RESS ISSN: 2039/7070
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Luglio 2013 Mensile di approfondimento
Anno III Num. 22
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL
INFRASTRUTTURE
IL LIBRO
In uscita il noir di Salvatore Falzone ambientato in città
Raddoppio statale 640: sicurezza, legalità e ambiente i punti di forza alle pagine 26 e 27 Direzione Editoriale: Michele Spena
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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta
- Tel/Fax: 0934 594864
alle pagine 12 e 13
- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011
Il Redentore rientra dal
“fuori gioco” I
Michele Giordano
ripone la bandierina di D. Polizzi
alle pagine 38 e 39
l Progetto “ Animiamo il Redentore”, proposto dal Coordinamento dei Comitati di quartiere, approvato dalla Curia Vescovile, unica proprietaria del Santuario e dello spazio di 6000 mq, antistante il Monumento., è stato presentato alla cittadinanza in una conferenza stampa tenuta alla presenza del Vescovo, presso il Museo diocesano di Caltanissetta. Quando si parla di Redentore i ricordi di tanti nisseni, soprattutto quelli di una certa età, vanno ai giorni in cui si recavano sul monte San Giuliano dove è presente un monumento al Redentore, unico in tutta la Sicilia, spinti dalla devozione e dal desiderio di trovare ristoro alla calura estiva oltre che per ammirare un panorama indescrivibilmente meraviglioso.
segue a pagina 32
Società
9 Luglio 1943
Settant’ anni fa le bombe sulla città
I
l 1943 è stato uno spartiacque drammatico nel contesto della guerra mondiale più devastante della storia: in Italia la fine della dittatura fascista e l’inizio faticoso di un percorso democratico, in Sicilia l’occupazione militare, il separatismo, il riemergere prepotente del potere mafioso e il conflitto sociale riesploso nelle campagne e nelle zolfare più forte
Tra reato e malessere,
di F. Falci
che nel primo dopoguerra. La società del ventennio decapitata dalla fine del regime ed una nuova classe dirigente che si aggregava e combatteva intorno ai grandi temi in campo: l’autonomia regionale, la riforma agraria, la ricostruzione democratica.
continua alle pagine 8 e 9
lo STALKING
FOCUS
un dramma sociale
di L. Rovetto
Il frigomacello, desolante l’attuale scenario dell’impianto
Da un po’ di tempo, a giusta ragione, è in forte crescita l’attenzione dei mass-media su un inquietante fenomeno sociale con forti connotati devianti: lo “stalking”. All’interno un “Focus” di cinque pagine per conoscere meglio il fenomeno.
a pagina 19
alle pagine 16 e 17 scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it
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Fatti & Palazzo del Carmine
Al mare sognando la candidatura S ignore e signori le iscrizioni per la prevista corsa alla conquista della prima poltrona di Palazzo del Carmine sono aperte. Tutti possono partecipare, alcuni hanno invece l’obbligo di partecipare. L’appello è stato lanciato qualche ora fa su Facebook. Non sono previste particolari referenze. La politica non va in ferie. Solo qualche giorno di pausa per Ferragosto, ma sempre vigile in posizioni permanente ed effettiva. Sono già iniziate le manovre e le presunte alleanze in vista delle elezioni amministrative previste per il prossimo anno. Nel Pdl, il partito del demiurgo Alessandro Pagano, non c’è altra storia che può essere riscritta se non quella già riletta e conosciuta dell’attuale sindaco Michele Campisi, con il numero uno sul pettorale e pronto a ridiscendere in campo. Come tutor si è affidato al suo nuovo capo di gabinetto ed esperto Pina Frazzica che, stando alle cronache, pare che fino ad oggi non sia riuscita a fare una sola ciambella con il buco; a
partire dalla strategia della comunicazione del Palazzo fino ad arrivare ai rapporti con i comitati di quartiere sempre più deteriorati. In vista delle amministrative, seguendo il modello regionale a livello comunale si potrebbe prefigurare una intesa di discontinuità tra l’Udc e quella parte del Partito Democratico che oggi si è arricchito della presenza massiccia dei giovani renziani capeggiati dal giovane Vito Margherita e che sarebbero anche pronti a sostenere una propria candidatura in alternativa a quelle tramite le primarie, che dovrà presentare il Pd, nel cui interno c’è una massiccia truppa di aspiranti. L’asse Pd e Udc potrebbe incrinarsi con la proposta avanzata dal Pd di dare luogo alle primarie di coalizione (cioè all’interno dell’intesa Pd – Udc) chiodo fisso delle vecchie volpi del Pd che hanno un patrimonio di tessere da gestire e tanti vecchi amici, pronti a mettere fuori gioco le eventuali candidature dell’Udc che però ha capito l’antifona per cui non cederà al richiamo delle sirene del partito di Giuseppe Gallè e company. Nel Pd per il momento si ipotizza la candidatura di Elio Belfiore, ma alle sue spalle rimischiano le carte l’attuale presidente del consiglio Calogero Zummo, Annalisa Petitto, la coordinatrice provinciale del Megafono di Crocetta, Maria Grazia Bonura e lo stesso Peppe Gallè che però si potrebbe scontrare frontalmente, causando un incidente di percorso familiare, con l’ipotetico
candidato dell’Udc Ugo Lo Valvo attuale consiglieri comunale e cognato di Gallè. L’Udc, infatti, ha dei propri candidati da schierare: “siamo tutti candidati in pectore – ha detto qualche giorno addietro Felice Dierna – e non abbiamo bisogno delle primarie per la scelta del candidato sindaco”. La trappola delle primaria quindi proposta dal Pd resterà desolatamente vuota. Qualche giorno addietro il Senatore Giampiero d’Alia ha incontrato i vertici provinciali dell’Udc, per parlare anche della strategia in vista delle prossime comunali. Non sarà marginale il ruolo della scelta delle candidature nell’Udc da parte del deputato regionale Gianluca Miccichè che ha già intavolato una serie di trattative con personaggi di spicco della vita pubblica nissena. In questo teatrino di candidature resta l’incognita dell’attore protagonista del Movimento Cinque Stelle. Il Pid, il partito di Rudy Maira, ha necessità di riprendere ossigeno dopo il risultato sca-
di Salvatore Mingoia dente delle passate consultazioni regionali dove Maira e l’intero apparato hanno fatto registrare soltanto voti di “famiglia”. Nel Pid per la corsa a sindaco scalda i muscoli l’attuale assessore ai lavori Pubblici Carlo Giarratano che dovrà superare in primis la diffidenza degli elettori che proviene dai riflessi negativi che l’operato dell’attuale giunta avrà sulla sua ipotetica candidatura. Molti degli attuali consiglieri comunali in carica a Palazzo del Carmine hanno espresso la volontà di candidarsi per la conquista della prima poltrona di governo della città. Siamo appena all’inizio e nei prossimi giorni sono previste nuove figure di personaggi politici, alcuni già noti altri meno.
Direzione Editoriale Michele Spena
Direttore responsabile Salvatore Mingoia
Collaborazioni:
Ivana Baiunco Alessandro M. Barrafranca Marco Benanti Carlo Campione Rita Cinardi Rino Del Sarto Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Filippo Falcone Salvatore Falzone Annalisa Giunta Leda Ingrassia Lello Kalos Donatello Polizzi Lucilla Rovetto Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona
Disegno grafico Michele Spena
Impaginazione
Claudia Di Dino
Distribuzione
Giuseppe Cucuzza
Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 pubblicità: 389/7876789 commerciale@ilfattonisseno.it
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AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA
ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE PROCEDIMENTO ESECUTIVO N.45/2006 R. ES. IMM. Il Cancelliere rende che il 25/09/13 ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: Lotto Uno: Diritto reale di proprietà su casa di abitazione in Caltanissetta Via Vicolo Stella n.3 ,piano secondo, in catasto al foglio 296, part. 535 sub 5, ctg A/5,Cl. II, vani 2,5, Rendita 77,73. Lotto Due: Diritto reale di proprietà su piccolo appartamento di abitazione in Caltanissetta Via Vicolo Stella n.3, piano primo composto da due piccoli vani e un sottoscala, in catasto al fg 296, part.535 sub 3, ctg A/5, cl IV, vani 1,5, rendita 43,38. Il tutto come meglio descritto in perizia agli atti Prezzo minimo dell’offerta € 8.437,50 lotto Uno; Prezzo minimo dell’offerta € 7.713,00 lotto Due; Le offerte – redatte secondo le modalità e le indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita - dovranno essere presentate in bollo, in busta chiusa indirizzata alla Cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta – Ufficio Esecuzioni Immobiliari- entro le ore 12,00 del giorno precedente la data fissata per l’esame delle offerte. Nel caso in cui la vendita senza incanto per qualsiasi motivo non dovesse avere luogo, si terrà la vendita con incanto il giorno 09/10/2013 alle ore 12;30 al prezzo base d’asta di cui alla vendita senza incanto e con offerta minima in aumento per ciascun lotto di €1000,00. Le domande di partecipazione alla vendita con incanto redatte con le modalità ed indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita dovranno essere presentante in bollo, in busta chiusa ed indirizzate alla cancelleria del Tribunale Civile di Caltanissetta- Ufficio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto: Maggiori informazioni, possono essere fornite dalla cancelleria del giudice dell’esecuzione e dal custode giudiziario Avv. Vincenza Caruso con studio in Mussomeli P.tta P. Sorce, 5 Tel 0934/991512 e riscontrate sul quindicinale “ Aste Giudiziarie” nonché sul sito internet www.astegiudiziarie.it ove è possibile visionare l’avviso di vendita e la perizia di stima Mussomeli 14/07/2011 Il delegato Avv. Vincenza Caruso
I Fatti di
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Etico
I nostri nonni, i loro racconti: la nostra ricchezza
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e storie di vita vissuta raccontate dagli anziani, ci hanno sempre incuriosito e affascinato. I nostri nonni anche quando ci raccontavano cose incredibili, per noi addirittura fantastiche ci incantavano. Ma l’incanto e la meraviglia ci pervadono ancora oggi quando abbiamo scoperto che spesso quei racconti erano
che fa parte delle nostre radici costituisce il fondamento del nostro pensiero fa nascere e alimentare i nostri sentimenti, caratterizza il nostro modo di vivere, ci uniforma agli usi e ai costumi della nostra gente. Chi non ha queste sensazioni evidentemente è senz’anima. Diffidiamone. Nella trasmissione delle storie e dei
addirittura riduttivi rispetto alla realtà. Erano spesso storie di miseria, di guerra, di vita di morte, ma anche di momenti allegri, di feste, di tradizioni, di solidarietà. Vicende che non si leggono nei libri di storia e nemmeno nei libri di narrativa e forse per questo più attraenti, storie di famiglia di amici comunque sempre ambientate in un certo contesto storico e dalle quali emergono tratti significativi che caratterizzano le nostre radici e la nostra terra. Ciò
ricordi, fino ad oggi, è prevalsa l’abitudine all’oralità, diventata quasi un valore. Sapremo mai conservarla? Riusciremo a raccontare ai nostri figli le stesse cose e soprattutto allo stesso modo? Un modo di narrare, quello degli anziani, coinvolgente, ricco di espressioni, vivo, realistico (usavano e usano spesso il discorso diretto, perfino accompagnato da una mimica inimitabile, che, sappiamo, rende più immediate e reali le vicende). Inoltre la ricchezza dei particolari
TRIBUNALE DI CALTANISSETTA PROC. N. 1769 SUB 1 / 2011 R.G.
Il C.T.U., Dott. Ing. Danilo A. Notarstefano, rende noto che in adempimento al mandato ricevuto dovrà curare l’affidamento dei lavori di demolizione di un fabbricato ospitante n. 7 box auto e successivo ripristino di un sottostante tratto di condotta fognaria, previa realizzazione di opere di presidio in c.c.a., così come discendenti dall’Ordinanza del Tribunale di Caltanissetta del 24.4.2012 nel procedimento n. 1769/11 R.G., per un importo a base d’asta di circa € 400.000,00. Le imprese interessate all’affidamento dei lavori potranno manifestare la propria disponibilità, allegando una breve descrizione dell’attività svolta nell’ultimo quinquennio, con comunicazione a mezzo PEC al C.T.U. (daniloantonio.notarstefano@ingpec.eu), entro il 10.07.2013, previa presa visione degli elaborati di progetto consultabili presso lo studio dello stesso C.T.U. (viale della Regione n° 106 Caltanissetta tel. 0934552113). Il C.T.U. si riserva, a suo insindacabile giudizio, di procedere ad una trattativa ristretta invitando alla procedura concorsuale un numero limitato di imprese interessate, non discendendo da ciò alcun diritto per le imprese escluse. Il presente avviso ha carattere esplorativo e non vincola in alcun modo il C.T.U. alla conclusione del relativo contratto d’appalto. Caltanissetta, 2.7.2013 Il C.T.U. Dott. Ing. Danilo A. Notarstefano
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nelle descrizioni di luoghi, persone e avvenimenti,contribuisce a far rivivere in prima persona fatti emozionanti appartenenti a realtà ormai lontane. Realtà a volte dure e difficili, la cui drammaticità sfuma appena nella nuvola del ricordo. Il racconto ha inizio, la mente fa un tuffo nel passato e sembra di essere là insieme a loro Ognuno di voi conosce vicende raccontate dai bisnonni, dai nonni, dai genitori o di cui è stato addirittura protagonista e di colpo ci si sente in un’altra dimensione. Il ritorno alla realtà è quasi sempre nostalgico ma quei ricordi ci alimentano e ci arricchiscono. Continuiamo ad ascoltarle e a raccontarle quelle storie: sono una ricchezza culturale da conservare che permette anche di salvare un patrimonio linguistico - popolare che andrebbe altrimenti distrutto. Ma una riflessione ci mette i brividi: senza questa trasmissione, che la società di oggi pregiudica e condiziona, cosa sarà della nostra storia? Se invece di parlare serenamente a tavola e raccontare la nostra vita e quella dei nostri nonni i nostri figli si concentrano sull’I Pad infastidendosi perfino della nostra presenza, se anche noi non diventiamo più portatori sani dei nostri ricordi, dove affonderanno le radici le prossime generazioni? I tempi cambiano, la tecnologia si evolve, la società muta ma l’educazione, il rispetto e la memoria devono restare valori irrinunciabili. Il filo del ricordo che tiene assieme le varie generazioni va rafforzato piuttosto che indebolito o addirittura tranciato. Altrimenti saremmo responsabili di un delitto.
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Fatti contro la mafia
Storia & Cultura
per non dimenticare
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Piero Nava
23 anni dopo il gesto coraggioso di quell’uomo tranquillo la Regione Sicilia potrebbe avere una legge a tutela dei testimoni di giustizia
l’uomo che indicò ai giudici i killer di Rosario Livatino di Giovanbattista Tona
ira e rigira, ogni mese Piero Nava doveva andare in missione in Sicilia. Lavorava come rappresentante di commercio per la Dierre, una grossa azienda che produceva porte blindate, e nel 1990 quando ancora l’edilizia si mostrava in espansione Nava era il responsabile vendite per il Sud. Il 21 settembre la giornata era cominciata storta. Alle 7,00 del mattino doveva partire da Enna con la sua Lancia Thema per andare a due appuntamenti, prima a Villaggio Mosè ad Agrigento e poi a Sciacca. Mentre si riforniva di carburante, si accorse che una gomma aveva un chiodo conficcato nel copertone. Figurarsi a quell’ora come avrebbe potuto sostituirla. E nemmeno poteva aspettare l’orario di apertura dei gommisti, visto che alle 9,30 era fissato il primo dei suoi due appuntamenti. Uno come Nava, però, aveva le migliori dotazioni che si potevano richiedere per l’epoca. Nella sua macchina erano montate ottime gomme prive di camera d’aria e i loro tempi di sgonfiamento sarebbe stati molto lunghi; il viaggio insomma avrebbe potuto farlo lo stesso, bastava mantenere una velocità molto ridotta. In ogni caso sulla sua Thema era montato un buon radiotelefono, modernissimo per quegli anni in cui ancora circolavano pochi telefoni cellulari. E così Piero Nava si mise lentamente in viaggio, per arrivare in tempo a risolvere le beghe con i clienti. Alle 8,30 aveva già superato il bivio per
Canicattì e con prudenza stava percorrendo un tratto di strada pieno di curve, quando sentì un rombo e si vide sorpassare da una moto ad alta velocità con a bordo due persone. Lo colpì subito il fatto che la targa di quella moto era attaccata al parafango posteriore con molto scotch e non capiva se servisse a tenerla ferma quella strana targa oppure a coprirla. Dopo qualche secondo sparì dalla sua vista e non ci pensò più. Passarono altri dieci minuti e mentre ancora camminava piano, Nava vide sul suo stesso senso di marcia una Ford Fiesta con il vetro posteriore in frantumi, ferma sul lato destro della strada ma in una posizione sbilenca. Lì vicino c’era ferma pure una moto bianca. Bastò un secondo per capire che era la stessa moto guidata dai due matti che lo avevano superato a tutta velocità e che ora – pensò – così come meritavano si erano cacciati in un bel guaio provocando un incidente. Ma le cose non stavano così. Mentre sempre più si stava avvicinando alla Ford Fiesta, vide l’uomo che aveva visto dietro sulla moto, fermo accanto ai due veicoli; un altro invece con in mano una pistola a canna lunga stava scavalcando il guard-rail e inseguiva una persona vestita di azzurro che si muoveva senza una destinazione verso la campagna brulla e secca, illuminata e flagellata dall’impietoso sole della Sici-
lia. Impresse nella memoria quella sequenza mentre continuava la sua lenta marcia verso Villaggio Mosè; cercava di capire cosa fosse successo e non ci riusciva, ma frattanto
sentiva più forte una fitta allo stomaco e cominciava a tremare, a sudare, ad agitarsi. Pensò che in Sicilia aveva conosciuto
tanti operai che usavano girare armati; e quei tre potevano essersi messi a litigare dopo l’incidente e, anziché passare alle mani, avevano tirato fuori le pistole. Ma non poteva essere così. C’era quell’uomo con la camicia azzurra che scappava e che certamente, se pure poteva lamentare un bel danno alla macchina, non aveva certamente voglia di litigare. Provò a chiamare il 113 ma il maledetto telefono portatile, come al solito,
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Il libro
Giuseppe Carini, Ignazio Cutrò e l’Associazione dei testimoni di giustizia
La storia di Piero Nava è raccontata in un volume di Pietro Calderoni, “L’avventura di un uomo tranquillo” Rizzoli, 1995
quando serviva, non riusciva mai a trovare un ponte radio al quale agganciarsi. In quel momento Piero Nava si rese conto che, quando aveva visto quella
scena inquietante, oltre a lui, i due della moto, l’uomo della camicia azzurra, non c’era nessuno. E allora? Si dimenticò della ruota danneggiata e accelerò per arrivare prima dal suo cliente a Villaggio Mosè. Lì trafelato entrò nei suoi uffici e gli disse che doveva fare subito una cosa importante: “dammi un telefono, devo chiamare il 113”. Gli rispose un centralinista al quale raccontò in maniera convulsa quello che aveva visto, ma lui non capiva e gli chiedeva chi fosse. E il rappresentante di commercio continuava a dirgli: “Nava, sono Piero Nava”, e nemmeno capiva che importanza avesse il suo nome per la Polizia. Sembrava che qualche altro ponte radio, quello che collegava i loro cervelli non riuscisse a funzionare. Il cliente di Nava invece capì proprio tutto e gli propose di tornare sul luogo in cui era successo il fatto. Quando ci arrivarono, trovarono un brulicare impazzito di polizia e carabinieri; poi arrivarono tanti giudici e lui se ne accorse quando riconobbe tra loro Giovanni Falcone, quello di cui parlavano sempre i giornali e le televisioni. Mentre comunicava agli investigatori di avere visto tutto, Piero Nava pensava all’uomo con la camicia azzurra, l’unico della scena cui aveva assistito, ad essere rimasto lì, ucciso in mezzo all’erba secca. Disse di poter riconoscere i killer e il suo cliente gli spiegò che era stato ammazzato un giudice. Lì sembrava che lo conoscessero tutti, ma Nava non lo aveva mai sentito: si chiamava Rosario Livatino. Da quel momento il rappresentante di
commercio in trasferta in Sicilia divenne un testimone di giustizia: una scelta difficile, fatta come se fosse l’unica possibile, ma perseguita con coraggio e decisione, piena di difficoltà create dalle minacce della mafia ma anche dall’inadeguatezza della legislazione e dell’organizzazione dello Stato. Dovette allontanarsi dalla sua casa, perdere il suo lavoro, trasferirsi con la sua famiglia in diverse città e di volta in volta reinventarsi una vita; finchè non ha cambiato identità. Per porlo sotto protezione la burocrazia lo trattava come se fosse un criminale divenuto collaboratore di giustizia. Solo nel marzo del 1991 fu approvata dal Parlamento una legge che stabiliva delle regole per salvaguardare le persone che facevano la scelta di Piero Nava, ma tuttora queste norme non sono considerate sufficienti. La Giunta regionale siciliana ha di recente approvato un disegno di legge che estende anche ai testimoni di giustizia i benefici previsti per le vittime di mafia, specie nelle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, per offrire opportunità concrete a chi deve cambiare vita e identità e per questo rischia di perdere spesso prospettive e tranquillità economica. Il disegno di legge è già in discussione presso la Commissione Regionale Antimafia ed è stata assicurata una rapida approvazione. Sarebbe bello festeggiare l’entrata in vigore di questa legge prima del 21 settembre 2013, in occasione dell’anniversario del barbaro omicidio di Rosario Livatino. Che è anche l’anniversario della coraggiosa decisione di Piero Nava.
Nel libro “Il miracolo di don Puglisi” (edizioniAnordest) Roberto Mistretta racconta la storia drammatica e vera di Giuseppe Carini, uno degli studenti del quartiere di Brancaccio che stavano al fianco del sacerdote ucciso dalla mafia e che grazie a lui cambiarono vita. Il miracolo Giuseppe lo sintetizza così: “Se sulla mia strada non avessi incontrato Padre Puglisi oggi figurerei nell’elenco dei quarantenni che detiene il controllo a Brancaccio. O marcirei in carcere. O sarei sepolto da qualche parte. O peggio, galleggerei sciolto nell’acido.” Giuseppe invece è diventato un testimone di giustizia. Non è stata e non è una vita facile, ma non ha tradito Padre Puglisi. Il volume contiene una presentazione del Presidente della Regione Rosario Crocetta ed una prefazione di Sonia Alfano, Presidente delle commissione antimafia presso il Parlamento europeo. Giuseppe Carini è uno dei fondato-
Sopra Giuseppe Carini. A destra Ignazio Cutrò
ri e dei principali animatori dell’Associazione Nazionale dei testimoni di Giustizia, di cui è Presidente Ignazio Cutrò, l’imprenditore di Bivona che ha denunciato i suoi estortori ma ha preteso di non
a l l o nt a narsi dalla Sicilia, perchè, come ama dire, “sono i mafiosi che devono andarsene dalla Sicilia non chi li denuncia”. Il disegno di legge varato dal Governo regionale siciliano, che estende ai testimoni di giustizia i benefici previsti per le vittime di mafia, è anche frutto delle proposte e dell’impegno dell’Associazione dei Testimoni di Giustizia.
