Il Fatto Nisseno - maggio 2014

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Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

- Tel/Fax: 0934 594864

Maggio 2014 Anno III Num. 29

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

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23 MAGGIO 2014 22° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE DI CAPACI

Giovanni, ho preparato il discorso da tenere in chiesa dopo la tua morte: “Ci sono tante teste di minchia: teste di minchia che sognano di svuotare il Mediterraneo con un secchiello… quelle che sognano di sciogliere i ghiacciai del Polo con un fiammifero… ma oggi signori e signore davanti a voi, in questa bara di mogano costosissima, c’è il più testa di minchia di tutti… Uno che aveva sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge.”

23 MAGGIO 1992

Un giorno Paolo Borsellino disse a Giovanni Falcone


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ISSN: 2039/7070

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Maggio 2014 Anno III Num. 29

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Passeggiate romane

Fatti contro la mafia

Reali del Belgio nel Vallone

Buttafuoco, le pungenti riflessioni dello scrittore giornalista siciliano

La storia del medico che sapeva dire di no. Cosa nostra lo freddò il 18 novembre 1988

Le vacanze mussomelesi di Alberto II e Paola Ruffo di Calabria

di G. Tona

di G. Taibi

di G.A. Falci

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L’intervista Politica

L’editoriale

Il senatore Lumia: “Virtuoso il conflitto nel centro-sinistra”

di M. Spena

E alla fine arrivò il sorriso

È

Il leader politico è un amante dell’innovazione, la sua attitudine è volta al cambiamento. È un convinto assertore del “colpo d’ala”, ma non sempre le sue idee innovative sono state capite. Il suo progetto prevede la meritocrazia al posto del clientelismo e il dialogo al posto della sterile rivendicazione territoriale. di A. Sardo

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il Fatto del Golfo

I conti in tasca al Consiglio comunale Il civico consesso di Gela nel 2013 è costato ai cittadini quasi 550.000 euro di F. Infurna

Michele

Campisi “la felicità ritrovata”

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tornato a sorridere. Il primo cittadino di Caltanissetta Michele Campisi durante il suo mandato è stato vittima della tristezza. Spesso rabbuiato, contrito, preoccupato, sommerso dai problemi della città, si è lasciato ingoiare dal baratro dell’avvilimento. Si è impegnato, si è speso con dedizione, non sempre ottenendo i risultati da lui sperati, ma nessuno può negare la sua alacrità, la sua voglia di tentare di migliorare la città. Forse se avesse avuto il coraggio di sorridere un po’ più spesso, il suo percorso alla guida del capoluogo nisseno avrebbe avuto esiti differenti. Ora dopo cinque anni, il primo cittadino si riprende la sua vita, i suoi affetti, il suo lavoro. Charlie Chaplin, il genio comico per antonomasia, era solito affermare “Un giorno senza un sorriso è un giorno perso”: chissà quanti giorni ha perso Campisi.

segue a pagina 11

L’anniversario

Il 25 maggio 1844 fu istituita la diocesi nissena

di F. Falci

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Fatti & Politica

l’intervista

Buttafuoco sulle elezioni europee e sulla Sicilia

Il giornalista scrittore durante una passeggiata per le vie di Trastevere ci accompagna in un lungo viaggio che parte da Strasburgo e arriva all’amata ed odiata Trinacria

di Giuseppe Alberto Falci

«La Sicilia è il tipo di argomento che in tutta Italia suscita un atteggiamento di fastidio. E “basta cu sta Sicilia”. Figurati a Roma, nei palazzi della decisione del potere quanto possa interessare. Stessa cosa vale nella redazioni delle televisioni, nelle redazioni dei gior-

«Delle europee cosa possiamo dire se prima non abbiamo i dati? Ad ogni modo se il M5s si conferma il primo partito, come dai sondaggi, è ben strano. È ben strano che possa essere votato dopo che sia a Montecitorio che altrove non hanno dato mostra di risultati. D’altronde, come gruppo parlamentare, è il gruppo parlamentare più scarso che ci sia stato nella storia

La rimonta è quella di Berlusconi ed è affidata a cani, gatti, e al popolo delle dentiere nali, non interessa a nessuno». Parla con questo tono quando l’argomento sfiora quell’isola che in fondo è la sua terra di origine. La terra che ama, e che a tratti non può non odiare. La ama e la odia, ma vive in continente, nella Capitale, perché «in Sicilia qualunque cosa fai, ti sporchi». Lungotevere Raffaello Sanzio, poco prima di pranzo di un mercoledì romano. Pietrangelo Buttafuoco - giornalista, scrittore, intellettuale di “destra” - si trova nella redazione de il Foglio. È appena tornato dagli studi di SaxaRubra, dove racconta di aver registrato uno speciale per il Tg2. La sua scrivania è invasa dai libri: in bella vista

si scorge un testo di Nunzio Scalzo e Remo Baldelli dal titolo “Cunti di Sicilia”. Prima di iniziare, però, ci chiede di attendere: «Assettati, riposati». Si allontana un attimo, e va bussare alla porta di Peppuccio Sottile - giornalista siciliano, e coordinatore dell’inserto culturale del sabato. Dopo qualche minuto è lì, pronto a conversare con il Fatto Nisseno. «Una cosa - ci chiede prima del fischio di inizio- amunì fora a passeggiare che voglio rilassare la mente, il cervello...». Così, mentre passeggiamo per le vie di Trastevere il nostro ci accompagna in un lungo viaggio che parte dalle europee e arriva fino all’amata e odiata Sicilia.

tempo, bisogna sempre considerare che tutto è sempre concentrato sulla figura di Beppe Grillo: è lui, il solo, che ha evocato questo demone - il demone non a caso del “demos”. E saranno sicuramente guai. Tutto ciò che è improvvisato, impreparato, e ignorante, non costruisce mai nulla. Lunedì Beppe Grillo ha partecipato a Porta a Porta. Dopo aver osteggiato la partecipazione dei suoi in tv, si è seduto nella cosiddetta “Terza Camera”. Ovviamente in politica tutto puoi fare tranne che pretendere la coerenze. Sarebbe cretino rivendicare un giudizio di merito sulla base della coerenza dei

La situazione è a tal punto disastrata che la “spallata” grillina potrebbe funzionare Il prossimo 25 maggio si tornerà alle urne, si voterà per il rinnovo del Parlamento europee. Elezioni in cui potrebbe riaffermarsi Beppe Grillo. Stando ai sondaggi riservati e non, da Napoli in giù non ci sarebbe partita.

del Parlamento. Si sono distinti in sceneggiate pittoresche, nulla che possa far pensare alla politica. Però, è anche vero che la situazione è a tal punto disastrata che la cosiddetta “spallata” grillina possa funzionare. Allo stesso

politici. Adesso gli conviene andare a parlare a quel tipo di pubblico. Porta a Porta va in onda in un orario in cui potrà vederlo soltanto chi non lavora. Poi è l’eco che ne deriva, un eco che sarà spezzettato. Si vedranno mille fil-

Elezioni amministrative - Caltanissettta 25 maggio 2014

I motivi della mia candidatura Nisseni,

Sergio Iacona,


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Renzi si affida al “culetto”: che la fortuna lo possa aiutare come fino ad oggi

mati, chissà cosa succederà. Però, mi sento dire che ripeterà in una forma forse più eversiva quello che a suo tempo Silvio Berlusconi consumò da Santoro. Se vogliamo utilizzare una formula matematica-algebrica: Silvio Berlusconi sta a Beppe Grillo come Bruno Vespa a Michele Santoro. Vedrai che Vespa, così come gli fece trovare a D’Alema il risotto, a Berlusconi il contratto, a Beppe Grillo gli riserverà una sorpresa. Magari il primo provino che fece con Pippo Baudo. In questo modo Vespa consumerà una

vendetta contro Pippo Baudo strappandogli la primogenitura di Grillo. Renzi, Grillo, Berlusconi. In cosa i tre si differenziano? Noi ci troviamo di fronte a tre condizioni: la rimonta, la spallata, e il culetto. La rimonta è quella di Berlusconi, ed è affidata a cani, gatti, e al popolo delle dentiere. La spallata è quella di Beppe Grillo. E il culetto è quello di Matteo Renzi. Nel senso doppio del significato, quello della piccola fortuna che lo possa aiutare, come è stato aiutato fino ad oggi. Oppure, come dice Beppe Grillo nel pararsi il culetto, quando nelle dichiarazioni Renzi ripete che il risultato delle europee non potrà essere significativo dal punto di vista politico.

In questo contesto la “rimonta” e la “spallata” non si faranno la guerra. Anzi. A Montecitorio c’è chi giura che Matteo Renzi faccia gli scongiuri affinché Forza Italia non crolli. Forza Italia, stante così le cose, crolla. D’altronde, un elettore moderato di centrodestra chi dovrebbe votare? Berlusconi è quello che lo ha tradito perché ha vinto le elezioni ma non ha mai governato, o tutt’al più ha perso tempo con i Lavitola e i Scajola, e con tutte queste storie imbarazzanti. Alfano non la vota perché è una minestra riscaldata rispetto a quella che fu l’epopea del berlusconismo. Poi ci sono i Fratelli d’Italia e le varie caricature di quella che fu la destra. E magari lì avrà delle perplessità perché quello è un mondo che si è suicidato. Paradossalmente qual è il mondo che ne beneficierà? È la Lega Nord. Perché la Lega in termini di proposta politica è persino più avanti dei grillini. Si è affidata ad un messaggio semplice: no Euro, no Europa. Matteo Salvini, a differenza di altri - che all’interno del mondo politico hanno dovuto rinnovare attraverso il tradimento - è quello che invece ha sconfitto il fondatore della Lega con un dibattito interno, e con un confronto politico tutto giocato all’interno della struttura del parti-

garantire che ogni pezzo di territorio sia sovrano, e decida in ragione alla politica, e non a quello delle banche e dell’alta finanza. E se la Lega dovesse raggiungere la soglia sarebbe il partito su cui passare per costruire un nuovo soggetto politico di centrodestra. Che non potrà più essere guidato da Silvio Berlusconi, né tantomeno passare attraverso una sua filiazione dinastica. Non potrà che essere chiaro, forte, e radicato sul territorio. Queste sono qualità che al nord i leghisti hanno ottenuto. Governano la Lombardia, e hanno personalità e figure tipo Flavio Tosi. A ciò si aggiunge un dato: Roberto Maroni è stato il migliore degli inquilini del Viminale.

to. E poi oggi la Lega, a maggior ragione in questa alleanza con Marine Le Pen, non è più la Lega secessionista. Ma è una Lega che si sta scoprendo sovranista, cioè interessata all’unico argomento vero che può affascinare l’elettore moderato, che è quello di

strana malattia attorno alla quale tutti devono fare rinnovamento. Però, sono uguali, sono scene che abbiamo già visto. Le abbiamo già viste, quando Gianfranco Funari apriva i microfoni alla cosiddetta gente con tre “g” davanti che faceva: “Forza Di Pietro,

E i siciliani, categoria a parte dell’elettorato italiano, su chi si orienteranno? I siciliani, come vogliono votare, l’avranno già deciso. Ripeto, se pensano di votare Grillo è perché prende una

Crocetta credo sia una brava persona, ma è roso da se stesso, dal suo personaggio forza Di Pietro, forza Di Pietro”. Poi, Di Pietro è diventato un politico, ed è finito in una parabola esistenziale triste ,o allegra che sia.. Insomma, è un film già visto. Sullo sfondo c’è la figura del governatore regionale, Rosario Crocetta. Il governatore di una regione che lei vorrebbe commissariare. Una regione a rischio default, che da settimane cerca di approvare una manovrabis. Io ti dico una cosa, ormai mi sono fatto un’idea. Io immagino che Crocetta sia una brava persona, una persona profondamente onesta. Forse è roso da sé stesso, dal suo personaggio. Lui è dominato dal personaggio. Quando lui avrà la possibilità di parlare con sé stesso persona, e non con sé stesso personaggio, probabilmente capirà che l’unica sua salvezza deriva dall’intestarsi questa battaglia. Lui potrà salvare la Sicilia, e salvare sé stesso, se solo si mettesse nelle condizioni di reclamare il commissariamento della Sicilia e l’abolizione dello Statuto siciliano. Si può salvare solo così. Ma ciò può accadere se parla a sé stesso come persona. Il guaio è, temo, che lui faccia riferimento a sé stesso come personaggio. E, come personaggio, cade nella trappola dei Masanielli. Una cosa è la sostanza della persona, altra cosa è la vanità del personaggio. Una cosa di vanità inaudita è questa di tutti i blindati che si è messo a disposizione. Ho visto che ne ha pure una per Bruxelles. Poteva farsi fare un missile blindato. Così quando avrà voglia di farsi una passeggiata sulla luna... Twitter: @GiuseppeFalci


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Fatti & Media L’iniziativa

Le domande mai fatte ... Abbiamo tentato di riportare indietro le lancette dell’orologio, di fermarle alle 12 del 24 aprile; di ricreare, seppur virtualmente, la possibilità di porre delle domande a Michele Campisi al termine della sua conferenza stampa di fine mandato. Quella mattina ai giornalisti, che assiepavano la sala degli Oratori di palazzo Moncada, fu impedito di svolgere il loro lavoro: purtroppo, l’agire

“inusuale” e proditorio di alcuni soggetti determinò la fine anticipata della conferenza con un clima a dir poco teso. Abbiamo chiesto ad alcuni giornalisti, presenti allora, di tirar fuori dal cassetto le domande che avrebbero voluto in quell’occasione rivolgere al sindaco. La redazione de Il Fatto Nisseno, ha raccolto i quesiti e li ha inviati al primo cittadino che non si è tirato indietro; anzi, si è mostrato propositivo, ardentemente desideroso di chiarire

ove possibile ogni dubbio sull’azione amministrativa che ha compiuto in questo mandato alla guida di Palazzo del Carmine. Abbiamo creato una conferenza stampa virtuale che tramite le pagine di questo giornale desideriamo rendere fruibile a tutti i lettori. Preziosa si è rivelata la collaborazione e la disponibilità dei colleghi, che quelle domande le avevano conservate. Con questa iniziativa tentiamo di colmare il “vuoto” informativo causato da quel brutto episodio che si verificò al termine della conferenza stampa di fine mandato.

“virtuale”

Una conferenza stampa

Michele Campisi

con il sindaco

e la competenza si possono Alessandro Anzalone tenacia fare cose in cui molti prima di noi La Sicilia

Qual’è la cosa più importante che ritiene di avere fatto e il suo sogno non realizzato? La cosa più importante ed emblematica del processo di moralizzazione della gestione della cosa pubblica e di risanamento che ho impresso all’Amministrazione di Caltanissetta è stata la svolta della messa in liquidazione dell’A.T.O. rifiuti. Un carrozzone terribile, dove la Magistratura ha riscontrato le denunce dell’Amministrazione Comunale, con lo spaventoso indebitamento generato che ipotecava irrimediabilmente il futuro della nostra Città. L’A.T.O. nisseno è stato il primo in Sicilia ad essere posto in liquidazione. La gestione trasferita al Comune di Caltanissetta garantisce la pulizia della città e le retribuzioni dei lavoratori. La sostenibilità e trasparenza dei conti cui questo ha contribuito, da molti detrattori surrettiziamente minimizzata, ha garantito l’applicazione del carico fiscale più basso d’Italia ai cittadini ed alle imprese, concorrendo con fatti concreti di porre le condizioni per il tanto enunciato sviluppo. Il mio sogno che non vedrò realizzato , è quello di non potere inaugurare da Sindaco le Opere Pubbliche ideate e fatte finanziare dalla mia Ammini-

L’Ato: carrozzone terribile, riscontrate dalla magistratura le denunce del Comune strazione. Cito due per tutte il Consolidamento della Collina di S.Anna e l’intervento di Rigenerazione del Quartiere Provvidenza, anch’esse emblematiche del fatto che con la

non sono riusciti.

Giuseppe Martorana Giornale di Sicilia

In 5 anni ha rimodulato spesso la giunta per motivi politici o personali’ L’unica rimodulazione della mia Giunta avviene del gennaio del 2011, a causa del traumatico even-

sioni dell’Assessore Calafato, non ho effettuato sostituzioni in considerazione dell’approssimarsi del termine della legislatura. L’impostazione mista tecnico politica di cui ho assunto piena responsabilità è quindi conservata fino alla fine della legislatura, avendo a cuore esclusivamente il dare certezza e continuità all’azione amministrativa, essendo completamente estraneo a politiche di trasformismo ed opportunismo politico che nulla hanno a che vedere con il Governo della Cosa Pubblica.

che ho dedicato alla città certamente è stato sottratto alla mia famiglia, che mi ha pazientemente supportato in questi anni, ed al mio lavoro di Dottore Commercialista che amo molto. Tuttavia non ho rimpianti e rifarei questa importantissima scelta. Un cenno solo alla sfera dei rapporti interpersonali. Una carica così importante ti rende al contempo attrattivo e destinatario di gelosie ed invidie, anche dalle persone dalle quali non te lo aspetti. E’ come il restauro di una tela deteriorata dal tempo che prevede una fase di pulizia. Quando inizi è tutto opacizzato, quando il restauratore ha finito emergono i dettagli nascosti, spesso pochissimi. Quelli sono i veri amici.

Martina Spena

to dell’operazione Redde Razionem. Due dei miei Assessori si dimisero per ipotesi di coinvolgimento di loro congiunti nelle vicende giudiziarie, poi, per uno degli Stessi concluse con piena assoluzione. Destrutturato il modello politico che avevo costruito con le Forze che hanno sostenuto la mia elezione, e avvertendo la necessità di un deciso cambio di passo, ho nominato una Giunta in parte tecnica, composta da Maurizo Averna, Salvatore Calafato, Andrea Milazzo e Loredana Schillaci ed in parte di indicazione politica, composta da Danilo Tipo e Carlo Giarratano. A causa delle dimissioni avvenute in tempi diversi di Averna, Tipo e Schillaci , designai i tecnici Giuseppe Firrone e Laura Zurli, e l’ Assessore Angilella di indicazione politica. Dopo le dimis-

Giuseppe Scibetta La Sicilia

Lei cosa ci ha guadagnato e cosa ci ha perso alla fine di questo mandato di sindaco? Ho guadagnato un’esperienza meravigliosa, quella di servire la collettività, di sentirmi il “padre di famiglia” di ogni concittadino, quel legame, certamente non privo di alti e bassi, ma che può comprendere solo chi come me ha avuto questa splendida opportunità. Certamente ho arricchito il mio bagaglio di conoscenze, a contatto con le professionalità degli Assessori, dei Dirigenti, degli Organi di Livello Superiore, e con i miei Concittadini, con i loro stimoli e preziosi suggerimenti. Il tempo

In questi 5 anni crede di avere migliorato la vivibilità della città per i bambini? Grazie all’infaticabile lavoro dell’Ufficio Tecnico, si sono migliorate le condizioni di sicurezza e vivibilità delle scuole. Abbiamo colto tutte le opportunità di finanziamento esterne al Comune per garantire ai nostri figli le migliori condizioni di vivibilità e benessere, a differenza di Comuni, anche molto importanti che salgono all’onore della cronaca per i crolli nelle aule scolastiche. E’ stato potenziato il sistema degli asili nido con l’appalto del servizio. E in fase di completamento il plesso di Viale della Regione La Cittadella e la scuola Ex O.M.N.I.. L’iniziativa del parco dell’Antenna RAI permetterà alle famiglie di godere di una vera superficie dove svolgere attività ludiche e ricreative. Avremmo certamente voluto fare di più per la manutenzione del verde e dei parchi, che abbiamo assicurato nei limiti delle risorse disponibili, individuando anche forme collaborative di gestione con associazioni no profit. Abbiamo comunque restituito alla fruizione dei bambini Corso Umberto, che chiuso

al traffico è godibile a piedi ed in bicicletta senza pericolo.

Salvatore Mingoia Giornale di Sicilia

Lei ha smantellato il signoraggio del piano di comunicazione. Perché non ha usato lo stesso metro per smantellare il “signoraggio” dei contributi per pseudo attività culturali a vantaggio solo di alcuni personaggi noti in città? Credo di avere smantellato molti “signoraggi”, ma ciò è stato spesso male interpretato in chiave ideologica. L’Amministrazione da me guidata è stata sempre ispirata da criteri di trasparenza, economicità ed efficienza. In tale chiave di lettura si è garantita la Comunicazione Istituzionale, che non può certamente generare costi incontrollati, ed ancor meno assolvere a compiti di propaganda “di parte”. Ho sempre utilizzato l’Ufficio Stampa del Comune ed affidato i servizi di informazione secondo criteri di

Abbiamo migliorato le condizioni di sicurezza e vivibilità del scuole nissene pubblica evidenza e trasparenza. Mi rendo conto che tutto questo non sempre è popolare, quando incide su rendite di posizione di taluni addetti ai lavori che nei confronti del mio operato possono vedere offuscata la loro obiettività. Le attività culturali che l’Amministrazione Comunale ha sostenuto, con la sola fornitura di servizi, sono di riconosciuta qualità ed istituzionalizzate al patrimonio immateriale della Città. Cito, Il Med Moda, il Festival della Città di Caltanissetta, il Concorso Internazionale Vicenzo Bellini, il Torneo Interna-


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AVVISI LEGALI

Il primo cittadino ha ribadito la sua opera “moralizzatrice”. Ha privilegiato il fare sul parlare: forse, non ha dato la giusta importanza al rapporto con i mezzi di comunicazione

A chi ci succederà compete la scelta di proseguire nel percorso o attuare scelte più comode e popolari.

Pippo Grosso Radio CL1

Smantellato il “signoraggio” dei contributi, ma la città non l’ha compreso zionale di Tennis che si svolge in una struttura del Comune di Caltanissetta ma anche il Kalat Film Festival, Musical Museo, e l’evento Itineraria Urbana, portato avanti dall’Associazione Alchimia, eventi nati con la mia Amministrazione, organizzati da giovani, ben lontani dal concetto di “signoraggio”.

