il Fatto Nisseno - settembre 2013

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GIOVANI & DROGA

IL PERSONAGGIO

Le dimissioni del primo cittadino: polemica infinita

Gli adolescenti vittime del fascino dello spinello

L’ex ferrarista infiamma il pubblico della Coppa Nissena

di L. Rovetto

di M. Benanti

di A. Di Vita a pagina 30

a pagina 20

a pagina 26

RESS

FREE P

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

-

redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

- Tel/Fax: 0934 594864

Settembre 2013 Anno III Num. 23

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Salute & società

L’abbraccio della speranza Padre

L’incontro di D. Polizzi

L’ex biancoscudato Davide La Paglia in tackle sulla SLA

Mario

“ON THE ROAD” Il decennale del vescovo che ama stare tra la gente Il nisseno gioca la sua partita più importante contro la sclerosi laterale amiotrofica che lo ha colpito nel 2008: è il “capitano” dell’AISLA Caltanissetta. In questa difficile battaglia al suo fianco la moglie Daniela e le figlie Ester e Sofia.

a pagina 24 foto di Lillo Miccichè

D

Fatti & Palazzo del Carmine

ieci anni durante i quali lo Spirito ha soffiato più forte sulla nostra terra e nei nostri cuori: il 27 settembre 2003 veniva tra noi il Vescovo Mario, Mons. Mario Russotto, il vescovo più giovane d’Italia quando era stato scelto personalmente da Giovanni Paolo II come Pastore di Caltanissetta. Consacrato nella nostra Cattedrale (era la prima volta nella

storia della Diocesi), alla presenza di tutti i Vescovi della Sicilia che avevano sfilato tra le navate gremite all’inverosimile con una solennità sconosciuta ai nisseni: ad imporgli le mani il cardinale De Giorgi, primate di Sicilia, e il cardinale Pappalardo, che gli aveva donato l’anello della sua consacrazione episcopale; un passaggio di testimone impegnativo e ricco di significati,

tra il “Vescovo di Sagunto”, simbolo della resistenza civile dei siciliani e il “Vescovoragazzino” (come avevano titolato i giornali alla notizia della sua nomina) mandato in una terra difficile e piena di contraddizioni, da troppi anni ripiegata sul proprio declino economico, sociale, culturale, fino ad avere abbandonato ormai anche la speranza nel proprio futuro.

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La seconda commissione consiliare dichiara guerra all’assessore Milazzo

di S. Mingoia

a pagina 10

L’INTERVISTA

Quattro chiacchiere con Gaetano Armao ex assessore regionale

CHILDREN

L’avvocato palermitano che reggeva il dicastero dell’economia durante la giunta Lombardo, analizza i primi dieci mesi del governo Crocetta, la situazione economica e le roventi polemiche delle ultime settimane. di P. Falci

cettina bivona

segue a pagina 22 scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

Caltanissetta

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ISSN: 2039/7070

SAN CATALDO


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I Fatti di

Etico

La corsa più pazza del mondo L

a corsa alla poltrona di Sindaco di Caltanissetta sembra sempre più assomigliare alla fortunata serie di cartoni animati, la corsa più pazza del mondo. Pare già di sentire la voce di Ferruccio Amendola che commenta il cartoon preannunciando che ha nastri di partenza si presentano: con la vettura 00 emblematicamente contrassegnata da questa cifra i nostri

Dick Dastarly e Muttley ossia Alessandro Pagano e Michele Campisi. Il ghigno di Muttley, le imprecazioni di Dastardly («Accidenti, doppio e triplo accidenti») e la sua classica vana invocazione d’aiuto («Muttley, fa’ qualcosa!») sono tratti caratteristici e punti di forza di questo sfortunato duo che si ripresenta ai nastri di partenza inseguendo la vittoria ma adesso pronti ad ogni tipo di scorrettezza fino al paradosso di tendere trappole agli altri concorrenti aspettandoli lungo

la strada e rinunciando al vantaggio, in verità ormai inesorabilmente perso. Nel ruolo di Rufus Ruffcut,a Spaccatutto, vettura 10, è occupata da un rude boscaiolo (il cui cognome, in inglese, suona come “taglio approssimativo” (rough cut), idiomatico per “qualcosa fatto alla bell’e meglio”: è, naturalmente, una macchina di legno con al posto delle ruote altrettante seghe circolari in grado di tagliare via gli eventuali ostacoli. Ruo-

lo perfetto per Gioacchino Lo Verme che spera in un successo nel ruolo di outsider. Penelope Pit Stop è Maria Grazia Bonura, la “bella” del cartone, guida la vettura 5: il Vezzoso Coupé, di colore giallo e rosa e dotata di tutti gli accessori per la cura della persona e il trucco. “Pit-stop” significa “sosta ai box”. La celeberrima frase di Penelope Pitstop è: «Oh mio Dio...», ad ogni sosta improvvisa. Sembra di sentirla già adesso imprecare con

tono gentile alla continua richiesta di stare buona ai box, per ora, da parte di Lumia e Crocetta Irrompe Peter Perfect. È il damerino della gara, sempre galante e sempre pronto a corteggiare Penelope. La vettura 9, denominata Sei Cilindri o anche

Turbo Terrific è l’unica vera auto da corsa, simile a un dragster, e ha la singolare caratteristica di riprendersi da ogni incidente con una semplice scrollata, come fosse di gomma. E’ lui, Gianluca Miccichè che non potendosi candidare, essendo deputato regionale, si è iscritto alla gara ma senza presentare il conduttore…. Ed ecco L’Insetto Scoppiettante. A bordo della vettura 8 sta il classico montanaro, Luke, che sonnecchia quasi tutto il tempo guidando coi piedi, con il nervosissimo e freddoloso orso Blubber (il blubber è il grasso che protegge i mammiferi marini dal freddo) alle sue spalle. L a

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Alessandro M. Barrafranca Marco Benanti Carlo Campione Rino Del Sarto Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Filippo Falcone Salvatore Falzone Annalisa Giunta Leda Ingrassia Lello Kalos Donatello Polizzi Lucilla Rovetto Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864

vettura è di legno e mossa da una rudimentale caldaia. Che non somigli a Rudy Mai-

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AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA ESEC. IMM. N. 71/11 R.G.E.

ra? Appaiono più agguerriti che mai Clyde e la sua banda. Sette nani gangster sono gli occupanti della vettura numero 7, la Macchina Antiproiettile: si tratta di una banda degli anni venti, su auto d’epoca, capeggiata dal permaloso boss Clyde. Determinatissimi nella loro corsa, sembrano quelli di Caltanissetta Protagonista con alla guida Michele Giarratana, chissà cosa riserverà loro Dick Dasterly! Da non sottovalutare L’Armata Speciale. La vettura 6 è il mezzo militare della corsa: un carro armato, guidato dal soldato Meekly (“meek” significa “mite”) agli ordini del guerrafondaio sergente Blast (ovvero “esplosione”), che per darsi una spinta a volte sfrutta il rinculo del cannone. Il cannone rappresenta eufemisticamente le palle girate della gente mentre sul carro armato sembra di scorgere Giancarlo Cancelleri, non si intuisce se sia alla guida o se dia gli ordini! C o n grande forzatura non essendo “max” ma soltanto “red” Red Max è Fausto Marchese. È un asso dell’aviazione (!) che si ispira a due figure reali: il pilota tedesco della prima guerra mondiale Maz Immelmann ed il Barone Rosso. La vettura 4, lo scarafaggio volante, è perciò una specie di aereo, ma capace di semplici balzi di cui il concorrente si serve per scavalcare avversari e ostacoli. Proverbiale è la sua descrizione da parte della voce fuori campo nei titoli di coda dell’edizione italiana: «Red Max, balzellon balzelloni, avanza spedito». Marchese e il suo movimento Renziano Big Bang sembrano andare proprio a balzelloni. Ai nastri di partenza anche il profes-

sor P a t Pending. È lo scienziato pazzo alla guida della vettura 3: la Multiuso capace, con accorgimenti tecnici, di trasformarsi in qualsiasi altro mezzo di trasporto idoneo a superare gli ostacoli a volte insormontabili che la gara propone. La formula inglese “Pat. Pending” significa “Brevetto in corso di approvazione”. Sergio Iacona aspetta l’approvazione da parte di qualcuno, ci riuscirà? I fratelli Slag pilotano la MacignoMobile vettura numero 2, una macchina di pietra pilotata da due rozzi cavernicoli: gemelli coperti di lunghi capelli e armati di una clava che usano talvolta per bastonarsi a vicenda, talaltra per “ricostruire” il mezzo andato in frantumi in qualche incidente. Li potremmo assimilare a qualcuno che ha interesse nelle trasmissioni via etere?

Il Diabolico Coupé richiama invece in qualche modo la loro tetra dimora. Sulla macchina, pilotata da due mostri (i fratelli Big e Little Gruesome, “gruesome” significa “orribile, pauroso”), è montata una sorta di cella campanaria circondata di pipistrelli: un drago al suo interno funge da propulsore dell’auto. In questa fantastica e immaginaria corsa non immaginiamo e non ci auguriamo ci siano mostri per cui il Diabolico Coupè resta ancora senza pilota. Uno strano anticipo sta caratterizzando la corsa più pazza della città e purtroppo quel diabolico coupé oggi non si nega a nessuno.

LOTTO UNICO - Comune di San Cataldo, Via Croce Vecchia, 25/27. Fabbricato composto da deposito al p. terra e 3 stanze in pessimo stato al p. primo. NCEU Fg 52, p.lla 4430. Prezzo base: Euro 20.700,00. Vendita senza incanto: 15/11/2013 ore 16.30, innanzi al professionista delegato Avv. Rita Iannello presso lo studio in Caltanissetta, Via M. Guttadauria, 6. In caso di mancanza di offerte, vendita con incanto: 25/11/2013 ore 16.30 rialzo minimo Euro 1.035,00. Deposito domande e/o offerte entro le 12 del giorno non festivo precedente la vendita c/o suddetto studio unitamente al 10% del prezzo offerto come cauzione. Maggiori info presso studio del delegato ore 16.30-19.30 tel. 0934/565538 e/o su e www. astegiudiziarie.it. (Cod. A239600)

TRIBUNALE DI CALTANISETTA ESPROPRIAZIONI IMMOBILIARI N.79/04 R.ES.IMM.

Il cancelliere rende noto che, all’udienza dei 16/10/13 alle ore 12,30 nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale, avanti il Giudice dell’esecuzione avrà luogo la vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: Appezzamento di terreno sito in Vallelunga Pratameno c.da Manca di forma trapezoidale con leggera pendenza, estesa mq. 4.200, coltivato in parte ad uliveto,con insistente fabbricato rurale della superficie di mq.14 in pessimo stato di conservazione. Il fabbricato non inserito in mappa e realizzato senza le prescritte autorizzazioni,è stato ritenuto sanabile dall’ esperto. Nel catasto terreni del predetto comune al fg.12 part. 146, seminativo di classe 2, redd. dominicale 20,61 ed agrario € 6,51. Prezzo minimo dell’offerta 8.180,00. Con tutti i diritti, dipendenze, pertinenze, accessori e servitù. Il tutto come meglio descritto in perizia agli atti. Ognuno, eccetto il debitore è ammesso a fare offerte personalmente o per mezzo di procuratore legale anche per persona da nominare, a norma dell’art. 579, ultimo comma C.p.c. Le offerte di acquisto redatte secondo le modalità- e con l’indicazione contenute nell’ ordinanza di vendila dovranno essere presentate in bollo in busta chiusa indirizzata alla Cancelleria della Sezione Civile del Tribunale di Caltanisetta - Ufficio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precederne la data per l’esame delle offerte. Inoltre in caso di mancanza di offerte di acquisto senza incanto ovvero per qualunque altra ipotesi in cui la vendita senza incanto non abbia luogo si terrà la vendita con incanto il giorno 30.10.2013 alle ore 12,30. Il prezzo base d’asta per il lotto è di € 8.180.00 Offerta minima in aumento € 500,00 Le domande di partecipazione alla vendita con incanto redatte secondo le modalità e con le indicazioni contenute nell’ordinanza di vendita dovranno essere presentate in bollo indirizzata alla Cancelleria del Tribunale di Caltanissetta Ufficio Esecuzioni Immobiliari, entro le ore 12 del giorno precedente a quello stabilito per l’incanto. Maggiori informazioni, anche relative alle generalità del debitore, possono essere fornite dalla cancelleria, (ove è possibile visionare la perizia di stima) e sul sito internet, www.astegiudiziarie.it Caltanissetta 06.08.02013 Il funzionario giudiziario

TRIBUNALE DI CALTANISETTA

ESPROPRIAZIONE IMMOBILIARE N° 3/2009 R.ES. IMM.

II cancelliere rende noto che all’udienza del 02 ottobre 2013 alle ore 12.30, nella sala delle pubbliche udienze di questo Tribunale avanti il Giudice dell’esecuzione avrà luogo la vendita senza incanto del seguente bene immobile: LOTTO UNICO Fondo rustico sito in Serradifalco Contrada Cusatino della superfìcie catastale di are 20.27 ricadente in zona E del piano regolatore generale vigente e allo stato incolto. Quota di un mezzo(l/2) di piena proprietà di un terreno costituente strada di accesso al fondo sopra descritto. Distinti al N.C.T. del predetto comune il fondo al foglio 17 p.lla 728, vigneto di 2A, ha 00.20.27 con R.D. £20.94 e R.A. € 7.33 e il terreno , costituente strada di accesso, al foglio 17 p.lla 725, vigneto di 2 A ,ha 00.08.60 con R.D. € 8,88 e R.A. 3,11 e p.lla 727, vigneto di 2A , ha 00.08.70 con R.D. € 8,99 e R.A. €3,15. Prezzo minimo del l’offerì e € 8.676,00; Inoltre in caso di mancanza di offerte di acquisto senza incanto ovvero per qualunque altra ipotesi in cui la vendila senza incanto non abbia luogo sì terrà la vendita con incanto il giorno 16 ottobre alle ore 12.30. Il prezzo base d’asta per il lotto è di €. 8.676,00. Offerta minima in aumento €. 500,00.


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10 anni con il vescovo Mario

L’ abbraccio della di Fiorella Falci

SPERANZA

...Segue dalla prima

E

invece speranza e futuro erano diventate da subito le parolechiave del magistero del Vescovo Russotto,nato a Vittoria nel 1957, ordinato sacerdote nel 1981, a Ragusa, dal Vescovo Angelo Rizzo (di origine nissena), che aveva svolto il suo ministero alternando l’impegno pastorale all’approfondimento degli studi teologici e biblici a Roma, proseguiti con la docenza in Sacra Scrittura presso la Facoltà Teologica di Palermo. Di particolare rilievo nazionale il suo ruolo di Assistente ecclesiastico della FUCI, la Federazione Universitari Cattolici, dal 1991 al ‘98, (in cui aveva avuto un illustre predecessore, Giovan Battista Montini, il futuro PaoloVI). Studioso e intellettuale di straordinaria profondità, aveva diretto a Palermo il Centro Regionale per la formazione permanente del clero, dedicando alla formazione evangelizzatrice decine di pubblicazioni e di saggi, ed un’intensa attività di direzione di corsi biblicoteologici in tutti i continenti (Stati Uniti, Messico, Cuba, Paesi Scandinavi, Polonia, Inghilterra, Estonia), alternando ad essi incontri importanti con personalità internazionali come Lech Walesa e Fidel Castro, su mandato di Papa Wojtila. Da Giovanni Paolo II Mons. Russotto aveva recepito l’autenticità profonda con cui vivere la fede e la coerenza nel testimoniarla, esprimendone la gioia con una comunicazione immediata, fatta di gesti di accoglienza e nello stesso tempo di rigore esigente, così come la disponibilità del cuore nell’autenticità delle relazioni umane, con uno stile amabile e cordiale capace di andare oltre la formalità della cortesia, comunicando la forza del sentimento d’amore comefondativo della stessa fede, e con cui guarda ciascuno, accogliendolo nell’ascolto e nella condivisione. L’altra eredità importante l ’a t t e n z i o n e verso i giovani, interlocutori privilegiati di tutto il suo magistero episcopale, destinatari, per la prima volta, di una Lettera pastorale a loro dedicata: “Vivere la gioia per dare senso alla vita”. Il tempo da dedicare ai poveri e la responsabilità verso i giovani e la costruzione del futuro hanno animato in questi anni la sua presenza nel nostro territorio, e la sua energia nello spingere con la volontà e con

il cuore la società nissena verso la rinascita, il risveglio delle coscienze, la libertà nella vita e nelle scelte delle persone e delle famiglie, con la passione esigente della coscienza libera e dell’autorità morale, e la tensione etica di chi sa testimoniare sempre coerenza tra valori e comportamenti, tra il pensare e l’agire, tra il dire e il fare. Dello stesso segno l’attenzione costante del Vescovo Russotto per il Seminario e la formazione al sacerdozio dei giovani: 17 nuovi sacerdoti ordinati nel corso di questi 10 anni, (l’ultimo pochi giorni fa), una cura particolare nell’apertura al mondo con viaggi periodici dei seminaristi in tutti i continenti, a contatto diretto con espressioni diverse dell’esperienza cristiana; ordinazioni sacerdotali celebrate in Uganda, in Brasile, proiettando questa nostra piccola diocesi nell’orizzonte di una mondialità spirituale capace di stare dentro il contesto contemporaneo con l’autorevolezza di chi è portatore di una parola di verità, che deve sapere parlare le lingue degli uomini per essere

compresa, interiorizzata e diventare conversione reale della vita. Ed è stata una Chiesa in movimento, quella di Caltanissetta, in questi 10 anni di episcopato del Vescovo Mario, risvegliata dalla sua energia esigente e generosa intorno alla lettura e allo studio della Parola. Una visita pastorale durata quasi tre anni, che lo ha portato a visitare ogni angolo della Diocesi, in un abbraccio di conoscenza intelligente che ha toccato tutti gli ambienti sociali, tutte le età, tutte le condizioni.

Speranza e futuro sono le parole chiave del magistero di Mario Russotto Undici lettere pastorali, non documenti rituali e rivolti all’interno della Chiesa-istituzione, ma occasioni di comunicazione e di dialogo autentico con il popolo dei credenti e dei cercatori di senso e di verità. Cinque nuove chiese completate e aperte al culto,e un’architettura nuova anche delle coscienze che si va costruendo nel nostro territorio grazie alla sua azione pastorale: con esperienze innovative come il microcredito per le famiglie in difficoltà e le microimprese giovanili (l’unico in Italia che fornisce prestiti senza interesse), le cooperative sociali promosse con il Progetto Policoro, le iniziative di accoglienza e di tutela dei giovani a rischio (recente l’apertura della Locanda del Buon Samaritano a S.Cataldo a cura di Nuova Civiltà). Esperienze che puntano a costruire autonomia nei soggetti più fragili, autostima e libertà di coscienza, premesse per una fede matura e per una cittadinanza consapevole, anticorpi di legalità in un territorio profondamente segnato anche dalla presenza della criminalità organizzata. Otto IGF, le Giornate dei Giovani e delle Famiglie, scommessa del dialogo intorno alla ricerca di senso che renda la famiglia ancora una comunità accogliente, luogo dell’ amore solidale e della formazione alla cittadinanza responsabile. Più di cinquanta Aggregazioni Laicali, coordinate da una Consulta Diocesana che anno dopo anno, nei suoi Convegni, approfondisce l’impegno dei laici intorno ai temi dello sviluppo del territorio, del futuro delle giovani generazioni, della sfida educativa. E infine il Biennio Biblico

diocesano, missione capillare di evangelizzazione intorno alla riflessione sulla Sacra Scrittura, testimonianza viva di quel motto episcopale “In verbistuismeditabor” (Nelle tue parole mediterò) assunto da Mons. Russotto come stella polare di un’azione pastorale profonda, capace di scavare nelle coscienze, di sostenere la speranza, di offrire un orientamento morale autorevole e accessibile allo stesso tempo. Alla centralità della Sacra Scrittura nell’azione pastorale è stato dedicato un impegno prioritario, con l’introduzione, in tutte le chiese della Diocesi, il giovedì pomeriggio, della Lectio biblica sui testi della Messa della domenica. Il metodo della Lectio biblica gli ha consentito di fondare il suo progetto di evangelizzazione sulla roccia della Parola di Dio e non su una semplice predicazione morale: ai giovani, alle famiglie, agli educatori, ai religiosi e anche ai politici e agli amministratori della cosa pubblica sono stati dedicati cicli di lectio bibliche. Quasi ogni anno, nell’Aula consiliare del Comune di Caltanissetta le sue Lectio hanno scandito un percorso di approfondimento del rapporto tra fede e potere che ha interrogato radicalmente il mondo della politica e delle istituzioni del territorio. Rigoroso e “senza sconti” il suo rapporto con la politica locale; rispettoso dei ruoli istituzionali e della laicità dell’impegno politico anche dei cristiani, ma esigente rispetto alla capacità di dare risposte concrete ai bisogni del territorio: dalle strade al lavoro, dall’acqua alla buona sanità, vere e proprie battaglie etiche e civili, condotte a volte con parole di fuoco, come quando ha lanciato il suo anatema contro la sanità asservita a torbidi interessi politici, che priva i cittadini della dignità nella malattia e del rispetto dei loro diritti. Azione pastorale quindi, quella di mons. Russotto, capace di parlare alle domande della condizione umana nella concretezza della vita quotidiana, ma sempre determinata ad indicare il percorso spirituale, il respiro dell’anima, la “misura alta” della vita cristiana, a partire da una chiesa capace di evangelizzare se stessa per essere credibile nei confronti del suo popolo, capace di affascinare e riconquistare i disorientati, i delusi, gli sconfitti, nel condividere un’esperienza religiosa segnata dalla gioia, dalla speranza attiva, dall’impegno. Respiro per l’anima quindi, per irrobustire la coscienza e la responsabilità dei soggetti, per spingerli a prendere nelle mani la propria vita con determinazione, coltivando la fatica e la gioia della speranza con la volontà di uscire dall’indifferenza e dalla “solitarietà” che spesso spengono il nostro sguardo verso il futuro. Fare crescere un popolo di Dio che sia anche un popolo forte di una propria identità di cittadinanza, superare la rassegnazione, premessa della

sottomissione al clientelismo e del cedimento alla corruzione, costruire una società civile consapevole e matura, capace di interrogarsi e di interrogare costruttivamente le istituzioni, il potere, anche quello della Chiesa. La santità alla portata di tutti i credenti, non come condizione “eccezionale” ma come esperienza accessibile per tutti: alzare l’asticella degli obiettivi del popolo di Dio, ben oltre la devozione e una pratica della vita cristiana burocraticamente trascinata senza trasformare la propria vita. Questo il senso profondo, “popolare”, dell’impegno di Mons. Russotto per la valorizzazione delle esperienze di santità espresse dal nostro territorio: Padre Angelico Lipani, Mons. Intrecciatagli, Marianna Amico Roxas (già venerabile); e poi l’apertura del processo di beatificazione di Mons. Giovanni Iacono, quinto vescovo di Caltanissetta, di cui è stata già completata la fase diocesana.. Valorizzazione della santità ma anche “purificazione della memoria”, alla maniera di Giovanni Paolo II, nei confronti di tante pagine poco luminose della storia della chiesa nissena: dai “carusi” morti in miniera (che non ricevevano funerali religiosi fino al 1958) per i quali ha celebrato messa nel loro piccolo cimitero di Gessolungo, a Mons. Ignazio Zuccaro,

In 10 anni di episcopato, 11 lettere pastorali e 17 sacerdoti ordinati terzo vescovo nisseno, protagonista della intensa stagione dei “preti sociali” tra ‘800 e ‘900, vittima di una persecuzione che lo costrinse alle dimissioni, nel 1906, riabilitato da uno studio del prof. Mangiavillano e solennemente riportato, per volontà di Mons. Russotto, nella sua Cattedrale dove è stato sepolto, dopo un secolo, dal cimitero di sant’Orsola, a Palermo, dove giaceva dimenticato. Una voce autorevole e spesso scomoda, quella del nostro Vescovo, mai accomodante con i poteri forti e sempre disponibile all’impegno per la nostra gente, rigoroso nel ricordare ad ognuno le nostre responsabilità, attento alle fragilità sociali e morali, generoso nel coraggio che infonde a tutti, chiedendoci uno sguardo capace di futuro. Grazie, Padre Vescovo Mario, e auguri per tanti altri anni luminosi di episcopato tra noi. Grazie per la speranza che ci ha indicato e per il coraggio con cui la alimenta. Quell’”abbraccio della speranza” con cui ha intitolato la sua ultima lettera pastorale, che sentiamo rivolto con affetto al cuore di ognuno di noi.


