell’articolo che ne analizzava i fattori di successo e quasi a conclusione della terza stagione, si conferma, nella realtà nissena, quale fenomeno catalizzatore di attenzione ed interesse. Anche questa edizione, che si è aperta ad ottobre del 2012 e che si concluderà a giugno, è stata ricca di appuntamenti ed iniziative che hanno sempre visto la presenza numerosa e partecipe di amici oramai fedelissimi e di persone che, attraverso vari canali e da più parti della Sicilia, sono entrati in contatto per la prima volta con l’Angolo, con grande soddisfazione dei suoi Responsabili: Claudio Arcarese, Ulisse Segretario e Costanza Calderone. I foto-video racconti di viaggio, proiettati con cadenza mensile, sono stati seguiti da una platea motivata e affascinata da realtà geograficamente distanti dalla nostra e hanno contribuito ad accrescerne la conoscenza di usi, tradizioni e costumi. E’ stato così possibile, sempre con la preziosa collaborazione di altri coordinatori di AnM e semplici viaggiatori, recarsi, sia pur virtualmente, nell’Isola di Pasqua con i suoi misteri e le sue leggende, in Nepal, per visitare i suoi templi e respirarne la profonda spiritualità, in Australia, a contatto con un natura selvaggia e incontaminata, e poi a Cuba dove l’arte di arrangiarsi è di casa e vivere dell’essenziale è la regola che nulla toglie al sorriso di un popolo ospitale e generoso. Anche i coordinatori dell’Angolo non hanno mancato di dare il loro contributo. Il mese scorso, attraverso le belle foto di una partecipante, Ulisse Segretario ha presentato il suo viaggio nel coloratissimo Messico, culla di civiltà antiche, mentre l’ultima proiezione, curata da Claudio Arcarese, consentirà di entrare in contatto con “un popolo in preghiera”, il popolo della Birmania che, sotto la guida della sua leader Aung San Suu Kyi, lotta da anni per la democrazia e la difesa dei diritti civili. Ed e’ proprio guardando ai diritti civili e alle lotte per la libertà e la democrazia che i Responsabili dell’Angolo Nisseno hanno voluto inserire, nel programma di quest’anno, la rassegna cinematografica “ Il mondo in 35 mm. Storie di diritti e libertà”. Il cinema, quindi, come importante strumento di viaggio, con particolare attenzione ai film ambientati in paesi (Libano, Iraq, Israele, Birmania, Russia) che hanno vissuto o purtroppo vivono ancora situazioni di diritti negati e libertà violate. L’esperimento, perfettamente riuscito,

ha visto esaurirsi in poco tempo gli abbonamenti disponibili e ha trovato il consenso di un pubblico spesso commosso ed emozionato dalle vicende narrate. Il film “ the Lady” è stato proiettato nei locali di Villa Barile, sede dell’Angolo, ha costituito una prima assoluta a Caltanissetta e, sotto la mirabile regia di Luc Besson, ha raccontato la straordinaria avventura umana e politica di Aung San Suu Kyi, l’attivista birmana prima citata Premio Nobel per la pace nel 1991,

Si è conclusa la terza stagione dell’Angolo dell’Avventura: foto-video, racconti di viaggio ed escursioni costretta agli arresti domiciliari quasi ininterrottamente dal 1999 al 2007. Ultimo appuntamento della rassegna cinematografica è con il film di Radu Mihaileanu “Il concerto”, sulla condizione degli ebrei che vissero per quarant’anni nel totalitarismo. E’ proseguita poi, nell’ambito dell’iniziativa “Con lo zaino in spalla”, la conoscenza del nostro territorio attraverso escursioni improntate all’autogestione e alla condivisione, che hanno condotto alla scoperta di altri pezzi importanti di Sicilia: Gangi, Morgantina e la Villa Romana del Casale, Caccamo, Butera, Niscemi, Naro e Favara, oltre all’immancabile e oramai richiestissima escursione off road in jeep 4x4 in collaborazione con gli amici dell’Orange Tour Club 4x4 e alla visita notturna, molto apprezzata, al Centro Stampa Editoriale Etis 2000 di Catania. Novità assoluta, perché prevede per la prima volta il pernottamento, è rappresentata dall’ultima escursione, nella splendida cornice barocca di Scicli, in occasione della festa patronale della Madonna delle Milizie. Ma il colpo grosso i Responsabili dell’Angolo lo hanno messo a segno nell’ambito del Caffè Letterario (dopo avere ospitato nella serata inaugurale della nuova stagione l’amico Tito Barbini per la presentazione del suo libro “Il cacciatore di ombre – In viaggio con Don Patagonia”) con l’incontro che ha visto protagonista una delle voci più autorevoli e significative del nostro panorama letterario: la grande scrittrice italiana Dacia Maraini. Narratrice, poetessa, saggista, autrice di testi teatrali e sceneggiatrice, la

Sig.ra Maraini è anche da sempre, prima per motivi familiari e poi principalmente per lavoro, una viaggiatrice instancabile, curiosa e appassionata ed è in questa veste presenta il suo libro, edito da Rizzoli nel 2010, “La seduzione dell’altrove”, opera dedicata alle molteplici esperienze di viaggio. Tra reportage e racconto, lo sguardo della Maraini descrive per istantanee di forte potenza evocativa i paesi che ha visitato: l’amata Africa, l’Asia, l’Europa, gli Stati Uniti, con una piccola parentesi italiana. Contattata dai Responsabili dell’Angolo dell’Avventura, Dacia Maraini, che ha subito dichiarato di essere già stata diverse volte nella nostra piccola e bella città e di tornarci volentieri, ha risposto, con la consueta disponibilità, ad alcune domande. Le è stato chiesto, innanzitutto, quanto la sua famiglia abbia influito sulla sua passione per il viaggio e lei ha dichiarato:” Certo ha influito molto. Mia nonna Yoi viaggiava da sola in tempi in cui era pericoloso e scandaloso per una donna spostarsi senza accompagnamento. Mio padre ha sempre viaggiato. Ho sempre sentito raccontare storie di viaggi avventurosi in famiglia. Ma naturalmente ci vuole anche una passione personale e questa mi appartiene.” Alla domanda se Roma, città in cui lei attualmente vive, e l’Italia sono ancora in grado di suscitare all’estero l’esotico, quale sentimento che tende ad esal-

momento, incontro continuamente persone, sopratutto giovani, che mi parlano di Roma con gli occhi luccicanti”. I Responsabili dell’Angolo hanno poi voluto affrontare con la scrittrice italiana un tema piuttosto attuale nella realtà nissena : l’immigrazione e la paura del diverso e questa è la sua riflessione: “Noi italiani abbiamo sviluppato una grande cultura della emigrazione, siamo diventati bravissimi a integrarci in altri paesi e altre culture, ma siamo ancora maldestri con la cultura dell’accoglienza e dell’immigrazione. Ci sono persone generose che fanno di tutto per rendere meno

Da sinistra Claudio Arcarese, Costanza Calderone e Ulisse Segretario

tare forme ed usanze di paesi lontani, Dacia Maraini risponde: “Certo, lo suscitano in continuazione, negli stranieri. A Seul, dove sono in questo

dura la vita di chi è costretto a lasciare patria e famiglia. Sono persone belle che io stimo. Poi ci sono tanti altri che invece non capiscono la sofferenza di

chi deve affrontare una nuova vita a volte durissima. Posso capirli ma non li stimo. Se abbiamo sofferto come popolo migratore dovremmo potere

L’ autrice siciliana ha presentato, al Caffè letterario, il suo libro “La seduzione dell’altrove” capire chi fatica per sopravvivere. Ma l’egoismo purtroppo si sta diffondendo con una forza perversa e travolgente”. Considerato che Dacia Maraini viaggia da sempre e che la curiosità e l’amore per la conoscenza l’hanno portata in quasi tutti gli angoli della terra, quando le viene chiesto se c’e’ un luogo che non ha ancora visitato e che vorrebbe vedere, fa un solo nome: “Non sono mai stata in Tibet anche se ne ho sentito tanto parlare da mio padre”. E, infine, non si poteva non chiederle qual è la differenza tra viaggiatore e turista. La risposta è sintetica, ma esauriente: “il viaggiatore vuole capire il diverso, il turista spesso vuole solo confermare le cose che già sa. Insomma il viaggiatore affronta dei rischi, il turista no”. Parlare di esotismo, di viaggi e di realtà lontane è stato lo spunto per ripercorrere la vicenda umana, letteraria della Sig.ra Maraini e dei temi a lei più cari: la Sicilia e le sue contraddizioni, la condizione femminile nella storia, la grande amicizia con Pier Palo Pasolini e gli anni trascorsi con Alberto Moravia, l’attività teatrale come strumento di informazione su specifici problemi politici e sociali.