Ha dichiarato più volte che una comunicazione insufficiente ha sminuito sensibilmente la sua operosità e i provvedimenti assunti. Perché non ha posto rimedio in tempo utile? Probabilmente non glielo hanno consentito! Altrimenti come giustifica la permanenza di una informazione inefficiente che le ha procurato danni. E’ vero, non ho comunicato l’attività della mia amministrazione, sottovalutando l’importanza di una informazione costante e capillare , privilegiando il fare sul parlare. Ciò non ha sminuito la mia operosità, ma certamente ne ha dato una percezione incompleta, e a volte errata alla cittadinanza, anche se alcuni importanti messaggi sul’attività di moralizzazione, risanamento

strativa. Ciò mi ha integrato nella posizione negoziale nei confronti degli amici di Forza Italia, una parte dei quali è stata fin da subito, sostenitrice alla mia ricandidatura, e degli altri Gruppi Politici. In detto contesto, per una atmosfera di severa e crescente sfiducia nei confronti dei Partiti, che poco ha a che vedere con i giudizi sul mio operato di Sindaco, sono divenute maggiormente attrattive le candidature civiche. E’ nota la convergenza del P.D. e dell’U.D.C. sul candidato Giovanni Ruvolo. Da uomo di partito che ha il dovere di favorire ampie alleanze, ho ritenuto di concretare un passo indietro per favorire una maggiore compatezza del Centro Destra, che identificò in Gioacchino Lo Verme il Candidato Civico alternativo a quello del Centro Sinistra. Tale operazione non si è realizzata per motivi estranei alla mia volontà. A qual punto, quando mi è stato richiesto di candidarmi avevo già maturato per motivi personali la decisione di non farlo, ed ho accolto con favore che la scelta fosse conversa su Sergio Iacona. Il mio mandato, come

Pierpaolo Olivo

Le Difficoltà dell’apparato burocratico. E’ riuscinto a migliorarlo? Cosa consiglia al suo successore per poter utilizzare al meglio le risorse umane del comune? Abbiamo operato interventi radicali nell’apparato burocratico, precorrendo ciò che il Governo sta cercando di portare avanti. Abbiamo dimezzato il numero delle Direzioni (da 14 a 7), ridotto il numero delle Posizioni Organizzative (vice dirigenti) da 19 a 13, ridefinite le competenze degli Uffici in chiave progettuale per il reperimento delle risorse finanziarie esterne per le opere pubbliche, la solidarietà sociale, la cultura. Abbiamo rivisto i metodi di calcolo dei compensi dei dirigenti, introducendo meccanismi meritocratici, sopprimendo ogni rendita di posizione. Abbiamo istituito l’Avvocatura Comunale e approvato il piano anticorruzione. L’importantissima e radicale manovra, che si è attuata con la responsabile collaborazione dei sindacati, diminuisce i costi e migliora i servizi per i cittadini. E’ stata dolorosa, e ci ha visti su posizioni diverse rispetto un apparato burocratico sovraordinato agli Organi Politici che nel tempo hanno abdicato al loro predefinito ruolo di direzione politica dell’Ente, sacrificata sull’altare di una calma apparente che occulta il mantenimento di un anacronistico status quo conseguenze del quale sono subite dai Cittadini. Noi abbiamo tracciato il solco assumendocene responsabilità ed impopolarità.

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dei conti, la svolta sull’urbanistica, sui lavori pubblici e la solidarietà sociale sono comunque stati compresi dalla Cittadinanza, che me ne da riscontro. Ho sempre utilizzato l’Ufficio Stampa del Comune ed approvato il Piano di Comunicazione Istituzionale che prevede l’affidamento dei servizi di informazione secondo criteri di pubblica evidenza e trasparenza. Purtroppo i tempi che esigono le procedure di legge a garanzia della legalità, che ho sempre praticato, non sono sempre compatibili con i tempi dell’Amministrazione, anche se sono consapevole che avrei potuto procedere per tempo, e che comunque ne ho ricevuto un nocumento.

Ivana Baiunco TFN

Dopo la “debacle” della non ricandidatura ha fatto un serio esame di coscienza sugli errori commessi? Si è chiesto il motivo perché non è riuscito ad essere sintesi della coalizione? Il Ministro Angelino Alfano ha legittimato la mia posizione di candidato Sindaco dell’NCD, avendo apprezzato l’efficacia ed il rigore morale della mia azione ammini-

tutti, è stato interessato da successi ed errori. Mi rammarico di essere stato troppo disponibile, laddove avrei dovuto essere severo nei confronti di alcuni miei diretti Collaboratori, sacrificando tempo, energie e la mia immagine, al principio in cui ancora credo dello spirito di quadra.

Conclusioni Ci auguriamo che le risposte del sindaco Michele Campisi abbiano chiarito esaustivamente gli argomenti trattati nelle domande dei colleghi giornalisti. La nostra iniziativa era tesa a colmare il vuoto informativo che era scaturito dall’imprevista conclusione della conferenza stampa di fine mandato del primo cittadino. Probabilmente ogni dubbio insoluto in merito al mandato del capo di Palazzo del Carmine è destinato a rimanere “inevaso”. Non ci saranno più occasioni ufficiali per porre domande a Campisi, possiamo dunque concludere che le sue ultime esternazioni, mentre indossa la fascia tricolore, sono state affidate a queste pagine.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Procedura Esecutiva Immobiliaren. 36/2012 R. G. Es. ESTRATTO AVVISO DI VENDITA Il professionista delegato Dottore Alessandro Narbone avvisa che in data 09Luglio 2014, alle ore 16,30 presso il proprio studio sito in Caltanissetta Via C.A. Dalla Chiesa n. 23/I, procederà alla vendita senza incanto, dei seguenti immobili: LOTTO UNO: nuda proprietà di un appartamento di civile abitazione, sito in Caltanissetta P.zza Marconi n. 14, posto ad angolo tra la gradinata A. Manzoni e la P.zza G. Marconi e confinate con Palazzo Guerreri. Si accede all’immobile dallo ingresso unico dalla P.zza Marconi 14, salendo dal vano scala e giunti al primo piano si accede al corridoio. L’immobile è composto da n. tre stanze che si affacciano sulla P.zza Marconi e una che si affaccia sulla scalinata in Via Manzoni, oltre bagno e cucina, esteso complessivamente mq 146,00, di cui 124 mq superficie vani principali e accessori diretti e 22mq superficie delle pertinenze esclusive. Infine si accede da una scala interna al sottotetto. Identificato al Catasto Fabbricati di Caltanissetta al foglio 301, particella 1 sub 7, cat. A/3, classe 3, vani 7, r.c. Euro 397,67. Prezzo base: euro 43.654,00. Domande di partecipazione in bollo entro le ore 12,30 del giorno precedente la data fissata per la vendita presso lo studio del professionista delegato, Dott. Alessandro Narbone. Cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto mediante assegni circolari non trasferibili intestati a “Dott. Alessandro Narbone n.q. Procedura esecutiva n. 36/12 R.G. Es.”. Versamento residuo prezzo entro 60 giorni da aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà in data 30 Settembre 2014 alle ore 16:30, al prezzo base sopra indicato con offerte in aumento non inferiori a euro 1.500,00. Domande di partecipazione in bollo da depositare entro le ore 12:30 del giorno precedente la vendita con assegni circolari non trasferibili di importo pari al 10% del prezzo base a titolo di cauzione. Versamento saldo prezzo entro giorni sessanta dall’incanto, salvo aumento di quinto a norma dell’art. 584 c.p.c. Bando integrale, ordinanza di vendita e relazione di stima degli immobili consultabili sul sito www.astegiudiziarie.it. Per ogni ulteriore informazione rivolgersi presso lo studio del professionista delegato, Dott. Alessandro Narbone, tel. 0934-1900511; 335-8384191 – nei giorni di Martedì e Giovedì dalle ore 17,00 alle ore 19,30, previo appuntamento telefonico. Caltanissetta lì, 08/05/2014 Dott. Alessandro Narbone

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Espropriazione Immobiliare - Procedimento Esecutivo n. 78/2004 Il delegato alla vendita Avv. Vincenza Caruso rende noto che in data22/07/2014, alle ore 16,00 presso il proprio studio sito in Mussomeli nell’a P.tta P. Sorce, 5 avrà luogo la vendita senza incanto di: Lotto Unico Terreno – Uliveto - in Vallelunga Pratameno ( CL ) C/da Salice in catasto al foglio 10, part.la 95 di mq. 1.250,00 e part.la 96 di mq. 1.180,00 Prezzo Base vendita senza incanto .€60.750,00 Le offerte dovranno pervenire entro le ore 12,00 del giorno prima fissato per la vendita presso lo studio della delegata, in bollo ed in busta chiusa Nel caso in cui la vendita senza incanto non dovesse avere luogo, sempre presso lo studio della delegata, si terrà la vendita con incanto il giorno 29/07/2014 alle ore 16;00 al prezzo base d’asta di €. 60.750,00 con offerta minima in aumento di €3.300,00 Le domande di partecipazione dovranno pervenire presso lo studio della delegata entro le ore 12,00 del giorno prima fissato per la vendita con incanto. Ulteriori informazioni possono essere richiesti presso il nominato delegato e custode giudiziario ed è possibile visionar, l’ordinanza, l’avviso di vendita e la perizia di stima sul sito www.astegiudiziarie.it Mussomeli 14/04/2014 Il delegato Avv. Vincenza Caruso

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA PROCEDURA ESECUTIVA N. 6/2012 R.G.Es Il Notaio Salvatore Pilato avvisa che il giorno 11 luglio 2014, ore 10,30 e segg., nel suo ufficio secondario in Serradifalco, Via Duca n.6, si procederà alla vendita senza incanto del seguente immobile: LOTTO UNICO: fabbricato in Serradifalco (CL), via Salvatore Fasciana n. 5, della superficie utile di mq. 108,2, al CF di Serradifalco foglio 15, p.lla 3600 sub 10, cat. A/2 classe 2 vani 7,5, r.c. Euro 426,08. Prezzo base E. 65.250,00 rilancio minimo E. 4.000,00 Qualora la vendita non abbia luogo, il Notaio delegato avvisa che il 25 luglio 2014 ore 10,30 e segg., sempre nel suo ufficio secondario, si procederà alla vendita con incanto del lotto non aggiudicato, al prezzo base e con i rilanci minimi sopra indicati. Per partecipare è necessario presentare, rispettivamente, offerta di acqui-sto\ istanza di partecipazione e depositare cauzione pari al 10% del prezzo of-ferto\prezzo base, presso l’ufficio secondario del Notaio, entro le ore 12,30 del giorno precedente la vendita. Avviso integrale, CTU e ordinanza di delega su www.astegiudiziarie.it (info allo 0934/932502 - spilato@notariato.it). Il Notaio Delegato Salvatore Pilato

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Vendita Mobiliare - Proc. Esec. Mobiliare n 219/11 L’Istituto Vendite Giudiziarie di Caltanissetta, in data 17/06/2014 dalle ore 9:00 e seguenti, nei locali di via Sardegna n 17 CALTANISSETTA provvederà alla vendita dei seguenti beni pignorati : N.1 Quota della società della “Azienda AGRICOLE NARO s.r.l.” pari il 29,17 del capitale sociale. AL PREZZO BASE D’ASTA DI € 22.649,08 N.1 Quota della società della “SUPERBAE s.r.l.” pari ALL’80 del capitale sociale. AL PREZZO BASE D’ASTA DI € 29.942,84 TEL.: 0934/594901 - FAX: 095/0930858 E-MAIL: 095532943@fastwebnet.it - SITO WEB: www.123aggiudicato.it


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Ornamenti di Ivana Baiunco

A Campisi

l’onore delle armi L

’onore delle armi si concede allo sconfitto in battaglia, è una cerimonia tanto antica quanto simbolica per mostrare in fondo rispetto per chi perde con onore. Ecco l’onore delle armi, questo si doveva comunque, ad un sindaco sconfitto, che a testa bassa ha deciso di andare via. Invece no, hanno voluto ulteriormente infierire contro l’avversario agonizzante. Non avrei sognato mai e poi mai di scrivere un pezzo, non tanto in difesa del sindaco uscente della nostra città Michele Campisi, quanto invece alcune riflessioni per ristabilire l’equilibrio delle cose, per avere di nuovo una certa idea di mondo. Un mondo nel quale comunque le istituzioni vengono rispettate a prescindere da chi sono rappresentate. La conferenza stampa di fine mandato bruscamente interrotta è stata la “Debacle” di un quinquennio nato morto, di cinque anni di sangue e lacrime per tutti, soprattutto per la stampa, che come non mai, in questi anni ha avuto difficoltà nel rapportarsi con il primo cittadino. La lettura della vicenda è stata unanime. Nella storia di questa città raramente è accaduto che tutta l’informazione abbia dato un’ interpretazione identica ad un fatto. Per la prima volta paradossalmente Campisi ha messo tutti d’accordo, così alla fine. Inopportuno il momento scelto, inopportuno il modo. Rispetto massimo per le ragioni di chi ha il diritto di chiedere spiegazioni su un lavoro mancato

e per chi ha il dovere di ascoltare. Non era quello il luogo giusto. Bastava soltanto aspettare un attimo, un attimo ancora. Aspettare che Michele Campisi uscisse di scena, scendesse da quel palcoscenico che in fondo era il suo e che avrebbe comunque calcato per l’ultima volta. Come un attore forse

poco in parte, che però ha tentato, ha provato si è affaticato nel cercare di dare il meglio di sé, ad un

pubblico n o n tropp o benevolo, parco di applausi generoso di fischi. Invece no, il destino, il fato, la tuke, quell’elemento irrazionale che

cade nelle vicende degli uomini per cambiarle, come credevano i greci, non gli sono stati propizi.

Le invettive oltremodo esagerate, hanno di fatto trasformato un uomo, un sindaco poco amato, a volte tracotante in una vittima. L’ attacco ha sortito l’effetto difesa in chi lo ha visto alla fine come un perseguitato. La commozione dell’abbandono, della sconfitta, per ciò che sarebbe potuto essere

ancora, doveva essere rispettata. Come quando si assiste all’ultimo atto di una tragedia greca, dove i

Le istituzioni vanno sempre rispettate a prescindere da chi le rappresenta personaggi, hanno commesso i più efferati misfatti, ma alla fine c’è quel momento in cui nell’animo dello spettatore cresce la commozione, l’empatia. Il pubblico assiste al pianto ascolta urlare in silenzio, perchè sa che è l’ultimo atto. L’atto finale di una storia già scritta dove è chiaro chi sono i vincitori ed i vinti. Nel caso della conferenza stampa di fine mandato non è stato così. I protagonisti sono diventati comparse mute ed attonite dinnanzi allo svolgersi inaspettato degli eventi. I giornalisti che finalmente avrebbero potuto chiedere, sapere, informarsi sulle ragioni di una scelta, guardando in faccia il protagonista, sono rimasti senza risposte. Era l’ultima possibilità di riconciliazione pubblica. L’ultimo momento per riconoscersi tra persone, invece la confusione, l’ira, la rabbia hanno preso il sopravvento e non hanno lasciato scampo alle parole. Parole che avrebbero potuto raccontare dignitosamente il passo indietro di un uomo, la sconfitta di un sindaco, al quale nonostante tutto si doveva dare l’onore delle armi.


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L’intervista

di Alberto Sardo

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sponente dell’antimafia sotto scorta da anni per le sue ripetute denunce contro la mafia, presidente della commissione antimafia nel 2000, oggi senatore della Repubblica e componente delle commissioni giustizia e antimafia, Beppe Lumia, parla a 360° di politica siciliana, elezioni nissene, di Renzi e dell’Europa. Tutto, nel ragionamento politico, è legato da un filo rosso. L’attitudine al cambiamento, “a mollare gli ormeggi e navigare in mare aperto”, puntare su progettualità al posto di intermediazione, meritocrazia al posto di clientelismo, dialogo al posto di sterile rivendicazione territoriale. “Lo scontro in seno alla maggioranza all’Ars non significa che le cose vanno male”, spiega Lumia, perchè il prezzo dell’armonia sarebbe stato quello di lasciare alla politica il ruolo d’intermediazione. Senatore Lumia, potrei chiederle se le piace il candidato sindaco che sostiene il PD, ma le chiedo soprattutto se non ritiene che in passato si sia giocato troppo con le aspettative della gente. La cui richiesta principale oggi è il lavoro. Posti di lavoro che i sindaci direttamente non possono creare. Cosa possono fare, invece, per favorirli? “Posso dire che Giovanni Ruvolo ha grandi potenzialità. Il candidato co-

Ben venga il conflitto del centrosinistra: è virtuoso, sta rompendo i giochi e sta spezzando le collusioni munque deve piacere alla sua città, entrare in sintonia profonda con la sua comunità. Caltanissetta ha bisogno di un sindaco che piuttosto che investire sul “Io”, faccia crescere il “Noi”. Caltanissetta oggi ha perso una sua vocazione speciale. Ha una funzione geopolitica decisiva, al centro della Sicilia, ma non sfrutta questa collocazione. La prima cosa da fare, quindi, è scoprire qual è la funzione propria di una comunità al centro della Sicilia, che non sia quella di contemplare la propria storia e basta. Ma dire alla Sicilia: “venite

che investa sul “Noi”, che abbia una squadra, che non sia solo, che non gridi alla luna, che non sia strambo o demoagogo, che raccolga le migliori energie e intelligenze, i talenti che ci sono a Caltanissetta. Ci sono tutti questi talenti che la politica non sa selezionare, che potrebbero essere chiamati per dare quel colpo d’ala di cui Caltanissetta ha bisogno. La seconda condizione è che ci sia uno scatto progettuale. Bisogna diffidare di chi grida il cambiamento ma non ha cultura progettuale o pensa allo stile clientelare: tutto è stato bruciato e consumato, la spesa pubblica saccheggiata. Chi promette favori è lurido e imbroglione, perchè non può mantenere. Quindi un sindaco che investa sul “Noi” progettuale. Solo la progettualità qui, vi offrirò servizi e opportunità commerciali che nessun altro è in grado di offrirvi a così poca distanza”. Con la Agrigento-Caltanissetta e la A19, la città si potrà raggiungere in poco tempo da tutta l’Isola. Ma attenzione, altre città possono diventare baricentriche e strategiche. Faccio un esempio, Ikea doveva farsi a Caltanissetta, pensate a quante migliaia di persone avrebbe potuto portare. Non può essere più solo una città dei servizi, come ospedale e Tribunale, ma anche di servizi produttivi, in collegamento con i grandi vettori commerciali, sfruttando la sua posizione. Caltanissetta Centro della Sicilia che dice: “vieni e troverai opportunità commerciali senza precedenti”. Noto un’altra grande virtù, un centro storico smisurato. Anche questo rappresenta gioia e dolori. Può essere un’opportunità con investimenti. Il comune non ha più risorse, chi lo pensa è stupido o imbroglione, così la Regione e lo Stato. Le uniche risorse sono in Europa e i comuni possono accedervi direttamente per risanare il centro storico. Immaginate un centro storico pieno di negozi, attività teatrali, culturali, musicali, in grado di far vivere il momento libero, dedicato allo svago, che in una fase di ripresa, dopo la crisi, potrà avere una dimensione senza precedenti. Localini, strade in pietra, tutto rinnovato: qualcosa che nessun altro è in grado di offrire in Sicilia. Una terza opportunità della città è il Cefpas. Quella lontana cattedrale nel deserto così vicina e così lontana, sconosciuta a molti nisseni,

comunità e che con Crocetta hanno un bellissimo rapporto, e sono stati eletti con coalizioni diversissime. La Regione non distribuisce più risorse pubbliche se non con la progettualità. Ad esempio il patto dei sindaci, un pallino del governatore. Un comune che utilizza tutti gli edifici pubblici per prodursi energia solare. Immaginatevi quanto spende Caltanissetta in energia e quanto potrebbe risparmiare e guadagnare con un progetto che l’Europa finanzia e il presidente Crocetta sta mettendo a disposizione per produrre entrate, un sistema eco sostenibile e posti di lavoro produttivi. Un altro esempio è il tema dei rifiuti che ha dilaniato Caltanissetta. Motivo di scandalo e mercimonio, risorse a pioggia sprecate e usate male. La

“il Senatore”

clientelismo e burocrazia

frenano la nuova Sicilia oggi, finalmente, anche grazie alla presenza di un direttore come Angelo Lomaglio, può segnare il rilancio. In campo bio medico è fondamentale rivolgersi a tutti i paesi del mediterraneo con tassi di crescita elevati, per far studiare qui i ragazzi laureati in medicina dalla Turchia, Marocco, Tunisia, Egitto, a studiare un campo innovativo del futuro, quello bio medico. Sugli immigrati c’è un economia dell’accoglienza che se venisse fatta in modo strutturato e collegata con una strategia nazionale, senza le perplessità che mi ha suscitato il Cara, potrebbe essere un’opportunità concreta, evitando quel ciondolare per la città dei migranti che spesso crea problemi”. Per fare questo, il Senatore detta tre condizioni. “Serve un sindaco

potrà salvare il territorio, facendo in modo che la macchina amministrativa lavori per quell’obiettivo. Allora questa dimensione progettuale può essere l’energia che aiuta la città a darsi il colpo d’ali. La terza condizione è che il centrosinistra, le forze progressiste e la società civile creino la sintonia con la Regione, il governo nazionale e l’Europa. Sindaci isolati e disperati contro tutti e tutto, rischiano di isolare la propria comunità. Servono sindaci seri, con un buon rapporto, anche libero autonomo e critico, con il presidente della Regione. Crocetta premia i sindaci coraggiosi di Catania, Messina, Ragusa, che la pensano diversamente tra loro, che hanno una grande attenzione per la

città paga tasse sui rifiuti a non finire ma non è tenuta bene. Un rapporto progettuale con la Regione potrebbe far diventare Caltanissetta una città in grado di far diventare i rifiuti una risorsa, di lavoro sano, renderla bella e addirittura guadagnare. Lo stesso vale a livello nazionale ed Europeo. Un rapporto serio progettuale sarebbe la marcia in più delle forze del centro sinistra e della società civile che si sono messe insieme. Con coraggio, intorno a questo rapporto con Crocetta, Renzi e il futuro presidente della Commissione Europea. Io tifo per Schulz, che ama la Sicilia ed è legato al presidente Crocetta. Ma ci vuole una comunità che non attenda il cambiamento, ma lo scelga con forza progettuale e ab-


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Beppe Lumia, componente delle commissioni Giustizia e Antimafia, analizza il momento economico-politico dell’Isola.