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Viale Regina Fatti in Curia

La nostra redazione ha incontrato Sua Eccellenza il vescovo Mario Russotto nel suo ufficio. Da dieci anni regge le sorti della chiesa Nissena: momento di bilancio, analisi e indicazioni per il percorso futuro. L’editore Michele Spena e Donatello Polizzi hanno compiuto un viaggio che ha attraversato alcuni dei momenti salienti dell’esistenza di un uomo che, guidato dalla fede e dalla parola di Dio, ha vissuto e vive gior-

Margherita

ni di grande intensità. In questo numero i Fatti della Curia prendono il posto della rubrica Fatti in Redazione. E’ stato difficile redigere l’articolo, non si possono condensare in ‘poche’ righe le emozioni scaturite dall’animo e dal cuore di un Vescovo che ci ha condotti per mano a ‘vivere’ le difficoltà di chi quotidianamente sorretto dalla Provvidenza si confronta con gli uomini e le sue debolezze.

La centralità della parola di Dio e della persona, direttive fondamentali del mio cammino di Michele Spena e Donatello Polizzi Due lustri alla guida della chiesa nissena. Dieci anni di Mons. Mario Russotto il vescovo “on the road” con chiaro riferimento al mitico Jack Kerouac ed al suo romanzo autobiografico nel quale scrisse: « Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati» «Dove andiamo?» «Non lo so, ma dobbiamo andare». Il vescovo non conosce il percorso ma è certo della guida della Provvidenza: la strada è lastricata di prove e difficoltà ma illuminata dalla fede e dalla Parola di Dio. L’INIZIO. “Io non volevo essere vescovo anche se come dice san Paolo ‘desiderare l’episcopato è una cosa buona’. Quando sono arrivato nel capoluogo nisseno, ho vissuto il mio episcopato con pienezza e dedizione, le stesse che mi hanno accompagnato nel mio essere parroco. Ho sempre dovuto cominciare da zero ma quando andavo via, lasciavo le cose

missione. LE DIRETTIVE. “Tratti portanti del mio agire sono due. Il primo è LA CENTRALITA’ DELLA PAROLA DÌ DIO o si comincia dalla Bibbia oppure facciamo moralismi e chiacchiere inutili, il secondo LA CENTRALITA’ DELLA PERSONA, la dimensione umana. La novità assoluta del cristianesimo è il primato dell’uomo, Dio si è fatto uomo: l’umanità diventa la porta del cielo. Il

dre Generale delle suore francescane, due suore per accogliere la gente, per fare in modo che le persone potessero sentirsi a casa. I primi otto mesi ho abitato in seminario. In seguito grazie alla Cei e alla Provvidenza, siamo riusciti a renderlo sobrio, accogliente ma senza ricercatezze; elemento dominante l’armonia in modo che ognuno possa sentirsi in pace”. Le azioni non sono dettate solo dal-

troterra siciliano vi era un mobile bellissimo, francese, del XIV secolo (ovviamente munito di tutti i certificati del caso) ma dal costo di 29.500 euro; la cifra mi fece sobbalzare sulla sedia. Mai e poi mai avrei potuto impiegare tanti soldi a tale scopo. Un giorno decisi di mettermi in macchina e con 2500 euro in tasca mi recai a vedere tale meraviglia lignea. Trovai un vecchietto scoraggiato, prossimo

L’Incontro. Un fiume dialettico ‘pieno’ di emozioni: Padre Mario racconta con ...fede

Russotto, vescovo “On the road”

mio ministero lo vivo con umanità: al di là di ogni scelta di fede, credente o non, cattolico o no”. Superato l’impatto dell’arrivo nel capoluogo nisseno e guidato dalla fede,

la volontà degli uomini, ci sono altre parti che ad alcuni possono apparire casuali ma che per altri sono facilmente identificabili e assumono nitidamente e chiaramente i tratti

a chiudere l’attività poiché da mesi non vendeva uno spillo. Mi presentai. A quel punto l’anziano mi chiese di pregare per lui. ‘Io ti regalo 2500 euro per quel mobile. Se tu nei prossimi giorni dovessi vendere qualcosa, mi porti il pezzo altrimenti tranquillamente tieniti pure questa cifra’. Mi prese per pazzo, io gli lasciai il mio biglietto e me ne tornai in città. Nel pregare il Signore gli dissi di non farmi fare questa brutta figura. Dopo quattro giorni, l’anziano mi chiamò

I pregi dei nisseni: il cuore e la semplicità. I difetti, la rassegnazione e il camaleontismo

avviate. Quando sono arrivato qua, intanto volevo ascoltare il cuore della gente, era una delle poche diocesi che non conoscevo”. Le direttive portanti della sua missione sono ben chiare, un binario saldo su cui Monsignor Russotto si è incamminato per compiere la sua

segnati. Gli abitanti di questa città non farebbero mai una rivoluzione, aspetterebbero sempre che fossero gli altri a iniziarla e poi si accoderebbero. Credo che ciò accada perché provengono dalla cultura del sottosuolo, con riferimento alle Miniere. Sono stati sempre costretti a subire, ad accodarsi ma mai ad alzare la testa o a prendere l’iniziativa. I Nisseni stanno bene sotto tutti. L’altro difetto dei

era il momento di pensare alla casa, all’accoglienza. L’EPISCOPIO. “Al mio arrivo l’ho dovuto restaurare interamente era inagibile. Io desidero che la mia porta sia aperta a tutti. La tavola è sempre apparecchiata. Difatti non ho voluto nessuno dei miei parenti in episcopio, ho chiesto alla Ma-

dell’imperscrutabile volontà divina. Con sapiente arguzia Sua Eccellenza ci racconta una vicenda particolare. IL MOBILE. Molti amici con generosità mi aiutarono ad arredare lo stabile. Un architetto m’inviò un’email in cui mi comunicava che presso un antiquario di un paese dell’en-

singhiozzando, in lacrime, dicendo che il suo negozio era stato preso d’assalto. Puntuale, con un camion mi portò il mobile, e dopo avermi abbracciato, l’indomani mi consegnò inoltre quattro sedie che a suo dire si abbinavano perfettamente con l’arredamento della stanza”. Adesso è il momento di parlare dei nisseni. L’osservatorio privilegiato di cui gode il nostro interlocutore, può servire a capire meglio gli abitanti di Caltanissetta. DIFETTI DEI NISSENI. “Il difetto maggiore dei nisseni è la rassegnazione: Questo è un popolo di ras-

nisseni e che sovente non lasciano trasparire mai quello che realmente pensano. Io quello che ho nel cuore, ho nella mente e sulle labbra. Ho faticato a capire che il sì certe volte è no ma non per opposizione. Camaleontismo”. PREGI. “Il cuore, proprio perché è stata una gente sfruttata, oppressa, ha coltivato un’interiorità profonda. Hanno bisogno di tempo, non si sbilanciano ma poi ti danno il cuore. Non sono superficiali, né un popolo che si da delle arie. L’altro pregio prominente credo sia la semplicità che pero è incrostata. Cambiano se gli dai le carezze, l’ho imparato strada facendo. Hanno bisogno di sperimentare la paternità specialmente da parte dell’autorità, che forse qui a qualsiasi livello è sempre stata distante dal popolo, un corpo estraneo. Io ho fatto tanti matrimoni e battesimi di gente poverissimi, non osavano neanche chiedermelo. Ero io a offrirmi, questo ha spalancato i cuori”. Il parallelismo con il mondo del calcio è agevolato dalla passione che Monsignor Russotto ha per la Juventus,(a tal proposito sul nostro sito racconteremo una vicenda curiosa relativa alla maglietta di del Piero): le qualità della sua ‘squadra’ pastorale ossia i sacerdoti. I ‘MIEI’ PRETI. “Li apprezzo sinceramente, sono davvero bravi. Si tratta di un Presbiterio un po’ chiuso in se stesso, che si è trincerato anche rispetto ai movimenti post-sessantottini. Qui il clero ha saputo creare una trincea. Tutti s’impegnano con dedizione e generosità: un atteggiamento che mi edifica. Certo è ra-


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La preghiera è lasciarsi accarezzare l’anima dal Signore, sentire i brividi del rapporto con Lui. E’ una consonanza del nostro cuore con quello di Dio dicato l’individualismo, difficoltà a mettersi in rete in comunione con gli altri. A ogni ritiro mensile, mangiamo sempre insieme. Vengono ogni mese, da ogni paese per il ritiro spirituale. Ogni anno, da dieci anni, andiamo in due turni da tre giorni: approfondiamo, ci confessiamo. Vivono questi giorni con il vescovo: io sono a loro servizio. Io mi spendo per i miei preti, non dico mai di no”. I punti nodali del programma pastorale e come influiscono concretamente sullo sviluppo dei rapporti con i fedeli. LE TRE “P”: PAROLA DI DIO, PREGHIERA E POVERI. PAROLA DÌ DIO. “La Centralità della parola è fondamentale. Siamo l’unica Diocesi in Italia, non so nel resto nel mondo, in cui il giovedì, non vi è messa, perché c’è la lectio biblica: meditazione e preghiera sul brano del Vangelo della domenica successiva; si spiega da un punto di vista esegetico. Papa Francesco è rimasto gioiosamente sorpreso di scelta coraggiosa; analogo stato d’animo ha manifestato Benedetto XVI. Scelta condivisa anche da Enzo Bose, fondatore della comunità monastica di Bose”. Sua Eccellenza è dotato di un carisma percepibile. Ha la capacità di incidere sull’ascolto dell’interlocutore, introducendo dei ‘memorabili’ aneddoti che perfettamente attengono all’argomento trattato: a proposi-

Tre P fondamentali per il mio programma pastorale: Parola di Dio, Preghiera e Poveri to della Parola di Dio e della sua preminenza. IL SOLIDEO. “Durante la mia ultima visita a Papa Francesco come da inveterata tradizione il cerimoniere pontificio ha ricordato a tutti i vescovi di sollevare dal capo il Solideo, in segno di saluto. Il solideo è lo zucchetto che indossano i vescovi: il suo nome deriva da Soli Deo tollitur (lo si toglie solo davanti a Dio); infatti per evidenziare l’importanza dell’eucaristia, il celebrante e concelebranti tolgono dal capo lo zucchetto prima del prefazio e per tutta la liturgia eucaristica. Io ho avvisato il cerimoniere che non era mia intenzione toglierlo dinanzi al Papa: non è una mancanza di rispetto ma non servono questi atti ossequiosi, di servilismo. La discussione si ‘accende’, il cerimoniere insiste ma io sono irremovibile. Nel frattempo Papa Francesco arriva e si accorge della discussione in corso e chiede se ci sia qualche problema. Io ho detto Padre Francesco, io non lo tolgo anche per un altro motivo, non ho la testa da Vescovo. Il mio solideo è fuori misura, anche il più piccolo a me sta enorme. Il Papa mi ha detto, fai bene e mi ha abbracciato calorosamente”. LA PREGHIERA. “Sono convinto che la chiesa non sia un’associazione di beneficienza; la chiesa è un mistero, una comunità, un popolo che affonda le sue radici nel mistero della fede, ci vuole un rapporto pro-

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Auguri Don Mario, anzi Auguri Sua Eccellenza... e non per scherzo di Giovanbattista Tona

27 settembre 2003 il momento della consacrazione episcopale di Mario Russotto compiuta dal Vescovo consacrante Cardinal De Giorgi

fondo con il Signore. I fedeli non devono “sentire la messa”ma vi devono partecipare. La preghiera è lasciarsi accarezzare l’anima dal Signore, sentire i brividi nel rapporto con lui: bisogna educare la gente a pregare. La preghiera non è un mero rito devozionale, dire bla bla bla, è una consonanza del nostro cuore con il cuore di Dio, la preghiera come adorazione. POVERI. “Voglio ricordare tutti i progetti della Caritas. Abbiamo attinto ai fondi Cei e coinvolto le amministrazioni; realizzato progetti per più di due milioni di euro. Creato quattordici cooperative di giovani. Mi piace citare le ricamatrici di Santa Caterina, i cui prodotti ho portato al Papa Francesco: tutto quello che serve per l’altare. Era confezionato in una busta di cotone in cui era ricamato il suo stemma. Il tutto adorna l’altare di Santa Marta in cui il Pontefice celebra la messa. Un cenno merita il Microcredito, anche per le famiglie; per le imprese con l’uno per cento d’interesse fino a 25.000 mila euro. La gente si accorge che le cose le fai concretamente”. Attenti, immersi nell’ascolto e nella riflessione che spontanea nasce dai molti spunti offerti dallo spessore degli argomenti trattati, ci spingiamo un passo avanti; dalla religione all’etica. Caltanissetta la città della legalità. LEGALITA’. “Prima non si parlava mai di legalità, il parlarne è importante. La gente familiarizza con certi concetti o valori. Ci sono però troppi sbandieratori; siamo in Sicilia, usiamo concetti e parole per coprire le magagne: ammantato di legalità, ognuno fa quella che vuole. Ho diffidenza verso i parlatori di legalità, preferisco quelli che si spendono con le opere”. Mario Russotto, è lucido nella sua analisi, consapevole del suo tempo e di come si possa incidere nella

vita dei fedeli, con quali modalità si possa innestare nella Chiesa energia nuova, positiva, catalizzante: “Non possiamo aspettare le persone, dobbiamo andarle a cercare. Tante volte noi uomini di chiesa abbiamo mostrato tutto tranne il Vangelo. Io amo questa città. Ho ampiamente dimostrato che non voglio andare da altre parti almeno che non sia il Signore a dirmelo. Per compiere la mia visita pastorale ho impiegato tre anni. Ho

L’assistente spirituale della FUCI Mario Russotto con Giovanni Paolo II (1992)

visitato tutte le parrocchie e ho dormito in ciascuna per una settimana. Ho portato la comunione a tutti gli ammalati della diocesi, oltre sei mila, sono entrato nelle case di tutti”. ...Continua a pagina 8

Ho conosciuto Monsignor Mario Russotto, quando non era Vescovo e quando non era nemmeno Monsignore. Io studiavo all’università di Palermo e facevo parte della Federazione Universitaria Cattolica Italiana negli anni “90, quando Don Mario ne era l’assistente nazionale. All’epoca era un semplice giovane prete; semplice, per modo di dire. Noi studenti della FUCI lo consideravamo “dei nostri”, alla nostra portata; gli parlavamo con quel poco di irriverenza ma al contempo con quel tanto di confidenza e di fiducia, che magari con un altro sacerdote non avremmo considerato possibile. Eppure lo vedevamo dotato di cultura amplissima, di energia inesauribile, di brillante eloquio e di profonda sapienza. Le sue lezioni sul Vecchio Testamento, le sue già numerose pubblicazioni, la stima di cui godeva negli ambienti del Vaticano, ci facevano avvertire quel rapporto alla pari, come qualcosa di “dissacrante” nei confronti di una persona che avrebbe avuto titolo per farsi considerare un maestro. La nostra ammirazione per le due doti e per il suo prestigio la trasformavamo in amichevoli prese in giro che sembrava gradire, cogliendovi tutto il nostro affetto. Condivise con noi tanti momenti di approfondimento culturale e teologico, tanti momenti di spiritualità e di preghiera comunitaria, tanti momenti delle nostre

vite personali. Tante volte mediò con le gerarchie ecclesiali che non sempre vedevano di buon occhio l’intraprendenza intellettuale della FUCI, ritenuta da molti poco incline alla disciplina; mai ci limitò o consentì ad alcuno di limitarci nei nostri percorsi di ricerca. Fu con noi del gruppo della FUCI

di Palermo nel momento più triste, quello dell’assassinio di Padre Puglisi. Lo andai a prendere in aeroporto e lo accompagnai in giro per Palermo durante quei giorni drammatici: ricordo lo smarrimento delle nostre conversazioni dinanzi a quell’evento inaspettato, la commozione nel dirsi il perchè era successo e nel confessarsi che non c’eravamo mai immaginati

Conobbi Russotto 23 anni or sono. Non è cambiato: inesauribile e brillante che sarebbe potuto succedere. Dopo l’università ci rincontrammo in occasione dell’udienza generale che Papa Giovanni Paolo II concesse a tutti i “fucini” in occasione del Centenario della Federazione nel 1996. Poi via via gli incontri si erano fatti più rari, anche se Don Mario era sempre puntuale a Natale con la sua Preghiera e il biglietto di auguri. Gli universitari degli anni “90 seguivano la loro strada. Don Mario rimase accanto alle nuove generazioni di “fucini” fino al 1998, fu nominato Monsignore, quindi andò ad insegnare Scare Scritture alla facoltà teologica di Palermo. Ad agosto del 2003 cominciò a circolare la notizia che il nuovo Vescovo di Caltanissetta era lui, Don Mario. Mi telefonarono tanti amici che circa dieci anni prima erano stati nella FUCI e che ora volevano commentare l’evento con me, l’unico che risiedeva nella sua nuova Diocesi. Uno di loro, ricordando le nostre goliardate da universitari, mi disse: “Ora lo devi chiamare Sua Eccellenza, e non per scherzo!” Chi lo avrebbe mai detto di ritrovarlo come mio Vescovo! Le vie del Signore sono infinite e non finiscono mai di stupire; e talvolta sono vie che si incrociano e fanno reincontrare. Durante il suo ministero nella Diocesi nissena, tante volte ho riconosciuto in Mons. Russotto il sacerdote che accompagnava gli universitari nei loro percorsi culturali e spirituali e ho scoperto come quella sua stessa sensibilità fosse efficace con le persone di ogni condizione e istruzione: da assistente spirituale degli studenti ad assistente spirituale di tutti. E pian piano sono passati dieci anni. Cos’altro potrei dire se non: “Auguri Don Mario”. Anzi: “Auguri Sua Eccellenza... e non per scherzo!”.


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...Segue da pagina 7

Ci chiediamo come sia possibile raccogliere e poi rendere ‘leggibile’ per i no-

stri lettori un colloquio così esclusivo e appassionante. Il vescovo, ancora una

volta, riesce con il racconto di un episodio a chiarire ‘il senso’ di ciò che ci ha raccontato. “Portavo la comunione in un paese. Nel transitare dinanzi una casa, vengo avvisato, qui vi è un malato terminale, però non possiamo andarci, lui non è credente, è anticlericale; il parroco mi avvisa, la moglie ci ha pregato di non andarci. Neanche ci penso, suono il campanello, la moglie apre la porta, io la accarezzo e le dico guarda che il parroco ti deve dire una cosa ed io m’infilo nell’abitazione. Entro in una stanza, un uomo anziano giace semiaddormentato sulla poltrona, con un libro fra le gambe. Gli sussurro ciao, sono il Vescovo. Si sveglia, mi guarda strano. Io insisto, sono venuto a trovarti perché so che non stai bene; prova ad alzarsi, io l’aiuto. Mi butta le braccia al collo, e singhiozzante mi mormora, da tanti anni vivo lontano da dio, io lo allontano sempre, oggi lui è venuto a trovarmi in casa mia. L’indomani, ave-

vo iniziato da poco a celebrare la messa e durante, credo la prima lettura, si apre il portone della chiesa ed entra quest’uomo, appoggiato al bastone e sorretto dalla moglie. Me ne accorgo, corro verso di lui, probabilmente

Due vasi comunicanti: Lui mi dà la sua forza ed io gli consegno le mie debolezze. Amo questa gente alla follia i presenti avranno pensato ‘u vescuvu impazzì’. Gli dissi, tu non puoi uscire o camminare, lui mi rispose ‘dovevo ricambiare la visita al Signore’. Poi il parroco l’ha confessato. Un mese dopo

è morto; la moglie, in seguito mi disse, mio marito è spirato sereno”. Seguono alcuni minuti di silenzio, guardiamo Sua Eccellenza. Ci rendiamo conto del carico di responsabilità, di emergenze, di umanità dolente che deve portare e sopportare, un fardello immane che potrebbe schiacciare. La domanda è secca, pungente, quasi aspra: come riesce a vivere emozioni così profonde e invasive? “Perché non sono solo, sento davvero che la missione è di Dio che mi dà la forza di reggere. Sono cose di Dio che vanno riconsegnate a Dio. Due vasi comunicanti lui mi dà la sua forza ed io le mie debolezze. Questa è la bellezza e la ricchezza delle emozioni che mi fa’ vivere. Amo questa gente alla follia, questa chiesa, questa diocesi, amo il Signore, mi sforzo di amarlo, per tutta la mia gente: 160mila abitanti nella nostra provincia, lo amo centosessantamila volte”.