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Lopiano tra storia e innovazione La pasticceria

L

e origini della Pasticceria Lopiano sono lontane e risalgono a gli anni 40 quando Luigi insieme alla propria madre gestiva una latteria in corso Umberto I che negli anni si è trasformata specializzandosi nell’arte pasticcera. Nel 1955 Luigi con la moglie Enza, avvia nel centro storico di Caltanissetta una pasticceria specializzata

“a regola d’arte”

dimenticati. Come ogni stagione ha i suoi frutti, la Pasticceria Lopiano ha i suoi dolci, infatti, con il cambiare delle stagioni e delle temperature cambiano le dolci proposte passando cosi dalle colombe pasquali, dalla frutta martorana ai panettoni. La Pasticceria Lopiano ha sviluppato nei decenni di attività una grande propensione a realizzare torte personalizzate per ogni occasione, classiche e di cake design ispirate ai vari desideri dei propri Clienti, senza porre limiti alla fantasia! Dall’arte dell’antica antica pasticceria nascono anche i cioccolatini e le praline, la pasticceria fresca con prodotti tradizionali “sempre attualissimi” come i cannoli, i rollò,

Sopra Giovanni e Luigi Lopiano durante una fase di preparazione delle cialde per i coni gelato (anni 50). A destra Michele Lopiano con il figlio Luigi

nella produzione e vendita di prodotti tipici siciliani e nisseni. Oggi, con la stessa passione del padre, Michele insieme al giovane figlio Luigi conducono l’attività con grande successo. Si avvalgono delle antiche ricette che conservano quelle inconfondibili caratteristiche di gusto e di profumo che rendono le produzioni pasticcere una vera delizia per il palato. In tutte le specialità vengono utilizzati ingredienti freschi e genuini ottenendo cosi un risultato finale ben lontano dai prodotti industriali e prodotti in serie. La passione e l’esperienza della Pasticceria Lopiano ha stimolato i palati dei propri clienti abituandoli sempre di più al piacere della degustazione di semplici e genuine golosità che ripropongono sapori e profumi ormai

le raviole, le sfogliatelle, i cartocci, i pasticciotti. Per i palati legati alle tradizioni di una volta, sono in prima fila tra le specialità dei pasticceri di famiglia Lopiano anche i prodotti di pasticceria secca con i biscotti tipo taralli e bersaglieri, rametti di miele, raffiolini, paste di mandorla, biscotti di San Martino, ciambelle, buccellati, il classico torrone e torroncini, ed i croccantini. Fiore all’occhiello è la frutta di martorana, la cui lavorazione viene oggi effettuata utilizzando antiche tecniche a caldo di lavorazione dello zuc-

La novità: l’azienda si rinnova, arriva la caffetteria chero successivamente incorporato alla mandorla che è la materia prima, riproponendo forme di frutti tradizionali siciliani. Anche la gelateria è assortita nei gusti classici delle granite, dei frutti tipici siciliani o dei gusti più nuovi e particolari. Una notevole menzione merita

l’iniziativa che le Poste Italiane nel 2010 hanno realizzato producendo uno speciale annullo filatelico per celebrare il 55° anniversario della nascita della Pasticceria Lopiano, in quella occasione i collezionisti filatelici ed i clienti della pasticceria hanno ricevuto un ricordo unico e speciale vale a dire una “cartolina con l’annullo” che raffigura il logo della pasticceria e

Il fondatore dell’azienda Luigi Lopiano con la moglie Enza.

le specialità tipiche della stessa che sono le raviole, i cannoli e i rollò. Oggi il pi a strino dell’annullo è custodito al museo storico delle Poste Italiane a Roma. Dopo circa 60 anni, la pasticceria lascia la sua sede storica per trasfe-

no un ampio parcheggio. La nuova sede è in via P. Togliatti 2, nei pressi della chiesa di San Paolo e vicino la rotatoria di via F. Turati. Ci sarà una grande novità nel nuovo locale! Vale a dire la presenza della caffetteria, cosi chi per esempio starà gustando i tipici e prelibati cartocci, potrà completare la degustazione con un ottimo caffè di pregiate miscele. L’impegno che intendono prendere i pasticceri Lopiano è quello di con-

La famiglia Lopiano festeggia l’annullo filatelico del 2010. Da destra Michele Lopiano, lo zio Salvatore, il papà Luigi e i due figli Matteo e Luigi

rirsi in una zona più periferica della città, più comoda da raggiungere e dove i clienti troveran-

tinuare la tradizione garantendo gli stessi sapori, la stessa genuinità e la freschezza di sempre.


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Fatti & Sport

Il Challenger cresce aumento del montepremi e nuova club house

...e sono

Villa Amedeo ospita il torneo internazionale dal 2 al 9 giugno

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di Donatello Polizzi

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uindici edizioni, 3 lustri, 5475 giorni: una passione senza fine che cresce a dispetto dei tempi, delle ingiuste critiche e delle difficoltà contingenti. La quindicesima edizione del torneo internazionale di tennis maschile “CartaBcc Città di Caltanissetta” è una solida e seria realtà nissena che si conferma a livello nazionale (seconda solo a Roma) ed internazionale. Una manifestazione che nell’edizione del 2013 pone in essere novità e progettualità innovative e performanti. Il primo dato da evidenziare è l’aumento del montepremi che da 64.000 euro è stato innalzato ad 85.000 euro. Questo non è solo un mero elemento matematico-finanziario ma la chiara dimostrazione dell’impegno profuso dal presidente del TC Caltanissetta Michele Trobia, dallo “storico” direttore del torneo Giorgio Giordano e dal comitato organizzatore, supportato dall’intero circolo. La crisi economica ha inciso profondamente su tutti gli sport, in particolare nel tennis, basti citare la scomparsa del Challenger di Monza che reduce dal successo dello scorsa edizione non è riuscito a racimolare i circa 400mila euro necessari per l’organizzazione della kermesse sportiva. Il torneo nisseno può vantare il primato di challenger italiano più ricco a livello di montepremi al pari di Cordenons e Genova che potrebbero essere confermati per

agosto e settembre. Solo i prestigiosi Internazionali d’Italia del Foro Italico a Roma possono vantare un prize money più alto in Italia. Anche quest’anno con il Comune di Caltanissetta che ha garantito il

privati multinazionali e nazionali, gli organizzatori del torneo sono riusciti a garantire lo svolgimento della manifestazione. Il contributo pubbli-

Il torneo è anche gioia per i bambini. In foto i raccattapalle del Challeger

proprio intervento riconfermando la cifra stanziata nella passata edizione, con l’ausilio della Camera di Commercio, di istituti bancari e sponsor

co ha rappresentato circa il 18% del budget complessivo che è servito per allestire un torneo che si preannuncia spettacolare sotto ogni punto di

vista. La crescente fama dell’evento ha indotto il gruppo bancario Iccrea ad avvicinarsi al torneo che quest’anno per la prima volta nella sua storia avrà un Title sponsor: “CartaBcc”. Official car: Renault Italia. “Avremmo potuto rinunciare a questa edizione –ha dichiarato il presidente Trobia – ed eravamo vicini a tale decisione vista la grave crisi economica che attanaglia il Paese. Poi la costante e numerosa solidarietà ricevuta, ci ha dato la forza di rimetterci in gioco e dare alla città questa grande opportunità che otto giorni di tennis di alta qualità lanciano in termini di immagine e promozione turistica in tutto il mondo. Il peso organizzativo è enorme, ma lo stiamo affrontando con gli stimoli e l’entusiasmo di sempre”. Il circolo nisseno è stato, invece, con abnegazione ed imprenditoriale inventiva, capace di confermare i successi passati ed infondere nuova linfa al percorso evolutivo e di crescita di questa manifestazione che rappresenta il vanto della città. La progettualità, che mira a consolidare ed ampliare il torneo, è dimostrata anche dalla cospicua opera di ristrutturazione che sta interessando il circolo: la costruzione di una nuova club house, che verrà inaugurata prima del torneo al termine dei lavori che si sono protratti per due mesi e

edizioni sono stati completati in tempi record, offrirà un confort di livello “mondiale” agli atleti ed ai soci. L’opera ha una duplice finalità: da un lato migliorare la ricettività del circolo nisseno ed innalzarla ai livelli massimi dei protocolli previsti dall’Atp e dall’altro lato, proseguire nell’incessante opera di miglioramento e rimodernamento degli edifici, per consentire a questa

Il torneo maschile del capoluogo nisseno si conferma per importanza il secondo d’Italia location di diventare un punto di riferimento nazionale per il tennis. La passata edizione è stata vinta dallo spagnolo Tommy Robredo, che proprio dai campi di Villa Amedeo è ripartito dopo il lungo infortunio subito a fine 2011 nel torneo di Vienna. Adesso l’iberico, recente vincitore del torneo di Casablanca, è numero 38 al mondo. Supervisor del torneo sarà l’esperto Carmelo Di Dio che ha vissuto la parabola ascendente del torneo nisseno da futures a challenger.


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IL NOME. Cambia in parte la denominazione della kermesse tennistica

CartaBcc è il nuovo “title sponsor” Cresce il “credito” del torneo Il nisseno Antonio Galiano spiega il perchè del sostegno all’evento

Da sinistra, il presidente del TC Caltanissetta Michele Trobia, il vincitore della scorsa edizione Tommy Robredo ed il direttore del torneo Giorgio Giordano

La passione del presidente Per fermarlo, ci vogliono i carabinieri

I

l Deus ex machina del torneo, il Terminator dell’organizzazione, il demiurgo dell’evento, il presidente per antonomasia e “Eccellenza”: Michele Trobia, numero uno del TC Caltanissetta. Soltanto la sua caparbia e la sua lucida follia, consentono lo svolgimento, da ben quindici anni, del torneo internazionale maschile di tennis. Al suo fianco con analoga coinvolgente follia, il fido direttore del torneo Giorgio Giordano: li potremmo identificare come il Batman e Robin dell’organizzazione tennistica. A parte il tono ironico è inutile negare che l’opera di Michele Trobia è insostituibile e che il futuro del torneo nel momento in cui dovesse decidere di

occuparsi d’altro, è a forte rischio. Lui ama il Challenger: è una sua creatura che ha contribuito a far nascere, crescere e maturare. Nessuna ingiusta critica, nessun meschino attacco, possono intaccare o attenuare il suo amore per la terra rossa e per questa manifestazione. Crediamo che sia assolutamente pertinente il celebre aforisma di Arthur Schopenhauer “Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri”. Non esiste energia conosciuta in questo sistema solare che possa impedirgli di organizzare il torneo, forse l’unica possibilità è che lo portino via a forza: non vorremmo la foto fosse profetica!