“È necessario un colpo d’ala”

bia la capacità di relazionarsi. Lei ha citato il centro sinistra, i livelli di governo, ma all’Ars lo scontro sembra aperto. Quanto può durare prima che il filo si spezzi? “Ci sono due modi per guardare a questo conflitto. Un modo riduttivo e scarso, che è quello di dire: c’è conflitto allora le cose non vanno bene, non funzionano. E’ una lettura stupida, riduttiva, perchè se le cose andassero bene per l’armonia politica, saremmo in una fase di gestione del potere che ha contraddistinto gli ultimi decenni in cui la politica ha svolto la funzione di intermediazione politico mafiosa, con clientele, ruberie e collusioni a fronte di disoccupazione e arretramento dei diritti sociali. Se invece guardiamo a questo conflitto con gli occhiali del cambiamento, allora diciamo: ben venga questo conflitto, è virtuoso, sta rompendo i giochi, sta spezzando collusioni e mettendo in risalto il merito. La politica che era abituata svolgere l’intermediazione burocratica clientelare e affaristico mafiosa, reagisce e non accetta pienamente l’esperienza del governo Crocetta. Ma questo è un bene: il conflitto è espressione di un cambiamento che sta scendendo in profondità”. Il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante ha chiesto una “fase due”, elogiando il lavoro di pulizia fatto da Crocetta, ma chiedendo un cambio di passo per lo sviluppo. In questa fase due adesso ci siamo? “Siamo in piena sintonia con questa richiesta di cambiamento, la vogliamo e ci battiamo. Abbiamo avviato la fase due, fare delle opere con due obiettivi. Dare un colpo mortale alla maledetta burocrazia, il colpo mortale non lo daremo in un giorno. I bravi dirigenti non intermediano, non prendono tangenti, non soffocano la sana impresa, quindi non hanno niente da temere. I cattivi

dirigenti che passano il tempo a intermediare e distruggere, devono temerci, faremo di tutto per metterli ai margini o cacciarli. Questa sfida contro la mala burocrazia che il Presidente Montante ci chiede, è un’ottima sfida che entusiasma e per cui vale la pena impegnarsi. Seconda sfida è quella dello sviluppo. Una burocrazia messa all’angolo, con dirigenti bravi che emergono, crea i presupposti dello sviluppo in Sicilia. Ci sono i primi segnali, sulle infrastrutture. C’è un’accelerazione

so di questa parola, non sarebbe una fatto gravissimo? E come si deve scongiurare? Qualche anno fa eravamo in pochi a combattere contro le mafie, pegnato le ferrovie a investire miliardi in Sicilia e ci saranno opere che passeranno da qui. Bisogna evitare che i nuovi circuiti saltino Caltanissetta. L’Europa in nove mesi viene stupita. La Regione certifica il 60% delle

f a c e n d o nomi e cognomi dei boss, colpendoli nei loro interessi, rischiando la vitta. Oggi il mondo dell’antimafia è più affollato. Ci sono persone nuove

presenza che l’antimafia deve allontanare subito. Ma c’è una terza fascia ancora più pericolosa, che sono gli stessi mafiosi, che si insinuano nell’antimafia per delegittimare e mascariare, questa è una presenza molto pericolosa. Cosa Nostra quando non è in grado di abbattere un avversario, prima lo deve mascariare, poi isolare e poi abbattere. Ed è il rischio che stiamo correndo oggi. Quindi si deve capire che ci vuole un colpo d’ala anche nell’antimafia. Senza tornare indietro, al negazionismo, ad esempio che non ci sia stata la trattativa durante le stragi ‘92-93, un’idea assurda. Bisogna andare avanti, con un’antimafia che sappia coniugare legalità e sviluppo. E questa frontiera, che Confindustria e altri imprenditori stanno seguendo, va valorizzata. Caltanissetta ha questo primato, lo tiri fuori con orgoglio, non passi tutto il tempo a denigrarlo, a svilirlo, è da stupidi. L’antimafia dev’essere un’opportunità di cambiamento per tutti. Quindi deve crescere toglien-

I presupposti dello sviluppo in Sicilia: una burocrazia messa all’angolo e l’innesto di bravi dirigenti sul secondo lotto della CL-Agrigento, con un impegno del presidente a Palermo e mio a Roma per spingere sulla realizzazione. Si sta mettendo insieme un rilancio, come agli inizi del novecento, delle ferrovie. Crocetta primo presidente che ha im-

spese comunitarie. In nove mesi! in nove anni si era speso il 12%”. Legalità e antimafia. Come vent’anni fa i detrattori cercano di delegittimare. Ma c’è anche il rischio per molti, in questo momento di crisi, si possa svuotare il sen-

e positive, che scoprono l’antimafia come risorsa di cambiamento che non vogliono più pagare il pizzo e accettare questa presenza devastante. Ma ci sono, in questa folla, anche degli imbroglioni, incapaci che pensano di sfruttare. E questa è una

dosi tutti quei ciarlatani imbroglioni che oggi sono presenti nell’antimafia, ma stando attenti a tutti quei pericolosi mafiosi che autorizzano l’insinuarsi nell’antimafia per tentare di mascariare, isolare e colpire chi veramente ha dimostrato l’antimafia con i fatti.


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I Fatti di

Etico

Elezioni e comunicazione

iI vuoto dietro le parole A

rriva la primavera e spesso arrivano le elezioni. Vorremo avere il piacere di cogliere una bella margherita ma cogliamo il vuoto di tanti troppi slogan che uccidono la comunicazione e purtroppo anche i contenuti.

arido, che abbia fatto ricorso a processi musicali, espedienti spesso usati nel marketing pubblicitario. La politica si fa nei media: stam-

sti. Ecco il punto: molti credono che la comunicazione politica possa essere affidata a se stessi o al cugino genio o all’amico estroso invece che ad esperti.

parole improbabili assistiamo quindi ad un festival dell’assurdo e ad un’impietosa immagine della nostra società; leggiamo il risultato di un’analisi impietosa

La politica si fa sui media e sempre meno nelle piazze Anche in questa primavera non ci siamo; ci provano in tanti perché il “logo o la slogan ci vogliono”. Qualcuno dovrebbe pure spiegar loro che ci vogliono gli argomenti dietro gli slogan perché la comunicazione ha un senso se il prodotto che vendi ha qualità. Anche in politica. Lo slogan però, a differenza delle sentenze e dei motti, non basa la propria efficacia sulla ricercatezza lessicale o sul tono perentorio e lapidario della sintesi; qui non notiamo alcuna formula di pronta memorizzazione niente che faccia perno su temi di immediato riuso se si esclude il caso di qualcuno, margherita isolata in un campo

pa, tv, cartelloni pubblicitari. La si fa sempre meno nelle piazze troppo difficili da sfidare, un campo aperto ostico che espone a troppi rischi e raggiunge pochi. Molto meglio qualche messaggio pubblicitario accattivante da affidare a professioni-

Così il disastro è garantito. La politica ha bisogno di slogan che arrivino subito all’elettorato e questa non è pratica per tutti. Attraverso espressioni e volti indimenticabili, frasi ad effetto e doppi sensi, contraddizioni tristemente reali e giochi di

che pone il candidato sindaco o il candidato consigliere comunale nelle condizioni di essere giudicato per come sorride, per come scrive e come si esprime. Uno slogan o un’immagine che conferma quello che già sappiamo o sorprende per questa

deludente performance nella comunicazione. Non si coglie quindi che qualche margherita. Si coglie invece il vuoto che accomuna l’immagine e gli slogan dei candidati che diventano giochetti fini a se stessi per nulla collegati alla storia personale dei personaggi; figuriamoci dei loro programmi, ammesso che qualcuno li abbia o li abbia comunicati. Un vuoto che deriva da un’idea sbagliata della comunicazione politica, come se fosse un obbligo estetico o peggio un obbligo cosmetico. Qualcuno avrebbe potuto spiegare (ma chi? Quello è il punto!) che comunicare è entrare in relazione con gli altri o meglio, mettersi nei panni degli altri. Gli altri siamo noi, i cittadini che voteremo questi nostri parenti, amici che, come spesso si dice “c’hanno messo la faccia”, altra frase che impone un ulteriore interrogativo ma andiamo fuori tema: “e chi te lo ha imposto?”. Gli altri, cioè noi, che nel caso della comunicazione politica che rappresentano un elettorato stanco e sfinito, una società avvilita, una comunità per troppo tempo illusa da chi forse ha comunicato fin troppo bene fino al punto di ipnotizzarci. Ma oggi quei giochetti fini a se stessi non bastano.

Direzione Editoriale Michele Spena

Direttore responsabile Salvatore Mingoia

Collaborazioni:

Ivana Baiunco Marco Benanti Liliana Blanco Rino Del Sarto Alberto Di Vita Etico Fiorella Falci Giuseppe Alberto Falci Filippo Falcone Salvatore Falzone Franco Infurna Annalisa Giunta Lello Kalos Donatello Polizzi Alberto Sardo Lorena Scimé Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona Michele Spena

Impaginazione Antonio Talluto

Distribuzione

Giuseppe Cucuzza

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 pubblicità: 389/7876789 commerciale@ilfattonisseno.it


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Palazzo del Carmine

Consiglio comunale

L’Editoriale

segue dalla prima

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ampisi, che di sorrisi ne ha elargiti pochi mentre indossava la fascia tricolore, non è stato lasciato in pace neanche nel momento di piangere, durante la sua conferenza stampa di addio. Avrebbe voluto spiegare alla città il suo lavoro, i suoi successi, i suoi insuccessi, illustrare la sua azione amministrativa; i giornalisti erano pronti a metterlo “sotto pressione”. In conclusione del suo monologo, si era commosso sino a piangere, ma così come non è riuscito a sorridere in cinque anni, in quel giorno vi è stato anche chi non gli ha lasciato neanche la possibilità di lacrimare. Si chiude il sipario e il momento del saluto, del commiato: Campisi si congeda e ritrova la gioia. Forse frettolosamente “allontanato” da compagni di partito e presunti alleati, forse avrebbe meritato la possibilità di potersi ricandidare, ma è andata in maniera diversa. Ora si cambia, Campisi torna alla sua vita e a breve qualcun altro indosserà la fascia tricolore. Speriamo che il prossimo “capo” di Palazzo del Carmine riesca a sorridere maggiormente. Sia chiaro, il buonumore non aiuterà il prossimo sindaco a risolvere i molteplici problemi che affliggono e zavorrano Caltanissetta, ma sicuramente viviamo una situazione talmente critica che l’ottimismo e la letizia potrebbero rivelarsi risorse “utili”. Qualche sorriso in più sarebbe stato bello da vedersi anche in campagna elettorale e invece anche lì, visi stanchi, tensioni, polemiche, molte gaffe in termini di comunicazione e comunicati, e poi infuocate battaglie dialettico - politiche su facebook, che l’esercito dei candidati al consiglio comunale di Caltanissetta ha eletto nuovo territorio di conquista: ahinoi le premesse non sono incoraggianti, speriamo di non cadere dalla padella nella brace.

“Rien ne va plus” I

l vecchio consiglio comunale non demorde con riunioni giornaliere delle rispettive commissioni mentre il nuovo è all’orizzonte, ma deve ancora arrivare. Ultimi frenetici giorni di lavoro, anzi

I “vecchi” consiglieri hanno continuato a macinare commissioni sino a pochi giorni dalle elezioni di super lavoro prima di lasciare gli scranni di Palazzo del Carmine e fare spazio al nuovo che avanza nell’ottica di un sicuro rinnovamento atteso nelle prossime amministrative del venticinque maggio quando si voterà per la elezione diretta del nuovo sindaco ed il rinnovo del consiglio comunale. L’ultima seduta del consiglio si è svolta a pochi giorni dalle elezioni e nel frattempo i consiglieri si sono riuniti quasi giornalmente per dare vita ai lavori delle commissioni consiliari permanenti: uno o due commissione al giorno ed anche tre in attesa del conteggio finale dei gettoni di presenza che si farà nel mese di giugno a missione scaduta. Ci saranno da erogare circa trentatre mila euro di gettoni ed indennità di presenza che comprendono sia le indennità di presenza dei consiglieri (comprese le sedute della question time anche se andate deserte) che della’indennità di carica del presidente del consiglio. Ultima liquidazione e poi a casa, con la segret a speranza, per molti che si ripresentano, di un ritorno. Resterà in carica solo il presidente del consiglio

Calogero Zummo che avrà il compito di pilotare il prossimo consiglio comunale fino al giorno dell’insediamento; spetterà,infatti, al presidente del consiglio comunale uscente convocare il nuovo consiglio per passare subito dopo la mano al nuovo presidente o al consigliere più anziano per voti. Tutto avverrà in maniera indolore, per caduta, come si dice, con il solo rimpianto forse, per molti, di avere perso qualcosa in termini di quattrini: quattrini derivanti dalle indennità, che sono stati, nei mesi scorsi,al centro di

u n a serie di incontri del consiglio comunale che ha valutato la proposta di una riduzione delle indennità di presenza in ossequio al principio della riduzione delle spese del costo della politica. Il risultato lo conosciamo tutti:

di Salvatore Mingoia il consiglio non ha deliberato, ma la decisione d’ufficio, come per legge, di ridurre al lordo le indennità del 20 per cento, a partire dal mese di giugno scorso è stata applicata con determinazione del dirigente, mentre il consiglio per pudore, ha deciso che le sedute del consiglio comunale e quelle delle commissioni permanenti, se andavano deserte e quindi non potevano celebrarsi, per mancanza di numero legale sarebbero state pagate un euro. Adesso, aspettiamo di capire quale sarà l’orientamento sui costi della politica da parte del nuovo consiglio, visto che, senza tanti giri di parole le liste degli aspiranti consiglieri sono zeppe, di giovani e meno giovani, in buona parte in cerca di prima occupazione. Vogliamo ridurre il comune ad uno stipendificio ? Nessuno lo

dice; anzi nei programma di quasi tutti i candidati sindaci, tra i primi posti, si parla di un risparmio delle risorse e di venire incontro alle esigenze delle famiglie in gravi difficoltà economiche. Per la verità in quella occasione alcuni consiglieri hanno deciso di ridursi la indennità del cinquanta per cento destinando la rimanente parte alla Caritas Diocesana: Intanto in attesa di conoscere cosà deciderà il nuovo consiglio, i vecchi consiglieri continuano a macinare commissioni su commissioni e non si sono nemmeno fatti scappare l’occasione di celebrare l’ultima seduta del consiglio con un solo punto all’ordine del giorno (per un residuo di delibera di debito fuori bilancio) a pochi giorni dal voto.


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Gela & dintorni Il 6 dicembre del 2012, la Regione stanziò 480.000 euro. La somma è stata ridotta del 40%. La ditta che si aggiudicò l’appalto nel 2013 ha dato forfait di Liliana Blanco

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he fine ha fatto la Chiesa Madre di Gela? Se lo sono chiesti in tanti nel corso dei riti pasquali che sono stati celebrati nella chiesa del Rosario. Ve lo sveliamo noi. Da quasi un anno i lavori sono fermi. La solita storia della rescissione del contratto per motivi economici con la ditta appaltatrice che però ha provocato il fermo per un anno, allungando notevolmente i tempi della consegna della chiesa

stucchi e delle dorature ove mancanti e il ripristino a pietra del prospetto esterno. L’appalto è stato aggiudicato con pubblico incanto della Regione il 4 settembre 2012 a favore della ditta Ediservice di Patti (Me); il progetto era stato firmato dall’ing. Stefano Sammartino e dall’arch. Ennio Turco, progettista autorizzato allora perché dipendente della Soprintendenza ( oggi direttore del Museo archeologico regionale). I lavori sono iniziati

di resti umani – racconta il vicario foraneo Mons Grazio Alabiso – non si può stabilire il numero di morti che vi riposano, sicuramente sono tanti. Abbiamo raccolto con cura i resti mortali e li abbiamo sepolti di nuovo in quel sito opportunamente ristrutturato. Abbiamo trovato i resti di un’antica chiesa , si ipotizza che sia la chiesa di Santa Maria della Platea del XIII secolo sulla quale è stata costruita la chiesa attuale che risale al

Maria delle Grazie; mentre la chiesa di San Benedetto ex ospedale vecchio e SS Salvatore –Rosario hanno uno sviluppo architettonico che va da est verso ovest)”. A questo punto dei lavori la ditta ha dato forfait e non ha più impegnato le professionalità in questo progetto, dopo avere eseguito il 40% degli interventi previsti. Il finanziamento a disposizione è stato decurtato di poco meno di 200 mila euro sui 480 mila previsti. Siamo

L’Odissea. Ferma da oltre un anno la ristrutturazione per la decurtazione del finanziamento

Chiesa Madre, i lavori “infiniti” ristrutturata secondo la tabella di marcia che prevedeva il completamento dell’intervento molto prima di quando avverrà. Il finanziamento ex art. 38 per le opere di manutenzione straordinaria risale al 6 dicembre 2012 da parte dell’Assessorato ai Lavori pubblici della Presidenza della Regione Siciliana sotto il governo Lombardo. La somma stanziata allora fu di 480 mila euro per la manutenzione straordinaria che comprende lo svellimento del pavimento, la visitazione delle cripte sottostanti, la posa in opera della pavimentazione nuova, il ripristino parziale degli

nel febbraio 2013 proprio dal prospetto esterno a nord, mentre continuavano regolarmente all’interno le attività parrocchiali che hanno permesso i riti della Pasqua. La chiesa è stata chiusa nell’aprile dell’anno scorso per permettere i lavori interni. E’ stato rimosso il pavimento, e con l’alta sorveglianza della Soprintendenza ai beni culturali sono state visitate le cripte funerarie. Ne sono state trovate 5 e una fossa comune risalente al XV secolo, quando, ai tempi della pestilenza, i morti venivano sepolti nei sotterranei delle chiese. “Abbiamo trovato una quantità cospicua

XVIII secolo e che quindi risulta un ampliamento dell’antica costruzione. Quindi è stato realizzato il ripristino delle cripte e lo svellimento del pavimento; inoltre è stato realizzato il magrone (ovvero quello che in gergo edilizio si indica con il termine di massetto) per la successiva posa in opera della nuova pavimentazione, e parte del ripristino di una porzione della navata sud (la nostra Chiesa Madre si sviluppa secondo una progettazione del tempo che va da ovest verso est come tutte le chiese antiche di Gela: Chiesa del Carmelo, Sant’Agostino, San Francesco d’Assisi, Santa

nell’aprile 2013: I lavori hanno subito uno stop che si è protratto fino ad oggi in attesa di far scorrere la lista delle ditte che avevano partecipato al bando del 2012 e stipulare un nuovo contratto con quella successiva. Nel frattempo le parti delle navate lasciate a pietra viva hanno subito delle pericolose infiltrazioni di acqua piovana che hanno messo a rischio la struttura ma che possono essere recuperare con un intervento celere. Le attività parrocchiali della prima chiesa di Gela sono proseguite presso la chiesa del Rosario. Solo in occasione della scorsa Pasqua una piccola parte della

chiesa è stata transennata con delle stampe della via Crucis dell’artista gelese Solito ed aperta solo per poche ore per ospitare l’urna ed i simulacri

Si è fatta scorrere la graduatoria delle imprese: a breve riapre il cantiere del Cristo in croce e dell’Addolorata. Di recente l’assessorato regionale ai Lavori pubblici ha provveduto a far scorrere la graduatoria ed ha affidato i lavori per l’importo restante di 280 mila euro alla ditta che figurava in seconda posizione, proveniente da Gangi. Il contratto è stato firmato ed i lavori dovrebbero riprendere entro la fine di maggio per concludersi fra sette mesi circa, quindi fra la fine del 2014 o verosimilmente i primi del 2015. Ce lo auguriamo, vista la precedente esperienza. Se si pensa, poi, che la chiesa San Giovanni è stata acquistata dal Comune di Gela sotto l’amministrazione del sindaco Franco Gallo per essere utilizzata come centro culturale ed invece è ancora ricovero per gatti randagi, le speranze devono essere davvero enormi……


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Casa Antonietta Aldisio il dramma dei lavoratori

da 14 mesi senza stipendio di Lorena Scimé

È

un vortice pericoloso la crisi impietosa che sta inghiottendo ogni settore, senza dar tempo alla ripresa di attecchire. Nonostante ciò, esistono piccole realtà che tentano di resistere alla furia del crollo economico. Sembra assurdo pensare che si possa riuscire a farlo, soprattutto quando gli stipendi ad un lavoratore non arrivano da oltre un anno. Eppure è così. Un caso arriva da Gela, è quello della Casa di ospitalità “Antonietta Aldisio”. Qui lavorano uomini e donne senza percepire mensilità da 14 mesi e da 4 anni non intascano nemmeno il salario accessorio. Molti di loro trovano nelle famiglie un ammortizzatore sociale, ma sanno che questa situazione non potrà andare avanti per molto tempo ancora. Stanno cercando di non demordere perché di mezzo non c’è solo il loro futuro e quello dei loro figli, ma anche la quotidianità di 25 anziani che vivono nell’Ipab e che lì trovano conforto, assistenza e affetto. Quello è un luogo che continua a garantire loro sicurezza, nonostante il terribile momento vissuto dagli operatori. Ormai da mesi c’è una battaglia in atto per riuscire a risolvere la questione. La vertenza sindacale, però, non ha ancora trovato una soluzione definitiva. Ne abbiamo parlato con il Segretario della Camera del Lavoro della Cgil Ignazio Giudice che sta seguendo la storia di questi lavoratori. Il loro grido d’aiuto è finito anche sugli scranni del Consiglio comunale dove erano stati presi degli impegni per andare in soccorso ai dipendenti dell’Antonietta Aldisio e per fare in modo che la struttura stessa non si sgretoli. Di quell’accordo non si è più fatto nulla. Cosa ha portato i lavoratori della struttura a non ricevere da 14 mesi gli stipendi? Le IPAB in Sicilia non godono di ottima salute. È sufficiente pensare che già nella nostra provincia hanno subito processi di trasformazione econo-

mica – gestionale attraverso l’ingresso di soggetti imprenditoriali privati, recenti sono gli esempi delle IPAB delle città di Niscemi e San Cataldo, ma l’elenco è lungo da Trapani a Catania. Che cosa prevedeva l’accordo sottoscritto insieme al Consiglio comunale? La CGIL congiuntamente al Presidente e consiglio di amministrazio-