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cettina bivona Caltanissetta
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Politica & riflessioni
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n palco, una piazza (piazza Politeama a Palermo), un microfono in mano, e una folla di gente con la bocca aperta ad ascoltare. Era un sabato di novembre 2012. A pochi giorni dalla vittoria alle regionali del presidente Rosario Crocetta: il «presidente di tutti i siciliani», il «presidente dell’Antimafia». «Una rivoluzione», titolano i cosiddetti giornaloni subito riallineati sull’ex comunista omosessuale. È tutto un dire che è «un segnale importante», che «il vento sta cambiando». E da quel palco un da poco eletto presidente della regione, che nella sua Gela chiamano tutti “Saro”, lascia il segno: «Bisogna eliminare gli sprechi, i privilegi, cambiare la vecchia classe dirigente. Forse nessuno se n’è accorto ma noi stiamo facendo la rivoluzione in Sicilia. Vogliamo cacciare la mafia da questa terra, e lo vogliamo fare a nome di Borsellino, Mattarella, Falcone». Gli applausi si sprecano, e la «rivoluzione» può avere inizio. È così “Saro”. Un grande comunicatore, uno che lascia il segno quando parla in pubblico, che imbambola la folla con slogan forti che penetrano nelle corde dei cittadini. Al punto che in tanti a Palazzo dei Normanni, sede dell’assemblea regionale, lo considerano «un Berlusconi di sinistra». “Saro” è incontrollabile, «una ne dice e cento fa». Dialoga con tutti con disinvoltura: centro, sinistra radicale, destra e con «quei birichini dei grillini». Ha il «dna da democristiano» ma è sempre stato un comunista duro e puro. Insomma, spiega un parlamentare, «è come quei vulcani che ogni volta che si fanno sentire sono travolgenti». Infatti basta una comparsata televisiva a L’Arena da Giletti o a L’Infedele da Gad Lerner «che lui spara grossa e poi ci costringe a cambiare road-map». E il più delle volte «è costretto a tirarsi indietro». Ad esempio, come nel caso del rapporto con i grillini. L’idea di coinvolgere il Movimento Cinque Stelle è stata “geniale”: «Rosario è stato costretto ma c’ha pensato prima lui. La mossa è geniale perché non aveva alcuna maggioranza, avendo dalla sua 35 parlamentari su 90. E poi perché la mossa del cavallo avrebbe potuto avere dei riflessi forti in ambito nazionale». E allora “Saro” inizia a dialogare con un mondo a lui sconosciuto, coinvolgendo il drappello di deputati regionali a Cinque stelle nei primi provvedimenti del nascituro governo. I grillini desiderano l’abolizione delle province, e “Saro” scandisce queste parole in diretta tv all’Arena da Giletti: «Domani porterò in giunta l’abolizione delle province. Una rivoluzione». I grillini si oppongono al MUOS (il sistema di radar americani di Niscemi, in provincia di Caltanissetta che pare sia nocivo per i cittadini) il governatore prende carta e penna, e scrive al governo nazionale e a quello americano per la risoluzione del problema. In fondo, avrebbe spiegato qualche mese più tardi al quotidiano La Repubblica, «c’è sempre stata un’affinità elettiva fra me e gli esponenti di 5 Stelle. Ci siamo trovati sull’idea di taglio dei privilegi senza massacrare lo Stato sociale. E abbiamo scoperto “convergenze parallele” su norme di carattere ambientale, come quelle sull’acqua pubblica, e sulla revoca dell’autorizzazione del Muos. Io fra i grillini ho trovato persone perbene con i quali si può dialogare». Forte del sostegno dei grillini, ormai «amici» li definisce, porta avanti il cosiddetto “modello Sicilia/Crocetta”, un modello di governo costruito su misura sul M5s, e con una squadra di governo fuori dagli steccati partitici, con tecnici alcuni d’area e altri no, ma con fedelissimi di lungo corso. Una squadra che
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di Giuseppe Alberto Falci
può essere digerita dal primo partito in Sicilia: il gruppo parlamentare del M5s in Assemblea regionale è il più folto con ben 15 parlamentari. E “Saro” lo sa, parla con loro, li coinvolge nei vertici di maggioranza, e quando riunisce la giunta regionale si lascia scappare: «Sento i grillini e poi ne parliamo». Ma i partiti che realmente compongono la maggioranza, Pd e Udc, non ci stanno, soffrono del legame fra il governatore e il gruppo dell’ex comico di Genova. «Non ha rispettato i patti - spiegano oggi gli ex Ds - Prima delle elezioni ci promise almeno 3 assessorati, ma noi siamo ancora a bocca asciutta». Del resto uno come Antonello Cracolici, ex capogruppo del Pd, e big sponsor del
si lamentano: «Questo Parlamento è inutile: non si fanno leggi, il governo procede per decreti e circolari, non dà seguito alle mozioni, non risponde alle interrogazioni e disattende le risoluzioni votate nelle commissioni». Tutto ciò perché dall’aprile scorso il Presidente della Regione si è dedicato più alla campagna elettorale dei 4
leader del movimento “il Megafono”, pensato ed ideato da Crocetta per consentire a Lumia di ritornare a varcare l’ingresso di Palazzo di Madama. Addirittura i maligni ritengono sia «Beppe il vero presidente della Regione». Del resto è lui l’uomo di cucitura con il mondo degli industriali, che in Sicilia fa riferimento ad Antonello Montante,
dell’estate quando si comprenderà se la maggioranza del governo Letta reggerà alla prova dell’Imu e dell’Iva. Perché “Saro” prima di ogni altra cosa guarda a Roma, alla Capitale, al luogo dei palazzi del potere. L’ex sindaco di Gela ambisce a diventare leader nazionale. A “Saro” piace vivere nella Capitale, e lo si è notato in occasione dell’elezione del Capo dello Stato. Raccontano di un governatore protagonista in quella fase, sempre al centro del dibattito, scherzava con i giornalisti in Transatlantico, e, sopratutto, avrebbe fatto da cinghia di trasmissione fra tutti i governatori di centrosinistra e i vertici di Largo del Nazareno, sede nazionale del Pd. Stando ad alcune indiscrezioni, si sarebbe
sostegno dei democratici ai molteplici governi di Raffaele Lombardo, pensava potesse avere un premio dall’amico “Saro”. Un assessorato forte, ad esempio il bilancio, tutt’al più l’agricoltura.
capoluoghi di provincia che ai destini della Trinacria. Iniziative elettorali in tutta l’isola con gli assessori regionali del cerchio magico crocettiano, leggi alla voce Niccolò Marino o Lucia Bor-
dall’aprile dello scorso Presidente di Sicindustria. Infatti proprio fra i componenti del governo regionale spicca la figura di Linda Vancheri, assessore regionale alle Attività produttive, e fede-
lasciato scappare: «Sono simpatico, innovativo e rivoluzionario. Perché non potrei fare il segretario del Pd?». Ecco perché il guru Lumia ripete ad oltranza: «Da tempo dico che bisogna fare il Pd Sicilia per mutare il modello, e andare verso un partito subalterno». Un partito «subalterno» che insieme agli altri Pd delle regioni del mezzogiorno, con i quali Lumia dialoga da mesi, potrebbe essere guidato dal governatore «più mediatico», e che, stando così i fatti, avrebbe le carte in regola per fare
Saro Il governatore rivoluzionario? Molti scommettono che l’ex sindaco di Gela punti alla direzione nazionale del PD
Il palermitano Cracolici, uno che in città spopola per le preferenze, si fidava della “rivoluzione Crocetta”. Aveva costruito insieme all’altro ex Ds Beppe Lumia un asse maggioritario all’interno del Pd proprio per sostenere l’ex sindaco di Gela. Però l’asse CracoliciLumia, ribattezzato dagli addetti ai lavori “Craco-Lumia”, all’indomani della vittoria elettorale si rompe. E non ci sarà nulla da fare per “Antonello” che continuerà a non toccar palla. E, sopratutto, insieme ad alcuni parlamentari d’area Ds martellerà l’operato di Crocetta: «Che ne è stata dalla rivoluzione? Dove sono finiti i tagli annunciati in mondo visione?» Perché gli annunci sono rimasti tali, e la recente finanziaria approvata qualche settimana fa dimostra un ritorno al passato. «Ah se questa finanziaria fosse stata approvata dalla giunta di Raffaele Lombardo..», mormorano un commesso nei corridoi di Palazzo dei Normanni. Ormai anche nel continente si sono ricreduti sulle capacità rivoluzionarie dell’ex sindaco di Gela. Al punto che nei divanetti di Montecitorio i parlamentari eletti in Sicilia, sia di destra che di sinistra, ci scherzano pure sù: «Ma quale rivoluzione, chiddu nun sta facinnu nenti». In questo contesto il parlamento più antico d’Europa è rimasto immobile: da due mesi non arriva un ddl all’Ars, e i pentastellati, come Stefano Zito,
sellino, mobilitati a Catania, Messina, Trapani e Siracusa. Ecco perché i malumori crescono, e una maggioranza parlamentare praticamente non esiste. O forse, sarebbe meglio dire, non è mai esistita. Perché quando per puro caso il Parlamento si riunisce i provvedimenti vengono sempre approvati con maggioranza variabile. Una volta con il Movimento Cinque Stelle, un’altra con il centrodestra del Cavaliere di Arcore, un’altra ancora con “Democratici riformisti”, gruppo parlamentare nato nel dicembre grazie alla mediazione di una vecchia conoscenza della democrazia cristiana, Salvatore Cardinale. Il quale ha costruito un gruppo parlamentare simile a quello dei “responsabili” di verdiniana memoria. Con tutti dentro: ex lombardiani (dove per lombardiana si intende ex fedeli di Raffaele Lombardo), ex rutelliani, ex berlusconiani, ex miccicheani. Insomma un mix di anime che in questi mesi in più di un’occasione ha salvato il “comunista” Saro. Ma non è finita. In realtà il governatore, «solista, ambizioso, difficilmente controllabile», ascolta soltanto una persona. Uno degli uomini più potenti della regione sicilia, un senatore. Ed il senatore in questione ha un nome e un cognome: Giuseppe Lumia. “Beppe” è il suggeritore del «presidente di tutti i siciliani». È il deus ex machina del sistema crocettiano. Il
lissima di Montante e dello stesso Lumia. E per il forte legame con i vertici regionali degli industriali il governatore è stato ribattezzato “Saro Confindustria”. Mentre l’assessore alla formazione professionale è la giovanissima Nelli Scilabra, creatura del plenipotenziario di Termine Imerese (Lumia), e in queste ore promessa candidata alla segretaria regionale del Pd. Però. Lumia è anche l’anello di congiunzione con la galassia democristiana del neo Ministro della semplificazione e funzione pubblica Gianpiero D’Alia. Il messinese figlio di un ex democristiano, recentemente deceduto, è stato uno dei big sponsor dell’elezione di Rosario Crocetta. «Se c’è Crocetta noi dell’Udc saremo con lui», ripeteva il fedelissimo di Casini. Ma oggi sembra il rapporto sia incrinato, ed alcuni deputati Udc capeggiati da Lino Leanza, plenipotenziario catanese, hanno deciso di abbandonare la maggioranza di Crocetta e di formare un gruppo parlamentare indipendente che si chiama “Movimento art.4”. In realtà, suggeriscono a Linkiesta, che dietro l’abbandono di Leanza, big sponsor di Enzo Bianco a Catania, ci sia proprio la manina di Beppe Lumia che vorrebbe ridisegnare la maggioranza parlamentare regionale alla maniera del governo Letta, con dentro Pd, Pdl, pezzi di centro, e altri gruppi di autonomisti. E ciò potrebbe succedere proprio alle conclusione
un’opa sul centrosinistra italiano. Dal Palazzo siciliano frenano: «Crocetta ha le ore contate. Fra sei mesi se continua così sarà costretto a dimettersi». Del resto da via Bentivegna, sede regionale del Pd, sussurrano: «Non ci ascolta né sulle questioni personali né sulle grandi questioni». Ma l’uomo, come dicevamo, è ambizioso e geniale, e la sua forza è rappresentata non dai 90 parlamentari regionali che ufficialmente non staccheranno mai la spina, ma dalla rete di rapporti che ha costruito in questi mesi incontrando leader europei come Martin Schulz e dai contatti con i vertici nazionali del Nazareno. La strategia del governatore siciliano prevede che “il Megafono” si federi con il Pd e che alla fine “Saro” si candidi al prossimo congresso dei democratici. «Aspettiamo di vedere le regole», avrebbe mormorato ai suoi. Ma un parlamentare crocettiano assicura che «alla fine scenderà in campo, anche solo per pesarsi, e per avere visibilità». E non è un caso che abbia già inaugurato un circolo del suo movimento “il Megafono” a Firenze. Addirittura presto sarà impegnato in un tour in tutto lo stivale, dove parlerà della sua azione antimafia, della sua capacità di “rivoluzionare la Sicilia”, e del suo modello di Pd e di centrosinistra, che prevede di arruolare personaggi che fino a poco tempo prima stavano altrove, magari nel centrodestra, come di recente è successo in occasione delle amministrative di Catania per la vittoria di Enzo Bianco. A volte basta crederci, e sembra proprio il caso del governatore Crocetta. @giuseppefalci
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Fatti & Storia
9 luglio 1943
Caltanissetta sotto le bombe 351 morti in città, altri 400 nel resto della provincia di Fiorella Falci ...Segue dalla prima
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no tsunami della storia che si sarebbe abbattuto anche sul nostro territorio: il 9 luglio del 1943 un bombardamento aereo anglo-americano, preparatorio dell’”Operazione Husky”, lo sbarco alleato a Gela di qualche giorno dopo, si scaricava su Caltanissetta
con potenza devastante. Era un bombardamento terroristico, non aveva mirato su obiettivi militari (la sede del comando militare tedesco, tra l’Ospedale Dubini e la Villa Testasecca non venne neppure sfiorato); si colpivano i quartieri del centro storico, le abitazioni civili, e
Cronache della città bombardata Da “Il sandalo rotto - Cronache dell’ultima guerra” di Attilio Colombo Caltanissetta 1993
28 luglio 1943 (pomeriggio): Il popolino fece man bassa nello stabilimento Piedigrotta forzando cancelli e porte. Sacchi di farina, di semola, di crusca, di granone, pacchi di pasta per due mila quintali e farina per seimila, furono asportati dalla gente del popolo calata dalle vicine campagne dove aveva trovato scampo nelle ore del pericolo. Si vedevano uomini e donne trascinare i sacchi per le vie, portati a spalla, su carrette im- provvisate.(…) Il Consorzio Provinciale granario venne pure preso d’assalto: l’olio, formaggio, scatolame di conserve, vini imbottigliati” “Stamattina sui muri si leggono scritti in rosso “Viva la Repubblica Siciliana”. Sono i separatisti che vorrebbero indipendente la Sicilia. Le opinioni sono molte e in contrasto tra loro; una forte corrente tra gli intellettuali propende per il ritorno dell’Italia una e libera, il popolino grosso aspirerebbe di passare sotto il protettorato angloamericano. Il giudizio lo darà la storia secondo il modo come finirà la guerra”.
Lo stabilimento Piedigrotta
30 luglio 1943 “Manchiamo di tutto, ma quello che scoraggia assai è la scomparsa del pane, della pasta, dell’acqua, della luce e per molte famiglie, della abitazioni, crollate”.
i luoghi-simbolo della vita sociale: la Cattedrale squarciata davanti al portale, S. Sebastiano, S. Giovanni, la chiesa e la scuola di S. Lucia, la Corte d’Appello, la Posta centrale, la Stazione, il Municipio, il Teatro “Margherita”, la Banca d’Italia, la Villa Cordova. 351 morti in città, altri 400 negli altri comuni della provincia, 292 bambini tra loro, 170 donne: come a Guernica, a Coventry, le popolazioni civili colpite per delegittimare il potere politico del loro Stato, “scudi umani” involontari, perché l’Italia capisse dove il fascismo l’aveva portata, come dicevano i volantini fatti piovere sulla città dagli aerei alleati la notte precedente. Morti sepolti senza funerali, che soltanto nel 1955 avrebbero avuto una sepoltura dignitosa nel Sacrario delle Vittime Civili di guerra, al Cimitero degli Angeli. Per anni, bombe inesplose nelle campagne intorno alla città avrebbero ferito e ucciso ancora, soprat-
tutto bambini. Il panico tra la popolazione, che ricordava ancora la retorica fallimentare dell’ultimo discorso di Mussolini trasmesso dagli altoparlanti in quei giorni: “Li inchioderemo sul bagnasciuga!”. E invece la morte era venuta dal cielo: 81 caccia-bombardieri, le “fortezze volanti”, che sarebbero tornate ancora a fare scuro il cielo azzurro di Caltanissetta, l’11, il 12 e il 13 luglio. Tutti quelli che potevano fuggivano nelle campagne. Tra le macerie e i lamenti dei feriti dilagavano gli sciacalli. In poche ore anche a Caltanissetta l’impalcatura istituzionale dello Stato fascista si dissolveva. Di tutte le “autorità”, tra le macerie della città era rimasto soltanto il Vescovo, che dall’Abazia di Santo Spirito era tornato a piedi in Seminario, sotto le bombe, fermandosi a benedire i morti e a consolare i vivi tra le macerie, come quando era tornato con la tonaca macchiata di sangue da Xirbi, qualche tempo prima, dopo il disastro alla stazione in cui erano morti tanti soldati.
Il Vescovo di Caltanissetta Monsignor Giovanni Jacono
Era anziano ormai il Vescovo Jacono, un po’ curvo e fragile, ma aveva avuto il coraggio di attraversare la strada che dal suo palazzo lo separava
Fu un bombardamento terroristico, furono colpiti i luoghi simbolo della vita sociale dalla Prefettura dove si era insediato il comando degli occupanti americani, entrati in città il 18 luglio: per chiedere di rispettare il suo popolo, anche se sconfitto. Senza violenze, senza vendette né ritorsioni, cominciando a costruire la pace nel momento in cui, almeno per i siciliani, la guerra era finita. Aveva offerto la disponibilità del Seminario
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Il bombardamento precedette l’ Operazione angloamericana “Husky”, lo sbarco alleato a Gela
IL SOLDATO CHE VENIVA DAL SUD di Mario Farinella poeta, giornalista e scrittore nisseno, (1922-1993)
A sinistra piazza Garibaldi dopo il bombardamento. Accanto le macerie della scuola di “Santa Lucia”. Sopra uno storico scatto dello sbarco angloamericano a Gela l’ 11 luglio del 1943
sindaci nominati dagli anglo-americani alla guida dei nuovi municipi erano esponenti riconosciuti della mafia: Calogero Vizzini a Villalba, Giuseppe Genco Russo a Mussome-
per ospitare l’Ospedale militare. In tutta la Sicilia i Comandanti Alleati avrebbero individuato proprio i Vescovi come i primi interlocutori “affidabili” per organizzare l’occupazione, mediando con le realtà sociali nei diversi contesti locali, chiedendo alla Chiesa di garantire con il proprio intervento l’atteggiamento non
Sopra le macerie di un palazzo in via Cavour. A sinistra militari americani in via Messina
li, e così via, che avevano preso posizione, almeno pubblicamente, per il separatismo, per fare della Sicilia la “49° stella” della bandiera a stelle e strisce dei liberatori americani, cavalcando la tigre della rivolta armata anche per trattare con i nuovi poteri il reintegro a pieno titolo dei propri
ostile delle popolazioni. Il primo Prefetto della città “liberata” l’avrebbe indicato proprio il Vescovo Jacono: era l’avvocato Arcangelo Cammarata, di S. Cataldo, ex popolare, presidente dell’Azione Cattolica diocesana, tecnocrate delle opere sociali che facevano riferimento al mondo cattolico, presidente della Federazione delle Casse Rurali, figura poco appariscente e dal basso
profilo “mondano”, ma profondamente collegato con ambienti diversi del mondo economico e degli interessi diffusi della società del territorio, capace di mediazione e garante di tanti equilibri, in una fase tumultuosa di passaggio di sistema, in cui riemergevano con violenza anche le forze oscure della criminalità organizzata, vecchia e nuova. Come in tutta la Sicilia, molti dei
esponenti nel sistema di potere che si doveva ridefinire. Intanto, in uno studio legale di Caltanissetta, in via Cavour, un avvocato cattolico quarantenne ospitava la redazione di un nuovo giornale politico, “Unità”, prima ancora che i Comandi Alleati autorizzassero la ripresa legale della attività politica e dei partiti: era Giuseppe Alessi, e in quello studio, insieme a Salvatore Aldisio (Alto Commissario per la Sicilia e Ministro dell’Interno del Governo dell’Italia liberata nel 1944) avrebbe ospitato qualche mese dopo il primo congresso del partito che avrebbe poi governato l’Italia, la Democrazia Cristiana. La grande storia passava anche dalle nostre strade, nelle nostre case, tra la nostra gente, insieme alle bombe del ’43. Settanta anni fa.
Il soldato che veniva dal sud era la speranza. L’amore era un soldato sul traghetto, il mare che gli staccava l’Isola dal cuore. Era la fanciullezza quel fanciullo nel treno dei soldati con gli alamari del re sulla giacca con le pezze e il fucile della patria e l’elmo sulle spalle. E tu Signore, dov’eri in quel tempo che la guerra gridava dai balconi e s’agitava nella fisarmonica in braccia a un fante nero della Puglia? Tu forse non capivi il parlare siciliano oppure i sacerdoti, per cantare il salmo ai battaglioni, incatenarono i cancelli intorno intorno ai tabernacoli e ti crucciavi dietro l’inferriata e mi cercavi e mi spiavi con la tua triste faccia bizantina e l’occhio scolorito per tanto incenso oramai consumato. M’avessi ascoltato il cuore. Faceva come fanno le foglie delle canne e le foglie del castagno se vi frullano dentro le pernici. E tu Signore, dov’eri quel giorno? Ora puoi dirlo. Sono cresciuto in amore e in statura; ho soffiato nel cuore in questo tempo perché v’entrasse più memoria. (da “Tabacco nero e terra di Sicilia” ed Flaccovio 1951)
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di Rino del Sarto
Il caso Italia (che non cambia)
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siste un caso Italia nel grande fenomeno del cambiamento globale? Ed esiste un caso Sicilia e Caltanissetta dentro il caso Italia. Sembra proprio di sì. E a confermarlo sono sia la storia che l’attualità. Fu proprio a Caltanissetta infatti che il capitalismo nordamericano oggi in crisi sbarcò in Europa in funzione anti-nazifascista per poi riorganizzarsi in funzione anti-comunista. Tutti ricordiamo lo sbarco in Normandia – 6 giugno 1944, il famoso D-Day - come momento storico e atto di guerra che ci portò la libertà, ma le Forze Alleate erano già entrate in Europa un anno prima, sbarcando in armi sulle coste meridionali della
nazionali e locali: l’esplodere del ’68 e la deriva rivoluzionaria armata, l’eversione nera, la tremenda e violentissima sfida ai potentati cosiddetti per bene e per male dell’epoca lanciata dai “viddani”, i corleonesi. Iniziò per l’Italia una stagione tristemente indelebile che ancora oggi segna la coscienza collettiva: gli anni di piombo, la “Notte della Repubblica” come la definì il grande giornalista Sergio Zavoli che ben la conosceva, avendo iniziato la sua carriera al seguito del Giro d’Italia. Bombe, attentati, omicidi, stragi delle quali perlopiù non si conoscono i responsabili per via giudiziaria. Una guerra fredda d’altri combattuta a caldo sulla nostra terra, sulla nostra pelle. E ciò che è più grave con la complicità di molti italia-
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Sopra Don Calogero Vizzini, a destra Lucky Luciano
Sicilia: a Licata, tra Gela e Scoglitti e tra Pachino e Siracusa, tra il 9 e il 10 luglio 1943. Secondo una leggenda mai confermata nelle more dello sbarco un aereo americano sorvolò Villalba sganciando un fagotto avvolto in una bandiera con una elle maiuscola cucita sopra, pare fosse destinato a Don Calogero Vizzini e che a mandarlo fosse Lucky Luciano. Secondo altri invece si trattò di un carro armato solitario che raggiunse Villalba brandendo quella stessa bandiera. Più certo invece quello che avvenne dopo, in vista delle prime elezioni democratiche del 1948: lo spegnersi del sogno indipendentista, che si spingeva fino al punto da voler staccare la Sicilia dall’Italia per farne il 51° Stato Unito d’America, e la nascita della Democrazia Cristiana, proprio a Caltanissetta, a casa del compianto Senatore Giuseppe Alessi, primo Presidente della Regione Siciliana democratica e a Statuto Speciale scomparso poco tempo fa alla veneranda età di 104 anni. E da quel momento il voto in Sicilia divenne addirittura determinante per gli equilibri politici nazionali. Un equilibrio che però non tardò a incrinarsi e oscillare pericolosamente sotto le spinte di fenomeni inter-
ni. Ma nonostante tutto il sistema aveva la sua faccia democratica, la legge elettorale proporzionale assicurava una seppur minima rappresentanza parlamentare a tutti, dalle minoranze etniche ai radicali fino alla destra. Un’ epoca di saccheggio a danno della collettività, che peraltro continua stavolta in nome del contrasto alla crisi economica, segnato da profondi egoismi e avidità di clan mirabilmente riassunta da Bettino Craxi nel suo discorso alla Camera dei Deputati per difendersi dalla richiesta di autorizzazione a procedere a seguito dell’inchiesta “Mani Pulite”, poi concessa. Disarticolato, per così dire, il terrorismo di destra e di sinistra lo Stato si concentrò allora sulla lotta alla criminalità organizzata e con alla fine un certo successo. Mai come sotto l’ultimo governo di Silvio Berlusconi, ad esempio, sono stati sequestrati così tanti beni alla mafia. Merito soprattutto dell’azione decisa
Una classe politica sorda non si accorge delle grandi proteste popolari che attraversano il mondo dei ministri dell’Interno e della Giustizia Roberto Maroni e Angelino Alfano. Intanto però il malaffare non è terminato. E se non è stata la criminalità organizzata chi è stato? La matrice degli scandali più recenti infatti ci conduce verso ambienti pubblici e politici: il finanziamento ai partiti, quello ai giornali, le truffe a danno di enti pubblici nazionali ed europei, al fisco, agli enti di previdenza e assistenza. Solo le vittime sono sempre le stesse: noi, la collettività, la comunità spappolata da un sistema che ci ha messo uno contro l’altro. In parallelo anche il sistema della rappresentanza politica è cambiato e dopo il proporzionale e il fallito tentativo dell’uninominale sono arrivati il mattarelum e l’onnivoro porcellum. Un disastro quest’ultimo, perché ha tranciato di netto il legame di fiducia tra elettore e candidato. Votando per una lista prestabilita dai partiti il voto si conforma infatti come una delega in bianco, o peggio, secondo quanto sostengono i più accesi detrattori del porcellum, in un furto. Conseguenze ben riassunte dal drammatico calo dell’affluenza al voto da parte degli aventi diritto, a livello nazionale e locale. Il nuovo sindaco di Ragusa, ad esempio, è stato eletto al ballottaggio con circa 15.000 preferenze e un’affluenza alle urne del 35% per governare una città con quasi 70.000 mila abitanti. Ma andando a rappresentare di fatto solo poco più della metà di quel 35%. Ed è del tutto irrilevante a quale schieramento politico egli appartenga. Come stona qualsiasi forma di festeggiamento o trionfalismo al riguardo di una vittoria elettorale siffatta. Cosa pensano davvero tutti coloro i quali non vanno a votare? Non lo sapremo mai, specialmente se nessuno si preoccupa di chiederglielo. L’unica considerazione che se ne può trarre è che c’è una crescente disaffezione alla politica. E una classe politica tutta che per conseguenza è sganciata dal corpo elettorale e quindi dalla realtà. Vaga nel vuoto dell’autoreferenzialità e delle polemiche interne. Somma ne sia l’attuale governo, tomba di tutti gli ideali e i valori in cui ciascun ha creduto e ha voluto credere fino in fondo.