C

resce il credito del Torneo Internazionale di tennis “CartaBcc Città di Caltanissetta”, giunto alla quindicesima edizione. Aumenta il credito, inteso come credibilità, buon nome, pubblica stima, fiducia, reputazione, considerazione. Sembra quasi naturale, logico, conseguenziale che una delle novità più evidenti di quest’edizione sia legata al nome della manifestazione con l’ingresso della CartaBcc (title sponsor) il marchio del sistema del Credito Cooperativo, che abbraccia le carte di pagamento e la rete di accettazione BCC. Un connubio quasi perfetto fra crediti, creato con la speranza che il legame, in futuro, possa rinsaldarsi e perpetuarsi. Il Credito Cooperativo che si distingue nello scenario nazionale, per l’attenzione al territorio e alle specificità delle diverse realtà in cui le BCC operano. Il credito, come fiducia accordata e pubblica stima da parte di chi è a capo di CartaBcc, un nisseno verace, Antonio Galiano, che ricopre il ruolo di Responsabile dal 2009, dopo esperienze di peso nel settore bancario e parabancario, presso importanti operatori nazionali ed internazionali. Laureato in scienze Statistiche, con master alla Marquette University (U.S.A.) in Scienze economiche applicate, Antonio Galiano si è formato professionalmente nell’industria delle carte di pagamento, ricoprendo posizioni manageriali all’estero (U.S.A., U.K.) in American Express e in Italia in Unicredit e Capitalia, in ambito di sviluppo di business e risk management. Attualmente rappresenta il sistema del Credito Cooperativo in seno ai board di VISA Italia e Consorzio Bancomat ed è stato recentemente nominato Vice Presidente di EAPS - Euro Alliance of Payment Schemes - il nuovo consorzio europeo fra circuiti domestici. Il credito che ha guadagnato con

la sua professionalità ed indubbia competenza, Antonio Galiano lo riversa nella sua città; egli ha mantenuto nel tempo un particolare legame con il territorio siciliano e, riconoscendo l’importanza del Torneo Internazionale di Calta-

Sono fortemente convinto dell’importanza di investire sulla città, il torneo lo merita nissetta, non solo in ambito locale, ha voluto promuovere l’evento a livello nazionale anche per l’affinità con il mondo professionale in cui opera. L’evento tennistico, riconosciuto a livello internazionale e sponsorizzato negli anni passati dalle BCC sicilia-

confini geografici, ma mantiene lo stretto legame con le proprie radici. Questa capacità di aggregazione di soggetti sembra quasi rimandare alla struttura stessa della Banche di Credito Cooperativo, fondata su società di persone e non di capitali, lascia intendere che l’obiettivo primario punta al soddisfacimento di esigenze di utilità sociale. Le BCC hanno da tempo adottato lo slogan “La mia Banca è differente”. La differenza del credito Cooperativo consiste nell’essere un movimento fatto di persone e attento e alle comunità locali, anche dal punto di vista dei servizi bancari. Le Banche di Credito Cooperativo – Casse Rurali offrono tutti i servizi tipici del mercato creditizio e competitivi, fra i quali – sotto il marchio CartaBCC - tutta la gamma delle carte di credito, bancomat e prepagate. Il torneo consolida il “credito” che a sua volta sostiene e sponsorizza il torneo; una corrispondenza di amorosi sensi che

Antonio Galiano

ne, in questa edizione ha ricevuto la sponsorship di CartaBCC, che riunisce le diverse realtà locali in una dimensione che supera i

non può che dare risultati eccellenti. L’incontro di due eccellenze differenti: “Una banca differente per torneo differente”.


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Viale della Regione Fatti in Redazione

di Annalisa Giunta

SPORT. Il nisseno è stato protagonista di molteplici gare internazionali

Nello

Il triatleta H

a corso maratone in giro per il mondo, ha attraversato lo stretto di Messina a nuoto e nonostante i suoi 67 anni il nisseno Nello Ambra - pur essendosi fatto già apprezzare in manifestazioni sportive nazionali ed internazionali nelle di-

scipline dell’atletica leggera, del nuoto di fondo e del pattinaggio a rotelle su strada - continua a stupire, conquistando altri titoli che si aggiungono al suo lungo curriculum sportivo. Non da ultimo infatti è stato insignito del titolo

di vice campione regionale master di pattinaggio su strada e pista al campionato che si è svolto lo scorso mese

ad Acireale e a Priolo. Passione quest’ultima nata per caso così come ci racconta: “Al compimento dei 50 anni i miei nipoti mi hanno regalato a sorpresa un paio di pattini. Ho voluto così accettare la sfida acquistando l’abbigliamento

senza età adatto e imparando a pattinare. Dopo 2 anni, nel 1997, ho vinto a Palermo il campionato regionale master di categoria e da quel momento anche il pattinaggio è entrato a fare parte del mio quotidiano sportivo. Infatti dopo aver partecipato di recente al campionato italiano di pattinaggio su strada a Imola, mi sto preparando al campionato mondiale master di pattinaggio che si terrà a settembre a Salerno” . Presidente del Panathlon di Caltanissetta dal 2009 al 2012, anni durante i quali il club nisseno è stato premiato a livello nazionale per le attività di comunicazione svolte. Tra le sue imprese sportive ricordiamo le maratone internazionali di 42 km a New York nel 2003 e 2005, a Pechino nel 2007, oltre a quelle di Padova, Palermo e Agrigento; la traversata a nuoto dello stretto di Messina - impresa quest’ultima compiuta diverse volte in questi ultimi dieci anni e che nel 2009 l’eclettico sportivo ha voluto raddoppiare con l’andata e il ritorno - e ancora le traversate da Salina a Lipari, da Ponza a Palmarola, da Favignana a Levanzo, da Malta a Gozo. Fatiche sportive che richiedono grandi doti atletiche, determinazione e spirito di sacrificio che Nello Ambra ha sempre

compiuto all’insegna dell’allegria ma soprattutto per lanciare il messaggio che nulla è impossibile nonostante l’età che sembra essere per lui solo un dato puramente anagrafico. Ma qual è l’elisir della sua giovinezza? “Nessuna magia – afferma Ambra - sicuramente tanto

Maratona, pattinaggio e nuoto i grandi amori di Nello: “Sono stato fortunato a sposare una donna sportiva” entusiasmo, passione, ottimismo. Occorre porsi degli obiettivi raggiungibili e non prendersi troppo sul serio”. Per fare ciò ci vuole coraggio, incoscienza…. “Coraggio no, ma tanto amore per lo sport – prosegue – e non è neanche questione di incoscienza perché occorre avere la coscienza di conoscere i propri limiti. Sicuramente influisce molto positivamente l’incoraggiamento delle persone che ti stimano e che ti vogliono bene ad andare avanti”. Come vivono i suoi familiari questa sua passione e come è riuscito a coniugare gli impegni familiari, lavorativi e lo sport? “Lo sport è un hobby e come tale deve

essere gestito con intelligenza, diversamente saltano gli equilibri della famiglia e del lavoro. Sono stato fortunato a sposare una donna intelligente che condivide ormai la sua vita con me da 46 anni. Una donna che ama anche fare attività fisica e spesso ci alleniamo assieme, lei nella marcia e io nella corsa. Una passione quella per lo sport che abbiamo trasmesso ai nostri figli, Filippo e Giada, e che stiamo cercando di tramandare anche i nostri nipoti Michele e Mattia, entrambi di 6 anni”. Sport ma anche impegno umanitario quello portato avanti in questi anni. “Si, da sempre il mio aiuto verso chi soffre è stato un dovere imprescindibile. Sono un donatore di sangue, da volontario tengo corsi di educazione sportiva al carcere minorile e al Malaspina di Caltanissetta e organizzo gare di beneficenza. Capisco di essere fortunato e non possono che restituire in parte questo privilegio impegnandomi nel sociale e cerando di coniugare sport e volontariato. A fine luglio infatti per la sesta volta, in collaborazione con la Fidas, rifarò la traversata dello stretto di Messina per sensibilizzare alla donazione del sangue”. Corsa, nuoto, pattinaggio… C’è qualche altro sport che le piacerebbe intraprendere? “Mi piacerebbe intensificare lo sci di fondo che pratico da qualche anno e partecipare per gioco, così come è stato per il pattinaggio, a qualche campionato”.


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Fatti & San Cataldo Scansiona il QR Code e vai all’intervista integrale

IL PRIMO CITTADINO. La situazione attuale e le prospettive

Raimondi

Francesco un anno di fascia tricolore di Alberto Di Vita

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d un anno dalla sua elezione, abbiamo intervistato il primo cittadino di San Cataldo, Francesco Raimondi, che traccia un bilancio di questo primo scorcio della sua sindacatura e delle linee della sua futura azione amministrativa. (n.d.r. l’intervista integrale è disponibile tramite QR Code ed in alternativa sul nostro sito). Il successo è arrivato al terzo tentativo a 20 anni dal primo. Se l’aspettava così o la realtà è stata più prosaica? Mi aspettavo che fosse difficile fare il Sindaco anche se, certo, qualcosa di più pesante, di più negativo si è trovato. Quando ha deciso di apparentarsi con la sinistra? L’ho deciso vedendo il risultato delle liste legate alla mia candidatura. In tutte le liste ci sono varie presenze, alcune che sono sempre valide ma non hanno eccellenze. Ero certo che avrei vinto e ho fatto una scelta difficile. Non ritenevo che ci sarebbe stato un Consiglio all’altezza della situazione, con consiglieri eletti con appena 12 voti… la cosa avrebbe avuto una ribalta nazionale. L’ho fatto per amore della Città per e dare un Consiglio più qualificato e rappresentativo. Si dice che sia una decisione soprattutto Sua. È vero o è stata una scelta largamente condivisa? Ci siamo incontrati con il mio comitato elettorale, ho esposto le mie ragioni e tutti, tranne due, hanno aderito senza alcun dubbio. Non crede di avere sbilanciato la presenza in Consiglio Comunale, con 8 consiglieri dell’area di sinistra? Una parte politica che non era stata premiata dagli elettori, con un risultato piuttosto deludente che sapeva di bocciatura. Purtroppo io avevo a disposizione una sola lista… con la presenza di altre liste sapevo che il Consiglio si sarebbe qualificato di più. E poi è stato solo un discorso consiliare: gli assessori sono rappresentanza dei movimenti civici che mi hanno sostenuto. (ndr: in realtà Scarciotta, anche vicesindaco, non lo è). Rifarebbe la stessa scelta? Sì. Secondo Lei, quanto del progetto civico originario è andato perduto con questa alleanza che è prettamente politica? Non direi che è preminentemente politica. Anche nella coalizio-