Ignazio Giudice: le IPAB in Sicilia non godono di ottima salute ne della IPAB “Antonietta Aldisio” ha chiesto ed ottenuto il Consiglio comunale monotematico ed i consiglieri mostrando una concreta e reale sensibilità alla problematica hanno condiviso, fatto proprio e trasformato, sotto il profilo istituzionale, le proposte esternate dai noi che in modo molto semplice e sintetico possono riassumersi in “strumenti e obiettivi di rilancio della struttura” attraverso la creazione di un apposito capitolo di bilancio per coprire i costi di 25 posti letto; attivare tutte le iniziative utili per ottenere la compartecipazione della retta da parte dell’ASP per soggetti convenzionati con accertata inabilità; rinnovo del progetto Centro diurno con costi allineati ai parametri regionali; riattivare i finanziamenti per il completamento della struttura. Perché da allora nulla è stato fatto? Da allora l’unico punto che ha trovato un minimo riscontro è l’istituzione di un capitolo di bilancio denominato “Emergenza abitativa”, al quale sono state destinate 30 mila euro che risolvono e solo in parte i problemi vissuti da qualche cittadino disagiato che

non ha più dove vivere. Per il resto malgrado riunioni infinite, proteste, lettere, non vi è traccia di un impegno istituzionale concreto. Quanti soldi servono per salvare struttura e dipendenti? La CGIL non fa i conti in tasca al consiglio di amministrazione della ipab ma è certo che l’unico debito la struttura lo ha maturato con i dipendenti che ad oggi si trovano i contributi previdenziali versati come dice la legge ma indietro di 14 mensilità. Non certo per demerito di Don Giovanni Tandurella Presidente che ha esposto i bilanci, tra l’altro pubblici, ed ha chiesto insieme ai lavoratori più attenzione per il presente ed il futuro dell’IPAB. Lei è stato a stretto contatto con questi operatori, cosa li spinge a stare accanto agli anziani della Casa senza portare un soldo alle famiglie? Gli operatori lavorano in questa struttura e questo lavoro come tanti altre attività lavorative richiede un “tasso di serenità” personale un po’ più alto della media perché i minuti sono accompagnati da una continua assistenza agli ospiti anziani e spesso con tante patologie e ne consegue che non sarebbe ammessa nessuna distrazione nella cura dell’ospite. Oggi sono spinti anche dalla voglia di lottare, rivendicare, crederci in un futuro diverso e migliore. Nei giorni scorsi ha lanciato un appello ai privati affinché inter vengano. Qualcuno si è fatto avanti e cosa potrebbe fare un privato per l’Ipab? Qualche giorno fa, come dice bene

lei, la CGIL in un lungo e articolato documento ha continuato a proporre soluzioni immediate e tra queste sarebbe l’ora di spingere le imprese del territorio a svolgere un serio ruolo sociale per esempio l’ENI potrebbe farsi avanti per innalzare concretamente la qualità della vita dei nostri anziani. I Nas nelle scorse settimane hanno effettuato dei controlli, cosa è emerso? Sono state riscontrate delle carenze? I Nas fanno il loro lavoro e come tutti i nuclei ispettivi verificano le condizioni delle strutture che ospitano persone e se rilevano qualcosa che non va è bene saperlo e

provvedere a darne sistemazione. Nel concetto di legalità rientra anche questo. Dalle notizie in nostro possesso Don Tandurella mobilitando i fedeli della sua parrocchia ha provveduto a ripristinare e comunicare i lavori eseguiti. 14 mesi senza ricevere le spettanze e nessun intervento, secondo lei la politica ha fallito? La CGIL non è disposta a pensare che la politica ha fallito, sicuramente si è distratta e noi stiamo lavorando per farla concentrare sulle cose serie: la vita delle persone, dagli anziani ai lavoratori. Sembra una battaglia contro i mulini a vento. Il sindacato si sente sconfitto? La nostra è una rivendicazione e non ci stancheremo di portarla avanti tanto che abbiamo indetto lo sciopero di 18 ore per il 12 Maggio. Siamo contenti di far sciopero? No, saremo felicissimi di fare un accordo sindacale da rispettare con serietà e sensibilità, perché i debiti producono debiti ed i lavoratori ormai sono fortemente provati.


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Fatti contro la mafia

per non dimenticare

Quel dottore di Camporeale, generoso con tutti, intransigente con i mafiosi

NO

Montalbano

Giuseppe il medico condotto che sapeva a chi dire di no

Q

uando a Camporeale si diceva: “u dottori Montalbano”, tutti sapevano di chi si stava parlando. Ed esprimevano il loro rispetto. Un rispetto diverso da quello che ve-

niva preteso, e spesso ottenuto, da altre persone che a Camporeale erano capaci di comandare. Era un rispetto intriso di stima, di ammirazione e di gratitudine. Era un rispetto libero e spontaneo. Non come quello che venivo preteso dai mafiosi del posto. Giuseppe Montalbano era arrivato a Camporeale nel 1958, destinato a quel Comune dopo aver vinto il concorso di ufficiale sanitario. Lì si stabilì con la famiglia e si dedicò con tutto se stesso a quella piccola comunità della provincia di Palermo, tanto, troppo vicina a San Giuseppe Jato che nei decenni successivi sarebbe diventato un centro strategico per l’ala più sanguinaria di “cosa nostra”. Montalbano faceva anche il medico condotto e, mosso dalla sua grande passione per la campagna, utilizzò i suoi risparmi per acquistare dei terreni vicini al paese, di cui si occupava personalmente nel tempo libero. Anche per questo suo modo di essere, per il suo “fare” da contadino, conquistò la fiducia delle classi più popolari e disagiate, ne divenne un punto di rife-

di Giovanbattista Tona rimento e aiutò molti camporealesi ad emanciparsi dalle condizioni di ignoranza che riguardavano spesso persino le norme di igiene. Si era costruito un casetta nella campa-

loro che non fanno ciò che è giusto o peggio assecondare le richieste che non sono giuste. Si diceva in paese che gli era stato chiesto di prestare delle cure ad un latitante

la gente del popolo lo rispettava. E gli uomini “di rispetto” (l’altro rispetto) non lo sopportavano. C’era un altro Montalbano, a Camporeale, che non era nemmeno suo parente. Si chiamava Biagio, faceva il dipendente comunale e gli investigatori lo ritenevano un mafioso. Era il 1988. Biagio Montalbano si chiamò due killer della valle dello Jato, che poi nella mafia avrebbero fatto carriera; uno di loro era Giovanni Brusca, l’uomo che schiacciò il pulsante del telecomando che provocò la strage di Capaci. Biagio Montalbano era riuscito a convincere tutti i mafiosi della zona che il dottore Giuseppe Montalbano era un

sapevano. Lo aspettarono Giovanni Brusca, Santino Di Matteo e Balduccio Di Maggio. Alcuni anni dopo sarebbero diventati collaboratori di giustizia, ma quel giorno erano killer spietati. Brusca sparò con il fucile ma l’arma si inceppò; allora sopraggiunse Di Matteo che esplose diversi colpi alla testa del medico, rendendolo irriconoscibile e uccidendolo a 63 anni. Il 10 maggio scorso, i ragazzi delle scuole di Camporeale hanno ricordato il loro dottore con una bella ed allegra passeggiata in campagna. Il motto della manifestazione è “Accura unni metti i peri”: attento a dove metti i piedi. Perchè il loro dottore ha insegnato loro,

e aveva detto di no. E da ufficiale sanitario aveva fatto sempre quello che riteneva corretto, anche se a qualcuno forse non era piaciuto. Tante volte non si era piegato dinanzi all’atteggiamento di persone che strumentalizzavano il loro potere, vero o presunto che fosse. Anche per questo

confidente dei carabinieri. E per i mafiosi se si dice no a loro certamente non si può che essere “infami”. Il 18 novembre del 1988, Giuseppe Montalbano se andò in campagna, in prossimità di quella casa dove aveva dato aiuto agli sfollati del terremoto del Belice; lo faceva sempre e i killer lo

con la sua vita, che si cammina dritto e che solo così non si cade. Non si cade nemmeno se la mafia ti spara. Perchè i ragazzi del dottore Montalbano dimostrano che, dopo 26 anni, lui è ancora là. Dove i mafiosi volevano che non stesse più.

Sopra un momento della passeggiata dei ragazzi delle scuole di Camporeale durante la manifestazione “Accura unni metti i peri” A destra Giuseppe Montalbano nel suo studio medico

gna di sua proprietà in contrada Macellarottoe la fece subito diventare un centro di accoglienza per sfollati quando nel 1968 le zone limitrofe furono devastate dal tremendo terremoto della Valle del Belice. Era fatto così. Era una persona per bene. Era una persona disponibile. Ma “disponibile” spesso in certi ambienti significa che gli si può chiedere di tutto. E questo non era vero. Montalbano sapeva quello che si doveva fare e quello che si poteva fare. Il dovere lo adempiva sempre. E in più faceva anche tutto il possibile, quando si poteva. Sapeva anche che c’erano cose che né si dovevano né si potevano fare. Ed essere disponibile non significa certamente rassegnarsi dinanzi a co-


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Storia & Cultura 25 maggio 1844: Papa Gregorio XVI, con la Bolla “Ecclesiae universalis”, istituiva la Diocesi di Caltanissetta, la “capitale dello zolfo”, al centro della Sicilia borbonica, dove anche le nuove diocesi stavano ridisegnando l’organizzazione del territorio. Il modello della “monarchia amministrativa” era quello napoleonico, che sostituiva con le istituzioni locali, controllate dallo Stato, la mediazione politica del baronaggio feudale. In Sicilia sin dai tempi dei Normanni la monarchia era stata legata alla Chiesa

stica differente per territorio e autorità. I comuni del nisseno dipendevano tutti dalla popolatissima Diocesi di Girgenti, che si proponeva di suddividere per dare vita a quella nissena, sottolineando la distanza che, insieme alla totale mancanza di strade, rendeva problematico il rapporto tra Chiesa e comunità dei fedeli. Il nuovo capoluogo nisseno, con i suoi 17.000 abitanti, le sue 65 chiese, i monasteri e le case religiose (Benedettini, Domenicani, Carmelitani, Francescani scalzi, Agostiniani, Cappuccini, Ri-

di Roma dall’”Apostolica Legazia”, che assegnava al Re poteri di governo sulle chiese dell’isola, compresa la indicazione alla S. Sede dei vescovi da nominare, legati così da rapporti di subordinazione che rendevano la Chiesa siciliana quasi un’articolazione dello Stato, valorizzandone la funzione di controllo morale e di ordine sociale più che il respiro spirituale nelle comunità. Caltanissetta stava attraversando una fase intensa di crescita economica, demografica, urbanistica, legata allo sviluppo delle miniere di zolfo, monopolio naturale che faceva dell’interno della Sicilia il sottosuolo della rivoluzione industriale europea, con il prodotto richiesto all’estero per la colorazione dei tessuti, la nascente industria chimica dei fertilizzanti e per l’industria militare. Per questo nel 1817 i Borboni l’avevano elevata a capoluogo di Intendenza, unica città lontana dalle coste, e vi era stato istituito il Tribunale Civile e la Gran

formati e Gesuiti), con l’Ospedale dei Fatebenefratelli, il Collegio di Maria, l’Orfanotrofio, l’Abazia di S. Spirito e il Priorato di S. Giovanni, con più di venti Confraternite e Congregazioni e la “insigne Collegiata istituita da Benedetto XIV con diciotto Canonici e venti Mansionari”, aveva tutti i requisiti per diventare sede vescovile. Ma per far nascere la Diocesi a Caltanissetta sarebbero stati necessari altri 24 anni. Molte le resistenze, soprattutto da Agrigento, che non voleva perdere, con il territorio, anche le ricche rendite e le decime dei comuni e dei beni del nisseno. Intorno a questi “nodi” tra il Decurionato di Caltanissetta (il Consiglio Comunale di allora), il Vescovo di Girgenti e il Ministero degli Affari Ecclesiastici di Napoli si sarebbe sviluppata una intensa “vertenza triangolare”. Finalmente, nel maggio 1844, l’istituzione della Diocesi, comprendente Caltanissetta, Mussomeli, San Catal-

170 anni fa nasceva la diocesi di Caltanissetta

Il primo Vescovo: Antonino Maria

dicembre 1844, e quattro mesi dopo la“presa di possesso del vescovado di Caltanissetta in persona dello Illustrissimo Reverendissimo Monsignore Antonino Maria Stromillo”.

Stromillo

l’angelo della carità Corte criminale, istituzione giudiziaria particolarmente prestigiosa. Le elites urbane nissene, borghesi o di recente nobilitazione, che per oltre 60 anni nel ‘700 avevano condotto una battaglia giuridica contro la feudalità dei Moncada, chiedendo al Re la demanializzazione della città, lo avevano fatto in piena simbiosi con la Chiesa locale, giovandosi della sua funzione carismatica di rappresentazione simbolica dell’identità collettiva, e intrecciando con il clero nisseno, con i prevosti e il Capitolo della chiesa madre, intensi e proficui rapporti culturali, ma anche economici e giuridici. Già nel 1820, nel Parlamento di Napoli, il deputato nisseno Giuseppe Cinnirella, esponente della generazione che aveva ereditato la battaglia politica contro i Moncada, aveva presentato una mozione in cui si sosteneva la fondazione della Diocesi come suggello della nuova organizzazione del territorio, facendo esplicitamente riferimento al ruolo del Capoluogo, sede dell’amministrazione civile, che non poteva più reggere una giurisdizione ecclesia-

l’esempio, più che col comando colla preghiera, più che con la severità con la carità. Per lo che mi spero, colla grazia del Signore, che ciascuno di voi abbia a sperimentarmi più come padre che Ve-

do, Santa Caterina, Serradifalco, Sommatino, Delia, Sutera, Campofranco, Acquaviva, Montedoro, Bompensiere e Villalba (dalla Diocesi di Girgenti), Vallelunga (dalla Diocesi di Cefalù), Marianopoli e Resuttano (dalla Diocesi di Nicosia). L’onere per sostenere economicamente il nuovo Vescovado si stabiliva a carico dell’Abazia di S. Spirito, il cui Abate era Guglielmo Moncada, membro autorevole della famiglia principesca che dal 1407 aveva avuto in feudo la città. Era quasi una rivincita verso gli antichi signori, e un segnale di progressiva smobilitazione degli ultimi privilegi feudali in Sicilia da parte dei Borboni. In Sicilia infatti, dopo la Restaurazione, che aveva abolito l’antico Regno, la sua capitale e il suo Parlamento dominato per secoli dalla nobiltà, le caste feudali venivano lentamente estromesse, trasferendo contemporaneamente poteri e risorse alla Chiesa riposizionata sul territorio. L’atto ufficiale di “installazione del vescovado” di Caltanissetta veniva rogato dal notaio Michele Curcuruto il 16

Il nuovo Vescovo non era siciliano, (come tutti i vescovi di nuova nomina in Sicilia), veniva dal Cilento ed era un religioso, non un sacerdote secolare, Preposto dei Padri Teatini di Lecce. Era nato nell’anno della rivoluzione francese, il 1789. Ordinato sacerdote nel 1814, entrato nella Casa dei Teatini nel 1831, ne era diventato Preposito nel 1838. In questo ruolo aveva maturato un’ottima reputazione di religioso pio e caritatevole, di eccellenti costumi, buon predicatore, esperto di liturgia e dottore in teologia. Nominato Vescovo nel settembre del 1844, proclamato nel Concistoro del 20 gennaio 1845 dal Papa, nello stesso giorno della sua consacrazione, Mons. Stromillo da Roma pubblicava la sua prima lettera pastorale diretta alla Diocesi, in cui delineava un orientamento segnato dall’amore e dal desiderio di condivisione, rispetto al quale sarebbe stato sempre fedele e coerente, anche quando le condizioni in cui si trovava a vivere il suo ministero lo avrebbero messo duramente alla prova: “più che con la parola, parlerò a voi con

di Fiorella Falci

scovo.” L’ingresso in diocesi del nuovo Vescovo aveva suscitato entusiasmo popolare e mobilitazione delle classi dirigenti, protagoniste di un’accoglienza solenne e poi di una festa di popolo, a ribadire un rapporto tra notabili e istituzioni ecclesiastiche segnato dal riconoscimento reciproco ed ora dalla “sacra-

La generosità del Vescovo conquistò il cuore dei nisseni nell’epidemia di colera del 1854 lizzazione” dell’identità cittadina funzionale anche all’egemonia politica sul territorio. Il Decurionato nisseno, nella sua delibera di ringraziamento al sovrano, de-

lineava un vero panegirico del nuovo Vescovo: “Siamo sicuri, e lo abbiamo letto nel suo volto mansueto, egli saprà con dolcezza ricondurre chi per caso fosse per traviare. E porta in viso tutta la carità che il legislatore del Vangelo richiede nei suoi Pastori, egli è sì mite ed umile di cuore che sarà il nostro Padre non solo ma il nostro Angelo tutelare”. Intanto il Vescovo Stromillo, “l’Angelo tutelare”, aveva dovuto prendere alloggio in affitto presso una casa privata, individuata dalla memoria tramandata nel clero nisseno nella strada dei Santi (attuale via Re d’Italia), in corrispondenza del civico 98. La prima questione da affrontare era infatti la sede dell’Episcopio e l’istituzione del Seminario, già prioritarie nella Bolla papale di fondazione: la formazione del clero, fondamentale per i nuovi sacerdoti, rappresentava anche un’esigenza della società locale, bisognosa di figure autorevoli di orientamento morale e culturale più elevato, anche in funzione di un disciplinamento sociale sempre più urgente nella realtà nissena in tumultuosa crescita industriale. Ma incombeva il 1848: l’anno della rivoluzione europea, la “primavera dei popoli”, che aveva avuto inizio proprio in Sicilia. Caltanissetta, città “fedelissima” alla monarchia borbonica nella rivoluzione del 1820, questa volta si sarebbe schierata con il Governo rivoluzionario, e della deputazione che rappresentava la città al Parlamento di Palermo faceva parte anche il Vescovo, nominato Presidente del Comitato Comunale di difesa e sicurezza pubblica. Mons. Stromillo aveva partecipato a Palermo alle sedute del Parlamento siciliano, (membro di diritto nella qualità di Vescovo), e aveva dimostrato fermezza e autonomia di giudizio, specialmente sulla difesa dei principi religiosi e delle prerogative della Chiesa,


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La bolla “Ecclesiae Universalis” di Papa Gregorio XVI, istituì la Diocesi della “capitale dello zolfo” il 25 maggio 1844

impegnandosi anche per evitare estremismi, violenze e vendette. Ma quella istituzione “rivoluzionaria” aveva proclamato anche la decadenza della monarchia borbonica, e quando nella primavera del 1849 Ferdinando II aveva proceduto alla riconquista militare della Sicilia, il suo atteggiamento nei confronti dell’isola era profondamente cambiato. Nella Diocesi nissena, pur senza estremismi, si era registrata una certa presenza di clero liberale, che aveva guidato manifestazioni di popolo portando in trionfo l’effige di Pio IX, al grido di “Viva la rivoluzione, viva Pio IX, abbasso i Borboni”: a Mussomeli, a Villalba, a Campofranco. La monarchia borbonica, restaurata nel maggio del 1849, non avrebbe dimenticato i coinvolgimenti della fase rivoluzionaria, ed è molto probabile che sia stata questa la motivazione, mai esplicitata ma certamente “pesante”, di un blocco burocratico definitivo sulla questione della costruzione del Seminario nisseno. Il Vescovo Stromillo sentiva acutamente le angustie determinate dall’assenza del luogo di formazione del sacerdozio. Scriveva in una supplica al Re Ferdinando, “come Legato della S. Sede, e più come Sovrano”, nel 1850: “Il Clero principalmente della Cattedrale, ed alquante Parrocchie della Diocesi, mancando di sufficiente sussistenza ed ecclesiastici proventi, è sparuto nel numero, e dovendo con industrie domestiche, aliene dal Ministero Sacro, procacciarsi il necessario sostegno, non trova tempo ed agio onde migliorare se stesso, e rendersi utile agli altri”. Il rapporto tra l’esigenza del Seminario e il contestuale superamento dell’antico patronaggio nobiliare che condizionava l’autonomia del clero e indeboliva la dimensione della diocesanità, era esplicitamente evidenziato, quasi come una precondizione per l’esistenza stessa della Diocesi: “mi trovo nella dura necessità di dire, che Caltanissetta è Diocesi di nome: la posizione di lei è sì misera e affligente da

parchissimo, modesto il vestito, la corte ristretta a quel tanto che raggiungesse il necessario decoro della prelatura. (…) preferì la mitezza e la carità al rigore. Quanto a carità basti il dire che alla sua porta non fu mai bisogno di picchiare, era sempre aperta ad ogni sorta di persone, ed egli, come l’angelo del Signore, compariva sempre a tutti “. Proprio sul piano della carità il Vescovo Stromillo avrebbe conquistato il cuore e la stima del popolo nisseno, quando, nel 1854 Caltanissetta veniva colpita da un’epidemia di colera particolarmente violenta, e l’unico aiuto concreto alle condizioni disperate di migliaia di famiglie nissene sarebbe stato quello messo

Di fronte al colera Dusmet e Stromillo sarebbero stati i punti di riferimento di un’azione generosa di solidarietà che avrebbe lasciato un segno positivo per decenni, una vera e propria pastorale della carità, esempio di un nuovo modo di essere della Chiesa. E il carisma della carità e della povertà sarebbe stato il sigillo del Vescovo Antonino (come soleva firmarsi). Racconta ancora il canonico Pulci: “Nel far elemosina studiava di nascondersi il più che possibile a quei della sua corte. (…) usò soprapporre una moneta di rame ad un’altra d’argento per non suscitare ammirazione importuna tra i riguardanti. Questa sua generosa carità lo ridusse a tale stremo di indigenza

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che nell’ultima penosissima infermità non ebbe un corpetto con cui cambiare il misero e rattoppato che indossava, e nei suoi forzieri non fu trovata che modestissima somma” Mons. Antonino Maria Stromillo moriva in una fredda notte tra il 6 e il 7 gennaio del 1858, dopo una settimana di agonia, nel suo Episcopio umilissimo e precario, una casa in affitto di poche stanze, in fondo alla Strada dei Santi, ai margini della città di allora, vicino alla chiesa di S. Croce. Veniva sepolto nella Cappella dell’Immacolata, nella sua Cattedrale, dove continuavano a rimanere gli Uffici e i documenti della Curia, gestiti da quel Capitolo che aveva resistito con i propri privilegi alla mitezza pastorale di un Vescovo a cui era rimasto sostanzialmente estraneo, di cui forse non aveva compreso la profondità spirituale. Per lui, il suo re e la sua Chiesa, avevano usato soltanto moneta di rame.