SALVATORE MESSANA. A me l’onore del benvenuto

MICHELE CAMPISI. La cena a casa mia: ricordo indelebile

La sua prima visita in Comune, “incontro” a lume di candela

“Mi sconfisse a calciobalilla, ero convinto di vincere”

Nel mese di Agosto del 2003 Caltanissetta si preparava ad accogliere il nuovo Vescovo, e la comunità diocesana attendeva con trepidazione di conoscere il nuovo Pastore. Il 27 Settembre con l’ordinazione alla Cattedra episcopale del nuovo Vescovo si sarebbe aperta una nuova pagina per la diocesi nissena e per tutta la comunità, che per molti anni era stata sapientemente guidata da Mons. Alfredo Garzia. Un giovane nuovo Vescovo ne avrebbe raccolto il testimone. Conobbi Mons. Mario Russotto in occasione di una riunione promossa da Mons. Garzia per l’organizzazione della sua ordinazione e fui subito colpito dal carisma e dalla simpatia che quel giovane sacerdote immediatamente riuscì

Ringrazio questo giornale per lo spazio che mi concede nel potere fare pubblicamente gli auguri, per il suo 10° anno di nomina a reggente della diocesi di Caltanissetta, al nostro vescovo mons. Mario Russotto. Prima della mia elezione a sindaco di questa città non avevo avuto l’opportunità di conoscerlo personalmente, dopo la mia elezione, tante sono state le occasioni di incontro. Ho avuto modo in questo periodo di apprezzarne la cultura, l’arguzia, l’ironia, il modo con cui riesce ad adattarsi al momento, la battuta sempre pronta ed uno straordinario modo coinvolgente di narrare le cose. Tanti gli incontri, i seminari, gli argomenti trattati, i temi sviluppati che anche quando ritenevo semplicisticamente quei titoli a primo approccio distanti dalle problematiche che quotidianamente affrontavo, mi trovavo alla conclusione dei lavori a ripensare alle sue parole, agli esempi proposti, discutendone anche nei giorni successivi in famiglia, nel lavoro quotidiano e commentandole nelle diverse occasioni pubbliche o private che esse fossero ritenendole invece di assoluta attualità. Da ciò il mio convincimento che la statura culturale, filosofica e teologica del

Caltanissetta un momento emozionante in occasione del quale tutta la comunità cittadina e diocesana si raccolse accanto al suo nuovo Vescovo, abbracciandolo con il suo affetto. A me Sindaco spettava il compito di presentargli la città e di dargli il benvenuto a nome di tutti. Lo feci con grande emozione e deferenza, in nome di ciascun cittadino. In quella occasione al Vescovo Mario, ma anche al Cardinale De Giorni, al Cardinale Pappalardo, ai Vescovi siciliani volevo umilmente offrire il mio impegno per inaugurare una nuova stagione di solidarietà e cooperazione, di tolleranza e gratuito impegno, di amore per il prossimo. E su queste corde è iniziato l’episcopato di Mons. Russotto, che, con un gesto ennesimo di umiltà decise, nel suo primo giorno da Vescovo di rendere visita al Comune di Caltanissetta per incontrare la rappresentanza istituzionale e simbolicamente tutta la cittadinanza. Venne in un giorno davvero particolare e suggestivo, infatti, per un grave guasto alla rete elettrica italiana, quel giorno in gran parte d’Italia e quindi anche a Caltanissetta mancò la cor-

Il nostro rapporto, non solo...foto

L a trasmettere a ciascuno di noi. Ci salutò con semplicità, modestia e grande spontaneità, si mise umanamente alla pari con ciascuno di noi e si presentò come il Pastore della chiesa nissena, umile e autorevole, doti che lasciavano

Russotto in questi anni guida spirituale per i credenti ma anche riferimento morale e culturale per tutti trasparire in filigrana, già al primo approccio, una profonda fede coniugata ad una sapienza dotta ma mai cattedratica. Il giorno della ordinazione del nuovo Vescovo fu per la comunità diocesana e per la città di

illò Miccichè è onorato di aver potuto immortalare in diverse occasioni le vicende del Vescovo Mario Russotto. “Avevo seguito Mons. Alfredo Maria Garsia e nello svolgere la mia attività professionale, ero presente nell’occasione in cui i due si diedero il cambio. Casualmente mi ritrovai in cattedrale per la consacrazione di Russotto, lui dopo l’indicazione di un collaboratore, mi venne incontro, salutandomi. Si era ricordato di me. Nacque un rapporto diretto, sincero, profondo, schietto com’è nel carattere di Sua Eccellenza. Un rapporto che non si è mai interrotto”.

rente elettrica. Accolsi, insieme agli assessori e ai consiglieri comunali, il Vescovo all’imbrunire, con il Comune illuminato dalla luce delle candele, senza microfoni e particolari sfarzi, ma, con la solennità che si deve alle occasioni importanti. Quella particolare coincidenza era forse un presagio che voleva dirci di andare sempre alla ricerca della sostanza, oltre ogni formalismo. Oggi sono trascorsi dieci anni nei quali molte cose sono cambiate, ma quel messaggio rimane ancora attuale e il Vescovo Russotto se ne fa quotidianamente testimone. Il Vescovo Mario e’ stato in questi anni guida spirituale per i credenti e riferimento morale e culturale per tutti, giorno dopo giorno percorrendo il sentiero di una nuova evangelizzazione delle anime e delle coscienze. Salvatore Messana

nostro vescovo è di grande levatura e fu durante una lectio magistralis, fra quelle proposte da Mons. Russotto, che mi venne l’idea di potere realizzare un incontro nell’aula consiliare con i consiglieri, i dirigenti comunali e i dipendenti e quindi unitamente al presidente del consiglio lo invitammo nella casa comunale. La disponibilità fu totale, realizzammo un incontro a Palazzo del Carmine che ancora oggi ricordo con immenso piacere. Ho avuto il privilegio di averlo ospite nella mia casa. Desideravo fargli conoscere la mia famiglia, mia moglie e miei figli, non c’erano altri invitati, è stato un momento piacevole che non dimenticheremo, fatta di semplicità e di aneddoti che ognuno ha voluto raccontare.

Quella sera accadde un simpatico episodio: posseggo un vecchio biliardino messo in terrazza, l’ho preso perché rappresenta un momento rilassante e giocoso durante il tempo libero da trascorrere con i figli, con gli amici di sempre. Vedendo il biliardino (calciobalilla), il nostro vescovo, accompagnato in quell’occasione da don Pino La Placa, non ha esitato ad invitarci a fare una sana partita. In quel momento mi sembrò di essere ritornato agli anni della mia gioventù, quando all’interno della chiesa sant’Agata (Collegio) con il prete di allora si giocava insieme a flipper o a biliardino. Io e mio figlio pensavamo di vincere facilmente e quindi iniziammo a giocare con timore reverenziale, tuttavia i nostri sforzi furono vani e a segnare con continuità erano il nostro Vescovo

Lectio Magistralis a Palazzo del Carmine, non esitò ad accettare il nostro invito e Don Pino La Placa a quel punto l’impegno da parte nostra fu massimo e malgrado ciò (le tentammo tutte) non riuscimmo a segnare ne a capovolgere il risultato. Conclusione: siamo stati sonoramente battuti. Per renderci meno amara la sconfitta, con un accenno di sorriso ci disse che in fondo loro erano in tre perche avevano avuto l’aiuto di qualcuno “da lassù in

alto molto forte”. Spero quanto prima in una rivincita. Al nostro vescovo auguro un mondo di bene e di potere realizzare ciò che porta nel suo cuore. Michele Campisi


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Fatti & Palazzo del Carmine

Guerra

in Comune

L’assessore Milazzo sotto attacco di Salvatore Mingoia

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a seconda commissione consiliare permanente prepara la dichiarazione di guerra contro l’assessore all’Urbanistica Andrea Milazzo. Un pretesto per chiedere anche l’azzeramento dell’attuale esecutivo. La dichiarazione è stata già consegnata nelle mani del presidente del consiglio comunale Calogero Zummo e sottoscritta da alcuni consiglieri. Chiedono la immediata ed urgente convocazione del consiglio comunale per dare vita ad una seduta politica del consiglio comunale con l’obiettivo di sviluppare un vero e proprio atto di accusa nei confronti dell’assessore che si è reso colpevole di avere ritirato la proposta di delibera riguardante la perimetrazione del centro storico, atto preliminare, unitamente alla delibera della carta del rischio degli immobili dei quartieri antichi, per dare vita al progetto pilota di riqualificazione di una parte del quartiere Provvidenza. Detto per inciso il progetto pilota di riqualificazione del quartiere prevede la costruzione di

alcuni alloggi da destinare a giovani coppie o ai senza tetto. Progetto osannato da pochi e criticato da chi parla il linguaggio dell’urbanistica. Perchè quindi la richiesta di convocazione del consiglio comunale, sede istituzionale, in cui consegnare l’atto di guerra nei confronti dell’assessore Milazzo del quale sono state anche chieste le dimissioni? Presto detto. Il pretesto è quello di dare una severa lezione all’assessore Milazzo che sarebbe stato l’ispiratore di una lettera scritta dal segretario generale del comune, Eugenio Alessi indirizzata, al presidente del consiglio, (lo dico alla suocera per farlo sentire alla nuora), ma rivolta ai componenti della seconda commissione con cui ha stigmatizzano i ritardi da parte della commissione nell’esame ed approvazione della proposta di delibera di perimetrazione del centro storico. Il segretario generale rilevava che la delibera non era stata ancora approvata nonostante quattro sedute di consiglio comunale andate e vuoto e ben 44 sedute di com-

miss i o ne, agitando contestualmente lo spettro di un possibile danno erariale. Apriti cielo. La lettera non è piaciuta non solo ai componenti della seconda commissione, ma anche ai capigruppo che hanno considerato la missiva del segretario generale una vera e propria interferenza nell’attività politica dei consiglieri, mentre il compito e la funzione istituzionale del segretario, come è chiaramente a tutti noto, sarebbero riconducibili solamente a compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico amministrativa nei confronti degli organi dell’ente. La missiva del segretario generale è stata letta in chiave politica. Alessi, che è stato chiamato a

giustificarsi, nel corso di un programmato incontro con i componenti della seconda commissione consiliare, ha semplicemente affermato che quella missiva era soltanto un atto dovuto per sollecitare la commissione ad approvare la proposta di delibera superando quindi quella fase di riunioni che lui ha definito “infruttuose”. Mentre si consumava questo braccio di ferro tra segretario e componenti della commissione, l’assessore all’Urbanistica Andrea Milazzo con un colpo di teatro decide di ritirare la proposta di delibera di perimetrazione del centro storico con il proposito di portarla direttamente all’esame del consiglio, sottraendola così alla competenza ed all’esame della commissione consiliare. Adesso con la prossima seduta del

consiglio richiesta dai consiglieri si aprirà il processo politico contro l’assessore Milazzo con il chiaro obiettivo di chiederne le dimissioni, volute dall’opposizione, ma anche caldeggiate da alcuni consiglieri che sostengono l’amministrazione con il segreto proposito di dare vita ad un nuovo esecutivo di stretta fede politica. Non si può arrivare alle prossime elezioni amministrative e chiedere voti in nome di un governo di tecnici. Fuori i tecnici e dentro iscritti e consiglieri del Pdl; una giunta che comprenda quella parte della politica che ha portato alla elezione del sindaco Michele Campisi, ma che fino ad oggi è rimasta a guardare o che stanca di aspettare ha deciso di passare all’opposizione. Più che la fede potè il digiuno.

Economia & finanza

Il taglio della spesa pubblica,

soluzione condivisa ma criteri dubbi di Alessandro Pilato

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a più parti è richiesto a gran voce di tagliare la spesa pubblica, ma non ho sentito nè esponente politico nè economista che abbia indicato con precisione quale voce del bilancio andrebbe tagliata. Devo anzitutto precisare che da più parti sento fare delle affermazioni che mi lasciano veramente sorpreso. Da politici ed economisti sento dire che su una spesa complessiva del bilancio dello stato di € 800 miliardi circa, basterebbe tagliare il 2/00 per ottenere risparmi per circa 16 miliardi. C’ è addirittura chi sostiene che il governo Letta tra le cose che dovrebbe fare vi sarebbe anche quella di tagliare del 10/00 la spesa pubblica che supera gli 800 miliardi e quindi di ben 80 miliardi. Altri sostengono che dentro gli 805 miliardi di euro di spesa pubblica ci siano circa 60 miliardi di sprechi che è possibile eliminare. Mi sono posto allora una domanda: da dove vengono fuori questi numeri? Diciamo subito che, prendendo a base il bilancio dello stato di previsione di competenza 2013, a fronte di entrate finali per € 548,641miliardi, si contrappongono spese finali per € 561,058 miliardi, con un saldo netto

da finanziare per € 12,415 miliardi. Le spese per rimborso di prestiti al titolo III delle spese per € 204, 556, e l’accensione di prestiti al titolo IV delle entrate per € 216,971 nulla hanno a che vedere con le spese finali ed entrate finali anche se sono indicate nelle spese totali ed entrate totali e non riesco a capire che cosa si possa tagliare su queste voci. Le spese su cui eventualmente potere ragionare non sono pari allora ad € 800 miliardi circa ma a 561,056. Ma ai 561,056 miliardi, vanno sottratti certamente tutte le spese imprescindibili. Orbene, le spese indicate nel bilancio di previsione 2013 sono costituite da: 1) redditi di lavoro dipendente per € 85, 756 miliardi; 2) consumi intermedi per € 10,333 miliardi; 3) trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche per € 230,210 così distinte: a) amministrazioni centrali per € 8,628; b) amministrazioni locali per 107,675;c) enti di previdenza ed assistenza sociale per € 113,906; 4) trasferimenti a società’ di servizi pubblici 2,388; 5 ) trasferimenti ad imprese per € 3, 185 6) trasferimenti a famiglie ed istituzioni sociali private per € 3,843; 7) istituzioni sociali private 1,624; 8) interessi passi i per €

89,683; 9) altre spese correnti 6,064; 9) poste correttive delle entrate per € 24,598; 10) altre spese correnti per € 6,064. Considerando imprescindibili le spese relative al personale , ai trasferimenti alle amministrazioni pubbliche, agli interessi passivi, alle spese correttive delle entrate che sommano a € 430,247 miliardi, si potrà’ allora parlare di potere incidere sulla differenza tra le spese finali per € 561,056 e le spese obbligatorie sopraindicate in € 430,247 e cioè su € 130, 806. Il 2/00 allora su

130,806 corrisponderebbe ad € 2,62 miliardi ben poca cosa allora rispetto alle previsioni troppo ottimistiche da più parti sventolata. Naturalmente sul l’eventuale taglio delle spese andrebbero considerati gli effetti negativi recessivi e quindi di ulteriore incremento del tasso di disoccupazione. A meno che non si voglia tagliare ancora sui trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, ovvero sui trasferimenti alle imprese che tra spese correnti per € 3,185 miliardi e contributi agli inve-

stimenti alle imprese per € 5,976 miliardi e trasferimenti alle imprese per € 14,979 così distinti: 1) poste 477 milioni; 2) ferrovie dello stato 4,834 miliardi ; 3) crediti di imposta € 3,506; 4) incentivi alle imprese industriali 1,918 per citare i più importanti e si potrebbe forse arrivare a tagliare i 10 miliardi individuati dal rapporto Giavazzi. Le spese in conto capitale sono complessivamente indicate in € 43,725 miliardi e sono costituiti da 5,563 per investimenti fissi, di cui 3,575 miliardi per la difesa; contributi agli investimenti ad amministrazioni pubbliche per € 10,459; contributi agli investimenti alle imprese per € 5,976 miliardi e altri trasferimenti in conto capitale per € 16,217 miliardi di cui 14,495 sono destinati ai fondi e principalmente al fondo di sviluppo e coesione per € 10,267 miliardi. Come si vede, la strada sotto questo aspetto è veramente stretta e se si riuscisse comunque a tagliare i trasferimenti alle imprese per 10 miliardi così come proposto e destinare gli stessi 10 miliardi alla riduzione del carico fiscale per le imprese, sarebbe già un buon risultato.


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Fatti & POST SCRIPTUM

Fotografia come lettura In mostra a Sommatino un secolo di scatti fotografici del territorio della Valle del Salso

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uando, quel 19 agosto 1839, Francois Arago si presentò nella prestigiosa Accademia delle Scienze dell’Istitut de France, a Parigi, per illustrare l’invenzione di Louis Mandé Daguerre, prototipo della fotografia, la folla - raccontano le cronache del tempo - arrivava sin sulle rive della Senna. Diffusasi, infatti, la notizia che quel marchingegno riusciva a fissare ogni tipo di immagine, si era prodotta una così tale meraviglia che oggi noi - così abituati al mezzo fotografico - non saremmo neanche in grado di comprendere. L’uomo di allora stentava a credere che si potesse catturare e fissare la visione così fugace di un solo attimo. La Chiesa, su quella novità, sentiva addirittura “puzza di sortilegio”. L’invenzione della fotografia, da lì a poco, invece avrebbe segnato un punto fondamentale di trasformazione nella storia dell’intera umanità. In Sicilia la prima foto arrivò nel gennaio dell’anno successivo (esattamente cinque mesi dopo l’invenzione parigina), per il felice capriccio di un giovane blasonato palermitano, il principe Romualdo Trigona di Sant’Elia che, con un apparecchio fotografico francese, scattò il primo “clic” alla cattedrale di Palermo. La fotografia via via si diffuse un po’ ovunque tanto da arrivare - per tramite di qualche “cattura immagini” itinerante - anche nella aree più interne e arretrate dell’isola.

Certo, per quanto riguarda le nostre zone, dovette passare qualche anno. Ad esempio, un primo gruppo di foto della collezione privata che chi scrive ha raccolto negli anni, sono datate tra il 1860 e il 1870 e ritraggono soggetti come giovani militari del periodo post-unitario, famiglie della borghesia benestante, gente per le vie del paese. Questo materiale foto-

g r af i c o recentemente è stato esposto in una mostra dal titolo “Gente di paese” che si è tenuta a Sommatino. Più in generale, il significato che si è voluto dare a quel percorso fotografico è stato quello di tracciare un secolo circa di storia della gente e del territorio dell’ex area zolfifera della Valle del Salso.

di Filippo Falcone

della storia

Si è trattato della scelta di un “territorio-campione” poiché, le diverse decine di foto esposte, miravano a raccontare, più in generale, un secolo e mezzo di mutamenti sociali ed antropologici dell’intera Sicilia. La ragione principale dell’iniziativa è stata quelle di cercare di non disperdere un pezzo di quel patrimonio che è il nostro passato e che ben aveva capito Leonardo Sciascia quando, citando Savinio, affermava che la memoria dovrebbe essere la nostra religione. Si riferiva, evidentemente, alla memoria storica e al suo profondo valore etico. Il materiale fotografico ha tenuto mostra dal 29 luglio al 13 agosto, nelle sale del Museo Etnografico di palazzo Cigno a Sommatino, gestito dall’Associazione culturale “La Fenice - officina del sapere” e diretto dall’Arch. Francesco Tricoli. Si è trattato solo di una parte, selezionata per l’occasione, di una più vasta collezione da anni pazientemente raccolta dallo scrivente, al fine di documentare, attraverso le foto, quella che è stata l’evoluzione dei costumi di quell’area-tipo di cui parlavo: appunto l’entroterra siciliano. Il sottoscritto, tra l’altro, aveva in passato già donato all’archivio dell’Istituto Gramsci Siciliano di Palermo

(di cui è socio), una collezione di circa 500 foto sulle occupazioni delle terre e le lotte minerarie, frutto di ricerche per alcune sue pubblicazioni sull’argomento, che rappresentano la “coralità” (per dirla col Verga) delle lotte del popolo siciliano nel secondo dopoguerra. In questa mostra invece si è preferito esporre (ed è questa la vera originalità dell’iniziativa) le immagini della “umanità” più profonda della gente, ritratta soprattutto nei primi piani. Ed ecco volti di borghesi e contadini, lavoratori e possidenti, notabili e zolfatari, quasi a volere entrare nella loro anima.

co per immortalare gli indigeni del luogo. Il capo villaggio si era avvicinato ed aveva voluto osservare cosa si vedesse sotto il panno nero di quel marchingegno. Aveva visto, ovviamente, tutte le figure dei soggetti da immortalare, che si muovevano sullo sfondo. Uscito da sotto quel macchinario si era messo a gridare a squarciagola che quella “scatola” contenesse le anime degli abitanti del villaggio. Tutti, a quel punto, erano scappati terrorizzati nelle loro capanne. Ed, in effetti, a pensarci bene, quel capo villaggio non aveva poi così tanto torto. Il senso della nostra mostra, infatti,

Sciascia citando Savinio affermava: “La memoria dovrebbe essere la nostra religione” E, a proposito di anima e fotografia, - scusandomi per la digressione - mi viene in mente un bel libro di James G. Frazer “Il ramo d’oro” (Boringhieri, Torino 1973), che racconta di un esploratore che in un villaggio del basso Yukon aveva messo in posizione il suo apparecchio fotografi-

era proprio quello di cercare di entrare nell’anima di quei soggetti immortalati nello scorrere inesorabile del tempo. Certo le immagini sono di una vita


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USI E COSTUMI. L’iconografia sacra sui mezzi di trasporto

Dai carri ai furgoni, i disegni della Fede di Alessandro Maria Barrafranca

che non c’è più. Di un mondo e di una società scomparse - quella dei due secoli passati, ‘800 e ‘900 - ma l’intendo era proprio quello di rivolgere lo sguardo a quel passato; cosa utile oggi nei tempi confusi che stiamo vivendo. Chissà se quei pezzi di “vita vissuta” (e non solo semplici fotografie), possono essere oggi strumento per leggere quel comune passato e cercare di progettare un futuro che sia più a dimensione d’uomo. In quella carrellata di foto, alcune sviluppate da vecchie lastre di vetro, vi erano tanti volti: di bambini, giovani, uomini, donne, anziani. Erano quei primi piani, quelle foto semplici, a rappresentare testimonianza di un modo di vita, di una cultura popolare, ormai lontane, ma che hanno ancora oggi tanto da dirci. Vi erano poi le scene degli avvenimenti nello scorrere d e l tempo: le due guerre, la povertà, il fascismo, il ritorno alla democrazia, i momenti di festa, e con essi la quotidianità della vita. Il periodo interessato, dicevamo, abbracciava un arco di tempo che andava dagli anni ’60 dell’800 sino agli anni ’70 del ‘900. Le foto erano accompagnate da testimonianze documentarie coeve: giornali d’epoca, volantini, manifesti, che ne arricchivano e ne spiegavano l’esposizione. Quelle foto, inevitabilmente, raccontavano anche le modificazioni dei nostri luoghi. Spesso tra la cosiddetta “antica civiltà” - raccontata in questa mostra - ed i “tempi moderni” (per citare Chaplin), non sempre questi ultimi ne escono vincenti, si pensi, ad esempio, al degrado del nostro paesaggio. Le foto esposte raccontavano anche questo. Una sorta di viaggio nel tempo, dunque, anche nelle modificazioni

Una fede che si rinnova e si protrae nel tempo quella che lega la città di Caltanissetta al suo celeste protettore San Michele, le cui feste, in programma per la fine del mese, troveranno il loro culmine nella consueta processione della statua dell’Arcangelo, quando l’intera popolazione si ritroverà ai piedi del seicentesco simulacro, opera dello scultore nicosiano Stefano Li Volsi. Questa inscindibile fede, che ha lasciato nel corso dei secoli segni Romualdo Trigona di Sant’Elia. A sinistra la copertina del libro di James G. Frazer “Il ramo d’oro”

urbanistiche e culturali della gente. Mutamenti sociali a cui non si sono sottratte neanche realtà periferiche come quelle di Sommatino, Riesi, Ravanusa e di tutto l’ex bacino zolfifero della Trabia Tallarita. La finalità che ci si prefiggeva in questo percorso fotografico mirava soprattutto ad emozionare il visitatore, accompagnandolo in un labirinto del passato. Una sorta di recupero della memoria smarrita, della identità di un territorio e della sua gente. Ma anche il recupero di quella storia di cui siamo parte e di cui spesso ci scordiamo di esserne. La mostra ha chiuso i battenti, con qualche giorno in più rispetto al previsto, per le numerose richieste, il 13 agosto. Molti dei visitatori - tra cui anche molti emigrati presenti per le ferie estive - hanno rivisto, immortalati tra quei scatti, loro amici, parenti, avi. Molti altri sono più volte ritornati a rivedere le centinaia di foto esposte, temendo che fosse sfuggito loro qualche immagine, un particolare, una sfumatura. Lo scopo, quindi, pare essere proprio stato raggiunto. Si era voluto impostare quel percorso di immagini come un grande libro collettivo da guardare e leggere insieme. Il risultato, a modesto giudizio di chi scrive, è stato ampiamente raggiunto.

figurava quella dell’Arcangelo. Tale pratica - variopinta testimonianza di una società d’altri tempi - trae origine dalla consuetudine, molto in voga sul finire del XIX secolo, di dipingere le sponde dei carretti siciliani con immagini tratte dall’iconografia sacra e poste come ex voto o in segno di protezione. Queste icone con il loro linguaggio religioso specifico che si radica nella articolata tradizione della pietà popolare, enunciano, attraverso l’invocazione al santo, una risposta di fede e di riconoscenza allo stesso, esprimendo al contempo una richiesta d’aiuto attraverso non solo le parole, ma mediante l’offerta di un segno durevole e visibile. Per tale ragione, le decorazioni dei carretti vennero riservate, almeno inizialmente, ai soli concetti che testimoniavano la devozione della comunità, ai quali, in seguito, si aggiunsero raffigurazioni inerenti i più disparati temi che abbracciarono i racconti epici dei paladini di Francia e quelli della Cavalleria Rusticana. Una stampa di San Michele sulla parte L’avvento e la anteriore di una Moto Ape diffusione d e i tangibili sul territorio, ha finito per m e z z i influenzare profondamente gli usi, di locoi costumi e la vita quotidiana della mozione a popolazione, con svariate e singo- motore, nell’imlari sfaccettature intrise di genuina mediato dopodevozione. guerra, spinse i In città il culto per San Michele, tanti carrettieri difatti, vissuto abitualmente con ad adeguarsi alle forme strettamente private, è in al- nuove esigenze di cune occasioni palesato e ostentato trasporto, che in pubblicamente, come nel caso delle buona parte straprocessioni, con forme di culto par- volsero e cancellaroticolarmente curiose e stravaganti. no un mondo lavoFra queste, un posto di rilievo è as- rativo a loro familiare. sunto dall’originale abitudine che Questi tuttavia, legati ad un tempo aveva il popolo nel far di- antichi costumi, trasferiropingere sui mezzi di trasporto – in no parte di quelle usanze, qualche caso fonte di sostentamen- perdute a causa del progresso, to per il nucleo familiare – l’imma- nel nuovo ambito lavorativo. Fu gine dei santi cari alla devozione in tal modo che furgoni, camion e locale, fra i quali, indubbiamente, Api Piaggio vennero istoriate come

sponde di carretti, quasi a voler continuare quel folklore tipico della società del passato. Fra le innumerevoli raffigurazioni goliardiche non mancarono, dunque, le immagini del Santo protettore. Queste, vere e proprie opere d’arte a carattere popolare, erano realizzate dall’artista nisseno Luigi Mastrosimone - noto in città per la plasmazione di caricature umoristiche - il quale, a seguito della commissione, dipingeva direttamente sulla carrozzeria immagini che si rifacevano a modelli iconografici classici palesanti una trattazione del disegno semplice e dai tratti quasi stilizzati. La piccola icona dalle cromie vivacissime – tradizionalmente adoperate per le figure riprodotte sui carretti - era spesso accompagnata da una frase che inneggiava alla gloria del santo “designato” alla protezione del conducente. Un mezzo di trasporto, quindi, che accumuna alla sua funzionalità anche una reale trasmissione del culto popolare reso palpabile attraverso un’antica arte la quale, rimarcando ancora una volta l’appartenenza ad un territorio, ne mostra la sua profonda radice devozionale.