ne Scarciotta c’era una lista civica: così abbiamo due liste civiche e due partiti. Questa è una coalizione di centro-centrosinistra. C’è qualcosa che avrebbe voluto fare ma che è risultato in qualche modo impossibile? Forse dare uno stimolo in più o delle possibilità alle attività economiche. La situazione finanziaria in cui ci troviamo, però, non me lo consente. Dal punto di vista strutturale, tra le altre cose, forse l’isola pedonale nella nuova Piazza degli Eroi. Il primo bilancio è stato lontano dall’essere “trasparente e partecipato”. Crede sia un traguardo raggiungibile? C’era poco tempo e non era semplice. Ritengo, però, che abbiamo raggiunto almeno l’obiettivo minimo: mi sono incontrato con tutte le attività, le categorie sociali, i comitati di quartiere. Certo, solo qualche giorno prima, a ridosso… poco si poteva fare, con molta sincerità. All’opposizione, che non ha voluto fare operare con scorrettezza, non avete lasciato spazi. Con l’opposizione no, sinceramente. Il bilancio partecipato, però, voleva essere con tutta la Città. Però è un obiettivo possibile. ci possiamo arrivare. Collaborazione con la società civile e consulte: a che punto siamo? Al momento non

sembrano essercene attive… Effettivamente siamo un po’ in ritardo. Ci sono rapporti continui e costanti con le varie realtà sociali ed economiche, con i comitati di quartiere più attivi… perché io cerco il confronto e riesco a ottenerlo. Per le consulte organiche: c’è del lavoro da fare per istituzionalizzarle. San Cataldo è davvero una delle città col più scarso rapporto tra

tasse pagate e servizi offerti? Direi sì e no. È vero che le imposte sono state aumentate per quel problema finanziario che c’era… non vorrei parlare di “buco” ma di “disequilibrio”. Che ci fosse un deficit finanziario di 3,8 milioni per il 2012 è un dato di fatto e dovevamo trovare delle risorse. Impossibile intervenire solo con tagli. Oltre a qualche taglio, il resto è dovuto a una manovra di carattere finanziaria che ho impostato per rendere la manovra “dinamica”, proiettata verso il futuro. Sono aumentate tutte le aliquote: era l’unica risposta possibile per coprire il “disequilibrio”? Era necessario e mi duole. Si va verso una fiscalità locale, con tagli ai trasferimenti di carattere regionale e nazionale; altre 200 mila euro per le elezioni; 500 mila di debiti fuori

trati soprattutto sulle seconde case e mantenendo intatta quella per la prima casa. Poi abbiamo fatto piccoli intervento migliorativi, anche accogliendo alcuni emendamenti dell’opposizione. Sembrano problemi transitori: dobbiamo quindi aspettarci un abbassamento delle tariffe dall’anno prossimo o contate sull’extra-gettito per qualcosa di importante? Intanto deriva da voci che possono variare, come quella dei debiti fuori bilancio. O la perequazione delle rendite catastali: è una vittoria per la Città, ma ci saranno minori entrate per il Comune che valuteremo. Vede… nonostante queste difficoltà finanziarie, nella manovra economica ho inserito l’aumento delle ore di lavoro degli ex-precari a parti-time, portandoli da 22/24 ore a 32 ore, sono costi in più (ndr: il costo dovrebbe aggirarsi attorno ai 400mila euro). Non si poteva posticipare o distribuire nel tempo gli aumenti? L’ho fatto per dare più dignità ai lavoratori. E poi anche per un altro motivo: il Comune è sotto organico già così, circa 1/3 è a part time con l’intenzione di migliorare i servizi. Non so se le diminuiremo: riuscendo a garantire i servizi sociali che riteniamo necessari, più qualche altro che abbiamo già previsto, è una cosa che possiamo aspettarci. C’è in previsione qualche rimodulazione della Giunta? Non ne abbiamo assolutamente parlato e non ci sono discussioni aperte sull’argomento. Oggi convive con una fetta di sinistra che non condivide quel cattolicesimo sul quale Lei, invece, ha spinto molto in campagna elettorale. È condizionante?

bilancio; rate di mutuo aumentate a 115mila euro: c’erano differenze che imponevano aumenti. L’addizionale Irpef è aumentata al massimo, sì, ma per l’Imu ci siamo concen-

Non l’ha condizionato, non lo condiziona e non lo condizionerà. È la mia proposta e loro hanno accettato il mio programma. Sono persone rispettose, anche della diversa estra-

Mi sono apparentato con la sinistra per amore della città e per formare un Consiglio più qualificato

zione culturale di un Sindaco che ha vinto al primo turno e ha portato questa coalizione a vincere al secondo. Patto dei sindaci: dopo l’approvazione della mozione di “Riprendiamoci la Città” a che punto siamo? Noi abbiamo continuato, abbiamo mandato ciò che era dovuto. In un incontro con il M5S, al quale dicevo che avevamo già aderito, ho scoperto che non risultava. Mi sono documentato ed effettivamente e non avevamo mandato la lettera di adesione per continuare il processo. Questo però non ci aveva bloccato, avevamo partecipato a tutti gli incontri a livello regionale, seguendo tutto l’iter informativo e formativo. In uno dei primi consigli comunali ha detto di “mettere da parte” i programmi elettorali. Noi l’abbiamo invitata a fare un programma di governo da presentare ai cittadini: è fattibile? Non intendevo dire “mettere da parte”, ma di calarlo all’interno della

Il deficit finanziario è di 3,8 milioni per il 2012. Impossibile intervenire solo con i tagli, servono le tasse realtà che viviamo. Non posso andare fuori dal programma elettorale: devo solo adattarlo alla realtà. Il “programma di governo” già c’è, ed è il mio programma elettorale. Concludiamo: c’è qualcosa di cui va particolarmente orgoglioso? Gliene dico tre. Intanto per l’attività amministrativa ordinaria: penso sia fatta nel migliore dei modi. Oggi la direzione è quella: fare bene l’ordinario attrezzandosi per fare di più quando avremo tempi migliori. Secondo, per aver raggiunto gli obiettivi del Patto di Stabilità: l’anno scorso ci è costata una sanzione di 400mila euro, quest’anno siamo dentro i parametri. Al primo anno ho centrato l’obiettivo, che è importante. E poi l’obiettivo straordinario… che fa diventare oggi un momento storico: dopo decenni di attesa finalmente c’è stata la perequazione delle tariffe catastali degli immobili ricadenti nelle aree di permuta territoriale. Seguendo un iter burocratico laborioso che io personalmente ho scelto e seguito (che si rifà su una sentenza della Commissione Censuaria Centrale del 1993) con un’istanza formalizzata il 18 dicembre 2012. Una cosa mai fatta prima e di cui sono molto orgoglioso.


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DICONO DI LUI. Abbiamo chiesto a 4 ex sindaci di esprimere un parere sull’attuale amministrazione

Il giudizio degli ex:

“Rimandato a settembre” I segnali non sono i più incoraggianti

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bbiamo chiesto a 4 ex-sindaci di esprimere un parere sull’attuale Amministrazione, lasciando libertà di scelta sull’impostazione e offrendo loro lo stesso identico spazio, ognuno l’ha usato come l’ha ritenuto più opportuno. Queste le quattro domande 1) Questa amministrazione sta per compiere un anno di vita: come giudica il suo operato? 2) Era possibile fare di più e meglio? Perché (sia per il sì che per il no)? 3) La legge elettorale ha consentito l’apparentamento tra forze diverse, una prettamente civica e l’altra di spiccata natura politica: quanto può condizionare nel bene o nel male la realizzazione di un programma condiviso? 4) Le sembrano Giunta e maggioranza giuste per rilanciare San Cataldo?

amministrazione nei confronti di tutti i cittadini senza favoritismi (vedi modalità di assegnazione della Settimana Santa) e la qualità delle numerose attività culturali finora realizzate. - È sempre possibile fare di più, ma dobbiamo considerare il punto di partenza delle finanze comunali ridotte all’osso e i trasferimenti sempre minori di Stato e Regione. - Sono difficoltà superabili se si condividono gli obiettivi politici prefissati nel programma. - Non esiste una giunta o una maggioranza “giusta”, ma giunte o maggioranze capaci di tramutare la programmazione in fatti concreti. A S.Cataldo qualcosa si è visto, diamo loro ulteriore tempo per produrre i risultati sperati. PEPPE AMICO - Troppo presto per esprimere un giudizio obiettivo. Durante questi dieci

ENZA VULLO - Difficile esprimere un giudizio perché un anno di tempo è poco per portare a termine i vari progetti avviati. Ma, al di là di quanto già realizzato (es. tagli ed economie nel settore finanziario, completamento rete fognaria Bigini, completamento procedura delle zone di permuta territoriale

presso gli uffici centrali del catasto di Roma, ecc,) vanno riconosciuti l’atteggiamento di apertura di questa

mesi ha pagato lo scotto del cambio di gestione, della grave crisi economica che si è abbattuta sui comuni e ha dovuto affrontare ben due competizioni elettorali. Nel complesso, tuttavia, si esprime parere favorevole in quanto è stata in grado di rimettere a posto i conti e quindi potere con fiducia programmare per l’immediato futuro. - Non penso che sarebbe stato possibile fare di meglio: la grave crisi economica e la spending review non hanno consentito margini di ottimizzazione. - Condiziona certamente in maniera positiva. La comunità, soprattutto in tempi di difficoltà, ha necessità di tro-

vare coesione sociale e pacificazione, superando gli steccati partitici. - Bisogna essere ottimisti e non distruttivi, dare la possibilità di lavorare serenamente. Sarebbe un errore di estrema superficialità esprimere giudizi affrettati. Ciononostante neanche al meglio c’è mai fine... RAIMONDO TORREGROSSA - E’ difficile dare un giudizio su questa amministrazione a un anno dalle elezioni. Sicuramente non traspare nessuna notizia positiva in merito alla programmazione futura; per il resto vedo solo una gestione ordinaria con l’aggravante della perdita di qualche servizio compensato dall’acquisizione di un grande silenzio o forse, sarebbe meglio dire, torpore. - Non so se si poteva fare di più. Mi sembra che si continui a insistere sulla riduzione dei trasferimenti statali e regionali e su presunti danni di bilancio: quasi a cercare giustificazioni per il mancato operato (salvo scoprire poi un grosso avanzo). Certo è che i cittadini sancataldesi si aspettavano un diverso agire perché, altrimenti, non mi spiego il voto dato un anno fa al sindaco Raimondi. - Per me chi porta avanti un programma “civico” deve avere anche

il coraggio di arrivare sino in fondo. Ho l’impressione che la commistione, politica e civica, oggi esistente a San Cataldo non funzioni sotto entrambi gli aspetti. Le legittime aspettative sono diverse e si finisce per disattenderle entrambe.