A sinistra la navata della Cattedrale di Caltanissetta Santa Maria La Nova. appartamento nella Strada dei in corrispondenza del civico 98

desiderare l’incorporazione a Girgenti. Infatti il giovane clero non ha Seminario dove educarsi: manca quindi il principio, dirò così, generativo”. I sette anni successivi a questa supplica avrebbero testimoniato una schermaglia intensissima ingaggiata dal Vescovo Stromillo con la burocrazia borbonica, districandosi tra le lungaggini dei progettisti, la revisione delle previsioni di spesa, il braccio di ferro con gli uffici della monarchia, a Napoli, a Palermo e a Caltanissetta. Tenacia, consapevolezza della propria missione ed umiltà estrema sarebbero state le caratteristiche della sua limpida personalità di pastore, e il Canonico Pulci, il primo storico della Diocesi nissena, ne ha tramandato un profilo efficace, confermato da tutte le altre fonti: “Non ispiegò fasto o magnificenza di sorta, poco curando gli agi che gli procurava il nuovo stato; (…) Semplici le sue stanze, povere le suppellettili, il cibo

Per sollecitare la costruzione del Seminario, nel 1850 scrisse una supplica a Re Ferdinando in campo dalla Chiesa. Protagonista di quell’azione caritativa sarebbe stato un religioso che di Mons. Stromillo era diventato in quegli anni il più sincero collaboratore, confessore e Vicario: Giuseppe Dusmet, benedettino, Priore del monastero di S. Flavia, che sarebbe diventato nel 1867 arcivescovo di Catania, nel 1888 cardinale e un secolo dopo proclamato Beato.

AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Vendita Mobiliare -C.da S. Spirito Reg. Es. Imm. 16/2005 Il sottoscritto Dott. Giovanni La Bianca, Dottore Commercialista con studio in Palermo, Via Nunzio Morello, n. 72 indirizzo e-mail giovanni.labianca.commercialista@ pec.it tel. 091345870 fax 0916253878, delegato alle operazioni di vendita ai sensi dell’art. 591bis c.p.c., giusta ordinanza del G.D. Dott. Gaetano Sole del 27.12.2013, AVVISA che il giorno 09 luglio 2014 alle ore 14:00 e segg. presso il Tribunale di Caltanisetta dinanzi allo scrivente verrà celebrata la vendita senza incanto dei seguenti beni: LOTTO I: Magazzino identificato nel NCT del Comune di Caltanissetta al Foglio n. 95 particella n. 245 sub.10 — superficie catastale mq 109, categoria C/2, classe 3. Il fabbricato ha una superficie calpestabile di 110 mq e altezza interna m 4,50. Su una porzione del, magazzino. è stato realizzato un soppalco di circa mq 30. Il magazzino è difforme dalle previsioni progettuali come

descritto nella relazione del CTU; LOTTO 2: Magazzino identificato nel NCT del Comune di Caltanissetta al Foglio n. 95 part. N. 245 sub. 1 — superficie catastale mq 109, categoria C/2, classe 3. Il fabbricato ha una superficie calpestabile di 106,50 mq, altezza interna in 4,50. Il magazzino è strutturalmente conforme al progetto ad eccezione dell’altezza interna di 4.50 m anziché 4,00 m. La vendita avviene nello stato di fatto e di diritto in cui il bene si trova, meglio descritti nella relazione del Dott.ssa Arch. Lina Mistretta cui si fa esaustivo riferimento. La vendita avverrà sulla base del valore dell’immobile già determinato a norma dell’art. 568 co. 3 c.p.c. LOTTO 1 € 42.350,00; LOTTO 2 € 42.660,00. L’offerta di acquisto, in bollo, dovrà essere presentata, in busta chiusa al professionista delegato, Dott. Giovanni La Bianca, presso il proprio studio sito in Palermo Via Nunzio Morello, n. 72, entro le ore 12 del giorno precedente la data per l’esame delle offerte, la stessa deve contenere l’indicazione del prezzo, del tempo e modo

del pagamento oltre ad un valido documento di identità dell’offerente, nonché, nel caso di dichiarazione presentata da più soggetti, l’indicazione di colui che ha la facoltà di formulare eventuali offerte in aumento. L’offerta non è efficace se l’offerente non presta cauzione a mezzo assegno circolare non trasferibile intestato al professionista delegato, Dott. Giovanni La Bianca, in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto per il lotto, con indicazione del numero della procedura e del lotto. Il termine per il versamento del prezzo non potrà essere superiore a giorni 60 dalla data dell’aggiudicazione. In caso di pluralità di offerte valide, il professionista delegato inviterà gli offerenti ad una gara sull’offerta più alta che avrà luogo lo stesso giorno dell’apertura delle buste ed immediatamente dopo. Qualora non dovessero pervenire offerte alla vendita senza incanto entro il termine sopra indicato, ovvero negli altri casi previsti dalla legge, si procederà alla vendita con incanto del medesimo bene presso il Tribunale di Caltanissetta, in data 16 luglio 2014 alle ore 14:00 al prezzo

base del lotto, sopra indicato, con offerta minima di aumento pari ad € 2.118,00 per il LOTTO 1 e ad € 2.133,00 per il LOTTO 2. Le domande di partecipazione, in bollo, dovranno essere presentate al professionista delegato, Dott. Giovanni La Bianca, in busta chiusa, presso il proprio studio sito in Palermo Via Nunzio Morello, n. 72, entro le ore 12 del giorno precedente la data fissata per la vendita. La domanda di partecipazione non è efficace se l’offerente non presta cauzione a mezzo assegno circolare non trasferibile intestato al professionista delegato, Dott. Giovanni La Bianca, in misura non inferiore al decimo del prezzo proposto per ciascun lotto; Il professionista delegato provvede alle operazioni dell’incanto ed alla aggiudicazione dell’immobile a norma dell’art. 581 c.p.c.; L’avviso di vendita, unitamente a copia dell’ordinanza di vendita e della relazione di stima sarà inserito sul sito internet www. astegiudiziarie.it. Maggiori informazioni anche per visione immobile presso lo studio del delegato e custode Dott. Giovanni La Bianca.

TRIBUNALE DI CALTANISSETTA 1° Vendita Mobiliare 01/07/2014 Proc. Esec. Mobiliare n 141/11 L’Istituto Vendite Giudiziarie di Caltanissetta, in data 01/07/2014 dalle ore 9:00 e seguenti, nei locali di via Sardegna n 17 CALTANISSETTA provvederà alla vendita dei seguenti beni pignorati: N.1 Quota della società della “Stylokros s.r.l.” pari il 51% del capitale sociale. AL PREZZO BASE D’ASTA DI € 48.602,16 TEL.: 0934/594901 FAX: 095/0930858 E-MAIL: 095532943@fastwebnet.it SITO WEB: www.123aggiudicato.it


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Fatti & Sport

Il Challenger 2014 L’edizione dei Record Si accendono i riflettori sul Tennis Club di Caltanissetta di Donatello Polizzi Tutto pronto per la sedicesima edizione del Torneo Internazionale Challenger “Città di Caltanissetta”, in programma dal 07 al 15 giugno presso il Tennis Club del capoluogo nisseno. E’ l’edizione dei record: il primo inoppugnabile dato, che rende Caltanissetta orgogliosa della kermesse tennistica, certifica che in quella settimana il torneo nisseno è il più importante al mondo in terra battuta. Inizio roboante che è evidenziato da altri dati da primato: l’aumento del montepremi, che dagli 85.000 euro del 2013, giunge sino ai 106.500 euro + H di quest’anno; la diretta televisiva della finale in programma il 15 giugno alle ore 18 su Supertennis (canale 64 del digitale terrestre, canale 224 del satellite); il potenziamento dell’impianto d’illuminazione del secondo campo che permetterà lo svolgimento di due incontri notturni, di cartello, in contemporanea; la realizzazione di due tribune mobili, una nel campo D e una nel campo A, che amplierà la capienza della struttura di altri 400 posti. Molteplici, performanti e interessanti le novità che permeano e confermano la crescita di una manifestazione sportiva, in Italia ormai secondo soltanto agli Internazionali di Roma. Questo successo, questa capacità, questa voglia di “fare” assume tratti ancor più meritori se inquadrata in un contesto socio-economico-territo-

riale martoriato dalla crisi e conomica. Il centro Sicilia, Caltanissetta, alza la testa e affida la sua voglia di riscatto e di rinascita anche al Challenger,

nella persona del sindaco Michele Campisi e dalla Camera di Commercio, ha davvero messo in piedi un edizione mirabile. Determinan-

porti privilegiati con i manager dei migliori tennisti del mondo e per le sue esperienze organizzative in svariati challenger mondiali, La sinergia fra pubblico e privato si è rivelata chiave di volta privilegiata e decisiva per confermare il trend di crescita del torneo. “Giunta ormai alla 16^ edizione, la

Il Challenger nisseno è il torneo più importante d’Italia dopo gli Internazionali di Roma

Il presidente del Circolo Villa Amedeo, Michele Trobia. A destra, il direttore del torneo Giorgio Giordano

che contribuisce a favorire l’economia della zona. Il comitato organizzatore, supportato dalla CMC che sta effettuando i lavori di adeguamento a quattro corsie della superstrada SS 640, dal Comune di Caltanissetta

te l’impegno profuso dal presidente Michele Trobia, abilmente supportato dal direttore del torneo Giorgio Giordano e dal consulente tecnico Giorgio Tarantola, nome che “conta” del tennis internazionale per i rap-

nostra manifestazione sportiva primeggia non solo perché si colloca, nel suo genere, tra le due più importanti d’Italia, ma anche per essere annoverata tra gli eventi più attesi non solo dalla nostra Città – con orgoglio dichiara il presidente del Tennis Club Caltanissetta Michele Trobia- ma dall’intera Isola e ciò in virtù dell’interesse e della grande partecipazione, che in tutti questi anni è riuscita ad addensare intorno a sé. Facendo un viaggio a ritroso nel tempo, risalta evidente che ciò che all’inizio poteva

apparire un’utopia è diventata, viepiù negli anni, una straordinaria realtà, dovuta non solo alla passione, allo stato puro, per questo sport, ma soprattutto alla voglia di alcuni sognatori di impreziosire l’immagine della nostra Città, liberandola, per dieci giorni, dal grigiore della mediocrità e proiettandola nella dorata atmosfera delle competizioni internazionali, che tanta visibilità danno alle città, sedi dei tornei”. Giorgio Giordano, direttore recordman del torneo, da sedici edizioni alla guida della manifestazione, ha difficoltà a condensare le emozioni di 5840 giorni (16 anni) in parole: “Naturalmente un particolare ringraziamento devo fare a tutti quelli che hanno collaborato e collaborano per l’ottima riuscita della manifestazione e che, senza la loro passione, professionalità e spirito di sacrificio non avremmo raggiunto i sorprendenti risultati sin ora ottenuti. Grazie ai raccattapalle e giudici di linea, alle interpreti, alle hostess, ai ragazzi della manutenzione dei campi, agli autisti, ai fisioterapisti, ai medici, ai ragazzi della ristorazione, all’ufficio stampa, alle maestre del circolo, al personale della segreteria e a tutto il personale dello staff. Infine l’ultimo ringraziamento lo rivolgo ai vari presidenti del Tennis Club Caltanissetta che si sono succeduti dal 1999


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IL RICORDO. Una bella storia di sport densa di coraggio e passione

Marcella in panchina

per Totò Faraci

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ad oggi (il Prof. Salvatore Milazzo, Francesco Averna e Michele Trobia), che hanno riposto in me una grande fiducia affidandomi, in tutte le sedici edizioni, il prestigioso incarico di Direttore del Torneo”. Lo sforzo economico è maggiormente apprezzabile qualora si tenga conto di una crisi che ha visto sparire in Italia e nel mondo molti Challenger di elevata tradizione. La manifestazione ormai fiore all’occhiello della regione sarà promozionata negli aeroporti siciliani con una novità editoriale che rappresenta un ulteriore elemento d’innovazione. Infatti, sarà realizzato un tabloid di 24 pagine che racconterà del torneo, dei suoi protagonisti, dei beni artistici e culturali nisseni, dei musei cittadini, della Settimana Santa, delle delizie enogastronomiche del territorio: Caltanissetta, la sua cultura, la tradizione, viaggeranno con migliaia di passeggeri in arrivo o in partenza dagli aeroporti siciliani. Caltanissetta nel…mondo non solo con la sedicesima edizione del “Challenger ATP Tour”, ma anche con la sua straordinaria tradizione storico culturale.

l vuoto, la panchina senza la sua figura, il non vedere più il suo sorriso, la sensazione tangibile di una realtà troppo cruda che non riesce ancora ad accettare. Un turbinio di emozioni agita il cuore e l’animo di Marcella Mangione, 24 anni di San Cataldo, allenatrice in seconda dell’Accademia Olimpica, divenuta, suo malgrado, guida primaria della squadra dopo la scomparsa di Totò Faraci, icona della pallavolo femminile nissena. Incontriamo Marcella un pomeriggio, in palestra (suo habitat “naturale”), durante una pausa mentre si dedica alle giovanissime pallavoliste della sua società. In tuta, sorridente, fascinosa, occhiali da professoressa, comprensibilmente emozionata nel dover ripercorrere le tappe di una stagione segnata dal dolore, ma attenuata dalla forza vivificatrice dello sport e dei principi che

tecnico”. La vita, sovente un rincorrersi di corsi e ricorsi storici, riunisce le strade di “Maestro” e allieva, basta un cenno per ricompattare il percorso sportivo. “Nel 2012 ci incontrammo e lui m’invitò a collaborare con lui, io avevo già fatto il corso di allievo allenatore. Dal settembre 2013 in seno alla squadra ricopro il ruolo di giocatrice e allenatore in seconda, oltre a lavorare con le ragazzine, attività che avevo intrapreso già sul finire della scorsa stagione”. Poi l’inizio del dramma. “A dicembre lui dovette assentarsi per motivi di salute; io ero informato del reale motivo, ma non della gravità della situazione. Ci sentivamo ogni giorno, lo andavo a trovare a casa. Lui visionava i video e mi forniva indicazioni sul lavoro dallo svolgere. In tutti modi, con la passione che era il suo marchio di fabbrica,

esso trasmette. “Totò è stato il mio primo allenatore quando avevo cinque anni, una figura importante nella mia crescita, nel mio essere pallavolista. Poi lui andò via da San Cataldo e anch’io smisi di praticare questo sport. Ripresi, intorno ai 17 anni, con la Nike San Cataldo e lì maturai le mie prime esperienze come

era come se fosse presente in palestra. Dedicava ogni sua energia, ogni sua attenzione, ogni sorriso alla pallavolo grande amore della sua vita. La passione dello sport, medicina contro l’aumentare del male. Le atlete, le nostre ragazze, chiedevano sempre più insistentemente di lui. Io le tran-

quillizzavo, ma ero preoccupata, impaurita”. La strada assume i contorni di un’infernale discesa, un abisso che ingoia Totò Faraci il 5 aprile. Si spegne a 53 anni, un allenatore-formatore d’impareggiabili doti umane e tecniche che ha segnato con i suo preziosi insegnamenti la vita di centinaia di atlete. Giocatore della mitica “Giordano”, poi nel 1984 fondatore e atleta della Kanguro: convinto assertore del settore giovanile e pioniere di

quel settore. I successi, le delusioni, l’aver forgiato moltissime pallavoliste nissene: Totò non si ferma mai. Nel 2000 con Giuseppe Cannavò, altro pilastro del volley cittadino, un’amicizia fraterna protrattasi per 34 anni, e altri amici della pallavolo, fonda l’Albaverde, con presidente il fratello Lorenzo Faraci e poi con presidente lo stesso Cannavò e in seguito con i fratelli Montagnino. Nel 2008 nasce l’Accademia Olimpica, Totò, Fabio Caracausi, l’allora presidente Peppe Ferrara e l’amico di sempre Giuseppe Cannavò. Difficile condensare in poche righe l’importanza di Totò Faraci nel volley femminile. Marcella, parla sommessamente: “Tornare in panchina, sapendo che lui non era più con noi, fra noi, è stata una prova ardua. Le nostre ragazze, che sottolineo, hanno un’età media di 18 anni, hanno reagito in maniera inappuntabile. Non hanno mai arretrato di un passo, sempre presenti agli allenamenti, ancor più motivate dal dover rendere onore a chi era stato il loro maestro. Un clima particolare che ci ha accompagnato nelle ultime gare di campionato: abbiamo formato un gruppo ancor più compatto, coeso. Sempre presente, il suo motto La mia squadra vince perché sa vincere........e soprattutto perché sa perdere”. Il sorriso dolce di Marcella, pian piano si è trasformato, il viso è corrucciato, gli occhi s’inumidiscono: “Ogni giorno per me aprire la palestra è difficile. Visualizzo il suo sorriso, la sua figura seduta nel banco e lui che mi dice…ciao Sally”. (DP)


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Fatti & POST SCRIPTUM

di Filippo Falcone

Un inedito di Pier Maria Rosso di San Secondo

Scavate nella nostra terra

Una lettera ai nisseni:

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l nisseno Pier Maria Rosso di San Secondo (1887-1956), come sappiamo, ha rappresentato una delle più importanti figure del teatro espressionista europeo. Era nato a Caltanissetta da una delle famiglie più in vista della città. Nel 1905, conclusi gli studi superiori presso il liceo classico “Ruggero Settimo” della città, approdava a Roma per proseguire gli studi in legge. Ma già in quegli anni, nonostante quella laurea, le sue vere passioni erano diventate la letteratura, il giornalismo e, soprattutto, il teatro; grazie anche alle amicizie con Pirandello e Martoglio. Iniziava presto a viaggiare per le più importanti città d’Europa, dove le sue opere teatrali riscuotevano ovunque grande successo, da fargli raggiungere grande fama: Marionette, che passione!, La Bella Addormentata, L’Ospite desiderato, Lo spirito della morte, Il ratto di Proserpina ecc. Per un approfondimento della sua fi-

gura e delle sue opere interessanti sono i due volumi di François Orsini Il teatro espressionista di Pier Maria Rosso di San Secondo (Bastogi Edizioni, Foggia 1995) e l’intera opera omnia curata dalla case editrice Sciascia di Caltanissetta. Tra il 1926 e il 1933 Rosso di San Secondo soggiorna a Berlino, dove conosce una giovane studentessa, Inge Redlich, che poi sposerà. E proprio da Berlino, nel 1932, il “grande nisseno”, scrive una lettera ai suoi “amati” concittadini, dal titolo Scavate nella nostra terra! Così esordisce: “Miei cari amici e fratelli, sono assai dolente di avere con voi così rari contatti. Ma sono con voi sovente; anzi sempre. Non è letteratura. E’ la verità. I miei scritti ve lo dicono. L’arte mia ha il sapore di codesta terra: e più vado avanti; e più mi scopro isolano, zolfataro e carrettiere, campagnolo e marinaro”. La lettera fu pubblicata su Cronache Bibliograf iche nel numero di ottobre/novembre 1932 (X dell’era fascista, come si usava allora datare le pubblicazione sotto il regime). La rivista, di carattere prevalentemente letterario, ben curata e di grande respiro umanistico, usciva mensilmente, diretta da Giovanni Spampinato e Nino Di Ma-

ria, con redazione in corso Vittorio Emanuele e stampa presso la premiata tipografia del cav. Di Marco in Caltanissetta. Continuava lo scrittore e drammaturgo nisseno in quella missiva: “traggo linfa dalle vostre radici” ricordando alla gente della sua terra che “Traverso il particolare si giunge all’assoluto. Voi potete descrivere una vecchia, seduta in un vicolo di Caltanissetta, e commuovere, con la vostra arte, un norvegese. Sapete quante volte mi son doluto con me stesso, di non aver guardato abbastanza durante la mia adolescenza uomini e cose del mio Paese. E dire ch’io ho guardato bene e, per naturale istinto, ho sempre osservato! Voi, dunque, oltre alle miniere di zolfo, avete miniere inesauribili d’umanità d’intorno a voi: umanità schietta, non viziata, non levigata. Approfittatene, approfittatene”. Non era facile retorica la sua. In tutta la sua opera egli risulta uno scrittore quanto mai sensibile ai temi e alla gente della sua terra. Paradossalmente, alle sue origini blasonate, egli è addirittura un antiborghese, un refrattario alle norme sociali del suo tempo e, soprattutto, cosciente della grande crisi società/uomo che l’Europa di quegli anni rappresenta. Ecco, dunque, il richiamo alla minuscola ed incontaminata realtà del suo luogo natio. Concludeva quella sua lettera, in un fortissimo richiamo alle radici: “In mondo convenzionale delle grandi città si assomiglia, non significa più nulla. L’uomo è tra il popolo: è vicino alla terra… Scavate nella nostra terra!”. Così lo ringraziava la redazione di Cronache Bibliografiche: “Siamo fieri di poter pubblicare questa cara missiva del nostro grande Fratello Maggiore, la cui vibrante sicilianità assurge a solare mediterraneità. E,

Miei cari amici e fratelli, sono assai dolente di avere con voi così rari contatti. Ma sono con voi sovente; anzi sempre [...] e più vado avanti; e più mi scopro isolano, zolfataro e carrettiere, campagnolo e marinaro nell’auguragli di gran cuore più fulgide glorie di quelle già conquistate dall’alto suo Spirito creativo, genialmente italiano, additiamo il suo artistico ideale ai nostri amici”. L’articolo che, a quanto risulta a chi scrive, non è sconosciuto ai più, è venuto di recente alla luce in oc-

casione della catalogazione della ricca emeroteca di giornali e riviste dell’800 e del ‘900, che lo scrivente colleziona ormai da anni. Rosso di San Secondo, in quella missiva confermava (lo aveva fatto già in altre occasioni), l’attaccamento alla sua terra. Nello stesso modo avrebbe fatto nel 1945, quando in una lettera ad una sua cara amica, Anna Palluchini, scriveva, a proposito del mai dimenticato suo luogo d’origine: “Sono un poveruomo di collina, e quando, in mancanza d’altro, accendo la sigaretta con gli zolfanelli, l’odore dello zolfo mi ricorda l’infanzia e la stazioncina del mio paese natale giallo di zolfo. Quanto tempo è passato? Quaranta, cinquant’anni? A me pare secoli e il ricordo qualcosa di mistico”. Digressione: a Caltanissetta, città di Rosso di San Secondo, tra qualche settimana si vota per le elezioni comunali. Non so quanti dei candidati per gli scranni del municipio, conoscano le sue opere; se ne abbiano mai letto qualche pagina. Non so neanche se oggi la politica sarebbe in grado di mettere a frutto l’insegnamento che il grande conterraneo indicava in quella sua lettera: Scavate nella nostra terra! Io ho i miei forti dubbi.