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di Rino del Sarto

Dobbiamo stanarci dalla solitudine e dal deserto morale in cui siamo stati incarcerati da decenni di diabolica strategia dell’odio e della separazione

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on è affatto semplice squadrare IlFattoGlobale del momento. Perché c’è grande confusione nel mondo, grandissima. E soprattutto c’è chi questo stato di cose vuole continuare ad alimentarlo, creare il caos per governarlo è infatti il metodo più intrinseco e diabolico del potere e di chi lo esercita senza scrupoli. E le sue manifestazioni sono le più innumerevoli: dal seminare zizzania tra due persone o inoculare un contrasto interiore nel singolo fino all’instabilità politica e all’adombrare scenari di guerra. Ma proprio quando questo progetto per molti versi demoniaco sembrava giunto a compimento è successo il miracolo, il risveglio delle coscienze. Un fiore, piccolo e delicato, da proteggere e lasciar crescere, è sbocciato tra le macerie materiali e morali create del relativismo e dell’individualismo. Ed è questo IlFattoGlobale del momento, che ancora una volta vede il protagonismo delle donne. Così come Eva contravvenendo con intuito tutto femmineo al divieto divino diede origine alla specie umana, così milioni di donne nel mondo hanno contravvenuto al sistema di valori che le opprimeva scuotendo le coscienze e ridando nuova linfa all’umanità. Ma il punto più basso è stato toccato diversi mesi fa, con le dimissioni di

Liberi di stare insieme Benedetto XVI. La stanchezza fisica e psichica, umanamente e cristianamente comprensibile, e la rinuncia del rappresentante di Dio in terra di fronte all’aggressione delle forze del male. Un passaggio storico fondamentale questo per comprendere la situazione odierna. La Chiesa, con la sua storia e il suo patrimonio morale e materiale, messa di fronte a una scelta definitiva. Ed è proprio qui che si è innestato il miracolo, il colpo di reni, l’indicazione e l’ispirazione divina che ha portato all’elezione di Papa Francesco, che fin dal primo momento ha proposto uno stile nuovo, dentro e fuori dall’organizzazione ecclesiastica: dalla croce in ferro anziché in oro indossata fino dalla prima apparizione in pubblico fino al ritorno e alla difesa accorata e arcigna dei valori primari dell’umanità e del Cristianesimo. Un fenomeno questo che non è soltanto cristiano e soltanto italiano. Sollecitato da singole donne o da movimenti femminili organizzati il risveglio attraversa tutto il mondo. In Israele, per esempio, in Terra Santa, il movimento Woman of The Wall (le donne del muro) dopo mesi di proteste pacifiche e di occupazioni ha ottenuto il diritto di pregare e svolgere i servizi religiosi presso il Muro del Pianto prima interdetto alle donne e considerato il luogo più sacro dell’E-

braismo, il Tempio di Gerusalemme. E questo anche grazie all’avallo dei rabbini più ortodossi, avvenuto a poche settimane dall’elezione dei nuovi rabbini capo d’Israele, uno dei quali ha solo 47 anni, che pur appartenendo alla frangia più conservatrice dell’ebraismo hanno lanciato un segnale di distensione contraddicendo addirittura la Corte Suprema che aveva già condannato le Woman of The Wall. Qualcosa del genere accade anche in Iran dopo la recente elezione del nuovo presidente Hassan Rouhani, un religioso, un uomo di fede, a differenza del suo predecessore, che ha impresso una decisa e repentina svolta all’immagine del suo Paese nel mondo: parlando via social network, assumendo un atteggiamento moderato e pacificatore durante il rischio di guerra in Siria, scarcerando attivisti dei diritti umani, togliendo il blocco a Twitter, nominando una donna quale suo portavoce e avviando relazioni diplomatiche perfino con gli Stati Uniti con cui non se ne vedevano dal 1980, 33 anni, gli anni di Cristo. E tutto con il beneplacito degli Ayatollah e della guida Suprema Khamenei, successore di Khomeini. Il tutto è riassumibile come un ritorno ai valori più antichi dell’Islamismo, il misticismo, il senso di appartenenza a una comunità bene-

detta da Allah e aperta senza pregiudizio a chi quella fede non ha, con il senso di ospitalità e di accoglienza e di grande rispetto e cerimonia tipico

centro della società la persona umana liberata dagli eccessi del materialismo e dell’individualismo. Restituendo ai singoli diritti e libertà. Dando

Hassan Rohani

dell’Islam e di tutti i paesi, compreso il meridione d’Italia, che nei secoli sono stati o sono ancora sotto la sua influenza. Sono questi in fondo esempi alti di comunità che si rinnovano nella tradizione, che provano a riportare al

fiducia a chi più fiducia non ha. Per stanarci dalla solitudine e dal deserto morale in cui siamo stati incarcerati da decenni di dissennata e diabolica strategia dell’odio e della separazione. Per tornare ad assaporare e respirare la libertà di stare insieme.


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Fatti contro la mafia

per non dimenticare

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Quando i potenti dell’Italia unita vedevano la mafia solo tra i propri avversari

La franchezza del colonnello Eber Ippolito Nievo, componente dello stato maggiore garibaldino, scriveva nel 1860 con una certa franchezza: “adesso noi dobbiamo farla da carabinieri contro i nostri alleati di ieri!”

Quelli che lottarono la mafia senza assecondare I

di Giovanbattista Tona mafiosi; e questo in parte era vero. Ma i moti popolari furono animati da squadre armate variamente composte che spesso si finanziavano imponendo con la forza il pagamento di somme di denaro ai municipi e ai proprietari di beni. Dopo l’unità, l’on. Colonna, duca di Cesarò, ammise onestamente che “quella che ora si

chiama mafia” aveva contribuito a fare da “lievito delle rivoluzioni”. Oggi si chiamerebbero “infiltrazioni”; gli organi del nuovo governo unitario se ne accorsero, quando alcuni nobili e diversi borghesi facoltosi cominciarono a lamentarsi delle scorribande dei “rivoluzionari” nelle loro proprietà.

che le antiche squadriglie hanno avuto in passato e forse hanno anche oggi l’abitudine di vivere alle spalle degli altri: per essere giusti però bisogna dire che è a loro che si deve se la rivoluzione fu tanto viva e non a quelli che non fanno altro che

In alto Ippolito Nievo. A sinistra il Colonnello Ferdinando Eber. Renato Guttuso “La battaglia di Ponte dell’ammiraglio”

l’antimafia di governo

l Risorgimento italiano fu accompagnato dalla celebrazione dei moti popolari che concorsero alla cacciata dei Borboni dal Regno di Napoli e i gruppi rivoluzionari che favorirono l’annessione della Sicilia al Regno d’Italia erano definiti patrioti. Delle truppe borboniche si diceva invece che erano piene di briganti e di

Storia & Cultura

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Ma il colonnello Ferdinando Eber, l’ufficiale ungherese che guidò le truppe di Garibaldi fino a Caltanissetta, cercò di smascherare l’ipocrisia dei legalitari del nuovo regime: “non vi è dubbio

lamentarsi”. Eber descriveva una categoria di privilegiati che, mentre non avevano fatto nulla o avevano fatto molto poco per contrastare i Borboni e anzi forse avevano consolidato privilegi alla loro ombra, ora pretendevano di conservarli, facendo facili applausi ai vincitori del momento e colpendo tutti i possibili loro avversari. “Abbiamo ad ogni passo prove”, proseguiva il colonnello Eber, “che queste cose sono molto esagerate dal timore e dalla immaginazione di quella gente”. Non gli dettero ascolto. Frattanto però i grandi proprietari che denunciavano i pericoli derivanti dalle “squadriglie”, stabilmente organizza-


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Settembre vano le “controsquadre”; assoldavano ai propri servigi i più pericolosi delinquenti, li munivano di armi e ne coprivano ogni malefatta per assicurarsi la difesa dei propri beni. Quando nel 1865 il prefetto di Palermo Filippo Gualtiero inviò al Ministro un rapporto riservato sulla mafia in Sicilia, dovette ammettere che il diffondersi di quella “associazione malandrinesca” era dovuto alla capacità di intessere dirette relazioni con la politica. E con onesta equidistanza scrisse: “I liberali nel 1848, i Borboni nella restaurazione, i garibaldini nel 1860 si macchiarono tutti della istessa colpa”. Tuttavia poi, per compiacere il governo della Destra, all’epoca in carica, quando dovette descrivere la composizione del “partito della mafia” in quel momento mise insieme i veri mafiosi, i borbonici e gli ex garibaldini democratici che non ritenevano conclusa la rivoluzione e che davano fastidio a Cavour.

Diego Tajani, il procuratore che resistette ai potenti Un campione della battaglia legalitaria in Sicilia era il questore di Palermo Giuseppe Albanese che, dall’alto della sua formazione di funzionario sabaudo, nel 1869 si lamentava della scarsa “educazione” degli isolani: “l’azione della pubblica sicurezza non basta a porre un freno all’innata abitudine che hanno qui di portare le armi...” Per contro Albanese si circondò dei più loschi figuri della mafia locale, che a modo loro lo aiutavano ad imporre l’ordine. E per ottenere la loro fedeltà, tollerò illegalità talmente eclatanti da giustificare numerose iniziative della magistratura, che, nonostante i tempi, si mostrò indipendente dal potere politico e per questo fu accusata di “spirito di parte”. Quando il Procuratore generale di Palermo Diego Tajani indagò su un furto di preziosi al Museo Nazionale, con un’abile mossa investigativa, riuscì a trovare la refurtiva nella casa di tale Ciotti, uno dei poliziotti del gabinetto particolare del Questore Albanese. Ma gli frapposero tanti ostacoli che l’istruttoria non riuscì ad andare a termine. Quando nel 1865 due giovani latitanti presero contatti riservati con i magistrati per consegnarsi e riferire circostanze utili a ricostruire le collusioni tra la criminalità e i funzionari di pubblica sicurezza, il giorno concordato per l’incontro furono trovati uccisi. Stavolta furono raccolte prove schiaccianti su Ciotti, Albanese e altri pseudo-poliziotti da lui reclutati. Dovette intervenire il Ministro degli interni, Giovanni Lanza, a difendere il questore del Regno, che fu costretto a dimettersi, ma il mandato di cattura a suo carico non fu fatto eseguire.

Dopo un lungo processo Ciotti fu condannato insieme a qualcun altro, mentre Albanese e i suoi più diretti collaboratori furono assolti per insufficienza di prove. Al Procuratore Tajani, sconfitto e dileggiato, offrirono un posto in Cassazione; ma lui rifiutò promozione e contestuale rimozione e lasciò amareggiato

Diego Tajani

la magistratura. Frattanto nel governo del Regno d’Italia alla Destra subentrò la Sinistra, che tanto aveva criticato il collateralismo degli avversari politici con la mafia. Solerti nel vedere tali collusioni fino a portare Tajani in Parlamento quasi a risarcirlo dei torti subiti, i governanti della nuova era mostrarono invece meno attenzione quando i mafiosi cercarono di entrare nelle loro fila.

La nota riservata dei Carabinieri su Mazzarino In quel periodo vennero legittimate le guardie campestri, cui veniva di fatto affidata la sicurezza pubblica, ma che replicavano i metodi delle controsquadre di poco grata memoria. Per limitarsi ad un solo esempio, nel 1894 i carabinieri di Terranova (oggi Gela) avevano informato con preoccupazione le autorità che le guardie campestri di Mazzarino erano state “parte carcerate, parte processate per reati diversi e che erano circondate dalla massima sfiducia della popolazione”. Non risultano riscontri. Invece il Ministro degli Interni Giovanni Giolitti si preoccupava nel 1893 delle tante associazioni di contadini, i Fasci siciliani, che minacciavano gli interessi delle classi più abbienti e più vicine al Governo. Tanti maggiorenti siciliani si affrettarono a fare sapere alle autorità che i Fasci erano delle associazioni di pregiudicati e mafiosi e che pertanto dovevano essere perseguite. Giolitti, che pure non aveva disdegnato

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di circondarsi di personale politico vicino alle organizzazioni mafiose dei vari territori siciliani, diramò una nota riservata a tutti i prefetti invitandoli a predisporre l’elenco di tutti i pregiudicati che facevano parte dei Fasci, non senza nascondere che questo censimento doveva servire ad un’azione incisiva contro quei gruppi criminali.

L’imparzialità del prefetto Colmayer Era vero che nei Fasci entrarono diverse persone legate alla mafia; ma nella provincia di Caltanissetta tra i soci riuscirono a censire circa mille pregiudicati, sol perchè considerarono tale anche chi era stato segnalato per avere partecipato alla manifestazione del 1° maggio. Tuttavia nella burocrazia di quel tempo c’era gente che voleva servire lo Stato, senza essere servo del Governo, e che preferiva la verità alla lotta politica. Prefetto di Palermo era un gentiluomo napoletano, Vincenzo Colmayer, che, pur sapendo di non fare piacere a Giolitti, gli scrisse schiettamente: “dopo un attento esame portato sui singoli fasci ho rilevato che i condannati messi a confronto col numero piuttosto considerevole dei consoci, sono un’insignificante minoranza ed è perciò che non mi sembra che si possa, sotto questo

riguardo, adottare un provvedimento di rigore a carico dei Fasci”. I Fasci furono poi colpiti diversamente

e frattanto nessuno dei Governi che volevano riaffermare la legalità, sembrò occuparsi di quelli che lo storico e uomo politico del tempo, Gaetano Mosca, chiamava gli “onorevoli, usi a trescare colle cosche mafiose”. Sembrava che, nelle alterne vicende della storia, il potente di turno vedesse mafiosi tra le fila dei suoi avversari e tutelasse i “pezzi di mafia” che si erano alleati con lui.

I “funzionari di coscienza elevata” Frattanto, come scriveva Mosca, capitava che qualche funzionario di coscienza elevata concentrasse i propri sforzi “nel distruggere una singola cosca di mafiosi, che egli giudica più pericolosa delle altre”, per “lasciare benefica traccia del suo passaggio, strappando qualcuna delle spine che affliggono la provincia: tanto sa benissimo che, se si provasse a svellerle tutte, altro risultato non conseguirebbe che quello di insanguinarsi inutilmente le mani, e, nel caso difficilissimo che riuscisse, altro premio non avrebbe che quello di lasciare ai prefetti, ai questori dell’avvenire le rose da cogliere”. Eppure se qualche passo in avanti davvero si fece nel contenere la mafia tutta, quella vera, quella di governo e quella di opposizione, quella dei maggiorenti dell’oggi e quella dei maggiorenti di ieri, lo si deve ai non tanti (ma nemmeno pochi) che fecero il proprio dovere senza esseri servi del potere.


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Fatti & cultura

Il centenario

Michele Tripisciano

lo scultore dell’Italia unita

di Fiorella Falci

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ento anni fa il 21 settembre 1913 moriva Michele Tripisciano, qui, nella sua città, dove era sceso come quasi ogni anno da Roma, per trascorrere qualche settimana di riposo nei giorni della festa di San Michele. Lo aveva colpito una polmonite fulminante, e prima di morire aveva lasciato in dono al Comune tutte le opere del suo studio, ed i suoi libri alla Biblioteca Comunale. Dopo una vita a Roma, ricca di successi e di notorietà, aveva voluto ritrovare le sue radici qui, nel cuore della Sicilia più lontana. E per rimanere presente allo sguardo dei nisseni, aveva lasciato anche seimila lire ad un artista suo amico, il Quattrini, perché realizzasse il busto con il suo ritratto, quello che ci sorride ancora oggi, ironico, tra le palme della piazzetta Tripisciano. Sua la scultura del Tritone sulla fontana al centro di piazza Garibaldi, ormai un simbolo di Caltanissetta, sua la statua di Umberto I al Collegio, suo il busto di Vittorio Emanuele alla Villa Amedeo. Ma quanti nisseni conoscono il nome e il valore di questo concittadino che lontano da qui era diventato un artista famoso e stimato in tutta Europa? Era nato nei giorni delle camicie rosse a Caltanissetta: 13 luglio 1860, mentre i garibaldini stavano “facendo l’Italia” e la Sicilia sperava di non essere più “irredimibile” come il suo paesaggio riarso descritto da Tomasi di Lampedusa, e si pensava che con l’Italia, nel futuro, qualcosa potesse cambiare. Aveva accompagnato con la sua vita e la sua vicenda artistica i primi cinquant’anni del nostro Paese, la sua ricerca di un’identità collettiva, la costruzione di un rapporto autentico tra centro e periferia, l’impegno ad elaborare una cultura nazionale sul crinale tagliente che separava la retorica della committenza pubblica dalla passione civile di chi voleva finalmente pensare in grande, proiettarsi in una dimensione europea. Tutti i grandi artisti del primo secolo della storia dell’Italia unita come Tripisciano provenivano dalle periferie della penisola: Verga, Pirandello, Svevo, Ungaretti, Quasimodo. L’Italia della cultura aveva saputo costruire una identità e una rappresentazione del Paese paradossalmente in “controtendenza” rispetto al centralismo politicoistituzionale dello Stato sabaudo. Le sculture di Michele Tripisciano sono disseminate ben oltre i confini della monumentalità ufficiale italiana:

a Parigi, sul frontone di Notre Dame e poi al Louvre, la Madonna col Bambino, a New York, Chicago, Buenos Aires, Liverpool, Windsor, così come a Milano e a Roma, la nuova capitale del regno dove Tripisciano si era formato, alla scuola di Fabio Altini, e si era integrato nei circoli degli artisti meno “allineati”, amico di Trilussa e di Valeri. Nella capitale, al Vittoriano, totem patriottico della celebrazione del 50° dell’Unità, la Sicilia veniva rappresentata da un altorilievo rigoroso ed elegante del nostro scultore. E molti altri luoghi della capitale sono stati segnati dalla sua produzione: Il Palazzo di Giustizia con le statue marmoree di Paolo e Ortensio sullo scalone, l’Aula Magna della Corte di Cassazione con gli stucchi all’ingresso, il Pantheon, l’Ospedale militare del Celio, il Cimitero del Verano, la piazza di Trastevere dedicata al Belli. Non è senza ragione che proprio la

La città era entrata così nella modernità, e il rapporto con i materiali della terra era qua- si scontato che oltre all’economia, potesse determinare un’elaborazione culturale, un’espressione artistica che potessero parlare al mondo e viaggiare lontano quanto i pani di zolfo che dai caricatoi partivano per mare ad alimentare l’industria e la ricchezza di paesi lontani. Artigiano della terracotta, “cretaio”, suo padre, Ferdinando, casa e bottega nelle poche stanze tra la Saccara e la Badia (che il Comun e aveva acquistato dieci anni fa per farne una “casa Museo”): lo aveva ostacolato nella sua predisposizione a modellare l’argilla, fino a quando il

Lanzirotti aveva visto i primi lavori di Tripisciano ragazzo, figlio delcretaio della Badia, e aveva deciso di finanziarne gli studi fino al trasferimento a Roma, nella nuova capitale del Regno. Due uomini molto diversi, quindi, avevano segnato con il loro incontro una fase fondativa dell’identità collettiva della nostra città, solidamente legata all’economia ed insieme capace di promuovere la cultura e l’investimento sull’intelligenza e sulla creatività delle sue risorse umane. Nella Roma da pochi anni capitale d’Italia Tripisciano aveva studiato la tecnica e la storia della sua arte, si era incontrato con un immaginario artistico millenario prestigioso e ben precedente a l l ’u n i ficazione nazionale, aveva osservato ad ogni angolo

Sopra il bozzetto della “Madonna col bambino” che si trova a palazzo Moncada; l’opera originale si trova al Louvre di Parigi. A sinistra il monumento a Gioacchino Belli, realizzato in travertino e posto a Trastevere, nella piazza dedicata al grande poeta romanesco.

scultura abbia caratterizzato la produzione artistica più qualificata da Caltanissetta tra ‘800 e ‘900: non solo Tripisciano infatti, ma anche Frattallone, Scarantino, una generazione di “comunicatori della forma” avevano scelto la plasticità della materia per esprimersi. L’800 nisseno era stato il secolo dello zolfo, che aveva trasformato Caltanissetta da paese feudale in città sviluppata e borghese che si dava un assetto “monumentale” e una dotazione di edifici civili e pubblici di rappresentanza delle sue funzioni amministrative di capoluogo di provincia, prima con i Borboni e poi con i Savoia.

barone Lanzirotti lo aveva mandato a Roma a studiare la scultura. Tripisciano era stato “scoperto” come giovanissimo artista dal barone Guglielmo Luigi Lanzirotti, fondatore e per decenni Presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta, Sindaco della città, imprenditore e uomochiave della società nissena post-unitaria, uomo di riferimento di Filippo Cordova (ministro dell’economia nei primi governi della Destra storica) e delle forze economiche e sociali che nella seconda metà del XIX secolo guidavano nel nostro territorio la florida economia della società dello zolfo.

della città eterna immagini plastiche raffinate e popolari e in quel contesto si era affermato realizzando le sue opere vincendo concorsi, partecipando ad esposizioni internazionali (Barcellona, Mosca, Pietroburgo, Monaco, primo premio all’esposizione USA nel 1890 con “Cristoforo Colombo”), entrando nel circuito importante della committenza pubblica senza asservirsi ai notabili. Lavorava per lo Stato e per la Chiesa allora in conflitto (Fontana di Carpineto per il Papa Leone XIII), si specializzava nella ritrattistica con rara capacità antiretorica (deliziosa la terracotta del Quirinale con Umberto e Margherita a passeggio), rappresentava figure

mitiche e soggetti religiosi, icone classiche e personaggi contemporanei, con purezza di linee, con dinamismo e autenticità, senza la sovrabbondanza compiaciuta del Decadentismo ormai imperante. Aveva realizzato monumenti civili e

Artgiano della terracotta, “cretaio” il padre Ferdinando ne aveva ostacolato il talento e i sogni religiosi, ma il suo successo più grande era stato il monumento al Belli, il più romano dei poeti, che domina la piazza omonima in Trastevere come un affresco plastico a 360°, in cui il popolo di Roma si vedeva rappresentato nello spirito sagace della sua anima popolare, ma con una capacità di cogliere l’interiorità dei soggetti che lo faceva emergere dal realismo positivista tutto esteriore che caratterizzava la maniera di quel tempo. “Nazionale-popolare” in senso gramsciano questa capacità di Tripisciano di rappresentare il popolo senza populismo, rendendone l’ironia e la forza come dati antropologici, universali, nella sua dimensione collettiva con la stessa profondità con cui sapeva rappresentare i sovrani, senza il provincialismo di chi venendo dalla periferia dimentica la propria origine e cerca di omologarsi con il potere. Questa capacità di comunicare l’immateriale attraverso la plasticità della materia è un patrimonio culturale da valorizzare ancora oggi, ben al di là del desiderio di celebrare una “gloria cittadina”, per tematizzare, attraverso Tripisciano, l’identità, la memoria, la rappresentazione di sé che Caltanissetta ha generato nel periodo della sua massima espansione. Oggi la produzione di ricerca e di saperi sostiene l’economia dei beni immateriali con fondamenta robuste quanto alternative rispetto ai tradizionali connotati industriali che hanno caratterizzato i modelli economici del passato. Non c’è niente di più solido dell’immateriale, quando è ben radicato nell’immaginario collettivo: è una delle frontiere della contemporaneità più ricca di prospettive, se si riesce a conquistarla.