Una classe politica tanto sorda da non sentire neanche i grandi fatti internazionali, i fatti globali del momento: la potente richiesta di moralizzazione pubblica e privata anzitutto, che arriva dalle autorità religiose più varie, da Papa Francesco come dai molto conservatori rabbini ortodossi ebrei e perfino dagli Ayatollah iraniani. Anche in ambienti come quelli massonici è in atto un’azione di pulizia radicale. E forti malumori verso la politica esistono anche tra le Forze Armate e quelle dell’Ordine. E neanche si accorge la politica dell’evidenza delle grandi proteste popolari che attraversano il mondo in queste settimane, dall’Egitto alla Turchia fino al Brasile, dove addirittura si contesta l’intoccabile sport nazionale, il calcio,
perché l’organizzazione del prossimi Mondiali ha determinato un aumento del costo dei servizi pubblici. Cosa sarà di noi allora? In cosa e in chi dobbiamo credere? Intanto che il capitalismo nordamericano si rompe come un pupo di zucchero? Intanto che l’economia basato sul debito drammaticamente si spegne e ci spegne? E a rappresentarla nella
In alto Sergio Zavoli, a sinistra Bettino Craxi durante il discorso alla Camera del 29 aprile 1993
sua parte più deleteria è da ultimo lo scandalo della National Security Agency, che spiava e controllava mezzo mondo alterando la vita civile e il libero svolgimento dei mercati. Nessuno quindi sbarcherà questa volta in armi per liberarci. È ancora valida infine la distinzione ideologica e di valori tra destra e sinistra? Pare di no. L’unica possibile al momento è tra chi sa fare comunità, sa spendersi per il bene dei molti e chi invece vittima del proprio assurdo narcisismo continua pervicacemente a coltivare interessi e vanaglorie personali o di clan. E voi da che parte state?
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Fatti & romanzi
Un noir griffato Barion
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l vescovo, l’onorevole, il proprietario di un centro commerciale, una femme fatale e ancora tanti imprenditori di un’antimafia troppo spesso di facciata. Ecco alcuni dei protagonisti di “Piccola Atene”, pubblicato per i tipi di Barion, il noir di Salvatore Falzone ambientato a Caltanissetta. Un giallo curiale (nelle librerie a partire dalla prossima settimana) che svela le impalpabili dinamiche del potere attraverso le avventure di un detective per caso, Gaspare Lazzara, trentenne disoccupato con la passione per l’informatica, che scivola sul vischio di una provincia in cui si agitano poteri più forti di quanto si possa immaginare. L’autore, classe 1984, esercita nel capoluogo nisseno la professione di avvocato. E’ anche giornalista pubblicista. Collabora con Repubblica di Palermo. Tiene una rubrica su questo giornale e dirige nel suo paese, San Cataldo, il periodico Il Sacco. Salvatore, perché hai scritto questo libro? “Scrivere un romanzo e pubblicarlo è sempre stato il mio sogno. Così, quando mi si è presentata l’occasione, l’ho
pronta umanistica ideato da Beppe Benvenuto. “Barion – spiega l’editore - guarda con attenzione a quanto si agita nel Mezzogiorno, e nella Sicilia in particolare. Due le sedi, Palermo e Milano, per segnare una doppia appartenenza e una filosofia non localistica che si propone di re-
stringere la forbice tra l’estremo Sud e il cuore del Nord”. Tra gli autori pubblicati dalla “nuova” Barion: Leonardo Sciascia, Mino Milani, Antonio Steffenoni, Schnitzler, Vamba, Enzo Russo e altri.
Da leggere sotto l’ombrellone.
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In uscita il libro ambientato a Caltanissetta che svela le impalpabili dinamiche del potere inevitabile e persino naturale”. In che senso? “Ho sempre bazzicato ambienti ecclesiali. Per molti anni ho suonato l’orga-
Toga di giorno, penna di notte. Diritto e letteratura non sono incompatibili
Foto di Alberto Di Vita
Sta per arrivare in libreria “Piccola Atene”, il giallo di Salvatore Falzone ambientato a Caltanissetta ed edito da Barion, marchio in attività tra le due guerre, rilevato negli anni Sessanta da Ugo Mursia e adesso rilanciato sul mercato nazionale grazie a un progetto di forte im-
no: messe domenicali, matrimoni e funerali. Per conto di Repubblica, ho seguito alcune vicende e gli intorcinamenti del clero isolano. Ho molti ami-
la tua ombra. Bisogna accettare la sfida logorante di estraniarsi, o almeno far finta”. Forse la provincia aiuta lo scrittore a caratterizzare meglio i personaggi di una storia. “La provincia è un binocolo che ti permette di guardare a distanza ravvicinata le persone. E certo facilità certe operazioni letterarie. Ma il pericolo non soltanto stilistico è quello di cedere il passo a un’eccessiva caratterizzazione, spesso folkloristica e di maniera. Provincia non vuol dire farsa. Bisogna prendere sul serio i personaggi e l’ambiente in cui nascono, vivono e muoiono”.
Giallo nisseno Salvatore Falzone Il romanzo di
colta al volo. Anche se, naturalmente, ne ero piuttosto intimidito, direi persino spaventato”. Perché? “Scrivere narrativa è complicato e si rischia di confezionare un prodotto mediocre. E poi sapevo già che il mio lavoro sarebbe finito sotto la lente di un editore rigoroso”. Quando l’hai scritto? “La prima stesura risale a tre anni fa. Ma il vero lavoro, quello di revisione e riscrittura, l’ho compiuto negli ultimi sei mesi, nei ritagli di tempo”. A proposito, come coniughi la professione di avvocato con la scrittura? “Le due cose non sono inconciliabili, anzi. Per me la scrittura, anche nella sua versione giornalistica, è una passione, e tale rimane. Ho deciso di fare l’avvocato frequentando il mio amico e insegnante Sergio Iacona, che mi ha fatto assaporare il fascino del mestiere. Per il resto, sono abituato a gestire i miei hobby, con una disinvoltura che forse sfiora l’incoscienza”. Un giallo curiale, dunque, con tanto di chiesa, devoti e di gerarchie in azione? “Mi hanno impressionato certe vicende turbolente del pontificato di Ratzinger. Ma la scelta dello sfondo della narrazione è stata in qualche modo
ci preti, conosco vescovi e porporati. Ho fatto anche l’addetto stampa della diocesi di Caltanissetta, subito dopo l’insediamento di mons. Russotto. All’università ho discusso una tesi in diritto canonico. E ho scritto due biografie spirituali tra cui quella di Pina Suriano, che mi è stata commissionata dal rimpianto arcivescovo di Monreale Cataldo Naro”. La tua educazione culturale? “Di stampo umanistico. Il diritto e la letteratura ne sono i binari portanti”. Che non si incontrano mai… “Non direi. Il rapporto tra diritto e letteratura è spesso stretto. Addirittura secondo Platone l’intero ordinamento giuridico è la più nobile delle tragedie. L’immaginario letterario inoltre si pone all’origine delle costruzioni giuridiche. La letteratura può in effetti dire, ancora oggi, qualcosa di forse non banale al diritto”. Educazione letteraria. Chi sono i tuoi punti di riferimento? “Due amici più grandi di me, due maestri. Uno è Enzo D’Antona, caporedattore di Repubblica, che tra le altre cose ha acceso in me la passione per la narrativa regalandomi una sfilza di romanzi, capolavori che non avevo ancora preso in mano. L’altro è il mio editore, Beppe Benvenuto, personalità d’esperienza nell’editoria, dotato di
un suo gusto particolare per la parola, che ha inevitabilmente influenzato la mia educazione letteraria. Gli sono davvero grato per avermi offerto questa possibilità”. Perché proprio un giallo? “Mi è stato detto: prova a scrivere un noir di provincia. Una proposta a me congeniale per tanti motivi, compreso il fatto che amo la realtà della provincia, questo ambiente ridotto dove ci si conosce tutti e dove si sa tutto di tutti,
Mi affascina l’ambiguità della provincia. E’ una condensa di contraddizioni o almeno così si crede. Per chi scrive, poi, la provincia è un’opportunità d’oro”. Perché? “E’ un punto d’osservazione straordinario. Certo, vivendoci stabilmente, il rischio è di non riuscire nell’intento. E’ come scattare una foto e alla fine ti rendi conto che sei venuto pure tu con
Ma cosa ti affascina della provincia? “La sua ambiguità, la sua dolcezza, spesso solo apparente. La provincia non è però solo un sinonimo di esistenza tranquilla. E’ anche una condensa di contraddizioni. Una cornice avvolgente dove, per un niente, tutti i contrasti, all’improvviso, esplodono. Insomma, ti dà l’illusione di un universo a misura di esistenza, ma sai che non è così, perché angoli di paradiso non sono di questo mondo”. Secondo te è cambiata la nostra provincia negli ultimi anni? “Sì, molto. E tuttavia questo piccolo mondo, sempre meno antico e in costante evoluzione, resta spesso ancora impenetrabile. A volte penso che solo in apparenza è stato trasformato dal boom di internet e dalla globalizzazione. In realtà, mantiene sempre il suo ordine, le sue gerarchie, le sue regole, i suoi immutabili grovigli di interessi e quindi le sue ataviche dinamiche di gestione opaca del potere”. A proposito, il tuo giallo svela appunto certi intrecci, certe civiche e irredimibili malsanità… “Nelle province, soprattutto siciliane, il cosiddetto sistema di potere ha una evidenza quasi plastica. Chi non accetta questo stato di cose, chi lo mette in discussione, anche solo mentalmente, rischia isolamento e solitudine. D’altro
canto l’equilibrio del sistema tende a sopravvivere ai suoi attori e resistere il più a lungo possibile”. Come entra Caltanissetta, e come ne esce, nelle pagine del tuo romanzo? “Come tutti i luoghi trasfigurati dalla letteratura, la mia Caltanissetta ha una doppia esistenza: città reale, presente nel racconto con precisi riferimenti topografici, e luogo di immaginarie proiezioni e rielaborazioni. Dunque una città non inesistente, ma rivisitata. Spero che i lettori nisseni non si affannino, perciò, a dare un volto reale a personaggi frutto esclusivamente d’immaginazione”. Quali luoghi ritroviamo nelle pagine del libro? “Il corso Umberto con la statua del Re e la chiesa del Collegio, la Stratafoglia, la via Scovazzo, il Redentore, il ponte di Capodarso e molti altri”. La provincia ha avuto i suoi cantori. Quali scrittori preferisci? “Mi vengono in mente Luciano Bianciardi, Giorgio Bassani, Piero Chiara, Leonardo Sciascia. Al di là dell’Oceano penso a Carver, a Cheever, a Flannery O’ Connor, oltre a certi racconti di Truman Capote…”. Avrà una continuazione “Piccola Atene”? “Non lo so. Per il momento è già tanto che abbia avuto un inizio”.
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“Chi spezza l’equilibrio muore” Così il consulente della curia al giovane ‘detective per caso’ Le indagini di un blogger disoccupato. Chi ha ucciso il proprietario del centro commerciale?
Tra finzione e realtà. I misteri della “Piccola Atene”
Anticipiamo lo stralcio di un capitolo ambientato nella chiesa di San Domenico a Palermo. Gaspare Lazzara, giovane disoccupato che sta indagando sulla strana morte del proprietario del centro commerciale, ascolta l’oscuro monologo del consulente della curia nissena, Antonio Arnone, che proprio all’interno del pantheon dei siciliani gli ha dato appuntamento con un biglietto anonimo. Adesso i due sono seduti su una panca sotto la volta della cappella del Crocifisso.
Il consulente si era
tirato un po’ su i pantaloni, pensieroso, e ora sembrava studiare le stranissime calze in filo di Scozia, a coste colorate. A un certo punto, dopo avere respirato lungamente, come per acchiappare l’essenza di un’antica ispirazione, aveva comin-
ciato un assolo solenne: «Dal centro della Sicilia, sotto la crosta della terra di mezzo, sgorgano le fonti del potere. Non mi chieda di spiegare il motivo di questo assunto, ma le assicuro che… Stia a sentire. La nostra provincia si trova al centro dell’Isola, e per questo, come un perno, la
Sopra il ponte di Capodarso. A sinistra la Strada ‘a foglia
tiene in equilibrio. Non mi guardi in quel modo, non sto dicendo nulla di nuovo. È così da sempre, sa? Pensi al castello di Pietrarossa, nel quartiere arabo della città, accanto al cimitero, che si erge sulla valle del Salso. Sotto gli aragonesi, fu scelto come sede dei tre parlamenti generali del Regnum Siciliae. Nel 1361 accolse Federico III, nel 1377 ospitò la riunione dei baroni siciliani per la divisione del reame…. Pensi al nostro Redentore, edificato nell’anno del grande giubileo del 1900, unico in tutta la Trinacria… Ah, rammenta su quali sponde sbarcarono gli americani? E
dov’è nato lo scudo crociato?». Accentuava le domande con un’enfasi esagerata. «Forse la storia non è il suo forte. Beh, non la suggestiona il fatto che sul colle Sant’Anna, a pochi metri dallo stesso Redentore, s’innalza il trasmettitore più alto d’Italia? Può essere avvistato anche a decine di chilometri e, nonostante da qualche tempo l’abbiano “spento”, le garantisco che continua a propagare le sue onde lunghe, medie, corte. Trasmettitore omnidirezionale… Provo a spiegarmi meglio» scrutava di nuovo le calze, e per qualche secondo era rimasto zitto. «Sa, i nomi racchiudono sempre il loro segreto. Pretendono rispetto, e bisogna prenderli sul serio, avere la pazienza e direi l’umiltà di stare a sentire ciò che hanno da dire. Ha mai assaporato l’effetto acustico che effonde la parola “Caltanissetta”? Tenda l’orecchio, la prego. Cal-ta-nis-se-tta». Scandiva le sillabe con le mani del direttore d’orchestra che guida un adagio. «Viene dall’arabo Qalat al-nis, “castello delle donne”… Che solennità, che suono pastorale, religioso, oscuro. Cal-tanis-se-tta. Presti attenzione alle “s” e alle “t” raddoppiate. Quanta misteriosa certezza esprime l’alternanza di lettere morbide e dure, quanta minaccia. Al nord dicono Caltanisetta con una “s”, e per giunta dolce… Eppure le “s” sono due, e noi, quando ci sforziamo di parlare in italiano, gliene mettiamo addirittura tre. Due si vedono, l’altra no. Ma non per questo vuol dire che non esista». Sorrideva, con un’ombra di affetto che a Lazzara, per un attimo, era sembrato incredibilmente sincero. «È probabile che la sua età le impedisca di comprendere che ciò che non si vede è sempre più vero, e più importante, di ciò che si vede. In ogni caso, la invito a percepire almeno l’equilibrio, la calma piatta e perfetta, circolare, creata dall’unione delle coppie di vocali e consonanti. Già, l’equilibrio. Le dicevo che la nostra provincia, così lontana dal mare, è il perno dell’Isola. Ma è chiaro che… non si può tenere qualcosa in equilibrio, se poi il perno si rompe». «Mi scusi io non la seguo». Gaspare non aveva più pazienza, era la formica costretta a seguire un percorso impazzito, doveva uscire all’aperto, prendere aria, vedere la luce, scaricare la tensione accumulata nelle ultime ventiquattro ore. Tutto gli sembrava assurdo. «Non si avvilisca. L’importante, per il momento, è che comprenda un concetto facile facile ma di fondamentale rilevanza, perché lei è persona intelligente e si farà strada, ne sono certo. Mi ascolti bene. Se qualcuno spezza l’equilibrio, muore». Aveva ripetuto l’ultima parola più piano, dandogli una sfumatura misteriosa, come fosse un presagio, era il mago malvagio che parlava… «Muore. Di colpo o poco alla volta, il risultato non cambia. In ogni caso,
forse non se ne rende conto, spezzare l’equilibrio, qualunque equilibrio, è da sciocchi, non da eroi. Lei vuole diventare un eroe?». Rideva, sprezzante. «Se il suo obiettivo è questo, non c’è bisogno di rompere l’equilibrio delle cose. Si può diventare eroi anche da vivi, sa? Dalle nostre parti è così. Metta su una bella impresa, cominci a parlare di legalità, di mafia e di estorsioni, diventi amico di sbirri e magistrati, compri i giornalisti, si spedisca a casa due proiettili in busta ed è fatta». Si era fermato. «E poi dovrebbe riflettere su un particolare significativo. Nella nostra provincia, tutti sanno tutto di tutti. Sa che cosa vuol dire questo?». Lasciata la domanda in aria per qualche secondo, aveva scosso la testa, lentamente.
la tasca dei pantaloni, mentre Lazzara sentiva le tempie palpitare. «Le ripeto che l’onorevole è innocente». E aveva tirato fuori un fazzoletto, si era soffiato il naso, lo aveva ricacciato al suo posto. «Cos’è successo quel lunedì? Che cos’ha visto lei quel lunedì?». «Non si agiti, non si agiti, non facciamo teatro». Lo imitava: «Cos’è successo quel lunedì? Troppo cinema, amico mio, anzi troppa televisione…». «Che cos’ha visto lei quel lunedì?». «Io?». Rideva, la “o” si era trasformata in un suono cavernoso e sincopato, sembrava pensarci su. «Io, il lunedì, lavoro tutto il giorno». Dalla bocca scompariva l’ultimo rimasuglio di sorriso, come la schiuma sul
Uno scorcio della chiesa di San Domenico di Palermo. Al suo interno è ambientato uno dei capitoli centrali di “Piccola Atene”
«Che non c’è bisogno che glielo dice lei, giovanotto. Non c’è niente che lei sa e che gli altri già non sanno». A questo punto Gaspare aveva deciso
LE PEDINE DEL REBUS
Il vescovo, l’onorevole, una femme fatale, gli imprenditori di una finta antimafia di reagire. «Chi ha ucciso il cavaliere Alvaro?». Doveva incalzarlo come aveva fatto con Gloria Damante. Era stato il pensiero improvviso di lei, forse, a dargli fiato. Ma quello non si era scomposto. «Non lo so. Posso dirle soltanto che è morto sei giorni prima di quando è morto». Le labbra di Lazzara si erano contratte. «L’inaugurazione del centro commerciale è stata domenica, se non erro». «Sì». «Allora, vuol dire che è morto lunedì. Eh già, penso proprio che quel giorno qualcuno abbia deciso che il cavaliere dovesse passare a miglior vita, forse per vendetta, oppure per paura, oppure per qualcos’altro… Certo Alvaro aveva dei nemici, molto potenti. Ma Salomone non c’entra niente». Aveva infilato una mano nel-
bagnasciuga. «Ora, se vuole, può andare». Gaspare aveva raccolto cellulare e batteria, e si era alzato. «Ah, dimenticavo un particolare degno di nota» aveva detto ancora l’uomo: «Se lei dovesse riferire a qualcuno il contenuto di questa chiacchierata, non farebbe in tempo a pentirsene». Un brivido dal collo gli era sceso giù fino alle unghie dei piedi. Esausto, con un filo di voce: «Ma il vescovo è al corrente del nostro incontro?». «È il vescovo che mi manda».
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Fatti & sanità
Un obiettivo ambizioso: rigenerare il
Cefpas
“
L’integrazione con la formazione universitaria è uno dei nodi cruciali
di Rita Cinardi
H
a sempre il sorriso stampato sulle labbra. Non c’è domanda che lo indispone. Anzi. Sembra avere una risposta per tutto. E’ un politico vero. Lo si vede subito non appena cominci a intervistarlo. Che abbia letto e studiato molto lo si intuisce immediatamente. Parla in maniera fluente, mai un vocabolo fuori posto. Angelo Lomaglio, nuovo direttore del Cefpas, non è sicuramente l’ultimo arrivato. Laureato in scienze politiche ha ricoperto ruoli importanti fin da quando era giovanissimo (a 27 anni segretario regionale dell’Arci, a 31 segretario provinciale della Cgil, per poi diventare due volte assessore, vicesindaco e deputato nazionale dell’Ulivo dal 2006 al 2008). Manca poco al suo insediamento ed ha già le idee chiare su come vuol cambiare questo centro che, nonostante i buoni propositi iniziali, non è mai decollato veramente. Per lui le polemiche di questi giorni sono solo
segnare la svolta. Ed ora bisognerà solo rimboccarsi le maniche. Il Cefpas è un centro con quattordici padiglioni a disposizione come intende utilizzarli? E’ un campus all’avanguardia. Le strutture al suo interno sono molto ampie, anche se vanno rinnovate, e possono accogliere iniziative da tutta la Sicilia.
ne, che possono essere messe al servizio di tutta la Sicilia. Ora noi dobbiamo puntare alla internazionalizzazione. E non sarà difficile visto gli ottimi rapporti che il presidente della Regione, Rosario Crocetta, ha con l’Unione Europea. C’è anche un atteggiamento molto positivo dell’assessore regionale alla Sanità, Lucia Borsellino, che in-
Lucia Borsellino assessore alla salute della regione Sicilia. A sinistra il governatore Rosario Crocetta
strumentali e frutto di una politica che non vuole veramente il bene del territorio. Perché Lomaglio ha già pensato a tutto. E non a caso il governo regionale ha puntato su di lui. Anni di esperienza nel campo della formazione lo hanno fatto ritenere l’uomo giusto per
Oltre ai padiglioni però non dobbiamo dimenticare che vi è anche un centro sportivo mai utilizzato, un hotel e altre stanze per l’accoglienza dei visitatori, per un totale di 200 posti letto. Ma la grande risorsa sono i formatori del Cefpas, oltre 70 persone quasi tutte nisse-
tende attuare la legge affidando tutta la formazione sanitaria al Cefpas. Il Cefpas potrebbe anche accogliere l’Università. Cosa si intende fare in merito? L’integrazione con la formazione universitaria è uno dei nodi cruciali. Io penso a rapporti diretti per la formazione di alta qualità. Non solo rapporti con il consorzio universitario, che sicuramente vanno rafforzati, ma anche con università del centro nord (in questo momento le possibilità ci sono), per trasformare il Cefpas in scuola di specializzazione per la sanità. L’errore di chi mi ha preceduto è stato proprio il voler contrastare questo rapporto con l’Università. Un’altra cosa che mi sono subito chiesto è: che cosa è la formazione sanitaria? Essa include anche altri
settori a volte tralasciati. A partire dalla prevenzione dei rischi per l’ambiente e la salute. Quante cose si possono fare per esempio in materia di rischio ambientale in rapporto anche con l’assessorato all’Ambiente o quello all’Agricoltura. Un altro campo potrebbe essere quello della medicina dello sport. Pensavo per esempio a dei rapporti con il Coni per iniziative sempre nel campo della prevenzione. Qual è la cosa che intende fare fin da subito? Costruire e migliorare i rapporti con il territorio e le sue istituzioni. Una delle prime cose che farò sarà incontrare il Vescovo, i sindaci della provincia, i rappresentanti di Camera di Commercio e Irsap, per cominciare a ragionare in termini di sinergia. L’obiettivo ambizioso è quello di trasformare il Cefpas nel policlinico del centro Sicilia. Quali sono le criticità? Vanno ricostruiti i rapporti con la Regione, con il territorio e con le Asp. Inoltre il Cefpas può occuparsi anche di ricerca, aspetto che finora è stato trascurato. Qualcuno sostiene che lei non abbia i requisiti per ricoprire questo ruolo… Mi occupo di formazione professionale da molti anni, a differenza di molti miei predecessori, in campi che vanno dalla disabilità alla prevenzione di rischi ambientali e sul lavoro. La laurea in Medicina e Chirurgia è richiesta per il responsabile della formazione ma non per il direttore del Centro che deve avere principalmente un ruolo politico, dovendo effettuare scelte e prendersi delle responsabilità. Dunque non solo ho i requisiti ma ho anche l’esperienza giusta, avendo gestito strutture complesse, per rilanciare il Cefpas. Cosa pensa delle accuse lanciate dall’onorevole Alessandro Pagano? E’ strano che si saluti con polemica la
nomina del primo nisseno direttore del Cefpas. Forse l’onorevole Pagano fa parte di quella vecchia politica che pensa che alla fine è meglio che il territorio non cresca per poter acquistare popolarità nel contestare il fallimento. Ci avviciniamo alle elezioni amministrative. Che requisiti dovrebbe avere secondo lei il prossimo sindaco di Caltanissetta? Dovrebbe essere un uomo in grado, non di costruire conflittualità, ma sinergie e progetti comuni. Bisogna puntare sull’unità del territorio e legarsi su obiettivi comuni. Dunque un moderato o un uomo di polso? Nessuna delle due. Serve un sindaco che abbia una visione chiara di un progetto per la città. Capace di dialogare. Non un sindaco che esprima la prote-
Dobbiamo puntare alla internazionalizzazione del centro grazie anche ai buoni rapporti di Crocetta con l’Unione Europea sta ma una figura che sappia governare il cambiamento Di cosa ha bisogno adesso Caltanissetta? Bisogna innanzitutto ridare fiducia alle aziende e alle imprese agricole che possono creare ricchezza. Serve ridare la speranza dimostrando che chi guida la città non lo fa solo ma insieme agli altri. Costruire buoni rapporti con il governo regionale, quello nazionale, e i rappresentanti del territorio. E soprattutto basare i rapporti sulla empatia e non sull’antipatia, cosa che farò anche dal momento del mio insediamento al Cefpas.