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Gela & dintorni

di Lorena Scimé

AVVISI GIUDIZIARI TRIBUNALE CIVILE DI CALTANISSETTA SEZIONE FALLIMENTARE Fallimento “N. 18/2012 Registro Fallimenti.” Giudice Delegato: Dr. Gregorio Balsamo Curatore: Avv. Salvatore Emma AVVISO DI VENDITA Beni mobili

Nel 2010 il Comune consegnò un’ex palestra abbandonata a don Giuseppe Fausciana: il rudere adesso è diventato un centro di aggregazione giovanile

S

ono passati quattro anni da quando un gruppo di giovani di buona volontà ha deciso di “occupare” un’ex palestra abbandonata per farne un luogo di aggregazione. Era il 2010. Dopo una battaglia convinta, il sindaco Angelo Fasulo decise di consegnare loro quella struttura per farne un bene comune. Così è stato. Dalle lamiere e da uno stabile decadente è nato un centro in cui tutti i giorni si riuniscono centinaia e centinaia di ragazzi, dando seguito al progetto del Movimento Giovanile Macchitella, capitanato da un giovane sacerdote, don Giuseppe

isce boccette di profumo per segnalare che la politica non deve “puzzare” perché non servono mestieranti della stessa ma buone istituzioni; don Fausciana rende un presepe un luogo di denuncia: insieme ai suoi ragazzi racconta di un Gesù che nasce su una culla di paglia ma di bollette e debiti. E’ un pò il don Bosco dei nostri giorni. Adora i giovani e le loro famiglie, ama internet ed ha addirittura un suo blog. Della rete fa un uso costante ma consapevole per dimostrare che, se usato con intelligenza, il web può diventare uno strumento utile nella nostra quotidianità.

anche con figli; coppie che si sono separate e poi risposate e quindi hanno costituito un nuovo nucleo familiare del quale, spesso, fanno parte anche i figli del precedente matrimonio… La famiglia sta attraversando un periodo in cui si intrecciano crisi e speranze. Per quanto riguarda le crisi, innanzitutto abbiamo quella della vita, si vive nella contraddizione o di paura del mettere al mondo un figlio, oppure di volerlo a tutti i costi, anche ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita; nello stesso tempo c’è anche il rifiuto totale di una gravidanza ed il ricorso

I giovani della speranza L’accademia nata dalle macerie Fausciana. Il vice parroco della Chiesa San Giovanni Evangelista, è anche Direttore spirituale della Pastorale giovanile. Conosce i bisogni dei ragazzi e ha scelto di farne una missione. Insieme a loro, realizza percorsi di rinascita utili a migliorare il contesto cittadino. All’interno di quella che è stata denominata “Accademia delle Arti Sceniche” si svolgono lezioni di danza, c’è una scuola di canto, si effettuano corsi di inglese e si realizzano musical. C’è anche un coro i “Soundrise”. La caparbietà dei componenti è stata premiata, fino ad arrivare sulle reti nazionali. Non solo: grazie a numerose collaborazioni con professionisti esterni, si è riusciti a realizzare una scuola di politica, un progetto editoriale online ed una rivista “Tensivamente”. L’elenco delle cose fatte non termina qui. “Non di solo pane vive l’uomo” ed i ragazzi lo hanno ben capito. Anche lo sport è uno strumento di aggregazione importante ed il Movimento ha istituito una scuola di calcio per bambini; una squadra di calcio a 5; il Macchitella Calcio (neo promosso nel campionato di Promozione)e, dalla prossima stagione, scenderanno in campo anche delle pallavoliste. Sta per diventare realtà la società di pallavolo femminile. Il mondo dell’associazionismo non si scosta mai dal percorso di fede che vede tutti impegnati concretamente. Gela cambia volto. Il buono emerge e con i fatti consente a tutti di mettersi in gioco impegnandosi e seguendo le proprie attitudini. Sono i ragazzi i veri protagonisti di ogni singola pietra posta nel quartiere che li vede radunarsi tutti i giorni, e non sono soli. Hanno una guida: don Giuseppe li osserva e li consiglia. Lui benedice i telefonini durante l’omelia per far capire che vanno utilizzati con cura; distribu-

Lo abbiamo incontrato per parlare di famiglia, di valori e della crisi a cui essi sono sottoposti. Don Giuseppe, lei tutti i giorni incontra ragazzi e adulti. Che idea si è fatto della famiglia, oggi spesso in difficoltà? Il Santo Padre Francesco ha affermato

Il Movimento Giovanile Macchitella raggruppa centinaia di ragazzi dediti allo sport e allo spettacolo con forza che la famiglia oggi è disprezzata, è maltrattata, e quello che ci è chiesto è di riconoscere quanto è bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi; quanto è indispensabile questo per la vita del mondo, per il futuro dell’umanità. Ci viene chiesto di mettere in evidenza il luminoso piano di Dio sulla famiglia e aiutare i coniugi a viverlo con gioia nella loro esistenza, accompagnandoli in tante difficoltà. Quella che una volta veniva considerata come la “famiglia legale”, cioè quella regolarmente costituitasi almeno con un atto civile, non si presenta più come un modello a livello sociale. Infatti abbiamo coppie non sposate, che vivono sotto lo stesso tetto,

all’aborto. La vita che dovrebbe essere accolta ed amata, in quella “culla” che le è propria, come la famiglia, viene invece proprio da essa, in un certo senso, rinnegata. Quindi, secondo lei è la fede o la coppia ad essere in crisi? Un altro elemento di crisi va visto nel declino della fede nelle coppie: ad essa a volte viene riservato un posto molto marginale nella vita a due, senza quindi avere una vita di fede vissuta insieme (a volte capita che uno solo dei coniugi si ponga il problema delle religione), senza avere un mo- m e n t o di preghiera in famiglia; ma altre volte la religione e la fede non hanno propr io alcun posto nella vita familiare. La f am i g l i a rive-

ste un’importanza fondamentale per il costituirsi della società. Senza di essa, non può esserci neppure la società stessa. Abbiamo detto di questo intreccio: ci sono anche situazioni familiari che danno modo di sperare ad una soluzione diversa del problema della famiglia oggi. E’ vero pure che, a volte, si celebra il matrimonio religioso non perfettamente coscienti di ciò che si sta facendo, ma è anche vero che ci sono sposi che credono in questo sacramento e si sforzano di viverlo come tale. La speranza può essere letta proprio in queste coppie che scelgono il sacramento e si sforzano di viverlo in maniera coerente alla loro fede. Tali coppie diventano da “traino” per altre, col loro esempio e con la loro testimonianza. E’ significativo ricordare un’affermazione della Carta dei diritti della Famiglia, un documento della Santa Sede, che dice che “Gli sposi, nella naturale complementarietà che esiste tra uomo e donna, godono della stessa dignità e di eguali diritti a riguardo del matrimonio” (art. 3c). Uomo e donna, messi sullo stesso piano, con l’identica dignità di persona umana, costituiscono, col matrimonio, la prima cellula della società ma anche una piccola chiesa domestica, nella quale i figli potranno imparare ad amare ed a vivere, in modo pieno, nella società. Uomo e donna, sullo stesso piano della dignità umana, e del rispetto reciproco, possono guardare al matrimonio come ad un progetto fatto insieme, loro due col Signore, e del quale non si può fare a meno, per affrontare la vita futura in modo cosciente e responsabile. Le coppie riescono a capire il valore dell’amore o nel tempo lo hanno svuotato del suo profondo significato? Bisognerebbe partire dal concetto di amore che oggi si ha e vedere poi quale realmente sia il significato di questa parola, che viene tanto usata, a volte in modo improprio, ma della quale, non sempre, viene vissuto il profondo valore. Amare significa volere ciò che è bene per l’altra persona, cercare di comprendere, accogliere, aiutare l’altro. Amare è andare… contro la stessa nostra volontà, a volte, per il bene dell’altro. Non è facile Amare, ma non è impossibile. L’amore trasforma la persona, le fa iniziare una vita diversa, nuova e più piena.

Si rende noto che il Giudice Delegato al fallimento n.18/2012 R.F. del Tribunale di Caltanissetta ha autorizzato la vendita dei beni mobili acquisiti all’attivo fallimentare, da vendersi a lotti predeterminati, sulla base della stima effettuata, alla migliore offerta privata da far pervenire presso lo studio del sottoscritto curatore: Avv. Salvatore Emma via Trento n. 11 – 930127 San Cataldo (CL) – tel. 0934 571420 – mail: avvocatoemma@virgilio.it. P.E.C. salvatore.emma@avvocaticl. legalmail.it Lotto n. 1 – studio per ufficio completo e vari (1 scrivania con penisola, libreria 6 ante legno, mobile basso 4 ante legno, poltrona girevole, 2 poltroncine, cassettiera 3 cassetti, fax, fotocopiatrice canon con mobile, libreria in legno e arredi stanza) €. 1.720,00 Lotto n. 2 - studio per ufficio completo e vari (1 scrivania con penisola, libreria 6 ante in vetro e 6 ante in legno, mobile basso 4 ante legno, poltrona girevole, 1poltroncina, 1 sedia, cassettiera 3 cassetti, 4 poltroncine, 2 librerie, 1 armadio in metallo, 1 scrivania bianca, calcolatrice da tavolo e arredi stanza) €. 1.655,00 Lotto n. 3 - Due studi per ufficio completi e vari (Primo studio: 1 scrivania, 1 armadio 4 ante vetro e 6 ante legno, 1 cassettiera metallica, 1 cassettiera in legno, 1 poltrona girevole, 2 poltroncine; Secondo studio: 1 scrivania con penisola, 1 tavolo da riunione, 1 armadio a 12 ante, 1 cassettiera, 2 poltrone girevoli, 6 poltroncine. Altri arredi stanza €. 2.780,00 Lotto n. 4 – Macchine ed utensili vari (Trapano radiale, segatrice, pressa eccentrica, 25 scatole piastrelle, mezzo artigianale con gru a pistone idraulico per uso interno, trapano a colonna, pressa, mola) €. 5.120,00 Lotto n. 5 - Macchine ed utensili vari (Trapano radiale, due segatrici, grù manuale, gruppo elettrogeno, bilancia bilico, serbatoio da 500 litri., parancolo portata 500 Kg.) €. 4.630,00 Lotto n. 6 - Macchine ed utensili vari (Presso piegatrice Riboldi Fermo) €. 5.000,00 Lotto n. 7 - Macchine ed utensili vari (Macchina curva profili a tre rulli) €. 7.000,00 Lotto n. 8 – Autovettura (Fiat Punto benz. Anno 2001 tg. BS 003 SR) €. 1.000,00 Lotto n. 9 - Macchine ed utensili vari (ventola per ricambio aria – n. 2 forni di diverse dimensioni per indurimento del ferro) €. 1.150,00 Lotto n. 10 - Macchine ed utensili vari (carroponte “La prometec” off. Meccaniche di Misterbianco – portata Kg. €. 14.000,00 Lotto n. 11 - Macchine ed utensili vari (compressore ad aria, trapano a colonna di antica costruzione, lapidello mola n.f., saldatrice cea, vecchia curvatrice n.f.) €. 1.250,00 Lotto n. 12 - Macchine ed utensili vari (idropulitrice, pressa eccentrica, gru “Nativo” in pessimo stato, insegna luminosa a tre pannelli) €. 1.450,00 Lotto n. 13 - Macchine ed utensili vari (Fresatrice, cesoia, segatrice) €. 5.100,00 Lotto n. 14 - Macchine ed utensili vari (Materiali vari in giacenza, tubi, lamiere, una profilatrice n. f., due armadi in ferro con residui ferrosi, n. 18 lampade a tetto allo iodio) €. 3.500,00 Lotto n. 15 - Macchine ed utensili vari (Tornio Rivol ) €. 5.000,00 Caltanissetta, 28 aprile 2014. Il Curatore Avv. Salvatore Emma


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di Rino del Sarto

La fine lunga del

secolo breve

È

il 27 aprile 2014, è passato poco più di un anno dalle dimissioni di Papa Benedetto XVI. Eppure Piazza San Pietro è gremita di folla come non mai durante il suo pontificato. A Roma ci sono 800 mila pellegrini, altri due miliardi di persone nel mondo davanti alle televisioni assistono alla canonizzazione di Angelo Roncalli (Papa Giovanni XXIII) e Karol Wojityla (Papa Giovanni Paolo II) officiata da Papa Francesco, e in prima fila c’è il Papa Emerito Josef Ratzinger. In poco più di un anno insomma la Chiesa passa dallo scoramento di non aver più un Pastore alla gioia di averne quattro. Qual è però il significato storico di questo evento? “Due uomini coraggiosi” e innovatori, così Papa Bergoglio motiva la canonizzazione. Roncalli e Wojityla, infatti, si opposero alle barbarie e ai totalitarismi del loro tempo. Il ‘900, il “secolo breve”, definizione di uso comune derivata dal titolo del saggio di Eric Hobsbawm, che lo racchiude tra lo scoppio della Prima Guerra Mondiale e la caduta del muro di Berlino – e del Comunismo - nel 1989. Il primo, Giovanni XXIII, scongiurò il pericolo della terza guerra mondiale, fermando l’invasione americana di Cuba, la famosa crisi della Baia dei Porci, e poi mise mano alla riforma della Chiesa ideando e aprendo il Concilio Vaticano II. A Giovanni Paolo II invece è attribuito il merito di aver minato il Comunismo e dell’aver portato con i suoi numerosi viaggi la parola di Cristo in ogni angolo del mondo, fin

utilizzata dai servizi segreti americani per aprire la strada, e mantenere il controllo, all’imperialismo USA: creare il caos per poi proporsi come tutori dell’ordine e della democrazia, finanziare segretamente terroristi e agitatori di ogni risma per creare instabilità. Ci sono loro dietro gli anni di piombo in Italia, dietro le stragi e gli attentati di estrema destra e sinistra. Ma l’elenco continua anche ai

Il 17 aprile 1961, 1500 soldati esuli cubani addestrati dalla CIA tentano di invadere l’isola di Cuba e rovesciare il governo americano Eisenhower fu eseguito dal successore John F. Kennedy. Gli esuli che tentarono lo sbarco presso la Baia dei

dentro casa di dittatori e regimi totalitari: come quelli di Pinochet in Cile, ad esempio, o di Fidel Castro a Cuba. Se tuttavia il senso profondo di questo evento è chiaro per i credenti meno lo è per i laici e i miscredenti, ai quali costa fatica ammettere a se stessi che il significato è la fine delle ideologie che tanta follia e dolore hanno portato nel 900, la fine del partito dal pensiero unico uniformante, la fine di destra e sinistra. La fine del Comunismo, già defunto

nell’89, e soprattutto la fine del capitalismo e dell’imperialismo nordamericano. Le cui figuracce diplomatiche internazionali hanno preso a moltiplicarsi, accelerando il declino della CIA, proprio nell’ultimo anno a questa parte. Fino a all’emergere delle prove, oltre che dello spionaggio di decine di paesi nel mondo, molti alleati, della subdola tecnica

giorni nostri: Greenpeace, i no TAV (ma non i no Muos), i no

Euro, fino ai 400 mercenari infiltrati in Ucraina e ai separatisti ucraini sedicenti filorussi intruppati per dare fastidio all’indipendenza ucraina e all’Unione europea e noti perfino alla Russia che si rifiuta di riconoscerli al pari della Crimea. E fino a irrilevanti e improbabili estremisti islamici armati per poi essere additati come il nemico da combattere. Una vicenda, e un declino, chiuso con la recente confessione pubblica dell’ex direttore della CIA e della National Security Agency (l’NSA, quella dello spionaggio informatico) M i chael Hayden: “Abbiamo ucciso persone basandoci es clusivamente sui metadati raccolti”. A cui fanno riscontro nelle stesse ore le parole di Papa Francesco: “I sacramenti anche ai marziani. Chi sia-


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Papa Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II si opposero alle barbarie e ai totalitarismi del loro tempo. “Due uomini coraggiosi” così Papa Francesco ne ha motivato la canonizzazione

Papa Francesco: “I sacramenti anche ai marziani. Chi siamo noi per chiudere le porte?”

dalla Magistratura. Proprio in questo mese di maggio, guarda caso, è stato scoperto quello che alcuni sapevano e in tanti sospettavano: una Cupola politico-affaristica consociativa senza scrupoli né distinzioni ideologiche che orchestrava tutto quello che si muove in Italia, dagli appalti, alla politica fino alle elezioni e alle tasse. E pronta a sovvertire perfino l’ordinamento istituzionale e costituzionale pur di mettersi al riparo dalle inchieste come dal voto popolare liberato dalla sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum. Un impianto criminale ed eversivo da annichilire pure la mafia. Sono gli stessi che hanno ricattato il Presidente della Repubblica imponendogli prima il governo Letta e poi quello Renzi. Gli stessi che hanno

ricattato perfino il Vaticano. E solo adesso si comprende che le dimissioni di Ratzinger furono un colpo di genio, un’illuminazione divina per permettere a un buono ma deciso e non ricattabile come Francesco di arrivare al soglio pontificio e respingere l’attacco ormai definitivo del relativismo e della corruzione. Innegabile infine che parte del merito della spinta per una moralizzazione della politica sia da attribuire all’impegno di taluni movimenti e forze politiche minori di sinistra, di destra o come Beppe Grillo che di tutte le ideologie ne fa un fascio. Tuttavia essi, a parte l’Italia dei Valori di Antonio Di Pietro, mai hanno alzato la voce contro i veri responsabili del collasso italiano: le tasse, alzate a dismisura per coprire gli ammanchi di bilancio statale, e la

corruzione che quel buco lo ha creato e allargato a dismisura. Si perdono invece in vane teorie economiche alternative come la decrescita felice – già contro natura in termini – o l’assurdo contrasto all’Europa e alla

mo noi per chiudere le porte?” Ma se l’Ucraina è l’ultimo triste teatrino messo in scena dall’America imperialista il suo palcoscenico storico è dal dopoguerra l’Italia. Dove neanche la Democrazia Cristiana, pur finanziata, le fu così prona come oggi lo è la sinistra, pronta a smantellare, in combutta con il centrodestra, perfino l’impianto costituzionale pur di salvarsi dalle potenti, e a volte però troppo scomposte, istanze di rinnovamento e morale. Pressioni che arrivano un po’ da tutte le parti: dalle istituzioni finanziarie, dall’Unione europea, dalla Massoneria (che in un anno sì è completamente rinnovata allontanando i corrotti e ritornando ai suoi valori primari: libertà e solidarietà in testa), dalla Chiesa, dall’Esercito, dalle Forze dell’Ordine e

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sua moneta unica. È vero, il passaggio dalla lira all’euro, specie in Italia, fu una gigantesca truffa (chissà se anche lì c’era dietro la Cupola), ma non si può tornare indietro. Da soli non si va da nessuna parte, con il rischio perdipiù di finire di nuovo sotto il tacco dell’A-

merica o della Cina. L’Italia non può che realizzare appieno la sua unicità nella comune casa europea. Crollate le cupole, le ideologie, gli imperialismi e i nazionalismi a perdere cosa ci rimane? Solo problemi e soluzioni. Tocca a noi scegliere, attraverso sistemi elettorali che garantiscono la piena espressione della volontà popolare, persone in grado di trovarle quelle soluzioni. E non per se stessi e per i loro amici, ma per il maggior numero di cittadini possibile. E persone selezionate in forza della loro storia personale e di requisiti di onorabilità e rispettabilità. Ma che possono essere attribuiti anche a chi ha sbagliato e si è ravveduto. “Il perdono è il cuore della legge di Dio” (Gesù di Nazareth)

Sergio Iacona SINDACO


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Riceviamo & pubblichiamo

Il decano della UIL racconta il percorso compiuto a Caltanissetta dal suo sindacato. Proposte, successi e l’impegno profuso verso i lavoratori sempre più vessati da “nuovi e vecchi padroni” Nel 2003, il gruppo dirigente della UIL della provincia di Caltanissetta da poco insediatosi, celebrò un avvenimento e chiamò al contributo

termine che con gli anni sarebbe diventato patrimonio del territorio e si definì un percorso che ancora oggi è un modello che in tanti utilizzano

prenditori potevano realizzare i loro investimenti. Un’area nella quale sviluppare iniziative produttive coscienti che le istituzioni, il sindaca-

senza di iniziative programmatiche. Il Sindaco di Gela Rosario Crocetta diventò presidente del Tavolo Unico di Regia per lo Sviluppo e la Lega-

I sindacati sono l’ultima frontiera È l’unica struttura di massa organizzata chiamata a reggere il peso delle richieste dei cittadini