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Sogni in “Fumo” Pericolo canna Quattro adolescenti su dieci, fanno uso di droghe leggere Genitori sempre più permissivi e sempre più cedevoli verso i figli consumatori

di Lucilla Rovetto

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rovate a chiedere ad un genitore di un adolescente se il figlio faccia uso di droghe. La risposta sarà un no secco, senza replica. Eppure i dati nazionali dicono che 4 adolescenti su dieci fanno uso di cannabinoidi. Non fa eccezione Caltanissetta, con

In costante crescita il pericoloso connubio fra under 14 e sballo di gruppo picchi di consumo nei paesi viciniori, dove gli adolescenti uccidono la noia, facendosi un “cannone”, se possibile, pure nel cortile della scuola. Il connubio tra droghe leggere e minorenni è sempre più stretto mentre ignari genitori, distratti dal lavoro o da una vita familiare sempre più disgregata, non incapaci a cogliere che i figli sono assuntori, sebbene occasionali, ma sempre consumatori di

to alcuni controlli, cosiddetti di routine, trovando in un istituto tecnico, uno spinello in classe. La segnalazione proveniva dal preside che, aveva coraggiosamente aveva sollecitato la Polizia di Stato ad intervenire, in via preventiva. Dirigente attento che, invece di ricevere elogi e incoraggiamento dagli scrupolosi genitori,

droghe. I punti di spaccio in città sono davvero tanti, triplicati dalla presenza di extracomunitari che, disperati, cedono alle lusinghe dello smercio facile, sapientemente addestrati dalla malavita locale. Basta fare un giro a tarda sera nelle viuzze laterali di piazza Garibaldi e del centro storico, per vedersi affiancare da qualcuno che ti chiede “se vuoi erba”. C’è poi l’area della piazzetta del Marinaio all’interno della quale gravitano spacciatori di “fumo”. Di contro ci sono

giovanissimi, pronti a fumarla dappertutto, e altrettanto pronti a negare di farne uso: la triturano, la rullano e la fumano dove capita. Non solo. Nello slargo, di un supermercato, in zona periferica, agli avventori ritardatari che si affrettano a fare la spesa, due ragazzi di colore, offrendosi di riporre il carrello con dentro la monetina di un euro, fino a poco tempo fa, corredavano il servizio con l’offerta di droga, marijuana o hashish, pronti ad assecondare i gusti dei clienti più adulti. C’è poi il capitolo scuole cittadine. Negli istituti superiori del capoluo-

go, nei mesi scorsi le unità cinofile, arrivate da Palermo, hanno effettua-

si è visto piombare critiche da ogni dove. E non sono mancate nemme-


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BUSINESS. Internet, nuovo mercato per l’acquisto degli stupefacenti

On-line 800 mila siti “vetrina” Continua a calare in Italia il numero di chi assume droghe ma cresce (del 2,29%) la percentuale di con-

no le bordate di chi ha parlato di poter arrecare danno al buon nome della scuola. Insomma tutti seriamente preoccupati della reazione incontrollabile dei genitori. Dicevamo c’è spaccio perché c’è richiesta con un mercato fiorente dalla domanda in crescita e poi, perché l’”erba” costa relativamente poco, si consuma in gruppo e “rinsalda” tra i più giovani l’appartenenza malata ad un gruppo. I controlli antidroga vengono effettuati dalle forze dell’ordine, nell’arco dell’anno scolastico, per scongiurare l’utilizzo delle sostanze stupefacenti all’interno delle scuole o all’esterno degli edifici delle superiori. Ma quale è l’età dei consumatori di droga in città. Il più piccolo pizzicato dalle Volanti, a fumare marijuana, aveva da poco compiuto 13 anni. In Prefettura, un apposito ufficio conserva gelosamente tutti i nomi dei soggetti “beccati”a utilizzare, per uso personale, droghe. Un elenco sempre più lungo, purtroppo in crescita. Nel consumo collettivo non mancano nemmeno i nisseni non più giovani che, per diluire lo stress e le incalzanti amarezze quotidiane, nel fine settimana, tra amici, adeguatamente selezionati, si fanno una “canna”. Genitori, sempre più permissivi, tolleranti con se stessi e sempre più cedevoli verso i figli consumatori, certi che la droga “leggera” non faccia male. Le statiche nazionali diffuse dal Dipartimento politiche antidroga della presidenza del Consiglio dicono che negli ultimi dodici mesi, lo 0,12% del campione rappresentativo della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha dichiarato di aver assunto eroina (-0,12% rispetto al 2010), lo 0,60% cocaina (-0,29%), lo 0,12% stimolanti (-0,16%), lo 0,19% allucinogeni (0,02%). Il 4,01% (l’1,32% in meno) ha consumato cannabi-

noidi, ma la percentuale sale tra i 15-19enni dal 19,14% dell’anno scorso al 21,43% di quest’anno. Tra la popolazione studentesca di 15-19 anni quest’anno i consumatori (anche occasionali) sono stati il 2,01% per la cocaina (1,86% nel 2012), lo 0,33% per l’eroina (0,32%

Aumenta lo spaccio a Caltanissetta anche per la presenza di extracomunitari nel 2012), l’1,33% per stimolanti metamfetamine ed ecstasy (1,12% nel 2012) e il 2,08% per allucinogeni (1,72%) nel 2012. Nessuno, però, avrebbe voluto essere al posto dei sette nisseni, ben sette padri e/o madri, chiamati in Questura in un’afosa notte di fine agosto. Erano da poco trascorse le 2,25 del 31 agosto,quando in uno dei viottoli di Piano Geraci, sette ragazzini tra i 13 e 15 anni, accompagnati da un diciottenne, si danno appuntamento per una “fumata di gruppo”. Dal bauletto di uno scooter saltano fuori 40 grammi di marjuana. Uno di loro è pure in possesso di un coltello vietato. Una volante della Polizia scorge il gruppetto di ragazzini intenti al consumo e li porta in Questura. Sono tutti adolescenti che hanno voglia di crescere in fretta e tutti segnalati per uso di sostanze stupefacenti, mentre uno solo è stato denunciato per spaccio. Un’amara sorpresa che è il segno tangibile di una realtà da monitorare con l’attenzione necessaria.

IDENTIFICATE OLTRE 250 NUOVE MOLECOLE SINTETICHE sumatori di cannabis tra i giovani. E’ quanto emerge dalla “Relazione al Parlamento 2013 sull’uso di sostanze stupefacenti e tossicodipendenze in Italia”, elaborata dal Dipartimento politiche antidroga della presidenza del Consiglio. Negli ultimi dodici mesi, lo 0,12% del campione rappresentativo della popolazione tra i 15 e i 64 anni ha dichiarato di aver assunto eroina (-0,12% rispetto al 2010), lo 0,60% cocaina (-0,29%), lo 0,12% stimolanti (-0,16%), lo 0,19% allucinogeni (0,02%). Il 4,01% (l’1,32% in meno) ha consumato cannabinoidi, ma tra i 15-19enni - in controtendenza - la percentuale sale dal 19,14% dell’anno scorso al 21,43% di quest’anno. Il calo dei consumi, comune all’area europea, viene confermato anche dalle analisi delle acque reflue eseguite dal Dpa. Nel 2012, il numero totale di consumatori (compresi quelli occasionali) e’ stimato in oltre 2 milioni e 237mila persone: il 95,04% della popolazione under 64 non ha assunto alcuna sostanza stupefacente negli ultimi dodici mesi. La cocaina, sottolinea la Relazione, “dopo un tendenziale aumento che caratterizza il primo periodo sino al 2007, segna una costante e continua contrazione della prevalenza di consumatori sino al 2012” mentre il consumo di eroina e’ “in costante e continuo

calo sin dal 2004, anno in cui si e’ osservata la prevalenza di consumo piu’ elevata”: negli ultimi anni il fenomeno si e’ stabilizzato. Tra la popolazione studentesca di 15-19 anni quest’anno i consumatori (anche occasionali) sono stati il 2,01% per la cocaina (1,86% nel 2012), lo 0,33% per l’eroina (0,32% nel 2012), l’1,33% per stimolanti metamfetamine ed ecstasy (1,12% nel 2012) e il 2,08% per allucinogeni (1,72% nel 2012). Nel giro di meno di cinque anni, dal 2008 a oggi, il numero dei siti internet tematici che offrono cannabis o ne promuovono il consumo sono quadruplicati, passando

LO SCORSO ANNO,

2 MILIONI 237 MILA

CONSUMATORI IN ITALIA da circa 200mila ad oltre 800mila (dato “sottostimato”). “Dai siti ai blog personali, passando per gli shop on line e le pagine sui social network, gli utenti di tutto il mondo acquistano semi, si scambiano indicazioni circa la

coltivazione e forniscono pareri sugli effetti delle diverse piante”. Il

390 MORTI PER OVERDOSE NEL 2012 UMBRIA REGIONE CRITICA picco di 960mila toccato a maggio del 2013 - avvertono gli esperti - ha “una proiezione in crescita del 2% entro fine anno”. Sono oltre 250 le “nuove droghe” identificate dal Sistema nazionale di allerta precoce del Dipartimento politiche antidroga. A segnalarlo e’ l’ultima Relazione al Parlamento sull’uso di sostanze stupefacenti in Italia, che parla di “nuovo mercato in espansione, quasi esclusivamente gestito via internet” sebbene “attualmente sotto controllo”. Si tratta per lo piu’ di cannabinoidi sintetici, catinoni, fenetilamine, piperazine e metossietamine, spesso spacciate - sul web o, in misura minore, negli smart shop - per sali da bagno, incensi, fertilizzanti, prodotti naturali ed erbe mediche: prodotti per lo piu’ preparati artigianalmente in laboratori fatiscenti e a bassissima qualita’ igienica.


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L’intervista

Governo regionale

“Tanto rumore per nulla” Gaetano Armao, avvocato, assessore dell’ex governatore Lombardo

di Giuseppe Alberto Falci

È

rimasto un attento osservatore della vicende politiche siciliane. Non scenderà in campo, «io non sono un politico, resto un tecnico e voglio restare tale». Di certo, Gaetano Armao, assessore all’Economia della “Sicilia bedda” nel regno di Raffaele Lombardo da Granmichele, continuerà a pungolare il governo presieduto da Rosario Crocetta con intelligenza e con un pizzico di sar-

Analisi tecnica ma pungente dei primi dieci mesi del governo presieduto da Rosario Crocetta casmo. In un bar a pochi metri da Montecitorio incontriamo l’elegante avvocato palermitano Gaetano Armao. Abito di sartoria, occhiale da intellettuale, ipad sul tavolo per essere sempre sul pezzo. Per circa mezz’ora discutiamo con l’ex assessore regionale sui dieci mesi del governo Crocetta, e sui conti siciliani, e sulla polemiche delle ultime settimane. Iniziamo dal governo regionale. Un governo che siede a Palazzo d’Orleans da più di dieci mesi, un governo che, per usare espressione crocettiana, avrebbe dovuto «rivoluzionare» la Sicilia. E invece siamo sempre alla solite: gli indicatori economici sono negativi, e da settimane il governatore è im-

pegnato in un braccio di ferro con il Pd sul rimpasto che probabilmente non si concretizzerà. Insomma regna il caos, direbbe qualcuno. Sostanzialmente tra i pasti di pochi e rimpasti incompiuti il governo Crocetta è al palo. Il famoso cerchio magico sta perseguendo alcuni obiettivi. Per il resto, per i siciliani c’è poco e niente. Ma la cosa grave è che in un anno non si sia vista nessuna misura anticongiunturale sulla crisi economica, nessuna misura a sostegno delle imprese, nessuna misura a sostegno del lavoro. Nulla di nulla. Non si è nemmeno vista la riduzioni dei costi della politica che era stata strombazzata. A proposito di riduzioni dei costi della politico Antonello Cracolici si è dimesso qualche giorno fa da Presidente della Commissione sulla spending review. Prova provata che nel frattempo quella che viene definita “spentik reviiut”, come era stata propalata all’intero mondo, come una cosa già fatta, non esiste e non esisterà. Guardi, io sono molto preoccupato perché la Sicilia continua a perdere credibilità e posizioni. Per esempio, è stata strombazzata come una grande vittoria quella che è l’addizionale Irpef, che si è liberata grazie anche al lavoro sul risanamento portato avanti dal governo Lombardo, e di cui si è immediatamente appropriato il governo Crocetta. In realtà qui il merito non è di nessuno, ma era semplicemente doveroso farlo. Il tema è che quelle risorse che oggi sarebbero libere e sarebbe il caso di destinare in investimenti, invece sono utilizzate per il cosiddetto pagamento dei debiti verso le imprese. Non si comprende perché

nel resto del Paese questa operazione sia fatta a carico fiscale dello Stato, mentre in Sicilia sia tutto a carico della Regione, sopratutto, se questi pagamenti non serviranno a pagare imprese regionali ma serviranno a pagare imprese non regionali. Ciò rappresenta un paradosso: perché nelle altre regioni questa operazioni è a carico dello Stato, mentre da noi deve essere a carico della regione? Avvocato, i maligni le potrebbero dire: la Sicilia è una regione a Statuto speciale... E io le potrei contro-obiettare che non riceviamo l’intero gettito fiscale perché una parte viene trattenuta dallo Stato. Quindi tutto ciò risulta assai singolare. Per non parlare della svendita dell’art.37 che è stata fatta. O del negoziato sul federalismo fiscale rimasto bloccato. L’altro grande tema sul quale si è dibattuto in questi mesi di governo è l’abolizione delle province. La regione avrà tempo fino al 31 dicembre per legiferare. Del resto le province ad oggi non sono state abolite, ma

Abolizione delle provincie svolta la parte destruens, manca la parte costruens. Tutto è impantanato sono state semplicemente commissariate. Dal primo gennaio cosa succederà? Guardi, sull’abolizione delle province si è svolta la parte destruens senza la parte costruens. Insomma è tutti impantanato a Palazzo d’Orleans. Un’altro tema cardine, legato certamente al tema delle province, è il ddl sulla riforma delle aree metropolitane. Un ddl lanciato senza parlarne con nessuno. Invece queste riforme hanno un senso se vengono costruite, chiaro che ci saranno dei dissenzienti, ma tu, governo, devi costruire un consenso attorno a riforme di questa portata. Armao, ci dica una cosa in qualità di tecnico, e di ex assessore regionale all’Economia. Come stanno i conti siciliani? I conti siciliani sono conti difficili, il compito del mio successore è un compito difficilissimo che lui sta svolgendo con grande attenzione anche se a mio avviso con un cuore più a Roma che a Palermo. Di fatto la nomina del suo successore, mi riferisco all’assessore Luca Bianchi,

è una nomina romana. L’allora segretario del Pd Pier Luigi Bersani spinse su Bianchi proprio per vigilare sui conti siciliani. La Sicilia, dicono gli economisti, è una regione a rischio default. Ma noi non abbiamo bisogno di un assessore all’Economia importato, noi abbiamo bisogno di un assessore siciliano credibile a Roma. E ciò, mi consenta, è un’altra cosa. Non capisco perché Crocetta abbia ritenuto che le questioni finanziarie andassero affrontate alzando il cappello e ponendolo sul tavolo dell’interlocutore. Non è questo il modo di affrontare una questione delicata come quella finanziaria. Invece sarebbe stato necessario seguire tre direttrici: risanamento, credibilità, ma anche consapevolezza delle prerogative della Regione. Ad esempio, noi abbiamo fatto decine di ricorsi in Corte Costituzionale, nella gran parte dei casi vittoriosi, o comunque con sentenze interpretative di rigetto, che sono sentenze che vanno a ragione alla Sicilia. Che io sappia da un anno, basta verificarlo, sono stato proposti o uno o due ricorsi in Corte Costituzionale. A quel tempo noi siamo fummo accusati di eccessiva belligeranza. Tuttavia, io credo che una regione abbia fra le prerogative quella di difendere le proprie posizioni per attrarre più risorse. Lei ritiene che questo modo di procedere non porti da nessuna parte. E allora cosa succederà nei prossimi mesi? Questo immobilismo non aiuta la Sicilia. Anzi. Avremo un autunno pesantissimo. Peraltro si prospetta un deficit rilevante in quanto il bilancio del 2013 è stato predisposto su previsioni di incremento del Pil di 0.5%. E non c’è analista finanziario che da febbraio 2013 non dica che la Sicilia non abbia un Pil negativo fra il 2 e il 3%. Come si colmerà il buco che si verrà a creare? Nel frattempo il governatore Crocetta continua a galleggiare. Tirato per la giacca dal Pd, che chiede a più ripreso un rimpasto, e da Confindustria, big sposor del governatore, che chiede un cambio di passo. A mio avviso Crocetta la prima cosa che avrebbe dovuto fare, conscio della sua debolezza, era quella di proporre una modifica della legge elettorale per andare ad elezioni con una legge con il doppio turno. Invece prima ha sbandierato il modello Sicilia, alleanza sulle riforme con il M5s, e poi si ha chiesto aiuto al gruppo dei democratici riformisti, costituito per larga parte da ex lombardiani ed ex pidiellini. Intanto avrebbe dovuto non avviare quel negoziato, terribile, creando quel mercato del vacche. La cosa

grave è che per rafforzare questa sua maggioranza inesistente si è avviato un meccanismo di accaparramento di consenso in aula che ha portato a mercanteggiare sulle cose più assurde: sulle nomine nelle Asp, addirittura sulla composizione del Consiglio di Giustizia Amministrativa. Non è possibile che una nomina come quella del Cga, passi da un negoziato politico per un passaggio di un parlamentare da una fazione ad un’altra. Questo svi-

Avremo un autunno pesantissimo, si prospetta un deficit rilevante. I conti della Sicilia sono difficili lisce l’istituzione giudiziaria. Questa come tante altre si è avviata con una logica corruttiva, una logica per cui tutto è negoziabile. Il messaggio è il seguente: basta andare a Palazzo d’Orleans o a Tusa e negoziare. La mia sensazione è che qui si negozi tutto. Con l’aggravante che Crocetta si comporta come se avesse ottenuto un consenso plebiscitario. Poi c’è il capitolo nomine, alcune della quali, come quella del consiglio di amministrazione dell’Irsap, hanno sollevato un polverone anche all’interno della stessa maggioranza. Dalla vicenda Cicero ai trombati del Megafono il cliché è stato sempre lo stesso. E poi non dimentichiamo i nominati nelle Camere di Commercio. Quello che stupisce è che non ci sia un alzata di scudi da parte delle imprese di fronte ad un commissariamento di fatto delle Camere di Commercio, non fatto da funzionari del sistema amministrativo, ma da uomini che vengono messi lì o perché trombati alle elezioni, o perché uomini di partiti. La Camera di Commercio è la casa delle imprese, ed è impensabile che per gestirla il commissario non sia un dirigente regionale, o un funzionario regionale, ma un soggetto che non abbia nulla a che vedere con le imprese. A ciò si unisce il forte legame fra questo governo regionale e i vertici di Confindustria Sicilia. Questo non lo so. Certamente è inaccettabile quello che è avvenuto, ovvero che l’Irsap sia stata iscritto a Confindustria. Ma è inaccettabile non solo che l’Irsap sia stato iscritto a Confindustria, ma che Confindustria abbia accettato l’iscrizione di un ente pubblico. Francamente non riesco a comprendere la logica di tutto questo. Twitter: @GiuseppeFalci


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Fatti, salute & territorio

La SLA

non ha spento il mio sorriso

Di SLA si vive, l’amore della mia famiglia è la medicina più efficace. Viviamo con intensità il momento

di Donatello Polizzi

I

l sorriso di Davide vale più di centomila parole. E’ seduto accanto a me, Daniela (sua moglie) dal lato opposto, le figlie Ester e Sofia gironzolano per casa: un pomeriggio qualunque con una famiglia normale. Non tutto però rientra nel consuetudinario. Davide La Paglia, è immobile sul divano, la Sla l’ha colpito nel 2008: una malattia terribile che gli ha corroso il corpo ma non il sorriso. Lotta senza sosta, un guerriero, la storia di un’ex-atleta che vuole essere esempio positivo. L’inizio del calvario, Daniela racconta: “I primi sintomi nel luglio di cinque anni or sono. Accusa una fascicolazione (N.d.R. è la contrazione spontanea, rapida e a intervalli regolari di una o più unità motorie. Le fascicolazioni sono visibili e avvertite dal soggetto come guizzi improvvisi di una parte di un qualunque muscolo) al braccio destro. Il medico di famiglia aveva diagnosticato una carenza di potassio. Purtroppo la fascicolazione aumentava, fino a giungere al pollice che era quasi bloccato. A settembre, si sottopose all’elettromiografia che evidenziò la sofferenza del motoneurone. Ricoveri, viaggi, sofferenze, speranze deluse: uno stillicidio, nessuno ti da certezze, arriva un po’ alla volta, ti sconvolge”. Guardo Davide, con gli occhi accompagna le parole di Daniela, annuisce, ricorda particolari, dettagli, ripercorre un sentiero doloroso e conosciuto ma è evidente la sua ferrea volontà di non cedere. “Questo cambiamento non è stato repentino. E’ una malattia

degenerativa ma che a seconda del soggetto ha una variabilità differente. Abbiamo inizialmente affrontato un percorso di psicoterapia: abbia-

La storia dolorosa di un ex atleta che vuole essere esempio positivo e di speranza mo imparato che dobbiamo vedere le cose non a lungo termine. Credo che non valga solo per noi ma sia un messaggio condivisibile da tanti.

Oggi viviamo al momento: non pensiamo più in là di quello che può accadere in una settimana.