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Fatti & territorio L’impianto aperto nel 1997 ha funzionato fino al novembre del 2011 quando i lavoratori sono andati via. In questi mesi è stato vandalizzato. I ladri hanno portato via tutto
Frigomacello
una struttura che non c’è più
di Lucilla Rovetto
I
l prossimo episodio, di una storia tutta giudiziaria, si giocherà sulla consegna della struttura. Il perito, nominato nell’ultimo procedimento d’urgenza promosso dall’Irsap contro le Verdi Madonie, dopo il giuramento, proseguirà con l’accertamento dei danni e dello scempio consumato in contrada Calderaro. Il frigomacello, la struttura più attrezzata, efficiente e dalle magnifiche potenzialità di lavoro, da mesi è piombato miseramente, nel degrado. Violentato, depredato, vandalizzato, mostra i segni di come a Caltanissetta, le controversie, anzi, i conflitti giudiziari lascino solo distruzione. Perché sono trascorsi sedici mesi e l’impianto non è stato riconsegnato al proprietario? Il legale delle Verdi Madonie, Michele Lupo sostiene “il 9 dicembre 2011, Asi e Cooperativa, come risulta dai verbali, proseguivano le operazioni di riconsegna, ma decidevano di rinviare l’attività per la presenza dei dipendenti della ditta TMR s.r.l., la società che effettuava la macellazione, invitata a lasciare la struttura si rifiutava; le operazioni di rilascio potevano essere riavviate, soltanto quando la società detentrice della struttura avrebbe potuto garantire la piena libertà di persone e cose. Verdi Madonie è sempre stata pronta al rilascio”. Nominano entrambi i tecnici, ma non c’è la riconsegna. Pare infatti che l’Asi avesse chiesto la consegna in condizioni pari alle iniziali. Oggi la storia del frigomacello racconta di tre denunce di furto presentate ai carabinieri contro chi, in questi mesi, ha portato via tutto. Tre procedimenti di urgenza ex art. 700 al Tribunale civile: il primo del dicembre 2011, promosso dalle Verdi Madonie contro Tmr s.r.l., concluso con il rilascio della struttura da parte degli occupanti il 16 febbraio dell’anno scorso, i quali tentavano di salvare il lavoro; il secondo, mosso da Asi-Irsap contro Verdi Madonie, rigettato per un difetto di legittimazione attiva, (n.d.r il proponente non doveva essere l’Asi, ma Irsap); il terzo, quello in corso, promosso dall’Ir-
sap contro Verdi Madonie per definire la procedura di consegna, di fatto, in stallo. E c’è il quarto procedimento, il principale, definito ad aprile scorso a sfavore dell’Irsap. La sentenza del giudice civile ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario al quale l’Irsap si era rivolto. In soldoni, la controversia era di competenza del Tar e non di quello civile, come invece sostenuto dall’avv. prof. Alfredo Galasso, difensore Asi-Irsap. Le probabili prossime cause: quella al Tar e l’altra risarcitoria verso chi dovrà ripagare i danni alla collettività, citando un’impresa in liquidazione. Del frigomacello rimangono solo i muri. Dentro non c’è più nulla e quello che resta è inservibile. Non ci sono più macchinari, idropulitrici, carrelli, estintori, seghe, strumenti, assieme ai cavi di rame.
sede l’istituto zooprofilattico, è sempre aperto, anche la notte, perché il motore funzionava con l’energia elettrica del Frigomacello. Dell’impianto ad ammoniaca refrigeratore delle celle frigorifere, rimane solo il puzzo tossico e nauseabondo. Le vasche della depurazione sono piene d’acqua piovana putrida. L’inizio della fine si consuma
Il Commissario dell’IRSAP ex ASI Alfonso Cicero
L’impianto pneumatico, idrosanitario, di depurazione, il gruppo elettrogeno, le macchine delle linee di macellazione: tutto rotto. Il cancello d’ingresso è chiuso, ma quello accanto dove ha
a febbraio 2011, quando il Consorzio Asi di Caltanissetta cita in giudizio il gestore per “…dichiarare la nullità del contratto di locazione, perchè ha violato l’art.1418”. L’Asi chiede che “in via subordinata sia disposta l’integrazione del contratto con l’inserzione della clausola di revisione periodica del prezzo. … di condannare la Cooperativa al pagamento in favore del Consorzio di un importo di 240 mila euro per ogni anno, pari alla differenza fra il prezzo fissato dall’Agenzia delle Entrate, accertato dal tecnino d’ufficio e la somma effettivamente corrisposta dalla Cooperativa, oltre interessi e rivalutazione”. Le Verdi Madonie, che già sembra lamentasse gravi perdite finanziarie, “molla” l’impianto e mette la cooperativa in liquidazione. Chiude battenti. Nel 1995 un finanziamento pubblico, oltre 12 miliardi di lire, di una legge Obiettivo per il recupero dei bacini solfiferi, ne avvia, tra le polemiche, la realizzazione. A lavori finiti costò quasi il doppio. Due anni dopo è pronto, ma incombe il problema dell’affidamento. Troppo grande, troppo dispendioso e troppo pochi i capi destinati alla macellazione in un’Isola, che pre-
dilige una politica d’importazione delle carni estere, meno costose e, più redditizie. Il comune nel giugno del 2007, previa delibera del Comitato direttivo Asi, del quale è presidente l’avv. Umberto Cortese, ne ottiene, a titolo gratuito, per tre anni la gestione. Il comune avrebbe dovuto definire, entro un anno dall’affidamento, un piano di sviluppo per il suo ottimale funzionamento, coinvolgendo soggetti privati e pub-
Quattro cause giudiziarie hanno segnato la storia di una struttura dalle magnifiche potenzialità blici e creando attività imprenditoriali, oltre ad un programma di investimenti necessari ad adeguare gli impianti. E già nel primo contratto l’Asi riconosce alla struttura un delicato equilibrio legato all’usura tecnologia, e al rischio di obsolescenza tecnica”. Nel 2000 arriva il rinnovo contrattuale di 1 anno, per gli altri due, la gestione comunale si basa su un rapporto di fatto, in prosecuzione, mentre il comune accumula un ingente disavanzo; le spese superano oltremodo i ricavi. Il frigomacello si rivela una struttura
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Luglio del 2002, in assenza di un rinnovo della proroga, il comune scrive all’Asi”... tale condizione non consente di introdurre o studiare forme gestionali che ne assicurino maggiore funzionalità”. A marzo del 2003 l’Asi, con l’allora presidente Cortese, emana un avviso informale di selezione, pubblicato su Il Sole 24 Ore e Il Giornale di Sicilia. Ma non c’è un bando a evidenza pubblica, non c’è la gara. Un’azienda del gruppo Cremonini, spedisce un’offerta, per poi ritirarla a ottobre, abbandonando il progetto perché “...il numero di capi zootecnici siciliani da macellare - dice
nissena, tutti ben informati delle difficoltà nell’affidamento di una realtà a rischio chiusura. Il direttivo Asi lo affida, sulla base di un progetto, alla società con sede a Geraci Siculo. Il contratto prevede un canone annuo di 25 mila euro, oltre Iva da corrispondersi in tre rate. Il locatario deve sostenere il mantenimento del Frigomacello, garantire il personale addetto alla macellazione, quello veterinario e tutte le spese vive dell’impianto che pare superassero (ndr solo bollette di luce e gas) i 30 mila euro al mese, oltre i costi di personale e oneri aggiuntivi. Il contratto prevede, persino, il gruppo modenese - non garantisce il una polizza assicurativa per responsapareggio dell’investimento”. “M’incon- bilità civile nei confronti di terzi, danni trai con lui a Bologna - racconta Um- alle attrezzature e rischi da incendio, berto Cortese, allora presidente Asi - su furti e atti vandalici. Copertura: 4 miliomandato dell’assemblea del consorzio. ni di euro. Decorre dal maggio 2004 per Gli proponemmo una gestione vantag- sei anni; si rinnova nel maggio del 2010. La scadenza naturale è fissata per il 2016. Sotto la presidenza del geom. Alfonso Cicero, all’insegna del cambiamento, rinnovamento e legalità, l’Asi chiede la revisione del canone sulla base di una perizia che rivaluta la struttura e ne fissa il costo annuo a 266 mila euro (oneri esclusi). Il contratto si ritiene nullo, perché viziato sostanzialmente dalla A sinistra l’impianto di depuramancanza di una gara zione. Sopra la sala di macellaad evidenza pubblica zione del rito arabo e inizia la prima causa del febbraio 2011. L’ultimo giorno di macellagiosa; rifiutò per- zione è il 16 novembre 2011. Seguono ché il progetto era gli incontri in Prefettura per tentare di antieconomico”. salvare l’occupazione delle 30 persone E mentre il comu- che macellano i capi e il tentativo di ne non sa come spingere il sindaco di Caltanissetta, Miliberarsene e nes- chele Campisi a riprendersi il servizio suno - pare voles- definito “pubblico”. Il resto è cronaca: se prenderselo - arrivano due proposte: 30 persone senza lavoro, 30mila metri Maiorana Srl e Le Verdi Madonie. Il quadrati inservibili, cause civili a “gogò” Consiglio generale e quello direttivo del e un frigomacello che prima, nel bene e Consorzio, all’epoca era ricco di perso- nel male c’era e che adesso, molto pronaggi, illustri nomi noti della politica babilmente, non ci sarà più.
Pachidermico e dispendioso, il frigomacello ha accumulato per anni disavanzi a carico del Comune
“pachidermica” con costi di gestione enormi e ricavi sempre più bassi. Nel 2002 l’allora assessore Carmelo Milazzo, scrive al presidente Asi: “appare più coerente che l’Asi, proprietaria dell’immobile, attui un sistema di gestione anche mediante affidamento a terzi...per recuperare il disavanzo economico”. La gestione si rivela fallimentare, facendo registrare deficit annuali, a carico della comunità. Per abbattere gli animali, il comune aveva incaricato la ditta Tmr, gestita dalla famiglia Randazzo, che si occupava, in città della macellazione, ancor prima che a Cal-
deraro, in via Vassallo, cioè nel vecchio macello. La situazione precipita: tra il 2002 e 2003, iniziano le consultazioni dell’Asi, alla ricerca di manifestazioni d’interesse verso l’impianto. Nell’agosto
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Alfredo Galasso:
“Ci rivolgeremo al giudice amministrativo”
Per il legale c’è stata mala gestione
“E’ difficile prevedere se e quando il Consorzio di CL, oggi IRSAP, possa ottenere oltre al riconoscimento anche il pagamento dei danni subiti dalla gestione del frigomacello da parte della Cooperativa. Occorre verificare in che termini si svolgerà e concluderà la liquidazione della Cooperativa stessa, il cui liquidatore peraltro è il suo precedente amministratore. Comunque è intenzione e dovere di un pubblico ente perseguire il soddisfacimento del proprio credito. La causa promossa innanzi al Tribunale di CL tra l’ex Consor-
La vicenda presenta anche un risvolto penale, essendosi costituito l’ex Consorzio quale parte civile per il danno all’immagine subito dal medesimo Consorzio in relazione alle violazioni delle norme igienico-sanitarie compiute dalla Cooperativa durante la propria gestione. In atto è pendente presso il Tribunale di CL un procedimento cautelare, nel corso del quale il Giudice ha disposto una CTU per stabilire le modalità e le condizioni di sicurezza attraverso le quali la Cooperativa dovrà riconsegnare l’impianto del frigo-
zio e la Cooperativa sarà riassunta dinanzi al TAR, giudicato competente a decidere dallo stesso Tribunale di CL, pur se è mia convinzione che la giurisdizione fosse proprio del giudice ordinario. Per speditezza ed economia processuale, tuttavia, con considero conveniente impugnare su questo punto la sentenza del Tribunale di CL, essendo preferibile riproporre la domanda di adeguamento del canone irrisorio pagato in questi anni dalla Cooperativa dinanzi al giudice amministrativo.
macello, operazione non ancora conclusasi a causa dei ritardi della medesima Cooperativa. L’intera vicenda, a mio parere, rappresenta un vistoso esempio di pessima conduzione, per non dire altro, del rapporto tra un ente pubblico e una società privata, cui si è tentato di porre rimedio lodevolmente da parte del commissario-legale rappresentante del Consorzio dott. Alfonso Cicero, subentrato al precedente legale rappresentante del Consorzio medesimo”. prof. avv. Alfredo Galasso
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Fatti & società Il 20% della popolazione è stato vittima di episodi di “molestia”. Nel 90% dei casi esiste un rapporto di conoscenza. E’ reato in Italia dal 2009.
“Un fenomeno sociale serio e inquietante” Da un po’ di tempo, a giusta ragione, è in forte crescita l’attenzione dei mass-media su un inquietante fenomeno sociale con forti connotati devianti: lo “stalking”. Purtroppo, pochi sanno che si tratta di una realtà criminale molto seria, la quale, soltanto recentemente, sta iniziando
CHE COS’É Lo stalking (termine inglese traducibile nell’italiano “fare la posta” e divenuto “atti persecutori” nel codice penale) è un reato. Si punisce con il carcere chiunque pedini, assilli, infastidisca pesantemente - con telefonate, insistenti ricerche di contatto - una persona, tanto da causarle gravi stati d’ansia o di paura per la propria incolumità o per quella di un parente prossimo e da costringerla a cambiare abitudini di vita. (Codice penale articolo 612-bis)
COME SI FA Si commette il reato quando si tengono in maniera ripetitivacomportamenti invadenti, di intromissione, con pretesa di controllo, quando si minaccia qualcuno costantemente, con telefonate, messaggi, appostamenti, ossessivi pedinamenti. Questo tipo di condotta deve arrecare nella vittima un grave stato di timore per la propria salute e per la propria sicurezza o per quella di un altro soggetto a lei vicino, tanto da farle alterare per sfuggire agli atti persecutori - lo stile di vita quotidiano (con conseguenze quali cambiamento di lavoro, rinuncia a svolgere determinate attività, mancanza di libertà nel decidere itinerari e mezzi di sposta-
ad emergere da quell’universo sommerso in cui era stata relegata. E ciò anche grazie alla tardiva, ma importante, legge che qualifica tale comportamento come fattispecie penalmente rilevante: in altri termini, come reato, prevedendo per esso, pesanti sanzioni.
Un viaggio nella “persecuzione”. Forze dell’ordine, associazioni, aspetti legali e psicologici
mento, variazioni di numero di telefono). Una sola minaccia o un isolato episodio di “tampinamento”, anche se invadente, non sono sufficienti a realizzare il reato di atti persecutori: è necessaria una certa reiterazione delle condotte nel tempo.
CHI In caso di indagini a proprio carico per il reato di stalking è necessario nominare un avvocato penalista di fiducia, affinché possa verificare la fondatezza dell’accusa, l’effettiva sussistenza di questo reato piuttosto che di un’altra ipotesi di reato meno grave, l’attendibilità della vittima che abbia denunciato gli atti persecutori, e scegliere la miglior strategia difensiva possibile, magari svolgendo indagini difensive. Sarà utile verificare, con il supporto del legale, se effettivamente il fatto di cui si è accusati possa rientrare nella descrizione fatta dal codice penale e sia quindi qualificabile come stalking. Se manca anche un solo elemento, formale o sostanziale, infatti, il reato potrebbe non sussistere. La querela per stalking si può sporgere personalmente in un qualunque posto di polizia o direttamente all’ufficio della Procura della Repubblica presso il Tribunale competente. E’ pur sempre consigliabile, però, l’assistenza di un avvocato penalista fin dalla stesura della denuncia-querela o, ancor prima, per la richiesta delle prime ed im-
mediate misure a tutela della stessa vittima (allontanamento dellostalker, divieto di avvicinamento alla persona offesa).
DOMANDE RICORRENTI Che differenze ci sono tra il reato di stalking e quello di maltrattamenti? Lo stalking si manifesta prevalentemente al di fuori dei rapporti di convivenza e non si concretizza (almeno non subito o comunque non per forza) in un maltrattamento fisico della vittima ma esclusivamente psicologico. Che differenze ci sono tra il reato di stalking e quello di molestie o minacce? Perché sussista la fattispecie delittuosa degli atti persecutori è necessario il ripetersi di una condotta di minaccia o di molestia. Le condotte, inoltre, debbono produrre l’effetto di provocare disagi psichici (un perdurante e grave stato di ansia o di paura) ovvero timore per la propria incolumità e quella delle persone care o ancora un’alterazione delle proprie abitudini di vita. Quindi lo stalking è caratterizzato da
una certa abitualità dei comportamenti di minaccia e di molestia e, a differenza del reato di minaccia provoca un grave e perdurante stato di ansia o di paura o un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto. Cosa si intende per “perdurante e grave stato di ansia o di paura”? Il concetto di “perdurante e grave stato di ansia o di paura” non fa riferimento ad uno stato patologico, che debba essere accertato clinicamente quasi fosse una malattia, appunto, ma a conseguenze sullo stato d’animo della persona offesa: si pensi al sentimento di esasperazione e di profonda prostrazione per gli atti persecutori subiti. Tali conseguenze devono essere concretamente accertabili e non transitorie, in quanto rappresentano il risultato di una vessazione continuata che abbia sostanzialmente comportato un mutamento nella condizione di normale stabilità psicologica del soggetto. Gli atti persecutori commessi prima dell’entrata in vigore della legge sullo stalking sono punibili? In linea di massima no, perché nel momento in cui sono stati commessi, il reato di stalking non era ancora stato introdotto nel nostro codice penale. Tuttavia, essendo il reato di stalking un reato abituale, la consumazione dell’ultima delle ripetute condotte di molestia e minaccia determina l’effettiva realizzazione del reato. Di conseguenza, anche nel caso in cui le condotte persecutorie risultino essere state consumate solo in parte dopo l’entrata in vigore del decreto legge n. 11/2009 (cioè dopo il 25 febbraio 2009), troverà comunque applicazione la fattispecie di cui all’articolo 612-bis codice penale. Il reato è perseguibile a querela della persona offesa? Sì. Il termine per la proposizione della querela è di 6 mesi. Ma il reato resta procedibile d’ufficio, quindi anche in assenza di querela, quando è commesso nei confronti di un minore o di una perso-
na disabile. Quali sono le pene previste per il reato di stalking? E’ previsto il carcere, da 6 mesi a 4 anni. Questa pena viene aumentata se gli atti persecutori sono commessi dal coniuge legalmente separato o divorziato, o comunque da una persona che sia stata legata alla vittima da una relazione affettiva. La pena è aumentata, fino alla metà, anche quando gli atti persecutori siano commessi nei confronti di un minore, di una donna incinta o di una persona disabile, oppure quando il reato sia stato commesso con l‘uso di armi o da persona camuffata nell’aspetto. Sono previste delle misure cautelari per il reato di stalking?
Le pene previste da 6 mesi a 4 anni. E’ possibile applicare la custodia cautelare in carcere all’indagato Sì. A chi è sottoposto ad indagine per il reato di stalking è possibile applicare la custodia cautelare in carcere. Tuttavia, da poco è stata introdotta una nuova misura a tutela della vittima del reato di stalking, che consiste nel divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Con il provvedimento che dispone tale divieto, il Giudice ordina all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati o di mantenere una distanza determinata dai luoghi frequentati dalla persona offesa. Il Giudice può anche prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi frequentati da prossimi congiunti della persona offesa, da persone conviventi con questa o legate da relazione affettiva o può prescrivere di mantenere una distanza determinata da tali luoghi o da tali persone.
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A Caltanissetta, “Galatea Onlus” ha siglato con la questura un protocollo d’intesa l’8 marzo del 2011
di Annalisa Giunta
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laria, Alessandra, Chiara, Maria, Letizia….sino a Fabiana, la sedicenne di Corigliano Calabro uccisa dal suo fidanzato in modo atroce, accoltellata e poi bruciata viva. Sono solo alcuni dei nomi delle quasi quaranta donne uccise “in quanto donne” dall’inizio dell’anno. Donne violate e private della loro vita, una violenza che non ha confini e spesso ha le chiavi di casa. Un fenomeno che ha assunto dimensioni tali da dover essere considerato, a tutti gli effetti, una vera e propria piaga sociale. Difficile dire se sia colpa della natura prevaricatoria maschile o dell’incapacità femminile di governare l’altro o, ancora, di un più ampio e generalizzato degrado della società: probabilmente si tratta di fattori concomitanti, tutti comunque influenti e responsabili. Nessuna deve donna deve sentirsi schiava di un amore che ormai non c’è più, occorre rompere il muro di silenzio delle vittime che devono ritrovare l’amor proprio, darsi un’altra possibilità, riscoprire la “normalità” e l’autenticità dei rapporti veri, riscoprire la propria dignità e avere voglia di riscattarla.