- Il mio giudizio rischia di essere di parte. Prendo atto che San Cataldo ha votato questo sindaco che ha (non so fino a quando) una maggioranza non voluta né votata dalla Città. GIUSEPPE DI FORTI - A gennaio ho pubblicamente dichiarato che non ero fra quelli che dicevano che questa Amministrazione aveva fatto male, anche perché non aveva fatto ancora niente. Oggi, che una cosa ha deciso, dico che ha fatto danno. Mi riferisco allo spropositato aumento delle tasse: siamo divenuti il Comune con il più alto livello di imposizione d’Italia e non perché c’è stato un minor trasferimento di risorse da parte della Regione (che in effetti ha fatto un taglio pesante) e nemmeno per i debiti fuori bilancio e spese straordinarie che ha dovuto coprire per il 2012 (1.150 mila euro a fronte di un avanzo di amministrazione a consuntivo 2011 di 1.350 mila euro) ma per le ulteriori scelte discrezionali inserite nella manovra di bilancio che ammontano ad almeno un milione di euro (numeri dichiarati dal Sindaco). In termini percentuali, a conti fatti, l’aumento delle tasse poteva essere almeno il 25% in meno. - È un momento di difficoltà e bisognava tenere duro: almeno per il primo anno, rimandare i “desiderata” dei consiglieri e della politica al prossimo anno quando le spese straordinarie del 2012 non ci saranno e le maggiori entrate derivanti dall’aumento delle tasse determineranno un margine netto disponibile. Il Sindaco, brava persona, si è fatto prendere la mano. In questo ha tradito le aspettative dei cittadini. Ne dico una per tutte: l’aumento delle ore lavorative ai 50 dipendenti stabilizzati a part-time da 22 a 32 ore settimanali con una maggiore spesa annua di 480 mila euro da solo pesa sull’aumento delle tasse per il 20%. Piuttosto che effettuare un incremento a pioggia sarebbe stato certamente meglio, in quanto meno costoso e anche più efficace per i positivi effetti in termini di incentivazione al recupero di efficienza del personale, limitare l’aumento ai soli

dipendenti di comprovata capacità lavorativa addetti agli uffici e ai servizi che necessitavano di un potenziamento. Ciò avrebbe consentito di ridurre sensibilmente il costo a carico dei cittadini. Come si vede quasi sempre a fare la differenza non è quello che si fa ma come lo si fa. - Tempo fa il Sindaco ha dichiarato pubblicamente che si doveva mettere da parte il programma per l’impossibilità di realizzarlo stante, a suo dire, la situazione finanziaria riscontrata. Dopo che qualcuno gli ha fatto notare che forse non era proprio così e

che in ogni caso un programma non è fatto solo di azioni o obiettivi finanziari, pare che lo voglia riprendere in mano ma con tutte le difficoltà del caso, dovendo gestire la promiscuità politica di cui è vittima consapevole per avere ceduto 8 consiglieri su 12 di maggioranza al PD e al partito della Rifondazione Comunista. Mi pare che navighi molto a vista. Un dato è certo per unanime riscontro: la città si è addormentata sotto una cappa di silenzio assordante. Non vorrei fosse rassegnazione. - Ritengo che nel lungo periodo il cambiamento in democrazia sia salutare per tutti. Da questo punto di vista mi sembrano perfette per il confronto con i miei cinque anni e con i dieci di Raimondo Torregrossa. Mi dispiacerebbe solo se a farne le spese dovessero essere i cittadini ai quali, da ex sindaco, rimango profondamente legato o la città che, da sancataldese, amo. A.D.V.


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Economia & società L’INTERVISTA. L’ analisi commerciale dello shopping center manager

del Casale e delle Vigne

Calogero Sanfilippo Un trentenne alla guida di due centri commerciali di Rita Cinardi

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n’interazione con il territorio a cui molti fino a qualche tempo fa non avrebbero mai creduto. Il centro commerciale “Il Casale” di San Cataldo è oggi una realtà che, a dispetto di quanto si

tanti società di gestione italiane, la Cogest italia. Come è possibile coordinare e gestire strutture di questo tipo in un periodo in cui la crisi economica rende la vita difficile alle proprietà

diceva da più parti, ha saputo creare non solo sviluppo ma anche uno scambio continuo con la città. A capo di questa grande struttura che conta più di 50 negozi e varie insegne di riferimento, una confortevole area ristorazione e presto anche un mega bowling, uno dei più giovani shopping center manager italiani, il ventinovenne Calogero Sanfilippo, originario di Licata, che ormai da tre anni riesce con successo non solo a coordinare due grandi strutture (Il Casale e Le Vigne) ma anche a creare eventi di successo che richiamano visitatori da più parti con il supporto di una delle più impor-

ed agli operatori? “Palare della gestione dei centri commerciali - spiega Calogero Sanfilippo - significa necessariamente partire dal contesto territoriale in cui le strutture sorgono; chiunque oggi opera e si impegna nel quotidiano si confronta con un situazione di crisi economica che ovviamente ci riguarda da vicino e che riguarda anche il territorio in cui operiamo. Che fare allora per riuscire a guardare avanti? È una domanda che mi pongo ogni volta che, guardandomi intorno, vivo sulla mia pelle gli effetti di un corto circuito politico mediatico che spesso aggrava una

situazione sicuramente difficile a livello economico ma che mal si concilia con l’entusiasmo e la voglia di fare che contraddistingue i giovani come me. Bisogna allora analizzare il tutto con onestà e realismo ed operare ogni giorno con speranza e fiducia nel futuro; la buona gestione di un Centro Commerciale o di un qualsiasi progetto che si insedia in un territorio come il nostro, difficile ma allo stesso tempo straordinariamente articolato e affascinante, è un dovere (ed oggi anche e soprattutto una sfida) che alla fine consentirà al territorio stesso,oltre che al progetto in se’, di vivere e gustare la gioia del successo”. Quale potrebbe essere dunque la ricetta per “guarire” dalla crisi? “Puntando – continua il direttore del centro - innanzitutto sulle ri-

La crisi va combattuta dando valore alle risorse umane e mantenendo la propria credibilità sorse umane e sulle qualità professionali di persone oneste che hanno una visione ottimistica del futuro; la sfida oggi è portare avanti i progetti tenendo senz’altro conto dei nuovi limiti di spesa ma mantenendo intatta la credibilità nei confronti della clientela; il cliente, come il cittadino in genere, è molto più intelligente di

quanto molti “addetti ai lavori” pensino, è pienamente consapevole della crisi (che vive in prima persona), e ci chiede uno sforzo, un’apertura di braccia, un “venirgli incontro” che, nel nostro caso, può avvenire solo offrendo nuovi servizi, promozioni adeguate, eventi di marketing coerenti con i gusti e le peculiarità del territorio ed in sinergia con associazioni, realtà imprenditoriali ed enti che in esso risiedono ed operano. Tutto ciò basta per mantenere intatta quella credibilità che ci viene riconosciuta e che ci siamo guadagnati in passato; patrimonio quest’ultimo preziosissimo che si trasformerà in vero slancio verso il futuro e piena condivisione delle nuove risorse offerte dalla ripresa economica che verrà”. Cosa siete riusciti a realizzare in questi anni e quali saranno le novità? “I servizi attivati – conclude Calogero Sanfilippo - sono tantissimi, molti dei quali (come la connessione Wi-Fi in galleria) a titolo completamente gratuito per la clientela; ci apprestiamo ad attivare un servizio navetta gratuito da alcune città vicine al Centro e, nel mese di novembre, inaugureremo una grande Area Boowling continuando ad offrire gratuitamente straordinari eventi di marketing, molti dei quali già programmati per la prossima estate ed in grado di attrarre e far divertire migliaia di clienti; Molto rimane da fare, non mancano i problemi da affrontare e risolvere ma, come disse qualcuno molto prima di me, ci troviamo ogni giorno, ed oggi più che mai, di fronte a straordinarie opportunità brillantemente travestite da problemi che aspettano solo di essere risolti”.