Dimostrazione dolorosa ma pratica: la morte del fratello di Davide che per noi era un sostegno fondamentale. Si è ammalato ed è morto in un mese. Importante l’affetto e la vicinanza degli amici: Giovanni, Angelo, Massimo non posso nominarli tutti: sono strabilianti impagabili, meravigliosi”. Il sostegno di enti amministrativi? “L’Asl offre il Servizio Adi: assistenza domiciliare infermieristica. Il comune ci presta 4 o 6 ore settimanali di servizio igienico sanitario, pulizia sul malato o degli ambienti in cui vive. Fisioterapia e logopedia giungono da casa Roset-

ta a cura dell’Asl. La regione è assolutamente assente a differenza di altre: vedi Lombardia o Sardegna, in cui l’assistenza è totale. Esiste anche un Fondo nazionale. Questo è un fondo a fine scorte, che finanzia il ‘cargiver’ (che può essere anche un familiare) ossia la figura cui il malato fa riferimento, la persona che sostituisce le braccia e le gambe di chi soffre di Sla”. L’assistenza è necessaria 24 ore al giorno, un impegno fisico, mentale e in particolare economico che non tutti possono sostenere. Esempi se ne possono fare tanti, Daniela ne sceglie uno: “Il malato di Sla è tracheostomizzato ed è ne-


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Nel 2010 a Caltanissetta ha fondato la sezione dell’AISLA della quale è il referente cessario che la cannula (operazione da cinque minuti che può compiere soltanto un medico di rianimazione) sia cambiata una volta al mese. Alcuni ammalati possono essere trasportati solo con l’ambulanza: chiedono 70 euro a viaggio. Stessa cosa per l’ossigenazione del sangue, esame che può farsi solo in ospedale. Tutte spese, insieme a tante altre, che gravano sulle famiglie”. Ci sono anche segnali positivi. Grazie alla sezione Sla di Caltanissetta, fondata nel 2010 da Davide insieme agli altri malati, si sono ottenuti dei risultati incoraggianti. Da segnalare l’interessamento della dott. Marcella Santino. Citiamo l’Hospice di San Cataldo, realizzato all’interno dell’ospedale “Raimondi”, con due stanze a disposizione dei malati di Sla. Una ‘casa sollievo’ che può essere utilizzata dalle famiglie che devono, per cause di forze maggiore, lasciare il paziente, per uno o più giorni. L’Aisla, presieduta a livello nazionale dall’ex calciatore Massimo Mauro, è un’associazione che funge da anello di congiunzione fra i malati e i loro cari. La possibilità di consigliarsi, confidarsi, confortarsi e aiutarsi nell’espletamento dei tanti iter burocratici che necessitano per accedere alle varie forme di assistenza. L’esplosione della mediaticità tragica della Sla si è avuta con il caso di Stefano Borgonovo. Ci sconvolge apprendere che alcune persone si vergognano di ammettere la propria malattia. L’esempio di Davide, alfiere e capitano coraggioso, vuole essere una luce che infonde speranza e coraggio; la sua famiglia lo circonda, coccola e afferma: “Di Sla si…vive, l’amore è la migliore medicina!”

Sclerosi Laterale Amiotrofica sconosciute le cause “La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una patologia neurodegenerativa a decorso progressivo e prognosi infausta, causata dalla degenerazione dei motoneuroni centrali e periferici e caratterizzata clinicamente da una progressiva riduzione di forza, trofismo e funzione muscolare fino alla completa paralisi”. Il neurologo Paolo Volanti, referente del Centro di Riferimento Regionale per il management riabilitativo e lo studio della SLA, ci illustra il volto ‘atroce’ di una malattia terribile. “Possono essere presenti, inoltre, difficoltà nell’articolazione della parola (disartria) e nella deglutizione (disfagia) nonché secondaria compromissione respiratoria (sindrome restrittiva). Oltre la comune forma sporadica, che comprende circa il 90% dei casi di malattia, si distingue una forma familiare che rappresenta il restante 5-10%. Il decorso è rapidamente progressivo, con accumulo di severa disabilità e, sebbene la progressione di malattia possa essere differente tra i vari soggetti, la sopravivenza media dall’esordio della sintomatologia è di circa 3 anni. La morte sopravviene di solito per insufficienza respiratoria. Al momento, ad eccezione del riluzolo (farmaco che in media rallenta la progressione di malattia dai 3 ai 6 mesi) non esiste una terapia specifica, ma trattamenti sintomatici (farmacologici e riabilitativi), trattamenti di supporto (PEG e ventilazione meccanica) e cure palliative terminali. L’approccio più efficace (rallentata progressione di malattia - miglioramento della qualità della vita) è quello derivante da una “presa in carico globale” del paziente da parte di strutture assistenziali articolate (Centri di Riferimento) multidisciplinari, in un “continuum” assistenziale che ha inizio subito dopo la comunicazione diagnostica e si conclude con la gestione degli stadi terminali” La situazione statistica (termine freddo e crudo), l’Epidemiologia (incidenza, prevalenza, mortalità) ed etiopatogenesi (cause/fattori di rischio) della SLA. “L’incidenza annuale (numero di nuovi casi/anno) di malattia è variabile, tra 0.6 e 2.6/100.000 abitan-

ti, aumenta proporzionalmente in funzione dell’età con un picco tra i 55 ed i 75 anni ed una predominanza nel sesso maschile. La prevalenza (numero totale dei casi in un determinato periodo) è compresa tra 0.8 e 7.3/100.000 abitanti. Ad eccezione della Sardegna, dove si sono evidenziati tassi di incidenza oltre il triplo della media italiana, gli studi epidemiologici finora condotti in Italia hanno dimostrato dati complessivi di incidenza, prevalenza e mortalità (1 su 7-800) sostanzialmente sovrapponibili a quelli degli altri paesi occidentali. Anche un recente studio condotto su 5 province siciliane (tra le quali Caltanissetta) ha evidenziato dati di incidenza (1.6/100.000) e prevalenza (6/100.000) equivalenti. A proposito della provincia di Caltanissetta, infine, è in corso un importante studio sulla frequenza delle forme familiari (da evidenze preliminari più alta dell’atteso) e della mutazione C9ORF72. Le cause specifiche della malattia sono ancora sconosciute, ma si è ormai concordi nel ritenere la SLA una patologia multifattoriale, derivante da una interazione tra predisposizione genetica e fattori ambientali. Diverse sono le ipotesi etiopatogenetiche (eccitotossicità, autoimmunità, deficit di fattori neurotrofici, stress ossidativo, etc.), così

Il neurologo Volanti: “I pazienti mi hanno insegnato a guardare la vita con occhi diversi” come i possibili fattori di rischio ipotizzati (attività fisica intensa, fumo, enterovirus, residenza in aree rurali/ montane, agenti tossici, etc)”. Qual’ è lo stato attuale della ricerca? “Sul versante della ricerca lo sforzo è duplice: conoscere le cause della patologia e trovare delle terapie efficaci. In riferimento al primo punto, nel corso degli ultimi anni i dati più

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cettina bivona Caltanissetta

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Sul versante della ricerca lo sforzo è duplice: conoscere le cause della patologia e trovare terapie efficaci

Paolo Volanti, neurologo referente regionale Centro SLA “S.Maugeri”

interessanti sono emersi dalla ricerca cosiddetta “genetica”, con la scoperta di diversi (oltre il già noto SOD-1) nuovi geni coinvolti nella malattia, alcuni dei quali (C9ORF72) anche in una percentuale rilevante (4-10%) di forme sporadiche. A proposito delle principali terapie sperimentali attualmente in corso in Italia, invece, ricordo lo Studio sul trapianto di cellule staminali umane neurali nella SLA” (cosiddetto protocollo Vescovi) e lo Studio basato sul trattamento con alte dosi di ciclofosfamide seguito dalla reinfusione di cellule staminali ematopoietiche precedentemente prelevate (cosiddetto protocollo Melazzini)”. La sua incontrovertibile esperienza, professionalità e conoscenza dela Sla a servzio della fondazione Maugeri. “Da oltre 20 anni la Fondazione Maugeri ha sviluppato un modello di assistenza multidisciplinare per i pazienti affetti da SLA, tuttora di riferimento in ambito nazionale e internazionale. In Sicilia, presso l’U.O. di Neuroriabilitazione Intensiva di Mistretta (ME) è operativo il “Centro di Riferimento Regionale per il management riabilitativo e lo studio della SLA”. Il Centro, che opera in stretta collaborazione

con altri Centri di riferimento regionali e nazionali, si avvale di un team multidisciplinare e si occupa di: a) presa in carico assistenziale postdiagnostica (trattamenti sintomatici e di supporto, riabilitazione specifica multidisciplinare, rilascio piano terapeutici e prescrizioni); b) attività di ricerca (sperimentazione farmacologica - trials clinici, studio dei modifiers genotipici e fenotipici di malattia). Il Centro, infine, collabora con le Associazioni dei pazienti (AISLA) in tutte le fasi di programmazione delle iniziative di formazione e di informazione”. Il suo contatto quotidiano con i pazienti, la convivenza continuativa con la loro sofferenza. “La vita può essere bella e interessante, nonostante la malattia. Anzi, anche “grazie” ad essa. L’affiancare e supportare, per quanto di mia competenza, i malati e i familiari nel loro slogan “Contro la SLA, per godere ogni minuto del miracolo della vita”, è la cosa per me più gratificante. Da medico e da uomo. Nonostante la SLA che ci ha fatto incontrare, ringrazio Davide, Michele, Osvaldo, Amalia, Paola e tutti gli altri ‘amici’, per avermi insegnato a guardare la vita con occhi diversi”.


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COPPA NISSENA. Non sono mancati i grandi personaggi

Jean Todt

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA

il “reuccio” di Capodarso

di Marco Benanti

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e la ricorderanno in tanti questa edizione della coppa nissena. Già la coppa nissena! È forse una tra le poche espressioni dell’identità cittadine. Caltanissetta, la città degli esterofili, bistrattata, spesso odiata, la città degli ultimi posti in classifica e toh?! chi ti capita di incontrare lungo le vie di Capodarso? Niente meno che il presidente della Fia la Federazione Internazionale dell’Automobile, quello che per intenderci era l’uomo della rinascita Ferrari in Formula 1, quello che oggi vediamo dialogare con Bernie Ecclestone pronto a decidere ogni cosa sul blasonato circus dei motori. Proprio lui si, Jean Todt in compagnia della moglie, la splendida attrice malese Michelle Yeoh, tenendosi per mano come due innamorati qualunque. Qualche aneddoto. Il comitato organizzatore aveva fortemente voluto la presenza di mister Todt insieme a quella dell’Automobile Club Italia Angelo Sticchi Damiani che è anche il vice presidente della Fia. Questo per suggellare una edizione della Coppa Nissena che sarà certamente ricordata a lungo. La Coppa Nissena è non solo patrimonio dei nisseni per l’appunto ma dell’automobilismo italiano, essendo prova di Campionato Italiano Velocità Montagna oltre che una tra le gare più antiche del mondo, insieme alla Targa Florio. Mister Todt arriva a Caltanissetta intorno alle 11.30 a bordo di una mono volume coi vetri oscurati, lui sta seduto dietro, al centro tra il presidente dell’automobile club Italia Sticchi Damiani ed il presidente dell’aci nissena Carlo Alessi, davanti siede la signora Yeoh, che con la sua fotocamera immortala

gnora sono saliti sulla Alfa Romeo Giulia bianca scoperta, dell’ingegner Vincenzo Calandruccio presidente del comitato organizzatore, al quale saranno saltate le coronarie perché mister Todt, una volta innestata la prima e’ schizzato via a ruote fumanti. Lungo il percorso i signori Todt hanno raccolto applausi, mentre la signora salutava il pubblico con la mano aperta a dita serrate, come una première dame! Ad attenderlo al parco chiuso dell’arrivo tanti cronisti per le interviste di rito, coordinati dalla squadra di Aci Sport Italia. Scesi dalle auto, il presidente Sticchi Damiani e Jean Todt si sono intrattenuti ancora con pubblico e piloti mostrando una sensibilità ed una semplicità che proprio non ti aspetti da uno così ed invece.... Prima delle interviste l’apoteosi: un signore anziano, dal viso solcato di rughe, prende letteralmente a braccetto Jean Todt e lo accompagna dritto dritto al camioncino dell’ambulante che prepara gustosi panini con carne e salsicce, in mezzo al fumo della brace. I due si intrattengono in una conversazione di cui però sconosco il contenuto. Sotto lo splendido palco delle premiazioni allestito dal comitato organizzatore, Todt e Damiani concedono

In alto Jean Todt e la moglie, l’attrice Michelle Yeoh a bordo di un’Alfa Romeo Giulia spider del 1963. A destra il vincitore della 59ª edizione della Coppa Nissena Simone Faggioli, il presidente della FIA ed il presidente dell’ACI Angelo Sticchi Damiani

tutto e tutti, (compresi forse i cumuli di spazzatura del villaggio Santa Barbara!), l’auto si ferma dinanzi alla ex caserma dei carabinieri dove Damiani apre la portiera e scambia un saluto con il capo della comunicazione di ACI Sport, anche Todt fa un sorriso a Luca Bartolini, visto a Monza appena due settimane prima. Come da programma Todt sarà sulla linea di partenza a Capodarso tra la prima e la seconda manche, ad attenderlo il classico bagno di folla, ma essendo l’automobilismo uno sport seguito da gente perbene, le forze dell’ordine non hanno poi faticato troppo a fare ordine pubblico. Padri, madri, bambini e ragazzi tutti a strappare una foto ed un sorriso a mister Todt, in pochi magari sapevano che quello che stavano incontrando per la prima volta non era solo il mai dimenticato direttore della Ferrari, ma il numero 1 della FIA! Stretta di mano poderosa e scambio di battute tecniche sulla manifestazione col direttore di gara Claudio Di Maria (i due di motori pare ne capiscano qualcosa...) e poi ancora foto, saluti e strette di mano. I piloti in gara, ma anche meccanici ed accompagnatori non avrebbero mai pensato di trovare in giro per il paddock di una gara di Civm il team principal del cavallino. Todt non si è sottratto a foto, scambi di battute, ha visto le macchine, ha parlato coi piloti, ha dispensato consigli ed apprezzamenti, ad una intervista per una tv regionale però tirato le orecchie ad un componente della direzione gara per aver girato più volte in motorino il tracciato senza indossare il casco. L’intervista e’ andata poi in onda tagliata, per non fare fare brutta figura alla manifestazione. Come da programma poi mister Todt e si-

AVVISI LEGALI

interviste, preziose per il loro contenuto. Da li a poche ore, Caltanissetta sarebbe divenuta nota sulle agenzie di stampa grazie ad importanti dichiarazioni sul mondiale e lo sport in Sicilia rese dal numero uno della FIA. Durante i brevi spostamenti tra gli appassionati mister Todt chiamava la moglie, chiedendo la sua mano in italiano, “amove, amove, andiamo di la” con quella erre moscia che sa di Trousou, misto però all’immagine di Alvaro Vitali, sottolineata da tanti nisseni che quando se lo son visto passare davanti hanno commentato: “picciu’ e’ preciso Pierino!”. Todt e’ persona attenta alla sicurezza ed apprezza molto il lavoro delle forze dell’ordine così non si è sottratto alla foto con gli agenti della polizia stradale di Caltanissetta diretti dal capo Maria Grazia Milli, anche lei volto noto a livello nazionale per essere stata l’”Agente per amico” della trasmissione Rai Easy Driver. Durante la foto, mister Todt ha tolto il berretto ad uno dei poliziotti e lo ha indossato. Obiettivo degli organizzatori era regalare agli sportivi una edizione da ricordare e di fatti così sarà per anni. Grazie allo sport motoristico, Caltanissetta si è fatta conoscere ed apprezzare anche per il suo spirito semplice. Todt e compagna hanno mostrato di apprezzare non solo il lusso dei panfili e mega yacht del Gp di Monte Carlo, ma anche il camioncino fumante di salsiccia e patatine di Santa Barbara. Caltanissetta e’ anche questo, e’ solo questione di identità. Le agenzie di stampa hanno battuto: Jean Todt a Caltanissetta “se sono qui c’è un motivo....”. Per un attimo la città si ritrova unita in qualcosa, e se capita per lo sport meglio ancora.

AVVISO DI VENDITA DEI BENI DEL FALLIMENTO N. 15/2012 R. FALL. L’Avv. Marco Vizzini, con studio in Caltanissetta, Via Libertà n. 114, nella qualità di Curatore del fallimento n. 15/2012 R. Fall., giusta autorizzazione alla vendita del Giudice Delegato Dr. Calogero Cammarata, rende noto che in data 30 ottobre 2013 alle ore 10,00 presso il suo studio, avrà luogo la vendita dei seguenti beni mobili, nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano: LOTTO N. 25: Autovettura FIAT Panda 1.2 Dynamic benzina, 60 cv (44 KW), targata CJ 473 XZ, di colore giallo limone, 4/5 porte, immatricolata il 30.04.2004, Km. 115.157

LOTTO N. 26: Autovettura BMW 530 D Gasolio, targata DS 235 YY, di colore grigio, immatricolata il 30.01.2009, Km. 36.065, cambio automatico

Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 2.560,00.

Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 20.000,00.

LOTTO N. 27: Autovettura FORD Mondeo 2.0 TDCi, gasolio, 115 cv (103Kw) targata DH 345 GV di colore grigio scuro, immatricolata il 20.07.2007, Km 322.374, cambio manuale. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 6.600,00. LOTTO N. 28: IVECO FIAT 35 8 23HP modello Daily, gasolio, targato AO 204927, di colore bianco, immatricolato il 03/02/1992, con cabina allungata (9 posti) e cassone Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 4.500,00. LOTTO N. 29: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Daily, gasolio, targato CL 191337, di colore bianco, immatricolato il 16/01/1989, con cabina allungata (7 posti) e cassone ribaltabile trilaterale. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 3.500,00. LOTTO N. 30: AUTOCARRO FIAT 35101G, modello Turbo Daily, gasolio, targato CL 205492, di colore bianco, immatricolato il 02/03/1990, con cabina allungata (7 posti) e cassone. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 3.500,00. LOTTO N. 31: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, targato CA 529058, di colore bianco, immatricolato il 15/04/1987, con cabina allungata (9 posti) e cassone Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 3.000,00. LOTTO N. 32: IVECO FIAT 35 F 8 B modello Turbo Daily, gasolio, trovato in parte smontato e privo di targa, di colore bianco, immatricolato il 20/04/1992 (con targa AO 208026), con cabina allungata (7 posti) e cassone, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certificato di proprietà. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 300,00. LOTTO N. 33: FORD TRANSIT EBBCDS, autovettura per il trasporto di persone, avente n° 12 posti, a gasolio, targato CT A70883, immatricolato il 03/09/93, del quale non si è venuti in possesso del libretto di circolazione ma soltanto del certificato di proprietà. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 3.000,00. LOTTO N. 43: ponteggio di 90,00 mq circa in cattivo stato e non a norma. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 400,00. LOTTO N. 46: gru a torre marca “Fuochi-Milanesi & C. s.a.s.”, del 1980, tipo 1235 AM, n° fabbr. 7380; macchinario in postazione fissa su stabilizzatori, forza motrice 380 volt – 50 Hz, portata max 2.350 Kg (carico base 30.000 Kg), ultima verifica ASL effettuata in data 26/03/07. Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 4.500,00. LOTTO N. 47: gru elettrica a torre marca “Benazzato” serie 1.500 del 1990, mod. 24/28/600, n° fabbr. 2185; macchinario in postazione fissa su quattro lati poggianti su plinti in cls, portata max 1.500 Kg (carico base 18.000 Kg). Il prezzo a base d’asta è fissato in Euro 3.500,00. MODALITA’ E CONDIZIONI: 1) La vendita avverrà, sulla base del prezzo minimo sopra indicato pari al valore attribuito dal Coadiutore del fallimento Arch. Chiara Di Natale nella propria relazione di stima; ai superiori importi andrà aggiunta l’IVA come per legge. 2) Le offerte di acquisto, IN BOLLO, dovranno essere presentate in busta chiusa, entro le ore 12,00 del giorno precedente la data fissata per la vendita, presso lo studio del Curatore Avv. Marco Vizzini; 4) L’offerta dovrà contenere: A) nome, cognome, luogo e data di nascita, codice fiscale, residenza o domicilio del soggetto offerente unitamente alla copia del documento di riconoscimento. Se l’offerente è una società o altro ente dovrà essere allegato idoneo certificato del registro delle imprese da cui risulti l’attuale vigenza della persona non fisica con enunciazione della spettanza dei poteri di rappresentanza legale; B) i dati identificativi del bene per il quale l’offerta è proposta; C) l’indicazione del prezzo offerto, che non potrà essere inferiore al prezzo minimo sopra indicato a pena di inefficacia dell’offerta; 6) Le offerte di acquisto dovranno essere accompagnate dal deposito, mediante assegno circolare non trasferibile intestato a “FALLIMENTO EDILSTRUTTURE SRL”, di una somma, a titolo di cauzione, pari al 10% del prezzo offerto per il lotto cui si intende partecipare; 11) In presenza di più offerte relative al medesimo lotto, il Curatore inviterà immediatamente gli offerenti presenti ad una gara sulla base del prezzo più alto tra quelli offerti con rilancio in aumento pari al 5% del prezzo a base d’asta. Il bene verrà aggiudicato a chi avrà effettuato il rilancio più alto. 12) L’aggiudicatario dovrà depositare il residuo prezzo, oltre oneri, diritti e spese di vendita detratto l’importo della cauzione entro 7 (SETTE) giorni dall’aggiudicazione a mezzo di assegni circolari non trasferibili intestati a “FALLIMENTO EDILSTRUTTURE SRL”i. In caso di inadempimento l’aggiudicatario sarà dichiarato decaduto e sarà pronunciata la perdita della cauzione versata a titolo di multa. 13) Sono a carico dell’aggiudicatario tutte le spese derivanti dalla vendita comprese quelle relative al passaggio di proprietà delle autovetture nonché quelle occorrenti per il prelievo dei beni dai luoghi in cui sono custoditi. Informazioni sul sito www.ilfattonisseno.it o al Curatore Avv. Marco Vizzini 0934/595069. Caltanissetta, lì 20.09.2013

Il Curatore Avv. Marco Vizzini


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di Salvatore Falzone

Una storia in Sicilia Terra “maligna” e corrosa Un siciliano che aveva inseguito troppi sogni Con “Riscatto”, suo undicesimo romanzo, Freni conferma la propria presenza nel panorama della grande letteratura cattolica del dopoguerra “Riscatto” è la storia Gennaro Fleris, che da bambino non pronunciava bene il suo nome e lo riduceva a Genni, e che da ragazzo aveva inseguito troppi sogni. Un siciliano di indole mite, un ergastolano coi bronchi malati, come altri cristi che soggiornano nelle patrie galere, unico detenuto in un’ex tonnara trasformata in penitenziario nell’isola di Marsia, brulla, piatta e senz’alberi, costretto tra le pareti di una cella e l’agognata ora d’aria di un cortile dove un tempo squartavano i tonni. “La vita è stata crudele con me” confida Genni al se-

condino, anche lui meridionale. L’ambiente carcerario è desolante, ma carico di un fascino misterioso. Melo Freni, l’autore di questo romanzo (Paoline, pag. 174, euro 13), noto giornalista e scrittore, lo descrive con rapide pennellate e gli assegna quasi la funzione di sostegno all’intreccio e soprattutto al tema della storia: il paradosso della morte che dà la vita. Al di là della nervatura teologica tra memoria, dolore e attesa che percorre le pagine del libro, non mancano motivi tipici della narrativa dello scrittore siciliano. Tra questi, per esempio,

il discorso sulla Sicilia (si legga il dialogo tra Genni e il cappellano, un frate palermitano dalla lunga barba) che porta inevitabilmente alle imposture che da sempre corrodono l’Isola, una terra “maligna”. Colpa della storia, forse, riflette Genni. “La Sicilia – gli risponde il religioso - è frutto del suo carattere, tra il dormiveglia della sua coscienza e la passione del suo orgoglio”. Nella metaforica isola di Marsia Genni ripercorre dolorosamente la sua vita, parlando col francescano, la cui presenza suscita nel carcerato una calda e salvifica speranza. Con il ritmo galoppante delle carrellate cinematografiche con cui Freni ha abituato i suoi lettori, comincia il viaggio in treno del ventenne Genni, dalla Sicilia a Roma, città che lo folgora con le sue maestose suggestioni: nella capitale, recandosi una sera a teatro a vedere “Il piacere dell’onestà”, scopre per esempio che Pirandello non può essere ridotto a “I vecchi e i giovani” di scolastica memoria. E poi il lavoro nell’agenzia di

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viaggi, settore ferroviario, di proprietà della signora Greta (con la quale il protagonista si lascia andare a una furtiva relazione) d o v e Genni continua a sognare incrociando orari e destinazioni. E poi ancora il ritorno in paese per la festa del patrono, richiamato dal gusto amarognolo della granita di mandorla. Un ritorno che è l’inizio della fine. Perché in Sicilia s’innamora di Ersilia, che di lì a poco diventerà sua moglie, e s’impantana in una storia di violenza: la donna viene uccisa e lui sparerà contro i mafiosi che gli hanno rubato l’amore, prima di costituirsi.