Il sostegno
delle Associazioni Nel territorio nisseno una rete di supporto e solidarietà
A Serradifalco opera la casa di accoglienza “Il chicco di grano” della cooperativa Etnos gale nell’associazione “Galatea Onlus”, istituita con l’obiettivo di porre l’attenzione, informare e sensibilizzare la collettività sul fenomeno dello stalking e della violenza contro le donne e al contempo creare una rete antiviolenza nel territorio in sinergia con l’autorità giudiziaria. Ecco perché l’8 marzo del 2011 l’associazione Galatea, presieduta dalla psicologa e psicoterapeuta Denise Franzone, ha siglato con la Questura di Caltanissetta un protocollo d’intesa. “Il nostro centro – ci spiega Denise Franzone – funziona da doppio canale. Da un lato le donne che sporgono denuncia in Questura vengono informate dai poliziotti
Da sinistra: Daniela Migliore, Denise Franzone e Cinzia Guarino
Un valido aiuto e supporto in tal senso è dato dai centri antistalking e antiviolenza e dalle case di accoglienza. In provincia di Caltanissetta le vittime di abusi posso trovare un primo sostegno di tipo psicologico, medico e le-
dell’esistenza della nostra associazione e del supporto che possiamo offrire; dall’altro lato molte donne si rivolgono a noi e grazie al nostro sostegno si decidono a sporgere formale denuncia nei confronti del loro stalker”. “La
nostra opera di sensibilizzazione e di intervento – conclude – mira a spingere le donne a rompere quel muro di silenzio a volte legato alla vergogna e ai pregiudizi e a denunciare, in quanto la denuncia è uno strumento sia cautelativo per la donna ma anche preventivo per la società”. Il consiglio direttivo, oltre che da Denise Franzone, è composto anche dall’assistente sociale Cinzia Guarino (vicepresidente) e dalla psicologa Daniela
encomiabile relazione fra i servizi sociali del Comune di Caltanissetta, la Prefettura, le forze dell’ordine, la magistratura, le associazioni che si occupano di stalking e violenza di genere e altri vari soggetti che a diverso titolo concorrono a rendere la vita di queste donne un pò più serena. Un ambiente accoglien-
Da sinistra: Maria Teresa Rizzo, Anna La Leggia, Giuseppina Pera, Rosalba Turrigrossa, Maria Rosaria Bufalino, Maria Randazzo
Migliore (consigliere). L’associazione si avvale inoltre della collaborazione di un avvocato penalista Rita Insalaco. I servizi offerti gratuitamente sono: sostegno alla fuoriuscita della violenza; ascolto telefonico; consulenza psicologica e pedagogica; consulenza legale; collaborazione e invii curati ai servizi territoriali pubblici e privati. Tra i servizi territoriali che aiutano le donne a ritrovare la loro serenità e a ricostruire la propria vita da due anni opera a Serradifalco la casa di accoglienza per donne in difficoltà “Il chicco di grano”. Una casa, che si trova nel pieno centro del paese gestita dalla cooperativa Etnos, oggi punto di riferimento e riparo sicuro per tutte quelle donne vittime di abuso e che vivono situazioni di disagio che insieme ai propri figli chiedono una particolare protezione e una guida sicura. Un progetto ben articolato sul territorio grazie ad un
te grazie il lavoro svolto con grande passione e amore da uno staff tutto al femminile: Rosalba Turrigrossa responsabile della casa accoglienza, Maria Rosaria Bufalino psicologa, le operatrici Maria Teresa Rizzo, Anna Laleggia, Giusy Pera e Daniela D’Agostino e l’ausiliare Maria Randazzo. “Nel nostro centro – afferma Rosalba Turrigrossa – non accogliamo solo donne che ci vengono segnalate dai servizi territoriali ma anche quelle che spontaneamente, a volte in anonimato, si rivolgono direttamente a noi. Donne per la maggior parte della provincia di Caltanissetta, ma anche da altre provincie siciliane e del nord Italia. In questi due anni abbiamo accolto 18 donne, di cui tre vittime di abusi, 3 i bambini dati alla luce e 4 le donne dimesse che oggi sono libere di vivere una vita più serena senza dover subire continue vessazioni da mariti o compagni violenti”. “Primo passo – prose-
gue - è il colloquio privato finalizzato a rassicurale, spiegare come funziona la struttura e come vivranno la loro nuova vita all’interno del centro, la cui permanenza è di circa 6 mesi, salvo particolari esigenze o situazioni che richiedono un’ospitalità più lunga. Qui ognuno di loro vivrà autonomamente, gestendo quotidiamente la loro vita e quella dei loro figli, mentre noi ci occuperemo di gestire la parte educativa e ludica dei bambini ma sempre alla presenza delle madri”. “Entrare in una casa famiglia – dichiara la psicologa Maria Rosaria Bufalino - è un’esperienza che ti cambia la vita, la cambia a chi è stato accolto, a chi lavora ma anche a chi semplicemente ci viene a trovare”. “A volte gli ostacoli nel percorso che intraprendiamo – prosegue – sono dovuti direttamente dalle donne e dalle loro resistenza, dalle loro debolezze e difficoltà personali che cerchiamo di superare nei colloqui che si svolgono periodicamente, rassicurandole sul fatto che non sono sole nell’affrontare il problema”. “La maggior parte delle donne che subiscono violenza – conclude la psicologa Bufalino – hanno delle difficoltà relazionali, delle difficoltà affettive; si accontentano di proseguire una relazione dove gli abusi sono all’ordine del giorno poiché quello pur essendo un ‘amore malato’ è l’unico amore che hanno ricevuto, perchè quella persona è l’unica che in quel momento gli sta dando atten-
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LA STORIA. 26 anni e 3 figli da due uomini diversi
“Ginevra”,
due tentati suicidi e una vita di violenze
I In entrambe le strutture lavora soltanto personale femminile
zione. Nel nostro centro attraverso il percorso che intraprendiamo loro capiscono che l’amore non è solo quello di un uomo, ma anche quello di persone che le stanno vicino e le aiutano a ritrovare se stesse, la propria autonomia ”. Non da ultimo la casa accoglienza “Il chicco di grano”, sempre per garantire l’autonomia delle loro ospiti, si sta attivando per intraprendere contatti con le aziende locali per avviare la formazione e l’esperienza lavorativa per le donne.
ncinta di tre mesi dopo le continue violenze e vessazioni subite da parte del compagno decide di tentare per la seconda volta il suicidio. Scappata dalla grinfie del suo stalker decide così una volta per tutte di non tornare più da lui e chiedere aiuto: è la storia di Ginevra, così la chiameremo per rispettare la sua privacy, da fine aprile ospite per la seconda volta della casa di accoglienza “Il chicco di grano”. Una storia travagliata iniziata 6 anni fa quella di Ginevra, 26 anni, in attesa del figlio dell’uomo da cui è scappata, segnata dalla continua ricerca dell’amore e dal rifiuto, a partire dalla sua tenera età: abbandonata dai suoi genitori naturali, poi adottata e a 15 anni allontanata da quel nucleo familiare. Già madre di tre bambini, un maschietto e una femminuccia che oggi hanno rispettivamente 11 e 7 anni, avuti da precedenti relazioni, e un altro bimbo di 5 anni avuto dal suo ultimo compagno, suo carnefice. “Inizialmente – afferma Ginevra, raccontandoci del suo uomo – mi stava antipatico, conoscendolo però sono rimasta attratta dal suo modo di fare, dai suoi modi gentili, dalla dolcezza che mostrava per me e mia figlia e così è nata una storia tra noi. Tutto è proceduto normalmente, così come deve essere in un rapporto di coppia, sino a quando non sono rimasta incita di suo figlio. Ha cominciato ad essere aggressivo con me e mia figlia, l’unica cosa che gli interessava, avendo avuto anche lui un’infanzia difficile, era avere questo bambino”. “Ricordo ancora – prosegue Ginevra – la prima volta che mi ha aggredito. Ero incinta di tre mesi ed eravamo usciti con alcuni dei suoi amici, quando in seguito a un litigio mi ha buttato fuori dalla vettura e mi ha preso a
calci. Avevo deciso di lasciarlo ma essendo innamorata dopo qualche mese di continui tira e molla, al settimo mese di gravidanza abbiamo deciso di andare a convivere e dare una serenità e un contesto familiare a nostro figlio”. Ma neanche la nascita del loro bambino sembra migliorare la situazione, imperterrito l’uomo continua ad alzare le mani a Ginevra, utilizzando a volte anche un manganello, ogni scusa era buona. Ginevra nonostante tutto prosegue questo rapporto “malato” per amore di suo figlio e per dargli quella famiglia che lei ha tanto desiderato e che gli altri suoi figli non avevano avuto, continuando così a mentire e a inventare scuse ai suoi amici e ai conoscenti sui lividi che aveva sul corpo. Violenze che ad un certo punto vengono rivolte anche alla figlia di Ginevra che decide così di scappare da casa, ma nonostante tutto non trova il coraggio di denunciarlo, né di lasciarlo, tornando a vivere con lui. “Mia figlia – ci racconta - era così terrorizzata che mangiava e vomitava, mentre lui la costringeva a mangiarsi anche il suo vomito. La bambina si mangiava le mani, non era serena, manifestava questo suo disagio anche all’asilo e a 4 anni e mezzo pesava solo 11 kg, troppo pochi. Così ho chiesto aiuto ai servizi sociali e siamo stati affidati al padre del mio ex compagno che ha cercato di farci riavvicinare fin quando non ci è riuscito”. Ginevra decide però visto che il decreto era ancora aperto di portare sua figlia in comunità, mentre nel dicembre del 2011 stanca della situazione decide questa volta di andare via dalla sua abitazione denunciando il compagno per stalking. Accolta dalla casa “Il chicco di grano” vi rimane per 10 mesi. Uscita Ginevra si ritrova sola, il suo unico punto di riferimento restava il suo ex com-
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pagno, dunque decide di ritentare il rapporto anche per amore di suo figlio. Successivamente nel dicembre del 2012 Ginevra, dopo essere scappata diverse volte da casa, tenta il suicidio perdendo il bambino che aspettava ma neanche questa volta denuncia l’uomo, decidendo di restare a suo fianco.
“Il consiglio che mi sento di dare alle donne che vivono la mia stessa situazione è quello di non subire, di non perdonare, di non fare gli stessi errori che ho fatto io e di denunciare” Per evitare che potesse fuggire da casa l’uomo tiene chiusa a chiave Ginevra e la costringe ad avere rapporti anche senza il suo consenso, fin quando una domenica del mese di marzo di quest’anno preso da un raptus di gelosia la massacra
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di botte nonostante lei fosse incinta del suo secondo figlio. “Ho così deciso – ci racconta Ginevra – di bere il detersivo tentando il suicidio. Lui invece di farmi vomitare mi ha puntato un coltello alla gola ma è stato fermato da un suo amico, ospite a casa nostra”. “Essendo ubriaco fradicio – prosegue - si è addormentato, così ho preso la chiave della stanza che aveva nascosto, ho aperto la porta e sono scappata. Dopo un periodo di ricovero all’ospedale oggi sono ospite in questa casa di accoglienza”. “Il consiglio che mi sento di dare – conclude Ginevra – alle donne che vivono la mia stessa situazione è quello di non subire, di non perdonare, di non fare gli stessi errori che ho fatto io e di denunciare. Gli uomini che sono così non cambiano, quindi se le donne ricevono il primo schiaffo bisogna troncare subito la relazione”. A. G.
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Il nostro lavoro è prevenire un danno più grave L’ammonimento è una diffida su richiesta della vittima di Leda Ingrassia
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i stalking ormai si parla abbastanza diffusamente anche in Italia non solo come problema socio-psicologico-relazionale tra la vittima e l’autore, ma anche, e in particolar modo, come reato. C’è chi lo ha definito come una sorta di “minaccia silenziosa”. Una definizione puntuale è stata comunque introdotta nel nostro codice penale dall’articolo 612-bis che recita: “Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura, ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Termine inglese, stalking, il cui significato letterale è “fare la posta”, tradotto nel nostro Paese con “atti persecutori”, entrato nel vocabolario italiano solo di recente ed in particolare da quando il legislato-
re ha varato il d.l. 11/2009 convertito nella L. 38/2009. Una conquista che l’Italia raggiunge oltre dieci anni più tardi rispetto al mondo anglosassone. “Il decreto - afferma il dirigente della Divisione Anticrimine della Questura di Caltanissetta, Andrea Lo Iacono - non crea dal nulla il fenomeno che in effetti è stato evidenziato e studiato in primo luogo in chiave socio-criminologica: la legge interviene sul c.d. doppio binario, amministrativo e penale, e si rivolge proprio alle vittime di aggressioni e vessazioni”. Gesti, quelli di cui si compone lo stalking, di una violenza che non è necessariamente solo fisica ma che spesso è soprattutto psicologica. “La definizione del reato di stalking - dichiara l’Ispettore Nadia Lumia della Divisione Anticrimine di Caltanissetta - ha come scopo quello di prevenire un reato più grave ed evitare che gli atti realizzati dallo stalker possano sfociare in una violenza maggiore. Dietro ogni femminicidio c’è sempre un sms, uno sguardo minaccioso, una forma di violenza: bisogna prevenire tutto questo”. Come confermato dal dirigente dell’Anticrimine, il decreto legge del 2009 non solo mira ad assicurare un intervento “pubblico” più celere rispetto a quello giudiziario, ma prevede pure un approccio per così dire graduale a questa tipologia di
reato: la vittima, infatti, prima di sporgere querela, e dunque avviare l’iter giudiziario-penale, può avanzare richiesta di ammonimento del suo persecutore. “Può accadere infatti - aggiunge il dottore Lo Iacono - che nei casi meno gravi, lo stalker, se ammonito dal Questore, potrebbe desistere dai suoi atti persecutori. Il ricorso immediato e brutale allo strumento penale, infatti, potrebbe addirittura sortire effetti boomerang ed accrescere l’ossessione dello stalker e la sua pericolosità. L’ammonimento è un’inedita ipotesi di diffida, una misura monitoria, demandata all’autorità di pubblica sicurezza su richiesta della vittima. Oggetto dell’ammonimento - continua il dirigente - che viene fatto “oralmente” con la comparizione avanti al funzionario delegato dal Questore, deve essere considerato il richiamo a tenere una condotta conforme alla legge. Sotto il profilo penalistico due sono le conseguenze che la procedura di ammonimento può esercitare sul reato di stalking. In primo luogo l’aumento della pena se il reato è commesso da soggetto già ammonito e, in secondo luogo, la procedibilità d’ufficio del delitto di cui all’art. 612-bis quando il fatto è commesso da soggetto ammonito”. Lo stalking è una realtà radicata anche a Caltanissetta dove negli ultimi quattro anni si è riscontrato un consistente ricorso allo strumento dell’ammonimento. “Nel 2009 - aggiunge l’Ispettore Lumia - il Questore ha emesso 5 ammonimenti, cresciuti a 6 l’anno successivo. Nel 2011 sono state 13 le misure emesse, scese a 11 nel 2012, mentre già in questa metà del 2013 sono stati 7 gli ammonimenti a cui si è dato seguito. Occorre ricordare che l’ammonimento, che non ha una durata fissa, giunge al termine di un’approfondita istruttoria che portiamo avanti nei nostri uffici di polizia perché, oltre al racconto della vittima, prima di emettere la misura, dobbiamo accertare la fondatezza delle condotte persecutorie denunciate”. Dal 2009 ad oggi l’Ispettore Lumia
Il Questore ha emesso a Caltanissetta: 5 ammonimenti nel 2009, 6 nel 2010, 13 nel 2011, 11 nel 2012 di storie e di episodi di stalking sicuramente ne ha visti davvero tanti. “Lo stalking non conosce età né status. Le vittime sono persone che hanno alle spalle relazioni sentimentali in cui spesso è stata annullata la soggettività dei singoli, matrimoni distrutti di cui il partner non riesce rassegnarsi, ex fidanzati gelosi delle nuove amicizie dell’altro, storie di violenza fisica, morale ed economica subita per anni e da cui finalmente, ma spesso molto timidamente, si cerca di uscire fuori: spesso si tratta di donne, uomini che magari hanno il timore di essere giudicati, che
delle vittime di questo reato sono donne. Di stalker ne esistono varie tipologie e classificazioni studiate dagli esperti: questi può essere non solo l’ex marito o fidanAndrea Lo Iacono, dirigente della Divisione zato. Sempre più diffuAnticrimine della Questura di Caltanissetta. si sono infatti i casi di A sinistra l’ispettore Nadia Lumia persecuzioni compiute magari da un collega di vivono nell’ansia e nella paura. Pro- lavoro, un condomino, una persona prio per queste ragioni, sono situa- conosciuta per motivi professionazioni che cerchiamo di trattare con li (è il caso delle cosiddette helping molta delicatezza, cercando di dare professions). Sempre più diffuse sono sicurezza e fiducia alla vittima. Non inoltre nuove forme persecutorie, tra bisogna dimenticare - continua la le quali il cosiddetto “cyberstalking”, Lumia - che alla base dello stalking messe in atto tramite gli strumenti vi è una forte componente emotiva: forniti da internet. chi pone in essere atti persecutori è Una realtà, quella che ruota attorno come se perdesse la lucidità, l’equi- a questo nuovo reato, che necessita librio psichico, escluso ovviamente i dunque di una formazione ed incasi di vere e proprie patologie men- formazione costante e continua. “E’ tali”. Come ci conferma l’Ispettore bene che la gente sappia - conclude di Polizia, la gran parte, circa l’80%, Nadia Lumia, impegnata anche in
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Il magistrato
Gabriella Tomai
Stalking in famiglia, le ripercussioni sui figli di Vincenzo Pane
numerosi corsi di aggiornamento sul tema rivolti ad altri colleghi e in convegni nelle scuole - che noi siamo a loro disposizione per qualsiasi chiarimento o richiesta di aiuto e bisogna avere fiducia in questo strumento creato dal legislatore. Ogni qual volta una vittima si rivolge ai nostri uffici noi le forniamo anche i contatti del più vicino centro antiviolenza: a Caltanissetta, a tal proposito, esiste una convenzione tra la Questura e l’associazione Galatea Onlus che mette a disposizione di chi ne abbia bisogno, apposite figure professionali. Per prevenire lo stalking poi è importante parlare e informare i giovani. Lo stalker è spesso una persona che nasconde dentro di sé problemi avuti fin da piccolo in famiglia: per questo, a mio avviso, sarebbe opportuno pure che si prevedessero appositi strumenti per aiutare gli autori di atti persecutori”.
I maltrattamenti sulle donne che spesso sfociano in conseguenze più gravi, l’impatto delle violenze in ambito familiare e le ripercussioni sui figli minorenni e le tutele che la legge prevede. Sono gli argomenti di cui abbiamo discusso con il magistrato Gabriella Tomai, che ricopre funzioni di Gip/ Gup del Tribunale per i minorenni di Caltanissetta. Il reato di stalking è stato recentemente introdotto, ha portato qualcosa di nuovo? “Diciamo che si è sentita l’esigenza di codificare meglio l’ipotesi di reato e le tutele che già erano previste nei reati di molestia e minaccia e si è agevolato il compito dell’autorità giudiziaria. L’elemento base dello stalking è la reiterazione di questi comportamenti persecutori, che devono essere continui e spingono la persona offesa a cambiare abitudini, non le consentono di vivere una vita normale e causano uno stato di ansia e paura continuo”. In che ambito si sviluppa questo tipo di situazione? “Il reato spesso nasce all’interno delle relazioni di prossimità, soprattutto in contesti di legami sentimentali, anche in ambiti familiari”. In questi casi che rischi ci sono per i minori? “Sono situazioni da analizzare sotto un duplice aspetto. Da un lato possiamo vedere i minori come persone offese, che in alcuni casi si ritrovano a subire comportamenti violenti o persecutori. Ci è capitato anche un caso un cui un minorenne si era reso protagonista di un episodio di atti persecutori nei confronti di una persona maggiorenne, parliamo di una giovane donna di quasi d anni più grande che poi aveva deciso di troncare il rapporto e dall’altra parte, vista anche la giovanissima età, non c’era quella maturità di comprendere ed accettare una situazione che può verificarsi nella vita”. Il secondo aspetto? “Il secondo aspetto è quello della cosiddetta violenza assistita, quando i minori sono testimoni delle violenze
in famiglia e, pur se non direttamente destinatari di violenze e persecuzioni, rischiano di subire forti traumi a livello psicologico”. In questo caso c’è il rischio che a loro volta possano sviluppare dei comportamenti che li portino a commettere violenze?
I minori possono essere talvolta persone offese oppure testimoni di violenza “Il rischio c’è, non c’è la certezza al cento per cento. Però sono avvenimenti che possono causare disfunzioni nella formazione di una personalità serena ed equilibrata e quindi può accadere”. E’ alto il rischio che un comportamento persecutorio possa sfociare in conseguenze più drammatiche quali la violenza sessuale o addirittura l’omicidio? “Bisogna distinguere la condotta di infastidimento, che certo non è piacevole per chi la subisce ma che può esaurirsi rapidamente, dalla reale volontà di ledere, di fare del male e che sfocia in comportamenti violenti. In quest’ultimo caso la commissione di reati gravi è connessa alle persecuzioni e quindi c’è una percentuale di rischio”. Negli ultimi anni è aumentata la percezione del rischio da parte delle donne, c’è più coraggio a denunciare le vessazioni subite? “Con il progresso culturale sicuramente c’è maggiore consapevolezza nelle donne, anche se devo dire che c’è anche una certa amplificazione mediatica. Oggi sembra che l’unico argomento da mettere in piazza sia quello del femminicidio, qualche anno fa accadde la stessa cosa con le violenze sessuali su minori, ma da un po’ di tempo questo argomento pare
sia stato accantonato. Invece si tratta di episodi, in entrambi i casi, che continuano a verificarsi”. Secondo un certo tipo di mentalità denunciare il proprio marito, fidanzato o compagno è considerato un gesto di cui vergognarsi... “Purtroppo si, questo succede soprattutto in contesti disagiati e legati ad una mentalità arretrata. La violenza è violenza. E’ capitato anche di avere accertato episodi violenti all’interno di un rapporto di coppia e poi ti trovi ad affrontare situazioni assurde con le vittime che riallacciano i rapporti con chi commette le vessazioni. Magari l’indagato o imputato di turno è stato anche raggiunto da provvedimenti che gli impediscono di avvicinarsi alla persona offesa”.
rielaborare e capire cosa sia realmente successo”. Come si può intervenire sui ragazzi, in un’ottica di prevenzione, per evitare il rischio di devianza? “Bisogna lavorare sullo sviluppo di personalità capaci di relazionarsi con le altre persone. Oggi purtroppo siamo di fronte ad una deriva culturale di tipo individualistica, dove spesso il confronto di un ragazzo avviene con un oggetto virtuale e non con una persona in carne ed ossa. Da qui si originano anche quei comportamenti di bullismo che si verificano non solo nei corridoi della scuola ma anche nella sfera intima di un ragazzo. Parlo del cosiddetto bullismo telematico, quando succede che un giovane riesca ad inserirsi illegalmente nel computer
Questo cosa comporta per chi, come lei, si trova a dover giudicare? “Quando vedi che l’imputato arriva in udienza con la persona offesa ti trovi un attimo spiazzato, perché nel corso delle indagini e del processo hai raccolto elementi, verificato situazioni che ti hanno consentito di ricostruire un certo quadro e sul quale non puoi avere dubbi. Poi ti ritrovi di fronte ad una situazione nuova e devi cercare di
di un coetaneo usando il suo profilo e lasciandogli messaggi del tipo “so dove sei”, “so cosa fai”. Sicuramente la scuola e la famiglia hanno un compito importante, non da meno è il ruolo delle associazioni culturali, sportive e delle comunità parrocchiali. Una sinergia tra tutte queste componenti è assolutamente necessaria per formare personalità equilibrate e pronte a relazionarsi ed a capire le altre persone”.
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Sert Caltanissetta
“Il persecutore è uno psicotico” problema più sociale che sanitario
di Marco Benanti
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n telefono che squilla negli orari più impensabili, mail, sms, richieste di contatto. Un lui o una lei, una delusione sentimentale e la necessità convulsiva di possesso o di vendetta. Il diniego, la follia, un incontro rubato, il reato. È la scena quasi costante che si verifica in caso di stalking, un termine entrato ormai nel lessico italiano che diviene d’attualità soltanto in determinati periodi, quasi come una moda del momento. Ma cosa è lo stalking? Ne abbiamo parlato con una delle figure più autorevoli da un punto di vista medico scientifico, ovvero con la direttrice del Sert, la dottoressa Giovanna Bona.