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Fatti & riprese

Professione e passione

Cameraman La loro dedizione ci regala le immagini video del nostro territorio

di Marco Benanti

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elegiornali, servizi televisivi, speciali, tribune politiche, immagini di incidenti e calamità. Tutto a portata di clic o di telecomando. Tutto normale insomma, ma davvero in pochi pensano che ad immortalare quelle immagini ci sono persone che hanno fatto di questo lavoro, ovvero del cameraman, una vera ragione di vita. Abbiamo così deciso di raccontare ai nostri lettori quelle professionalità che a Caltanissetta lavorano quoti-

dianamente per mostrarci quello che succede in città, che ci consentono di essere informati e vedere le immagini di tutti quei quotidiani accadimenti che ci sfuggono e di cui possiamo essere informati soltanto guardando un telegiornale. La figura del cameraman è a Caltanissetta diffusa nelle poche realtà televisive locali, piccole aziende che a fatica tentano di offrire, nonostante le

Da sinistra: Giuseppe Panzica, Andrea Dicristofalo, Gianluca Loguasto, Maurizio Fiaccabrino. In alto Salvatore Scarantino

mille difficoltà, un servizio ai cittadini quanto più utile e decoroso possibile. Ma chi sono questi ragazzi con la pas-

sione per la telecamera? Per dovere di cronaca è giusto partire da quei ragazzi che ormai cominciano ad avere i primi

capelli bianchi, partendo proprio da uno dei padri dell’emittenza televisiva nissena ovvero Totò Scarantino. Erano gli anni 70 quando appena 18enne un giovanissimo Totò Scarantino iniziava ad imbracciare le prime telecamere smanettando tra mixer e postazioni di montaggio in quella che era la prima televisione locale dell’epoca, ovvero Nissena TV Color. Oggi a 56 anni Scarantino è corrispondente per Rai 3 TgR


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L’iniziativa

Da Lettori a Reporter, i “vostri scatti” su ilfattonisseno.it

In alto Danilo Miraglia, sotto da sinistra Gabriele Bruno e Giovanni Baglio

oltre che di Antenna Sicilia. Quanti lavorano nell’ambito dell’informazione locale, o che hanno comunque a che fare con il mondo dell’editoria apprezzano in Scarantino doti rare di discrezione e compostezza, dinanzi ad eventi di qualsiasi genere. Morale quando in città si vede Totò Scarantino con la telecamera, allora è successo qualcosa di grosso. Celeberrime le sue passioni per il calcio, tifoso della Nissa dalla giovanissima età e molto appassionato di automobilismo. È sua la voce per i servizi che Antenna Sicilia dedica ogni anno alla Coppa Nissena. A proposito di motori, una chicca sulla carriera di Totò Scarantino possiamo prenderla da un episodio avvenuto a Pergusa nel 2009, in occasione dell’Afa Challenge. Totò venne letteralmente sfiorato da una 147 che uscendo dalla chicane lo sfiorò mentre faceva delle riprese. Solo un brutto episodio, ma “pelle salva” scriveva lo stesso Totò su un commento di youtube. Ha praticamente iniziato insieme a Scarantino, un altro professionista che a Caltanissetta di telecamere ed informazione ha vissuto per tanti anni fa e cioè Maurizio Fiaccabrino, sposato, 46 anni, in quota Tfn sino a pochi anni fa, ha poi deciso di dedicarsi a tempo pieno allo sviluppo di tecnologie legate alla sicurezza. Maurizio Fiaccabrino poco meno di 10 anni fa ha fatto parte della squadra costruita dall’imprenditore Luca Mannino che avrebbe fatto rinascere dalle ceneri la vecchia Tele Futura Nissa di cui è direttore Alessandro Silverio ed in cui hanno lavorato tra gli altri la mai dimenticata giornalista Nuccia Grosso, Tony Maganuco e Michele Lo Piano. A proposito di Tfn sono due gli operatori di ripresa che si occupano del telegior-

nale e delle produzioni televisive, si tratta di Gianluca Loguasto ed Andrea Dicristofalo. Gianluca sposato da pochi anni e già padre del piccolo Rosario è noto per la sua puntualità nel gestire orari ed impegni, quasi un fuhrer della redazione, se il servizio non è pronto entro l’ora x, il servizio non va in onda. Una persona molto metodica insomma in un ambiente, quello delle tv locali in cui l’approssimazione la faceva da padrona in un passato non molto remoto. “Non è che non lo voglio fare, non lo posso fare” è la frase che più volte ho sentito simpaticamente pronunziare a Gianluca Loguasto. C’è poi Andrea Dicristofalo, il classico ragazzo che dove lo metti sta, che lavora con impegno nonostante gli occhi ancora socchiusi specie alle prime ore del mattino, ben capace di aiutare i colleghi e di stare al suo posto. Della scuola Tfn c’è anche Gabriele Bruno, figlio di Ottavio Bruno personaggio noto in città per la sua passione per la Nissa, passione che ha trasferito all’opposto al buon Gabriele, che segue il calcio solo quando lo mandano a far le riprese. Oggi Gabriele è colonna portante della emittente televisiva Enna

Diventa anche tu un reporter de Il Fatto Nisseno. L’invito rivolto ai nostri lettori non ha come scopo preponderante il mero ricevimento di notizie o di dati bensì l’obiettivo che ogni cittadino possa essere parte attiva del miglioramento della realtà in cui vive. Segnalare un disservizio, un problema, un anomalia oppure evidenziare il buon funzionamento di un ufficio o di una realtà TV e TVR Xenon, televisione tornata sul nisseno con un nuovo canale con la sigla Tu@TV. Gabriele, di recente sposato con Veronica è il classico ragazzo perbene di sani principi, abile nel maneggiare la telecamera e velocissimo nell’eseguire montaggi audio video, nonostante una ostentata indolenza che si tramuta invece in operosità perfino ec-

cessiva quando un progetto lo aggrada particolarmente. Della stessa azienda è Gianni Baglio, figlio di Angelo Baglio, editore che da anni porta avanti progetti televisivi interessanti. Gianni, 34 anni, sposato con Orietta, tifosissimo della Nissa ed oggi più che mai deluso per le sorti biancoscudate è un ragazzone che dell’impegno e dell’abnegazione

cittadina, potrebbero rappresentare uno stimolo di tutti ad operare secondo le regole legali ed etiche. Desideriamo coinvolgervi nella nostra attività redazionale, contribuire alla nostra crescita ed in particolar modo al nostro miglioramento. Indicarci quali problematiche maggiormente vanno evidenziate, approfondite ed infine, se del caso denunciate. Per questo motivo abbiamo dedicato all’iniziativa una casella di posta:

diventareporter@ilfattonisseno.it

Invia la tua foto, accompagnata da una breve descrizione della notizia che rappresenta. Sarà pubblicata, a discrezione della redazione, nel minor tempo possibile. Grazie per la collaborazione.

al lavoro ha fatto il suo verbo, sempre mite e pacifico, è simpaticamente noto ad amici e colleghi per le sue sporadiche sfuriate derivanti da una non perfetta attitudine al problem solving. “C’è un pobblema”, così Gianni esordisce in caso di difficoltà. Se in un appartamento di via Paladini squilla un telefono alle 3 del mattino ed una voce dice, “c’è stato un incidente” e si accendono le luci della casa, beh quello è l’appartamento in cui vive con la moglie Danilo Miraglia, punto di riferimento dell’informazione nissena e cameraman storico di TCS Tele Centro Sicula. Miraglia è uno di quei lavoratori disponibili h 24, capace di partire anche

nel cuore della notte per riprendere questo o quell’accadimento. Dietro le quinte ma abilissimo in riprese e montaggi l’altro pilastro di TCS ovvero Dario Barilà, uno dei giovani della scuderia Pastorello cresciuto a suon di montaggi digitali quando queste tecnologie a Caltanissetta erano lontane anni luce. A chiudere

la carica dei cameraman di Caltanissetta una figura la cui esperienza è indiscutibile ovvero Peppe Panzica, storico operatore di riprese di “Caltanissetta Informa”, è titolare di un noto studio fotografico e corrispondente per Telecolor ed altre produzioni televisive. Un piccolissimo esercito di nisseni che ci consentono di vedere fatti ed accadimenti. Si muovono con discrezione e rispetto tanto sul luogo di un incidente, tanto in momenti di giubilo. I cameraman nisseni sono i nostri occhi sulla realtà.


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Fatti & vallone

Il reportage

Viaggio nel cuore degli antichi rioni, dove il degrado oramai ha preso il sopravvento. E dopo la grande fuga dei residenti, i pochi rimasti temono per le proprie vite di Giuseppe Taibi Il centro storico di Mussomeli è una cartolina che sbiadisce inesorabilmente: che perde colore, lucentezza, fascino. E’ un microcosmo in declino, una città in rovina nella pancia di un paesone che non se la passa tanto bene. E’ un lembo di S i c i l i a condannato ad una morte lenta e inesorabile e che ancora peggio ha subìto una sentenza spaventosa: l’oblio. Eppure la storia si è dipanata e consumata qui, in questi rioni che

colo di fastidiosi esseri che compongono la fauna urbana. Il paese antico è una distesa di case vuote, palazzi dagli ingressi sbarrati o dalle finestre murate. Quartieri di sabbia che si sbriciolano al vento. Agglomerati vittime di un sisma graduale. E’ una minaccia costante, uno stillicidio: interi isolati che rischiano di sciogliersi come neve al sole. Fabbricati antichi centinaia di anni da cui si staccano pezzi con una costanza

gli SoS da parte degli abitanti, reduci dalla “grande fuga”, fioccano giornalmente. Oramai è un continuo pellegrinaggio di residenti in municipio: c’è chi segnala ratti in esplorazione

Il centro storico di Mussomeli

Bomba ad orologeria raccontano più di ogni libro. Tutti o quasi collegati nell’onomastica, ai nomi delle vicine chiese: Madrice,

preoccupante: brandelli di intonaco, marmi dai balconi, porzioni di cornicioni grossi e pesanti. E’ la forza di

tra i vicoli, chi invece manifesta la paura che la casa accanto possa da un momento all’altro sbriciolarsi, chi se la piglia per orde di piccioni molesti. I tecnici del Comune spesso assicurano un intervento, altre volte allargano le braccia. Perché i soldi mancano, l’ente ha pochi strumenti, e quando non possono fare nulla si affidano alle ordinanze ad hoc. Come nel caso delle numerose case pericolanti. Gli uffici dapprima cercano un contatto con i proprietari a cui chiedono di mettere in sicurezza l’edificio diventato nel frattempo una mina. Se i proprietari fanno finta di nulla, tergiversano e non rispondono agli appelli dei funzionari, allora si passa al Piano B. A quel punto la palla finisce tra i piedi

Nelle foto di Salvatore Catalano alcune eloquenti immagini del centro storico di Mussomeli: palazzine fatiscenti, vicoli transennati, abitazioni sprangate e incendi divampati in case abbandonate