D o p o trent’anni di carcere scatta in lui la molla irresistibile che lo porterà a rivitalizzare un’esistenza distrutta. Ottenuta la grazia dal Presidente della Repubblica (ma la vera grazia è quella concessa da Dio), parte volontario per il Kenia (lo strappo dell’aereo gli fa provare la sensazione di “un vuoto in cui tutto della sua vita trascorsa precipitava”), ospite di una missione cattolica: Genni, che ha vissuto “nell’ombra dei giorni” ed è stato testimone di una colpa feconda, anela al riscatto e trova la morte. Un agguato conclude la parabola, umana e cristiana, della discesa agli inferi e della risalita, resa plasticamente grazie alla forza ricreatrice di una prosa essenziale.

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Ornamenti Emma Dante

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di Ivana Baiunco

una scoperta postuma C’

è una matrioska che gira, gira, gira… tutta rossa e colorata, la si vede nella home-page di ciò che non c’è più. Si legge se ci clicchi sopra: “Dopo sette anni il “Rossofestival” è stato annullato”. Il direttore artistico del “Rossofestival” era Emma Dante e lo è stata per sette anni con immense difficoltà, incomprensioni tra lei ed i borghesi benpensanti, mentre la città l’ha amata. In questa rubrica io racconto sempre la genesi delle mie riflessioni e dunque, ho avuto tanta voglia di scrivere questo pezzo dopo aver ricevuto un’agenzia che raccontava di sette minuti di applausi al festival del cinema di Venezia alla fine della proiezione per la stampa di “Via Castellana Bandiera” il film di Emma Dante. Ho sorriso, ma più che un sorriso è stata una sana e grassa risata, che voleva dire, alla faccia di chi non ha capito, alla faccia di chi l’ha vituperata, derisa, snobbata. Ebbene si non era la prima volta che provavo quella sensazione, la prima vera volta e’ stata alla prima della scala con la “Carmen”, non lo posso dimenticare, ho ancora le copie di “Repubblica” e “Corsera” che recensivano l’opera di questa strana regista siciliana, coraggiosa e dirompente

che aveva avuto la forza di disegnare una “Carmen” diversa ancora più gitana se si può. Adesso a distanza di un po’ di anni di nuovo quella sensazione di piacere mista a soddisfazione, quel brivido lungo la schiena che poche volte si prova. Eppure se avessimo capito che Emma Dante non era una “pazza visionaria” del teatro una sopravvalutata com’ è stata definita, ma soltanto un’artista che aveva tanto da dire e stava trovando il modo a lei più familiare per farlo, adesso in molti di più potrebbero dire, c’ero. L’abbiamo accolta a Caltanissetta al teatro Regina Margherita quando Palermo non la voleva più. Quando un teatro lei non ce l’aveva e lo cercava. Le prove degli spettacoli le faceva in un garage, uno scantinato, che dopo, con il tempo ed il denaro, si è trasformato in uno spazio teatrale libero a Palermo, la “Vicaria”. Caltanissetta le ha dato una casa artistica che le ha permesso in contemporanea di fare tanto altro e lei ha ricambiato regalando alla città un’esperienza unica, conoscere l’essenza del teatro. Va bene, va bene, parliamo di un’ altra forma di teatro, quello di ricerca, dove i suoni sono parole, il corpo è il palcoscenico e la musica è magia. Nello stesso perio-

do, proprio in quei momenti in cui l’affabulazione scenica creava l’arte, dagli scranni del consiglio comunale alcuni bacchettoni benpensanti e pseudo borghesi tuonavano sull’ immoralità di spettacoli come la “Scimmia” dove uomini nudi recitavano, c h e scandalo!!! Più volte fece gridare allo scandalo la signora Dante, mettendo in scena “Le Pulle” e raccontando a tutti , ciò che si fa ma non si dice. Non solo, le leggende metropolitane si susseguivano, si diceva di venti spettatori ad ogni rappresentazione, di una volta che non c’era nessuno o meglio solo due persone. Io ero li con il mio taccuino e non ho mai sofferto di solitudine. Il pubblico non era numeroso come quello delle commedie popolari, ma “nulla questio”, il teatro di ricerca è di nicchia come la musica jazz ed il tartufo, non è popolare, ma pazienza. Avessi però visto una sola volta qualcuno di quelli che sparavano numeri presenti ad uno spettacolo. Parlare per “de relato” è troppo

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facile non ci scomoda dalla poltrona di casa e si fa finta di sapere tutto, vezzo nisseno. Se avessimo capito non l’avremmo cacciata via, come una fidanzata traditrice, con un ostracismo delirante con la convinzione che cancellare è più semplice che costruire. E pur vero che però la gratitudine non alberga nell’animo di tutti, infatti da quando si è consumata la rottura con la regista palermitana, “Rossofestival”, il suo percorso

e Caltanissetta, non esistono più nel vocabolario di Emma Dante, non c’è un’intervista nella quale menziona quel periodo in cui è stata adottata dal teatro Margherita, certo parlare dell’esperienza parigina fa più chic. Non c’è traccia del “Rosso” nella sua biografia, nè nelle sue parole, nè nei suoi scritti. Anche se lo strappo è stato forte, la riconoscenza è la memoria del cuore, non voglio pensare che chi scrive certe cose, chi è capace di certi pensieri, chi fa poesia, ha un cuore smemorato.

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Fatti & San Cataldo

The end Cronaca di una morte annunciata di Alberto Di Vita

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i è chiusa con un sonoro tonfo l’esperienza della amministrazione Raimondi, e quello che più volte era stato presentato come il primo vero, epocale, inequivocabile atto dell’inizio di una nuova era di pacificazione sociale finisce in una gazzarra di cui, a dire il vero, potevamo farne a meno. Per il momento storico, politico e sociale delicatissimo, per la dignità individuale dei coinvolti: e perché alla fine, lo sappiamo, chi paga è sempre il cittadino. La stretta, freddissima, cronaca ci racconta di un Franco Raimondi che il 9 settembre 2013, ad appena 474 giorni di mandato (dal 23/05/2012), annuncia alla Giunta comunale di avere maturato la decisione di dimettersi. Il giorno dopo, con una risolutezza mai vista nei precedenti 475 giorni, consegna all’ufficio protocollo del Comune una lettera di dimissioni con la quale chiude una esperienza tanto cercata, tanto sognata, appena appena sfiorata in passato. Da quel momento, San Cataldo è di fatto senza Sindaco e aspetta che sia un commissario a stabilirne le attività fino alle prossime elezioni, tra le quali la delicata vicenda del bilancio di previsione 2013. La semplice cronaca, però, non ci racconta praticamente nulla di quello che i giorni successivi invece ci svelano: uno scenario da commediola all’italiana, dove tutti insultano tutti, dove ciascuno è migliore dell’altro, in cui il fallimento è sempre e comunque responsabilità d’altri. A partire proprio da quella letterabomba con cui Raimondi lancia il suo j’accuse alla sinistra sancataldese, rea a suo dire di ripetuti e insistenti ricatti per ottenere una poltrona (o due) in più. Da lì, una serie di comunicati, comunicatini, correzioni, risposte, contestazioni, repliche, che però hanno un

effetto collaterale non calcolato nell’ansia del momento, dominata dalla sola strenua idea di difendersi e proteggere la propria figura: ogni parola dei protagonisti ci racconta di 475 vissuti senza armonia, con un distacco e una conflittualità negate al di là delle evidenze, della logica, di quel sentire del popolo che raramente sbaglia. Ci racconta di una classe politica incapace di leggere segnali sociali fortissimi che hanno già decretato la fine della fiducia nella politica. Ci racconta di Amministrazione e Maggioranza lontanissime dai concetti di “pacificazione sociale”, “integrazione”, “condivisione”, “politica partecipata” e altro che era stato dispiegato pubblicamente a giustificazione di una

Il fallimento dell’amministrazione, uno scenario da commedia all’italiana alleanza contro natura, artificiosa, senza altra logica che il semplice arrivare al risultato ad ogni costo. Una unione che appariva scellerata agli occhi di chi semplicemente osservava già dal suo primo profilarsi all’orizzonte: a tutti, tranne che agli interessati. È tutto qui il motivo del fallimento, e in quel lunedì dopo il primo turno elettorale in cui si sanciva un patto politico fuori dai canoni, privato da ogni di assennatezza e possibile argomentazione di politica concreta: come ha potuto Raimondi pensare che funzionasse? Gli sia da ricordo: avrebbe vinto comunque. E quella che lui definisce

“strepitosa vittoria”, lo sappia, è molto meno strepitosa di quello che sarebbe stata se avesse avuto il coraggio di rischiare e proporre un cambiamento vero. Rischioso, ma almeno rinnovamento che non era solo slogan politico a giustificare l’ingiustificabile. Ci abbiamo sperato comunque, perché i tempi che stiamo vivendo non ci regalano sogni di alta levatura e dobbiamo accontentarci di sperare che le persone facciamo il loro dovere con il massimo della responsabilità e del senso civico: perché dietro a ogni cittadino c’è almeno una sofferenza, una difficoltà (in molti casi, ben più d’una) e chi amministra non può non tenerlo a mente ogni giorno, a ogni atto politico, a ogni parola, a ogni occasione. Evidentemente erano troppo diversi, troppo distanti persino per le più disperate speranze di cui siamo capaci oggi. E quanto fa male leggere adesso l’intervista che questo giornale ha fatto al Sindaco Raimondi? Dove tutto era bello, lustro, felice, in cui non c’era traccia di difficoltà, in cui i componenti la maggioranza erano persone care, vicine, responsabili, che condividevano il programma e lo portavano avanti. Per

il bene di San Cataldo. Forse, per far sì che l’impossibile connubio potesse quantomeno funzionare nella realtà quotidiana di un paese, è mancato proprio questo: il dirsi le cose con chiarezza, ammettere sin da subito le difficoltà, le controversie, rendendo pubblica quella che in una democrazia sana è sanissima dialettica politica. Così da rendere tutti responsabili da subito. In questo, l’ex Sindaco Raimondi è stato impalpabile, evanescente. Anche l’atto finale delle dimissioni è, per quanto gesto di grande dignità personale, un’occasione mancata di trasparenza e rispetto nei confronti della Città: altre strade potevano essere percorse, altri metodi utilizzati, azioni di forza per fare assumere a ciascuno la responsabilità almeno da quel momento in poi. Mancato anche questo, in questa sagra delle occasioni mancate che si è presto

trasformata nella più raffazzonata gara della ricostruzione di una verginità politica di cui, in verità, non ne abbiamo neanche sentito l’odore. Non ci rimane che fare da spettatori e assistere a quel che produrranno gli “schizzi”: perché tanto è più fragorosa la caduta, tanto più in alto arrivano i getti dei liquami che ristagnavano al di sotto. È qualcosa che, francamente, ci vorremmo risparmiare: il “mi sono dimesso prima io”, “no io”, “tu eri quello che”, “mi ricattavate”... scene da piccola e improvvisata commedia di fine estate che non ci piace e che speriamo si chiuda al più presto. Perché stride, stride troppo questa vecchia, vecchissima politica che era stata spacciata per cambiamento, innovazione. Perché San Cataldo aveva bisogno di altro: di entusiasmo, partecipazione, condivisione. E che non si abusasse in questo modo delle speranze dei cittadini.


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Cronache del dopobomba Dimissioni

Il titolo richiama uno dei libri di Philip Dick, uno dei massimi autori di fantascienza: sottotitolato “Come ce la siamo cavati dopo la bomba”. E se la situazione contingente non fosse gravissima, sarebbe persino spassoso mettersi sugli spalti di quello che è stato un vero palcoscenico virtuale in cui, tra balletti, ripicche, accuse, frecciate, insulti, comunicati e comunicatini, quella che hanno tentato in tutti i modi di far passare come una maggioranza felice e unita: “hanno accettato il mio programma e lo stanno rispettando fedelmente”, ci diceva il Sindaco a inizio maggio parlando della maggioranza che lo sosteneva. Rileggendo i comunicati abbiamo

trovato anche motivi per sorridere amaramente, per quell’anno e mezzo speso conducendo una macchina amministrativa a colpi di improvvisazione. Quello che ne resta, purtroppo, sono solo parole. Ne abbiamo fatto una selezione delle più significative, delle più pungenti, eliminando dal contesto tutto quello che serviva a sostenerle: si evin-

ce che tutti avevano ragione, fedeli all’italianissima linea del “hanno torto loro”. L’impressione, da questa parte, è invece che abbiano tutti torto. Raimondi: “È venuto meno, da un po’ di tempo, quello spirito di gruppo e di servizio che ‘incondizionatamente’ doveva portare avanti un Programma ambizioso per la Città.” Raimondi: “Le forze politiche aggregate al secondo turno [...] riconoscevano che alle due liste e alle real-

tà politiche che al primo turno e fin dall’inizio avevano sostenuto il mio progetto politico andava garantita in ogni caso la presenza in Giunta” Bonsignore&Culora: “Il vero ricatto è iniziato al contrario” Scarciotta a Raimondi: “Mostra di essere capace di spogliarti di quella presunzione che ti porta a pensare di essere l’unico ed il solo vincitore e di poter relegare tutto il resto della truppa al ruolo di figuranti” PD: “A noi questo modo di amministrare non piace, quindi non lo condividiamo” Raimondi: “Ho amministrato[...] Ho ridotto[...] Ho iniziato[...] Stavo portando[...] Ho eliminato[...] Ho dato l’indirizzo[...] Stavo avviando[...] Ho preso l’iniziativa[...] Ho fatto in modo[...] Ho intensificato[...] Ho partecipato[...] Ho incontrato[...] Ho stabilito[...] Sono andato[...] Questa mia presenza continua e costante” Scarciotta a Raimondi: “voglio però dirti come il voler ricondurre a te ed a te solo la responsabilità del gover-

no della nostra città, ti pone in condizioni di obiettivo isolamento e di difficoltà estrema” @gimus: “È veramente paradossale che Franco Raimondi si sia dimesso per eccessi della maggioranza” Scarciotta a Raimondi: “Mi ero dimesso prima io” (non testuale) Raimondi a Scarciotta: “Non ho mai ricevuto alcuna lettera di dimissioni” Rifondazione: “Se non si trattasse del Sindaco, definirei tale metodo infantile e arrogante” Raimondi: “dopo la mia strepitosa vittoria al secondo turno” Scarciotta a Raimondi: “creduto che un sindaco espressione e mentore con i suoi voti di un polo civico altrimenti sconfitto[...]” Raimondi: “’Nulla a pretendere’ mi era stato assicurato” Bonsignore&Culora: “La presunta gratitudine per qualcuno doveva trasformarsi in assoluta acquiescenza” Raimondi: “Sono stato politicamente generoso. Ma purtroppo in politica non si è mai riconoscenti e spesso non si ha rispetto delle persone e non vengono mantenuti gli impegni e gli accordi presi” Scarciotta a Raimondi: “In occasione delle due tornate di voto per le regionali e per le politiche, hanno preso ciascuno la propria strada, mortificando con indecorosa superficialità la sensibilità politica dell’altra parte e calpestando impunemente il tacito impegno politico derivante dall’apparentamento.” Raimondi: “Nessun uomo di buon senso e che tiene al rispetto della propria persona può accettare questi condizionamenti che nulla di buono fanno presagire per il futuro della Città” Scarciotta a Raimondi: “palesi fibrillazioni affliggono da tempo la tua lista di riferimento che, attraverso l’agire spregiudicato di alcuni componenti palesemente mediocri” Raimondi: “Per la realizzazione di questo mio progetto serve una maggioranza forte e coesa mentre invece, come ben si comprende, non esiste più nemmeno la maggioranza”

Rifondazione: “oltre che stigmatizzare un basso profilo politico del Signor Sindaco, ha evidenziato una difficoltà relazionale dalla quale nascono le divergenze” Scarciotta a Raimondi: “Il tutto senza tralasciare il continuo prodursi in farneticanti dichiarazioni o in scelte autonome e divergenti rispetto ai deliberati della stessa maggioranza” Raimondi: “Continuare a queste condizioni non fa certo bene alla Città” Raimondi: “È necessario che ciascuno si dedichi sinceramente alla città, mettendo da parte ogni altro interesse politico personale o di parte” Scarciotta a Raimondi: “N posso negarti come troppo spesso con te ed in giunta mi sono sentito un convitato avulso dal contesto, un estraneo scomodo ed ostile, una presenza ingombrante ed aliena” Scarciotta a Raimondi: “Sono [...] le tue trattative sottobanco con gli uomini e le formazioni politiche

dell’opposizione, i ricatti di bassa lega ai quali troppo spesso hai mostrato di soggiacere” Scarciotta al Sacco: “Nell’ultimo foglio di un paio di mesi fa di un periodico che si occupa goffamente e faziosamente della politica locale” Scarciotta a Raimondi: “Il tuo arroccamento su posizioni di assoluta indisponibilità a ragionare di ambedue gli aspetti della rivendicazione e la tua intransigenza nel voler difendere il profilo civico della tua coalizione, che ormai da tempo non è

più tale per l’innaturale divenire politico tuo” Scarciotta a Raimondi: “Fai una volta per tutte a meno delle cellule infette ed elimina il cancro del ricatto che ha colto qualche scarso me-

stierante tra i tuoi consiglieri della prima ora” Raimondi a chiosa: “La lettera dell’ing. Scarciotta costituisce l’ennesima prova del ricatto politico ordito nei miei confronti” Giannone&Mangione: “Siamo arrivati alla pura menzogna e alla sofisticata fantasia “ Giannone&Mangione: “ e solite facili illazioni denigratorie fatte da persone senza dignità politica”

PD: “Il Sindaco [...] sottopone all’approvazione degli assessori il regolamento sul commercio ambulante. Regolamento a noi sconosciuto”


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Fatti & spettacoli Tutto ruota intorno all’associazione culturale Metanoeite, adesso si aggiungono artisti e ragazzi provenienti da altre realtà associative e parrocchiali della città e della provincia intera

“Eccomi, sono qui” è il titolo del musical che racconta la vita della Madonna come mai nessuno aveva fatto prima. Un’ora di brani pop/rock interamente cantati dal vivo e accompagnati da coreografie dinamiche ed accattivanti. “Non è solamente uno spettacolo - afferma Michele Albano coautore dei testi - il musical è la parte visibile di un progetto più complesso che punta alla crescita e valorizzazione dei tanti giovani talentuosi che può vantare il nostro territorio.” Tutto ruota intorno all’associazione culturale Metanoeite e ad essa si aggiungono artisti provenienti da tante altre realtà associative e parrocchiali della città e della provincia intera. “Le collaborazioni nascono per far fronte al comune desiderio di migliorare e nel tentativo di creare qualcosa di unico ed originale” - è quanto racconta Corrado Sillitti autore delle musiche. E’ proprio l’originalità e la freschezza dei brani a caratterizzare l’opera; ogni melodia si lega perfettamente al testo curato nei minimi particolari. Il mix che si genera conduce il pubblico dentro ad un percorso di conoscenza umana e spirituale di una delle figure più amate dai credenti e non solo. “Un’esperienza straordinaria che ci accompagna da circa un anno e intorno alla quale ruotano più di settanta persone tra giovani e famiglie. Il pubblico ci segue con stupore e grande attenzione e ciò è per noi motivo d’orgoglio” -

60* anniversario della lacrimazione della Madonnina, è stata un’esperienza indimenticabile così come Termini Imerese o le altre tappe - è il ricordo commosso di Corrado Sillitti. “Come cantare dinnanzi alla propria mamma che ti osserva con benevolenza ed ammirazione - replica Francesco Miceli - Per chi è credente tutto ciò ha un valore ben superiore rispetto alla

L’opera ha vinto la “Rassegna Teatri del Sacro” nella categoria giovani compagnie

Caltanissetta e dintorni sono mossi da buona volontà e desiderio di dimostrare che la nostra è una terra ricca di talenti e virtù. Vorremmo che tanti altri giovani possano unirsi a questo progetto.” Hanno il tono dell’invito Michele Albano coautore dei testi ma anche dell’esortazione le parole di Albano. Vi si legge, infatti, la consemplice gratificazione umana.” sapevolezza circa la necessità che cia“Eccomi, sono qui” verrà rappresenta- scuno, nei propri ruoli e funzioni, si to a Padova nella primavera del pros- responsabilizzi al fine di promuovere realmente il territorio, le attività, le idee e soprattutto le persone che lo abitano. Oltre agli artisti già citati, meritano menzione le meravigliose coreografie di Nadia Mancuso magistralmente interpretate dalle ragazze del suo Laboratorio ArteDanza. Curati all’inverosimile ed appropriati gli oltre 200 costumi di Annamaria Nunziatini. La realizzazione e montaggio delle scene è stato il frutto dell’impegno di due tra i più giovani della compagnia: Marco Maira e Marco Tumminelli.

Eccomi sono qui

Il musical sulla vita della Madonna questa la testimonianza di Francesco Miceli, coautore dei testi e regista dello spettacolo. Dopo la prima, tenutasi al Teatro Margherita di Caltanissetta nel dicembre 2012, la compagnia di “Eccomi, sono qui” ha continuato con una tournée che si è arricchita di date ed eventi. “Rappresentare il musical a Siracusa, in occasione dei festeggiamenti per il

simo anno in quanto l’Associazione Metanoeite è risultata vincitrice della Rassegna Teatri del Sacro nella categoria per le giovani compagnie. “Un’ulteriore conferma che ci incoraggia e sprona a voler continuare nel percorso intrapreso - conclude Michele Albano - Bisogna insistere con il lavoro in sinergia creando ancora altri contatti e collaborazioni con quanti a

L’affascinante disegno luci studiato da Tiziano La Marca con l’ausilio dell’ottimo service Dietro le Quinte di Aldo Miserandino. Un plauso particolare ai cantanti che hanno prestato le loro splendide voci per dare risalto ai personaggi che ruotano intorno alla vita di Maria. Tutti hanno interpretato il ruolo assegnato con amore e grandissima profes-

sionalità, creando un gruppo unito che si è esibito con modestia e passione. Sono Chiara Tumminelli, Giorgia Anzalone, Simona Carbone, Laura Gallo, Marco Carlino, Enrico Provinzano, Simone Polidoro, Marianna Sillitti, Martina D’Antoni, Romina Curto, Giacomo D’Agostini, Fabrizio Dellutri, Piero Cara’, Bruno Burruano e Carla Albano. Tappa dopo tappa il cast si è ingrandito con l’organizzazione di Serena Mice-

li e grazie all’inserimento dei ragazzi dell’Oratorio della Cattedrale e dei bimbi del laboratorio teatrale “Il vaso di Pandora” accompagnati da alcuni genitori che si sono resi parte attiva nelle varie incombenze logistiche. Insomma...”Eccomi, sono qui”, ad oggi, ha coinvolto tanti giovani e famiglie che con spirito associativo, buona volontà e risorse personali hanno voluto e continuano a dimostrare che Caltanissetta e i suoi cittadini possono diventare un’oasi di creatività ed estro in grado di non sfigurare di fronte a platee e piazze importanti. E’ con questo auspicio ma soprattutto con questa convinzione che l’associazione Metanoeite invita quanti volessero vivere un’esperienza simile ad attivare un contatto con la stessa al fine di ampliare questa rete di sinergie e collaborazioni.

AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA

ESECUZIONE IMMOBILIARE N. 45/2011 R.G.ES Lotto 1: fondo rustico sito in territorio di Santa Caterina Villarmosa, c.da Manca, caratterizzato da giacitura valliva con caratteristiche colturali attive rispecchianti la qualità e la classificazione catastale, censito al N.C.T. al foglio di mappa n. 32 particelle nn: 21 seminativo, 30 seminativo, esteso are 43.80 16 seminativo,22; al foglio di mappa 33 particelle 1 seminativo e 317 seminativo esteso are 1.21.90. Prezzo base € 12.500,00 rialzo € 625,00. Lotto 2: fondo rustico sito in territorio di Santa Caterina Villarmosa c.da Palombara caratterizzato da giacitura collinare con caratteristiche colturali attive rispecchianti la qualità e la classificazione catastale, censito al N.C.T. del predetto comunce al foglio di mappa 60 particelle 51, mandorleto, classe 4 di Ha 00.08.10 53 uliveto, classe 2 di Ha 00.01.30; 54 uliveto classe 2 di Ha 00.02.10, 255 mandorleto classe 4 di Ha 00.00.60 e 256 uliveto classe 2 di Ha 00.02.80. Prezzo base € 1.300,00.rialzo € 65,00. lotto 3 : fondo rustico sito in territorio di Caltanissetta c.da Fagaria caratterizzato da giacitura in modesto pendio con caratteristiche colturali attive censito al N.C.T. del predetto comune al foglio di mappa 30 particella 29 seminativo, classe 4 di Ha 02.23.30.Prezzo base € 14.500,00. Rialzo € 725,00. Vendita senza incanto: 20.11.2013 ore 16.30 dinanzi al professionista delegato Avv. Giuseppe Di Legami con studio in Riesi via Volturno, 9. In caso di mancanza di offerte vendita con incanto il 27.11.2013 alle ore 16.30. deposito domande ed offerte entro le ore 12 del giorno non festivo precedente la vendita c\o il suddetto studio unitamente al 10% del prezzo offerto come cauzione. Maggiori info preso studio del delegato tel: 0934/920594 o 338/1035845 e\o su WWW. Astegiudiziarie. It.


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Fatti & spettacoli

Stabile Nisseno

Peppe Speciale: “Nemo propheta

in patria”

di Annalisa Giunta

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entinove gli spettacoli portati in scena in tutta la Sicilia: questo il bilancio della stagione estiva 2013 del Teatro Stabile Nisseno. “Un bilancio piuttosto positivo – afferma il direttore artistico Giuseppe Speciale - vista la crisi dilagante che ha colpito i Comuni e di riflesso tutte le compagnie teatrali e le altre attività culturali promosse dagli enti pubblici, anche se negli anni passati riuscivamo a portare in scena per la

Avremmo dovuto avere a disposizione il Margherita, non solo per le prove. Istituzioni “sorde” stagione estiva circa 40 spettacoli”. “Una crisi - prosegue – che stiamo riuscendo a fronteggiare grazie a un’offerta diversificata delle nostre rappresentazioni : dalle fiabe, agli spettacoli più grandi con il coinvolgimento di 10-12 personaggi a quelli più piccoli con 4-5 personaggi che comportano un costo inferiore rispetto ai primi. Inoltre da tre anni a questa parte proponiamo anche i concerti live grazie a musicisti e cantanti che fanno capo al Teatro Stabile Nisseno”. Una lunga storia quella del Teatro Stabile Nisseno nato nel 1996 in prosecuzione di quello che fu il “Piccolo teatro Stabile Nisseno”, con oltre 43 anni di attività ininterrotta e di esperienza nel mondo del teatro.

Dal 2010 casa del Teatro Stabile nisseno è l’Oasi della Cultura, una struttura che un tempo ospitava l’oratorio dei salesiani Don Bosco. “Per noi - afferma Giuseppe Speciale - è stato importante avere questo spazio . Cinquemila metri quadrati di cultura a 360 gradi: non solo teatro, ma anche musica e canto. Una strut-

tura che ha al suo interno un teatro dove ogni anno si svolge la stagione di prosa denominata ‘Domenica pomeriggio a teatro’, la rassegna di fiabe teatrale e quella di cabaret. Un teatro che nel febbraio 2012 ha ospitato il duo Ficarra e Picone che hanno scelto l’Oasi della cultura, motivo di orgoglio per noi, come uno dei due teatri siciliani, l’altro è stato Pace del mela, per provare il loro spettacolo ‘Apriti cielo’”. Un grosso investimento per il tea-

tro stabile nisseno che richiede tanto sacrificio e passione, ma al quale Cal-

vestire su una struttura privata piuttosto che utilizzare quelle presenti in città? “Io dico sempre che sono onori ed

prepara ad affrontare la stagione 2013-2014 con la produzione di tre nuove fiabe teatrali per la regia di Cinzia Maccagnano: “Il principe e i

tanissetta e i nisseni in generale sembrano non rispondere positivamente. “Il detto ‘Nemo propheta in patria’ – afferma Speciale – non si smentisce mai. Se il teatro Stabile Nisseno dovesse vivere grazie alla sua città non esiterebbe più già da diversi anni. La nostra compagnia ha il grosso degli eventi e degli spettacoli fuori Caltanissetta. Questa città preferisce dare spazio agli altri e non agli artisti nisseni in generale, mettendoli in secondo piano o chiedendogli di fare dei sacrifici. Un’idea che non condivido”. “Valorizzare gli artisti nisseni - aggiunge – dovrebbe essere un dovere delle istituzioni pubbliche e non so fino a che punto è stato fatto in questi ultimi 15 anni”. Cosa ne pensa del fatto che una compagnia come la vostra debba in-

oneri – dichiara il direttore artistico del Teatro Stabile Nisseno – Se era giusto che la Nissa essendo la prima squadra della città avesse a disposizione Pian del Lago e le altre squadre minori si allenassero al Palmintelli, allo stesso modo il Teatro Stabile Nisseno essendo la prima compagnia di Caltanissetta, non solo per gli anni di attività ma anche per la sua storia, avrebbe dovuto avere a disposizione il teatro Margherita non solo per le prove, ma anche per la messa in scena degli spettacoli. Purtroppo in questi ultimi 15 anni non sono riuscito a far capire questo discorso alle istituzioni pubbliche e quindi noi paghiamo un affitto ai salesiani, che comunque ci stanno venendo incontro mentre altre strutture rimangono chiuse e non utilizzate”. Intanto il Teatro Stabile Nisseno si

pianeti”, il cui debutto è previsto a fine ottobre; “La famiglia Addams”, debutto a febbraio e “Robin Hood”, debutto ad aprile. Per la prosa due le nuove produzioni: “Se devi dire una bugia dilla grossa” per la regia di Angelo Tosto, debutto a novembre e “Angeli e demoni” per la regia di Giuseppe Speciale, debutto a maggio. Sarà inoltre riproposto a novembre, dopo il successo degli scorsi anni, lo spettacolo “Toti, Tonino e la mala femmina” per la regia di Antonello Capodici. Il 24 novembre riprenderà la stagione “Domenica pomeriggio a teatro”, mentre da dicembre sarà riproposta la stagione teatrale di “Di fiaba in fiaba”. Aperte anche le iscrizioni per il secondo anno della scuola di teatro con corsi per bambini dai 5 ai 10 anni, ragazzi dagli 11 ai 16 anni e per gli adulti da 17 anni in su.


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Musica...che passione CHITARRA & VOCE sound afro-brasiliano

di Alberto Di Vita

Patrizia Capizzi 35 anni, incontra le note da giovanissima. Una vita dedicata al pentagramma, ha rinunciato ad attività lavorative certe e stabili per realizzare il suo sogno

il mondo musicale è più forte delle convenzioni e degli schemi, così Capizzi prosegue il suo percorso artistico seguendo cammini che di volta in volta il suo gusto e la sua curiosità le suggeriscono: da autodidatta si avvicina alla musica folk americana. Le prime esperienze in gruppo sono interessanti, con i Kubaita e i Blueberry Jam, con le quali si esibisce da cantante, chitarrista e percussionista.

Dal “lato statunitense”, inevitabile l’approccio al Gospel e allo Spiritual, genere che esplora alla guida del coro gospel “Good News Voices” e, successivamente, la spinge a fondare i “Seeds of Faith”, gruppo ancora in attività. Dal “lato afro”, intensa la ricerca sulla musica etnica, fatta di percussioni e dal legame stretto e intenso tra musica e ballo, comunicazione col linguaggio del corpo e della

P

er molti musicisti fare musica è troppo spesso imbracciare una chitarra, appoggiare le dita su un pianoforte, sedersi per suonare la batteria, imparare a suonare dei pezzi e poi eseguirli con il proprio gruppo. Un approccio onesto ma al quale manca buona parte dell’essenza stessa della musica: raccontare, cioè, interi periodi storici, luoghi, tradizioni, culture. Conoscere le origini delle canzoni, come si intrecciano con la società che le ha viste nascere, sono tutte cose che cambiano l’approccio alla musica e il modo stesso di suonare. È una delle verità che la cantante e musicista nissena Patrizia Capizzi sembra avere imparato alla perfezione. Capizzi nasce 35 anni fa in provincia di Palermo, a Petralia Sottana. L’incontro con la musica avviene da giovanissima, quando a 12 anni riceve una chitarra con la quale comincia a strimpellare i primi accordi. Un paio di anni dopo comincia un percorso musicale all’apparenza più classico, con lezioni di pianoforte che durano fino alla maggiore età. Già all’epoca, la voglia di esplorare

definita “disapora africana” e dei risvolti umani e sociali della stessa, in un viaggio che ci racconta delle difficoltà di integrazione, delle schiavitù, della lotta per i diritti civili: un progetto ambizioso e di larghissimo e profondo respiro culturale. Nel 2011 sembra arrivare una svolta decisiva. Oltre agli studi di approfondimento di percussioni e tamburo a cornice, si interessa con sempre più convinzione alla musica e alla cultura brasiliana. Affascinata dall’inestricabile mix di malinconia,

I suoi spettacoli non sono semplice “intrattenimento” ma un messaggio di accoglienza e integrazione Gli studi del periodo (lingue e letterature straniere, ad indirizzo antropologico) la portano anche a intrecciare l’interesse musicale con quello degli studi, lasciandosi attrarre in particolar modo dalla cultura afro e dalle contaminazioni che la musica africana è riuscita a determinare nell’ambito delle culture e della musica di luoghi come gli Stati Uniti, Cuba e Brasile, cioè alcuni dei paesi a più alta concentrazione di persone di origine africana: diventerà il filo conduttore delle successive esperienze.

musica. Ed è in questo filone che si innestano i progetti “African Soul” e”Dundunbà”, affascinante esperimento di musica e danza tribale, con abiti e strumenti tipici. Nel 2010, assieme alle cantanti Valentina Romano e Josephine Giadone, prepara uno spettacolo sperimentale denominato “Long Walk to Freedom” (che è il titolo della autobiografia di Nelson Mandela): anche qui voci, percussioni, danze caratteristiche e sperimentazione musicale con insoliti oggetti sonori fanno da sostegno al racconto di quella che è

bellezza, speranza e amore, tipiche della musica che nasce soprattutto nelle zone più povere del Brasile, tra seminari, incontri, scambi culturali, la musica brasiliana diventa il motivo conduttore delle esperienze successive: nascono così gli “Acustico Bahia”, con Antonio Inglima e il marito Roberto Vitale, formazione che si concentra soprattutto sulla musica baiana, esplorandone i diversi ritmi e anche i risvolti culturali diversi. Poi è la volta di “Som Legal”, con Michele Territo alla batteria e Antonio Alaimo al basso. Entrambe le formazioni si esibiscono live con un sound che è essenzialmente acu-

stico. Sempre nell’ambito della musica brasiliana, dà vita a un altro progetto, per certi versi più estremo: “Italia Brasil A/R” con la splendida Manola Micalizzi, cantante catanese di straordinario talento e molto apprezzata, duo capace di offrire uno spettacolo suggestivo e di forte impatto emotivo, che permette alle due cantanti anche di esibirsi con brani inediti. Ultimo arrivato in questa moltitudine di esperienze musicali, il duo “Black Coffee”, con il contrabassista Massimiliano Amico. Un esperimento di grande interesse che prova a fondere i classici del jazz e della folk music statunitense con ritmi diversi, bossa nova, samba e altro. Una vita dedicata alla musica, per la quale ha anche rinunciato ad attività lavorative più certe e stabili. Una occasione per raccontare vite ed esperienze proprie e altrui, per contaminare e contaminarsi con storie di vissuto individuali e collettive: la musica come opportunità di incontro e crescita, con una passione che sconfina dallo stretto ambito del “suonare” e affonda in un discorso culturale che innerva i repertori delle varie formazioni, gli arrangiamenti, le scelte musicali, e che le ha consentito un percorso artistico variopinto, intenso e, per tanti, invidiabile. Così, gli spettacoli offerti da Capizzi, e dai musicisti che di volta in volta l’affiancano, non sono mai banali, possono essere gustati come “semplice intrattenimento” (che è la prima, necessaria funzione dell’arte in genere) oppure come approfondimento, curiosità, esplorazione di spazi umani, emozioni, scambi che lasciano un messaggio universale di accoglienza e integrazione.


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Fatti & vallone di Giuseppe Taibi

C’

è l’ex presidente del Consiglio fuggito in esilio in Tunisia; c’è il leader del partito di destra nato all’indomani della Repubblica; c’è anche il prete ucciso dai sicari di Cosa nostra, il sindacalista della Cgil ammazzato dalla mafia e persino il “reuccio” della canzone italiana che un giorno, sull’anonimo palco di un altrettanto anonimo paesino siciliano, si beccò una scarica di ortaggi. Ecco a voi il totocandidati all’intitolazione di una strada di Mussomeli. In principio, a lanciare la prima proposta fu Enzo Guada-

di lottare e di vegliare contro ogni forma di totalitarismo illiberale e antidemocratico”.Tra i compagni di cordata, c’è chi si dice pronto a “digerire” la proposta solo se venga preso in considerazione il proprio candidato. Toti Nigrelli, consigliere del Gam, ragazzo dalle salde idee nazionalistiche e patriottiche, non ha dubbi nel suggerire il suo nome preferito: “Craxi non rispecchia il mio ideale di politico, ma bisogna anche rispettare i socialisti che hanno fatto la storia di questo Paese. Se dovessi proporre di dare un nome

Claudio Villa in concerto a Mussomeli scortato dai carabinieri (fine anni 60)

La guerra dei nomi

Toponomastica: bagarre a Mussomeli gnino, consigliere comunale del Pid, ma intimamente socialista. Anzi, a dirla tutta, socialista fino al midollo, proprio come il suo capogruppo di partito, Pasquale Mistretta, il cui simbolo di famiglia da sempre è il garofano rosso. Secondo i due, se

?

Ecco a voi il toto candidati all’intitolazione di una strada si mette mano alla toponomastica, non si può non dedicare un vicolo, una strada, un viale, una piazza, un qualsiasi angolo della città a Bettino Craxi. Lo hanno scritto nero su bianco in un’interrogazione inviata a Giunta e Consiglio, prenotando per l’ex capo del Governo un lembo di Mussomeli. “E’ necessario intitolare una via o una piazza al patriota e statista, morto in esilio, Bettino Craxi, affinché questo piccolo gesto, tributo alla vita e al lavoro di un uomo profondamente libero, ricordi alle generazioni presenti e future la necessità

non ha mai tradito i suoi elettori. Questo, a mio parere, è stato Giorgio Almirante”. Bisogna anche registrare che il consigliere Guadagnino ha in serbo un secondo nome, una seconda carta stavolta bipartisan e che indubbiamente troverà un universale placet: don Pino Puglisi. Per il prete ammazzato dalla mafia Guadagnino pensa più che ad una strada, ad una struttura comunale da dedicargli. E restando in tema di martiri nella lotta a Cosa nostra, il segretario della Camera del lavoro Salvatore Cardinale lancia una proposta: “Si renda omaggio a Placido Rizzotto, il sindacalista di Corleone massacrato dai mafiosi del suo paese perché combatteva a fianco degli agricoltori e dei poveri lavoratori contro la sopraffazione dei potenti”. Idea avanzata a pochi mesi dai funerali di Stato riservati all’eroe della Cgil a cui lo stesso Cardinale non ha mancato di parteciparvi. Ma

ad una strada, ma non ho intenzione di farlo nell’immediato, lo farei

esclusivamente per un politico che ha mostrato serietà, correttezza e

il nome più insolito, nella rosa dei candidati, è quello di Claudio Villa, il “reuccio” della canzone italiana che a Mussomeli toccò forse uno dei punti più bassi della sua carriera. Altro che

applausi, nel suo concerto mussomelese della fine degli anni ’60, si beccò una selva di fischi, una profusione di buu e improperi, e soprattutto una gragnola di ortaggi. Fu subissato da primizie che lo raggiunsero sul palco; una batteria di pomodori sparata dalla platea. Il cantante pagò la modernità e l’introduzione del playback nei live. Scelta che non gli fu perdonata dai suoi fans. Dovettero intervenire i carabinieri per calmare la folla inferocita che aveva gremito il Cinema Manfredi. L’annunciato trionfo dell’artista si rivelò invece una dèbacle. Il mondo dell’arte e della cultura lancia, a più di 40 ani di distanza, un’ipotesi buona a riconciliare Mussomeli con il proprio passato, attraverso l’intitolazione di una via proprio a Claudio Villa. “Il reuccio- ricorda il cantante Piero Amico- quando negli anni ’70 si esibì al Cinema fu duramente contestato perché cantò senza orchestra e con una base. Villa fu duramente provato da quella serata. Intitolandogli una strada potremmo riconciliarci con la sua memoria. Penso anche che quando verrà inaugurato il Cinetratro, per lo stesso motivo, dovremmo invitare la figlia del reuccio”. L’importante che Manuela, la sua erede musicale, venga a cantare dal vivo, senza playback. I nipoti dei contestatori potrebbero avere ancora dei pomodori a portata di mano.


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Fatti & quartieri Da presunto segno di deturpamento urbano a viva opportunità di miglioramento estetico

di Carlo Campione L’Associazione per la Creatività Urbana (ACU) Graphia, in collaborazione con il Comune di Caltanissetta, ha ideato un format dedicato all’arte pubblica, coinvolgendo street artist e graffiti artist di fama internazionale. Nel capoluogo nisseno, dal 2 al 20 Settembre, sono stati previsti, quattro interventi, di questi già tre sono stati realizzati: in via Ferdinando I (su un muro della Scuola Luca Pignato), in via Amico

A Caltanissetta dal 2 al 20 settembre si è svolto un format d’arte pubblica Valenti e in via Carlo Alberto Dalla Chiesa (quartiere San Luca). Nella Parrocchia di San Pio X, invece, il parroco, don Alessandro Giambra, ha commissionato a Giulio Gebbia (in arte Rosk) e a Mirko Cavallotto (in arte Mirko Lost), sul muro della Chiesa, il ritratto del Santo, in occasione dei festeggiamenti del 50° Anno dalla costituzione della parrocchia che coincidono con il cen-

tenario dalla morte di San Pio X. Un’iniziativa coraggiosa ma certamente prodromica di un’arte in evoluzione che interpreta il segno dei tempi. “La parrocchia di San Pio X, - afferma don Alessandro Giambra - è una parrocchia nuova nata sotto il tempo del Concilio. Le Chiese devono, come sempre, rivelare l’arte incarnata nell’uomo. Un’arte che parla con il linguaggio dei giovani perché, noi educatori, parliamo sempre dei giovani ma non li facciamo parlare mai. Dobbiamo renderli protagonisti della loro vita. Non dobbiamo spegnere la speranza che con il loro coraggio ci garantisce un futuro meno cupo”. GRAFFITI HEART, è un progetto per rileggere un fenomeno (oramai consolidato anche in ambito storico-artistico) e confermarlo, da presunto segno di deturpamento del contesto urbano, in viva opportunità di miglioramento e di recupero di zone a rischio, degradate, o superfici comunali incomplete che necessitano di riqualificazione o ancora vuoti urbani che lasciano spazio alla “inutilità”. Potenziali luoghi del bello, di ciò che è “utile”, possono

Assalto ai muri cittadini il trionfo dei


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A sinistra l’opera che adorna una parete nel quartiere San Luca eseguita da Luigi Muratore in arte Raptuz: si tratta di una Chevrolet Ben Air del 1957. Sotto Andrea Sergio in arte Wany, rappresenta il suo alter ego che con lo spray lancia lettere: via Amico Valenti nella parte che conduce a via Redentore. In fondo a destra, la parete dello stabile che ospita una scuola privata cittadina, su cui Miguel Angel Belinchon in arte Belin, ha rappresentato il volto di due supereroi. A destra le opere di Mirko Cavallotto in arte Mirko Lost e Giulio Gebbia in arte Rosk.

Walt Disney Italia e ha convinto i nisseni a dare un giudizio positivo sull’arredo urbano. Raptuz con il suo stile che egli definisce vicino al futurismo con dei tratti di cubismo ha lavorato sette giorni di seguito. L’obiettivo del progetto è abbellire la propria città, attraverso un’ arte nuova, un’ arte espressione di un mondo che cambia, un mondo che cambia sempre attraverso l’intraprendenza dei giovani. Perche il futuro è dei giovani che si esprimono secondo criteri che alcune volte le generazioni più mature non capiscono. Ma è stato sempre così, lo è stato per Giotto, Caravaggio e Picasso. È Giotto, infatti, che introduce lo spazio in pittura. Il cubismo di Picasso frantuma i visi e gli oggetti permettendo così di raggiungere una visione totale e di creare un oggetto estetico estre-

accogliere azioni atte a rendere visivamente piacevoli porzioni intere di città. Luigi Muratore (in arte Raptuz), non è altro che un pittore che ha disegnato una Chevrolet Ben Air del 1957, un’auto che ha fatto epoca, in via Carlo Alberto Dalla Chiesa (Quartiere San Luca). La scelta del quartiere San Luca non è stata fatta a caso. “San Luca”, infatti, è un quartiere dedicato ad illustri pittori: San Luca stesso era un pittore, molte vie del quartiere sono dedicate a pittori famosi (via Tintoretto, via Cimabue, via Michelangelo ecc..). Raptuz, vive a Milano è regolarmente sposato, la moglie è un’impiegata, ha lavorato con i Gemelli Diversi, con DJ AX, vanta una collaborazione con la

mamente strutturato. I Murales diventano arte quando nella propria forma creativa trasmettono emozioni e messaggi di un’attività estetica frutto di studio ed esperienza. Abbiamo chiesto a Raptuz cosa fosse per lui il bello, la risposta è stata immediata; “bello è: colore. Mi piace pensare alle città come musei a cielo aperto”. I writer, quei ragazzi che trent’anni fa imbrattavano i muri illegalmente, oggi svolgono un lavoro in giro per il mondo e come ogni artista più sono bravi più sono richiesti. Il rispetto delle mura cittadine sta alla base del loro lavoro. Le città diventano la propria casa. La loro attività ormai è riconosciuta e valorizzata dalle

Amministrazioni locali per combattere il degrado urbano. Una proposta che ha un senso con i tempi che devono adeguarsi a un’idea nuova di arte, potrebbe essere quella che i Consigli Comunali mettano come onere di urbanizzazione, nella creazione ai palazzi di nuova costruzione, la realizzazione di un murales che magari rappresenti la città o il quartiere. A Santa Barbara che ha tanti muri vuoti e ridotti in cattive condizione potrebbero essere rappresentati, per esempio, i “carusi” che lavoravano in miniera e che hanno caratterizzato la storia e la cultura del quartiere. E perché no Caltanissetta potrebbe essere conosciuta come la città dei graffiti. L’Associazione Graphia continuerà ad abbellire i muri della città, con gli ultimi interventi previsti proprio a Santa Barbara e in via Aldo Moro. Miguel Angel Belinchon, writer spagnolo (in arte Belin), ha lavorato in via Ferdinando I, nella parete della Scuola Luca Pignato dove ha

Padre Alessandro Giambra ha commissionato il ritratto di San Pio X rappresentato il volto di due super eroi. Belin è conosciuto nel mondo per i suoi personaggi caricaturati, scene surreali, ritratti improbabili, animali umanizzati. Andrea Sergio (in arte Wany), Mirko Cavallotto (in arte Mirko Lost) e Giulio Gebbia (in arte Rosk), hanno abbellito il muro di via Amico Valenti nella parte che conduce alla via Redentore: viene rappresentato l’alter ego di Andrea che con lo spray lancia lettere.

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