Neurologa, volontaria dal 1983 e da dieci anni alla direzione del Sert, Giovanna Bona è anche presidente della commissione unica di garanzia dell’Asp, componente del Soroptimist e della società italiana medicina delle migrazioni. Il termine stalking è stato solo recentemente introdotto nello studio della criminologia e con esso si intendono tutta una serie di comportamenti molesti, intru-
sivi e reiterati messi in atto solitamente all’interno di una relazione conflittuale o, molto spesso, perpetrati dall’ex coniuge/partner in seguito alla separazione o al divorzio. Indica una vera e propria forma di persecuzione che si protrae nel tempo, con lo scopo di far sentire la vittima costantemente controllata e in pericolo continuo. Solamente a partire dagli anni Novanta in America sono stati effettuati i primi studi sul fenomeno dello stalking, infatti prima di allora
per definire atteggiamenti che rimandano allo stalking si ricorreva a termini quali minaccia, molestia, aggressione o violenza in generale. “In Italia si è codificato lo stalking come reato solamente nel 2009. “Nella maggior parte dei casi- esordisce la dottoressa Giovanna Bona- la possibilità di commettere reato di stalking da parte di una persona affetta da patologia psicotica è inversamente proporzionale rispetto al paziente non psicotico. Questo vuol dire che il problema va affrontato più da un
Giovanna Bona
punto di vista sociale che sanitario. L’unica soluzione possibile è rimettere l’uomo ed il rispetto per i propri pari al centro delle nostre priorità. La società dell’individualismo e della tracotanza ci ha portato ad estendere il senso del possesso non solo agli oggetti ma anche alle persone”. La situazione a Caltanissetta è particolare. I casi conclamati di fenomeni riconducibili allo stalking sono quelli che vedono l’intervento delle forze dell’ordine e sono relativamente pochi, una decina all’anno. Urla, percosse e l’arrivo della volante, perlopiù in quartieri del centro storico o popolari. Il fenomeno non deve indurre però a pensare che sia circoscritto a fasce di popolazione del cosiddetto “ceto basso”. Così non è anzi, dato che dietro il perbenismo medio borghese, dietro le finestre di condomini dei quartieri perbene e dietro ai cancelli di villette immerse nel verde si celano storie di vessazioni ancora più gravi, perché “menti raffinate, provocano danni e conseguenze molto più gravi. Nei casi dei ceti medio alti, spes-
so il persecutore agisce sotto l’effetto di sostanze psicotrope che sono però difficilmente diagnosticabili, rispetto ad esempio delle sostanze alcoliche facilmente riscontrate e riscontrabili nei casi delle aggressori appartenenti a ceti medio bassi. Lo stalker fa leva sulla paura della propria vittima, ed utilizza questo stato di timore per arrivare al proprio scopo, che è quello di una vendetta o di un riavvicinamento in caso di rapporto sentimentale. Quello che manca è ancora una vera educazione comportamentale per combattere gli atteggiamenti da stalking. La vittima continua la dottoressa Bona- non deve mai rispondere al telefono o peggio incontrarlo. Una risposta al telefono, o un incontro, alimentano nella mente dello stalker delle speranze che si traducono in atteggiamenti convulsivi non sempre dimostrabili, per i quali la vittima non sa reagire”. Di fatto quando si vuole denunciare un persecutore, ci si reca al vicino comando delle forze dell’ordine. Queste consigliano intanto di risolvere la questione in maniera bonaria. Nel frattempo però, si continua a subire in silenzio, magari tra le mura domestiche. Una pacca sulla spalla non basta, quando occorre intervenire, il reato viene quasi sempre reiterato e sempre con gesti più gravi”. Il rapporto persecutore non è ovviamente solo quello uomo donna, magari legati da una passata relazione sentimentale, sebbene questa casistica rappresenti l’80% del numero complessivo, ci sono poi casi che riguardano rapporto donna uomo, medico paziente, o casi di parafilie, ovvero di attenzione verso i bambini o ancora casi di vessazioni sul posto di lavoro.. “Ma cosa siamo concretamente in grado di fare verso queste personalità frustrate? Lo psicotico
– sottolinea la direttrice del Sert- ha contatti con i servizi sociali, ha un contenimento o un supporto, ma con il non matto, come ci comportiamo? Lo lasciamo a piede libero col rischio che commetta ancora i reati. La legislazione in questo caso non ci aiuta per niente”. Il cambiamento vero potrebbe derivare dai due principali istituti educativi del nostro paese, ovvero famiglia e scuola. “Siamo forse intimiditi dal ruolo delle istituzioni, così- prosegue la dottoressa
L’ analisi della neurologa Giovanna Bona che da 10 anni dirige il Servizio per le tossicodipendenze Giovanna Bona- le famiglie si approcciano in maniera distaccata al contesto scolastico, come se si andasse a compartimenti stagni e la scuola dovrebbe recuperare quel ruolo pedagogico che va aldilà della mera trasmissione di nozioni. Per quanto concerne le famiglie infine- conclude la dottoressa Bona- abbiamo la cattiva abitudine di sperare che siano solo le istituzioni ad agire anche per nostro conto. Occorre promuovere una cultura differente, una cultura del rispetto che si trasmette però con un cambiamento generale di rotta della nostra società. Una tale piaga non si risolve certamente con campagne pubblicitarie sull’onta di un periodo. A Caltanissetta il problema c’è ed è grave, non prendiamolo sotto gamba”.
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Fatti & territorio Cantieri aperti lungo la strada statale 640 per i lavori di raddoppio. Sicurezza, legalità e rispetto dell’ambiente. E a breve l’evento dell’anno: l’arrivo a Caltanissetta della fresa TBM Redazione
C’
è una strada nell’entroterra siciliano che nasce giorno dopo giorno. Una strada che per anni è stata l’incubo di tanti e spesso, purtroppo, teatro di incidenti mortali. Una strada che adesso collegherà due importanti province, Caltanissetta e Agrigento, al resto dell’isola attraverso un tragitto sicuro. Sono infatti in corso e proseguono a buon ritmo i lavori di ammodernamento a quattro corsie della statale 640. Mentre nel versante agrigentino si attende la conclusione dei lavori, nel nisseno il cantiere prende corpo attraverso un lavoro complesso e articolato curato dalla società “Empedocle2” che prevede – nei 28 chilometri complessivi – diverse opere d’arte di notevole importanza e molti viadotti. E la galleria che porterà il nome della città di Caltanissetta. Il cantiere è in gran fermento e incontriamo due ingegneri, Pierfrancesco Paglini, project manager del Contraente generale e Mario Liti, responsabile tecnico della società, mentre si confrontano con il direttore tecnico Vincenzo Fleres. Una conversazione realizzata proprio nel luogo dove iniziano ad arrivare i primi pezzi della grande fresa Tbm che realizzerà la lunga galleria. “La fresa che scaverà sotto la collina di Sant’Elia - dice l’ingegner Liti - è, per dimensioni, la seconda che abbia mai scavato in Italia. La TBM è del tipo EPB ovvero realizza l’equilibrio al fronte tramite lo stesso materiale scavato che viene mantenuto in pressione dalla macchina”. “I terreni che attraverseremo - aggiunge -
sono sostanzialmente marne ed argille sature oltre un tratto di calcari fratturati anch’essi saturi d’acqua. La parte destinata allo scavo è composta da tre parti fondamentali: la testa fresante, lo scudo ed un estrattore di terreno a coclea. Lo scudo, in particolare, che garantisce la sicurezza in fase di scavo permettendo la rimozione del terreno e la messa in opera del rivestimento, ha un diametro di quindici metri e la lunghezza complessiva del convoglio che entrerà dentro la collina è di circa 115 metri”. L’arrivo della macchina a Caltanissetta è, per il cantiere e per tutto il territorio siciliano, un evento. La macchina arriverà dalla Francia al porto di Porto Empedocle e, con trasporti eccezionali, raggiungerà contrada Bigini. I primi pezzi della macchina arrivano giorno dopo giorno e il trasporto del pezzo più pesante, il cuscinetto, avverrà entro la fine di agosto, mentre entro la fine dell’anno inizierà lo scavo in un territorio, com’è noto, con una proficua presenza d’acqua. E su questo Liti precisa che “le numerose campagne geologiche intraprese durante la fase di progettazione esecutiva – ha detto hanno permesso di avere una rappresentazione sostanzialmente affidabile dei materiali che attraverseremo, sia da un punto di vista del comportamento meccanico del terreno che da quello idrogeologico. Abbiamo infatti riscontrato una falda con elevato battente gravante sulla galleria e zone di elevata permeabilità idraulica. Idrogeologicamente, infatti, da un punto di vista
Il sogno di una vita
generale, abbiamo una successione di zone di natura argillosa con permeabilità molto bassa e zone di natura calcarea e gessosa aventi una permeabilità elevata. Peraltro nella zona mediana del cavo di galleria incontriamo una banco a prevalenza calcarenitica con permeabilità medio-alta e sede di una
un opera di questa portata”. Un’opera importante, insomma, le cui attività sono quotidianamente monitorate, attraverso anche controlli nei cantie-
agli imprenditori protagonisti del rinnovamento, credendo profondamente che il modello vincente della lotta a tutte le mafie sia l’impegno civile di chi
Il project manager: “l’obiettivo è quello di realizzare un’opera pubblica nei tempi, con qualità, sicurezza e rispetto delle regole” falda in pressione. Appare evidente quindi come le condizioni nelle quali ci troviamo ad operare rendano la galleria estremamente impegnativa”. “E’ quindi opportuno precisare - aggiunge Liti - che abbiamo messo a punto un complesso sistema di monitoraggio sia dalla macchina durante tutto lo scavo che da piano campagna, in modo da verificare tutte le previsioni progettuali minimizzando quindi i rischi insiti in
Da sinistra Mario Liti, responsabile tecnico di Empedocle con Vincenzo Flores, direttore tecnico e Pierfrancesco Paglini, project manager
ri, corsi sulla sicurezza ai lavoratori, al fine di rispettare i protocolli antimafia. Un tema, quest’ultimo, caro all’Empedocle, come precisa l’ingegner Paglini: “Crediamo profondamente in questa battaglia e per questo fin dall’inizio siamo accanto alle istituzioni, ai politici e
opera sul territorio, prima di tutto servendo le Istituzioni con quello spirito di servizio che ha animato e animano i principali eroi della lotta alla mafia, convinti che l’imposizione del diritto sul favore sia l’unica strada per sconfiggere tutti coloro che con il sopruso
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cettina bivona
Salvati, lungo la 640, numerosi ulivi secolari che saranno donati alla città. I cantieri monitorati giorno e notte
Caltanissetta
SALDI 30 50%
opprimono lo sviluppo del territorio e la libertà di coloro che ci operano”. “Realizzare un’opera pubblica nei tempi, con qualità, in sicurezza, nel rispetto delle regole e dando la certezza del risultato – conclude Paglini - è il nostro obbiettivo, che viene certamente prima del mero risultato economico proprio per il rispetto che si deve a tutti coloro che ogni giorno trasformano con fatica la materia inerte in opere d’arte ed ai loro figli che beneficeranno di nuove infrastrutture che faciliteranno lo sviluppo del territorio”.
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LA SCOMMESSA DELLA CMC. Antimafia, ambiente e sicurezza nei lavori
Gallerie ieri e oggi in provincia di Caltanissetta L a storia dei collegamenti via terra in Sicilia torna sempre, in qualche modo, in provincia di Caltanissetta. Come per la strada statale 640, dove è in fase di realizzazione la lunga galleria sotto la collina Sant’Elia con un metodo prototipo d’Italia, anche per quanto riguarda il collegamento ferroviario, il territorio nisseno è stato, alla fine dell’Ottocento, di grande interesse per la realizzazione di una delle gallerie ferroviarie più lunghe del meridione. E allora come oggi una galleria ha reso questo territorio all’apice degli studi di ingegneria. Si tratta della galleria di Marianopoli, lungo il collegamento ferroviario Catania-Palermo. Una lungo lavoro realizzato in diversi anni a partire dalla data del progetto, il 10 luglio del 1878. Dopo più di centotrent’anni ecco che un’altra galleria sta per essere realizzata, anche questa lunga e importante per i collegamenti in Sicilia. C’è una ricerca e un’attenzione alla storia del territorio e all’ambiente nei percorsi che la Cmc di Ravenna continua ad avere per
Sopra una fresa TBM tipo EPB che verrà utilizzata per lo scavo della galleria “Caltanissetta”
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l’isola dove diverse sono le opere, pubbliche e private, che la Cooperativa ravennate sta realizzando. Nel settore dell’ambiente, per esempio, grande attenzione è stata data alla salvaguardia di numerosi ulivi secolari che si trovano lungo il percorso dove sono in corso i lavori della “Agrigento-Caltanissetta”. Alberi d’ulivo, veri e propri monumenti della natura, che costituiscono parte integrante dell’ambiente e che sono, come scrisse lo scrittore racalmutese Leonardo Sciascia, “memoria di un territorio”. Adesso gli ulivi saranno donati ad una villa comunale, in uno spazio dedicato ai giovani e alle famiglie. Il “parco della legalità”, questa l’idea. E si perché la legalità – come ha dichiarato il project manager Pierfrancesco Paglini – è il pilastro portante di tutte le attività della Cmc in Sicilia. Infatti su questi temi, grande l’attenzione anche alle normative vigenti, mantenendo fede ai protocolli di legalità con le prefetture, come spiegato dal presidente di “Empedocle”, Alfredo Fioretti, nel corso di uno degli incontri con i docenti del gruppo di lavoro del Dipartimento di Studi Europei e della Integrazione dell’Università di
Palermo, guidato da Giovanni Fiandaca. Grande attenzione anche alla comunicazione e al confronto con i cittadini: proprio per questo motivo la Cmc di Ravenna ha predisposto, attraverso il loro sito istituzionale, un blog dedicato anche ai lavori in provincia di Caltanissetta. Il cantiere, insomma, che arriva fino a casa, per seguire da vicino le fasi di realizzazione dell’importante infrastruttura i cui lavori sono seguiti dall’Anas. E per questo la Cmc tiene a mantenere gli impegni presi per la realizzazione delle opere alle quali è stata chiamata, con professionalità e competenze che permettono di realizzare con tecnologie avanzate le attività previste. Intanto nell’agrigentino a breve sarà aperto il viadotto Serra Cazzola, l’opera più importante del primo lotto a cui mancano solo pochi chilometri per la conclusione dei lavori.
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Fatti & ambiente
Parco scientifico e tecnologico della Sicilia
“Un centro al centro” I
l Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia (PSTSicilia) è una società a prevalente partecipazione della Regione Siciliana che rappresenta un importante riferimento sul territorio isolano nell’ambito della progettazione, realizzazione e gestione di un sistema organizzato idoneo a salvaguardare il territorio e l’ambiente, a facilitare e stabilire interazioni operative tra centri di ricerca, pubblici e privati, ed im-
LA MISSION: Sostenibilità ambientale, diffusione delle fonti rinnovabili e valorizzazione degli scarti agricoli e urbani prese, promuovendo l’ampliamento sia dell’offerta sia della domanda di ricerca innovativa, di trasferimento tecnologico, di alta formazione e di sperimentazione. Il PSTSicilia, operativo nel capoluogo nisseno dal 2007 ha, da circa un anno, instaurato un rapporto di collaborazione con il Comune di Caltanissetta mettendo a disposizione dell’Amministrazione e della cittadinan-
za la propria struttura e le proprie competenze per promuovere una serie d’iniziative volte allo sviluppo delle fonti rinnovabili ed alla gestione virtuosa dei rifiuti attraverso la valorizzazione energetica degli stessi. Nel laboratorio di biomasse, bioetanolo e biodiesel del PSTSicilia, unico nel suo genere nella nostra regione, si svolgono le attività di caratterizzazione chimico-fisica dei biocombustibili e dei biocarburanti, di consulenza, pianificazione, progettazione e implementazione di filiere agro energetiche volte al recupero e alla valorizzazione di scarti vegetali e agroalimentari per l’impiego nella produzione di energia elettrica e termica. Tra gli altri progetti finanziati nel territorio nisseno, ricordiamo quelli del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali sull’utilizzo delle colture oleaginose per la produzione di biodiesel, il progetto sul biogas finanziato dall’Assessorato regionale delle Risorse Agricole e Alimentari e ultimo in ordine di tempo, quello s u l l’ i m p i a n t o a biomasse vegetali finanziato dal Ministero d e l l ’A m biente. Un progetto quest’ul-
timo degno di lode poiché è stato l’unico finanziato in Sicilia nell’ambito del POI Energia 2007-13. Un progetto innovativo che vede coinvolti vari enti del territorio nisseno e regionale (ASI e Comune di Gela, Provincia Regionale di Caltanissetta ESA, PSTSicilia, CRA), ognuno per le proprie competenze, e circa 100 aziende agricole ubicate nella parte centrale e meridionale della nostra provincia. Tutti impegnati per la costituzione del primo distretto agro energetico territoriale (DAET), in provincia di Caltanissetta, che prevede la produzione e l’autoconsumo, su base locale, di energia elettrica, termica e di raffrescamento prodotta attraverso un biocombustibile di origine vegetale (scarti di potature), al servizio di 20 PMI dell’ASI di Gela, del Tribunale e dello stadio della stessa città, di una scuola pubblica, di alcuni uffici del comune e di un grande albergo cittadino. Un esempio vir-
tuoso e si spera replicabile anche in altri contesti della nostra regione, una dimostrazione dell’importante attività che il PSTSicilia svolge con l’obiettivo di creare nuove opportunità di sviluppo nei territori in cui opera (l’impianto genererà un volume economico di circa un milione di euro/anno). A Caltanissetta e per i nisseni il PSTSicilia ha un importante programma da portare avanti, che come accennato prima, tende a sviluppare una serie d’iniziative legate al recupero dei rifiuti. In primis la raccolta domestica degli oli esausti alimentari e la conver-
sione degli stessi in un biocarburante, il biodiesel. Non tutti sanno che l’olio fritto smaltito in maniera poco rispettosa dell’ambiente (attraverso gli scarichi) arreca un danno inestimabile al nostro territorio (un litro di olio esausto nell’acqua può contaminare un km2 di superficie).
quello di avviare la filiera e trovare i finanziamenti per realizzare un impianto di biodiesel dimensionato alla disponibilità della “risorsa” olio intercettabile in città (la produzione domestica procapite si attesta attorno ai 4 kg/anno), gestito in piena autonomia dall’Amministrazione
Sopra Salvatore Di Palma responsabile del PST insieme a Roberta Leonardi amministratore delegato della SCAT, mentre fanno il pieno di biodiesel ad un bus cittadino durante “Festambiente” tenutasi il 18 maggio a Santa Barbara. A sinistra un contenitore distribuito dal PST per la raccolta dell’olio fritto
Non tutti sanno che attraverso uno strumento presente nel laboratorio del PSTSicilia di Caltanissetta in cinquanta minuti l’olio fritto è trasformato in biodiesel, utilizzabile per l’autotrazione di qualsiasi mezzo alimentato a gasolio o per il riscaldamento in comunissime caldaie anch’esse alimentate con lo stesso prodotto di origine fossile. Tutto questo a vantaggio dell’ambiente e quindi della salute dei cittadini (il biodiesel riduce le emissioni di monossido di carbonio, d’idrocarburi incombusti, di particolato e di altre sostanze tossiche), dei soggetti che utilizzano il biodiesel come carburante (abbattimento di più del 50% sul costo del gasolio), e delle Amministrazioni che implementano la filiera (il recupero di un rifiuto speciale come l’olio esausto diminuisce i costi dei processi di depurazione). Una bella sfida che ha già riscosso un importante successo con “Festambiente” organizzata a Santa Barbara, proprio per diffondere e promuovere la raccolta degli oli esausti. L’obiettivo finale è
comunale, che in questo modo potrà autoprodursi e autoconsumare biocarburante. Altro importante progetto da sviluppare nel nostro territorio è rappresentato dal recupero della FORSU, che grazie a due importanti collaborazioni, avviate tra il PSTSicilia, l’Università Federico II e il Distretto AgroEnergetico Nord-Ovest Italia, può essere trasformata rispettivamente in composto in biogas/biometano. Due prestigiose realtà italiane che hanno dato la totale disponibilità per sostenere, con le proprie esperienze e conoscenze di settore, le iniziative che vogliamo proporre all’Amministrazione per avviare efficaci metodi di valorizzazione dell’ “umido” come il vermi compostaggio e la digestione anaerobica. “Un Centro al centro” della Sicilia attraverso cui sviluppare e veicolare nel resto della nostra regione tutte quelle progettualità “incentrate” sulla sostenibilità ambientale, sulla diffusione delle fonti rinnovabili e sulla valorizzazione degli scarti agricoli e/o urbani.
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Ornamenti
seta
di Ivana Baiunco
Lettera d’amore
“Baricco non è Borges” e allora...? A
vrei dovuto scrivere un articolo dal titolo: “Le congiure di palazzo e fatti affini…”. Ma poi ho pensato che nonostante l’anelito fortissimo a parlare di politica diciamo pure che, l’estate dovrebbe essere dedicata alla riflessione, e dunque quale miglior modo se non quello di leggere. Numerose sono le rubriche che parlano di libri dove fior di professori consigliano, dissertano, giudicano, criticano. Non è necessario scomodare letterati di fama, la critica letteraria per ciò che mi riguarda è presto servita.
Storia di una diatriba letteraria
“La leggenda del pianista sull’oceano”. E’ quell’intellettuale ultracinquantenne che racconta “Cyrano” come se parlasse di un amico e “Moby Dick” con la leggerezza di una favola. Per chi legge, a scanso di equivoci, chiariamo subito una cosa, nonostante l’occhio ceruleo e il capello brizzolato, l’avvenenza di Alessandro Baricco non ha nulla a che fare con il giudizio sulla sua opera. Se così fosse, Leopardi non sarebbe Leopardi. L’idea di scrivere di Baricco e delle dissertazioni colte sui suoi libri che amiamo fare sotto l’ombrellone ,
frase, la maggior parte delle volte ad effetto, sempre a dire del mio amico, più per un piacere stilistico che per il significato reale che delle parole possono alla narrazione. E qua arriviamo al punto, Baricco non è Borges. E allora? Ce ne faremo una ragione. La sobrietà e la metodicità della scrittura del poeta Argentino è impareggiabile, eppure ci sono momenti in cui non sempre vuoi avere il fiato sul collo di Cèline o spellarti le mani davanti ai virtuosismi di Proust; ci sono anche momenti in cui non ti va di ridere alle battute di Salinger, o ti viene la nausea all’ennesimo superlativo di Conrad. Baricco ha un suo
Un disegno di Sturt Krygsman di Jorge Luis Borges. A destra Alessandro Baricco
Mi capita spesso di discutere con un mio amico intellettuale radical chic, del valore dell’operadi Alessandro Baricco tra imiei autori prediletti che si fa buona compagnia con Proust ed Oscar Wilde sulla libreria. Questo mio amico, che spesso mi illumina su certi fatti della vita, considera un sopravvalutato il signor Baricco, per intenderci, Alessandro Baricco è l’autore di libri come “Seta”, Castelli di Rabbia”, “Oceano Mare”, e “Novecento” più conosciutocome
in macchina al ritorno da un fine settimana al mare, il venerdì sera a cena, nasce da un’antica diatriba con questo mio amico intellettuale, che sta diventando quasi una sfida, lui cerca sempre un nuovo motivo per stroncarlo, io uno per esaltarlo. Le motivazioni che portano al giudizio di “sopravvalutato”, accidenti mi riesce difficile pure scrivere questa definizione, attribuita al fondatore della scuola Holden, nasce dall’eccessiva ricercatezza vacua, dello stile della
modo di raccontare le cose che sembra un elegante arredo alla falsità della vita. Ho letto quasi tutto di Alessandro Baricco. Se non so’ qual è il libro migliore, ho una certezza, il peggiore: “City”, iniziato e mai finito. Tra le cose più interessanti della sua produzione c’è una raccolta di articoli scritti per Repubblica che si intitola “Una
certa idea di mondo” le recensioni dei migliori 100 libri letti negli ultimi 10 anni dall’autore torinese. Le ho lette tutte d’un fiato, e sono alla seconda lettura per cogliere ancor più l’essenza di ciascuna pagina. Quando leggendo ti accorgi che c’è qualcuno che sa trovare le parole perfette per descrivere ciò che persi, allora quello è senza dubbio uno scrittore a te affine.Ai detrattori, nella mia esperienza per lo più uomini, che sono arrivati alla fine di questo articolo, voglio regalare una delle pagine migliori uscite dalla penna di Alessandro Baricco una delle lettere d’amore più belle di tutti i tempi, parole di una donna al suo amato. Frasi scritte e pensate da un uomo e messe sulle labbra di una donna. Agli uomini assicuro che non c’è niente di sdolcinato che può contrastare o abbassare le immense quantità di testosterone presenti nel loro corpo, è solo un piacere a-generico leggerla. E’ lettera tratta dal libro “Seta”. Alessandro questo articolo te lo dovevo per quello che ho imparato ed apprezzato in questi anni di frequentazione letteraria. Michele questo lo dovevo anche a te, perché una sfida è una sfida.