Carmelo Barbagallo, Romano Bellissima, il Procuratore Messineo, Claudio Barone e affido le conclusioni a Luigi Angeletti. Da quell’evento fu coniato un

a seconda delle convenienze e della longitudine della visione. Nel cuore della Sicilia, grazie a quel convegno dal titolo ”Legalità e sviluppo nelle zone interne della Sicilia” partì un’idea che pre-

se corpo negli anni successivi e impose un cambio culturale, un modello di relazioni sociali diverse, una convinzione: “senza legalità la Sicilia non può avere sviluppo”. In altre parole, sbocciava una “nuova primavera” e nel corso degli anni sarebbe nato un rinnovamento ancora in corso. Fummo ricevuti dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e a lui presentammo “il patto per il lavoro”. Conteneva una proposta sperimentale, innovativa, forse unica nel suo genere per il Mezzogiorno d’Italia: la “zona franca per la legalità”, cioè un’area affrancata da ogni fenomeno mafioso dove gli im-

to, le associazioni di categoria, i sindaci, accompagnavano il percorso. Da quel convegno uscì anche un binomio che col tempo sarebbe diventato il volano delle iniziative successive: ”legalità e sviluppo” portarono il sindacato confederale, nell’unità d’intenti, ad un accordo con la Confindu-

Abbiamo realizzato la proposta sulla “Zona franca per la legalità”, ma solo nel 2008 l’Ars varò la legge regionale numero 15 stria rinnovata che diede vita ad un organismo capace di coinvolgere diversi soggetti della rappresentanza. Imprese e Sindacati attorno allo stesso tavolo per programmare lo sviluppo dei nostri territori. Eravamo coscienti che qualcosa andava fatta, se volevamo evitare il deserto produttivo che si registrava per l’as-

lità. Riuscimmo a licenziare quella proposta sulla “zona franca per la legalità” e la consegnammo alla rappresentanza politica e istituzionale. La politica, non ha dato un grande contributo e solo nel 2008 il Parlamento siciliano varò la legge regionale n. 15. All’art. 3 individuò, in via di principio, l’istituzione delle zone franche per la legalità, dando mandato al Presidente della Regione d’individuare l’area o le aree d’interesse ove affermare e insediare processi produttivi che intendono partecipare ad un nuovo corso degli avvenimenti. Il Parlamento siciliano, dunque, accettava il principio che occorreva smuovere lo stagno di una Regione che non ha mai avuto un piano di sviluppo sostenibile e una mappa d‘interventi organici per le nove province e per i suoi cinque milioni di abitanti. Siamo ad un passo dalla possibile conclusione e se il Governo Regionale avrà la forza di rendere di pubblica ragione le linee guida per usufruire dei 50 milioni di euro stanziati dal CIPE nel 2012 allora forse, avremo fornito un piccolo contributo ad una terra martoriata dall’insipienza dei tanti e da uomini che pur coprendo ruoli istituzionali anche importanti, non hanno voglia di programmare uno sviluppo sostenibile per dare lavoro ai propri fratelli. Alle nuove generazioni, quelli assunti nelle forme contrattuali più disperate e non sanno cosa sia il sindacato, abbiamo il dovere di spiegare che il movimento operaio figlio della Costituzione licenziata dai padri Costituenti, rimane l’unico soggetto in grado di contrastare la prepotenza dei ‘nuovi e vecchi padroni’ e se saprà adottare modelli di rinnovamento e selezione della classe dirigente, diventerà la forza prorompente per fronteggiare

le nuove classi imprenditoriali che spostano le loro iniziative nei luoghi dove maggiore è la possibilità di fare utile per le loro imprese. Dobbiamo essere coscienti che il sindacato degli anni a venire, sarà l’unica struttura di massa organizzata chiamata a reggere il peso delle richieste dei cittadini che si avviano verso ‘una condizione di difficoltà’ economica, compresi quei lavoratori che guadagnano milleduecento euro mensili ed hanno moglie e figli a carico. Pensionati che si affideranno sempre più al sindacato perché non potranno reggere il peso di una pensione incapace a soddisfare i bisogni minimi della loro esistenza. Lavoratori e lavoratrici che reclameranno di non perdere il loro posto di lavoro e chiederanno al sindacato di resistere dinnanzi alle tante dismissioni che accompagneranno una

Nel 2003 il gruppo dirigente della UIL nissena coniò un termine che sarebbe diventato patrimonio del territorio: Legalità crisi che dura da troppo tempo. Si dovrebbe iniziare a ragionare sul come rinnovare i contratti ai pubblici dipendenti partendo dalla parte giuridica per arrivare a quella economica, si dovrebbe affermare un modello di sviluppo che coinvolga l’intera Sicilia e le Regioni del Mezzogiorno. Si dovrebbe chiudere la questione meridionale (dura da troppo tempo) nonostante altre Nazioni l’hanno già superata e vivono una nuova realtà. Siamo in cammino per lasciare il passo a nuovi avvenimenti e intraprendere nuovi percorsi. L’auspicio e quello che la classe dirigente che si formerà, avrà il compito di affermare il diritto ed eliminare la “cortesia”, quale fatto ‘naturale’ nella gestione quotidiana delle vita dei singoli. E’ arrivato il tempo dove occorre creare quello spazio affinché le persone lavorino e vivano nella loro terra, senza dover emigrare. In questi anni, abbiamo provato a ridisegnare uno scenario diverso, coscienti di essere in una realtà dove la politica non riesce a cogliere bisogni e aspirazioni, a rappresentare necessità ed emergenze, in altre parole ad essere riferimento complessivo del territorio, cioè “classe dirigente”. Salvatore Pasqualetto


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Gela & dintorni di Franco Infurna

I furbi

“ I

della politica

Nel 2013 il consiglio comunale di Gela è costato ai contribuenti quasi 550.000 euro, ma poco ha “fatto” per guadagnarseli

l consiglio comunale di Gela è, sulla carta, uno dei più attivi della Sicilia, forse in più attivo in assoluto, dato che si riunisce una sessantina di volte all’anno, alla media di cinque sedute al mese, compresi i periodi festivi e durante le vacanze. Numerose anche le riunioni delle commissioni consiliari, che superano la cifra di 200 sedute all’anno (mediamente 17 al mese). Peccato che la redditività di queste adunanze sia tra le più basse in assoluto. Con riferimento al 2013, ogni seduta del consiglio comunale (comprese le convocazioni straordinarie, monotematiche e question time) dura mediamente poco meno di due ore e i punti all’ordine del giorno esaminati per ogni riunione (interrogazioni comprese) non superano il numero di 2, cioè un argomento per ogni ora di dibattito. Quasi tutte le sedute si concludono prematuramente per mancanza di numero legale. In cinque occasioni, addirittura, il consiglio non si è nemmeno riunito per le troppe assenze. In compenso, i consiglieri guadagnano 62 euro lordi per ogni presenza, anche se rimangono in aula per pochi minuti. L’importante è farsi registrare. Ci sono consiglieri che risultano pre-

senti a tutte le assemblee ma assenti a moltissime votazioni. Stipendio assicurato senza responsabilità amministrative, civili e penali. La politica dei furbi o i furbi della politica. Il regolamento sul funzionamento del consiglio comunale pur prevedendo la decadenza del consigliere che si assenta per un certo numero di sedute, non contempla affatto il caso del sistematico abbandono anticipato delle sedute perché lo si ritiene espressione di dissenso e dunque della libertà di scelta del rappresentante del popolo. Resta l’aspetto etico, morale degli abbandoni, quantomeno sospetti. Tornando al compenso di 62 euro lordi a seduta, c’è da dire che tale gettone di presenza vale sia che si tratti di una seduta del consiglio comunale sia che riguardi le commissioni consiliari di appartenenza. E siccome ogni commissione può svolgere fino a 22 riunioni al mese, l’indennità massima di circa 1.300 euro lordi mensili a ogni consigliere potrebbe essere garantita anche se il consiglio comunale non si riunisse nemmeno una volta. Raggiunto, infatti, il numero di 22 sedute (sommando cronologicamente sia quelle di consiglio sia quelle di commissione) le successive

riunioni non fanno maturare ulteriori compensi. Al netto, poi, il corrispettivo scende a 700-800 euro, a seconda dell’aliquota irpef applicata, perché i compensi si vanno a sommare agli altri eventuali redditi del consigliere interessato. Il costo annuo di questi gettoni di presenza per il comune si aggira sui 480 mila euro all’anno. Poi c’è una seconda spesa che riguarda quei consiglieri che svolgono l’attività di lavoro dipendente presso aziende private (in

questo momento sono 8). Ai loro datori di lavoro vanno rimborsate le “giornate di permesso retribuito” concesse per svolgere l’attività consiliare. Per il comune si tratta di un ulteriore esborso di circa 25 mila euro annui. Infine ci sono i costi (altri 20 mila euro all’anno) relativi al lavoro straordinario per i sei dipendenti comunali che sono chiamati a dare assistenza alle sedute consiliari

durante i lavori. Insomma, il consiglio comunale di Gela, almeno per il 2013, è costato ai contribuenti gelesi quasi 550 mila euro, per un’attività, che, a dire degli stessi esponenti politici che lo compongono, ha lasciato molto a desiderare. Nel 2014 le cose starebbero andando ancora peggio, con una maggioranza dilaniata da lotte intestine tra sostenitori del sindaco, Angelo Fasulo, e consiglieri critici che denunciano l’inadeguatezza di questa amministrazione. L’opposizione, dal canto suo, non riesce a imprimere un cam-

biamento a questo andazzo delle cose, non solo per l’ovvia mancanza di numeri, essendo minoranza, ma anche perché si è dimostrata molto fluttuante, con cambi di schieramento tanto improvvisi quanto sorprendenti. Chi è rimasto all’opposizione dice:

I consiglieri guadagnano 62 euro lordi per ogni presenza anche se rimangono in aula per pochi minuti “Già facciamo molto quando decidiamo di rimanere in aula per garantire il numero legale e consentire che vengano approvate le delibere consiliari importanti per la vita amministrativa della città, mentre altri consiliari di maggioranza fuggono, incuranti dei problemi dei cittadini gelesi ”. “Noi potremmo anche andare via, tanto siamo opposizione, e fare esplodere le contraddizioni nel Pd e nei suoi alleati ma sarebbe la paralisi per Gela; perciò restiamo per senso di responsabilità verso i cittadini che ci hanno eletto”. Per Luigi Farruggia (Ncd) “i lavori del consiglio comunale sono fermi da cinque mesi per una marea di debiti fuori bilancio (oltre 6 milioni di euro, ndr) che la maggioranza di centro-sinistra ha creato negli anni e ora non è capace di pagare, sfiorando il dissesto finanziario del comune. Il sindaco venga a dirci chi è il responsabile”. A Gela si voterà nel 2015. La gente spera in un cambiamento profondo. Ma la potente macchina clientelare dei partiti si è messa in moto, pronta a promettere, promettere, promettere, per poi puntualmente deludere, perpetuando quella sorta di potere feudale duro a morire.


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Fatti & San Cataldo di Alberto Di Vita

“Salviamo l’anima della città” Progetto O

centro storico

ggi la chiamiamo “società globalizzata”, fatta di informazione in tempo reale, di distanze azzerate grazie a cellulari e computer. Ma è anche la società delle contraddizioni, in cui spesso si perde il senso della misura, dell’umanità e della storia, che vive di paradossi inspiegabili: la questione “Centri Storici” delle piccole città è uno di essi. Negli ultimi anni i “Centri Storici” hanno subito e subiscono un preoccupante spopolamento, spesso a causa di una espansione montata da interessi lontani dalla collettività e dal reale fabbisogno di nuove case. La città di San Cataldo non fa eccezione e, come in tanti piccoli centri del sud Italia, il decentramento ha avuto effetti preoccupanti anche sulla cultura e sulle tradizioni. I Centri Storici, infatti, sono custodi di una “memoria del costruire” (la comunità, la città, le relazioni umane) che ormai sembra essersi incamminata sulla via di una nostalgica e triste dimenticanza. Raccontano anche tanto delle vicende umane e sanno restituirci una sorta di “stratigrafia” storica e architettonica delle diverse epoche: talvolta su uno stesso edificio si possono persino riscontrare elementi di tipo diverso, influssi provenienti da differenti culture che poi diventano “struttura”. Sanno anche spiegare come è cresciuta una comunità: anche quando è possibile rintracciare una matrice originaria (operazione spesso complessa in centri relativamente giovani come quello di San Cataldo), questa si rivela solo un punto di partenza per uno sviluppo che negli anni si è dipanato con i tratti irrequieti e asimmetrici tipici di crescite improvvise e inattese, fatto di scelte urbanistiche spesso affrettate. Nella società dei paradossi, il Centro Storico diventa però anche fondamen-

ta di un’idea di futuro, una prospettiva comune che gli amministratori non sono stati in grado di vedere o di indicare: l’identità e la storia sono condizioni essenziali dell’essere e perderli significa lanciarsi in un futuro privo di dimensione umana. A quale destino li lasciamo? Davvero vogliamo che si disperdano definitivamente anche gli avvenimenti, le vicende individuali, il perché dei nomi delle vie, dei quartieri? Oggi riqualificare il Centro Storico significa recuperare questa identità culturale, fondamentale, imprescindibile, irrinunciabile: dove non ci sono uomini, dove non c’è storia, non esistono spazi ma solo un vuoto senza vita. Quella dei “Centri” è diventata, soprattutto negli ultimi tempi, una nuova sfida per tutte le amministrazioni, a qualsiasi livello: forse anche una sfida che in ambito locale non si è pienamente preparati a raccogliere. Si parla di infrastrutture, di strade, di nuova urbanistica, di adeguare strutture e servizi, ma anche di una azione di governo coraggiosa che sa osare l’autogestione e che lascia che il cittadino si riappropri di quello spazio vitale che occupano e che vivono quotidianamente, quello che conoscono meglio di qualunque politico. Significa ridare nuova linfa al concetto di “appartenenza”, dare un senso alla propria storia e alle proprie tradizioni, trasmettere un rinato valore alla conservazione fisica dei luoghi della memoria più antica: per farlo occorrono anche scelte coraggiose, “moderne”. Ma ovviamente non è soltanto un problema infrastrutturale e non riguarda solo progetti di urbanistica. Affrontarlo equivale a affrontare nuove sfide culturali, nuovi e vecchi temi di coesione sociale ma in connessione a nuovissime dinamiche evolutive dell’uso del territorio: vuol dire invertire i rapporti tra cittadino e

territorio, riscoprendo al tempo stesso metodi antichi di essere comunità. Oggi parlare del futuro del “Centro Storico” significa pensare a una città

Le pessime condizioni sono lo specchio di un degrado che è edilizio urbanistico ma anche culturale

migliore, è parlare del futuro dell’intera città. Senza questa prospettiva, il risultato è quello di un luogo destinato a morire lentamente, una testimonianza di cosa siamo stati senza più il supporto della memoria, del ricordo. Non è, quindi, solo una scelta politica o burocratica, ma diventa occasione squisitamente culturale e sociale al tempo

stesso. Le condizioni del Centro Storico di San Cataldo oggi sono lo specchio di un degrado che non è soltanto edilizio e urbanistico ma è, appunto, anzitutto culturale. L’incuria è riscontrabile in ogni angolo, strade poco illuminate, edifici abbandonati e pericolanti, strutture fatiscenti, vie insicure e mal cura-

te: attraversare queste strade significa affrontare un senso di abbandono che ha perso pure i connotati della nostalgia. Le condizioni di vita sono di gran lunga inferiori a quelle delle zone periferiche, i servizi davvero scarsi: qualche giorno fa camminavo per via Bellomo e, con grande sconforto, vedevo una anziana donna che per attraversarla era costretta a farsi aiutare dal primo estraneo, perché la strada è troppo ripida e scivolosa (e faceva caldo: figuriamoci cosa accade anche con appena un filo di pioggia). Nonostante questo abbandono, i “Centri Storici” hanno ancora della vitalità tutta da scoprire, e quello di San Cataldo ne è l’esempio: mentre la trascuratezza e il degrado generale danno la misura della negligenza e del disinteresse della politica recente e lontana, è facile trovare spazi felici in cui il cittadino si è sostituito alle amministrazioni, con piccole opere di pregio, capaci di abbellire e ridare vita a posti là dove invece la “cosa pubblica” era diventata


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Foto di Giuseppe Cammarata

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RIFLESSIONI

“Da salotto della città a pattumiera”

materia inerte. Negli ultimi mesi, a sollevare il problema “Centro Storico” a San Cataldo è stato un raggruppamento di operatori di settore, cittadini, associazioni e comitati di quartiere che hanno presentato (con la “regia” del Comitato di Quartiere “Centro Storico” e l’associazione “Attivarcinsieme – circolo Arci” , con il comitato di quartiere “Bigini” e le associazioni ADS, ATPS e “Valle del Salso”) un documento che vuole essere uno spunto propositivo per la futura amministrazione comunale (ma non solo) e i cittadini. In questo documento si affrontano tematiche politico-burocratiche come quella di snellire i tempi e dei costi delle procedure per interventi edili; della costituzione di un ufficio dedicato alle pratiche relative al centro storico e che monitori bandi e finanziamenti nazionali, regionali e europei; quella di un nuovo “piano particolareggiato” che consenta più semplici interventi di recupero parziale o totale degli immobili e la creazione di nuovi spazi; si propongono anche delle soluzioni più estreme per il recupero o l’eventuale demolizione di edifici abbandonati. Ma non solo: alle spalle del documento è evidente il desiderio di conservare la memoria di una collettività e di riscoprire quella storia che rischia di essere persa definitivamente. Il coordinamento provvisorio che si è costituito ha proposto il documento a tutti i candidati sindaci alle prossime elezioni comunali: non una mossa elet-

Aldo Averna, presidente del comitato di quartiere “Centro Storico”, giudica il progetto di rinascita: “E’ grezzo, non vogliamo sostituirci agli specialisti, ma noi queste vie le respiriamo”

torale, ma “politica” nel senso più alto del termine. L’incontro, avvenuto il 13 maggio, è stato positivo e ha abbracciato la tematica da tanti punti di vista. La speranza, pur nelle ristrettezze economiche dell’ente comunale, è che ci sia davvero un nuovo modo di vedere il “Centro Storico”: volano di nuove e vecchie attività economiche, di attività culturali, di una comunità pensante che ritrova la sua identità e si fa partecipe della “cosa pubblica”. L’orizzonte è chiaro: l’alternativa a qualunque progetto di rinascita è quella di una città senza anima, di un grande vuoto al centro, senza vita.

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seguito della presentazione del progetto di rinascita per il Centro Storico di San Cataldo di cui parliamo nell’articolo a lato, abbiamo incontrato Aldo Averna, 55 anni di professione elettricista, presidente del comitato di quartiere “Centro Storico”, con cui abbiamo ripercorso le tappe del progetto e affrontato la tematica dal punto di vista del cittadino. Grazie Aldo per la collaborazione. Perché parlare di “centro storico” proprio oggi? Perché la gente è davvero stan-

ca di vivere una città che non la rappresenta, che non è quella che vorrebbe, quella che potrebbe essere. San Cataldo si è ampliata troppo, dimenticando le proprie radici. Da presidente del Comitato di Quartiere mi tocca sottolineare l’assoluto degrado che ormai è ovunque: basta guardare piazza cannoli, la pavimentazione di via Garibaldi, via Cavour… per dirne solo di alcune, che poi queste sono strade “dei santi” dove passano tutte le processioni. E poi la vecchia pescheria, la scalinata della torre civica, l’illuminazione insufficiente in alcune strade e vicoli. C’è anche dello sconforto nelle tue parole… Il centro storico che dovrebbe essere il salotto del paese, dove organizzare manifestazioni per ricordare le tradizioni. Invece è diventata la pattumiera del paese. Stiamo dimenticando tutto, poco alla volta. Eppure il Centro Storico sembra non smettere di dare segnali di vita. In questi quartieri resistono ancora diverse attività commerciali, è circondata da 4 farmacie, ambulatori medici… a mente potrei contartene almeno sette.

Ma anche tante case abbandonate… È quasi impossibile, oggi, realizzare opere di ristrutturazioni edili. A volte per le autorizzazioni e i costi d’ufficio ci sono costi che superano persino l’ammontare delle ristrutturazioni. E oggi acquistare in Centro non è proibitivo: solo che non si può andare oltre. Le soluzioni ci sono? Noi abbiamo messo delle idee, proviamo a sollevare il tema e farlo diventare argomento di discussione. È un progetto grezzo, non vogliamo sostituirci agli specialisti, però il centro storico lo viviamo, sappiamo com’è, lo respiriamo ogni giorno, ne conosciamo l’anima: ecco perché abbiamo tracciato delle linee guida. Siamo in campagna elettorale, forse è il momento giusto per mettere sul tavolo la tematica: per questo siamo disposti ad un confronto cittadino con i candidati sindaci che hanno messo noi i loro programmi come punto la valorizzazione del centro storico. Lo hanno fatto tutti: che si prendano l’impegno di portare avanti un progetto serio e che non sia soltanto una promessa elettorale.


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Fatti & Vallone

Il re “va pazzo” per la caponata

Per il secondo anno consecutivo, Alberto II e Paola Ruffo di Calabria hanno scelto la capitale del Vallone per le vacanze di Pasqua .