San Giovanni, Carmelo, Madonna. Da anni il centro storico mussomelese è diventato una riserva indiana, popolato perlopiù da anziani. I pochi giovani che cercano di stabilirvisi sono in maggioranza stranieri, romeni su tutti. Gli unici che pensano ad un futuro da vivere tra le strette viuzze e le scalinate. I soli oltre agli animali a pullulare piazzette e stradine: topi, piccioni, insetti. Un tempo cuore pulsante della capitale del Vallone oggi pancia vuota e ricetta-

ma ai proprietari di agire, pena la minaccia di ritorsioni economiche. Al momento però la linea dura dell’Amministrazione comunale non ha sortito grandi effetti, ed anzi sul caso più famoso di intervento su un fabbricato pericolante, quello di vicolo Arnone, cuore del quartiere Madrice, i carabinieri a demolizione conclusa hanno aperto un’indagine, con tanto di denunciati, sullo smaltimento degli inerti e i residui del cantiere. Ai cittadini im-

Il vice sindaco Sorce: Non abbiamo gli strumenti per affrontare questa emergenza

gravità che fa da complice al decadimento. E le segnalazioni, gli appelli e

del sindaco Salvatore Calà, colui che materialmente firma l’atto che inti-

pauriti si aggiungono coloro che in municipio ci vanno per “regalare” al Comune le proprie abitazioni cadenti. L’unico modo per liberarsi di pesi morti, buoni soli a generare tasse e grattacapi. “Cadeau” che l’ente non accetta più. Che fare allora? Perchésuggeriamo- non investire proprio sul centro storico, scoraggiando gli

investimenti verso la periferia e le zone di nuova espansione e al contrario non incoraggiare la riconversione degli antichi rioni? Perché l’Istituto autonomo case popolari non sposta le proprie mire verso il centro antico investendo in un restyling e dando la possibilità a chi non ha un alloggio di potere avere una casa? Ma affinché ciò accada è necessario ed indispensabile che le leggi nazionali e regionali facciano da sponda, prevedendo finanziamenti e fondi necessari per convincere chi vi abita a non fuggire e gli altri a stabilirvisi. L’Amministrazione comunale sembra inerme e con le mani legate, come un artificiere senza strumenti nel disinnescare una bomba pronta ad esplodere. “Purtroppo- commenta il vice sindaco Sebastiano Sorcenoi possiamo fare ben poco, non abbiamo i fondi necessari per intervenire. Quindi il nostro compito il più delle volte si limita ad obbligare i proprietari delle abitazioni fatiscenti e potenzialmente pericolose a mettere in sicurezza le case”. Per Sebastiano Sorce non si tratta comunque di un’emergenza esclusiva per Mussomeli, è oramai diventato una grana per la quasi totalità dei comuni siciliani. Peccato però che dei centri storici siciliani le istituzioni se ne curano soltanto quando accadono le tragedie. Ci si occupa della sicurezza dei rioni antichi, baluardi del remoto e veri custodi della storia di ogni comunità, unicamente quando si contano i morti. Come a Favara qualche anno fa o di recente a Palermo. Ecco perché la priorità per una comunità che progetta il proprio futuro è salvaguardare il proprio passato.


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Fatti & quartieri Le foto dimostrano il proficuo lavoro svolto dagli abitanti del quartiere

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San Luca ha il pollice verde Determinante l’apporto della parrocchia guidata da don Alfonso di Carlo Campione San Luca è il quartiere più popoloso della città (circa 6000 abitanti). Ad oggi, dopo quattro anni di amministrazione Campisi, non si è registrato nessun intervento comunale, nonostante le costanti richieste presentate dal Comitato di quartiere. La più evidente è la gestione del verde pubblico. Il bisogno di rendere vivibile il quartiere è una necessità per gli abitanti. Due anni fa fu inaugurato il “giardino della legalità”, nell’appezzamento di terreno di fronte l’Enel, alla presenza dei giudici Tona e Chinnici, furono piantate 40 querce dedicate ai morti per la mafia (giudici, giornalisti, agenti delle forze dell’ordine), alberi, ad oggi tutti vivi, perché innaf-

fiati dai cittadini e da tanti movimenti politici giovanili solidali all’iniziativa del Comitato di quartiere. Nel 2011 fu siglato un accordo con l’amministrazione comunale che prevedeva la stipula di una Convenzione entro il 5 Dicembre del 2012. La convenzione non fu mai firmata. Nessun abitante

capire il motivo del diniego. Una risposta non c’è mai stata. Le sterpaglie hanno raggiunto l’altezza di due metri, rischiando di soffocare gli alberi. Il Comitato di quartiere è stato costretto, ancora una volta, a ripulire tutto. Lo ha fatto, in prima persona, testimoniando che bisogna passare dalle parole ai fatti.

a San Luca e nessun cittadino di Caltanissetta, compresi i dirigenti del Comune, ad oggi sono riusciti a

Piangersi addosso perché l’amministrazione non riesce a capire il bisogno di partecipazione dei nisseni non serve a nulla, per questo è stata fatta una petizione popolare. In un giorno sono state raccolte 450 firme. Gli abitanti in ma-

Padre Alfonso Cammarata

niera compatta hanno voluto chiedere al sindaco la stipula della convenzione per la gestione dello slargo. Si vogliono raccogliere migliaia di firme in poche settimane. Il quartiere San Luca è un quartiere composto da famiglie giovani. Il parroco, don Alfonso Cammarata, è riuscito in pochi anni a creare un movimento di giovani che vivono la parrocchia in un modo nuovo e coinvolgente. I giovani presenti in parrocchia sono più di cento. Organizzano Musical (In maniche di camicia, forza venite gente) e recitano in giro per la città. Il Grest estivo coinvolge 500 bambini e 140 animatori. Un sacerdote che diventa punto di riferimento per migliaia di parrocchiani, deve avere la forza, il coraggio, la fede di testimoniare, oggi più che mai, la voglia di vivere, di essere grati, di apprezzare tutto quello che può sembrare scontato. Se da un lato tante coppie vivono la disperazione della perdita del lavoro, tanti ragazzi non hanno consapevolezza del valore delle cose. Un compito complesso quello di don Alfonso: ricondurre all’essenziale nell’epoca dell’effimero e infondere fiducia e speranza in un tempo di crisi. Tutto questo all’interno del territorio nel quale vivono i suoi parrocchiani: il quartiere. La sinergia tra parrocchia e Comitato di quartiere è fondamentale per dare una prospettiva ai giovani di domani. Per dare fiducia ed energia ai giovani che oggi

si “lasciano vivere”, più che vivere da protagonisti. Non a caso nello slargo è stato realizzato l’orto urbano (sono stati piantati e raccolti quest’estate: pomodori, peperoni e melanzane) con il coinvolgimento della cof-agricoltori attraverso la “Campagna Amica” è stata avviata un’attività di ortoterapia, la terapia che spiega la nascita e la crescita del ciclo naturale, stimolando il senso di responsabilità e di socializzazione del soggetto in difficoltà, un’attività avviata con i disabili dall’Associazione ANGLAT. Grazie alla salda collaborazione tra il Comitato di quartiere e la Scuola Rosso di San Secondo, il cui dirigente è il Prof. Cusumano, è stata realizzata (con la collaborazione di alcuni ragazzi extracomunitari a rischio), una villetta, dove sono stati piantati alberi tipici della nazionalità dei minori extracomunitari. Un esempio di integrazione concreta che non ha paura delle diversità. Il senso di appartenenza al quartiere degli abitanti di San Luca è sempre più chiaro e lampante. Non a caso l’unico impianto sportivo di quartiere funzionante a Caltanissetta è il campetto di calcetto, gestito a costo zero, dal Comitato di quartiere, che provvede alla manutenzione. La città non è di chi la amministra: la città è dei cittadini. Insieme e in sinergia si possono fare tante cose. Da soli non si va da nessuna parte. L’auspicio è che tutti facciano qualcosa.


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Fatti & spettacolo Il 12 giugno al teatro Bauffremont di Caltanissetta in scena avvocati e magistrati A sinistra e al centro pagina un momento della rappresentazione “Cicerone, pietra miliare dell’avvocatura” (2012). Sotto la scrittrice libanese Joumana Haddad

“Le mille e una notte

del diritto”

Contro ogni violenza sulle donne lingua araba e siciliana insieme

T

oghe in scena. Il 12 Giugno in anteprima al teatro “Bauffremont” di Caltanissetta sarà presentata l’opera “Le mille e una notte del diritto”, frutto di due anni di preparazione del testo e di ricerca storico-linguistico-filologica e di costume. Si tratta di un lavoro in lingua arabo-sicula, con traduzione in simultanea ed utilizzazione di cinque schermi di sostegno per rendere fruibile il testo. L’opera è realizzata in collaborazione con l’Associazione Nazionale Magistrati e vede la diretta partecipazione come protagonista del presidente della sezione di Caltanissetta dell’ ANM, il Dott. Giovan Battista Tona, Consigliere della Corte di Appello di Caltanissetta. Parteciperà altresì la Dott.ssa Mirella Agliastro, Sostituto Procuratore Generale di Palermo. Oltre ai magistrati di cui sopra, parteciperanno circa novanta avvocati nei vari ruoli. Inoltre sarà presente e protagonista la scrittrice libanese Jumana Haddad poiché il progetto è mirato ad incentivare l’affermazione dei diritti umani ed in particolare di quelli della donna nel mediterraneo. Non è la prima volta che la Fondazione Scuola Forense Nissena “G.Alessi” si cimenta sul palco. Nel 2011, fu la volta dell’evento formativo - teatrale “Processo ai mo-

naci di Mazzarino”,che registrò la partecipazione di oltre quaranta avvocati. Lo spettacolo fu rappresentato al teatro “Bauffremont” di Caltanissetta, al ”Biondo”di Palermo, al “Dell’Angelo” di Roma, ed in altre città (S.Cataldo, Enna, Mazzarino, etc.) Nel 2012, è il turno di “Cicerone pietra miliare dell’Avvocatura”; testo inedito, in lingua latina, con rappresentazione di episodi di vita romana, esemplificanti la legisla-