Mio signore amato, non aver paura, non muoverti, resta in silenzio, nessuno ci vedrà, rimani così, ti voglio guardare, io ti ho guardato tanto ma non eri per me, adesso sei per me, non avvicinarti, ti prego, resta come sei, abbiamo una notte per noi, e io voglio guardarti, non ti ho mai visto così, il tuo corpo per me, la tua pelle, chiudi gli occhi[...] io sono qui, nessuno ci può vedere ed io sono vicina a te[...] signore amato mio, non aprire gli occhi, non ancora, non devi aver paura son vicino a te, mi senti? Son qui, ti posso sfiorare, è seta questa la senti? È seta del mio vestito, non aprire gli occhi e vedrai la mia pelle, avrai le mie labbra, quando ti toccherò per la prima volta sarà con le mie labbra, tu non saprai dove, ad un certo punto sentirai il sapore delle mie labbra, addosso, non puoi sapere dove se non apri gli occhi, non aprirli, sentirai la mia bocca dove non sai, d’improvviso, forse sarà nei tuoi occhi, appoggerò la mia bocca sulle palpebre e le ciglia, sentirai il calore entrare nella tua testa, e le mie labbra nei tuoi occhi, dentro[...]finché alla fine ti bacerò sul cuore, perché ti voglio, morderò la pelle che batte sul tuo cuore, perché ti voglio, e con il cuore tra le mie labbra tu sarai il mio, davvero, con la mia bocca nel cuore tu sarai mio, per sempre, se non mi credi apri gli occhi signore amato mio e guardami,sono io, chi potrà mai cancellare quest’istante che accade, e questo mio corpo senza più seta, le tue mani che lo toccano, i tuoi occhi che lo guardano, [...]le tue mani sul mio volto, le tue dita nella mia bocca, il piacere nei tuoi occhi, [...]il mio corpo sul tuo, la tua schiena mi solleva, le tue braccia che non mi lasciano andare, [...]è violenza dolce, vedo i tuoi occhi cercare nei miei,[...] fino a dove vuoi, signore amato mio, non c’è fine, non finirà, lo vedi? Nessuno potrà cancellare questo istante che accade, per sempre getterai la testa all’indietro, gridando, per sempre chiuderò gli occhi staccando le lacrime dalle mie ciglia,la mia voce dentro la tua, la tua violenza a tenermi stretta, non c’è più tempo per fuggire e forza per resistere, doveva essere questo istante, e questo istante è, credimi, signore amato mio, quest’istante sarà, da adesso in poi, sarà, fino alla fine. Noi non ci rivedremo più, signore. Quel che era per noi, l’abbiamo fatto, e voi lo sapete. Credetemi: l’abbiamo fatto per sempre. Serbate la vostra vita al riparo da me. E non esitate un attimo, se sarà utile per la vostra felicità, a dimenticare questa donna che ora vi dice,senza rimpianto, “addio”. Alessandro Baricco
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Fatti & POST SCRIPTUM
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Mario Alicata. (Foto di archivio de L’Unità)
di Filippo Falcone
Come sarebbe largo il Mediterraneo senza la Sicilia T
utti gli indicatori socio-economici parlano chiaro. Il divario Nord/Sud continua a crescere. I recenti rapporti di Bankitalia indicano, per l’economia siciliana, un “anno terribile”. Il Pil è calato del 2,7%. L’edilizia è ormai al tracollo. L’isola, rispetto al resto del paese, pare calare più velocemente a picco. I posti di lavoro persi, sui 500mila del livello nazionale, danno un indicatore di oltre 131mila per la Sicilia. Si tratta di dati allarmanti. Certo, la crisi generale che stiamo vivendo rende tutto ancor più drammatico, ma è anche vero che possibilità noi ne abbiamo avute davvero tante. E se l’ultimo treno in Sicilia fosse passato? Se le tante occasioni sprecate non si ripresentassero più? Quelle tante occasioni che il nostro stesso territorio ha avuto e di cui oggi rimane ben poco. Siamo stati la provincia dello zolfo, del petrolchimico e poi dei tanti finanziamenti europei, eppure quasi nulla rimane. La Sicilia è arrivata a produrre, nel passato, l’80-90% dell’intera produzione mondiale del minerale giallo; gran parte veniva proprio dalle nostre miniere. Ed ancora la produzione di greggio negli impianti di Gela. Dove è finita tutta quella ricchezza? Poveri eravamo e poveri siamo rimasti. Ma quel che è peggio si è radicata via via nella gente una sorta di apatica rassegnazione che ne ha mutato il ruolo da vittime in carnefici di se stessi; in un’accettazione generale di uno sviluppo sempre annunciato e mai decollato. La stessa autonomia siciliana che nel dopoguerra avrebbe dovuto valorizzare la diversità della nostra terra è stata una sorta di fabbrica dello spreco, paragonabile - come scriveva qualche tempo fa Agostino Spataro - all’episodio biblico delle nozze di Cana; con la differenza che mentre in quella circostanza Gesù moltiplicava il vino, la Regione
siciliana, per anni, ha moltiplicato posti di sottogoverno e consigli di amministrazione. Un apparato regionale, in nostro, impermeabile a quello che succede fuori dal palazzo mentre, però, la
medaglia, il prezzo da pagare, è stato quello delle inefficienze, dei disservizi, della carenza delle infrastrutture, dei ritardi delle amministrazioni. E se ci pensiamo bene ha ragioni il giornalista
gente continua a subire passivamente. E’ facile infatti sostenere che le colpe di tutti i mali dell’isola siano da attribuire ai soli partiti e alla politica, cosa in parte vera; ma solo in parte. Questo alibi non funziona più. La classe politica siciliana non ha fatto altro che assecondare le domande di favori e clientele che spesso venivano proprio dall’elettorato. Il risvolto della
agrigentino Gaetano Savatteri quando scrive che, tutto sommato, si è trattato di un prezzo equo, “per poter vivere in un posto dove ciascuno può fare quello che vuole”. La verità è che, da noi, il cambiamento vero non si è mai voluto. Siamo
DESIGN: Degustazione d’autore con la linea World’s Best di Rcr
Cinque bicchieri d’ingegneria per bere come esperti sommelier Rcr Cristalleria Italiana, leader in Italia nel settore cristallo e vetri pregiati, ha creato una linea di bicchieri da degustazione definiti “rivoluzionari”, in vendita da giugno presso SPAGNOLO “la Casa delle Idee” a Caltanissetta. Il concept della nuova linea World’s Best è nato dalla collaborazione tra Luca Gardini, sommelier campione del mondo 2010 e il designer Fabio Novembre. Il risultato di questo incontro sono cinque bicchieri, quattro per i vini e uno per l’acqua, adatti all’uso anche quotidiano, dove la semplicità della forma nasconde uno studio e un’attenzione non solo all’estetica, ma anche alla praticità. Rcr, ha realizzato questo progetto utilizzando il Luxion, il miglior vetro cristallino sonoro del mondo. Grande trasparenza, brillantezza cristallina, duttilità in fase produttiva, stabili-
tà ai lavaggi in lavastoviglie sono le sue carte vincenti. Il fondo del bicchiere ha un geniale sistema di scolo anti calcare grazie a una micro-pendenza che fa scivolare l’acqua dai bicchieri quando li si mette ad asciugare. E questo particolare sarà certamente apprezzato, soprattutto dalle donne. Sempre sul fondo, un cerchio di piccole sfere che ricordano il Tastevin, simbolo dei sommelier, mantiene il bicchiere staccato dalla linea di terra. L’intersezione delle due superfici che compongono il bicchiere formano uno spigolo che ne percorre tutta l’altezza e ha lo scopo di “spaccare” il vino per facilitare l’apertura dell’onda e liberare gli aromi. Insomma dei bicchieri dato il prezzo “democratici”, ma anche di indiscussa qualità, per non privarsi del meglio nemmeno nella vita quotidiana.
stati come quelle mogli che hanno accettato per anni i maltrattamento dei loro mariti, non ribellandosi mai e quindi diventandone, di fatto, complici. Il risultato di tutto ciò oggi è sotto gli occhi di tutti. Quello che la Sicilia ha vissuto in questi decenni è stata una modernizzazione senza sviluppo o se vogliamo uno sviluppo negato. Ciò, con l’accettazione di un corpo elettorale che ha voluto una classe politica che ci ha condannati ad un declino sociale, economico, culturale. In questo clima cupo, specie dopo la scomparsa di Pio La Torre, lo stesso maggior partito della sinistra siciliana, prima Pds, poi Ds - nei quali il sottoscritto per anni ha militato poi allontanandosene - si è sempre più avvitato intorno a se stesso, in un vuoto torricelliano, in una vacua danza autocelebrativa e autoreferenziale, con i suoi vertici preoccupati solo a mantenere i seggi parlamentari o qualche nomina politica ben remunerata nelle istituzioni pubbliche. Nel frattempo la Sicilia - e la nostra stessa provincia - si è addentrata “nel buio più nero della notte infinita”. Su questa prospettiva i nostri giovani non possono che essere obbligati ad una crescente emigrazione, in un paese dove - dopo 150 anni d’unità nazionale -, nonostante la crisi in atto, sempre più accentuata sembra essere diventata la forbice tra le diverse aree. Un esercito di giovani siciliani, che dopo gli studi si trovano senza lavoro, in preda ad una miscuglio di rabbia, umiliazione, impotenza, rassegnazione. Quelli che possono se ne vanno senza far più ritorno. E’ quello che ci lascia in eredità un certo modo di fare politica. Ed è la storia che ci indica che il nostro territorio è stato governato da una politica rapace che ha ricavato solo lucri, in un clima “impotentia generandi”. Da un lato, dunque, la scarsa trasparenza della politica
e delle istituzioni, dall’altra l’atavica abulimia di noi cittadini. In questo non semplice quadro, quasi sempre, chi ha condotto battaglie e preso posizioni nette, coraggiose, di denunzia, contro un certo modo di amministrare la cosa pubblica - nelle grandi come nelle piccole realtà - (si veda, lo cito non certo per autocelebrazione, il mio libro “Un paese in mutande”, sulle miserie di certa politica locale delle mie parti), il più delle volte è rimasto solo o, nel migliore dei casi, marginalizzato, prima ancora che dalla stessa politica, dall’opinione pubblica. Viene in mente la drammatica e delittuosa vicenda della frana di Agrigento, a metà degli anni sessanta e le denunzie che ne fece allora il prestigioso dirigente del Pci Mario Alicata. Lui, siciliano d’origine, dalle colonne de “L’Unità” portò avanti una clamorosa battaglia che fece letteralmente tremare palazzi, poteri forti e istituzioni. Qualche mese dopo la frana Alicata volle venire ad Agrigento per tenervi un comizio, lui che quel disastro aveva indicato come cartina di tornasole del malaffare di certa politica siciliana. In piazza ad ascoltarlo c’erano solo una trentina di persone. Alicata, dopo il comizio, tornò nella sede della federazione comunista di quella città, in una di quelle grandi stanze c’era una cartina geografica dell’Italia, di quelle che si usava appendere nelle aule scolastiche. Il dirigente comunista, ad un certo punto, mise una mano sull’isola coprendola e disse deciso: “come sarebbe largo il Mediterraneo senza la Sicilia”. L’episodio di quella mano messa a coprire la Trinacria era - e rimane - il paradigma di una terra di amore e di odio, di speranze e delusioni, di tragedie e ironie, di effimere vittorie e cocenti sconfitte; appunto la storia della Sicilia.
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Fatti & quartieri
Make up al Redentore di Carlo Campione ...Segue dalla prima
I
l Progetto “Animiamo il Redentore”, proposto dal Coordinamento dei Comitati di quartiere, approvato dalla Curia Vescovile, unica proprietaria del Santuario e dello spazio di 6000 mq, antistante il Monumento., è stato presentato alla cittadinanza in una conferenza stampa tenuta alla presenza del Vescovo, presso il Museo diocesano di Caltanissetta. Quando si parla di Redentore i ricordi di tanti nisseni, soprattutto quelli di una certa età, vanno ai giorni in cui si recavano sul monte San Giuliano dove è presente un monumento al Redentore, unico in tutta la Sicilia, spinti dalla devozione e dal desiderio di trovare ristoro alla calura estiva oltre che per ammirare un panorama indescrivibilmente meraviglioso. Oggi in questa parte di città, non è mai esistita una regola fondamentale da parte di tutti gli attori protagonisti nel tempo, il rispetto per un luogo sacro, infatti questo luogo tanto caro ai nisseni si presenta deturpato da atti vandalici ricoperto di rifiuti di ogni genere ed in balia di un degrado generalizzato. Grazie però all’impegno del Coordinamento dei Comitati di quartiere che, oltre a proporre e a seguire con costante presenza le riunioni intercorse tra Curia, Ufficio Tecnico Comunale, Provincia, Soprintendenza, ha trasferito su carta quelle che erano le idee di riqualificazione dell’area espresse in numerose riunioni, è nato, così, un progetto elaborato dall’arch. Giuseppe Cassetti che non è “un libro dei sogni” come ha ribadito Mons. Mario Russotto durante la presentazione. Gli elaborati sono stati presentati in forma di dono all’arch. Giuseppe Di Vita, responsabile dell’Ufficio tecnico della Curia, che ha provveduto ad informare il Vescovo che da subito ne ha apprezzato il valore esprimendo parole
di elogio per l’impegno. Il progetto interessa un’area di 6000 mq. Gli interventi sono molteplici e prevedono, tra le altre cose, il recupero del preesistente con interesse storico e architettonico (la canonica), l’individuazione ben definita di un’area destinata a parcheggio e di un’area pedonale dove si ipotizza la sistemazione di un nuovo chiosco per degustazione fugace che si prevede diverso dal preesistente sia per tipolo-
ra trascorrere qualche ora assaporando il fantastico panorama. Già il Coordinamento ha messo le basi per un buon inizio impegnandosi personalmente a contattare la ditta Buscemi che sta provvedendo al taglio degli alberi di eucaliptus con la proposta di piantumazione di arbusti bassi di macchia mediterranea. Tutto viene eseguito nel rispetto delle norme e delle autorizzazioni. Sono
si sentono c oi nv o lt i nella rivit alizzazione del sito. L’innovazione proposta nel progetto coinvolge pure il percorso di circa 800 metri che dalla rotatoria di via Filippo Paladini conduce al monumento. Il Coordinamento propone di collocare, lungo il lato destro salendo, tredici “stazioni” (la quattordicesima stazione
visivamente, il carattere di piazzole di riflessione come i pianerottoli in una scala che offrono la possibilità di sostare e di riprender fiato per poi riprendere la salita verso la meta. Si potrebbe optare in fase progettuale o per la Via Crucis o per la Via Lucis. Il Coordinamento dei comitati di quartiere, è convinto che per pianificare al meglio ogni dettaglio ed arrivare preparati ad ogni fase progettuale tutte le parti sociali politiche e religiose debbano unirsi, aprire un tavolo di regia operativo che, con il coinvolgimento di tutti, possa concretamente realizzare la riqualificazione di un bene comune che identifica la città e la Regione. Dal 30 Giugno verrà cele-
Tutti si sentono coinvolti nella rivitalizzazione del sito
gia strutturale sia per collocazione. In quest’area verrà istallato un bagno pubblico sarà ripristinata la piccola fontana e le vecchie panchine saranno sostituite con nuove ecosostenibili. Nella parte di territorio di proprietà della provincia si propone la ripresa del vecchio sentiero che porta allo slargo dell’ex ostello che è stato bruciato anni fa. Nella esistente piattaforma in cemento si prevede un punto di ristoro costituito da una bella ed accogliente struttura in legno ben integrata nel contesto che sia anche luogo di attrattiva per il visitatore che deside-
state coinvolte le Associazione ambientaliste: LEGAMBIENTE, WWF e LIPU. L’Amministrazione Comunale, il 2 Agosto del 2012, si era impegnata, in un verbale, sottoscritto alla presenza di Curia vescovile, dell’Amministrazione Provinciale e della Soprintendenza di ricollocare le balaustre divelte ed eliminare le scritte che alcuni vandali avevano apposto sulla base della Statua ed aveva pertanto stanziato la somma di 35.000 Euro. Ad oggi però, nulla è stato fatto. Tutti i nisseni si identificano nel monumento del Redentore e tutti
è il monumento stesso) che daranno vita ad una Via riempita di contenuto religioso e di contemplazione in piccoli spruzzi. Non quindi una via che ci “trasporti” al Redentore ma una via che ci “conduca” al Santuario attraverso Stazioni (Edicole) che facciano riflettere il visitatore comprendendo il dono della redenzione e del percorso fisico e spirituale che porta al santuario del Redentore. Davanti queste stazioni, si dovrebbe cambiare la pavimentazione stradale, mantenendo l’inclinazione, per assumere fisicamente, oltre che
brata, per tutto l’anno, la Messa Domenicale alle ore 19,00. Il 6 Agosto sarà la festa del Redentore il Coordinamento dei Comitati di quartiere ha organizzato coinvolgendo tutti i fiorai della città, che si sono dimostrati particolarmente sensibili all’idea, una infiorata che sarà posizionata nelle scale del sacrato del Santuario. Sono state coinvolte alcune associazioni culturali e artigiane che presenteranno i propri lavori in appositi stand. Lavorare per qualcosa, farlo con i fatti, evitando le proposte parolaie che si concludono spesso con un nulla di fatto. Proporre facendo: è questo il modello con il quale il Coordinamento dei Comitati di quartiere testimonia il proprio impegno alla città e vuole farlo coinvolgendo tutti i cittadini . “Animiamo il Redentore” è un progetto che riguarda tutti i nisseni.
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Fatti & San Cataldo
Nubi di crisi sull’Amministrazione
Questioni puramente politiche o ambizione individuale e di partito?
Raimondi di Alberto Di Vita
P
er il Sindaco Francesco Raimondi e la sua Amministrazione non si tratta più di fare la conta dei sostenitori in Consiglio Comunale: arrivano i primi distinguo, le prime alzate di mano, e la questione maggioranza non è più un semplice fatto numerico ma diventa faccenda spinosa sulle cose fatte e da fare. È questo lo scenario che viene fuori dagli ultimi turbolenti quattro mesi di vita politica sancataldese. Inizia il consigliere Gaetano Giannone che passa all’UDC, senza negare però il proprio sostegno al Sindaco e alla Giunta. Con lui, anche Bartolo Mangione eletto nelle fila del FLI a formare un gruppo consistente di tre consiglieri comunali (il terzo è Enzo Calabrese) che assume un peso specifico non indifferente. Movimenti forse in ambito di strategie politiche a medio e lungo termine, slegate da giudizi di merito sull’Amministrazione, non è così per le prese di posizione del consigliere Carlo Bonfanti e dell’associazione di riferimento @gimus, e quelle dei consiglieri Romeo Bonsignore e Settimio Culora, di Rifondazione Comunista eletti nelle file della coalizione Libertà e Partecipazione. Con un comunicato stampa del segretario Salvatore Caramanna, i consiglieri di Rifondazione hanno chiesto ufficialmente un incontro con il Sindaco, parlando di «una verifica della maggioranza, ma soprattutto alla indifferibile, pena il fallimento del progetto amministrativo, necessità di trovare soluzione o almeno provarci, all’ ormai grave crisi sociale ed economica che la nostra città ed il nostro territorio vive». Toni duri, soprattutto nel riferimento a «indifferibili necessità» che devono essere affrontati «pena il fallimento del progetto amministrativo» che rappre-
sentano lo scenario di una azione amministrativa insoddisfacente anche per chi, nell’ultimo anno, si è speso molto, investendo a livello umano, personale e politico, forse anche per un debito di riconoscenza verso un Sindaco che, scegliendo un apparentamento
Sindaco e Giunta nell’occhio del ciclone, con parte della maggioranza che manifesta il proprio scontento tout-court, aveva consentito l’ingresso in Consiglio a forze politiche bocciate dal voto con risultati largamente deludenti. Un credito esaurito dopo un anno in cui l’Amministrazione ha realizzato davvero poco, quasi nulla, di quanto promesso in fase di campagna elettorale, lavorando molto sul piano amministrativo (e non è un caso che il miglior risultato derivi proprio dalla risoluzione della questione “permute territoriali”) ma che ha mostrato carenze dal lato più puramente politico, mancando di una vera idea di paese, progetti chiari, programmazione anche a medio e lungo termine sulla San Cataldo del futuro. Lo avevamo scritto più volte in precedenza, anticipando scenari inevitabili, visti gli attori e la penuria di risultati. E se la posizione di Rifondazione Comunista è quella che appalesa di più l’aspetto politico di una maggioranza inquieta (con una non indifferente pre-
sa di distanze dal PD e dal vice sindaco Gianfranco Scarciotta: non sfugge, infatti, il riferimento alla sconfitta del primo turno elettorale), le dichiarazioni di Bonfanti e di @gimus sono il termometro di un disagio inequivocabile anche sull’attività amministrativa. Nel comunicato stampa inviato a fine maggio si fa riferimento a 10 punti che sarebbero stati sottoposti al Sindaco e sui quali si richiedeva un riscontro immediato e non dilazionabile (risposta, tra l’altro, mai arrivata). Punti non pubblicati, che non hanno ottenuto l’attenzione che merita una elencazione così dettagliata e precisa di ciò che non va, gettando ombre di non poco conto su cosa sia questa Giunta, a prescindere dai programmi elettorali (è chiaro, anche dalle persone e dalla loro professionalità in altri ambiti), ancorandosi al modo stesso di operare e fare politica e amministrazione: quanto espresso da Rifondazione Comunista un mese dopo, in questa ottica, diventa una eloquente conferma. La «Revisione della Giunta Municipale» è ormai diventata quasi un tormentone, richiesta da più parti, con evidente bocciatura di molti, se non tutti, gli assessori; ciò che è accaduto per la “Fiera di Maggio” ha di fatto scontentato tutti, non nel merito della questione ma per i metodi e il percorso che hanno portato alla decisione finale; la questione rifiuti e la questione sociale, e quindi anche disabilità, sono lontani dall’essere affrontati con attenzione e programmazione. Queste le aderenze tra @gimus e Rifondazione. Tra i 10 punti dell’@gimus, però, spiccano i riferimenti alle «regole democratiche di comportamento della Giunta Municipale» nei confronti dell’intero Consiglio Comunale, il riferimento agli aspetti organizzativi dell’apparato
burocratico interno al palazzo (che fa il paio con «la discussione sulla riorganizzazione degli uffici comunali» di Rifondazione) e la richiesta di informazione al pubblico sulle problema-
non riceve gli input necessari per una azione politica di un certo livello, con amministratori che non fanno squadra. Manca un grande timoniere, qualcuno che indichi la direzione con coraggio
10 punti dell’ @gimus 1 - Revisione della Giunta Municipale 2 - Istituzione di un tavolo tecnico, alla presenza della GDF, per l’elaborazione di un bando di gara per il trattamento dei rifiuti solidi urbani 3 - Istituzione di un tavolo tecnico per tutte le problematiche connesse con i servizi socio assistenziali e socio sanitari di competenza del Comune 4 - Discussione aperta sulle diverse questioni che riguardano la “Fiera di Mag gio” 5 - Regole democratiche di comportamento della G.M. nei confronti dell’in tero consiglio comunale 6 - Rispetto senza deroghe per i ruoli istituzionali del Presidente del Consiglio, dei consiglieri comunali, del Sindaco e della G.M. 7 - Aspetti organizzativi dell’apparato burocratico interno al palazzo 8 - Informazione capillare dei cittadini sulle problematiche amministrative e sulle decisioni adottate dalla G.M. e dal Consiglio 9 - Realizzazione programma del Sindaco 10 - Programmazione delle azioni di sviluppo economico, sociale e culturale tiche amministrative e sulle decisioni adottate dalla Giunta. Lo scenario mostrato è quello di una maggioranza, o almeno una generosa fetta, che non si riconosce in questa Giunta, o almeno non più; dalla quale
e senza indugi, costi quello che costi, qualcuno che richiami al dovere chi è distratto dal proprio orticello, faccia politica nel senso più buono ed esteso del termine. Qualcuno che, usando le parole di Rifondazione, abbia quella
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Chiacchieriama di biblioteca?