Le teste coronate

di Giuseppe Taibi

innamorate di Mussomeli nita della Madonna. Nel santuario mariano, il rettore, don Ignazio Carruba, ha donato alla coppia due medaglioni con su impressa l’effigie della patrona, mentre ad ogni componente della famiglia Sopra, i Reali dopo aver ricevuto l’investitura di confrati della Madonna dei Miracoli. A sinistra, con don Ignazio Carruba nella cripta del Santuario

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ono tornate ancora. Stavolta più numerose. Le teste coronate preferiscono la Sicilia, ma amano ancora di più Mussomeli. Per il secondo anno consecutivo la famiglia reale del Belgio ha scelto la sperduta “capitale del Vallone” per trascorrere le vacanze

I reali del Belgio sono stati conquistati dall’animo generoso ed ospitale dei mussomelesi di Pasqua. L’anno passato, a cedere al fascino dei riti del venerdì santo furono il sovrano di Belgio Alberto II (ancora regnante per pochi mesi, poi in estate avrebbe lasciato il potere al figlio Filippo) e la consorte, Paola Ruffo di Calabria. Ospiti della cognata, la contessa Tasca D’Almerita, finirono quasi per caso nel paese nisseno. Fu amore a prima vista. La loro visita, prevista per la sola sera di giovedì, si prolungò anche il giorno seguente. Un legame che cominciò a cementarsi in quell’occasione, in mezzo a quel clima fascinoso e misterioso delle processioni, se-

gnato dalle antiche lamentazioni, dal suono acuto delle trombe e da quello più tondo e greve dei tamburi. Legame ma che quest’anno si è fatto ancora più robusto, tanto da coinvolgere parte della famiglia reale. Oltre alla coppia, hanno fatto tappa a Mussomeli pure la principessa Astrid col principe consorte Lorenzo D’Asburgo d’Este, e tre dei loro figli. E come accadde nel 2013, anche per quest’ultima vacanza il soggiorno della famiglia dal sangue blu è proseguita oltre i programmi ufficiali. Sono giunti di giovedì sera per la messa alla Madrice e per ammirare la processione delle vare, ma sono rimasti pure il giorno seguente. Rispettosi dell’impegno assunto con la famiglia Nigrelli, hanno preso posto dietro le finestre del palazzo di piazza Umberto, e da lì nel pomeriggio hanno seguito ogni momento delle funzioni, assaporando attimo per attimo della crocifissione del Cristo, mentre in serata non hanno perso un istante della deposizione di Gesù e dell’inizio della suggestiva processione dell’urna. Sembrava che la vacanza nissena si fosse chiusa ma ecco un nuovo cambio di programma. Il sabato mattina, vigilia di Pasqua, hanno voluto visitare il Castello Manfredonico, poi hanno persino accettato l’invito a pranzo della responsabile dell’Ufficio turistico Liliana Genco Russo che per loro ha preparato un pranzo regale, e nel pomeriggio, prima di salutare Mussomeli, hanno accolto la proposta dell’investitura di confrati da parte della Confrater-

nobiliare ha voluto regalare un bracciale ed un rosario. Ed in più, il sacerdote ha omaggiato gli ex sovrani di un libro dedicato all’organo del santuario scritto dal musicista Stefano Indelicato. Un momento emozionante soprattutto per i tanti confrati che sull’altare, indossando con orgoglio i paramenti confraternali, hanno fatto da cornice alle foto che hanno immortalato, e regalato alla storia della città, la cerimonia dell’investitura, con re Alberto e la regina Paola con addosso un cordone

dai colori del sodalizio. Insomma, i reali del Belgio, quando si trovano a Mussomeli, si sentono a casa, ed i mussomelesi, dall’animo generoso ed ospitale, li considerano oramai dei propri concittadini. Dalle teste coronate sì, ma sempre concittadini.

Liliana Genco Russo, responsabile dell’Ufficio turistico, per il resto della propria vita potrà vantarsi di avere cucinato per una famiglia reale, ma anche di avere pranzato con loro. Di averli avuti ospiti a casa sua, e di avere ricevuto in continuazione i complimenti del re in persona conquistato dalla prelibatezza dei piatti preparati. Mantenendo ad una promessa fattale, gli ex sovrani del Belgio, e tutto il seguito, hanno accettato l’invito a pranzo formulato in occasione della loro seconda vacanza mussomelese. Per la comitiva reale, Liliana, aiutata dai suoi familiari, ha preparato una lunga e lauta serie di specialità siciliane, e che hanno ottenuto continue richieste di bis. Ma ecco il menu: come antipasti sono stati serviti cardi fritti in pastella, ‘mbriulate, peperoni ripieni in salsa di capperi, funghi, ricotta fresca, frittata di carciofi e finocchietto, tuma col miele. Per primi sono stati portati in tavola trofie con mazzarelle amare e ricotta salata e cavatelli alla norma. Per secondo, immancabile a Pasqua, l’agnello al forno, e infine un trionfo di cannoli alla ricotta, paste di mandorle, cassate ed una torta la cui ricetta segreta la famiglia di Liliana si tramanda da tempo immemore. “Il reracconta la funzionaria comunale- ha gradito molto la caponata. Ma penso che a parte il pranzo, hanno enormemente apprezzato il senso di ospitalità di Mussomeli e che ci fa ben sperare in un loro ritorno”. La famiglia di Sassonia- Coburgo- Gotha, oltre ad essere conquistata dall’affetto dei mussomelesi, dal fascino delle tradizioni, dalla bellezza dei suoi monumenti è stata sedotta dalla squisitezza dei propri piatti.


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L’intervista

Il braccialetto che può salvare la vita L’iniziativa di di Marco Benanti

Ivan Capelli

Che la sicurezza stradale sia importante non è certamente cosa nuova, ma che a dirtelo sia uno che è abituato ad andare a 300 km/h ha sicuramente un significato diverso. Ivan Capelli, milanese classe 1963, pilota di Formula 1 e collaudatore Ferrari dal 1985 al 1993 è la voce che entra nelle nostre case ogni week end a commentare i gran premi di Formula 1 per la Rai insieme al collega Gianfranco Mazzoni. Lo abbiamo incontrato in occasione della presentazione della 60^ Coppa Nissena di cui Capelli è stato testimonial. Il suo è un profilo importante nel motorsport internazionale ed a Caltanissetta ha portato la sua testimonianza in fatto di sicurezza stradale

I primi a sperimentarlo saranno gli emofilici, in seguito anche altre malattie croniche alle centinaia di studenti invitati dal presidente dell’Aci Caltanissetta Carlo Alessi. Subito il pensiero va ai giovani fruitori delle strade, ovvero i ragazzi alla guida di scooter e microcar, che spesso, anzi quasi sempre (consentitemi cari genitori!) guidano nel traffico senza la benché minima idea di quali siano le regole del codice della strada, regole che servono a salvare le loro vite e quelli degli altri. “La nostra è ormai la società del plug and play- esordisce Ivan Capelli- i giovani utilizzano la micro car come usassero il telefonino, basta accendere e partire, peccato che se sbaglio telefonata non succede niente, se sbaglio sulla macchina ci rimetto la vita. Per questo motivo bisogna sensibilizzare i giovani per far si che capiscano e conoscano cosa vanno ad affrontare sia in termini di conoscenza del mezzo sia in termini di regole. Noi in pista abbiamo molte regole, m a

A sinistra la Ferrari F92A pilotata nel campionato di Formula uno del 1992 da Ivan Capelli

sono regole che conservano la vita”. Ivan Capelli ci parla inoltre di una iniziativa da lui portata avanti sui campi di gara che si cercherà di estendere a tutti gli automobilisti. Una invenzione che sa di uovo di colombo ma che coniuga semplicità ed efficacia in caso di incidente. Sebbene alcuni cronisti locali l’abbiano definita una novità assoluta, il progetto di Capelli è in rodaggio dal 2012. Si tratta di un braccialetto “salva-vita”, che dai polsi dei piloti e dei meccanici di Formula 1 arriverà ai pazienti, garantendo una maggiore sicurezza nell’emergenza-urgenza medica. I primi a sperimentarlo saranno gli emofilici, oltre novemila persone in Italia considerando anche coloro che sono affetti da altre malattie emorragiche congenite, ma in futuro il progetto potrebbe riguardare anche altre malattie, soprattutto quelle croniche. Il progetto, realizzato proprio

Nello strumento: anagrafe, gruppo sanguigno e intolleranze ai farmaci i medici mi conoscevano, sapevano tutto di me, ma mi chiesero se ero allergico a qualcosa, ed io gli risposi mi sembra di no. Da allora ho deciso di fare nascere questa società di cui gestisco il cammino per costruire da zero un software che di fatto riduce a zero la golgen hour in maniera immediata grazie al bracciale. Il bracciale che indosso contiene tutti i miei dati a partire da quelli anagrafici, dal gruppo sanguigno alle ultime radiografie, con la presenza o meno di impianti nelle ossa, ed ancora dati su intolleranze a farmaci. Questo da ai medici ed alla federazione la possibilità di aprire un fine

su impulso dell’ex pilota di Formula 1 Ivan Capelli, si chiama Sameda Life Local Informed for Emergency e consiste in una vera e propria chiavetta Usb a forma di braccialetto in gomma che garantisce l’identificazione della persona da parte del

Il Comandante della Polstrada nissena

La sicurezza: “Un tema più etico che repressivo” “Quello della sicurezza stradale e della prevenzione è un tema più etico che repressivo”. A pensarla così è il vice questore aggiunto e capo della Polizia Stradale di Caltanissetta Mariagrazia Milli, volto noto della televisione italiana per essere stata l’”Agente per Amico” della nota trasmissione di Rai 1 Easy Driver sino al 2011. “L’educazione stradale – spiega la dottoressa Milli – dovrebbe essere a nostro giudizio inserita già nei programmi didattici a partire dalle scuole elementari come materia fissa. Il tema della sicurezza stradale è un tema di carattere etico, perché significa parlare di cultura della legalità, una cultura generosa e civile perché mette in gioco la vita propria e quella degli altri. Pensiamo ai pedoni letteralmente falciati o alle famiglie distrutte da chi si è messo alla guida dopo aver fatto uso di alcool o droghe. È strano come nel 2014 in un paese civile come l’Italia l’educazione alla sicurezza stradale non sia materia costante della didattica dal bambino all’adolescente, la questione è di tipo cultuale e spiego il perché: quando la Polizia Stradale o le altre forpersonale sanitario e l’accesso ai suoi dati direttamente nel luogo di un incidente tramite smarthphone o pc, evidenziando gli aspetti da tenere sotto controllo nel prestare i primi soccorsi. Il sistema viene già impiegato in forma di pendaglio dai meccanici della scuderia della Toro Rosso, mentre in forma di braccialetto è sperimentato in cinque campionati automobilistici italiani della CSAI, tra cui quello

ze di polizia fanno una azione repressiva, incontriamo le maggiori resistenze proprio da parte dei genitori, che giustificano i figli e la Polizia è sempre quella cattiva. I tempi sono cambiati, quando ero ragazzina io e ci sequestravano i motorini, i miei genitori mi punivano ulteriormente. Questo è un chiaro segno del fatto che manca un partenariato forte tra scuola famiglia e forze dell’ordine. La sicurezza stradale ed il rispetto della legalità oggi lascia il tempo che trova perché le coscienze in crescita non vengono formate su questi temi. Se si rispettano le regole della sicurezza stradale, non lo si fa per cultura o per scelta, ma solo per paura delle sanzioni. Un calo delle contravvenzioni lo si è registrato da quando è stata introdotta la patente a punti, ma le persone non fanno una scelta spontanea, lo fanno per la durezza delle regole. Il nostro obiettivo è invece quello di cambiare cultura e lo facciamo con campagne di comunicazione alla prevenzione però saremo campaci di ridurre l’incidentalità solo con una totale condivisione degli altri soggetti che sono la scuola e la famiglia”.

di Gran Turismo. “I tanti sportivi che convivono con l’alta velocità evitano di pensare al pericolo: lo ignorano. - spiega Ivan Capelli - Nel mio percorso da pilota, non immune da incidenti, mi sono invece reso conto di quanto sia importante poter fruire delle proprie informazioni mediche, migliorando l’intervento dei soccorritori nell’emergenza. 7 anni fa, in Francia mentre correvo in GT ho avuto un brutto incidente,

all’istante sul pilota soccorso, ma occorre creare un software condiviso tra medici e sistema sanitario”. Sul fronte burocrazia però come la mettiamo? “Inutile nasconderlospiega Capelli – in Italia c’è una eccessiva frammentazione di norme e regolamenti regionali per la gestione di questa invenzione, ma speriamo nel più breve tempo possibile di renderla condivisa a tutto il sistema sanitario e non solo per i piloti”.


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di Salvatore Falzone

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’altro giorno, al Mercato delle Pulci di Palermo, spulciando – è il caso di dirlo - tra una montagnola di libri usati, mi sono ritrovato fra le mani un volumetto consunto: “Il colonnello non vuole morire”. Si tratta di una raccolta di racconti pubblicata trentasei anni fa da Celebes Editore. L’ho subito comprato (cinquanta centesimi) quando ho letto sul retro di copertina che l’autore, classe 1932, è nato a Caltanissetta. Non conoscevo Carmelo Pirrera. Mi hanno detto che vive a Palermo, che ha pubblicato a suo tempo in Italia e all’estero, e che il suo primo romanzo, “Quartiere degli angeli”, vanta una prefazione di Rosario Assunto. Se ne avete voglia, e soprattutto se li trovate, leggete i racconti di questo scrittore “nisseno”. Intanto ne ospito uno in questa rubrica, dopo averlo trascritto. S’intitola “La pianta”. *** La stradina scende, scende ed eccoci alla “Taverna”. E’ un locale fine, fiori, moquette e un bisbiglio discreto. Forse avrei fatto meglio a mettere la giacca. Pazienza. Cannelloni alla perugina, salsicce alla perugina. Il vino lo voglio rosso. Lei siede ad un tavolo di distanza, la

50 centesimi per uno scrittore nisseno potrei raggiungere con la voce ma non lo faccio. Da dove vieni? Devo cercare di non esagerare né col vino né cogli sguardi. Mangia una cosa gialla – purè di patate? -. Si è voltata a guardarmi un paio di volte, non si è tradita o non mi ha riconosciuto. Ha bevuto solo un dito di vino, lo noto dalla bottiglia quasi intatta sul suo tavolo. Ha chiesto il dolce. Il vino della mia bottiglia cala rapidamente. Cosa potremmo dirci ormai? Picchia nervosamente con le dita sottili sulla tavola mentre finge di leggere il giornale. Finge: ne sono certo. Ostenta di avere fretta, forse lo fa per rendersi interessante: ha sempre amato così recitare. Cosa potremmo dirci ormai? Ma potremmo parlare? Potremmo ancora parlare? E perché se fa finta di non riconoscermi? E cosa dire? Potremmo parlare della nostra adolescenza in un vicolo di gente povera, che risuonava sino a tarda notte delle ciance di suo padre che rientrava ubriaco con in testa il suo chiodo metafisico: la pianta della vita. Ti ricordi? Forse è un’altra. Forse le somiglia soltanto ed è il vino – non ho quasi più

– a renderla identica a quella di cui parlo. Anche gli occhi sono identici: azzurri con una nota di inesprimibile viola. Ma come avrebbe potuto conservarsi così giovane? E’ passata una vita. Nemmeno quel vicolo esiste più: “Hanno sventrato il vecchio quartiere ed aperta una strada alle automobili per scendere più presto al cimitero…”. Lei lo avrà saputo? Forse no. Non deve essere più tornata in quei posti dove più niente sopravvive della

Carmelo Pirrera, classe 1932, ha pubblicato in italia e all’estero numerose raccolte di racconti nostra infanzia, né vicolo, né case, e forse nemmeno suo padre più percorre le strade parlando di una pianta che sapeva: la pianta della vita. Chiama il cameriere per pagare il conto. Veste con civettuola eleganza

ed è ben pettinata. Non era così bionda prima. Cosa potremmo dirci? Potrei dirle di seguirmi, che ho una stanza in un albergo di questa città; che potremmo anche non parlare di niente e fare soltanto l’amore dopo un così lungo rinvio; potrei dirle: “Mi scusi, signora, la guardavo perché mi ricorda tanto una persona cara”. Con una frase così banale lei sarebbe costretta a fingere di non credermi, ma se è lei, come penso, finirà col tradirsi e finiremo anche noi col parlare di quei giorni lontani e di suo padre e di noi. Potrei anche proporle l’albergo: non posso rinviare ancora di vent’anni dopo averla ritrovata in un modo così imprevedibile, in una città così lontana da dove vivo: “Ho una stanza in un albergo di questa città”. Forse arrossirebbe. Forse direbbe no, ancora no, e dovrei aspettare ancora vent’anni per rincontrarla nel ristorante di chissà quale città, per guardarla mentre mangia il suo dolce, mentre nervosa picchia con le dita sulla tavola aspettando il suo resto. Ha fretta. Il cameriere porta il resto e lei si alza e va via. Rinunzio alla frut-

ta, pago e la seguo. Cosa le posso dire che se ne è andata così? La strada è piena di vento. E’ questa una città piena di giovani: una città antica piena di giovani, che mi induce a pensare con tristezza al mio paese dove sono rimasti soltanto vecchi invalidi davanti al bar a narrarsi vecchie storie di morte e di miniera. Ci sarà ancora qualcuno che, ubriaco, parlerà intenerito d’una pianta, la pianta verde e amara della vita? Rifaccio più volte la strada, ma non la ritrovo. Doveva avere veramente molta fretta. Doveva essere veramente un’altra donna, una alla quale nessun vecchio ubriaco, in una casa di poveri, sradicata, poi, in un’alba imprevedibile, aveva parlato con la saggezza dei folli, di una pianta tenace che d’improvviso sboccia in fiori di struggente nostalgia.


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Viale della Regione Fatti in Redazione

Francesco

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Lucchese

lo chef che integra Nord e Sud

a voluto scommettere sul suo paese d’origine, abbandonando Como per amore - dove già era un cuoco blasonato nonostante la sua giovane età - per mettere a servizio del territorio la sua esperienza e aprire un’attività caratterizzata dallo stemma di famiglia: parliamo di Francesco Lucchese, 33 anni, chef discendente dal casato nobiliare che fondò Delia, in provincia di Caltanissetta. Un curriculum di tutto rispetto quello di Francesco che subito dopo essersi diplomato all’istituto alberghiero “Gran Bretagne” di Bellagio, in provincia di Como, ha proseguito la sua formazione cominciando a lavorare sotto l’attenta guida del maestro Gualtiero Marchesi e Carlo Cracco. Ha lavorato in numerosi ristoranti stellati e ha gestito il noto ristorante “La staffa” di Como, oggi chiuso, menzionato nella guida Michelin e frequentato da grandi artisti italiani, da Mina a Teo Teocoli solo per citarne alcuni, che ha

personalmente conosciuto. “Ho voluto dimostrare - afferma Francesco Lucchese - che è possibile fare impresa anche in Sicilia, scommettendo soprattutto sui giovani e portando la cucina di un certo livello e di classe in un territorio come quello nisseno”. Una passione quella per l’arte culinaria cominciata sin da quando era piccolo e coltivata negli anni sino a farne il suo lavoro. “Cucinare per me - dichiara - è trasmettere un’emozione, una sensazione, soddisfare il palato di chi assaggia i miei piatti”. “La mia è una cucina antica, rivisitata in chiave moderna – prosegue - che non

La cucina in TV è diventata eccessiva, ma quanto meno ha valorizzato il nostro mestiere utilizza prodotto chimici come edulcoranti, emulsionanti; una cucina che ha le basi della cucina internazionale e che punta molto sulla fantasia negli accostamenti degli ingredienti e nelle decorazioni dei piatti”. Ama scoprire costantemente piatti nuovi, sposando i sapori della cucina del nord - dove ha vissuto sino all’età di 24 anni e si è perfezionato nel suo campo - con i sapori della tradizione siciliana. “Al momento – dice sorridendo - sto proseguendo le mie sperimentazione cercando di unire i vitigni del nord con quelli del sud, sempre con l’idea di affermare una cucina italiana senza confini geografici”. “Amori e contrasti” lo stile culinario, da lui stesso inventato, che lo contraddistingue: “tutti i miei piatti hanno un gusto predominate e uno di contrasto come ad esempio il tortello di brasato delle Langhe con speck, castagne e pepe nero”. Un carattere gioviale ed estroso quello di Francesco che ama incontrare e intrattenere personalmente i suoi commensali, instau-

rando con gli stessi un rapporto di fiducia. “L’accoglienza, la disponibilità e la familiarità sono alla base del servizio di ristorazione soprattutto in un periodo come quello che stiamo attraversando dove andare al ristorante è diventato lusso nella vita degli italiani”. In merito alla diffusione dell’arte culinaria sui mezzi di comunicazione con il proliferare di trasmissioni sulle reti nazionali e internazionali, che stanno portando alla ribalta gli chef tra i quali il siciliano Natale Giunta, dichiara: “L’esposizione mediatica è diventa eccessiva anche se allo stesso è servita a valorizzare il nostro mestiere. Se da un lato infatti le trasmissioni televisive sono servite a puntare i riflettori su noi chef e a metterci su un piedistallo, dall’altro lato hanno dato l’illusione che chiunque possa cimentare nella cucina e aprire un ristorante. Il settore della ristorazione non si può improvvisare, la cucina funziona come una caserma militare, c’è chi comanda e chi esegue i compiti però con il coinvolgimento di tutte le persone. Si deve essere inoltre capaci di selezionare e organizzare il personale, saper fare gli acquisti, conoscere le strategie per vendere il proprio prodotto e comunicare nel modo più efficace con il proprio cliente”. Dallo scorso anno ha affiancato all’attività ristorativa anche quella del catering in diverse location siciliane. Tra i suoi progetti futuri quello di creare un modello nel mondo della ristorazione da esportare fuori dall’Italia. Il consiglio che vuole dare ai giovani è: “per raggiungere a un obiettivo bisogna credere in se stessi, nelle proprie capacità e acquisire una certa professionalità, per questo condivido il modello americano dei campus di prova. Sconsiglio di scegliere un percorso formativo solo perché è quello maggiormente richiesto dal mondo del lavoro se non si è portati o non si ha la passione verso

quel settore, ecco perché è importante l’orientamento”.

La ricetta Francesco Lucchese per i lettori de Il Fatto Nisseno Filetto di maialino nero dei Nebrodi in camicia di lardo con salsa alla senape di digione Ingredienti per 4 persone: 500 g di filetto di maialino nero Una noce di burro grezzo Farina di ceci 4 fette di lardo di maialino nero 2 cucchiai di senape di Digione Cognac q.b. Sale e pepe

Preparazione: Tagliare quattro medaglioni di filetto di maialino, in una padella sciogliere una noce di burro, infarinare i filetti ambo i lati avvolgere il lardo a fette e cuocere a fuoco lento in padella. Salare e pepare, unire due cucchiai di senape di Digione, flambare con una spruzzata di cognac, servire con una spolverata di erbe di provenza.


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Meridiano

Concessionaria Audi per le provincie di Agrigento Caltanissetta Enna

Nuova sede di Caltanissetta via Due Fontane, 15 - tel. 0922 405901


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