mo, e nell’ambito del Festival Nazionale della Comunicazione a cura delle Edizioni Paoline, a S. Cataldo Entriamo nel dettaglio della trama de “Le mille e una notte del diritto” prossimo appuntamento in calendario. L’evento, al quale è prevista la presenza di un rappresentante del Governo regionale e della stessa ANM, assume quindi straordinario rilievo e s’inquadra al meglio nell’attuale problematica europea della

ispirano questo spettacolo, muovono dalla conoscenza del mondo arabo-islamico, per instaurare con esso rapporti corretti e fecondi, per promuovere la pace, la tolleranza reciproca nel Mediterraneo, l’affermazione dei Diritti dell’uomo e della donna alla vita, alla libertà, alla salvaguardia della dignità ed alla sicurezza individuale e collettiva, riconosciuti sia nella Carta Europea sia in quella Araba dei diritti

riaffermazione dei diritti umani. Si tratta di un’opera dal testo originale mirato alla promozione ed affermazione dei diritti umani nel mediterraneo, contro ogni violenza ai danni delle donne e per la legalità ed è ambientata nella Sicilia del X secolo, nel periodo aureo dell’occupazione araba. I valori che

dell’uomo. Con la creatività mista a fantasia e a riflessione, propria della performance teatrale, sono trasformate le favole narrate all’Emiro di Sharazàde in espedienti per la rappresentazione di episodi di vita che sollevano altrettante problematiche scottanti: il burka, la lapidazione, l’infibulazione, la legge del taglione,

Episodi di vita su problemi scottanti: il burka, la lapidazione, l’infibulazione, la legge del taglione, l’apostasia zione dell’epoca raffrontata anche a quella attuale e presentati da un Cicerone redivivo, protagonista nelle fasi conclusive del “Processo a Verre”, con70 avvocati. L’opera, costumi d’epoca, ha toccato i profili giuridici del divorzio a Roma, del pentitismo, dell’usura, del meretricio e della locatio ventris, nonchè dell’attività delittuosa di Verre in Sicilia ed è stata rappresentata, sino a oggi, oltre che al teatro “Bauffremont” di Caltanissetta, di concerto con la Croce Rossa Italiana e con il patrocinio del CNF, a Paler-

l’apostasia, la violenza sulle donne. Ogni “favola” rappresentata attinge a fonti storiche documentate e trae materia e forza da studi attenti e filologicamente condotti. La lingua, la cui creazione ha costituito la sfida maggiore, oltre all’arabo, è un arabo-siculo immaginato e non testimoniato in opere pervenute alla posterità, (tracce del quale si rinvengono nell’isola di Malta) con interpolazioni di latino, a testimoniare il sincretismo che caratterizzò l’isola “felice” di quel medioevo che ci ha fatto eredi di un patrimonio artistico e culturale di eccellenza. Per la traduzione e la piena corrispondenza ai testi storico-giuridici dell’epoca ci si è avvalsi della collaborazione di due docenti: il Prof. Francesco Barone, docente di lingua e storia araba dell’Università di Catania e la Prof.ssa Francesca Fiandaca, Direttore della biblioteca diocesana di Caltanissetta, già docente di lingua e letteratura greca e latina. Quest’ultima, come da copione, interverrà nel corso della rappresentazione teatrale per muovere un’esplicita e forte accusa nei confronti di Sharazade, prendendo spunto dalle espressioni contenute nel libro “Perché ho ucciso Sharazade”. La scena si concluderà con l’uccisione della predetta e l’avvio di un dibattito col pubblico presente in teatro sulla diversa visione circa l’affermazione dei diritti della donna. Nel corso dello spettacolo è prevista, infine, la consegna di un riconoscimento all’opera e all’impegno civile di Joumana Haddad.


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Teatro

& Note

Ivan Giumento

Il regista che ama la musica di Alberto Di Vita

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l percorso artistico del regista Ivan Giumento, 36 anni, è di quelli che meritano di essere raccontati per la bellezza intima di un lavoro che troppo spesso i fruitori finali dell’arte, gli “spettatori”, non hanno possibilità di apprezzare. Un cammino fatto di scelte difficili, di rinunce, di studio intenso nelle ore notturne, spesso a sacrificare anche giorni e notti di festa, vacanze, momenti di relax e svago che per altri invece sono uno stile di vita. Il tutto per una passione che si sovrappone alla vita di tutti i giorni, alle necessità lavorative, ma che è anche lo sbocco naturale di una urgenza di bellezza che solo l’arte può regalare. In questo caso il teatro. La passione per il teatro, a suo dire, c’è sempre stata. A nove anni ha cominciato facendo il suggeritore nella compagnia teatrale parrocchiale di “Cristo Re” e già allora si accorgeva di scrivere note a margine del copione: nulla che riguardasse, ovviamente, la regia in sé, ma una serie di appunti su ciò che andava o no sulla scena, a riprova di una forma mentis già nata per il teatro. Attorno ai 20 anni si avvicina a una compagnia teatrale come aiuto regista. Poi, dietro lo stimolo della stessa compagnia e degli amici, che lo spingono a provare l’esperienza diretta della regia, inizia il suo percorso di regista, che è anzitutto fatto di uno studio molto personale, ricercato, indipendente. Primo anno, prima regia e la compagnia partecipa a un festival teatrale a Misterbianco: in giuria gente dello spettacolo come, tra gli altri, Salvo La Rosa e Enrico Guarneri (in arte Litterio) o Musumeci, al tempo direttore del teatro Metropolitan di Catania. Giumento vince il premio come migliore regia con l’opera “Gatta ci cova”.

In altri casi, come purtroppo succede troppo spesso alle nostre latitudini, questo tipo di gratifica avrebbe creato un cortocircuito mentale a deviare il precoce vincitore verso strade poco formative e molto autoreferenziali. Non è il caso di Giumento che, anzi, sente quella vittoria quasi come un peso, come una responsabilità a dotarsi di ulteriori e più approfondite fondamenta e strutture portanti nel campo della regia. Comincia così una ricerca frenetica di ogni testo teatrale possibile, al punto da acquistarne quasi un migliaio (circa un quarto prettamente tecnici) che fanno da solida base per i suoi studi, con un sacri-

Determinante la collaborazione con Mario Incudine, dall’album “Abballalaluna” tratto uno spettacolo ficio economico che, immaginiamo, gli è costato molto anche in termini di “vita normale”. Da lì derivano decine di collaborazioni che lo porteranno a realizzare non meno di 600 spettacoli/repliche nel corso di 15 anni di attività. Senza tralasciare mai un impegno anche nel sociale che sente suo (sono diverse le esperienze di progetti gratuiti in strutture carcerarie con protagonisti ex tossico-dipendenti); né un impegno per la sua San Cataldo, città natale, contribuendo all’organizzazione per molti anni, assieme

alla compagnia “Teatro Insieme”, di una delle più importanti ricorrenze artistiche locali: la rassegna teatrale “Teatro sotto le stelle”. Molte sono le trasferte che porteranno le compagnie da lui dirette fuori dalla Sicilia: una di queste lo vede protagonista di un prestigioso festival a Montepulciano (Siena), dove ottiene il premio come miglior regia per lo spettacolo “Così è se vi pare” di Pirandello. Negli ultimi tempi ha stretto una proficua collaborazione con un artista straordinario come Mario Incudine. L’incontro con il cantautore di Enna non è per nulla casuale: ne acquista, quasi accidentalmente, un cd in un negozio musicale e rimane folgorato dalla Sicilia che ne viene rappresentata, dall’esplosione ritmica della band di Incudine, dal sound incastrato alla perfezione tra modernità e sperimentazione, dalla poetica intensa e di una femminilità intensa (legata indissolubilmente all’amore per la propria isola) che sgorga dalle note del disco. Tredici canzoni di un album, dal titolo “Abballalaluna”, che Giumento vede come intelaiatura di uno spettacolo. Da questa intuizione nasce una commedia, “Abballalaluna, una storia d’amore”, che vede protagonista diretto lo stesso Incudine, con cui nel frattempo ha stretto un rapporto di amicizia intenso. Un’opera che germina come musical ma che poi svolta, si fa strada da sé, procede per un percorso espressivo diverso, insolito, anomalo, e che a fatica veste l’abito della commedia musicale. Evoluzione che stimola il regista a insistere, disinteressandosi dei cliché, delle necessità sceniche, delle definizioni, aven-

do in mente l’unica necessità percepita in quel momento: funziona? “Abballalaluna, una storia d’amore” funzionerà eccome, con repliche e esibizioni che raccolgono consensi a 360 gradi. L’opera gli regala una visibilità inattesa che confluisce in una nuova importante opportunità: l’aiuto regia nel monologo di Piero Pieri, “La guerra di Giovanni Marangoni”, diretto da Paolo Merlini del Teatro Stabile di Catania, con Mirella Mastronardi e musiche di Mario Incudine. Esperienza che aspetta di essere raccolta e fatta fruttare nei prossimi mesi. Nel frattempo, l’impegno locale conduce Giumento a una nuova avventura, ovvero la fondazione di una nuova compagnia teatrale, “Medea”. Con vecchi e nuovi compagni (Liliana Carletta, Elena Falzone, Daniela Rivela, Michele Falzone, Francesco Capizzi, Michele Capizzi, Andrea Zimarmani, Daniela Cravotta) l’avventura comincia con un inedito scritto da Giumento, una commedia leggera, anche nel cast, dal titolo “Du palummi e ‘na cassata” che sarà al centro di importanti tappe estive. Per il futuro, un progetto di commedia sulle miniere, visto da una prospettiva diversa dalle solite e che si preannuncia di particolare interesse. Una compagnia della quale, facile prevederlo, sentiremo parlare a lungo. E bene.

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