Parliamo di CULTURA San Cataldo ha la fortuna di un tessuto culturale e artistico vivo, colorato e di spessore. Troppo spesso ignorato dalla politica che della cultura sembra proprio non sapere cosa farsene
giusta «botta di coraggio» fondamentale in un periodo di crisi come questo dove ogni mese perso pesa in maniera incalcolabile sugli anni che verranno. La «botta di coraggio» è necessaria anche da parte di chi oggi si inquieta pubblicamente dopo un anno speso a sostenere questa Amministrazione: il sospetto, legittimo e da più parti sollevato, è che ci siano ambizioni personali e di partito. Prendano coraggio e indichino dei “tecnici” di spessore, persone di indubbia qualità e moralità, gente in grado di cambiare marcia davvero: non fosse altro che per dissipare ogni dubbio sull’intenzione di creare «poltronifici politici». Altrimenti il sospetto è più che lecito. Se il contesto reale è diverso da quanto suggerito da queste prese di posizione, il Sindaco ha il dovere di un’azione forte e senza indugi, che sia al tempo stesso pubblica. La posizione non è invidiabile: da una parte c’è chi sancisce la morte dell’ambizioso progetto civico che lo ha sostenuto in campagna elettorale pur rievocando la necessità di rifarsi a quei principi; dall’altra una forza politica come Rifondazione che vuole invece ragionare su base politica. Con l’UDC, sua storica antagonista, che prima o poi farà leva sul peso di tre consiglieri. Intanto il cittadino guarda e spera non si perda altro tempo invano.
A
fine maggio si è svolto, presso la sala Falcone-Borsellino del Comune di San Cataldo, un incontro sulla Biblioteca Comunale, organizzato dai giovani del PD. Poco afflusso che paradossalmente manifesta quanto sia importante tornare a parlare di cultura, trovare i sistemi per diffonderla e, se possibile, crearla. È curioso che a San Cataldo, nel 2013, si discuta di biblioteca, con uno studio a campione (fatto con dovizia di particolari, intelligenza e con ottimo report) che però fornisce risultati già disponibili in un documento dell’Unesco, il “Manifesto sulle biblioteche pubbliche” redatto nel lontano 1994. Sono passati 19 anni e ancora un piccolo paese come il nostro si pone delle domande di cui esistono già le risposte. Non che il lavoro dei giovani del PD sia stato inutile, anzi: è uno sforzo e un impegno che va ringraziato, applaudito, e incitato, perché mostra i chiari segni di un’esigenza, di un indirizzo mentale, di una predisposizione innata in discontinuità con il desolante spettacolo culturale italiano di oggi, soprattutto di molte piccole realtà di provincia. Col rischio, però, che sia una semplice estemporanea. Perché porsi domande sulla biblioteca? La risposta è proprio nell’introduzione al documento dell’Unesco: «La libertà, il benessere e lo sviluppo della società e degli individui sono valori umani fondamentali. Essi potranno essere raggiunti solo attraverso la capacità di cittadini ben informati di esercitare i loro diritti democratici e di giocare un ruolo attivo nella società.
La partecipazione costruttiva e lo sviluppo della democrazia dipendono da un’istruzione soddisfacente, così come da un accesso libero e senza limitazioni alla conoscenza al pensiero, alla cultura e all’informazione. La biblioteca pubblica, via di accesso locale alla conoscenza, costituisce una condizione essenziale per l’apprendimento permanente, l’indipendenza nelle decisioni, lo sviluppo culturale dell’individuo e dei gruppi sociali.» La biblioteca che vorrei? Punto fondamentale, parlare di biblioteca a San Cataldo senza porsi il problema di spostarla non affronta il problema principale, almeno per due motivi essenziali. Accessibilità: la biblioteca è uno degli emblemi di un paese che non conosce il concetto di integrazione e di accessibilità, con scalini ovunque e spazi angusti. È stata aperta una porta con uno scivolo che
Discutere di biblioteca senza pensarla come parte integrante di un intero movimento culturale, è limitante semplifica l’accesso ma il vero obiettivo dell’abbattimento delle barriere architettoniche è di consentire un accesso totale, non limitante, a tutti dagli stessi ingressi e negli stessi spazi. In tal senso, la biblioteca è un monumento alle barriere architettoniche. Secondo: limitatezza dei locali: perché un incontro sulla biblioteca non si fa al suo interno? Perché non è ricettiva e non è in grado di ospitare quasi nulla di quello che una biblioteca del 2000 può e deve porsi come obiettivi. Ma sugli scopi il problema si allarga. La “biblioteca che vorrei” dovrebbe far parte, anzitutto, di un concetto esteso di “programmazione culturale” che è lontanissimo dai nostri orizzonti. Gabriele Amico, segretario dei giovani
del PD, ha espresso il concetto con parole semplici e chiare: «Se è vero che per la cultura non ci sono soldi, come si sente dire spesso, è soprattutto perché mettiamo la cultura agli ultimi posti, se non all’ultimo, delle nostre azioni politiche. La quantità di fondi è proporzionale all’interesse». Che interesse ha San Cataldo nella cultura? Non ne facciamo una questione di appartenenze, benché sia strettamente politica: parlare di questa o quell’altra Amministrazione sarebbe fuorviante, il problema è indubbiamente di carattere generale. San Cataldo è un piccolo paese che ha saputo far fronte a tanti problemi intrinseci, a una posizione svantaggiata, a dei limiti oggettivi del territorio, ottenendo risultati al di fuori dell’atteso grazie alla caparbietà tipica del siciliano. È anche un paese (discorso valido anche per Caltanissetta) letteralmente popolato da artisti di ogni sorta: musicisti, pittori, cantanti, comici, attori, registi, fotografi etc... in una concentrazione fuori dal normale. Artisti che però vivono nell’equivoco, tipico delle piccole località, di un confronto sterile, talvolta puerile, con il “vicino”, con l’amico, spesso visto come avversario e non come risorsa. È un atteggiamento culturale esteso a qualunque settore (commercio, politica etc...), ma nell’arte è accentuato a dismisura: ogni artista sancataldese vive di una fastidiosa e vuota autoreferenzialità che gli impedisce il confronto con il prossimo. Si vive l’arte come dei bonsai: non troppa acqua né troppo poca, non troppa luce né troppo poca, mai metterlo accanto ad un altro albero, non ha mai una forma “definitiva”... insomma, vivere la propria dimensione come la realizzazione di un microcosmo fintamente perfetto, in cui l’artista è artista e gli altri non capiscono. A loro va anche dato atto di non avere praticamente mai possibilità di dialogo e di confronto, mancano gli spazi, le occasioni, manca chi, in assenza di personalità di spessore in ambito culturale, indichi la direzione, sia da stimolo esterno. E questo sarebbe un privilegio della politica (se ne fa riferimento anche nel do-
cumento dell’Unesco), non fosse che viene visto quasi come un peso, così come in passato invece è stato perpetrato per anni un abuso sulla “cultura” lecita e quella non lecita, quella da diffondere e quella da sottacere. Parlare di biblioteca senza pensarla come parte integrante di un intero movimento culturale è limitante: se all’interno di un progetto vero, sarebbe l’emblema stesso di una politica che si apre ai suggerimenti di liberi cittadini, il circolo naturale, il punto di incontro, un luogo di crescita e maturazione artistica: una biblioteca veramente aperta, a disposizione di tutti, sarebbe un passo naturale per una comunità che si pone davvero il problema della cultura, che sceglie percorsi umani e culturali o immagina orizzonti dove non ve ne sono. Oggi, invece, i dibattiti sulla biblioteca esistono, hanno motivo di esistere, proprio perché manca tutto questo: come nel settore delle disabilità, lo Stato e l’istituzione locale di riferimento fanno da attori passivo, spettatori indifferenti. Troppo spesso sono le associazioni a svolgere ruoli che eccedono la loro dimensione reale, con l’istituzione pubblica che, quando va bene, ha un ruolo appena sussidiario. Di questo passo continueremo a sperperare, impoverendo, il nostro coloratissimo tessuto culturale. Avremo il nostro bel giardino di bonsai-artisti tutti bravissimi ma davvero in pochi capaci di superare le oggettive difficoltà di una posizione infelice. E parleremo di biblioteche ancora fra 15 anni: rigorosamente in locali esterni alla stessa. A. D. V.
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Fatti & vallone L’antico abbeveratoio dell’Annvina oramai è ostaggio dei vandali: c’è chi vi lava le macchine, chi scarica i rifiuti chi, i più crudeli, vi annegano animali appena nati. di Giuseppe Taibi “Mia povera fontana, il male che hai, il cuore mi preme”. Questo passo di Aldo Palazzeschi narra di una “Fontana malata” boccheggiante in cortile. A Mussomeli esiste una fontana anch’essa malata, che non boccheggia, che non emette suoni onomatopeici, che non singhiozza acqua, ma che si sta ammalando per colpa di chi in paese ci vive e non celebra il culto dell’ultima fonte ancora esistente in città. Della civiltà contadina, a cui Mussomeli
L’abbeveratoio, da rimarcare l’ultimo esistente nell’abitato, è un duttile mezzo utilizzato per i più svariati usi. Può diventare un autolavaggio a costo zero, una lavanderia a cielo aperto, una discarica abusiva o ancora peggio il patibolo per poveri animali che in alcuni casi hanno trovato la
La fontana malata
che fa vergognare Mussomeli Chi utilizza “l’abbrivatura” per i propri scopi manca di rispetto alla storia deve il suo passato, l’abbeveratoio dell’Annivina più che un testimone, oramai è diventato un cimelio. Per molti un inutile orpello di un trascorso dimenticato. Il bersaglio in pietra di un tiro esploso da chi, siculo, nelle proprie origini, ha più il dna di un barbaro distruttore che di un nobile normanno.
fine nel vascone, annegati fino alla morte. E’ quanto accaduto di recente, e già denunciato attraverso il nostro giornale online. Ultimi esserini ad essere immolati in nome della bieca stupidità umana: tre gattini, appena nati, qualche settimana fa sono stati scoperti privi di vita. Pochi mesi prima era toccato ad altri gattini e ad una indifesa cucciolata di cagnolini. A scoprire il “delitto” gli operai del reddito minimo d’inserimento. Coloro che da anni combattono una guerra persa in partenza. Un giorno ripuliscono e il dì seguente ritrovano tutto sudicio. Chi confonde la
“pila” con un autolavaggio fai da tè, ad operazione conclusa dissemina a terra indiscutibili tracce: spugne sudice, panni lerci, contenitori vuoti di detergenti, e poi una quantità enorme di cicche
di sigarette appena svuotate dai portacenere. Svuotati, a volte, all’interno del vascone. Ma ciò che supera i confini del sudiciume finendo dentro quelli più spietati della crudeltà, riguarda la sistematica uccisione di animali appena nati: gattini o cagnolini sembra non fare differenza. Basta essere disumani e malvagi. Questa è l’unica regola. Una mancanza di rispetto verso il creato, ma anche verso la storia secolare dell’antica fontana, la cui data di nascita è impressa sul marmo da dove sgorga l’acqua. Una carta d’identità scolpita per sempre: 1902. Ma chi utilizza l’”abbrivatura” per i propri scopi, di quel numero che campeggia sopra i “cannoli” se ne infischia altamente. Cosa fare allora per salvaguardare questo lembo di città? La soluzione l’abbiamo suggerita già nel nostro servizio online: da un lato appare necessario che i vigili urbani intensifichino i controlli, punendo i trasgressori con multe salate, ma dall’altro urge l’installazione di una telecamera. Unici veri deterrenti contro i barbari della fontana: dagli scrocconi d’acqua per il lavaggio delle auto ai killer di animali.
Il sindaco dice
“Contro i barbari installeremo le telecamere” Gli appelli al salvataggio della fontana, alla salvaguardia dell’ultimo abbeveratoio rimasto in città vengono raccolti dalla polizia municipale. Il corpo, guidato da Vincenzo Calà, installerà nel piazzale dell’Annivina delle telecamere. Un deterrente che dovrebbe servire a scoraggiare i
Salvatore Calà
“barbari” che ogni giorno deturpano lo spazio pubblico, chi insomma non solo infanga la storicità del luogo ma soprattutto chi si macchia di atti abietti come ad esempio uccidere, annegandoli, intere cucciolate di cani e gatti. Il sindaco, da noi incalzato
“
I vigili urbani aumenteranno i controlli punendo i trasgressori
sulla difesa dell’abbeveratoio, assicura: “Per cercare di impedire fatti simili bisogna installare le telecamere. Il comandante dei vigili urbani Calà sta acquistando delle telecamere da posizionare in alcuni punti del paese, tra cui il piazzale Annivina”. Lo stesso Calà condivide la lotta verso coloro che lavano le auto nella fontana. “E’ vietato farlo, intensificheremo i controlli per punire i trasgressori”.
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Viale della Regione Fatti in Redazione
Una vita sul filo del fuorigioco di Donatello Polizzi
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ieci anni trascorsi correndo sulla linea laterale di un campo da calcio con una bandierina in mano, più di 140 gare in serie A: questa è parte della vita del nisseno Michele Giordano, 45 anni, assistente arbitrale dalla carriera brillante. L’alfiere della sezione Aia di Caltanissetta, dopo quasi oltre cinque lustri di attività, per raggiunti limiti di età, potrebbe essere al passo d’addio.
“giacchetta nera”. L’INIZIO. “Io non credo nel fato ma il mio approdo al mondo arbitrale dovrebbe indurmi a mutare opinione. Nel 1987, nella palestra della mia scuola, il Mottura, veniva ad allenarsi Tino Scancarello che tramite il mio professore di educazione fisica, Di Maria, iniziò a tormentar-
Super Coppa italiana - Pekino agosto 2012. Da sinistra Mauro Bergonzi, Renato Foderani, Nicola Rizzoli, Paolo Mazzoleni, Paolo Tagliavento, Andrea Stefani e Michele Giordano
Ha compiuto 45 anni e se dunque non dovesse arrivare una deroga da parte dell’organo tecnico, l’arbitraggio, dal 30 giugno 2013, potrebbe diventare “passato”. Abbiamo voluto conoscere la sua storia, i risvolti, gli aneddoti, le emozioni, le esperienze, le gioie, le delusioni di una
mi. Per convincermi mi disse che gli arbitri tramite la tessera entravano gratis allo stadio ed io che ero tifosissimo della Nissa, ritenni ‘importante’ quell’argomento. Decisi di frequentare il corso. Il giorno fissato per l’esame da arbitro, io al mattino a Palermo sostenni il mio primo
esame universitario. Nel telefonare a casa, a ora di pranzo, per avvisarli dell’esito positivo, mia madre mi comunicò che più volte aveva chiamato Tino per ricordarmi che la sera si sarebbero svolte le prove; rientrai in città, per “assecondare” il destino: il resto è storia”.
LE COINCIDENZE. “Ricordo che una delle prove dei test per diventare arbitro, era di scrivere un referto simulato: io scelsi un classico, Inter-Juventus. Due mesi fa, quando ero di terna per il derby d’Italia, pensavo a questa coincidenza, a come talvolta i sogni possano diventare realtà. Per la cronaca, quel referto, lo conservo ancora gelosamente fra le mie cose più care”. LA CARRIERA. “La carriera è determinata dalle valutazioni degli Osservatori, ex-arbitri che vengono a vedere le partite e giudicano l’operato (sotto molteplici profili) della giacchetta nera. È stilata una graduatoria e utilizzando un parallelismo con le squadre di calcio, i primi salgono di categoria mentre gli ultimi sono retrocessi. Il nostro è un settore dove vige, la meritocrazia Ricordo ancora la gioia, l’emozione della mia prima gara, categoria ‘giovanissimi’ al Palmintelli: bellissimo”. IL DESTINO, L’ANAGRAFE E LA SCELTA. “Quando io stavo per diventare internazionale fu introdotta una norma che impediva a chi avesse compiuto i 38 anni di acquisire la suddetta qualifica. La novità era stata voluta da Michel Platini per il quale simpatizzavo quando ero ragazzino. A 35 anni io arbitravo in quella che allora si chiamava serie C1. A causa di quella norma Uefa che vi ho menzionato poc’anzi, io (sempre che tecnicamente ne avessi avute le qualità) comunque materialmente non avrei potuto arrivare ad arbitrare in serie A. Decisi di fare
il corso di assistente: non avrei fatto l’internazionale ma potevo giungere alla fatidica massima serie”. IL NUOVO INIZIO E LA CHAMPIONS LEAGUE. “Indimenticabile la mia prima gara, serie B, il 14 dicembre 2003, Avellino - Albinoleffe. Dopo poco meno di due stagioni, l’approdo nella massima serie con Bologna - Lecce. Chiamai un amico con il quale avevo cominciato circa 20 anni prima e con il quale avevo diretto una gara a Cianciana ed adesso
finalmente ero in cima. Una delle maggiori gratificazioni della mia vita, la Champions League. Una sola gara il 17 ottobre del 2006 Steaua
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Bucarest- Real Madrid 1-4. Ti senti in una dimensione completamente differente, unica”. I CALCIATORI. “Tutti i giocatori hanno molto rispetto per la categoria ma pretendono una forma di rispetto particolare; se percepiscono un’ingiustizia o quello che secondo la loro valutazione sarebbe un tuo errore, immediatamente ti apostrofano dicendo ‘Stai attento perché noi stiamo lavorando, abbiamo lavorato tutta la settimana per questa partita’. Si sentono, diciamo, dei superlavoratori”. LE SCOMMESSE. “Hanno influito sul calcio e le indagini l’hanno dimostrato. Racconto un aneddoto. Io fui protagonista di una gara che è finita sotto l’occhio della magistratura: un Lecce – Lazio 2-4. Tre di quei gol furono merito mio, avevo fatto delle finezze tecniche su taluni off-side; ricevetti dall’osservatore i complimenti ed una gran valutazione, mi disse grazie a te lo spettacolo è venuto fuori. Dimostrazione di come talvolta ciò che avviene in campo è imprevedibile”. L’ULTIMA GARA? “Iniziamo con il dire che io spero non sia l’ultima. L’ho affrontata serenamente in quando essendo l’ultima giornata di campionato, non avevo dubbi che potesse essere effettivamente il mio ultimo match. Non nego che al novantesimo ho provato una sensazione strana, qualcosa era scattato dentro di me. Inoltre l’arbitro, che era Piero Silvio Mazzoleni, a metà del secondo tempo disse, dedichiamo tutto quella che resta a Michele”. L’ARBITRO: SCUOLA DI VITA. “Io credo che l’arbitro possa essere influente sui
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questa carriera a 15 anni, è un’esperienza che ti forma che ti aiuta a diventare uomo. Devi prendere le decisioni che sono giuste, contraddistinte da equità, correttezza, rispetto delle regole”. TERRONE. “Siamo abituati alle offese che spesso sono simpatiche, quasi divertenti, ma alcune sono davvero fastidiose. Certe evoluzioni della società poi si trasferiscono sugli spalti degli stadi; erano gli inizi della Lega, il modo in cui mi era detto ‘terrone’ in alcuni stadi del Nord mi procurava notevole fastidio”. L’ARRICCHIMENTO CULTURALE. “La possibilità di viaggiare tantissimo e di conoscere culture, paesi e realtà lontane e diverse dall’Italia, è stata per ma una fonte di arricchimento culturale senza pari. Di ciò devo ringraziare l’Aia e la mia carriera da arbitro. In Tunisia, l’arbitro è visto quasi come un’icona, che rispetto. Vedere Pechino oppure quando sono stato in Qatar per la semifinale della coppa dell’Emiro. Una curiosità il manto erboso era perfetto, un biliardo. In pieno deserto, sembrava quasi incredibile. Poi torno in Italia, scendo a Caltanissetta al ‘Marco Tomaselli’ e mi sento dire il manto è spelacchiato perché ha piovuto poco, oppure è così perché ha piovuto ... troppo”. CONCLUSIONI. “Innanzitutto mi spiace, è il mio unico rammarico, che solo
Michele Giordano agli esordi, calpesta la sabbia del Valentino Mazzola di San Cataldo. Sopra il guardalinee nisseno con Luca Banti e Simone Ghiandai insieme ai colleghi arabi per la Coppa dell’Emiro Doha-Katar 2011. A destra Giordano in azione per la partita Napoli Genoa del 30 settembre 2012 giocata al San Paolo a porte chiuse
giovani e nello sport se considerato nel suo ruolo di giudice super partes. Mi sento ancor più di consigliarlo quasi come una palestra di vita. Oggi s’inizia
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adesso mio figlio, che ha nove anni, stia iniziando a capire cosa faccio. Sono stato orgoglioso di portare in giro il nome di Caltanissetta, anche se da quando sono sposato abito a San Ca-
taldo. Mi permetto di aggiungere che si potrebbe provare nel calcio a creare quel famoso ‘Comprensorio Nisseno’ di cui si parlava qualche anno fa. Cito ad esempio l’Albinoleffe che prima della fusione, era formata dall’Albinese e dal Leffe che a malapena lottavano per la salvezza in serie D. Come capoluogo, mi riferisco a quello nisseno, grazie ai tanti viaggi che ho compiuto, mi rendo conto che ancora dobbiamo fare tanta strada in moltissimi settori. Chiudo con una curiosità…non ho neanche una bandierina da appendere al chiodo perché a noi la bandiera (quella elettronica) la consegna l’arbitro prima della gara!”.
Il professionista delegato Avv. Marco Vizzini avvisa che in data 04 ottobre 2013, alle ore 11,00 presso il proprio studio sito in Caltanissetta Via Libertà n. 114, procederà alla vendita senza incanto, del seguente immobile: LOTTO Unico): la piena proprietà di un appartamento sito in Mussomeli, Via Giovino n. 3, composto da un piano terra ed un piano primo. Censito al C.F. del Comune di Mussomeli, al foglio 29, particella 3806 sub. 2, cat. A/5, cl. 2^, cons. vani 2,5, R.C. Euro 56,81. Prezzo base: Euro 5.800,00. Offerta in aumento non inferiore ad € 500,00. Domande di partecipazione in bollo entro le ore 12,00 del giorno precedente la data fissata per la vendita presso lo studio del professionista delegato, Avv. Marco Vizzini. Cauzione: 10% del prezzo base del lotto mediante assegni circolari non trasferibili intestati a “Avv. Marco Vizzini n.q. Divisione n. 2206/2007 R.G.”. Versamento residuo prezzo entro 60 giorni da aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà in data 11 ottobre 2013 alle ore 11:00, al prezzo base sopra indicato con offerte in aumento non inferiore a Euro 500,00. Domande di partecipazione in bollo da depositare entro le ore 12:00 del giorno precedente la vendita con assegni circolari non trasferibili di importo pari al 10% del prezzo base a titolo di cauzione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’incanto, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c. Bando integrale, ordinanza di vendita e relazione di stima degli immobili consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it .Per ogni ulteriore informazione rivolgersi presso lo studio del professionista delegato, Avv. Marco Vizzini, ogni Lunedì e Giovedì dalle 17,00 alle 19,00. Caltanissetta lì, 12.06.2013 Avv. Marco Vizzini
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ESTRATTO DI VENDITA PROCEDURA ESECUTIVA n. 11/07 R.G.E. Il professionista delegato Avv. Antonietta Calabrese rende noto che in data 11/09/2013 alle ore 17.30 presso il suo studio sito in Caltanissetta Via Sardegna n.17, avrà luogo la vendita senza incanto di: LOTTO UNICO: Fabbricato di antica costruzione destinato a civile abitazione sito in Vallelunga Pratameno via R. Pilo 106 prospiciente anche sulle vie Verdi e Castrogiovanni formato da un primo piano con cinque vani oltre cucina, bagno e doppio servizio della superficie di mq. 159,00 e da un secondo piano formato da quattro vani sottotetto destinato a soffitta della superficie di mq. 142,56 con annesso terrazzo della superficie di mq. 19,07. Vi è difformità tra la planimetria catastale e la reale consistenza dell’immobile. Censito nel NCEU del predetto comune al foglio 25/A, particelle 1104 sub 2, 1105 sub 2 2 1106 sub 2, p.I, categoria A/3 , classe 2, vani 7, rendita € 169,91. L’immobile non è dotato di certificato di qualificazione energetica, per il cui rilascio si prevede il costo di € 1.000,00 circa. Prezzo base € 69.530,00 con rilancio minimo pari ad € 4.000,00. Deposito offerte in bollo in busta chiusa entro il giorno antecedente alla data della vendita ore 12 presso lo studio del delegato. Eventuale vendita con incanto si terrà il 18/09/2013 ore 17.30. Deposito domande entro il giorno antecedente alla data della vendita. Maggiori informazioni presso il professionista delegato, tel/ fax 0934.553458 e su www.astegiudiziarie.it. Il Professionista Delegato
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